San cassiano vescovo e martire

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Gian Paolo Barilli SAN CASSIANO VESCOVO E MARTIRE Note storiche nel quarto centenario 4 maggio 2003 Circolo filatelico numismatico Lelio Orsi Novellara 2003

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Gian Paolo Barilli

SAN CASSIANO VESCOVO E MARTIRE

Note storiche nel quarto centenario4 maggio 2003

Circolo filatelico numismatico Lelio OrsiNovellara 2003

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Anonimo ferrarese. San Cassiano vescovo e martire. Fine sec. XVII. Collegiata di S. Stefano, catino absidale.

Pietro Donzelli. Patrocinio di San Cassiano. Fine sec. XVII. Collegiata di S. Stefano, cappella invernale.

Giovanni Battista Le Bel. Ritratto di san Cassiano. Prima metà del sec. XVIII. Collegiata di S. Stefano, sagrestia.

Anonimo emiliano. San Cassiano in abiti vescovili. Seconda metà del sec. XVII. Collegiata di S. Stefano, passetto.

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Anonimo emiliano. Tradizionalmente San Cassiano. Seconda metà del sec. XVII. Proprietà privata.

Un tempo della nobile famiglia Augustoni.

Parato di San Cassiano - Paramenti Il piviale, la pianeta, le tunicelle e il pallio furono eseguiti per ordine

di Alfonso Gonzaga da Lazzaro Pietramaggiori genovese.

Corso Garibaldi nei primi giorni di maggio del 1903. Foto Becchi di Carpi. Proprietà dell’autore.

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Viale Roma con le luminarie, 1903. Foto Becchi. Proprietà dell’autore.

Pietro Zambieli. Urna d’argento sbalzato contenente le reliquie di San Cassiano. Fabbricata nel 1673 con le offerte del popolo e il contributo dei Gonzaga. E’ sormontata dalle insegne vescovili. Collegiata di S. Stefano.

Particolare del rilievo con l’immagine del Santo.

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Urna d’argento. Veduta posteriore.

Particolare del medaglione con la scritta CUM SUI / PERVIGILIS ET / AMANTISSIMI / PATRONI CORPORE / CORDA SUA ET / VOTA HAC INCLUSIT / ARCA POPULUS / NOVELLARIENSIS / ANNO DOMINI / MDCLXXIII, Il popolo novellarese ha chiuso in questa teca il proprio cuore e i propri voti assieme al corpo del suo attentissimo e amorevolissimo Patrono nell’anno del Signore 1673.

Cassette delle reliquie che vengono portate in processione. Dall’alto al basso: S. Valeria; S. Clemenza; Reliquie di Santi; S. Narciso; S. Luigi e S. Bernardino; S. Fedele.

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Note storiche nel quarto centenario4 maggio 2003

Circolo filatelico numismatico Lelio OrsiNovellara 2003

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L’ideazione della medaglia dedicata a San Cassiano protettore di Novellara

Una medaglia è sempre un “documento storico” e da questa convinzione e dalla scelta delle figurazioni datemi dal Circolo Filatelico e Numismatico per celebrare il IV centenario della traslazione delle spoglie del vescovo San Cassiano è nata l’idea di utilizzare la forma del cartiglio inteso appunto come documento.Nel fronte un cartiglio verticale con la figura di San Cassiano in abiti vescovili che si sovrappone ad un altro cartiglio orizzontale dove sono rappresentati due par-ticolari della nota antica mappa della città: la chiesa di Santo Stefano e la Rocca dei Gonzaga, come erano al momento della traslazione delle reliquie del santo a Novellara nel 1603. I due cartigli formano così una croce; fra essi la scritta S. CASSIANO VESC. E MART. PATRONO DI NOVELLARA.Nel retro è fedelmenteriprodotta la preziosa urna contenente le reliquie, venerate nella parrocchiale, del Patrono, opera elegante in argento sbalzato del bolognese Pietro Zambieli, realizzata nel 1672.Tutt’attorno la scritta CIRCOLO FILATELICO NUMISMATICO “L. ORSI” NOVELLARA 2003.

Romano Pelloni

Il centro di Novellara attorno al 1670. Le immagini della Chiesa di S. Stefano (a sinistra) e della rocca (a destra in alto) sono servite per i disegni del recto della medaglia. Mappa del Museo Gonzaga di Novellara.

San Cassiano in abiti vescovili. Stampa della fine del secolo XVIII.

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Domenica 4 maggio celebreremo a Novellara la festa di San Cassiano: un Vescovo testimone di grande fede, un martire che si colloca tra coloro che hanno attinto dal Cielo luce e forza per vivere da cristiano sulla terra.La storia del Vescovo Martire Cassiano si intreccia con la storia di Novellara dopo 1300 anni dalla sua morte a Roma. Il Santo non ha le nostre radici culturali e sociali. E’ un discepolo del Signore che viene dall’Africa: dunque abbiamo un Patrono, che oggi definiremmo extracomunitario, ma le cui Reliquie sono state accolte in modo trionfale e con profonda venerazione nella Collegiata di S. Stefano in Novellara, 400 anni fa.Il profilo spirituale di San Cassiano chiama la Comunità di Novellara alla Testi-monianza forte e viva e alla ricerca di Dio nel tessuto concreto e quotidiano della vita. Le reliquie di San Cassiano, che gelosamente custodiamo davanti all’altare della nostra Chiesa, ci rinnovano l’invito ad aprirci a Dio mentre ci confrontiamo con gli altri nello spirito della collaborazione, dell’accoglienza e della condivisione.

Don Candido

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SAN CASSIANO VESCOVO E MARTIRE

Di San Cassiano nella storia della Chiesa ce ne sono diciotto, venerati in diversi paesi dalla Spagna alla Grecia alla Scozia e, naturalmente, in Italia; molti martiriz-zati in varie parti dell’Impero romano al tempo delle persecuzioni; alcuni divenuti vescovi. Sulle orme di mons. Giovanni Saccani che scrisse l’opuscolo per il terzo centenario di San Cassiano, scartati per vari motivi gli altri diciassette, la scelta cade quasi obbligatoriamente su Cassiano vescovo di Celer o Celirina. Nel Martirologio detto di S. Girolamo al 26 marzo troviamo: “Ibidem coronae SS. MM. Petri, Marciani, Iovini, Theclae, Cassiani et aliorum”, cioè “ A Roma giorno della corona del martirio Pietro, Marciano, Iovino, Tecla, Cassiano e altri”.Anche Galesino, nel suo Martirologio della Chiesa Romana, edito nel 1577, riporta gli stessi martiri aggiungendo solo un san Teorico. Negli Acta Sanctorum, alla stessa data, sono riportate anche le cariche ecclesiastiche e il luogo in cui le ricoprivano e Cassiano viene detto vescovo di Celer. Escluse molto logicamente varie località, resta solo Celerno o Celirina in Africa. La località viene ricordata nel 411 in Africa come sede episcopale di un vescovo (“ Donatus episcopus plebis Celerinensis”). Non aveva alcun dubbio Filippo Ferrari quando, nel 1613, nel suo catalogo latino dei santi d’Italia affermava che i santi martiri Pietro, Marciano, Giovino, Tecla, Cassiano e altri, per la fede in Cristo, dopo essere stati duramente tormentati, incontrarono la morte “con meravigliosa pazienza”, e aggiungeva: “or sono pochi anni il corpo di San Cassiano fu portato da Roma a Novellara dove è in gran venerazione ed onorato come protettore”. Scriveva anche che la festa commemorativa si faceva in tutta la Diocesi reggiana.Il medesimo autore in un’altra opera del 1625 (Cathalogus generalis SS qui in Martyrologio Romano non sunt) scrive: “septimo kalendas aprilis (26 martii) Novellariae apud Regium Lepidi translatio Sancti Cassiani martyris”, il 26 marzo traslazione a Novellara, presso Reggio, di San Cassiano martire. Il che però non è esatto a meno che non sia il giorno in cui, volutamente o casualmente, le reliquie iniziarono il loro viaggio da Roma alla volta di Novellara.

Nel 1665 Odorico Grisoni comunicava a Camillo III di aver fatto quanto era nelle

sue possibilità per avere maggiori informazioni su San Cassiano. “ Ho scritto al p. Gotifredo Enschenio successore nell’opera al padre Bollandi, et […] l’ho pregato di quelle notizie maggiori che havere si possono; spero che il Santo dal Paradiso esaudirà le mie preghiere […]”. Forse però anche i padri bollandisti non sapevano niente di più. Al tempo delle persecuzioni di Diocleziano, nell’anno decimonono del suo impero, cioè nel 303, riferisce lo storico Eusebio che “ era il mese di marzo ed imminente la solennità della Pasqua quando l’empio tiranno fece bandire per tutto il suo ter-ritorio che le chiese venissero rase al suolo ed i sacri libri venissero bruciati, che tutti i cristiani che avessero qualche grado o dignità fossero presi di mira, che i prelati fossero imprigionati poi, con ogni sorta di tormenti, indotti a sacrificare agli dei; s’inventarono nuovi generi di supplizi e non si può dire quali e quanti martiri di Cristo in tutti i luoghi e città vennero massacrati e senza processo”. Questa per-secuzione cominciata a Nicomedia si estese in Fenicia, Egitto, Siria, Cappadocia, Grecia, Mesopotamia, Armenia e, sollecitato da Diocleziano, Massimiliano fece altrettanto in Italia, Spagna e Africa.E’ curioso e interessante che la solennità di San Cassiano non solo cada nel mil-lesimo 3 (dal 1603 al2003), ma anche nel periodo dell’inizio delle persecuzioni (303). Quest’anno ricorre così anche il 17° centenario del martirio.Resta solo un piccolo interrogativo. Se Cassiano era vescovo in Africa, come mai le sue spoglie si trovavano a Roma? Forse fu catturato in patria e portato a Roma per essere ucciso nel Colosseo oppure, come è più probabile, dopo un viaggio nella capitale dell’impero vi si trovò proprio al momento dell’inizio delle persecuzioni. I suoi resti mortali furono poi portati dai cristiani nelle catacombe di Santa Ciriaca presso il monastero di San Lorenzo fuori le mura.

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DONNA VITTORIA DI CAPUA GONZAGAESTRAZIONE DELLE RELIQUIE DALLE CATACOMBE

Donna Vittoria, nell’anno 1600 intrapre-se un viaggio per Napoli dove andava a trovare i parenti di Pietramelara. Si fermò ovviamente a Roma dove stava la figlia Costanza sposata Mattei, dove abitavano i parenti Colonna, anzi dimorò presso di loro, e vari altri affini, parenti e amici.Come d’uso e d’obbligo andò ad un’u-dienza del pontefice Clemente VIII e in quell’occasione gli espose il desiderio di poter avere le reliquie di qualche martire “ per dare un protettore a Novellara a cui rivolgere i voti, da cui implorare il patro-cinio nelle pubbliche e private calamità”.Con un suo breve (7 ago. 1600) il papa le concesse di estrarre reliquie dalle ca-tacombe di S. Sebastiano, di S. Lorenzo e di S. Pancrazio, senza incorrere in sco-muniche. All’inizio del 1601 Donna Vittoria era tornata a Novellara. Da qui organizzò tutto e, presumibilmente nell’autunno dello stesso anno (più difficilmente nell’inverno) mandò a Roma il suo cappellano, Giambattista Cavagna, munito dei documenti necessari e della bolla pontificia. Si dovettero frapporre degli intoppi burocratici perché in luglio del 1601 il genero Asdrubale Mattei le scriveva :“ adesso stiamo attorno a far spedire la licenza di poter estrahere reliquie, nella quale vi si trova qualche difficoltà, ma con la gratia d’Iddio si supererà … “. E così fu. Il 3 marzo del 1602 col notaio apostolico Ottavio Scaravezzi e quattro testimoni, il segretario di Donna Vittoria si recò alle catacombe di San Sebastiano sulla via Appia dove estrasse le reliquie dei martiri Paolino, Martino, Cassiodoro, Crescenzo, Lucrezio, Virginia, Romano, Ilaria, Cristina, Valerio, Severino e Gennaro. Le sigillò in tanti pacchetti separati, ognuno col nome scritto sopra, mentre il notaio ne stendeva un elenco ufficiale. Sempre alla presenza dei testimoni furono portate a palazzo Mattei di Giove dove abitava Costanza. L’11 settembre il Cavagna, con testimoni e notaio, andò in via Tiburtina alle ca-tacombe di S. Ciriaca presso il monastero di S. Lorenzo fuori le mura. Trovò una serie di quattro nicchie, al di sopra delle quali era graffito “Cassianus in pace”, da cui tolse alcune reliquie; quindi fece lo stesso con i martiri Dionigi, Damiano, Apollonio, Bono, Vespasiano, Castore, Poliana, Tecla, Teodora, Lucilla e Leonida. Prese anche un vaso di sangue di martiri diversi. Come per le precedenti furono

Vittoria di Capua, moglie di Alfonso I Gonzaga. Da un dipinto della Galleria Colonna.

fatti degli involti sigillati e ben identificati e registrati dal notaio. In casa Mattei, vennero messi tutti in una cassa di piombo ben chiusa, a sua volta introdotta in una cassa di legno inchiodata e ricoperta di tela rossa. “ L’insigne reliquia” di San Cassiano era formata da gran parte del cranio, quattordici denti e due ossa grandi. Anche queste sacre spoglie furono accolte in casa Mattei.

Scriveva Costanza il 25 marzo 1603 alla madre: “ … Il Corpo Santo V.S. l’havrà fra 15 o 20 giorni volendo-lo far partir Gian Battista presto, ma non credo vi verrà lui …”; e, il 5 aprile, Gian Battista bacia le mani a V.S. et dice che portarà il Corpo Santo a Giove [zona di Roma dove era il palazzo dei Mattei] aciò lei se lo possi portare via con tutte le sue circonstancie …”; e ancora il 18 aprile:“ il Corpo Santo già ho scritto a V.S. che l’istesso Gian Battista se lo porta havendo domandato licentia per andarsene a star a casa sua …”. A dorso di mulo o su un carro, con un piccolo seguito, intraprese il viaggio per Novellara.

La strada percorsa può essere stata quella attraverso Arezzo, Firenze, Bologna, Reggio oppure quella per Cesena, attraverso la gola del Furlo, poi la via Emilia, giudicata più sicura perché in gran parte nello Stato Pontificio. Le reliquie giunsero sane e salve a Bagnolo nei primi giorni di maggio, se non alla fine di aprile. La cassa fu deposta sopra l’altare dell’oratorio di San Pietro, un piccolo edificio, non più esistente, appena fuori del paese sulla strada per Reggio.

Palazzo Mattei di Giove a Roma. Da Antiquae Urbis splendor, 1612

Lo schizzo delle nicchie è riportato in Roma subterranea dell’Arrighi, 1671.

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TRASLAZIONE DELLE RELIQUIE A NOVELLARA

La mattina del 4 maggio 1603, domenica, Donna Vittoria spedì a Reggio il canonico Pompeo Valentini a presentare a mons. Foschieri, vicario del vescovo Claudio Rangoni (assente perché nunzio apostolico in Polonia), le carte compro-vanti l’avvenuta estrazione delle reliquie e a pregarlo di portarsi a Bagnolo per farne la ricognizione.Su un cocchio superbo mandato apposta dalla contessa salirono oltre al vicario, don Lodovico Bedogni, cerimoniere vescovile, Pellegrino Vellani cancelliere e notaio, e lo stesso Valentini. [Il notaio Vellani stese un rapporto della traslazione. Che si trova nell’Archivio Parrocchiale]. In breve tempo, grazie anche a “quattuor equibus volantibus”, a quattro cavalli che volarono, furono a Bagnolo.“Entrato il vicario nell’oratorio a tutta festa ornato – così il Davolio – ritrovò sull’al-tare e fra molti ceri accesi, la cassa coperta di rosso tappeto tempestato di oro. Ai lati dell’altare stavano genuflessi i due giovani conti figli di Donna Vittoria: Camillo di ventidue anni ed Alfonso di diciassette col sacerdote Cavagna, il castellano di Bagnolo Ottavio Nasi e altri signori. L’oratorio e la piazza erano affollati di gente e tutta la milizia bagnolese sotto le armi”. Il vicario dopo una breve preghiera, presenti i principi, il notaio, i testimoni e il popolo, levò i sigilli alla cassa tolse le reliquie di San Cassiano quindi, “ad una ad una, tutte le altre leggendo il nome; le porse da baciare ai due principi, le mostrò al popolo, poi le rimise al loro posto e sigillò nuovamente la cassa”. Quindi fu ordinato al popolo di prepararsi per la processione che ci sarebbe stata nel pomeriggio e a tutti i parroci e curati del territorio di indossare i paramenti rossi.Brevemente il Davoli fa cenno anche all’aspetto più materiale dell’avvenimento: “sumpto honorifincentissimo prandio intus castrum Bagnoli”, ci fu un sontuoso pranzo nella rocca di Bagnolo offerto dai Gonzaga agli ospiti e alle personalità civili e religiose.

Anche semplicemente da un punto di vista spettacolare merita di essere riportata integralmente la descrizione fatta dal Davoli, ma non bisogna dimenticare la grande fede che animava tutta questa gente, la gioia di poter avere reliquie materiali di persone che per i loro ideali avevano accettato il martirio, la speranza di ricevere da questi santi aiuto, protezione, conforto in un’epoca in cui tutto era faticoso, difficile, pericoloso da produrre e da ottenere. Nel pomeriggio, sul far della sera, partì la processione: “ Precedevano i parroc-chiani di S. Tommaso, poi della Pieve e di Bagnolo, a due a due dietro i loro sten-dardi, con i loro parrochi; seguiva il clero di Bagnolo, il cui numero accrescevano i sacerdoti ed i chierici delle parrocchie vicine, cantando salmi ed inni. A questo vedevasi tener dietro maestosa carrozza a quattro cavalli in tutta gala, entro la quale stavano in alto collocare le sacre reliquie fra due sacerdoti apparati di purpuree tonicelle; et numerose torce ardevano d’ogni intorno. Venivano immediatamente altre quadrighe parimenti in gala ed in esse sedevano il vicario, anch’egli degli indumenti sacri vestito, i principi, il canonico Valentini, il castellano, i cavalieri i signori. La milizia di Bagnolo, uniformemente montata,

scortava e seguiva questo sacro convoglio che lentamente avanzandosi al suono giulivo di tutte le campagne da Bagnolo a Novellara; dietro traevasi popolo nu-meroso d’ogni luogo. Ad aumentare questo trionfo moltitudine di novellaresi con i confratelli della compagnia del SS Sacramento in cappe rosse sui confini della

parrocchia e presso la chiesa di San Giovanni della Fossa si unì alla processione che, giunta alla vista del casino di sopra fu salutata dallo sparo più volte replicato della milizia novellarese schierata in quel serraglio.Qui si fermò la processione, il sacro deposito fu levato dalla carrozza e passando per mezzo alle diverse popolazioni, ai confratelli del Rosario, del SS Sacramento e del Carmine, ai padri de’ servi, a padri carmelitani, alla collegiata ed a tutto il clero novellarese, lungo la strada in due file disposti; fu portato sulle spalle de’ Leviti nell’oratorio di San Lorenzo all’ingresso del Casino.Da un lato della porta stava solennemente apparato l’arciprete dottore Ippolito Ghidi, dall’altro Donna Vittoria che ricevè genuflessa, e tutta commossa e lagrimante di tenerezza baciò più volte quell’urna sacrata.Fu questa collocata su un magnifico trono che ricco di frangie d’oro e d’ogni sorta di preziosi arredi stava presso l’altare preparato a cui facevano corona il pretore e gli anziani della Comunità.Nel mentre che la moltitudine prendeva alquanto riposo l’arciprete intonò il Veni Creator Spiritus, poi inni e salmi che cantati furono alternativamente dal clero e terminati poscia con alcune orazioni della chiesa. Indi si rimise in ordine la pro-cessione. Avvicinavasi la notte e a diradare le tenebre e ad illuminare il lungo e spazioso

Affollatissimo corteo davanti al Convento nel 1925 che rende l’idea di come può essere stata la maestosa processione che accompagnò le reliquie di San Cassiano al loro arrivo nel 1603.

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stradone che fiancheggiato da cipressine a retta linea dal casino metteva alla gesuitica chiesa, oltre i cerei senza numero, ardevano cataste di legna qua e là innalzate e disposte con ordine; e per mezzo a queste mosse a due file la lunghis-sima processione. Dietro a’ canonici veniva il vicario generale vestito sempre degli abiti suoi corali poi l’arciprete apparato in terzo e dopo di questi le sacre reliquie precedute da musicali stromenti, seguite dal pretori e dagli anziani in abito di formalità e cinti di spada, dalla milizia di Bagnolo e da una folla d’immenso popolo.Tutti li sacri bronzi suonavano a festa e sentir facevasi il cannone della rocca. Donna Vittoria con i figli sul suo cocchio e per la strada che costeggia il canale, volò alla chiesa de’ Padri Gesuiti e le milizie novellaresi andarono a schierarsi in piazza. Entrò la processione in chiesa ed ivi ricevuti i santi e venerati dai principi e dai religiosi, tutti mossero di nuovo per la porta del mezzogiorno verso la piazza.Fra gli alabardieri e seguiti dai paggi e dagli staffieri, venivano dietro al sacro fere-tro Camillo ed Alfonso. All’entrare sotto il portico maggiore che magnificamente coperto d’arazzi ed ornato di quadri, di altari, di fronde, di frutti e tutto sparso di fiori, presentava l’aspetto di una ridente galleria, si diè principio agli spari delle milizie in piazza e dei fucili sulla piazzetta, ai quali, dalla porta e dalle cannoniere della rocca faceva eco il rimbombo delle artiglierie.Tutta Novellara illuminata ed ornata pomposamente esultava di consolazione. La processione si avanzò fra lo strepito delle armi e dei sacri bronzi; passò davanti alla rocca e per le vie San Bernardino e del gioco del pallone si diresse alla chiesa dei padri Carmelitani [rispettivamente via De Amicis e via della Libertà, la chiesa era a lato del casino Chiavelli, oggi marmista Salsi, proprio sull’area della strada]: entrò parimente e vi fece qualche poco di stazione, poi per la via di S. Alberto [via L. Orsi], per la piazzetta e pel portico superiore della piazza pervenne finalmente alla chiesa collegiata di Santo Stefano.Quivi la ricchezza dell’addobbo, la diversità dei colori, la quantità delle cere, l’ele-ganza con cui vedevasi ogni cosa disposta, l’armonia dei suoni di cui lietamente echeggiavano le volte e le pareti, formavano uno spettacolo che l’occhio e l’orec-chio sorprese di quell’immensa moltitudine e mise il colmo alla giocondità che già brillava nel cuore e sul volto d’ognuno.Sull’altare maggiore che sfavillava onusto di lumi e delle argenterie di corte, furono collocate le reliquie dei santi.Donna Vittoria <<devotissime et magis semper iucundissime illas venerata est et incredibili laetitia fuit affecta>>”, venerò quelle reliquie sempre con grandissima devozione e gioia e mostrò sempre una incredibile felicità. Fu cantato un Te Deum, poi fu letto il breve pontificio, quindi il Vicario interrogò ad alta voce don Cavagna per sapere se le reliquie fossero realmente quelle rinvenute e trasportate da Roma. Dopo risposta affermativa e giuramento del sacerdote, dichiarò che le reliquie erano venerabili.Alla fine della cerimonia furono chiuse nella cassa e riposte nell’archivio della Collegiata in attesa che fosse preparato il vano sotto l’altare maggiore e la chiave fu consegnata a Donna Vittoria. Sùbito Donna Vittoria scriveva alla figlia a Roma per raccontarle come erano

andate le cose e Costanza, il 16 maggio, le rispondeva: “ … ho havuto caro saper che Gioan Battista sia arrivato et che habbi portato il Corpo Santo et con tanto concorso et feste como si son fatto e sia stato ricevuto …”. Qualche tempo dopo, forse in dicembre, Costanza faceva sapere: “… per conto del Corpo Santo non occorre che parla al padre Bruno poiché li sò dir io che le reliquie et corpi santi che ha portato Gian Battista, il papa ha ordinato che si mettano sotto un altare senza titolo et senza tenervi lampada et che non se faci festa nisuna; …i nostri hanno poi la istessa forma. Quanto a stampar la vita li gesuiti me lo dissero ancora a me, ma non è stato vero …”. E il 19 marzo seguente: “ho già scritto a V.S. che Gioan Battista era tornato et che dice si possono tenere nella magior veneratione che si po’ li Corpi Santi, ma che il padre Bruno se ne vole informare et scriverò il tutto; ma intratanto lo tengi pur como ho scritto poiché lo po’ far benissimo. Poi, il 2 aprile, “ … è venuto Gioan Batista, farò li suoi baciamani al padre Bruno et lo solicitarò che quanto prima li mandi il poter tener con tutto decoro li santi, intanto V.S. li tenga pur sicuramente …”. E ancora il primo maggio: “… già ho scritto a V.S. quello che dice il padre Bruno per conto delle reliquie cioè che le tengi pur nella più venera-tione che può; in quanto a qual San Cassiano è, io lo domandarò a Gioan Battista che lui potrà sapere et anco mi ha promesso di darmi la vitta sua, ma in quanto a dirli l’oficio non credo stia nel calendario; perciò senza licenza del papa non si potrà, credo io, celebrare l’officio, ma si bene oratione propria; in somma parlerò al un et al altro et ne darò risposta a V.S. … del Santo già ho detto a V.S. che farò instantia con Gioan Battista di saper la vitta, ma far l’oficio non credo si possi …”.Era spuntata qualche difficoltà. A Novellara nell’entusiasmo del momento, evi-dentemente, erano stati tributati a San Cassiano onori più elevati del suo “rango”. Qualche chiarimento viene dal Davoli che scrive: “ Nell’anno 1610 fu poi levato dal calendario diocesano l’uffizio di San Cassiano con tutti gli altri non concessi dalla Sacra Congregazione dei Riti; fermo restando però per Novellara e suo territorio”. Il giorno dell’arrivo a Novellara delle reliquie il vicario le aveva dichiarate vene-rabili con culto “d’iperdulia”, cioè con alta venerazione come per la Vergine e i santi principali. La festa anniversaria la fissò il 26 marzo e per il clero di Novellara assegnò l’uffizio e la messa di un vescovo martire di rito doppio di prima classe e di rito semidoppio per tutta la diocesi. San Cassiano evidentemente era stato introdotto nel calendario come, per esem-pio, S. Antonio Abate (17 gennaio) o S. Luca (18 ottobre) o i Santi Pietro e Paolo (29 giugno), ma senza la concessione della Sacra Congregazione dei Riti, per cui dovette essere tolto. Come annotava giustamente don Bonezzi, per avere un giorno libero e una distinta solennità,pur essendo il 26 marzo “il giorno natalizio” di San Cassiano, si preferì festeggiare il giorno della traslazione delle sua spoglie a Novellara perché la prima data cadeva spesso in tempo di Quaresima o nella Settimana di passione o nella Settimana santa o in quella di Pasqua e non si sarebbero potuti fare festeggiamenti solenni. Per quasi trent’anni dopo la traslazione, tutta la comunità diocesana rese onore a San Cassiano se pur con riti meno fastosi (riti di seconda classe). Per secoli, fino ai giorni nostri, alle funzioni religiose ha sempre partecipato una gran folla di devoti

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proveniente anche dai paesi vicini. Molto tempo dopo, esattamente nel 1762, la stessa Congregazione emanò un decreto col quale concedeva al clero e al popolo di Novellara di considerare San Cassiano martire patrono principale e i santi Luigi Gonzaga e Bernardino da Siena patroni “minus principales”, comprotettori. La richiesta era stata appoggiata dal cardinale Colonna di Sciarra.

Per quanto riguarda la biografia di San Cassiano sollecitata, come si è visto, da Donna Vittoria, non si era concluso molto ancora nel 1665. Odorico Grisoni scriveva da Carpi:“ Con confirmarmi riverentissimo servitore di V.E., le dò parte di aver adempiti i suoi comandamenti circa le informazioni per San Cassiano. Ho scritto al padre Gotifredo Enschenio successore nell’opera al padre Bollandi et nominalmente da parte di V.E. l’ho anche pregato di quelle notizie maggiori che havere si possono del Santo. Spero che il Santo dal Paradiso esaudirà le mie preghiere acciò V.E. resti servita nei suoi religiosissimi desiderij …..”. Dubito che a distanza di mille e trecento anni ci fosse qualche documento originale che riferisse anche semplicemente del martirio di quel gruppo. Probabilmente esisteva una tradizione orale che fu codificata quando si scrisse il Martirologio romano. E’ comunque bella la storia che viene riferita. Cassiano e amici avevano deciso di andare a Roma dove c’erano altri seguaci di Cristo e la tomba di Pietro. Sbarcarono in Sicilia e a tappe, ospitati di volta in volta da altri gruppi di cristiani, raggiunsero la capitale dell’Impero. Qui, nonostante ci fosse una grandissima tolleranza per il culto delle tante divinità importate da ogni angolo

del mondo conosciuto, il cri-stianesimo non era accetta-to, anzi era perseguitato per le sue idee “rivoluzionarie” di uguaglianza, di fraternità, di pace, di sottomissione e di monoteismo specialmen-te perché quell’unico dio era superiore all’imperatore. Cassiano e altri vennero scoperti dai soldati romani mentre pregavano; furono invitati a sacrificare agli dei

e all’imperatore. Al loro rifiuto furono condotti davanti al giudice che constatata la fermezza nelle loro convinzioni non poté fare altro che condannarli a morte concedendo il supplizio onorevole della decapitazione per essere nativi d’Africa, quindi cittadini romani.

Complessivamente Vittoria di Capua aveva fatto estrarre dalle catacombe 75 reli-quie. Un terzo di queste, cioè San Cassiano e i suoi compagni, furono assegnate alla Collegiata, i restanti due terzi in ugual numero alla chiesa del Gesù e a quella

Cassetta di piombo, legata con nastro rosso e sigillata, con le reliquie di San Cassiano, contenuta nell’urna d’argento.

di Sant’Anna dei Cappuccini. Nei secoli, varie persone più o meno illustri procurarono reliquie e ne fecero dono ai conventi, alle confraternite, alle chiese. Oggi assommano a 153 e fanno parte tutte del tesoro della Collegiata di Santo Stefano. Sono custodite in antichi preziosi reliquiari una parte dei quali, tutti uguali, in argento, venne fabbricata nel ‘700 da Giuseppe Gasparini di Reggio.Queste sante spoglie vengono portate in processione assieme a San Cassiano in urne speciali adatte al trasporto a spalla.Annotava ancora don Bonezzi, parroco a Novellara dal 1919, nelle sue memorie: “ Un tempo le urne erano sette e la processione dei Patroni si chiamava “delle sette cassette”, ma erano state ridotte a sei per avere unite in una sola le reliquie dei santi Luigi e Bernardino. Ho voluto che tornassero ad essere sette e feci costruire un trono apposito per la settima urna che avevamo e che restava nascosta. Così anche la settima va in processione con reliquie di santi che si conservano e che vi si mettono alla rinfusa”.Le urne sono dei santi Narciso, Fedele, Valeria, Clemenza, Luigi Gonzaga e Ber-nardino da Siena.Fino al 1920 l’urna di Santa Valeria si conservava in una nicchia dietro l’altare maggiore della chiesa del Popolo e quella di San Luigi e San Bernardino nel san-tuario della Fossetta.

Il cosiddetto tesoro di San Cassiano oltre l’artistica urna d’argento, comprende suppellettili e arredi,carteglorie d’argento fabbricate a Reggio nel 1684 da un certo Riva; candelieri e

Urne dei Santi Bernardino e Luigi e Santa Clemenza montate sui tronetti in due immagini degli anni Venti.

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croce pure d’argento lavorati a Mantova nel 1678, il tutto a spese di Camillo III Gonzaga. Questi ultimi oggetti furono ingranditi a Reggio nel 1746 da Gottardo Romani per volontà di Donna Ricciarda Gonzaga. Nel 1676 il conte Giulio Cesare Gonzaga, militare, aveva lasciato per disposizione testamentaria ai suoi eredi l’impegno di far realizzare sei candelieri d’argento con la croce per l’altare di San Cassiano, che vennero realizzati da mastro Matteo orafo di Mantova. Sono spariti probabilmente nel 1801, requisisti dai francesi.Il parato di San Cassiano è formato da un ricco corredo liturgico composto da due parati in terzo (piviale, tonacella, pianeta), tappeto, coppia di cuscini, mitria e un paliotto. Tutto in raso ricamato. “ Ritagli in taffetas perla e giallo laminato in argento e oro, dipinti e applicati a ricamo su raso di seta rossa, con profilature a doppi cordoncini in oro e argento filato e finiture a ricamo in oro filato. Fondo rosso, disegno perla, giallo, oro e argento”. Solo il damasco rosso che costituisce il telo centrale del tappeto è del Seicento, il resto è stato confezionato nel secolo successivo da Lazzaro Pietramaggiori, rica-matore di corte, con arredi sacri lasciati nel 1766 da Ricciarda Gonzaga. [Da: Il tesoro dell’insigne chiesa collegiata di S. Stefano di Novellara]

Reliquiario contenente un frammento del legno della S.S. Croce incluso in una croce di cristallo, un tempo dal card. Giustiniani - Tesoro della Collegiata di S.Stefano

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I CENTENARI

IL PRIMO CENTENARIO E IL SETTECENTO

Nei primissimi anni del Settecento era in corso la guerra di successione di Spagna. Le terre tra Reggiano e Mantovano furono terreno di scontri e di battaglie. Anzi, nel 1702, Filippo re di Spagna si trovava proprio nei pressi di Novellara ad orga-nizzare le sue truppe per quella che sarebbe stata la famosa battaglia di Luzzara. In quell’occasione fu invitato a tenere a battesimo il figlioletto di Camillo III. L’anno seguente sul territorio della contea stazionarono i francesi.Le truppe d’occupazione avevano imposto delle contribuzioni di guerra (per altro abbastanza modeste: 1 lira per biolca di terra, aumentata poi a due nel 1705), ma non limitazioni alle manifestazioni popolari. Pur non avendo notizie certe, neppu-re il Davoli riferisce di celebrazioni particolari per il primo centenario, possiamo pensare che ci siano state non celebrazioni speciali, ma tutti gli anni sicuramente la messa solenne, la processione e la festa in paese con luminarie e falò in onore del patrono.Infatti nel 1704 si fecero fuochi pirotecnici e si comandò che il capo battaglione guardasse la piazza “con conveniente scorta di forza armata” ad evitare disordini per i gran concorso di popolo; nello stesso anno Antonio Ferraboschi eseguì or-namenti in stucco all’altare di San Cassiano. Quando si acquartierarono gli imperiali, e cioè dal 1706, le contribuzioni divennero assai gravose e vennero estese alle case, ai fuochi, alle arti e al commercio. Niente induce a pensare che non ci siano state almeno le solennità religiose, ma anche le esternazioni popolari se pure in tono minore, dovettero esserci, perché mettere lumini e drappi alle finestre non costava nulla e così pure accendere dei falò lungo le strade. D’altra parte per anni vicini, spesso nelle lettere, si fa cenno ai “fuochi d’allegrezza come di consueto” per la festa del Patrono.

Il canonico Battistoni nelle sue Memorie invece registra varie occasioni in cui furono fatte processioni con le reliquie dei nostri protettori anche i date diverse dal 4 maggio. 1728 “Adì 5 detto [settembre] in domenica, processione delle reliquie dei Santi Cassiano, S. Narciso, Fedele e Santa Valeria per ottenere la sanità del s.r conte D. Filippo infermo da mesi otto, la quale funzione è stata fatta con gran concorso di sudditi e forestieri e col suono di notte delle campane e campanone insieme con tutte le religioni del paese”. 1732 e 1733, il 4 maggio, processione “ per implorare la serenità e la liberazione di un male epidemico de’ bestiami, venendo il popolo di Campagnola processio-nalmente”.1734,15-18 luglio Triduo in onore di S. Cassiano, S. Narciso e S. Fedele e … processione solenne delli detti santi per Carpi … per bisogni di più disgrazie in tempo di guerra”. Periodo di battaglie a Mirandola e Quistello e nel territorio fra Guastalla e Luzzara tra imperiali e francesi.1737, 25-27 gennaioTriduo a S. Cassiano e altri santi con processione per implorare la venerazione

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de’ cristiani.1737, 23-25 giugno“Esposizione di San Cassiano e altri per implorare serenità”. Il tempo era stato stravagante all’inizio del mese e un’inondazione si era verificata il 18 e 19, con molti danni ai raccolti.1738, 21-25 novembre“Triduo con esposizione di San Cassiano e altri santi e processione per il terremoto. (C’era stato il giorno 6 con gravi danni a Parma e Piacenza ma si era sentito bene anche qui) et il male dei bestiami, con predica e panegirico”.1739, 10-12 giugno“Triduo e processione per implorare la serenità”; e venne a proposito perché in agosto fu “pubblicata la pace” che era stata conclusa fra il re di Francia e l’impe-ratore, il che significava in prospettiva possibilità di tempi tranquilli. Parecchi anni più tardi, nell’aprile 1779, gli Anziani del paese (tra cui anche il conte Luigi Gonzaga, che fu veramente l’ultimo della linea di Novellara) “stante la forte necessità della pioggia per la corrente sì ostinata siccità tanto dannosa alli coltivi della terra”, deliberavano di far ricorso a pubbliche orazioni ai santi protettori “con un divoto triduo di penitenza” come si era fatto altre volte per implorare la grazia della pioggia. Il conte Ubertino Zuccardi Grisanti proponeva che il triduo si facesse nella chiesa parrocchiale, anziché nella chiesa del Popolo giudicata troppo piccola, dove si sarebbero esposte le reliquie di San Cassiano e degli altri comprotettori, S. Bernardino da Siena e S. Luigi Gonzaga, poi si sarebbero portate in processione il 4 maggio. L’uso di portare in processione le reliquie per avere la pioggia è documentata fin dal 1625 quando Alfonso Carlo Gonzaga, figlio di Donna Vittoria, arcivescovo di Rodi, scriveva: “ Mi rallegro di poter dare a V.E. e a tutti … quella buona nuova che appunto aspettavano intendere della salute della Signora madre la quale, Dio lodato, al presente se la passa assai bene avanzandosi ogni dì più nelle forze e nel appetito, onde cominciassimo l’altra sera ad uscire un po’ fuori, verso il tardi et haveressimo seguitato se da due giorni in qua non ci tenesse a forza confinati in casa la pioggia, con cui è piaciuto a Dio benedetto di consolarci per l’intercessione di San Cassiano il cui glorioso corpo fu processionalmente portato lunedì mattina per tutta la terra … Con la buona pioggia che habbiamo havuta per doi giorni per l’intercessione del nostro glorioso San Cassiano, si può dire che tutti siamo risuscitati da morte a vita”.. 1791 Tra i documenti dell’archivio parrocchiale c’è una supplica del canonico Luigi Cervi Rubini al duca di Modena per “potersi portare processionalmente le dette reliquie fuori della chiesa suddetta e con esse benedire dai quattro angoli del paese le campagne come si costumava da tempo immemorabile”.

1796 FESTA STRAORDINARIA

Il Davoli, sempre preciso e documentato, annota la festa di San Cassiano del 1796, cui assistette e partecipò. “Con pompa straordinaria si solennizzò dai novellaresi nel giorno quattro di maggio 1796 la festa anniversaria della traslazione delle sacre reliquie di San Cassiano … Una superba illuminazione a giorno di tutta la piazza, ingegnose macchine di fuochi artificiali, le trombe ed altri musicali strumenti che di quando in quando da vari punti della piazza si facevano sentire resero assai brillante la sera antecedente che fu quieta ed oscura. La facciata della chiesa ed il portico delle tele, sul quale vedevasi architettato un elegante loggiato, l’una e l’altro ornati di statue, di vasi, di guglie, di lumiere maestrevolmente disposti secondo l’ordine dell’architettura e vagamente illuminate, formavano uno spettacolo maestoso che colpiva l’occhio, che durò tutta la notte e che forse Novellara non vedrà più.Oltre agli abitanti del paese e delle vicine parrocchie, fu numeroso il concorso de’ forestieri che vennero dalle città di Reggio, Modena, Carpi, Correggio, Guastalla e altri.Il tutto fu ideato e diretto dai signori Giovanni Brioni, pittore, e Francesco di Prospero Siliprandi, ambedue novellaresi [il Brioni avrebbe l’anno successivo organizzato e preparato il pranzo per Napoleone al Casino di sotto; Siliprandi era figlio dell’architetto che pochi anni prima aveva fatto i rilievi e disegnato le mappe di Novellara e Bagnolo].Comparsa non meno bella facevano e la chiesa, tutta internamente coperta per la prima volta del nuovo addobbo di damasco cremisi, e l’altare ricco di tutta l’argenteria ripulita di fresco.Una scelta copiosa musica terminò di condecorare la funzione che riuscì in tutte le sue parti compita e maestosa e che mise il colmo alla gioia che già brillava sul volto di tutti.

Pochissimi giorni dopo venne la nuova dell’ingresso dei francesi in Italia, dell’armi-stizio concesso a Castel San Giovanni nel piacentino e della partenza da Modena dell’ultimo duca sovrano Ercole Terzo d’Este per Venezia, la sera del 7 maggio”. Il 26 agosto i reggiani si dichiararono repubblicani, aderirono cioè alla Repubblica

Profilo di Napoleone del 1796.

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francese. Un gruppo di giacobini arrivò a Bagnolo e piantò in piazza l’albero della libertà poi invitò i novellaresi a fare altrettanto. La nostra gente però rimase fedele al duca almeno fino al 7 ottobre quando Napoleone fece prendere possesso di Modena. L’8 la bandiera tricolore sventolava sulla torre e sul Campanone.Il 15, Bonaparte si fermava alcune ore a Novellara. All’inizio del 1797 ci fu una sommossa popolare contro la Municipalità perché non si vedevano realizzate le cose promesse dai giacobini. I due “municipalisti” furono

Particolare della lettera di Napoleone del 1796 al sindaco di NovellaraTraduzione “Quntunque io non abbia visto i deputati del vostro Comune non ho dimenticato la vostra richiesta. Ho scritto ai Commissari di Governo perché diano ordine che il diritto di macina che il vostro Comune pagava all’Arciduchessa sia ridotto della metà”

costretti a barricarsi nella sala del consiglio. Ci vollero lunghe trattative e nuove promesse per riportare l’ordine e la quiete e liberare i due funzionari. Cominciava a diffondersi un certo anticlericalismo; le cerimonie e le feste re-ligiose erano mal tollerate dal Direttorio. Il nuovo regime tendeva ad imporre i propri giorni festivi che ricordavano la decapitazione di Luigi XVI (31 gennaio), la presa della Bastiglia (14 luglio), e altre “stragi e massacri”, come, con orrore, commentava il cronista.

1798 UN ANNO TRAGICO PER LA RELIGIONE

“Riunite poscia le due Repubbliche [Transalpina e Cispadana] in una sola col nome di Cisalpina e fissata la sede del governo in Milano, cattedrali, collegiate, collegij, seminarii, monasteri, confraternite, beneficii, tutto fu soppresso nel 1798; furono sciolte le corporazioni, espulsi i claustrali, chiuse le chiese, avocati i beni alla Nazione e venduti compresi gli stessi palazzi vescovili colle loro mense. Il convento dei padri cappuccini fu il primo a soccombere in Novellara … e in ottobre furono venduti i mobili e il convento; … in luglio era toccato alle Opere pie della Sagrestia, di San Cassiano e della Beata Vergine del Pilastro e a tutti i benefici e legati annessi ed alle confraternite …. Fu proibito ai canonici il vestire le divise canonicali e il radunarsi, … permettendo soltanto di riunirsi in coro per le funzioni”. Il 14 luglio, era l’anniversario della presa della Bastiglia, a Novellara per ordini venuti da Reggio, vennero proibiti il suono delle campane per i funerali, le processioni e le altre funzioni fuori di chiesa, la benedizione delle case, l’apertura delle chiese nella notte di Natale, il portare la comunione o il viatico agli infermi con esteriorità, “ il fare allegrezza per le solennità”.E’ il momento in cui vengono aboliti i titoli nobiliari eliminandoli dalla iscrizioni pub-bliche e, con lo scalpello, anche dalle lapidi, e tutti hanno l’appellativo di “cittadino”.“ … si accrebbero bene senza proporzione le osterie ed i luoghi di discolato e di licenza; quattordici osterie furono aperte in Novellara di due sole che n’erano permesse anticamente e queste si videro sempre, di giorno e di notte, affollatis-sime … Solo pochi libertini, antireligiosi e cavillosi raggiratori e altrettanti sciocchi si rallegrarono di questo, per disingannarsi di lì a breve vedendo che non c’erano più fondi per il sollievo dei poveri e le opere di carità”.In quest’anno furono distrutti il bosco delle Bruciate e in seguito le cinque macchie del Forcello e gli altri boschi, con la scusa che erano riserve di caccia ducali, in realtà per l’interesse di alcuni privati (Torreggiani e soci di Reggio) che ne ricavarono gran quantità di legname.

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IL SECONDO CENTENARIO E L’OTTOCENTO

Il secondo centenario cadde in piena Repubblica e qui è necessario fare un paio di passi indietro. Il Direttorio francese, che temeva la sua abilità, il suo carisma, il suo potere, nel 1799, spedì Napoleone in Egitto “ per perderlo con onore”. Non sarebbe stato così. Contro la Francia si formarono nuove coalizioni tra gli stati europei che il Direttorio mostrò di non riuscire a fronteggiare. Così Bonaparte tornò e dette il via al consolato che nel volgere di pochi anni si sarebbe trasformato in impero.Dal 16 marzo la Municipalità aveva imposto severe restrizioni alle funzioni religiose.“ Il 21 aprile, - scrive il Davoli- correva la domenica quarta dopo Pasqua; per ordine della Municipalità, non si fece alcuna funzione nelle chiese, a riserva delle messe basse, che si celebrarono senza alcun suono di campane e al fine delle quali ciascun sacerdote celebrante fu obbligato ad intimare al popolo di fuggire gli attruppamenti, di essere ubbidienti alle leggi e di doversi immediatamente, ascoltata la messa, tornare alle loro case”. La proibizione fu tolta il 25 seguente.Ci furono un passaggio e un avvicendamento di milizie delle parti contrapposte, francesi e tedesche, proprio sul nostro comune. Il 23, un distaccamento di francesi e uno di reggiani transitarono diretti a Reggiolo, ma ritornarono presto incalzati dai tedeschi. Il 3 maggio [1799], la vigilia di San Cassiano, si fermarono degli ussari che fecero abbattere l’albero della libertà; parte di questi andarono a Cognento dove fecero altrettanto e in più tolsero denari, gioielli e biancheria alla famiglia del prete ac-cusandola di essere filo repubblicana. Un comandante ungherese con i restanti prese possesso della contea a nome dell’imperatore e istituì una nuova Comunità. Il conte di Montalbano preceduto dai tamburini e dai soldati con bandiera spiegata si portò sul sagrato di S. Stefano dove ricevette la benedizione; quindi vi fu messa solenne con Te Deum. “C’era una folla immensa di popolo essendo giorno di fiera e … la sera vi fu illumi-nazione per tutto il paese”. La festa di San Cassiano fu celebrata in grande letizia. Tutte le altre chiese furono riaperte l’8, i cappuccini rientrarono l’ultimo del mese nel loro convento. La gioia e la libertà durarono poco. Neppure un anno più tardi fecero ritorno i francesi che ripristinarono il loro regime. Il 6 piovoso dell’anno decimo repubblicano, ossia il 25 gennaio 1802, a Lione fu cambiato il nome di Repubblica Cisalpina in quello di Italiana e Napoleone, primo console di Francia, ne fu eletto presidente. Il Davoli annota che “Dal 15 aprile al primo luglio si ebbero in Novellara quat-trocento polacchi, buona gente, ben disciplinati, che non molestarono alcuno, che si fecero vedere frequenti e divoti nelle chiese, che assistettero sotto le armi in bell’ordine e con esemplarità alle funzioni di Pasqua, San Cassiano e Corpus Domini e che furono di grande aiuto ai contadini per i lavori della campagna nei quali si mostrarono assidui, fedeli e instancabili”.Nel medesimo 1802 ci fu la guarigione miracolosa di suor Maria Gaetana di Carpi attribuita alla Madonna della Fossetta. il che aveva accresciuto il concorso di fedeli al medesimo santuario.

Ed eccoci arrivati al 1803. L’anno cominciava assai male per la comunità religiosa di Novellara. La chiesa dei gesuiti fu spogliata dei suoi mobili che vennero trasferiti nella chiesa dei Servi (organo) in S. Stefano ( pulpito, confessionali grandi, banchi, quadri, armadi), a Campagnola (il baldacchino) e a Correggio. L’edificio, acquistato dal conte Greppi di Milano, sarebbe poi stato demolito nel 1808, “cavando fino

l’ultima pietra de’ fondamenti”.Vennero soppresse, d’ordine del prefetto del Dipartimento del Crostolo, su direttiva nazionale, varie confraternite religiose e le superstiti dovettero sottostare a regole rigorose e restrittive. I parroci vennero invitati a concor-rere, con tutti i mezzi che offriva il loro ministero, “alla tranquilla esecuzione della legge”, mentre la Municipalità veniva a sua volta invitata a segnalare “ quelli fra i parrochi che per avventura si

rifiutassero di prestarsi all’uopo” .Indubbiamente fu fatta la messa solenne, ma non ci furono manifestazioni all’e-sterno della chiesa. Dai documenti dell’archivio Comunale non risulta siano state fatte richieste per luminarie, addobbi, fuochi, o altro. Come se non bastasse, a impedire la festa popolare ci fu anche la segnalazione del passaggio dal 27 aprile al 6 maggio di “varie colonne di truppa francese, elvetica, italiana e polacca, di fanteria e di cavalleria” dirette a Modena. Ancora un lungo, brutto periodo doveva seguire. Nel 1806 ci fu anche un violento terremoto. Per illustrare la gravità della situazione è sufficiente seguire le vicende del padre Carlo del Finale, cappuccino nel nostro convento, che nel 1809 fu rele-gato a Mantova, costretto dai “patriotti” giacobini che avevano fatto pressione sul padre provinciale; perché le sue prediche non erano state “politicamente corrette”. Considerava infatti i cambiamenti portati dai seguaci di Napoleone dei “giusti divini castighi” e parlava pubblicamente di “nefanda congiura di pochi mascalzoni, incitati dalla giudaica perfidia e da infame oltramontana combriccola”. Espressioni molto forti compaiono ancora nelle sue prediche di data posteriore rivolte ai “patriotti” e ci fanno capire come questo frate non avesse peli sulla lingua e quanto fosse sco-modo. “Disingannatevi o impudenti liberali o voi chiunque d’empie massime e di costumi nefandissimi; non già il caso cieco ed impotente al pari della sudicia vostra Dea Libertà, non già il caso ha prodotto alluvioni così dannose, ma le ha volute Chi fabbricò e regge ancora a vostro dispetto il mondo fino alla fine dei secoli”. “ Carbonari predicatori astuti del diavolo che cercano insinuare odio ai principi ed ai legittimi governi”; serpeggiante demoniaca setta sediziosissima e abominevole”. Dopo vari spostamenti e dopo la secolarizzazione tornò a Novellara come custo-de della chiesa di Sant’Anna e qui “si mantenne costante a fronte delle più fiere vessazioni e persecuzioni procurate a lui dagli accaniti patriotti”, cioè continuò

Carta della Municipalità di Novellara del tempo della Repubblica Cisalpina. 1801

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a parlare in maniera non gradita; per cui sul finire del 1813 fu fatto arrestare e condurre a Reggio.

Il 25 apr. 1810 venne imposta la soppressione dei conventi d’Italia eccettuate le cattedrali e quegli istituti monastici che avevano compiti di educazione della gioventù. Poi, almeno fino alla caduta di Na-poleone, il Prefetto del Dipartimento del Crostolo non dovette concedere molto spazio alle manifestazioni religiose. Furono pubblicati ordini rigorosissimi perché le chiese fos-sero chiuse prima dell’Ave Maria della sera e non si suonassero le campane durante la notte a qua-lunque titolo. A Reggio ci fu quasi una sommossa popolare quando i gendarmi entrarono in una chiesa a cavallo per scacciarne i fedeli raccolti in preghiera. Il Prefetto, inoltre, osservava che “per un malinteso principio di re-

ligione”, in molte parrocchie dominava una “irrequieta gara di primeggiare nelle funzioni religiose dei titolari e delle così dette sagre”, con “eccessivo consumo di cera, con musica, con fuochi d’artifizio e con altre straordinarie attrattive”. Poiché per il grande concorso di gente nascevano spesso disordini, discordie, risse e “ancora più funesti eccessi”, invitava le parrocchie, ma era più un ordine che un invito, ad astenersi dall’organizzare e fare spese in questa direzione senza la “go-vernativa autorizzazione”. Il Davoli annotava con sarcasmo: “ Non vi fu però alcun limite agli strepiti e suoni per gli anniversari della nascita e dell’incoronazione di Bonaparte e per le frequenti battaglie e vittorie delle sue truppe”. Poche note sintetiche basteranno per ricordare gli avvenimenti successivi:1814 capitolazione dei francesi; Napoleone all’Elba; il papa ripristina gli ordini religiosi soppressi; 1815 dal 15 marzo iniziano i “cento giorni” del Bonaparte; 1815 18 giugno, sconfitta di Napoleone a Waterloo; suo esilio definitivo; restaurazione degli antichi governi Negli anni dell’Ottocento fino all’Unità d’Italia le solenni funzioni con processio-ne non mancarono mai, tuttavia le vicende del Risorgimento, i moti carbonari e le guerre d’indipendenza non lasciarono molto spazio alle feste popolari, viste sempre con sospetto dai duchi di Modena che temevano le adunate della gente. Solo nell’ultimo quarto del secolo con il consolidarsi e lo stabilizzarsi del Regno fu concessa maggiore libertà di movimento e di manifestazione.

Circolare del prefetto del Dipartimento del Crostolo sull’eccesso di sfarzo durante le sagre.

Nel 1858 il dottor Angelo Iotti, medico novellarese, fece collocare sulla facciata della chiesa di Santo Stefano quattro statue dell’Ilarioni una delle quali, quella in basso a destra, raffigura San Cassiano. Dalle cronache di Celestino Malagoli:4 maggio 1880. Il vescovo di Guastalla Francesco Benassi cresimò 400 ragazzi. Al pomeriggio ci fu la solenne processione di San Cassiano. Alla sera una com-media - farsa in teatro.Il 4 maggio 1881 nel pomeriggio cominciò a piovere “ a torrenti”.Il giorno di San Cassiano del 1885 le cerimonie religiose furono presiedute dal nuovo vescovo Curti, ci fu un panegirico del canonico Martini di Parma e, dopo i vespri, si tenne la solenne processione delle cassette dei santi. La sera: “ Acca-demia di canto della Parmiggiani Adalgisa, contralto, con orchestra della locale Filodrammatica”.Nel 1889 alle 18 la processione partì dalla chiesa dei Servi perché Santo Stefano era chiusa per riparazioni. Un temporale minacciava a mattina, ma si decise di partire ugualmente. Giunta “in capo del portico lungo [via C. Cantoni] e svoltata per la via dell’Ospitale vecchio [via A. Costa] iniziò a piovere a dirotto”. Tutti si rifugiarono sotto i portici della piazza e la funzione continuò lungo questi, gli altri del Telonio e quelli superiori per poi tornare ai Servi quando la pioggia diminuì.La fine dei lavori di restauro della chiesa coincisero, nel 1892, con i festeggiamenti per San Cassiano. Ci furono per tre giorni messe cantate in musica, processioni, mortaretti, fuochi d’artificio e “illuminazione fantastica fatta a guisa di galleria” e concerto della banda cittadina.Tanto per non smentirsi il nostro Santo della pioggia l’anno successivo fece piovere abbondantemente su queste “aride campagne”. La sera si tenne “un’accademia musicale con suonatori locali e forestieri” diretta dal maestro Nannini”Il 4 maggio del 1895 tenne una predica “con grande applauso” il prof. Don Umberto Guasco, priore di S. Barnaba di Modena.

Terracotta dipinta raffigurante San Cassiano

secolo XVIII

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La vigilia di San Cassiano del 1898 “ si fece falò secondo il solito”. Alle celebrazio-ni presenziò il vescovo di Guastalla Andrea Sarti. “Messa cantata in musica con tenori, bassi e voci bianche. Non vi fu processione a causa di vento impetuoso”. Il 3 maggio del 1899 venne “aperta in Reggio l’Esposizione di arte antica per il 1° centenario di Lazzaro Spallanzani, nella quale figuravano vari oggetti antichi da Novellara”. L’avvenimento venne ampiamente pubblicizzato anche sul Resto del Carlino. Celebrazioni e festa grande in paese. Serata in teatro con la farsa “Un bicchiere d’acqua”; molto apprezzata la prima donna.Si era costituita proprio negli ultimi anni del secolo una società “Pro Teatro” che si dette da fare molto per organizzare le rappresentazioni e gli spettacoli, anche se non sempre con successo. Così nelle sere di San Cassiano dei primi due anni del Novecento, la Compagnia italiana di Operette di Cesare Matucci mise in sce-na “Le campane di Corneville” che fu molto apprezzata, mentre la recita della compagnia Aurora di Reggio fu fischiata vigorosamente sicché non poté essere portata a termine. Gli anni tra la fine del secolo e l’inizio del nuovo portarono anche un’altra novità. I socialisti iniziarono a fare comizi nelle piazze e nei teatri. Arturo Bellelli tenne una conferenza su un palco in Piazzetta, preceduta e seguita da brani musicali suonati da una banda mista di Campagnola e Fabbrico. Verso la fine di aprile del 1903 Adelmo Sichel chiese l’autorizzazione per un discorso. Gli fu concessa, ma, forse per timore di disordini, solo per la piazza di Santa Maria, dove peraltro non ci furono problemi. Prampolini in per-sona fece un discorso nel nostro teatro.Con sorpresa e “con disappunto di alcuni benpensan-ti”, venne affisso l’avviso per la Festa dei lavoratori davanti alla sede dei socialisti, casa Garibaldi Rossi, portico sud della piazza. Il 1° maggio arrivarono in piazza braccianti, muratori, operai “e donne”, con bandiere, anche rosse.Ci fu un discorso del direttore de “La Giustizia” e un altro di Rossi Garibaldi; seguì un breve corteo fino alla Cooperativa di consumo ubicata al piano terra del Convento.Le celebrazioni per San Cassiano non ne risentirono minimamente. Ci furono le messe solenni cantate col tenore Negrini e il baritono Nava o con suonatori e cantanti di Correggio; vespri in musica e la locale orchestra suonò la Messa del Mercadante. Non man-carono le processioni con partecipazione di fedeli, numerosissimi come sempre, anche dai paesi vicini.

Apparvero per la prima volta i “baracconi” e i “di-vertimenti popolari”. In piazza furono allestiti “un’altalena, tre tiri a segno e quattro

Statua di San Cassiano sulla facciata della Collegiata di Santo Stefano opera dell’Ilarioni.

giostre, di cui una <<ad onda di mare>>, quattordici banchetti di forestieri senza contare i tavolini con giochi di sorte, due indovine, un biliardino, una lotteria e altri 19 banchetti sotto i portici, più quelli dei frontisti”. In Piazzetta venne eretto il “festival”, cioè la pista da ballo, esercito da un Gallingani. Un altr’anno ci furono “una cavallerizza con quattro saltatori, una giostra, due tiri a segno, 15 panchetti di dolci, d’acque, di sorbetti, di giuochi di qualunque sorte,

La piazza attorno al 1905 con la pista da ballo, il cosiddetto “festival”, in primo piano a sinistra e altre attrazioni sullo sfondo.

di giocattoli, di bambole, che sembrava una fiera”; e il Cinematografo Sereni. Il “festival” venne preparato nel prato Righi dirimpetto al Convento: “un bellissimo padiglione selciato con assito e tutto chiuso con tendoni”. Tutte le sere si tennero rappresentazioni teatrali.

IL TERZO CENTENARIO

Scrive Celestino Malagoli, il 20 maggio: “ L’arciprete vicario foraneo locale, don Enrico Volta ha dato molto perché nel 1903 si faccia in questo capoluogo la terza centenaria della traslazione del corpo di San Cassiano vescovo e martire protettore di Novellara nella chiesa di S. Stefano. Furono nominati comitati ed un Comitato generale, i quali tosto si misero all’opera per rinvenire dai privati una somma di 5100 lire indispensabile per sostenere le relative spese”.

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La giostra dei cavalli sullo sfondo dei Portici del telonio prima del 1910.

Una giostra affiancata dal “Cinematografo Sereni” nel 1910.

L’Amministrazione Pubblica aderì quasi all’unanimità ma dichiarò di poter contri-buire materialmente solo in modesta misura “ a causa delle non liete condizioni del bilancio”. L’unico che si oppose fermamente fu Rossi Garibaldi che, forse non a torto per l’epoca, sostenne che il Comune aveva impegni più necessari delle feste cui fare fronte. In Collegiata furono ripulite le cantorie dell’organo e ridipinte, con finiture in oro, le balconate da Allodi di Cremona. “Nei giorni 3, 4 e 5 del corrente mese ebbero effetto le feste assistite e pontificate dal vescovo di Guastalla, dall’arcivescovo di Modena e dall’arcivescovo e cardinale di Milano, e solennizzate con messe in tutti i tre giorni cantate in piena orchestra“.Nei giorni della sagra non piovve, ma San Cassiano si era già “esibito” facendo nevicare alcuni giorni prima, esattamente il 23 aprile. Un avvenimento, per la stagione, eccezionale anche per gli anni passati al punto che il fotografo scattò la celebre immagine del viale della stazione con le tracce delle ruote di un carro e le impronte degli zoccoli del cavallo e la neve sui tigli già con le foglie. Le funzioni religiose del 1903 furono presiedute dal cardinale Andrea Carlo Ferrari Arcivescovo di Milano. Furono ospiti illustri anche l’arcivescovo di Modena mons. Natale Bruni, il vescovo della diocesi di Guastalla mons. Andrea Sarti e il vescovo di Reggio mons. Angelo Arturo Marchi.Numerosissimi furono i sacerdoti, i frati, i religiosi, le confraternite da tutta la provincia.Mons. Giovanni Saccani, illustre storico reggiano, scrisse l’opuscolo “ Pel III cente-nario di S. Cassiano Martire”. Venne distribuito a cura della parrocchia un supple-mento speciale della “Voce del cuore” intitolato “ Le Feste centenarie di Novellara”

Nevicata del 23 aprile del 1903

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che conteneva un programma orario delle cerimonie religiose, una biografia di San Cassiano e la storia della traslazione delle sue reliquie e degli altri Santi, vari componimenti in versi, i ritratti fotografici degli illustri prelati e un articolo sulle tombe dei conti Gonzaga.

L’organizzazione della festa fu decisamente impegnativa. Era prevista un’affluenza notevole di forestieri; c’erano le celebrazioni religiose e le manifestazioni civili, i venditori, le attrazioni, l’ordine pubblico. Un avviso del sindaco proibiva assolutamente i giochi d’azzardo. Non consentiva neppure l’apertura di pubblici esercizi provvisori. Per questi avevano fatto domanda Giuseppe Cagossi, Agostino Ferretti e Alderico Mantovani: avrebbero voluto ven-dere vino al minuto. La spiegazione si trova in uno scritto di Carlo Segrè, ufficiale di Pubblica Sicurezza che esprimeva parere contrario “ perché si ha già in paese un numero tale di pubblici esercizi più che sufficiente anche a soddisfare gli stra-

Il baldacchino con le autorità religiose che accompagnano l’urna di San Cassiano, tra un mare di folla di fianco alla Collegiata all’altezza della torre nel 1903.

I prelati come apparivano nei ritratti ufficiali del 1903: il cardinale Ferrari, il vescovo di Guastalla, il vescovo di Reggio e il vescovo di Modena.

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Si riporta uno solo dei numerosi componimenti in latino e in italiano per mostrare l’impegno delle persone colte per rendere onore al patrono.

Pel 3° centenario della traslazione

Salve del Nazareno inclito duceProdigo del tuo sangue al Bagra in riva! (x)Alta fra noi la tua virtù riluce Come raggiante in Ciel stella più viva.Dal cupo avello al chiaro sol t’adduceInclita Donna che i tuoi gran gesti avviva:Esulta il popolo fido a tanta luceChe si diffonde dalla spoglia diva.E lo spirto aleggiante a questa intornoAure beate di novella vitaPar che le infonda e che le chiami al giornoTanto c’inspira amor, consiglio, aita Che sebben muta nel mortal soggiornoIl voler dell’Eterno ancor addita.

L.C.(x) fiume dell’Africa romana

Supplemento alla “Voce del cuore” dedicato al centenario.

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ordinari bisogni che si verificheranno in tale circostanza; perché di conseguenza l’apertura di esercizi provvisori ad altro non servirebbe che ad una non giustificata concorrenza agli esercenti già gravati di non poche spese e di non lievi imposte; perché lo stesso numero rilevante di esercizi stabili e di per sé garanzia che i prezzi resteranno normali.

Per i pellegrini che avessero deciso di alloggiare erano disponibili la locanda del Moro in corso Garibaldi e l’albergo del Leon d’Oro in via Cavour, gestiti rispetti-vamente da Giulio Ferrari e M. Luigia Bussetti in Pram-polini.I fuochi artificiali furono affi-dati alla ditta Foroni di Cor-reggio che aveva un’ottima fama nei dintorni, mentre gli addobbi con “illuminazione fantastica” alla ditta Fantap-piè di Firenze. Poi c’erano il nolo delle seggiole, l’ingag-gio dei falegnami e degli operai per vari lavori, dei birocciai e dei vetturini per i trasporti di cose e persone, gli accordi con i suonatori. Le Ferrovie di Reggio Emi-lia istituirono orari e prezzi speciali per i treni nei giorni della sagra con proroga

della validità dei biglietti fino al 6. Nelle sere del 4 e 5 vi furono i fuochi pirotecnici, il concerto della banda, una “ac-cademia musicale” in teatro organizzata da Massimiliano Ruspaggiari e, nell’ultima sera, anche una grande illuminazione, non si sa però con quali mezzi; un fatto comunque eccezionale se si considera che l’illuminazione pubblica era realizzata con pochi fanali a petrolio e quella con energia elettrica fu inaugurata solo nel 1910 e con una ventina di lampioni in tutto. Ci fu una grande tombola. Il foto-grafo Becchi di Carpi riprese alcune immagini degli addobbi e un momento della processione. Intervennero, a detta del Malagoli, “migliaia e migliaia di persone”. Forse non furono proprio così tante ma certamente così numerose da suscitare l’attenzione del cronista. Ho scritto di avvenimenti di tempi lontani; ho trascritto documenti e frammenti di cronache antichi.Cose del passato di cui non ho avuto testimonianze dalla viva voce di nessuno

neppure per il 1903, pure relativamente recente. Tanti sono invece i ricordi dei novellaresi degli ultimi settant’anni.La sagra è sempre stato un grande avvenimento per tutti indistintamente. L’oc-casione, anche, per incontrare parenti e amici e trovarsi, assieme agli uni e agli altri, con i piedi sotto la tavola. Si andava in processione con grande gioia; i bambini indossavano i vestiti della

Manifesto con l’orario dei treni speciali istituiti per il centenario.

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cresima, gli adulti l’abito buono della festa; si faceva a gara per trasportare le cassette quando mancavano gli adepti delle confraternite e si cercava di avere il privilegio di portare i ceri grandi o le stanghe del baldacchino. Alle finestre di tutte le case c’erano drappi, addobbi e vasi di fiori. Nel 1953 ci fu la ricorrenza del 350° della traslazione. Don Gino Andreoli era di-ventato parroco l’anno precedente. Vennero i religiosi da tutta la Bassa e un gran numero di seminaristi. C’era tanta gente che per permettere al cardinale Lercaro, illustre ospite, di fare il suo discorso si decise di mettere gli altoparlanti sul sagrato della chiesa. Per quella ricorrenza speciale fu composto anche l’Inno a San Cassiano con parole di don Sante Pignagnoli e musica del maestro Confetta.

A Cassiano Celeste Patrono Novellara dia lode ed onor, E la prece dell’animo buono A lui salga con santo fervor. O Cassiano gran martir di Cristo Deh proteggi il tuo popolo ognor, Tu l’aiuta fedel nell’acquisto Della patria chè meta del cuor.

Inserisco qui ricordi e pensieri che don Luigi Brioni ha accettato con piacere di scrivere per questa specialissima occasione.“Il IV Centenario della traslazione del Corpo del Patrono San Cassiano, a me no-vellarese dalle profonde radici (la mia famiglia era presente a Novellara già prima del 1700), offre l’occasione per unirmi alla festa comune e per ricordare le sagre della mia infanzia.Nato nella “Corte del Gran Kan” che si affacciava sulla Piazza Unità d’Italia, con tanti gli altri bambini - una volta erano tantissimi quelli che si affacciavano sulla piazza!- ammiravo e godevo dell’arrivo delle giostre, che ne occupavano il lato sud. Erano poche di quei tempi, ma ci bastavano per fare festa. In piazzetta, c’era il circo; i tirasegni si sistemavano un po’ qua e un po’ là; c’era qualche imbonitore che vendeva pozioni e unguenti prodigiosi; poi cantastorie e banchetti vari sotto i portici. Il lato nord della piazza era libero o quasi, perché nel tardo pomeriggio (si stava a tavola più a lungo, a causa dei parenti venuti da fuori) doveva uscire la processione delle “Sette Cassette”, portate a spalla dai confratelli in bianche cappe a mezza gamba. Le cassette erano la vera attrazione della sagra, capaci di smuovere e attirare devoti e curiosi dai paesi vicini. La processione si snodava per le vie del paese, con fermate obbligate in vari punti, in cui si pregava e si invocava la benedizione dei Santi Patroni della Comunità.Di una sagra ho un ricordo speciale, perché i suoni e i colori della festa furono distratti e coperti dal frastuono e dalla vista minacciosa di centinaia e centinaia di fortezze volanti, in missione di guerra...Gli altri ricordi sono quasi ... recentissimi: quante celebrazioni con personaggi im-portanti, tra questi il Duca di Hohenberg; quanti allestimenti, condivisi con amici

e collaboratori e poi tantissimi forestieri a venerare ed ammirare le urne dei nostri Santi, uniche nel loro genere!Da 400 anni, San Cassiano è tra noi come Patrono: ha raccolto le preghiere di tanti novellaresi, è stato testimone di tanti eventi gioiosi e tristi ... Fino al ‘900, il nome di Cassiano era tra i più diffusi nella nostra terra.400 anni di storia della comunità, la nostra storia. Bella, brutta? San Cassiano ci chiede di amarla, di custodirla, di scriverla ancora con lui e per lui, così come la Comunità novellarese si accinge a fare con questo quarto Centenario.La bella intuizione di Mons. Andreoli di porre l’urna sotto l’altare della Collegiata ci dice - come del resto è scritto sull’urna stessa – che lì dentro c’è ”il cuore della Comunità”, cioè che da quelle ossa nasce la “civis”, l’identità e la storia del popolo novellarese; che in quell’urna, la Comunità si ritrova in un unico abbraccio.E’ ciò che auguro alla cara Comunità novellarese, con la speranza: che in essa ci sia un posticino per tutti i novellaresi non residenti, come me.Ringrazio il dott. Gian Paolo Barilli, amico da sempre, che, dal tesoro di San Cas-siano, con vero amore, ha saputo regalarci cose nuove e antiche”.

Don Luigi Brioni

La serie di immagini che segue mostra lo svolgimento di una processione lungo le vie del paese per la sagra di San Cassiano negli anni Cinquanta - Sessanta. Espressione oltre che della devozione popolare di quel desiderio di aggregazione, di fratellanza, di tolleranza che tanto oggi cerchiamo ma di cui spesso soltanto ci riempiamo tanto la bocca.

Gian Paolo BarilliI nostri ringraziamenti e la protezione di San Cassiano vadano a mia sorella Maria Gabriella per il reperimento di documenti, a Rinaldo Pace (Ci&Wi computer) per

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l’elaborazione informatica, a Franco Lombardini e Bila per le foto prestate, a Giulia Leoni per il prezioso aiuto con gli arredi sacri, all’Archivio del Comune di Novel-lara e all’Archivio Parrochiale per i documenti gentilmente prestati e a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo opuscolo, non ultima la Banca Reggiana Credito Cooperativo.

Il S.Cassiano venerato a Imola

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Medagliette ricordo in bronzo e in alluminio del 1903.