Saperi e sapori campani · custodirlo e utilizzarlo. Nella smorfia napoletana il numero è il sole...

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Saperi e sapori campani

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Saperi e sapori campani

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Il vastissimo patrimonio di prodotti, di sapori e di colori che caratterizza l’agricoltura e la pesca campana ne rappresenta anche la sua principale ricchezza. Un patrimonio che ci è stato lasciato dai nostri avi, dalla loro cultura, dalla loro abilità, dalla loro maestria nel riuscire a coniugare «saperi e sapori». Tocca a noi custodirlo e utilizzarlo. Nella smorfia napoletana il numero 1 è il sole . Forse perché di sole ce n’è uno, forse perché tutto comincia con esso. E’ il sole che fa crescere le cose buone della nostra terra. Così abbiamo imbandito la tavola chiedendo al sole di fare gli onori di casa. Naturalmente siete tutti invitati . Ci sono la pasta, la pizza (numero 24 della smorfia), la mozzarella, la pommarola (che fa 46),le castagne (36). L’unico rischio è che quell’affamato di Pulcinella (75) si mangi tutto lui. Come si dice, i numeri ci sono. Ma le lettere anche: troverete infatti un alfabeto di cose buone che dovreste conoscere bene. E se non le conoscete abbastanza niente paura (90) l’appetito vien leggendo.

Il sole in tavola

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Broccolo friariello

I friarielli vengono cucinati soffritti in olio d'oliva con aglio, sale e poco peperoncino rosso piccante. In questa forma non richiedono una preventiva lessatura, anche se alcuni la preferiscono per conferire al piatto finale una maggior tenerezza.

Ricette

Secondo alcuni il nome friariello deriva dal castigliano "frio-grelos" (broccoletti invernali) , mentre altri ritengono che derivi dal verbo napoletano frijere (friggere). Per friarielli si intendono anche, in vari dialetti basati sulla lingua napoletana, in particolare in Campania, i peperoni nani verdi dolci, detti puparulille friarielli (conosciuti anche come "friggitelli" nel Lazio), i quali vengono anch'essi consumati fritti.

Storia

Per i sali minerali, le verdure sono il meglio che può offrire la natura. Il tenore in calcio dei friarielli (260 mg per 100 g) supera quello del latte ed è il più alto tra tutti gli alimenti, eccezion fatta per molti formaggi. L'elemento contenuto nei friarielli è soprattutto il potassio, indispensabile all'equilibrio elettro-salino dell'organismo e al corretto funzionamento del cuore. Ferro, fosforo, magnesio, manganese, zinco, iodio, e molti altri minerali e metalli sono presenti in forze nei cibi dell'orto, anche se una «classifica» è sempre difficile, perché le piante si differenziano molto per varietà, terreno, concimi, clima, e offrono all'analisi chimica dati sempre diversi. Per esser sicuri di non avere carenze saline, né vitaminiche, dovremmo alternare più spesso le verdure ed assaggiarle un po' tutte. Per quanto riguarda i friarielli vale la pena ricordare l'elevato contenuto oltre che di calcio e potassio anche di magnesio e ferro e di molte vitamine. Contengono inoltre pochissime calorie. Per un calcolo adeguato di calorie di un piatto di friarielli bisogna prevedere la quantità d'olio che rimane dopo che sono stati fritti e sgocciolati.

Proprietà

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Cenni storici: ingrediente fondamentale della dieta mediterranea, il carciofo accompagna da tempo immemorabile la cultura gastronomica e rurale delle popolazioni del mezzogiorno d’Italia e della Campania in particolare. Le radici della sua coltivazione vengono fatte risalire al tempo dei Borboni,tuttavia la vera e propria diffusione del carciofo nella valle del Sele risale intorno al 1929-30, grazie alle vaste opere di bonifica e di profonda trasformazione agraria apportate dalla riforma fondiaria. Valori nutrizionali(per 100g di prodotto): Kcal 22gr. Proteine 2,7 gr. Grassi 0,2 gr. Carboidrati 2,5 gr. Fibre 1,1 gr. Acqua 84gr. idrati di carbonio 11,9 gr. piccole dosi di vitamina A, B1 e C

Ravioli ai carciofi:Si tratta di una pietanza semplice da realizzare anche in casa che valorizza al meglio i versatili carciofi. Il ripieno è preparato con carciofi che vengono prima insaporiti in padella e poi tritati; a questi si accompagna il gusto più delicato della ricotta, mentre il tocco in più, per un ripieno dal profumo davvero speciale è l’aggiunta del timo e della maggiorana freschi . Il segreto per ottenere un ottimo ripieno è di non tritare eccessivamente i carciofi che serviranno per la farcitura, in modo che il ripieno risulti ancora più corposo. In questa ricetta i ravioli ai carciofi sono conditi con il burro fuso profumato con il timo, ma potrete sbizzarrirvi con ciò che più vi piace, come ad esempio una salsa ai formaggi, oppure perché no con un sugo a base pomodoro.

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Cenni storici: le testimonianze della presenza del castagno nell'area di coltivazione della "Castagna di Montella"sono molto antiche. Secondo alcuni, infatti, in quest'area la coltivazione del castagno, originario dell'Asia Minore, risalirebbe ad un periodo compreso fra il VI ed il V secolo a.C. I Longobardi (571 d. C.), successivamente, avrebbero emanato la prima legge, che si ricordi, per la tutela di questa coltivazione, considerata già a quel tempo una preziosa risorsa. Valori nutrizionali:la castagna possiede molte sostanze dietetiche e nutritive, che vengono assimilate rapidamente dall'organismo. Troviamo amidi e zuccheri complessi.I sali minerali, come fosforo e magnesio, soddisfano il fabbisogno oligominerale del corpo umano. Un altro elemento presente in notevole quantità è il potassio, ideale per il buon funzionamento degli apparati cardiovascolari e neuromuscolari.

Castagnaccio Napoletano: si tratta di un dolce a base di castagne fresche e cacao racchiusi in un guscio di deliziosa pasta frolla. Esistono molte versioni di questo dolce campano con:farina di castagna,cioccolato fondente,sugna con o senza pasta frolla.

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Cece di Cicerale

Questo piccolo legume originario dell'Asia occidentale e arrivato in occidente migliaia di anni fa ha trovato un territorio di elezione sulle colline che circondano il piccolo paese di Cicerale, abbarbicato sui primi contrafforti del Cilento. E’ una pianta piccola, dal portamento semi prostrato, che non necessita di acqua durante la coltivazione e che cresce nelle condizioni pedoclimatiche più difficili, per questo la sua coltivazione è molto diffusa ancora oggi nei paesi di origine: Iran, Pakistan e India. In Italia la sua coltivazione è molto ridotta e rimane legata alle tradizioni agricole e alimentari del Sud Italia, ma in un passato non molto lontano i ceci si alternavano comunemente al grano e agli altri cereali, apportando alla dieta dei contadini una alta percentuale di proteine. Il nome Cicerale e il blasone comunale di questo paese, testimoniano una produzione importante sin dal Medioevo: “terra quae cicera alit” (terra che nutre i ceci), recita lo stemma del paese che raffigura anche una pianta di ceci intrecciata con una graminacea. chiaro, e dal sapore intenso

I territori interessati alla produzione dei ceci di Cicerale sono : il Comuni di Cicerale, Monteforte Cilento, Trentinara, Giungano, Magliano Vetere. Il Cece di Cicerale si presenta di forma sferica, con colore tipico leggermente più scuro e più piccolo rispetto alla norma, basso contenuto di umidità alla raccolta , tale da consentire una conservazione protratta e un marcato ingrossamento in fase di cottura. Descrizione delle metodiche di lavorazione, condizionamento, stagionatura: Le metodiche di sgranatura sono così sintetizzabili: a maturità del seme le piante vengono estirpate e posizionate su sacchi di iuta e ricoperti dagli stessi; vengono, quindi, abbacchiate con grossi bastoni di legno e ventilati separando i baccelli. In seguito vengono confezionati previo condizionamento in atmosfera controllata. La fase di sgranatura é rigorosamente condotta a mano. La produzione avviene esclusivamente con metodo biologico. E ancora oggi nei terreni di Cicerale si produce una varietà locale di piccoli ceci rotondi, dal colore leggermente più dorato rispetto a quelli comuni, con sfumature nocciola chiaro, e dal sapore intenso

Descrizione prodotto Ricetta Origini storiche “lagana e ceci”

Ingredienti : 400 g di ceci di Cicerale 400 g di farina di semola 100 g di pomodoro San Marzano DOP olio extravergine di oliva DOP Cilento aglio peperoncino (facoltativo) sedano, cipolla e alloro Procedimento Lavare e mettere a bagno i ceci la sera precedente, lessarli per circa 2 ore con il sedano, cipolla ed alloro e a fine cottura il sale. Su di una spianatoia mettere la farina a fontana, aggiungendo un pizzico di sale ed acqua quanta ne assorbe per avere un impasto umido ma non bagnati (circa la metà del peso della farina). Impastare il tutto, tirare una sfoglia sottile dello spessore di circa 2 millimetri e tagliare in modo irregolare delle tagliatelle. Non appena i ceci sono cotti, salare e versare le lagane facendole cuocere per 5 minuti. A parte, in una padella, soffriggere l’olio, l’aglio e il peperoncino, i pomodori, aggiustare di sale e continuare la cottura per 5 minuti. Versare il condimento nella pasta con i ceci, mescolare e servire dopo averla fatta riposare un po’.

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Cece di Cicerale

Valori energetici Il contenuto in macro nutrienti, ossia carboidrati, grassi e proteine, è più equilibrato rispetto a quello degli altri legumi e è così distribuito: 6.3% di grassi, 46.9% di carboidrati, 20.9% di proteine e 13.6% di fibre alimentari. I ceci sono una buona fonte di vitamine del gruppo B (B1, B2, B3, B5, B6), di vitamina C ed E e di sali minerali, soprattutto calcio, ferro, magnesio e fosforo. Questi legumi sono ricchi di saponine, delle molecole complesse che formano dei composti insolubili con il colesterolo e altri lipidi, contribuendo così a diminuire i livelli di questi grassi nel sangue.

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Cipollotto nocerino

Origini storiche La sua presenza è considerata autoctona da secoli, dato che arrivò sulle coste campane ai tempi delle civiltà mercantili fenicie ed egiziane che attraversavano il mediterraneo commerciando con le popolazioni italiche. Subito ambientatasi nella Campania Felix, il cipollotto trovò l’habitat ideale nella Valle del Sarno . Il cipollotto divenne una delle principali basi della cucina pompeiana, particolarmente apprezzato per le sue proprietà benefiche e curative. Negli scavi di Pompei, in via Porta Nocera, si trova, infatti il Larario del Sarno, dove erano custoditi i lari, numi tutelari della casa e della famiglia. Nei dipinti del Larario, il cipollotto è raffigurato così come lo vediamo tutt’ oggi nei campi, siamo quindi in presenza di una specie vegetale che gode di una lunghissima storia genetica che continua. La storia del cipollotto non si interrompe con la fine dell’ età romana ma il suo utilizzo quotidiano viene anche riportato dalla Schola Medica Salernitana, la pietra miliare della corretta e salutare alimentazione delle epoche medievali.

Descrizione prodotto La zona di produzione del “Cipollotto Nocerino DOP” è concentrata nell’agro sarnese-nocerino in provincia di Salerno e nell’area pompeiano-stabiese in provincia di Napoli. Il “Cipollotto Nocerino DOP” caratterizza i bulbi della specie Allium Cepa L. (cipolla) prodotti da oltre 2000 anni nell’agro pompeiano-nocerino. Gli ecotipi varietali locali riferibili alla DOP sono: Nocera, Precoce la Regina, Precoce Meraviglia, Marzatica fredda, Marzatica calda, Nocerese, Bianca di Castellammare, San Michele, Giugnese. Le caratteristiche distintive, a livello tecnico-mercantile, del “Cipollotto Nocerino DOP” sono: un calibro alla raccolta di 2-4 cm (fa parte delle cipolle di medio-piccole dimensioni), bulbo tunicato di forma cilindrica, schiacciata ai poli, con leggero ingrossamento alla base delle foglie, colore delle tuniche interne ed esterne interamente bianco, polpa succulenta e di sapore dolce, foglie di color verde intenso, di forma lineare terminante a punta. Essendo una cipolla a raccolta primaverile (da marzo a giugno) è utilizzata soprattutto per il consumo fresco, non avendo un’elevata propensione alla conservazione.

Sua maestà, il cipollotto nocerino d.o.p. Ingredienti: 200 grammi di pasta lunga 2 cipollotti nocerini Pancetta (una fetta spessa) Olio evo Provolone semi piccante Il cipollotto nocerino è un prodotto eccezionale , le sue due principali caratteristiche sono la dolcezza al palato e l’alta digeribilità. Il procedimento. Puoi cominciare a preparare il condimento quando cali la pasta.Taglia il cipollotto a listarelle sottili e fallo soffriggere, a fuoco dolce, in un due cucchiai d’olio. Dopo un paio di minuti , aggiungi la pancetta tagliata a cubetti e poca acqua di cottura .Fai cuocere finchè il cipollotto diventa morbido. Condisci la pasta. Fuori dal fuoco aggiungi scaglie di provolone e un pò di prezzemolo.

Ricetta

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Cipollotto nocerino

Valori Energetici Valori nutrizionali per 100 grammi di prodotto: Acqua (g) 88,02 Proteine (g) 1,3 Lipidi (g) 1 Carboidrati disponibili (g) 8,5 Zuccheri solubili (g) 8,5 Fibra totale (g) 19 Energia (kcal) 38 Sodio (mg) 159 Calcio (mg) 0,4 Fosforo (mg) 51 Tiamina (mg) 48 Riboflavina (mg) 0,05 Niacina (mg) 0,04 Vitamina A retinolo eq. (µg) 0,08

Vitamina E (mg) 6.

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FAGIOLO OCCHIO NERO DI OLIVETO CITRA Il fagiolo “occhio nero” appartiene alla categoria dei legumi, e rappresenta una particolare ed antica varietà di fagiolo, tipica dell’alta valle del Sele, coltivata da secoli nel comune di Oliveto Citra, ma anche di Valva,Colliano, Contursi Terme, ecc. La pianta, necessitando di molta acqua, tende infatti a prediligere terreni irrigui e località prossime alle sorgenti ed ai corsi acquiferi. Si caratterizza per l’inconfondibile macchia scura che circonda l’ilo, una sorta di piccolo occhio nero sul seme bianco, da cui ne deriva, appunto, il nome ed anche la sua eccezione dialettale, “occhietiello”.Dal punto di vista organolettico è importante sottolineare l’elevato contenuto proteico, che non si disperde in cottura, e la sottile consistenza della buccia che ne facilita la digeribilità.Cresce su piante rampicanti che possono raggiungere e superare, in condizioni di buona fertilità del terreno, anche i 2 mt. d’altezza, e che necessitano, durante la fase finale del periodo vegetativo, di sostegni o tutori RICETTA: INSALATA CON TONNO E FAGIOLO OCCHIO NERO

lattughina mista q.b. 1 carota media tonno in scatola al naturale (100 gr) 100 gr di fagioli occhio nero secchi sale pepe olio evo mix di semi (girasole, lino, zucca)

Procedimento Tenete in ammollo i fagioli per 12 ore, lessateli poi per 70 minuti circa e lasciateli raffreddare (io ho usato quelli secchi perché avevo li in casa da finire, ma per rendere tutto più veloce potete usare quelli in lattina!). Lavate la lattuga e trasferitela in una ciotola capiente. Lavate e pelate la carota e grattugiatela con una grattugia a fori larghi. Sgocciolate per bene il tonno, spezzettatelo e unitelo nella ciotola insieme alla lattuga, carota e fagioli. Unite anche dei semini se lo gradite. Condite con sale, pepe e un filo di olio evo mescolando bene il tutto.

Carboidrati (51 g su 100 di prodotto); Proteine vegetali (23 g su 100 di prodotto); Grassi (2 g su 100 di prodotto); Acqua (10 g su 100 di prodotto); Fibra (17,5 g su 100 di prodotto).

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FRIARIELLI DI FIUME Questo peperoncino è una vera prelibatezza dell'arte culinaria campana e prende il nome di "friariello" per essere prevalentemente consumato fritto intero. Di piccole dimensioni (6/12 cm) e di forma allungata, viene commercializzato e consumato a maturazione incompleta, quando il colore è verde intenso . La coltivazione del "Peperoncino Verde Friariello" interessa il territorio: dell'acerrano-nolano, nella provincia di Napoli, il territorio dell'Agro-Sarnese Nocerino, in provincia di Salerno e di Napoli. La più probabile origine del Friariello sul territorio della Valle del Sarno risale all'opera svolta dai monaci Cistercensi, chiamati dalla Francia da re Carlo d'Angiò, per fondare due abbazie nel territorio tra Napoli ed Eboli. Fu proprio lungo il fiume Sarno, a San Pietro di Scafati, che i Cistercensi francesi fondarono la prima abbazia dedicata a Santa Maria della Real Valle: da qui iniziarono a diffondere le loro conoscenze rurali, arricchendo la già florida coltivazione autoctona con numerose coltivazioni portate dalla Francia. Alla loro esperta opera dobbiamo, molto probabilmente, la presenza nei campi dell'Agro Nocerino- Sarnese .

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La melenzana napoletana Melanzana Napoletana viene raccolta da fine settembre a tutto novembre e rappresenta un’eccellente melanzana da serbo, grazie ai pochi semi, alla consistenza della polpa e alla scarsa decolorazione del prodotto conservato. Si tratta di un tipico ortaggio profondamente radicato nelle tradizioni contadine dell’autoconsumo e che occupava un posto di rilievo nella dispensa delle famiglie del Napoletano. Tradizionalmente la maggior parte delle bacche venivano sbucciate, affettate, passate in salamoia, sbollentate in acqua e aceto di vino bianco, strizzate e conservate sott’olio (con aglio, origano e peperoncino piccante) per l’intero anno. Attualmente le Melanzane Napoletane continuano ad essere utilizzate per la preparazione domestica dei sott’oli o sottaceti, magari gustate assieme a provolone piccante, a costatela di maiale arrosto o in versione “merenda del cafone” (cozzo di pane con melanzane sott’olio)

Valori nutrizionali La melanzana cruda apporta solamente 18 Kcal per 100 grammi; prendendo come riferimento una melanzana dal peso ideale di 100 grammi, il 92,7% è costituito da

acqua, mentre il rimanente 7,3 % è ripartito tra carboidrati (2,6%), fibre (2,6%), proteine e grassi (tracce).

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Nocciola di Giffoni Proprietà della nocciola di Giffoni

Le nocciole come tutta la frutta secca, sono un alimento molto energetico in grado di fornire un elevato apporto calorico (100 g forniscono circa 655 Kcal facilmente assimilabili, Per quanto riguarda i costituenti minori, questi sono molto variabili e influenzati da molteplici fattori come ad esempio la varietà, origine geografica, periodo di raccolta, pratiche agricole. Tra questi troviamo la Vitamina E, il cui contenuto è più elevato che nell’olio d’oliva. Oltre alla vitamina E, le nocciole mostrano buoni quantitativi di vitamine del gruppo B, n particolare le nocciole sono ricche della vitamina B6

Storia

Le prime testimonianze della coltivazione della "Nocciola di Giffoni«, prodotto tipicamente salernitano, risalgono al Medioevo, ma è solo attraverso rapporti commerciali con il resto d'Italia e con l'estero, nell'epoca borbonica, che si venne a conoscere il valore distintivo della qualità di tale prodotto.

Ricette

La torta di nocciole di giffoni…..ingredienti

•Farina 00 200 gr Burro 100 gr Uova 3 Zucchero 200 gr •Nocciole sbucciate e tostate - 150 gr •Limone scorza grattugiata - 1 •Latte intero 3 cucchiai da tavola •Olio extravergine d'oliva (EVO) 1 cucchiaio da tavola •Lievito per dolci 1 bustina Farina per lo stampo - q.b. Burro per lo stampo - q.b.

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Descrizione prodotto

L'olio extravergine di oliva DOP Penisola Sorrentina presenta, a prima vista, un bel colore giallo paglierino, più o meno intenso, con riflessi verdognoli; a volte è velato. All’esame olfattivo rivela notevole armonia aromatica, con un delicato sentore di fruttato di oliva e con fini e piacevoli note di erbe aromatiche (soprattutto rosmarino e menta). Il sapore è decisamente dolce con armoniose e lievi note di amaro e piccante. E' fluido, equilibrato e con piacevoli sfumature speziate. Ha retrogusto pulito, di mandorla verde e fresca. L'acidità non supera mai il valore di 0,80%. L’amaro ed il piccante, nelle giuste gradazioni, si amalgamano perfettamente garantendo all’olio il giusto equilibrio; gli odori mediterranei del rosmarino si esaltano nell’abbinamento con il pomodoro e i piatti che ad esso si richiamano. Ottimo sulle grigliate di pesce e di verdure. Originale e particolarmente gradevole il suo abbinamento con le insalate di limoni, ma soprattutto con il sorbetto e la delizia al limone, dolci tipici di Sorrento.

Valori Nutrizionali per 1 cucchiaio da

tavolo

Energia 498 kJ

119 kcal

Proteine 0 g

Carboidrati 0 g

Zuccheri 0 g

Grassi 13,5 g

Grassi Saturi 1,864 g

Grassi Monoinsaturi 9,85 g

Grassi Polinsaturi 1,421 g

Colesterolo 0 mg

Fibra 0 g

Sodio 0 mg

Potassio 0 mg

Ricetta : bruschetta all’ olio d’oliva Tagliate il pane casereccio a fette alte circa mezzo centimetro. Per cuocerle, se state facendo una grigliata, non c’è niente di meglio che abbrustolirle sulla brace, in alternativa potete farlo sulla piastra o in forno a 180°. Togliete il pane dalla fonte di calore non appena assume un colore dorato, senza esagerare con la cottura: l’interno della fetta deve rimanere morbido e l’esterno non deve bruciare. Con la fetta ancora ben calda, sbucciate uno spicchio d’aglio e strofinatelo su un lato, fino a consumarne una metà (potete fermarvi anche prima se desiderate un sapore più delicato), quindi ponetela su un piatto e irroratela con abbondante olio extra vergine, che deve essere di qualità perché esalti, e non comprometta, il gusto. E’ ora pronta per essere consumata, ancora calda, magari accompagnata con un vino bianco secco, abbastanza fresco da bilanciare l'untuosità e abbastanza profumato, o con un rosato. La bruschetta classica si presta a essere con un’infinità d’ingredienti, eccovi alcuni suggerimenti: con pomodoro a cubetti, cipolla e basilico; con passata di pomodoro, mozzarella e origano; con crema di olive; con crema di carciofi; con la salsiccia schiacciata; con il radicchio; col lardo; con tonno e cipolle; con pomodoro e melanzane al forno; con peperoni grigliati; con filetti di acciughe…

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La papacella napoletana

è un particolare tipo di peperone corto e polputo, di sapore dolce, che può essere usato fresco fritto in padella in accompagnamento a piatti di carne di maiale, o conservato in salamoia o sotto aceto. Nell'Italia centrale (peperone chiochiera) viene utilizzata fresca e ripiena di carne o tonno, e poi stufata in olio.

È riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale della regione Campania.

Deriva il suo nome dal latino volgare: pipiricella(m) > paparicella(m) > paparcella(m) > papaccella(m). In altre regioni, specialmente dell'Italia Centrale, questo particolare tipo d'ortaggio assume i nomi più svariati da "chiacchiera", "chiochiera", a "pupacchiella".

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Papacella ripiena

• Per circa 10 papaccelle:

• 120 g di tonno sott’olio

• 3 filetti di acciughe sott’olio

• 1 presa di capperi dissalati

• 3-4 cucchiai di salsa rosa

• Tagliare il cappuccio delle papaccelle, svuotarle dei semini interni, sciacquarle e metterle in una scodella con acqua fresca per circa 1 ora in modo che perdano gran parte del retrogusto di aceto. Quindi sciacquarle nuovamente sotto acqua corrente ed asciugarle bene con carta assorbente.

• Preparare il ripieno. Sgocciolare il tonno e metterlo in una scodella. Unire i capperi dissalati, i filetti di acciughe tritati con la mezzaluna e la salsa rosa. Mescolare in modo da amalgamare bene il tutto.

• Con l’aiuto di un cucchiaio o di un cucchiaino riempire le papaccelle con la farcia di tonno, adagiarle in un paitto da portata e servire oppure coprire con pellicola trasparente e conservare in frigorifero fino al momento di servire.

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PATATA NOVELLA CAMPANA

Origini

Luogo d'origine Italia

Regione Campania

Zona di produzione Agro Nocerino Sarnese,Area Nolana

Dettagli

Categoria ortofrutticolo

Riconoscimento P.A.T.

Settore Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati

qq

Valori medi per 100g di prodotto fresco

Energia 357 kJ / 84 kcal

Grassi 0,1 g

di cui acidi grassi saturi

0,02 g

Carboidrati 17,9 g

di cui zuccheri 0,4 g

Fibre 1,6 g

Proteine 2,1 g

Sale 0,02 g

Patata novella

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Ingredienti Patate novelle di piccole dimensioni 800 gr Burro 50 g Zucchero di canna 3 cucchiai Limoni 1 cucchiaio di succo Prezzemolo tritato 2 cucchiai Paprika la punta di un cucchiaino Sale q.b.

Presentazione Con le patatine novelle caramellate, otterrete un contorno molto particolare dal sapore agrodolce e consistente, che potrete accostare a carne o pesce semplicemente arrostiti o grigliati, o dalla preparazione molto delicata (visto il gusto già molto spiccato delle patatine). Per ottenere le patatine novelle caramellate basterà scottarle in acqua salata, e poi farle rosolare nel caramello preparato con zucchero di canna, burro e succo di limone; salate, e aggiungete la paprika (o il pepe), il prezzemolo tritato e la scorza di limone grattugiata.

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valori nutrizionali

La composizione complessiva dei peperoni non è dissimile da quella della maggior parte delle verdure. Il contenuto di acqua è molto elevato (oltre il 90%), i carboidrati variano tra i 2,2 e 4,7g ogni 100g (con una media di 3,5g) e sono composti principalmente da glucosio e fruttosio; il saccarosio è presente solo in piccole tracce. Le proteine vegetali rappresentano circa lo 0,7-1,9% del totale (in media 1,1g per 100g). I Lipidi (o grassi) non superano 0,2-0,4g per 100g.Il quantitativo energetico del peperone risulta veramente modesto: circa 21 kcal per 100g.Le fibre sono relativamente abbondanti (2g di fibra ogni 100g) e consistono principalmente in pectine, cellulosa ed emicellulosa, che formano le pareti delle cellule vegetali.

descrizione prodotto

Il peperone è una pianta annuale a portamento eretto che in alcune varietà può raggiungere l’altezza di due metri; presenta una radice fittonante guarnita di un denso sistema di radici avventizie. Le foglie, ovato-lanceolate, assumono la colorazione verde intesa, sono lucide e a picciolo sottile. I fiori, presenti da maggio a settembre, sono pentameri di colore solitamente bianco. Originaria delle regioni tropicali e subtropicali dell’America Centrale, iniziò a diffondersi in Europa solo dopo la scoperta dell’America; secondo alcuni studiosi il centro di partenza della diffusione di questo vegetale è il Brasile, secondo altri la Giamaica.

Pasta con peperoni e pancetta Ingredienti 2 Peperoni, Uno Rosso Ed Uno Giallo 150 Gr Di Pancetta Non Affumicata 360 Gr Di Pasta Secca Di Un Formato A Piacere Olio D’oliva Extra Vergine Q.B. Sale E Pepe Q.B. Formaggio Pecorino Grattugiato Q.B.

• Lavate e pulite i peperoni, poi tagliateli a striscioline.

• Fate cuocere i peperoni con poco olio, noi abbiamo preferito usare poco olio e bagnare di tanto in tanto con poca acqua.

• Quando i peperoni saranno morbidi unite la pancetta e fate cuocere anch’essa.

• Quando i peperoni saranno morbidi unite la pancetta e fate cuocere anch’essa.

• Aggiustate di sale e pepe, poco perché la pancetta è gia saltata e pepata di suo.

• Nel frattempo cuocete la pasta in abbondante acqua salata, scolatela tenendo da parte un po’ di acqua di cottura.

• Gettate la pasta nella padella con il sugo e fatela saltare unendo, se serve, un po’ di acqua di cottura della medesima.

• Ecco la pasta con peperoni e pancetta pronta da servire.

Servite subito spolverando con il pecorino grattugiato.

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Il pomodoro di San Marzano

Il pomodoro di San Marzano dell'agro sarnese-nocerino (DOP) è una varietà di pomodoro riconosciuta come prodotto ortofrutticolo italiano a

Denominazione di origine protetta . Il nome proviene dalla città di San Marzano sul Sarno, dove ha visto la nascita. Ha una forma allungata, ed

è particolarmente adatto per gli usi dell'industria di trasformazione agroalimentare, nell'ambito della quale viene usato per preparare pelati e conserve alimentari. Nello specifico, è considerato da molti chef come

uno dei migliori pomodori per realizzare il concentrato di pomodoro.

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Storia

Il primo seme di pomodoro San Marzano arrivò in Campania nel 1770, come dono del viceré del Perù al re di Napoli. Fu piantato nell'area corrispondente all'attuale comune di San Marzano sul Sarno, dove attecchì bene grazie alla fertilità del suolo vulcanico.

Negli Stati Uniti d'America, il San Marzano è considerato la base genetica per un altro tipo di coltura, il pomodoro varietà Roma (a sua volta considerato un ibrido).

Il processo di trasformazione industriale del pomodoro San Marzano è incominciato intorno al 1926.

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Le conserve di pomodori Procedendo con rapidità, si posizionano i mezzi pomodori dentro i barattoli di vetro, pigiando bene per farne entrare il più possibile, poi, prima di chiuderli, si rabboccano i barattoli, per quanto possibile, col succo ottenuto dai semi, pressandoli nel colino cinese . In questo modo avremo conservato tutto il pomodoro fatta eccezione per i semi e le parti più coriacee.

Chiudiamo i barattoli con i coperchi e li serriamo bene e passiamo alla fase di sterilizzazione e sottovuoto.

I barattoli vanno posizionati dentro pentole capienti che ne possano contenere un buon numero. Solitamente nel periodo delle conserve, tali calderoni di alluminio sono in vendita anche nei supermercati e sono indispensabili se le quantità di barattoli da trattare sono elevate. Per evitare che i barattoli urtino fra loro nella fase di bollitura, utilizzate dei canovacci puliti o anche dei vecchi quotidiani.

Si riempiono quindi le pentole di acqua fino a coprire di almeno tre centimetri i barattoli e si mettono sul fuoco.

La regola a questo punto è universale: da quando l’acqua bolle, contare 30 minuti, quindi spegnere.

Tradizione vuole che i barattoli si lascino nelle pentole fino a quando l’acqua non si è raffreddata da sola (solitamente tutta la notte) ma su questo punto abbiamo qualche perplessità, anche se ci siamo ugualmente attenuti alla “procedura”. Probabilmente, estraendo i barattoli caldi e posizionandoli capovolti (come facciamo per le marmellate) il sottovuoto si crea lo stesso ma i tempi si abbreviano e forse si eviterebbe anche una sovracottura dei pomodori.

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Preparazione pomodori gratinati

Lavare il prezzemolo, selezionarne le foglie e tamponarle con carta da cucina.

Spellare lo spicchio d'aglio.

Mettere prezzemolo e aglio su un tagliere e tritare finemente con la mezzaluna.

Mettere il trito in un piatto, unire il pangrattato e mescolare.

Lavare i pomodori, tagliarli a metà, cospargere il lato tagliato con il pangrattato aromatico rimasto e metterli in una teglia unta con l'olio.

Cospargere i pomodori con un filo d'olio, un pizzico di sale, una macinata di pepe e cuocere per 15 minuti nel forno a 200°C. Proseguire di qualche minuto la cottura se occorresse per far rosolare in superficie.

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POMODORO DEL PIENNOLO DEL VESUVIO Il "Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP" è uno dei prodotti più antichi e tipici dell'agricoltura campana, tanto da essere perfino rappresentato nella scena del tradizionale presepe napoletano. In realtà, in diversi territori della Campania, esistono raggruppamenti di ecotipi con bacche di piccola pezzatura, i cosiddetti "pomodorini", che si distinguono tra loro per tipicità, rusticità e qualità organolettica. I più famosi da sempre sono però quelli tuttora diffusi sulle pendici del Vesuvio. Il "Pomodorino del Piennolo del Vesuvio DOP" raggruppa vecchie cultivar e biotipi locali accomunati da caratteristiche morfologiche e qualitative più o meno simili, la cui selezione è stata curata nei decenni dagli stessi agricoltori. RICETTA: INGREDIENTI: 350 g di spaghetti 500 g di pomodorini del Piennolo uno spicchio d’aglio olio extravergine d’oliva basilico fresco Sale PROCEDIMENTO: Lavare bene i pomodori, spezzarli con le mani nella padella dove avete versato un po’ di olio di oliva e aglio . Cuocere i pomodorini fino a

quando non diventerrano una solsa morbida. Lessare gli spaghetti, unirli con il pomodoro e servire il piatto caldo con una fogliolina di basilico fresco.

Valori nutrizionali per 100 g. di prodotto: Acqua (g) 94 Proteine (g) 1 Carboidrati disponibili (g) 3 Zuccheri solubili (g) 3 Energia (kcal) 17 Sodio

(mg) 3 Potassio (mg) 259 Calcio (mg) 4 Magnesio (mg) 10 Vitamina A retinolo

eq. (µg) 610 Vitamina C (mg) 24

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IL Pomodoro di Sorrento

Il pomodoro di Sorrento ,coltivazione tradizionale di tutti i comuni della costiera ed in particolare di Sant'Agnello e Piano, è un pomodoro di grossa pezzatura dalla forma rotondeggiante: è particolarmente costoluto, e di colore rosso chiaro tendente al rosa con sfumature verdi alla raccolta. Ha una polpa deliziosa, carnosa e compatta dal sapore dolce e delicato. Oggi il pomodoro di Sorrento è molto utilizzato nella cucina locale, soprattutto crudo, come ingrediente di gustose insalate estive, prima fra tutte la famosa "caprese", nella quale è accompagnato da olio basilico e mozzarella di bufala.

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La zucca lunga di Napoli La maggior parte delle zucche coltivate e commercializzate in Italia appartiene alla specie Maxima.La Zucca lunga di Napoli appartiene alla specie Moschata; è una specie macroterma, annuale, a rapida vegetazione, presenta il fusto erbaceo, lungo ed angoloso. L’apparato radicale è fibroso, ramificato alla base ed in gran parte diffuso nello strato superficiale di terreno. La Zucca lunga di Napoli è oggetto di un programma di stabilizzazione genetica promosso dall’Assessorato all’Agricoltura e alle Attività Produttive della Regione Campania che ha preso le mosse dal recupero del seme rinvenuto nell’orto di un convento del comune di Visciano (Na) ed è approdato già alla coltivazione in pieno campo, a titolo sperimentale.

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Zucca lunga sposata Ingredienti

• 1 zucca lunga

• 1 costola di sedano

• 2 cipolle sponsale

• 2 pomodori maturi

• pane rafermo

• 2 uova

• formaggio grattugiato

• prezzemolo

• carne macinata di manzo e maiale

• uova

• formaggio

• sale e pepe

Preparazione Preparare un battuto tritando finemente la cipolla, il sedano e i pomodori, poi soffriggere in un capiente tegame. Tagliare a metà la zucca longitudinalmente, privarla con cura dei piccoli semi al suo interno, incavare la polpa, tritarla e aggiungerla al battuto; cuocere lentamente facendo attenzione che non si bruci. Preparare infine le polpette da "sposare" alla zucca. Per le polpette di pane: prendere del pane raffermo, bagnarlo nel latte e strizzarlo; aggiungervi 2 uova, il formaggio grattugiato, il prezzemolo tritato e impastare creando delle polpette grosse. Per le polpette di carne: prendere della carne di manzo e maiale tritata, aggiungervi le uova, il formaggio e un pizzico di sale e pepe. Adagiare le polpette alternandone una di carne e una di pane nel sugo brodoso con la zucca; passare in forno per 10-15 minuti circa.

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E’ originaria dell’America Centro settentrionale (Messico) ed è molto diffusa in tutto il mondo. In Europa, l'Italia è uno dei maggiori produttori di zucchine.E’ la zucca da zucchini, ha portamento cespuglioso e va anche sotto il nome volgare di “Zucca d’Italia” o “Cocuzzella di Napoli”. Di essa si consumano i frutti tenerissimi, appena formati. Si utilizzano anche i fiori quando sono ancora in boccio.E una pianta che si distingue rispetto alle altre specie di Cucurbita per lo stelo angoloso, le foglie provviste di lunghi piccioli.In Italia lo zucchino è diffuso in tutte le regioni e segnatamente in Sicilia, Lazio, Piemonte, Veneto, Puglia, Toscana e Liguria. Si distinguono due tipologie fondamentali: Zucchino chiaro, prodotto conosciuto sui mercati di Genova, Bologna e in alcune aree del Sud Italia, viene genericamente raccolto con il fiore. Può avere forma cilindrica tendente a formare una sfera in alcune tipologie locali o allungata; Zucchino scuro, che per definizione è la tipologia più conosciuta in Lombardia e per l’esportazione; ha forma allungata, tinta verde scuro ed è raccolto senza fiore. I fiori sono parte edibile della pianta e possono essere impanati e fatti friggere. In pieno campo la semina dello zucchino inizia in primavera e si protrae scalarmene fino ad agosto. In serra viene coltivato a partire dalla fine estate e fino alla primavera successiva, le aree più importanti per la coltura protetta sono la Sicilia e il basso Lazio. La raccolta degli zucchini è scalare.

Etichetta nutrizionale per 100 g di Zucchine

Valore energetico (calorie)

16 kcal

Proteine 1,21 g

Carboidrati 3,35 g

zuccheri 2,2 g

Grassi 0,18 g

saturi 0,044 g

monoinsaturi 0,016 g

polinsaturi 0,089 g

colesterolo 0 mg

Fibra alimentare

1,1 g

Sodio 2 mg

Alcol 0 g

Ingredienti Zucchine: 8 Aglio: 2 Spicchi Prezzemolo: 1 Mazzetto Pangrattato: 4 Cucchiai Olio: 2 Cucchiai Sale: Q.B. Pepe: Q.B.

Ricetta e preparazione Ecco le istruzioni.

1.Tagliate le zucchine a rondelle, oppure se preferite in fette lunghe e spesse mezzo centimetro. Tritate l’aglio e il prezzemolo. 2.Ungete con l’olio una teglia da forno e mettetevi sopra le zucchine.

Salate e pepate. Mischiate il trito di aglio e prezzemolo con il pangrattato. 3.Cospargete le zucchine con questo composto. Aggiungete un filo d’olio e

mettete in forno caldo per 20 minuti.

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La calamarata Ingredienti Pasta 400 gr Aglio 3 spicchi Pomodori 200 gr Prezzemolo tritato Peperoncino fresco e piccante Brodo ( fumetto) di pesce q.b. Olio extravergine di oliva 1/2 bicchiere Vino bianco 1/2 bicchiere Calamari 500 g

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Cannelloni I cannelloni ripieni sono uno dei piatti più amati dagli Italiani; probabilmente, molti ritengono che i cannelloni ripieni non siano "associabili" ad una determinata area geografica del Paese. Nulla di più sbagliato! Nel 1924 ad Amalfi fu lo chef di un albergo del luogo, Salvatore Coletta, a regalare al mondo questa delizia, classificabile, pertanto, come un ulteriore piatto della cucina tradizionale napoletana.

La ricetta dei cannelloni ripieni

800 gr di farina 00 200 grammi di semola di grano duro 8 uova 20 grami di sale 100 grammi d'acqua

per l'imbottitura 200 grammi di carne magra di vitello (consigliata la "reale", corrispondente al muscolo della spalla) 200 grammi di maiale (consigliata la "locena") 2 uova sode 1 cipolla media tritata 100 grammi di grana padano sale e pepe q.b. olio extra vergine 200 grammi di ricotta 200 grammi di mozzarella "del giorno prima" 2 uova un po' di vino bianco 1 kg. di ragù basilico 50 grami di parmigiano grattugiato

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I FUSILLI

Venivano lavorati nelle cucine delle famiglie più abbienti, quando si volevano gustare fusilli perfetti, si convocavano donne specializzate in quest’arte e se ne ammirava la veloce manualità.[senza fonte] A Gragnano ancora oggi vengono realizzati a mano, arrotolando gli spaghetti ad un filo di ferro e facendoli poi essiccare. Questa stessa tecnica, un tempo molto diffusa, è ancora largamente praticata in molte regioni dell'Italia meridionale e viene utilizzata per confezionare altri tipi di paste alimentari che differiscono dai fusilli propriamente detti, per forma o impasto.

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La preparazione fusilli fatti in casa

Sulla spianatoia versate la farina a forma di fontana, mettete anche un po’ di sale e al centro aggiungete l’acqua tiepida. Iniziate a mescolare e, non appena l’impasto prenderà consistenza, incorporate anche l’olio e continuate a manipolare energicamente.

Avvolgete quindi la pasta con la pellicola da cucina e lasciatela così riposare per mezz’ora.

Trascorso il tempo necessario, manipolate ancora un po’ l’impasto e poi prendetene un pezzo per volta, lasciando coperta la parte in attesa di essere lavorata.

Con i palmi delle mani create dei cordoncini lunghi circa 15 cm e spessi quanto una biro; infarinateli e, utilizzando un ferro per lavorare la lana, avvolgeteli (uno alla volta) a spirale; sfilateli quindi molto delicatamente.

Proseguite fino a completare l’impasto. Lasciate asciugare i fusilli fatti in casa su uno strofinaccio infarinato per circa un’ora, poi cuoceteli in acqua salata e condite a piacere.

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Preparazione fusilli alla sorrentina

Soffriggete la cipolla quindi unitevi la passata di pomodoro, sale, pepe e fate cuocere il tutto in una padella per una ventina di minuti.

Step 2

A parte fate cuocere i fusilli e prendete la mozzarella e tagliatela a cubetti che dovranno poi essere messi insieme ai fusilli una volta scolati dall'acqua in eccesso.

Step 3

Mescolate a fiamma vivace e fate amalgamare fino a che la mozzarella si sarà perfettamente sciolta sui fusilli che poi saranno quindi pronti da servire.

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Gli gnocchi di Sorrento

Gli gnocchi alla sorrentina sono un piatto tipico della cucina napoletana. Sono preparati con gnocchi fatti di patate, farina ed acqua, cotti e conditi con salsa di pomodoro, tradizionalmente ragù, con fiordilatte, parmigiano e basilico. Per preparare gli gnocchi alla sorrentina iniziate dalle patate , per realizzare gli gnocchi di patate: lavatele sotto acqua corrente per eliminare eventuale terriccio , poi versatele in un tegame capiente e aggiungete il sale a piacere . Lessate le patate (ci vorranno circa 40 minuti); intanto affettate la mozzarella e poi riducetela a dadini: servirà per il condimento, quindi tenetela da parte in fresco.

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La lasagna Le lasagne al forno sono costituite da una sfoglia di pasta madre, oggi quasi sempre all'uovo, tagliata in fogli grossolanamente rettangolari (Losanghe), dette lasagna le quali, una volta bollite e scolate, vengono disposte in una sequenza variabile di strati, ognuno dei quali separato da una farcitura che varia in relazione alle diverse tradizioni locali. Nelle regioni del sud Italia, zona da cui provengono le più antiche ricette di questa particolare preparazione delle lasagne, se ne contano diverse versioni, ognuna delle quali con un proprio specifico condimento. Nel nord Italia, è stata adottata quasi universalmente la versione "alla bolognese" della ricetta. Le più antiche tracce delle lasagne in Campania risalgono a Marco Gavio Apicio, tuttavia le prime ricette, sempre di area napoletana, risalgono al XIII-XIV secolo. Nata inizialmente per una ricca e fastosa cucina di corte, la ricetta ebbe un notevole successo e se ne trova traccia in molti ricettari europei di epoca rinascimentale. A partire dal XVII secolo le lasagne al forno, divennero via via più popolari, fino ad assumere un ruolo fondamentale nei menù, di Carnevale e di Pasqua. La versione napoletana della ricetta, che in questo caso non contempla utilizzo delle paste all'uovo, prevede tra gli ingredienti: il ragù di pomodoro, i latticini, in particolare Mozzarella o Provola, le polpettine di carne e la Ricotta romana. Valori Nutrizionali per 1 porzione (1/6 quadrato da 20 cm, circa 6,5 cm x 10 cm) Energia1406 kJ 336 kcal proteine20,52 g Carboidrati35,43 g Zuccheri5,6 g Grassi12,38 g Grassi Saturi6,384 g Grassi Monoinsaturi4,038 g Grassi Polinsaturi0,688 g Colesterolo49 mg Fibra2,7 g Sodio744 mg Potassio391 mg

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La lasagna al forno

INGREDIENTI:

Ragù Di Carne Alla Bolognese

Besciamella

1/2 Kg Di Lasagne Di Pasta Fresca All'uovo

Parmigiano Reggiano Grattugiato, Almeno 200 Gr

Una Noce Di Burro

2 Cucchiai Di Olio Di Semi

Sale Q.B.

PROCEDIMENTO:

Preriscaldate il forno a 180 gradi.

Portate a bollore una capace pentola piena di acqua salata per cuocere le lasagne, unitevi l'olio di semi

Ungete con il burro una teglia rettangolare, fate sul fondo un leggero strato di ragù. Cuocete molto al dente le lasagne necessarie a fare uno strato, scolatele passatele in una bacinella piena di acqua fredda e scolatele di nuovo. Disponete le lasagne nella teglia, versateci sopra del ragù e della besciamella, e completate con una bella spolverata di parmigiano grattugiato.

Continuate in questo modo facendo altri strati di lasagne/ragù/besciamella/parmigiano fino ad esaurire gli ingredienti, ma cercate di fare in modo di terminare con abbondante besciamella.

A questo punto potete cuocere subito le vostre lasagne, mettendole nel forno caldo per circa 45 minuti o comunque fino a quando non si sarà formata una bella crosticina croccante.

Togliete dal forno e lasciate riposare le lasagne per una decina di minuti prima di servirle

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Le orecchiette

Le orecchiette oggi sono un tipo di pasta tipico della regione Puglia, la cui forma è approssimativamente quella di piccole orecchie, da cui deriva appunto il nome. La loro dimensione è di circa 3/4 di un dito pollice, e si presentano come una piccola cupola di colore bianco, con il centro più sottile del bordo e con la superficie ruvida. Ne esiste anche una versione realizzata senza la forma di cupola, meglio conosciuta come "strascinati". In tutte le varianti, si realizzano utilizzando esclusivamente farina di grano duro, acqua e sale.

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Storia Le origini delle orecchiette non sono da ricercarsi in Puglia, ma molto probabilmente nella zona provenzale francese, dove fin dal lontano Medioevo si produceva una pasta simile utilizzando il grano duro del sud della Francia. Si trattava di una pasta molto spessa e a forma di dischi, incavata al centro mediante la pressione del dito pollice: questa forma particolare ne facilitava l'essiccazione, e quindi la conservazione per fronteggiare i periodi di carestia. Sembra anche che ne venissero imbarcate grandi quantità sulle navi che si accingevano ad affrontare lunghi viaggi. In seguito, sarebbero state diffuse in tutta la Basilicata e la Puglia con il loro nome attuale dagli Angioini, dinastia che nel Duecento dominava le terre delle regioni. Secondo insigni studiosi di enogastronomia pugliese - ricordiamo qui solo il più autorevole - le orecchiette avrebbero avuto origine nel territorio di Sannicandro di Bari, durante la dominazione normanno-sveva, tra il XII e il XIII secolo[1]. È infatti possibile, in seguito all'atteggiamento di protezione nei confronti della comunità israelitica locale da parte dei normanno-svevi, la loro derivazione da alcune ricette della tradizione ebraica, come le orecchie di Haman - l'antagonista del libro di Esther - che ritroviamo, ad esempio, in alcuni dolci sefarditi oppure nelle croisettes, un tipo di pasta preparato nelle vallate occitane del Piemonte, lontana parente delle orecchiette di Sannicandro anche nella probabile influenza mediorientale.

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Orecchiette alle cime di rapa

Lavate e pulite le cime di rapa selezionando le foglie più belle: quando le comprate fate attenzione che non siano fiorite e che le foglie siano belle verdi e vive.

Riempite di acqua una pentola molto ampia, in grado di contenere anche la pasta: portate a bollore l’acqua , aggiungeteci il sale grosso e mettetevi quindi dentro le orecchiette e le cime di rapa.

Fate cuocere i due ingredienti insieme. Intanto in una ampia padelle mettete un filo di olio, l0 spicchio di aglio e le acciughe ben pulite: fate cuocere il soffritto fino a quando le acciughe non si saranno sciolte, e aggiungete due spicchi di peperoncino rosso.

Quando la pasta sarà cotta, prendete una schiumarola e trasferite la pasta e le cime di rapa nella padella ben calda. Fate saltare gli ingredienti tutti insieme per alcuni minuti, in modo che la pasta si insaporisca per bene

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Parmigiana di melenzane Ingredienti per 4 persone

1 kg di melanzane napoletane

• 1 passata di pomodoro

• abbondante basilico

• 3 uova

• olio evo

• 500 gr di provola affumicata

• 100 gr di parmigiano grattugiato

• sale

• 1/2 cipolla

Preparazione

• Tagliate a fette le melanzane nel senso della lunghezza dopo averle sbucciate e mettetele in acqua e sale per circa 10 minuti in modo che perdano un po’ di amaro.Quindi sciacquarle, premerle con le mani e asciugarle.

• In una terrina sbattete le uova con un po’ di sale e un po’ di parmigiano. In un altro piatto mettete della farina quindi passate le melanzane (sciacquate ed asciugate), prima nella farina e poi nell’uovo e friggetele poche per volta in un ampia padella piena d’olio evo bollente. Man mano che le sollevate dall’olio riponetele su carta da cucina per assorbire i grassi in eccesso.

• Fate un sugo di pomodoro soffriggendo la cipolla tritata con l’olio e una volta dorata unite la passata , sale e abbondante basilico. Cuocete per 20 minuti circa.

• Fate uno strato di pomodoro in una teglia, stendete le melanzane, la provola a dadini, basilico, parmigiano, sugo e continuate cosi’ fino ad esaurimento . (consiglio di comprare la provola il giorno prima e di tenerla in frigo in modo che si asciughi un po’ e la parmigiana non viene acquosa). Terminare con sugo e parmigiano.

• Infornare a 200° per 20 minuti circa, spegnete il forno e lasciatela raffreddare li’.

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La Pizza Margherita Una diffusa credenza vuole che nel giugno 1889, per onorare la regina d'Italia, Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito della pizzeria Brandi creò la pizza Margherita, dove i condimenti, pomodoro, mozzarella e basilico, rappresentavano la bandiera italiana. Gli ingredienti di quella che oggi è chiamata pizza Margherita si trovavano in pizze preparate prima della Margherita stessa, dedicata appunto alla regina.

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La Pizza Marinara La pizza marinara è una tipica pizza napoletana condita con pomodoro, aglio, origano ed olio. Questa, insieme alla pizza Margherita, è tra le più popolari pizze napoletane. ll nome deriva dal fatto che gli ingredienti, facilmente conservabili, potevano essere portati dai marinai per preparare pizze nel corso dei loro lunghi viaggi. Francesco De Bouchard nel 1866 riporta la descrizione dei principali tipi di pizza, ossia quelli che oggi prendono nome di pizza marinara, pizza Margherita e calzone

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INGREDIENTI:

PIZZA MARGHERITA PIZZA NAPOLETANA

Ingredienti Farina 850 G Acqua 500 G

Lievito Di Birra 30 G Sale

Farina tipo 0 1 kg

Acqua 600 g Lievito di birra disidratato 7 g

Farina tipo 0 1 kg

Acqua 600 g Lievito di birra disidratato 7 g Sale fino 20 g

Olio di oliva extravergine 60

Passata di pomodoro 700 g

Aglio 4 spicchi

Origano essiccato 20 g

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Il ragù napoletano ('O rraù in napoletano) è probabilmente il condimento più conosciuto della cucina napoletana nonostante la sua poca diffusione nell'uso quotidiano, ciò dovuto all'elevata complessità di preparazione a causa anche dei tempi di preparazione eccessivamente lunghi. Per questi ed altri motivi, il ragù napoletano risulta essere un piatto tipicamente festivo consistendo nella unione (senza tritatura) di diversi tipi di carne, bovina e suina, cotti in una salsa di pomodoro a fuoco molto lento.

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La Storia Il ragù napoletano è decantato anche da Eduardo De Filippo in una sua poesia dal titolo, appunto: 'O rrau.

« 'O rraù ca me piace a me m' 'o ffaceva sulo mammà. A che m'aggio spusato a te, ne parlammo pè ne parlà. Io nun songo difficultuso; ma luvàmmel' 'a miezo st'uso Sì, va buono: comme vuò tu. Mò ce avéssem' appiccecà? Tu che dice? Chest'è rraù? E io m' 'o mmagno pè m' 'o mangià... M' 'a faje dicere 'na parola?... Chesta è carne c' 'a pummarola »(Eduardo, 'O rraù.)Secondo la leggenda, a Napoli alla fine del Trecento esisteva la Compagnia dei Bianchi di giustizia che percorreva la città a piedi invocando "misericordia e pace". La compagnia giunse presso il "Palazzo dell'Imperatore" tuttora esistente in via Tribunali, che fu dimora di Carlo, imperatore di Costantinopoli e di Maria di Valois figlia di re Carlo d'Angiò. All'epoca il palazzo era abitato da un signore nemico di tutti, tanto scortese quanto crudele, e che tutti cercavano di evitare. La predicazione della compagnia convinse la popolazione a rappacificarsi con i propri nemici, ma solo il nobile che risiedeva nel "Palazzo dell'Imperatore" decise di non accettare l'invito dei bianchi nutrendo da sempre antichi e tenaci rancori. Non cedette neanche quando il figliolo di tre mesi, in braccio alla balia sfilò le manine dalle fasce ed incrociandole gridò tre volte: "Misericordia e pace". Il nobile era accecato dall'ira, serbava rancore e vendetta, ed un giorno la sua donna, per intenerirlo gli preparò un piatto di maccheroni. La provvidenza riempì il piatto di una salsa piena di sangue. Finalmente, commosso dal prodigio, l'ostinato signore, si rappacificò con i suoi nemici e vestì il bianco saio della Compagnia. Sua moglie in seguito all'inaspettata decisione, preparò di nuovo i maccheroni, che anche quella volta, come per magia, divennero rossi. Ma quel misterioso intingolo aveva uno strano ed invitante profumo, molto buono ed il Signore nell'assaggiarla trovò che era veramente buona e saporita. La chiamo' così "raù" lo stesso nome del suo bambino.

In realtà il termine Ragù deriva dal francese Ragout, che indica un tipo di cottura di carne e verdure, simile allo spezzatino. Bisogna inoltre ricordare che il pomodoro non arrivò in Italia prima della fine del XVI secolo.

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Spaghetti col ragù • ingredienti

700gr di corazza tagliata a pezzi da 4 o 5 cm di lato 2 braciole di lòcena farcite con prezzemolo, parmigiano o pecorino, uva passa , aglio e pinoli un paio di "tracchiulelle" o "puntine" di maiale una cipolla 6 cucchiai di olio un bicchiere di vino rosso 2,5 litri di passata di pomodoro 140gr di concentrato di pomodoro preparazione

• Tritare finemente la cipolla e versarla in un tegame, meglio se di coccio, unitamente all'olio. Dopo un paio di minuti aggiungere la carne e farla rosolare. Questa è una fase molto delicata, bisogna girare spesso la carne e fare in modo che la cipolla non bruci ma si "consumi". Quando la carne è rosolata e la cipolla è trasparente, sfumare con il vino e continuare la cottura fino a che lo stesso non sia evaporato. Aggiungere il concentrato di pomodoro e continuare a far "tirare" il tutto in pentola, alla fine aggiungere la passata di pomodoro, abbassare la fiamma al minimo possibile, coprire lasciando il cucchiaio di legno tra la pentola ed il coperchio e farla cuocere lentamente, pippiare, per sei ore. Girare spesso il ragù al fine di non farlo attaccare alla pentola. Alla fine vi troverete una salsa densa, i grassi saranno affiorati in superficie ed avrà un colore rosso scuro, molto intenso. Condite i classici ziti spezzati.

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Frutti di mare I frutti di mare identificano solo alcuni tipi di prodotti del mare: molluschi senza conchiglia (calamari, seppie, polpi), molluschi con conchiglia in un solo pezzo (lumache di mare, patelle) o in due pezzi (cozze, ostriche). Come i crostacei, anche i frutti di mare hanno un costo elevato ed elevate percentuali di scarto e possono presentare fenomeni di allergia alimentare. La loro carne contiene quantità discrete di proteine (12% circa), e buone dosi di sali minerali e vitamina A e B. Il contenuto di colesterolo è elevato e bisogna aggiungere che questi alimenti spesso vengono preparati con salse e sughi molto elaborati e ricchissimi di condimenti.

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La mozzarella di Bufala La mozzarella di bufala è un prodotto caseario tipico della Campania. Le zone più importanti per la produzione della

mozzarella sono:

la provincia di Caserta con i comuni di: Mondragone, Aversa, Calvi Risorta, Cancello ed Arnone, Carinola, Casal di Principe, Castel Volturno, Cellole, Falciano del Massico, Francolise, Grazzanise, Pastorano, Pignataro Maggiore, Santa Maria la Fossa, San Cipriano d'Aversa, Sessa Aurunca, Sparanise e Villa Literno;

la provincia di Salerno con i comuni di: Albanella, Altavilla Silentina, Battipaglia una tra le più importanti, Bellizzi, Campagna, Capaccio-Paestum, Eboli, Fisciano,Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pontecagnano Faiano, Roccapiemonte e Serre.

Si ritiene che l’origine di tale prodotto risalga al Medioevo Secondo alcune fonti sarebbero stati i Saraceni a trasportare i bufali prima in Sicilia e poi nella paludosa piana del Garigliano, quando vi si stabilirono con un vero e proprio Ribat dal quale partivano per saccheggiare città e monasteri di mezza Italia, da Spoleto alle Puglie. Tale prodotto contiene inoltre ottime qualità nutritive :

Valori medi per 100 g di prodotto

• Valore energetico: 246,4 Kcal

• Proteine: 16,2 g

• Carboidrati: 0,4 g

• Grassi: 20 g

• Fosforo: 320 mg

• Calcio: 245mg

La mozzarella di bufala è un piatto rappresentativo della regione e pertanto viene utilizzato in innumerevoli ricette ; te ne proponiamo una …

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Polpette di pasta con mozzarella di bufala ,prosciutto e pistacchio INGREDIENTI :

150grammi di Mozzarella di bufala, Campana Dop

200grammi di Pasta, formato calamarata

100grammi di Prosciutto cotto, a fette

1Uova

80grammi di Pistacchi, granella

1pizzico di Sale

1pizzico di Pepe nero

1litro di Olio di semi per frittura

PROCEDIMENTO: Cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Nel frattempo tagliare la Mozzarella di Bufala Campana Dop, scolare e ricavare 15 pezzi da avvolgere in striscioline di prosciutto cotto. Scolata la pasta al dente, far raffreddare per qualche minuto e in ogni anello sistemare il vostro involtino di mozzarella e prosciutto. Passare la pasta nell’uovo sbattuto, con poco sale e pepe e infine nella granella di pistacchio. Friggere in olio caldo per un minuto o poco più. Servire

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Provolone del Monaco Il Provolone del Monaco è un formaggio ottenuto dalla lavorazione del latte della vacca Agerolese .Il nome deriva dalla mantella che i pastori indossavano per ripararsi dal freddo durante il tragitto dalle colline di Vico Equense a Napoli principale mercato per i loro prodotti.

Storia

Il Provolone del Monaco si produce dal 1700 circa, quando alcuni pastori che vivevano sul Vomero area allora agricola nei dintorni di Napoli, dovettero trasferirsi a causa dell'espansione urbana. Alcune famiglie decisero di trasferirsi sui Monti Lattari e iniziarono a sfruttare gli ampi pascoli della zona, producendo formaggio, in particolare caciocavallo. Il principale mercato per la vendita del formaggio era Napoli e i pastori, coperti da pesanti e ingombranti mantelle, vennero soprannominati "monaci" e i loro caciocavalli, ricercati e apprezzati sulla piazza partenopea, divennero per tutti “i provoloni del monaco”.

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Lavorazione del Provolone l "Provolone del Monaco" si ottiene riscaldando il latte per

ottenere una cagliata maggiormente cotta rispetto alla produzione del caciocavallo tradizionale. La sua maturazione deve avvenire con lentezza, senza

conservanti, né fermenti. Successivamente si passa alla modellatura, dando una forma particolare rispetto a

quella solita, di melone leggermente allungato e senza testina. La stagionatura, dopo averlo salato e asciugato, può anche avvenire in grotta secondo il disciplinare di

produzione, partendo da un minimo di 6 mesi.

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Spaghetti con zucchine e provolone del monaco

• 200grammi di Pasta, Spaghetti

• 300grammi di Zucchine

• 100grammi di Formaggio provolone

• 5grammi di Sale

• 2pizzichi di Pepe nero

• 200grammi di Olio di oliva

• 3grammi di Spicchio di aglio

• Affettate le zucchine a rondelle sottili e friggetele senza bruciarle, devono dorare.

• Scolate le zucchine sulla carta forno e frullatene una metà.

• Prendete l'altra metà delle zucchine e passatele sotto il getto dell'acqua fredda, tenete da parte.

• Cuocete gli spaghetti al dente.

• Rosolate l'aglio con qualche cucchiaio di olio senza farlo bruciare e unite le zucchine che avete passato sotto l'acqua, lasciate cuocere pochi secondi poi aggiungete anche le zucchine frullate. Se serve versate qualche cucchiaio di acqua di cottura della pasta.

• Scolate gli spaghetti e uniteli alle zucchine, aggiungete il provolone tagliato a coltello, spolverate con il pepe e impiattate.

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Il salame Napoletano

Il salame tipo Napoli ha la forma di un cilindro legato con spago a 8 spicchi, del diametro di 6-7 centimetri e di lunghezza di 30-40 cm, del peso variabile generalmente compreso tra 800-1000 grammi. Il salame tipo Napoli è un insaccato di carne fresca di maiale aromatizzato con il pepe o con il peperoncino che poi subisce una stagionatura di almeno due mesi prima di essere posto in commercio. Le ricette che lo prevedono interessano antipasti di affettati ma anche piatti di pasta ripiena.

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Cenni storici: Una delle prime testimonianze precise della presenza di albicocchi in Campania è dovuta a Gian Battista Della Porta, scienziato napoletano. Nel secolo scorso il testo ad opera di autori vari, "Breve ragguaglio dell'Agricoltura e Pastorizia del Regno di Napoli", del 1845, riconosce l'albicocco come l'albero più diffuso, dopo il fico, nell'area del napoletano, e precisamente in quella vesuviana, "dove viene meglio che altrove e più maniere se ne contano, differenti nelle frutta …". Valori nutrizionali: Grassi Totali 0.10 gr., Sodio1.00 mg,Potassio 320.00 mg Carboidrati 6.80 g,Fibra alimentare 1.50 gr. Proteine 0.40 gr. ,Vitamina A ,C22 ,Calcio e ferro.

La versione tradizionale della ricetta prevede la creazione di strisce ricavate dai ritagli di pasta per realizzare il tipico decoro a losanghe che caratterizza questo dolce ma potete scatenare la vostra fantasia e inventarne di nuovi, ad esempio utilizzando gli stampi per biscotti creando così delle forme nuove e originali da distribuire sulla superficie della crostata

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Il Fico bianco del Cilento è un prodotto ortofrutticolo italiano che identifica i frutti essiccati della specie Ficus carica domestica L. - dei biotipi riferibili alla cultivar Dottato - coltivati nella zona geografica del Cilento, regione geografica della Campania.Fichi del Cilento, sbucciati e messi a seccare al sole.Fichi bianchi del Cilento impaccati, in varie preparazioni e presentazioni finali.Dal 10 marzo 2006, a livello europeo, il fico bianco del Cilento gode della denominazione di origine protetta (DOP). Il Fico Bianco del Cilento è molto digeribile ed è più piccolo del fico comune rosso. La sua buccia non cambia di colore durante la maturazione; l'interno è marroncino tendente al bianco, ricco di fibre e zuccheri.

Fico bianco del Cilento sciroppato al vino:

Ingredienti per 4 persone 200 g di fico bianco del Cilento secco 500 ml di vino rosso ( aglianico) 200 g di zucchero semi di finocchietto selvatico 4 foglie di alloro 1 barattolo di vetro con tappo 1 salvafreschezzaPreparazione Pulire i fichi, lavarli e lasciarli asciugare. In una pentola versare il vino, lo zucchero, il finocchietto e l'alloro, lasciarlo ritirare di 1/3.Mettere i fichi nel barattolo, versare lo sciroppo di vino fino a copertura, sistemare il salvafreschezza chiudere con il tappo e sterilizzare per 10 minuti.

Valori nutrizionali per 100 grammi di prodotto al naturale: Energia K.Cal 256 KJ. 1070 Acqua 19.4 g Proteine 3.5 g Lipidi 2.7 g Carboidrati 58.0 g di cui Zuccheri solubili 58.0 g Fibra 13.0 g di cui Fibra solubile 1.94 g di cui Fibra insolubile 11.01 g Acido Fitico 0.40 mg Sodio 87 mg Potassio 1010 mg Ferro 3.0 mg Calcio 186 mg Fosforo 111 mg Vitamina B1 (Tiamina) 0.14 mg Vitamina B2 (Riboflavina) 0.10 mg Vitamina PP (B3 o Niacina) 0.60 mg Vitamina A ( Retinolo eq.) 8 mg

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La mela annurca campana

È un prodotto ortofrutticolo italiano che designa una varietà pregiata di mela tipica della regione Campania, tale da essere considerata la "regina delle mele"[

La raccolta di questi frutti, ancora acerbi, deve iniziare intorno alla metà di settembre onde evitare che si decompongano cadendo al suolo in quanto cadùchi. Subito dopo, inizia la fase di maturazione detta "arrossaménto" con l'esposizione al sole per 10-15 giorni.

Le mele vengono sistemate a terra sui "melài", filari di graticci di paglia ricavata dalla trebbiatura e frequentemente girate a mano (avutàte, in lingua napoletana). Quest'ultima operazione era svolta, in passato, dalle donne.

La Melannurca presenta due varietà: la "Sergente" e la "Caporale". La prima, dal sapore acidulo, ha la buccia striata di colore giallo-verde mentre la seconda, più dolce, è rossa a puntini bianchi. I frutti di maggiori dimensioni, che possono arrivare ad un peso di 500 grammi, sono tradizionalmente denominati Cape 'e ciuccio (teste d'asino)[

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La sua storia

• La Melannurca è presente in Campania da almeno due millenni. Alcuni dipinti rinvenuti negli scavi di Ercolano e, in particolare nella Casa dei Cervi, testimoniano la sua stretta connessione con il mondo romano e la Campania Felix in particolare.

• Luogo di origine sarebbe il territorio di Pozzuoli, l'antica Puteoli, come riporta Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) nel suo trattato: Naturalis historia, con la denominazione di Mala Orcula in relazione al limitrofo "Orco" ovvero il lago d'Averno, sede degli Inferi. Secondo un'altra ipotesi, il nome deriverebbe dal verbo latino indulcàre riferendosi alla sopraddetta modalità di maturazione.

• Nel 1583, Giovanni Battista Della Porta (1535-1615) nell'opera: Pomarium, descrivendo i frutti prodotti nell'agro puteolano, afferma che: «...le mele che da Varrone, Columella e Macrobio sono dette orbiculàte, provenienti da Pozzuoli, hanno la buccia rossa, da sembrare macchiate nel sangue e sono dolci di sapore, volgarmente sono chiamate Orcole». Nei secoli successivi compaiono i nomi di Anòrcola e Annòrcola mentre l'attuale denominazione "Annùrca" è presente, per la prima volta, nel Manuale di Arboricoltura di Giuseppe Antonio Pasquale (1876).

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Alcune ricette

• RICETTA ANTIPASTO La mela annurca diventa contenitore (e ingrediente) per una originale tipica insalata.

• Togliere la parte interna del frutto (della mela) e riempire di pezzetti di formaggio, gherigli di noci, foglie tenere di insalata, carote tagliate alla julienne, e della stessa polpa di mela annurca a pezzetti. Condire il tutto con limone e pepe, tenendo a mente di cospargere l’interno della mela dopo il taglio con succo di limone onde evintare l’annerimento.

• Ingredienti: Mele annurche, formaggio, noci, insalata, carote, limone, pepe

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Il limone d’ Amalfi

Il Limone Costa d'Amalfi, noto anche come Sfusato Amalfitano, è un prodotto ortofrutticolo italiano.

Il limone della costiera amalfitana, presenta una buccia di spessore medio e di colore giallo chiaro ed è ricca di oli essenziali e terpeni. E’

ricco di acido ascorbico, ossia di Vitamina C. Il limone amalfitano viene coltivato su circa 400 ha, nei famosi limoneti chiamati "giardini di

limoni" con un raccolto medio annuo di circa 8 000 tonnellate. Il raccolto viene praticato più volte l'anno, ma è soprattutto nel periodo compreso

tra marzo e luglio che arrivano i frutti migliori.

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Uva vesuviana

Questo frutto deve il suo nome alla sua origine geografica: fu importata qui dalla Catalogna, da Alfonso I d'Aragona nel XV secolo, e impiantato sulle pendici del Monte Somma, fra Somma Vesuviana e Terzigno. Su questi fertili terreni vulcanici l'uva fu presto sfruttata per vinificare dai contadini vesuviani negli imponenti cellai ,il prodotto eccedente veniva utilizzato come uva da tavola. Può permanere sulla pianta fino alla fine dell'anno: un tempo vi era la consuetudine di lasciare sulla pianta i grappoli più belli, eliminando via via gli acini guasti, così da favorirne il mantenimento fino al periodo natalizio. Tanti scrittori, iniziando dai latini (Plinio il Vecchio, Catone, Columella e altri) scrissero dei vini del Vesuvio. Marziale (I sec d.C.) scrisse: «Haec iuga quam Nysae colles plus Bacchus amavit» (Bacco amò queste colline piú delle native colline di Nisa); è lo stesso vino che il Chiabrera definí «Ambrosia del cielo». Arrivando a scrittori a noi piú vicini, come Curzio Malaparte che nel suo romanzo La pelle (1949) per parlare del vino del Vesuvio si riaffaccia alle tante leggende, ma conoscendo anche la realtà, a proposito di questo vino scrive: «…sfuma in soavissimi aromi di erbe selvatiche, ha il colore misterioso del fuoco infernale, il sapore della lava, dei lapilli e della cenere che seppellirono Ercolano e Pompei; bevete, amici, questo sacro antico vino».

L'uva catalanesca ha un grappolo di grandezza media, acini di forma lievemente allungata ed una buccia di colore verdastro, che vira al giallo dorato quando raggiunge la completa maturazione. La polpa è bianca e carnosa e viene molto apprezzata per il suo sapore dolce, l'elevato tasso zuccherino la rende adatta alla vinificazione, eseguita solo localmente ed esclusivamente a livello familiare. Dal 2006 è stata ufficialmente aggiunta all'elenco delle uve da vino. Risulta evidente che l’uva Catalanesca è in grado di raggiungere un’elevata gradazione zuccherina e l’acidità totale e il pH è tale da permettere l’ottenimento di un vino bianco secco caratterizzato da un buon equilibrio gustativo”. Dal punto di vista aromatico il vino ottenuto dall’uva Catalanesca presenta note fruttate con odori tipici di albicocca secca e miele. Già al secondo anno d’invecchiamento l’odore evolve in note minerali dominanti come i grandi vitigni d’interesse enologico.

Tra i tanti fattori concorrenti a rendere famoso e piacevole questo vino voglio parlare, anche se brevemente, delle viti da cui viene ottenuto. Se parliamo di vino bianco esso si produce dalla trasformazione dal Caprettone, minimo 80%, come determinato dal disciplinare della DOC, dalla Falanghina, dal Greco e da altre uve presenti nei vigneti che tutte insieme e/o singolarmente possono raggiungere un massimo del 20%. Il vino rosso e/o rosato, invece, sempre nel rispetto del disciplinare DOC, deve essere prodotto dalla vinificazione delle uve Piedirosso, minimo 80%, da Aglianico, Olivella e con la presenza di altre uve, sempre a bacca rossa e tradizionalmente coltivate nella zona, che possono raggiungere un massimo del 20%. Il vino Vesuvio è la base Doc; il Lacryma Christi del Vesuvio è la qualità superiore. Tanto il vino Vesuvio quanto il Lacryma Christi possono essere bianchi, rosati e rossi. Quello che distingue le due tipologie oltre alla resa di trasformazione delle uve in vino, 70% per il Vesuvio e 65% per il Lacryma Christi, è la gradazione alcolica del prodotto commerciabile. Per il Lacryma Christi la gradazione alcolica non può essere inferiore a 12 gradi.

Origini storiche Descrizione prodotto Vini vesuviani

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Uva vesuviana

Valori Energetici L'uva è ricca in Sali minerali, in particolare potassio (192 mg/100g); presenti, seppur in quantità meno importanti, anche magnesio, rame, fosforo .Tra le vitamine dell'uva non possono mancare la C (6 mg %), la B1, la B2, PP ed A.

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Babà napoletano

Il babà o babà è un dolce da forno a pasta lievitata con lievito di birra, tipico della pasticceria napoletana. Il suo diametro può variare da 5–7 cm fino a 35–40 cm. Lo si trova anche diviso in due e ripieno con del cioccolato o panna. Inoltre, esiste anche una versione con essenza di bergamotto.

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Storia Il babà è la derivazione d'un dolce a lievitazione naturale originario della Polonia (babka ponczowa); utilizzato dai cuochi francesi assunse il nome di baba, vide trasformato il proprio nome in "babbà" dai pasticceri napoletani.

L'invenzione del babà si fa risalire al re polacco Stanislao Leszczyński , suocero di Luigi XV di Francia; Leszczyński era uso dilettarsi nell'invenzione culinaria ma, essendo privo di denti, era impossibilitato a mangiare dolci quali il gugelhupf, originario dell'Alsazia, che egli trovava troppo asciutto; decise allora di ammorbidirlo nel Tokaj e nello sciroppo.

La tipica forma a fungo la si deve al celebre pasticciere Nicolas Stohrer, giunto a Parigi con Maria Leszczyńska, figlia del sovrano polacco. Ancora oggi, nella capitale francese, la maison propone dolci simili. Un'altra versione delle origini faceva ricordare al re la gonna a campana (tonde) delle donne anziane che si chiamano babka. Un'altra storia racconta che il re, dal pessimo carattere, scagliasse il dolce contro una credenza, fracassando una bottiglia di rum. Questa andò a inzuppare il dolce e Stanislao allora lo assaggiò, trovandolo ottimo.

Nel XIX secolo il maestro Brillat-Savarin inventò un liquore che ben si accompagnava alle macedonie di frutta. La pasticceria francese dei fratelli Julien ebbe l'idea di chiudere la macedonia in un babà opportunamente spennellato di confettura di albicocche: nacque così il Babà Savarin . Le prime fonti partenopee sul dolce risalgono al 1836 quando il cuoco Angeletti scrisse un manuale culinario in cui è descritta la ricetta con uvetta e zafferano, questi ultimi ingredienti persi negli anni a causa della “volgarizzazione” delle pasticcerie commerciali che ne hanno sfornati nuovi tipi con crema e amarene o anche servito mignon con gelato semifreddo.

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Preparazione

1. Mettete in planetaria la farina, il sale, lo zucchero e fate mescolare bene con la frusta a foglia;

2. Senza fermare la planetaria, aggiungete il lievito di birra spezzettato e continuate a mescolare;

3. Aggiungete ora metà delle uova e fate amalgamare;

4. Quando gli ingredienti saranno ben amalgamati, aumentate la velocità della planetaria al massimo;

5. Aggiungete man mano le altre uova una per volta;

6. Quando l’impasto inizia a staccarsi dalle pareti della planetaria, aggiungete il burro ammorbidito;

7. Ungete gli stampi con uno staccante, con il burro o con dell’olio di semi di girasole ma senza esagerare. L’esagerazione nell’ungere gli stampi vi porterà ad avere un babà con bolle esterne e non uniforme (come è capitato a me nei piccolini).

8. Riempite ora i vostri stampi per un terzo della loro altezza;

9. Scaldate il forno a 50°C, spegnetelo e inserite all’interno le teglie e uno straccio bagnato e strizzato socchiudendo poi il forno (in questo modo avrete creato una ottima cella di lievitazione per i vostri Babà!!). Lasciate lievitare per almeno un’ora.

10. Quando l’impasto avrà raggiunto il bordo degli stampi toglieteli dal forno;

11. Riscaldate ora il forno a 230°C e, quando avrà raggiunto la temperatura, infornate i babà;

12. Dopo 2 minuti abbassate la temperatura a 180°C.

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Il Caffè Il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali appartenenti al genere Coffea . La caffettiera napoletana (ma a Napoli viene chiamata “cuccumella”) produce un caffè di corpo leggero e di gusto pieno. Preparare il caffè usandola significa ripercorrere un rito casalingo fatto di lentezza, e celebrato da molti napoletani illustri questo si prepara attraverso semplici passaggi : calcolare 5-6 grammi di caffè per ogni tazzina. La macinatura della polvere dev’essere media, e il caffè va collocato nel serbatoio bucherellato. Avvitare sopra il filtro versare l’acqua necessaria nella parte inferiore della macchina, senza superare il forellino. Inserire il serbatoio del caffè completo di filtro. Avvitare le due parti della macchina mettere la napoletana (col becco all’ingiù) sul fuoco e portare l’acqua ad ebollizione l’acqua bolle quando un filo di vapore esce dal forellino. A questo punto togliere la macchina dal fuoco e, afferrandola saldamente per i due manici, capovolgerla con un colpo secco… … in modo che l’acqua scenda attraverso il filtro con la polvere di caffè e vada a raccogliersi nel deposito inferiore. Ci vuole qualche minuto I suoi valori nutrizionali sono: Energia4 kJ 1 kcal Proteine0,07 g Carboidrati0 g Zuccheri0 g Grassi0,11 g Grassi Saturi0,054 g Grassi Monoinsaturi0 g Grassi Polinsaturi0,054 g Colesterolo0 mg Fibra0 g Sodio8 mg Potassio68 mg

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Il gelato al caffè INGREDIENTI:

Latte: 100 Gr

Panna: 200 Gr

Uova: 2

Caffè: 1 Tazzina E Qualche Chicco Intero

PROCEDIMENTO:

In un contenitore, amalgamate con una frusta le uova con lo zucchero usando le fruste elettriche. Nel frattempo, preparate un caffè abbastanza ristretto e metterlo da parte per farlo raffreddare. In una casseruola, riscaldare il latte su fiamma bassa e aggiungervi qualche chicco di caffè.

Quando il latte comincerà a bollire, unirvi il composto di zucchero e uova preparato in precedenza e continuare a cuocere su fiamma bassa per qualche minuto. Aggiungere il caffè ristretto e lasciar raffreddare.

Al termine, aggiungere con delicatezza la panna, mescolando dal basso verso l'alto, finchè la panna non si sarà amalgamata per bene al resto. Quindi mettete il composto nella gelatiera per 20/30 minuti. Se non avete la gelatiera potete mettere il composto in una vaschetta e porlo in freezer, mescolatelo ogni mezz'oretta per due ore e poi frullatelo un paio di volte, a distanza di 30 minuti, prima di servirlo. Se volete potete anche farlo riposare in freezer per tutta la notte e poi mantecarlo con il mixer un paio di volte per renderlo cremoso.

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CAPRESE Fu così che nel 1920, in un laboratorio artigianale dell’Isola di Capri, un cuoco di nome Carmine di Fiore “creò” involontariamente il golosissimo capolavoro dell’arte dolciaria partenopea : la torta caprese. Si narra che il cuoco fosse solo nel suo piccolo “regno” culinario, circondato dai suoi utensili, ingredienti e fosse impegnato con estrema cura nella preparazione di una torta alle mandorle per tre malavitosi giunti a Capri per comprare una partita di ghette di Al Capone.

Tutto procedeva al meglio ma forse per distrazione, forse per la fretta di finire, forse per altro, commise un errore che gli avrebbe sicuramente costato caro la sua reputazione da rinomato chef (avrebbe dovuto fare i conti anche con i malavitosi…) : dimenticò di aggiungere la dose di farina necessaria per completare l’impasto della torta. La infornò senza accorgersene ed a fine cottura, con sommo stupore, la torta risultò una vera e propria prelibatezza : morbida al centro e croccante fuori

RICETTA CAPRESE

Ingredienti

• 350 gr cioccolato fondente 350 gr burro 300 gr zucchero 400 gr mandorle sgusciate

6 uova zucchero al velo

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FROLLA Ingredienti : per la frolla 500 g di farina 200 g di strutto (sostituibile con burro) 150 g di zucchero buccia di limone grattugiata 150 ml di acqua Preparazione : Preparare la pasta frolla come da ricetta base cliccando qui.In questo impasto al posto delle uova si mette l’acqua ma il procedimento è lo stesso.Avvolgere l’impasto a palla, coprirlo con pellicola e farlo riposare in frigo per almeno mezz’ora.In una pentola portate a ebollizione mezzo litro di latte con un pizzico di sale, versate a pioggia il semolino e fatelo cuocere, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Fatelo raffreddare.Passate a setaccio la ricotta, unitevi lo zucchero a velo, i due tuorli, la frutta candita tritata, gli aromi e il semolino raffreddato. Sulla spianatoia stendete la pasta frolla e formate tanti dischi nel cui centro ponete una cucchiaiata di ripieno. Per facilitarvi il compito posizionate il dischetto su uno stampino di alluminio. E poi farcite con la crema di semolino. Coprite con un dischetto di pasta. Capovolgete su un piano di lavoro e tagliate la pasta in eccesso con una rotella dentellata o con un coppa pasta ma anche semplicemente con il bordo di una tazza da latte. Collocate le sfogliatelle su una placca foderata con carta forno e spennellatele con il tuorlo battuto insieme a 2 cucchiai di latte.

Fate cuocere le sfogliatelle in forno già caldo a 180° per circa 20 minuti.Servitele tiepide

spolverizzate di zucchero a velo.

Cal

430 Gra

s

11,11g

Car

b

58,2g

Prot

7,21g

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SFOGLIATELLA RICCIA La sfogliatella nasce nel XVIII secolo nel conservatorio di Santa Rosa da Lima, che si trova a Conca dei Marini, sulla Costiera Amalfitana, in provincia di Salerno. La sfogliatella nasce quasi per caso: un giorno era avanzata nella cucina del convento un po' di pasta di semola, ma la suora addetta alla cucina, invece di buttarla, aggiunse un po' di frutta secca, zucchero e limoncello, ottenendo così un ripieno. Utilizzò allora un cappuccio di pasta sfoglia per ricoprire il ripieno e ripose tutto nel forno ben caldo. Il dolce riscosse molto successo tra le suore e gli abitanti delle zone vicine al convento e prese il nome diSantarosa in onore della santa a cui era dedicato il convento. Nel 1818 un oste napoletano[3], Pasquale Pintauro, entrò in possesso della ricetta segreta della Santarosa, modificando leggermente la ricetta e introducendo la variante riccia-sfoglia inventò la sfogliatella.

Ingredienti: ♥ 1 rotolo di pasta sfoglia rettangolare ♥ burro qb ♥ 50 g di semola ♥ 175 g ricotta ♥ 135 g di latte ♥ 80 g di zucchero ♥ 1 buccia di arancia grattugiata ♥ 1 bustina di vanillina ♥ 1 uovo ♥ 40 g di arancia candita

Procedimento: Stendete la pasta sfoglia con un mattarello ed ungetela di burro poi, arrotolatela per bene. Fatto questo tagliatela in tante fette di 1 cm di spessore poi, preparate il ripieno.Portate il latte a ebollizione in una pentola poi toglietelo dal fuoco ed aggiungete la semola piano piano e girando continuamente per non far formare i grumi mescolate fin quando non risulta bella solida poi, fatela raffreddare..Mescolate la ricotta con lo zucchero poi aggiungete la buccia d’arancia grattugiata, l’uovo, la vanillina e l’arancia candita mescolate ed aggiungetela al semolino.Prendete le fette di sfoglia schiacciatele un pochino e con le dita all’interno lavoratele ed apritele piano piano in modo di formare l’involucro della sfogliatella.Fate lo stesso procedimento con tutte le fette di sfoglia e poi riempitele con il composto preparato precedentemente, fino in fondo e chiudetele.Infornate a 200° per circa 15/20 minuti e sfornatele quando sono belle dorate.Fatele raffreddare e cospargetele di zucchero a velo prima di servirle.

Cal

457 Gra

s

24,42g

Car

b

51,71g

Prot

7g

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PASTIERA NAPOLETANA La leggenda, che vuole la sirena Partenope creatrice di questa delizia, deriva probabilmente dalle feste pagane e dalle offerte votive del periodo primaverile. In particolare la leggenda è probabilmente legata al culto di Cerere le cui sacerdotesse portavano in processione l'uovo, simbolo di rinascita che passò nella tradizione cristiana. La ricetta attuale fu perfezionata proprio nei conventi e divennero celebri quelle delle suore del convento di San Gregorio Armeno. Esiste anche una leggenda più "reale" che narra che dei pescatori, a causa dell'improvviso maltempo, rimasero in balia delle onde per un giorno ed una notte. Una volta riusciti a rientrare a terra, a chi domandasse loro come avevano potuto resistere in mare così tanto tempo, risposero che avevano potuto mangiare la Pasta di Ieri, fatta con ricotta, uova, grano ed aromi. Per questo motivo la Pastiera iniziò ad essere simbolo di rinascita, oltre che per gli ingredienti, perché aveva dato una seconda vita a questi quattro pescatori.

per il ripieno •600 gr di ricotta di pecora •500 gr di zucchero •6 uova •600 gr di grano cotto •4 scorze di un limone non trattato •2 fiale di acqua di fiori di arancio •2 bustine di vanillina •200 gr di canditi misti (cedro e zucca) •1 cucchiaino di cannella in polvere •30 gr di burro •400 ml di latte •1 bicchierino di limoncello o di Strega per la pasta frolla •600 gr di farina •6 tuorli d’uovo •300 gr di burro •300 g di zucchero •un pizzico di sale

Valori Nutrizionali

per 1 fetta (1/8 23 cm

di diametro)

Energia 2105 kJ 503 kcal

Proteine 9,54 g

Carboidrati

74,07 g

Zuccheri 41,69 g

Grassi 19,77 g

Grassi Saturi

11,653 g

Grassi Monoinsaturi

5,412 g

Grassi Polinsaturi

1,183 g

Colesterolo

139 mg

Fibra 3,6 g

Sodio 51 mg

Potassio 182 mg

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PERE AL CIOCCOLATO Le pere al cioccolato sono un dessert davvero invitante. Nella cucina francese questa preparazione viene chiamata Poire Belle Hélène: il nome fu scelto da Auguste Escoffier in persona che inventò la ricetta ispirandosi dall’operetta omonima di Jacques Offenbach. Nella ricetta originale delle pere al cioccolato la frutta viene cotta nello sciroppo vanigliato e servite con gelato alla vaniglia, violette pralinate e uno stato di salsa al cioccolato calda. Scegliete pere Williams mature ma non mollicce, assicuratevi che la buccia sia intatta e la polpa soda.

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INGREDIENTI: PERE AL CIOCCOLATO

Cioccolato fondente 100 gr

Panna fresca liquida 30 gr

Acqua 30 ml

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