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Roberta Rossi Gaziano
PERDITE IN BORSA?
MAI PIU’.
Paolo Uccello e la lezione del drago
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Brutta cosa perdere in Borsa. E ancor più vendere in perdita. Come mi ha
ricordato recentemente un amico che ha ancora in portafoglio dopo dodici
anni azioni della new economy su cui registra perdite del 70%. E’ capitato
anche a voi? E che decisioni avete preso su questi investimenti? Forse non
quelle giuste.
Del resto secondo il Prof. Paolo Legrenzi, Professore Straordinario di
Finanza Comportamentale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, “La
nostra testa è fatta male, le nostre emozioni, i nostri pensieri non sono
costruiti bene per gestire da noi i nostri soldi”.
La teoria economica classica parte dal presupposto che gli investitori siano
perfettamente razionali. Non è così. Almeno secondo la finanza
comportamentale, una scienza nata una trentina d’anni fa a cavallo tra
economia e psicologia, e che nel 2002 con il premio nobel a Daniel
Kahneman, è stata definitivamente riconosciuta come una branca
fondamentale della psicologia cognitiva.
Il nemico dentro di noi
Dunque secondo la finanza comportamentale non siamo bravi a gestire i
nostri soldi per via delle nostre emozioni. Che non ci portano a compiere
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sempre scelte ottimali. “Per esempio – spiega Legrenzi – soffriamo più per
una perdita più di quanto riusciamo a gioire per un guadagno equivalente.
Si chiama effetto dotazione: una cosa vale di più quando la perdiamo”. Ma
l’avversione a vendere in perdita può trasformarsi in una trappola.
Pericolosa. Il rimpianto e l’orgoglio giocano un ruolo fondamentale. E pur
di non ammettere la sconfitta e dare una svolta ai propri investimenti molti
risparmiatori preferiscono figurarsi il mercato così. Come una ruota che
gira.
Marc Chagall, La grande ruota (1912)
Come “La grande ruota” di Marc Chagall, che si propone, come artista e
uomo di fede chassidica, di offrire una visione ottimistica e lieta
dell’esistenza. Se il mercato azionario è come nel dipinto di Chagall una
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ruota che gira, pensano molti risparmiatori, basta avere fede, basta
aspettare, e i prezzi si rivedono. Purtroppo non sempre è così.
Le persone invecchiano (e gli investimenti pure)
L’altro giorno ho incontrato il mio amico, che ha ancora in portafoglio le
azioni internet comprate nel 2000. Non segue molto la Borsa, fa il
chirurgo estetico. Mi chiede “Allora come va sta Borsa?” Rispondo
“Benissimo”.
Nell’ultimo anno (2012) sono rimbalzati pure i gatti morti (pensavo alla
Borsa di Atene). “Ma perché io sulle azioni che ho perdo ancora il 70%?”
Il mio amico è uno di quelli che è entrato in Borsa ai tempi della Net
Economy. Nel 2000. Si è beccato la maggiore bolla finanziaria del secolo.
Dal 1982 al 2000 l’indice della Borsa americana è salito del 666%.
Nemmeno nel Dopoguerra (1949-1968) si era visto un rialzo simile. E così
tanti risparmiatori perdere così tanti soldi in Borsa. Nel 2000 molti
risparmiatori si sono riempiti di titoli e fondi che investivano nelle società
internet. All’inizio guadagnavano tutti. Poi il mercato ha iniziato a
scendere.
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E’ arrivata la tempesta. E tutti hanno iniziato a perdere. E a perdersi, come
il gregge nella tempesta ritratto dal pittore scozzese Joseph Farquharson,
famoso per i suoi paesaggi innevati popolati da greggi di pecore. Nella
tempesta che si è abbattuta sui mercati finanziari in seguito alla bolla della
new economy molti risparmiatori sono rimasti intrappolati con titoli in
caduta libera.
Joseph Farquharson, Gregge in una tempesta di neve (1912)
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Dopo la sbornia, si era scoperto che le internet stocks non erano così
meravigliose come si credeva. Nonostante le proiezioni (spesso interessate,
degli analisti e delle banche d’affari) di utili futuri immensi e fatturati con
crescite esponenziali, molte di loro continuavano a essere in perdita. E
ogni anno ad andare sempre peggio. Con il punto di pareggio rimandato a
data da destinarsi. E le prospettive in Borsa sempre più misere.
I più quando i titoli hanno iniziato a perdere sono rimasti annichiliti. E si
sono bloccati.
Dolce far niente?
Il mio amico chirurgo ha ancora gli stessi titoli che aveva 12 anni fa. Nel
frattempo il mercato è cambiato. E lui è rimasto fermo. Perché pur di non
subire una perdita in tutti questi anni ha preferito non prendere nessuna
decisione.
Va avanti con il suo lavoro. Quanto ai suoi investimenti preferisce fare
come questo fanciullo dipinto da un pittore francese che amava ritrarre la
vita contadina, Jiules Bastien-Lepage. L’opera si chiama “Pas Meche”.
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Ovvero “Non fare niente”.
Jiules Bastien-Lepage, Pas Meche (1882)
Come il mio amico con i suoi investimenti. Da dodici anni non prende
nessuna decisione. E quando la Borsa sale non capisce perché i suoi titoli
non tornano al prezzo di carico. Pensa che visto che la Borsa sale, tutti i
titoli recupereranno, anche i suoi. Quindi aspetta. Ma perché nonostante il
rialzo dei mercati lui è ancora in perdita? E’ una questione di matematica.
Vendere in perdita (a volte conviene)
Un titolo che ha perso il 20% del proprio valore deve salire del 25% per
far rivedere all’investitore i prezzi di carico. Una società che in Borsa
scende del 40% deve mettere a segno un rialzo del 66,67% per far tornare
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l’investitore in pari. Ma se su un paniere di azioni uno ha perso il 70%
(come il mio amico) per annullare la perdita le sue azioni devono salire
complessivamente del 233,33%.
Che probabilità ci sono che un titolo, un Seat Pagine Gialle diciamo per
fare un esempio, che ha perso il 99,87% dai massimi (14 febbraio 2000)
compia una risalita del 76.061% e ridia all’investitore i soldi che ci ha
investito? Nessuna. Infatti la ex regina della new economy made in Italy
ha chiesto a 13 anni dai massimi il concordato preventivo.
Nonostante i numeri (e il buonsenso), maggiori sono le perdite e maggiore
è l’attaccamento dell’investitore al proprio gruzzolo. Ho chiesto il perché
di questo comportamento così rovinoso per il proprio patrimonio a un
etologo, Antonio Meridda che insieme a me era stato invitato a una
trasmissione televisiva dedicata al risparmio.
“Siamo fondamentalmente come gli animali che tendono a conservare
qualsiasi cosa - mi ha risposto Meridda - Siamo simili per fare un esempio
allo scoiattolo che raccoglie le noci. Non ci da tanto fastidio aver
comprato qualche cosa anche se non funziona. Quello che ci da veramente
fastidio è perdere qualche cosa che avevamo”.
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L’eroe e il drago
Per non perdere qualche cosa, a volte una piccola perdita si trasforma in
una enorme perdita. Per contrastare questo istinto regressivo ogni
investitore deve sconfiggere sé stesso. Il nemico che c’è in lui.
Come nel dipinto di Paolo Uccello “San Giorgio e il drago” conservato in
uno dei più bei musei di Parigi, il Jacquemart André.
In questa versione del dipinto, San Giorgio dall’alto del suo cavallo
trafigge uno spaventoso drago per liberare la principessa. Il drago
rappresenta le profondità oscure delle terra. Le tenebre. L’eroe rappresenta
la luce della ragione.
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Paolo Uccello, San Giorgio e il Drago (1456)
Nel libro “L'homme et ses symboles” lo psicanalista J. L. Henderson parla
della lotta tra l’eroe e il drago, ovvero dell’Io (la razionalità) con le sue
tendenze regressive (rappresentate dal drago). “Il drago” secondo
Chevalier e Gheerbrandt nel “Dizionario dei Simboli” “è innanzitutto in
noi stessi”. Dobbiamo riuscire a sconfiggere le tendenze regressive, quelle
che ci bloccano, vincere la paura che ci impedisce di prendere decisioni
anche dolorose come quella di vendere in perdita e riprendere il controllo
dei nostri investimenti, modificando il nostro presente per poter costruire il
nostro futuro.
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Con umiltà, pazienza e voglia di capire. Il mondo della finanza e
dell’investimento, le opportunità che offre e le certezze che non può dare.
Imparando a gestire il rischio, non ad annullarlo. A comprenderlo e a
conviverci. Perché come scrive J. L. Henderson “l’Io non può trionfare
prima di aver dominato e assimilato l’ombra”. La nostra paura. Di perdere.
Non c’è nessuna sconfitta nel vendere titoli su cui si sta perdendo. Non ci
deve essere alcun rimpianto. Si vende perché ci si vuole dare altre
opportunità. Perché altre società, mercati, paesi rispetto a quelli in cui
stiamo investendo sono più interessanti. La paura di perdere non ci deve
impedire di investire su questi nuovi temi. E di valutarli in alternativa a
quello che abbiamo.
Non c’è sconfitta nel vendere in perdita. Non ci deve essere rimpianto. Si
riparte. Perché come dice R. M. Rilke nella Lettera a un giovane poeta
“Tutti i draghi della nostra vita sono forse delle principesse che attendono
di vederci belli e coraggiosi. Tutte le cose terrificanti sono forse cose prive
di soccorso in attesa del nostro aiuto”.
E del mio visto che sono un consulente finanziario. E sono al fianco dei
clienti di SoldiExpert SCF per vincere non tutte le battaglie ma la guerra,
contemplando anche piccole perdite sul loro cammino. Ho alcuni clienti
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che si lamentano per operazioni chiuse in perdita a fronte di un risultato
complessivamente positivo. Ma quelle piccole perdite non gli vanno giù.
Avrei dovuto fargliele evitare. Quando scende si vede pensano. Come
spiega il premio nobel per l’Economia Kahneman in un libro sulla
psicologia dell’investitore “Il senno di poi trasforma nella mente degli
investitori un azzardo ragionevole in uno stupido errore. Dopo che un
titolo ha perso valore, la sua caduta appare essere stata inevitabile. Allora
perché il consulente non ha suggerito di vendere prima?”. Perché anche un
bravo consulente non può garantire solo operazioni in guadagno. E’ il
risultato finale quello che conta. E per raggiungerlo bisogna preventivare
anche qualche incidente di percorso. Avendo il coraggio di vendere in
perdita. In piccola perdita. Per non fare la fine del mio amico che in perdita
non vende e sul capitale che ha investito in Borsa nel 2000 è ancora sotto
del 70%.
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CHI È SOLDIEXPERT SCF
Prendere il controllo del tuo destino finanziario è possibile se
segui una strategia per i tuoi investimenti realmente valida
nell’ affrontare i profondi cambiamenti che caratterizzano
sempre più le economie e i mercati finanziari di tutto il
mondo.
Ma quali sono le migliori strategie per investire in Borsa e
che hanno dimostrato alla prova dei risultati di far correre
veramente i profitti e tagliare le perdite?
Da diversi anni SoldiExpert SCF utilizza con successo una
strategia originale basata sulla forza relativa. L’obiettivo è
non avere di tutto in portafoglio ma solo quei titoli, settori e
paesi che mostrano di avere un andamento migliore degli altri
nelle fasi di rialzo dei mercati. E se nessun titolo settore o
paese incontra il favore del mercato, la strategia adottata da
SoldiExpert prevede anche di stare in liquidità.
Fondata nel 2002 da Salvatore Gaziano e Roberta Rossi,
SoldiExpert SCF è una società di consulenza finanziaria
indipendente. La società offre portafogli modello su azioni, etf
e fondi e anche un servizio di consulenza personalizzata per
investitori con esigenze complesse.
Con SoldiExpert SCF mantieni il controllo dei tuoi
investimenti e non devi necessariamente cambiare banca.
“I tuoi risparmi sono in pericolo?
Cambia in modo attivo il tuo modo di investire.
Scegli la consulenza senza conflitti di interesse di SoldiExpert
SCF”.
Roberta Rossi, classe 1970, ha studiato a Milano Economia Aziendale all’Università Commerciale Luigi Bocconi. Sul finire degli anni ’90 è stata responsabile dei contenuti in tema di finanza personale del sito Soldionline.it, una delle prime start up italiane di informazione finanziaria. Dopo l’esperienza come direttore operativo di un sito fra i più importanti di consulenza finanziaria a pagamento, lavora dal 2002 per SoldiExpert SCF, dove è Responsabile della Consulenza Personalizzata.
Segue e assiste la clientela privata interessata alla consulenza finanziaria su misura o a soluzioni di private banking e private insurance fornendo ai clienti un supporto a 360°. Dal 2015 è ospite fissa ogni mese della trasmissione radiofonica InBlu l’Economia ed è un’attiva conferenziera sui temi della gestione del risparmio presso banche , società di gestione e fiere di settore. E’ fra le donne che in Italia ha maturato fra le più importanti esperienze nel campo della
consulenza finanziaria indipendente.