San Tommaso l’innovatore - Cornelio Fabro

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L L ibri del mese pensamento avviene in un fecondo con- fronto critico con la modernità filoso- fica: sia con la genesi dell’ateismo mo- derno sia con quegli autori come Kierkegaard che hanno dato solide basi per una rinnovata «filosofia della li- bertà». In particolare possiamo dire che Fabro rilegge l’Aquinate mettendo in luce il nucleo originale della sua posi- uello di Cornelio Fabro (Flumignano 1911 - Ro- ma 1995) 1 è un itinera- rio di ricerca ad mentem sancti Thomae: esso si articola come un «rinnovamento del to- mismo», o meglio ancora come un ri- pensamento vigoroso dei presupposti speculativi che hanno mosso la ricerca filosofica dello stesso Aquinate. Tale ri- zione metafisica: la dottrina della par- tecipazione ontologica che pone l’es- sere infinito di Dio (Ipsum esse subsi- stens ) come fondamento degli enti creati e finiti. In tal senso egli scorge nella metafisica tommasiana l’unica grande eccezione a quell’oblio dell’es- sere (Vergessenheit des Seins) che – se- condo Heidegger – avrebbe caratteriz- zato la metafisica occidentale da Platone a Nietzsche. Vorrei qui presentare gli elementi più rilevanti che hanno scandito l’iti- nerario filosofico di Fabro, mettendo in luce la fecondità della sua proposta speculativa, da lui indicata con la for- mula di «tomismo essenziale». Si tratta di un tomismo che non consiste in un sistema chiuso di verità definite, ma in una serie di princìpi perennemente va- lidi, capaci di spingere il pensiero a sempre nuove conquiste e a sempre maggiori approfondimenti. Tutta l’ampia e variegata attività speculativa del filosofo friulano può es- sere sintetizzata in quattro punti capi- tali: 1) il ripensamento critico-teore- tico del tomismo; 2) le indagini sulla genesi dell’ateismo moderno; 3) la ri- scoperta di Kierkegaard, filosofo che fonda la libertà nel rapporto personale dell’uomo con il Dio della tradizione biblica; 4) una radicale critica alla teo- logia progressista di Karl Rahner e al nichilismo di Emanuele Severino. 2 L’essere: atto e partecipazione Nel 1939, a soli 28 anni, Fabro pubblica la sua prima grande opera di ermeneutica tomistica: La nozione me- tafisica di partecipazione secondo san Tommaso d’Aquino. Tale scritto si col- Q San Tommaso l’innovatore La proposta filosofica di Cornelio Fabro nel centenario della nascita (1911-2011) I L R EGNO - ATTUALITÀ 20/2011 675 CLXXVII

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pensamento avviene in un fecondo con-fronto critico con la modernità filoso-fica: sia con la genesi dell’ateismo mo-derno sia con quegli autori comeKierkegaard che hanno dato solide basiper una rinnovata «filosofia della li-bertà».

In particolare possiamo dire cheFabro rilegge l’Aquinate mettendo inluce il nucleo originale della sua posi-

uello di Cornelio Fabro(Flumignano 1911 - Ro-ma 1995)1 è un itinera-rio di ricerca ad mentemsancti Thomae: esso si

articola come un «rinnovamento del to-mismo», o meglio ancora come un ri-pensamento vigoroso dei presuppostispeculativi che hanno mosso la ricercafilosofica dello stesso Aquinate. Tale ri-

zione metafisica: la dottrina della par-tecipazione ontologica che pone l’es-sere infinito di Dio (Ipsum esse subsi-stens) come fondamento degli enticreati e finiti. In tal senso egli scorgenella metafisica tommasiana l’unicagrande eccezione a quell’oblio dell’es-sere (Vergessenheit des Seins) che – se-condo Heidegger – avrebbe caratteriz-zato la metafisica occidentale daPlatone a Nietzsche.

Vorrei qui presentare gli elementipiù rilevanti che hanno scandito l’iti-nerario filosofico di Fabro, mettendo inluce la fecondità della sua propostaspeculativa, da lui indicata con la for-mula di «tomismo essenziale». Si trattadi un tomismo che non consiste in unsistema chiuso di verità definite, ma inuna serie di princìpi perennemente va-lidi, capaci di spingere il pensiero asempre nuove conquiste e a sempremaggiori approfondimenti.

Tutta l’ampia e variegata attivitàspeculativa del filosofo friulano può es-sere sintetizzata in quattro punti capi-tali: 1) il ripensamento critico-teore-tico del tomismo; 2) le indagini sullagenesi dell’ateismo moderno; 3) la ri-scoperta di Kierkegaard, filosofo chefonda la libertà nel rapporto personaledell’uomo con il Dio della tradizionebiblica; 4) una radicale critica alla teo-logia progressista di Karl Rahner e alnichilismo di Emanuele Severino.2

L’essere: atto e partecipazioneNel 1939, a soli 28 anni, Fabro

pubblica la sua prima grande opera diermeneutica tomistica: La nozione me-tafisica di partecipazione secondo sanTommaso d’Aquino. Tale scritto si col-

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San Tommaso l’innovatoreLa proposta filosofica di Cornelio Fabro nel centenario della nascita (1911-2011)

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mente da Aristotele, cerca di indagarela fonte originaria dell’essere degli enti,la loro Ursprung.

In questa sua ricerca di caratteregenetico-fondativo Tommaso d’Aquino– osserva Fabro – si serve del concettoebraico-cristiano di creazione (la crea-tio ex nihilo), sconosciuto ad Aristo-tele, per il quale, come è noto, la ma-teria era increata ed eterna. Ogni ente(id quod habet esse) trova, quindi, il suofondamento in un atto d’essere (Dioquale plenitudo essendi) che è creativoe che è causa prima: causa universaliessendi omnibus rebus et agendi omni-bus rebus.

Seguendo Fabro, possiamo dire chel’atto d’essere (di Dio) è «emergente»rispetto a tutti gli enti finiti: li fonda, licrea dal nulla e allo stesso tempo li tra-scende: «L’originalità teoretica dellaspeculazione di san Tommaso rispettoal pensiero classico, sia platonico comearistotelico, come rispetto al pensieropatristico e alla speculazione del suotempo è stata nel chiaro proposito didare all’esse il significato di “atto”emergente per eccellenza».4

Andando alla ricerca delle fontidella nozione tomistica di essere, Fabrosottolinea la presenza di un elementotrascurato da tanta parte del neotomi-smo del Novecento: la componenteplatonica e neoplatonica del pensierotommasiano, quale emerge soprattuttodalla nozione di partecipazione. Egli ri-leva che l’essere delle creature, perl’Aquinate, è sempre un «essere perpartecipazione».

Fabro scrive nei suoi appunti che«quest’incontro con la nozione di par-tecipazione fu decisivo per il resto della[sua] ricerca, non solo nello studio delpensiero classico e medievale in cuiessa diventa il signum contradictionis(opera allo scoperto, in modo positivoo negativo), ma anche per orientar[si]sull’essenza e sulle varie diramazionidel pensiero moderno che trovava af-fascinanti e stimolanti per il suo varioconvergere sull’uomo e per le sue pro-fonde affinità con la nozione di parte-cipazione che avev[a] intravista».5

Soffermiamoci, quindi, nel deli-neare quella che è l’intuizione fonda-mentale tramite la quale Fabro rileggee interpreta con originalità l’interopensiero di san Tommaso e la stessa

loca certamente nel grande alveo dellarinascenza del tomismo promossa dal-l’enciclica Aeterni patris (1879) diLeone XIII e poi dall’enciclica Pa-scendi (1907) di Pio X. Tuttavia a par-tire dal suo scritto giovanile Fabroprende esplicitamente le distanze dallaprospettiva aristotelico-tomista così co-m’essa veniva insegnata nelle universitàcattoliche e nei seminari, una prospet-tiva che non faceva emergere la novitàdel pensiero di Tommaso, riducendoquest’ultimo a un «aristotelico cri-stiano»: si tratta, in larga misura, dellaprospettiva, astorica e sistematica,espressa nelle XXIV tesi redatte ecommentate da mons. Guido Ma-tiussi.3

Il grande contributo storiografico eteoretico di Fabro è quello di aver di-mostrato, sulla base di un’attenta filo-logia, l’assoluta originalità del concettotommasiano di essere (esse ut actus):questo sarebbe originale sia rispetto adAristotele sia all’ontologia (spesso for-malistica e astratta) elaborata dai com-mentatori moderni di Tommaso, comeil Gaetano e Francisco Suárez. Fabronega quindi la sostanziale unità della fi-losofia cosiddetta aristotelico-tomista:Tommaso non sarebbe un semplicecontinuatore di Aristotele, senza ce-sure o differenze rilevanti, ma un veroe proprio innovatore.

Il filosofo friulano nota che in Ari-stotele il concetto di essere (to on) si ri-solve nella teorizzazione della sostanza(ousia) che è sínolo, cioè unione, di ma-teria (hyle) e forma (morphe): nel XII li-bro della Metafisica lo Stagirita, purparlando del «primo motore» come«sostanza sovrasensibile» che è puropensiero (neesis noeseos), non giungeperò a innalzare la teorizzazione del-l’essere oltre i concetti di sostanza e diforma (intesa come entelecheia e prote).

A partire da Aristotele, ma an-dando ben oltre il naturalismo aristo-telico, Tommaso d’Aquino – sottolineaFabro – ha innalzato la speculazionefino all’atto d’essere (actus essendi)primo e fondante, intendendo que-st’ultimo come l’origine stessa di tuttigli enti finiti. Come lo Stagirita, anchel’Aquinate affida alla metafisica il com-pito di studiare «l’ente in quanto ente»,ovvero il più universale di tutti i con-cetti: tuttavia l’Aquinate, differente-

modernità filosofica: l’idea di parteci-pazione ontologica degli enti finiti neiconfronti dell’Ipsum esse subsistens.

Ecco le parole suggestive con lequali Fabro ricorda la giovanile intui-zione che costituirà poi il filo condut-tore delle sue ricerche: «L’incontro conla nozione di partecipazione comechiave dell’ermeneutica speculativa atutti i livelli fu fortunoso ma non fu ca-suale. Attendevo agli inizi del 1934 agliultimi ritocchi della Dissertazione per ilconcorso accademico, ma non mi sen-tivo tranquillo benché mi fossi acco-dato con la maggioranza dei tomisti eneoscolastici alle posizioni del manualedi [Salvatore Maria] Roselli, fonteprincipale di quello dello Zigliara6 edel neo-tomismo. Una notte, forsescosso dall’inquietudine latente, mi sve-gliai di soprassalto e fui colpito da unpensiero che mi parve semplice e radi-cale: la formula critica ultima del prin-cipio di causa non può essere chequella con la quale san Tommasoesprime la “dipendenza” prima e radi-cale della creatura dal Creatore. Mi al-zai, aprii la prima parte della SummaTheologiae alla q. 44, a. I (“Utrum sitnecessarium omne ens esse creatum aDeo”) e trovai subito la formula radi-cale che cercavo: “Necesse est dicereomne quod quocumque modo est, a Deoesse. (…) Per partecipationem (…)”. Esan Tommaso concludeva che questoera il punto d’arrivo della speculazionesia platonica come aristotelica, l’in-contro essenziale dei due massimi pen-satori del mondo classico, Platone eAristotele».7

La s intes i di TommasoL’idea di partecipazione diviene

per Fabro il fulcro ermeneutico delpensiero tommasiano: essa ne fa emer-gere la matrice essenzialmente plato-nica e ne dinamicizza le strutture spe-culative, allontanandosi altresì daquello che Étienne Gilson definivacome «essenzialismo» del neotomismoe della neoscolastica. Per Platone lapartecipazione (methexis)8 esprime ilnesso tra l’Uno e i molti, tra la sfera in-telligibile e quella sensibile: l’Aquinate– sottolinea Fabro – riprende quest’in-tuizione platonica, la coniuga con ilcreazionismo cristiano e la pone a fon-damento del rapporto tra Dio e gli enti

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Inoltre grazie ai concetti filosofici dipartecipazione e di causalità divienenuovamente possibile il discorso razio-nale su Dio per analogiam, cioè a par-tire dalla costituzione ontologica deglienti: com’è noto, la dottrina dell’ana-logia entis afferma che si può parlare diDio e dei suoi attributi partendo dal-l’essere delle creature, ovvero – cosìsan Paolo – «a creatura mundi per eaquae facta sunt» (Ep. ad Rom. 1,20), apartire dalle cose create.

L’ateismo del pensiero modernoAgli inizi degli anni Sessanta nella

cultura italiana ci fu un ampio dibatti-to sull’ateismo contemporaneo, sulla suagenesi e sui suoi risvolti sociologici edetico-politici. Tre autori che vi contri-buirono con scritti significativi e discussifurono Sabino Acquaviva con L’eclissidel sacro nella civiltà industriale (1961),Augusto Del Noce con Il problema del-l’ateismo (1964) e Cornelio Fabro con isuoi due volumi Introduzione all’ateismomoderno (1964). Tale dibattito fu solle-citato anche dai documenti del conci-lio Vaticano II, indetto nel Natale del1961: il Concilio si occupò dell’ateismosoprattutto nella costituzione pastora-le sulla Chiesa nel mondo contempo-raneo, la Gaudium et spes.

Secondo Fabro la genesi dell’atei-smo novecentesco, divenuto fenomenodi massa, è da ricercare nelle originistesse della modernità filosofica: nelprincipio di immanenza insito nel co-gito cartesiano. In Cartesio – sottolineail nostro – il pensiero umano ha persola sua fondamentale intenzionalità on-tologica, è divenuto autoreferenziale,perdendo di vista la relazione con l’es-sere oggettivo. Con la svolta cartesianail pensiero filosofico ha conosciuto unaradicale curvatio in se ipsum ed è di-venuto essenzialmente scettico nei con-fronti della reale conoscibilità dell’es-sere. Il soggettivismo moderno, quellalinea di pensiero che si origina in Car-tesio per trovare poi compimento inKant, Fichte ed Hegel, ha comportatouna sostanziale riduzione dell’essereall’atto di coscienza. In questa linea,definibile anche come «trascendentali-smo moderno», ogni realtà oggettivaparrebbe dissolversi in realtà di co-scienza: in tale prospettiva il Sein (l’es-

sere) è sempre e solo un Bewußtsein(un «essere consaputo», un «essere dicoscienza»).

La coscienza nella modernità di-viene, quindi, un orizzonte intrascendi-bile, costitutivamente e pregiudizial-mente chiuso a ogni forma di tra scen -denza, cioè di alterità: sia essa la tra-scendenza dell’altro che la trascendenzadivina.

A parere di Fabro «il principio mo-derno di immanenza è intrinsecamenteateo poiché coincide con l’afferma-zione radicale dell’Io come sostrato oorizzonte e principio di ogni afferma-zione-posizione di essere e di non es-sere in senso stretto, cioè che l’essere eil non essere si risolvono nella presenzae assenza di coscienza». Si comprendeallora come «nel pensiero moderno,che fa scaturire la presenza dell’esseredall’attività dell’Io, si può parlare diun ateismo strutturale e costitutivo (…)in virtù del nuovo principio dell’iden-tità di essere e conoscere. In questa vi-rata decisiva, un “capovolgimento”(Umkehrung) di 180 gradi, si attua la ri-mozione o assenza o esclusione radi-cale della stessa possibilità di una (qual-siasi!) “presenza” (o affermazione diesistenza) di Dio come principio primodell’universo e garante del senso delmondo come della possibilità di unasalvezza eterna dell’uomo».12

È con il cogito cartesiano che adavviso di Fabro incipit tragoedia homi-nis moderni: la soggettività viene rin-chiusa in una «gabbia d’oro», in unimmanentismo che, in ultima analisi,dichiara illusorio ogni slancio conosci-tivo verso l’ulteriorità. L’autore af-ferma quindi esplicitamente che «già ilcogito cartesiano e le sue variazioni ra-zionalistiche, sia nell’empirismo, comenel deismo e nell’illuminismo, può es-sere detto ateo radicalmente».13

Fabro sottolinea che il cogito carte-siano conduce all’ateismo poiché inesso si perde la «verità dell’essere e deiprincìpi primi». Il cogito si riduce per-ciò a una sorta di «certitude sans vé-rité», una «certezza logica, senza veritàontologica»: «Col cogito il fondamentoprima e poi il contenuto di verità è tra-sferito alla coscienza così ch’è l’atto dicoscienza e sono le strutture della co-scienza nelle sue funzioni intuitive, pre-dicative, discorsive… a fondare la pre-

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finiti. In tale prospettiva ogni ens fini-tum ha un esse partecipatum che gli de-riva direttamente dall’Ipsum esse peressentiam:9 si tratta di una dipendenzareale del finito dall’infinito, della crea-tura dal Creatore.

Fabro rileva, quindi, che in sanTommaso troviamo un’originale sin-tesi di platonismo e di aristotelismo:nell’esame dell’ente e delle sue carat-teristiche generali (sostanza-accidenti,materia-forma, atto-potenza ecc.) eglisegue Aristotele, mentre quando tentadi fondare tutto il reale sull’atto d’es-sere (actus essendi) – cioè su Dio – egliricorre all’idea platonica di partecipa-zione.

A tal proposito Fernand Van Steen-berghen, un grande storico del pensieromedievale, docente a Lovanio, ha cor-rettamente messo in rilevo che «per Fa-bro san Tommaso unifica in una sintesisuperiore il platonismo e l’aristotelismomediante una trasposizione originaledella dottrina della partecipazione.

Portata sul piano della causalitàmetafisica, la partecipazione platonicasi traduce, nel Doctor communis, nellacomposizione reale di esse ed essentianel finito, e con la dipendenza totaledel finito sotto l’influsso creatore del-l’Essere infinito; la composizione di esseed essentia provoca, a sua volta, un am-pliamento delle nozioni aristotelichedi atto e potenza, chiamate ormai aesplicare un ruolo nuovo nella strut-tura ontologica del composto finito.

Il tomismo appare in fin dei conticome un ringiovanimento e un appro-fondimento originale del pensierogreco. Rispetto alle sue fonti principaliil Fabro pensa che si tratti di un plato-nismo specificato dall’aristotelismo, piùancora che un aristotelismo specificatodal platonismo».10

Le idee della «partecipazione on-tologica» e della «causalità divina»conducono Fabro ad accettare quellache lo studioso di filosofia medievaleÉtienne Gilson definiva come «metafi-sica dell’Esodo»: in san Tommaso, se-condo Gilson e Fabro, la ragione filo-sofica (il logon didonai) sarebbe ingrado di argomentare per se ipsam icontenuti che il libro dell’Esodo pro-pone come dati rivelati, ovvero la na-tura di Dio come essere supremo ecreatore.11

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intellettuale di comprensione dell’es-sere e delle sue strutture. Fabro sottoli-nea che Heidegger è nel giusto quandosostiene che il pensiero moderno (daCartesio a Hegel) è stato invece un ge-nerale «oblio dell’essere»: andando allaricerca delle condizioni di possibilitàconoscitive dell’essere (le kantiane Be-dingungen der Möglichkeit des Seins) ifilosofi moderni sono caduti in unvuoto trascendentalismo che comportainevitabili derive scettiche, poiché in-capace di giungere alla conoscenzadelle cose in sé stesse.

Si comprendono, quindi, i profondimotivi speculativi che hanno reso Fa-bro tanto ostile nei confronti di tutti ivari tentativi di conciliare in una sintesisuperiore la «metafisica dell’essere»con la «metafisica della mente», il pen-siero classico (fondato sull’essere extra-soggettivo) con le moderne filosofie delcogito, di matrice cartesiana e kantiana:si pensi, ad esempio, al pensiero di Ro-smini, al «tomismo trascendentale» diJoseph Maréchal e della scuola di Lo-vanio, o più di recente all’antropologiatrascendentale proposta da Karl Rah-ner. Secondo Fabro, come sottolineacon efficacia Giuseppe Pirola, «l’asso-lutizzazione della soggettività [tipicadei filosofi moderni e dei loro epigoni]è la premessa dell’ateismo filosofico,per la semplice ragione che, se l’essereè immanente alla coscienza pensante,anche Dio non può che risultare eglistesso un prodotto della coscienzaumana, conclusione tratta da Marxstesso».15

Un ulteriore elemento del pensieromoderno duramente criticato da Fa-bro è la perdita della concezione diDio come persona: in Spinoza, come ènoto, Dio viene identificato con la so-stanza (Deus sive natura) e perde diconseguenza le sue caratteristiche piùpregnanti (ovvero la personalità e latrascendenza). In maniera simile av-viene anche nell’idealismo trascenden-tale di J.G. Fichte e soprattutto nel pan-logismo hegeliano in cui Dio diviene lospirito (Geist) immanente nella storiadel mondo: con il suo concetto di spi-rito e di assoluto (das Absolute) «Hegel– sottolinea il Nostro – non arriva aDio che è la soggettività in senso asso-luto» e, di conseguenza, non arrivaneppure a concepire «il singolo nel suo

senza dell’essere, (…) in modo chel’atto e le strutture dell’essere “si risol-vono” nell’atto e nelle strutture di co-scienza.

Alla metafisica dell’essere è suben-trata la metafisica della mente, la qualeè fatta partire direttamente da se stessaossia “muove da se stessa”, è tolto cosìalla radice il legame fondante imme-diato con l’essere e mediato con Dio ed’ora in poi la coscienza si definiscenon più per rapporto all’essere ma perrapporto al “fenomeno” di essere dicui essa coscienza è la verità risol-vente».14

La conseguenza drammatica dellefilosofie moderne incentrate sul cogitoè, quindi, il nichilismo conoscitivo, unradicale scetticismo nei confronti del-l’oggettività dell’essere: le filosofie mo-derne – come sottolinea efficacementeanche Gustavo Bontadini – sono abimis fundamentis forme di «gnoseolo-gismo» (cioè di primato assoluto delpensiero sull’essere) che hanno in sé ipresupposti o dell’idealismo assoluto(si pensi ad Hegel) o del fenomenismo,facilmente degenerante nello scettici-smo e nel nichilismo.

A parere di Fabro il razionalismomoderno è stato un graduale processodi «immanentizzazione» del reale cheha avuto il suo inizio in Cartesio e lasua più compiuta espressione nelle fi-losofie di Hegel e di Giovanni Gentile.Nella cultura italiana l’attualismo gen-tiliano rappresenta la più radicale con-seguenza del soggettivismo moderno edell’immanentismo: in Gentile l’Io tra-scendentale è un’autóctisi, è un’auto-creazione dai caratteri quasi divini.Notiamo che nelle indagini di Fabrosulla filosofia moderna si avverte note-volmente l’influsso esercitato dalla sto-riografia gentiliana, molto seguita nellacultura italiana del primo Novecento:anche per Gentile nella modernità fi-losofica (da Cartesio a Hegel) ha gra-dualmente prevalso il «metodo del-l’immanenza», il quale pone «laconcretezza assoluta del reale nell’attodel pensiero».

Nel pensiero classico greco e inquello medievale l’incipit del discorsofilosofico è la meraviglia innanzi al-l’essere e la filosofia si qualifica comeuna «gigantomachia peri tes ousias»(PLATONE, Sofista, 246 a), come sforzo

rapporto a Dio».16 Nello svolgimentodel processo dialettico Hegel concepi-sce l’assoluto come un’astratta «uni-versalità» (Allgemeinheit) dal caratteretotalmente «impersonale».

Fabro nell’Introduzione all’ateismomoderno valuta allora molto positiva-mente le prospettive di J.K. Lavater, diJ.G. Hamann e di F.H. Jacobi, che scor-gendo i pericoli immanentistici de-l’idealismo post-kantiano tentano di ri-proporre delle filosofie dal carattererealistico e che salvaguardano una con-cezione di Dio cristiana e personali-stica. Ecco alcune parole emblematichedi Johann Kaspar Lavater – citate ecommentate da Fabro – che mettonoin rilievo i pericoli dell’idealismo tra-scen dentale in ambito religioso: «UnDio che non può dire: io sono; un Diosenza personalità, senza esistenza, chenon crea e non dà nulla, fin quando èvero che vive un Dio che è spirito, unaluce senza tenebre e l’amore di unapienezza suprema, non è Dio. Mettersia giocare con la cosa più sacra con pa-role magiche prive di senso è il giocopiù sacrilego».17

Come noteremo tra breve, è inKierkegaard che Fabro trova la più va-lida e argomentata antitesi alla propo-sta teoretica degli idealisti e in parti-colare di Hegel, che ha «giocato alcristianesimo» tentando di razionaliz-zare in un sistema le verità di fede e ledeterminazioni stesse dell’esistenza.

«Ripart ire da Kierkegaard»:i fondamenti ontologic i del la l ibertàFin dagli anni Quaranta Fabro in-

staura un pensoso confronto con le cor-renti esistenzialistiche a lui contempo-ranee: tali indagini prolungano eapprofondiscono la sua diagnosi cri-tica sugli esiti del pensiero moderno. Inquegli stessi anni Nicola Abbagnanorivendicava un «esistenzialismo tipica-mente italiano», superiore a quellofrancese (di Sartre e Merleau-Ponty) ea quello tedesco (di Jaspers e Heideg-ger), poiché interpretava l’essere del-l’esistenza sulla scorta dell’attualismogentiliano: Abbagnano arrivava,quindi, a espungere dall’autentico esi-stenzialismo anche la corrente cristianafrancese (rappresentata da Marcel, La-velle e Le Senne), considerandola uno

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radice o le radici del suo polimorfismo,del suo alzarsi ed abbassarsi… nei varisecoli. E come la metafisica di Tom-maso [lo] ha liberato per sempre daiformalismi e dalle vuotaggini delle con-troversie scolastiche, così l’esistenziali-smo cristiano di Kierkegaard [lo] ha li-berato dal complesso di inferioritàverso il pensiero o, più esattamente,verso la baraonda dei sistemi a gettocontinuo della filosofia moderna e con-temporanea, rivelando[gli] il loro sot-tofondo antiumano e anticristiano».20

In particolare Fabro apprezza delpensiero di Kierkegaard il suo essereasistematico, realista e teologico a untempo. Il filosofo danese fu asistema-tico poiché era giustamente convintoche ogni classificazione del reale in unsistema fosse in funzione di una qual-che ideologia. Fabro inoltre mettemolto in evidenza il realismo della pro-spettiva gnoseologica di Kierkegaard:non solo per il fatto che egli entra inaperta polemica con il principio d’im-manenza (presente in Cartesio, Spi-noza, Kant e gli idealisti) ma per il suoesplicito richiamarsi al realismo clas-sico; a tal proposito Fabro cita spessouna dichiarazione di Kierkegaard chetorna non di rado nelle sue opere: «Iosono stato educato al pensiero deigreci».21

Un ulteriore e fondamentale ele-mento sul quale Fabro si sofferma èl’Io teologico, quel modello di sogget-tività in grado di fare il «salto nellafede», un salto che è oltre ma non con-tro la ragione. L’Io teologico indicaquindi il rapportarsi del finito innanziall’infinito: si tratta di un rapporto per-sonale tra la creatura e il Creatore, il«Dio di Abramo, di Isacco e di Gia-cobbe».

È sulla base di tale rapporto che lalibertà dell’uomo diviene una libertà re-sponsabile, una libertà che diviene co-sciente di un ordine di valori incarnatinella stessa gerarchia dell’essere. Se nelmondo moderno la libertà è stata spessoteorizzata come individualismo, spon-taneismo e arbitrium indifferentiae (sipensi ad esempio ai libertini francesidel Seicento), con Kierkegaard la libertàtorna a essere radicata in un ordine on-tologico che ha al suo vertice il «bene insé»: Dio che è caritas, amore oblativo.Nel filosofo danese la libertà umana

spiritualismo evanescente e intimistico,privo di rilievo speculativo.

Fabro si oppose radicalmente a taleprospettiva di Abbagnano e fin dai suoiprimi scritti rivendicò una matrice pro-priamente religiosa, cristiana e antii-dealistica dell’esistenzialismo, il cui ca-postipite fu rinvenuto nel danese SørenKierkegaard. Per Fabro l’autentico esi-stenzialismo non poteva essere quello«italo-gentiliano» che escludeva in ma-niera pregiudiziale dalla considera-zione filosofica i temi del peccato, dellafinitudine umana e della fede come sal-vezza dal nichilismo.18 Si comprende,quindi, come per Fabro fu fondamen-tale l’incontro con il pensiero di Kier-kegaard: in esso rinvenne un para-digma di critica alla modernità, unmodello antihegeliano di filosofia e unaprospettiva sulla libertà in grado di co-niugarsi sia con il realismo gnoseolo-gico classico sia con la «metafisica dellapartecipazione».

Nel filosofo danese, per dirla conJean Wahl, egli trovò «il salto oppostoalla mediazione dialettica, il paradossoopposto alla sintesi, l’eterogeneietà op-posta all’omogeneità, la trascendenzaopposta all’immanenza». A Fabro par-ve di trovare nella grande Postilla alleBriciole di filosofia «l’unico scritto mo-derno in grado di tener testa – perchéne contesta i fondamenti – alla Scienzadella logica di Hegel».19 Di Kierkegaardil nostro condivideva la critica radica-le al principio d’immanenza, caratteri-stico del pensiero moderno, e la sua ri-cerca di un’autentica filosofia della li-bertà. Ecco allora che il giovane Fabrodecise di dedicarsi alla traduzione daldanese delle opere del filosofo, cercan-do di mettere in rilievo anche la lonta-nanza dell’autentico pensiero di Kier-kegaard dall’appropriazione che neaveva fatto Karl Barth.

Nel 1940 il prof. Giuseppe Gabetti,direttore dell’Istituto germanico diVilla Sciarra, gli mise a disposizionel’edizione originale delle Opere e deiPapirer ed egli iniziò un alacre lavoro distudio e traduzione. Fabro sottolineache il suo «incontro con Kierkegaard èstato decisivo, non meno di quello consan Tommaso, Kant, Hegel, Marx…sia per afferrare l’unità sotterranea delpensiero filosofico nelle varie epoche dicultura, sia per cercare dall’interno la

non è più rinchiusa nel cerchio incan-tato della coscienza o nel pensiero lo-gico-dialettico (come avveniva in He-gel): in Kierkegaard il momento dellascelta è un qualcosa di drammatico eparadossale che impegna tutta l’esi-stenza e che pone l’uomo (libertà finita)in rapporto diretto con Dio (libertà in-finita).22 Si comprende allora come inFabro – a partire dalle sue riflessioni suKierkegaard – «l’ultima fondazione(causale) e l’ultima ragion d’essere (fi-nale) della libertà umana è riconosciutanel rapporto personale che sussiste tral’uomo e Dio».23

I l confronto con Del NoceLe riflessioni sulla modernità con-

dotte da Fabro hanno trovato notevoleaccoglienza tra gli studiosi ma, allostesso tempo, hanno suscitato ancheprofonde critiche, che ora cercheremobrevemente di esaminare. Oggetto dicontestazione e di dichiarati rifiuti èstata «l’idea di fondo sulla quale si ba-serebbe l’intero suo progetto filosofico– idea consistente nella pretesa di giu-dicare (e condannare) tutta la filosofiamoderna alla luce del concetto tomi-stico dell’actus essendi».24

Effettivamente ci pare che l’intui-zione originale dell’esse tomistico stiasempre sullo sfondo anche delle suediagnosi storiografiche sulla filosofiamoderna: si tratta di un’intuizione chetalvolta genera radicali rifiuti comequelli espressi da Fabro nei confrontisia del pensiero moderno tout court (daCartesio a Hegel) sia di tutti coloro chehanno cercato di stabilire un dialogofecondo con la modernità, pur inten-dendo rimanere fedeli a un «tomismoessenziale».

Questo è il caso di Rosmini, di Ma-réchal, di Karl Rahner e del gesuita te-desco Johannes Baptist Lotz, che hacercato di coniugare la prospettiva tra-scendentale kantiana con la gnoseolo-gia tomista: quest’ultimo ha sottoli-neato che la teoria kantiana delgiudizio – accentuando il valore di re-ferenza della copula – può essere in-terpretata come una fondamentale in-tenzionalità ontologica.

Pietro Prini, pur in un generale ap-prezzamento del pensiero fabriano,non esita a mettere in luce che l’esi-genza – in sé legittima e positiva – di

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dagli scritti di Fabro: nello stesso Car-tesio, iniziatore del pensiero moderno,egli individua delle virtualità positiveche vanno correttamente messe in ri-lievo e che hanno dato origine a quellalinea di pensiero tipicamente modernadefinita come «ontologismo». DelNoce individua quindi nell’«età che sisuol chiamare moderna, il delinearsi didue irreducibili direzioni di pensiero,l’una da Cartesio a Nietzsche, l’altra daCartesio a Rosmini, destinata questaseconda a raggiungere e ad affinare ilpensiero metafisico tradizionale».27

In Del Noce la modernità ha unaduplice direzione che trova la sua ge-nesi nel pensiero cartesiano: la prima èquella da «Cartesio a Hegel e Nietz-sche», ovvero la via dell’immanenti-smo già individuata e analizzata da Fa-bro, la seconda è quella da «Cartesio aRosmini», che termina con il recuperodell’ontologia classica e dell’antropo-logia cristiana. Differentemente da Fa-bro, Del Noce mette ampiamente in ri-lievo che il vero avversario di Cartesiofu il pensiero libertino, il libertinageérudi che si dimostra scettico nei con-fronti di ogni verità prima e fondante eche esprime una concezione dell’uomonaturalistica ed edonistica.

Con Cartesio si originano, quindi,due percorsi speculativi che scorronoparalleli per tutto il corso della mo-dernità: il razionalismo con i suoi esitidi idealismo assoluto e di immanenti-smo (Hegel) e l’ontologismo, cioè

giustificare una prospettiva filosoficafondativa abbia come risultato anchequello di condurre a degli ingiustifi-cati eccessi di critica: «Fabro – asseri-sce Prini – fa dell’esperienza [tomi-stica] dell’essere il criterio didiscriminazione tra la filosofia vera e lafilosofia falsa, quasi che ci possano es-sere filosofie che in un modo o nell’al-tro non conoscano e non pensino».25

Augusto Del Noce si è dimostratomolto vicino alla sensibilità con laquale Fabro si è accostato al pensieromoderno, trovando notevoli affinità esomiglianze con le sue indagini sullagenealogia dell’ateismo. Riferendosi al-l’Introduzione all’ateismo moderno egliaffermò: «È con vera gioia che vi hotrovato una quasi identità di vedutecon queste esposte in questo libro [Ilproblema dell’ateismo], tanto più degnadi essere presa in considerazione per-ché il linguaggio è differente. Devo li-mitarmi qui a sottolineare alcuni tra imolti punti di accordo (…). Quantoalla sua tesi sul principio di immanenzacome “passo essenziale” per la costitu-zione dell’ateismo, essa coincide per-fettamente col concetto che io pro-pongo del razionalismo. Pure perfettoaccordo su quel che egli dice sul tenta-tivo di salvezza della religiosità nel-l’ateismo marxista».26

Tuttavia secondo Del Noce la mo-dernità non è solo un processo che hain sé i germi dell’ateismo contempora-neo, come parrebbe invece emergere

quella linea di pensiero che correg-gendo l’idealismo definisce l’uomocome imago Dei, come partecipazioneall’essere in un orizzonte di mistero.Ci pare, inoltre, che una delle diffe-renze fondamentali tra le indagini diFabro e quelle di Del Noce sia da ri-cercare nella sensibilità per il problemadella storia: mentre il pensiero di Fabroha una formulazione più sistematicaed è attento a delineare i caratteri diuna philosophia perennis radicata nel-l’essere, quello di Del Noce ha comeesplicita finalità un’«interpretazionetranspolitica [cioè concettuale] dellastoria contemporanea» e dei suoidrammi (i totalitarismi politici e l’at-tuale «società opulenta» e nichilista).

Del Noce sostiene che nel mondomoderno la grande lacuna cartesianadel problema della storia fu subito cor-rettamente evidenziata e colmata daGiambattista Vico, il quale ha avuto ilmerito di introdurre una filosofia dellastoria non rigorosamente circoscritta«entro la curva dei giorni» (ovvero nel-l’immanenza) ma aperta a considera-zioni di ordine trascendente e metafi-sico: basti pensare ai concetti vichianidi provvidenza e di «eterogenesi deifini». È con Vico che si inizia quindi adelineare chiaramente quella che DelNoce individua come l’«altra moder-nità», quella caratterizzata dall’onto-logismo: si tratta di una difesa dellametafisica che, pur non dimenticandola dimensione storica dello spirito

L ibri del mese

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1 Nel 2011 si è celebrato il centenario dellanascita di p. Cornelio Fabro, uno dei più validi eoriginali esponenti del tomismo italiano, nonchétraduttore delle opere di Søren Kierkegaard, il fi-losofo danese «padre dell’esistenzialismo». Perl’occasione si sono tenuti in Italia e all’estero nu-merosi convegni e incontri di studio. In partico-lare ricordiamo il Congresso internazionale chesi è tenuto dal 7 al 9 ottobre 2011 a Roma pressoil Palazzo della Cancelleria: vi hanno preso partealcuni dei rappresentanti più significativi dellacultura cattolica. Tra questi: mons. Marcelo Sán-chez Sorondo (cancelliere della Pontificia acca-demia delle scienze), mons. Lluis Clavell (presi-dente della Pontificia accademia san Tommaso)e Charles Morerod, rettore dell’Università An-gelicum di recente nominato vescovo di Losanna,Ginevra e Friborgo. Nel 2011 è stato notevol-mente incentivato anche il progetto di pubblica-zione delle opere complete di Fabro, un grandelavoro svolto sotto il patrocinio del Consiglio na-zionale delle ricerche (CNR). Nel marzo 2004 èuscito il primo volume delle Opere presso la casaeditrice di Roma Edivi: si tratta dell’inedito Laprima riforma della dialettica hegeliana. Attual-

mente sono stati stampati 14 volumi: il catalogone prevede oltre un centinaio (volumi editi dal-l’autore ormai fuori commercio, inediti, appuntidi lezioni, omelie, epistolario). I lavori dell’Operaomnia vengono sapientemente guidati da p. ElvioCelestino Fontana. Nell’aprile 2007 è stata an-nunciata anche la pubblicazione delle Obras se-lectas de Cornelio Fabro: si sta quindi procedendoalla traduzione delle opere fabriane sia in spa-gnolo sia in inglese.

2 Cf. C. FABRO, L’alienazione dell’Occidente.Osservazioni sul pensiero di E. Severino, Quadri-vium, Genova 1981.

3 Cf. G. MATIUSSI, Le XXIV tesi della filoso-fia di S. Tommaso, Pontificia università Grego-riana, Roma 1917, 1925.

4 C. FABRO, «La problematica dell’esse to-mistico», in ID., Tomismo e pensiero moderno, Pon-tificia università lateranense, Roma 1969, 103-134, qui 103.

5 C. FABRO, Appunti di un itinerario. Ver-sione integrale delle tre stesure con parti inedite, acura di R. Goglia ed E. Fontana, Edivi, Roma2011, 34.

6 Si tratta del domenicano Tommaso Maria

Zigliara, al quale, com’è noto, papa Leone XIIIaffidò la direzione dell’edizione romana (dettaleo nina) delle opere di san Tommaso. Il manualeal quale Fabro si riferisce è la Summa philosophi -ca in usum scholarum edita nel 1876.

7 FABRO, Appunti di un itinerario, 34.8 Si vedano PLATONE, Fedro 83a; Parmenide

131a; Repubblica 402c.9 A tal proposito cf. TOMMASO D’AQUINO,

Summa Theologiae, I, q. 13, a. 11.10 F. VAN STEENBERGHEN, Siger de Brabant

d’après ses oeuvres inédites, Éditions de l’InstitutSupérieur de Philosophie, Louvain 1942, vol. II,481ss.

11 Quando Mosè sul monte Oreb chiese a Dioil suo nome, egli rispose «Io sono colui che sono»(in latino: Ego sum qui sum; in ebraico: EhjéhAschér Ehjéh, letteralmente: «Sarò colui che sarò»(Esodo 3,14). Étienne Gilson sviluppa l’interpre-tazione del pensiero tommasiano come «metafi-sica dell’Esodo» soprattutto nella IV edizione deLe Thomisme (Vrin, Paris 1965).

12 FABRO, Appunti di un itinerario, 79.13 C. FABRO, Introduzione all’ateismo mo-

derno, Studium, Roma 1969.

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Un’ulteriore linea di pensiero mo-derno alla quale Fabro si è dimostratopoco sensibile è stata quella kantianabasata sui limiti gnoseologici del tra-scendentale, mirante a riproporreun’apologetica cristiana fondata sul«primato del pratico». Nelle sue inda-gini Fabro concorda con la prospettivadi Otto Willmann che parla di un«ateismo kantiano (ein kantischer Athei-smus)» e che considera «i postulatidella ragion pratica, dopo le demoli-zioni della ragione pura, (…) [comemere] “funzioni” utili solo per i menoprogrediti».30

In realtà ci pare che la teoria kan-tiana dei limiti (Grenzen) della cono-scenza umana costituisca una sorta dimoderno praeambulum fidei fondatosulle esigenze della morale e dell’esi-stenza umana: dopo aver evidenziandoi limiti della conoscenza, nella Criticadella ragion pratica Kant si è subitopreoccupato di creare nuovi spazi di le-gittimità per la metafisica e soprattuttoper i presupposti della fede religiosa(l’esistenza di Dio, l’immortalità del-l’anima e la libertà del volere). Questoè stato ben sottolineato anche dai cat-tolici tedeschi contemporanei di Kantcome il benedettino Matern Reuß: perquest’ultimo grazie al filosofo di Kö-nigsberg «vanno in un sol colpo in ro-vina il materialismo, l’ateismo, il dei-smo, il fatalismo, lo scetticismouniversale e ogni dogmatismo»: «ri-sulta dunque chiaro» – continua Reuß

umano, tenta di ampliare e correggereil razionalismo e il successivo ideali-smo trascendentale. Il filosofo è chiaronell’affermale che «l’ontologismo de-v’essere situato, nella storia del pen-siero cristiano, come uno di quegliaspetti essenziali di quella rottura se-centesca dell’agostinismo, che coincide(o meglio ne è la controparte) con l’ini-zio della filosofia moderna».28

Elementi di cr it ic itàCi pare che ulteriori elementi di

critica alla prospettiva storiografica diFabro vadano rintracciati nella man-cata considerazione di alcuni fonda-mentali contenuti speculativi chesmentiscono la concezione di una mo-dernità filosofica quale graduale «pro-cesso di immanentizzazione del reale»:ci riferiamo, in particolare, all’idea diDio in Cartesio e alla teoria kantianadei limiti del trascendentale. L’idea Dei,introdotta dal filosofo francese nellaterza delle Meditazioni metafisiche, sipone come principio stesso del cogito,forando l’immanenza della coscienza.

Nella prospettiva cartesiana l’ideadi Dio è l’idea di infinito e di perfectioche trascende il cogito stesso, indican-dogli il suo vero fondamento «in altroda sé»: cogitor a Deo, ergo sum. Come haben sottolineato anche lo studioso tede-sco Reinhard Lauth, l’idea Dei divienein Cartesio «il principio primo del si-stema» (das höchste Prinzip) che fonda ilcogito nella trascendenza divina.29

– «che religione e morale ricevonogrossi vantaggi dalla filosofia kantiana,e che a questa non si possono addebi-tare dei torti».31 Fabro ci pare ancoratroppo legato all’immagine di un Kant«Robespierre della teologia» e alle du-rissime critiche mosse al pensiero kan-tiano da Guido Matiussi (Il veleno kan-tiano, Roma 1907).

Tra i grandi meriti ascrivibili aglistudi di Fabro vi sono senz’altro il recu-pero della nozione tomistica di esse utactus, la denuncia dei possibili esiti ateidell’umanesimo moderno (si pensi a Fe-uerbach) e soprattutto la valorizzazionedel pensiero di Kierkegaard come «me-tafisica della libertà». Di certo condivi-diamo il giudizio di Giuseppe MarioPizzuti, secondo il quale «l’ermeneu-tica che Fabro instaura del pensiero mo-derno è molto complessa e tutt’altro chesemplificatrice»; egli sottolinea che inFabro «la metafisica dell’esse ut actus sipone non soltanto come posizione teo-retica alternativa rispetto al pensieromoderno, ma come posizione capacedi recepire e di soddisfare realmente leistanze speculative e spirituali cui il co-minciamento immanentista del pensieromoderno vorrebbe soddisfare: un ruolo,questo, che Fabro ha attribuito (…) an-che al pensiero di Kierkegaard e che anostro avviso costituisce il punto ne-vralgico, il più delicato dell’opera delnostro filosofo».32

Tommaso Valentini*

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14 Ivi.15 G. PIROLA, «Cornelio Fabro, critico della

filosofia moderna», in La Civiltà cattolicaIV(2009), 17-29, qui 27.

16 C. FABRO, Introduzione a G.W.F. HEGEL,La dialettica. Antologia sistematica, a cura di C.Fabro, La Scuola, Brescia 1960, p. c.

17 Lettera di J.K. LAVATER a K.L. REINHOLD(sugli esiti della filosofia idealistica) riportata in H.MAIER, An der Grenze der Philosophie, Mohr, Tü-bingen 1909, 260; il passo citato viene tradottodall’autore in FABRO, Introduzione all’ateismo mo-derno, 668.

18 Cf. C. FABRO, «Rassegna dell’esistenziali-smo italiano», in Divus Thomas (1943) 5-6, 431-440; ID., Problemi dell’esistenzialismo, Ave, Roma1945. Cf. anche E.C. FONTANA, Fabro e l’esisten-zialismo, Edivi, Roma 2010.

19 FABRO, Appunti di un itinerario, 83.20 Ivi, 85.21 Tuttavia Fabro ha più volte riconosciuto

di aver talvolta esagerato nel porre in rilievo le af-finità tra Kierkegaard e il realismo classico: siveda G. BURGHI, «Conversazione con CornelioFabro», in Aquinas (1996) 3, 465.

22 A tal riguardo si veda in particolare C. FA-BRO, La fondazione metafisica della libertà discelta in Soeren Kierkegaard, in ID., Riflessionisulla libertà, Maggioli Editore, Rimini 1983, 201-230.

23 A. ACERBI, La libertà in Cornelio Fabro,Edusc, Roma 2005, 243.

24 G. REALE - D. ANTISERI, Cornelio Fabro, inID. Storia della filosofia, vol. 13, Filosofi italianidel Novecento, Bompiani, Milano 2008, 754-769,qui 769.

25 P. PRINI, Il contrassegno del neotomismoitaliano, in ID., La filosofia cattolica italiana delNovecento, Laterza, Roma-Bari 1996, 39-61, qui60.

26 A. DEL NOCE, Il problema dell’ateismo, IlMulino, Bologna 1964, 15-16 [nel 2010 il vo-lume è stato riedito con una Postfazione di Mas-simo Cacciari].

27 A. DEL NOCE, L’idea di modernità, [testoedito per la prima volta nel 1982], in ID., Moder-nità. Interpretazione transpolitica della storia con-temporanea, a cura di G. Riconda, Morcelliana,Brescia 2007, 33-58, qui 37.

28 A. DEL NOCE, Da Cartesio a Rosmini, a

cura di F. Mercadante e B. Casadei, Giuffrè, Mi-lano 1991, 491.

29 Cfr. R. LAUTH, Descartes’ Konzeption desSystems der Philosophie, Frommann-Holzboog,Stuttgart-Bad Cannstatt 1998; tr. it. di M. Ivaldo,Descartes. La concezione del sistema della filosofia,Guerini, Milano 2000.

30 FABRO, Introduzione all’ateismo moderno,cit., 668.

31 M. REUSS, Soll man auf katholischenUniversitäten Kants Philosophie erklären?, F.X.Rienner, Würzburg 1789; la traduzione delpasso citato si trova in G. REALE - D. ANTISERI,Filosofi cattolici tedeschi al seguito di Kant, in ID.,Storia della filosofia, vol. 10, 567-574, qui 570.

32 G.M. PIZZUTI, «Un filosofo “inattuale”»,in G.M. PIZZUTI (a cura di), «Veritatem in cari-tate». Studi in onore di C. Fabro, Ermes, Potenza1991, 12.

* Ricercatore di Filosofia politica e docenteincaricato di Storia della filosofia presso l’Uni-versità degli studi Guglielmo Marconi (Roma); se-gretario di redazione di Acta philosophica. Rivi-sta internazionale di filosofia.