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CORRIERE DELLA SERA Sabato 12 ottobre 1957 PASSEGGIATA Per me passeggiata significa liberazione, fuga dal consorzio degli uomini, vagabondaggio meditativo, senza intenzione di concluder nulla. Se ho un li- bricciuolo in tasca, segno qual- che impressione di paesaggio o qualche motivo o idea intorno a cui si va svolgendo un soli- loquio segreto. Così dal mio taccuino di fine agosto. Mi sono messo per un sentiero che è di tutti. C'è nel- l'aria il fastidio dell'estate che muore, delle ore svuotate. De- gli effimeri piaceri di un giorno di ferie non rimane che sazie- tà e sbadiglio. Anche gli inna- morati son presi dal sonno. Su tutti pesa il cielo come una col- tre di caldo e di noia. E' una sciocca giornata che langue e di cui la volgare allegria della gente e la musichetta di una fi- sarmonica non riescono a dis- sipare la monotonia soffocante. Io cammino senza meta. Vado in cerca di luoghi più riposti; ma è come camminassi verso il vuoto: un'ora, due ore, tre ore poi la così detta « festa sarà finita e ogni cosa che non si ripete più nel tempo sgomen- ta. E però da questo tedio mor- tale qualcosa di nuovo ci sa- rebbe pur da tirar fuori, se mi persuadessi di essere in cammi- no verso una avventura del mio pensiero. Ecco: son giunto vicino a un'ansa del torrente dove l'ac- qua perde la voce e stagna, immota, Prima di riprendere il suo corso. tra rocce e bosco, di balza in balza. Ancora non ha nome di fiume, ma si dilata si- lenziosamente in una radura. quasi partecipe della pigrizia universale. Sullo specchio, che non è che un liquido velo tra- sparente sul fango dell'alveo, scorrono innumerevoli piccole zanzare, generate si direbbe dal- la stessa putredine delle vegeta- zioni decomposte, e nutrite dei suoi veleni. Ma prima di pun- gere, su auell a superficie liqui- da che riflette degli spazi che non le interessa, esse cercano il loro attimo di felicità o (se non è prnfanar la parola) di amo- re. Difficile il penetrare con la nostra fantasia nei loro segreti imenei. Ma certo questa è l'ora della danza nuziale. prima di notte. Con la pinza che succhie- rà nerfidamente il sangue degli uomini toccano, scivolando leg- gere, un punto su l'acqua — e intorno a quel punto si forma un cerchio breve che si dilata si confonde ad altri cerchi, generando impenetrabili magie in cui si esaurisce l'effimera esistenza di quei piccolissimi dé- moni pungenti... tTi] Mentre osservo queste creatu- re minime, ozianti sopra lo spec- chio liquido che riflette un caos ribollente di nuvole nel loro giuoco d'ombre, un colpo di vento libera dalle nebbie il gruppo dolomitico del Brenta. I cumuli plumbei o biancastri, che lo avvolgevano, si dissolvo- no come per incanto. Il sole trionfando tocca le cime, la lu- ce calda e ricca della maturità dell'estate scende per i fianchi della montagna rendendo più cupi i valloni, le spaccature del- la roccia, e le fredde pareti con le loro strane seduzioni della morte. E' uno scenario di pietra gigantesco e terribile. Mai mi era apparso così, nella sua ter- rificante maestà. Mai avevo sen- tito come in questa riapparizio- ne, il mistero della lenta for- mazione nel grembo dei mari, per centinaia di millenni, della massa primigenia che mi sta di fronte, la lotta cupa degli ele- menti sul pianeta deserto e lo squarcio. disperato della terra nel partorire una simile creatura in- decifrabile, mostruosa, e le luci infernali dei vulcani eruttanti gli incandescenti graniti. L'imma- ginazione mi riempie di un sa- cro, vago terrore, simile a quello dei primissimi abitatori del mon- do. Ho paura. Mi sento smar- rito nel tempo: piccolo attore in un dramma di giganti. Ma la ragione vera dello sgo- mento è più profonda e più se- greta. Di me stesso ho paura. Perchè dentro di me è una sto- ria immensamente più misterio- sa che non quella della forma- zione della materia. Sulle pare- ti del blocco dolomitico sono fissati, come in figure di gero- glifici giganteschi, gli annali del- le vicende della terra. Lo scien- ziato li può leggere come fos- sero scritti su un imponente li- bro di sasso. Ma nulla vi è narrato su questa creatura dagli immensi destini, su questo effi- mero che pure ha in sè il soffio dell'eterno. In verità, la storia sacra delle nostre origini è dentro di noi, è cosa della nostra anima. In noi è la traccia smarrita del Paradiso terrestre e la coscien- za del Peccato originale. Passa- no a volte come in una foresta vergine del nostro mondo inte- riore le sinfonie di una musi- ca sovrumana — non udita da nessuno — sussurri angelici tra- scorrenti, che esprimono in una lingua ignota i gaudi della bon- tà. Però il grido di Caino rom- pe di improvviso le armonie che ci sembrava di aver risco- perte. E allora sentiamo su di noi lo sgomentante tepore e l'o- dor acre del sangue di Abele — il primo sangue sparso dall'odio fraterno — il delitto — il pecca- to — il male — che migliaia di penne negano ogni giorno e ogni giorno descrivono come cosa de- gli altri — mentre è cosa no- stra, della nostra anima — del- la carne — del fango che av- volge le nostre miserabili ossa. E come Adamo siamo invasi dal terrore del silenzio: Dio che non parla più. ,Perchè ciascuno di noi, per quanto lo discuta, sente nella propria coscienza la verità di un immenso dramma interiore della volontà umana, di un conflitto che fu alle ori- gini e ruppe un dialogo, per cui la Voce — incompresa — tac- que e l'uomo si trovò sperduto, vagabondo, di fronte a una na- tura che è tutta enigrni. rgi Voglio 'esser sincero fino io fondo, nel segnare i momenti, sia pure oscuri, del mio itine- rario spirituale. Non nascondo niente, a me stesso, di ciò che tormenta il mio pensiero. Non invento. Passa, intanto, qualcosa di terribile, tra le nubi, quasi ten- tasse di squarciarle con un sibi- lo demoniaco. E' un aeroplano a reazione che sorvola i monti, invisibile, a altissima quota — ma che pare sfiori le cime degli abeti col suo fragore infernale. Subito ricordo i primi esperi- menti inglesi di apparecchi a reattore a Famborough. C'era anche Raffaele Calzini — indi- menticabile amico — e delle nostre impressioni di quel gior- no dev'essere rimasta traccia gelle sue corrispondenze. Ci Cambiavamo impressioni a mez- ze parole, stupiti, perplessi. — « Icaro! » — disse Calzini. — Ed io: « Ancora una volta l'uo- mo sfida e vuole conquistare il cielo. E' la sua millenaria ten- tazione... ». — «Ma questa vol- ta alla luna ci si arriva — forge anche a Marte... ». — « Eppure un limite c'è... Siamo giunti al- l'ora della prova suprema della scienza. Potrebbe anche esser quella del suo fallimento... ». Un reattore si lanciava contro il sole come se lo volesse prender d'as- salto. « In tutto questo — escla- mai — sento qualcosa di tra- gico). Continua, oggi, il dialogo con l'amico morto: lui scintillante di immaginazione e di curiosità, io leopardianamente sconsolato sul- le magnifiche sorti e progressi- ve del genere umano. Ma in- tanto nel colloquio mentale en- tra anche un altro: un giovane che ho incontrato e che rappre- senta la generazione nuova, che aspira e si prepara ai voli inter- planetari. E' un ragazzo di appe- na diciott'anni: biondo, occhi di acciaio, freddo, distinto, altero e senza sorriso. Qualcosa gli man- ca per esser simpatico; ma è certamente interessante da stu- diarsi nella lucidità metallica del carattere e nella sua impenetra- bilità a tutto ciò che e messo in fascio nella parola « roman- tico ». Di lui, della sua vita so pa- recchio. Proviene da una fami- glia piccolo borghese: padre im- piegatd, madre casalinga, con parecchi figli; i fratelli più pic- coli insopportabili, male educa- ti, riottosi, occupano lo spazio del modesto appartamento coi loro .bisticci e i loro giuochi. Icaro fa parte a sè. Evade spi- ritualmente dal suo ambiente. Si ritiene di un'altra razza, di quella dei futuri principi del- l'aria. Se si guarda nello spec- chio non ritrova nessuna somi- glianza fisica con la gente della sua parentela — e se ne com- piace. Non vi è che una zia con la quale gli è possibile aprir- si, perchè lo ha formato e domi- nato — in opposizione con la madre: professoressa di matema- tica in un liceo di provincia, crede fervidamente che sulle vie della scienza l'uomo sia desti- nato ormai a diventare un se- midio. Le sue ambizioni per il nipote non hanno limiti. Essa lo ha educato al culto della ragione e dell'eroismo, veglian- do trepidante perchè l'irrazio- nale non penetrasse per nessuna fessura nel suo animo. Ed ora ha la febbre se pensa che que- sto giovine (« il più bello e in- telligente che abbia mai cono- sciuto ») potrà dare il proprio nome a una costellazione. E' un nome comune, per ora, senza risonanza — ma quale impres- sione farà nei millenni quello di un Corombo astrale!... E poi nella professoressa c'è un piu sottile orgoglio di famiglia in giuoco: la tradizione romagnola, laica, con echi dell'inno a Sata- na, per cui la scalata alle stelle le sembra una rivendicazione del libero pensiero. Io mi rivolgo a quel giovine che si confonde con l'ignoto autiere che è ormai già lontano e dico fra me: «Va, ragazzo, vola... L'uomo è fatto per osa- re, tenta... Il cielo in cui credo non appartiene allo spazio... Non di questo ho paura. Ciò che temo per te — come fossi mio figlio — è il dramma interiore dell'uomo sui margini del vuo- to. Può essere che tu raggiunga nel tuo volo la luna, ma posan- do il tuo piede sopra il pianeta spento, sarai preso dal terrore della tua vana conquista e dallo struggimento di ciò che avrai smarrito nello spazio senza pos- sibilità di ritorno. Il notturno, pacato incanto lunare, prenden- do le sue vendette, si trasfor- merà per te in una lucentezza che accieca. Avrai sete d'ombra. E sentendoti moìir solo, senti- rai la poesia tutta umana delle cose che ti sembravano volgari sulla terra - fino al ticchettio metallico della macchina da cu- cire di tua madre ». Tommaso Gallarati Scotti Parigi 11 ottobre, notte. A Parigi si ignora tuttora dove si trovi Sonali Das Gup- ta, la giovane attrice cinemato- grafica indiana che, secondo alcune voci, avrebbe allacciato in India una relazione con Ro- berto Rossellini. I funzionari della polizia pa- rigina hanno dichiarato che la bella attrice, quando è giun- ta all'aeroporto di Orly, prove- niente dall'India, ha riempito il normale modulo di identifica- zione ma hanno aggiunto che da allora non si è saputo più nulla di lei. Dal canto suo l'Ambasciata indiana a Parigi ha dichiarato di ignorare dove sia la signora Sonali Das Gupta. D'altra par- te nessun membro della nume- rosa colonia cinematografi- ca » parigina ha notizie o ha visto la nuova arrivata. Roberto Rossellini, il quale si trova tuttora in India dove sta portando a termine un film, dovrebbe fare ritorno a Roma il mese prossimo. Ingrid Bergman, moglie di Rossellini, ha dichiarato dal canto suo di non avere in pro- gramma di incontrarsi con lx signora Sonali. Ingrid, che sta portando a termine gli spettacoli della commedia Tè e simpatia di Robert Anderson, ha dichiarato che conta di fare ritorno nella capitale italiana dopo il 31 ot- tobre. Da Roma, la nota attrice si recherà, a Londra per iniziare La bar scii 11111ffillint 11 D? la lal Sir » Ne un li- ly N Robl sult si a to pubb rito vreb trap fron nand colpe sa n ri D pedi ragg aggi Gup lette alla Ro cani so n di n con l'Ind Ross solut tante elusa tosta quesi Pe; perir italiE anca tana tratt temp quan La grazi ammi sa. E la p slanc diam e sulì tillan quali camp delle larsi Si al occhi att no se ma z capo tavol di .fic ricert sa; e za. I trany Ma prent taccu sciani sta c malrn tnostr In un ct donni tes. parla favor. gazio so in contr. spettt ripug volta unzan Lo di Li corag kanst re Ll ghett rimai ne dell'A INTROVAl rattrice indig Essa è giunta nella capi sue tracce Rossellini

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CORRIERE DELLA SERA

Sabato 12 ottobre 1957

PASSEGGIATA Per me passeggiata significa

liberazione, fuga dal consorzio degli uomini, vagabondaggio meditativo, senza intenzione di concluder nulla. Se ho un li-bricciuolo in tasca, segno qual-che impressione di paesaggio o qualche motivo o idea intorno a cui si va svolgendo un soli-loquio segreto.

Così dal mio taccuino di fine agosto. Mi sono messo per un sentiero che è di tutti. C'è nel-l'aria il fastidio dell'estate che muore, delle ore svuotate. De-gli effimeri piaceri di un giorno di ferie non rimane che sazie-tà e sbadiglio. Anche gli inna-morati son presi dal sonno. Su tutti pesa il cielo come una col-tre di caldo e di noia. E' una sciocca giornata che langue e di cui la volgare allegria della gente e la musichetta di una fi-sarmonica non riescono a dis-sipare la monotonia soffocante.

Io cammino senza meta. Vado in cerca di luoghi più riposti; ma è come camminassi verso il vuoto: un'ora, due ore, tre ore

poi la così detta « festa sarà finita e ogni cosa che non si ripete più nel tempo sgomen-ta. E però da questo tedio mor-tale qualcosa di nuovo ci sa-rebbe pur da tirar fuori, se mi persuadessi di essere in cammi-no verso una avventura del mio pensiero.

Ecco: son giunto vicino a un'ansa del torrente dove l'ac-qua perde la voce e stagna, immota, Prima di riprendere il suo corso. tra rocce e bosco, di balza in balza. Ancora non ha nome di fiume, ma si dilata si-lenziosamente in una radura. quasi partecipe della pigrizia universale. Sullo specchio, che non è che un liquido velo tra-sparente sul fango dell'alveo, scorrono innumerevoli piccole zanzare, generate si direbbe dal-la stessa putredine delle vegeta-zioni decomposte, e nutrite dei suoi veleni. Ma prima di pun-gere, su auell a superficie liqui-da che riflette degli spazi che non le interessa, esse cercano il loro attimo di felicità o (se non è prnfanar la parola) di amo-re. Difficile il penetrare con la nostra fantasia nei loro segreti imenei. Ma certo questa è l'ora della danza nuziale. prima di notte. Con la pinza che succhie-rà nerfidamente il sangue degli uomini toccano, scivolando leg-gere, un punto su l'acqua — e intorno a quel punto si forma un cerchio breve che si dilata

si confonde ad altri cerchi, generando impenetrabili magie

in cui si esaurisce l'effimera esistenza di quei piccolissimi dé-moni pungenti...

tTi] Mentre osservo queste creatu-

re minime, ozianti sopra lo spec-chio liquido che riflette un caos ribollente di nuvole nel loro giuoco d'ombre, un colpo di vento libera dalle nebbie il gruppo dolomitico del Brenta. I cumuli plumbei o biancastri, che lo avvolgevano, si dissolvo-no come per incanto. Il sole trionfando tocca le cime, la lu-ce calda e ricca della maturità dell'estate scende per i fianchi della montagna rendendo più cupi i valloni, le spaccature del-la roccia, e le fredde pareti con le loro strane seduzioni della morte. E' uno scenario di pietra

gigantesco e terribile. Mai mi era apparso così, nella sua ter-rificante maestà. Mai avevo sen-tito come in questa riapparizio-ne, il mistero della lenta for-mazione nel grembo dei mari, per centinaia di millenni, della massa primigenia che mi sta di fronte, la lotta cupa degli ele-menti sul pianeta deserto e lo squarcio. disperato della terra nel partorire una simile creatura in-decifrabile, mostruosa, e le luci infernali dei vulcani eruttanti gli incandescenti graniti. L'imma-ginazione mi riempie di un sa-cro, vago terrore, simile a quello dei primissimi abitatori del mon-do. Ho paura. Mi sento smar-rito nel tempo: piccolo attore in un dramma di giganti.

Ma la ragione vera dello sgo-mento è più profonda e più se-greta. Di me stesso ho paura. Perchè dentro di me è una sto-ria immensamente più misterio-sa che non quella della forma-zione della materia. Sulle pare-ti del blocco dolomitico sono fissati, come in figure di gero-glifici giganteschi, gli annali del-le vicende della terra. Lo scien-ziato li può leggere come fos-sero scritti su un imponente li-bro di sasso. Ma nulla vi è narrato su questa creatura dagli immensi destini, su questo effi-mero che pure ha in sè il soffio dell'eterno.

In verità, la storia sacra delle nostre origini è dentro di noi, è cosa della nostra anima. In noi è la traccia smarrita del Paradiso terrestre e la coscien-za del Peccato originale. Passa-no a volte come in una foresta vergine del nostro mondo inte-riore le sinfonie di una musi-ca sovrumana — non udita da nessuno — sussurri angelici tra-scorrenti, che esprimono in una lingua ignota i gaudi della bon-tà. Però il grido di Caino rom-pe di improvviso le armonie che ci sembrava di aver risco-perte. E allora sentiamo su di noi lo sgomentante tepore e l'o-dor acre del sangue di Abele — il primo sangue sparso dall'odio fraterno — il delitto — il pecca-to — il male — che migliaia di penne negano ogni giorno e ogni giorno descrivono come cosa de-gli altri — mentre è cosa no-stra, della nostra anima — del-la carne — del fango che av-volge le nostre miserabili ossa. E come Adamo siamo invasi dal terrore del silenzio: Dio che non parla più. ,Perchè ciascuno di noi, per quanto lo discuta, sente nella propria coscienza la verità di un immenso dramma interiore della volontà umana, di un conflitto che fu alle ori-gini e ruppe un dialogo, per cui la Voce — incompresa — tac-que e l'uomo si trovò sperduto, vagabondo, di fronte a una na-tura che è tutta enigrni.

rgi Voglio 'esser sincero fino io

fondo, nel segnare i momenti, sia pure oscuri, del mio itine-rario spirituale. Non nascondo niente, a me stesso, di ciò che tormenta il mio pensiero. Non invento.

Passa, intanto, qualcosa di terribile, tra le nubi, quasi ten-tasse di squarciarle con un sibi-lo demoniaco. E' un aeroplano a reazione che sorvola i monti, invisibile, a altissima quota —

ma che pare sfiori le cime degli abeti col suo fragore infernale. Subito ricordo i primi esperi-menti inglesi di apparecchi a reattore a Famborough. C'era anche Raffaele Calzini — indi-menticabile amico — e delle nostre impressioni di quel gior-no dev'essere rimasta traccia gelle sue corrispondenze. Ci Cambiavamo impressioni a mez-ze parole, stupiti, perplessi. — « Icaro! » — disse Calzini. — Ed io: « Ancora una volta l'uo-mo sfida e vuole conquistare il cielo. E' la sua millenaria ten-tazione... ». — «Ma questa vol-ta alla luna ci si arriva — forge anche a Marte... ». — « Eppure un limite c'è... Siamo giunti al-l'ora della prova suprema della scienza. Potrebbe anche esser quella del suo fallimento... ». Un reattore si lanciava contro il sole come se lo volesse prender d'as-salto. « In tutto questo — escla-mai — sento qualcosa di tra-gico).

Continua, oggi, il dialogo con l'amico morto: lui scintillante di immaginazione e di curiosità, io leopardianamente sconsolato sul-le magnifiche sorti e progressi-ve del genere umano. Ma in-tanto nel colloquio mentale en-tra anche un altro: un giovane che ho incontrato e che rappre-senta la generazione nuova, che aspira e si prepara ai voli inter-planetari. E' un ragazzo di appe-na diciott'anni: biondo, occhi di acciaio, freddo, distinto, altero e senza sorriso. Qualcosa gli man-ca per esser simpatico; ma è certamente interessante da stu-diarsi nella lucidità metallica del carattere e nella sua impenetra-bilità a tutto ciò che e messo in fascio nella parola « roman-tico ».

Di lui, della sua vita so pa-recchio. Proviene da una fami-glia piccolo borghese: padre im-piegatd, madre casalinga, con parecchi figli; i fratelli più pic-coli insopportabili, male educa-ti, riottosi, occupano lo spazio del modesto appartamento coi loro .bisticci e i loro giuochi. Icaro fa parte a sè. Evade spi-ritualmente dal suo ambiente. Si ritiene di un'altra razza, di quella dei futuri principi del-l'aria. Se si guarda nello spec-chio non ritrova nessuna somi-glianza fisica con la gente della sua parentela — e se ne com-piace. Non vi è che una zia con la quale gli è possibile aprir-si, perchè lo ha formato e domi-nato — in opposizione con la madre: professoressa di matema-tica in un liceo di provincia, crede fervidamente che sulle vie della scienza l'uomo sia desti-nato ormai a diventare un se-midio. Le sue ambizioni per il nipote non hanno limiti. Essa lo ha educato al culto della ragione e dell'eroismo, veglian-do trepidante perchè l'irrazio-nale non penetrasse per nessuna fessura nel suo animo. Ed ora ha la febbre se pensa che que-sto giovine (« il più bello e in-telligente che abbia mai cono-sciuto ») potrà dare il proprio nome a una costellazione. E' un nome comune, per ora, senza risonanza — ma quale impres-sione farà nei millenni quello di un Corombo astrale!... E poi nella professoressa c'è un piu sottile orgoglio di famiglia in giuoco: la tradizione romagnola, laica, con echi dell'inno a Sata-na, per cui la scalata alle stelle le sembra una rivendicazione del libero pensiero.

Io mi rivolgo a quel giovine che si confonde con l'ignoto autiere che è ormai già lontano e dico fra me: «Va, ragazzo, vola... L'uomo è fatto per osa-re, tenta... Il cielo in cui credo non appartiene allo spazio... Non di questo ho paura. Ciò che temo per te — come fossi mio figlio — è il dramma interiore dell'uomo sui margini del vuo-to. Può essere che tu raggiunga nel tuo volo la luna, ma posan-do il tuo piede sopra il pianeta spento, sarai preso dal terrore della tua vana conquista e dallo struggimento di ciò che avrai smarrito nello spazio senza pos-sibilità di ritorno. Il notturno, pacato incanto lunare, prenden-do le sue vendette, si trasfor-merà per te in una lucentezza che accieca. Avrai sete d'ombra. E sentendoti moìir solo, senti-rai la poesia tutta umana delle cose che ti sembravano volgari sulla terra - fino al ticchettio metallico della macchina da cu-cire di tua madre ». Tommaso Gallarati Scotti

Parigi 11 ottobre, notte. A Parigi si ignora tuttora

dove si trovi Sonali Das Gup-ta, la giovane attrice cinemato-grafica indiana che, secondo alcune voci, avrebbe allacciato in India una relazione con Ro-berto Rossellini.

I funzionari della polizia pa-rigina hanno dichiarato che la bella attrice, quando è giun-ta all'aeroporto di Orly, prove-niente dall'India, ha riempito il normale modulo di identifica-zione ma hanno aggiunto che da allora non si è saputo più nulla di lei.

Dal canto suo l'Ambasciata indiana a Parigi ha dichiarato di ignorare dove sia la signora Sonali Das Gupta. D'altra par-te nessun membro della nume-rosa colonia cinematografi-ca » parigina ha notizie o ha visto la nuova arrivata.

Roberto Rossellini, il quale si trova tuttora in India dove sta portando a termine un film, dovrebbe fare ritorno a Roma il mese prossimo.

Ingrid Bergman, moglie di Rossellini, ha dichiarato dal canto suo di non avere in pro-gramma di incontrarsi con lx signora Sonali.

Ingrid, che sta portando a termine gli spettacoli della commedia Tè e simpatia di Robert Anderson, ha dichiarato che conta di fare ritorno nella capitale italiana dopo il 31 ot-tobre.

Da Roma, la nota attrice si recherà, a Londra per iniziare

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La grazi ammi sa. E la p slanc diam e sulì tillan quali camp delle larsi Si al occhi

att no se ma z capo tavol di .fic ricert sa; e za. I trany

Ma prent taccu sciani sta c malrn tnostr

In un ct donni tes. parla favor. gazio so in contr. spettt ripug volta unzan

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Essa è giunta nella capi sue tracce Rossellini