San Lorenzo Alberto Paz
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La reale chiesa di San Lorenzo.
.
quelli che seguono sono il frutto di un
po' di letture, pensieri e delle
osservazioni fatte nei molti momenti in
cui vado a sedermi in questa chiesa.
La piazza Castello di Torino è
circondata da una facciata quasi
continua di edifici barocchi1; forse
1 originali o ricostruiti dopo i bombardamentidel '43, si iscrivono tutti nel progetto diAscanio Vitozzi (1539-1615) della fine delcinquecento, che comprendeva il PalazzoDucale (ora Reale) e la via Nuova (attuale viaRoma).
proprio per non spezzarne l'uniformità,
due degli edifici che la compongono non
hanno l'onore di una facciata tutta per
loro: sono il Teatro Regio e la Chiesa di
San Lorenzo. È pur vero che nella
stessa piazza c'è anche una facciata
senza un palazzo, perché il “Palazzo
Madama” si appoggia in realtà ad un
castello di tutt'altra natura.
San Lorenzo è un caso raro di un
edificio importante nascosto dietro un
muro di finestre anonime, la cui
personalità si può vedere soltanto
guardando oltre i tetti.
Esiste anche una spiegazione pratica
per questa mimetizzazione: la parte
bassa del muro di facciata apparteneva
ad una chiesa già esistente nel XII
secolo, dedicata alla Madonna della
Neve2 , poi successivamente dedicata a
Maria al Presepe alla quale si accedeva
dalla via Palazzo di Città.
2 Riporto la voce che descrive la leggendadella Madonna della Neve. Secondo quantonarrato da vari autori cristiani, Giovanni eraun ricco patrizio che viveva a Roma. Durantela notte del 4 agosto 352 d.C. egli avrebbevisto in sogno la Vergine Maria che chiedevadi costruire una basilica nel luogo dove ilmattino seguente avesse trovato della nevefresca. Giovanni, la mattina seguente, corseda Papa Liberio per raccontargli quanto vistoe il pontefice confessò di aver avuto la stessavisione. Il prodigio nel frattempo si eraavverato e per ordine di Liberio si fecetracciare la pianta di una grandiosa basilicaesattamente dove cadde la neve di agosto.
x
A causa della vetustà e della incerta
resistenza della struttura, quando si
trattò di realizzare la chiesa attuale si
decise che fosse troppo rischioso
costruirci sopra una pesante facciata di
volute e fregi barocchi. L'ipotesi di una
demolizione dell'esistente e di una
ricostruzione ex novo, forse anche per
la scarsità dei fondi ma più
probabilmente per i gloriosi trascorsi
dell'umile chiesetta, fu abbandonata; il
modesto edificio aveva infatti ospitato
due avvenimenti di rilievo: la fondazione
dell'ordine dei cavalieri di San Maurizio
e Lazzaro nel 1572 e nel 1578 la prima
ostensione della sindone3. Essa ora, a
3 La Sindone, che Emanuele Filiberto voleva
confronto della ricchezza della San
Lorenzo “nuova” sembra solo un povero
vestibolo, ma è chiesa consacrata a tutti
gli effetti ed ospita anche la "scala
santa" che per ottenere indulgenza
viene percorsa pregando in ginocchio.
La Chiesa reale di San Lorenzo, così
come la vediamo ora, ha origine in un
vero e proprio voto di scambio;
Emanuele Filiberto, comandante delle
truppe spagnole, insieme al cugino
Filippo II re di Spagna erano impegnati
in guerra con la Francia; nei giorni
precedenti la decisiva battaglia di San
Quintino4 il nostro Testa di Ferro ed il
sovrano spagnolo fecero promessa
solenne di costruire e dedicare una
chiesa al Santo del giorno in cui
avessero vinto sui Francesi. Emanuele
Filiberto sconfisse la Francia il 10
agosto, giorno delle stelle cadenti
dedicato a San Lorenzo, contraendo
portare con se a Torino nuova capitale e che ilclero di Chambery non voleva a nessun costoveder portare via oltre le montagne, futraslata a Torino con il buon pretesto diagevolare il cardinale Carlo Borromeo nel suopellegrinaggio; quest'ultimo aveva fatto voto,quando la terribile peste che affliggeva Milanofosse cessata, di recarsi a piedi a rendereomaggio al sacro lino; con la scusa dirisparmiare al futuro santo (e soprattuttonipote di papa Pio IV) un impegnativo valicodelle Alpi, pedibus calcantibus, l'astuto Ducafece accettare ai francesi la partenza dellareliquia, che poi non fece più ritorno aChambery.
4 Combattuta nel 1557 nelle Fiandre
x
così con questo santo un corposo debito
morale. La vittoria fruttò al Duca la
restituzione della Savoia e determinò la
storia della nostra piccola cittadina, che
al tempo era più piccola di Chieri o
Susa; da Chambery, che era
pericolosamente circondata dai nemici
francesi, Testa di Ferro spostò la
capitale a Torino, al riparo delle Alpi.
Il caro monumento equestre al Duca
che vediamo in piazza San Carlo lo
rappresenta mentre ripone la spada,
dopo aver compiuto l'impresa di San
Quintino; è nel momento di accingersi -
vinta la guerra - alle cose civili:
governare il Ducato e lavorare alle
enormi ambizioni di casa Savoia, cose
che fece con vulcanica energia5.
5 Sunteggio da una biografia: egli abolì glistati provinciali, soppresse delle autonomiafeudali, centralizzò le finanze in un'unica cortedei conti. Impose l'italiano nella legislazione,favorì lo sviluppo della canalizzazione,incoraggiò l'immigrazione di artigiani e coloni,abolì la servitù della gleba, promosse losviluppo delle manifatture con esenzionifiscali e sovvenzioni, moltiplicò gli istituti dicredito. Con le risorse costruì un esercitopiccolo ma disciplinato non più basato sulleleve feudali o su truppe mercenarie; è storiache una piccola flotta sabauda si distinsenella battaglia di Lepanto nel 1571; edancora, in disaccordo con la chiesa, concesseai valdesi delle valli alpine una relativa libertàdi culto; l'Università fu trasferita da Mondovì aTorino e potenziata con la chiamata diinsegnanti stranieri. Fu anche unappassionato alchimista e si dilettava a lungo,specie nelle ore notturne, con storte edalambicchi. Morì di cirrosi epatica, percostante abuso di vino.
Le enormi spese per la costruzione della
cittadella di Torino lasciavano però
scarse risorse per onorare il voto al
Santo.
In mancanza di meglio il Duca decise
allora di impiegare proprio la chiesetta
di Santa Maria al Presepe; sfrattata la
Vergine, la fece dedicare a Lorenzo,
cavandosela con poco sforzo.
Nel frattempo laggiù in Spagna il cugino
Filippo II, anch'egli debitore di una
chiesa a San Lorenzo, grazie a ben altre
rendite provenienti dal Nuovo Mondo,
fece costruire presso Madrid
nientemeno che il monastero
dell'Escorial6 a forma di griglia, per
ricordare le pene e la graticola7 di
6 L'Escorial, patrimonio UNESCO, è un'enormecostruzione quadrangolare in granito conquattro torri angolari e una facciatamonumentale, lunga 208 metri e larga 162;conta 2000 stanze, 2600 finestre, più di 1200porte, 86 scaloni, 16 cortili, 15 chiostri e 88fontane. La pianta dell'edificio ha la forma diuna graticola in ricordo del supplizio di mortesubito da san Lorenzo arso vivo su unagraticola.
7 Lorenzo venne martirizzato su di una
x
Lorenzo; con questo egli assolse
grandiosamente la promessa fatta. Si
può bene immaginare che gli ambiziosi
Savoia, nel paragone, si siano sentiti
abbastanza in imbarazzo, tanto che
passati quasi cento anni, decisero di
onorare il voto come si doveva e
chiamarono a questo scopo un grande
progettista.
Guarino Guarini era un sacerdote
dell'ordine dei Teatini, studioso dagli
ampi interessi: architetto, matematico,
filosofo, teologo; nato a Modena nel
1624 morì nel 1683 avendo attraversato
la piena fioritura del barocco; al pari del
suo conterraneo Jacopo Barozzi da
Vignola, detto il Vignola, Guarini esercitò
una grande influenza culturale con i suoi
graticola. Riporto: al principio dell'agosto 258l'imperatore Valeriano aveva emanato uneditto di persecuzione ai cristiani, indirizzatapiù agli esponenti della gerarchiaecclesiastica che ai fedeli. La tradizione diceche a Lorenzo, diacono tesoriere della chiesa,fu promessa salva la vita se avesseconsegnato i beni all'imperatore; Il 10 agostoLorenzo si presentò all'imperatoreconducendo dei poveri ed indicandoli qualivero tesoro della Chiesa; l'imperatore lo fecearrostire si di una graticola.
trattati di storia e di tecnica
dell'architettura.
Arrivato a Torino nel 1666 e nominato
presto ingegnere ducale8, concepì
questa Chiesa come una costruzione di
simboli disposti in un percorso: tutta la
Chiesa di San Lorenzo è un simbolo di
ascensione.
Il Barocco, che nelle sue versioni
peggiori trasmette pesantezza, nasce
invece come libertà di forme.
Semplificando moltissimo, possiamo
dire che fin dall'antichità l'architettura dei
monumenti venne realizzata con forme
geometriche semplici: segmenti, cerchi,
ovali che in tre dimensioni diventavano
piani, cilindri, volte, piramidi, archi
rampanti… Nel 1500 il Manierismo iniziò
a spezzare la geometria delle forme, pur
limitandosi ad operare su elementi
decorativi (l'emblematico taglio dei
frontoni a timpano ad esempio, che
8 Sue opere sono anche la cupola del Duomoed il palazzo Carignano
x
diceva: “io sembro un elemento
strutturale, ma non servo a nulla, e
quindi sono solo una citazione di
maniera”). Il fluire dello spazio come
forma viva aspettava l'arrivo del
Barocco; guardiamo la facciata plastica
di palazzo Carignano, proprio di
Guarini, che forma una superficie
nuova.
Nella chiesa di San Lorenzo Guarini usò
queste libere curvature come allusione
ad un vero e proprio percorso iniziatico.
Entrando nella prima chiesa si ha
l'impressione di essere in una sagrestia
ombrosa; solo varcando i gradini che
portano all'aula si avverte l'entrata nel
tempio. La luce viene dall'alto, lo
sguardo la cerca ed incontra il
messaggio dell'architettura.
Si distinguono tre livelli, tre mondi: tre
modalità di essere: la cupola in alto, la
struttura in basso e tra le due, la parte di
raccordo. Possiamo ovviamente
paragonarli ai nostri tre gradi e
tralasciare molte altre triplicità.
Il livello della terra in basso si sviluppa
per circa dieci metri, ha pareti
tondeggianti e quasi organiche; le
uniche linee rette sono verticali come il
filo a piombo e come a ricordarci la
direzione da perseguire: tutte le altre
linee sono curve; a questo livello
dominano le decorazioni policrome, ma
senza luce, se non indirettamente dal
volume che sovrasta la cappella
dell'altare; come a dire che la terra,
incapace di guardare la luce
direttamente, può tuttavia apprendere
per intercessione di un aiuto superiore;
questo livello non ha finestre; chiuso tra
le mura cieche, è il mondo profano della
distrazione pesante, fatto di colonne in
marmo verde, rosso, ambra; vi sono
balaustrate con colonnine rigonfie e
sgraziate, pesantemente decorate; i
dadi sotto le colonne sono tozzi,
esageratamente ornati; sulle paraste9 ci
sono spessi medaglioni in rilievo in
altrettanti colori e con fasce diagonali
9 Pilastri addossati al muro portante di cuicostituiscono un ispessimento. Le colonnesono isolate dai muri.
x
sporgenti. Le venature dei marmi sono
opulente e visivamente ingombranti. I
capitelli dozzinali sono ornati riccamente
con festoni, ovoli e tutto l'armamentario
decorativo che serve ad emozionare i
sensi più immediati; gli altari sono
altrettanto appesantiti di orpelli tanto da
non avere un palmo sgombero su cui
riposare l'occhio; sembra un carnevale
di pietre e stucchi.
Che enorme differenza tra questo livello
di esibizione caciara rispetto al barocco
della chiesa di Sant'Uberto a Venaria,
che ha campiture larghe e distensive in
azzurro e giallo tenui.
Siamo in una foresta del mondo terreno,
circondati dalle distrazioni, dalle
seduzioni dei sensi e preda delle sue
dispersioni. La divina forma ottagonale
della cupola non giunge fino a noi: vi
sono i quattro enormi corpi murari che la
sorreggono e che rappresentano gli
elementi della terra; la parte bassa della
chiesa è costruita su quattro potenti
masse murarie: quattro punti di
riferimento stabili ed affidabili che ci
danno sicurezza, ma che d'altra parte
non consentono alcun cambiamento.
Per cambiare, per evolverci, dovremmo
lasciare queste ferme sicurezze. Lo fa
chi non si accontenta di un mondo
senza finestre, apparentemente ricco,
policromo, ma anche greve e senza
altra speranza. E' maya, potremmo dire,
l'illusione del mondo. Chi si accontenta
di essa, chi si uniforma ad essa, gode
del favore materiale del mondo, ma
inevitabilmente ne viene intrappolato.
Il livello intermedio. Salendo con gli
occhi al livello successivo ci accorgiamo
che questa esibizione pacchiana di
policromie costose era un gesto
teologico, una specie di espediente
narrativo di Guarini, che sa progettare
forme leggere ed eleganti. Il livello della
terra che si articola nei quattro possenti
elementi che sostengono tutta la
struttura si rastrema in alto verso la
parte di raccordo.
In questo livello intermedio, che è il
confine tra il mondo spirituale e il mondo
materiale, si aprono quattro finestre
serliane e la luce inizia qui a penetrare. I
pennacchi angolari salgono a sostenere
x
la cupola che sembra galleggiare nel
vuoto.
La serliana è, tra le aperture, quella che
da maggiore senso di leggerezza. Il
muro, qui ancora decorato, perde le
zavorre, i medaglioni e le spesse
policromie del piano sottostante, i
rumori diminuiscono, le distrazioni si
attenuano. Appaiono le forme nude della
struttura potente, non più imbellettate
dalle chiassose venature dei marmi. Le
quattro serliane rappresentano la prima
tappa di un viaggio a ritroso dal barocco
della terra, al Rinascimento, una
rinascita che si manifesta man mano
che si sale su dove l'anima si sveglia;
essa ha proprie emozioni ancora legate
ai grugniti della terra ma già attratte dal
cielo; rappresentano la gioia
dell'ascendere, che è davvero come una
finestra aperta alla luce. I pennacchi
curvi cominciano a mostrare la
regolarità del compasso e non sono
espressione di deformazione come le
curve del piano della terra; uniscono il
mondo dei quattro elementi con il
mondo ottagonale di Dio.
Le sole decorazioni scolpite al di sopra
del livello della terra sono gli angeli che
ornano le mensole sulle quali appoggia
la cupola: sono una schiera di 128
cherubini, teste con le ali: spiriti
intelligenti e nulla più, senza legami con
il corpo, gli angeli più prossimi a Dio.
Sapendo che l'architetto era un
matematico, non posso non pensare a
questo numero come due elevato sette,
quindi l'ottava potenza, la potenza di
Dio.
La cupola, il terzo livello, è
completamente traforata, gonfia della
luce che vi penetra attraverso le molte
finestre. La cupola, volta del cielo,
realizzata con conoscenza matematica
notevole, si articola in otto archi
spettacolari che la sostengono e ne
guidano il peso sulla terra; un altro
x
schema ottagonale al di sopra della
cupola si ripete sulla lanterna, come
fosse un'ottava musicale più in alto, più
nella luce.
La volta celeste è sede di alti spiriti; la
forma tonda si appoggia ai pennacchi
che raccordano il mondo "quadrato"
della terra con il mondo "ottagonale" del
cielo. La cupola è strutturalmente
basata sul numero otto; questo è
numero di Dio perché egli creò il tempo,
la materia, il mondo, la vita e le creature
e poi si riposò il settimo giorno; la stessa
ciclicità della settimana fa si che il
numero sette rappresenti il creato mai
fermo: il numero seguente, l'otto, sta
“oltre il creato”, è il creatore immobile;
curiosamente poi la nostra grafia
dell'otto ricorda il nastro di Möbius,
simbolo dell'infinito, una superficie con
un solo bordo ed un solo lato.
Nel regno di Dio e della Luce sono otto
gli archi portanti, otto i lati della
lanterna10 sopra la cupola, otto le
finestre della lanterna e otto i punti di
luce della cupola.
Il quinto giorno Dio creò la Vita. Sulla
cupola, finestre pentagonali rovesciate,
ma schermate e quindi prive di luce
propria, da Dio discendono sulla terra,
come semi della vita. Il cinque è
simbolo di una vita inconsapevole,
corporea, primordiale, che si articola in
cinque sensi, come attraverso cinque
piaghe la vita di Gesù espirò dal corpo
animale.
Ma come si procede verso l'alto per
comprendere le cose, occorre
ridiscendere per applicare quello che si
è imparato; scendendo con lo sguardo
possiamo trovare altre suggestioni.
Questa chiesa ci dice che in certi casi la
10 La lanterna è la struttura posta allasommità di una cupola, che serve a dare lucealla cupola stessa, attraverso le finestre dellesue pareti verticali. Per questo, oltre che perla forma, ha il nome di "lanterna".
x
luce può giungere direttamente a chi si
trova sulla terra con le rivelazioni; nella
chiesa vi è un gioco per cui negli
equinozi di primavera ed autunno si
sveglia la bellezza, sepolta nella
materia.
Alla sommità di ognuno dei quattro archi
ci sono dei fori verticali nella muratura,
bui e ciechi; ma nel primo mattino
dell'equinozio di autunno la luce del sole
penetra in uno di essi e ne illumina il
recesso, rivelando un'immagine
nascosta che rimane visibile per pochi
minuti; a mezzogiorno il sole illumina un
altro foro, e lo stesso avviene
all'equinozio di primavera.
Un'epifania suggestiva ad opera della
grazia del sole, ma solo per chi sa
guardare ed aspettare.
Discendendo ora al livello della terra,
con una nuova consapevolezza,
possiamo guardare decorazioni e dipinti
con altri occhi. Alcuni sono ripetuti più
volte, come il simbolo della mandorla,
ove trovano posto le entità che
appartengono sia al mondo materiale
che al mondo spirituale; come Maria,
assunta in cielo: la mandorla è
l'intersezione di due cerchi, ognuno dei
quali rappresenta un mondo.
Al piano sul quale camminiamo, si
aprono sette cappelle, una della quali
ospita l'altare, opposto all'ingresso e
coperto da una volta a sei archi. Sono
sei i giorni della creazione ed uno è il
giorno del riposo; il numero sei, il giorno
in cui fu creato l'uomo rappresenta la
devozione e l'alacrità del lavoro
incessante sulla via iniziatica che
naturalmente gli spetta; ma la volta
giunge appena al livello intermedio.
x
Questa architettura dice che l'uomo
senza grazia di Dio, anche nei sui voli
più alti non potrà che arrivare appena a
sbirciare oltre la materia; potrà essere
appena bagnato dalla luce, ma per la
sua natura imperfetta non accederà al
mondo dello spirito. Vi accedono santi e
beati, solo con la grazia del cielo.
Poniamoci alla fine al centro della
Chiesa in corrispondenza del fregio
centrale, che è una stella a otto punte
nel cui interno sono inscritti un cerchio
ed un quadrato, simboli di spirito e terra,
ed osserviamo le pareti che ci
circondano; sono senza superfici piane,
tutte curve: i muri bombati sembrano
venirci incontro e premere verso il
centro; invadono lo spazio per
costringerci a sgusciare verso l'alto
rincorrendo il nostro sguardo di prima;
ora che abbiamo assaggiato la luce, la
terra ci va stretta.
A Paz
x