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Il “Re dei Calci” del sistema Wing Chun Il “Re dei Calci” del sistema Wing Chun Campane Tibetane: il Suono Curatore Campane Tibetane: il Suono Curatore I Segreti delle Bacchette Cinesi I Segreti delle Bacchette Cinesi Breve Storia della Giada Breve Storia della Giada Realizzata in proprio a cura di: SAN BAO-Centro Studi Kung Fu - Scuola di Discipline Orientali - www.sanbao.it - [email protected] Change your Mind and you’ll change the world SAN BAO MAGAZINE SAN BAO MAGAZINE of Traditional Kung Fu of Traditional Kung Fu RIVISTA ELETTRONICA PER LA DIFFUSIONE DELLE ARTI MARZIALI E CULTURA ORIENTALE Anno 2 - Num.4 NOV::DIC 2007

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Il “Re dei Calci” del sistema Wing ChunIl “Re dei Calci” del sistema Wing Chun

Campane Tibetane: il Suono CuratoreCampane Tibetane: il Suono Curatore

I Segreti delle Bacchette CinesiI Segreti delle Bacchette Cinesi

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RIVISTA ELETTRONICA PER LA DIFFUSIONE DELLE ARTI MARZIALI E CULTURA ORIENTALE

Anno 2 - Num.4 NOV::DIC 2007

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s o m m a r i o

Il “Re dei Calci” del Wing Chun

Il Pericolo Maggiore

Campane Tibetane: il suono curatore

I Segreti delle Bacchette Cinesi 8

Breve storia della Giada Cinese

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La rivista “San Bao Magazine” è ideata, curata erealizzata interamente dalla Scuola di DisciplineOrientali “SAN BAO - Centro Studi Kung Fu”.

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San Bao News 13

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e d i t o r i a l eIl Pericolo Maggiore

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di Simone Sebastiani

”Il pericolo maggiore che possatemere l'umanità oggi, non è una cata-strofe che venga dal di fuori, una cata-strofe stellare, non è ne la fame, ne lapeste; è invece quella malattia spirituale,la più terribile, perchè il più direttamenteumano tra i flagelli, che è la perdita delgusto di vivere”.

Teilhard Chardin

Mi trovo pienamente d’accordo con ilFiloso e Prete Gesuita Pierre Teilhard deChardin considerando l’attuale scenario mon-diale che quotidianamente ci viene proposto.

Non voglio e non posso discutere, datala mia ignoranza in materia, di politica, di“giusto o sbagliato”, della ragione o del torto,ma quello su cui voglio riflettere è la mancan-za di dignità di cui l’uomo si fa vittima.

Consideriamo ad esempiio l’attualeproblema dei rifiuti in Campania; le immaginiche più mi hanno scioccato non sono state levalanghe di immondizia presente nelle strade,ne le ridicole parole e promesse di capi politi-ci e responsabili di amministrazioni locali,bensì le persone che si sono accalcate ovun-que in Italia, nei porti, nelle piazze, davanti le

discariche, che, con ogni perdità di moralita,si lasciavano andare a scene di vittimismo,isteria, e, peggio ancora, vere e proprie azio-ni da guerriglia urbana....il solito schema pro-posto da sempre: guerra contro guerra.

Trovo che, per quanto giusta e motiva-ta possa essere la protesta, qualunque essasia, non si debba mai scendere tanto in basso,perchè questo rappresenta una perdita in par-tenza. La perdita della dignità umana...il peri-colo peggiore. Questo comportamento pone ilseme di nuova discordia e malessere, di rab-bia ed insoddisfazione.

Ritengo che la dignità spirituale, che lastrada delle Arti Marziali ci porta a vivere nellaScuola di pratica, debba essere vissuta ognigiorno, in ogni luogo. Le Arti Marziali ci inse-gnano che se è necessario combattere si com-batterà, ma con dignità e rispetto....verso sestessi e gli altri.

Quello concetto di base e lezione nellemaggiori tradizioni religiose e filosofiche,quello che Sua Santita il XIV Dalai LamaTenzin Gyatso ha riassunto magnificamentenella sua “regola delle tre R”: Rispetto per sestessi, Rispetto per gli altri, Responsabilitàdelle proprie azioni.

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Il “Re dei Calci” del Wing ChunIl Maestro Chow Tze Chuen

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di Simone Sebastiani

Quando nel 1949 il Gran Maestro YpMan fu costretto a fuggire ad Hong Kong perevitare il dominio comunista presente nellasua madrepatria, dato l’avvento al potere diMao Zedong e la ritirata dei Nazionalisti aTaiwan, il Wing Chun non era cosi popolare econosciuto come ai nostri giorni.

I grandi nomi del Wing Chun, quelli chelo hanno reso popolare in tutto il mondo, siformarono ad Hong Kong dopo il 1950; essisono conosciuti e famosi in ogni ambito delKung Fu cinese: Chu Shong Tin, Lok Yiu,Leung Seung, Wong Shun Leung, Chow TzeChuen, Lo Man Kam, Yp Chun ed Yp Ching, maanche tanti altri forse più vicini al mondo occi-dentale: Cheung Chuk Hing (William Cheung),Lee Siu Lung (Bruce Lee), Kan Wah Chit(Victor Kan), Leung Siu Hung (DuncanLeung), Fong Chi Wing (Augustine Fong), LeeShing, Leung Ting.

Ognuno di loro ha avuto un rapportopersonalizzato con il Gran Maestro Yp Man, ènoto infatti che il Maestro Yp impartisse lezio-ni differenti ai suoi allievi, con lo scopo di otte-nere da loro il meglio delle proprie capacità inbase alle caratteristiche individuali. È grazie aquesta differenziazione che oggi ognuno deigrandi allievi di prima generazione è ricordatocon un “nomignolo” che ne ricorda la sua abi-lità: Lok Yiu e Wong Shun Leung erano rispet-

tivamente Kwan Wong (il Re del Bastone) eGun Sao Wong (il Re del combattimento),Leung Seung è Biu Jee Wong (il Re della BiuJee), Tsui Seung Ting è Siu Lim Tao Wong (ilRe della Siu Lim Tao), Chow Tze Chuen è GerkWong (il Re dei Calci). Quest’ultimo, ancoravivente, è forse l’ultimo dei veri grandi tradi-zionalisti dello stile Wing Chun. In tutta la suavita non ha mai fatto alcun tipo di pubblicitàper la sua Scuola e ancora oggi esorta gli allie-vi che ne trasmettono il metodo con leseguenti parole: “la pratica è la cosa piùimportante; non perdete tempo cercando didiventare famosi, utilizzate il tempo a vostradisposizione per migliorare l’abilità nel WingChun”.

Il Gran Maestro Chow Tze Chuen è unapersona estremamente semplice e riservata, acui non è mai piaciuto mettersi in mostra, unapersona che ha dedicato tutta la sua vita allapratica del Wing Chun. Nato nel 1925, anno del Bue secondo il calen-dario cinese, iniziò lo studio del Wing Chunsotto la guida diretta del Gran Maestro Yp Mannella Scuola in Lee Tat Street distretto di YauMa Tei - Hong Kong, nel 1955.Nel 1957 il Gran Maestro Yp Man si trasferì aLi Cheng UK Estate, uno dei quartieri piùpoveri di Hong Kong.

Il M° Chow Tze Chuen

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Le condizioni della nuova Scuola eranoalquanto precarie ed i servizi sanitari in unostato di totale degrado. Gli allievi che seguiro-no il Gran Maestro furono veramente pochi;tra questi Chow Tze Chuen. Fu proprio quest’ultimo che, per aiutare il suoSiFu, organizzò una classe di pratica con i col-leghi della Kowloon Motor Bus Company(Compagnia degli Autobus di Kowloon-HongKong, dove il Maestro Chow Tze Chuen lavoròper tutta la vita fino alla pensione). Chow Tze Chuen, durante questo periodo, siavvicinò particolarmente al Gran Maestro YpMan, con il quale concluse l’intero Sistema trail 1957 ed il 1962.

Essendo della stessa statura e corpora-tura fisica del Gran Maestro Yp Man, quest’ul-timo lo sceglieva sempre tra i suoi allievi perdimostrare i suoi infallibili calci (il MaestroChow Tze Chuen racconta sempre che quandoil Gran Maestro Yp Man era a capo di un grup-po investigativo segreto nel Foshan, era ingrado di rompere tre bastoni di legno uniti traloro con un solo calcio).

Il Maestro Yp Man, notando l’abilità diChow Tze Chuen nell’uso delle gambe, gliinsegnò anche una forma di calci all’Uomo di

Legno, introdotta come sequenza in piùrispetto alle tradizionali 8 sequenze. Lo studioapprofondito di questa forma ed il continuoallenamento ai calci con il Gran Maestro YpMan, gli valsero appunto il nomignolo di “GerkWong”: il Re dei Calci.

La sua abilità nell’uso delle tecniche digamba del Wing Chun è dovuta anche ad unaltro simpatico aneddoto: essendo Hong Konguna città relativamente piccola riferita alnumero degli abitanti, le case sono di dimen-sioni veramente ridotte, talmente piccole chenella Scuola del Gran Maestro Yp Man non viera spazio sufficiente per installare un MokYang Jong (Uomo di Legno).

Per ovviare all'inconveniente Chow TzeChuen montò un Uomo di Legno sul terrazzodella sua piccola abitazione a Kau Wah King.Fu cosi che il Gran Maestro Yp Man riuscì adinsegnare tutte le otto sezioni che compongo-no la forma all'Uomo di Legno al M° Chow, piùla sezione dei calci. Egli era talmente appas-sionato alla pratica del Wing Chun che si dedi-cava allo studio del Mok Yang Jong ogni pome-riggio appena tornava dal lavoro, indipenden-temente dalle condizioni meteorologiche.

Il Gran Maestro Yip Man al centro della foto ed gli allievi che lo seguirono nella Scuola di Li Cheng UK Estate. Il Maestro

Chow Tze Chuen è il primo da sinistra in prima fila.

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Si racconta che, essendo l'Uomo diLegno situato all'aperto, ogni volta che piove-va, a causa dell’umidità (particolarmentefastidiosa ad Hong Kong) e del muschio che visi formava sopra, la superficie diventavasdrucciolevole e scivolosa, rendendo così diffi-cili i movimenti e le tecniche. Chow Tze Chuennon si scoraggiò e colse queste difficoltà comeun opportunità per sviluppare forza, precisio-ne ed un ottimo lavoro di gambe.

L’Amore e la dedizione alla pratica cheChow Tze Chuen dimostrava, lo portarono adessere uno dei primissimi allievi introdotti daYp Man nella forma, altamente riservata, deiBat Jam Dao (Doppi Coltelli).

Nel 1961 il Gran Maestro Yp Man spo-stò la sua Scuola a Castle Peak Road e fu luistesso a consigliare a Chow Tze Chuen di nonseguirlo, ma anzi ad incoraggiarlo ad aprire ediniziare una propria scuola.

Fu cosi che diede ascolto al suoMaestro ed il giorno dell'inaugurazione Yp Mansi presentò con un Uomo di Legno fattocostruire, come regalo per Chow Tze Chuen,da un famoso ed esperto artigiano delGuangzhou, per manifestare la sua stima edamicizia (il Mok Yang Jong è tutt’ora presentenella Scuola del Gran Maestro Chow TzeChuen).

Yp Man continuò ad allenare e raffina-re le abilità di Chow Tze Chuen visitandoperiodicamente la sua Scuola e curando alcu-ni dei suoi allievi. Ancora oggi il Maestro ChowTze Chuen continua a diffondere l'insegna-mento tradizionale del Gran Maestro Yp Mansenza scopi di lucro.

Tra i suoi allievi solo due diffondonooltre oceano il suo metodo: il M° Stephen T.K.Chan ed il M° Donald Mak che studierà con ilGran Maestro Chow Tze Chuen dal 1979 al1987. Nel 1993 viene incoraggiato dallo stes-so Chow Tze Chuen ad aprire una propriaScuola per diffondere il Wing Chun nel Mondo.Il suo metodo, cosi come trasmesso da SiFuChow, mette l’enfasi nell’uso delle tecniche digamba, intese non solo come calci ma anchecome posizioni e spostamenti. SiFu DonaldMak, pur non essendo fisicamente possente, èsempre stato trattato con rispetto da tutto ilClan di Wing Chun di Hong Kong. Le sue tec-niche di gamba, cosi come insegnategli dalGran Maestro Chow Tze Chuen, esprimonoforza e soggiogano l’avversario facendolo tro-vare spesso “senza bersaglio”.

Il lavoro di gambe permette infatti ditogliere il proprio corpo dalla linea di forzadell’avversario e riposizionarsi in una più stra-tegica posizione di contrattacco. Nel WingChun esiste per questo un famoso Kuen Kuit(poesia marziale) “Ying Siu Bo Fa, Ying FuSung Yung” che significa: “le posizioni neutra-lizzano, il lavoro di gambe dissolve”.

Questo aspetto è di vitale importanzanelle situazioni di combattimento reale, doveil lavoro coordinato di braccia e gambe puòfare la differenza. Lo stesso Gran Maestro YpMan ricordava, negli ultimi anni della sua vita,che la più alta pratica nel Wing Chun, è il com-battimento libero, dove i calci debbono essereusati in combinazione con le braccia: le maniprendono il contatto ed aprono la strada allegambe che penetrano con potenti calci.

Questi ultimi sono inoltre un importan-te strumento in ausilio alle persone di piccolastatura (forse per questo i preferiti da Yp Mane Chow Tze Chuen) perché permettono di col-pire in modo sicuro (data la maggiore distan-za) forte e potente (oltre che più lunghe, legambe, sono molto più forti delle braccia).

Il M° Donald Mak, in allenamento all’uomo di legno che Yp

Man regalo a Chow tze Chuen

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Campane Tibetane Il Suono curatore

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"Antichissime cosmogonie descrivonola realtà antecedente alla creazione come una“Oscurità sonora” nella quale nulla era anco-ra solido e tutto era vibrazione musicale (ilfiat biblico o il magico OM scaturito dall’uovocosmico di Brahman) come un passaggio gra-duale a oggetti sempre più solidi e silenziosi.L’uomo ha conservato in se la nostalgia diquesta musica divina; ha intuito con iPitagorici che l’armonia nasce da un rapportonumerico, essenza razionale di tutte le cose,dal moto delle sfere celesti alla vibrazione diuno strumento musicale...".

Da “Il coraggio di esistere” - Pierantonio Milone

I monasteri delTibet sono immersinel silenzio, lamusica è conside-rata sacra, l'inten-zione è entrare inrapporto con leenergie dinamichepresenti in natura econ le armoniecelesti.

Le campanetibetane sono lamassima espressio-ne di queste esi-genze e il mezzopiù adatto per rag-giungere lo scopo.

Il suonoinfatti è stato utiliz-zato con successoquale forza guari-trice per moltemigliaia di anni. Tutte le civiltà antiche nehanno tratto importanti benefici per la guari-gione.

Nella Bibbia si racconta che Davide conla sua arpa guarì Re Saul dalla depressione, ei narratori greci hanno descritto come attra-verso il suono della lira Alessandro il Grandeabbia recuperato la sua salute mentale.

Pitagora stesso sviluppò specifiche fre-quenze ed armonie per guarire il corpo e lamente. Le culture tradizionali che ancora oggisopravvivono nel mondo comprendono moltobene lo straordinario potere di guarigione rac-chiuso all'interno del suono.

È stato provato che il nostro corpo,nella sua globalità, vibra con una sua frequen-za fondamentale che va dai 7,8 agli 8 cicli alsecondo - quando è nel suo stato più natura-le e rilassato, la Terra vibra alla frequenza fon-damentale di circa 8 cicli il secondo (la cosid-detta risonanza Schumann). Il sistema nervo-so di tutte le forme di vita è sintonizzato sutale frequenza. Le onde del cervello quandosono in alfa - cioè in quello stato di serenavigilanza che si acquisisce nella meditazione eattraverso la pratica costante di tale disciplina- sono intorno agli 8 cicli al secondo. L’effetto

delle “vibrazioni”facilita quindi l'en-trata in uno statoalfa e sono in gradodi riportare equili-brio vitale edarmonico nellarealtà organica epsicologica.

Le campane tibe-tane, sono stru-menti antichissimi,originari dal Tibet.Le loro vibrazioni,mettono in sintonial'organismo e sti-molano la suaarmonizzazione.

La CampanaTibetana è unoStrumento utilizza-to nella tradizionelamaista nei ceri-moniali e nella

meditazione, l'origine di questo antico stru-mento è ancora avvolta da un'impenetrabilealone di mistero.

La provenienza è tra i pochi dati asso-dati sulle origini della campana tibetana, sap-piamo che i primi esemplari sono stati prodot-ti nella regione Himalayana.

Di dimensione variabile (da 8 a 22dita) è di forma rotonda sono cariche di signi-ficati simbolici.

La parte cava, ad esempio, è la sag-gezza che conosce la vacuità e il batacchio ilsuono stesso della vacuità, ma, anche, ognisingola incisione è pregna di riferimenti.

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Le campane tibetane sono delle ciotoleottenute dalla fusione di sette metalli, ognunodei quali corrisponde simbolicamente ad unpianeta:

Oro-Sole;

Argento-Luna;

Mercurio-Mercurio;

Rame-Venere;

Ferro-Marte;

Stagno-Giove;

Piombo-Saturno.

Il suono della campana varia a seconda dellaproporzione dei componenti della lega, dellaforma e dello spessore del metallo di cui sonofatte e si ritiene che la vibrazione sia utile afavorire la concentrazione durante la medita-zione ed a rasserenare l'animo.

La ciotola va tenuta nella mano sinistraappoggiandola sulla punta delle cinque dita.

Fisicamente questa impugnatura con-sente la massima vibrazione della campana,ma dal punto di vista simbolico rappresentauna energia femminile yin di contenimento(ciotola) sostenuta dalle cinque "buddhità",poiché ogni dito rappresenta una forma dimanifestazione del Buddha.

Compare inoltre la simbologia delcosmo, rappresentato dai sette metalli chetradizionalmente costituiscono la ciotola e cheportano la vibrazione dei sette pianeti cheregolano la vita manifesta.

Occorre quindi portare la ciotola all'al-tezza del plesso cardiaco (chakra del cuore) esuonarla con il battente nella mano destraruotandolo in senso orario. Questa posizionecorrela l'energia sonora creatrice della campa-na all'energia del cuore.

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LE BACCHETTEI segreti delle “bacchette cinesi”

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da: American Journal of Medicine - Ottobre 2004

L’uso delle bacchette in Cina risale alperiodo Shang (1766-1123 a.C.), sebbenenon si possa stabilire con esattezza quandoesse sostituirono completamente le dita, dellequali possono, a ragione, considerarsi il pro-lungamento.

S o n odunque il segnodel progressivora f f inamentodegli usi perquanto concer-ne il rito delcibarsi, allostesso mododell’introduzio-ne delle sedieintorno al tavo-lo.

In origi-ne si chiamava-no zhu, voca-bolo dal signifi-cato connessoal concetto di"aiutare". Ma lasua assonanzacon la parolafinire, conside-rata di cattivoauspicio, fece sìche il terminevenisse pro-gressivamentemutato in kuai-zi, "ciò che èveloce".

A n c o rauna volta pos-siamo notare ils i m b o l i s m osuperst iz iosodella massa nell’uso dei termini divenuticomuni per il carattere evocativo di altre paro-le di pronuncia simile. In questo caso infatti gliideogrammi che compongono la parola kuaizisi pronunciano allo stesso modo di quelli chesignificano "figli presto"; ciò fa delle bacchet-te (specialmente in avorio) un comune donodi nozze.

Non esiste un modo unico di impugna-re le bacchette: essenziale è solo che possano

tenere saldamente il cibo per portarlo allabocca.

Ma alcuni suggerimenti possono esse-re utili:1. La prima bacchetta dovrebbe stare nell’in-cavo tra il pollice e l’indice, appoggiata sul-l’anulare, in posizione fissa.

2. La secondab a c c h e t t a ,stretta tra lesommità dipollice, indicee medio,d o v r e b b epotersi mano-vrare libera-mente.3. Le punteriunite dovreb-bero comba-ciare.

A spiega-zione di comel’uomo percor-ra nella suaesistenza lavia dell’umani-tà che lo hapreceduto, c’èu n ’ a c u t aosservazionecinese che fanotare come aun bambinovenga naturaleusare le bac-chette moltovicino allepunte, quasi atoccare il cibocon le dita, perpoi salireverso la som-mità nell’età

matura, percorrendo su di esse un camminoche va di pari passo con quello della propriavita.

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IL RISO E LE BACCHETTE......UNAFIABA CINESE

«Un mandarino cinese, venuto amorte, mentre s'avviava al paradiso, ebbevoglia di visitare l'inferno.

Fu accontentato e condotto al soggior-no dei dannati. Si trovò così in un'aula immen-

sa, con tavole imbandite, su cui fumava, pro-fumando l'aria, il cibo nazionale in enormi vas-soi: il riso, il diletto e benedetto riso.

Attorno alle tavole sedevano innume-revoli persone, ciascuna munita di bacchettedi bambù per portare il riso alla bocca.

Ogni bacchetta era lunga due metri edoveva essere impugnata a una estremità.Ma, data la lunghezza della bacchetta, i com-mensali, per quanto si affannassero, non riu-scivano a portare il cibo alla bocca.

Colpito da quello spettacolo di famenell'abbondanza, il mandarino proseguì il suocammino verso il soggiorno dei beati.

Ma quale non fu la sua sorpresa nelconstatare che il paradiso si presentava iden-tico all'inferno: un ampio locale con tavoleimbandite, vassoi enormi di riso fumante, damangiarsi con bacchette di bambù lunghe duemetri, impugnate a una estremità.

L'unica differenza stava nel fatto checiascun commensale, anziché imboccare sestesso, dava da mangiare al commensale difronte, dimodoché tutti avevano modo dinutrirsi con piena soddisfazione e serenità.»

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Breve storia della Giada CineseLe meraviglie della “Pietra più Bella”

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da “Frammenti d’Oriente - Dic. 2001

Durante il neolitico, l’uomo trovò chealcune pietre erano più belle, di struttura piùliscia e più solide di altre e se ne servì per fab-bricare attrezzi, punte di frecce ed ornamenti.Questi oggetti furono gli antenati degli artico-li in giada. I materiali usati dagli antichi noncomprendevano soltanto l’orneblenda, maanche diverse pietre preziose come la serpen-tina, il turchese, la malachite e l’agata. Gliantichi cinesi chiamarono queste pietremagnifiche yu (giada). Il primo dizionariocinese, Spiegazione delle parole e delle frasipubblicato nell’anno 100 durante la dinastiadegli Han orientali, definì yu come «la pietrapiù bella».

I Suoi Attributi

La natura ha “viziato” la giada donan-dole molte qualità eccellenti – la sua strutturaè solida, il colore è magnifico, è delicata altatto e produce un suono gradevole se la sibatte. Tali qualità corrispondevano alle normeetiche e ai codici di comportamento degli anti-chi e vennero personificate. Confucio (551-479 a.C.) concluse che la giada possedevaundici virtù, tra cui la benevolenza (essendodolce e lucida), la fedeltà (non irrita mai lapelle), l’educazione (c’era un rituale nell’abbi-gliamento) e la sincerità (un difetto nellagiada non si nasconde mai). La cultura confu-ciana predicava che un uomo doveva definirei suoi modi e la sua condotta in accordo con levirtù della giada.

Per lungo tempo fu di moda indossareornamenti di giada, i quali erano costituiti o daun unico pezzo di giada o ne comprendevanosino a nove uniti insieme. Le persone avevanola consuetudine di indossarli per dar prova delloro status sociale. Su questi ornamenti veni-vano incisi dei motivi benaugurali e degli ideo-grammi che auguravano la fortuna e una vitafelice. Questa moda raggiunse il suo apogeodurante la dinastia Qing (1644-1911): chi nonindossava della giada veniva giudicato vestitomale e una casa senza decorazioni in giadanon era considerata una vera casa .I poveri ole persone del popolo che non potevano per-mettersi di possedere della giada adornavanole loro abitazioni con alcuni distici del tipo «lastanza brilla d’oro e di giada».

Se oggi scarseggiano gli acquirenti dicannelli di pipa in giada presenti sui mercatid’antiquariato in grande quantità e a buon

mercato, un tempo, invece, i poveri conside-ravano le pipe con cannello di giada deglioggetti di grande valore: se la famiglia avevala fortuna di possederne una, questa venivalasciata in eredità di generazione in genera-zione. Capita di vedere messi in vendita alcu-ni cannelli di pipa che presentano segni didenti profondi diversi millimetri e, poiché lagiada è particolarmente dura, questi non pos-sono essere stati causati che da un usocostante nel corso di diverse generazioni.Per le donne, invece, erano i braccialetti ariempire in gran parte i loro portagioie. I brac-cialetti in giada ricevuti in regalo in occasionedel fidanzamento o del matrimonio erano pre-ziosi proprio come lo sono oggi gli anelli didiamanti. I cinesi antichi descrivevano unmatrimonio felice come un «matrimonio d’oroe di giada».

I suoi miti

La giada non è stata soltanto idealizza-ta e personificata, ma è anche divenuta unoggetto mitico, specialmente nei tempi anti-chi, quando i recipienti di giada erano consa-crati al compimento dei riti e della divinazio-ne.Gli antichi credevano che la giada si fosse for-mata là dove le fenici si erano posate, e làdove c’erano accumuli di yang (principiomaschile e positivo della natura) e, durante lenotti di luna, delle donne nude la lavassero. Sicredeva che fosse soltanto facendo appelloallo yin (principio femminile o negativo) che sipotesse purificare la giada e ottenere così l’es-senza della terra e del cielo.

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Questa credenza ha influenzato i cine-si per numerosi secoli. In un testo intitolatoTian Gong Kai Wu (Valorizzazione delle operedella natura), una descrizione delle antichetecniche di produzione pubblicata nel 1637alla fina della dinastia Ming, si legge della con-suetutine di far raccogliere a giovani donnenude, nelle notti di luna, la giada con la draga.Il libro spiega che «attirando l’energia vitaledello yang, si otterrebbe molta giada». I cinesi antichi consideravano sacra la giadache serviva a fabbricare le urne sacre; pertan-to la sua estrazione doveva rispettare deter-minati principi. Ma, non tutti credevano a que-ste teorie. L’imperatore Qianlong dei Qing,sfidò questa credenza facendo incidere duepezzi di giada rappresentanti due uomini cheportano della giada. Scrisse un saggio criticonella parte posteriore di queste incisioni e fecenotare che, poichè durante le notti di luna nonsi poteva avere una buona visione, l’estrazio-ne doveva svolgersi in autunno, periodo in cuii fiumi sono in secca.

Si credeva, inoltre, che la giada impe-disse la corrosione e cacciasse gli spiriti mali-gni. Sono stati rinvenuti numerosi oggettifunerari in giada in tombe risalenti alla dina-stia Zhou (XI secolo a.C.); è in quel periodoche la popolazione inizia ad utilizzare pezzi digiada per ricoprire i cadaveri. Durante la dina-stia Han (206 a.C.-220 d.C.), questa usanza sisviluppò ulteriormente. Si cucivano dei pezzidi giada quadrati e piatti con del filo d’oro perfarne un abito funerario che veniva messo apersonalità dello Stato affinchè il corpo nonvenisse neppure sfiorato dalla decomposizio-ne. Nel 1971, si sono aperte le tombe delprincipe Jing degli Han Occidentali e della suaconsorte e sono stati trovati due abiti in giada.

Ma, i cadaveri erano decomposti ormai damoltissimo tempo. Con il passare del tempo,gli aspetti mitologici della giada scomparironopoco a poco. Ma, nonostante ciò, ancora oggimolte persone credono che indossare dellagiada sia positivo per la salute. A partire dalladinastia Qing, vengono utilizzati degli stru-menti di massaggio facciale in giada. Esistonoanche dei guanciali e dei cuscini di giada. Lagiada Fior di susino, prodotta nella provinciadello Henan, è nera con diversi punti blu, neri,bianchi, gialli e verdi, proprio come i fiori deisusini. L’imperatore Guangwu della dinastiaHan definì questo tipo di giada «tesoro delloStato». Studi scientifici hanno dimostrato chequesta giada contiene dei minerali necessariall’organismo.

I cinesi antichi davano un grande valo-re alla giada, lo dimostra l’impiego molto dif-fuso di questo materiale. Gli oggetti rinvenutiappartenenti alla cultura di Hongshan (5000-6000 anni fa) sono di due categorie: la terra-cotta e la giada. La giada di questo periodocomprende ornamenti, oggetti rituali e urnedivinatorie. Le asce e le accette simboleggia-vano il potere. Le urne divinatorie erano scol-pite a forme di piccoli animali – uccelli e bachida seta. Il totem di giada degli uomini diHongshan è un drago con testa di maiale.Durante il periodo dell’Imperatore Giallo,attorno al 4600 a.C., si regolizzò l’impiegodella giada. Gli articoli legati al potere delloStato, come sigilli e monete dei dirigenti, reci-pienti per i rituali importanti e le cerimoniedovevano essere fabbricati in giada. La giadaera un simbolo di status sociale e i nobili sole-vano indossarla come ornamento.

Prima dell’età del bronzo, la giada erail materiale dominante in Cina. Il pittogrammaoriginale degli antichi per la giada era compo-sto da tre pezzi (linee) orizzontali di giadauniti da un tratto verticale centrale. Più tardisi aggiunse un punto (goccia) al carattere performare la parola giada. 11

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Il carattere senza punto ha modificatola pronuncia e i tre pezzi di giada orizzontalisono divenuti semplicemente tre tratti oriz-zontali. Questo carattere in cinese significaora «re» o «monarca» .

Il suo valore

La crosta terrestrecela oltre 1 000 tipi di pie-tre, ma solamente una doz-zina di esse appartiene allafamiglia della giada.Limitata dalle tecniche diestrazione sottosviluppate,la produzione antica dellagiada era limitatissima e,conseguentemente, il suoprezzo molto elevato.Alcuni ritengono che ilpezzo di giada antico dimaggior valore sia un orna-mento piatto e rotondochiamato Heshi Bi risalenteal periodo delle Primavere edegli Autunni (770-476a.C.): questo ornamento ècelebre non solo per l’altis-sima qualità della giada maanche per la storia che sot-tintende.

Secondo la leggen-da, un uomo chiamato He eoriginario dello Stato di Chuavrebbe ottenuto, sulmonte Jing nella provinciadello Hubei, un pezzo digiada offrendolo, in seguito,al re Li. Il re ritenendosiinsultato avrebbe fattoamputare il piede sinistrodell’uomo. Quando al tronosalì il re Wu, l’uomo avreb-be nuovamente presentatola giada al nuovo sovrano. E ancora una voltasi sarebbe avuto lo stesso epilogo, perdendo,questa volta il piede destro.

Quando il re Wen salì al trono, l’uomo,colmo di dispiaceri, sarebbe ritornato almonte Jing con la sua giada. Il re Wen avreb-be allora inviato qualcuno per dirgli che la suagiada era preziosa e che l’avrebbe chiamataHeshi Bi, la giada della famiglia degli He. SimaQian, lo storico della dinastia degli Han, scris-se nel suo libro, Gli annali di uno storico, chequesta giada fu più tardi acquisita dal dirigen-te dello Stato di Zhao.

Quando il dirigente di Qin sentì parlaredi questa storia, gli avrebbe offerto di scam-biare 15 città cintate con quella giada. Il diri-gente di Zhao avrebbe allora inviato un mini-stro per andare a portare la giada nello Statodi Qin, che era più potente dello Stato diZhao. Il ministro, una volta appreso che il diri-gente di Qin non aveva detto sul serio a pro-posito dello scambio, si sarebbe arrangiato

per riportare la giada nelloStato di Zhao, affidandosialle sue risorse e al suocoraggio. Il semplice fattoche qualcuno fosse statod’accordo nello scambiare15 città con un pezzo digiada riflette il valore che iCinesi davano a questa pie-tra.

Secondo un antico pro-verbio cinese «l’oro ha unprezzo ma la giada non neha», questo, almeno alivello tecnico, non è esat-to. Nella letteratura cinesetradizionale, l’oro e la giadasono spesso menzionatiinsieme e sono consideratisimboli di ricchezza. Ancheoggi, il prezzo della giada dibuona qualità non vale dimeno di un pezzo d’orodello stesso peso.

Gli oggetti di giada piùantichi rinvenuti in Cinasino a oggi risalgono a8000 anni fa. Ciò dimostrache la giada ha avuto dasempre un ruolo di primopiano nel corso dello svilup-po umano. Oggi, la giada èscesa dal piedistallo e faormai parte della vita dellagente comune.

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SAN BAO

Buone FesteBuone Feste

La fede che intendo io non si può facilmente tradurre in parole.Si potrebbe all'incirca definirla così:

credo che nonostante la palese assurdità, la vita abbia un senso;io mi rassegno a non poter comprendere questo senso supremo con l'intelletto,

ma sono pronto a servirlo, dovessi anche per questo sacrificare me stesso.Percepisco dentro di me la voce di questo senso nei momenti in cui sono

realmente vivo e perfettamente sveglio. Ciò che la vita da me richiede in queimomenti voglio cercare di realizzarlo, anche se è cosa che va contro le

mode e le leggi consuete. Questa fede non si può impartire per comando,né alcuno vi può costringere se stesso: é dato solo viverla.

Hermann Hesse (da “il mio credo”)

n e w s

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