Samuele M. Marcora, LA PERCEZIONE DELLO SFORZO: LE … · Sensazione e percezione sono due processi...

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SdS/Scuola dello Sport Anno XXVIII n.82 11 LA PERCEZIONE DELLO SFORZO: LE SCALE DI BORG ® Un metodo per la direzione e il controllo dell’allenamento: le scale di percezione dello sforzo di Borg La percezione dello sforzo è spesso utilizzata per determinare l’intensità dell’eser- cizio. Negli ultimi anni studi scientifici hanno validato metodi basati sulla per- cezione dello sforzo per ottenere un indice globale del carico di allenamento per gli sport di endurance (triathlon, ciclismo, etc.) e per gli sport di squadra come il calcio. L’apparente semplicità del metodo ha fatto sottovalutare l’importanza del corretto uso delle scale. Parallelamente alla diffusione di questi metodi sono di conseguenza aumentati gli errori compiuti nella somministrazione delle scale di misura. Tra gli errori comuni ci sono: modifica delle scale originali, modifica della scala numerica, aggiun- ta di figure e simboli, traduzioni di versioni sviluppate in altre lin- gue senza seguire le corrette procedure, e utilizzo di istruzioni non appropriate o addirittura non utilizzo delle istruzioni. Questi errori possono privare le scale delle loro proprietà di misura invalidando di fatto il suo utilizzo. Le scale di perce- zione più famose sono quelle di Gunnar Borg e di Elisabet Borg (RPE-scale®, CR10®, CR100®). Queste scale sono state sviluppate utilizzando ed estendendo i metodi della psicofisica. La scelta del tipo di scala, dei numeri e delle ancore verbali nasce da un complesso lavoro di sviluppo e validazione che ha richiesto anni e molti studi. In queste scale nulla è casuale e il loro utilizzo deve essere vincolato alle istruzioni fornite dagli sviluppatori. Per far comprendere la complessità del loro sviluppo l’articolo toccherà argomenti come le basi psicobio- logiche della percezione dello sforzo, la psicofisica, e illustrerà brevemente i metodi utilizzati nello sviluppo delle scale di Borg®. Franco M. Impellizzeri, PhD, Centro di ricerca interuniversitario in Biomeccanica e scienze motorie, CeBiSM, Rovereto; Department of Research and Development, Schulthess Klinik, Zurigo; Maurizio Fanchini, MS, CeBiSM, Centro di ricerca interuniversitario in Biomeccanica e scienze motorie, Rovereto; Carlo Castagna, MS, Corso di Laurea in Scienze motorie, Facoltà di Medicina e chirurgia di Roma Tor Vergata, Roma; Samuele M. Marcora, PhD, School of Sport, Health and Exercise Sciences, Bangor University, Galles FISIOLOGIA DLELO SPORT FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

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1111LA PERCEZIONE DELLO SFORZO: LE SCALE DI BORG®

Un metodo per la direzione e il controllo dell’allenamento: le scale di percezione dello sforzo di BorgLa percezione dello sforzo è spesso utilizzata per determinare l’intensità dell’eser-cizio. Negli ultimi anni studi scientifici hanno validato metodi basati sulla per-cezione dello sforzo per ottenere un indice globale del carico di allenamentoper gli sport di endurance (triathlon, ciclismo, etc.) e per gli sport di squadracome il calcio. L’apparente semplicità del metodo ha fatto sottovalutarel’importanza del corretto uso delle scale. Parallelamente alla diffusione diquesti metodi sono di conseguenza aumentati gli errori compiuti nellasomministrazione delle scale di misura. Tra gli errori comuni ci sono:modifica delle scale originali, modifica della scala numerica, aggiun-ta di figure e simboli, traduzioni di versioni sviluppate in altre lin-gue senza seguire le corrette procedure, e utilizzo di istruzioninon appropriate o addirittura non utilizzo delle istruzioni.Questi errori possono privare le scale delle loro proprietà dimisura invalidando di fatto il suo utilizzo. Le scale di perce-zione più famose sono quelle di Gunnar Borg e di ElisabetBorg (RPE-scale®, CR10®, CR100®). Queste scale sonostate sviluppate utilizzando ed estendendo i metodidella psicofisica. La scelta del tipo di scala, dei numerie delle ancore verbali nasce da un complesso lavorodi sviluppo e validazione che ha richiesto anni emolti studi. In queste scale nulla è casuale e illoro utilizzo deve essere vincolato alle istruzionifornite dagli sviluppatori. Per far comprenderela complessità del loro sviluppo l’articolotoccherà argomenti come le basi psicobio-logiche della percezione dello sforzo, lapsicofisica, e illustrerà brevemente imetodi utilizzati nello sviluppo dellescale di Borg®.

Franco M. Impellizzeri, PhD, Centro di ricerca interuniversitario in Biomeccanica e scienze motorie, CeBiSM, Rovereto; Department of Researchand Development, Schulthess Klinik, Zurigo; Maurizio Fanchini, MS, CeBiSM, Centro di ricerca interuniversitario in Biomeccanica e scienzemotorie, Rovereto; Carlo Castagna, MS, Corso di Laurea in Scienze motorie, Facoltà di Medicina e chirurgia di Roma Tor Vergata, Roma; Samuele M. Marcora, PhD, School of Sport, Health and Exercise Sciences, Bangor University, Galles

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Introduzione

La scale di Borg sono gli strumenti di quan-tificazione di una percezione più diffuse almondo che prendono il nome dal loro crea-tore Gunnar Borg, attualmente Professoreemerito in Percezione e psicofisica pressol’Istituto di Psicologia dell’Università diStoccolma. Il concetto di percezione dellosforzo è stato introdotto alla fine degli anni’50, quando Gunnar Borg iniziò a studiare lapercezione dello sforzo in ambito clinico inrelazione a variazioni del carico di lavoro (alcicloergometro). Fino ad allora nessunoaveva affrontato il problema della misuradella percezione dello sforzo utilizzandometodi di scaling psicofisico (vedi sezioneseguente). Nacquerò così la cosiddetta scalacategorica 6 a 20 (denominata RPE scale) ela Category Ratio 0-10 scale (CR-10)(Borg2007; Borg 1970; Borg 1982a; Borg 1998;Borg, Dahlstrom 1962). In seguito ElisabetBorg sviluppò la CR-100 che si sta diffon-dendo negli ultimi anni (Borg 2007; Borg,Borg 2002; Borg, Kaijser 2006). Sebbene leprime applicazioni delle scale di Borg furonoprettamente in ambito clinico, ben prestoqueste scale vennero utilizzate in altri campiper i quali servivano delle misure di perce-zione dello sforzo e dell’intensità dell’eserci-zio (e.g. sport e attività fisica per la salute).Le scale di percezione sono, insieme alla fre-quenza cardiaca e il massimo consumo diossigeno, i parametri di controllo dell’inten-sità dell’esercizio fisico storicamente consi-gliati dalle linee guida dell’American Collegeof Sports Medicine (ACSM 1998). L’impattoscientifico che hanno avuto le scale di Borgè evidente dal numero di studi che le hannoutilizzate. Usando le parole chiave “Borgscale” OR “Rating of Perceived Exertion” siottengono attraverso una ricerca su Web ofScience circa 1600 articoli scientifici, e se siaggiungono altre parole chiave legate allescale di percezione dello sforzo (e.g. sense ofeffort, CR-10, CR-100) si superano facil-mente i 2000 articoli.

Basi psicobiologiche della percezione dello sforzo

Sensazione e percezione sono due processicomplementari che ci consentono di “inter-pretare” la realtà circostante (Coren 2003;Goldstein 2005). La sensazione può esseredefinita come un processo di registrazionedi uno stimolo a cui i nostri organi sensorialirispondono trasformandolo in impulsi ner-vosi che vengono trasferiti al cervello. Inpratica, la sensazione è un processo passivoche porta informazioni del mondo esternoal cervello. La percezione, invece, è quel pro-cesso attraverso il quale diamo “un senso”alle informazioni che sono state registratedal sistema sensoriale. Semplificando un po’il concetto, nel nostro sistema senso-per-cettivo i recettori sensoriali trasformano dif-ferenti stimoli (interni o esterni al nostroorganismo) in impulsi nervosi. Il cervelloriceve gli impulsi nervosi, li organizza, con-fronta la rappresentazione con informazioniraccolte nella memoria e assegna un signifi-cato attraverso un processo di accoppia-mento. La ricerca in ambito sensoriale, quin-di, è solitamente legata alle problematicheche riguardano la cattura di uno stimolo eal trasferimento delle informazioni al siste-ma nervoso centrale per l’elaborazione. Laricerca percettiva, invece, è più legata a que-stioni di natura cognitiva, all’apprendimentoe all’elaborazione delle informazioni (Coren2003). Secondo lo schema di Goldstein (2005) larisposta percettiva può essere quindi studia-ta integrando le informazioni acquisite tra-mite approcci fisiologici e psicofisici, ovverostudiando:

1. la relazione stimolo-risposta percettiva; 2. stimolo-risposta fisiologica;3. risposta fisiologica-risposta percettiva

(vedi figura 1).

Contrariamente a quanto qualcuno ancorapensa, da un punto di vista fisiologico, la

PREMESSA

Quando per la prima volta presentammola validazione di un metodo basato sullapercezione dello sforzo (misurata con unadelle scale di Borg) per quantificare il cari-co di lavoro nel calcio (Impellizzeri et al.2004), il metodo venne accolto con unacerta diffidenza e sottovalutazione daparte dei preparatori e allenatori. I com-menti più tipici furono: “ma come …unmetodo così semplice” oppure: “ma nonmi dire che voi che avete tante tecnologiea disposizione utilizzate la scala di Borg?”,dimenticandosi che ogni bravo allenatoreo preparatore usa metodi simili tutti i gior-ni quando chiede al proprio atleta come sisente, se è affaticato o come “è andata”,ad esempio, durante le ripetute. Quelloche facemmo fu solo proporre e validareun metodo proposto da Foster (Foster1998; Foster et al. 1996; Foster et al.2001; Foster et al. 1995) e basato sullascala di Borg, che già utilizzavamo neglisport di endurance. Il metodo permettevae permette tuttora di rendere sistematicae scientificamente valida la raccolta dellapercezione dell’atleta utilizzata come indi-catore di intensità dell’esercizio. A distan-za di qualche anno, con una certa sorpre-sa data la fredda accoglienza iniziale, ilmetodo si è diffuso notevolmente propriosul campo e persino in squadre di calcioprofessionistiche italiane e straniere.Sfortunatamente, il fatto di utilizzare dellescale apparentemente semplici per quan-tificare la percezione dello sforzo ha diffu-so un approccio non corretto nell’uso dellescale di Borg o, ancora peggio, ha vistol’uso di scale non validate, modificate oinventate. Quello che molti ignorano è lacomplessità della costruzione delle scaledi valutazione che toccano ambiti come lapsicofisica, la psicometria, la psicobiolo-gia, e la fisiologia. Ovviamente occorrereb-bero libri (e ce ne sono molti) per affronta-re in modo esauriente l’argomento. Inquesto articolo cercheremo di fornire dellenozioni di base per comprendere almeno icontesti nei quali le scale di Borg sonostate sviluppate e capire, quindi, perché ènecessario utilizzarle nel modo corretto. Ciauguriamo che questo potrà anche esseredi aiuto nell’interpretare meglio i risultatidelle scale. Inoltre ricordiamo che le scaledi Borg sono coperte da copyright ed èquindi necessario richiederle a chi le hasviluppate, così come è necessario chie-dere il permesso per utilizzarle negli studi.Nel presente articolo presenteremo solo lascala CR10® ufficiale fornita da GunnarBorg per la quale è stata fornita l’autoriz-zazione alla sua pubblicazione, ma nonpotremo pubblicare le istruzioni d’uso.

Risposta FISIOLOGICA Risposta PERCETTIVA

Stimolo

Figura 1 – Rappresentazione schematica delle relazioni tra stimolo, risposta fisiologica e rispostapercettiva. Data la difficoltà nel misurare l’origine dello stimolo che determina la sensazione disforzo (comando motorio centrale) la relazione risposta fisiologica-risposta percettiva risulta la piùstudiata, ma anche la più indiretta

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percezione dello sforzo non è direttamen-te influenzata da afferenze (Marcora2009) cioè da segnali sensori che proven-gono dai muscoli locomotori (e.g. per“informare” dell’accumulo di lattato), delcuore (e.g. per l’aumento della frequenzacardiaca) e dai muscoli respiratori: la sen-sazione di sforzo è spiegata dal modellodel corollary discharge. In pratica la sensa-zione di sforzo è generata centralmente dasegnali che partono dal comando motoriocentrale (aree pre-motorie e motorie) evengono inviati alle aree sensoriali dellacorteccia cerebrale (figura 2). Quando un comando motorio è generato,una sua copia è proiettata dalla cortecciamotoria alla corteccia somato-sensorialeprimaria. Questa copia efferente è chiama-ta corollary discharge (scarica corollaria) efornisce “informazioni” sull’intensità delcomando motorio. L’aumento dell’attivitàefferente genera un aumento della sensa-zione di sforzo (sense of effort) e quindi dipercezione (Cafarelli 1988; Feinberg 1978;Gandevia, McCloskey 1977; Preston,Wegner 2008; Proske 2005; Proske et al.2000). Per fare un esempio, se si effettuaun test incrementale, l’attività efferentedel comando centrale dovrà aumentareper far fronte alla richiesta di forza sup-plementare necessaria per aumentare l’in-tensità dell’esercizio. Questo aumento del-l’attività del comando centrale determinaun aumento del corollary discharge equindi un aumento della sensazione disforzo. La stessa cosa avviene anche quan-do è richiesto un aumento dell’attività delcomando centrale per mantenere undeterminato livello di forza a causa dialterazioni fisiologiche (e.g. fatica) o pato-logiche (e.g. disfunzioni cerebrali)(Cafarelli 1988; Gandevia 1978; Gandevia,McCloskey 1977). Le scale di Borg sonoquindi utili per quantificare queste sensa-zioni di sforzo che nascono a livello cen-trale e sono determinate dall’attività delcorollary discharge.

La percezione dello sforzo comefattore limitante la performance

Negli ultimi anni la percezione dello sforzo èstato soggetto di dibattito scientifico inquanto è stata proposta come principalefattore limitante la perfomance umana e diendurance in particolare (Marcora 2009;Marcora, Bosio 2007; Marcora et al. 2009).Brevemente, il ruolo limitante della perce-zione dello sforzo è spiegato dalla teoriadell’intensità motivazionale di Brehm (1989)secondo la quale un individuo è disposto adeseguire una attività fino a quando lo sforzorichiesto raggiunge il livello massimo disforzo che la persona è disposta a produrre,la cosiddetta motivazione potenziale .Questa teoria si applica in tutte le situazioniin cui c’è un comportamento motivato equindi anche nell’esercizio fisico. Seguendoquesta teoria è stato, quindi, mostrato chela cessazione dell’esercizio fisico è dovutaalla decisione volontaria di terminare losforzo, piuttosto che a un cedimento deisistemi fisiologici. Aumentando la percezio-ne dello sforzo inducendo danno muscolareo causando fatica mentale, Marcora et al.(Marcora, Bosio 2007; Marcora et al. 2008;Marcora et al. 2009) hanno determinatouna diminuzione del tempo di esaurimentodurante uno sforzo di endurance. Il calo diprestazione indotto da fatica mentale sem-brerebbe dimostrare che il corollary dischar-ge potrebbe essere generato da aree del cer-vello deputate alla funzione cognitiva.Questo spiegherebbe anche in parte le alte-razioni di percezione che si hanno nell’over-training. Studi che utilizzano la RisonanzaMagnetica Funzionale per identificare learee del cervello coinvolte sono attualmentein corso per verificare questa ipotesi(Marcora et al.). Già in passato era stato sot-tolineato come alla fine dello sforzo (adesaurimento) i sistemi fisiologici coinvoltinon sono in condizioni “catastrofiche” e cheda un punto di vista fisiologico l’individuopotrebbe continuare l’esercizio (Noakes, St

Comandomotorio centraleCorollary

dischargeCortecciasensoriale

Figura 2 – Rappresentazione schematica del modello del corollary discharge che spiega l’origine dellasensazione di sforzo. Quando viene generato un comando motorio, una sua copia è proiettata dallacorteccia motoria alla corteccia somato-sensoriale. L’aumento dell’attività del comando centralecausa un aumento della sensazione di sforzo tramite un aumento dell’attività del corollary discharge

Un testo fondamentale che affronta, per la prima volta nella letteratura sportiva, tutte le problematiche legate ad un tema di primaria importanza come il rapporto tra allenamento e recupero. Nella prima parte sono spiegati i principi della pianificazione e dei principali cicli di allenamento, l’importanza del riposo e dell’intensità dei carichi di lavoro durante il tapering, supportati dall'esempio della pianificazione dell’allenamento fisico della squadra nazionale di calcio francese, durante i Campionati Mondiali del 1998 e del 2002. Sono trattati poi il tema dell’importanza dell’allenamento in altitudine e di quello in ipossia. Nella seconda parte sono centrali le problematiche della fatica di origine centrale e periferica, e i nuovi mezzi per quantificarle: modelli matematici, osservazioni delle prestazioni e questionari per affrontarle al meglio. Sono poi spiegate le differenze tra allenamento eccessivo e superallenamento, insieme ai metodi per la loro diagnosi: attraverso cardiofrequenzimetri e dosaggi ormonali. Nella terza parte viene fatta una rassegna dei principali metodi leciti che permettono di migliorare il recupero fisico, come la reidratazione, l’alimentazione (con particolare riferimento al ristabilimento delle riserve di glicogeno). Vengono inoltre spiegati il significato e l’importanza per il recupero degli antiossidanti, delle calze elastiche, dell’elettrostimolazione e dello stretching. Nella quarta parte gli Autori espongono, in chiave fortemente critica, evidenziando i pericoli per la salute, alcuni metodi illeciti che potrebbero migliorare la prestazione e accelerare il recupero, come l’EPO, l’ormone delle crescita e la canapa indiana.

ALLENAMENTO E RECUPERO

2008

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224

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LOTTARE CONTRO IL DOPING GESTENDO IL RECUPERO FISICO

Jean-Claude Chatard

tel. 0755997310 • fax 075 5990491www.calzetti-mariucci.it [email protected]

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Clair Gibson 2004). In altre parole, in basealla percezione dello sforzo un individuodecide volontariamente di terminare unesercizio così come decide di andare a com-prare da bere quando ha sete o di andare alristorante quando ha fame. Quindi le teorie“catastrofiche” (così come le ha chiamateTimothy Noakes (Noakes, St Clair Gibson2004) per le quali si suggeriva che l’esauri-mento alla fine dell’esercizio arrivava peralterazioni fisiologiche periferiche incompa-tibili con la contrazione muscolare (accu-mulo di lattato, diminuzione di glicogeno,etc.) non spiegano, in realtà, perché un indi-viduo cessa lo sforzo e non hanno trovatoun riscontro scientifico (ma rimane tuttaviaun’idea diffusa tra gli operatori).

Come misurare la percezione: la psicofisica

La psicofisica è lo studio della relazione trastimolo e sensazione. Lo scopo dello sca-ling psicofisico è ottenere una misuranumerica dell’entità della sensazione chepassa attraverso il giudizio dell’osservatore(i.e. percezione) di come l’intensità dellasensazione cambia quando varia uno sti-

molo. Lo scaling psicofisico è essenzialeperché i cambiamenti di sensazione solita-mente non variano in rapporto 1:1 con icambiamenti dello stimolo. L’esatta rela-zione tra stimolo e sensazione va determi-nata sperimentalmente attraverso ladeterminazione della relazione tra gran-dezza degli attributi sensoriali e corrispon-denti stimoli fisici (Gescheider 1997). Perquantificare la grandezza degli attributisensoriali è possibile assegnare loro deivalori numerici attraverso particolari pro-cedure psicofisiche. Il fisico tedescoGustav Theodor Fechner (1801-1887)1 èconsiderato il padre della psicofisica e unodegli studiosi che ha contribuito in modosostanziale alla transizione della psicologiada disciplina fi losofica a scientifica(Gescheider 1997). Nel suo libro datato1860 (Elemente der Psychophysik) Fechneraffrontò per primo la questione di comemisurare le esperienze personali e tentò diottenere equazioni matematiche chedescrivessero la relazione tra eventi fisicied esperienze coscienti. Fechner, esten-dendo la legge di Weber2, propose chequando la forza di uno stimolo crescegeometricamente, la forza della sensazio-

ne cresce aritmeticamente con un rappor-to costante (figura 3). Questa relazionelogaritmica, tuttavia, non trovò molte evi-denze empiriche, ma rimase la visioneprevalente per quasi un secolo per lamancanza di un’alternativa, che arrivò adopera di Stanley Smith Stevens3 negli anni’60 (Stevens 1975). Raccogliendo dati sunumerosi continua sensoriali, durante iquali ai soggetti veniva chiesto di dare ungiudizio numerico sulla loro esperienzasensoriale, dopo aver somministrato sti-moli di diverse intensità, Stevens arrivò aformulare la legge della potenza (Powerlaw; figura 4):

ψ = κφβ‚

dove ψ rappresenta la grandezza della sen-sazione, κ è una costante che dipende dal-l’unità di misura dello stimolo, φ è la gran-dezza dello stimolo, e β è l’esponente chepuò cambiare secondo il continuum senso-riale (suono, luce, etc.). In pratica in alterna-tiva alla legge logaritmica di Fechner,Stevens stabilì il principio che la stima dellagrandezza di varie dimensioni sensorialiaumenta in proporzione dell’intensità dellostimolo elevato alla potenza. Nell’affrontareil concetto di misura, inoltre, Stevens svi-luppò e propose la tassonomia delle scale dimisura che viene ancora adesso utilizzata, atorto o ragione (Stevens 1975), per la sceltadelle tecniche statistiche: scale nominali,ordinali, ad intervalli equivalenti, e a rap-porti equivalenti (“nominal, ordinal, intervale ratio scales”). Un’altra differenza tra i metodi di scalingunidimensionale di Fechner e Stevens risie-de nell’utilizzo di metodi diretti da parte diStevens, contrariamente a Fechner che uti-lizzava metodi indiretti, ovvero quantificavale sensazioni attraverso l’abilità discrimina-tiva ed utilizzando come unità la JustNoticeable Difference (soglie differenziali;JND). In altre parole nei metodi indiretti lemisure sono basate su quanto un osserva-tore è in grado di discriminare uno stimoloda un altro. I metodi utilizzati da Stevens,invece, sono definiti diretti perché conver-tono i giudizi dell’osservatore direttamentein misure della grandezza percettiva. Tornando all’argomento principale di questoarticolo, quindi, diverse grandezze di sensa-zione di sforzo vengono giudicate dall’os-servatore il quale le elabora, le organizza inmodo logico e in base all’esperienza e cono-scenze le esprime attraverso numeri edespressioni verbali. Stevens classificò imetodi di scaling diretto in tre categorie:

1. confusion scaling (o discrimination sca-ling);

2. partition scaling;3. ratio scaling (Gescheider 1997).

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Legge di Fechner

Intensità dello stimolo

Figura 3 – Rappresentazione della legge di Fechner: la relazione tra grandezza della sensazione eintensità dello stimolo è descritta da una relazione logaritmica

Legge di Stevens

Intensità dello stimolo

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ella

sen

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one

Esp > 1 Esp = 1

Esp < 1

Figura 4 – Rappresentazione della legge di Stevens (Power Law) secondo la quale la grandezza dellasensazione aumenta in proporzione dell’intensità dello stimolo elevato alla potenza. Le tre lineerappresentano l’andamento delle relazione tra grandezza della sensazione e intensità dello stimoloin funzione dell’esponente

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Nelle categorie 2 e 3 rientrano rispettiva-mente la Borg RPE Scale® e la Borg CR10 eCR100 scale®. I metodi del partition sca-ling sono sviluppati in modo da costruirescale intervallate di attributi psicologici.Per scale ad intervalli si intendono scale incui i numeri sono ordinati e la differenzatra due numeri è uguale, minore o mag-giore della differenza di qualsiasi altracoppia di numeri (in altre parole la diffe-renza tra due numeri consecutivi ècostante per tutta la scala). Inoltre la scalaad intervalli ha uno 0 che non rappresentauno 0 assoluto. I metodi del ratio scaling, invece, produco-no scale a rapporti equivalenti (ratio scale)e sono quelle con le proprietà metrichemigliori perché possiedono tutte le carat-teristiche delle scale ad intervalli (numeriordinati, distanza costante), ma hannouno zero assoluto che rappresenta l’assen-za assoluta dell’attributo. Per far capire ladifferenza tra scala ad intervalli e a rap-porti equivalenti si può utilizzare il classi-co esempio dei sistemi di misura dellatemperatura. La differenza tra 10 e 20° C èla stessa che c’è tra 20 e 30 °C, e una dif-ferenza di 10° C è la metà che una diffe-renza di 20° C. Tuttavia, 0° C non rappre-senta l’assenza di calore e di conseguenzanon si può dire che una temperatura di40° C è il doppio di 20° C. La scala è quindiad intervalli. Se invece uso la scala Kelvin,0° K rappresenta lo 0 assoluto cioè l’as-senza di temperatura. Quindi posso direche 50° K sono la metà (1/2) di 100° K. Lascala Kelvin è infatti una scala a rapportiequivalenti (ratio scale).

Sviluppo delle scale di Borg

Nello sviluppare le sue scale, Borg utilizzòed estese i metodi psicofisici proposti daStevens (Borg 2007; Borg, Borg 2001;Borg 1974; Borg 1982b). Borg legò la per-cezione dello sforzo al concetto di inten-sità dell’esercizio. Il collegamento tra per-cezione dello sforzo e intensità dell’eserci-zio fisico fu necessario per ancorare ilconcetto di sforzo ad una variabile misu-rabile (costrutto). Data la relazione dell’attività del comandomotorio centrale con il movimento fisico ela sensazione di sforzo generata dal corol-lary discharge, risulta evidente come que-sta scelta fu appropriata. Secondo lo schema di Goldstein (2005),Borg utilizzò per studiare e per costruire lescale la relazione tra risposta fisiologica erisposta percettiva. Partendo dalla legge diStevens, Borg propose una formula gene-rale applicabile sia a variabili percettiveche fisiologiche:

R = a + c(S – b)n

Dove R è la risposta, S è lo stimolo, c è lacostante della misura, n è l‘esponente chedescrive la relazione, e a e b sono lecostanti che descrivono la soglia assolutao il punto di partenza della funzione(rumore percettivo). La teoria del RangeModel di Borg fu il modello concettualealla base dello sviluppo di una serie discale ancorate a livelli verbali e costruitein modo da restituire scale ad intervalli o arapporti equivalenti. Il Range Model diBorg asserisce che tutti i sistemi biologicihanno dei limiti che vanno dalla capacitàminima a quella massima. Secondo Borg ilrange che va da zero (o intensità minima)al massimo (o intensità quasi massimale) èa livello percettivo simile nella maggiorparte degli individui. Questo permise di generare scale che con-sentissero di confrontare la percezione diuna intensità tra soggetti diversi, cosa nonpossibile con altri metodi come la Magni-tude Estimation di Stevens.

RPE scale

Una delle prime scale sviluppate da Borgnegli anni ’60 fu la Rating of PerceivedExertion scale, chiamata RPE scale (Borg2007; Borg 1970; Borg 1998; Borg, Borg2001). Questa scala consiste in numeri eancore verbali posizionate in modo da cre-scere linearmente con l’intensità dell’eser-cizio, misurato attraverso la frequenzacardiaca e il consumo di ossigeno. Lalinearità fu determinata con test incre-mentali al cicloergometro con gradinidella durata di 4-6 minuti. Per questomotivo il range numerico va da 6 a 20, checorrisponde grossolanamente ad un rangedi frequenza cardiaca che va da 60 a 200battiti al minuto in una persona sana di 30anni. Il vantaggio di questa scala, diversa-mente dalle tradizionali scale categorichesenza indicazioni numeriche, è quella diutilizzare appunto sia numeri sia ancoreverbali che, in accordo con il Range Model,

consentono di confrontare le quantifica-zioni dello sforzo di persone diverse for-nendo dei livelli “assoluti”. Ad esempio,l’esperienza dello sforzo più intenso cheun soggetto ha mai provato prima è qual-cosa che accomuna gli individui, consen-tendo quindi di avere un’ancora verbalecomune al valore 20 della scala. Il limitedella RPE scale è che non ha un andamen-to crescente secondo una funzione poten-ziale come le scale sviluppate con il ratioscaling. Lo sforzo massimo percepito (inpassato) è posizionato a 20 senza possibi-lità di dare un valore più alto. Questo puòcreare una sorta di ceiling effect. Inoltre èuna scala ad intervalli e come abbiamodetto in precedenza la scala ottimaledovrebbe possedere tutte le caratteristichedella ratio scale.

Category Ratio Scale (CR10®)

Nel tentativo di ottenere una ratio scalecon livelli di intensità ancorati ad espres-sioni verbali, Borg sviluppò successiva-mente la Category Ratio scale (CR10®),cioè una scala che possedeva sia i vantag-gi delle scale categoriche (espressioni ver-bali) sia quelli della ratio scale (da qui ilnome Category Ratio, CR)(Borg 2007;Borg 1970; Borg 1998). Nello sviluppo diquesta scala Gunnar Borg applicò dei cri-teri rigorosi tra cui: uso di metodi di“semantica quantitativa” per identificareespressioni appropriate, identificazionedella popolazione di riferimento, utilizzodi osservatori (soggetti) competenti percostruire la scala, sviluppo di una semi-ratio scale, uso del Range Model per con-sentire la confrontabilità inter-individuale,congruenza tra ancore verbali e numeri,limitazione dell’effetto “fine scala” utiliz-zando una scala aperta (possibilità di darevalori più alti del valore massimo), utilizzodei metodi psicofisici diretti, la possibilitàdi usare la scala per altri domini, etc. Daisuoi studi scaturì una scala con un range

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che andava da 0 a 10 con 10 corrispon-dente ad un concetto stabile come “la sen-sazione di sforzo più alta che la personaha mai percepito nella sua vita”, ma con lapossibilità di poter dare un valore superio-re. La posizione delle ancore verbali fudefinita utilizzando il metodo di Stevensdella Magnitude Estimation e “passando”attraverso una scala categorica simmetrica(Borg 1998). Dopo una prima versionedella CR10® si è poi arrivati a quella defi-nitiva mostrata in tabella 1.

Category Ratio Scale (CR100®)

Per quanto la CR10® sia una buona scala,Elisabet Borg rilevò delle limitazioni (Borg2007; Borg, Borg 2002; Borg, Kaijser 2006;Borg, Borg 2001). La CR10® è una scala con-tinua e di conseguenza i partecipanti posso-no dare dei valori intermedi; tuttavia, rara-mente le persone danno numeri intermedi etendono a concentrare le risposte sui numeriinteri. Inoltre, le opzioni numeriche sono di1:17 invece di 1:34 come suggerito da alcuniautori. Questi elementi possono ridurre lasensibilità della scala e limitarne alcune pro-prietà statistiche. Per questi motivi ElisabetBorg ha sviluppato una nuova scala. LaCR100® o centi-Max ha 67 opzioni numeri-che essendo sviluppata su una scala nume-rica che si presenta come un righello. Dopoun primo tentativo, la scala è stata modifi-cata (ad esempio spostando le ancore verba-li in corrispondenza dei numeri appropriatiin modo da mantenere le proprietà dellaratio scale) per arrivare a quella proposta edutilizzata oggi. Un vantaggio della CR100®ed anche della CR10® è che le espressioniverbali consentono di utilizzare questi stru-menti sia per la stima sia per la produzione,cioè sia per dare un valore numerico allapropria percezione, sia per dire alle personea che livello di percezione devono lavorare.La CR100® mantiene caratteristiche similialla CR10® ed è potenzialmente più sensibi-le. La CR10® rimane la più diffusa, ma infuturo è probabile che la CR100® verrà uti-lizzata con maggior frequenza.

Importanza delle istruzioni ed errori comuni

Da quanto fin qui spiegato dovrebbe esserechiaro che nonostante l’apparente sempli-cità, lo sviluppo di scale di percezione èmolto complesso e non per tutti.Nell’utilizzare queste scale è importanteseguire le istruzioni degli sviluppatori, per-ché solo questo fornisce la garanzia che leinformazioni ricavate e la scala stessa riflet-tano quello per cui sono state sviluppate. Leistruzioni sono standardizzate e, come leancore verbali, nascono da precisi studisemantici. Ne consegue che non si può nè

cambiare nè tradurre per conto proprio leespressioni verbali utilizzate nella scala.Come abbiamo già spiegato la percezione èun processo attraverso il quale si dà unsenso agli stimoli che riceviamo. Questoprocesso cognitivo è influenzato dallenostre esperienze e dalle conoscenze, cosìcome lo è l’utilizzo di determinate paroleper esprimere l’intensità di una percezione.Nello sviluppo delle scale, Borg ha utilizzatometodi derivati dalla semantica quantitativaper trovare la giusta combinazione e con-

gruenza tra ancore verbali e numeri.Nell’applicare la scala in altre lingue occorreprima validare le traduzioni con metodichiamati di “cross-cultural validation” bennoti e definiti in psicometria (Beaton et al.2000). Inoltre una volta tradotte la scala e leistruzioni, occorre riverificare se le proprietàvengono mantenute anche dopo la tradu-zione. Questo è importante perché parolesimili in lingue diverse non necessariamentehanno nei rispettivi Paesi lo stesso significa-to (oppure hanno lo stesso significato, ma lo

0 Assente

0,3

0,5 Estremamente lieve Appena Percepibile

0,7

1 Molto lieve

1,5

2 Lieve Leggero

2,5

3 Moderato

4

5 Forte Intenso

6

7 Molto forte

8

9

10 Estremamente forte “Massimo”

11

• Massimo in assoluto Massimo Pensabile

Borg CR10 Scale® © Gunnar Borg, 1982, 1998, 2004 Italiano

SdS/Scuola dello Sport Anno XXVIII n.82

Tabella 1 – Category Ratio scale (CR10®)

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ignoriamo). Un aneddoto riportato da Borgproprio riguardo alla versione italiana dellaCR10® sottolinea quanto appena detto(Borg 2008). Durante un congresso a Romapresentò la scala tradotta dove venivanoutilizzate le parole “Estremamente forte” pertradurre “Extremely strong”. Un professoreitaliano suggerì che era meglio utilizzare laparola “Fortissima” perché comune nell’am-bito della musica e probabilmente piùappropriato per un italiano che sarebbe piùpropenso ad utilizzare queste parole peresprimere la grandezza di una esperienza.Borg con l’aiuto di un madre lingua tradus-se la scala e la presentò il giorno dopo aipartecipanti del congresso per stimare lagrandezza di ancore verbali in italiano. Il risultato fu che “Estremamente” era asso-ciata ad una intensità maggiore di“Fortissima” e molto più simile a parolesimili in Svedese e Inglese. Inoltre, la cosid-detta dispersione fu più alta per “Fortissima”indicando una minor precisione del termine.Quindi la parola giusta sembrerebbe essere“Estremamente”. Tuttavia senza la verifica econtrollo sperimentale delle traduzioni, indi-pendentemente dal razionale dietro la sceltadi un termine piuttosto che un altro, sirischia di invalidare una scala e di alterarnele proprietà. Di conseguenza il primo erroreda non fare (ma sfortunatamente piuttostodiffuso) è la traduzione personale di scale eistruzioni. Per lo stesso motivo non vannoaggiunte ancore verbali e non vanno modi-ficati numeri (se la RPE scale va da 6 a 20non si può modificarlo facendo sì che vadada 0 a 20). Le espressioni verbali sono anchela caratteristica peculiare delle scale di Borgche rende le stime di grandezza dei diversiindividui confrontabili tra loro. Cambiarlevuol anche dire diminuire la possibilità difare confronti tra le persone e vanificare difatto parte del lavoro di Borg. Altro erroreda evitare è aggiungere figure o altro. Perquanto riguarda le istruzioni vanno lette oconsegnate alla persona senza aggiungercidel proprio. Un altro errore comune che puòalterare le risposte percettive, o meglio illivello di sforzo che il soggetto riferisce, è lacondivisione dei dati con altri individui (e.g.compagni di squadra). Nel raccogliere lapercezione occorre garantire la privacy deldato tra atleta e allenatore o preparatore.Senza questo accorgimento si può generareil fenomeno chiamato self-presenting bias,ovvero quel comportamento che tende acondizionare una risposta che verrà fornitaper “ben figurare” e migliorare l’opinione suse stesso. Sempre per controllare questofenomeno, occorre educare l’atleta spiegan-do perché si raccoglie questa informazionee quali sono i rischi se si riferiscono indica-zioni errate. Ad esempio, un allenatore puòdecidere di aumentare troppo il carico dilavoro generando overreaching od overtrai-

ning, oppure può scegliere di diminuire ilcarico causando un decondizionamento fisi-co. Quindi “istruire ed educare” sono dueaspetti che vanno sempre rispettati nellaraccolta dei dati di percezione dello sforzo.Infine, ricordiamo che pur usando un modocontinuativo le scale, questa va sempremostrata e non bisogna chiedere al soggettodi quantificare la percezione di sforzobasandosi solo sul ricordo della scala.

Applicazione della scala negli sport di squadra

Le scale di Borg hanno avuto e hanno tut-tora una vasta diffusione. Storicamente lescale di Borg sono state utilizzate perquantificare l’intensità dello sforzo e,quindi, dell’esercizio nelle attività di endu-rance. La percezione dello sforzo sembre-rebbe essere un buon indicatore di stati disovraffaticamento come nell’overreachingo nell’overtraining (Foster 1998; Martin,Andersen 2000). Nel 1995 Carl Foster haproposto un metodo per gli sport di endu-rance (inizialmente triathlon) per calcolareil carico di lavoro globale in modo da tenerconto sia della durata totale dell’allena-mento, sia della sua intensità media(Foster et al. 1995). Propose quindi di mol-tiplicare la durata per l’intensità dove ladurata era il tempo di allenamento inminuti e l’intensità quantificata attraversola percezione dell’atleta utilizzando laCR10®. In seguito venne suggerita ancheper sport di squadra come la pallacanestro(Foster et al. 2001). Per verificare la vali-dità del metodo nel calcio abbiamo con-dotto un primo studio nel 2002 con i risul-tati pubblicati nel 2004 (Impellizzeri et al.2004) ed in seguito uno pubblicato piùrecentemente (Coutts et al. 2009). Nelprimo studio abbiamo esaminato la vali-dità di costrutto, cioè abbiamo verificatose e quanto il metodo chiamato session-RPE fosse correlato al carico di lavoromisurato con metodi derivati dalla fre-quenza cardiaca [Training Impulse diBanister (Banister et al. 1999; Banister etal. 1986)] dato che quest’ultima era ed èconsiderata dal mondo scientifico un vali-do indicatore di intensità dell’esercizio. Inentrambi gli studi trovammo una relazionesignificativa e sostanziale tra i due metodi.Nel secondo studio la relazione fu trovataanche con il lattato accumulato durantegli allenamenti. Risultati simili sono statitrovati nel rugby (Coutts et al. 2003).Questi risultati hanno fornito le prime evi-denze di validità a supporto dell’utilizzodel metodo che, in effetti, adesso è utiliz-zato con una certa frequenza. Nonostantequesto, per essere intellettualmente onestidobbiamo però ricordare che non abbiamoverificato tutte le proprietà della scala,

cosa necessaria dato che la scala è stataapplicata in una situazione che è anomala.Infatti, la percezione viene chiesta dopo enon durante lo sforzo. Per quanto il meto-do preveda che la percezione sia riferitaalmeno 30 minuti dopo la fine dell’allena-mento per evitare l’influenza dello sforzopiù recente, non si sa ancora quale sia l’ef-fetto del cosiddetto recall bias, ovvero deltempo che intercorre tra fine allenamentoe momento del giudizio sullo sforzo.Inoltre, Carl Foster, per qualche motivo,utilizzò la prima CR10® e non quellamodificata che è più performante. Neinostri studi, di conseguenza, abbiamo uti-lizzato anche noi la vecchia scala. Il calco-lo della monotonia e physical strain chepuò essere fatto dai dati di session-RPEcome suggerito da Foster (1998), ad esem-pio, non sembra abbia molta rilevanza oper lo meno se ne ignora completamentela validità. Per questi motivi, i risultatidegli studi precedenti sono da considerarsirilevanti, ma preliminari e sarà necessarioaspettare i risultati di altre ricerche incorso e pianificate per capire se il metodoè valido, come utilizzarlo al meglio e sco-prirne i limiti che ci sono sicuramente.Detto questo, in base alla letteratura e allamaggior conoscenza dell’argomento, ilfatto che i metodi basati sull’RPE sianocorrelati alla frequenza cardiaca o ad altriindicatori fisiologici non è più un elemen-to prioritario per la validazione, dato chela percezione dello sforzo è di per se indi-scutibilmente valida. La questione è solocapire come utilizzarla in modo ottimale inambito sportivo sia per controllare chepianificare l’allenamento.

Gli Autori: Franco M. Impellizzari, (PhD), CeBiSM, Centro diricerca interuniversitario in Biomeccanica eScienze Motorie, Rovereto, Italia; Department ofResearch and Development, Schulthess Klinik,Zurigo, Svizzera; Maurizio Fanchini, MS, CeBiSM, Centro di ricercainteruniversitario in Biomeccanica e scienzeMotorie, Rovereto, Italia; Carlo Castagna, MS Corso di Laurea in ScienzeMotorie, Facoltà di Medicina e chirurgia di RomaTor Vergata, Roma; Samuele M. Marcora, PhD, School of Sport,Health and Exercise Sciences, Bangor University,Galles.

Indirizzo e-mail: [email protected]

RingraziamentiGli Autori ringraziano Gunnar ed Elisabet Borgper tutti gli utili ed importanti consigli, per ladocumentazione e letteratura fornita, e per averacconsentito alla pubblicazione su SDS di unadelle scale ufficiali in Italiano. L’indirizzo e-maila cui richiedere le scale specificandone l’utilizzoè il seguente: [email protected].

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(1) Gustav Theodor Fechner (1801-1887), fisiolo-go, filosofo e psicologo tedesco. Nato a GroßSärchen, nella Bassa Lusazia, dove suo padreera pastore fu educato a Sorau, Dresda e suc-cessivamente all’Università di Lipsia, cittàdove visse per il resto della sua vita. Nominatoprofessore di fisica nel 1839 contrasse unagrave malattia agli occhi che lo costrinse arinunciare all’incarico. Ritornato all’insegna-mento lo fece come filosofo dedicandosi, inparticolare, allo studio della mente e delle suerelazioni con il corpo, soggetto da lui trattatonei suoi libri. Fechner è conosciuto come ilfondatore della psicofisica e come uno deirappresentanti principali di una filosofia dellanatura di stampo panteistico, secondo laquale la natura sarebbe costituita da unitàpsichiche, tra cui quelle umane, che forme-rebbero un'unità psichica superiore, una grande anima della Terra. La ricerca diFechner, insieme a quella di Wilhelm Wundt, è alla base della fondazione dellapsicologia sperimentale (Nota della Redazione).

(2) Nel 1834, un medico tedesco, Weber verificò che la soglia differenziale (¢R) diciascun tipo di stimolo è una frazione (o proporzione) costante (K) dell’intensitàdello stimolo (R) iniziale, esprimibile secondo la formula: K = ¢R/R. La legge diWeber descrive, quindi, la relazione tra la portata fisica di uno stimolo e la perce-zione umana dell'intensità di tale stimolo. In maniera molto sintetica si riassumenel fatto che l'incremento di utilità fornito da uno stimolo è minore mano a

mano che la quantità di tale stimolo è posseduta in misura maggiore. Con unbanale esempio se ho in mano un peso di 30 chili, e ne aggiungo un altro di 500g, la sensazione di variazione di peso non sarà come se avessi avuto un peso di100 g a cui ne aggiungo uno di 500 g (Nota della Redazione).

(3) Stanley Smith Stevens (1906-1973) è stata una figura eminente nel campo dellapsicologia sperimentale nella parte centrale del ventesimo secolo. Nato ad Ogdennell’Utah, frequentò le scuole mormoniche a Salt lake city e trascorse tre annilavorando per la Chiesa mormone in Belgio e Svizzera. Iscrittosi nel 1927 all’University of Utah passò nel 1929 alla Stanford University e successivamente allaHarvard University dove consegui il dottorato in psicologia. Vinta una borsa di stu-dio di perfezionamento in fisiologia presso l’Isituto di medicina di Harvard e unaper le ricerche nel campo della fisica divennelettore di psicologia sperimentale ad Harvard.Durante la seconda guerra mondiale perrichiesta dell’Air Force stunitense fondò unlaboratorio di psicoacustica diventato succes-sivamente Laboratorio di psicofisica. Nel 1962divenne il primo docente di psicofisica adHarvard dove rimase fino alla sua morte nel1973. Conosciuto soprattutto per il suo lavo-ro in psicofisica e specie per lo sviluppo dellalegge della potenza (cfr. testo), ha fornitoimportanti contributi allo studio della perce-zione auditiva e, soprattutto, alla compren-sione della teoria della misurazione, attraver-so la teoria delle scale di misura da lui elabo-rata nel 1946 (Nota della Redazione).

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NOTE