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437 ASE 24/2(2007)437-462 Roberta Mazza P.Oxy. XI, 1384 Medicina, rituali di guarigione e cristianesimi nell’Egitto tardoantico I papiri documentari e paraletterari sono senz’altro tra le fonti più interessanti e allo stesso tempo neglette per lo studio del cristianesimo tardoantico. Gli stessi papiri letterari che hanno trasmesso la letteratura cristiana, più e meno antica, non sono stati oggetto di un’attenzione commisurata alla loro importanza. Pur essendo tra le più antiche testi- monianze delle prime comunità cristiane, e dunque pur rappresentando un aspetto importante della cultura espressa da tali comunità, la mag- gior parte degli studiosi si è concentrata tuttalpiù sulla filologia neote- stamentaria, ponendo attenzione solo di rado all’aspetto fisico e mate- riale di questi manufatti. 1 La ricostruzione dei diversi cristianesimi, nelle loro varianti regionali e nelle diverse fasi di sviluppo attraversate, deve, com’è ovvio, tenere conto dei documenti a disposizione. L’Egit- to rappresenta sotto tale profilo un campo di studio particolarmente fertile. Esponenti del cristianesimo alessandrino ed egiziano, come Clemente, Atanasio o Pacomio, hanno rivestito, infatti, un ruolo cen- trale nello sviluppo della cultura e delle strutture organizzative delle chiese nascenti. Un vasto e composito «corpus» di opere letterarie sta alla base di svariate sintesi sul cristianesimo egiziano, nelle quali tutta- via le fonti documentarie e paraletterarie e spesso anche quelle archeo- logiche sono assenti o sotto utilizzate. Nello sforzo di fare uscire questo tipo di materiale dal ruolo di fon- te secondaria, meno importante, in cui lo si è confinato, spesso con la 1 Questo problema cruciale che investe le discipline storiche ed esegetiche è stato molto acutamente messo in evidenza recentemente da L.W. Hurtado, The Earliest Christian Arti- facts. Manuscripts and Christian Origins, Cambridge, Eerdmans, 2006, passim che raccoglie e sistematizza una serie di precedenti interventi dell’autore su tale argomento. 0000book.book Page 437 Thursday, May 15, 2008 2:26 PM

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ASE 24/2(2007)437-462

Roberta Mazza

P.Oxy. XI, 1384Medicina, rituali di guarigione e cristianesimi nell’Egitto tardoantico

I papiri documentari e paraletterari sono senz’altro tra le fonti piùinteressanti e allo stesso tempo neglette per lo studio del cristianesimotardoantico. Gli stessi papiri letterari che hanno trasmesso la letteraturacristiana, più e meno antica, non sono stati oggetto di un’attenzionecommisurata alla loro importanza. Pur essendo tra le più antiche testi-monianze delle prime comunità cristiane, e dunque pur rappresentandoun aspetto importante della cultura espressa da tali comunità, la mag-gior parte degli studiosi si è concentrata tuttalpiù sulla filologia neote-stamentaria, ponendo attenzione solo di rado all’aspetto fisico e mate-riale di questi manufatti.1 La ricostruzione dei diversi cristianesimi,nelle loro varianti regionali e nelle diverse fasi di sviluppo attraversate,deve, com’è ovvio, tenere conto dei documenti a disposizione. L’Egit-to rappresenta sotto tale profilo un campo di studio particolarmentefertile. Esponenti del cristianesimo alessandrino ed egiziano, comeClemente, Atanasio o Pacomio, hanno rivestito, infatti, un ruolo cen-trale nello sviluppo della cultura e delle strutture organizzative dellechiese nascenti. Un vasto e composito «corpus» di opere letterarie staalla base di svariate sintesi sul cristianesimo egiziano, nelle quali tutta-via le fonti documentarie e paraletterarie e spesso anche quelle archeo-logiche sono assenti o sotto utilizzate.

Nello sforzo di fare uscire questo tipo di materiale dal ruolo di fon-te secondaria, meno importante, in cui lo si è confinato, spesso con la

1 Questo problema cruciale che investe le discipline storiche ed esegetiche è stato moltoacutamente messo in evidenza recentemente da L.W. Hurtado, The Earliest Christian Arti-facts. Manuscripts and Christian Origins, Cambridge, Eerdmans, 2006, passim che raccoglie esistematizza una serie di precedenti interventi dell’autore su tale argomento.

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falsa motivazione che si tratti dell’espressione di presunte forme dicultura popolare, il mio saggio si propone di analizzare un papiro data-bile su base paleografica al V o VI secolo: P.Oxy. XI, 1384. Esso ripor-ta tre ricette mediche e due brani di letteratura cristiana, dunque, se-condo le categorie correnti, lo si potrebbe definire un papiro paralette-rario di tipo medico-magico o iatromagico.

Commentando le molte informazioni che il papiro restituisce cer-cherò di indagare quale sia il suo ambito di provenienza e di redazionee quale l’uso che di esso si faceva, ovvero a cosa servisse. Sulla base diquesti ragionamenti intorno al testo, esporrò anche alcune considera-zioni relative ai processi di formazione e soprattutto trasformazione erielaborazione delle molteplici identità cristiane nell’Egitto tardoanti-co e alle modalità di interazione tra queste e le culture religiose preesi-stenti in tale territorio.

P.OXY. XI, 1384

Oxyrhynchus 28.5 x 13.8 V o VI sec.Il papiro di Ossirinco 1384, edito da B.P. Grenfell e G.H. Hunt nel

1915,2 è conservato attualmente alla University Library di Glasgow.Come può accadere a papiri che sono stati restaurati e magari sono pas-sati da un luogo di conservazione ad un altro, alcune porzioni del testoche i primi editori avevano evidentemente sotto gli occhi e di cui ren-devano conto nell’«editio princeps» sono attualmente andate perdute.La mia edizione tiene conto di un esame autoptico del testo; in nota sidà ampiamente conto dell’edizione originale, ove sia il caso.

Il foglio è integro nella parte sinistra, mentre a destra presenta unavasta rottura nella parte alta, rottura che prosegue, ma in modo meno

2 B.P. Grenfell – G.H. Hunt, The Oxyrhynchus Papyri, XI, London, 1915, 238-41; il pa-piro corrisponde a J. van Haelst, Catalogue des papyrus littéraires juifs et chrétiens, Paris, Pu-blications de la Sorbonne, 1976, n. 584; LDAB 3237 (Leuven Database of Ancient Books,<http://www.trismegistos.org/ldab/>); Mertens–Pack3 2410: una versione digitale di questocatalogo, a cura del CEDOPAL (Centre de documentation de papyrologie littéraire dell’Uni-versità di Liegi), è consultabile anche on line <http://www.ulg.ac.be/facphl/services/adopal/in-dex.htm>; esso è particolarmente utile per i papiri iatromagici, raccolti in una sezione speciale<http://promethee.philo.ulg.ac.be/cedopal/Iatromagiques.htm>, preceduta da un’introduzionee da una bibliografia generale a cura di Magali de Haro Sanchez <http://promethee.phi-lo.ulg.ac.be/cedopal/Papyrusiatromagiques.htm>. Per tutte le abbreviazioni, citazioni di papirie bibliografia papirologica cf. J.F. Oates, R.S. Bagnall et al., Checklist of Greek, Latin, Demo-tic and Coptic Papyri, Ostraca and Tablets, Web Edition <http://odyssey.lib.duke.edu/papyrus/texts/clist.html>. Per le ricette mediche si farà spesso riferimento alla voce dedicata aP.Oxy. XI, 1384 nel catalogo M.-H. Marganne, Inventaire analytique des Papyrus Grecs deMédecine, Genève, 1981, n. 136, pp. 247-8, n. 136. P.Oxy. XI, 1384 è stato ripubblicato inPGM II, 7 e tradotto in inglese in M.W. Meyer, R. Smith (eds.), Ancient Christian Magic:Coptic Texts of Ritual Power, San Francisco, Harper, 1994, testo 4.

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compromissorio, anche in basso. La scrittura corre in senso paralleloalle fibre del papiro e in senso perpendicolare ad una kollesis, che è benvisibile a circa 6 cm. dal bordo sinistro esterno del foglio e corrispondeattualmente al punto in cui il papiro si è maggiormente deteriorato. Illato opposto del papiro, in cui le fibre sono verticali, è bianco. La pre-senza della kollesis e il suo rapporto con il testo scritto permettono diaffermare che lo scriba ha utilizzato il lato interno di un rotolo di papi-ro o comunque che il foglio ottenuto per scrivere il testo proveniva daun rotolo.3 A una distanza di circa 3 cm dal bordo sinistro del papiro èvisibile una linea verticale, perpendicolare alle fibre e parallela allakollesis, che mi pare essere il risultato di una piegatura del foglio. Lostacco tra le diverse unità di testo è segnalato dalla paragraphos; ogniricetta medica o brano letterario è preceduto dallo staurogramma o cro-ce monogrammatica.

L’organizzazione delle varie sezioni che compongono il mano-scritto è ordinata, come risulta chiaro dalla foto e come dimostra l’usodelle paragraphoi e dello staurogramma. Questo genere di arrangia-mento ricorda ad es. Suppl. Mag. II, 88 (pl. X) – papiro del quarto se-colo sempre da Ossirinco, che riporta due ricette medico-magiche se-guite da un inno magico già conosciuto perché inserito nel cosiddettoPapiro di Philinna, cioè testi etichettabili come formulari magici4 – op-pure P.Antin. II, 66 = Suppl. Mag. II, 94 (pl. XII),5 un formulario cheraccoglie tredici prescrizioni iatromagiche.

La datazione del manoscritto è possibile solo su base paleograficaed è assegnabile al V o VI secolo. A mio avviso rimane difficile un’at-tribuzione certa viste le somiglianze che si registrano tra mani attestatein papiri datati con sicurezza. A tale proposito la scrittura di P.Oxy. XI,1384 può essere accostata a quella di P.Köln 151 del 423, ma anche aquella di P.Laur. 75 del 589.6 Gli editori, a tale proposito, preferivanotuttavia il V secolo e definivano lo scriba «an uncultivated writer». Lascrittura effettivamente si presenta irregolare, piuttosto larga e grande,con tratti corsivi; l’andamento delle linee, dapprima intervallate da unacerta spaziatura poi più ravvicinate l’una all’altra da linea 27ss., tendea discendere gradualmente verso il basso a destra e presenta poi un par-ziale recupero verso l’alto (da linea 30). Il testo, che contiene alcuni ti-pici errori legati alla pronuncia (confusione tra vocali lunghe e brevi,

3 Cf. in particolare E.G. Turner, ’Recto’ e ’Verso’. Anatomia del rotolo di papiro, Firen-ze, 1994, 65-67 (trad. it. di Id., The Terms Recto and Verso. The Anatomy of the Papyrus Roll,in: Jean Bingen – Georges Nachtergael (Éds.), Actes du XVe Congrès International de Papyro-logie. Première Partie. Rapport Inaugural (Papyrologica Bruxellensia, 16), Bruxelles, 1978.

4 Mertens–Pack3 1872.5 Mertens–Pack3 2391. 6 G. Cavallo – H. Maehler, Greek Bookhands of the Early Byzantine Period, A.D. 300-

800 (Bulletin Supplement, 47), London, Institute of Classical Studies, 1987, tav. 14a e 34b.

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tra vocali e dittonghi dallo stesso suono, cf. note sottostanti), è in piùpunti corretto dalla stessa mano (cf. linee. 12, 27, 29 e 36); la gramma-tica è spesso approssimativa (cf. ad es. l’ultima ricetta).

Le caratteristiche qui evidenziate paiono indicare che il manoscrit-to fu redatto da una persona abituata a scrivere e che conosceva il gre-co, pur incorrendo in frequenti errori per altro di tipo comune nei testidi questo periodo. Vista la qualità dell’esemplare, è assai probabile chefosse stato scritto per uso privato, personale, da un individuo (uomo odonna) di “media” alfabetizzazione e cultura, appartenente a una cate-goria di persone definite da G. Cavallo e H. Maehler «not professionalscribes with advanced training in formal script writing, but simply lite-rate persons, capable of writing blunders for their everyday affairs».7

1 Fouvska" kaqarsivou2 † kumivnou (dracmaiv) d[3 maravqou (dracmaiv) b[4 selivnou (dracmaiv) d[5 kovstou (dracmaiv) d[6 mastivch" (dracmaiv) d[7 kwrivou (dracmaiv) z[8 dafnokovkka ka[9 karoivou (dracmaiv)[10 pevrnh" (dracmaiv)[11 glhvcwno" (dracmaiv)[12 foivllou (dracmaiv)[13 a{lato" [14 o[xou" [

15 † ajphvnthsan hJm≥[i'n tina" a[ndre"16 ejn th/' ejrhvmw/ k≥a≥[i; ei\pan tw/' k(uriv)w/17 jIesou' ti e[nh qa≥ra≥p≥iv≥a≥ [ajrrwvstoi";18 kai; levgi aujtoi'" e[leom ajpevd≥[wka ej-19 lhva" kai; sbuvrn[an ejxevcusa toi'"20 pepoivq[os]i t[w/' oJnovmati21 patro;" kai; aJg[ivou pneuvmato" kai;22 uiJou'

23 † a[ggeloi k(urivo)u ajnhvrqan pro;" [mevson24 to;n oujrano;n ojfqalmo[u;"25 ponovnte" kai; [sfovggon kra-26 tou'n≥te" levgi ... oJ kuv(rio") ti; ajnhvr-

7 Cf. Cavallo–Maehler, Greek Bookhands..., 4.

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27 qate ajgnoi; pankavqaroi i[asin lavbin28 ajnhvlqamen ∆Iaw; Sabawvq o{ti soi;29 doinato;" kai; oijscirov"

30 eij" straggouritiva ija'se to;n p[onou'nta31 † la;bon spevrma ajgivnou xero;≥n≥[32 trivya" meta; uoi[nou ∆Askalw≥33 nivtou ei'ta≥ q≥erma; pivnne

34 † eij" qarapivan oujlon35 labo;n mh'la kuparivsou36 zevsa" kloivzou

1 Per posche purgative:2 cumino dracme 43 semi di finocchio dracme 24 sedano dracme 45 costus dracme 46 mastice dracme 47 coriandolo dracme 78 semi di alloro 219 noci dracme …10 pepe dracme …11 pulegio dracme …12 foglia (di silfio?) dracme …13 sale14 aceto

15 Vennero da noi alcune persone16 nel deserto e chiesero al Signore:17 «Gesù che cura c’è per un malato?»18 E disse loro: «Ho dato olio d’oli- 19 va e vi ho mescolato mirra per20 quelli che credono nel nome 21 del padre e dello spirito santo e 22 del figlio».

23 Degli angeli del Signore salirono 24 al cielo avendo gli occhi 25 malati e tenendo una spugna.26 Chiese loro il Signore: «Perché siete27 saliti, o santi e purissimi?» «Per ricevere una cura28 siamo saliti, o Iao Sabaoth, poiché tu29 sei potente e forte!».

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30 Per problemi alle vie urinarie per guarire il malato:31 prendi un seme essiccato di basilico selvatico,32 mescolalo con del vino di Ascalo-33 na caldo, quindi bevilo caldo.

34 Per guarire le ferite:35 prendi la bacca del cipresso,36 bolliscila e applica.

(2) «Cuminum Cyminum», cf. M.-H. Marganne, Inventaire analytique desPapyrus Grecs de Médecine, Genève, 1981, n. 136. (3) «Foeniculum vulgare»,cf. Marganne, Inventaire..., n. 136. (4) «Apium graveolens», cf. Marganne, In-ventaire..., n. 136. (5) Radice di «Saussurea Lappa», cf. Marganne, Inventai-re..., n. 136. (6) Mastice o resina di «Pistacia Lentiscus», cf. Marganne , Inven-taire..., n. 136. (7) Leggi korivou. «Coriandrum Sativum», cf. Marganne, Inven-taire..., n. 136. (8) Bacche di «Laurus Nobilis», cf. Marganne, Inventaire..., n.136. (9) Leggi karuvou. (10) Sulla base di Aet. III, 81-82 pevrnh" starebbe perpepevrew", ossia «Piper Nigrum», cf. Marganne, Inventaire..., n. 136. (11)«Mentha Pulegium», cf. Marganne, Papyrus Grecs de Medecine, n. 136. (12)Leggi fuvllou, la seconda l è aggiunta, sovrascritta. Fuvllou ha significato ge-nerico di pianta o erba medicinale, si trova impiegato per indicare il silfio inHipp. Nat. mul. 72.

(15-22) Un confronto tra l’«editio princeps» e la foto del papiro dimostraevidentemente che Grenfell e Hunt avevano a disposizione porzioni del testo at-tualmente perdute. Infatti nella introduzione a P.Oxy. XI, 1384 (p. 238) si leg-ge: «La parte inferiore del papiro è praticamente completa, ma nella parte infe-riore quasi tutta la metà destra manca, causando la perdita di solo alcune dellequantità di ingredienti riportate nella prima ricetta, ma della fine di tutte le lineetranne una del primo estratto di carattere teologico, la ricostruzione del qualepresenta difficoltà, nonostante il senso generale sia chiaro». 8 In «editio prince-ps» tutte le linee del testo di carattere evangelico presentano una integrazione,tranne la 15, dove, dopo una lacuna, Grenfell e Hunt leggevano r≥e≥"≥. Attualmen-te la linea meglio preservata è la 18. Sulle lacune da 23 in poi si veda sotto. Perchiarezza nell’esposizione, prima delle note al mio testo, riporto di seguito 15-22 «editio princeps»:

15 † ajphvnthsan hJm≥[i'n . . . . . a[nd]re≥"≥16 ejn th/' ejrhvmw/ k≥a≥[i; ei\pan tw/' k(uriv)w/17 ∆Iesou' ti<"> e[nh qarap≥iva≥ aj≥r≥r≥wv[stoi";18 kai; levgi aujtoi'", e[leon ajpevd≥[wka ej-19 lhva" kai; sbuvrn[a]n≥ ej≥x≥ev≥c≥[usa toi'"20 pepoiqovs≥i t[w/' oJnovmati tou'21 patro;" kai; aJg[iv]o≥u≥ [pn(euvmato)" kai; tou'22 uiJou'

(15) In «editio princeps» si lasciava spazio per circa cinque lettere. La miaintegrazione si basa sull’uso del pronome indefinito che il redattore o la sua

8 «The lower part of the papyrus is practically complete, but in the upper part nearly allthe right hand half is missing, entailing the loss of only some of the figures in the first recipe,but the ends of all the lines except one in the first extract, of which the reconstruction presentdifficulties, although the general meaning is clear».

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fonte fanno a linea 17 e nel secondo brano a l. 26. (17) jIesou' leggi jIhsou'; e[nhqarapiva leggi ejni; qerapeiva. Della prima alpha di qarapiva restano poche trac-cie a causa della sfilacciatura delle fibre del papiro in corrispondenza della kol-lesis, la r si distingue facilmente, seguono tracce della parte inferiore della se-conda alfa, la base delle stanghe della p (caratteristico è il tracciato della secon-da stanghetta, sempre arricciolata cf. ad es. 10, 15, 21 e 31) e le parti inferiori diiota e alfa finale. (18) levgi leggi levgei. (19) sbuvrnan leggi smuvrnan. (20) Co-me proposto anche in nota, a l. 20 «editio princeps» al posto di t[w/' oJnovmati sipotrebbe senz’altro integrare th/'' duvnamei. (20-22) Rispetto alla «editio prince-ps» ho preferito eliminare gli articoli sulla base delle attestazioni della formulatrinitaria a nostra disposizione. Solitamente nei papiri gli articoli vengono ante-posti a ognuna delle tre figure o non vengono utilizzati affatto. Non essendocitraccia di articolo prima di aJgivou ho uniformato le citazioni di padre e figlio.

(23-29) Il papiro nella parte destra si è molto deteriorato, come dimostra unconfronto con il testo di «editio princeps» che riporto di seguito:

23 † a[ggeloi k(urivo)u ajnhvrqan pro;" m≥[evson]24 to;n oujrano;n ojfqalmou;" 25 pono<uv>nte" kai; sfovggon kra-26 tou'n≥te", levgi aujt≥o≥i'"≥ oJ k(urivo)u, ti; ajnhvr-27 qate, aJgnoi; pankavqaroi; i[asin labi'n28 ajnhvlqamen, jIaw; Sabawvq, o{ti soi;29 doinato;" kai; oijscirov".

(23) Dopo la h di ajnhvrqan a causa di una sfilacciatura delle fibre del papi-ro restano solo tracce delle lettere, tuttavia chiaramente distinguibili fino alla ".(26) Sopra il «nomen sacrum» ku sono visibili le tracce di inchiostro della lineasovrascritta; ajnhvr- chiaramente distinguibili l’occhiello di a, e le parti inferioridi n, h e r. (27) aJgnoiv la n è una correzione: in base alle tracce sottostanti, appa-rentemente lo scriba aveva scritto aJgoiv, saltando la lettera, correggendosi tutta-via subito dopo; labi'n leggi labei'n (28) ajnhvlqamen la seconda a è una corre-zione da una precedente w. (28-29) soi; doinato;" kai; oijscirov" leggi su; duna-to;" kai; ijscurov", oij di oijscirov" è una correzione, sovrascritta.

(30) straggouritiva sarebbe forma non attestata per straggouriva; lagrammatica della frase è approssimativa, anche se il senso generale è chiaro;ponou'nta è restituito sulla base di «editio princeps». (31) ajgivnou leggi ajkivnou.(32) uoi[nou sta per oi[nou. (33) pivnne leggi pivne

(34) qarapivan oujlon sta per qaraphivan oujlw'n. (35) labo;n leggi labw;n;kuparivsou leggi kuparivssou. (36) kloivzou sta per kluvzou, lambda è corre-zione sovrascritta.

Veniamo dunque al contenuto del manoscritto. Le ricette tra le qua-li sono inseriti i brani letterari sono state registrate in diversi repertoridi papiri che raccolgono testi medici, come l’inventario di M.-H. Mar-ganne e la rassegna di I. Andorlini.9 Si tratta nell’ordine di una ricettaper posche purgative a base di «carenum» unito a ingredienti vegetali,di un rimedio per le vie urinarie a base di vino caldo di Ascalona e diun impiastro per ferite a base di bacche di cipresso.

9 Marganne, Inventaire analytique..., n. 136, 247-8; I. Andorlini Marcone, L’apporto deipapiri alla conoscenza della scienza medica antica, ANRW II, 37.1, 458-62, n. 187.

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Esse sono in sostanza prescrizioni mediche tradizionali, composteda ingredienti diffusi in trattati e manuali di medicina per così dire co-muni; mi limito a ricordare le posche molto simili riportate nel trattatodi Ezio di Amida (III, 81-82) e l’uso del vino di Ascalona raccomanda-to da Alessandro di Tralle per problemi alle vie urinarie.10

I due brani di letteratura cristiana hanno come tema principale laguarigione, coerentemente con la presenza delle ricette mediche. Ladiscussione tra quanti si sono occupati del primo dei due testi – sulquale mi soffermerò più a lungo – si è svolta sostanzialmente intornoa due ipotesi: (1) che si tratti di un brano di un vangelo apocrifo, nonaccolto nel canone, e per di più non altrimenti conosciuto;11 (2) che sitratti di un breve racconto di invenzione: o un brano estrapolato daraccolte di episodi leggendari con al centro Gesù, scritti in epoca tar-da, o una creazione originale, un «unicum», dello scriba stesso o diuna sua fonte.12 La brevità dell’episodio (caratteristica anche del se-condo brano) induce a pensare, in ogni caso, a un compendio che po-teva servire a due scopi non in conflitto tra loro: la fabbricazione diamuleti e filatteri o l’utilizzazione, la recitazione, all’interno di prati-che rituali di guarigione. In ambedue i casi si può definire il brevescritto una «historiola», termine tecnico che sta ad indicare una storiamitica (un archetipo) che riattiva il suo potere ogni volta la si raccontio evochi.13 Esempi di storie di questo tipo di ambito cristiano sonopiuttosto rari in lingua greca, più frequenti in copto e siriaco. Al no-stro brano evangelico possono essere affiancati due papiri, in partico-lare, uno da Heidelberg, l’altro da Berlino.14 Il papiro conservato aHeidelberg contiene un incantesimo contro il reuma (flusso) agli oc-chi. La storia dall’effetto taumaturgico racconta di Gesù che, perse-guitato dagli Ebrei, fugge fino all’Eufrate, dove, piantato il suo basto-ne nelle acque, ne ferma lo scorrere evidentemente per poter passare.

10 P. Mayerson, “The Use of Ascalon Wine in the Medical Writers of the Fourth to theSeventh Centuries”, IEJ 43 (1993) 169-73; Id., “An Additional Note on Ascalon Wine (P.Oxy.1384)”, IEJ 45 (1995) 190.

11 Questa l’opinione degli stessi Grenfell e Hunt nel loro commento introduttivo al testo.12 Cf. W. Schneemelcher in: E. Hennecke, Neutestamentliche Apokryphen in deutscher

Übersetzung, 3. völlig neubearbeitete Auflage herausgegeben von Wilhelm Schneemelcher, I,Evangelien, Tübingen, 1959, 57. Questa era anche l’opinione di Nock riportata in calce a PGMII, 7.

13 W.M. Brashear, “The Greek Magical Papyri: an Introduction and Survey; AnnotatedBibliography (1928-1994)”, ANRW II, 18.5, 3380-84, lo studioso catalogava il papiro in que-stione tra i testi iatromagici descrivendolo come «medicinal recipes with historiolae», cf.3500; sulle «historiolae» cf. D. Frankfurter, Narrating Power: the Theory and Practice of theMagical Historiola in Ritual Spells, in: M. Meyer – P. Mirecki (eds.), Ancient Magic and Ri-tual Power, Leiden - New York - Köln, E.J. Brill, 1995, 457-76.

14 P.Heid. G 1101 = F. Maltomini, Cristo all’Eufrate. P. Heid. G. 1101: amuleto cristia-no, ZPE 48 (1982) 149-70 = Suppl. Mag. I, 32; PGM 23 = van Haelst 876 = H. Lietzmann, Einchristliches Amulett auf Papyrus, Aegyptus 13 (1933) 225-8.

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È chiaro che allo stesso modo la potenza di Gesù sarà in grado di fer-mare il flusso oculare. Nel cercare di rintracciare paralleli di questoracconto, l’editore F. Maltomini ha individuato un papiro coptodell’VIII secolo che sempre in materia di flusso o emorragia, riportauna «historiola» simile – che ha però per protagonisti Elia e il fiumeGiordano – e una serie di «Jordansegen» e «Blutsegen» appartenentialla letteratura in lingua tedesca medievale e moderna. Lo studioso siè posto poi una serie di interessanti interrogativi circa il possibile re-troterra della storia in questione: accanto ai richiami biblici su passag-gi miracolosi del Mar Rosso e del Giordano ed evangelici sui miracolidi Gesù sulle acque egli ha richiamato anche una possibile connessio-ne con apocrifi quali il Vangelo dello pseudo-Matteo o il Protovange-lo di Giacomo.

Assai interessante è anche il testo conservato a Berlino. Su questofoglietto si leggono infatti un episodio in cui Gesù seda una tempesta– che richiama Matteo 14,28-31, ma per così dire compendiato e ri-scritto – e di seguito una preghiera preceduta dall’espressione kaivlevgei o kaiv levge, ossia «quindi dice, recita», oppure «quindi dì, reci-ta». L’«historiola» era accompagnata in questo caso da una chiara in-dicazione relativa alla pratica magico-rituale. Si trattava probabil-mente di una storia di carattere apotropaico che, seguita dalla recita-zione della preghiera, allontanava sciagure di qualche tipo, probabil-mente legate alla navigazione viste anche le caratteristiche geofisichedell’Egitto.

Questi papiri nel complesso restituiscono un’idea di quale uso sifacesse dei testi sacri in età tardoantica, del polimorfismo che essiassunsero trasformandosi di volta in volta in amuleti, libri di pre-ghiera, formulari magici. Tale polimorfismo del resto era già statocaratteristico di testi di altre tradizioni religiose: in Egitto, in partico-lare, è ampiamente attestata l’utilizzazione, sia nei complessi tem-plari che in contesti privati, di stele e statue con testi inscritti dai po-teri guaritivi. A Dendera, ad esempio, il rituale di guarigione preve-deva, tra l’altro, l’uso di acque che scorrevano su una stele ricopertada formule iatromagiche.15 Come ha argomentato D. Frankfurter,l’amplissima diffusione dei cosiddetti cippi di Horus e di altre rap-presentazioni di divinità egiziane dai poteri apotropaici con formulemagiche iscritte sui lati, sulla base, o sul retro, conferma che l’uso diversare liquidi sulle immagini e i testi iscritti, affinché ne venisseroassorbiti i poteri curativi, era praticato anche in contesti domestici.16

15 Cf. F. Daumas, “Le sanatorium de Dandara”, BIFAO 56 (1957) 35-57; D. Frankfurter,Religion in Roman Egypt. Assimilation and Resistance, Princeton, Princeton University Press,1998, 47.

16 Frankfurter, Religion in Roman Egypt..., 47-9.

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Procedimenti strutturalmente simili passarono anche nella ritualitàcristiana, come dimostra la presenza di statue, rilievi o pitture dal po-tere taumaturgico, tratte da diverse tradizioni letterarie. Secondo Eu-sebio (Hist. Eccl. VII, 18), ad esempio, a Cesarea di Filippo c’eraun’immagine che riproduceva la guarigione dell’emorroissa (la qua-le si pensava fosse originaria della città), alla cui base crescevaun’erba che sfiorava il manto del rilievo e si diceva avesse proprietàcurative.

Per cercare di individuare possibili fonti della «historiola» diP.Oxy. XI, 1384, o comunque di ricondurre il brano a un più precisocontesto culturale, ho enucleato alcune caratteristiche da cui partire,caratteristiche per altro già acutamente poste in luce dai primi editori.Innanzitutto la prima persona utilizzata nella narrazione (se l’integra-zione di Grenfell e Hunt a l. 15 sulla base dei frammenti che essi ave-vano ancora a disposizione è da accettarsi, come sembra). Il discorso inprima persona induce a porsi una serie di interrogativi relativi sia allaprovenienza del testo (apocrifo o storia inventata «ad hoc»), sia al ri-tuale che a mio modo di vedere stava dietro alla confezione di P.Oxy.XI, 1384. Per rendere più chiara l’esposizione su questo punto, antici-po che la mia ipotesi – argomentata nel dettaglio più avanti nel corsodel saggio – è, infatti, che il redattore del papiro utilizzasse il suo con-tenuto all’interno di rituali di guarigione. Stando a questa ipotesi, il“noi”/“io” con cui è narrata la storia a carattere evangelico presupponeche, sia che si tratti di un apocrifo (compendiato o meno), sia che sitratti di un episodio di invenzione di altra natura, il brano fosse comun-que fatto rimontare a uno scritto attribuito a un discepolo di Gesù. Il re-dattore e utilizzatore del papiro evidentemente doveva ritenere che taletesto e la sua fonte avessero un potere medico-magico, che poteva es-sere impiegato sia nella fabbricazione di amuleti, sia nel corso di «per-formance» rituali. L’«audience», a sua volta, condivideva tale atteg-giamento nel momento in cui partecipava al rituale o indossava e cu-stodiva amuleti e filatteri con il testo inscritto. È evidente che all’inter-no di riti di questo genere i partecipanti riconoscessero il ruolo e l’au-torevolezza del guaritore. Sulla base del ruolo giocato dal guaritore,l’«audience» riconosceva il potere medico magico delle «historiolae»;non si può escludere che qualcuno dei soggetti coinvolti conoscessetalvolta in modo dettagliato o di prima mano le fonti delle «historio-lae», ma si deve ammettere che nel contesto socio-culturale dell’Egittodi questo periodo il semplice richiamo a Gesù nel primo episodio e aIao Sabaoth e agli angeli nel secondo potevano comunque bastare aconferire credibilità alla «performance». Il caso del guaritore è, invece,a mio modo di vedere, differente. Il suo ruolo, infatti, presuppone unaspecializzazione e autorevolezza che, soprattutto nel contesto egiziano,significa l’appartenenza a un gruppo sociale ben definito di guaritori

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professionisti. Ora questo ruolo per secoli era stato ricoperto dal cetosacerdotale: il testo in esame, come argomenterò oltre, fornisce inte-ressanti informazioni sulla ridefinizione e riassegnazione di ruoli e po-teri medico-magici in età tardo antica, conseguentemente alla diffusio-ne del cristianesimo e alla sua successiva affermazione come religioneufficiale dell’impero.

Ma torniamo ai contenuti del brano “evangelico”. L’inversionetra spirito santo e figlio, che si legge in chiusura dell’episodio, è il se-condo e forse più importante dato in esso contenuto. Un sondaggionei papiri documentari non ha rilevato alcun caso analogo di cambia-mento di posizione tra le tre figure della trinità, nelle numerosissimecitazioni della formula trinitaria. Si tenga presente che dalla fine delVI secolo in poi alla datazione dei documenti cominciarono ad essereregolarmente anteposte delle formule di invocazione di carattere sa-cro che contenevano in gran parte dei casi un riferimento alla trinità:dunque il campione di citazioni in nostro possesso è assai numerosoe costituisce un buon termine di riferimento “statistico”.17 Tra i papi-ri magici, due mi paiono i casi da prendere in considerazione, a partela menzione della formula ortodossa.18 PGM 16, 20-21 riportanell’ordine figlio, padre e spirito santo, ma a ben vedere non si trattadi una vera e propria menzione della formula trinitaria, bensì di un ri-ferimento alla consustanzialità della divinità nelle tre persone del fi-glio, del padre e dello spirito (o{ti movno" kuvrio", movno" qeov" ejsti ejnuiJw/' kai; ejn tw/' patri; kai; aJgivw/ pneuvmatei). Di grande interesse è in-vece un altro papiro magico, sempre da Ossirinco, P.Oxy. VI, 924.19

Si tratta di un amuleto contro la febbre fabbricato per una donna,scritto su un foglio di papiro che misura 9 x 7,6 cm. Ecco la primaparte del testo in traduzione:

«Davvero proteggi e preserva Aria dal tremore febbrile di un giorno edal tremore febbrile giornaliero e dal tremore febbrile notturno e dal-la febbre leggera ... Queste cose falle di grazia compiutamente per iltuo volere e per la sua fede, poiché è serva del dio vivente, e affinchéil tuo nome tramite lei sia glorificato per sempre».

17 Sui sistemi di datazione cf. R.S. Bagnall – K.A. Worp, Chronological Systems of By-zantine Egypt. Second Edition, Leiden, Brill, 2004. Sulle formule di invocazione, in particola-re: R.S. Bagnall – K.A. Worp, “Christian Invocations in the Papyri”, CE 56 (1981) 112-33 e“Christian Invocations in the Papyri: A Supplement”, CE 56 (1981) 362-5.

18 PGM 15a, 19-20: dia; th;n duvnamin tou' patro;" kai; tou' uijou' kai; tou' aJgivoupneuvmato". La stessa formula si trova in PGM 15b, 5.

19 PGM 5a = van Haelst 953; cf. Brashear, “The Greek Magical Papyri...”, 3560.

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A queste linee segue uno stacco e quindi un’invocazione di «vocesmagicae», la cui stessa disposizione grafica assumeva un potere magi-co e simbolico.

Le vocali che fanno da cornice sono tipiche di questo tipo di testi,l’unica anomalia è l’assenza di epsilon, che tuttavia poteva trovarsi pri-ma di eta, poiché il papiro è rotto, oppure più semplicemente è stataomessa per motivi di simmetria. I due «nomina sacra» IU e XU al ge-nitivo possono essere interpretati in due modi: o sono retti da un voca-tivo sottinteso (ad esempio duvnami", “o potenza di Gesù Cristo”) o so-no apposti in quanto tali, perché graficamente e in quella forma evoca-vano un potere magico.20 Tra l’invocazione del nome di Gesù e di Cri-sto – scritti in forma contratta come ho detto e in caratteri più grandi ri-spetto al resto – troviamo la triade padre, figlio e madre, quindi nella li-nea sottostante lo spirito santo con incastonato il binomio alpha-omegae il segno della croce apposto al centro. Chiude il testo la voce magicaAbrasax, isopsefismo di origine ebraica (=365), ampiamente usata intesti magici di varia natura (papiri, lamelle, «defixiones») in diversearee del mediterraneo antico dal I secolo in poi. In ambito cristiano,Epifanio (Panarion 24,1 24) e il trattato dello Pseudo-Tertulliano (cap.I) affermano che Abrasax fosse il nome attribuito da Basilide – a capodi una scuola gnostica ad Alessandria sotto i regni di Adriano e Anto-nino Pio – alla divinità suprema, il padre.21 È come se il redattoredell’amuleto avesse voluto raccogliere insieme alcune delle principalivoci sacre e simbologie magiche cristiane, o comunque utilizzate an-che dai cristiani: padre, figlio e madre non possono che corrispondere,come vedremo a breve, a una formulazione e interpretazione della tri-nità attestata, con alcune varianti, in alcune specifiche fonti cristiane.

La presenza di questo papiro, proveniente dallo stesso contesto ar-cheologico, e il fatto che nei documenti e nei papiri magici non si verifi-

a ∆I(hso)u' pathvr uiJ ov" mhvthr C(risto)u' o

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i pn(eu'm)a a w a{gio" w

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20 M. Meyer ad esempio sceglie la prima soluzione nella sua traduzione inglese a questotesto cf. Meyer–Smith (eds.), Ancient Christian Magic..., testo 15.

21 Su Abrasax in generale si veda la bibliografia schedata in Brashear, “The Greek Magi-cal Papyri...”, 3577.

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chino casi di inversione è un forte indizio a favore dell’ipotesi che l’ordineattestato in P.Oxy. XI, 1384 non sia frutto del caso e neppure di un errore.

Postulato quindi che il cambiamento d’ordine fosse parte del testocopiato o parafrasato dall’autore materiale del manoscritto, o facesseparte comunque della sua cultura religiosa nel caso sia egli stesso l’au-tore o il compendiatore della «historiola», si possono individuare alcu-ni testi – e di conseguenza alcuni ambienti cristiani – in cui la formulatrinitaria assunse la forma padre-spirito santo-figlio e venne interpreta-ta in modo differente da quello dell’ortodossia calcedoniana. Origene eGirolamo riportano una teoria secondo la quale la trinità era interpreta-ta evidentemente come padre, spirito=madre e figlio, in cui cioè lo Spi-rito Santo veniva considerato figura materna. Il principale testo di rife-rimento sarebbe il Vangelo secondo gli Ebrei:

«Se poi qualcuno accetta il vangelo secondo gli Ebrei, in cui il Salva-tore stesso dice: “Poco fa mi ha preso mia madre, lo Spirito Santo, peruno dei miei capelli e mi ha trasportato al monte sublime Tabor”, ri-marrà perplesso, pensando come possa essere madre di Cristo lo Spi-rito Santo, che ha avuto origine per mezzo del Verbo. Il che però nondeve recare a costui molta difficoltà per l’interpretazione». 22

Il legame tra madre del Salvatore e Spirito Santo è adombrato an-che nella versione copta di un discorso sulla Vergine attribuito a Cirillodi Gerusalemme. Esso riporta un dialogo tra Cirillo e un monaco di unvillaggio vicino a Gaza, in cui, come si vedrà, il monaco considera fededegno il vangelo che fu scritto per gli Ebrei. Alla fine della diatriba i li-bri in questione, assai significativamente, verranno dati alle fiamme.Ecco il brano che qui interessa in traduzione, è il monaco che parla:

«Nel vangelo degli Ebrei sta scritto che quando Cristo volle veniresulla terra, dagli uomini, Dio Padre chiamò nei cieli una validissimaforza di nome Michele e affidò Cristo alla sua cura. La forza vennegiù nel mondo e fu chiamata Maria e per sette mesi Cristo restò nelsuo seno. .... Cirillo domandò: “Dove, nei quattro vangeli, è detto chela santa vergine Maria madre di Dio è una forza?”. Il monaco rispose:“Nel vangelo degli Ebrei”. Allora Cirillo domandò: “Sono forse cin-que i vangeli? Qual è il quinto?”. Il monaco rispose: “È il vangelo chefu scritto per gli Ebrei”».23

Nell’Apocrifo di Giovanni (testo rimasto in versione copta tra i co-dici di Nag Hammadi e testimoniato in Ireneo) il Cristo polimorfo af-ferma: «Io sono colui che sempre è con voi. Io sono il padre, io sono la

22 Com. in Joh. II, 12 citato nella trad. di Erbetta. Testo ripreso anche da Girolamo,com’è noto, in Mich. 7, 6; in Is. 40, 9; in Ez. 16, 3.

23 Trad. da L. Moraldi, Tutti gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli, Casale Monfer-rato, Piemme, 1999, 448.

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madre, io sono il figlio». Nell’opera che va sotto il nome di Vangelodegli Egiziani o Il libro sacro del grande spirito invisibile (Nag Ham-madi CG III, 2; IV) le tre forze delle tre ogdoadi prodotte dal padre conla sua pronoia sono il padre, la madre e il figlio. Anche in Clemente diAlessandria nel Quis dives salvetur (37) torna uno schema simile, purcon delle variazioni: è delineata una successione padre/madre (ma inDio) che genera il figlio. Non mi pare poi da scartare l’ipotesi che loschema padre-madre-figlio in ambiente egiziano potesse ricollegarsifacilmente alla triade sacra Osiris-Isis-Horus, e che dunque certe posi-zioni in materia trinitaria venissero accolte in ambienti come quelloche ha prodotto il nostro papiro anche grazie al sostrato religioso elle-nistico egiziano soggiacente.

Altri elementi del brano mi sembrano meno rilevanti al fine dellaricostruzione del contesto culturale di produzione e uso del manoscrit-to: il fatto che Gesù sia nel deserto (o in un luogo deserto) non mi pareparticolarmente significativo. La menzione della mirra può essere col-legata assai vagamente a Mt 2,11 e Gv 19,39. Un inchiostro fabbricatocon la mirra è menzionato in alcuni papiri magici (cf. ad es. PGM II,30; 34; 42; 48). La mirra e l’olio del resto erano ingredienti medicinalipiuttosto comuni. L’uso dell’olio nella cura dei malati ha una tradizio-ne antichissima: limitandosi all’ambito delle guarigioni cristiane atte-state nei testi poi divenuti canonici si possono menzionare Mc 6,13; Lc10,34 e Gc 5,14. Per il periodo tardo antico esso è largamente attestatodalla letteratura monastica in episodi che hanno come protagonisti ana-coreti o cenobiti famosi, come ad esempio Beniamino, che guariva conl’olio benedetto in Hist. Laus. 12, 1, e Macario di Alessandria, che curauna nobile vergine di Tessalonica con l’olio in Hist. Laus. 18, 12.24

In conclusione su questo brano: il noi e la formula trinitaria sonodue indizi che paiono andare in direzione del vangelo apocrifo, o me-glio del compendio da un apocrifo. Se il brano, come io credo, fa partedi un formulario, il redattore non avrebbe usato il noi, a meno che isoggetti da guarire non pensassero che egli fosse una reincarnazione.Nei papiri documentari, dove la formula trinitaria ricorre centinaia divolte nelle invocazioni obbligatoriamente inserite nei contratti, non èmai attestato nessun caso di errore dello scriba nell’ordine delle trepersone. Ciò che colpisce è anche l’assenza di casi del genere nei papi-ri magici finora pubblicati, nonché la presenza di P.Oxy. VI, 924 soprariportato.

Mentre il primo dei due estratti ha per protagonista Gesù, interpel-lato in veste di guaritore, il secondo vede degli angeli malati alla pre-

24 Sull’olio cf. A.D. Vakaloudi, “Illness, Curative Methods and Supernatural Forces inthe Early Byzantine Empire (4th-7th C. A.D.)”, Byzantion 73 (2003) 185-8.

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senza di Dio, invocato come Iao Sabaoth. L’appellativo, scritto peresteso, riconduce ancora una volta – oltre che naturalmente alla Settan-ta, in particolare a Is 6,3 – ai papiri magici, a preghiere, invocazioni eamuleti quali ad esempio P.Oxy. VII, 1060. Quest’ultimo papiro siapre con una serie di «voces magicae» che includono invocazioni ri-spettivamente ad Afrodite e Iao Sabaoth Adonai, seguono poi una for-mula di scongiuro contro l’invasione della abitazione da parte di rettilie infine la citazione di San Focas e del giorno a lui dedicato.25

Al di là di ulteriori approfondimenti ancora possibili sui due brani,ciò che mi sembra importante evidenziare in questa sede è che le chiu-sure di ambedue – la formula trinitaria e l’appello diretto a Iao Sabaothpotente e forte – mi sembrano particolarmente drammatiche. Esse pa-iono corrispondere a una sorta di invocazione con la quale culminavala recitazione delle due «historiolae» all’interno di un rituale di guari-gione, in cui la somministrazione di cure e medicinali si accompagna-va molto verosimilmente a pratiche magico-religiose. Sulla base diquanto finora osservato l’ipotesi che il papiro facesse parte di un ma-nuale medico-magico cristiano mi sembra assai verosimile: a questopunto diventa interessante soffermarsi sul contesto archeologico e so-prattutto storico da cui ha origine P.Oxy. XI, 1384.

Poco è ciò che si può ottenere dai dati archeologici. Tutti i mano-scritti di Ossirinco provengono infatti da scavi ufficiali o illegali dellediscariche antiche della città. Sebbene in alcuni casi, soprattutto ri-guardanti archivi, sia stato possibile ottenere informazioni utili a rico-struire la storia dei testi, tramite i rapporti di scavo e i numeri di inven-tario, questo non pare essere possibile per il papiro in questione.26 Valela pena, allora, soffermarsi su quanto si sa riguardo alla città in cuiP.Oxy. XI, 1384 è stato redatto o utilizzato. È chiaro, infatti, che unmanoscritto reperito in una località può provenire da altri luoghi; restacomunque il dato di fatto che qualcuno di Ossirinco, o di passaggio daOssirinco, ne fece uso.

Tra V e VI secolo Ossirinco – che sorgeva nei pressi dell’attualeBehnesa ed era chiamata Pemge in copto – era una popolosa città delMedio Egitto. Metropoli del distretto che da essa prendeva nome (ilnomo Ossirinchite), la città era anche capitale della «provincia Arca-

25 Si tratta probabilmente del Phokas siriaco. Viene ricordata una data posticipata diquattro giorni da quella del calendario ufficiale (Phamenoth 13 corrisponde al 9 marzo, mentreè il 5 marzo il giorno dedicato al santo), ma ciò potrebbe spiegarsi con un comprensibile erroredel redattore dell’amuleto cf. P.Oxy. VII, 1060 nota a l. 9.

26 Cf. R. Mazza, L’archivio degli Apioni. Terra, lavoro e proprietà senatoria nell’Egittotardoantico, Bari, Edipuglia, 2001, 11-18. Le informazioni contenute nella prefazione al volu-me XI del P.Oxy. parrebbero indicare che il numero 1384 facesse parte dei ritrovamenti del1905-06, ma la genericità dei dati forniti, anche nei rapporti di scavo, non permette alcuna cer-tezza a tale proposito.

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diae» di recente creazione.27 Lì dunque avevano sede importanti isti-tuzioni civiche e provinciali, che contribuivano a dare lustro e ric-chezza alla polis, la quale già fin dalla precedente età tolemaica e ro-mana aveva conosciuto un continuo processo di sviluppo politico,economico e culturale. I pochi dati ricavati dagli scavi archeologici,combinati alle informazioni contenute nelle migliaia di papiri finorapubblicati, aiutano a ricostruirne l’aspetto architettonico: tra i pochiresti scavati dagli inglesi nel 1922 spiccavano il teatro, che potevaospitare tra gli 8.000 e i 12.000 spettatori, le vestigia del colonnatomeridionale della città e qualche tratto delle mura civiche. Un am-masso di grandi blocchi di pietre è stato interpretato come ciò che ri-maneva di un tempio di una certa imponenza, dedicato quasi certa-mente a Serapide. Dalla documentazione pubblica e privata si sa chela polis era divisa in quartieri, che le strade erano mantenute in ordi-ne, che diversi erano gli edifici pubblici (dagli impianti termali, alginnasio, al «praetorium») e numerosi i templi (almeno una ventina,sia dedicati a divinità, sia dedicati al culto imperiale, come l’Hadria-neion). In un papiro della fine del III secolo o dell’inizio del IV, incui è descritto il giro che le guardie notturne dovevano compiere ogninotte, sono anche ricordate due chiese.28

Dal IV secolo in poi, naturalmente, le menzioni di edifici di cultocristiano e di membri della ekklesia tendono ad aumentare, mentre leattestazioni di templi e di membri della casta sacerdotale, dedita aculti pagani, lentamente si rarefanno, oppure gli edifici vengono ri-cordati, ma perché in abbandono o utilizzati ad altro scopo, come adesempio il tempio dedicato ad Adriano, che serviva da carcere citta-dino, e il Cesareo, che divenne un monastero.29 Il passaggio al tardo-antico è segnato da una parte dalla progressiva scomparsa dei ginnasie della vita politico-culturale ad essi collegata, dall’altra dalla com-parsa o valorizzazione dei nuovi centri di aggregazione tipici dellacittà bizantina, quali gli edifici ecclesiastici, l’ippodromo e i palazzidei grandi proprietari locali, esponenti del ceto senatorio della nuova

27 J.G. Keenan, “The Provincial Administration of Egyptian Arcadia”, MPhL 2 (1977)[Special Papyrological Number] 193-202. Non si conosce la data precisa di creazione dellaprovincia, sotto l’imperatore Arcadio: il primo papiro datato che la menziona è P.Flor. I, 66(Arsinoe, 10/3/398). Il capitolo V della Hist. Mon. che più avanti riporto in traduzione, sembraignorarne l’esistenza, visto che colloca Ossirinco semplicemente nella Tebaide.

28 P.Oxy. I, 43 verso = Chr.Wilck. 474. Sulla discussione intorno a questo testo, scrittosul verso di un rotolo contenente contabilità datata 295 d.C. e dunque databile posteriormentea tale data, si veda R.S. Bagnall, Egypt in Late Antiquity, Princeton, Princeton UniversityPress, 1993, 53, n. 60.

29 Cf. ad es. P.Oxy. LV, 3787 del 301 in cui è ricordato un diacono della santa chiesa eP.Oxy. XXII, 2344 del 336 che menziona il vescovo. Il cristianesimo era diffuso anche in cen-tri minori del nomo, cf. P.Oxy. XXXIII, 2673 del 304 in cui è citato un lettore della chiesa delvillaggio di Chysis. Per il Cesareo cf. PSI VII, 791; vedi oltre cap. V Historia Monachorum.

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capitale fondata da Costantino e governatori e patroni delle loro cittàd’origine.30

Sulla vivacità culturale di Ossirinco ci informano anche i papiricontenenti opere letterarie ivi ritrovati, un tema sul quale è impossibilesoffermarci dettagliatamente in questa sede: è pressoché testimoniatagran parte della letteratura greca classica fino agli autori più tardi, conesemplari che sotto il profilo librario vanno dalle antologie ad uso sco-lastico a esercizi di allievi di scuola, da esemplari pregiati eseguiti perintellettuali e studiosi locali, a copie meno accurate tracciate su rotoliriutilizzati, i quali spesso sul recto contengono conti o documenti am-ministrativi pubblici o privati.31 Tra questi resti di libri si trovano an-che trattati di medicina di Ippocrate32 e Nicandro33 o di autori per oraignoti.34

La stessa sensazione di trovarsi di fronte a una grande varietà diambienti e stimoli culturali si ha anche quando si passa ai testi, ritrovatia Ossirinco, di carattere religioso: preghiere, amuleti, filatteri, trattati eopere letterarie rimandano l’immagine di una forte compenetrazione,interazione e talvolta antagonismo tra le differenti correnti religiosepresenti in Egitto, come dimostrato ad esempio nel già ricordatoP.Oxy. VII, 1060, che affianca Afrodite, Iao Sabaoth e San Focas. Lediscariche antiche della città hanno restituito manoscritti di diverse tra-dizioni religiose databili più o meno nello stesso arco di secoli. Redi-gerne una lista esauriente e darne un’interpretazione coerente in realtàpresenta una serie di difficoltà di carattere metodologico di non pococonto. Il primo problema riguarda la definizione di testo religioso. In-fatti si è portati meccanicamente a dare per scontato che tutti i mano-scritti, in qualsiasi lingua siano redatti, che riportano letteratura cristia-na (canonica o meno) siano testi religiosi, così come i papiri della Set-tanta e delle scritture ebraiche, i testi che contengono preghiere e invo-

30 Tra i più importanti esponenti di questa classe sociale a Ossirinco e in altri centridell’Egitto sono gli Apioni, famiglia attestata con continuità dalle fonti papiracee e letterariedalla metà del V ai primi decenni del VII secolo su cui rimando a Mazza, L’archivio degliApioni..., spec. 47-75. Tra i membri della casata si contano uno degli ultimi consoli ordinaridell’impero e un «comes sacrarum largitionum» sotto Giustiniano. La famiglia, in un primotempo monofisita, dal regno di Giustino I e Giustiniano in poi è di salda fede calcedoniana, an-che se forse un ramo di essa, legato al Fayum, rimase aderente all’antica fede cf. R. Mazza,“Noterelle prosopografiche in margine ad alcune pubblicazioni recenti riguardanti gli Apioni”,Simblos 4 (2004) 266-7. Su altri membri dell’elite civica cittadina si veda N. Gonis, “Studiesin the Aristocracy of Late Antique Oxyrhynchus”, Tyche 17 (2002) 86-97.

31 Un tentativo di interpretazione dei ritrovamenti di papiri letterari è fatto da J. Krüger,Oxyrhynchos in der Kaiserzeit. Studien zur Topographie und Literaturrezeption, Frankfurt amMain - Bern - New York - Paris, Peter Lang, 1990. Cf. inoltre W.A. Johnson, Bookrolls andScribes in Oxyrhynchus, Toronto, University Press, 2004.

32 Cf. Andorlini Marcone, L’apporto dei papiri alla conoscenza..., nn. 16, 18, 20, 22.33 Ib., nn. 30 e 31.34 Cf. Ib., nn. 1, 68, 73, 74, 77, 96. A questi testi vanno aggiunti estratti farmacologici, ri-

cette, manuali e prescrizioni varie cf. ivi nn. 103, 109, 113, 118, 136, 160, 183, 188, 190.

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cazioni a divinità pagane e i testi magici, di qualsiasi ambito di prove-nienza. Ma dove inserire ad esempio la letteratura filosofica ellenisti-ca, compresa quella cristiana ovviamente? Inoltre si proietta meccani-camente su tali testi una distinzione per tipologie e generi, che spesso èaccompagnata da una valutazione di tipo classificatorio. Secondo que-sto modo di procedere, i vangeli, specialmente quelli canonici, sareb-bero stati prodotti e letti da cristiani praticanti una religione “rispettabi-le”, mentre i testi magici o che presentano quelli che a noi paiono biz-zarri sincretismi sarebbero stati riservati a cristiani incolti e/o pratican-ti in realtà una religione non cristiana, un cristianesimo deviante o falso(come certe forme di gnosticismo, ad esempio). Questo atteggiamento– che è anche il portato di un’organizzazione accademica che ha scor-porato lo studio della letteratura cristiana dalle discipline della lettera-tura classica latina e greca – a mio modo di vedere rischia di compro-mettere la comprensione del fenomeno religioso antico e tardoantico,perché in realtà imprigiona gran parte della letteratura religiosa anticaall’interno di categorie che risentono pesantemente dell’idea (posterio-re e solo di alcuni cristianesimi) di scrittura sacra e normativa.35

Un secondo dato che induce a una riflessione è che troppo automa-ticamente si attribuisce il possesso di un testo appartenente a una deter-minata religione a un aderente a tale religione. Tale attribuzione misembra lecita nel caso vi sia un contesto archeologico che chiaramenteindichi l’appartenenza a un determinato ambiente religioso o culturale:la biblioteca di un tempio, ad esempio, la tomba di un sacerdote o di unmonaco, la biblioteca di un monastero. Ma in assenza del riscontro ar-cheologico nulla vieta di pensare, ad esempio, che a Ossirinco nel IIIsecolo un colto pagano si procurasse copia di un testo evangelico, op-pure che un fervente cristiano leggesse un inno a Iside. Inoltre va tenu-to presente il diverso grado di adesione individuale a una religione,nonché il fenomeno ampiamente attestato nel mondo del Mediterraneoantico e tardoantico dell’adesione a culti diversi, non esclusivamentein tempi diversi della propria esistenza.

35 Sulle implicazioni epistemologiche relative all’uso dei termini ’religione, religioni ereligioso’ nello studio dei fenomeni religiosi di culture diverse dalla propria o del passatopiù o meno antico rimando a J.Z. Smith, “Religion, Religions, Religious”, in: M.C. Taylor,Critical Terms for Religious Studies, Chicago, The University of Chicago Press, 1998, 269-84; per la scrittura si veda anche D. Tracy, “Writing”, ib., 383-93. L’uso di tali categorie èinevitabile, ma va secondo Smith chiarito da parte appunto degli scienziati caso per caso.Penso che un approccio di tipo diverso nei confronti delle fonti porterà anche a un chiari-mento e ridefinizione dei termini in questione per il periodo che qui ho affrontato: nel conte-sto di questo saggio ho utilizzato tali categorie in senso ampio. Do inoltre per acquisito il da-to che anche quando utilizzati al singolare i termini ebraismo/giudaismo e cristianesimo sti-ano ad indicare una molteplicità di sistemi religiosi, con gradi di affinità e differenze tra loromolto diversi.

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Un terzo elemento di difficoltà è rappresentato dalla datazione deitesti letterari per due ordini di motivi. Innanzitutto i papiri letterari so-no per lo più datati su base paleografica: ora nonostante la quantità dimateriale pubblicato e le tecniche papirologiche producano continuimiglioramenti in questo campo, imprecisioni e inesattezze rimangonoinevitabili. In secondo luogo va aggiunto che la data di redazione di unmanoscritto va disgiunta dal periodo di utilizzazione, di lettura del me-desimo: un libro (così come un documento, un appunto, una lista) puòrimanere all’interno di una biblioteca un giorno, un anno, un secolo…Nel caso dei papiri di Ossirinco ciò che è certo è che a un dato momen-to ciascuno dei testi ritrovati fu buttato, il frammento di poche righecosì come il lungo rotolo di conti, il Vangelo di Tommaso e quello diGiovanni, gli amuleti e i ricettari dei medici, le lettere e molto altro an-cora.

Tenendo conto di queste difficoltà mi pare comunque interessan-te ricordare brevemente la varietà dei testi cristiani restituiti dalle di-scariche della città, senza alcuna pretesa di redigere una lista comple-ta e soprattutto senza alcuna implicazione statistica, poiché a miomodo di vedere non ci sono i presupposti per un approccio di questotipo.36 I manoscritti contenenti opere letterarie cristiane datano dal IIsecolo in poi. Sono attestati gran parte degli scritti poi entrati nel ca-none; scritture apocrife di vario genere, dai famosi frammenti grecidel Vangelo di Tommaso, a testi ancora più frammentari ed enigmati-ci come P.Oxy. X, 1224 e P.Oxy. V, 840, agli Atti di Paolo, all’Apo-calisse di Pietro; letteratura patristica e scritti apostolici, tra cui spic-ca il Pastore di Erma, conservato in varie copie di diversa datazione;omelie e trattati di certa o ignota attribuzione.37 Oltre ai testi letterari,si è poi conservato un vasto dossier relativo alla gestione dei beni ec-clesiastici;38 vi sono infine diverse lettere cristiane, calendari liturgi-

36 Un elenco esaustivo e completo della letteratura attestata ad Ossirinco dal tardo II alVII secolo va infatti al di là degli scopi del mio saggio. È possibile a tale fine interrogare ilLeuven Database of Ancient Books, continuamente aggiornato, e consultabile on-line all’indi-rizzo <http://www.trismegistos.org/ldab/>. Si può inoltre fare riferimento a Krüger, Oxyrhyn-chos in der Kaiserzeit…cit., passim; per la letteratura cristiana cf. in particolare E.J. Epp, “TheOxyrhynchus New Testament Papyri: «not without honor except in their hometown?»”, JBL123/1 (2004) 5-55, che, nonostante il titolo, prende in considerazione la letteratura cristiana ca-nonica e non. Il materiale andrebbe a mio modo di vedere posto in una prospettiva cronologicadal punto di vista delle copie manoscritte: il fatto ad esempio che il pastore di Erma sia rimastoin copie, depone a favore di una continuità di lettura di quest’opera. Mi riprometto di tornaresu questo punto in altra sede.

37 Cf. Epp, “The Oxyrhynchus New Testament Papyri...”, 14-18.38 Non esiste una sintesi specifica relativa alla sola Ossirinco, ma lavori più generali

sull’Egitto tardoantico. Cf. E. Wipszycka, Les ressources et les activités économiques des égli-ses en Égypte du IVe au VIIIe siècle, Brussels, 1972; Ead., Études sur le christianisme dansl’Égypte de l’Antiquité tardive, Roma, 1996. Sul personale e l’organizzazione si veda inoltreG. Schmelz, Kirchliche Amtsträger im spätantiken Ägypten nach den Aussagender griechi-schen und koptischen Papyri und Ostraka, München, K.G. Saur Verlag, 2002.

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ci, nonché filatteri, formulari iatromagici e amuleti come quelli quianalizzati.39

Discorso a parte andrebbe fatto per gli scritti comuni a cristianesimoe giudaismo: nonostante la ricerca di criteri distintivi quali l’uso del ro-tolo o del codice e l’uso e la forma dei «nomina sacra», rimane a miomodo di vedere ancora complesso distinguere quali fossero i confini traebraismo e cristianesimo, per lo meno in età precostantiniana, e di con-seguenza sapere per certo a chi sia appartenuta una copia della bibbiaebraica greca.40 Nonostante le difficoltà incontrate dall’ebraismo egi-ziano, soprattutto dopo i conflitti di età traianea ed adrianea, è comun-que attestata una presenza continuativa di ebrei nel paese, compresa Os-sirinco al centro dei nostri interessi. Nella seconda metà del VI secoloc’era almeno una sinagoga – non si sa se in città o in un altro centro delnomo – collocata in ambienti appartenenti alla potente famiglia degliApioni (i cui membri, come si ricordava, erano calcedoniani convinti efedeli alla casa di Giustino), all’interno della cui contabilità è registratoil pagamento dell’affitto di locali evidentemente adibiti a quest’uso.41

E tuttavia l’ostilità nei confronti della comunità ebraica dovettesenz’altro radicalizzarsi nel corso del II secolo, per poi assumere formenuove nel corso dei secoli successivi, con la definizione dei confini tracristianesimo e giudaismo. La codificazione giustinianena, poi, dovet-te peggiorare ulteriormente la condizione degli ebrei, nonostante lapresenza di spazi di convivenza attestati da fonti come il conto appenaricordato. A Ossirinco, in particolare, ancora nel III secolo si celebravauna festa in memoria della vittoria sugli ebrei.42 La presenza tra i testiossirinchiti dei cosiddetti atti dei martiri alessandrini43 e quella di al-

39 Sui calendari cf. P.Oxy. XI, 1357 = van Haelst, Catalogue..., n. 961 = LDAB 6290. Iltesto è stato ripubblicato da A. Papaconstantinou, “La liturgie stationnale à Oxyrhynchos dansla première moitié du VIe siècle. Réédition et commentaire de POxy XI 1357”, Revue des étu-des byzantines 54 (1996) 135-59; per le lettere cf. M. Naldini, Il Cristianesimo in Egitto: lette-re private nei papiri dei secoli II-IV, Fiesole, 19982.

40 Ovviamente sono valide anche in questo caso le osservazioni che ho sopra esposto aproposito dell’appartenenza di un manoscritto a un aderente a un determinato gruppo religioso.Sui criteri di distinzione tra manoscritti cristiani ed ebraici esiste oramai una letteratura stermi-nata e un dibattito acceso, rimando per la bibliografia alla recente messa a punto di Hurtado,Earliest Christian Artifacts... Sulla Bibbia ebraica a Ossirinco cf. anche Epp, “The Oxyrhyn-chus New Testament Papyri...”, 18-20. Non condivido tuttavia la posizione di fondo dei dueautori, che – a mio modo di vedere – accettano senz’altro in modo poco problematico la tesidei criteri di distinzione “fisica” dei manoscritti appartenenti all’una o all’altra religione e diconseguenza (o a priori?) la distinzione tra ebraismi e cristianesimi già a partire dal II-III seco-lo. Mi riservo di affrontare questi temi in modo approfondito nella recensione al sopracitato li-bro di Hurtado, in corso di stesura.

41 P.Oxy. LV, 3805, 56-57 (di poco posteriore al 567). Cf. R. Mazza, “Documentidall’Egitto relativi agli Ebrei (V-VII secolo)”, ASE 17/2 (2000) 383-94.

42 Mazza, “Documenti dall’Egitto...”, 383.43 Il corpus è stato raccolto da H.A. Musurillo, The Acts of the Pagans Martyrs. Acta

Alexandrinorum, Oxford, Clarendon Press, 1954 (con varie ristampe successive); cf. anche D.

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meno un dialogo anti-giudaico44 testimoniano che l’antigiudaismo eracondiviso da ambienti pagani e ambienti cristiani, con motivazioni eforme differenti che tuttavia potevano senz’altro intrecciarsi, influen-zarsi e rafforzarsi a vicenda. Il distacco dall’ebraismo e il conseguenteantigiudaismo cristiano è a mio modo di vedere icasticamente rappre-sentato in un amuleto del VI secolo, P.Oxy. VIII, 1077, che mi pare in-teressante prendere in considerazione anche perché aiuta a comprende-re e chiarire i processi di rielaborazione “funzionale” dei testi evange-lici nel periodo tardoantico. Si tratta di una citazione di Mt 4,23-24, co-me vedremo modificato, o meglio compendiato, ma non troppo. Lascrittura è tracciata in forma di croce in quattordici dei quindici riqua-dri ottenuti da una piccola striscia di pergamena (6 x 11,1 cm) che, co-me risulta dall’immagine in «editio princeps», doveva essere stata ri-piegata (in tre e cinque parti rispettivamente in altezza e lunghezza) eritagliata, probabilmente per essere inserita in una piccola scatola o inun pendente. Nel quindicesimo riquadro al centro si trova raffiguratoun busto umano. Riporto il testo:

«∆Iamatiko;n eujaggelivo(n) kata; Matqaivon (sic). Kai; perih'gen oJ∆I(hvsou)" o{lhn th;n Galilevan didavskw(n) kai; khruvssw(n) to;eujaggevlion th'" basileiva" k(ai;) qerapeuvw(n) pa'san novso(n) kai;pa'san novson k(ai;) pa'san malakivan ejn tw/' law/'. K(ai;) ajph'lqen hJajkoh; aujtou' eij" o{lhn th;n Surivan kai; proshvnenkan (sic) aujtw/'pavnta" tou;" kakw'" e[conta" kai; ejqerapeuvsen aujtou;" oJ jI(hvsou)"».

Rispetto a Matteo vengono fatte le seguenti variazioni. Innanzituttoil titolo: è chiaro che si tratta di un’inserzione del fabbricante dell’amu-leto per dare maggiore potere e importanza al testo e anche per fare ri-ferimento alla profilassi e guarigione dalle malattie che evidentementeil possesso dell’amuleto doveva comportare. Viene poi inserito il sog-getto, Gesù, subito dopo perih'gen, il che si spiega facilmente con lanecessità del riferimento alla divinità la cui forza viene evocata all’in-terno dei testi medico-magici: i versetti di Matteo hanno il soggettosottinteso, ma, decontestualizzati dal resto, diveniva necessario citareGesù. L’accusativo o{lhn th;n Galilevan è variazione presente in diver-si manoscritti rispetto alla forma ejn più dativo. Pa'san novson è ripetu-to due volte e si spiega ovviamente come dittografia causata dalla dop-pia presenza di pa'san. Davanti a tou;" kakw'" e[conta" è assente ilpavnta", dopo di che il redattore salta direttamente alla fine del versetto24, per necessità di abbreviazione e compendio, e fa seguire a ejqera-

Hennig, “Zu neuveröffentlichten Bruchstücken der «Acta Alexandrinorum»”, Chiron 5 (1975)317-35. Sui rapporti con la letteratura martiriale cristiana cf. da ultimo S. Ronchey, “Lesprocès-verbaux des martyres chrétiens dans les Acta Martyrum et leur fortune”, MEFRA 112(2000) 723-52 con ampia bibliografia anteriore.

44 P.Oxy. XVII, 2070 = van Haelst, Catalogue..., n. 1154 (III sec.).

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peuvsen aujtou;" il soggetto, Gesù, la cui forza divina viene così nuova-mente richiamata per di più a chiudere il testo. L’omissione di ejn tai'"sunagwgai'" aujtoi'" dopo didavskwn e prima di kai; khruvsswn è in-vece a mio modo di vedere molto significativa dell’ambiente di reda-zione dell’amuleto: nel VI secolo, per alcuni ambienti cristiani, in par-ticolare vicini alla chiesa bizantina “ufficiale”, gli ebrei e le sinagoghefanno parte di un mondo nettamente separato da quello dei cristiani se-guaci di Gesù. Gli ebrei sono coloro che non hanno riconosciuto Gesùe ne hanno causato la morte in croce. Una parte del cristianesimo tar-doantico si è appropriato del Dio ebraico, di gran parte delle Scritture,e ha ormai dato vita a un sistema religioso nettamente separato e anta-gonista a quello delle sinagoghe.

Questo amuleto, pur conservando testimonianza della continuità dialcune pratiche, come quella appunto di fabbricare oggetti dal poteremedico-magico, riflette a mio avviso una fase avanzata di cristianizza-zione del territorio. Infatti, pur con modalità complesse e seguendo unritmo che dovette essere meno fluido di quanto siamo abituati a pensa-re, lentamente ma inesorabilmente gli abitanti della città e del suo ter-ritorio aderirono in gran parte al cristianesimo istituzionalizzato. I pa-piri documentari relativi alla chiesa cittadina e ad altre istituzioni ec-clesiastiche costituiscono oramai un ricco dossier – come si diceva so-pra – che attesta la strutturazione graduale della chiesa locale, le attivi-tà e gli interessi delle istituzioni ecclesiastiche del territorio, compresii monasteri. Le carte provenienti dagli archivi delle famiglie aristocra-tiche della zona testimoniano, a loro volta, il finanziamento e supportodi un numero altissimo di chiese, monasteri, nosocomi e cappelle dis-seminati non solo all’interno della polis, ma anche in villaggi e insedia-menti minori del nomo.45 Questa immagine di diffusione capillare diedifici sacri e personale ecclesiastico è confermata anche dalle fontiletterarie tardoantiche. In particolare Ossirinco e il suo territorio sonoricordati come fiorenti centri monastici. Vale la pena riportare in tradu-zione il capitolo V della Historia Monachorum in Aegypto:

«1. Giungemmo quindi a Ossirinco, città della Tebaide, di cui non èpossibile riportare debitamente le meraviglie. Infatti (la città) al suointerno è talmente piena di monasteri, che le mura son fatte risuonaredai monaci stessi ed è circondata all’esterno da altri monasteri, cosìda esserci un’altra distinta e vicina città esterna. 2. I templi e il cam-pidoglio della città sono diventati dei monaci e in ogni angolo dellacittà abitavano i monaci. All’interno vi sono dodici chiese(ejkklhsivai), essendo questa una grandissima città, nelle quali la fol-

45 Si tratta sia di fondazioni private sia di istituzioni ecclesiastiche, cf. J.P. Thomas, Pri-vate Religious Foundations in the Byzantine Empire, Washington, Dumbarton Oaks Studies24, 1987, 59-110.

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la si raccoglie; vi sono poi le cappelle (eujkthvria) dei monaci per cia-scun monastero. E quasi di più rispetto ai cittadini laici erano i mona-ci che stavano alle entrate della città e nelle torrette delle porte. 4. In-fatti cinquemila monaci, ci veniva detto, abitavano dentro le mura,ma altrettanti stavano nel suo circondario al di fuori delle mura, e nonc’era momento del giorno o della notte in cui non compissero gli attidi culto a Dio; infatti non c’era nessun abitante eretico o pagano nellacittà, ma tutti insieme gli abitanti erano fedeli e seguivano la cateche-si, sicché il vescovo poteva dare benedizione al popolo all’aperto inpubblico. I loro magistrati, che sono munifici con il popolo, avevanoappostato nei pressi delle porte e delle entrate degli osservatori affin-ché, nel caso in cui apparissero degli stranieri bisognosi, li portasseroda loro per ricevere in carità di che sostenersi. E chi potrebbe riferirela reverenza degli abitanti mentre guardavano noi altri stranieri avan-zare attraverso il foro e ci si facevano incontro quasi come ad angeli?Chi potrebbe enumerare la moltitudine innumerevole di monaci evergini? 6. Tutto quanto ho reso noto l’ho imparato precisamente dalvescovo di lì, da cui sono retti diecimila monaci e ventimila vergini.E quale fu la loro ospitalità e il loro amore nei nostri confronti, nonposso descriverlo: infatti i nostri mantelli erano logorati da quanti, daambedue le parti, ci tiravano a sé. 7. E là vedemmo molti e grandissi-mi padri che avevano doni differenti, gli uni la predicazione, gli altriil genere di vita, altri ancora poteri e segni».

Al di là delle esagerazioni e di alcuni stilemi e motivi propri del ge-nere letterario, questa fonte trova conferma nelle notizie desunte daipapiri sopra ricordati: già alla fine del IV inizio del V secolo in città enel territorio circostante c’erano numerosi monasteri, chiese, e un ve-scovo;46 la popolazione cittadina è ritratta – certo in termini un po’troppo irenici – come un unico corpo scevro da eretici e pagani e go-vernata da un’aristocrazia locale a sua volta devota all’ortodossia, datosenz’altro reale, almeno in parte, come risulta dagli archivi locali. Lanotizia della mutazione d’uso dei templi, come si diceva, si trova anchenei papiri. Un altro testo letterario, la Vita di Aphu, biografia in coptodel vescovo cittadino vissuto a cavallo tra IV e V secolo, conferma lacentralità del monachesimo nella storia del cristianesimo ossirinchite.Prima di assurgere alla dignità episcopale l’uomo, soprannominato “ilpotente” o “il fuoco”,47 aveva vissuto come anacoreta in mezzo a unamandria di bufali. Anche nel periodo in cui resse l’episcopato egli ri-mase a vivere, seguendo lo schema monastico anacoretico, fuori dalla

46 Sui vescovi della città per ora attestati si veda A. Papaconstantinou, Sur les évêquesbyzantins d’Oxyrhynchos, ZPE 111 (1996) 171-3.

47 Il primo appellativo è attestato nella Vita (31), il secondo gli è attribuito in un altro te-sto copto, La storia dei monaci presso Siene di Papnute (28 r). Un dato che va rilevato è chenonostante la massiccia presenza monastica, rari sono i testi in copto provenienti dal sito, so-prattutto se paragonati al coevo materiale in greco. Sarah J. Clakson, nel corso di un convegnosvoltosi a Oxford nel luglio del 1998 di cui non sono ancora stati pubblicati gli atti, ha dato no-tizia di circa quattrocento testi da pubblicare o ripubblicare.

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polis. La centralità del monachesimo all’interno del cristianesimo ossi-rinchite è confermata dai papiri: il repertorio ormai invecchiato di P.Barison contava venti monasteri attestati nei papiri ad Ossirinco.48

Torniamo a questo punto a P.Oxy. XI, 1384 e proviamo a immagi-narne il possibile autore. Egli (o ella) viveva in una città49 con le carat-teristiche che abbiamo visto. Per limitarci ai temi del papiro, a Ossirin-co sicuramente operavano dei medici, ma anche guaritori di altro gene-re. L’uomo (o la donna) conosceva i metodi terapeutici di ambedue lecategorie; il nostro autore, pur non essendo uno scriba esperto, avevafamiliarità con la scrittura e la lettura e frequentava, oltre che i testi dimedicina, anche la letteratura cristiana coeva. Pur con tutte le difficoltàe le cautele necessarie, mi pare che questo ritratto potrebbe corrispon-dere a quello di un monaco o comunque di una persona vicina agli am-bienti monastici, la cui cultura religiosa presentava un’interessantecommistione di tradizioni e saperi diversi, radicati nella secolare cultu-ra ellenistico-egiziana.

Le fonti attestano l’attività di cura esercitata da monaci e «holymen» in Egitto. Accanto a prassi guaritive quali la preghiera e riti mi-racolosi, sappiamo che ai monasteri erano collegati spesso ospedali efarmacie. Una curiosità è rappresentata, a tale proposito, da PSI I, 49,del VI secolo, in cui il monaco Isakios scrive ad Eulogios di essere riu-scito a trovare presso il medico una quantità di oppio che si era subitoaffrettato a spedirgli. Tra i monaci di Nitria, come riporta l’HistoriaLausiaca (7,4), vi erano dei medici. La stessa opera (13,1) descrive laforma di ascesi di Apollonio, il quale aveva deciso di usare i suoi beniper comprare medicine e provviste per i confratelli malati, segno che laguarigione, anche tra i santi uomini, non veniva assicurata solo per tra-mite miracoloso ma anche grazie ai farmaci.

D. Frankfurter nel suo volume sulla religione nell’Egitto romanoha parlato diffusamente di un legame di continuità esistente tra le anti-che famiglie sacerdotali e la nascente struttura ecclesiastica, soprattut-to monastica.50 A suo modo di vedere molti aspetti della cultura reli-giosa ellenistico-egiziana si trasmisero al cristianesimo anche per que-sto tramite; a sostegno della sua teoria egli ha citato, tra gli altri, il casointeressante di Marco e Isaia, primi successori di Macedonio, protove-scovo di File, i quali erano figli del sacerdote della divinità locale. Ilracconto, inserito nella Storia dei monaci presso Siene di Papnute, sidilunga sui particolari della conversione dell’intera famiglia, prima dei

48 P. Barison, “Ricerche sui monasteri dell’Egitto bizantino ed arabo secondo i documen-ti dei papiri greci”, Aegyptus 18 (1938) 29-148.

49 O si trovava a passare da una città, come detto sopra.50 D. Frankfurter, Religion in Roman Egypt. Assimilation and Resistance, Princeton Uni-

versity Press, Princeton 1998.

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due ragazzi e poi del loro padre, l’archiereus, e quindi dell’intera co-munità circostante. L’archiereus in particolare si decide quando vedeMacedonio guarire miracolosamente la zampa spezzata di un cammel-lo. Il ruolo di “mago” ossia di esperto in rituali magico-religiosi è inEgitto, secondo Frankfurter, uno dei maggiori elementi di attrazioneverso il cristianesimo. Spesso gli stessi esponenti del monachesimoegiziano riconoscevano la potenza degli incantesimi dei propri antago-nisti pagani: secondo quanto riportato da Besa, biografo di Shenute, ilmulo sul quale un giorno l’archimandrita viaggiava per andare a di-struggere degli idoli si rifiutava di proseguire il cammino quando arri-vava in un punto della strada in cui i pagani avevano seppellito “incan-tesimi”. Shenute allora li fece raccogliere dal proprio servo con l’inten-zione non di distruggerli, come potremmo aspettarci, ma di appenderlial collo dei suoi avversari, dimostrando che perfino lui credeva al pote-re dell’antica magia pagana.

Il nostro papiro, a mio avviso, testimonia proprio questa reciprocainterazione tra pratiche e credenze di lunga durata in Egitto e il portatodel cristianesimo. Le qualità di mago e operatore di miracoli di Gesù,come attestato nel caso del brano “evangelico”, e la potenza del DioIao Sabaoth del secondo testo, legato anche alla potente “magia” degliebrei, esercitarono un indubbio fascino sulla popolazione di un paesein cui religione e magia – due categorie che sono il frutto della moder-na separazione degli ambiti – furono da sempre legati saldamente. Aquesto proposito vorrei tra l’altro attirare l’attenzione sul capitolo VIdella Historia Monachorum, subito successivo a quello sopra riportatoin traduzione. I protagonisti del viaggio, infatti, incontrano nei pressidella città appena descritta Theon, che secondo la fonte conosceva lati-no, egiziano e greco e che, praticando l’ascesi del silenzio, scrive suuna tavoletta parole in lode del signore all’arrivo dei visitatori. Ora nonè possibile accertare il grado di cultura di questo anacoreta, è assai dif-ficile capire cosa significhi davvero conoscere latino, egiziano e grecoe tuttavia di certo egli è in grado di farsi comprendere per iscritto.

In conclusione vorrei riconsiderare in breve e parallelamenteP.Oxy. XI, 1384 e gli altri tre testi magico-religiosi considerati e prove-nienti dalla città: P.Oxy. VIII, 1077, P.Oxy. VII, 1060 e P.Oxy. VI,924. Questi papiri, infatti, hanno in comune una funzione legata alla ri-tualità magico-religiosa di protezione e cura dal male – male che in trecasi si identifica con malattie vere e proprie, in un caso con la presenzadi insetti e rettili in casa e la conseguente minaccia fisica da essi rap-presentata. Ma ciascuno dei testi rivela, se analizzato nei contenuti,una cultura religiosa e – in tre casi – un rapporto coi testi piuttosto arti-colato e non privo di differenze anche sostanziali. Queste fonti invita-no a porsi degli interrogativi importanti sul rapporto che i cristianidell’età antica e tardoantica hanno intrattenuto con il divino e i propri

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Page 26: Roberta Mazza P.Oxy. XI, 1384 Medicina, rituali di …robertamazza.com/docs/1384.pdf439 compromissorio, anche in basso. La scrittura corre in senso parallelo alle fibre del papiro

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testi di riferimento, nonché a porsi domande su ciò che è andato perdu-to, sui “cristianesimi perduti”, che forse, rivolgendoci anche a papiricome questi – o considerando i testi davvero come testi e non sempli-cemente come opere letterarie – possiamo tentare di recuperare.

Roberta MazzaDipartimento di Discipline Storiche

Università di Bolognapiazza San Giovanni in Monte, 2

IT-40124 [email protected]

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