Sartre, J. P. - Porta Chiusa

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 SCENA I Sala stile Secondo Impero. Sul caminetto una statua di bronzo. Garcin: (entra guardandosi intorno) Dunque, ecco. Il cameriere: Ecco Garcin: Così…  Il cameriere: Così. Garcin: Mi… mi fig uro che alla lun ga si finisce ad abituarsi al mobilio. Il cameriere: Secondo tipi. Garcin: E tutte le stanze sono uguali? Il cameriere: Che idea! Ci veng ono dei Cinesi, de gli Indiani. Che se ne farebbero di una poltrona Secondo Impero? Garcin: E io che me ne faccio? Lo sai chi ero? Via, non ha impo rtanza. In fin dei conti, ho sempre vissuto in camere che non mi piacevano, e in situazioni false.Dici una cosa da niente, una situazione falsa in una sala da pranzo Luigi Filippo?  Il cameriere: Vedr à, anche in una sala Secondo Impero, non c’è poi male.  Garcin: Si? Sta bene. Bene, bene, bene. (si guarda intorno) Eppure, non mi sarei mai aspettato... Tu lo sai che cosa se ne dice, laggiù? Il cameriere: Di che cosa? Garcin: Dio (gesto ampio e grande) di tutto questo. 1

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SCENAISala stile Secondo Impero. Sul caminetto una statua di bronzo.Garcin: Il cameriere: Garcin: Il cameriere: Garcin: Il cameriere: Garcin: Il cameriere:(entra guardandosi intorno) Dunque, ecco. Ecco Così… Così. Mi… mi figuro che alla lunga si finisce ad abituarsi al mobilio. Secondo tipi. E tutte le stanze sono uguali? Che idea! Ci vengono dei Cinesi, degli Indiani. Che se ne farebbero di una poltrona Secondo Impero? E io che me ne faccio? Lo sai chi ero? Via, non ha importanza. In fi

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SCENA I

Sala stile Secondo Impero. Sul caminetto una statua di bronzo.

Garcin: (entra guardandosi intorno) Dunque, ecco.

Il cameriere: Ecco

Garcin: Così… Il cameriere: Così.

Garcin: Mi… mi figuro che alla lunga si finisce adabituarsi al mobilio.

Il cameriere: Secondo tipi.

Garcin: E tutte le stanze sono uguali?

Il cameriere: Che idea! Ci vengono dei Cinesi, degliIndiani. Che se ne farebbero di una poltronaSecondo Impero?

Garcin: E io che me ne faccio? Lo sai chi ero? Via,non ha importanza. In fin dei conti, hosempre vissuto in camere che non mipiacevano, e in situazioni false.Dici unacosa da niente, una situazione falsa in unasala da pranzo Luigi Filippo?

 Il cameriere

: Vedrà, anche in una sala Secondo Impero,non c’è poi male.

 Garcin: Si? Sta bene. Bene, bene, bene. (si guardaintorno) Eppure, non mi sarei maiaspettato... Tu lo sai che cosa se ne dice,laggiù?

Il cameriere: Di che cosa?

Garcin: Dio (gesto ampio e grande) di tutto questo.

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Il cameriere: Ma chi può credere a quelle scemenze?Gente che non ha mai messo piede quidentro. Eh! Se ci fossero arrivati…

Garcin: Già. (ridono) Dove sono i pali?

Il cameriere: Che cosa?

Garcin: I pali, le graticole, gli imbuti di cuoio.

Il cameriere: Scherza?

Garcin: (guardandolo) Come? Già. No, non scherzavo.(Fa qualche passo) Niente specchi, si intende,niente finestre. Niente da rompere. (conimprovvisa violenza) Perché mi hanno preso lospazzolino da denti.

Il cameriere: Ecco. Ecco la dignità umana che torna agalla. Roba da matti!

Garcin: Meno confidenza, per piacere. Conosco

benissimo la mia situazione, ma nontollero...

Il cameriere: Via, via mi scusi. Che vuole? Tutti i clientivengono fuori con la stessa domanda:“Dove sono i pali”? Stia pur certo che inquel momento non pensano alla toilette. Poiappena li abbiamo rassicurati, ecco lospazzolino da denti. Ma santo cielo, nonsiete capaci di arrivarci da voi? Perché, me

lo dica, perché dovreste stare a pulirvi identi?

Garcin: E’ vero, perché? (di nuovo si guarda intorno) Eperché dovremmo guardarci in unospecchio? Vuoi che ti racconti come va? Ildisgraziato soffoca, sprofonda, affoga, fuoridell’acqua non c’è più che il suo sguardo, eche cosa vede? Un bronzo di Barbedienne.Che incubo. Qui fa giorno?

Il cameriere: Non vede? Le lampade sono accese.

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Garcin: Accidenti, è questo il vostro giorno. E fuori ?

Il cameriere: (sbalordito) Fuori ?

Garcin: Fuori, di la da questi muri.

Il cameriere: Un corridoio.

Garcin: E in fondo al corridoio?

Il cameriere: Altre stanze. Altri corridoi e delle scale.

Garcin: E poi ?

Il cameriere: Basta.

Garcin: Avrai pure il tuo giorno d’uscita. Dove vai ?

Il cameriere: Da mio zio che è il cameriere in capo, alterzo piano.

Garcin: Dovevo immaginarmelo. Dov’èl’interruttore?

Il cameriere: Non ce n’è.

Garcin: Oh! Non c’è modo di spegnere?

Il cameriere: Dalla direzione possono togliere la corrente.Ma non mi ricordo che a questo piano

l’abbiano mai fatto. Abbiamo la luce aforfait.

Garcin: Benissimo. Allora dobbiamo vivere a occhiaperti.

Il cameriere: (ironico) Vivere...

Garcin: Non ti metterai a farmi una questione dilingua. A occhi aperti. Per sempre. Saràgiorno fatto dentro i miei occhi. E dentro ilmio cervello. E se scagliassi quel bronzocontro la lampadina, si spegnerebbe?

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Il cameriere: E’ troppo pesante.

Garcin: (va ad afferrare il bronzo e tenta di sollevarlo)E’vero, è troppo pesante.

Il cameriere: Se non le occorre altro, posso andarmene.

Garcin: Te ne vai? Arrivederci. (il cameriere arriva fino

all'uscio) Un momento. Quello è uncampanello ?(il cameriere accenna di sì) Posso suonare

quando voglio, e tu devi venire?

Il cameriere: Sì, in teoria. Ma è un campanellocapriccioso.Il meccanismo qualche voltas’incanta.

(Garcin va al campanello e tocca il bottone; si sente suonare)

Garcin: Cammina!

Il cameriere: (stupefatto) Cammina? (anche lui suona) Manon si esalti, non durerà. Andiamo. Ai suoicomandi.

Garcin: (fa un gesto per trattenerlo) Ma…

Il cameriere: Che c’è?

Garcin: Niente. (va fino al caminetto e prende il

tagliacarte) E questo che cos’è?

Il cameriere: Non lo vede? Un tagliacarte.

Garcin: Ci sono dei libri?

Il cameriere: No.

Garcin: O allora? E sta bene vai pure.

SCENA II

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Garcin solo.(Garcin va a palpare il bronzo. Siede. Si leva in piedi. Va alcampanello e lo tenta; non suona. Prova due o tre volte, invano. Vaall'uscio e tenta di aprirlo. L'uscio resiste. Chiama.)

Garcin: Cameriere! Cameriere!

(Nessuna risposta. Lui tempesta l'uscio di pugni chiamando. Poi d'untratto si calma e va a sedere. Subito l'uscio si apre ed entra Ines,

seguita dal cameriere. )

SCENA III

Garcin - Ines – Cameriere

Il cameriere: (a Garcin) Il signore ha chiamato?

Garcin: (sta per rispondere, ma da un'occhiata ad Ines) No.

Il cameriere: (rivolgendosi ad Ines) Lei è a casa sua,signora. (Ines tace) Se ha qualche cosa da

domandarmi... (Ines non risponde) Di solito iclienti ci tengono a informarsi... Non insisto.Del resto, quanto allo spazzolino, alcampanello e al bronzo il signore sa di checosa si tratta e potrà risponderle meglio dime.

(Esce. Garcin non guarda Ines che invece si guarda intorno, poi sirivolge bruscamente a Garcin.)

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Ines: Dov’è Fiorenza? Le domando: dov’èFiorenza.

Garcin: Che ne so.

Ines: Non avete trovato niente di meglio? Iltormento della lontananza? Via, avete fattofiasco; Fiorenza era una scema e non larimpiango.

Garcin: Scusi, per chi mi prende?

Ines: Lei ? Lei è il boia.

Garcin: Magnifico equivoco. Il boia proprio. Leientra, mi guarda e pensa- il carnefice-stravagante. Il cameriere è uno sciocco,doveva presentarci. Io sono GiuseppeGarcin pubblicista, letterato. E lei ed iosiamo alloggiati allo stesso albergo.Signora…

Ines: Ines Serrano. Signorina.

Garcin: A perfezione. Il ghiaccio è rotto. Dunque leivede in me il tipo del boia? Di grazia, a chesegno si riconoscono, i carnefici?

Ines: Hanno l’aria d’aver paura.

Garcin: Paura? E’ buffo. E di chi? Delle loro vittime?

Ines: Lasciamo andare. So quel che dico. Mi sonoguardata allo specchio.

Garcin: Allo specchio? E’ tremendo. Han portato viatutto quello che poteva sembrare unospecchio. Comunque, posso assicurarle chenon ho paura, non prendo le cose allaleggera e so benissimo che la situazione ègrave. Ma non ho paura.

Ines: Affar suo. ( pausa) Non le capita qualchevolta di andare fuori a fare un giro?

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Garcin: C’è il catenaccio.

Ines: Pazienza.

Garcin: Capisco che la mia presenza le dà noia; eper conto mio anch’io preferirei rimanersolo. Mi occorre riordinare un po’ la mia vitae ho bisogno di raccoglimento. Ma sonocerto che ci potremo adattare; io non parlo,non mi muovo, non sono rumoroso. Ma…se permette un consiglio, dovremomantenere tra noi una cortesia estrema.

Ines: Non sono cortese.

Garcin: Lo sarò io per tutti e due.

Ines: (guardandolo) La bocca.

Garcin: Dice?

Ines: Non potrebbe tener ferma la bocca? Le gira

sotto il naso come una trottola.

Garcin: Scusi. Non me ne accorgevo.

Ines: Proprio questo le rimprovero. E di nuovo!Pretende di essere gentile e lascia che lafaccia le vada per conto Suo. Lei non è solo,e non ha il diritto di infliggermi lo spettacolodella sua paura.

Garcin: E lei non ha paura?

Ines: A che servirebbe? La paura andava beneprima quando avevamo ancora un po’ disperanza.

Garcin: Non c’è più speranza, ma siamo sempre aprima.Ancora non abbiamo cominciato asoffrire, signorina.

Ines: Lo so. (Pausa) E allora? Chi altri ci verrà?

Garcin: Non so. Aspetto.

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SCENA IV

Estella: (a Garcin) No! No, non alzare la testa.Sobene che cosa nascondi tra le mani, so chenon hai più la faccia. (Garcìn scosta le mani)Oh! Non la conosco.

Garcin: Non sono il boia, signora.

Estella: Non pensavo che fosse il boia. Ho… ho

creduto fosse qualcuno che volevaprendermi in giro. (al cameriere) Chi aspettiancora?

Il cameriere: Non ci verrà nessun altro.

Estella: (rassicurata) Oh! Ma allora resteremo noi tresoli, il signore, la signora e io? (Ride)

Garcin: Non c’è niente da ridere.

Estella: Ma come sono brutti questi divani; e come lihanno disposti, sembra capodanno e diessere in visita dalla zia Maria. Immaginoche ognuno di noi ha il suo.Il mio saràquesto? Ma non mi ci potrò mai sedere, èun disastro! Io in turchino chiaro e quelloverde spinaci.

Ines: Vuole il mio?

Estella: Rosso bordeaux? Lei è molto gentile manon ci guadagnerei niente. Pazienza, a chitocca tocca, mi è toccato il verde, e verdesia. A rigore il solo che mi andrebbe bene èquello del signore.

Ines: Ha sentito, Garcin?

Garcin: Il… il sofà. Oh! Scusi. Eccolo, signora.

Estella: Grazie. Visto che dobbiamo vivere insieme,facciamo conoscenza. Sono Estella Rigault.

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(Garcin fa un inchino e sta per presentarsi ma Inesgli passa innanzi)

Ines: Ines Serrano. Sono tanto contenta.

Garcin: Giuseppe Garcin.

Il cameriere: Ai signori occorre altro da me?

Estella: Niente. Chiameremo

( il cameriere si inchina ed esce)

SCENA V

Ines – Garcin - Estella

Ines: Lei è molto bella. Vorrei poterle dare il

benvenuto con dei fiori.

Estella: Fiori, si, mi piacevano tanto. Quiappassirebbero subito, con questo caldo.Pazienza. L’importante è rimanere allegri,no? (Parla con grande naturalezza, ma come seavesse davanti agli occhi quello che vienedescrivendo) Il vento manda all’aria il velo dimia sorella. Lei fa il possibile per piangere.Su, un altro sforzo. Ecco. Due lacrime, due

lacrimette che brillano sotto il crespo. Olga  Janier stamattina è brutta. Regge miasorella per un braccio. Non si mette a

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piangere per via del rimmel, e anch’io sefossi in lei... Era la mia migliore amica.

Ines: Lei ha sofferto molto ?

Estella: No. Ero un po’ inebetita.

Ines : Che cosa è stato che?

Estella: Una polmonite. (controscena come prima)  E’fatto, se ne vanno. Addio! Addio! Quantestrette di mano. Mio marito è pazzo didolore , è rimasto a casa. (ad Ines) E lei ?

Ines: Il gas.

Estella: E lei, signore?

Garcin: Dodici palle nella schiena. (gesto di Estella)Mi perdonino. Non sono un morto dafrequentare.

Estella: Oh! Caro signore, basta che non adoperi unvocabolario così crudo... urtante. Perché insostanza, che importanza ha? Forse non

siamo mai stati tanto vivi. Se é proprionecessario alludere alla nostra ...situazione, propongo che ci si chiami, peresempio, degli assenti. Sarà più  corretto.Lei è assente da molto?

Garcin: Da circa un mese.

Estella: Di dov’è

Garcin: Di Rio.

Estella: Io di Parigi. Lei ha lasciato qualcuno laggiù?

Garcin: Mia moglie. (controscena come già di Estella) E’venuta alla caserma, ci viene tutti i giorni.Non l’hanno lasciata entrare. Guarda tra lesbarre del cancello. Non sa ancora che sonoassente, ma lo sospetta. Ora se ne va. E’tutta in nero. Meglio, non dovrà farsi un

altro vestito. Non piange. Non piangevamai. C’è un bel sole. Lei se ne va tutta neraper la via deserta, con quei suoi grandi

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occhi da vittima. Ah! Mi da sui nervi. (Garcinva a sedere sul sofà di mezzo e si prende il capotra le mani)

Estella: Signore, signor Garcin.

Garcin: Dice?

Estella: S’è seduto sul mio sofà.

Garcin: Mi scusi. (si alza)

Estella: Mi pareva tanto assorto.

Garcin: Sto riordinando la mia vita. (Ines ride) Quelliche ridono farebbero bene a fare come me.

Ines: La mia vita e bella in ordine. Ordineperfetto.S’è messa in ordine da sé, laggiù.Non occorre che ci pensi io.

Garcin: Davvero? Lei crede sia una cosa tantosemplice ? (si passa una mano sulla fronte) Checaldo! Permettono ? (Sta per levarsi la giacca)

Estella:  Ah no!Non posso vedere un uomo inmaniche di camicia.

Garcin: (rimettendosi la giacca) Sta bene. Io passavo lemie notti in redazione. Ci faceva sempre uncaldo da fornace. Ci fa un caldo da fornace.E’ notte.

Estella: E’ vero, è gia notte. Olga si sta spogliando.Come passa presto il tempo, sulla terra.

Ines: Notte. Hanno messo i suggelli sull’usciodella mia camera. Nel buio la camera èvuota.

Garcin: Loro hanno messo le giacche sulla spallieradella sedia e si sono rimboccate le manichedella camicia fin sopra il gomito. C’è odoredi uomini e di sigaro. Mi piaceva vivere trala gente in manica di camicia.

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Estella: Non abbiamo gli stessi gusti, ecco tutto. (aInes) A lei piacciono gli uomini in maniche dicamicia?

Ines:Camicia o no, mi piacciono poco gli uomini.

Estella: Ma perché, perché ci hanno messi insieme?

Ines: Che dice?

Estella: Vi guardo tutti e due e penso che dobbiamodimorare qui insieme... io m’aspettavo ditrovarci degli amici, persone di famiglia.

Ines: Un ottimo amico, con un buco in mezzo allafaccia.

Estella: Anche quello.Ma noi, perché ci hanno messiinsieme?

Garcin: Il caso. Collocano le persone dove possono,in ordine di arrivo (a Ines) Perché ride?

Ines: Mi fa ridere col suo “caso”. Le é proprionecessario d’essere sicuro? Questi qui non

lasciano niente al caso.

Estella: (timidamente)  Forse noi  c’eravamo,incontrate già qualche volta?

Ines: Mai. Non l’avrei dimenticata.

Estella: O forse abbiamo qualche conoscenza incomune?

Ines: Io ero impiegata alle Poste.

Estella: E lei signor Garcin?

Garcin: Non sono mai uscito da Rio.

Estella: Allora ha perfettamente ragione, è il casoche ci ha riuniti.

Ines: Il caso. Dunque questi mobili sono qui per

caso.E’ un caso che il sofà di destra siaverde e quello di sinistra rosso. Un caso,no? Allora provate a cambiarli di posto, e

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poi ne parliamo.Anche il bronzo e un caso?E questo caldo? Questo caldo? Dico che ètutta una regola. Regolata ogni cosa, neipiù piccoli particolari, con amore. Questa

stanza aspettava noi.

Estella: Come? Tutto e così brutto, duro, angoloso.Io avevo orrore dell'angoloso.

Ines: Crede che io vivessi in un salotto SecondoImpero?

Estella: Dunque tutto è previsto?

Ines:  Tutto. E noi tre, assortiti.

Estella: Non è un caso che lei si trovi ora di fronte ame? Che cosa aspettano, loro?

Ines: Non so. Ma aspettano.

Estella: Io non posso tollerare che si aspetti qualchecosa da me. E mi accadrà qualche cosa daparte di voi due? Di voi due? Allora, certivolti al primo vederli mi parlavano. I vostrinon mi dicono niente.

Garcin: Via, perché ci troviamo riuniti? Avete dettotroppo, ormai arrivate fino in fondo.

Ines: Io non ne so proprio niente.

Garcin: Dobbiamo saperlo.

Ines: Basterebbe che ognuno di noi avesse ilcoraggio di dire…

Garcin: Che cosa?

Ines: Estella!

Estella: Che c’è?

Ines: Lei che aveva fatto? Perché l’hanno

mandata qua?

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Estella: Ma non lo so, non ne so niente. Mi domandoperfino se non è stato uno sbaglio. (ad Ines)Non sorrida. Pensi quanta gente... siassenta ogni giorno. Vengono qui a migliaia

e non trovano che dei subalterni.Impiegatiignoranti. Come volete che non accadanosbagli? Non sorridete. E lei (a Garcin)… dicaqualche cosa. Se hanno sbagliato per me,può darsi che abbiano sbagliato anche perlei. (ad Ines) E anche per lei. Non è megliocredere che siamo qui per uno sbaglio?

Ines: E’ questo tutto quel che ci sa dire?

Estella: Che vuol sapere di più? Non ho niente danascondere. Ero orfana e povera, allevavo ilmio fratello minore. Un vecchio amico dimio padre ha chiesto la mia mano. Eraricco, buono, ho accettato. Che altroavreste fatto al posto mio? Mio fratello eramalato, gli occorrevano grandi cure. Hovissuto con mio marito per sei anni senzauna nuvola. Due anni fa ho incontrato coluiche dovevo amare. Ci siamo riconosciuti

subito, voleva che partissi con lui, horifiutato. Poi, la polmonite. Non c’è altro.Forse, a seguire certe teorie, si potrebberimproverarmi d’essermi sacrificata ad unvecchio. (a Garcin) Crede che sia una colpa?

Garcin: Certamente no. E lei pensa che sia unacolpa vivere secondo le proprie convinzioni?

Estella: E chi potrebbe farle un tale rimprovero?

Garcin: Ero direttore d’un giornale pacifista.Scoppia la guerra. Che fare? Mi stavanotutti con gli occhi addosso: “Ne avrà ilcoraggio”? Ebbene, sì, ne ho avuto ilcoraggio. Ho incrociato le braccia, e mihanno fucilato. Dov’è la colpa? Dov’è lacolpa?

Estella: Non c’è colpa. Lei è...

Ines: ...un Eroe. E sua moglie, Garcin?

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Garcin: Che c’entra? L’ho raccolta in mezzo a unastrada.

Estella:Vede? Vede?

Ines: Vedo. Per chi sta facendo la commedia?Siamo tra noi.

Estella:  Tra noi?

Ines:  Tra assassini. Siamo all’inferno, cara, e nonci sono sbagli e non si manda all’inferno lagente per niente.

Estella: La smetta.

Ines: All’inferno! Dannati! Dannati.

Estella: La smetta. Stia zitta. Le proibisco dipronunciare certe parole.

Ines: Dannati, mia cara santarella. Dannatol’eroe senza macchia. Abbiamo avuto lenostre ore piacevoli, no? C’è qualcuno cheper noi ha sofferto fino a morirne, e questoci divertiva molto. Ora dobbiamo pagare.

Garcin: Vuol piantarla?

Ines: Un momento. Ho capito perché ci hannomessi insieme.

Garcin: Badi bene a quello che dice…

Ines: Guardate che cosa semplice, insipida comeuna rapa.Non c’è tortura fisica, va bene?Eppure siamo nell’inferno, e nessun altrodeve arrivare qui.Nessuno.Fino alla fine…solo noi tre, insieme.E’ così?In conclusione,chi ci manca?Manca il boia.

Garcin: Lo so bene.

Ines: Insomma, hanno realizzato un’economia di

personale. Ecco tutto. Sono gli stessi clientia fare il servizio, come nelle mensecooperative.

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Estella: Non capisco.

Ines: Il boia è ciascuno di noi per gli altri due.

Garcin:Io non sarò mai il vostro carnefice.Non vivoglio male affatto e non ho niente a chevedere con voi.Niente.E’semplicissimo.Ecco.Ognuno nel suoangolo.E’ così la messa in scena…lei la, leila, io qui.E zitti.

Estella : Debbo starmene zitta ?

Garcin : Appunto. E noi... saremo salvi. Tacere.

Guardare dentro sé, non alzare mai lafaccia. Siamo intesi ?

Ines: Intesi.

Estella : Intesi.

Garcin: Allora, addio. (Va al suo divano e si prende ilcapo tra le mani; silenzio).

(Ines si mette a cantare.)

Estella: Signore, ha per caso uno specchio ? (Garcinnon risponde)  Uno specchio, un vetro,qualche cosa ? ... (Garcin non risponde) Vistoche mi fa star sola, almeno mi procuri unospecchio. (Garcin continua a rimanere con la

testa tra le mani senza rispondere).

Ines: Ce l’ho io, uno specchietto. (Fruga nellaborsetta, poi con dispetto).Non c’è più.Debbonoavermelo preso in segreteria.

Estella: E’ terribile. (Chiude gli occhi e barcolla.Ines siprecipita a sostenerla).

Ines: Che cos’ha?

Estella: (riapre gli occhi e sorride)  Mi sento a disagio.Non so se a lei faccia lo stesso effetto;

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quando non mi vedo ho un bel tastarmi, midomando se ci sono ancora.

Ines: E’ una bella fortuna. Io mi sento sempre,

dal di dentro.Estella: Mio Dio, di dentro... Tutto quello che passa

per la testa è tanto vago, fa dormire. Ho seispecchiere grandi in camera mia. Levedo.Le vedo. Ma loro non mi vedono.Riflettono la poltrona, il tappeto, lafinestra... com’è vuoto, uno specchio doveio non sono.Quando conversavo midisponevo in modo da potermi vedere in

una di quelle. Parlavo, mi vedevo parlare.Mivedevo come gli altri mi vedevano, questomi teneva sveglia. Il mio rossetto! Sonocerta che me lo sono dato di traverso.Insomma non potrò mica stare senzaspecchio per tutta l’eternità.

Ines: Vuole che le faccia io da specchio? Venga,la invito qui, a casa mia. Sieda qui, sul miodivano.

Estella: (indica Garcin) Ma…

Ines: Non ce ne occupiamo.

Estella: Ma ci faremo del male. Lo ha detto lei.

Ines: Ho l’aria di volerle fare del male?

Estella: Non si sa mai.

Ines: Sei tu che fai del male a me. Ma cheimporta? Visto che dobbiamo soffrire,meglio soffrire per causa tua.Siedi. Quivicina. Più vicina. Guardami negli occhi, nonti ci vedi?

Estella: Piccola, piccola. Ma vedo molto male.

Ines: Io ti vedo, io. Tutta, tutta. Domandami

quello che vuoi, nessuno specchio tirisponderà più fedelmente.

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(Estella,imbarazzata, si volta verso Garcin come per chiamarlo in aiuto).

Estella: Signore, signore, forse le diamo noia con le

nostre chiacchiere?(Garcin non risponde).

Ines: Lascialo stare…lui non conta più; siamosole. Dunque, domandami.

Estella: Va bene il rosso sulla bocca?

Ines: Vedere. Non tanto.

Estella: Mi pareva. Fortuna che nessuno (con uno

sguardo verso Garcin)  mi ha vista.Ricominciamo.

Ines: Così  va meglio. No. Segui il disegno dellelabbra; aspetta, ti guido. Così, così. Ora vabene.

Estella: Bene come prima, quando sono entrata?

Ines: Anzi meglio, è più pesante, più crudele. La

tua bocca da inferno.

Estella: Hum! Mi sta bene? Che rabbia, non poterpiù giudicarmi da me. Lei mi giura che mista bene?

Ines: Non vuoi che ci diamo del tu?

Estella: Mi giuri che mi sta bene?

Ines:Sei bella.

Estella: Ma non so se lei ha buon gusto. Il miogusto. Che disdetta, che disdetta…

Ines: Certo ho il tuo gusto, visto che mi piaci.Guardami bene.Sorridimi. Neanch’io sonobrutta. Non valgo un po’ più di unospecchio?

Estella: Non so. Mi fa soggezione. Negli specchi lamia eraun’immagine addomesticata. La conoscevotanto bene...Ora sorriderò, il mio sorriso

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arriverà in fondo alle sue pupille e Dio sache cosa diventerà.

Ines: E chi t’impedisce di addomesticarmi? (si

guardano. Estella sorride, leggermente affascinata)Proprio non vuoi darmi del “Tu”?

Estella: Mi riesce difficile dar del tu ad una donna.

Ines: Specialmente a un’impiegata postale, no?Che cosa hai qui, verso il mento? Unamacchia rossa?

Estella: (con un sussulto)  Dio! Una macchiarossa.Dove?

Ines Ah…ah…Sono lo specchietto per le allodole,io.Bella lodoletta, te l’ho fatta!Nientemacchia rossa, neanche un’ombra. Vedi?Selo specchietto cominciasse a dir bugie?Oppure se io chiudessi gli occhi, se rifiutassidi guardarti, che ne faresti di tutta la tuabellezza? Non temere; ho bisogno diguardarti, i miei occhi saranno sempre

spalancati. E sarò buona, tutta buona. Mami dirai “Tu”?

Estella:  Ti piaccio?

Ines:  Tanto

Estella: (accennando col capo a Garcin)  Vorrei cheanche lui mi guardasse.

Ines: Oh! Perché è un uomo. (A Garcin)  Ha vintolei. (Garcin non risponde)E la guardi una buonavolta. (Garcin non risponde)  Non stia a far lacommedia., lei non ha perduto una paroladei nostri discorsi.

Garcin: (alzando il capo di scatto) Può dirlo, non unaparola. Avevo un bel ficcarmi le dita nelleorecchie, le vostre chiacchiere mi

riempivano la testa. E lei non vuolelasciarmi in pace, ora? Non ho niente daspartire con lei.

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Ines: E con la piccola? Ho capito la sua manovra;tutta una messa in scena per interessarla.

Garcin: Le dico di lasciarmi stare. Cé al giornale

qualcuno che parla di me, e vorrei sentirlo.Stia tranquilla, della piccola me ne infischio.

Estella: Grazie.

Garcin: Non vorrei essere stato scortese.

Estella: Cafone!

(Pausa. Sono in piedi, ognuno a faccia a faccia con gli altri due)

Garcin: E va bene. Vi avevo tanto pregate di starzitte.

Estella: E’ lei che ha cominciato. E’ venuta a offrirmiil suo specchietto, io non le chiedevoniente.

Ines: Niente. Soltanto ti strofinavi a lui e faceviun sacco di smorfie perché ti guardasse.

Estella: E con questo?

Garcin: Siete matte? Non vedete dove siamo?Smettetela. Ora ci rimettiamo a sederetranquilli, chiudiamo gli occhi, e ognuno dinoi cercherà di dimenticare la presenza

degli altri.

(pausa, Garcin si mette a sedere.Le due donne vanno ognuna al proprioluogo a passi incerti.Poi Ines tutt'a un tratto si volta)

Ines: Dimenticare? Che sciocchezza. Io vi sentofin nelle mie ossa. Il vostro silenzio dentro

le mie orecchie urla. Potete inchiodarvi labocca, potete tagliarvi la lingua, e conquesto vi impedirete di esistere? Fermeretein voi il pensiero? Io lo sento fa tic-tac,

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come una sveglia.E so che voi sentite ilmio.Avete un bel rannicchiarvi sui vostridivani, siete dappertutto, i suoni miarrivano sudici perché voi li avete sentiti al

passaggio. M’avete rubato perfino il miovolto; voi lo conoscete e io no. E lei?Lei? Mel’ha rubata; se fossimo sole,crede cheavrebbe il coraggio di trattarmi come fa?No, no. Si tolga le mani dal volto. Non lalascerò in pace, sarebbe troppo comodo. Leiresterebbe la, insensibile, immerso in séstesso come un budda, io terrei gli occhichiusi, e sentirei Estella dedicarle tutti isuoni della sua vita fino al fruscio della sua

veste e mandarle sorrisi che lei nonvede.No, non mi va; io voglio scegliermeloda me il mio inferno, voglio guardarvi aocchi spalancati e lottare a viso scoperto.

Garcin: Sta bene. Penso che si doveva arrivare aquesto; ci hanno manovrati come bambini.Se mi avessero messo con degli uomini... gliuomini sanno stare zitti. Ma non bisognachieder troppo.(va verso Estella e le passa una

mano sotto il mento) Dunque, piccola, tipiaccio? Dice che mi adocchiavi?

Estella: Non mi tocchi.

Garcin: Via, mettiamoci a nostro agio. Mi piacevanomolto le donne, sai? E io piacevo molto aloro. Dunque mettiti a tuo agio, nonabbiamo più niente da perdere. Perchétante cortesie? Cerimonie? Tra noi! Tra

poco saremo tutti nudi come vermi.

Estella: Mi lasci stare.

Garcin: Nudi come vermi, voglio sapere con chi hoa che fare.

Ines: Ma lo sa, ora lo sa.

Garcin: Fino a che ognuno di noi non avrà

confessato perché lo hannocondannato, non sapremo niente.Comincia tu, bionda. Perche?

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Raccontaci il perché: la tua sinceritàpotrà scongiurare qualche catastrofe;quando conosceremo i mostri che sonoin noi... Forza; perché?

Estella: L’ho già detto che non lo so.Non hannovoluto dirmelo.

Garcin: S’intende, neanche a me hanno volutorispondere. Ma io mi conosco. Ti fa pauraesser la prima a parlare? Bene.. comincioio. Non sono un gran che di bello.

Ines: D’accordo; lo sappiamo che ha disertato.

Garcin: Non c’entra. Non parlate mai di questacosa. Sono qui perché ho seviziato miamoglie. Ecco tutto. Per cinque anni. Eccola;appena parlo di lei, la vedo. E’ Gomez chem’interessa ed è lei che vedo. Dov’èGomez? Per cinque anni. Ecco, le hannorestituito i miei vestiti, sta seduta presso lafinestra e s’è messa la mia giacca sulleginocchia. La giacca ha dodici buchi. Il

sangue sembra ruggine. E io l’ho portata!Piangerai? Finirai col piangere? Tornavo acasa ubriaco marcio, puzzavo di vino e difemmina. Lei m’aveva aspettato tutta lanotte; non piangeva. Non un rimprovero,s’intende. Solo i suoi occhi. I suoi grandiocchi. Fuori nevica. Ma ti deciderai apiangere?

Ines: Perché l’ha fatta soffrire?

Garcin: Perché era facile. Bastava una parola perfarla cambiar di colore; era una sensitiva:l’avevo trovata in mezzo a una strada. Locapite? Le sue dita cercano i buchi.Lasciatemelo dire: mi ammirava troppo. Locapite, questo?

Ines: No. Me. nessuno mi ammirava.

Garcin: Meglio. Tanto meglio per lei. Tutto questodeve sembrarvi un po’ astratto. Ebbene,state a sentire: io avevo installato in casa

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nostra una mulatta. Che notti! Mia mogliedormiva al primo piano, doveva sentirci. Erala prima ad alzarsi, e poiché noi stavamo aletto fino a tardi ci portava il caffè e latte.

Ines: Fetente!

Garcin: Lei dice fetente ? Se no, che ci farei qui? Elei ?

Ines: Io ero una di quelle che lassù chiamanodannata donna. Già dannata capisce? Cosìnon è stata una gran sorpresa.

Garcin: Nient’altro?

Ines: No. C’è stata anche una certa faccenda conFiorenza.Storia di morti. Tre morti. Primalui, poi lei e io. Laggiù non ci rimane piùnessuno, sono tranquilla: la camera, ebasta. Ogni tanto la rivedo, quella camera.Vuota, con le imposte chiuse. Ah ah… sisono decisi a levarli i suggelli. “Affittasi” c’èil cartello sulla porta. Che miseria.

Garcin:  Tre? Ha detto tre?

Ines:  Tre.

Garcin: Un uomo e due donne?

Ines: Si.

Garcin: Ma guarda! S’è ucciso?

Ines: Lui? Non ne era capace, no. Eppure, persoffrire,aveva sofferto. No. E’ finito sotto adun tranvai. Allegria!Vivevo con loro. Era miocugino.

Garcin: Fiorenza era bionda?

Ines: Bionda? (uno sguardo verso Estella) Non pensi,io non ho rimpianti, ma non mi divertetroppo raccontare questa storia.

Garcin: Andiamo! S’era disgustata di lui?23

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Ines: A poco a poco. Una cosa oggi, unadomani.Per esempio, bevendo facevarumore. soffiava col naso nel bicchiere.

Cose da nulla. Oh! Era una povera creatura,molto facile da ferire.Perché sorride?

Garcin: Perché io no, non sono facile da ferire.

Ines Chi lo sa? Io mi sono insinuata dentro lei, finche lei lo ha visto con i miei occhi... èandata a finire che lei m’è restata sullespalle.Abbiamo preso una camera all’altrocapo della città.

Garcin: E allora?

Ines : Allora c’è stato il tranvai. L’abbiamoammazzato. Sono cattiva.

Garcin: Sì, anch’io.

Ines: No. Lei, lei non è cattivo. E’ un’altra cosa.

Garcin: Che cosa?

Ines: Glielo dirò un’altra volta. Io sì, sono cattiva;voglio dire,che per viver io, mi occorre chegli altri soffrano. Essere una torcia.Unatorcia dentro i cuori degli altri.. Quandosono sola, mi spengo. Per sei mesi sonorimasta accesa dentro il cuore di lei; hobruciato ogni cosa. Una notte lei s’è alzata;è andata ad aprire il rubinetto del gas senzach’io me ne accorgessi, poi è tornata acoricarsi al mio fianco. Ecco.

Garcin: Hum!

Ines: Che cosa?

Garcin: Niente. Volevo dire non è molto bello.

Ines: Lo so. Non è molto bello. E allora?

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Garcin: Ha ragione. (aEstella) Ora tocca a te. Checos’hai fatto tu?

Estella: Lo ripeto, che non ne so niente. Ho un

bell’interrogarmi...

Garcin: Ora ti aiutiamo. L’uomo dal voltofracassato, chi è?

Estella: Quale uomo?

Ines : Lo sai benissimo. Quello di cui avevi pauraquando sei entrata.

Estella: Un mio amico.

Garcin: Perché avevi paura di lui?

Estella: Non avete diritto di interrogarmi.

Ines: Si è ucciso per colpa tua.

Estella: No.Lei è matta.

Garcin:Allora perché ti faceva paura? S’é lasciatoandare un colpo di fucile in faccia no? Chegli ha portato via la testa?

Estella: La smetta! La smetta!

Garcin: Per colpa tua, per colpa tua.

Ines: Un colpo di fucile per colpa tua.

Estella: Lasciatemi in pace. Mi fate paura. Voglioandarmene! Andarmene! (si precipita controla porta e la scuote).

Garcin: Vattene, non chiedo di meglio. Ma la portaè chiusa dal di fuori. (Estella suona, ma ilcampanello tace. Ines e Garcin ridono. EstelIa, conla schiena addosso alla porta si volge a loro)

Estella: Siete ignobili.

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Ines Verissimo. Ignobili. E allora?Dunque queltale s’è ucciso per colpa tua.Era il tuoamante?

Garcin: Si capisce, che era il suo amante. E volevaaverla tutta per sé.Non e così?

Ines : Ballava il tango come un maestro, ma erapovero, immagino.

Garcin:  T’abbiamo domandato se era povero.

Estella: Si, povero.

Garcin: E tu avevi la tua reputazione dasalvaguardare. Un bel giorno lui è venutoda te, ti ha supplicata, e tu ti sei messa ascherzare.

Ines Così, così. Scherzavi ? Per questo s’èucciso?

Estella: Con questi occhi tu guardavi Fiorenza?

Ines : Si.

Estella: Siete fuori di strada. (si erige, sempreaddossata alla porta, guardandoli)  Voleva farmifare un bambino. Ecco. Siete soddisfattiora?

Garcin: E tu non volevi.

Estella No. Ma il bambino è venuto

ugualmente.Sono andata a passare cinquemesi in Svizzera.Nessuno ne ha saputoniente. Era una bambina. Ruggero era dame quando è nata. Lo divertiva avere unafiglia. Me no.

Garcin: Poi ?

Estella: C’era un balcone, e davanti il lago. Hoportato una pietra, grossa. Lui gridava :

“Estella no, ti scongiuro”.Lo odiavo. Havisto tutto. S’è affacciato al balcone e havisto dei cerchi nell’acqua del lago.

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Garcin: E poi?

EstellaNiente.Sono tornata a Parigi. Lui ha fattoquel che gli pareva.

Garcin: S’è fatto saltare le cervella?

Estella: Che! Non metteva conto; mio marito nonha mai avuto un sospetto. (a Garcin)  Laodio.

Garcin: Inutile. Qui lacrime non scorrono.

Estella: Sono vile. Vile! Se sapesse quanto la odio.

Ines : (prendendola tra le braccia)Povera piccina! (aGarcin)  L’interrogatorio è finito, non c’è piùragione di tenersi quella grinta da boia.

Garcin: Da boia ? Non so che darei per vedermi inuno specchio. Che caldo. ( macchinalmente sitoglie la giacca)Oh!Scusino. (Fa per rimettersela)

Estella: Stia pure in maniche di camicia. Oramai…

Garcin: E’ vero. (getta la giacca sul divano) Non c’è daprendersela con me Estella.

Estella: Non me la prendo con lei.

Ines: E con me? Ce l’hai con me?

Estella: Si.

Ines: E allora. Garcin? Eccoci qui come tre vermi;ci vede più chiaro?

 

Garcin: Non so. Forse si, un poco più chiaro. Nonpotremmo tentare di aiutarci uno conl’altro?

Ines: Non ho bisogno d’aiuti.

Garcin: Ines, hanno scompigliato tutti i fili. Se lei fail minimo gesto, se alza la mano per farsifresco, Estella e io sentiamo la scossa.

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Nessuno di noi può salvarsi da solo;dobbiamo o perderci insieme o cavarcelainsieme. Scegliete. Che c’è?

Ines: L’hanno affittata. Le finestre sonospalancate sul mio letto si è seduto unuomo. L’hanno affittata! Affittata! Entri,entri, non si faccia soggezione. E’ unadonna.Va fino a lui, gli mette le mani sulle spalle...Che cosa aspettano per far luce? Non ci sivede più; forse stanno per baciarsi. Lacamera è mia! Mia! Perché nonaccendono ? Non si vedono più. Che cosa si

bisbigliano? Si metterà a carezzarla sopra ilmio letto? Lei gli dice che è mezzogiorno ec’è il sole. Ma allora sono io che diventocieca. Non sento più. Forse è tutto finito,tutto, tra me e la terra. Niente più alibi.(rabbrividisce)  Mi sento vuota. Ora si, sonomorta del tutto. Sono tutta qui. Dicevate?Lei parlava di aiutarmi no?

Garcin : Si.

Ines : A far che?

Garcin: A sventare le loro astuzie.

Ines : E in contraccambio, io?

Garcin: Mi aiuterà. Basterebbe poco, Ines; appenaappena un poco di buona volontà.

Ines Buona volontà.Dove volete che la prenda ?Sono putrefatta.

Garcin: E io ? Eppure, se provassimo ?

Ines: Sono disseccata. Non posso né ricevere nédare, come vuole che l’aiuti ? Un ramosecco, lo si butta nel fuoco. (guarda Estellache si tiene la testa tra le mani)  Fiorenza erabionda.

Garcin: Lo sa che quella figliola sarà il suocarnefice?

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Ines : Forse comincio a sospettarlo.

Garcin: E’ per mezzo di Estella che prenderanno lei,

Ines. Quanto a me, io... io... non le bado. Seper conto suo...

Ines: Che cosa ?

Garcin: E’ una trappola. La stanno sorvegliando pervedere se lei ci cade.

Ines: Lo so. E lei, anche lei, Garcin, è unatrappola.Tutto trappola.Ma che me ne

importa? Trappola; anch’io, sono unatrappola per quella la. Forse sarò io acogliere Estella.

Garcin: Lei non coglierà proprio niente. Noi cicorriamo dietro l’un l’altro come i cavallidella giostra, senza mai raggiungerci; stiapur certa che quelli la hanno combinatotutto per bene. Lasci correre, Ines. Apra lemani, allenti la stretta. Se no sarà lei la

causa della disgrazia di tutti noi tre.

Ines: Le sembro un tipo che molla la preda? Soquello che m’aspetta.Debbo bruciare. Stobruciando. So che sarà per tutta l’eternità;lo so, e vuole che allenti la stretta? Le dicoche so tutto, e che non posso aver pietà,nemmeno verso me stessa.

Garcin:(prendendola per le spalle) Ma io posso averpietà di lei. Mi guardi, siamo nudi. Nudi finoall’osso, e io la conosco fin dentro il cuore.E’ un vincolo.Pensa che vorrei farle delmale? Anch’io sono disseccato. Ma di leiposso aver compassione.

Ines:  (mentre egli parlava, lo ha lasciato fare; ora siscuote) Non mi tocchi. Non posso soffrire disentirmi toccata. E se la tenga la sua

compassione. Via, Garcin, ci sono tantitrabocchetti anche per lei, in questa stanza.Per lei. Preparati per lei.Farebbe meglio apensare ai casi suoi. Se lei ci lascia in pace

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la flgliola e me, farò in modo da nondanneggiarla.

Garcin: (la guarda un istante, poi alza le spalle) Sta bene.

Estella: (alzando il capo) Aiuto, Garcin!

Garcin: Che vuole da me?

Estella: (alzandosi ed accostandosi a lui)  Me, puòaiutarmi.

Garcin: Si rivolga a lei. (Ines s'è accostata, si ponedietro Estella lungo lei senza toccarla. Durante le

battute seguenti le parlerà quasi all’ orecchio. MaEstella, volta verso Garcin che la sta a guardarein silenzio, risponde soltanto a lui come se fosselui a interrogarla).

Estella: Di grazia, Garcin, lei ha promesso, hapromesso! Presto, presto non vogliorimaner sola. Olga l’ha portato a ballare.

Ines: Ha portato chi ?

Estella: Piero. Ballano insieme.

Ines : Chi é Piero ?

Estella: Uno sciocchino. Mi chiamava la sua acquaviva. Mi amava.Era mio

Ines: Non c’è più niente di tuo sulla terra.

Estella: Era mio.

Ines: Era…Prova a prenderlo, prova a toccarlo.Olga si lo può toccare. No?

Estella: Mi sarebbe bastato uno sguardo, lei nonavrebbe mai osato. Dunque non contoproprio più niente?

Ines : Più niente. E non c’è più niente di te sulla

terra, tutto ciò che è tuo sta qui. Vuoi iltagliacarte? Il bronzo di Barbedienne ? Ildivano turchino è tutto tuo... E io, cara, iosono qui tua, per sempre.

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Estella: Oh, mia? Allora sentiamo.Quale di voi dueoserebbe chiamarmi la sua acqua viva ?Non vi si inganna voi, e voi lo sapete che io

non sono che spazzatura. Pensa a me,Piero, non pensare ad altri che a me,difendimi. Fintanto che tu pensi la miaacqua viva, la mia cara acqua viva, io sonoqui soltanto, per metà, sono soltanto unamezza colpevole, sono acqua viva laggiùvicino a te. Quell’altra è rossa come unpomodoro, via non è possibile, cento volteabbiamo insieme riso di lei.Che musica èquesta?Mi piaceva tanto ... va bene, ballate,

ballate. Cé da morir dal ridere. Via!Piùpresto!Più presto! La trascina. La spinge.E’ un’indecenza. Più in fretta! A me diceva:“Come sei leggera”! Via, via. Ti dico che tivedo.Se ne infischia, balla traverso il miosguardo. La nostra cara Estella! Ma checara Estella ?

Smettila, ai funerali non hai versatoneppure una lacrima.Lei gli ha detto “ Lanostra cara Estella”. Ha la faccia tosta di

parlargli di me. Via a tempo. Sa, Garcin ? Gliha detto tutto , di Ruggero del viaggio inSvizzera, del bambino.Mi chiamava la suaacqua viva, il suo cristallo! Ecco il cristalloin briciole. “La nostra cara Estella”. Ballate.Via, ballate! A tempo. Uno,due. (Balla) Dareitutto per tornare sulla terra un minuto, unminuto solo, e ballare. Non capisco piúbene. Hanno abbassato le luci come per untango; perché sonare in sordina? Più forte!

Com’è lontano! Non... non sento più niente.(smette di ballare)  La terra m’haabbandonata. Garcin, guardami, prendimitra le braccia. (Ines da dietro a Estella fa segno aGarcin di scostarsi)

Ines: (imperiosa) Garcin!

Garcin: (retrocede di un passo e addita Ines a Estella) Sirivolga a lei.

Estella: (lo afferra) Non se ne vada. E’ un uomo lei?Ma mi guardi., non volti gli occhi dall’altra

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parte; è una cosa tanto faticosaguardarmi ? Ho i capelli d’oro, e, alla finfine, c’è chi s’è ucciso per me. La supplicostammi a sentire.Io sono caduta dai loro

cuori come un uccellino dal suo nido.Raccattami, prendimi nel tuo cuore; vedraicome sarà piacevole.

Garcin: (respingendola con sforzo) Le dico di rivolgersia lei.

Estella: Lei ? Ma non serve , è una donna.

Ines: Io non servo? Ma, uccellino mio, piccola

allodola, da un pezzo tu stai rifugiata entroil mio cuore. Non aver paura, ti guarderòsenza posa, senza battere ciglio. Vivraidentro il mio sguardo come una pagliuzzain un raggio di sole.

Estella: Un raggio di sole ? Oh mi lasci in pace.Giàprima ha tentato il colpo, ma ha visto cheha fatto cilecca.

Ines: Estella, mia acqua viva, mio cristallo.

Estella: Suo cristallo ? Ridicola. Chi creded’ingannare? Via, lo sanno tutti che hogettato il mio bambino dalla finestra. Il miocristallo è in terra a pezzi e me ne infischio.Non sono più che una pelle; ma la mia pellenon è per lei.

Ines:Vieni! Sarai quel che vorrai. Acqua viva,acqua sudicia, tu ti ritroverai in fondo aimiei occhi quale ti desideri.

Estella: Lasciami. Tu non hai occhi. Ma che cosadebbo fare perché tu mi lasci ? To' (le sputain faccia. Ines di colpo la lascia)

Ines: Garcin, me la pagherà. (Garcin alza le spalle eva verso Estella)

Garcin: Dunque ? Vuoi un uomo ?

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Estella: Non un uomo, voglio te.

Garcin: Meno storie. Chiunque ci si trovasse. Mi sontrovato qui io, e tocca a me. (la prende per le

spalle)  Non ho niente da piacerti, lo saibene; non sono un bischerino e non soballare.

Estella:  Ti prendo come sei. Forse ti cambierò.

Garcin: Ne dubito. Sarei... distratto. Ho altrefaccende per la testa.

Estella: Quali faccende?

Garcin: Non ti possono interessare.

Estella: Mi metterò sul tuo divano, e aspetterò chetu ti occupi di me.

Ines: (scoppiano a ridere) Ah! Caspita. A pancia ingiù Fosse almeno bello.

Estella: (a Garcin) Non darle retta. Non ha occhi. Non

ha orecchie. Non conta.Garcin:  Ti darò quel che potrò. Non è molto. Non

t’amerò, ti conosco troppo bene.

Estella: Mi desideri?

Garcin: Si.

Estella: Non chiedo altro.

Garcin: Allora.. (si china su lei)

Ines : Estella! Garcin! Perdete la testa. Ma ci sonoio, qui.

Garcin: Lo vedo. E allora?

Ines : Davanti a me? Non... non potete.

Estella:E perché? Non mi spogliavo davanti allamia cameriera?

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Ines: (aggrappandsi a Garcin) Lasciala, non toccarlacon le tue sporche mani di maschio!

Garcin: (respingendola con violenza) E’ inteso, non sono

un gentiluomo, non mi fa paura pestare unpo’ sopra una donna.

Ines: Me lo aveva promesso, Garcin, la scongiuro,me l’aveva promesso.

Garcin: E’ lei che ha rotto i patti. (Ines si stacca da luie rincula fino in fondo alla scena)

Ines: Fate quel che vi pare, siete voi i più forti.Ma ricordate: sono qui e vi guardo. Nonstaccherò i miei occhi da lei, Garcin, dovràstringerla sotto il mio sguardo. Quanto viodio tutti e due! Amatevi, amatevi! Siamoall'inferno, e verrà il mio turno.

(Durante la scena seguente continuerà a guardarli senza dire

niente).

Garcin: (torna da Estella e la prende per le spalle) Dammila tua bocca (si china su di lei ma bruscamente sirialza).

Estella: (con dispetto)  Ah! Ti avevo detto di nonbadare a quella.

Garcin: Che me ne importa di quella? C’è Gomez algiornale. Hanno chiuso le finestre, dunque

siamo d’inverno. Tremano dal freddo. Nonsi sono levati la giacca.E’ strano cheabbiano tanto freddo laggiù; io sento tantocaldo. Questa volta, sta parlando di me.

Estella: Ce n’avrai per un pezzo? Dimmi almeno checosa sta raccontando.

Garcin: Niente. Non racconta niente. E’ un porco,ecco. (sta in ascolto)  Un bel porco. Via. (Si

riaccosta a Estella)  Torniamo a noi. Mi vorraibene?

Estella: (sorridendo) Chi sa ?34

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Garcin: Avrai fiducia in me?

Estella: Che domanda! Ti avrò sempre sotto gli

occhi e non è certo con Ines chem’ingannerai.

Garcin: S’intende.. (toglie le mani dalle spalle di lei)Intendevo un altro genere di fiducia. Dì, dìpure tutto quel che ti pare, non ci sono adifendermi. (a Estella)  Estella, devi darmi latua fiducia.

Estella: Quante complicazioni! Hai la mia bocca,le

mie braccia, il mio corpo tutto, e la cosasarebbe tanto semplice... La mia fiducia!Ma non ne ho io fiducia da dare; mi metti inun bell’imbarazzo. Ah! Devi averla fattagrossa per invocare tanto la mia fiducia.

Garcin: M’hanno fucilato.

Estella : Lo so, t’eri rifiutato di partire. E poi?

Garcin: Non avevo... non avevo rifiutato del tutto.(aqualcuno che rimane invisibile)  Parlabene,critica a dovere, ma non dice che cosaavrei dovuto fare. Voleva che andassi dalgenerale a dirgli “Generale, nonparto.”Bella trovata! M’avrebbero messodentro. Volevo proclamare io, proclamare!Non volevo che soffocassero la mia voce. (aEstella) Ho... ho preso il treno. Al confinem’hanno acciuffato.

Estella: Dove volevi andare?

Garcin: In Messico. Contavo di fondare la ungiornale pacifista. Be? Dì qualche cosa.

Estella: Che vuoi che ti dica? Hai fatto bene, vistoche non volevi combattere. (Gesto seccato diGarcin)  Ah! Mio caro. Non so immaginare

che cosa dovrei risponderti.

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Ines: Tesoro, bisogna dirgli che è scappato comeun leone. Perche è scappato, il tuo diletto.E’ questo che gli secca.

Garcin:Scappato, partito, come vi pare.

Estella: Dovevi ben fuggire; se restavi ti pescavano.

Garcin: Senza dubbio. Estella, sono un vigliacco?

Estella: Ma non ne so niente. Amore, non sonodentro la tua pelle. Sta a te giudicare.

Garcin: (con un gesto stanco) Rinuncio a giudicare.

Ines: Oh! Qui sta il punto.E’ la ragione vera? Turagionavi, non volevi impegnarti allaleggera. Ma la paura, l’odio, tutte leturpitudini che si tengono nascoste, sonoanche loro altrettante ragioni.Via cerca,interrogati.

Garcin: Smettila! Credi che io stessi ad aspettare ituoi consigli?Camminavo nella mia cella, lanotte,il giorno. Dalla finestra all’uscio,dall’uscio alla finestra. Mi sono spiato. Hoseguito le mie orme. Mi sembra d’averepassato una vita intera a interrogarmi e inconclusione? Niente. Il gesto era la. Hopreso il treno, questa è la cosa certa. Maperché? Perché? In definitiva, ho pensato:sarà la mia morte a stabilire: “Se muoiobene, avrò dimostrato di non essere unvile...”.

Ines: E come sei morto. Garcin?

Garcin: Male. (Ines scoppia a ridere)  Oh! Non è  statoche un mancamento fisico. Non me nevergogno. Solamente, tutto è  rimastosospeso per sempre.(a Estella)  Avvicinati, tu. Guardami. Hobisogno che qualcuno mi guardi mentresulla terra stanno parlando di me. Mi

piacciono gli occhi verdi.

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Ines: Gli occhi verdi? Che idea! E a te, Estella,piacciono i vili?

Estella: Se tu sapessi quanto me ne infischio.Vile o

no, pur che sappia baciare.

Garcin: Dondolano la testa aspirando il sigaro, siannoiano. Pensano: “Garcin è un vile”.Mollemente, debolmente. Garcin è un vile!Hanno stabilito così, loro, i colleghi. Tra seimesi diranno: “Vile come Garcin”. Fortunatevoi due, nessuno più  pensa a voi, sullaterra. Io son più duro a morire.

Ines: E sua moglie, Garcin?

Garcin: Ebbene, che c’entra, mia moglie? E’ morta.

Ines: Morta ?

Garcin: Forse m’ero scordato di dirvelo.E’ morta dapoco, circa due mesi fa.

Ines: Di dolore?

Garcin: S’intende, di dolore, di che cosa vuole chesia morta? Via, tutto bene. La guerra èfinita, mia moglie è morta e io sonoentrato nella storia. (Esce in un seccosinghiozzo e si passa la mano sul volto.Estella siabbraccia a lui).

Estella: Caro, caro! Guardami, caro! Toccami. Toccami. ( Gli prende la mano e se la appoggia sul

seno.Garcin fa un movimento come per sottrarre lamano).  Uno per volta moriranno tutti, cheimporta che cosa pensano? Dimenticali.Non ci sono più che io.

Garcin: (liberando la mano)  Me non mi dimenticano,loro. Moriranno, ma altri ne verranno cheerediteranno la consegna; ho lasciato lamia vita tra le loro mani.

Estella:  Tu pensi troppo.

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Garcin: Che altro fare? Una volta, lavoravo... Ah!  Tornare un giorno solo tra loro... chesmentita! Ma oramai son fuori giuoco; fannoil conteggio senza curarsi di me e hanno

ragione, visto che sono morto. (ride) Un topoin trappola. Son diventato di pubblicodominio.

Estella: (sottovoce) Garcin!

Garcin: Sentivi? Ebbene ascoltami. Devi farmi unpiacere, no, non ti scostare. Lo so, tisembra buffo che qualcuno possa chiedertiaiuto, non ci sei abituata. Ma se tu volessi,

se facessi uno sforzo, potremmo forsevolerci bene davvero. Vedi. Sono in cento adire che sono un vile. Ma che è cento? Se cifosse un’anima, una sola, capace diaffermare con tutta la sua forza che io nonsono fuggito, che non posso essere fuggito,che del coraggio ne ho, che sono unapersona pulita, sono... sono certo che sareisalvo. Vuoi credere tu in me? Ti avrò piùcara che me stesso.

Estella: (ridendo) Idiota! Mio dolce idiota! Ti pare chepotrei amare un vile?

Garcin: Ma dicevi...

Estella: Ti prendevo in giro. Mi piacciono gli uomini,Garcin, gli uomini veri, con la pelle ruvida,le mani forti. Tu non hai il mento d’un vile,non hai la bocca d’un vile. I tuoi capelli non

sono d’un vile. E’ per la tua bocca, per latua voce, per i tuoi capelli, ti amo.

Garcin: Vero? Proprio vero?

Estella: Vuoi che te lo giuri ?

Garcin: Allora li sfido tutti, quelli di laggiù e quelli diqui. Estella, noi usciremo dall’inferno. (Inesesce a ridere, lui s'interrompe e la guarda)  Che

c’è ?

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Ines: (ridendo) Ma quella non crede una parola diquel che dice, quanto sei ingenuo. “Estellasono io un vile”? Se tu sapessi quanto leise ne infischia!

Estella: Ines! (a Garcin)  Non darle retta. Se vuoi lamia fiducia devi cominciare col darmi la tua.

Ines: Ma bene. Bene! Fidati di lei, dunque. Habisogno di un uomo, questo è certo, d’unbraccio d’uomo che la cinga, di un odored’uomo. D’un desiderio d’uomo in fondo asguardi d’uomo.Quanto al resto... Via, tidirà che sei Dio Padre, se questo ti potesse

far piacere.

Garcin: Estella , è vero ? Rispondimi, è vero ?

Estella: E che vuoi che risponda? Io non le capiscotutte queste storie. (pestando i piedi) Midanno sui nervi. Ecco, anche se tu fossi unvile, io t’amerei,va bene? Ti basta ?

Garcin: (alle donne) Mi stomacate! (si avvia alla porta)

Estella: Che fai?

Garcin: Me ne vado

Ines : Non farai molta strada,la porta è chiusa.

Garcin: Dovranno bene aprirla. (preme il

bottone;nessun suono)

Estella: Garcin!

Ines: (aEstella)  Non temere, il campanello nonfunziona.

Garcin: Vi dico che apriranno. (Bussa con le mani) Nonvi posso più  sopportare, più. (Estella corre alui che la respinge)  Vattene! Mi disgustiancora più di lei. Non voglio infangarmi nei

tuoi occhi. Sei bagnata, sei molle, sei unapiovra, una palude. (Bussa) L’avete capito, diaprire?

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Estella: Garcin, te ne scongiuro, non andartene, nonti parlerò più, ti lascerò in pace, ma nonandartene. Ines ha messo fuori le unghie,non voglio restar sola con lei.

Garcin: Arrangiati. Non te l’ho chiesto io di venirqui.

Estella: Vigliacco, vigliacco, è  proprio vero che seiun vigliacco.

Ines: (si accosta ad Estella)    Tesoro mio, seisoddisfatta? Per fargli piacere m’hai sputatoin faccia, per colpa sua ci siamo bisticciate;

ma ora lui se ne va, il guastafeste, ci lasciatra noi, tra donne.

Estella: Non ci hai niente da guadagnare; se quellaporta s’apre, io me la svigno.

Ines: Dove?

Estella: Dove capita. Il più lontano possibile da te.(Garcin non ha mai smesso di bussare alla porta).

Garcin: Aprite, aprite perdio! Accetto tutto. Lostivaletto, le tenaglie, il piombo fuso, lepinze, la garrotta, tutto quel che brucia, chelacera… voglio soffire sul serio. Megliocento morsi, meglio la frusta, il vetriolo, chequesta tortura di cervello, questa larva disofferenza che ti striscia, ti rasenta, e non tifa mai male abbastanza. (afferra la manigliadella porta e la scuote) Vi decidete ad aprire ?

(la porta s'apre bruscamente e per poco non siscardina) Oh!... (una lunga pausa)

Ines: Su, Garcin, se ne vada.

Garcin: Mi sto domandando perché mai la porta s’èaperta.

Ines : Che cosa aspetta? Via, presto.

Garcin: Non me ne vado.

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Ines: E tu. Estella ? (Estella non si muove, Ines da inuno scoppio di risa) O dunque ? Chi ? Quale deitre? La via è  libera, chi ci trattiene? C’è damorir dal ridere. Siamo inseparabili. (Estella

d'un balzo la afferra alla schiena)

Estella: Inseparabili ? Garcin! Aiutami, aiutamipresto. La trascineremo fuori e lechiuderemo dietro la porta. Vedrà.

Ines: (dibattendosi) Estella, Estella ! Ti scongiuro,lasciami qui.No nel corridoio, nel corridoiono!

Garcin:Lasciala!

Estella: Sei matto? Ti odia.

Garcin: Ma per lei sono rimasto.(Estella lascia Ines eguarda Garcin meravigliata)

Ines: Per me ? Bene, allora chiuda la porta.Daquando è aperta fa cento volte più caldo.(Garcin va a chiudere) Per me ?

Garcin: Si. Tu lo sai che cosa è un vile, tu.

Ines: Lo so.

Garcin:  Tu lo sai cos’è il male, la vergogna, lapaura. In certi giorni ti sei veduta fino alcuore, e quella vista ti schiantava braccia egambe. Si, tu lo sai il prezzo del male. E sedici tu che io sono un vile lo dici conconoscenza di causa. no?

Ines: Si.

Garcin: Sei tu quella ch’io debbo convincere; seidella mia razza tu. Pensavi che io me nesarei andato ? Non potevo lasciarti qui,trionfante, con tutti quei pensieri in testa,tutti quei pensieri che riguardano me.

Ines: Vuoi davvero convincermi?

Garcin: Non voglio altro. Quelli la non li sento più, losai ? Certo hanno rotto ogni rapporto con

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me.La pratica è archiviata, non sono piùniente io sulla terra, neppure più un vile.Non ci siete più che voi due per occuparvi dime.Ma lei non conta.Tu, tu che mi odi, se

credi in me, mi salverai.

Ines : Non sarà facile credo. Guardami, ho la testadura.

Garcin: Ci metterà il tempo necessario.

Ines : Oh! Ne hai di tempo, tutto il tempo.

Garcin: (prendendola per le spalle) Ascoltami. Ciascuno

ha un suo scopo, no? Ho puntato tuttosopra un solo cavallo. E’ possibile essere unvile quando si sono scelte le strade piùpericolose? E’ possibile giudicare tutta unavita da un solo atto? Quell’eroismo non l’hosognato, l’ho scelto; uno è quello che vuoleessere.

Ines: Soltanto le azioni stabiliscono che cosa si èvoluto.

Garcin: Sono morto troppo presto. Non mi hannodato il tempo di compiere le mie azioni.

Ines: Sempre si muore troppo presto - o troppotardi. Pure la vita eccola la. Finita; la partitaè chiusa, bisogna fare i conti. Tu non seiniente altro che la tua vita.

Garcin: Vipera! Hai una risposta a tutto.

Ines:  Te l’avevo detto che eri facile da ferire. Ah!Quanto stai per pagarla, ora. Sei un vile,Garcin, un vile, perché io voglio così.Lovoglio, capisci, lo voglio! Eppure, vedi comesono debole, un soffio; non sono nientealtro che l’occhio che ti vede, il pensieroincolore che ti pensa. (Garcin s'avvia verso leia mani aperte)  Oh! Si aprono quelle manigrosse di maschio. Ma che speri? Non si

prendono i pensieri con le mani. Via, nonhai da scegliere, devi convincermi. Titengo.

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Estella: Garcin.

Garcin: Che ?

Estella: Vendicati.

Garcin: In che modo?

Estella: Baciami. La sentirai come canta.

Garcin: Eppure è vero, Ines. Tu mi tieni, ma ancheio tengo te. (si china su Estella, Ines manda ungrido)

Ines: Vigliacco! Vigliacco! Va, va a farti consolaredalle donne.

Estella: Canta, Ines, canta.

Ines: Bella coppia! Se tu la vedessi, la suazampaccia appiattita sulla tua schiena, asgualcire carne e stoffa. Ha le mani umide,suda. Ti lascerà un segno blu sul vestito.

Estella: Canta! Canta! Stringimi più forte contro te,Garcin; lei ne morirà.

Ines: Oh! Si, stringila forte, stringi! Mescolate ivostri calori. Ti piace l’amore, Garcin? E’tepido e profondo come il sonno, ma io nonti lascerò dormire.(gesto di Garcin)

Estella: Non darle retta. Prendi la mia bocca. Sonotutta tua.

Ines: E che cosa aspetti? Fai quello che ti dicono.Garcin il vile tiene tra le braccia Estellal’infanticida. Si accettano scommesse.Garcin il vile la bacerà? Vi vedo. Vi vedo; ioda sola sono tutta una folla, la folla, Garcin,la folla, mi capisci? (mormorando)Vile! Vile!

Vile! Vile! E’ inutile che tu mi sfugga, non tilascerò. Che cosa cerchi sulle sue labbra?L’oblio? Ma io non ti scorderò, io. E’ me chedevi convincere. Me. Vieni, vieni. Ti aspetto.

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Vedi, Estella, lui allenta la stretta, è docilecome un cane... Non la avrai.

Garcin: Ma non verrà mai notte?

Ines: Mai

Garcin : Mi vedrai sempre?

Ines: Sempre.(Garcin lascia Estella e fa qualche passo per la stanza.Si accosta al bronzo)

Garcin : Il bronzo, (lo carezza) ecco il momento.Quic’è il bronzo e io mi rendo conto che sono

nell’inferno.Vi dico che tutto eraprevisto.Avevano previsto che mi sareifermato davanti a questo caminetto, apremere con la mano questo bronzo, contutti questi sguardi fissi su di me.Tuttiquesti sguardi che mi divorano ...

(d’improvviso si volta) Oh! Siete soltanto due?Vi credevo molto di più. E’ questo dunquel’inferno? Non l’avrei mai creduto.Vi

ricordate?II solfo, il rogo, le graticole ...buffonate!Nessuno ha bisogno di graticole;l’inferno sono gli Altri.

Estella: Amore mio!

Garcin: Lasciami. C’è lei tra noi due.Non possoamarti, fin che lei mi vede.

Estella : Così? Ebbene, lei non ci vedrà più. (afferra

sulla tavola il tagliacarte, si precipita addosso aInes e la colpisce con esso più volte)

Ines: (dibattendosi ride) Che fai ? Che fai ? Seimatta ? Lo sai che sono morta.

Estella : Morta ? (lascia cadere il tagliacarte. Ines loraccoglie e con esso rabbiosamente si colpisce)

Ines: Morta! Morta! Morta! Né coltello. Népugnale,né corda. E’ cosa già fatta; capisci?

E noi siamo insieme. Noi tre, per sempre.

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Estella: (ride a perdifiato) Per sempre. Dio, com’èbuffo. Per sempre!

Garcin: (guardandole entrambe, ride) Per sempre!

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