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Sabato 2 luglio 2011 26 Sabato 2 luglio 2011 27 CULTURA & SPETTACOLI PER I 150 ANNI DALLA MORTE DELLO STATISTA CONCLUSA LA PUBBLICAZIONE DELLE LETTERE Tutti gli uomini di Cavour al Sud Massari e Liborio Romano nell’«Epistolario» IL ROMANZO DEL POETA DI MANFREDONIA Serricchio memorie dal Tavoliere «Seppina degli sciali» di NICO PERRONE C hi sa perché, nelle celebrazioni gior- nalistiche, televisive e radiofoniche dei 150 anni dell’Unità d’Italia, «La Gazzetta del Mezzogiorno» sia rima- sta quasi isolata nel ricordarsi (19 e 29 maggio 2011) che quest’anno ricorre anche il 150° an- niversario della morte di Camillo Benso conte di Cavour (10 agosto 1810-6 giugno 1861). A noi questa ricorrenza sta invece molto a cuore, perché ci serve a ricordare ancora che a Torino, a fianco di Cavour, operò fin dal 1847 Giuseppe Massari (1821-1884), di famiglia ba- rese ma nato a Taranto. A questo personaggio ormai quasi dimenticato nella storia italiana e anche in quella della Puglia, sta tributando in- vece il dovuto tributo la pubblicazione dell’Epi- stolario di Cavour, appena completata dalla ca- sa editrice fiorentina Leo S. Olschki. Si vedano in particolare i volumi XV e XVI, che raccol- gono i documenti dei cruciali anni 1859 e 1860. Una prima osservazione. Le note dei cura- tori di quest’opera costituiscono importanti contributi filologici allo studio del Cavour: so- no il risultato di ricerche bibliografiche e d’ar- chivio che consentono di inquadrare storicamente tutta quella corrispon- denza, guidando perfino a orientarsi nelle contin- genze politiche in cui quelle carte vennero com- pilate. Venendo al nostro Mas- sari, il ritenere che egli fosse un semplice segre- tario, come risultava dall’organico del primo ministro, sarebbe ingiu- stamente riduttivo. Egli, che a Torino era andato esule per sfuggire a una condanna a morte del tri- bunale borbonico, ebbe con Cavour un rapporto di collaborazione molto intenso, che si trasformò in amicizia. Il presidente del Consiglio di lui aveva fiducia piena, lo faceva assistere a delicati collo- qui con personalità del re- gno piemontese e con rap- presentanti diplomatici stranieri e si consigliava con lui. Massari, che par- lava italiano, francese, in- glese e tedesco, aveva an- che l’incarico di coltivare quelle relazioni al di là dei colloqui protocollari. Talvolta Massari venne utilizzato dal presi- dente in missioni segrete, specialmente in To- scana, dove erano sorti dei problemi col gran- duca Ferdinando IV (1835-1908), che tendeva a rallentare l’unificazione o a darle un corso di- verso dalla pura piemontizzazione. Un’altra missione Massari l’aveva compiuta nel 1848, quanto, giovanissimo, andò a farsi eleggere al Parlamento napoletano. Quell’im- presa, rischiosissima, ebbe termine quando il Massari dovette lasciare Napoli, appena in tempo per non farsi arrestare dalla polizia bor- bonica. Nel 1859 ritroviamo Giuseppe Massari impegnato, oltre che a Torino, in alcune ope- razioni nel centro d’Italia. Nel 1860 Massari è attivo nelle delicatissime trattative diplomatiche che dovevano portare alla conquista di Napoli, punto di arrivo del processo unitario. Quell’operazione presenta- va notevoli rischi d’insuccesso. Cavour voleva sventare la conquista da parte di Giuseppe Ga- ribaldi (1807-1882), perché aveva deciso che do- vesse essere invece Torino protagonista di quella fase. Per queste ragioni egli aveva se- gretamente inviato delle armi al ministro di polizia borbonico, il sa- lentino Liborio Romano (1793-1867), che operava una segretissima triango- lazione fra Cavour, Gari- baldi e se stesso. La storia dell’Unità d’Italia è segnata in cano- ni che si perpetuano. So- no pagine nelle quali le verità e la retorica proce- dono di pari passo, e di pari passo si sono conso- lidati anche alcuni angoli oscuri. Ai quali non pen- sa più nessuno. Conosce- re i fatti e i loro retrosce- na reali può portare per- fino a una più orgogliosa consapevolezza del nostro essere italiani. In tale di- rezione, la pubblicazione dell’Epistolario di Cavour presenta uno straordina- rio interesse. l «Epistolario» di Ca- millo Benso di Cavour, vo- lume XV (1858), a cura di Carlo Pischedda (Olschki ed., pp. XII-1040, euro 131); volume XVI, a cura di Carlo Pischedda e Rosan- na Roccia (Olschki ed., pp. XL-1412, euro 167). di SERGIO D’AMARO Q uando si pensa a Cristanziano Ser- ricchio ci si riferisce ormai ad un mondo letterario che ha attraversato e metabolizzato gran parte del No- vecento. Serricchio è lì, nella sua officina fan- tastica di Manfredonia, a forgiare le sue creature e le sue storie in un nutriente scambio tra passato e presente. Non è rimasto in retro- guardia, ed ha apprezzato quel che il tempo ha saputo proporgli in arricchimento di idee e in superamento di delusioni. La sua fiducia nella vita e nella scrittura è intatta, se a quasi no- vant’anni riesce a pubblicare contemporanea- mente su diversi fronti, non negandosi anche il piacere del testo teatrale. Recentemente lo scrittore ha ricordato i suoi primi inizi con la penna, il magico momento in cui dall’esercizio scolastico passò ad uno scatto conoscitivo diverso, confortato dai famigliari più stretti: «Mia madre - ha detto Serricchio - mi sorrideva e si chinava su di me accarezzandomi mentre scarabocchiavo le prime invenzioni poe- tiche sul quaderno. Poi mio fratello Niccolò, il primo di molti figli, che mi è stato maestro per tanti aspetti e mi ha invogliato negli anni Cin- quanta a pubblicare il mio primo libretto di poesie Nubilo et sereno». Tanti poi sono stati gli incontri e i maestri che hanno accompagnato la sua vicenda, fino al premio «Una vita per la poesia» conferitogli qualche anno fa da Mario Luzi. Il suo nuovo romanzo, Seppina degli sciali, ritorna a guardare ancora una volta al suo Sud, a quell’angolo di Tavoliere che confina col mare e testimonia di un rapporto antichissimo tra cultura dell’interno e cultura degli scambi aper- ti. Qui sullo sfondo degli «sciali», ovvero delle strisce di sabbia che connotano questo terri- torio, la protagonista Seppina, nata in un’umile famiglia colpita dalla morte prematura del padre e dalla malattia della madre, riesce a costruire pian piano una sua emancipazione. Fidando nella sua dignità, affrontando il periodo dif- ficilissimo dell’ultima guerra, studiando e la- vorando Seppina riesce a diventare infermiera. Serricchio gioca abilmente la sua opera su un doppio piano temporale: quello di un presente, in cui Seppina assiste ad un intervento chirurgico, e quello di un passato, in cui ella rievoca le successive sequenze della sua vita con un pia- cevole effetto di flash-back. La storia scorre ricca di drammatiche svolte, di piccole conquiste, di lontani amori adolescenziali, di teneri abban- doni ad un progetto migliore di vita. Si giunge così al riscatto pieno della fragilità e dell’ap- parente inermità della protagonista e al rag- giungimento dell’obiettivo più difficile, e cioè l’amore rivelatosi inopinatamente tra le pareti dell’asettico ambiente medico. Tra lirismo e naturalismo, l’autore sa re- stituirci uno spaccato esistenziale e sociale di forte esemplarità. Antidoto questa operazione, diciamolo francamente, a tanta letteratura di oggi schiacciata sulla cronaca e su effetti ma- nieristici carenti di un effettivo coinvolgimento di senso. l «Seppina degli sciali» di Cristanziano Ser- ricchio (Progedit, pp. 210, euro 20). CAVOUR Morì pochi mesi dopo l’Unità Vetrina DA BIRMINGHAM A MAIORCA CON DUECENTO PASSEGGERI Volerà a fine luglio il primo «aereo-bio» Il suo carburante sarà l’olio della frittura n Arriva l’«aereo bio» in Gran Bretagna. A fine luglio i passeggeri di un Boeing 757 della Thomson Airways voleranno da Birmingham a Palma di Maiorca su un jet alimentato con un olio usato per le frit- ture. Il carburante che alimenterà i due motori Rolls Royce del Bo- eing sarà ricavato da olio di cottura di ristoranti americani raffinato in Louisiana dalla ditta specializzata Dynamic Fuels. Le autorità britanniche sostengono che nessun pericolo verrà ai 232 passeggeri del jet della Tui Travel, il primo tour operator europeo, né che odori particolari si sprigioneranno in cabina durante il volo. Ma poiché il carburante (mescolato al 50% con paraffina) non è a base di idro- carburi, il volo tra Birmingham e Palma potrebbe aiutare l’indu- stria dell’aviazione civile ad avvicinarsi al target posto dal governo di Londra di ridurre del 50% le emissioni inquinanti entro il 2025. Il volo della Thomson arriva dopo il primissimo test senza passeggeri di un Jumbo Virgin alimentato a olio di noci di cocco nel 2008 e quello di mercoledì scorso operato dalla Klm con un Boeing 737 che ha viaggiato tra Amsterdam e Parigi con 171 passeggeri a bordo usando la stessa mistura di olio da cottura riciclato e paraffina. F in da bambino aveva le idee chiare e il suo slogan era di non essere fraid a nothing, di non avere paura di niente. Insom- ma fin dall’infanzia Ernest Hemingway - primo figlio maschio e secondogenito di Grace Hall e del dottor Clarence - dimostrava quella sbruffoneria e capa- cità di fare di se stesso il migliore dei suoi personaggi come poi dimostrerà negli scarsi, ma intensi, 62 anni di vita. Una vita che si concluse giusto il 2 luglio di 50 anni fa, con il suicidio, e che Linda Wagner-Martin racconta in modo avvincente e documentato in Una vita da romanzo in uscita da Castelvecchi (pp. 308, euro 18.50). Era bravo a scuola, meno nella musica - suonava il violoncello - ed apprezzato studente in scienze, latino, matematica, e biologia, tanto da guadagnare nel 1917 - ultimo anno delle sue superiori - il titolo di «Profeta di classe». Il suo talento di scrittore era già riconosciuto allora. Poi venne la guerra, che durò solo poco più di un mese per lui ma gli costò 227 frammenti di metallo conficcati nelle gambe. E i giornali statunitensi lo ac- clamarono come eroe. Ma nell’ospedale della Croce rossa americana a Milano, in Via Manzoni 10, non lontano dal Duomo, visse la sua prima esperienza significativa: l’amore per Agnes. Pensava che l’avrebbe spo- sata, ma ricevette un rifiuto che pesò su tutta la sua vita. Ernest convolò comun- que molto presto a nozze con la prima delle donne importanti della sua vita, Hadley Richardson, la prima moglie che prestissimo si accollò volontariamente il sostegno pratico ed economico della casa per lasciare che Ernest si dedicasse completamente alla scrittura. Poi venne la seconda moglie Pauline Pfeiffer, a cui seguirono anche i matrimoni con Mar- tha Gellhorn e Mary Welsh che nono- stante i suoi insulti, gli eccessi d’ira dovuti all’alcol, e i tradimenti anche se solo immaginari con giovani muse, ri- mase al suo fianco fino alla fine. Così come non gli mancarono mai il sostegno delle sorelle Ursula e Sunny, e soprattutto la spinta della convinzione della madre Grace. Il suo tormento invece furono sempre i soldi, da quando, agli inizi pubblicò i primi libriccini di racconti con i quali non guadagnava mai nulla, ma si dan- nava per non tornare a fare il freelance per i giornali di Toronto. Ancora negli ultimi giorni della sua esistenza, oramai celebre, e nonostante avesse raggiunto il vertice della fortuna letteraria vincendo il Premio Pulitzer e anche il Nobel, Hemingway continuava ad essere tormentato dalle questioni economiche così come dall’ossessione di essere oggetto di spionaggio, non tanto per le sue idee quanto per le sue fre- quentazioni. Nella sua vita insomma ri- maneva la paura, anche quella della de- cadenza fisica «e soprattutto - scrive Lin- da Wagner-Martin - la paura di diven- tare qualcun altro. Il ricordo della sua ultima visita a Oak Park nell’autunno del 1928, con il padre irriconoscibile e prossimo al suicidio lo tormentava. Era quello il sangue che scorreva nelle sue vene». [Elisabetta Stefanelli] Tante donne intorno a lui e un assillante tormento: la decadenza fisica e la morte. Suicida, come suo padre Hemingway, la paura dello sbruffone Moriva 50 anni fa lo scrittore americano. «Una vita da romanzo», biografia di Linda Wagner-Martin LA RIBELLIONE SCOPPIA IN RETE Giovani al computer. A sinistra, ragazze egiziane in piazza Tahrir al Cairo. Sotto, il presidente americano Obama INTERNET & POLITICA IL PROGETTO DI OBAMA DI UNA «RETE OMBRA» PER AGEVOLARE LA PRESA DI COSCIENZA DEI GIOVANI RIBELLI NEL MONDO Sul popolo web la Libertà americana Per censurare la censura E in Italia una pericolosa legge . Alcuni giorni fa è stato annunciato il pro- getto della Casa Bianca di creare una Internet mobile alternativa, una «rete ombra» wireless, ovvero «senza fili», che impedirebbe in qual- che modo di censurare la libera opinione su Internet: l’intento è di ideare quasi un «web fantasma» per agevolare le esternazioni dei popoli che reagiscono a governi dittatoriali, dall’Egitto alla Cina... Naturalmente questa si prospetta come un’ar- ma a doppio taglio. E interverrebbe in una le- gislazione abbastanza complicata, che implica anche crimini contro la violazione di privacy, del copyright e di altro. Di recente, al proposito, in Italia sembra che si voglia invece imporre una pesante censura al- la Rete limitandone l’accesso all’informazione. Forse pochi sanno che dal 6 luglio prossimo, da noi, entreranno in vigore nuove norme vo- lute non certo dal popolo del web: è la «Deli- bera Agcom 668/2010», che consentirà all’Ag- com, senza ricorso alla magistratura (il che ap- pare gravissimo) la possibilità di inibire in ma- niera totale la visibilità e l’accesso a siti, anche se posti fuori dal territorio italiano, rimuoven- do in modo automatico «contenuti anche solo sospettati di violare le norme sul copyright». Ci vuol poco a comprendere che ciò equivale al requiem di Internet. Intanto il popolo del web si sta già attrezzando per protestare. [v. cat.] di VITTORIO CATANI S econdo quanto riportato ai primi di giu- gno dal «New York Times», la Casa Bian- ca sta sostenendo notevoli sforzi finan- ziari per creare una Internet mobile al- ternativa, una «rete ombra» wireless, ovvero «sen- za fili», che eviterebbe il passaggio attraverso i percorsi obbligati tradizionali, intercettabili. Un web fantasma ideato su misura per popolazioni che reagiscono a governi dittatoriali. In Egitto, Iran, Siria, Libia, Cina e altrove, il dissenso viene in- fatti colpito bloc- cando anzitutto Internet e teleco- municazioni: le poche notizie e im- magini che riesco- no a filtrare ci per- vengono proprio grazie al web, a Twitter, ai cel- lulari. Pentagono e Dipartimento di Stato avrebbero speso 50 milioni di dollari in Afghanistan per creare una rete indipendente di telefonia mobile che usa i ripetitori delle basi militari, per con- trastare lo spegnimento della rete afghana uf- ficiale da parte dei taleban. Uno stanziamento di 2 milioni di dollari riguarderebbe invece un pro- gramma definito «Internet in valigia»: un piccolo bagaglio portatile, una sorta di kit online con- trabbandabile oltre i confini e dotato di comu- nicazioni wireless collegate alla rete Internet mondiale. A guidare questo nuovo corso è il Capo del Dipartimento, Hillary Clinton, che ha dichiarato: «Nel mondo vediamo sempre più persone usare le nuove tecnologie della comunicazione per dar for- za alla loro voce e alle loro proteste, per realizzare libertà e democrazia (…). L’America vuole favo- rire questo dialogo reciproco delle persone, delle comunità, dei governi con il mondo». Un progetto del genere prevede il coinvolgi- mento di decine di tecnici in grado di creare un sistema parallelo aggirando le censure. Costoro sono ovviamente i famosi hacker: esperti che vi- vono in una sorta di penombra, talora perseguiti, talaltra richiesti e profumatamente pagati da aziende, se non dallo Stato, per le loro preziose competenze. Sembrerebbero davvero lontani i tempi della Guerra fredda, in cui gli Usa spesso si imponevano al mondo con golpe e colpi di Stato pilotati e sbandieravano - così come l’Urss - la minaccia-ricatto d’una guerra atomica. Ma la Guerra fredda non è mai terminata: ha solo preso altre strade, e oggi viene combattuta con nuove armi, le telecomunicazioni. C’è chi ha definito queste ultime come ten- denzialmente «più pericolose di qualsiasi bomba o carro armato». Non a torto. A parte quanto av- viene nel Medio Oriente grazie a cellulari e Twit- ter, troviamo esempi (inpositivo) in casa nostra: nell’ultimo anno abbiamo assistito a partecipa- zioni di popolo che fanno impallidire il Sessan- totto. Il Popolo viola, gli scioperi, il movimento delle donne «Se non ora quando», i gruppi di protesta attestati per mesi su terrazze, coloro che si riunivano nelle piazze o dinanzi alle sedi go- vernative: una marea di gente che ha realizzato una condivisione collettiva di intenti, di tempi e luoghi, una sorta di fusione anche psichica grazie alla istantaneità del comunicare, alla contempo- raneità dell’agire. Manila (Filippine), gennaio 2001: «Settanta mi- lioni di messaggi sms. Così i dimostranti filippini, giunti da ogni parte nella capitale, hanno orga- nizzato la rivolta che ha provocato la caduta del presidente Joseph Estrada, 63 anni, accusato di corruzione (…). Scrivendo con il cellulare, decine di migliaia di giovani si sono tenuti in contatto da una parte all’altra della città, dandosi appunta- mento sull’Edsa, il viale simbolo della rivolta di quindici anni prima contro il dittatore Ferdinand Marcos». Questo evento, citato anche dal sociologo Howard Rheingold nel suo libro del 2003 Smart Mobs («Folle intelligenti»), a suo tempo ebbe gran- de risonanza e già evidenziava alcune potenzialità pacifiche delle nuove «armi», capaci di andare oltre la massificazione e l’isolamento, per una maggiore cooperazione. E sono proprio queste peculiari caratteristiche «pacifiche» che terrorizzano i governi. Nell’era della comunicazione globale, si tenta di imba- vagliare la comunicazione globale. Demonizzan- dola, invocando una privacy talora inesistente, ingigantendo aspetti negativi, favorendo leggi censorie. Il popolo del web si sta ribellando: basta leggere siti degli Usa, della Spagna, Francia, per- fino della Finlandia, la terra dei telefonini. Julian Assange è agli arresti domiciliari per aver osato pubblicare notizie «vietate» o coperte Dall’Egitto alla Cina la protesta corre «senza fili». Così la Casa Bianca vorrebbe agevolarla dal segreto di stato sul sito Wikileaks: ma in verità, non ci risulta che la marea di fatti rigurgitati da Assange abbia provocato immensi disastri. Di- remmo anzi che, paradossalmente, non è accaduto nulla e anzi la gente sembra essersi (purtroppo) assuefatta a questa roba. Il sito Wikileaks italiano risulta al momento fermo al 18 giugno, e tra le notizie d’una certa importanza figura un articolo di Assange che recita: «Facebook è la più spa- ventosa macchina di spionaggio mai inventata.È la più grande banca dati mondiale sui cittadini, sulle loro amicizie, i loro nomi, i loro indirizzi, la loro localizzazione e le loro comunicazioni, i loro gusti e desideri, i loro parenti, tutto pronto negli Usa, a disposizione dell’intelligence americana (…). Facebook, Google, Yahoo (…) hanno costruito un’interfaccia per l’intelligence Usa». In realtà spaventa e fa riflettere il potere che questi colossi, anche economici, hanno acquisito e continuano ad acquisire. È la doppia faccia dell’era informatica. E fino a ieri non aveva pro- prio il governo Obama - che ora pubblicizza una «internet libera» per popoli oppressi - tuonato contro Assange? Il nocciolo è che l’anonimità e il basso costo di Internet la rendono utilizzabile da chiunque voglia esprimere pareri non popolari o non convenzionali, o desideri trovare notizie ir- reperibili in certa stampa corrente. Apprendiamo intanto che case cinematogra- fiche si contendono a suon di milioni di dollari i diritti per un film sulla storia Assange-Wikileaks. Inevitabile, forse. Ma dal dramma passiamo alla farsa e al finale hollywoodiano: esattamente in linea, o meglio on line, con i nostri tempi. HEMINGWAY Lo scrittore Usa con Jean Patchett (foto del 1950) Media Luna, l’isolotto cubano della caccia ai nazisti L’isolotto di Media Luna, davanti alla costa settentrionale di Cuba, fu durante la seconda guerra mondiale la base logistica di una «caccia» ai sottomarini nazisti intrapresa dallo scrittore americano Ernest Hemingway. Sull’isola caraibica lo scrittore passò gli ultimi anni della sua vita, anni produttivi da un punto di vista ar- tistico ed intensi per quanto riguarda la vita privata. Nell’ambito degli eventi orga- nizzati per il 50° della sua morte i media cubani hanno ricordato che la sua batta- glia antinazista fu altrettanto attiva, e si svolse nel mare che era solito navigare a bordo della sua barca, «Pilar»: mare che amava a tal punto da avergli dedicato il romanzo «Isole del golfo». Media Luna era uno dei suoi luoghi preferiti. Quando i sottomarini tedeschi inco- minciarono a imperversare nei mari caraibici, Hemingway abbandonò le attività di pesca, dando appunto inizio alla «caccia» al nemico. Niente di casuale o improvvi- sato, visto che lo scrittore presentò un piano a Washington attraverso l’allora am- basciatore americano a Cuba, Spruille Braden, che riuscì a farlo approvare.

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Sabato 2 luglio 201126 Sabato 2 luglio 2011 27

C U LT U R A &S P E T TAC O L IPER I 150 ANNI DALLA MORTE DELLO STATISTA CONCLUSA LA PUBBLICAZIONE DELLE LETTERE

Tutti gli uominidi Cavour al SudMassari e Liborio Romano nell’« E p i st o l a r i o »

IL ROMANZO DEL POETA DI MANFREDONIA

Serricchiomemoriedal Tavoliere«Seppina degli sciali»

di NICO PERRONE

Chi sa perché, nelle celebrazioni gior-nalistiche, televisive e radiofonichedei 150 anni dell’Unità d’Italia, «LaGazzetta del Mezzogiorno» sia rima-

sta quasi isolata nel ricordarsi (19 e 29 maggio2011) che quest’anno ricorre anche il 150° an-niversario della morte di Camillo Benso contedi Cavour (10 agosto 1810-6 giugno 1861).

A noi questa ricorrenza sta invece molto acuore, perché ci serve a ricordare ancora che aTorino, a fianco di Cavour, operò fin dal 1847Giuseppe Massari (1821-1884), di famiglia ba-rese ma nato a Taranto. A questo personaggioormai quasi dimenticato nella storia italiana eanche in quella della Puglia, sta tributando in-vece il dovuto tributo la pubblicazione dell’Epi -stolario di Cavour, appena completata dalla ca-sa editrice fiorentina Leo S. Olschki. Si vedanoin particolare i volumi XV e XVI, che raccol-gono i documenti dei cruciali anni 1859 e 1860.

Una prima osservazione. Le note dei cura-tori di quest’opera costituiscono importanticontributi filologici allo studio del Cavour: so-no il risultato di ricerche bibliografiche e d’ar -chivio che consentono diinquadrare storicamentetutta quella corrispon-denza, guidando perfino aorientarsi nelle contin-genze politiche in cuiquelle carte vennero com-p i l at e.

Venendo al nostro Mas-sari, il ritenere che eglifosse un semplice segre-tario, come risultavadall’organico del primoministro, sarebbe ingiu-stamente riduttivo. Egli,che a Torino era andatoesule per sfuggire a unacondanna a morte del tri-bunale borbonico, ebbecon Cavour un rapportodi collaborazione moltointenso, che si trasformòin amicizia. Il presidentedel Consiglio di lui avevafiducia piena, lo facevaassistere a delicati collo-qui con personalità del re-gno piemontese e con rap-presentanti diplomaticistranieri e si consigliavacon lui. Massari, che par-lava italiano, francese, in-glese e tedesco, aveva an-che l’incarico di coltivarequelle relazioni al di là

dei colloqui protocollari.Talvolta Massari venne utilizzato dal presi-

dente in missioni segrete, specialmente in To-scana, dove erano sorti dei problemi col gran-duca Ferdinando IV (1835-1908), che tendeva arallentare l’unificazione o a darle un corso di-verso dalla pura piemontizzazione.

U n’altra missione Massari l’aveva compiutanel 1848, quanto, giovanissimo, andò a farsieleggere al Parlamento napoletano. Quell’im -presa, rischiosissima, ebbe termine quando ilMassari dovette lasciare Napoli, appena intempo per non farsi arrestare dalla polizia bor-bonica. Nel 1859 ritroviamo Giuseppe Massariimpegnato, oltre che a Torino, in alcune ope-razioni nel centro d’Italia.

Nel 1860 Massari è attivo nelle delicatissimetrattative diplomatiche che dovevano portarealla conquista di Napoli, punto di arrivo delprocesso unitario. Quell’operazione presenta-va notevoli rischi d’insuccesso. Cavour volevasventare la conquista da parte di Giuseppe Ga-ribaldi (1807-1882), perché aveva deciso che do-vesse essere invece Torino protagonista diquella fase. Per queste ragioni egli aveva se-gretamente inviato delle armi al ministro di

polizia borbonico, il sa-lentino Liborio Romano(1793-1867), che operavauna segretissima triango-lazione fra Cavour, Gari-baldi e se stesso.

La storia dell’Unitàd’Italia è segnata in cano-ni che si perpetuano. So-no pagine nelle quali leverità e la retorica proce-dono di pari passo, e dipari passo si sono conso-lidati anche alcuni angolioscuri. Ai quali non pen-sa più nessuno. Conosce-re i fatti e i loro retrosce-na reali può portare per-fino a una più orgogliosaconsapevolezza del nostroessere italiani. In tale di-rezione, la pubblicazionedell’Epistolario di Cavourpresenta uno straordina-rio interesse.

l «Epistolario» di Ca-millo Benso di Cavour, vo-lume XV (1858), a cura diCarlo Pischedda (Olschkied., pp. XII-1040, euro 131);volume XVI, a cura diCarlo Pischedda e Rosan-na Roccia (Olschki ed., pp.XL-1412, euro 167).

di SERGIO D’AMARO

Quando si pensa a Cristanziano Ser-ricchio ci si riferisce ormai ad unmondo letterario che ha attraversatoe metabolizzato gran parte del No-

vecento. Serricchio è lì, nella sua officina fan-tastica di Manfredonia, a forgiare le sue creaturee le sue storie in un nutriente scambio trapassato e presente. Non è rimasto in retro-guardia, ed ha apprezzato quel che il tempo hasaputo proporgli in arricchimento di idee e insuperamento di delusioni. La sua fiducia nellavita e nella scrittura è intatta, se a quasi no-va n t ’anni riesce a pubblicare contemporanea-mente su diversi fronti, non negandosi anche ilpiacere del testo teatrale.

Recentemente lo scrittore ha ricordato i suoiprimi inizi con la penna, il magico momento incui dall’esercizio scolastico passò ad uno scattoconoscitivo diverso, confortato dai famigliaripiù stretti: «Mia madre - ha detto Serricchio - misorrideva e si chinava su di me accarezzandomimentre scarabocchiavo le prime invenzioni poe-tiche sul quaderno. Poi mio fratello Niccolò, ilprimo di molti figli, che mi è stato maestro pertanti aspetti e mi ha invogliato negli anni Cin-quanta a pubblicare il mio primo libretto dipoesie Nubilo et sereno». Tanti poi sono stati gliincontri e i maestri che hanno accompagnato lasua vicenda, fino al premio «Una vita per lapoesia» conferitogli qualche anno fa da MarioLuzi.

Il suo nuovo romanzo, Seppina degli sciali,ritorna a guardare ancora una volta al suo Sud,a quell’angolo di Tavoliere che confina col maree testimonia di un rapporto antichissimo tracultura dell’interno e cultura degli scambi aper-ti. Qui sullo sfondo degli «sciali», ovvero dellestrisce di sabbia che connotano questo terri-torio, la protagonista Seppina, nata in un’umilefamiglia colpita dalla morte prematura del padree dalla malattia della madre, riesce a costruirepian piano una sua emancipazione. Fidandonella sua dignità, affrontando il periodo dif-ficilissimo dell’ultima guerra, studiando e la-vorando Seppina riesce a diventare infermiera.

Serricchio gioca abilmente la sua opera su undoppio piano temporale: quello di un presente, incui Seppina assiste ad un intervento chirurgico,e quello di un passato, in cui ella rievoca lesuccessive sequenze della sua vita con un pia-cevole effetto di flash-back. La storia scorre riccadi drammatiche svolte, di piccole conquiste, dilontani amori adolescenziali, di teneri abban-doni ad un progetto migliore di vita. Si giungecosì al riscatto pieno della fragilità e dell’ap -parente inermità della protagonista e al rag-giungimento dell’obiettivo più difficile, e cioèl’amore rivelatosi inopinatamente tra le paretidell’asettico ambiente medico.

Tra lirismo e naturalismo, l’autore sa re-stituirci uno spaccato esistenziale e sociale diforte esemplarità. Antidoto questa operazione,diciamolo francamente, a tanta letteratura dioggi schiacciata sulla cronaca e su effetti ma-nieristici carenti di un effettivo coinvolgimentodi senso.

l «Seppina degli sciali» di Cristanziano Ser-ricchio (Progedit, pp. 210, euro 20).

C AVO U R Morì pochi mesi dopo l’Unità

Ve t r i n aDA BIRMINGHAM A MAIORCA CON DUECENTO PASSEGGERI

Volerà a fine luglio il primo «aereo-bio»Il suo carburante sarà l’olio della fritturan Arriva l’«aereo bio» in Gran Bretagna. A fine luglio i passeggeri di

un Boeing 757 della Thomson Airways voleranno da Birmingham aPalma di Maiorca su un jet alimentato con un olio usato per le frit-ture. Il carburante che alimenterà i due motori Rolls Royce del Bo-eing sarà ricavato da olio di cottura di ristoranti americani raffinatoin Louisiana dalla ditta specializzata Dynamic Fuels. Le autoritàbritanniche sostengono che nessun pericolo verrà ai 232 passeggeridel jet della Tui Travel, il primo tour operator europeo, né che odoriparticolari si sprigioneranno in cabina durante il volo. Ma poiché ilcarburante (mescolato al 50% con paraffina) non è a base di idro-carburi, il volo tra Birmingham e Palma potrebbe aiutare l’indu -stria dell’aviazione civile ad avvicinarsi al target posto dal governodi Londra di ridurre del 50% le emissioni inquinanti entro il 2025. Ilvolo della Thomson arriva dopo il primissimo test senza passeggeridi un Jumbo Virgin alimentato a olio di noci di cocco nel 2008 equello di mercoledì scorso operato dalla Klm con un Boeing 737 cheha viaggiato tra Amsterdam e Parigi con 171 passeggeri a bordousando la stessa mistura di olio da cottura riciclato e paraffina.

Fin da bambino aveva le ideechiare e il suo slogan era di nonessere fraid a nothing, di nonavere paura di niente. Insom-

ma fin dall’infanzia Ernest Hemingway- primo figlio maschio e secondogenitodi Grace Hall e del dottor Clarence -dimostrava quella sbruffoneria e capa-cità di fare di se stesso il migliore deisuoi personaggi come poi dimostrerànegli scarsi, ma intensi, 62 anni di vita.

Una vita che si concluse giusto il 2luglio di 50 anni fa, con il suicidio, e cheLinda Wagner-Martin racconta in modoavvincente e documentato in Una vitada romanzo in uscita da Castelvecchi(pp. 308, euro 18.50).

Era bravo a scuola, meno nella musica- suonava il violoncello - ed apprezzatostudente in scienze, latino, matematica,e biologia, tanto da guadagnare nel 1917- ultimo anno delle sue superiori - iltitolo di «Profeta di classe». Il suo talento

di scrittore era già riconosciuto allora.Poi venne la guerra, che durò solo pocopiù di un mese per lui ma gli costò 227frammenti di metallo conficcati nellegambe. E i giornali statunitensi lo ac-clamarono come eroe.

Ma nell’ospedale della Croce rossaamericana a Milano, in Via Manzoni 10,non lontano dal Duomo, visse la suaprima esperienza significativa: l’a m o reper Agnes. Pensava che l’avrebbe spo-sata, ma ricevette un rifiuto che pesò sututta la sua vita. Ernest convolò comun-que molto presto a nozze con la primadelle donne importanti della sua vita,Hadley Richardson, la prima moglie cheprestissimo si accollò volontariamente

il sostegno pratico ed economico dellacasa per lasciare che Ernest si dedicassecompletamente alla scrittura. Poi vennela seconda moglie Pauline Pfeiffer, a cuiseguirono anche i matrimoni con Mar-tha Gellhorn e Mary Welsh che nono-stante i suoi insulti, gli eccessi d’iradovuti all’alcol, e i tradimenti anche sesolo immaginari con giovani muse, ri-mase al suo fianco fino alla fine.

Così come non gli mancarono mai ilsostegno delle sorelle Ursula e Sunny, esoprattutto la spinta della convinzionedella madre Grace.

Il suo tormento invece furono semprei soldi, da quando, agli inizi pubblicò iprimi libriccini di racconti con i quali

non guadagnava mai nulla, ma si dan-nava per non tornare a fare il freelanceper i giornali di Toronto.

Ancora negli ultimi giorni della suaesistenza, oramai celebre, e nonostanteavesse raggiunto il vertice della fortunaletteraria vincendo il Premio Pulitzer eanche il Nobel, Hemingway continuavaad essere tormentato dalle questionieconomiche così come dall’ossessione diessere oggetto di spionaggio, non tantoper le sue idee quanto per le sue fre-quentazioni. Nella sua vita insomma ri-maneva la paura, anche quella della de-cadenza fisica «e soprattutto - scrive Lin-da Wagner-Martin - la paura di diven-tare qualcun altro. Il ricordo della suaultima visita a Oak Park nell’autunnodel 1928, con il padre irriconoscibile eprossimo al suicidio lo tormentava. Eraquello il sangue che scorreva nelle sueve n e » .

[Elisabetta Stefanelli]

Tante donne intorno a luie un assillante tormento: la

decadenza fisica e la morte.Suicida, come suo padre

Hemingway, la paura dello sbruffoneMoriva 50 anni fa lo scrittore americano. «Una vita da romanzo», biografia di Linda Wagner-Martin

LARIBELLIONESCOPPIAIN RETEGiovanial computer.A sinistra,ragazzeegizianein piazzaTa h r i ral Cairo.Sotto,il presidenteamericanoObama

INTERNET & POLITICA IL PROGETTO DI OBAMA DI UNA «RETE OMBRA» PER AGEVOLARE LA PRESA DI COSCIENZA DEI GIOVANI RIBELLI NEL MONDO

Sul popolo webla Libertà americana

Per censurare la censuraE in Italia una pericolosa legge.

Alcuni giorni fa è stato annunciato il pro-getto della Casa Bianca di creare una Internetmobile alternativa, una «rete ombra» wireless,ovvero «senza fili», che impedirebbe in qual-che modo di censurare la libera opinione suInternet: l’intento è di ideare quasi un «webfantasma» per agevolare le esternazioni deipopoli che reagiscono a governi dittatoriali,dall’Egitto alla Cina...Naturalmente questa si prospetta come un’ar -ma a doppio taglio. E interverrebbe in una le-gislazione abbastanza complicata, che implicaanche crimini contro la violazione di privacy,del copyright e di altro.Di recente, al proposito, in Italia sembra che sivoglia invece imporre una pesante censura al-la Rete limitandone l’accesso all’informazione.Forse pochi sanno che dal 6 luglio prossimo,da noi, entreranno in vigore nuove norme vo-lute non certo dal popolo del web: è la «Deli-bera Agcom 668/2010», che consentirà all’Ag -com, senza ricorso alla magistratura (il che ap-pare gravissimo) la possibilità di inibire in ma-niera totale la visibilità e l’accesso a siti, anchese posti fuori dal territorio italiano, rimuoven-do in modo automatico «contenuti anche solosospettati di violare le norme sul copyright».Ci vuol poco a comprendere che ciò equivaleal requiem di Internet. Intanto il popolo delweb si sta già attrezzando per protestare.

[v. cat.]

di VITTORIO CATANI

Secondo quanto riportato ai primi di giu-gno dal «New York Times», la Casa Bian-ca sta sostenendo notevoli sforzi finan-ziari per creare una Internet mobile al-

ternativa, una «rete ombra» wireless, ovvero «sen-za fili», che eviterebbe il passaggio attraverso ipercorsi obbligati tradizionali, intercettabili. Unweb fantasma ideato su misura per popolazioniche reagiscono a governi dittatoriali. In Egitto,

Iran, Siria, Libia,Cina e altrove, ildissenso viene in-fatti colpito bloc-cando anzituttoInternet e teleco-municazioni: lepoche notizie e im-magini che riesco-no a filtrare ci per-

vengono proprio grazie al web, a Twitter, ai cel-lulari.

Pentagono e Dipartimento di Stato avrebberospeso 50 milioni di dollari in Afghanistan percreare una rete indipendente di telefonia mobileche usa i ripetitori delle basi militari, per con-trastare lo spegnimento della rete afghana uf-ficiale da parte dei taleban. Uno stanziamento di 2milioni di dollari riguarderebbe invece un pro-gramma definito «Internet in valigia»: un piccolobagaglio portatile, una sorta di kit online con-trabbandabile oltre i confini e dotato di comu-nicazioni wireless collegate alla rete Internet

m o n d i a l e.A guidare questo nuovo corso è il Capo del

Dipartimento, Hillary Clinton, che ha dichiarato:«Nel mondo vediamo sempre più persone usare lenuove tecnologie della comunicazione per dar for-za alla loro voce e alle loro proteste, per realizzarelibertà e democrazia (…). L’America vuole favo-rire questo dialogo reciproco delle persone, dellecomunità, dei governi con il mondo».

Un progetto del genere prevede il coinvolgi-mento di decine di tecnici in grado di creare unsistema parallelo aggirando le censure. Costorosono ovviamente i famosi hacker: esperti che vi-vono in una sorta di penombra, talora perseguiti,talaltra richiesti e profumatamente pagati daaziende, se non dallo Stato, per le loro preziosecompetenze. Sembrerebbero davvero lontani itempi della Guerra fredda, in cui gli Usa spesso siimponevano al mondo con golpe e colpi di Statopilotati e sbandieravano - così come l’Urss - laminaccia-ricatto d’una guerra atomica. Ma laGuerra fredda non è mai terminata: ha solo presoaltre strade, e oggi viene combattuta con nuovearmi, le telecomunicazioni.

C’è chi ha definito queste ultime come ten-denzialmente «più pericolose di qualsiasi bomba ocarro armato». Non a torto. A parte quanto av-viene nel Medio Oriente grazie a cellulari e Twit-ter, troviamo esempi (in positivo) in casa nostra:nell’ultimo anno abbiamo assistito a partecipa-zioni di popolo che fanno impallidire il Sessan-totto. Il Popolo viola, gli scioperi, il movimentodelle donne «Se non ora quando», i gruppi diprotesta attestati per mesi su terrazze, coloro che

si riunivano nelle piazze o dinanzi alle sedi go-vernative: una marea di gente che ha realizzatouna condivisione collettiva di intenti, di tempi eluoghi, una sorta di fusione anche psichica graziealla istantaneità del comunicare, alla contempo-raneità dell’a gire.

Manila (Filippine), gennaio 2001: «Settanta mi-lioni di messaggi sms. Così i dimostranti filippini,giunti da ogni parte nella capitale, hanno orga-nizzato la rivolta che ha provocato la caduta delpresidente Joseph Estrada, 63 anni, accusato dicorruzione (…). Scrivendo con il cellulare, decinedi migliaia di giovani si sono tenuti in contatto dauna parte all’altra della città, dandosi appunta-mento sull’Edsa, il viale simbolo della rivolta diquindici anni prima contro il dittatore FerdinandMarcos». Questo evento, citato anche dal sociologoHoward Rheingold nel suo libro del 2003 SmartMobs («Folle intelligenti»), a suo tempo ebbe gran-de risonanza e già evidenziava alcune potenzialitàpacifiche delle nuove «armi», capaci di andareoltre la massificazione e l’isolamento, per unamaggiore cooperazione.

E sono proprio queste peculiari caratteristiche«pacifiche» che terrorizzano i governi. Nell’eradella comunicazione globale, si tenta di imba-vagliare la comunicazione globale. Demonizzan-dola, invocando una privacy talora inesistente,ingigantendo aspetti negativi, favorendo leggicensorie. Il popolo del web si sta ribellando: bastaleggere siti degli Usa, della Spagna, Francia, per-fino della Finlandia, la terra dei telefonini.

Julian Assange è agli arresti domiciliari peraver osato pubblicare notizie «vietate» o coperte

Dall’Egitto alla Cinala protesta corre «senzafili». Così la Casa Bianca

vorrebbe agevolarla

dal segreto di stato sul sito Wikileaks: ma in verità,non ci risulta che la marea di fatti rigurgitati daAssange abbia provocato immensi disastri. Di-remmo anzi che, paradossalmente, non è accadutonulla e anzi la gente sembra essersi (purtroppo)assuefatta a questa roba. Il sito Wikileaks italianorisulta al momento fermo al 18 giugno, e tra lenotizie d’una certa importanza figura un articolodi Assange che recita: «Facebook è la più spa-ventosa macchina di spionaggio mai inventata.Èla più grande banca dati mondiale sui cittadini,sulle loro amicizie, i loro nomi, i loro indirizzi, laloro localizzazione e le loro comunicazioni, i lorogusti e desideri, i loro parenti, tutto pronto negliUsa, a disposizione dell’intelligence americana(…). Facebook, Google, Yahoo (…) hanno costruitou n’interfaccia per l’intelligence Usa».

In realtà spaventa e fa riflettere il potere chequesti colossi, anche economici, hanno acquisito econtinuano ad acquisire. È la doppia facciadell’era informatica. E fino a ieri non aveva pro-prio il governo Obama - che ora pubblicizza una«internet libera» per popoli oppressi - tuonatocontro Assange? Il nocciolo è che l’anonimità e ilbasso costo di Internet la rendono utilizzabile dachiunque voglia esprimere pareri non popolari onon convenzionali, o desideri trovare notizie ir-reperibili in certa stampa corrente.

Apprendiamo intanto che case cinematogra-fiche si contendono a suon di milioni di dollari idiritti per un film sulla storia Assange-Wikileaks.Inevitabile, forse. Ma dal dramma passiamo allafarsa e al finale hollywoodiano: esattamente inlinea, o meglio on line, con i nostri tempi.

H E M I N GWAY Lo scrittore Usacon Jean Patchett (foto del 1950)

Media Luna, l’isolotto cubano della caccia ai nazistiL’isolotto di Media Luna, davanti alla costa settentrionale di Cuba, fu durante

la seconda guerra mondiale la base logistica di una «caccia» ai sottomarini nazistiintrapresa dallo scrittore americano Ernest Hemingway. Sull’isola caraibica loscrittore passò gli ultimi anni della sua vita, anni produttivi da un punto di vista ar-tistico ed intensi per quanto riguarda la vita privata. Nell’ambito degli eventi orga-nizzati per il 50° della sua morte i media cubani hanno ricordato che la sua batta -glia antinazista fu altrettanto attiva, e si svolse nel mare che era solito navigare abordo della sua barca, «Pilar»: mare che amava a tal punto da avergli dedicato ilromanzo «Isole del golfo».Media Luna era uno dei suoi luoghi preferiti. Quando i sottomarini tedeschi inco -minciarono a imperversare nei mari caraibici, Hemingway abbandonò le attività dipesca, dando appunto inizio alla «caccia» al nemico. Niente di casuale o improvvi -sato, visto che lo scrittore presentò un piano a Washington attraverso l’allora am-basciatore americano a Cuba, Spruille Braden, che riuscì a farlo approvare.