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    Cultura giuridica e rapporti civili

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    Collana diretta da:

    Giuseppe Amadio, Roberto Calvo, Achille Antonio Carrabba, Donato Carusi, Alessan-dro Ciatti, Paoloefisio Corrias, Alessandro DAdda, Giovanni DAmico, Pasquale Femia,

    Alberto Maria Gambino, Emanuela Giacobbe, Francesco Macario, Stefano Pagliantini,Giovanni Perlingieri, Pietro Sirena, Gianroberto Villa.

    Revisori stranieri:

    Yehuda Adar, Esther Arroyo i Amayuelas, Christian Baldus, Aurelia Colombi Ciacchi,Edgar Corts, Gastn Fernndez Cruz, Anne-Franoise Debruche, Luiz Edison Fachin,Peter Kindler, Renan Lotufo, Agustn Luna Serrano, Grard Marcou, Sheraldine Pinto,Otto Pfersmann, Elise Poillot, Cristoph U. Schmid, Fabrice Siirianen, Gustavo Tepedino.

    Le pubblicazioni della presente collana sono sottoposte a un procedimento di revi-

    sione finalizzato a verificare la corrispondenza del lavoro a un elevato livello di qualitscientifica.

    1. Pubblicazione di monografie

    Per la pubblicazione di un volume monografico occorre la presentazione di un di-rettore (direttore proponente) e la revisione da parte di due altri componenti la direzione.Pu essere designato come revisore anche un componente del comitato di revisori stranieri.

    I revisori sono liberi di accettare o rifiutare la proposta di revisione da parte del di-rettore proponente. Accettata la proposta di revisione, il direttore proponente comunicalinizio del procedimento a tutti i componenti della direzione ed invia ai revisori, in for-mato elettronico o cartaceo, il lavoro proposto per la pubblicazione. Il direttore propo-

    nente invier il lavoro a tutti gli altri componenti la direzione che ne facciano richiesta,fino alla conclusione del procedimento di revisione.

    I revisori valutano il testo presentato entro e non oltre quaranta giorni dalla rice-zione. Trascorsi quaranta giorni dalla ricezione del testo, il direttore proponente chiedeai revisori di trasmettere tardivamente la propria valutazione entro i successivi dieci giorni.

    Lesito della revisione comunicato anche solo telematicamente, con motivazione an-che sintetica, a tutti i direttori. Per lammissione alla pubblicazione necessaria lappro-vazione di entrambi i revisori. In caso di giudizio negativo di uno dei revisori il diret-tore proponente pu chiedere alla direzione di pronunciarsi collegialmente.

    I revisori ricevono il testo da valutare senza indicazione dellAutore; allAutore nonviene comunicata lidentit dei revisori.

    2. Pubblicazione di volumi collettanei

    Per la pubblicazione di volumi composti da raccolte di scritti di pi autori, il volumesar curato da almeno un componente la direzione, il quale assume la funzione di revi-sore.

    Allesito dellapprovazione il direttore proponente invia il lavoro ai componenti delcomitato editoriale, i quali provvedono sollecitamente alla sua rilettura con la finalit diverificare la conformit ai criteri formali della collana.

    Comitato editoriale:

    Federico Cappai, Oriana Clarizia, Elisa de Belvis, Gaetano Roberto Filograno, MonicaLa Pietra, Daniela Frenda, Anna Lasso, Francesco Martino, Rossana Pennazio, GabrielePerano.

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    Angelo Spatuzzi

    IL MODELLO GIURIDICO- SCIENTIFICO E LEGISLATIVO -

    ITALIANO FUORI DELLEUROPAAtti del II Congresso Nazionale della SIRD

    Siena, 20-21-22 settembre 2012

    a cura di

    Sabrina Lanni e Pietro Sirena

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    Lanni, Sabrina; Sirena, Pietro (a cura di)Il modello giuridico - scientifico e legislativo - italiano fuori dellEuropaAtti del II Congresso Nazionale della SIRD, Siena, 20-21-22 settembre 2012Collana: Cultura giuridica e rapporti civili, 8Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2013pp. XII+466; 23,5 cmISBN 978-88-495-2754-4

    2013 by Edizioni Scientifiche Italiane s.p.a.80121 Napoli, via Chiatamone 700185 Roma, via dei Taurini 27

    Internet: www.edizioniesi.it

    E-mail: [email protected]

    I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo(compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di cia-

    scun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla siae del compenso previsto dal-lart. 68, comma 4 della legge 22 aprile 1941, n. 633 ovvero dallaccordo stipulato tra siae,aie, sns e cna, confartigianato, casa, claai, confcommercio, confesercenti il 18 di-cembre 2000.

    Il secondo Congresso della SIRD stato realizzato con il contributo di:Edison Spa; CE.DI.P (Centro interdipartimentale per lo studio del dirittoprivato); Dipartimenti di Giurisprudenza e di Scienze Politiche e Interna-

    zionali dellUniversit di Siena; Giuffr Editore; Monte dei Paschi di Siena.

    Gli Atti del secondo Congresso della SIRD sono stati pubblicati grazie allagenerosit di Edizioni Scientifiche Italiane e al contributo dellISAIDAT (Isti-tuto Subalpino per lAnalisi e lInsegnamento del Diritto Attivit Transna-zionali).

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    to the young nonagenarianpara el joven nonagenario

    para o jovem nonagenriopour le jeune nonagnaire

    al giovane novantennedem jungen neunzigjhrigen

    mlody dziewidziesiciolatek

    aan de jonge negentigjarigeku igaar sagaashan jir ah

    iuveni nonaginta annorum

    al fieul ed nuvantann

    Rodolfo Sacco

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    Indice

    Introduzione al tema del Congresso di Rodolfo Sacco XI

    Parte prima

    Medio Oriente e Africa

    Pietro Sirena - Yehuda AdarIl modello giuridico scientifico e legislativo in Israele 3

    Paolo Pittaro

    Il diritto penale turco: una difficile identit 11

    Massimo PapaLinfluenza del modello italiano in Libano, Afghanistan e Li-

    bia 19

    Roberta Aluffi Beck PeccozIl modello giuridico scientifico e legislativo italiano in Tu-

    nisia e Marocco 37

    Gian Maria PiccinelliIl modello giuridico italiano in Egitto 47

    Rodolfo SaccoQuando cera la Somalia 69

    Salvatore MancusoLa circolazione di modelli giuridici (legali o dottrinali) italiani

    nellAfrica sub-sahariana 73

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    Parte seconda

    America del Nord

    Paolo CarozzaIl modello giuridico italiano negli Stati Uniti dAmerica 85

    Eleonora CeccheriniIl modello giuridico scientifico e legislativo italiano in Ca-

    nada 95

    Parte terza

    America Latina

    Sezione prima Interventi su singoli paesi

    Emanuele Lucchini GuastallaLa circolazione del modello giuridico italiano in Argentina 117

    David Fabio EsborrazLinflusso del diritto italiano sul nuovo Progetto di Codice ci-

    vile e commerciale della Repubblica Argentina 127dgar CortsLinfluenza del diritto italiano in Colombia 167

    Cristiano de Sousa ZanettiIl modello giuridico italiano in Brasile: obbligazioni e contratti 179

    Maria Cristina de Cicco

    Una visione dinsieme sulla circolazione del modello giuridicoitaliano in Brasile 187

    Alfredo CalderaleLa circolazione del modello italiano nelle codificazioni brasi-

    liane del diritto privato 199

    Sheraldine PintoLinfluenza del modello italiano nel diritto civile venezuelano 225

    Gastn Fernndez CruzBrevi note sul danno alla persona in Per 247

    VIII Indice

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    Leysser LenLa ricezione nel diritto peruviano delle regole del codice civile

    italiano sul contratto in genere 253

    Sezione seconda Alcuni temi specifici

    Giorgio LicciIl modello italiano del tentativo in America Latina 263

    Sabrina LanniLa diffusione dellesperienza giuridica italiana di tutela del

    consumatore in America Latina 271

    Roberto SuccioLo scudo fiscale (Tax Shield) tra condono e Tax Amnesty 295

    Mario LosanoLimpronta scientifica lasciata dai giuristi italiani in Sudame-

    rica: larchivio delluruguaiano Eduardo J. Couture 309

    Sandro SchipaniIl modello giuridico scientifico e legislativo in America La-tina: il riconoscimento del sistema 339

    Parte quarta

    Asia

    Lihong Zhang

    La diffusione della cultura giuridica italiana in Cina: laspettodel modello scientifico italiano 379

    Marina TimoteoLa circolazione del modello legislativo italiano in Cina 393

    Andrea OrtolaniIl modello giuridico scientifico e legislativo italiano in Giap-

    pone 405

    Domenico FrancavillaIl modello giuridico italiano in India 427

    Indice IX

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    Andrea SerafinoIl modello giuridico scientifico e legislativo italiano in In-

    docina 445

    Antonio GambaroIl modello giuridico scientifico e legislativo italiano fuori

    dellEuropa. Riflessioni conclusive 459

    Autori 465

    X Indice

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    Soci della Sird, e gentili Ospiti,

    perch questo Congresso? Perch questo tema?La circolazione dei modelli un capitolo fondamentale dello sci-bile comparatistico, e noi italiani abbiamo sempre dimostrato inte-resse e sensibilit per questo soggetto.

    La ricostruzione delle vicende dei modelli che circolano ci dicedonde veniamo, dove siamo andati e dove andiamo; o, meglio, ci dicedonde viene e dove va ognuna delle componenti della nostra iden-tit, ognuno dei formanti del nostro diritto. La circolazione dei mo-delli che sono o sono stati nostri ci spiega o addirittura ci indica la

    nostra identit, ci spiega cosa intendiamo quando diciamo noi.E cos abbiamo pensato di trovarci insieme per raccontarci ci chesappiamo sulla diffusione del modello giuridico italiano (legislativo,dottrinale, giurisprudenziale) allestero.

    Lidea buona, e perci venuta in mente non solo alla SIRD maanche allAnnuario di diritto comparato. Per evitare doppioni, si con-venuto che noi avremmo trattato della diffusione del modello italianofuori dellEuropa, e lAnnuario tratter della diffusione in Europa.

    Larea di cui ci interessiamo immensamente estesa, ed immensa-mente varia.

    In qualche modo, possibile anticipare quale tipo di cultura giu-ridica troveremo nei diversi territori.

    Un primo caso quello dei paesi dapprima ridotti in colonie degliEuropei, e poi consegnati ai coloni provenienti dalla metropoli perchle gestissero nellindipendenza. LAmerica, lOceania. L noi possiamoaspettarci che sia stato riprodotto il modello metropolitano, o che si siastrutturato un pluralismo giuridico, s da fare un posto centrale al di-ritto extrametropolitano, e un posto, o una nicchia, al diritto autottono.

    Un secondo caso, in un certo senso opposto al precedente, quello

    delle ex colonie che nel giorno dellindipendenza sono state riconse-gnate agli autoctoni, dove lautoctono ha piena coscienza della pro-pria cultura giuridica, implicante una dottrina ricca e consapevole, un

    Introduzione al tema del Congresso

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    sistema di fonti compiute e soddisfacenti, e un apparato giudiziarioidoneo ai bisogni. Qui lindipendenza ha dato spicco alla realt tra-dizionale, tuttavia la permanenza di modelli venuti dal paese colo-nizzatore non esclusa. Gli esempi si trovano nel Medio Oriente.

    In altre ipotesi, il potere postcoloniale autoctono, ma le realtintrodotte dagli Europei hanno messo radici invasive e profonde, sche il modello importato nei tempi coloniali convive con realt ri-spettate, a suo tempo, dallo straniero egemone (o forse, in qualchecaso, ripristinate dopo lindipendenza). Troviamo esempi nellAfricadel Nord. Lassistenza tecnica prestata dal Paese excolonizzatore operaa favore del modello europeo.

    Infine, in molti paesi (soprattutto africani subsahariani) levento

    coloniale ha rifondato il diritto, e introdotto un bagaglio normativoe concettuale europeo, del tutto estraneo alla tradizione locale. Quiil modello europeo rimane, e convive con elementi tradizionali cheda quasi cinquantanni si stanno rivalutando nella vita della comunite nel sapere del giurista. Lassistenza tecnica straniera opera nel sensoche facile immaginare.

    Paesi tra i pi importanti del globo non sono stati toccati dalle-spansionismo politico europeo. Fra essi, la Cina, il Giappone, la Co-rea. Qui peraltro si assiste da pi secoli ad un processo di europeiz-

    zazione del diritto e della cultura giuridica.E qual la parte dellItalia in tutto questo divenire, in questo qua-dro variopinto?

    Premettiamo che il rapporto coloniale non certo lunico possi-bile mezzo di comunicazione fra un modello europeo e un Paese ex-traeuropeo.

    Quanto alla storia dei rapporti coloniali, essa non opera in modoincisivo a favore del modello italiano. In Libia, in Eritrea, in Etiopiafra il periodo della presenza italiana e il periodo dellindipendenza si inserito un periodo, non lungo ma traumatico, di occupazione mi-litare ed esercizio del potere politico da parte delle potenze controcui lItalia aveva combattuto la guerra (soprattutto la Gran Bretagna).E quel periodo cancell molte tracce del passato. In Somalia, nel 1947la presenza dellItalia fu ripristinata perch lONU affid agli italianilamministrazione fiduciaria del paese fino al 1960 (data prevista perlindipendenza). Ma il traumatico affossamento del potere dello Statodal 1976 e pi ancora dal 1990 ha eliminato lassistenza italiana, emesso a rischio tutte le istituzioni e le opere fino allora funzionanti.

    Alcuni di noi hanno inventariato la presenza di modelli italiani nei

    quattro continenti che ho nominato. E ora ci diranno cosa hannotrovato.

    Rodolfo Sacco

    XII Introduzione al tema del congresso

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    Parte prima

    Medio Oriente e Africa

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    Sommario: 1. Il contributo dei giuristi italkim allesperienza giuridica di Israele. 2. La figura di Guido (Gad) Tedeschi e dei suoi allievi: Aharon Baraq, IzhaqEnglard e Alfredo Mordechai Rabello. 3. Le figure di Gualtiero e di Uriel Pro-caccia. 4. La codificazione del diritto israeliano e il contributo dei giuristiitalkim. 5. Le figure di Edoardo Vitta e di Michele Corinaldi.

    1. Il contributo dei giuristi italkim allesperienza giuridica di Israele

    Il contributo del modello italiano al diritto di Israele non do-vuto a unautorevolezza del nostro codice civile, delle nostre leggi o

    della nostra giurisprudenza, e tanto meno dovuto a ragioni stori-che o di natura geo-politica: da questo punto di vista, si comprendeagevolmente che il diritto di Israele abbia invece risentito soprattuttodellinfluenza del common law anglo-americano1. Il Mandato britan-nico di amministrazione della Palestina, il quale aveva fatto seguitoal disfacimento dellImpero ottomano, protraendosi fino alla costitu-zione dello Stato di Israele il 15 maggio 1948, ha fatalmente lasciatoin eredit a quel neonato ordinamento giuridico i princip del com-

    * Gli autori sono profondamente grati al Prof. Alfredo Mordechai Rabello peri consigli e i suggerimenti che ha voluto dare loro sulla relazione qui pubblicata, siain occasione del colloquio avuto presso la sua abitazione di Gerusalemme nei primigiorni di settembre del 2012, sia anche in via epistolare. Gli autori hanno peraltroattinto la maggior parte delle loro informazioni dalla relazione del Prof. Rabello in-titolata Il contributo dei giuristi italkim alla vita giuridica dello Stato di Israele,tenuta nel giugno del 2012 al congresso ierosolomitano LItalia in Israele (e incorso di pubblicazione su un numero speciale sulla Rassegna mensile di Israel).

    1 A tale proposito, v. i saggi raccolti in European Legal Traditions and Israel, acura di Rabello, Jerusalem, 1994, e particolarmente quello di A. Barak, The Tradi-tion and Culture of the Israeli Legal System, ivi, p. 473 ss. V. inoltre U. Yadin,

    Sources and Tendences of Israel Law, in Univ. Penn. L. Rev., vol. 99, 1951, p. 561ss.; A.M. Rabello, Sebba, Israeli Reports to the XIV International Congress of Com-parative Law, Jerusalem, 1994, p. 1 ss. In italiano, v. A.M. Rabello, voce Israele,in Dig. discipl. priv., Sez. civ., Aggiornamento, ******, Torino, 2011, p. 531 ss.

    Pietro Sirena - Yehuda Adar

    Linfluenza della cultura giuridica italianasul diritto di Israele*

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    mon law e dellequity inglese, sia pure originariamente subordinan-doli alla Mejelle (come previsto dallart. 46 del Palestine Order-in-Council)2. E poi dopo la seconda guerra mondiale il rapporto privi-legiato che lega Israele agli Stati Uniti dAmerica ha indubbiamenteavuto uninfluenza decisiva in tutti gli mbiti della realt politica, so-ciale ed economica, a cominciare da quello del diritto.

    Se questo vero, altres vero che in Israele le origini dellinse-gnamento universitario del diritto, e in un certo senso le origini delladottrina giuridica, per lo meno di quella privatistica, sono contrasse-gnate dal modello italiano, cos come esso si incarnato negli ebreiitaliani che sono emigrati dopo essersi laureati nelle Universit ita-liane e talvolta avervi conseguito la cattedra.

    Diverse possono essere le ragioni per le quali un diritto nazionaleesercita uninfluenza allestero: le pi importanti sono costituite dalsuo prestigio culturale (com stato spesso il caso del diritto tedesco)e dalla potenza nazionale dello Stato che lo ha emanato (com statospesso il caso del diritto francese o di quello anglo-americano). Perlo meno in Israele, il diritto italiano non stato ovviamente assistitoda nessuno di questi vantaggi competitivi: esso si identificato in-vece con il carisma personale di alcuni grandi giuristi italkim3, i quali,pur senza importare in quellordinamento giuridico ci che avevano

    lasciato nel nostro paese, si sono comunque ispirati allo stile italianodello studio accademico e della cultura giuridica e ne hanno fatto unmodello di riferimento per le generazioni successive degli studiosi.Questo modello, che si rif alla grande tradizione del ius commune,pu essere riassunto in questi termini: quale interprete del diritto, il

    Pietro Sirena - Yehuda Adar4

    2 V. soprattutto G. Tedeschi, Le Centenaire de la Mejelle, in Rev. intern. droitcompar, vol. 21, 1969, p. 125 ss. Per quanto qui rileva, la disposizione citata nel te-

    sto stabilisce che: La giurisdizione delle corti civili va esercitata in conformit al di-ritto ottomano che era in vigore in Palestina il 1 novembre 1914 e a quelle leggiottomane successive che siano state dichiarate o che verranno dichiarate in vigoremediante avviso ufficiale al pubblico []; e subordinatamente a ci e qualora lestesse non siano applicabili, va esercitata in conformit ai princip della common lawe dellequity in vigore in Inghilterra. Subito dopo la proclamazione dello Stato dI-sraele, lart. 11 della Law and Administration Ordinance del 19 maggio 1948 ha sta-bilito quanto segue: Il diritto vigente in Palestina il giorno 5 di lyar 5708 (14 mag-gio 1948) continuer a restare in vigore per quanto non sia in contrasto con la pre-sente ordinanza o con le leggi che verranno emanate dal Consiglio Provvisorio delloStato o per suo conto, e subordinatamente alle modifiche derivanti dalla Costitu-

    zione dello Stato e dei suoi organi. Lapplicabilit della Mejelle stata formalmentesoppressa dal legislatore israeliano solo nel 1984.3 Con lespressione di italkim si ricomprendono gli ebrei nati in Italia ed emi-

    grati in Israele, ma anche quelli nati in Israele da genitori italiani.

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    professore superiore al giudice. In definitiva, il professore il verointerprete del diritto4.

    2. La figura di Guido (Gad) Tedeschi e dei suoi allievi: Aharon Ba-raq, Izhaq Englard e Alfredo Mordechai Rabello

    Il vero iniziatore dello studio accademico del diritto e del suo in-segnamento universitario in Israele pu essere considerato Guido(Gad) Tedeschi, il quale, nato a Rovigo nel 1907, si laure a Romanel 1928 e divenne libero docente nel 19305.

    La sua figura ci porta allUniversit di Siena perch proprio qui

    che, dopo essere stato incaricato dellinsegnamento di Diritto civile edi Istituzioni di diritto privato nellanno accademico 1935-1936, GuidoTedeschi divenne professore straordinario; e fra laltro, fu proprio nel-lUniversit di Siena che egli ebbe loccasione di contribuire ai lavoripreparatori del codice civile italiano, in particolare del suo secondolibro6. Ma fu anche da questa Universit che subito dopo, a causadelle infami leggi razziali del 1938, egli fu espulso. Secondo il ricordopersonale di Norberto Bobbio, il quale aveva a sua volta conseguitola cattedra a Siena proprio nellannus horribilis del 1938, la Facolt

    senese di Giurisprudenza seppe quanto meno esprimere pubblica-mente il proprio rammarico per la perdita di un docente e di unostudioso assai valoroso e apprezzato dai colleghi e dagli studenti7.

    Per dare unidea di ci che Guido Tedeschi port con s in Israele,quando decise di emigrarvi nel 1939, si pu ricordare il celebre ri-

    Linfluenza della cultura giuridica italiana sul diritto di Israele 5

    4 A.M. Rabello, Il contributo dei giuristi italkim alla vita giuridica dello Statodi Israele, in corso di pubblicazione sulla Rassegna mensile di Israel.

    5 A.M. Rabello, Prof. Gad (Guido) Tedeschi: in memoriam, in European LegalTraditions and Israel, a cura del medesimo, cit., p. 3 ss.

    6 R. Martini, Guido Tedeschi at Siena, in European Legal Tradition and Israel,a cura di Rabello, cit., p. 9 ss.7 Bobbio ebbe modo di rievocare la vicenda e di testimoniarla direttamente per-

    ch sollecitato in via epistolare da N. Cordisco, LUniversit di Siena e le leggirazziali: lespulsione del Professor Guido Tedeschi, in Studi senesi, 2001, p. 586 ss. (latraduzione in inglese si legge in Israel Law Rev., vol. 35, 2001, p. 24 ss.). Ivi, a p.598 s., oltre a una lettera di Bobbio, pubblicato anche il testo dellattestato rila-sciato dal Preside della Facolt senese di Giurisprudenza, Prof. Ottorino Vannini, il12 novembre 1938: Il Preside della Facolt Giuridica della R. Universit di Siena,presi accordi con i componenti il Consiglio dei professori (adunanza del 9 novem-bre 1938 XVII) e dietro delega del Consiglio stesso, attesta che [] nel disimpegno

    della sua attivit didattica e accademica il prof. Tedeschi dimostr un elevatissimosenso del dovere e un particolare interessamento per i giovani che numerosi fre-quentavano le sue lezioni, per modo da conquistarsi la stima e la considerazione siadelle Autorit accademiche e dei colleghi, sia degli studenti.

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    fiuto della nomina di giudice della Suprema Corte di Israele, cos mo-tivato in una lettera del 1953 allallora Ministro della Giustizia, ilquale pure gli aveva proposto di continuare linsegnamento universi-tario per tre giorni la settimana: Non occorre dire che io consideroquesto posto con grande stima, sia in s e per s, sia per la grandepreparazione dei giudici che servono ora nella Suprema Corte. Per-tanto lidea di raggiungere questo posto un grande onore per me.Tuttavia non posso ritirarmi dallinsegnamento accademico al qualemi sono completamente dedicato per oltre ventanni, e sento che nonriuscirei a conciliare i due e mi troverei costretto a lasciare luno olaltro, o tutti e due, cosa che non voglio assolutamente fare. E an-che se riuscissi a conciliare il lavoro di giudice con linsegnamento,

    non sarei certamente capace di proseguire nella ricerca, e anche que-sto mi preoccuperebbe parecchio (traduzione italiana di Alfredo Mor-dechai Rabello).

    Guido Tedeschi fu tra i fondatori della Facolt di Giurisprudenzadella Universit Ebraica di Gerusalemme, dove insegn dal 1949 al1976, e fu anche tra i fondatori dellIstituto per le ricerche di legi-slazione e di diritto comparato intitolato a Harry e Michael Sacher,nel 1959. La sua influenza sul diritto israeliano si pu cogliere in dueaspetti: il primo riguarda il suo ruolo di maestro e di caposcuola, ca-

    pace di attirare e di formare gli allievi pi promettenti; il secondoaspetto riguarda invece il suo contributo alla codificazione progres-siva del diritto israeliano.

    Guido Tedeschi ebbe come allievi e form alcune personalit ec-cellenti, le quali hanno poi svolto un ruolo di primo piano non solonellinsegnamento del diritto israeliano, ma anche nella sua evolu-zione: si tratta soprattutto di Aharon Barak, di Izhak Englard e diAlfredo Mordechai Rabello.

    Alfredo Mordechai Rabello si laureato a Bologna con il roma-nista Giuseppe Ignazio Luzzatto, di cui si professa tuttora allievo, eha studiato diritto civile con Pietro Rescigno. Emigrato in Israelenel 1965, divenuto professore (oggi emerito) di Storia del dirittoe di Diritto comparato nellUniversit Ebraica di Gerusalemme e,fra laltro, tiene regolarmente un corso di Diritto ebraico nellUni-versit Statale di Milano. Egli svolge quindi un ruolo decisivo perla diffusione della cultura giuridica italiana in Israele e di quella israe-liana in Italia8.

    Pietro Sirena - Yehuda Adar6

    8

    V. i due volumi di raccolta dei suoi scritti intitolata Ebraismo e diritto. Studisul Diritto Ebraico e gli Ebrei nellImpero Romano scelti e raccolti da Francesco Lu-crezi, Soveria Mannelli, 2009, nonch la monografia Introduzione al diritto ebraico:fonti, matrimonio e divorzio, bioetica, Torino, 2002. Di recente, il Prof. Rabello ha

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    Gli altri due grandi allievi di Guido Tedeschi, ossia Aharon Ba-rak e Izhak Englard, hanno affiancato alleccellenza accademica quelruolo di giudici della Suprema Corte di Israele9. Entrambi hanno de-cisivamente contribuito a forgiare levoluzione del diritto israeliano,e ci vale a maggior ragione, se si considera che esso ha espressa-mente posto la regola dello stare decisis per le sentenze della SupremaCorte10. Ed pur sempre sbalorditivo, per quanto dovuto non a qual-che nostro merito, ma allassurdit di alcune vicende storiche che an-cor oggi pesano sulla nostra coscienza nazionale, che le pagine piimportanti e memorabili del diritto israeliano siano state scritte dagliallievi di un grande italiano, che viveva, studiava e insegnava a Siena.

    3. La figure di Gualtiero e di Uriel Procaccia

    Lantagonista di Guido Tedeschi fu Gualtiero Procaccia, il qualenacque a Firenze nel 1909, insegn diritto romano nellUniversitEbraica di Gerusalemme e fu tra i fondatori della Facolt di Giuri-sprudenza di Tel-Aviv. In ci, egli svilupp una feroce polemica conGuido Tedeschi, il quale non vedeva lesigenza di sdoppiare la Fa-colt giuridica di Gerusalemme.

    Gualtiero Procaccia stato un grande studioso di diritto societa-rio e dellistituto della rappresentanza. particolarmente da ricordareil suo scritto sullordinamento giuridico israeliano che fu pubblicatonel famoso numero speciale de Il Ponte di Calamandrei, dedicato nel1958 allo Stato di Israele nel suo primo decennio di esistenza.

    Il figlio Uriel Procaccia, nato del 1943, stato il preside della Fa-colt di Giurisprudenza dellUniversit Ebraica di Gerusalemme dal1996 al 1999. Esperto di diritto commerciale (soprattutto in materia

    Linfluenza della cultura giuridica italiana sul diritto di Israele 7

    fatto parte del comitato di fondazione della School of Law dello Zefat AccademicCollege, di cui attualmente il Decano. In riconoscimento del suo contributo cul-turale, il Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, il 2 giugno 2007gli ha conferito il titolo di Commendatore dellOrdine della stella della solidarietitaliana.

    9 Aharon Barak ha fatto parte della Suprema Corte dal 1978 al 2006, altres pre-siedendola dal 1995 al 2006; dal 1975 al 1978 egli era stato gi Procuratore generaledello Stato. Izhaq Englard ha fatto parte della Suprema Corte dal 1997 al 2003.

    10 Lart. 20(b) della legge fondamentale sullordinamento giudiziario cos statui-sce: Una norma statuita dalla Corte Suprema vincoler ogni corte ad eccezione della

    Corte Suprema stessa. A tale proposito, v. G. Tedeschi, Il principio dello stare de-cisis, in Studi di diritto israeliano, Gerusalemme, 1960, p. 114 ss. (in ebraico); Id.,Prospective Revision of Precedent, in Israel Law Rev., vol. 8, 1973, p. 173 ss.; A.Barak, Overruling Precedent, in Israel Law Rev., vol. 21, 1986, p. 269 ss.

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    di procedure concorsuali e di societ), considerato il pioniere deglistudi di Law and Economics in Israele.

    4. La codificazione del diritto israeliano e il contributo dei giuristiitalkim

    Linfluenza del pensiero di Guido Tedeschi sul diritto israelianoha riguardato soprattutto il fenomeno della sua codificazione pro-gressiva, il quale culminato nel progetto di un codice civile israe-liano che attualmente allesame della Knesset11.

    Lauspicata approvazione di tale progetto, la quale peraltro tut-

    tora incerta, creerebbe una maggiore vicinanza del diritto israelianoagli ordinamenti dellEuropa continentale di civil law e segnerebbeun qualche suo allontanamento da quelli anglo-americani.

    La codificazione progressiva del diritto israeliano cominci conlapprovazione della legge sullincapacit legale e la tutela nel 1962,ed poi proseguita in vari contesti del diritto privato: la legge sullarappresentanza del 1965, quella sulla vendita del 1968, quella sulladonazione sempre del 1968, la legge sui rimedi per la violazione delcontratto ancora del 1968, quella sul contratto in generale del 1973,

    quella sul trust del 1979, e altre ancora. Come si pu vedere, sonostate via via gi disciplinate dal legislatore israeliano alcune delle areepi significative del diritto privato, e fra esse una attenzione partico-lare merita indubbiamente quella del contratto in generale.

    La legge sul contratto in generale del 1973 fu elaborata da unacommissione presieduta da Guido Tedeschi e ha avuto un ruolo par-ticolarmente importante nella storia del diritto israeliano, facendo s

    Pietro Sirena - Yehuda Adar8

    11 Per unapprofondita esposizione di tale progetto e della sua storia, v. A.M. Ra-

    bello, Israele tra common law e civil law, verso la codificazione del suo diritto con-trattuale, in Io comparo, tu compari, egli compara: che cosa, come, perch?, a cura diBertorello, Milano, 2003, p. 253 ss.; P. Lerner, A.M. Rabello, The (Re)Codificationof Israel Private Law: Support for, and Criticism of the Israeli Draft Civil Law Code,in American Journal of Comparative Law, vol. 59, 2011, p. 763 ss.; Id., The Projectof the Israeli Civil Code: The Dilemma of Enacting a Code in a Mixed Jurisdiction,in Liber amicorum Guido Alpa: Private Law Beyond the National Systems, a curadi Andenas et al., London, 2007, p. 771 ss. Con specifico riguardo al rivoluziona-rio libro sui rimedi, v. Y. Adar, Why Unify Contract and Tort Remedies? A Replyto Professor Dagan, in Mishpatim. Hebrew Univ. Law Rev., 2006, p. 357 ss. (inebraico); Id., Legal Engineering in Israel Law: Codification and Unification of the

    Law of Remedies, in Publicat. Swiss Instit. Comp. Law, Zrich, 2010 (anche allin-dirizzo di Internet http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1308269). Per al-cuni accenni, v. anche P. Sirena, Y. Adar, La prospettiva dei rimedi nel diritto pri-vato europeo, in Riv. dir. civ., 2012, p. 359 ss.

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    che esso si rendesse autonomo tanto dalla Mejelle ottomana, quantodal common law inglese.

    La legge sul contratto in generale caratterizzata soprattutto dalruolo significativo che essa assegna al principio della buona fede, comegi in parte aveva fatto la legge sulla vendita del 1968: forse fu pro-prio questa introduzione del principio della buona fede nel dirittoisraeliano delle obbligazioni e dei contratti a costituire una rivolu-zione, perch essa ha inevitabilmente segnato linizio di un allonta-namento dagli schemi del common law anglo-sassone, il quale, comesi sa, si mantenuto paradossalmente conforme a quel caveat emp-torche aveva caratterizzato il diritto romano. Ladozione del princi-pio generale della buona fede nel contratto in generale determina ap-

    punto un capovolgimento di quella logica.In questa sede, deve essere particolarmente ricordato lart. 12 dellalegge sul contratto in generale, il quale disciplina la buona fede nellafase delle trattative e della formazione del contratto. Nella formula-zione della regola generale, tale disposizione di legge ricorda piutto-sto da vicino lart. 1337 del codice civile italiano, ed peraltro da ri-cordare che questultimo costituiva un modello legislativo allepocaquasi unico, se si considera che, sebbene listituto della culpa in con-trahendo fosse stato notoriamente elaborato dal von Jhering alla met

    dellOttocento, esso ha trovato ingresso nel BGB tedesco soltanto aseguito della sua grande modernizzazione allinizio del secondo mil-lennio.

    Un contributo fondamentale allo studio della responsabilit pre-contrattuale nel diritto israeliano si deve indubbiamente ad AlfredoMordechai Rabello, il quale ha contribuito a chiarire in via definitivache, com stato poi riconosciuto anche dalla Suprema Corte, la buonafede che viene qui in considerazione non quella soggettiva, ma quellaoggettiva della lealt e della correttezza12.

    Ma la grande intuizione di Guido Tedeschi fu anche quella dicomprendere che la nuova legge sul contratto in generale correva ilrischio di restare lettera morta, perch la dottrina di lingua ebraica oaraba, e anche quella di lingua inglese utilizzata fino a quel momentoerano di scarso aiuto, poich la nuova legge guardava piuttosto al di-ritto dellEuropa continentale. Guido Tedeschi avvert che quella era

    Linfluenza della cultura giuridica italiana sul diritto di Israele 9

    12 Un estratto degli importanti studi di Alfredo Rabello in materia stato tra-dotto in italiano: Buona fede e responsabilit precontrattuale nel diritto israeliano alla

    luce del diritto comparato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, p. 471 ss. e p. 847 ss.Il suo primo contributo sullargomento risale al 1977 ed costituito dal libro (inebraico) The Law of Obligations. Selected Topics. From Roman Law to the NewLaw of Contracts.

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    lora dellAccademia e sotto la sua direzione fu preparato in brevetempo un commentario in ebraico delle leggi contrattuali, il quale difatto consent (e consente tuttora) ai giudici e agli avvocati di usarefinalmente il nuovo testo legislativo13. Per questo risultato stato fon-damentale il contributo di Aharon Barak, il quale a suo tempo avevapreparato le dispense delle lezioni universitarie del Maestro, ad es.quelle sulla teoria generale del diritto (Torat hamishpat).

    5. Le figure di Edoardo Vitta e di Michele Corinaldi

    Almeno altre due figure di giuristi italkim non possono essere qui

    tralasciate.La prima fu quella di Edoardo Vitta, il quale collabor alloperadi legislazione del nuovo Stato di Israele soprattutto nel campo deldiritto internazionale privato: ancora oggi, il suo lavoro su un temaparticolarmente delicato in Israele a proposito del conflitto di leggi citato con rispetto dagli studiosi della materia, anche arabi14.

    Importante (anche in mbito forense) altres la figura di MicheleCorinaldi, il quale nato a Milano nel 1938, ma emigrato in Israelesubito dopo, svolgendo l tutti i suoi studi fino alla laurea in Giuri-

    sprudenza presso lUniversit Ebraica di Gerusalemme. Egli ha inse-gnato in varie Universit israeliane e insegna tuttora nellIstituto ac-cademico di Netanya, dedicandosi soprattutto allo studio del dirittodella famiglia e delle successioni ereditarie15.

    Pietro Sirena - Yehuda Adar10

    13 Il commentario oggi diretto da Rabello, Shalev e Zamir ed pubblicato dal-lIstituto per le ricerche di legislazione e di diritto comparato intitolato a Harry eMichael Sacher.

    14

    E. Vitta, The Conflict of Laws in Matters of Personal status in Palestine, Tel-Aviv, 1947.15 M. Corinaldi, The Law of Succession Wills. Succession and Probate, Tel-Aviv,

    2008.

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    Sommario: 1. Introduzione. 2. Il movimento dei giovani turchi e le riformegiuridiche. 3. Le vicende della codificazione penale. 4. Le difficolt della tra-duzione e le resistenze della tradizione. 5. Lomicidio per causa donore. 6.Il reato di vilipendio dellidentit turca e la questione del velo islamico. 7. Conclusioni.

    1. Introduzione

    Peculiare Paese, la Turchia, distesa fra Oriente ed Occidente, chebussa alla porta dellUnione Europea, suscitando adesioni, perplessit

    e ripulse, istituzionalmente laico e sostenuto dallesercito ma in uncontesto musulmano, aderente alla Nato ma con lo sguardo volto allevicende dei Paesi arabi, ove leredit della Sublime Porta ottomana avolte sembra distante o quasi fiabesca e non uneredit di neancheun secolo.

    Una ricognizione, per quanto rapida e fugace, sul dipanarsi dellalegislazione, specie quella penale, non pu che partire da questo ele-mento di fondo: la costante europeizzazione, la ricercata occidenta-lizzazione di un ordinamento giuridico che aveva le sue radici nellatradizione religiosa islamica1.

    2. Il movimento dei giovani turchi e le riforme giuridiche

    Fino allOttocento si poteva ritenere che il diritto penale (e nonsolo quello) derivasse direttamente dal Corano, ed era pertanto am-ministrato dai Tribunali islamici. Una vera e propria codificazione pe-

    1

    Per un quadro efficace di queste vicende politico-giuridiche cfr. lautorevole enitido saggio di M. Losano, La Turchia tra Europa ed Asia: un secolo tra laicismoed Islam, in Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Mo-rali, Storiche e Filologiche, Serie V, 33, Torino, 2009.

    Paolo Pittaro

    Il diritto penale turco: una difficile identit

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    nale venne introdotta nel 18582, nettamente ispirata al codice penalefrancese (Code Napolon) del 1810, che ebbe a subire varie modifi-cazioni nei decenni successivi, mentre nel 1879 venne adottato il co-dice di procedura penale francese.

    La svolta si ebbe nel 1926, con lintroduzione del nuovo codicepenale, che era la traduzione in lingua turca della traduzione fran-cese del codice penale italiano vigente, ossia il codice penale Zanar-delli del 1889, ritenuto, fra gli esistenti, come uno dei pi modernie dei pi perfetti3. Lievi gli aggiustamenti: introduzione della penadi morte, assente nel codice nostrano, eliminazione delle molteplicidisposizioni sul duello, ispirato ad una concezione dellonore in-concepibile per quelle popolazioni, ancora un maggior rigore nelle

    pene. Nello stesso anno venne peraltro emanato il codice di proce-dura penale, ma ricalcato su quello tedesco, il codice del commer-cio, pure basato su quello tedesco ed il codice civile, che altro nonera se non la traduzione di quello svizzero, che introduce il matri-monio civile, mentre viene proibita la poligamia, il ripudio e lusodel velo.

    Tale serrata attivit di codicazione si inserisce nel profondo rin-novamento politico, giuridico e sociale messo in moto dalla rivolu-zione e dalla nascita della Repubblica nel 1923, ad opera del movi-

    mento dei Giovani Turchi, di cui era leader indiscusso e poi Pre-sidente della Repubblica Mustaf Kemal Atatrk.Un periodo caratterizzato da un turbino di innovazioni e di sop-

    pressioni. Nel 1924 viene abolito il califfato ottomano, aboliti i tri-bunali islamici, le scuole islamiche vengono chiuse e viene emanatauna nuova Costituzione basata su elezioni quadriennali e sul suffra-gio universale maschile. Nel 1925 viene eliminato il calendario isla-mico ed adottato quello gregoriano, la domenica diviene il giorno uf-ficiale del riposo (e non pi il venerd islamico), vengono banditi ilfez ed il turbante (indicatori delle classi sociali islamiche). Nel 1928viene eliminato la clausola costituzionale che definiva lislam comereligione dello stato, mentre lalfabeto arabo viene sostituito con quellolatino. Nel 1934 viene introdotto giuridicamente il cognome (ed al-lora che Mustaf Kemal assunse il cognome di Atatrk: Padre deiTurchi), viene abolito luso dei tradizionali appellativi ottomani cheindicavano il rango sociale (quali: Pasci, Bey, Effendi) e viene altresintrodotto il suffragio universale femminile (nel 1935 le prime donne

    Paolo Pittaro12

    2

    Ci piace ricordare le pagine del giovane A. De Marsico, Il diritto penale turco,in Scuola positiva, 9, 1912, p. 492 ss.3 Per un quadro sintetico di tale codice cfr. C. Bianchedi, Note sul codice pe-

    nale Turco (1 marzo 1926), in Scuola positiva, 1929, I, p. 244.

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    entrarono nel Parlamento turco)4. Infine, nel 1936 vengono elaboratii princpi ideologici posti alla base dello Stato repubblicano e deno-minati come le Sei frecce: repubblicanesimo, nazionalismo, popu-lismo, laicit, rivoluzionarismo e statalismo.

    3. Le vicende della codificazione penale

    Negli Anni Trenta, dopo lintroduzione in Italia del codice Rocco,varie norme di questultimo vennero recepite, mentre, a partire daglianni 50, vennero gradualmente introdotte parziali riforme5, quali la-dozione sempre sulla falsariga della normativa italiana della per-

    sonalit della responsabilit penale e del principio di colpevolezza,nonch labolizione della pena di morte, resa definitiva nel 2004.

    La necessit di una nuova codificazione si avvertiva sin dalla se-conda met del secolo scorso, mentre si affievoliva linfluenza del di-ritto italiano ed andava crescendo quella del diritto tedesco.

    Dopo vari progetti e discussioni si giunse, cos, alladozione delnuovo codice penale nel 2004 (entrato in vigore lanno dopo)6, as-sieme al codice di procedura penale ed alla legge sulla esecuzione pe-nale.

    Il codice penale non pi basato sul modello italiano. Anzi, ri-sente di una forte influenza da parte del codice penale tedesco, convari elementi tratti dai codici penali italiano, francese, polacco, russo(cui ispirato, ad esempio, lart. 1 del codice che delinea lo scopodella legge penale) e perfino da quello statunitense, mentre svariatenorme sono tratte da accordi internazionali, dallo Statuto di Romadella Corte penale internazionale, dalle Convenzioni delle NazioniUnite e dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti delluomo(il riferimento va, ad esempio, alle fattispecie di genocidio e di de-litti contro lumanit)7.

    Il diritto penale turco: una difficile identit 13

    4 Si rammenti che negli Anni Novanta la Turchia ebbe una donna come PrimoMinistro: Tansu Ciller (dal 25 giugno 1993 al 6 marzo 1996).

    5 Cfr. S. Erman, La ricezione del codice penale italiano in Turchia e differentiapplicazioni delle stesse norme nei due Paesi, in Rass. giust. mil., 1980, p. 635 ss.

    6 Si veda, autorevolmente, A. Nuhog]lu, Introduzione al diritto penale turco, inS. Riondato, R. Alagna (a cura di), Diritto penale della Repubblica di Turchia,Padova, 2013, p. 95.

    7 Per un generale quadro del nuovo codice penale cfr. anche S. Tellenbach, Il

    codice penale turco, in Dir. pen. XXI sec., 2, 2009, 2, p. 287 ss.; Eadem, Il nuovocodice penale turco (Legge nr. 5237 del 26.09.2004), in Crit. dir., 2004, p. 378 ss. Daultimo adde V.S. Evik, Pene e misure di sicurezza nel diritto penale turco, in S. Rion-dato, R. Alagna (a cura di), Diritto penale della Repubblica di Turchia, cit., p. 103 ss.

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    4. Le difficolt della traduzione e le resistenze della tradizione

    Questo massiccio ispirarsi ai codici occidentali se, da un lato, evi-

    denzia il costante sforzo di allineamento con i princpi fondamentaliche reggono gli ordinamenti europei, dallaltro lato deve confrontarsicon difficolt e resistenze di vario tipo. Innanzi tutto, la complessitdella traduzione. Spesso non affatto agevole tradurre nella linguaturca parole e concetti sconosciuti in quella cultura di matrice orien-tale: ostacolo aggravato se la traduzione (come avvenuto per il no-stro codice Zanardelli) prende le mosse, a sua volta, da unaltra tra-duzione (in tale caso: quella francese).

    Non solo: rimane sempre aperta la questione della valenza cultu-

    rale da dare ad un determinato termine. Emblematica linterpreta-zione della parola tortura, la cui pratica punita, recependo lana-logo dettato del codice francese. Ebbene, i trattamenti forti usatinellambito dellinterrogatorio di un imputato, quali le percosse, lasospensione per le braccia e perfino le scosse elettriche sulla piantadei piedi, sono spesso state rubricate nella prassi giudiziaria turcacome reato di maltrattamenti, ma non di tortura, come sarebbestato pacifico in una esegesi occidentale della norma8.

    Dallaltro profilo, deve tenersi conto di due fattori che, insieme,costituiscono una tradizione ardua da modificare o da superare: la re-ligione islamica, certamente influente in uno Stato che ha pur perse-guito con determinazione la sua laicit, e il contesto rurale di una va-sta parte del territorio.

    Ci bastino alcuni esempi significativi.Come si detto, sulla falsariga di quello svizzero, il codice civile

    turco prevedeva il matrimonio civile, con la proibizione della poli-gamia. Il matrimonio religioso, pertanto era giuridicamente inesistente,non avendo questo (come avviene, ad esempio, nel nostro Paese nelcontesto concordatario) alcun effetto civile. Il che comporta che lo

    sposarsi solamente dinanzi allimam permette di avere pi mogli, sco-nosciute allordinamento civile, mentre i figli saranno non legittimima naturali. Donde il numero relativamente scarso, anche se in co-stante crescita, delle nozze civili. Nelle zone rurali, inoltre, accedereal matrimonio civile significa non solo recarsi nel capoluogo, ma an-che fornirsi di tutti i documenti necessari: documenti spesso inesi-stenti con dati sconosciuti o difficili da reperire. Peraltro, la repulsadel matrimonio civile ben sattaglia con questa assenza di documen-tazione, per cui, ad esempio, la mancata registrazione del figlio, na-

    turale e non legittimo per lordinamento, lo rende pressoch scono-

    Paolo Pittaro14

    8 Tale esempi viene riportato da S. Tellenbach, Il codice penale turco, cit., p. 306.

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    sciuto allo Stato, con lo sperato vantaggio di sottrarlo al servizio mi-litare.

    Non pu, in ogni caso, tacersi che, negli ultimi tempi, si assiste avari tentativi di erosione, da parte della comunit, nei confronti delprincipio di laicit e, soprattutto, di critica verso le forze armate chedi essa ne sono storico garante. A tal punto che, di recente, unostretto collaboratore delpremierErdogan9, si pubblicamente espressonei confronti della legalizzazione della poligamia, fino ad un massimodi quattro mogli10. Daltra parte, anche alcune voci femminili si sonoschierate a favore, in quanto, in tal modo, verrebbe riconosciuta unasituazione di fatto, dove accanto alla moglie legittima, frequentementesussistono varie amanti per nulla giuridicamente garantite.

    5. Lomicidio per causa donore

    Un istituto dello stesso codice penale stato molto contrastatonella sua elaborazione: trattasi dellomicidio per causa donore, fatti-specie culturalmente radicata e praticata in vari strati della popola-zione. Presente, peraltro, nel nostro stesso codice Rocco (art. 587) edabrogato solamente nel 198111. Dopo svariate discussioni, dalliniziale

    suggestione di mantenere una ridotta punibilit, si passati allattualeformulazione, che al contrario prevede unaggravante che com-porta lergastolo12.

    Ebbene, posto che il compito di lavare lonore della famiglia neiconfronti della donna (in genere: la figlia) spetta al figlio maschio,non volendo il consorzio familiare perdere (con la condanna aller-gastolo) un prezioso componente, la norma viene elusa, nel senso chealla donna viene posta una drammatica alternativa: o uccidersi di suamano, ovvero la reclusione a vita, ed in un contesto di totale op-pressione fra le mura domestiche. Il figlio maschio cos salvo e, almassimo, il patriarca (o, pi frequentemente, la matriarca) rischia diessere punito per il reato di istigazione al suicidio, sanzionato in modomolto pi mite. Si badi, tuttavia, che lonore macchiato consiste nonsolo dal comportamento fedifrago della donna in caso di adulterio,

    Il diritto penale turco: una difficile identit 15

    9 Trattasi di Al Yuksel, consigliere del Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan.10 Egli stesso, peraltro, ha ammesso di averne gi tre. Si noti che, essendo, sco-

    nosciuta per lordinamento civile, non viene penalmente sanzionata la poligamia darito religioso.

    11

    Con la legge 5 agosto 1981, n. 442.12 Sul tema, sed amplius, cfr. R. Alagna, Lomicidio per lonore: tradizione e pu-nizione tra Turchia e Germania, in S. Riondato, R. Alagna (a cura di), Diritto pe-nale della Repubblica di Turchia, cit., p. 187 ss.

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    ma anche da quello di una giovane che non ha rispettato il princi-pio della castit. E tale concezione non riconducibile tanto al di-ritto islamico, quanto ad una atavica tradizione, specie rurale.

    6. Il reato di vilipendio dellidentit turca e la questione del veloislamico

    Acceso il dibattito sulle norme del codice che puniscono il reatodi vilipendio dellidentit turca: norma alquanto indeterminata, chenella sua massima estensione esclude ogni critica a tutte le istituzioni:dal Parlamento alla Repubblica, dalle forze armate allordinamento

    giudiziario, in una forma di assoluta censura nei confronti di ogniopposizione o critica politica. A seguito del noto caso costituito dal-lincriminazione, e dalla successiva assoluzione, del Premio NobelOrhan Pamuk, nella fattispecie la dizione identit turca stata so-stituita con quella di nazione turca. Ma il problema rimane ancoraaperto e particolarmente sentito, in quanto direttamente connesso conil fondamentale diritto di manifestazione del pensiero13.

    Infine, si pensi alla contesa, tuttora in corso, relativa al veloislamico14, il c.d. turban, che lascia scoperto il viso15, abolito a suo

    tempo da Atatrk al pari dei tradizionali copricapo maschili otto-mani, e con il conseguente divieto di indossarlo, in seguito limitata-mente nei luoghi pubblici, in quanto simbolo religioso.

    La questione scottante e dai multiformi aspetti, e si inserisce inun quadro generale in cui i timori per il diffondersi del fondamen-talismo islamico si intrecciano con la critica al (ritenuto) eccessivo au-toritarismo statale assieme con lesigenza di una maggiore libert, vuoidi espressione religiosa, vuoi di abbigliamento. Variegata la stessa po-sizione delluniverso femminile che rivendica, da un estremo, la li-bert da un simbolo (il velo per lappunto) della loro tradizionalesoggezione al maschio e, dallaltro estremo, la possibilit di eviden-ziare la loro identit religiosa.

    Altrettanto complesse le vicende giuridiche. Il Parlamento turcoapprova il 9 febbraio 2008 due emendamenti alla Costituzione, chepermettono alle studentesse universitarie di indossare il velo. Salutata

    Paolo Pittaro16

    13 Su tale fattispecie ed in un pi ampio contesto si veda A.K. Yildiz, Rifles-sioni critiche sulla parte speciale del nuovo codice penale turco, in S. Riondato, R.Alagna (a cura di), Diritto penale della Repubblica di Turchia, cit., p. 173 ss.

    14

    E. Brandolino, La Corte europea dei diritti delluomo e lannosa questionedel velo islamico, in Dir. pubbl. comp. eur., 2006, 1, p. 97 ss.15 Da distinguersi dal burqua o dal chadorche avvolgono completamente la per-

    sona.

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    come una svolta liberale, in realt la concessione limitata solo a queisoggetti ed al solo turban, con lesclusione di altri simboli religiosi,come quelli, ad esempio, propri del cristianesimo. Tuttavia, pochi mesidopo, il 5 giugno 2008, la Corte costituzionale dichiara lillegittimitcostituzionale di tali disposizioni, in quanto contrastanti con lart. 2della Carta Fondamentale che consacra del principio della laicit delloStato.

    Incidentalmente osserviamo come la Corte Europea dei diritti del-luomo di Strasburgo abbia emanato decisioni altrettanto complesse,oscillando fra la violazione dei princpi fondamentali della Conven-zione da parte di un partito che si ispirava alla shar\a16 al ricono-scimento della specificit del contesto turco, per cui motivi di ordine

    pubblico e di non discriminazione erano compatibili con i divieti re-lativi allabbigliamento17, a seconda delle circostanze18 e sempre chetale ingerenza nella libert religiosa sia giustificata e proporzionataallo scopo19.

    7. Conclusioni

    In definitiva, la legislazione penale turca20 (ma sembra che tale ri-

    lievo possa estendersi anche agli altri rami del diritto) nel tentativodi occidentalizzarsi ha sempre fatto riferimento non solo alla matriceculturale di vari codici di nazioni europee, ma ha perfino immessoin modo a volte quasi pedissequo intere normative e svariate fatti-specie, con tutte le difficolt che tale operazione comporta. Ed il tuttoin un contesto giuridico-sociale affatto peculiare, precipitato storicodi molteplici vicende, a sua volta scenario di forti contrasti. Comedire: un eclettismo giuridico che pu s presentarsi ed essere una per-fetta unit, ma anche ridursi solo ad un insieme di diversi frammenti.

    Il diritto penale turco: una difficile identit 17

    16 Caso Rafah Partisi c. Turchia, 13 febbraio 2003.17 Caso Leyla Sahin c. Turchia, 20 novembre 2005; caso Karaduman c. Turchia,

    3 maggio 1993.18 Caso Kurtulmus c. Turchia, 21 aprile 2001; caso Arret Kavakci c. Turchia, 13

    febbraio 2003.19 Caso Ahmet Asrslan c. Turchia, 23 febbraio 2010.20 Potrebbe essere interessante scorrere la normativa sullesecuzione penale, po-

    sto che la popolazione carceraria nel 2010 constava di 117.000 detenuti in 380 pe-nitenziari e che il piano carceri prevede la costruzione entro il 2015 di 86 nuovi isti-

    tuti detentivi per una capacit extra di 40.000 posti (come apprendiamo da Le duecitt. Riv. amm. penit., luglio-agosto 2011, p. 35 ss.) e le cui condizioni, a volte allimite del disumano, sono state messe in luce da note opere letterarie e cinemato-grafiche.

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    Ed questa lattuale sfida che si svolge nella sua applicazione praticanelle varie Corti.

    Peraltro, a volte sorge pure limpressione che la Turchia sia allaricerca di una sua identit giuridica e che le Sei frecce di KemalMustaf Atatrk di fronte alla complessa realt politico-sociale come andata evolvendosi rischiano di non essere in grado di gestirla ap-pieno o, perlomeno, di aver fatto il loro tempo.

    Ma solo il futuro ci dir se da tale fase politico-sociale cos fluidapotr solidificarsi una cultura giuridica veramente autoctona, e taleda poter essere generalmente condivisa.

    Paolo Pittaro18

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    Sommario: 1. Premessa. 2. Il Libano: levoluzione armonica e razionale delmodello ottomano e linfluenza italiana. 3. Le influenze del diritto italiano inAfghanistan. 4. La Libia da colonia a gamahirihiyya.

    1. Premessa

    Trattare il tema dellinfluenza del modello italiano in Libano, inLibia, e in Afghanistan ha implicato necessariamente delle scelte ar-bitrarie sotto il profilo metodologico della ricerca.

    Limpossibilit di condurre uno studio aggiornato sul campo per

    gli sconvolgimenti di ordine politico e le note tragiche vicende chestanno interessando i paesi oggetto dellindagine, unitamente alla scarsareperibilit di bibliografia specifica sullargomento, mi hanno impo-sto una ricerca prevalentemente confinata al formante legale. Nonsuoni come unexcusatio non petita: quanto allinfluenza della dot-trina italiana, ho potuto avvalermi dei contatti telematici con i colle-ghi giuristi di questi paesi. Al fine di verificare leffettiva capacit dipenetrazione delle categorie giuridiche italiane nelle aule universitariee in quelle dei tribunali ho sottoposto una serie di questionari ai col-leghi libici e libanesi; nel caso dellAfghanistan sono, invece, in gradodi riportare notizie di prima mano per la mia esperienza maturata sulcampo per circa due anni come funzionario delle Nazioni Unite nelsettore giustizia e per la continua attivit di cooperazione con le isti-tuzioni afgane per la ricostruzione del settore giudiziario.

    Un dato emerge su tutti. Per ragioni di ordine diverso, gli opera-tori giuridici dei tre paesi ignorano o tendono a misconoscere lin-fluenza del modello giuridico italiano sul proprio diritto nazionale.Cos accade in Libano, ove i giuristi locali impregnati della culturagiuridica francese, figli di una francofonia imperante ad ogni livello

    e ancora succubi del prestigio del modello francese, strabuzzano gliocchi basiti di fronte alla domanda di quale sia (stata) linfluenza deldiritto italiano nel loro paese; influenza, come vedremo, innegabile

    Massimo Papa

    Linfluenza del modello italianoin Libano, Afghanistan e Libia

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    nellopera di redazione dei codici civili e commerciali avvenuta neglianni 30 e 40 del secolo scorso in Libano.

    Lo stesso atteggiamento di rifiuto nei confronti del diritto italianoavviene per motivi ideologici fra le giovani generazioni di giuristi li-bici, cresciute sotto la dittatura del colonnello Muammar al-Ghed-dafi. La damnatio memoriae del periodo coloniale, operata dal re-gime negli anni della Gamahiriyya, ha tentato di cancellare o di at-tenuare le numerose tracce dellinfluenza italiana nellordinamentogiuridico libico.

    In Afghanistan, a seguito delle note vicende belliche post 11 set-tembre 2001, la forte influenza (militare, politica ed economica) sta-tunitense nel paese non ha impedito che lItalia fosse scelta dalla co-

    munit internazionale, gi con gli Accordi di Bonn del 2001, comepaese guida nella ricostruzione del settore giudiziario. Tale circostanzanon stata del tutto priva di conseguenze. Se non si pu parlare diuninfluenza diretta ed esplicita del nostro modello giuridico (se nonin qualche limitata sfera come si vedr), certamente pu essere regi-strata una notevole e fattiva partecipazione di giuristi italiani ai varilivelli della ricostruzione dellordinamento giuridico afgano. Tuttavia,soltanto uno sguardo dallinterno dellordinamento consente di co-gliere linfluenza dei modelli italiani, altrimenti difficilmente percetti-

    bili.Quale che sia la ragione (culturale, politica, ideologica) offusca-trice della matrice italiana, convegni come questo promosso dallaSIRD possono servire a rendere maggiore giustizia, a verificare la dif-fusione e la circolazione del modello italiano anche in quelle aree ap-parentemente impermeabili o lontane dalla sfera di influenza del di-ritto italiano; al contempo, le commistioni, gli innesti, i trapianti, ine-vitabilmente ci fanno riflettere sul concetto stesso di modello e sullemodalit della presenza e/o resistenza, in forma esplicita o in formacriptica, del diritto italiano negli ordinamenti di Libano, Afghanistane Libia1.

    Massimo Papa20

    1 Unannotazione diacronica: al fine di circoscrivere la nostra ricerca siamo par-titi dalla diffusione dei modelli italiani post-unitari. Lo studio della circolazione deimodelli degli Stati italiani pre-unitari in Libano e in Libia, gi territori dellImperoottomano, avrebbe portato sicuramente fruttuosi risultati. Basti considerare che il le-gislatore ottomano nella redazione del qa\nu\na\me-i tiga\ret-i bahriyye del 1863 uti-lizza ampiamente materiali tratti dai Codici di Commercio del Regno delle Due Si-cilie del 1819 e sopratutto del Regno di Sardegna o Codice di Commercio Alber-

    tino del 1842. Quanto alloriginalit del modello italiano e allimposizione del mo-dello francese nei territori del Regno di Napoli ad opera dei Piemontesi, lillustreconcittadino pescasserolese Benedetto Croce riporta, criticando, il pensiero di En-rico Cenni nei suoi Studi di Diritto Pubblico del 1870, secondo il quale: Se que-

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    2. Il Libano: levoluzione armonica e razionale del modello ottomanoe linfluenza italiana

    Il Libano , fra i paesi arabi, indubbiamente il pi vicino ai mo-delli francesi. Tra gli stati derivati dalle complesse vicende che con-dussero alla caduta e allo smembramento dellImpero ottomano, ilLibano fu quello che, a cavallo tra le due guerre mondiali del secoloscorso, conobbe la pi intensa attivit legislativa.

    Nellambito del diritto privato, nellarco di poco pi di un de-cennio, tra il 1932 e il 1947 nel Paese dei cedri vennero emanati trecodici, tutti ancora in vigore, nei quali riscontrabile, in misura di-versa, linfluenza del diritto italiano.

    Il Paese, a causa delle note vicende storiche, era imprgn de cul-ture juridique franaise2 A giusto titolo si parla, per il caso libanese,di una rception scientifique del diritto francese, che precedette le re-gole codificate del diritto positivo; in altre parole, lacculturazionegiuridica, orientata verso il modello civilistico del Code Napolon av-venne non certo solo con la redazione di un Codice, ma questul-tima tappa segn il traguardo di un processo graduale di recezionedi un modello, partendo in primo luogo dalla formazione del giuri-sta (si ricordi la creazione dellUniversit francese a Beirut oggiUniversit de Saint Joseph sin dagli anni 30) sulla base del dirittofrancese, per poi passare, in materia di obbligazioni e contratti, allacodificazione.

    Questa forte impronta del diritto transalpino nel suo triplice aspettolegislativo, dottrinale e giurisprudenziale, su quello libanese non haimpedito, tuttavia, delle infiltrazioni del diritto italiano, almeno a li-

    Linfluenza del modello italiano in Libano, Afghanistan e Libia 21

    sta sacra terra (conclude il Cenni) ora messa in non cale, se ne vuole avere unicaobbligazione alla setta liberale e gallizante, stigmatizzata fin sullapparire da VittorioAlfieri, alla setta che insolentemente si arrog il monopolio della libert e del pro-

    gresso. Essa in queste provincie, ruppe le nostre gloriose tradizioni e, serva umilis-sima comera delle idee francesi, che pigliava di seconda mano, sostitu alla nostrarobusta e nazionale scienza, che domandava solo di essere rammodernata, una scienzasuperficiale e leggera importata da fuori; fu dessa che rap ogni originalit di fisio-nomia alla nostra giurisprudenza ed al nostro civile stato per renderci miserabili eservili copisti di Francia, in B. Croce, Storia del Regno di Napoli, Bari, 1967, p. 4.

    2 Zajtay Imre, Les destines du Code civil, Revue internationale de droit com-par, 6, 4 (1954), pp. 792-810, p. 806. Occorre, infatti, notare come in Libano lin-segnamento del diritto fosse in lingua francese e basato sul diritto e sulla giurispru-denza dOltralpe sino alla Prima Guerra Mondiale; in seguito allistituzione del Man-dato, la competenza legislativa fu ripartita tra lAutorit Mandataria e quelle locali.

    Il Conseiller lgislatif du Haut Commissariat veniva consultato direttamente dal Go-verno Libanese. Tutti questi fattori avevano creato un clima assai favorevole alla ri-cezione del diritto francese, al punto che la redazione del Codice fu affidata a giu-risti e magistrati francesi.

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    vello di formante legale. Se la francofonia ha fatto s che la dottrinae la giurisprudenza libanese abbiano naturalmente guardato agli omo-loghi formanti francesi, i redattori di codici e leggi non potevano nontener conto delle soluzioni legislative pi avanzate dellepoca, fra lequali rientravano, sovente, quelle italiane.

    Cos nel 1932 venne emanato il qa\nu\n al-mugiba\t wa al-uqu\d,o Codice delle Obbligazioni e dei Contratti, destinato a ricoprirele materie gi disciplinate dalla mec]elle ahka\m adliyye, la primacondensazione di diritto privato di scuola hanafita emanata nel-lImpero ottomano del quale faceva parte il Libano. Rimasero fuoridalla regolamentazione codicistica, per essere affidati a una leggespeciale, la disciplina della propriet immobiliare, la sua registra-

    zione ed immatricolazione, cos come i diritti reali in genere. NelCodice Obbligazioni e Contratti libanese vennero innestate molteparti del noto progetto misto italo-francese sulle obbligazioni e con-tratti del 1927, frutto dellimpulso di Vittorio Scialoja, progetto maientrato in vigore, ma ritenuto un notevole prodotto di ingegneriagiuridica dellepoca e utilizzato come modello per la redazione dialtri codici europei (Polonia, Romania, ecc.).

    Il Codice delle Obbligazioni e dei Contratti, come chiaramentemette in evidenza nella nota illustrativa il Vice Presidente del Comi-

    tato consultivo legislativo, il primo Presidente delle camere miste dellaCorte dAppello e di Cassazione, il francese Marcel Deis, allepocauno dei testi legislativi pi aggiornati e moderni. Non si tratta dellasolita affermazione di stile che accompagna ad ogni latitudine lema-nazione di un nuovo testo legislativo, ma lenunciato corrispondevaa verit, poich nel nuovo testo conflu tutta lesperienza della civi-listica italiana e francese dellepoca: ad un progetto iniziale del magi-strato francese Ripers, che aveva ricevuto tale incarico fin dal 1925,apport profonde e importanti modificazioni lillustre civilista e com-paratista francese Louis Josserand il quale, avendo fatto parte dellaPrima Commissione mista italo-francese (composta, lo si ricordi, daaltri illustri giuristi italiani come Ascoli e Bonfante e per i francesiRipert e Capitant) che aveva redatto il cosiddetto Progetto Scialoja,utilizz ampiamente questultimo.

    Il Libano volle cos seguire lesempio illuminato delle Nazionioccidentali e di quelle a s pi vicine geograficamente, come la Tur-chia e lEgitto, al fine di contribuire la prosperit matrielle et lagrandeur morale du pays. Nellintento di raggiungere questo scopo,il legislatore libanese part dal presupposto che il nuovo Codice do-

    vesse reggersi su una perfetta armonia tra i principi nuovi apportatidallimitazione di modelli europei, la legislazione generale del Paesee gli usi locali3; in questo senso si riteneva che un Codice delle Ob-

    Massimo Papa22

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    bligazioni e dei Contratti privo di disposizioni generali, comera ilcaso della mec]elle ottomana, non avrebbe mai potuto raggiungere ilsuo obiettivo ed essere uno strumento efficace di coesione sociale edeconomica. Nel plan densemble dellAvant-Propos questo pensieroviene sviluppato: Tutta la Prima parte del Codice (gli articoli da 1a 371 incluso) seguono il modello internazionale. Questo ugual-mente il metodo seguito nel codice internazionale4. Il code inter-national sopra citato altro non , dunque, che il Progetto Scialoja,il Projet de code des obligations et des contrats commun la Franceet lItalie, qui elevato a fonte di riferimento per tutto limpiantodei principi delle obbligazioni in generale5.

    E cos, nel Codice libanese, la definizione di obbligazione (art. 1),

    ignota alla tradizione giuridica islamica, ripresa dal progetto Scia-loja. Analogamente, nella Prima parte del Codice, il libro I sulle di-verse categorie di obbligazioni (al-mugiba\t) (artt. 2-118); il libro IIsulle fonti delle obbligazioni (masa\dir al-mugiba\t) (artt. 119-248); illibro III sugli effetti (al-.nata\ig) (artt. 249-278); il libro IV sul tra-sferimento (al-naql) (artt. 279-289); il libro V sullestinzione (al-suqu\t)(artt. 290-361); e il libro VII sulle regole di interpretazione degli attigiuridici (qawa\id tafs\r al-ama\l al-qa\nu\niyya) (artt. 366-371), sonolargamente e pedissequamente tratti dal progetto Scialoja, anche se

    vennero apportate marginali modifiche con lintroduzione di regoledi origine sciaraitica ad opera del giurista Choucri Cardahi, presi-dente della Corte di Cassazione libanese al quale era stato sottopo-sto il progetto per unulteriore revisione. Va detto che gli articoli 122e 124 del COC libanese riprendono alla lettera gli articoli 75 e 74-2del Progetto Scialoja in materia di responsabilit degli incapaci e diabuso del diritto. Proprio il tema dellabuso del diritto (abus du droit)caro alla riflessione comparatistica francese, costituisce unottima car-tina tornasole per stabilire litalianit delle soluzioni adottate nel Co-dice.

    A quanti potrebbero obiettare la soggezione dei giuristi italiani aicolleghi francesi, come sostenne allepoca il Betti, si potrebbe ri-spondere con le parole di de Ruggiero in un articolo apparso sullaRivista di Diritto Civile dellepoca, nel quale si sottolineava che nelProgetto veniva utilizzata allart. 74 non lambigua formula voluta dai

    Linfluenza del modello italiano in Libano, Afghanistan e Libia 23

    3 Avant-Propos, par. II.4 Ivi, par IV-1.5

    Tra gli Autori italiani che si sono interessati di obbligazioni in generale nel mo-dello libanese, si veda A. DEmilia, Le varie specie di obbligazioni nel codice liba-nese, in Scritti di diritto islamico, raccolti a cura di Franceso Castro, Roma, 1976,pp. 493-502.

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    francesi abus de droit, ma quella secondo cui tenuto a risarcire ildanno chiunque abbia ecceduto nellesercizio del proprio diritto i li-miti posti dalla buona fede o dallo scopo per cui tale diritto gli furiconosciuto. Ebbene, scrive de Ruggiero evidente che una simileinnovazione fu dovuta al grande Maestro Vittorio Scialoja. singo-lare che tale formulazione venga ripresa pedissequamente nel Codicelibanese: in sede di revisione fu ritenuta da Cardahi maggiormenteconforme allo spirito del diritto islamico di quanto non lo fosse lam-bigua formulazione francese di abus du droit.

    Va detto, invece, che la disciplina dei contratti contenuta nella se-conda Parte del Codice risente maggiormente dellimpostazione fran-cese e meno del progetto Scialoja: fa eccezione il contratto di dona-

    zione (hiba) (artt. 504-532) il quale contrariamente al Code Civil, coscome voluto da Scialoja e dai giuristi italiani della Commissione delprogetto misto, era inserito nei contratti.

    Anche in questa parte del Codice, per, riscontrabile una certainfluenza del modello islamico, come ad esempio in materia di con-tratti agrari i quali furono rimodellati sui parametri pi vicini alla tra-dizione sciaraitica soprattutto per quel che concerne la divisione dellequote.

    In conclusione, il Codice delle Obbligazioni e dei Contratti liba-

    nese, del quale si celebra questanno lottuagenario, si di modellofrancese, ma molte sono le parti che meritano di essere studiate perscovare delle similitudini con (per non dire influenze del) il dirittoitaliano.

    per il Codice di Commercio del 1942 a presentare le maggioriinfluenze del diritto italiano. Nel 1942 venne emanato il qa\nu\n al-ti-gia\ra o Codice di Commercio Terrestre, eclettico nelle sue fonti, macon importanti innesti del diritto italiano in molte delle sue parti. AlCodice di Commercio libanese ha arriso unincredibile fortuna neipaesi arabi tanto da essere ritenuto un vero e proprio prototipo, unasorta di Codice di Commercio arabo, sicch, suo tramite, attra-verso la circolazione del modello e la recezione spontanea da partedei vari stati arabi sia nordafricani, sia mediorientali, che andavanovia via guadagnando lindipendenza dalle potenze coloniali, il dirittoitaliano in materia commerciale penetrato negli ordinamenti di que-sti paesi ed ivi ancora saldamente affermato.

    Il Codice, il cui progetto preliminare fu opera di due giuristi fran-cesi dellUniversit di Lione, consta di ben 688 articoli, ripartiti in cin-que libri. Il progetto finale, messo a punto dal Comitato consultivo

    legislativo , come tutti i testi di quel periodo eclettico: non vi man-cano influenze portoghesi, spagnole, rumene ma principalmente ita-liane. Dispirazione italiana erano alcune norme di tipo corporativo,

    Massimo Papa24

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    modellate su quelle fasciste che saranno contenute nel codice civile del1942, ma che in Libano vennero emendate nel 1944 e nel 1948.

    Di modello italiano la normativa relativa al concordato preven-tivo (al-sulh al-ihtya\t\ o al-wa\q\) che riproduce ad litteram (varianosoltanto le percentuali contenute negli articoli 459-488) la legge ita-liana n. 197 del 24.5.1903 che modificava la normativa fallimentare econcorsuale contenuta nel Codice di Commercio del 1882. Per uncurioso fenomeno, la dottrina libanese dellepoca, ignorando lorigineitaliana dellistituto e nellimpossibilit di rifarsi a quella francese, sirivolse alla dottrina belga per interpretare le suddette norme del Co-dice. Va per, aggiunto, che la legge italiana in parola aveva avuto frale sue fonti, oltre allallora pi recente normativa svizzera, anche la

    legge belga del 30.6.1897. Come dire che, ancora una volta, la fran-cofonia la fa da padrona!Italiana , per buona parte, la normativa dei contratti commerciali

    nominati: nella redazione del Codice libanese in esame, vennero uti-lizzati verosimilmente i progetti sul diritto commerciale di Cesare Vi-vante del 1922 e Mariano DAmelio del 1925. Nella nota introdut-tiva del Codice libanese manca un espresso riferimento ai modelli ita-liani, ma la perfetta sovrapposizione delle soluzioni non lascia aditoa dubbi.

    Cos, ancora una volta a titolo esemplificativo, di origine italiana la disciplina dei contratti contenuta nel Libro III del Codice: il pe-gno, la commissione, la mediazione, il conto corrente e i contrattibancari; parimenti soluzioni sovrapponibili a quelle italiane sono quellecontenute nel Libro II del Codice con riferimento alle societ com-merciali: le societ in nome collettivo, la societ per azioni, le societin accomandita, le societ in partecipazione e le societ a responsa-bilit limitata (artt. 42-253). Unica innovazione rispetto al modelloitaliano rappresentata dalle societ a capitale variabile, che per stata scarsamente imitata dagli altri Codici di Commercio che si sonoispirati al modello libanese e che, ad eccezione della Siria, hanno te-nuto fuori della disciplina codicistica la regolamentazione del dirittosocietario.

    Non da escludersi che i redattori del progetto libanese, abbianoutilizzato traduzioni in francese di testi italiani predisposti per leriforme del Codice di Commercio rumeno dellepoca.

    Proprio per distaccarsi dal modello francese, la Tunisia indipen-dente nel 1959, per non accogliere listituto del rglement judiciaireo la liquidation judiciaire, recepir dal Codice libanese listituto ita-

    liano del concordato preventivo e si avr, cos, unulteriore diffusionedel modello italiano.Il Codice di Commercio libanese , come detto, un testo al quale

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    ha arriso una grande fortuna: stato in tutto o in parte recepito daSiria (1949); Giordania (1966), Tunisia (1959), Algeria (1966), Kuwayt(1960) e 1980, Qatar (1971), Yemen del Nord (1976), Bahrayn (1982). anche servito evidentemente nella recensione siriana per la pre-parazione di un Codice di Commercio unificato della RAU (unionetra Egitto e Siria dal 1958 al 1961) mai entrato in vigore, ma utiliz-zato ampiamente da giuristi arabi, e egiziani in particolare, per la re-dazione di testi nellultimo quarto del secolo scorso, specialmente perquello del Kuwayt 1960 e dei suoi derivati.

    Per dovere di completezza va segnalato anche il qa\nu\n al-tigia\raal-bahriyya o Codice di Commercio Marittimo del 1947 anchessodestinato ad assumere la posizione centrale che fino ad allora aveva

    avuto lottomano qanun-i ticiaret-i bahriyye, il Codice di Commer-cio Marittimo ottomano. In questo Codice, per la verit, sembranoessere molto pochi gli influssi diretti del diritto italiano. Non daescludersi, per, secondo Francesco Castro, che il coevo Codice dellaNavigazione possa aver ispirato alcune regole in materia di respon-sabilit dellarmatore e dei contratti marittimi. Sono infatti riscontra-bili molti parallelismi nelle soluzioni adottate nei due Codici; del re-sto, nella materia difficile innovare e individuare un certo grado dioriginalit perch si giunti ad un tale grado di uniformit sponta-

    nea che risulta arduo stabilire quale sia il modello e cosa si sia rece-pito da chi.Unultima annotazione sul Libano. Linfluenza del diritto civile

    italiano si manifesta attualmente anche sotto altre forme, pi occulte,ma non per questo irrilevanti.

    Una speciale attenzione merita laspetto della formazione dei giu-risti religiosi libanesi, in particolare dei padri maroniti presso le Uni-versit cattoliche, in considerazione dellimportanza della dimensionereligiosa in Libano e della spartizione proprio su base religiosa delle cariche pubbliche, prevista dalla Costituzione libanese. Sono, in-fatti, numerosi gli studenti libanesi formatisi presso le Universit pon-tificie ed in particolare presso lUniversit lateranense per il conse-guimento della laurea in utroque jure. I percorsi didattici prevedonotutti lo studio per quel che riguarda lo jus civilis di testi e com-mentari della dottrina italiana.

    3. Le influenze del diritto italiano in Afghanistan

    Come accennato, lItalia allindomani del rovesciamento del re-gime dei Taliban nel 2001 venne prescelta dalla comunit internazio-nale come lead country per la ricostruzione dellordinamento giudi-

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    ziario. Tra inevitabili errori e lentezze di ordine burocratico, si puaffermare che molto stato fatto nellopera di ricostruzione del set-tore giustizia anche con il supporto del Governo italiano, non sol-tanto in termini di finanziamento economico ma soprattutto attra-verso linvio di esperti giuristi che potessero sviluppare in collabora-zione con le Autorit locali, piani strategici di riforma dellordina-mento.

    In particolare, elemento prioritario dellattivit della Cooperazioneitaliana che dal 2005 supporta il Ministero della Giustizia, la ProcuraGenerale e la Corte Suprema, stato il supporto nellapplicazionedelle riforme contenute nel documento conosciuto come ANDS Afghan National Development Strategy elaborato di concerto con

    il Governo afgano. In tale contesto, nel luglio del 2007 si tenne, pressoil Ministero degli Affari Esteri a Roma, una Conferenza internazio-nale sulla Rule of law in Afghanistan organizzata dai Governi ita-liano e afgano con la copresidenza delle Nazioni Unite, avente lo-biettivo di disegnare un itinerario preciso per il futuro del settoregiudiziario.

    Difficile ripercorrere le tappe dellimpegno italiano in uno dei set-tori dintervento maggiormente significativi dellaiuto allAfghanistan.Sommariamente, si pu affermare che le iniziative nel corso di questi

    undici anni si sono concentrate su quattro principali obiettivi: innan-zitutto, lassistenza alla riforma del Codice di Procedura Penale. Si trattato, per la verit, di una vera e propria opera di codificazione: agliiniziali incontri della commissione istituita ad hoc, composta da giu-risti afgani e internazionali, si sostitu ben presto lopera e lingegnodi un magistrato italiano, il dott. Giuseppe Di Gennaro, il quale po-teva vantare lesperienza di cooperazione internazionale in Albania. IlCodice di Procedura Penale ad interim6 del 2004, redatto in inglese esuccessivamente tradotto in da\ri e pashito, ancora in vigore. Si trattadi un Codice snello composto da un centinaio di articoli, modellatosugli standard internazionali, ma che risente anche, ovviamente, del-lesperienza italiana, come ad esempio nellimpianto misto accusato-rio-inquisitorio ripreso dal nostro codice vigente o nella valutazionedegli elementi probatori da parte del giudice. Criticato dai giuristi ame-ricani perch ritenuto troppo lontano dai modelli statunitensi e, allostesso tempo, accolto con poco entusiasmo dai giuristi afgani avvezzial vecchio codice di modello franco-egiziano7, il Codice Di Gennaro,

    Linfluenza del modello italiano in Libano, Afghanistan e Libia 27

    6

    J. Jupp, Legal Transplants as Solutions for Post-Intervention Criminal LawReform: Afghanistans Interim Criminal Procedure Code 2004, inAm. J. Comp. Law,61 (2013), pp. 51-91.

    7 Per una critica del Codice e pi in generale dellopera di ricostruzione del-

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    come viene indicato brevemente negli ambienti giudiziari, ha dimo-strato di essere uno strumento agile ed efficace per la celebrazionedei numerosi processi che affollano le aule dei tribunali afgani, nellaconfusa situazione in cui versa il paese.

    Un secondo settore di intervento della Cooperazione italiana re-lativo alla formazione degli operatori di settore (principalmente ma-gistrati, procuratori, qualche avvocato)8 e, al rafforzamento delle isti-tuzioni giudiziarie, con specifica attenzione alla giustizia minorile (duefunzionari italiani e un magistrato avevano redatto nel 2006 per contodi UNIFEM e UNODC il Codice della Giustizia Minorile avendosottocchio come modello di riferimento la legislazione italiana in ma-teria) e di genere, nonch ai diritti dei non abbienti9.

    Anche la ricostruzione delle infrastrutture penitenziarie e giudi-ziarie in generale con la formazione del personale addetto ha costi-tuito un terzo importante obiettivo della cooperazione italiana.

    Ma il settore dellassistenza universitaria per le Facolt giuridi-che che merita di essere segnalata, in particolare per il supporto ita-liano nei programmi di sostegno alle Universit afgane nel processodi revisione dei piani di studio universitari.

    Alcune significative riforme sono state, infatti, apportate nella re-visione dei piani di studio della Facolt di huquq wa ulu\m sya\siyya

    di Kabul10

    e di altre Facolt pilota (Herat, Mazar-e Sharif, Jalalabad)inserendo. sulla scorta degli omologhi piani di studio delle Univer-sit di Torino, Trento, Milano, molte discipline comparatistiche (siaprivatistiche che pubblicistiche). Cos, stato introdotto nelle Facoltafgane lo studio di sistemi giuridici comparati, del diritto privato com-parato, del diritto costituzionale comparato, del diritto penale com-parato. La successiva formazione dei (giovani!) docenti avvenuta siain loco con corsi predisposti ad hoc, sia in Italia, principalmente pressolUniversit di Bologna, con grande disappunto delle autorit statu-

    Massimo Papa28

    lordinamento afgano, mi permetto di rinviare al mio saggio Lost in trasplantation:la misurazione dello Stato di Diritto in Afghanistan, in Annuario dir. comp., 2012,pp. 195-238.

    8 Fra i corsi di formazione per personale giudiziario mi permetto di segnalareanche il corso HELDA (High Education Legal Disciplines for Afghanistan) delladurata di un anno tenutosi presso lUniversit di Roma Tor Vergata nel corso del-la.a. 2010-2011, diretto a venti magistrati afgani (e un professore della Facolt diSharia). Il corso ha visto la partecipazione fra i docenti di alcuni comparatisti socidella SIRD.

    9 Il diritto alla difesa dufficio sul modello italiano stato fortemente sostenuto

    nelle varie sedi istituzionali dai rappresentanti italiani contro il modello statunitense.10 Il sottoscritto ha avuto lonore di presiedere tra il 2004 e il 2005 il Comitatodi professori incaricato dal Ministro dellUniversit della revisione dei piani di stu-dio delle Facolt giuridiche afgane.

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    nitensi che speravano di convogliare i giovani professori nelle presti-giose Universit americane. Fallito ogni tentativo di imporre modellie stilemi americani almeno nelle Universit, pi vicine ai modelli con-tinentali, il Governo americano allora presieduto da George W. Bush,ha ritenuto di fondare allinterno del campus di Kabul unUniversitamericana. Ledificio sorge proprio di fronte al mausoleo di Gamalal-Din al-Afghani, irredentista che tra la fine dellOttocento e gli inizidel novecento, si batteva per la liberazione delle terre musulmane co-lonizzate dallOccidente e considerato per molti aspetti il primo ter-rorista islamico! Ironia della sorte. E a proposito di sorte beffarda,voglio approfittare di queste pagine per ricordare (ed , purtroppo,lunico modo che ho per renderle un doveroso omaggio) una gio-

    vane, valorosa, professoressa afgana, lunica donna giurista ad usciredal paese dopo la lunga parentesi venticinquennale del conflitto ci-vile. Si chiamava Hamida Barmaki, civilista, docente di istituzioni didiritto privato a Kabul, che aveva deciso di venire a studiare in Ita-lia, a Bologna, insieme alla sua famiglia composta di 4 figli (che ave-vano rapidamente appreso litaliano) e il marito. Hamida consegu ilMaster in Law and Development, con una tesi in Diritto comparato.Tornata in patria nel 2008, le venne affidata la Cattedra di Diritto ci-vile e comparato (qa\nu\n madani moqayyaz). La Professoressa Bar-

    maki era entusiasta dellinteresse suscitato fra i suoi studenti. Pur-troppo, per una sorte terribile che sembra accanirsi in Afghanistansugli spiriti liberi e volenterosi, due anni dopo il suo rientro a Ka-bul Hamida Barmaki ha perso la vita, insieme a tutta la sua famiglia,in un tragico attentato in un noto supermercato del centro citt11.

    4. La Libia da colonia a gamahirihiyya

    Non tratter volutamente, per motivi di tempo, dellimposizionedel modello italiano in Libia durante il periodo coloniale (1911-1943)e dellestensione del modello metropolitano durante loccupazione.Le tristi pagine della storia (anche giuridica) libica di quel periodoattendono ancora di essere riscritte con chiarezza ed onest intellet-tuale.

    Mi soffermer invece, sulla Libia indipendente. Uscita da un pe-riodo di amministrazione controllata anglo-francese (la Cirenaica ri-cadeva sotto il dominio della Corona inglese, mentre la Tripolitania

    Linfluenza del modello italiano in Libano, Afghanistan e Libia 29

    11 Di fronte alle atrocit che ancora imperversano in questo martoriato paese,non rimane altro che sperare. Migozarad! Passer! come recitava una scritta inrosso su un muro di una vecchia chaikhan di Fayzabad.

  • 7/24/2019 Sacco Cultura Juridica

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    e il Fezzan erano sotto linfluenza francese) che dalla met del 1943si era sostituita a quella militare italiana, la Libia divenne indipen-dente nel 1951 sotto la guida di Re Idris al-sanussi.. Il paese si orientverso il modello giuridico egiziano, anche se per circa un decennioera rimasta in vigore la legislazione coloniale italiana cos che pu af-fermarsi che anche la Libia abbia vissuto per un breve periodo le-sperienza del nostro Codice Civile; questo venne formalmente abro-gato col decreto 12 rabi awal 1373 / 28 novembre 1953 e sostituitodal nuovo Codice Civile (qa\nu\n al-madani) di modello egiziano (pra-ticamente una fotocopia se si considera che rispetto a quello egizianovariano soltanto due articoli).

    Va da s che, seppure esigua, la classe di giuristi libici dellepoca

    risent dellinfluenza italiana nel periodo di vigenza dei codici nazio-nali.Purtroppo mancano sia i lavori preparatori sia i progetti dei nuovi

    Codici libici; anche la documentazione archivistica scarsa e fram-mentaria: molti documenti conservati al Public Record Office di Lon-dra, nelle sezioni War Office e Colonial Office, sono ancora copertidal segreto, gli archivi di Aix-en-Provence mi sono rimasti inacces-sibili, e cos poco sappiamo di una commissione libico-anglo-italo-li-banese che fu poi sostituita da una commissione libico-egiziana pre-

    sieduta dal celebre giurista al-Sanhuri. La prima commissione (nellaquale aveva partecipato quale giurista italiano forse Asquini) avevapredisposto i progetti di un codice civile e di un codice di commer-cio: il primo venne accantonato, mentre il secondo, come vedremoper limpossibilit di adottare un testo moderno egiziano, venne con-servato e divent il Codice di Commercio libico ancora parzialmentevigente e nel quale sono molto forti le resistenze del diritto italiano.

    Il Codice Civile libico dunque il pi vicino al modello egiziano12:va detto tuttavia che alcuni articoli, per lesattezza 23 su 1151 sonola traduzione in arabo di articoli del nostro codice civile. Cos gli ar-ticoli 507-513 libici corrispondono ai nostri 2256-2260 in materia diamministrazione disgiuntiva e congiuntiva, revoca della facolt di am-ministrar