San Lorenzo: Ortopedia potenziata C' è un nuovo direttore ...

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06/12/2017 Corriere del Veneto (ed. Vicenza) pagina 11 San Lorenzo: Ortopedia potenziata C' è un nuovo direttore di reparto VALDAGNO È il dottor Vincenzo Furfaro il nuovo direttore del reparto di Ortopedia dell' ospedale San Lorenzo di Valdagno. A presentarlo ufficialmente ieri, nel corso di una conferenza stampa, il direttore generale dell' Ulss 8 Giovanni Pavesi e il sindaco Giancarlo Acerbi. Furfaro, che vanta una significativa esperienza in chirurgia della mano, traumatologia e chirurgia protesica, proviene dall' ospedale di San Bonifacio. Il suo arrivo, com' è stato sottolineato, segna un ulteriore passo in avanti dell' Unità operativa di ortopedia che si compone ora di sette medici specialisti (tre dei quali arrivati negli ultimi mesi), oltre a diciassette infermieri e undici operatori sanitari per le degenze ordinarie (in condivisione con Chirurgia e ORL), mentre sono sedici e sette gli infermieri e OSS assegnati all' attività di week e day surgery (sempre in condivisione con le specialità già citate). Ciò permetterà di far fronte a una mole di lavoro che lo scorso anno ha registrato oltre 1200 ricoveri e 1600 interventi nell' ambito delle principali patologie dell' apparato osseo, muscolare e dei tessuti connettivi. Sono quattordici i posti letto per le degenze ordinarie, ai quali se ne sommano altri dodici per i ricoveri settimanali e otto per i giornalieri. Tra gli obiettivi che Furfaro si è posto vi è una collaborazione sempre più stretta con i reparti di Ortopedia e Traumatologia del San Bortolo e di Montecchio Maggiore. Una sinergia auspicata e apprezzata anche dal sindaco Acerbi al fine di «garantire sull' intero territorio della valle dell' Agno e dell' ovest Vicentino prestazioni di altissima qualità».

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San Lorenzo: Ortopedia potenziata C' è un nuovo direttore di

reparto

VALDAGNO È il dottor Vincenzo Furfaro il nuovo direttore del reparto di Ortopedia dell' ospedale San Lorenzo di Valdagno. A presentarlo ufficialmente ieri, nel corso di una conferenza stampa, il direttore generale dell' Ulss 8 Giovanni Pavesi e il sindaco Giancarlo Acerbi. Furfaro, che vanta una significativa esperienza in chirurgia della mano, traumatologia e chirurgia protesica, proviene dall' ospedale di San Bonifacio. Il suo arrivo, com' è stato sottolineato, segna un ulteriore passo in avanti dell' Unità operativa di ortopedia che si compone ora di sette medici specialisti (tre dei quali arrivati negli ultimi mesi), oltre a diciassette infermieri e undici operatori sanitari per le degenze ordinarie (in condivisione con Chirurgia e ORL), mentre sono sedici e sette gli infermieri e OSS assegnati all' attività di week e day surgery (sempre in condivisione con le specialità già citate). Ciò permetterà di far fronte a una mole di lavoro che lo scorso anno ha registrato oltre 1200 ricoveri e 1600 interventi nell' ambito delle principali patologie dell' apparato osseo, muscolare e dei tessuti connettivi. Sono quattordici i posti letto per le degenze ordinarie, ai quali se ne sommano altri dodici per i ricoveri settimanali e otto per i giornalieri. Tra gli obiettivi che Furfaro si è posto vi è una collaborazione sempre più stretta con i reparti di Ortopedia e Traumatologia del San Bortolo e di Montecchio Maggiore. Una sinergia auspicata e apprezzata anche dal sindaco Acerbi al fine di «garantire sull' intero territorio della valle dell' Agno e dell' ovest Vicentino prestazioni di altissima qualità».

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06/12/2017 Corriere del Veneto pagina 2

Serenissima, l' azienda delle mense che fagocita i bandi della

sanità I sindacati: «Molto preoccupati»

Venezia Sei lotti, per altrettante aziende ospedaliere (ormai accorpate) e un filotto per Serenissima Ristorazione che arriva, così, a coprire buona parte dei servizi di ristorazione della sanità veneta. Il colosso da 5000 dipendenti delle mense che, negli anni, ha inanellato commesse importanti come il Gemelli di Roma, ha collezionato anche qualche scandalo come il cofinanziamento del centro di cottura di Boara Pisani, in Polesine da parte della Regione anche se la struttura è poi rimasta in capo all' azienda senza contare il recente allarme dei sindacati per le condizioni economiche dei dipendenti. Patron della Serenissima Ristorazione è quel Mario Putin che fu fra i principali sponsor dell' allora doge Giancarlo Galan. Già la Serenissima poteva contare su 60 milioni di appalti per la sanità su un totale di 77, con la gara di ieri sfiorerà il 95%. E all' apertura delle buste, ieri, in Azienda Zero, per la nuova maxi commessa delle mense sanitarie qualcuno ha parlato della Serenissima come della «Mantovani della ristorazione» alludendo alla ditta che, nelle infrastrutture, segnò l' era Galan. A partecipare al bando indetto un anno fa sono state più ditte, spesso solo in alcuni lotti, Serenissima e la milanese Dussmann, invece, ci hanno provato in tutti e sei e ha vinto la prima. In gara, oltre a queste due, c' erano tutti i maggiori player del settore fra cui la Vivendi di Roma, la Markas di Bolzano, la Gemeaz Elior di Milano, la laziale Allfood ed Eutourist New di Torino oltre a qualche cooperativa. Il «monopolio», come in molti lo definiscono, si è compiuto grazie a due parametri in cui la società vicentina si è aggiudicata il punteggio maggiore: qualità e prezzo. E sul prezzo, dicono i sindacati, quello 0,28 contro la media di 0,48 degli altri partecipanti parla di stipendi troppo magri. «Siamo molto preoccupati - commenta Margherita Grigolato della Filcams Cgil - è la peggiore delle ipotesi che poteva configurarsi: avendo un unico centro cottura a Boara Pisani temiamo che gli 850 dipendenti delle attuali mense incardinate nelle strutture sanitarie rischino di perdere il lavoro almeno per il 50%». La clausola sociale del bando, infatti, recita: «La ditta aggiudicataria dovrà riassorbire i lavoratori salvo riorganizzazione della società stessa». Una formula talmente elastica che potrebbe tradursi nella perdita di lavoro di una metà degli attuali dipendenti fra cui si contano 120 cuochi impegnati 8 ore al giorno e tutti gli altri in turni orari spesso col part time. A chi si chiede come può un unico centro cottura in Polesine servire non solo tutto il territorio regionale ma anche due nosocomi romani, fra gli altri, tocca rispondere all' inglese: c' è il «cook and chill» avallato dall' Organizzazione Mondiale della Sanità. Un piatto di pasta o qualsiasi altra pietanza, una volta cotti, vengono posti in un abbattitore che ne porta la temperatura a 3 gradi precisi. Così facendo i cibi, conservati su speciali carrelli, possono essere consumati senza perdere le loro proprietà organolettiche fra i 5 e i 12 giorni dalla preparazione. E se qualcuno si chiedesse dove finiscono le stoviglie sporche dopo i pranzi in ospedale o in un Ceod (Centro diurno per disabili), la risposta sarebbe: negli stessi furgoni che hanno portato i piatti da Boara Pisani. È la razionalizzazione, bellezza.

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06/12/2017 Corriere del Veneto pagina 2

Medici-Regione, ora scoppia la pace

Dopo settimane di scontro ieri la prima vera schiarita. Esultano le sigle:

«Pronti a sospendere gli scioperi del 13, 14 e 15 dicembre». L' intesa sugli

ambulatori aperti 12 ore: «Promessa gradualità»

Venezia Medici di base, happy end in vista. Al tavolo presieduto da Domenico Mantoan, direttore generale della Sanità della Regione, ieri è scoppiata la pace, per così dire. Dopo un braccio di ferro durato mesi, in un' escalation di polemiche e giornate di sciopero con adesioni molto alte, l' orizzonte si è rasserenato. Al punto che la tre giorni di scioperi (di un pacchetto complessivo di 81 giornate previste) in programma per il 13, 14 e 15 dicembre, sembra ormai scongiurata. L' ufficialità, però, ci sarà solo lunedì 11 dicembre quando si dovrebbe arrivare a una formalizzazione del pacchetto di richieste rivendicate dai medici. Pacati i toni della scarna nota della Regione che parla di «clima collaborativo» e spiega l' assenza dell' assessore alla Sanità Luca Coletto, impegnato a Roma in commissione Salute e Conferenza Stato-Regioni. Proprio per consentire la presenza dell' assessore, il tavolo è stato aggiornato proprio a lunedì prossimo. «Oggi (ieri ndr ) il piano è stato squisitamente tecnico, ora attendiamo la politica, - premette la dottoressa Liliana Lora dello Smi, una delle quattro sigle sindacali coinvolte insieme a Fimmg, Snami e Intesa Sindacale - ma direi che possiamo essere ottimisti». Prudente anche il comunicato dei sindacati di categoria: «L' incontro a Palazzo Balbi è stato fruttuoso e costruttivo. - scrivono le quattro sigle - Sono stati affrontati tutti i temi sollevati dai medici di medicina generale e su moltissimi è stata trovata un' intesa. Sarà compito della politica tracciare la via di attuazione l' 11 dicembre». A leggere fra le righe il messaggio risulta chiaramente diretto all' assessore Coletto, al centro di scontri, nelle ultime settimane, molto accesi. La ciliegina sulla torta arriva alla fine: «Al momento ci sentiamo ottimisti circa la possibilità che lo sciopero possa essere sospeso». Insomma, se di braccio di ferro si è trattato, pare stiano vincendo i battaglieri camici bianchi. «Sul piano tecnico - conferma Domenico Crisarà della Fimmg - ci siamo trovati praticamente su tutto. Credo che le motivazioni di questo cambio di rotta da parte della Regione siano da ricercarsi sui dati della massiccia adesione all' ultimo sciopero ma anche alla solidarietà dei cittadini, non c' è stato neppure un mugugno». Si avvicina, così, il cessate il fuoco su di un pugno di nodi che per i medici sono allineati in una sorta di linea Maginot. «La situazione si sta sbloccando - spiega la dottoressa Lora - . Si riprende, così, un lavoro bruscamente interrotto senza che ce ne venisse spiegata la ragione. Ci stiamo battendo per rendere più efficiente il sistema di cura del paziente». In una battaglia per molti versi inedita, i medici di base hanno combattuto palmo a palmo. A partire da quel fascicolo elettronico che renderà il Veneto - la sperimentazione è già in corso da un anno con più di 400 dottori - la prima regione italiana in grado di dematerializzare completamente ricette e fascicoli, appunto. I medici chiedono, però, che la Regione, attraverso le aziende sanitarie, sia il richiedente formale per l' accesso e la digitalizzazione dei dati sensibili, quelli sulla salute dei pazienti, raccolti dai medici che così sarebbero tutelati proprio in materia di privacy. Altro punto caldissimo è la riorganizzazione di case di riposo, strutture intermedie e ospedali di comunità da cui i medici di base non vogliono essere estromessi. Uno degli scogli in via di risoluzione è quello delle Medicine di Gruppo Integrate. Riconoscendo le difficoltà della Regione

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sotto il profilo della sostenibilità economica a causa dei tagli, i medici hanno accettato una gradualità nell' estensione dell' attività ambulatoriale. Tradotto, ci vorrà del tempo per arrivare agli ambulatori aperti h12 e h24, si potrebbe iniziare con un h10. E, infine, mancano all' appello anche le cure palliative per le assistenze domiciliari.

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06/12/2017 Corriere delle Alpi pagina 23

«Vogliamo un vero Pronto soccorso»

Il Comitato per l' ospedale di Agordo attacca. Sindaci e 5 Stelle a confronto sul

futuro dell' ospedale

AGORDO «Se nelle nuove schede ospedaliere per Agordo non ci sarà un Pronto soccorso con quello che serve perché sia davvero tale, siamo pronti a ricorrere nuovamente alla giustizia sulla base del principio della golden hour: ogni cittadino ha diritto a raggiungere un vero Pronto soccorso entro un' ora».Lo ha detto Denni Dorigo del Comitato per l' ospedale di Agordo nel dibattito mandato in onda ieri da Radio Più.Un dibattito che ha visto confrontarsi fra loro lo stesso Dorigo, Silvia Tormen e Gianni Ferrini del Gruppo di lavoro degli amministratori locali agordini, Sisto Da Roit vicepresidente dell' esecutivo della Conferenza dei sindaci dell' Usl e Gladis Riva del Meet Up Agordino 5 Stelle. Tema caldo quello relativo al laboratorio analisi smantellato dall' Usl e sostituito con l' apparecchiatura Poct. Se per la maggior parte degli utenti che si recano a fare il prelievo al mattino le cose non cambiano, dal dibattito è emerso come senza un laboratorio analisi è a rischio l' esistenza di un Pronto soccorso e di un ospedale per pazienti acuti. «Mi risulta per esempio», ha detto Silvia Tormen, «che dei pazienti chemioterapici abbiano avuto delle variazioni temporali nel ricevere il risultato per la programmazione della terapia. Il Poct poi dà risultati di tipo indicativo e, a distanza di breve tempo, tali risultati possono essere diversi fra loro. Ci sono delibere della Regione Lombardia che spiegano come si tratti di una strumentazione che va bene nell' emergenza o come salvavita, ma non per l' operatività del reparto e del pronto soccorso».Dello stesso avviso Sisto Da Roit che già anni fa aveva fatto uno studio sull' uso del Poct. «In tutte le Regioni in cui viene usato», ha detto, «non si tratta di ospedali per acuti e comunque si tratta di strutture vicine a strutture ospedaliere vere e proprie. Se vuoi un ospedale per acuti non puoi accontentarti del Poct».«Dall' approvazione del piano socio sanitario», ha ricordato Dorigo, «Agordo non è più un ospedale per acuti, ma è previsto un Pronto soccorso che per essere tale, lo dice la legge regionale, deve avere un laboratorio analisi, una radiologia e una unità operativa di anestesia e rianimazione. Oggi l' ospedale non è più in grado di gestire le urgenze ed emergenze e quindi non c' è più un pronto soccorso».I sindaci hanno chiesto il ripristino del laboratorio analisi, ma Usl e Regione hanno fatto spallucce. Gli amministratori hanno chiesto ancora un incontro. Nel frattempo Riva chiede perché non vengano mandati ad Agordo due dei tecnici di laboratorio assunti dall' Usl: «Ne hanno assunti sei, due li hanno mandati a Feltre, uno a Pieve. Perché gli altri due non li mandano ad Agordo con alle apparecchiature che hanno trasferito?». «Se non ci sarà un laboratorio analisi», ha aggiunto Ferrini, «il gruppo di lavoro riporterà la questione in conferenza dei sindaci per rivalutare l' utilizzo dei 2,5 milioni di euro dei fondi di confine per il pronto soccorso».

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Belluno) pagina 37

Lotta per il laboratorio analisi

I primi cittadini considerano inaccettabile il progressivo smantellamento della

struttura Amministratori e Comitato di nuovo in campo a difesa dell' ospedale:

«Deve rimanere per acuti»

AGORDO La Usl 1, spostando le apparecchiature del laboratorio analisi da Agordo a Belluno e di fatto chiudendo questa struttura alla vigilia della ristrutturazione del pronto soccorso con i soldi dei fondi di confine, ha allarmato per l' ennesima volta la vallata. La prima conseguenza è il ritorno con la gran cassa del Comitato per l' ospedale, lo stesso delle grandi manifestazioni che hanno coinvolto migliaia di persone, quello della calata ai palazzi veneziani. Il portavoce è Denni Dorigo: «Ci sono rimasto proprio male - afferma -; dopo un primo periodo in cui sembrava che il direttore generale Adriano Rasi Caldogno ci stesse ad ascoltare, ora mi rendo conto che si sta comportando come chi lo ha preceduto, non ci viene raccontata la verità. Dal piano socio sanitario è evidente che Agordo non è più ospedale per acuti: chiamiamolo con il suo nome e cioè ospedale di rete. Il pronto soccorso per poter operare al meglio come unità operativa deve poter rispondere a determinate funzioni, non ultimi con il laboratorio analisi, la radiologia, l' anestesia e la rianimazione. IL LABORATORIO ANALISI L' aver appreso dalla stampa e da voci provenienti dall' ospedale che il laboratorio analisi stava per chiudere non va proprio giù al sindaco di Taibon Silvia Tormen: lo ha ribadito in un dibattito a Radio Più, confermando come tra amministratori e direzione sanitaria dell' Usl 1 i rapporti siano tutt' altro che idilliaci al punto da ribadire la minaccia di ritirare il contributo di 2,5 milioni dei fondi di confine destinati alla ristrutturazione del pronto soccorso dell' ospedale di Agordo. «Ai sindaci la proposta è stata fatta ed è stata votata all' unanimità, quello che accadrà lo decideremo allo stesso tavolo», dice la Tormen. Il voler difendere il laboratorio analisi non è un fatto di principio ma la consapevolezza, secondo il coordinatore del gruppo di lavoro sanità agordina, che molti cittadini necessitano di un percorso diagnostico particolare. «Il Poct, apparecchiatura per la analisi - ha aggiunto - nel breve tempo dà risultati differenti. Non è idonea per il nostro ospedale; anche varie delibere della Regione Lombardia hanno questo parere su questa strumentazione». Pure il sindaco di Agordo, Sisto Da Roit, concorda: «Il Poct va bene in alcuni casi ma non per altri, non ci si può accontentare di questa strumentazione se si vuole un ospedale per acuti». Per Dorigo del Comitato per l' ospedale non esiste un pronto soccorso senza laboratorio analisi, mentre Giovanni Ferrini, vicesindaco di Falcade, insiste nel sottolineare la necessità che intervenga la Regione. A tal proposito Gladys Riva, del movimento 5 Stelle, è ancora più chiara: «Se continuiamo a risolvere i problemi degli altri con i soldi di confine, come in questo caso al posto della Regione o come nel caso dei soldi per la tangenziale, andrà a finire che ci sarà richiesto sempre di più mentre quei finanziamenti servono per altre cose». UNIONE DEI SINDACI Il sindaco Da Roit, con carica istituzionale in ambito sanitario all' interno della conferenza dei sindaci, di recente ha lasciato il gruppo sanità per dissapori con i colleghi ma precisa che non esiste rottura tra i 16 sindaci: «Ci sono state delle incomprensioni, mi pare evidente, ma nessuno di noi vuole perdere servizi nell' Agordino perché sappiamo benissimo che questo favorisce lo spopolamento». A innervosire i sindaci ha contribuito il direttore generale non rispondendo al documento da loro inviato a inizio novembre. «Non ci hanno

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risposto - sottolinea Ferrini - non è accettabile che un direttore parli con un solo sindaco. Non trovo normale che venga scelto un interlocutore a proprio piacimento», evidente il riferimento al colloquio che Rasi Caldogno ha avuto con il solo sindaco di Agordo, fatto contestato dall' intero gruppo sanità. «Caldogno - ribatte Da Roit - mi ha solo evidenziato la planimetria dei nuovi lavori e mi sono limitato a chiedere informazioni su radiologia e laboratorio analisi. Risposte che ho portato a conoscenza del gruppo di lavoro e dei sindaci». Mirko Mezzacasa.

MIRKO MEZZACASA

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Belluno) pagina 38

Ospedale Codivilla Putti riscaldamento a nuovo

L' Usl per i due padiglioni spenderà 584mila euro

CORTINA Lavori in corso al Codivilla Putti. L' Usl 1 spenderà 584mila euro per rifare le centrali termiche dei padiglioni Codivilla e Putti dell' ospedale di Cortina. Il direttore generale Adriano Rasi Caldogno ha approvato il progetto esecutivo del duplice intervento, proposto dall' ingegner Stefano Lazzeri, responsabile del servizio tecnico. L 'autorizzazione ad eseguire i lavori era stata assunta lo scorso 27 settembre, nell' ambito del contratto per la gestione del servizio di energia e calore e la conduzione e gestione degli impianti delle strutture sanitarie delle Aziende Usl 1 di Belluno, stipulato nel 2012 con la ditta Siram spa. In seguito è intervenuto l' ingegner Giorgio Artusi per conto della ditta Siram, mentre il progetto esecutivo validato dei lavori di adeguamento delle centrali termiche dei due padiglioni è stato redatto dall' ingegner Giorgio Artusi della società Biessea Controlli per conto di Siram. Nell' importo complessivo di 584.564 euro concorrono diverse voci, nelle opere previste, dettagliatamente descritte nelle relazioni tecniche di progetto e negli elaborati grafici ad esso allegati. Questo intervento è significativo della volontà della Usl bellunese di investire nel rinnovo, nel potenziamento dell' ospedale di Cortina, non soltanto nella dotazione di personale, nella disponibilità di servizi all' utente, ma anche nella struttura stessa. Nel dettaglio, per i lavori di adeguamento della centrale termica del Codivilla si spenderanno 295.402 euro; per la centrale termica del Putti 169.792. Vanno aggiunti oneri della sicurezza per 13.955 euro, per un totale dei lavori di 479.151 euro, ai quali aggiungere 105.413euro a disposizione dell' amministrazione.

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Belluno) pagina 31

«Invalida per le cure errate dei medici» Paziente agordina chiede

danni all' Usl

IN TRIBUNALE BELLUNO «Invalida dopo le cure sbagliate». La vicenda è ancora nella fase embrionale e è tutta da accertare. La donna, una agordina, ha chiesto una perizia in Tribunale per valutare quanto accaduto. L' udienza in materia di responsabilità professionale medica si è svolta ieri mattina, a seguito del ricorso per un accertamento tecnico preventivo presentato dalla paziente, che si è affidata all' avvocato Giuseppe Antoniazzi del Foro di Treviso. L' Usl di Belluno invece era rappresentata dall' avvocato Alberto Donati sempre del foro Treviso. L' incarico legale è stato dato con una recente delibera, in cui l' Usl ha deciso di costituirsi in giudizio e ha impegnato 874 euro di spese legali. Ieri mattina il giudice ha nominato i periti che dovranno valutare se ci sia stata o meno la responsabilità medica che la paziente lamenta. Secondo la donna i trattamenti errati, ricevuti nella cura del ginocchio con diversi accessi all' ospedale sarebbero stati la causa di una presunta invalidità permanente che comporta anche difficoltà nella deambulazione. Il danno non è stato quantificato e si attende ora la relazione dei periti che verrà depositata entro il 31 maggio 2018. Non è l' unico caso di colpa medica approdato negli ultimi giorni di fronte al giudice civile del Tribunale di Belluno. Un' altra vicenda è stata trattata negli ultimi giorni di novembre e vede un legale pugliese per la paziente e l' avvocato Antonio Prade incaricato dall' Usl, che si è costituita nel giudizio. Infine l' Usl, in esecuzione dell' ordinanza del Tribunale di Belluno, ha sborsato circa 5500 euro per due consulenze su un procedimento per causa medica. Oltre ai soldi dovuti al proprio consulente (2mila 500 euro per il professor Giovanni de Manzoni) ha dovuto pagare (perché obbligata in solido con la controparte) anche il consulente tecnico d' ufficio, dottoressa Nicoletta Soldà, per 3mila euro,

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Padova) pagina 30

«Il Giustinianeo per rilanciare la città»

E sull' accordo con la Regione: «Lo avremmo già firmato se Zaia non fosse

partito male sull' attuale policlinico» Il vicesindaco Lorenzoni: «Gli ospedali

dismessi diventano sacche di degrado, un errore che non vogliamo

commettere»

L' INTERVISTA PADOVA Un progetto di valore per il polo sanitario di via Giustiniani. E un aiuto per realizzare altri interventi significativi per il futuro della città, come la nuova linea del tram, il recupero di via Anelli, dell' ospedale militare, delle caserme dismesse e ancora inutilizzate. Il Comune, quindi, potrebbe dare il via libera alla cessione gratuita alla Regione delle aree di San Lazzaro per costruire il nuovo ospedale, in cambio di una disponibilità da parte dello stesso governo veneto a fare partire i cantieri per queste opere. Insomma un do ut des, ancora da definire nei dettagli, ma che alla fine potrebbe essere il punto d' incontro tra Comune e Regione per sbloccare la questione del nuovo policlinico. E del fatto che la soluzione sia imminente è più che mai convinto il vice sindaco Arturo Lorenzoni, che a Palazzo Moroni ha anche la delega ai rapporti con l' Ateneo. Lorenzoni, esattamente che cosa chiede la vostra amministrazione a Zaia in cambio della cessione dei terreni a Padova est? «Progettualità sulla città». Che cosa vuol dire? «Una prospettiva sanitaria reale su via Giustiniani, concreta e prestigiosa. E poi un aiuto per alcune infrastrutture strategiche per Padova». Per esempio? «Il tram, innanzitutto. E poi la rigenerazione di aree abbandonate e degradate come via Anelli, l' ex ospedale militare e le caserme. Perché anche qui si gioca il futuro di Padova. Anche l' Università condivide il nostro progetto per la città e l' amministrazione non ha nessun parere preconcetto». Ma l' accordo è possibile in tempi brevi? «Lo avremmo già siglato se Zaia non avesse sbagliato il punto di partenza riguardante il polo via Giustiniani: solo con la certezza di un progetto serio per quest' ultimo discutiamo di San Lazzaro. Abbiamo ribadito che siamo pronti a fare un passo indietro, a condizione, però, che venga concretizzato un piano prestigioso per il sito attuale. E attenzione, non stiamo parlando di un semplice restauro, ma di un progetto di grande valore. Ci sta a cuore recuperare queste aree e non cadere nell' errore commesso altrove, dove gli ospedali dismessi sono diventati sacche di degrado. Per noi non è una questione di soldi, ma di progettualità per rigenerare Padova». Ma come può la Regione contribuire a realizzare interventi di riqualificazione? «C' è la legge 34 del 2017 che prevede appunto la possibilità di mettere disposizione finanziamenti per la rigenerazione urbana». Come giudica il fatto che Zaia abbia delegato il direttore generale Luciano Flor a trattare con il Comune? «Per me è positivo, perché Flor conosce la sanità padovana, è una persona competente e concreta. Sono certo che con lui in tempi brevi troveremo un' intesa. Io sono molto fiducioso». Che non passa necessariamente attraverso il pagamento al Comune delle aree di San Lazzaro. «Privilegeremo i progetti di valore per Padova, possibili appunto in virtù della legge che ho citato, grazie alla quale si potrebbero far rinascere zone oggi dimenticate». Lei, però, ha parlato anche del tram. «Per la nuova linea è previsto un co-finanziamento, di cui potrebbe farsi carico appunto la Regione». Dopo cinque mesi di amministrazione che bilancio fa? «Il problema più grosso è dovuto al fatto che la politica spesso non si confronta sul merito, ma sul consenso, e questo non sempre facilita l' individuazione delle soluzioni». Quali sono

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oggi le sue priorità? «C' è l' ospedale, ma ci sono anche il tram, la re-impostazione urbanistica per rendere la città più accessibile e per spingere sull' innovazione, affinché gli investimenti tornino qui: Padova deve essere una città che produce, non che consuma. Ma il primo impegno è una maggiore attenzione per le fragilità delle persone, riattivando il dialogo con le associazioni e con tutti i volontari che si spendono ogni giorno per anziani, disabili e persone in difficoltà. Ci sono anche molti giovani che si danno da fare in questo ambito e sarebbe bello offrire loro un' opportunità. Padova ha un potenziale sociale enorme che vogliamo sostenere al massimo». E i profughi? «A loro e alle persone in situazioni di disagio bisogna dare ascolto, come è avvenuto nei giorni scorsi con i migranti che protestavano davanti alla Prefettura, e prospettive. Certo non possiamo ospitare tutti. E la soluzione migliore è quella dell' accoglienza diffusa, disegnando nel contempo percorsi di integrazione». Nicoletta Cozza © RIPRODUZIONE RISERVATA.

NICOLETTA COZZA

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Padova) pagina 30

Rinviato il summit fra Giordani e Flor

Rinviato il primo incontro fra il sindaco Giordani e il dg dell' Azienda ospedaliera Luciano Flor per la proposta di condivisione con Zaia sul nuovo ospedale. Ma problemi di agenda del sindaco hanno costretto a rinviare l' appuntamento alle prossime ore. Sul piatto l' idea di Zaia, Padova est gratuita e doppio polo, oppure esproprio e polo unico, e quella dell' amministrazione che in cambio della gratuità chiede opere, dalla riqualificazione di via Anelli, alla linea del tram stazione ponte di Brenta al parco delle mura.

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Padova) pagina 35

Ospedali a misura di donna, una pioggia di bollini rosa

Diciotto riconoscimenti ai poli sanitari di città e provincia Il direttore Scibetta:

«Livello molto alto di attenzione alla salute»

ASSISTENZA PADOVA La sanità padovana si conferma intrinsecamente e convintamente attenta alla salute femminile. Prova ne sono i 18 bollini rosa assegnati ieri ai poli ospedalieri di città e provincia da Onda, l' Osservatorio nazionale sulla salute della donna. Ebbene l' Istituto oncologico veneto ha incassato tre bollini rosa, così come l' Azienda ospedaliera universitaria. Due bollini sono andati ad ognuno dei nosocomi di competenza dell' Ulss 6 Euganea, che così ne ha portati a casa complessivamente dieci, equamente distribuiti tra Sant' Antonio di Padova, Immacolata Concezione di Piove di Sacco, Madre Teresa di Calcutta di Schiavonia, Pietro Cosma di Camposampiero e presidio di Cittadella. Due bollini rosa inoltre per il Policlinico di Abano Terme, struttura privata convenzionata. Attestato pubblicamente dunque l' impegno profuso dalla sanità patavina sul fronte della salute femminile. STRUTTURE «Manteniamo un livello molto alto di attenzione nei confronti della salute della donna: i due bollini rosa assegnati a ciascuno dei nostri ospedali commenta il direttore generale dell' Ulss 6 Euganea, Domenico Scibetta testimoniano a livello nazionale la bontà di un processo omogeneo e condiviso sull' intero territorio di nostra competenza». La valutazione delle strutture ospedaliere e l' assegnazione dei bollini è avvenuta tramite un questionario composto da oltre 300 domande suddivise in 16 aree specialistiche, dalla ginecologiaostetricia alla pediatria, dalla cardiologia alla neurologia, dalla neonatologia alla psichiatria, dalla diabetologia alla geriatria all' oncologia, solo per citarne alcune. SERVIZI Una commissione multidisciplinare, presieduta da Walter Ricciardi, presidente dell' Istituto Superiore di Sanità, ha poi validato i bollini considerando gli elementi qualitativi di particolare rilevanza. Tre i criteri di valutazione: la presenza di aree specialistiche di maggior rilievo clinico ed epidemiologico per la popolazione femminile, l' appropriatezza dei percorsi diagnostico-terapeutici e l' offerta di servizi rivolti all' accoglienza e alla presa in carico delle pazienti. «Siamo orgogliosi del riconoscimento, evidentemente - osserva il dg dello Iov, Patrizia Simionato - tutte le iniziative che come Istituto abbiamo realizzato nel campo della salute della donna sono state valutate come eccellenti a livello nazionale».

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Rovigo) pagina 27

Vaccino contro il tetano introvabile

Il presidente dei farmacisti: «I rifornimenti dovevano iniziare ad arrivare a

ottobre, ma qui non se ne sono visti» Da agosto risultano esaurite le fiale sia

negli ospedali che nelle farmacie: a rischio chi si ferisce con un ferro

VACCINAZIONI ROVIGO Contrarre il tetano in Polesine potrebbe essere fatale. E' ancora introvabile infatti il vaccino dell' antitetanica. Ormai da agosto i magazzini che riforniscono le farmacie italiane ne sono infatti sprovvisti. L' Aifa, Agenzia italiana del farmaco, nei mesi scorsi ha autorizzato l' importazione in deroga del medicinale, qualche dose ha dunque raggiunto anche l' Ulss polesana, non in quantità sufficiente però per coprire le necessità attualmente presenti negli ospedali. Una vera e propria odissea per coloro che si feriscono con ferri arrugginiti o vengono morsi da animali. FERITE A RISCHIO Per chi infatti non è vaccinato una lesione, anche lieve, potrebbe rivelarsi letale. Nell' anno in cui in Italia i vaccini, senza non poche polemiche, sono diventati obbligatori per gli under 16, un vaccino da anni presente nel nostro Paese manca ora all' appello. «Il farmaco è ancora introvabile - spiega il presidente dell' Ordine dei farmacisti della provincia di Rovigo, Alberto Meloncelli - I rifornimenti dovevano arrivare a ottobre, siamo a dicembre e le farmacie sono ancora sprovviste di fiale di antitetanica». «Il problema principale - continua Meloncelli - si pone per quelle categorie di lavoratori a rischio di contrarre il virus in quanto a contatto con arnesi e oggetti di ferro. Alcune categorie professionali hanno infatti l' obbligo dell' antitetanica: il non averla può pregiudicare l' idoneità a svolgere determinate mansioni. C' è dunque molta preoccupazione tra questi lavoratori che settimanalmente arrivano in farmacia per chiedere se le fiale sono finalmente disponibili». FERRO ARRUGGINITO E MORSI Più tranquilla, invece, fa sapere il presidente dell' Ordine dei farmacisti, la situazione sul fronte dei morsi di animali. «Difficilmente il morso di un cane domestico porta la vittima a contrarre il tetano - spiega Meloncelli - Il pericolo sussiste però nel caso di animali randagi». Ma allora cosa fa attualmente chi si ferisce ed è a rischio di contrarre il tetano? «Sono disponibili, anche se in dosi ridotte, dei farmaci a base di immunoglobulina antitetanica - rassicura il medico - Si tratta di farmaci che danno una protezione immediata, anche se limitata nel tempo: durano circa 20 giorni. Il vaccino invece dà una copertura duratura e più completa». Attualmente però per un adulto non è possibile ricevere la profilassi antitetanica. In alcuni casi, l' alternativa è sottoporsi alla doppia vaccinazione tetano-difterite, la cui dose singola è infatti ancora non reperibile. L' Aifa ha spiegato che una carenza di sangue ha causato problemi alla produzione del vaccino e per questo l' antitetanica scarseggia. Pochi giorni fa un gruppo di senatori, tra cui il vice presidente della Fofi (Federazione ordine dei farmacisti) Andrea Mandelli, ha depositato un' interrogazione parlamentare sula mancanza del vaccino, sottolineando che non esiste alcuna immunizzazione naturale contro la malattia e puntando l' accento sulle ripercussioni in termini di sicurezza nazionale della mancanza del farmaco. Il tetano è infatti una malattia infettiva molto grave che può causare contrazioni muscolari e anche morte per asfissia. PROFILASSI DIMEZZATA «Il vaccino è compreso nell' esavalente - spiega Francesco Noce, presidente dell' Ordine dei medici chirurghi di Rovigo (nella foto) - Si somministra nel primo anno di vita del bambino. Il problema della mancanza di dosi si presenta però nei casi di pazienti vittima di incidenti domestici privi di

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copertura antitetanica. Se la ferita è contaminata si deve procedere alla vaccinazione entro le 24 ore, soprattutto nei casi in cui tali pazienti non siano in possesso del cartellino delle vaccinazioni». Peccato che il vaccino sia irreperibile. Roberta Merlin.

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Rovigo) pagina 27

Medici di base, scatta l' allarme: tra otto anni passeranno da 172 a

57

Medici di base, scatta l' allarme: tra otto anni passeranno da 172 a 57

SANITÀ ROVIGO Il presidente dell' Ordine dei Medici di Rovigo, Francesco Noce, fa il punto sulla sanità locale. «Nella nostra provincia sono oltre 5mila le persone costrette a rinunciare ad accertamenti e cure perché non se lo possono permettere a causa di ticket, superticket e prestazioni cancellate dalla concedibilità attraverso il Sistema Sanitario Nazionale. Come Ordini abbiamo richiesto che il tempo da dedicare al paziente, venga inteso come tempo di cura. Questo cozza con i tempi imposti ai medici in alcune Regioni, per cui una visita deve essere eseguita in 10 minuti, un' ecografia ginecologica in 20 minuti e via dicendo, indicando per ogni prestazione il limite temporale entro cui la stessa va eseguita. Così si riducono le liste di attesa, ma non è il metodo più corretto, anche perché poi a farne le spese sono i malati e ad esser colpevolizzati in caso di eventi sfavorevoli sono i medici». CAMPAGNA NO-VAX Noce interviene sulla questione della recente propaganda antivacciniste. «A propugnarla - dice - sono associazioni che hanno come referenti scientifici persone non competenti e medici radiati dall' Ordine: solo riferendosi a 7 dei 10 vaccini resi obbligatori dal recente decreto legge, sono state prevenute 33mila morti e 14 milioni di casi di malattia per ogni nuovo nato. Laddove non si è provveduto alla vaccinazione in quantità sufficiente, si sono verificati casi di patologie altrove scomparse per cui non si è potuto raggiungere l' eradicazione completa di malattie gravissime, che anzi sono ricomparse con il loro carico di mortalità. Dei 4.000 casi di morbillo rilevati in questo ultimo periodo, si sono registrati 4 decessi, uno ogni mille casi, e ben il 40% è stato ricoverato per complicazioni». SCIOPERO DEI CAMICI BIANCHI Preoccupazione sul presente e sul futuro della nostra sanità. «Confidiamo che presto trovi positiva conclusione l' agitazione dei medici di base che ha visto l' adesione del 90,57% in Polesine, per veder attuato e portato a termine quanto già previsto nel Piano sanitario regionale, con l' attivazione di medicine di gruppo integrate, ospedali di comunità, fascicolo sanitario, ricetta dematerializzata e non decolorata, come avviene ancor oggi, assistenza nelle Rsa e negli hospice, cure palliative a domicilio. Nel giro di otto anni, 2.700 medici veneti di medicina generale lasceranno il servizio per limiti di età. Nella nostra provincia ben 115 su 172 e, causa una cattiva programmazione relativa al numero chiuso e ai pochi posti disponibili per accedere al corso specifico (50 ogni anno nel Veneto, Ndr), sarà difficile sostituirli. Abbiamo dovuto registrare come alcuni concorsi banditi dalla nostra Ulss per assumere personale medico in alcune specialità siano andati deserti per mancanza di concorrenti - continua Noce - L' Ulss 5 Polesana si è vista tagliare 25 milioni di euro, eppure la nostra provincia è un esempio per la razionalizzazione sanitaria, raggruppando quattro ospedali in uno per diminuire la spesa e dare migliori risposte ai cittadini. La nostra realtà territoriale presenta caratteristiche peculiari da tenere in considerazione, in ambito di programmazione sanitaria». Marco Scarazzatti.

MARCO SCARAZZATTI

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Treviso) pagina 30

Pediatria va a casa dei piccoli malati

Benazzi: «Potranno fare le terapie senza venire in ospedale così

continueranno a stare in famiglia e andare a scuola» L' Ail ha donato all' Usl 2

un' auto completamente attrezzata servirà per curare a domicilio i bambini con

patologie gravi

SANITA' TREVISO Da fuori sembra un' auto come tante altre. Ma dentro c' è un piccolo ospedale pediatrico. Un ospedale su quattro ruote per andare a curare i bambini colpiti da tumore e leucemia acuta, spesso in fase terminale, direttamente a casa loro. C' è tutto il necessario: dal materiale per eseguire i prelievi del sangue fino agli strumenti per la chemioterapia. In questo modo si riducono al minimo i passaggi nei Day hospital e nei reparti veri e propri. E, soprattutto, si permette ai piccoli di condurre una vita il più possibile normale, senza essere sempre costretti tra le mura di un ospedale. Il nuovo mezzo, il primo del genere nella Marca, è stato presentato ieri al Ca' Foncello. L' auto è stata donata dall' Ail di Treviso, l' associazione italiana contro le leucemie, guidata da Ernesto Bosa. Verrà subito messa a disposizione del personale sanitario che garantisce l' assistenza domiciliare pediatrica ai piccoli pazienti onco-ematologici. Al momento ne vengono seguiti 15 in tutta la provincia. LA VITA DI SEMPRE «Grazie a questo servizio i piccoli possono fare le terapie continuando la loro vita, andando a scuola e stando con gli amici sottolinea Francesco Benazzi, direttore generale dell' Usl della Marca si parla spesso di risultati importanti come la chirurgia robotica. È giusto. Ma anche l' assistenza domiciliare ai piccoli pazienti terminali rappresenta una vera e propria eccellenza. Da una parte c' è l' accompagnamento del bambino, con i pediatri e gli infermieri che concordano gli orari degli interventi per consentire ai piccoli una vita il più normale possibile, e dall' altra c' è il sostegno alla famiglia, con tutto ciò che ne consegue. Questa è la vera sanità. Quella che nel momento del bisogno dà le risposte opportune con un alto grado di umanizzazione dei servizi». Il progetto dell' assistenza domiciliare pediatrica, finanziato con 400mila euro, va avanti da ormai quattro anni proprio grazie all' Ail. Come riferimenti all' interno del Ca' Foncello ci sono Stefano Martelossi, primario della Pediatria, e Paolo Grotto, responsabile dell' unità di Emato-oncologia pediatrica. In tutto sono stati appositamente formati 112 operatori. Gli orari degli interventi nelle case sono concordati in base alle esigenze dei bambini e delle famiglie. Generalmente i prelievi di sangue vengono eseguiti al mattino presto per permettere ai piccoli di andare a scuola. Mentre i pediatri si accordano con i genitori per fare le visite nel lasso di tempo che sta tra il rientro da scuola e l' inizio delle attività del pomeriggio. PERCORSO ASSISTITO «Questa forma di assistenza permette ai piccoli pazienti di poter avere a domicilio prestazioni sanitarie per le quali dovevano in precedenza recarsi al Day hospital emato-oncologico pediatrico specificano dall' azienda sanitaria ciò porta al coinvolgimento diretto di pediatri e specialisti, riducendo gli accessi in ospedale. Il percorso di assistenza prevede anche la presa in carico di bambini che eseguono la fase di chemioterapia aggressiva o in fase di terminalità della vita, evitando l' ospedalizzazione e rimanendo nell' ambiente familiare». IL BENE DEI PAZIENTI È impossibile immaginare qualcosa di più delicato che accompagnare un bambino che si sta spegnendo: «Se l' assistenza domiciliare per i pazienti oncologici è di estrema rilevanza negli adulti, figuriamoci che significato assume nei bambini conclude

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Benazzi offrire loro prestazioni domiciliari di prelievo del sangue e controllo clinico ha la valenza di consentire a tutto il nucleo familiare il distacco dall' ambiente ospedaliero, spesso ulteriore fonte di apprensione e di consolidamento della consapevolezza di malattia. È un grande segno di attenzione e umanizzazione delle cure. Non posso che ringraziare l' Ail; questa nuova sinergia sottolinea ancora una volta quanto sia importante avere al fianco associazioni e volontari con cui condividere obiettivi per il bene dei pazienti». Mauro Favaro.

MAURO FAVARO

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06/12/2017 Il Gazzettino (ed. Treviso) pagina 41

Benazzi al sindaco Sech «L' ospedale resterà qui»

Il Bon Bozzolla, però, deve tornare ad essere dell' Usl

PIEVE DI SOLIGO «Allarmismi inutili, l' ospedale di comunità è confermato a Soligo». Il direttore generale dell' Usl 2 Francesco Benazzi replica al vicesindaco di Pieve di Soligo Gianfranco Sech che ha parlato di «scippo al territorio» con riferimento al fatto che l' ospedale di comunità del Quartier del Piave, struttura intermedia tra l' ospedale e i servizi ambulatoriali, non compare nelle ultime schede regionali. Sech ha puntato il dito contro la Regione chiedendo che «restituiscano l' ospedale di comunità al Quartier del Piave» SEDE AL BON BOZZOLLA «L' impegno dell' Usl e della Regione per quanto riguarda il Quartier del Piave è inalterato: quando saranno ultimati i lavori di ristrutturazione del Bon Bozzolla a Soligo troverà posto l' ospedale di comunità» rassicura Benazzi. «La programmazione è confermata in toto - prosegue il direttore generale - Nella sede Usl di Pieve di Soligo sono in corso i lavori per poter accogliere la medicina di gruppo integrata, accanto ai poliambulatori e al dipartimento di prevenzione». Quanto agli ospedali di comunità, Benazzi spiega che «la normativa prevede chiaramente che essi vengano collocati, in via prioritaria, in strutture dell' Usl e che siano a gestione diretta». Il Bon Bozzolla non è interamente di proprietà dell' azienda sanitaria. «Per realizzare la struttura prevista a Soligo dobbiamo attendere che rientrino nella nostra disponibilità gli spazi attualmente concessi, in comodato d' uso, al Bon Bozzolla spiega Benazzi - Una volta ultimati i lavori di ristrutturazione da parte dell' istituto, potremo collocare, nell' ala est del fabbricato, i venti posti letto dell' ospedale di comunità». VILLANOVA RASSICURA «Gli ospedali di comunità saranno fatti in strutture delle Usl conferma il consigliere Alberto Villanova e ci saranno in tutto il Veneto 800 posti. Ho parlato con il direttore Benazzi e dopo Natale saranno organizzati degli incontri con i sindaci per illustrare queste novità normative». «Nessun scippo conclude rivolgendosi a Sech perché i servizi vengono mantenuti. Invece il Comune di Pieve di Soligo faccia la sua parte e si attivi per realizzare i parcheggi a servizio della nuova sede della medicina di gruppo». Claudia Borsoi.

CLAUDIA BORSOI

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06/12/2017 Il Gazzettino pagina 2

LO SCONTRO VENEZIA Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin

declassa il Veneto: la regione di ...

LO SCONTRO VENEZIA Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin declassa il Veneto: la regione di Luca Zaia che si vantava di essere punto riferimento per la sanità italiana, la cosiddetta benchmark, non è più nella lista dei virtuosi. Solo che il Veneto a questo declassamento non ci sta: «Il ministro ha utilizzato dati vecchi pur avendo quelli aggiornati che ci avrebbero fatto rientrare in gioco. La sua classifica noi la respingiamo». La commissione Salute della Conferenza delle Regioni, che ieri avrebbe dovuto prendere atto della nuova classifica del ministero, ha accolto la richiesta dell' assessore veneto Luca Coletto: «Il voto è stato rinviato». IL DECLASSAMENTO Il documento del ministero della Salute che esclude il Veneto dalla graduatoria delle regioni virtuose è datato 15 novembre ed è indirizzato alla presidenza del Consiglio dei ministri e alla Conferenza Stato-Regioni. Sedici pagine, comprese una serie di tabelle con i calcoli dell' Indicatore per la qualità e l' efficienza (Iqe) per decretare le cinque regioni eligibili ai fini della predisposizione della proposta di riparto del fondo socio-sanitario 2018 da cui poi la Conferenza Stato-Regioni deve individuare la terna delle virtuose. Una classifica che vede al primo posto Toscana seguita da Marche, Umbria, Emilia Romagna, Lombardia. E il Veneto? Escluso. Il Veneto - che fino a quest' anno era nella terna delle regioni benchmark assieme a Marche e Umbria per la definizione dei costi medi standard in sanità - ha avuto solo 189 punti nella griglia dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e un Indicatore per la qualità e l' efficienza pari a zero (contro il 10 della Toscana e il 2 della Lombardia). Troppo poco per entrare nella rosa. LE REAZIONI A Palazzo Ferro Fini e negli ambienti sindacali la notizia del declassamento del Veneto viene accolta senza neanche tanto stupore, dal momento che è da tempo che il Pd contesta le politiche sanitarie di Palazzo Balbi, senza contare gli attriti con i medici di base che sono arrivati a proclamare un pesante sciopero per la mancata attuazione del piano socio-sanitario. Uno dei commenti più sferzanti arriva dal segretario della Funzione pubblica Cgil, Daniele Giordano: «Una sconfitta, un vero e proprio allarme rosso su cui riflettere e su cui si sarebbe fatto bene a discutere per tempo invece di impegnarsi sulla fantomatica Azienda Zero che rischia solo di centralizzare la gestione della sanità anziché rispondere ai bisogni di salute dei cittadini». L' ATTACCO Ma l' assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, contesta il declassamento tanto che ieri ha scritto una lettera al ministro Lorenzin contestandole il fatto di aver usato dati vecchi: «La norma dice che si deve fare riferimento al punteggio risultato dall' applicazione della griglia valutativa dei Lea con riferimento all' ultimo anno per il quale risulti completata la procedura di verifica annuale. L' ultimo anno di cui si hanno i dati, peraltro pubblicati sul sito del ministero nel luglio scorso, è il 2015. Ma per la griglia Lea che esclude il Veneto il ministero ha utilizzato i dati del 2014». Ieri Coletto era a Roma perché la commissione Salute della Conferenza delle Regioni, presieduta dal piemontese Antonino Saitta, avrebbe dovuto prendere atto della nuova classifica così che oggi la Conferenza Stato-Regioni l' avrebbe approvata. «Ho chiesto e ottenuto un rinvio - dice Coletto - C' è anche il caso del bilancio della Toscana che deve essere valutato». Fatto sta che con i dati del 2014 il Veneto è declassato: perché? «Il punteggio è calato perché

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erano scese le vaccinazioni - spiega Coletto - Ricordo che nel 2014 abbiamo avuto il picco più basso. E rientrando le vaccinazioni nei Lea, questo ha influito nel giudizio». Ma poteva il ministero saltare i dati del 2014 ai fini della classifica 2018, visto che per la graduatoria 2017 è stata usata la griglia Lea del 2013? Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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06/12/2017 Il Gazzettino pagina 3

LA TRATTATIVA VENEZIA C' è stato un momento, poco prima di

mezzogiorno, in cui la temperatura era ...

LA TRATTATIVA VENEZIA C' è stato un momento, poco prima di mezzogiorno, in cui la temperatura era rovente. Ma per una volta non si è trattato di un problema di alta tensione, bensì solo di caloriferi accesi (faceva troppo caldo a Palazzo Balbi, tanto che è stato chiesto ai commessi di spegnerli). Dopo sei mesi di fuoco e fiamme, anzi, pare essere improvvisamente in picchiata il termometro delle relazioni fra la Regione e i sindacati dei medici di base: ieri la trattativa è infatti ricominciata su base tecnica e, se lunedì prossimo sarà ratificata dalla politica, verrà sospesa la nuova tornata di sciopero che era stata prevista per mercoledì 13, giovedì 14 e venerdì 15 dicembre. L' INCONTRO Per tutta la mattinata sulla porta rigorosamente chiusa di sala Pedenin è rimasto affisso l' avviso di un incontro in corso tra l' assessore regionale Luca Coletto e le organizzazioni sindacali della medicina generale. In realtà il delegato della giunta alla Sanità non c' era, «impossibilitato a partecipare è stato spiegato per un sopravvenuto, importante impegno in sede di commissione Salute delle Regioni e in Conferenza Stato-Regioni a Roma», che solitamente si riuniscono al mercoledì e al giovedì ma che questa settimana sono state anticipate di un giorno ciascuna, per motivi di agenda legati al negoziato sull' autonomia. Al suo posto c' era così il direttore generale Domenico Mantoan, ma non è stato affatto un male a giudicare dall' esito del vertice, dedicato ai temi per cui ancora lo scorso 1° luglio era stato proclamato lo stato di agitazione da parte di Fimmg, Snami, Smi e Intesa Sindacale: la mancata attivazione delle medicine di gruppo integrate e il blocco dei posti letto in ospedali di comunità, hospice e case di riposo. «Nel corso del confronto, svoltosi in un clima collaborativo, sono stati approfonditi pressoché tutti gli aspetti della questione», ha sottolineato la Regione, a proposito di una seduta che i segretari sindacali Domenico Crisarà, Salvatore Cauchi, Liliana Lora e Ildo Antonio Fania hanno definito «fruttuosa e costruttiva», aggiungendo poi: «Sono stati affrontati tutti gli aspetti che riguardano i temi sollevati dai medici di medicina generale del Veneto e su moltissimi è stata trovata un' intesa». LA CONFERMA La nota di Palazzo Balbi non si è spinta a tanto, limitandosi ad annunciare che, «per consentire la presenza dell' assessore Coletto, il Tavolo è stato riaggiornato a lunedì prossimo 11 dicembre». Ma nel loro comunicato i rappresentanti dei medici di famiglia hanno messo nero su bianco una notevole fiducia: «Sarà compito della politica tracciare la via di attuazione di quanto concordato oggi (ieri, ndr.) durante il prossimo incontro che si terrà l' 11 dicembre. Allo stato attuale delle cose ci sentiamo ottimisti circa la possibilità che lo sciopero possa essere sospeso». In caso di conferma da parte di Coletto della disponibilità mostrata da Mantoan, già nel tardo pomeriggio di lunedì sarà formalizzata la sospensione (ma non la revoca, almeno per il momento) delle astensioni ancora in calendario: oltre al tris di dicembre, sarebbero programmati altri 76 giorni di chiusura degli ambulatori, variamente distribuiti fra tutti i mesi del 2018. Un pacchetto di proteste evidentemente troppo pesante, considerati i disagi e il clamore già registrati dopo lo sciopero telematico del 10, 11 e 12 ottobre e lo stop alle visite dell' 8 e 9 novembre, quando peraltro il clima si era surriscaldato anche per la guerra di numeri sull' adesione, sfociata in annunci di querele incrociate. Da ieri le parti hanno

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ricominciato a parlarsi: è già qualcosa. Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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06/12/2017 Il Giornale Di Vicenza pagina 27

Servizio diabetici «A rischio 30 anni di collaborazione»

Il presidente: «Nel piano del 2018 notiamo un declassamento Non è più

previsto il supporto garantito finora dai volontari»

Sara Panizzon L' accorpamento dell' Ulss Alto Vicentino con quella bassanese sembra portare ad un declassamento dell' unità operativa di diabetologia, endocrinologia e dietetica di Santorso, il cui futuro preoccupa l' Associazione diabetici Alto Vicentino. «A fronte dei nuovi atti aziendali dell' Ulss 7, la nostra preoccupazione è che si snaturi». L' appello arriva dal direttivo dell' associazione, preoccupato per le modifiche apportate dall' azienda socio sanitaria agli atti che regolano l' attività legata al servizio territoriale per la cura delle persone affette da diabete.«Confrontando il vecchio con il nuovo atto aziendale - spiega il presidente Renato Filippi - abbiamo notato che in quello dell' ex Ulss 4, in riferimento al servizio di Diabetologia-Endocrinologia-Dietetica è scritto che è un' Unità operativa semplice a valenza dipartimentale con funzioni di redazione dei percorsi assistenziali, presa in carico e monitoraggio delle persone affette da diabete; gestione dei diabetici in ricovero ospedaliero; responsabilità di budget e interazione con le Associazioni di pazienti. Nel nuovo atto, invece, l' Unità operativa rimane semplice, però perde endocrinologia e dietetica ed è posta all' interno delle Unità Complessa Cure Primarie. In pratica è un declassamento in quanto il responsabile dipenderà dal direttore delle Cure Primarie. Inoltre, nel nuovo atto, sparisce l' interazione con la nostra associazione che da oltre trent' anni è stata integrata nel servizio di diabetologia. Verrà così a mancare un' autonomia gestionale e funzionale del servizio e sarà compromessa l' applicazione della legge regionale numero 24 del 2011».Nell' ultimo decennio l' associazione è divenuta parte integrante del team del servizio diabetologia fiore all' occhiello dell' ex Ulss 4, riconosciuto come struttura di eccellenza dalla Regione Veneto: «I diabetici nel distretto 2 dell' Ulss 7 sono circa 10 mila, di cui 730 sono iscritti alla nostra associazione, composta anche da una ventina di volontari e diabetici guida che operano quotidianamente nella Casa della Salute e in collaborazione con lo staff medico e infermieristico».«Nel corso degli ultimi dieci anni - prosegue Filippi - abbiamo finanziato interventi a sostegno delle attività dell' unità operativa di diabetologia a vantaggio delle persone diabetiche, attraverso l' acquisto di quattro dispositivi medici, materiale per attività motoria e raccolto contributi versati all' Ulss per permettere delle convenzioni con podologo e psicologo. Fondi per un totale di oltre 40 mila euro». Preoccupati per il cambiamento previsto dai nuovi atti aziendali, i membri del direttivo dell' associazione diabetici Alto vicentino hanno fatto richiesta di colloquio con il direttore generale dell' Ulss 7 Pedemontana Giorgio Roberti per avere chiarimenti: «Abbiamo più volte richiesto di incontrare il Direttore generale - conclude Filippi-. In occasione della Conferenza dei Servizi dell' Ulss 7 di mercoledì 13 dicembre, quando verrà ascoltato il punto di vista delle associazioni, chiederemo che nel Distretto 2, Diabetologia rimanga un' unità operativa semplice a valenza dipartimentale con endocrinologia e dietetica. Solo così garantiremo la continuità e la qualità dei servizi». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

SARA PANIZZON

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06/12/2017 Il Giornale Di Vicenza pagina 31

Screening contro i Pfas Richiamato il 40 per cento

Ad oggi su 7.500 cittadini che hanno eseguito i test, 3.156 sono inviati a

Lonigo per svolgere esami più approfonditi. I vicentini sono 2.262

Antonella Fadda Oltre il 42 per cento dei cittadini della "zona rossa" esaminati per i Pfas accede al secondo livello dello screening. Ad annunciarlo è l' Ulss 8 Berica che comunica che da due giorni sono iniziate le visite all' ambulatorio Pfas dell' ospedale di Lonigo, appositamente approntato per condurre analisi di questo tipo. I primi quattro pazienti sono stati visitati lunedì, ma una volta che il progetto sarà a regime, saranno una trentina le persone che verranno esaminate ogni giorno e sottoposte, eventualmente, a ulteriori approfondimenti. Tutto gratuitamente. Attualmente su circa 7.500 cittadini che sono stati già esaminati per la prima parte dello screening, sono 3.156 quelli rinviati ad un secondo e più approfondito livello di analisi. Fra questi, 2.262 sono residenti nel territorio dell' Ulss 8 Berica, 543 sono cittadini che abitano nei Comuni di pertinenza dell' Ulss 9 Scaligera e 351, invece, nelle aree di competenza dell' Ulss 6 Euganea. Sempre il primo livello, avviato a fine gennaio, fra i residenti della cosiddetta "zona rossa" coinvolgerà complessivamente 85 mila persone. Tra coloro che hanno aderito o aderiranno, chi risulta con livelli elevati di sostanze perfluoro-alchiliche nel sangue in combinazione con altri valori alterati accederà al secondo step.L' obiettivo del secondo livello sarà quello di approfondire in particolare due aspetti: da una parte il rischio cardiovascolare, dall' altra quello riconducibile ad alterazioni nel sistema metabolico ed endocrinologico come ad esempio possibili danni renali, problemi alla tiroide e diabete.La selezione dei pazienti che verranno invitati ad effettuare visite e, nel caso, ulteriori analisi avviene tramite un software apposito. Il programma consente al personale dell' Ulss di incrociare i risultati dello screening del 1° livello con la storia clinica del paziente e i risultati degli esami effettuati in precedenza. La partecipazione alla fase 2 è perciò su chiamata da parte dell' équipe medica che si mette direttamente in contatto con il cittadino. Il secondo livello dello screening è coordinato dal dott. Giampaolo Stopazzolo, con un team apposito di medici e infermieri. Per quanto riguarda i medici internisti la squadra è guidata dal dott. Giovanni Scanelli, direttore del reparto di medicina generale dell' ospedale di Vicenza mentre a capo degli specialisti in cardiologia c' è il dott. Claudio Bilato, direttore dei reparti di cardiologia dei nosocomi di Arzignano e di Valdagno. Gli esami saranno ripetuti ogni due anni e i dati raccolti consentiranno di valutare se e come ci possa essere un collegamento fra le alterazioni rilevate e l' esposizione ai Pfas. © RIPRODUZIONE RISERVATA© RIPRODUZIONE RISERVATA.

ANTONELLA FADDA

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06/12/2017 Il Giornale Di Vicenza pagina 11

Palazzo Balbi e medici di base Avanti tutta verso l' accordo

Positivo l' incontro solo tra tecnici che ha portato a una bozza d' intesa

VENEZIA Una bozza di documento d' intesa adesso c' è. È questo l' esito di una mattina intensa di lavoro durante il vertice tra Regione Veneto e rappresentanti sindacali dei medici di base. Un incontro molto atteso quello di ieri che segna la svolta dopo mesi di attriti. Il prossimo appuntamento è già stato fissato a lunedì prossimo quando sarà presente anche l' assessore regionale alla sanità, Luca Coletto. L' auspicio, da parte di tutte le parti, è che in quella occasione si arrivi a dare "l' imprimatur politico" per chiudere definitivamente ogni tensione e revocare gli scioperi che sono stati messi in calendario dal 13 al 15 dicembre. Ma è presto per dirlo.All' incontro di ieri i quattro dirigenti sindacali Ildo Antonio Fanìa (Intesa sindacale), Salvatore Cauchi (Snami), Domenico Crisarà (Fimmg) e Liliana Lora (Smi) si sono trovati al tavolo con il direttore generale della sanità Domenica Mantoan. L' assessore Coletto, per un improvviso e inderogabile impegno in Commissione salute delle Regioni e in Conferenza Stato- Regione a Roma, non ha potuto presenziale. Intanto i lavori a Venezia, a detta di tutti, sono stati fruttuosi.Spiega la vicentina Lora: «Siamo ottimisti alla fine di questa sessione di lavoro - ammette -. Abbiamo affrontato i delicati temi che erano sul tavolo da mesi. Li abbiamo affrontati da tecnici. Le nostre richieste sono state prima di tutto ascoltate e poi accolte. Lo scambio è stato positivo». Entrare nei particolari in questa fase è del tutto inutile visto che la settimana prossima i lavori saranno aggiornati. Sul tappeto c' erano questioni come le Medicine integrate di gruppo, rimaste per troppo tempo in fase di cantiere rispetto al piano sanitario, secondo la posizione dei medici di base. Pare ci sia condivisione su tempi e modi per l' avvio del tanto atteso fascicolo sanitario elettronico. Vanno a ruota anche altri punti su cui i sindacati dei medici avevano chiesto di poter tornare a confrontarsi nell' ottica di una maggiore garanzia dell' utenza finale, cioè i pazienti e gli ospiti, vale a dire la continuità assistenziale: dagli ospedali di continuità ai centri di servizio per gli anziani non autosufficienti. Positivo anche il commento di Crisarà (Fimmg): «Dopo mesi, questo è stato un incontro costruttivo - ha dichiarato - . Siamo sulla buona strada per riuscire finalmente a sbloccare una situazione che si stava incancrenendo e chiudere la vertenza. Abbiamo trovato intesa tecnica un po' su tutti i fronti che erano aperti e che si era deciso di affrontare nell' incontro a palazzo Balbi. La premessa c' è ed è buona. Manca ora la politica, ma ci auguriamo che si arrivi in fretta a sottoscrivere un documento condiviso e che sia a tutela del paziente». Si punta, insomma, a siglare un accordo prima del secondo giro di scioperi che le tre sigle sindacali avevano, per la prima volta nella storia recente della Regione, messo in campo. È destinato invece a restare confermato quello indetto dai medici ospedalieri per il prossimo 12 dicembre, martedì. Si tratta di una vertenza completamente diversa. Al centro della protesta dei sanitari c' è il rinnovo del contratto del lavoro nazionale. CRI.GIA.© RIPRODUZIONE RISERVATA© RIPRODUZIONE RISERVATA.

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06/12/2017 Il Mattino di Padova pagina 19

Bollini rosa: Azienda, Usl e Iov al top per la salute della donna

Pioggia di bollini rosa per le strutture sanitarie padovane: se il tema è quello della salute della donna, dalla prevenzione alle cure, gli ospedali dell' Usl 6, l' Azienda ospedaliera e l' Istituto oncologico veneto si distinguono tutti per l' offerta e la qualità dei servizi. Ieri a Roma al Ministero della Sanità sono stati assegnati i bollini rosa alle strutture di eccellenza per la salute della donna, nell' ambito dell' iniziativa promossa dal 2007 dall' Osservatorio nazionale della salute della donna (Onda). Punteggio massimo con tre bollini per l' Azienda ospedaliera e lo Iov. Per l' Istituto oncologico veneto è il quinto anno consecutivo di punteggio pieno: «Siamo orgogliosi del riconoscimento» dichiara Patrizia Simionato, direttore generale dello Iov, «significa che tutte le iniziative che abbiamo realizzato nel campo della salute della donna sono state valutate come eccellenti a livello nazionale. Intendiamo condividere questo successo con tutti i nostri operatori sanitari che l' hanno reso possibile, lavorando con impegno continuo affinché la popolazione femminile possa accedere a percorsi diagnostico-terapeutici sempre più appropriati ed efficaci». Hanno collezionato due bollini rosa ciascuno, per un totale di dieci, gli ospedali dell' Usl 6 Euganea: il Sant' Antonio di Padova, l' Immacolata Concezione di Piove di Sacco, il Madre Teresa di Monselice, il Pietro Cosma di Camposampiero e il presidio di Cittadella. «È un riconoscimento all' impegno omogeneo su tutto il territorio dell' Usl Euganea» il commento del direttore generale Domenico Scibetta, «manteniamo un livello molto alto di attenzione per la salute della donna: i bollini testimoniano a livello nazionale la bontà di un processo omogeneo e condiviso in tutte le nostre strutture». Gli ospedali premiati fanno parte del Network Bollini Rosa e possono partecipare a eventi e iniziative per sensibilizzare la popolazione sull' importanza della diagnosi precoce e dell' appropriatezza delle cure.Elena Livieri.

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06/12/2017 Il Mattino di Padova pagina 29

Un distretto sanitario nel piano di Montegrotto

Nei prossimi tre anni il Comune spenderà 4,6 milioni per le opere pubbliche In

via Plinia un poliambulatorio e altri servizi da gestire insieme all' Usl

MONTEGROTTO TERME Nel piano triennale di opere pubbliche, 2018-2020, del Comune spunta per il 2020 il progetto per la realizzazione di un distretto sanitario con un poliambulatorio di medicina integrata. È questa la novità più succosa, e in qualche modo storica, del piano presentato in questi giorni dall' amministrazione comunale, nonostante la crisi di maggioranza in atto. «Per il 2020 abbiamo messo a bilancio 200 mila euro per il distretto sanitario», spiega l' assessore all' Urbanistica e vicesindaco Luca Fanton. «Sorgerà in via Plinia, in uno stabile di proprietà comunale dove c' era il vecchio comando dei vigili e dove oggi c' è l' Associazione Nazionale Carabinieri. I soldi arriveranno dalla vendita di una vecchia abitazione di proprietà comunale. Nel distretto vorremmo creare lo spazio per un poliambulatorio, che manca a Montegrotto e che invece c' è ormai in quasi tutti i comuni, e per qualche servizio sanitario in collaborazione con l' Usl». È un piano triennale di opere pubbliche ambizioso quello predisposto dall' amministrazione guidata dal sindaco Riccardo Mortandello. In totale, nei prossimi tre anni, sono previste opere per 4.631.000 euro (1.635.000 euro nel 2018, 2.390.000 nel 2019 e 606.000 euro nel 2020). L' investimento più sostanzioso dell' anno prossimo sarà riservato alla riqualificazione di strade, marciapiedi, aiuole e fontane per un importo pari a 980 mila euro. «Ci sarà spazio anche per l' annosa questione dell' emergenza abitativa», spiega l' assessore Fanton. «Abbiamo due alloggi al grezzo sopra il comando dei vigili che sistemeremo, spendendo 110 mila euro, ricavando due alloggi per le famiglie in difficoltà». Altri 140 mila euro saranno invece destinati alla manutenzione straordinaria degli edifici scolastici, mentre 105 mila euro serviranno per l' adeguamento degli impianti sportivi. «Accenderemo un mutuo da 300 mila euro per il collegamento stradale dal rustico fino a Villa Draghi, compresa l' illuminazione. Sistemeremo anche l' annesso della villa. Resuarata la casa, chiederemo i soldi a chi ha fatto male i lavori». Nel 2019 spazio invece alle grandi opere. Per il primo stralcio della riqualificazione di piazza Mercato sono stati messi a bilancio 700 mila euro, 500 mila invece renderanno possibile la sistemazione di piazza Primo Maggio, 200 mila piazza Carmignoto. La sistemazione dell' ultimo tratto di viale Stazione prevede invece un esborso di 990 mila euro. Nel 2020 infine, oltre al progetto sul distretto sanitario, è previsto un investimento pari a 400 mila euro per il completamento del Palaberta. Federico Franchin.

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06/12/2017 Il Mattino di Padova pagina 19

Spuntano 50 milioni per gli espropri a Est

Emendamento al bilancio di Boron: la rata 2018 del fondo ospedaliero

dirottata sull' eventuale pagamento dei terreniNUOVO POLICLINICO»

MOSSA A SORPRESA IN REGIONE

di Filippo TosattoIn un action movie l' immagine sarebbe quella di una pistola posata sul tavolo del poker per indurre l' avversario a più miti consigli. Nell' estenuante trattativa sul nuovo policlinico universitario, la mossa è quella del leghista Fabrizio Boron, il presidente della commissione sanità al Consiglio del Veneto, che ieri ha depositato due emendamenti-fotocopia alla manovra sui conti 2018: riguardano il Documento economico-finanziario e il Bilancio triennale di previsione, prevedono che - il prossimo anno - la rata di 50 milioni destinata ad alimentare il fondo per la costruzione del complesso ospedaliero sia "dirottata" al pagamento degli espropri dei terreni comunali a Padova Est-San Lazzaro (la cui stima di mercato si aggira intorno ai 20 milioni) qualora il negoziato in corso tra municipio e Regione sulla cessione dei fatidici 520 mila metri quadrati si risolva in un nulla di fatto.Nel concreto, l' aula di Palazzo Ferro-Fini inizierà la discussione del bilancio (con relative modifiche emendative) la prossima settimana, nell' obiettivo di concluderla prima delle festività natalizie con l' approvazione definitiva: è questo - nel disegno di Boron - il tempo "concesso" all' amministrazione di Sergio Giordani per scongiurare il naufragio dell' accordo e l' avvio di un "muro contro muro" dalle conseguenze imprevedibili.La sortita del consigliere, un fedelissimo di Massimo Bitonci, è destinata ad accendere nuove polemiche ma rientra nel "ventaglio" delle opzioni annunciate il 27 novembre a Venezia da Luca Zaia a conclusione della riunione del tavolo istituzionale.Nell' occasione il governatore ipotizzò tre soluzioni: la donazione delle aree a fronte dell' impegno regionale a realizzare un "doppio polo" articolato nel sito est a vocazione veneta (alte specialità, didattica, ricerca) e in quello giustinianeo a dimensione cittadina (ospedale dotato di emergenze, complesso materno-infantile e in prospettiva delle degenze provenienti da Sant' Antonio e Iov), capaci entrambi di 900 posti letto; la permuta dei terreni tra le istituzioni pubbliche; l' esproprio della proprietà comunale. Nella seconda e terza ipotesi, tuttavia, Zaia - giudicando «pretesa iniqua e indecente» l' istanza di pagamento delle aree a fronte dei 150 milioni d' investimenti garantiti al Giustiniani, opterebbe per un «unico complesso ospedaliero» nel quadrante orientale.E Giordani? Respinto con sdegno "ogni ricatto politico", sta ricercando un' intesa con Luciano Flor, il direttore dell' Azienda ospedaliera delegato dal governatore a trattare (e atteso al Balbi per "consultazioni"). Nei primi colloqui, il sindaco ha preso atto delle «importanti garanzie» sul piatto e - nonostante le "resistenze rossoverdi" degli alleati di Coalizione civica e le perplessità manifestate dal suo vice Arturo Lorenzoni - si è dichiarato ottimista circa un rapido esito favorevole, ipotizzando che la cessione dei 52 ettari non sia compensata da quattrini ma "barattata" con il finanziamento di un' infrastruttura urbana. «La sanità si occupa di cure, non di costruire strade, ponti o rotatorie», chiosa l' implacabile Boron «e i fondi regionali disponibili per i lavori pubblici non bastano neppure a coprire gli interventi di nostra competenza, figuriamoci le opere comunali o provinciali». Colpo di coda bitonciano o brusca accelerazione ispirata da Zaia? Lo sapremo presto. Molto presto.

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FILIPPO TOSATTO

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06/12/2017 Il Mattino di Padova pagina 14

I medici: «Siamo pronti a ritirare lo sciopero»

Si è riaperta la trattativa ieri in Regione dopo la serrata nel mese di novembre

Crisarà: «Ci sono le basi per trattare, il piano va definito a livello politico»

di Elisa FaiswVENEZIA«Ci sono le basi per ritirare lo sciopero». Con queste parole Domenico Crisarà annuncia la ripresa della trattativa tra la Regione Veneto e i rappresentanti sindacali dei medici di medicina generale. Il dialogo è ripartito ieri a Palazzo Balbi, sede della Giunta regionale a Venezia, con un incontro tecnico. Sono state discusse tutte le questioni più calde, rispetto alle quali i camici bianchi hanno varato un articolato calendario di scioperi fino al 2018. L' assessore alla sanità, Luca Coletto, non ha potuto partecipare al tavolo perché impegnato in sede di Commissione Salute delle Regioni e in Conferenza Stato-Regioni a Roma. I sindacati si sono confrontati con il direttore della sanità Domenico Mantoan. Ora l' attenzione è puntata al prossimo incontro, il tavolo è stato riaggiornato a lunedì 11 dicembre per consentire la presenza dell' assessore Coletto. Un appuntamento che sarà decisivo per le sorti della mobilitazione dei medici di famiglia del Veneto. In quel contesto, infatti, i rappresentanti della categoria Domenico Crisarà (Fimmg), Liliana Lora (Smi), Salvatore Cauchi (Snami) e Ildo Antonio Fania (Intesa sindacale) decideranno se ritirare ufficialmente le tre giornate di sciopero, da mercoledì 13 a venerdì 15 dicembre. Stop che rischia di mandare al collasso l' assistenza socio-sanitaria in Veneto, visto che martedì 12 dicembre i medici ospedalieri hanno proclamato a loro volta sciopero per i tagli al rinnovo del contratto nazionale. «L' incontro si è svolto in un clima collaborativo, spero che tutto si risolva», dichiara Domenico Crisarà, «l' assessore Coletto purtroppo non era presente perché impegnato a Roma, ma abbiamo trovato una forte intesa con il direttore generale Mantoan. Ci sono le basi per sospendere lo sciopero. È stata una riunione tranquilla, abbiamo portato avanti un lavoro costruttivo. Ora dobbiamo ridefinire il piano con la parte politica, per questo ci rincontreremo l' 11 con l' assessore Coletto. Abbiamo già trovato molti punti di condivisione sui temi fondamentali: dal fascicolo sanitario elettronico, alle strutture intermedie. Ma si tratta di aspetti tecnici, si capirà come procedere solo in occasione del prossimo confronto».Con la ripresa della trattativa, i rappresentanti sindacali e la Regione si rimettono al lavoro per elaborare un piano di rilancio dell' assistenza socio-sanitaria territoriale. Tra i nodi da risolvere c' è la mancata istituzione delle strutture intermedie (ospedali di comunità, unità per la riabilitazione, hospice) che fanno da "ponte" tra il paziente non autosufficiente e la famiglia. Si punterà poi sulle Medicine di gruppo integrate, maxi-ambulatori dove lavorano più medici di base garantendo assistenza 12 ore al giorno, dal lunedì al sabato. E infine si cercherà di chiarire i problemi legati alla privacy relativi al fascicolo sanitario elettronico.

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