San Simeone il Nuovo Teologo: Lettera 1, Sulla Confessione

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SAN SIMEONE IL NUOVO TEOLOGO PRIMA LETTERA: SULLA CONFESSIONE a cura di Pietro Chiaranz Venezia 2016 ~ 3 ~

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SAN SIMEONE IL NUOVO TEOLOGO

PRIMA LETTERA:

SULLA CONFESSIONE

a cura di Pietro Chiaranz

Venezia 2016

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San Simeone il Nuovo Teologo in una iconografia contemporanea.

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INTRODUZIONE

Biografia

bbiamo due fonti che ci forniscono gli elementi biografici della vita di san Simeone il Nuovo Teologo: i suoi scritti

e la descrizione che ne fa il suo discepolo Niceta Stethatos. Si­meone nasce nel 949 a Galata di Paflagonia in una famiglia piuttosto benestante della piccola nobiltà provinciale. Battezza­to con il nome di Giorgio, viene ospitato da uno zio, funziona­rio imperiale, per compiere a Costantinopoli gli studi. Morendo lo zio, cerca di entrare, quattordicenne, nel monastero di Stu­dìon ma non ne viene accolto a causa della minore età. Nel frat­tempo, conosce un monaco che diviene suo padre spirituale, Si­meone il Pio, detto pure Simeone lo Studita.

A

Rimane nel mondo fino al 977, tentando d’intraprendere la carriera politica dopodiché, sistemata la sua situazione familia­re, viene ammesso nel monastero studita. Qui, assume il nome religioso di Simeone ricevendo l’abito monastico. Un anno più tardi, entra nel monastero di San Mammàs, situato presso la porta costantinopolitana di Xilokerkos. Nel 980 Simeone viene ordinato prete e, alla morte dell’igumeno Antonio, viene desi­gnato igumeno dello stesso monastero dal patriarca Nicola.

Il padre spirituale Simeone il Pio esercitò una forte influenza su Simeone, insegnandogli il gusto dell’esperienza personale di

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Dio. Tale influenza ebbe come frutto la purificazione della vita del discepolo e l’approfondimento della sua vita spirituale fino a giungere ad una comunione ricca, luminosa e personale con Cristo. I suoi scritti nascono dall’esperienza di Dio come luce divina, da cui l’appellativo che gli verrà attribuito di “nuovo teologo”.

Nel mezzo di un’intensa attività di rinnovamento del pro­prio monastero, Simeone scrive le Catechesi indirizzate ai pro­pri monaci. La sua enorme convinzione e la sua notevole ener­gia non gli attirarono solo ammirazione: dovette difendersi da una rivolta di trenta monaci, poi inviati in esilio dal patriarca Sisinnio. Qualche anno più tardi, deve difendersi davanti ad un processo stabilitogli dal metropolita Stefano di Nicomedia poiché, secondo il suo accusatore, Simeone nutriva un’eccessi­va venerazione per il proprio padre spirituale defunto. Effetti­vamente, Simeone aveva istituito nel proprio monastero un’ “ufficiatura liturgica” al proprio padre spirituale, seguendo una pratica allora corrente.

A causa di tale processo e con l’accordo del patriarca Sergio, Simeone dovette dimettersi dal suo incarico d’igumeno nel 1005. Nel 1009 il santo fu condannato all’esilio. Sbarcato con qualche discepolo a Chrysopolis, sulla riva asiatica del Bosforo, pose la sua residenza a Paloykiton, presso la cappella di santa Marina. Qui, pare che scrisse solo degli inni per poi morire nel 1022. Fu canonizzato mezzo secolo dopo la morte.

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La teologia di san Simeone

Il punto di partenza della teologia di Simeone è la paternità spirituale, su diretta ispirazione dello Spirito santo, tema, que­sto, che non mancò di stupire chi, allora, aveva una visione piuttosto istituzionale del Cristianesimo e d’impensierire quelle autorità religiose particolarmente gelose delle loro prerogative. La paternità spirituale è contro ogni autoritarismo ecclesiastico e si affida totalmente alla libertà di scelta, alla confidenza e al reciproco amore che lega il padre spirituale ai propri figli nello Spirito santo.

Osservando ciò, la critica è propensa a inquadrare san Si­meone nell’ambito di quegli autori monastici in polemica con il mondo clericale. San Simeone, secondo alcuni, sarebbe il rap­presentante di una Chiesa tipicamente monastica e avrebbe for­giato una visione particolare all’interno della tradizione cri­stiana. Simile giudizio è stato proferito per un altro autore mo­nastico vissuto nel XIV secolo bizantino, san Gregorio Pala­mas. In quest’ultimo caso è stato coniato il termine di “palami­smo” per qualificare idee singolari di Gregorio che, qualcuno dice, non sarebbero state condivise dalla Grande Chiesa (di Co­stantinopoli). Chi crea queste definizioni si appoggia su argo­menti solo in parte condivisibili perché, in realtà, autori mona­stici come san Simeone il Nuovo Teologo, pur avendo aspetti loro peculiari, vogliono trasmettere la tradizione della Chiesa nel senso più profondo senza deviare dal suo cammino, pur con i limiti propri all’autore di ogni epoca. Se ne trae che il mona­chesimo antico non ha nulla di suo ma condivide quanto, nella

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Chiesa, è vero e autentico. Parlando di tali autori, dunque, non è corretto parlare di una “teologia monastica”, quasi per volerli isolare dal contesto ecclesiale, ma di una teologia profondamen­te ecclesiale, pur nelle esigenze proprie del monachesimo.

La lettera sulla confessione

La presente, è forse la prima traduzione italiana dell’epistola di san Simeone il Nuovo Teologo sulla Confessione (la prima lettera di un epistolario che ne conta quattro)1.

In questo testo, scritto probabilmente quand’era igumeno, l’autore indica al proprio interlocutore quali siano le condizioni con le quali è possibile fare un’autentica confessione. Abbiamo una risposta eminentemente spirituale nella quale non c’è alcu­na traccia di mentalità legalistica o giuridica. Simeone non contesta il ruolo del sacerdozio nel conferire i sacramenti. Se ne deduce che essi sono “validi” se amministrati in determinate condizioni, per quanto l’autore non ragioni nei termini scola­stici di “validità” sacramentale. Rimane, tuttavia, un altro aspetto: quello della reale efficacia sacramentale. Perché un sa­cramento sia “efficace” (altro termine che san Simeone non utilizza pur sottintendendolo), è necessaria l’ottima disposizio­ne del penitente e pure l’ottima disposizione di colui che l’am­ministra, aspetto quest’ultimo molto interessante e peculiare a

1 Da una rapida ricerca, risulta che neppure in lingua francese esi­ste una traduzione delle Lettere di Simeone. In inglese, al contra­rio, ne esiste una piuttosto recente: H. J. M. TURNER, The Epistles of St Symeon the New Theologian (Oxford Early Christian Texts), Ox­ford University Press, 2009.

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Simeone stesso. Non basta, infatti, fare quanto intende la Chie­sa (come si dirà poi) ma è necessario entrare in un’autentica di­mensione spirituale. La spiritualità (e la moralità che ne deri­va) non è, allora, qualcosa che si giustappone, che si può prati­care o meno, un abbellimento, qualcosa che appartiene ai più bravi, qualcosa con la quale si presume di “comperare” il Para­diso e la compiacenza divina, ma è essenziale almeno quanto lo è l’ortodossia della fede per l’amministrazione efficace del sa­cramento della Confessione e fa con la fede una sola cosa. Fede e prassi fanno una cosa sola al punto che una non può real­mente sussistere senza l’altra. Questa concezione non è isolata a Simeone nella dottrina patristica poiché pure autori come Massimo il Confessore (VII sec.), con il termine “pietà”, inten­dono inscindibilmente sia la dottrina, sia la pia pratica cristia­na. Ed entrambi determinano, poi, l’efficacia sacramentale nel caso della Confessione.

Tutto ciò lo troviamo pure in alcuni antichi testi liturgici.Ecco un esempio di preghiera tratto dalla Liturgia eucaristi­

ca antiochena di san Gregorio il Teologo (V-VI sec.):

Signore, Dio nostro, onnipotente, che conosci l’intelletto degli uomi­ni e scruti i cuori e i reni; tu che hai chiamato me indegno a questa sacra liturgia, non rigettarmi e non allontanare il tuo volto da me e cancellami tutte le iniquità, lavami dalla sozzura del corpo e dall’im­purità dell’anima e santificami interamente affinché, quando ti sup­plico di concedere la remissione degli altrui peccati, ciò non sia senza valore2.

2 Si può comprendere come, nell’Occidente cristiano, questi testi

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Non deve meravigliare, dunque, se, per san Simeone, la mancanza di un’autentica vita cristiana faccia allontanare lo Spirito dal clero mondanizzato il quale viene meno alla sua funzione, ossia non trasmette più lo spirito apostolico. In con­seguenza di ciò, entra nella Chiesa una concezione formalistica e magico-religiosa. È l’ex opere operato, inteso magicamente. C’è da dedurre, con san Simeone, che una Chiesa così, per quanto apparentemente possa parere tradizionale, si è già stac­cata dalle sue radici apostoliche ed è totalmente incapace di convertire il mondo poiché è divenuta mondo nel mondo. San Simeone si riferisce – senza qui esplicitarla – alla cosiddetta si­nergia tra l’umano e il divino: Dio fa sempre la sua parte, ana­logamente alla montagna che produce l’acqua per il fiume, ma se l’uomo (che celebra e che usufruisce della celebrazione sacra­mentale) non ha una conveniente apertura spirituale a Lui, è come il letto ostruito di un fiume; per quanto l’acqua possa esi­stere a monte dell’ostruzione, non potrà mai defluire e aprirà un altro corso lontano dal primo. La regione a valle che si nutre dell’acqua del primo corso d’acqua resterà, dunque, disseccata.

Questo spiega la crisi di alcuni settori del Cristianesimo nel­l’epoca del santo e contribuisce senz’altro a spiegare la crisi at­tuale nella quale si riscontra una forte anemia spirituale. Da

possano in qualche modo parere strani, dal momento che ci si muove, coscientemente o meno, con una forte influenza agosti­niana e Agostino, si sa, era marcatamente antidonatista. Tuttavia, se si osservano seriamente le argomentazioni della tradizione teo­logica e liturgica bizantina qui accennate, non si può non offrire loro un’attenta considerazione e il loro giusto posto nella grande tradizione della Chiesa.

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questo punto di vista, san Simeone non è affatto un santo rele­gato in un passato lontano e diviene assai eloquente anche oggi, al punto che certi passi della sua prima lettera paiono de­scrivere qualche avvenimento della nostra epoca come quelli che potrebbero succedere in una qualsiasi altra che abbia stac­cato il proprio cuore dai fondamenti del Cristianesimo.

Il testo greco di questa lettera è tratto dalla Patrologia graeca (PG) ma, per ragioni di tempo, non è stato perfettamente revi­sionato. La traduzione, in alcuni tratti, segue il senso del testo, piuttosto che essere letterale. Si spera, in un prossimo futuro, di poter riprendere tutte le quattro lettere e farne una traduzio­ne rigorosa. Il presente lavoro è, dunque, provvisorio, per quanto possa già rappresentare un buon punto di partenza.

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PG 95, 283-304 (Lettera attribuita erroneamente a Giovanni Damasceno)

1. Ἐπέταξας τῇ εὐτελείᾳ ἡμῶν, πάτερ καὶ ἀδελφέ, ἐρωτηματι­κῶς εἰπεῖν σοι, “εἰ ἄρα ἐνδέχεται εἰς μονάζοντας τινας ἐξαγγέ­λειν τὰς ἁμαρτίας αὐτῶν ἱερωσύνην μὴ ἔχοντας”, προσθείς καὶ τοῦτο˙ “ἐπειδή ἀκούομεν τὴν τοῦ δεσμεῖν καὶ λύειν ἐξουσίαν τοῖς ἱερεῦσι δίδοσθαι μόνοις”. καὶ ταῦτα μὲν τῆς σῆς φιλοθέου ψυχῆς καὶ τοῦ διαπύρου πόθου καὶ φόβου τὰ ῥήματα καὶ ψυ­χωφελῆ ἐρωτήματα. Ἡμεῖς δὲ ἀπεδεξάμεθά σου μὲν τὴν πρὸς τὰ καλά πρόθεσιν ὅτι ζητεῖς μανθάνειν περὶ θείων καὶ ἱερῶν πραγμάτων, ἡμεῖς δὲ οὐχ οἷοί τε τοιαῦτα διακρίνειν καὶ γρά­φειν ἐσμὲν καὶ διὰ τοῦτο σιωπᾶν ἐβουλόμεθα˙ τὸ γὰρ πενυματι­κοῖς πνευματικά συγκρίνειν τῶν ἀπαθῶν καὶ ἁγίων ἐστίν ἀν­δρῶν, ὧν ἡμεῖς κατὰ πολύ βίῳ καὶ λόγῳ καὶ ἀρεταῖς διεστήκα­μεν.

2. Ἀλλ᾿ ἐπεί “ἐγγύς” ὡς γέγραπται “Κύριος πᾶσι τοῖς ἐπικα­λουμένοις αὐτὸν ἐν ἀληθείᾳ” τοῦτον κἀγώ ὁ ἀνάξιος ἐπικαλε­σάμενος ἐν ἀληθείᾳ ταῦτὰ σοι οὐ δι᾿ ἐμῶν λόγων, ἀλλ᾿ ἐξ αὐ­τῆς τῆς θείας καὶ θεοπνεύστου γραφῆς λέξω, οὐ διδάσκων ἀλ­λὰ τὰς μαρτυρίας περὶ τῶν ἐπερωτηθέντων μοι φέρων ἐξ αὐτῆς σοι, ἵνα ἐξ ἀμφοτέρων τῶν κρημνῶν τῇ τοῦ Θεοῦ χάριτι ἐμαυ­τὸν καὶ τοὺς ἀκούοντὰς μου διατηρήσω, τοῦ τε τοῦ τὸ τάλαν­τον κατακρύψαντος καὶ τοῦ ἀναξίως τὰ θεῖα καὶ κενοδόξως μᾶλλον δὲ ἐσκοτισμένως ἐκτιθέντος δόγματα.

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1. Hai chiesto alla nostra inutilità di dirti, padre e fratello, “se è corretto confessare i nostri peccati ai monaci che non hanno gli ordini sacri”, aggiungendo anche questo: “perché abbiamo sen­tito che il potere di legare o sciogliere è stato dato solo ai sacer­doti”. Queste, poi, sono parole e indagini a beneficio della tua anima amica di Dio e del suo ardente desiderio e timore. Ab­biamo riconosciuto la tua buona disposizione poiché cerchi di conoscere le cose divine e sacre, ma abbiamo voluto rimanere in silenzio perché non siamo all’altezza di alcuni in grado di di­stinguere tra queste cose e scrivere su di loro. Il lavoro di “in­terpretare le cose spirituali alle persone spirituali” (1 Cor 2, 13) appartiene a coloro che sono liberi dalle passioni e sono santi uomini, da cui siamo molto lontani per quanto riguarda la no­stra vita, le parole e le virtù. 2. Tuttavia, sta scritto, “Il Signore è vicino a quelli che lo invo­cano, a quanti lo invocano in verità” (Sl 144, 18). E poiché io, indegno, l’ho domandato a Lui in verità, dirò le seguenti cose, non per mio valore, ma per quello della divina Scrittura divina­mente ispirata. Quindi, piuttosto che insegnare, mi limiterò a portarti la testimonianza della Scrittura, leggendoti le cose che mi sono state richieste. Infatti, con la grazia di Dio, devo custo­dire me stesso come coloro che mi ascoltano da entrambi i pre­cipizi, ossia, dal precipizio di seppellire il talento (Mt 25, 18-24), e dal precipizio d’insegnare le dottrine divine indegnamen­te nella vanagloria, o meglio, nelle tenebre.

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Πόθεν οὖν τὴν ἀρχήν τοῦ λόγου ποιήσωμεν ἤ ἐκ τῆς ἀνάρχου τῶν πάντων ἀρχῆς; Τοῦτο γὰρ ἄμεινον, ἵν᾿ ᾗ καὶ τὰ λεγόμενα βέβαια. Οὐ γὰρ παρ᾿ἀγγέλων ἐκτίσθημεν, οὐδὲ παρά ἀνθρώπων ἐμάθομεν, ἀλλ᾿ ἐκ τῆς ἄνωθεν σοφίας εἴτ᾿ οὖν τῆς διὰ τοῦ πνεύ­ματος χάριτος μυστικῶς ἐδιδάχθημεν καὶ καθ᾿ ὥραν ἀεί διδα­σκόμεθα, ἥντινα καὶ νῦν ἐπικαλεσάμενοι λέξωμεν ὧδε, τὸν τρό­πον πρότερον τῆς ἐξαγορεύσεως καὶ τὴν δύναμιν ἐξειπόντες.

3. Ἐξαγόρευσις τοίνυν οὐδέν ἄλλο ἐστίν ἤ χρεῶν ὁμολογία εἴτ᾿ οὖν ἐπίγνωσις σφαλμάτων καὶ ἀφροσύνης ἰδίας ἤγουν πτωχείας κατάγνωσις˙ καθώς ἐν εὐαγγελίοις παραβολικῶς εἶπεν ὁ Κύριος˙ “δανειστῇ τινι”, φησίν, “ἦσαν δύο χρεωφειλέται καὶ ὁ μὲν εἷς ὤφειλεν αὐτῷ δηνάρια πεντήκοντα, ὁ δὲ ἕτερος πεντακόσια˙ μὴ ἐχόντων οὖν ἀποδοῦναι ἀμφοτέροις ἐχαρίσατο”. Τοιγαροῦν ἅπας πιστός χρεώστης ὑπάρχει τοῦ ἰδίου Δεσπότου καὶ Θεοῦ καὶ ὅ παρ᾿ αὐτοῦ ἔλαβε, τοῦτο δή καὶ ἀπαιτηθῆναι μέλλει ἐπὶ τοῦ φοβεροῦ καὶ φρικτοῦ κριτηρίου αὐτοῦ, ὅτε γυμνοί καὶ τετραχη­λισμένοι ἅπαντες, βασιλεῖς ὁμοῦ καὶ πτωχοί, παριστάμεθα. Τίνα δὲ εἰσι τὰ δοθέντα ἡμῖν παρ᾿ αὐτοῦ ἄκουσον. Πολλά μὲν οὖν ἄλλα ἅ οὐδείς ἀνθρώπων ἰσχύσει ἐναριθμῆσαι, τέως δὲ τὰ κρείτ­τω καὶ τελεώτερα, τὴν ἐκ τῆς καταδίκης ἐλευθερίαν, τὸν ἐκ τοῦ μιασμοῦ ἁγιασμόν, τὴν ἐκ τοῦ σκότους πρὸς τὸ ἀνεκλάλητον αὐτοῦ φῶς πρόοδον, τὸ τέκνα καὶ υἱούς αὐτοῦ καὶ κληρονόμους διὰ τοῦ θείου γενέσθαι βαπτίσματος, τὸ αὐτὸν τὸν Θεόν ἐπενδύ­σασθαι, τὸ μέλη γενέσθαι αὐτοῦ καὶ τὸ ἅγιον Πνεῦμα λαβεῖν ἐνοικοῦν ἐν ἡμῖν, ὅπερ σφραγίς ὑπάρχει βασιλική, ἐν ᾗ τὰ ἴδια πρόβατα σφραγίζει ὁ Κύριος – καὶ τί πολλά λέγω; – τὸ ὁμοίους καὶ ἡμᾶς αὐτοῦ ποιῆσαι καὶ ἀδελφούς καὶ συγκληρονόμους αὐ­τοῦ ἀπεργάσασθαι.

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Pertanto, dove dovremmo cominciare il nostro commento, se non dalla causa, dall’inizio stesso di tutte le cose? Così è meglio, in modo da essere certi di ciò che sarà detto, poiché non siamo stati creati né da angeli né da uomini, ma dalla sapienza dell’al­to, cioè misticamente, dall’impronta dello Spirito santo. E poi­ché siamo sempre stati istruiti, in ogni ora, ed abbiamo invocato la grazia, ora parleremo prima del modo in cui si fa la confessio­ne e poi del suo potere. 3. La confessione non è altro che l’ammissione dei nostri debiti e, di conseguenza, la profonda consapevolezza delle nostre ca­dute, ossia un disprezzo della nostra povertà e stoltezza. Il Si­gnore parlava in parabole nei Vangeli di “... due debitori: l’uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. E quando non avevano nulla con cui ripagare, li perdonò entrambi” (Lc 7, 41-42). Quindi ogni fedele è un debitore davanti al suo Maestro e Dio. Tutto ciò che ognuno ha ricevuto da Lui, lo stesso gli sarà richiesto nel pauroso e terribile tribunale, quando tutti noi, sia re sia poveri, vi compariremo nudi e smascherati. Ascoltate ora cosa e quanto abbiamo ricevuto da Lui. Naturalmente, esistono molte altre cose delle quali nessuno è in grado di farne l’enume­razione. Ma al momento presente, la migliore e più completa è la liberazione dalla condanna, la santificazione dalla lordura, l’a­vanzamento della sua ineffabile luce dalle tenebre, la possibilità di divenire suoi seguaci, figli ed eredi attraverso il divino battesi­mo e di essere vestiti di Dio stesso, per divenire sue membra e ricevere la presenza dello Spirito santo in noi, che è un sigillo reale utilizzato dal Signore per contrassegnare le sue pecore. Ma cosa sto descrivendo con il “tante cose”? Semplicemente questo: che Egli ci rende come se stesso e ci abilita a essere suoi confra­telli e coeredi.

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Ταῦτα πάντα καὶ ἄλλα πλείονα τούτων τοῖς βαπτιζομένοις εὐθύς ἀπὸ τοῦ θείου βαπτίσματος δίδοται, ἅτινα καὶ ὁ θεῖος Ἀπόστο­λος θεῖον πλοῦτον καὶ κλῆρον κατονομάζει.

4. Αἱ δὲ ἐντολαί τοῦ Δεσπότου ὥσπερ τῶν ἀπορρήτων τούτων χαρισμάτων καὶ δωρεῶν ἐδόθησαν φύλακες, οἷα δή ὥσπερ τεῖ­χος πάντοθεν περικυκλοῦσαι τὸν πιστὸν καὶ τὸν ἐναποκείμενον θησαυρόν ἐν τῇ ψυχῇ ἄσυλον διατηροῦσαι καὶ πᾶσιν ἐχθροῖς καὶ κλέπταις ποιοῦσαι ἀνεπιχείρητον. ἀλλὰ γὰρ νομίζομεν φυ­λάττεσθαι παρ᾿ ἡμῶν τὰς ἐντολάς τοῦ φιλανθρώπου Θεοῦ καὶ ἐπὶ τούτῳ ἀχθόμεθα, ἀγνοοῦντες ὅτι μᾶλλον παρ᾿ ἐκείνων ἡμεῖς φυλαττόμεθα˙ Ὁ γὰρ τὰς τοῦ Θεοῦ τηρῶν ἐντολάς οὐκ ἐκείνας ἀλλ᾿ ἑαυτὸν διατηρεῖ καὶ φυλάττει ἀπὸ τῶν ὁρωμένων καὶ ἀοράτων ἐχθρῶν, περὶ ὧν ὡς ἀναριθμήτων ὄντων καὶ φο­βερῶν ὁ Παῦλος ἐδήλωσε λέγων˙ “Οὐκ ἔστιν ἡμῖν ἡ πάλη πρὸς αἷμα καὶ σάρκα ἀλλὰ πρὸς τὰς ἀρχάς, πρὸς τὰς ἐξουσίας, πρὸς τοὺς κοσμοκράτορας τοῦ σκότους τοῦ αἰῶνος τούτου, πρὸς τὰ πνεύματα τῆς πονηρίας ἐν τοῖς ἐπουρανίοις”, τὰ ἐν τῷ ἀέρι δη­λονότι, τούτων ἀφανῶς ἀεί παρατασσομένων καθ᾿ ἡμῶν.

Ὁ οὖν φυλάττων τὰς ἐντολάς φυλάττεται παρ᾿ αὐτῶν καὶ τὸν ἐμπιστευθέντα αὐτῷ παρά τοῦ Θεοῦ πλοῦτον οὐκ ἀπόλλυσιν˙ ὁ δὲ ἐκείνων καταφρονῶν γυμνός εὑρίσκεται καὶ εὐχείρωτος τοῖς ἐχθροῖς καὶ τὸν πλοῦτον ἀπολέσας ἅπαντα ὑπὸχρεως τῷ Βασι­λεῖ καὶ Δεσπότῃ γίνεται πάντων ἐκείνων ὧν εἴπομεν, ὑπὲρ ὧν ἀνταποδοῦναί τι ἤ ταῦτα εὑρεῖν δυνατὸν οὐκ ἔστιν ἀνθρώπῳ˙ οὐράνια γὰρ εἰσι καὶ ἀπὸ τῶν οὐρανῶν ἦλθε καὶ καθ᾿ ἑκάστην ἔρχεται κομίζων καὶ διανέμων αὐτὰ τοῖς πιστοῖς, καὶ ποῦ οἱ λα­βόντες καὶ ἀπολέσαντες εὑρεῖν αὐτὰ πάλιν δυνήσονται; Ὄντως οὐδαμοῦ.

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A coloro che sono stati battezzati, sono date tutte queste cose di­rettamente dal battesimo, definite dal divino Apostolo come “di­vine ricchezze ed eredità” (Col 1, 12; Ef 3, 8; 2 Cor 4, 7). 4. I comandamenti del Sovrano sono stati dati come custodia di queste grazie e doni ineffabili e circondano tutto il credente come un muro, creandogli un porto sicuro per il tesoro nasco­sto nella sua anima. [I comandamenti] lo sostengono e lo ren­dono inaccessibile a tutti i nemici e i ladri. Perciò, crediamo di poter custodire i comandamenti di un Dio amico dell’uomo, pur essendo piuttosto consapevoli del fatto che, provati, siamo custoditi da loro. Colui che osserva i comandamenti di Dio non sostiene e protegge loro quanto se stesso dai nemici visibili e invisibili, dei quali, innumerevoli e paurosi, l’Apostolo Paolo parla dicendo: “La nostra battaglia non è contro sangue e carne, ma contro i dominatori di questo mondo oscuro, contro gli spi­riti del male che abitano nei luoghi alti” (Ef 6,12), in altre paro­le, coloro che si trovano nell’aria e sono sempre invisibilmente schierati contro di noi.

Pertanto, colui che osserva i comandamenti stessi è da loro pro­tetto e non può perdere le ricchezze che Dio gli ha affidato. Ma colui che disprezza i comandamenti si espone nudo ai nemici ed è facilmente sconfitto da loro. E, dopo aver perso tutte que­ste ricchezze, egli è in debito con il Re e Sovrano per tutte le cose di cui abbiamo parlato, impossibili per l’uomo da ritornare o addirittura da trovare. Per questo [tali cose] sono celesti ed Egli è venuto dal cielo. Così, Egli viene ogni giorno, le porta e le distribuisce ai fedeli. Coloro che una volta le ebbero ricevute per poi perderle, dove potrebbero trovarle nuovamente? Vera­mente da nessuna parte!

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Ὡς οὐδὲ ὁ Ἀδάμ ἤ τίς τῶν ἐκείνου υἱῶν ἀνάκλησιν ἑαυτοῦ ἤ τῶν συγγενῶν ἴσχυσεν ἀπεργάσασθαι, εἰ μὴ ὁ ὑπὲρ φύσιν Θεός καὶ κατὰ σάρκα υἱός αὐτοῦ γεγονώς, ὁ Κύριος ἡμῶν Ἰησοῦς Χριστός, ἐλθών κἀκεῖνον καὶ ἡμᾶς τοῦ πτώματος ἐξήγειρε θεϊ­κῇ δυνάμει, ὁ δὲ μὴ πάσας τὰς ἐντολάς ἀλλὰ τινάς μὲν φυλάτ­τειν δοκῶν, τινάς δὲ προδιδούς γινωσκέτω ὅτι κἄν μιᾶς ἀμελή­σῃ καὶ οὕτω τὸν πλοῦτον ὅλον ἀπόλλυσιν. Ὑπὸθου γὰρ μοι δώδεκα ἄνδρας ἐνόπλους εἶναι τὰς ἐντολάς καὶ κυκλόθεν ἱστα­μένους καὶ μέσον αὐτῶν γυμνόν σε ὄντα φυλάττοντας˙ τοιού­τους δὲ πάλιν ἄλλους μοι νόει περιστοιχοῦντας πάντοθεν καὶ ἐπικειμένους ἀντιπάλους πολεμιστὰς καὶ λαβεῖν σε ζητοῦντας καὶ κατασφάξαι εὐθύς. Εἰ οὖν εἷς ἐκ τῶν δώδεκα θελήματι οἰ­κείῳ καταπέσειε καὶ τῆς φυλακῆς ἀμελήσειε καὶ ὡς θύραν ἀνε­ῳγμένην τῷ ἀντιπάλῳ τὸν τόπον αὐτοῦ ἐάσειε, τί τῶν λοιπῶν ἔνδεκα ἀνδρῶν τὸ ὄφελος ἔσται, τοῦ ἑνός μέσον εἰσελθόντος αὐτῶν καὶ σε ἀφειδῶς κατατέμνοντος, ὡς ἐκείνων μὴ ἐπιστρα­φῆναι δυναμένων πρὸς σήν βοήθειαν; Εἰ γὰρ καὶ ἐπιστραφῆναι θελήσουσι κἀκεῖνοι ὑπὸ τῶν ἀντιδίκων ἀναλωθήσονται. Οὕτως δὲ πάντως ἔσται καὶ ἐπὶ σοῦ μὴ φυλάσσοντος τὰς ἐντο­λάς. ὑπὸ γὰρ ἑνός τρωθέντος σου ἐχθροῦ καὶ καταπεσόντος πᾶσαι αἱ ἐντολαί ἀφίπτανται ἀπὸ σοῦ καὶ κατὰ μικρόν τὴν ἰσχύν ἀφαιρῇ, ἄλλως δὲ ὡς ἀγγεῖον οἴνου πεπλησμένον ἤ ἐλαί­ου, εἰ καὶ μὴ πάντοθεν διατρηθῇ, ἀλλ᾿ ἐξ ἑνός μέρους μιᾶς γε­νομένης ὀπῆς ὅλον τὸ ἔνδον κατ᾿ ὀλίγον ἀπόλλυσιν, οὕτω καὶ μιᾶς ἀμελῶν ἐντολῆς κατὰ μικρόν καὶ τῶν ἄλλων ἁπασῶν ἐκ­πίπτεις, καθώς φησιν ὁ Χριστός˙ “τῷ ἔχοντι δοθήσεται καὶ τὰ περισσευθήσεται, ἀπὸ δὲ τοῦ μὴ ἔχοντος καὶ ἅ δοκεῖ ἔχειν ἀρ­θήσεται ἀπ᾿ αὐτοῦ”.

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Proprio come né Adamo, né alcuno dei suoi figli, è stato in gra­do di restaurare se stesso o rifare i suoi, sarebbe stato impossi­bile non essendo Dio sopra ogni essere, divenire figlio di Ada­mo secondo la carne, nostro Signore Gesù Cristo, per innalzare lui e noi dalla nostra caduta con la sua potenza divina. Per quanto riguarda i comandamenti, chi sceglie di mantenere alcu­ni tra loro e abbandonarne altri, dev’essere consapevole del fat­to che se si trascura di mantenere anche uno dei comandamenti, si perderanno tutte le ricchezze. Immagina che i comandamenti siano come dodici uomini armati che ti circondano tutto attorno, mentre tu stai nudo in piedi in mezzo a loro che stanno di guar­dia. Immagina anche altri guerrieri, tuoi avversari, che vengono e ti circondano cercando di afferrarti per ucciderti subito. Per­tanto, se uno dei dodici è tolto dalla tua scelta e trascura di pro­teggerti lasciando il suo posto come una porta aperta al nemico, che beneficio possono dare i rimanenti undici uomini se anche uno solo dei nemici è in grado di entrare verso il centro e, sen­za pietà, ti taglia a pezzi, mentre gli altri undici non possono più circondarti per aiutarti? Infatti, anche se hanno scelto di cir­condarti per aiutarti, pure loro saranno uccisi dal nemico. Quin­di la stessa cosa ti accadrà se non osservi i comandamenti. Per­ché in caso di caduta per un solo colpo del tuo nemico, tutti i comandamenti si lasciano e, poco a poco, la tua forza viene meno. O, per dirla in un altro modo, un vaso pieno di vino o di olio non ha bisogno di essere forato attorno per perdere tutto il suo contenuto. Un singolo foro aperto in un posto è sufficiente perché quanto è all’interno sia lentamente perso. Allo stesso modo, se si trascura un solo comandamento, si cade lentamente lontano da tutti gli altri, come Cristo disse: “Poiché chiunque ha sarà dato, ed egli sarà nell’abbondanza. Ma a chi non ha sarà tolto quello che ha” (Mt 25, 29).

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Καὶ πάλιν˙ “ὁ λύσας μίαν τῶν ἐντολῶν τούτων καὶ διδάξας – διὰ τῆς παραβάσεως δηλονότι – τοὺς ἀνθρώπους οὕτω ποιεῖν, ἐλάχιστος κληθήσεται ἐν τῇ βασιλείᾳ τῶν οὐρανῶν”.

Καὶ ὁ Παῦλος˙ “ᾧ γὰρ τις ἥττηται, τούτῳ καὶ δεδούλωται”, καὶ πάλιν˙ “τὸ δὲ κέντρον τοῦ θανάτου ἡ ἁμαρτία”, καὶ οὐκ εἶπεν ὅτι ἥδε ἤ ἥδε, ἀλλὰ οἷα δ᾿ ἄν καὶ εἴη ἡ ἁμαρτία, αὕτη κέντρον τοῦ θανάτου ἐστίν. Κέντρον δὲ τοῦ θανάτου τὴν ἁμαρτίαν κα­λεῖ, ὅτι οἱ τιτρωσκόμενοι θνῄσκουσιν. Ἔστιν οὖν πᾶσα ἁμαρ­τία πρὸς θάνατον, “ἅπαξ γὰρ ὁ ἁμαρτήσας, ὡς ὁ Παῦλός φη­σιν, ἤδη τέθνηκεν”, ὑπὸδικος γεγονώς χρέους καὶ ἁμαρτίας, ὑπὸ τῶν λῃστῶν ἐαθείς κείμενος.

5. Ὁ οὖν ἀποθανών τί ἄλλο εἰ μὴ τὸ ἀναστῆναι ἐπιποθεῖ καὶ ὁ χρεωστῶν καὶ μὴ ἔχων ἀποδοῦναι εἰ μὴ τὸ λύσιν τοῦ χρέους λαβεῖν καὶ μὴ εἰς φυλακήν βληθῆναι, ἕως ἄν τὸ ὄφλημα ἀπο­δῷ, ὅπερ καὶ διὰ τὸ μὴ ἔχειν οὐδέποτε τῆς αἰωνίου φυλακῆς ἤγουν τοῦ σκότους ὑπεξελεύσεται. Οὕτως καὶ ὁ ὑπὸ τῶν νοη­τῶν λῃστῶν συνστριβείς πάντως ἰατρόν ζητεῖ πρὸς αὐτὸν ἐλ­θεῖν συμπαθῆ τε καὶ εὔσπλαγχνον. Οὐ γὰρ ἔχει ζέοντα τὸν τοῦ Θεοῦ φόβον ἐν ἑαυτῷ, ἵνα πρὸς τὸν ἰατρόν ἐκεῖνος μᾶλλον πο­ρεύσηται, ἀλλ᾿ ὑπὸ τῆς καταφρονήσεως τὴν τῆς ψυχῆς δύναμιν ἐκλυθείς κεῖται θεάμα φρικτὸν καὶ ἐλεεινόν τοῖς ὁρῶσι καλῶς, μᾶλλον δὲ πνευματικῶς τὰ ψυχικά παραπτώματα.

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E ancora: “Chiunque avrà violato uno di questi minimi coman­damenti”, e per la sua trasgressione, “colui che insegna agli uo­mini a fare altrettanto sarà chiamato minimo nel regno dei cie­li” (Mt 5, 19). E Paolo disse: “Ciascuno è, infatti, schiavo di colui che lo vin­ce” [Questo passo fa parte di 2 Pt 2, 19]. E ancora: “Il pungi­glione della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge” (1 Cor 15, 56). Da nessuna parte ha detto questo o quel peccato specifico, ma che ogni peccato è il pungiglione della morte. Si chiama peccato il pungiglione della morte perché chi ne viene punto muore. Per cui ogni peccato è per la morte, per­ché anche se qualcuno ha peccato, fosse una sola volta, Paolo dice che è già morto, essendo sotto accusa per il debito e il pec­cato, lasciato disteso sulla strada dai ladri.

5. Cosa, allora, fa risollevare un morto causato da qualcuno? E che fa colui che non è in grado di pagare il suo debito e riceve­re la remissione di tale debito evitando di essere gettato in car­cere fino a che non può rimborsare, cosa che non potrà mai fare dal momento che non ha nulla con cui pagare il suo debito e, quindi, non potrà mai uscire dall’eterna prigione, cioè dall’o­scurità eterna? Colui che è stato ferito dai ladri spirituali chiede che un medico compassionevole e misericordioso venga a lui. Egli non ha in sé il timore di Dio, ossia non è abbastanza fer­vente da essere in grado di andare da un medico in quanto la sua anima è debole per la trascuratezza, e sta lì offrendo un ter­ribile e infelice spettacolo a coloro che sono in grado di vedere bene, vale a dire, a chi è in grado di vedere spiritualmente le cadute dell’anima.

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Ὁ τοίνυν δοῦλος γεγονώς διὰ τῆς ἁμαρτίας τῷ διαβόλῳ – “Οὐκ οἴδατε γὰρ φησιν ὅτι δοῦλοί ἐστε ᾧ ὑπακούετε εἴτε δικαιοσύ­νης εἰς δικαιοσύνην εἴτε ἀνομίας εἰς ἀνομίαν” – καὶ εἰς καταγέ­λωτα τοῦ Πατρός καὶ Θεοῦ, καταπάτημα δὲ τοῖς ἐχθροῖς τοῖς ἀποστατήσασιν ἀπὸ Θεοῦ ὁ τοιοῦτος γεγονώς καὶ γυμνός τῆς βασιλικῆς ἁλουργίδος καὶ μεμελανωμένος ἀπολειφθείς, ἀντὶ τέκνου δὲ Θεοῦ τέκνον τοῦ διαβόλου γενόμενος, τί διαπράξε­ται, ἵνα πάλιν ἐν κατασχέσει γένηται ὧνπερ ἐξέπεσεν; Πάντως ὅτι μεσίτην καὶ φίλον Θεοῦ ζητήσει καὶ δυνατὸν εἰς τὸ ἀποκα­ταστῆσαι αὐτὸν ὡς τὸ πρότερον καὶ τῷ Θεῷ καὶ Πατρί καταλ­λάξαι αὐτόν. Ὁ γὰρ τῷ Χριστῷ κολληθείς διὰ τῆς χάριτος καὶ μέλος αὐτοῦ γεγονώς καὶ υἱοθετηθείας αὐτῷ εἶτα τοῦτον ἀφείς ὥσπερ κύων εἰς τὸν ἴδιον ἔμε τον ἐπιστρέψει, καὶ ἤ πόρνῃ γυ­ναικί συμπλακῇ ἤ ἑτέρῳ σώματι συναφθῇ, ὡς τὸν Χριστὸν ἀτι­μάσας καὶ ἐνυβρίσας μετὰ τῶν ἀπίστων κατακρίνεται, ἐπειδή κατὰ τὸν θεῖον Ἀπόστολον “σῶμα Χριστοῦ ἐσμεν καὶ μέλη ἐκ μέρους”. Ὁ οὖν συμπλεκόμενος τῇ πόρνῃ τὰ μέλη τοῦ Χριστοῦ μέλη πόρνης ποιεῖ. Ὁ δὲ τοιαῦτα πεπραχῶς καὶ οὕτω παροργί­σας τὸν Δεσπότην αὐτοῦ καὶ Θεόν οὐ δύναται ἄλλως καταλλα­γῆναι Θεῷ, εἰ μὴ διὰ μεσίτου ἀνδρός ἁγίου καὶ φίλου καὶ δού­λου Χριστοῦ καὶ διὰ τῆς ἀποφυγῆς τοῦ κακοῦ.

6. διὰ τοῦτο φύγωμεν τὴν ἁμαρτίαν πρῶτον˙ εἰ γὰρ καὶ ταύτης τῷ βέλει τρωθῶμεν, ἀλλὰ μὴ ἐγχρονίσωμεν, τῷ ἰῷ ταύτης ὡς μελίτη γλυκαινόμενοι, μηδὲ ὠς ἄρκτος πληγεῖσα τὸ τραῦμα μεῖζον διὰ τῆς αὐτῆς πράξεως ἐργασώμεθα,

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Così, attraverso il peccato, si diviene schiavi del diavolo: “Non sapete che se vi fate schiavi di qualcuno obbedendogli, siete schiavi di quello cui obbedite, sia del peccato per la morte, sia dell’obbedienza per la giustizia?” (Rm 6, 16), ed è una presa in giro del Padre e di Dio, il disprezzo dei nemici che apostatano da Dio.Così uno diviene spoglio della porpora reale ed è lasciato anne­rito. Invece di figlio di Dio, diviene figlio del diavolo. Che cosa può fare al fine di acquisire nuovamente le cose dalle quali si allontanò? Che altro se non chiedere un mediatore e un amico di Dio, che ha il potere di riportarlo nella sua condizione prece­dente e riconciliarlo a Dio suo Padre? Colui che è unito a Cri­sto con la grazia diviene suo membro ed è da Lui adottato; se poi lo abbandona, è come il cane che “si rivolge al suo vomito” (2 Pt 2, 22), e si unisce ad una prostituta o ad un altro corpo, è condannato come i miscredenti poiché ha disonorato e bestem­miato Cristo stesso. Infatti, secondo il divino Apostolo, “voi siete corpo di Cristo, e sue membra, ciascuno in particolare” (1 Cor 12, 27). Pertanto, chi si unisce ad una prostituta rende le membra di Cristo membra di fornicazione (1 Cor 6, 15). Quin­di, uno che ha fatto una cosa del genere ha fatto arrabbiare il suo Maestro e Dio e non può essere riconciliato con Dio se non attraverso la mediazione di un uomo che è santo, amico e servo di Cristo, astenendosi dal male. 6. Per questo motivo, dobbiamo prima di tutto fuggire dal pec­cato. Tuttavia, se accade che siamo trafitti dal dardo del pecca­to, non dobbiamo attardarci e permettere che il suo veleno c’in­vogli come il miele. Non dovremmo ripetere la stessa cosa come un orso che ne è stato attratto, rendendo maggiore la feri­ta.

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ἀλλ᾿ εὐθύς πρὸς τὸν πνευματικόν ἰατρόν δράμωμεν καὶ τὸν ἰόν τῆς ἁμαρτίας διὰ τῆς ἐξαγορεύσεως ἐξεμέσωμεν, τὸ δηλητή­ριον αὐτῆς ἀποπτύσαντες, καὶ ὡς ἀντιφάρμακον τὰ διδόμενα τῆς μετανοίας ἐπιτίμια σπουδαίως παρ᾿ αὐτοῦ λάβωμεν καὶ με­τὰ πίστεως ἀεί θερμῆς ταῦτα ἐπιτελεῖν καὶ ἐν φόβῳ Θεοῦ ἀγω­νισώμεθα.

Πάντες γὰρ οἱ τὸν ἐμπιστευθέντα πλοῦτον αὐτοῖς κενώσαντες ἅπαντα καὶ μετὰ πορνῶν καὶ τελωνῶν τὴν πατρικήν οὐσίαν κα­ταναλώσαντες καὶ ὑπὸ πολλῆς αἰσχύνης τὸ συνειδός αὐτῶν κά­τω νεῦον καὶ μηδὲ ἀνανεῦσαι δυνάμενον ἔχοντες, ἀπαρρησία­στοι ὄντες ζητοῦσιν εἰκότως ἄνθρωπον Θεοῦ ἀνάδοχον γενέ­σθαι τοῦ χρέους αὐτῶν, ἵνα δι᾿ αὐτοῦ προσέλθωσιν αὐτῷ, ὅπερ ὡς οἶμαι γενέσθαι ἀδύνατον ἄνευ μετανοίας εἰλικρινοῦς καὶ ἐπιπόνου τοῦ μέλλοντος ἤ καὶ βουλομένου καταλλαγῆναι Θεῷ. Οὐδὲ γὰρ ἠκούσθη ποτέ ἤ ἐν ταῖς θεοπνεύστοις γέγραπται γρα­φαῖς, ἵνα τις ἀναδέξηται ἁμαρτίας ἑτέρου καὶ ὑπὲρ αὐτῶν ἐκεῖ­νος ἀπολογήσηται μὴ ἀξίους τῆς μετανοίας τοῦ ἡμαρτηκότος πρῶτον καὶ ἀναλόγους τοῦ εἴδους τῆς ἁμαρτίας ἐνδειξαμένου καὶ καταβαλλομένου τοὺς πόνους καὶ πεποιηκότος αὐτῆς τοὺς καρπούς˙ φησί γὰρ ἡ πρόδρομος τοῦ Λόγου φωνή˙ “ποιήσατε καρπούς ἀξίους τῆς μετανοίας καὶ μὴ δόξητε λέγειν ἐν ἑαυτοῖς, πατέρα ἔχομεν τὸν Ἀβραάμ”, ἐπειδή καὶ αὐτὸς ὁ Κύριος ἡμῶν περὶ τῶν ἀνοήτως διακειμένων οὕτως ἔφη˙ “ἀμὴν λέγω ὑμῖν, κἄν Μωσῆς κἄν Δανιήλ στήσωνται, ὥστε ἐξελέσθαι υἱούς αὐ­τῶν καὶ θυγατέρας, οὐ μὴ ἐξέλωνται”. Τί οὖν ποιήσομεν ἤ τίνα τρόπον πρὸς ἄφεσιν τοῦ χρέους καὶ ἀνάκλησιν τοῦ πτώματος οἱ μετανοῆσαι βουλόμενοι ἐπινοησόμεθα; Θεοῦ διδόντος ἀκού­σατε, ἵνα πρὸς ἕκαστον ὑμῶν διαθήσομαι.

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Ma, piuttosto, dobbiamo correre direttamente da un medico spirituale, purificando noi stessi del veleno del peccato con la confessione e sputando il veleno. Dovremmo rapidamente rice­vere come antidoto l’epitimìa [la correzione] che lui ci offre per il nostro pentimento sempre compiendola con fede fervida e lottando nel timore di Dio.

Per tutti coloro che si sono privati delle ricchezze, si sono affi­dati a loro stessi e hanno dilapidato i loro beni paterni alle pro­stitute e ai pubblicani, e la cui coscienza ora è così appesantita dal peccato da non poter più guardare verso l’alto, privi di co­raggio davanti a Dio, chiedono naturalmente un uomo di Dio che possa ricevere il loro debito. E poi, per mezzo suo, possano avvicinarsi a Dio, qualcosa d’impossibile da farsi senza penti­mento sincero e fatiche continue se si vuole ristabilire la pro­pria relazione con Dio. Infatti, non si è mai sentito parlare o è riportato nelle Scritture divinamente ispirate che si possa pren­dere su sé i peccati di un altro e difenderlo se prima il peccato­re non ha intrapreso fatiche corrispondenti ai peccati e ha mo­strato adeguati frutti del suo pentimento. Poiché, come disse la voce del Precursore della Parola: “Fate dunque veri frutti di conversione e non v’illudete col dire: Abbiamo Abramo per pa­dre” (Mt 3, 8). Infatti il Signore stesso disse a coloro che così stupidamente vivono: “In verità, vi dico: anche se si levano in piedi tra loro Mosè e Daniele per salvare i loro figli e le loro fi­glie, non saranno salvati” (vedi LXX Ez 14, 14; 16, 20). Che dobbiamo dunque fare, noi che desideriamo pentirci, e in che modo, per avere i nostri debiti rimessi ed essere sollevati dalla nostra caduta? Ascoltate, se Dio vuole, quanto posso spiegare a ciascuno di voi.

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7. Μεσίτην, εἰ βούλει, καὶ ἰατρόν καὶ σύμβουλον ἀγαθόν ἐκζή­τησον, ἵνα μετανοίας μὲν τρόπους τῇ ἀγαθῇ συμβουλῇ ἁρμο­ζόντως ὑπὸθηται ὡς σύμβουλος ἀγαθός, ὡς ἰατρός δὲ φάρμα­κον ἑκάστῳ κατάλληλον τραύματι ἐπιδώσει σοι, ὡς δὲ μεσίτης δι᾿ εὐχῆς καὶ τῆς πρὸς Θεόν ἐντεύξεως ἐνώπιον αὐτοῦ ἐκεῖνος πρόσωπον πρὸς πρόσωπον παραστὰς ὑπὲρ σοῦ τὸ Θεῖον ἐξιλε­ώσηται. μὴ οὖν κόλακα ἤ κοιλιόδουλον εὑρών σύμβουλον καὶ σύμμαχον ἀγωνίσῃ ποιῆσαι, ἵνα μὴ τῷ σῷ συνερχόμενος θελή­ματι οὐχί ὁ Θεός ἀγαπᾷ, ἀλλ᾿ ἅπερ σὺ ἀποδέχῃ ταῦτα διδάξῃ σε καὶ μείνῃς πάλιν ὄντως ἐχθρός ἀκατάλλακτος, μηδὲ ἄπειρον ἰατρόν, ὡς ἄν μὴ τῇ πολλῇ ἀποτομίᾳ και ταῖς ἀκαίραις τομαῖς τε καὶ καύσεσιν εἰς ἀπογνώσεως βυθόν παραπέμψῃ σε ἤ πάλιν τῇ ὑπερμέτρῳ συμπαθείᾳ νοσοῦντα ἐάσῃ σε καὶ ὑγιαίνειν οἰό­μενον, τὸ δεινότατον, τῇ αἰωνίᾳ παραδώσει σε κολάσει ὡς οὐκ ἐλπίζεις˙ τοῦτο γὰρ ἡ ἐνταῦθα νόσος τῆς ψυχῆς συναποθνῄ­σκουσα ἡμῖν προξενεῖ. Μεσίτην δὲ Θεοῦ καὶ ἀνθρώπων οὐκ οἶ­μαι οὕτως ἁπλῶς εὑρίσκεσθαι. “Οὐ γὰρ πάντες οἱ ἐξ Ἰσραήλ οὗτοι Ἰσραηλῖταί εἰσιν”, ἀλλ᾿ οἱ κατὰ τὸ ὄνομα καὶ αὐτὴν τὴν τοῦ ὀνόματος δύναμιν ἐναργῶς ἐπιστάμενοι καὶ νοῦς ὄντες ὁρῶντες τὸν Θεόν, οὐδὲ πάντες οἱ τῷ τοῦ Χριστοῦ καλούμενοι ὀνόματι ὄντως Χριστιανοί. “Οὐ γὰρ πᾶς ὁ λέγων μοι Κύριε, Κύριε, φησίν ὁ Χριστός, εἰσελεύσεται εἰς τὴν βασιλείαν τῶν οὐρανῶν, ἀλλ᾿ ὁ ποιῶν τὸ θέλημα τοῦ πατρός μου”, ὥσπερ καὶ “πολλοί, φησίν, ἐν ἐκείνῃ τῇ ἡμέρᾳ ἐροῦσί μοι˙ Κύριε, οὐ τῷ σῷ ὀνόματι δαιμόνια ἐξεβάλομεν, καὶ ἐρῶ αὐτοῖς˙ ἀμὴν λέγω ὑμῖν, οὐκ οἶδα ὑμᾶς, ἀπέλθατε ἀπ᾿ ἐμοῦ ἐργάται τῆς ἀνομίας”.

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7. Se desideri cercare un mediatore, un medico e un buon con­sigliere, lascia che ti mostri come un buon consigliere appliche­rà il suo consiglio sui modi di pentimento; lascia che ti mostri come un medico darà la medicina appropriata per ogni ferita; lascia che ti mostri come sarà un mediatore attraverso la pre­ghiera; e come avrà comunicazione con Dio e starà dinnanzi a Lui faccia a faccia in tuo favore per ottenere la misericordia del Divino. Non devi cercare un alleato o un consigliere in un adu­latore o in uno schiavo del ventre perché non vanno contro la tua volontà e non ti insegnano queste cose gradite a Dio, ma quelle che desideri accettare e, quindi, rimani ancora una volta nemico di Dio e non riconciliato con Lui. Non accettare né un medico inesperto che t’immergerà nella disperazione con la sua grande brutalità e con improprie incisioni e cauteri, né chi, nel­la sua eccessiva simpatia, ti lascerà malato mentre penserai di essere guarito e, peggio di tutto, quanto non ci si dovrebbe aspettare!, ti consegnerà all’eterno inferno. Perciò quest’infer­no si realizza quando, in questa vita, la malattia dell’anima, non è guarita ma continua fino a quando non muore con noi. “Infatti, non tutti i discendenti d’Israele sono Israele” (Rm 9, 6), ma solo coloro col nome che conoscono pure il potere del nome e sono intelletti che vedono Dio. Allo stesso modo, non tutti coloro che sono chiamati cristiani sono veramente cristia­ni. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore”, Cristo dice, “en­trerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. E aggiunge che “molti mi diranno in quel giorno [...] nel tuo nome abbiamo cacciato demoni [...] allora dichiare­rò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi ope­ratori di iniquità” (Mt 7, 21-23).

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8. Διὰ τοῦτο οὖν προσέχειν δεῖ πάντας ἡμᾶς, ἀδελφοί, τοὺς τε μεσιτεύοντας τοὺς τε ἡμαρτηκότας καὶ αὐτοὺς τοὺς βουλομέ­νους καταλλαγῆναι Θεῷ, ἵνα μήτε οἱ μεσιτεύοντες ὀργήν ἀντὶ μισθοῦ ἐπισπάσωνται, μήτε οἱ προσκεκρουκότες καὶ καταλλα­γῆναι σπουδάζοντες ἐχθρῷ καὶ φονεῖ καὶ πονηρῷ συμβούλῳ ἀντὶ μεσίτου ἐντύχωσιν. Οἱ γὰρ τοιοῦτοι μετὰ ἀπειλῆς φρικτῆς ἀκούσονται˙ “τίς ὑμᾶς κατέστησεν ἄρχοντας καὶ δικαστὰς τοῦ λαοῦ μου”, καὶ πάλιν˙ “ὑποκριτά, ἔκβαλε πρῶτον τὴν δοκόν ἐκ τοῦ ὀφθαλμοῦ σου καὶ τότε διαβλέψεις ἐκβάλλειν τὸ κάρφος τὸ ἐν τῷ ὀφθαλμῷ τοῦ ἀδελφοῦ σου”. Δοκός δὲ ἐστι πάθος ἕν ἤ ἐπιθυμία τις ἐπισκοτοῦσα τὸν ὀφθαλμόν τῆς ψυχῆς. καὶ αὖθις˙ “ἰατρέ, θεράπευσον σεαυτόν”, καὶ πάλιν˙ “τῷ δὲ ἁμαρτωλῷ εἶ­πεν ὁ Θεός˙ ἱνατί σὺ ἐκδιηγῇ τὰ δικαιώματὰ σου καὶ ἀναλαμ­βάνεις τὴν διαθήκην μου διὰ στόματός σου; σὺ δὲ ἐμίσησας παιδείαν καὶ ἐξέβαλες τοὺς λόγους μου εἰς τὰ ὀπίσω”, καὶ ὁ Παῦλος φησιν˙ “σὺ τίς εἶ ὁ κρίνων ἀλλότριον οἰκέτην; Τῷ ἰδίῳ κυρίῳ στήκει ἤ πίπτει˙ δυνατός δὲ ἐστιν ὁ Θεός, διὰ τοῦ πιστοῦ δούλου αὐτοῦ, στῆσαι αὐτόν”.

9. Διὰ ταῦτα τοιγαροῦν πάντα φρίττω καὶ τρέμω, ἀδελφοί καὶ πατέρες μου, καὶ παρακαλῶ πάντας ὑμᾶς ἐξασφαλιζόμενος καὶ ἐμαυτὸν διὰ τῆς πρὸς ὑμᾶς παρακλήσεως μὴ καταφρονητικῶς ἔχει περὶ τὰ θεῖα ταῦτα καὶ φρικτὰ τοῖς πᾶσι μυστήρια μηδὲ παίζειν ἐν οὐ παικτοῖς μηδὲ κατὰ τῆς ψυχῆς ἡμῶν διὰ κενοδο­ξίαν ἤ φιλοδοξίαν ἤ ἐμπορίαν ἤ ἀναισθησίαν˙ γίνεται γὰρ διὰ τὸ ῥαβδί καὶ πατέρες καλεῖσθαι ἀλλοτρίους ἀναδέχεσθαι λογι­σμούς. Μή, παρακαλῶ, μὴ ἀναισχύντως οὕτως ἁπλῶς τὴν τῶν ἀποστόλων ἀξίαν ἁρπάζωμεν, ἀπὸ τοῦ ἐπὶ γῆς ὑποδείγματος παιδευόμενοι.

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Page 27: San Simeone il Nuovo Teologo: Lettera 1, Sulla Confessione

8. Questo è il motivo per cui, fratelli miei, tutti noi dobbiamo stare attenti – i mediatori, da un lato e i peccatori dall’altra che desiderano essere riconciliati con Dio – affinché né i mediatori facciano scendere l’ira sulle loro teste invece di aver ricompen­se, né i peccatori che desiderano essere riconciliati con Dio ab­biano un nemico, un assassino e un cattivo consigliere, invece di un vero e proprio mediatore. Per costoro c’è il re che proferi­rà parole terribili: “Chi ti ha reso capo e giudice sul mio popo­lo?” (cfr. Es 2, 14)? E ancora: “Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello” (Mt 7, 5). Infatti il legno è una pas­sione o un desiderio che scurisce l’occhio dell’anima. E inoltre: “Medico, cura te stesso” (Lc 4, 23) e ancora: “Ma al peccatore Dio ha detto: Perché tu racconti i miei decreti e ripeti la mia al­leanza con la tua bocca? Tu hai odiato la disciplina e hai gettato le mie parole dietro alle spalle” (Sl 49, 16)? E Paolo dice: “Chi sei tu che giudichi un servo altrui? Stia in piedi o cada ciò ri­guarda il suo padrone” (Rm 14, 4). 9. Pertanto, a causa di tutte queste cose, fratelli e padri miei, mi vengono i brividi e tremo. Chiedo a tutti voi, anche con questa esortazione a voi da me rivolta, di non essere superficiali su questi misteri divini, venerati da tutti, non giocate con cose che non sono giochi, e non agite contro la vostra anima a causa di vanagloria, ambizione, o per lucro o per insensibilità. Infatti, è possibile assumere perfino uno strano ragionamento solo per il fatto di essere chiamati “padri” o “maestri”. Vi prego, poiché stiamo semplicemente insegnando con l’esempio terreno, cer­chiamo di non usurpare spudoratamente un onore uguale agli apostoli.

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Page 28: San Simeone il Nuovo Teologo: Lettera 1, Sulla Confessione

Εἰ γὰρ τῷ ἐκπροσωποῦντι τῷ ἐπιγείῳ βασιλεῖ ἐξομοιωθῆναί τις τολμήσει κατὰ αὐθάδειαν, καὶ τὰ ἐκείνῳ ἐμπιστευθέντα κρα­τεῖν καὶ ποιεῖν λάθρα φωραθῇ ἤ καὶ φανερῶς μετεπαγγέλληται διαπράττεσθαι, αὐτὸς καὶ οἱ αὐτοῦ συμμύσται καὶ ὑπήκοοι τι­μωρίαις ἐσχάταις εἰς φόβον τῶν ἄλλων καθυποβάλλονται καὶ ὡς ἄφρων καὶ ἀναίσθητος παρά πάντων καταγελᾶται, τί πεί­σονται εἰς τὸ μέλλον οἱ τὴν τῶν ἀποστόλων ἀξίαν ἀναξίως ἁρ­πάζοντες;

10. Ἀλλὰ γὰρ μηδὲ μεσῖται τῶν λοιπῶν πρό τοῦ πλησθῆναι ὑμᾶς Πνεύματος Ἁγίου γενέσθαι θελήσητε καὶ πρό τοῦ γνωρί­σαι καὶ φιλιωθῆναι ὑμᾶς ἐν αἰσθήσει ψυχῆς τῷ Βασιλεῖ τῶν ἁπάντων, ἐπειδή οὐδὲ πάντες οἱ τὸν ἐπίγειον βασιλέα γνωρί­ζοντες καὶ τοὺς ἄλλους εἰς αὐτὸν δύνανται μεσιτεύειν. Ὀλίγοι γὰρ λίαν τοῦτο δύνανται ποιεῖν, οἵτινες ἐξ ἀρετῆς καὶ ἱδρώτων ἤτοι δουλειῶν αὐτῶν τῶν τὴν πρὸς αὐτὸν παρρησίαν ἐκτήσαν­το καὶ οὐχί μεσίτου κἀκεῖνοι δεόμενοι ἀλλὰ στόμα πρὸς στόμα συλλαλοῦντες τῷ βασιλεῖ. Οὐ φυλάξομεν τοιγαροῦν καὶ ἐπὶ Θεῷ ταύτην τὴν τάξιν, πατέρες καὶ ἀδελφοί, οὐ τιμήσομεν τὸν ἐπουράνιον Βαιλέα κἄν ἶσον τοῦ ἐπιγείου, ἀλλ᾿ ἑαυτοῖς τὴν ἐκ δεξιῶν αὐτοῦ καὶ εὐωνύμων καθέδραν καὶ πρό τοῦ αἰτήσασθαι καὶ λαβεῖν προαρπάζοντες χαρισόμεθα; Ὤ τόλμης! Ποία αἰσχύ­νη ἡμᾶς καταλάβοι; Ὅτι εἰ μὴ δι᾿ ἄλλο τι ἐγκληθησόμεθα˙ ἀλ­λὰ γε διὰ τοῦτο μόνον ὡς καταφρονηταί μετὰ ἀτιμίας καὶ τῆς προεδρίας στερηθησόμεθα καὶ εἰς τὸ πῦρ τὸ ἄσβεστον ἀπορρι­φησόμεθα. Ἀλλ᾿ ἀρκεῖ ταῦτα πρὸς νουθεσίαν τῶν προσέχειν ἑαυτοῖς βουλομένων˙ τούτου γὰρ χάριν καὶ παρεκβατικώτερον τῆς προκειμένης ὑποθέσεως τὸν λόγον πεποιήκαμεν. Ἡμεῖς δὲ εἴπωμεν ἄρτι, ὅπερ, τέκνον, μαθεῖν ἐπεζήτησας.

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Poiché se qualcuno spudoratamente osa assumere la mansione del re terreno e viene sorpreso, assieme ai suoi ministri e se­guaci, a espletare in segreto o in modo manifesto ciò che al re competeva, costui è sottoposto a estremi castighi allo scopo d’intimorire gli altri [eventuali usurpatori], e [quindi] tutti lo deridono in quanto egli è stolto e dissennato. Che sorte, allora, avranno coloro che si appropriano indegnamente dell’ufficio di apostoli? 10. Né dovresti desiderare di divenire mediatore per altri prima di essere stato riempito di Spirito santo, di conoscere, ed essere riconciliato con il Re di tutto e percepirlo nella tua anima. Per­ciò nessuno che conosca il re terreno può essere un mediatore davanti a lui al posto di altri. Estremamente pochi sono in gra­do di fare ciò, poiché hanno acquisito tale familiarità davanti a lui e per le loro virtù, il loro sudore e le fatiche effuse per lui. Costoro non hanno bisogno di un mediatore tra lui e loro stessi, ma conversano bocca a bocca con il re. Pertanto, padri e fratel­li, non dovremo mantenere lo stesso ordine davanti a Dio? Non onoriamo il Re celeste almeno altrettanto come il re terreno? Abbiamo intenzione di usurpare e concederci di sedere alla sua destra e alla sua sinistra prima ancora di chiederlo e riceverlo? Che incoscienza! Che cosa vergognosa si è impadronita di noi? Perché, anche se siamo chiamati a rendere conto di nient’altro che questo, ossia di essere sprezzanti, saremo caduti in disgra­zia e ci verrà negato un posto di dignità e saremo gettati nel fuoco eterno. Ora, ciò che è stato detto è sufficiente per esorta­re coloro che vogliono essere attenti a loro stessi. Per questi motivi, le nostre parole hanno divagato un po’ oltre il soggetto a nostra portata. Ma ora, figlio mio, dovremo affrontare quanto mi hai chiesto di conoscere.

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11. Ὅτι γὰρ ἐνδέχεται εἰς μοναχόν ἱερωσύνην μὴ ἔχοντα ἐξαγ­γέλειν ἡμᾶς, τοῦτο ἀφ᾿ οὗ τὸ τῆς μετανοίας ἔνδυμά τε καὶ πρό­σχημα ἐκ Θεοῦ ἐδωρήθη τῇ κληρονομίᾳ αὐτοῦ καὶ μοναχοί ὠνομάσθησαν ἐπὶ πάντας εὑρήσεις γενόμενον, καθώς ἐν ταῖς θεοπνεύστοις τῶν πατέρων γραφαῖς ἐγγράφεται, ἐν αἷς ἐγκύ­ψας εὑρήσεις ὡς ἀληθῆ τὰ λεγόμενα. Πρό δὲ τούτων ἀρχιερεῖς μόνοι τοῦ δεσμεῖν καὶ λύειν τὴν ἐξουσίαν κατὰ διαδοχήν ὡς ἐκ τῶν θείων ἀποστόλων ἐλάμβανον, τοῦ χρόνου δὲ προϊόντος καὶ τῶν ἀρχιερέων ἀχρειουμένων εἰς ἱερεῖς βίον ἔχοντας ἄμωμον καὶ χάριτος θείας ἠξιωμένους ἡ φρικτή ἐγχείρησις αὕτη προβέ­βηκεν˙ εἶτα καὶ τούτων ἀναμίξ γενομένων, τῶν ἱερέων ὁμοῦ καὶ ἀρχιερέων τῷ λοιπῷ ἐξομοιουμένων λαῷ καὶ πολλῶν ὡς καὶ νῦν περιπιπτόντων πνεύμασι πλάνης καὶ ματαίας κενοφω­νίαις καὶ ἀπολλυμένων, μετήχθη, ὡς εἴρηται, εἰς τὸν ἐκλεκτὸν λαόν τοῦ Θεοῦ, λέγω δή τοὺς μοναχούς, οὐκ ἐκ τῶν ἱερέων ἤ ἀρχιερέων ἀφαιρεθεῖσα, ἀλλὰ ταύτης ἑαυτοὺς ἐκείνων ἀλλο­τριωσάντων. “Πᾶς γὰρ ἱερεύς μεσίτης Θεοῦ καὶ ἀνθρώπων κα­θίσταται πρὸς τὸν Θεόν, – ὡς ὁ Παῦλός φησι – , καὶ ὀφείλει ὥσπερ ὑπὲρ τοῦ λαοῦ οὕτως καὶ ὑπὲρ ἑαυτοῦ προσφέρειν θυσί­αν”.

12. Ἀλλ᾿ ἀνωτέρω τοῦ λόγου ἀρξώμεθα καὶ ἴδωμεν, πόθεν καὶ πῶς καὶ τίσιν ἐξ ἀρχῆς ἡ ἐξουσία αὕτη τοῦ ἱερουργεῖν καὶ δε­σμεῖν καὶ λύειν ἐδόθη, καὶ κατὰ τάξιν ὥσπερ ἠρώτησας οὕτως καὶ σαφής ἡ λύσις γενήσεται, οὐ σοί μόνον, ἀλλὰ καὶ πᾶσιν ἄλ­λοις ἀνθρώποις. Τοῦ Κυρίου καὶ Θεοῦ καὶ Σωτῆρος ἡμῶν εἰ­πόντος τῷ ξηράν ἔχοντι τὴν χεἰρα ὅτι ἀφέωνταί σοι αἱ ἁμαρτίαι σου, ἀκούσαντες οἱ Ἑβραῖοι ἔλεγον˙ βλασφημίαν οὗτος λαλεῖ˙ τίς δύναται ἀφιέναι ἁμαρτίας εἰ μὴ εἷς ὁ Θεός;

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11. Tu troverai che la confessione ad un monaco, che non ha ordini sacri, è stata praticata in tutto il mondo sin da quando i monaci esistono poiché la veste del pentimento e la vita mona­stica sono state date da Dio in sua eredità, come si riporta negli scritti divinamente ispirati dei Padri. E, se si guarda a loro, tro­verai che quello che stiamo dicendo è vero. Prima di ciò, come successori dei santi apostoli, solo i vescovi hanno ricevuto il potere di legare e sciogliere. Ma, con il passare del tempo, i ve­scovi si sono corrotti, e questo tremendo incarico è stato tra­smesso ai sacerdoti che avevano una vita irreprensibile ed era­no degni della grazia. Più tardi, pure i sacerdoti, associandosi ai vescovi, sono divenuti proprio come il resto della popolazione. E molti di loro, proprio come ora, sono caduti nello spirito del­l’illusione, del discorso vano e vuoto e si sono persi. Quindi, il potere di legare e sciogliere è stato trasferito ai prescelti, tra il popolo di Dio, vale a dire ai monaci. Non è che questo potere sia stato rimosso dai preti e dai vescovi, ma i sacerdoti e i ve­scovi si sono estraniati da tale grazia. “Infatti, ogni sommo sa­cerdote, preso tra gli uomini, è costituito in favore degli uomini nelle cose che riguardano Dio”, come dice l’apostolo Paolo, aggiungendo “e deve offrire sacrificio per i peccati, come per il popolo, anche per se stesso” (Ebr 5, 1, 3). 12. Ma andiamo avanti e iniziamo questo commento dall’inizio per vedere quando, come e a chi è stato dato questo potere di servizio sacerdotale di legare e sciogliere. L’ordine con cui hai formulato la domanda renderà chiara la risposta non solo a te ma a tutti gli altri uomini. Quando il nostro Signore e Salvatore dice all’uomo con la mano inaridita: “I tuoi peccati ti sono per­donati”, udito questo, gli ebrei esclamarono: “Quest’uomo dice bestemmie. Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?” (cfr. Mt 9, 2-3; Mc 2, 7; Lc 5, 21).

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Οὕτως οὐδέπω ἄφεσις ἐδίδοτο ἁμαρτιῶν, οὐ παρά προφητῶν, οὐ παρά ἱερέων, οὐ παρά τῶν τότε πατριαρχῶν τινος. διὸ καὶ ὡς καινοῦ τινος δόγματος καὶ πράγματος παραδόξου κηρυσσο­μένου οἱ γραμματεῖς ἐδυσχέραινον˙ ὁ δὲ Κύριος οὐκ ἐμέμψατο αὐτοὺς τούτου γε ἕνεκα, ἀλλὰ μᾶλλον ὅ ἠγνόουν ἐδίδαξεν ὡς Θεόν ἑαυτὸν δείξας καὶ οὐχ ὡς ἄνθρωπον τὴν ἄφεσιν τῶν ἡμαρτημένων δωρούμενον˙ φησί γὰρ πρὸς αὐτούς, ἵνα δὲ εἰδῆ­τε, ὅτι ἐξουσίαν ἔχει ὁ υἱός τοῦ ἀνθρώπου ἀφιέναι ἁμαρτίας, λέγει τῷ ξηράν ἔχοντι τὴν χεῖρα˙ ἔκτεινον τὴν χεῖρά σου, καὶ ἐξέτεινε καὶ ἀποκατέστη ὑγιής ὡς ἡ ἄλλη, διὰ τοῦ ὁρωμένου θαύματος τὸ μεῖζον καὶ ἀόρατον πιστωσάμενος. Οὕτως τὸν Ζακχαῖον, οὕτως τὴν πόρνην, οὕτως τὸν Ματθαῖον ἀπὸ τοῦ τε­λωνίου, οὕτως τὸν Πέτρον τρίς ἀρνησάμενον, οὕτως τὸν παρα­λυτικόν, ὅν ἰασάμενος καὶ μετὰ ταῦτα εὑρών εἶπεν˙ ἴδε ὑγιής γέγονας, μηκέτι ἁμάρτανε, ἵνα μὴ χεῖρόν τί σοι γένηται. Τοῦτο δὲ εἰπών ἔδειξεν, ὅτι δι᾿ ἁμαρτίας ἐκεῖνος εἰς τὴν νόσον ἐνέπε­σεν καὶ ταύτης ἀπαλλαγείς ἔλαβεν καὶ τὴν ἄφεσιν τῶν ἰδίων ἁμαρτημάτων, οὐ χρόνων δεηθέντος τούτου τινῶν πολλῶν, οὐ νηστείας, οὐ χαμευνίας, ἀλλ᾿ ἤ μόνον ἐπιστροφῆς καὶ πίστεως ἀδιστάκτου καὶ ἐκκοπῆς τοῦ κακοῦ καὶ μετανοίας ἀληθινῆς καὶ δακρύων πολλῶν, ὡς ἡ πόρνη καὶ ὁ Πέτρος ὁ κλαύσας πικρῶς.Ἐντεῦθεν ἡ ἀρχή τοῦ μεγάλου τούτου δώρου καὶ Θεῷ μόνῳ πρέποντος, ὁ καὶ μόνος ἐκέκτητο˙ εἶτα τοῖς μαθηταῖς ἀντ᾿ ἐκεί­νου καταλιμπάνει τὸ τοιοῦτον χάρισμα μέλλων πρὸς τὸν οὐρα­νόν ἀνελθεῖν. Πῶς δὲ τὴν ἀξίαν ταύτην καὶ ἐξουσίαν αὐτοῖς ἐπιδέδωκε; Καταμάθωμεν καὶ τίνας καὶ πόσους καὶ πότε. τοὺς προκρίτους ἕνδεκα μαθητάς, κεκλεισμένων τῶν θυρῶν καὶ συνηγμένων ἔνδον ὁμοῦ. Εἰσελθών γὰρ καὶ στὰς ἐν μέσῳ αὐ­τῶν ἐνεφύσησε καὶ φησι˙ “λάβετε Πνεῦμα Ἅγιον, ἄν τινων ἀφῆτε τὰς ἁμαρτίας, ἀφίενται αὐτοῖς, ἄν τινων κρατῆτε, κεκρά­τηνται”,

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Infatti il perdono [ex officio] dei peccati non è mai stato dato da profeti o sacerdoti o da uno dei patriarchi di quei tempi. Questo è il motivo per cui gli scribi hanno respinto le parole di Cristo come una nuova dottrina o predicazione bizzarra. Ecco perché il Signore non li biasima perciò, ma insegna loro qualcosa che non sapevano, mostrandosi come garante della remissione dei peccati come Dio, non come uomo. Egli aggiunge loro: “Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati” (Mt 9, 6), dicendo all’uomo con la mano inaridita: “Stendi la tua mano. Ed egli la stese e tornò sana come l’altra” (Mt 12, 13). Così mediante un miracolo visibile ne ha mostrato un altro maggiore e invisibile. Successe lo stes­so con Zaccheo, lo stesso con Pietro che lo rinnegò tre volte, lo stesso con il paralitico che Egli guarì e poi trovatolo disse: “Ecco, sei guarito. Non peccare più, perché non ti accada qual­cosa di peggio” (Gv 5, 14). Dicendo questo, mostrò che l’uomo si era ammalato a causa del peccato e, quando è stato guarito dalla malattia, ha ricevuto la remissione dei suoi peccati, senza digiuno, senza rendere il suo letto come una dura terra, attra­verso la sua conversione, la sua fede senza esitazioni, la cesura dal male e attraverso il vero pentimento e molte lacrime, come la prostituta e come Pietro che pianse amaramente.Da tale principio deriva il grande dono che appartiene a Dio solo, e che solo lui possiede. Quando stava per ascendere al cielo, al suo posto, ha poi lasciato tale dono ai suoi discepoli. Com’è possibile che ha dato quest’autorità e potere a loro? Ve­diamo a chi, a quanti e quando. Ai suoi scelti undici discepoli, quando passò attraverso le porte chiuse ed essi erano raccolti all’interno. Entrò, stette in mezzo e soffiò su di loro dicendo: “Ricevete lo Spirito santo; a chi rimetterete i peccati, sono loro rimessi; a chi li ritenete, sono ritenuti” (Gv 20, 22-23).

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καὶ οὐδέν περὶ ἐπιτιμίων τέως αὐτοῖς ἐντέλλεται, ὡς παρά τοῦ Ἁγίου Πνεύματος μέλλοντος διδάσκεσθαι.

13. Ὡς οὖν εἴρηται, κατὰ διαδοχήν οἱ ἅγιοι Ἀπόστολοι τὴν ἐξουσίαν ταύτην μετέπεμπον πρὸς τοὺς καὶ τοὺς θρόνους ἐπέ­χοντας αὐτῶν, ὡς τῶν τε λοιπῶν οὐδείς οὐδὲ ἐννοῆσαί τι τοιοῦτον ἐτόλμα. Οὕτως ἐφύλαττον μετὰ ἀκριβείας οἱ μαθηταί τοῦ Κυρίου τὸ δίκαιον τῆς ἐξουσίας ταύτης. Ἀλλ᾿ ὡς εἴπομεν προϊόντος τοῦ χρόνου συνεχύθησαν καὶ συνεφύρησαν τοῖς ἀναξίοις οἱ ἄξιοι καὶ ὑπὸ τοῦ πλήθους συνεκαλύπτοντο, ἄλλος ἄλλου προέχειν φιλονεικῶν καὶ τὴν προεδρίαν τῇ ἀρετῇ ὑπο­κρινόμενος. Ἀφ᾿ οὗ γὰρ οἱ τοὺς θρόνους τῶν ἀποστόλων ἐπέ­χοντες σαρκικοί καὶ φιλήδονοι καὶ φιλόδοξοι ἀπεφάνθησαν καὶ εἰς αἱρέσεις ἐξέκλιναν, ἐγκατέλιπεν αὐτοὺς ἡ θεία χάρις, καὶ ἡ ἐξουσία αὕτη ἐκ τῶν τοιούτων ἀφῄρηται. Διὸ καὶ πάντα τὰ ἄλ­λα, ἅ οἱ ἱερουργοῦντες ἔχειν ὀφείλουσιν, ἀφέμενοι, τοῦτο μό­νον ἀπαιτοῦνται ἔχειν τὸ ὀρθόδοξον. Οἶμαι δὲ οὐδὲ τοῦτο˙ οὐ­δὲ γὰρ ὁ μὴ παρεισφέρων νεωστί δόγμα εἰς τὴν ἐκκλησίαν τοῦ Θεοῦ οὗτος ὀρθόδοξος, ἀλλ᾿ ὁ βίον τῷ ὀρθῷ λόγῳ κεκτημένος συνᾴδοντα. Τοῦτον δὲ καὶ τὸν τοιοῦτον οἱ κατὰ καιρούς πα­τριάρχαι καὶ μητροπολῖται ἤ ζητήσαντες οὐκ ἀπέτυχον ἤ εὑ­ρόντες τὸν ἀνάξιον μᾶλλον ἀντ᾿ ἐκείνου προετιμήσαντο, τοῦτο μόνον αὐτὸν ἀπαιτοῦντες τὸ ἐγγράφως ἐκθέσθαι τὸ τῆς πίστε­ως σύμβολον, καὶ τοῦτο μόνον ἀποδεχόμενοι τὸ μήτε ὑπὲρ τοῦ ἀγαθοῦ ζηλωτὴν εἶναι μήτε διὰ τὸ κακόν τινι ἀντιμάχεσθαι,

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Non diede loro alcun comando per quanto riguarda l’epitimìa poiché sarebbe stata loro insegnata dallo Spirito santo (cfr. Gv 14, 26). 13. Così, come abbiamo detto, [tale dono] dai santi apostoli passò a coloro che succedettero loro. Costoro salirono sui loro troni, in modo che tra gli altri nessuno potesse nemmeno avere il coraggio di pensare a qualcosa di simile. E così i discepoli del Signore custodirono l’autorità di questo potere con grande cura. Ma, come abbiamo detto precedentemente, con il passare del tempo, i degni si mescolarono con gli indegni. E poiché gli indegni erano molti di più, hanno oscurato e corrotto i degni impegnandoli in dispute su chi avesse maggiore autorità e finta virtù per presiedere sugli altri. E poiché coloro che sedevano sui troni degli apostoli si mostrarono carnali, amanti del piacere e appassionati agli onori, si sono inclinati verso le eresie. La grazia divina ha abbandonato uomini come questi e il potere è stato loro rimosso. È per tale motivo che tutte le qualità che do­vrebbero possedere gli operatori del servizio sacerdotale sono poste in disparte e l’unica cosa loro richiesta per essere ordinati è quella d’essere ortodossi. Così, a coloro che dovevano essere ordinati fu chiesto solo questo. Tuttavia, temo che in realtà non dovrebbero nemmeno chiedere ciò. Infatti, uno non è ortodosso solo perché non porta una nuova dottrina nella Chiesa di Dio, ma perché ha una vita che è coerente con il corretto insegna­mento. Diversi patriarchi e metropoliti, hanno a volte cercato questo tipo di candidato, entrambi con insuccesso, o hanno pre­ferito gli indegni a costui. E dall’indegno ebbero bisogno solo di una dichiarazione firmata sul Simbolo di fede. Gli hanno chiesto solo ciò: che non sia un fanatico per il bene, né che lotti contro qualcosa di male.

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εἰρήνην ὥσπερ ἐντεῦθεν τῇ ἐκκλησίᾳ περιποιούμενοι, ὅ χεῖρον πάσης ἔχθρας ἐστί καὶ μεγάλης ἀκαταστασίας αἴτιον. Ἐκ τούτου οὖν οἱ ἱερεῖς ἠχρειώθησαν καὶ γεγόνασιν ὡς ὁ λαός. μὴ ὄντων γὰρ τινων ἐξ αὐτῶν ἅλας, ὡς ὁ Κύριος ἔφη, ἵνα διὰ τῶν ἐλέγχων σφίγγωσι καὶ ἀναστέλλωσι κἄν ὁπωσοῦν τὸν διαρρέοντα βίον, ἀλλὰ συγγινωσκόντων μᾶλλον καὶ συγκαλυ­πτόντων ἀλλήλων τὰ πάθη ἐγένοντο χείρους μὲν αὐτοί τοῦ λα­οῦ, χείρων δὲ αὐτῶν ὁ λαός. Τινές δὲ τοῦ λαοῦ καὶ κρείττονες ἀπεφάνθησαν μᾶλλον τῶν ἱερέων, ἐν τῷ ἐκείνων ἀφεγγεῖ ζόφῳ ὡς ἄνθρακες οὗτοι φαινόμενοι. Εἰ γὰρ ἐκεῖνοι κατὰ τὸν τοῦ Κυρίου λόγον ἔλαμπον τῷ βίῳ ὡς ὁ ἥλιος, οὐκ ἄν ὡρῶντο οἱ ἄνθρακες διαυγάζοντες, ἀλλ᾿ ὑπὸ τοῦ τρανοτέρου φωτός ἠμαυ­ρωμένοι ἐδείκνυντο ἄν. Ἐπεί δὲ τὸ πρόσχημα μόνον καὶ τὸ τῆς ἱερωσύνης ἔνδυμα ἐν τοῖς ἀνθρώποις ἐναπελείφθη, τῆς τοῦ πνεύματος δωρεᾶς ἐπὶ τοὺς μοναχούς μεταβάσης καὶ διὰ τῶν σημείων γνωριζομένης ὡς τὸν βίον τῶν ἀποστόλων διὰ τῶν πράξεων μετερχομένους, κἀκεῖ πάλιν ὁ διάβολος τὰ οἰκεῖα εἰρ­γάσατο.

Ἰδών γὰρ αὐτοὺς ὅτι ὡς νέοι τινες μαθηταί τοῦ Χριστοῦ αὖθις ἀνεδείχθησαν ἐν τῷ κόσμῳ, καὶ τῷ βίῳ καὶ τοῖς θαύμασιν ἔλαμψαν,τοὺς ψευδαδέλφους καὶ τὰ ἴδια σκεύη εἰσαγαγών τού­τοις ἀνέμιξε καὶ κατὰ μικρόν πληθυνθέντες, ὡς ὁρᾷς, ἠχρειώ­θησαν καὶ γεγόνασι μοναχοί πάμπαν ἀμόναχοι.Οὔτε οὖν τοῖς τῷ σχήματι μοναχοῖς οὔτε τοῖς κεχειροτονημέ­νοις καὶ εἰς ἱερωσύνης ἐγκαταλεγεῖσι βαθμόν οὔτε τοῖς τῷ τῆς ἀρχιερωσύνης τετιμημένοις ἀξιώματι, πατριάρχαις φημί καὶ μητροπολίταις καὶ ἐπισκόποις.

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Presumibilmente, stavano collaborando alla pace della Chiesa in questo modo, ma questo modo è peggiore di qualsiasi odio ed è causa di un gran disordine. Per tale motivo i sacerdoti si sono corrotti e sono divenuti come il popolo. Per cui tra loro non ci fu nessuno che fosse il sale di cui e su cui ha parlato il Signore e che, utilizzando rimproveri, potesse bloccare e con­trollare la dispersione della vita. Al contrario, si sono accordati e hanno coperto le cattive passioni l’uno all’altro, divenendo peggio del popolo. E il popolo, a sua volta, è divenuto peggio di loro. In effetti, alcune delle persone hanno dimostrato d’es­sere meglio dei preti perché, in mezzo al buio totale dei sacer­doti, sono apparsi come un carbone acceso. Infatti, secondo le parole del Signore, se nella loro vita i preti si fossero disposti a “risplendere come il sole” (cfr. Mt 5, 16; 13, 43), la brace non sarebbe stata vista brillare e sarebbe apparsa oscura rispetto alla luce più potente. Ma poiché tra la gente del posto è rimasta solo la forma e l’aspetto esterno del sacerdozio, il dono dello Spirito santo è stato trasferito ai monaci. Fu riconosciuto dai segni che lo dimostrano che i monaci, con le loro opere, vive­vano la vita degli apostoli. Anche lì, poi, il diavolo ha nuova­mente eseguito il suo lavoro: vedendo che i monaci sono appar­si nel mondo come alcuni nuovi discepoli di Cristo e splende­vano per la vita e i miracoli, ha recato tra loro, mescolando di mezzo a loro, dei falsi fratelli, suoi contenitori. Costoro lenta­mente aumentarono, come si vede, e i monaci si corruppero di­venendo monaci completamente amonastici. E quando videro che erano inutili, non divennero meglio di coloro che avevano lo schema monastico o di quanti erano chiamati sacerdoti o di coloro che avevano assunto l’onore episcopale ossia i patriar­chi, i metropoliti e i vescovi.

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14. Kαὶ ἁπλῶς οὕτως διὰ μόνην τὴν χειροτονίαν καὶ τὴν ταύ­της ἀξίαν τὸ ἀφιέναι ἁμαρτίας ἀπὸ Θεοῦ δίδοται – ἄπαγε! – ἱε­ρουργεῖν γὰρ μόνον αὐτοῖς συγκεχώρηται, οἶμαι δὲ οὐδ᾿ αὐτὸ τοῖς πολλοῖς αὐτῶν, ἵνα μὴ χόρτος ὄντες ἐκεῖθεν κατακαυθή­σονται, ἀλλὰ μόνοις ἐκείνοις, ὅσοις ἐν ἱερεῦσι καὶ ἀρχιερεῦσι καὶ μοναχοῖς τὸ συγκαταριθμεῖσθαί ἐστι τοῖς τῶν μαθητῶν τοῦ Χριστοῦ χοροῖς διὰ τὴν ἁγνότητα.

15. Πόθεν οὖν αὐτοί τε οἱ τοῖς εἰρημένοις ἐγκαταλεγέντες ἐκεῖ­νο νοήσωσι καὶ οἱ αὐτοὺς ἐκζητοῦντες τούτους ἀκριβῶς ἐπι­γνώσονται; Ὅθεν ὁ Κύριος ἐδίδαξεν οὕτως εἰπών˙ “σημεῖα δὲ τοῖς πιστεύσασι ταῦτα παρακολουθήσει˙ ἐν τῷ ὀνόματί μοι δαι­μόνια ἐκβάλουσι, γλώσσαις λαλήσουσι καιναῖς – ὅπερ ἐστίν ἡ θεόπνευστος διδασκαλία τοῦ Λόγου καὶ ὠφέλιμος –, ὄφεις ἀροῦσι, κἄν θανάσιμόν τι πίωσιν, οὐ μὴ αὐτοὺς βλάψῃ”, καὶ πάλιν˙ “ἐκ τῶν καρπῶν αὐτῶν ἐπιγνώσεσθε αὐτούς”. Ποίων καρπῶν; Ὧν τὸ πλῆθος ἀπαριθμούμενος ὁ Παῦλος λέγει˙ “ὁ δὲ καρπός τοῦ Πνεύματός ἐστιν ἀγάπη, χαρά, εἰρήνη, μακροθυ­μία, χρηστότης, πίστις, πρᾳότης, ἐγκράτεια” μεθ᾿ ὧν εὐσπλαγ­χνία, φιλαδελφία, ἐλεημοσύνη καὶ τὰ τούτοις ἑπόμενα˙ πρὸς τούτοις˙ “λόγος σοφίας, λόγος γνώσεως, χαρίσματα ἰαμάτων καὶ ἕτερα πλεῖστα, ἅ πάντα ἐνεργεῖ ἕν καὶ τὸ αὐτὸ Πνεῦμα, διαιροῦν ἑκάστῳ καθώς βούλεται”.

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14. Pertanto, il potere di rimettere i peccati non è dato da Dio né a coloro che hanno lo schema monastico né a coloro che sono ordinati nei ranghi del sacerdozio, né a quelli onorati dal­l’ufficio dell’episcopato, voglio dire ai patriarchi e metropoliti e vescovi, solo a causa della loro ordinazione e della loro sede. Il cielo non lo voglia! È loro autorizzata solo l’esecuzione dei servizi e, per la maggior parte di loro ho il sospetto che non sia autorizzata neppure quella in modo che, essendo paglia, non sia bruciata. Invece, il potere di rimettere i peccati è dato solo a co­loro tra preti e vescovi e monaci che appartengono al rango dei discepoli di Cristo, a causa della purezza. 15. Come, allora, saranno quelli di cui abbiamo parlato, per sa­pere se sono tra tali discepoli, e in che modo saranno gli altri che cercano di riconoscerli precisamente dopo di loro? A tal fine, il Signore ci ha dato un insegnamento dicendo: “E questi segni accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni; parleranno lingue nuove” (si riferisce alla dottrina divina e benefica della Parola); “cammineranno sui serpenti e se bevono qualsiasi cosa mortale, non farà loro del male” (Mc 16, 17). E anche, “le mie pecore ascoltano la mia voce” (Gv 10, 27), e “li riconoscerete dai loro frutti” (Mt 7, 16). Quali frutti? Paolo enumera molti frutti e dice: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolen­za, bontà, fedeltà, mitezza, temperanza” (Gal 5, 22), e quelli che li accompagnano sono “compassione, fraterno amore, cari­tà”, con le conseguenze di questi. Con loro ci sono “la parola di saggezza, parola di conoscenza, il dono della guarigione” e molto altro. “Ma tutte queste cose le opera quell’uno e medesi­mo Spirito, donando a ciascuno come vuole” (1 Cor 12, 8-11).

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Οἱ γοῦν τούτων ἐν μετοχῇ γεγονότες τῶν χαρισμάτων – ἤ πάν­των ἤ ἐκ μέρους κατὰ τὸ συμφέρον αὐτοῖς – ἐν τῷ χορῷ τῶν ἀποστόλων ἐγκατελέγησαν καὶ οἱ νῦν τοιοῦτοι ἀποτελούμενοι ἐκεῖσε ἐγκαταλέγονται. Διὸ καὶ φῶς εἰσιν οὗτοι τοῦ κόσμου, ὡς αὐτὸς φησιν ὁ Χριστός˙ “οὐδείς λύχνον ἅψας τίθησιν αὐτὸν ὑπὸ τὸν μόδιον ἤ ὑπὸ κλίνην, ἀλλ᾿ ἐπὶ τὴν λυχνίαν, ἵνα φαίνῃ πᾶσι τοῖς ἐν τῇ οἰκίᾳ”. Οὐκ ἐκ τούτων δὲ μόνων οἱ τοιοῦτοι γνωρίζονται, ἀλλὰ καὶ ἀπὸ τῆς τοῦ βίου αὐτῶν διαγωγῆς˙ οὕτω γὰρ καὶ οἱ ζητοῦντες αὐτοὺς καὶ αὐτοί ἑαυτὸν ἕκαστος ἀκριβέ­στερον ἐπιγνώσονται, οἷον εἰ καθ᾿ ὁμοιότητα τοῦ Κυρίου ἡμῶν Ἰησοῦ Χριστοῦ ἀνεπαισχύντως, μᾶλλον δὲ ὡς μεγίστην δόξαν ἡγήσαντο τὴν εὐτέλειαν καὶ ταπείνωσιν καὶ ὡς ἐκεῖνος τὴν ὑπακοήν ἀνυποκρίτως εἰς τοὺς ἑαυτῶν πατέρας καὶ ὁδηγούς, ἔτι γε μὴν καὶ εἰς τοὺς πνευματικῶς ἐπιτάττοντας ἐπεδείξαντο, εἰ ἀτιμίας καὶ ὕβρεις καὶ ὀνειδισμούς καὶ λοιδορίας ἀπὸ ψυχῆς ἠγάπησαν καὶ τοὺς ἐπιφέροντας αὐτοῖς ταῦτα ὡς ἀγαθῶν μεγά­λων προξένους ἀπεδέξαντο καὶ ἀπὸ ψυχῆς μετὰ δακρύων ὑπὲρ αὐτῶν ηὔξαντο, εἰ πᾶσαν δόξαν τὴν ἐν τῷ κόσμῳ κατέπτυσαν καὶ σκύβαλα τὰ ἐν αὐτῷ τερπνά ἡγήσαντο.

Καὶ τί τὰ πολλά καὶ προφανῆ λέγων τὸν λόγον μηκύνω; Ἐάν πᾶσαν μὲν ἀρετὴν, ἥν ἐν ταῖς ἱεραῖς ἀκούωσιν ὑπαναγινωσκο­μένην γραφαῖς, ταύτην ἑαυτὸν ἕκαστος τῶν εἰρημένων εὑρί­σκει κατωρθωκότα, πᾶσαν δὲ πρᾶξιν τῶν ἀγαθῶν ὡσαύτως με­τελθόντα καὶ ἐπὶ μιᾷ τούτων ἑκάστῃ τὴν προκοπήν, τὴν ἀλλοί­ωσιν, τὸν βαθμόν ἐπεγνωκότα καὶ πρὸς τὸ ὕψος τῆς θεϊκῆς δό­ξης αἰρόμενον, τότε καὶ ἑαυτὸν τις γνώτω μέτοχον Θεοῦ καὶ τῶν αὐτοῦ χαρισμάτων γεγονότα καὶ ὑπὸ τῶν καλῶς ὁρώντων ἤ καὶ ὑπ᾿ αὐτῶν τῶν ἀμβυωπούντων γνωσθήσεται. καὶ οὕτως οἱ τοιοῦτοι εἴποιεν ἄν τοῖς πᾶσιν ἐν παρρησίᾳ˙ “ὑπὲρ Χριστοῦ πρεσβεύομεν ὡς τοῦ Θεοῦ παρακαλοῦντος δι᾿ ἡμῶν˙ καταλλά­γητε τῷ Θεῷ”.

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Quindi quelli che sono divenuti i partecipanti a tali doni – in tutto o in parte in base a ciò che è loro vantaggioso – sono con­tati nel coro degli apostoli. Annoverati pure tra loro ci sono quelli che oggi diventano come loro. Ed è per questo che essi sono la luce del mondo, come dice Cristo stesso: Nessun uomo che accende una candela la pone sotto un tavolo o sotto il letto, ma su un candeliere in modo che darà luce a tutti quelli che sono nella casa (cfr. Mt 5, 14, 15). Essi sono noti non solo per questo, ma per la condotta della loro vita. Perciò in questo modo coloro che cercano tali uomini, così come gli uomini stessi, possono sapere se, a somiglianza del Signore nostro Gesù Cristo, essi non siano causa di vergogna e, come lui, ab­biano, al contrario, accettato con più grande gloria e umiltà e obbedienza priva d’ipocrisia i loro padri e guide e, inoltre, le loro guide spirituali; se, con tutta la loro anima, abbiano amato il disonore, gli insulti, il ridicolo e i rimproveri; se abbiano considerato chi loro porta tali cose come causa di grandi doni e abbiano pregato in lacrime per loro con tutta la loro anima; e se abbiano sputato alla gloria di questo mondo e considerato leta­me le delizie di questo stesso mondo.Ma devo dire tanto e dire l’ovvio, allungando il mio commen­to? Se un uomo trova che ha raggiunto ogni virtù sentita dalla lettura della Sacra Scrittura e si è esercitato in ogni opera buo­na e conosce il grado del suo avanzamento e del cambiamento, per quanto riguarda ciascuna di esse, sta salendo alle vette della gloria divina, facendolo quindi partecipare a Dio e ai suoi doni; e coloro che lo vedono chiaramente, come quelli con una visio­ne più debole, lo riconosceranno. Coloro che sono come lui possono dire a tutti con coraggio: “Noi siamo ambasciatori per Cristo, come se Dio supplicasse attraverso di noi [...] siate ri­conciliati con Dio” (2 Cor 5, 20).

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Πάντες γὰρ οἱ τοιοῦτοι τὰς ἐντολάς τοῦ Θεοῦ ἐφύλαξαν μέχρι θανάτου, ἐπώλησαν τὰ ὑπάρχοντα αὐτῶν καὶ διένειμαν τοῖς πτωχοῖς, ἠκολούθησαν τῷ Χριστῷ διὰ τῆς τῶν πειρασμῶν ὑπο­μονῆς, ἀπώλεσαν τὰς ἑαυτῶν ψυχάς ἕνεκεν τῆς ἀγάπης τοῦ Θεοῦ ἐν τῷ κόσμῳ καὶ εὗρον αὐτὰς εἰς ζωήν αἰώνιον. Εὑρόν­τες δὲ τὰς ἑαυτῶν ψυχάς, ἐν φωτί νοητῷ εὗρον αὐτὰς καὶ οὕ­τως ἐν τῷ φωτί τούτῳ εἶδον τὸ ἀπρόσιτον φῶς, αὐτὸν τὸν Θε­όν, κατὰ τὸ γεγραμμένον˙ “ἐν τῷ φωτί σου ὀψόμεθα φῶς”. Πῶς οὖν ἔστιν εὑρεῖν τινα ἥν ἔχει ψυχήν, πρόσεχε! Ἡ ἑκάστου ψυχή ἐστίν ἡ δραχμὴ ἥν ἀπώλεσεν οὐχ ὁ Θεός ἀλλ᾿ ἡμῶν ἕκα­στος ἐν τῷ σκόστει τῆς ἁμαρτίας βυθίσας ἑαυτόν. Ὁ δὲ Χρι­στός, τὸ ὄντως φῶς, ἐλθών καὶ τοὺς ζητοῦντας αὐτὸν συναν­τῶν, ὡς οἶδε μόνος αὐτός, ἰδεῖν ἑαυτὸν αὐτοῖς ἐχαρίσατο. Τοῦ­τὸ ἐστιν εὑρεῖν τὴν ψυχήν αὐτοῦ τὸ ἰδεῖν τὸν Θεόν καὶ ἐν τῷ ἐκείνου φωτί αὐτὸν γενέσθαι ἁπάσης κτίσεως τῆς ὁρωμένης ἀνώτερον καὶ τὸν Θεόν σχεῖν ποιμένα καὶ διδάσκαλον, παρ᾿ οὗ καὶ τὸ δεσμεῖν καὶ λύειν, εἰ βούλει, γνώσεται, καὶ γνούς ἀκρι­βῶς προσκυνήσει τὸν δεδωκότα καὶ τοῖς χρῄζουσι μεταδώσει.

16. Τοῖς τοιούτοις οἶδα, τέκνον, δίδοσθαι τοῦ δεσμεῖν καὶ λύειν <τὴν ἐξουσίαν> ἀπὸ Θεοῦ Πατρός καὶ Κυρίου ἡμῶν Ἰησοῦ Χριστοῦ διὰ τοῦ Ἁγίου Πνεύματος, τοῖς θέσει οὖσιν καὶ ἁγίοις δούλοις αὐτοῦ. Τοιούτῳ καὶ αὐτὸς ἐγὼ ἐμαθήτευσα πατρί χει­ροτονίαν ἐξ ἀνθρώπων μὴ ἔχοντι, ἀλλὰ χειρί με Θεοῦ εἴτ᾿ οὖν πνεύματι εἰς μαθητείαν ἐγκαταλέξαντι καὶ τὴν ἐξ ἀνθρώπων χειροτονίαν διὰ τὸν παρακολουθήσαντα τύπον καλῶς λαβεῖν με κελεύσαντι, πάλαι ὑπὸ τοῦ Ἁγίου Πνεύματος ἐπὶ τοῦτο σφο­δρῷ πόθῳ κινούμενον.

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E tutti coloro che sono come costoro, hanno mantenuto i co­mandamenti di Dio fino alla morte. Hanno venduto i loro beni e distribuito i soldi ai poveri. Hanno seguito Cristo e subìto le tentazioni. Hanno perso la vita in questo mondo, per amore di Dio e la ritrovano nella vita eterna. E quando hanno ritrovato la loro vita, sono stati visti in una luce noetica. E poi in questa luce hanno visto la luce inaccessibile, [che è] Dio stesso, com’è scritto: “Nella tua luce vedremo la luce” (Sl 35, 10). Ma com’è possibile per uno trovare la vita che ha già? Fa’ molta attenzio­ne! La vita di ogni uomo è una dramma che abbiamo perso (cfr. Lc 15, 8-10). Per cui non è Dio, ma è ognuno di noi ad essersi immerso nelle tenebre del peccato. Ma Cristo, la luce vera, vie­ne e incontra faccia a faccia coloro che lo cercano garantendo che possono vederlo mediante i mezzi che Lui solo conosce. Questo è ciò che significa per uno trovare la sua vita: vedere Dio e in quella luce divenire più alto di tutti nella creazione vi­sibile e avere Dio come suo pastore e maestro dal quale, se lo desidera, imparerà a legare e a sciogliere. E dopo averlo appre­so con precisione, adora Dio che gli ha dato tale dono e lo tra­smetterà a tutti coloro che ne hanno bisogno. 16. Vidi che a questi uomini, figlio mio, è dato <il potere> di legare e sciogliere da Dio Padre e dal nostro Signore Gesù Cri­sto, per mezzo dello Spirito santo. Essi sono tra i suoi figli adottivi e servitori sacri. Io ero discepolo di un tale padre, che non ha avuto l’ordinazione da uomini ma mi ha fatto discepolo per la mano di Dio, ossia per lo Spirito santo. Egli mi ha ordi­nato di ricevere l’ordinazione dagli uomini, poiché era bene os­servare la forma consueta in quanto, dai miei primi giorni, lo Spirito santo mi stava muovendo verso di essa con un grande desiderio.

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17. Τοιγαροῦν γενέσθαι πρῶτον τοιοῦτοι εὐξώμεθα, ἀδελφοί καὶ πατέρες, καὶ οὕτως τοῖς ἄλλοις περὶ παθῶν ἀπαλλαγῆς καὶ ἀναδοχῆς λογισμῶν ὁμιλήσωμεν καὶ τοιοῦτον πνευματικόν ζη­τήσωμεν. Μᾶλλον μὲν οὖν τοιούτους ἐμπόνως ζητήσωμεν ἄν­δρας, τοὺς ὄντας μαθητὰς τοῦ Χριστοῦ καὶ μετὰ πόνου καρδίας καὶ δακρύων πολλῶν ἐπὶ ῥητὰς ἡμέρας ἱκετεύσωμεν τὸν Θεόν, ἵνα ἀποκαλύψῃ τοὺς ὀφθαλμούς τῶν καρδιῶν ἡμῶν πρὸς τὸ ἐπιγνῶναι, εἴ που καὶ τοιοῦτός τις ἐν τῇ πονηρᾷ ταύτῃ γενεᾷ ὤν εὑρεθήσεται, ὅπως εὑρόντες αὐτὸν ἄφεσιν λάβωμεν δι᾿ αὐτοῦ τῶν ἁμαρτιῶν ἡμῶν, τοῖς προστάγμασιν αὐτοῦ καὶ ταῖς ἐντο­λαῖς ὅλῃ ψυχῇ ὑπακούοντες, καθάπερ ἐκεῖνος, ἀκούσας τὰς τοῦ Χριστοῦ, γέγονε μέτοχος τῆς χάριτος καὶ τῶν δωρεῶν αὐ­τοῦ, καὶ τὴν ἐξουσίαν τοῦ δεσμεῖν καὶ λύειν τὰ ἁμαρτήματα παρ᾿ αὐτοῦ ἔλαβε τῷ Ἁγίῳ Πνεύματι πυρωθείς, ᾧ πρέπει πᾶσα δόξα, τιμὴ καὶ προσκύνησις σὺν τῷ Πατρί καὶ τῷ μονογενεῖ Υἱ­ῷ εἰς τοὺς αἰῶνας. Ἀμήν.

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17. Pertanto, miei fratelli e padri, preghiamo principalmente di divenire come loro, in grado di parlare agli altri della libertà dalle passioni e di sentire i loro pensieri. Cerchiamo un padre spirituale. Infatti, ricerchiamo accuratamente per trovare tali uomini, veri discepoli di Cristo. E supplichiamo Dio con doglie del cuore e molte lacrime per molti giorni per aprire gli occhi del nostro cuore affinché possiamo conoscere se e dove un tale uomo è da ricercarsi tra la nostra malvagia generazione. E, dopo averlo trovato, preghiamo affinché possiamo ricevere la remissione dei peccati per suo mezzo, obbedendo ai suoi co­mandamenti e ingiunzioni con tutta l’anima, proprio come lui obbedisce ai comandamenti di Cristo, ed è divenuto partecipan­te alla sua grazia e ai doni da Lui ricevuti; il potere di legare e sciogliere i peccati è dato dal fuoco dello Spirito santo, al quale sia ogni gloria, onore, e adorazione assieme al Padre e al Figlio unigenito nei secoli. Amìn.

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© Chiaranz Pietro - 2016

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