Saggio finale comuncazionemultimediale
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Diploma di Specializzazione Biennale in
Metodologie psicopedagogiche di gestione dell'insegnamento-apprendimento
nell'ambito didattico: indirizzo area disciplinare Scientifica della Scuola
Secondaria
Saggio Finale
Moduli di riferimento:
Modulo 5: Metodi e strumenti dell’apprendimento cooperativo nella Scuola Secondaria – Area Scientifica
Modulo 7: Libro e fonti multimediali nella didattica della Scuola Secondaria – Area Scientifica
Comunicazione multimediale per un apprendimento innovativo
Corsista
Francesca Leoncini
La situazione sulla nostra Terra è paradossale.
Le interdipendenze si sono moltiplicate.
La comunicazione trionfa, il pianeta è attraversato da reti, fax, telefoni cellulari, modem,
Internet.
La coscienza di essere solidali nella vita e nella morte dovrebbe ormai legare gli umani gli
uni agli altri.
Tuttavia, l’incomprensione permane generale.
Vi sono certamente grandi e molteplici progressi della comprensione, ma i progressi
dell’incomprensione paiono ancora più grandi.
Il problema della comprensione è diventato cruciale per gli umani.
E, a questo proposito, è doveroso che esso contribuisca a una delle finalità dell’educazione.
[Edgar Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro.]
Per gli studenti di ogni età e livello scolastico, negli anni più recenti, le opportunità cognitive
si sono moltiplicate e diversificate e sono uscite da qualsiasi ambito la scuola possa
ragionevolmente pretendere di controllare o contenere. Fino ad un passato piuttosto prossimo,
la totalità o la gran parte delle esperienze formative e cognitive dello studente rientravano
sotto il controllo scolastico. Oggi, la scuola tende a diventare un’esperienza formativa come
tante e, in molti casi, nemmeno la più significativa.
Come deve pertanto muoversi il mondo scolastico, in modo da orientarsi ed essere in grado di
orientare tra le molteplici sollecitazioni cognitive e formative?
Da una parte, c’è chi ritiene che al mondo della scuola dovrebbe restare il compito di
governare una sorta di ritirata, il compito cioè di gestire un nucleo generale di contenuti
comuni, sul quale poi ognuno andrebbe ad innestare il proprio percorso ed a coltivare la
propria individualità.
Dall’altra, si parte dalla consapevolezza che giovani, adolescenti e bambini sono sottoposti,
pressoché fin dalla nascita a stimoli cognitivi estremamente differenziati, eterogenei ed in
continua evoluzione e che pertanto, per acquistare singole competenze tecniche non c’è
necessariamente bisogno dei contesti scolastici. Allora, alla scuola ed all’università dei nostri
giorni compete un compito enorme e di natura profondamente differente rispetto a quello che
è stato fino a pochi anni fa: il compito di filtrare e di interconnettere molteplici esperienze
eterogenee, non sempre convergenti e spesso squilibrate.
Punto di partenza per affrontare costruttivamente la sfida formativa dei nostri giorni è
considerare ineludibile, incontestabile ed ineliminabile l’eterogeneità delle esperienze
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cognitive ed emotive a cui sono sottoposti i singoli individui. La selezione e l’individuazione
di nuclei comuni di contenuti da trasmettere e replicare collettivamente non possono che
scaturire da costruzioni intersoggettive, da realizzare nel corso di un interminabile processo di
comunicazioni e aggiustamenti reciproci, senza basarsi su definizioni aprioristiche e statiche
di presunti tratti essenziali dei saperi e degli individui.
1. Mass media e multimedialità
Gli studi sull’uso dei mezzi di comunicazione di massa (mass media) confermano la tendenza
da parte di bambini ed adolescenti (nonché taluni adulti) a trovare in tali mezzi di
comunicazione una sorta di “lezioni di vita” e a collegarle alle loro esperienze personali, fino
addirittura a plasmare le loro aspettative e le loro considerazioni sulla realtà.
Tali tesi invitano a riflettere su tutta la potenza seduttiva dei mass media, che offrono
continuamente immagini di vita e modelli comportamentali, spesso con un fortissimo scarto
rispetto all’esperienza reale.
Dal secondo dopoguerra, è stata la televisione che ha apportato radicali cambiamenti nelle
dinamiche familiari e nell’acquisizione del senso della realtà: ciò che si vede e si dice in
televisione va a formare parte della quota dei saperi dell’individuo. Oggi il computer, senza
peraltro aver soppiantato la televisione ma piuttosto fornendone un rinforzo, viene
comunemente considerato un oggetto principe tramite cui si forma la conoscenza: la cronaca,
l’attualità, le curiosità vengono nutrite dai supporti digitali (PC, tablet, smartphone, …). Tali
mass media occupano uno spazio sempre maggiore nella formazione dell’immaginario
collettivo, andando anche direttamente ad influenzare la coscienza di sé di ogni individuo,
plasmando i suoi livelli di aspirazione, i suoi gusti, costumi e comportamenti, arrivando infine
a regolarne in larga misura l’identità personale e collettiva.
E’ noto come tali media rappresentino, ambiguamente e contemporaneamente, uno strumento
diabolico ed una finestra sul mondo: senza Internet e la tecnologia satellitare sarebbero pochi
gli adolescenti italiani che saprebbero trovare e visualizzare in pochi secondi la piazza
egiziana in cui stanno avvenendo gli ultimi recenti scontri politici; ma sarebbe anche
altrettanto vero che difficilmente una ragazzina di Siena progetterebbe una fuga con una
coetanea di Torino se non fossero entrate in contatto tramite Facebook.
Anche per questi motivi la comunicazione è divenuta centrale nella società contemporanea,
sempre più governata da strumenti e tecniche comunicative in grado tanto di liberare quanto
di soggiogare.
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Oggi le nuove tecnologie hanno mutato i territori della comunicazione: l’avvento di tali
tecnologie ha consentito la nascita della formazione a distanza (FAD) e dell’e-learning. L’uso
congiunto delle multimedialità e della multicanalità, di modelli di simulazione della realtà e di
reti telematiche ha ridisegnato il confine tra l’area di apprendimento spontaneo/informale e
quella dell’apprendimento controllato/intenzionale.
Attraverso l’impiego della comunicazione mediante computer e tecnologie digitali è possibile
strutturare ambienti di apprendimento nei quali l’interazione tra i partecipanti introduce una
vera e propria logica di condivisione democratica delle esperienze di apprendimento, che non
sono più rigidamente eterodirette, ma orientate e collaborative, secondo un modello reticolare
di esperienza comunicativa/formativa.
2. Dal libro di testo alla multimedialità
Il libro di testo viene inteso come mediatore culturale dei contenuti dell’apprendimento,
esplicitazione dei curricola disciplinari e dei modelli didattici adottati, simbolo di
appartenenza alla scuola e alla classe frequentate.
Quale libro di testo risulta però oggi in grado di rappresentare per le generazioni degli attuali
studenti lo stesso valore sostanziale ed immaginifico che ha rappresentato per noi, ormai
adulti, che abbiamo frequentato quegli stessi banchi prima dell’avvento di Internet, della LIM,
dei social network, dell’e-learning?
Quale libro di testo può oggi essere in grado di contenere e racchiudere le innumerevoli
sollecitazioni di conoscenza o interpretare al meglio quella dimensione “liquida” del sapere,
che si profila davanti alla mente che apprende, invitandola in una sorta di incondizionata
immersione nel flusso dei dati e delle curiosità?
Quale libro può ormai difendere la propria natura stabile e durevole all’interno di una cultura
che sembra rinnegare ogni acquisizione sicura e pare accettare come valore incondizionato
una provvisorietà sostenuta e dichiarata?
Anche se per certi aspetti, il libro di testo pare oggi un oggetto ormai obsoleto e destinato ad
un prossimo inappellabile pensionamento, questo strumento ha davvero fatto la storia della
nostra scuola. Dalla scuola primaria fino alla scuola secondaria di secondo grado (e anche
oltre) il libro di testo ha riprodotto su carta i percorsi di conoscenza disciplinare, selezionando
e rappresentando frammenti delle conoscenze ritenute fondanti per i curricola. Il libro di testo
ha rappresentato un decisivo elemento di sutura tra le diverse e variegate condizioni e
contingenze e gli è stato attribuito il ruolo di medium per eccellenza nell’ambito scolastico.
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Molte parole sono state, nel tempo, dette e scritte a sostegno della tesi per cui sia stato un
fattore centrale per la cultura occidentale il passaggio da una lettura corale ad alta voce, in cui
l’attenzione è focalizzata sul suono, sull’intonazione e sulle cadenze vocali, ad una lettura
silenziosa, solitaria, introspettiva, che lascia spazio alla decantazione delle parole lette e mette
l’accento sul valore semantico piuttosto che su quello fonetico. Questa metamorfosi culturale
prefigura un uomo che modifica la propria visione del mondo ed enfatizza la correlazione tra
la forma del pensiero e quella dell’oggetto che lo rappresenta, il libro.
Prima dell’avvento e della capillare diffusione delle nuove tecnologie di comunicazione, il
modello della carta stampata ha dominato indiscusso tra le pareti di tutte le scuole,
costituendo un modello pressoché unitario nell’attività didattica.
In questi tempi stiamo certamente assistendo e partecipando ad un’ulteriore radicale
metamorfosi culturale e il mondo della scuola deve saper individuare, accogliere e proporre
nuovi modelli comunicativi, che non necessariamente devono sostituirsi ai precedenti, ma
devono almeno integrarsi ad essi.
In che maniera, quindi, i nuovi media digitali possono rappresentare un’utile risorsa per la
scuola, integrando le forme classiche e tradizionali della conoscenza? In che modo, i contenuti
della didattica possono trovare, nelle nuove forme di comunicazione, un canale efficace e
produttivo? E quali sono gli aspetti peculiari dei nuovi media su cui la scuola può far leva per
rinnovare il proprio assetto e rispondere alle pressioni di innovazione ed adeguamento che la
società impone?
La nuova testualità sembra ancora spesso indegna di assumere un posto paritario accanto al
libro; i ritardi editoriali sono ancora attribuibili ad una logica che continua a considerare
concorrenti ed inconciliabili le diverse forme della comunicazione. Solo da qualche tempo si
iniziano ad osservare delle concrete proposte editoriali, che possono seriamente affiancare il
libro di testo per promuovere un proficuo percorso di apprendimento.
Lavorare sui nuovi contenuti della didattica significa legittimare la natura del nuovo
linguaggio, valorizzando al meglio le potenzialità offerte alla formazione. Non è certamente
negandolo che si può superare, vincendo, il cambiamento radicale che è in atto.
Il docente in grado di tradurre l’odierna ICT (Information and Communication Technology)
in azioni formative significative deve aver fatto un lavoro di ripensamento e rielaborazione
dei propri saperi. Occorre inoltre una profonda riflessione sulla natura dei nuovi linguaggi ed
un serio studio per acquisirne capacità e competenze.
Lo sforzo richiesto al docente è senz’altro assai significativo, poiché è evidente che
l’introduzione e l’adozione di risorse di tipo digitale nei percorsi formativi non è affatto
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indolore. Utilizzare le risorse della nuova comunicazione multicanale significa operare un
importante revisione del lavoro scolastico tradizionale, significa aprire la scuola alle nuove
suggestioni della multimedialità nell’accezione più alta e consapevole, ma significa
soprattutto aprire la scuola ad una dimensione allargata della conoscenza, una dimensione in
cui la comunicazione è davvero al centro dei processi di apprendimento.
3. Scuola e nuove tecnologie
Per anni il mondo della scuola si è tenuto, in modo più o meno consapevole, lontano dalle
nuove tecnologie perché esse vanno a minare il proprio impianto di base, consolidato
nell’arco di decenni e fondato sulla cultura alfabetica scritta. Il primato della cultura scritta del
libro viene ribadito nei programmi ministeriali di ogni ordine scolastico, dalla scuola primaria
in poi.
La reazione odierna della scuola all’avvento, allo sviluppo ed alla diffusione capillare delle
nuove tecnologie si può sostanzialmente riassumere nelle tre seguenti alternative:
1. Educare con i media, ovvero utilizzare nella lezione canonica altre forme comunicative
che possano integrare il percorso formativo proposto;
2. Educare per i media, ovvero, laddove i programmi lo consentano, fornire una serie di
competenze, di tipo per lo più informatico, che possono andare dalla conoscenza di un
software fino all’elaborazione di un semplice programma;
3. Educare ai media, ovvero proporre percorsi di studio specifici che affrontino l’argomento
new media da un punto di vista teorico, considerandolo oggetto di studio a tutti gli effetti.
Ciascuno dei precedenti comportamenti può suonare come una semplice concessione ad una
tendenza di cambiamento, ritenuta ormai come inevitabile piuttosto che profondamente
significativa nella pratica scolastica. Nelle nostre scuole, spesso i computer non si trovano
nell’aula della classe, ma in laboratori non sempre facilmente accessibili e il cui utilizzo è
lasciato alla libera volontà dei singoli docenti disposti a mettere in gioco il metodo di
insegnamento tradizionale.
Intanto, fuori dalla scuola, la rivoluzione mediatica in atto coinvolge tutti, in maniera più o
meno diretta, e condiziona tutti, in modo più o meno consapevole, nelle nostre strutture
cognitive. Siamo in mezzo ad una rivoluzione di vasta portata e che conduce a cambiamenti
sostanziali in modo assai repentino.
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4. Alcune esperienze didattiche
A seguito delle precedenti riflessioni sull’impatto che le nuove tecnologie hanno avuto, hanno
e potranno avere sulla didattica scolastica, voglio qui riportare alcune esperienze scolastiche
vissute in prima persona durante lo svolgimento, in ormai più di un decennio, di attività di
insegnamento della matematica in vari indirizzi della scuola secondaria di secondo grado.
L’uso di una piattaforma e-learning
Già da diversi anni in alcune delle scuole in cui ho prestato servizio, è diffuso l’utilizzo di una
piattaforma digitale, che, utilizzano le potenzialità della rete Internet, consente di fare
formazione in modalità e-learning. E ciò non è necessario per fare esclusivamente formazione
a distanza, come si può pensare, ma rappresenta un valido ed utile strumento anche per fare
didattica in presenza.
La piattaforma Moodle adottata consente, per ciascuna disciplina, di creare classi virtuali, a
cui accedono esclusivamente gli studenti iscritti dall’insegnante o che vengono invitati a
partecipare. In tale spazio virtuale, l’insegnante può mettere a disposizione materiale didattico
in formato digitale, autoprodotto o opportunamente selezionato, che sarebbe altrimenti di
difficile distribuzione (video, immagini, documenti di grandi dimensioni, manuali, tabelle,
mappe concettuali, …). Fin qui appare una modalità alternativa di ripetere la solita didattica
unidirezionale, dal docente al discente. Ma non solo l’insegnante può caricare dati e materiali
sulla piattaforma, lo possono fare anche gli studenti. Ecco quindi che l’insegnante può
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assegnare compiti di ricerca, elaborazione, esercitazione e chiedere poi ai propri allievi di
caricarli in formato digitale. Gli elaborati prodotti possono essere o visionabili solo dal
docente oppure essere resi visibili anche all’intero gruppo classe, sia in modalità di sola
lettura, che con la facoltà di poterne fare modifiche.
E’ chiaro comprendere come le funzionalità sopra descritte consentono non solo una fruibilità
più libera dalla rigidità dei tempi a disposizione durante i momenti curricolari, ma soprattutto
rendono condivisibile il lavoro prodotto e permettono la realizzazione di un didattica
collaborativa, in cui gli allievi si confrontano, si scambiano, si arricchiscono reciprocamente
ed in cui il docente agisce come guida e moderatore.
Un’altra potenzialità della piattaforma Moodle è quella di consentire la creazione di verifiche,
sia strutturate a risposte aperte e/o chiuse che non strutturate, da somministrare ai propri
studenti in tempi predeterminati dallo stesso docente, il quale stabilisce termini e modalità di
consegna. In tal modo gli allievi possono autonomamente, con l’utilizzo individuale di un
computer messo a disposizione dalla scuola, eseguire il compito sottoposto in formato
digitale. L’importanza di tale modalità si rintraccia principalmente perla valutazione di quegli
allievi che presentano qualche disturbo o deficit, come studenti con DSA (disturbi specifici
dell’apprendimento: dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia) o con disabilità sensoriali
(ipovedenti o ipoacusici o disabili motori). L’utilizzo dello strumento digitale durante una
verifica consente di accedere a software o dispositivi compensativi dei deficit, come un lettore
di sintesi vocale o i sottotitoli in un filmato, un ingranditore di immagini e testi o una
calcolatrice grafica.
Il sito di classe come strumento di apprendimento cooperativo
Nella scuola in cui presto servizio da due anni non è attiva una piattaforma e-learning come
quella che ho appena descritto. Convinta però del potere di una didattica che fa un uso
calibrato e consapevole degli strumenti informatici disponibili, mi sono attivata per poter
ovviare a tale mancanza.
Già durante l’estate, una volta conosciute le classi che mi sono state assegnate, ho iniziato a
costruire un sito per ciascuna delle mie classi. E per ognuna di esse, ho operato una ricerca e
una selezione di materiali digitali (documenti di approfondimento, link a siti interessanti,
video, immagini, …) che ho poi raccolto nelle pagine del sito, suddividendoli per argomenti e
per periodi di svolgimento.
I vari materiali sono stati messi a disposizione degli allievi delle singole classi, man mano
che si rendevano necessari per lo svolgimento degli argomenti affrontati. Tali materiali
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forniscono una base da cui gli studenti prendono spunti per approfondimenti autonomi (ma
comunque guidati) e da cui poi nascono delle rielaborazioni che gruppi di allievi producono
secondo delle scadenze temporali stabilite.
I materiali prodotti e rielaborati dagli studenti vengono poi caricati sul sito, nelle pagine a
disposizione degli allievi stessi, in modo da essere condivisi e tenuti in costante
aggiornamento, grazie al contributo di tutto il gruppo classe.
Questa modalità di lavoro permette un continuo dialogo tra i vari membri dei gruppi, che si
scambiano e si alternano, in modo da rendere quanto più possibile trasversali e condivise le
conoscenze raggiunte.
Le opportunità digitali delle case editrici
Ogni studente, attualmente, all’inizio dell’anno scolastico si trova a dover acquistare una serie
di libri di testo in formato cartaceo e ai quali è spesso allegato un DVD con contenuti digitali
integrativi. Le case editrici inoltre mettono spesso a disposizione sui propri siti ulteriori
materiali destinati al recupero, all’approfondimento, all’esercitazione ed alle verifiche.
Da molti anni nelle scuole in cui presto servizio, i libri di testo in adozione per la disciplina di
matematica sono editi dalla Zanichelli, che è piuttosto attiva sul fronte delle nuove tecnologie,
sfrutta gli strumenti digitali a disposizione e ne promuove la diffusione ad uso didattico tra i
docenti.
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Sempre in funzione della mancanza di una piattaforma e-learning, dopo aver seguito alcuni
corsi di formazione promossi dalla casa editrice stessa, ho iniziato ad utilizzare alcune delle
proposte editoriali digitali messe a disposizione di studenti e docenti.
In particolare, quest’anno scolastico ho adottato l’uso delle classi virtuali, che mi consentono
di assegnare esercitazioni che gli allievi devono svolgere al computer, a casa o in laboratorio
multimediale. Il docente ha sempre la possibilità di monitorare gli esiti del lavoro degli
studenti e tale osservazione, meno invasiva di quella diretta, permette di indirizzare al meglio
lo sforzo didattico durante la fase di acquisizione o di recupero delle competenze e delle
abilità richieste.
Gare di matematica e apprendimento cooperativo
Da qualche tempo mi occupo dell’organizzazione e della gestione a livello locale delle gare
delle Olimpiadi della Matematica, che ormai da anni si tengono in ogni indirizzo della scuola
secondaria di secondo grado. Lo scorso maggio ho accompagnato alla fase nazionale lo
studente qualificato e la squadra vincitrice della fase provinciale, che hanno poi ottenuto
rispettivamente una medaglia di bronzo ed una qualifica alla semifinale.
L’aspetto competitivo non sempre è da considerare un valore nelle metodologie di
apprendimento, ma nemmeno va demonizzato. Via via, col passare del tempo, ho imparato ad
apprezzare i benefici effetti che queste competizioni scolastiche portano con sé, sia sui sugli
allievi partecipanti che come ricaduta sui loro compagni di classe.
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Innanzitutto, nelle gare individuali, la partecipazione è volontaria e viene semmai spronata da
parte degli insegnanti e degli stessi compagni: questi ultimi riescono talvolta a intravedere
capacità dei propri pari che quegli stessi, per insicurezza o per modestia, faticano a
riconoscere. Nel prosieguo del percorso, sono proprio quegli stessi compagni di classe che si
interessano dei risultati ottenuti dai colleghi che gareggiano: si incuriosiscono per quello che è
stato affrontato senza essere stato risolto o piuttosto si stupiscono di quello che è stato
affrontato in modo vincente. Questo movimento intellettuale spontaneo consente di affrontare
temi della matematica non sempre trattati nella didattica curricolare, ma soprattutto permette
di “parlare” di matematica in un modo alternativo a quello tradizionale. Sebbene molti
insegnanti applichino una didattica basata sul problem posing e sul problem solving,
l’apparente estemporaneità delle situazioni proposte durante le competizioni matematiche e
riprese poi in classe, fa affrontare i problemi in modo non costrittivo e la richiesta
dell’apprendimento nasce proprio come esigenza degli allievi piuttosto che dall’imposizione
dell’insegnante. Per me è stato molto gratificante e stimolante vedere alcuni miei studenti
passare l’intervallo a cercare di capire come risolvere un problema, confrontandosi con altri
compagni, arrivando anche ad accese discussioni!
Ma, nell’ottica delle competizioni matematiche, la dimensione più formativa si raggiunge
nelle attività legate alle gare che richiedono di lavorare in gruppo, come le Gare a Squadre
delle Olimpiadi della Matematica o della MatePristem della Bocconi o ancora il Rally
Matematico Transalpino. In queste competizioni matematiche, gli approcci sono diversificati
e le tipologie di problemi proposti sono di svariata natura e con obiettivi e strategie risolutive
differenti.
Nel caso del Rally, una serie di problemi matematici, selezionati in base alla classe scolastica
di appartenenza, viene sottoposta all’intera classe, che dovrà suddividersi in gruppi che
andranno ad affrontarli in base alle loro preferenze e capacità. Ciascun problema dovrà essere
consegnato, entro il termine della gara (solitamente della durata di circa un’ora) in un’unica
versione, nella quale sia presente il percorso risolutivo che ha condotto alla soluzione.
Nelle Gare a Squadre delle Olimpiadi si devono formare squadre secondo un regolamento ben
preciso e gli studenti possono appartenere a qualunque classe, dal primo al quinto anno. I
problemi assegnati durante la gara sono circa una ventina, di diversa difficoltà ma non
esplicitamente dichiarata: i membri della squadra devono quindi essere in grado di individuare
il livello di difficoltà e scegliere in base alle proprie conoscenze ed alle proprie inclinazioni ed
abilità.
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Il punteggio attribuito dipende dal tempo di consegna, secondo un meccanismo articolato che
attribuisce bonus a chi consegna per primo ma anche a chi risolve un problema che hanno
affrontato correttamente in pochi. Alle soluzioni non esatte corrisponde una penalizzazione
del punteggio di squadra, la quale però può tentare di individuare l’errore e ripresentare una
risposta corretta.
Questa modalità nell’attribuzione del punteggio è un forte incentivo al lavoro di gruppo.
Lavorare in squadra non necessariamente è sinonimo di lavoro di gruppo, poiché ciascun
allievo potrebbe selezionare un problema e tentare di risolverlo individualmente,
correttamente o meno: in tal caso la squadra si troverebbe a condividere esclusivamente il
punteggio finale e niente di più!
Ma la penalizzazione del punteggio nel caso di errore ( e la successiva possibilità di
correggersi) porta i membri della squadra a confrontarsi sul ragionamento seguito nella
risoluzione di un problema. Talvolta più di uno studente affronta lo stesso problema, anche
adottando strategie diverse, per controllare poi la coincidenza di risultati o la coerenza del
percorso attuato.
Un altro aspetto assai interessante è osservare come al termine della gara nessuno abbia voglia
di staccarsi dai problemi ed abbandonare la ricerca delle soluzioni mancanti: è proprio in quel
momento, dove lo scambio avviene in maniera più libera e spontanea, che avvengono le
interazioni più significative.
Ovviamente la didattica curricolare non può essere molto influenzata da una competizione che
avviene una o due volte all’anno (fase provinciale e, se qualificati, fase nazionale). Da pochi
mesi sono però venuta a conoscenza del software prodotto da un collega di un liceo scientifico
della provincia di Trento e attraverso il quale egli riesce ad organizzare e gestire gare a
squadre, secondo le esatte modalità delle gare olimpiche.
Ciò consente a qualunque scuola iscritta a questo progetto, di partecipare alle gare a squadre
di allenamento che si tengono online e che, una volta al mese per due ore pomeridiane. In
queste occasioni, gruppi di studenti interessati si riuniscono per cimentarsi nella risoluzione
di problemi di matematica e per confrontarsi con i loro coetanei che frequentano scuole di
tutta Italia.
L’aspetto entusiasmante e coinvolgente del software, liberamente accessibile agli iscritti, è
quello di consentire la visualizzazione della propria squadra con il relativo punteggio
aggiornato in tempo reale e la possibilità di vedere la classifica complessiva in continua
evoluzione.
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In più, l’amministratore del software consente ad ogni scuola iscritta di poter creare delle gare
private a cui far partecipare gli allievi del proprio istituto, secondo regole liberamente scelte.
E quindi, tale software può ad esempio essere usato per organizzare una gara a squadre tra
classi parallele o con altre modalità ritenute significative per la promozione
dell’apprendimento.
5. Software per la didattica
Nella logica di una formazione che stia al passo coi tempi, parli un linguaggio comprensibile
e prossimo a quello degli allievi e che sia il più possibile accessibile a tutti, ho individuato
alcuni software in grado di agevolare il mio lavoro di insegnante di matematica in un liceo
scientifico ed in un istituto professionale.
AplusiX
Nei primi due anni della scuola secondaria di secondo grado, nell’insegnamento della
disciplina di matematica, è preponderante l’algebra. Chiunque possiede un ricordo di quel
periodo della propria vita scolastica e, anche io che mi sono poi laureata in matematica, non
ne conservo un ricordo piacevole!
Negli anni ho quindi maturato una serie di percorsi di algebra in cui vanno ad incontrarsi e a
raccordarsi col calcolo letterale approcci legati alla geometria, ai numeri e alla
problematizzazione delle situazioni. Un aiuto, nell’ottica di una didattica dell’algebra meno
rigida, mi è stato fornito dal software AplusiX, grazie al quale ciascun allievo può
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autonomamente affrontare esercizi di calcolo numerico o algebrico, tenendo sempre sotto
controllo ogni singolo passaggio per il quale il software fornisce costantemente una risposta
positiva o negativa relativa alla correttezza. Nel caso di difficoltà, il programma fornisce un
aiuto, rappresentato graficamente da un ragazzo coetaneo dei nostri allievi, che di volta in
volta suggerisce quali principi o proprietà applicare al fine di ottenere una scrittura risolutiva
corretta.
Il software fornisce un valido aiuto già a partire dai primi anni della scuola secondaria di
primo grado: probabilmente è proprio in quella fase dell’apprendimento che sarebbe assai
indicata l’acquisizione di una modalità risolutiva meno rigida e dogmatica e più legata alla
capacità di selezionare correttamente tra le varie opzioni proposte.
L’utilizzo di questo software riproduce, anche se in maniera non canonica, una forma di
apprendimento collaborativo, laddove il compagno con cui avviene il confronto non è in carne
ed ossa e presente nel banco vicino, ma è una presenza virtuale. E’ vero che il dialogo pare
avvenire in forma unidirezionale, ma può comunque rappresentare una valida alternativa alle
richieste fatte all’insegnante piuttosto che al compagno “bravo”, nei confronti dei quali ci può
essere quell’imbarazzo che viene ovviamente superato dinnanzi alla presenza della digitale
Olivia.
GeoGebra
Un software utilissimo per la didattica della geometria è GeoGebra. Dallo stesso nome si
evince come il programma sia anche in grado di supportare un analisi di tipo algebrico dei
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problemi trattati, ma la specificità del software risiede proprio nelle potenzialità legate alle
rappresentazioni ed alle costruzioni geometriche.
Nel primo biennio della scuola secondaria di secondo grado, in ogni indirizzo scolastico viene
affrontato, in modo più o meno approfondito, lo studio della geometria euclidea. A qualunque
livello si vogliano trattare i temi di tale argomento, il software GeoGebra si rivelerà sempre
un validissimo supporto. Esso consente, con estrema semplicità, di realizzare costruzioni che
a mano libera sono sempre fortemente imprecise ed attraverso il disegno tecnico (che non si
affronta in tutti gli indirizzi scolastici) richiederebbe tempi esecutivi molto lunghi e che
farebbero perdere il focus sui temi fondamentali. Non solo le costruzioni, anche piuttosto
elaborate e complesse, ma anche e soprattutto l’aspetto dinamico di queste, fanno del
programma una risorsa per me irrinunciabile nell’insegnamento della geometria euclidea.
6. Progresso scientifico e sviluppo tecnologico
La scoperta e l’approfondimento delle radici storiche e culturali delle teorie scientifiche sono
da considerarsi precondizioni indispensabili per una loro reale comprensione e soprattutto per
una reale consapevolezza dei loro sviluppi presenti e futuri. Un’analisi complessiva del
progresso scientifico lo fa apparire sempre meno lineare ed univoco e si convince che i
risultati scientifici acquisiti oggi sono tutt’altro che incontrovertibili e definitivamente
acquisiti.
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I conflitti di paradigmi e di idee non separano la visione scientifica del passato da quella
attuale, né sono tantomeno sinonimi di un conflitto tra errore e verità. Sono piuttosto parte
integrante di tutti gli sviluppi scientifici più fecondi.
Una riflessione analoga può essere riprodotta relativamente agli sviluppi tecnologici, che non
sono che uno degli aspetti e delle conseguenze del progresso scientifico. La forte rapidità
dell’evoluzione della tecnologia non può che condurre in tempi brevi all’obsolescenza di
quanto oggi ritenuto all’avanguardia.
Il mondo della scuola non ha probabilmente le risorse, e nemmeno la necessità, per poter stare
costantemente al passo con tutte le innovazioni tecnologiche. Ma allora il suo contributo più
significativo lo si ottiene non tanto nell’educazione all’uso e fatta con l’uso degli strumenti
più moderni e aggiornati, quanto piuttosto nell’educazione ad un atteggiamento critico nei
confronti di tali strumenti, sollecitando non tanto l’acquisizione delle loro specifiche tecniche
operative quanto la capacità di analizzarne e valutarne benefici e svantaggi nella loro
applicazione in diversi contesti.
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BIBLIOGRAFIA
Anichini A., Comunicazione formativa e scuola, in Cambi F., Toschi L., La
comunicazione formativa – Strutture, percorsi, frontiere, Milano, Apogeo, 2006.
Anichini A., Dal libro al multimedia, in Cambi F., Toschi L., La comunicazione formativa
– Strutture, percorsi, frontiere, Milano, Apogeo, 2006.
Bocchi G. e Ceruti M., Educazione e globalizzazione, Milano, Cortina, 2004.
Cambi F., Saperi e competenze, Segrate, Laterza, 2006.
Mariani A., Media, comunicazione e formazione, in Cambi F., Toschi L., La
comunicazione formativa – Strutture, percorsi, frontiere, Milano, Apogeo, 2006.
Morin E., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Milano, Cortina, 2001
SITOGRAFIA
http://www.my.zanichelli.it/
http://www.campigotto.it
http://www.sarrocchi.net
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