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DIRETTORE: Francesco Sini DIREZIONE: Omar Chessa - Maria Rosa Cimma - Michele Maria Comenale Pinto - Domenico DOrsogna Gian Paolo Demuro - Giovanni Lobrano - Attilio Mastino - Pietro Pinna - Antonio Serra - Giovanni Maria Uda ARCHIVIO STATISTICHE ENTRA © 2017 www.dirittoestoria.it Quaderno con il contributo di: Dipartimento di Giurisprudenza Reg. Trib. di Sassari N. 217 del 3-2-2004 ON LINE DAL 31 MARZO 2017 IL QUADERNO N. 14 [2016] Rivista Internazionale di Scienze Giuridiche e Tradizione Romana Anno XV - 2016 - Quaderno N. 14 - Nuova Serie - ISSN 1825-0300

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DIRETTORE: Francesco Sini

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Anno XV - 2016 - Quaderno N. 14 - Nuova Serie - ISSN 1825-0300

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Direttore responsabile: Francesco Sini

Comitato di direzione: Omar Chessa - Maria Rosa Cimma - Michele M. Comenale Pinto - Domenico D'Orsogna - Gian Paolo Demuro - Giovanni Lobrano - Attilio Mastino - Pietro Pinna - Antonio Serra - Giovanni Maria Uda

Comitato di redazione: I Professori del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Sassari

Corrispondenti stranieri: Ivan A. Biliarsky (Sofia) – Maria das Graças Pinto de Britto (Pelotas) – Ricardo Combellas (Caracas) – Fei Anling (Pechino) – Leonid L. Kofanov (Mosca) – Ija L. Majak (Mosca) – Antun Malenica (Novi Sad) – Marco Fábio Morsello (San Paolo) – Esperanza Osaba (Bilbao) – – Anton D. Rudokvas (San Pietroburgo) – Teodor Sambrian (Craiova) – Bronislaw W. Sitek (Olsztyn) – Evgenji A. Sukhanov (Mosca) – Xu Guodong (Xiamen)

Segreteria di redazione: Cristiana M.A. Rinolfi – Antonio Ibba (coordinamento) – Adriana Muroni(coordinamento e project manager) – Stefania Fusco – Anam. Martin Garcia – Isabella Mastino

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TRADIZIONE ROMANA

Per la pubblicazione degli articoli della sezione “Tradizione Romana” si è applicato, in maniera rigorosa, il procedimento di peer review. Ogni articolo è stato valutato positivamente da due referees, che hanno operato con il sistema del double-blind.

Magistratus

BRONISŁAW SITEK – University of Social Sciences and HumanitiesWarsaw-Poland

Est… proprium munus magistratus… servare leges…. Responsibility of magistratus due to iniuria

Contents: 1. Introduction. – 2. Two models of the Roman Empire - similar functioning of the magistrate. – 3. Legal basis obliging megastructure to obey the law. – 4. Iniuria as a form of action of Roman magistrate contra legem. – 5. Responsibility of magistratus for iniuria. – 6. Exemplification of the responsibility of the Roman magistrate arising from iniuria. – 7. Conclusion. – Abstract

ANNA TARWACKA - Wydział Prawa i Administracji UKSWWarszawa

Come vendicarsi dei censori? Scontri politici e responsabilità penale dei guardiani della morale

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Il caso dei censori P. Furio Filo e M. Attilio Regolo. – 3. Il caso dei censori M. Livio Salinatore e C. Claudio Nerone. – 4. Il caso dei censori Ti. Sempronio Gracco e C. Claudio Pulcro. – 5. Il caso del censore Scipione l’Africano. – 6. Il caso del censore Q. Metello Macedonico. – 7. Conclusione. – Abstract.

Tabulae testamentarie

FRANCESCA SCOTTI – Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

La pluralità di tabulae testamentarie: fonti letterarie e casistica giurisprudenziale

Abstract: In the classical age Romans were very concerned with preparing wills, which explains why a number of sources show the use among Roman testators of keeping their wills constantly updated by preparing new ones or adding codicils to those that had already been performed. The purpose of this essay is to gather literary sources on this topic and jurisprudential problematic texts concerning the exhibitio and opening of the tablets, the grant of bonorum possessio secundum tabulas, the interpretation and the revocation of the will.

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Illuminismo & Diritto romano

SILVIA SCHIAVO – Università di Ferrara

Cesare Beccaria, la tortura e i “romani legislatori”

Abstract: In Cesare Beccaria’s On Crimes and Punishments the chapter on torture, one of the most famous of the book, contains a significant recall of Roman law. The author refers to ancient experience to strengthen his arguments against torture. The article explores the use of Roman law done by Beccaria, especially with regard to the controversial relationship between torture and veritas. In particular, through the reading of some sources (including texts of D. 48.18 De quaestionibus), it is intended to demonstrate how this relationship appears overly simplified in Beccaria’s point of view.

GIORGIA MARAGNO – Università di Ferrara

Voltaire, un rescritto di Antonino Caracalla in tema di suicidio e il divieto canonistico di sepoltura

Abstract: This article offers a detailed reading of the nineteenth paragraph (Du suicide) of Voltaire’s Commentaire sur le livre des délits et des peines, with specific emphasis on its references to Roman Law and Canon Law. Voltaire’s quote from an imperial rescript concerning the goods of a man who committed suicide (C. 9.50.1), as well as his mention of the canonistic interdiction of Christian burial, when critically examined, show their nature of ‘half-truths’. The urgent need to decriminalize suicide seems to overpower the historical and philological accuracy of his remarks

Aspetti giuridici del tardoantico

CRISTIANA M.A. RINOLFI – Università di Sassari

Normativa primaria e normativa secondaria in materia di zygostatai

Sommario: 1. Introduzione. – 2. La costituzione di Giuliano. – 3. L’editto del prefetto del pretorio Hierius. – 4. L’Ed. 11 di Giustiniano. – 5. Epilogo. – Abstract

PIETRO PAOLO ONIDA – Università di Sassari

Il matrimonio dei militari in età postclassica

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Reg Trib. di Sassari N. 217 del 3-2-2004

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PIETRO PAOLO ONIDAUniversità di Sassari

Il matrimonio dei militari in età imperiale

INDICE­SOMMARIO: ‒ 1. Impostazione della questione del divieto a contrarrematrimonio per i soldati romani e stato essenziale della dottrina. ‒ 2. Il problemadel divieto a contrarre matrimonio per i soldati nelle fonti letterarie e giuridiche. ‒3. Provvedimenti imperiali a tutela delle famiglie dei soldati. – Abstract.

1. – Impostazione della questione del divieto a contrarre

matrimonio per i soldati romani e stato essenziale della

dottrina

La dottrina più risalente, sin dal XVI secolo, riteneva,

contrariamente (come vedremo) a quella più recente, che i soldatiromani non potessero unirsi in matrimonio[1]. Essa, sulla basesoprattutto delle fonti letterarie , faceva risalire il divieto acontrarre matrimonio ad Augusto[3], a volte motivandolo infunzione di assicurare la disciplina militare o la castità che talunetestimonianze antiche descrivevano come caratteristica propriadella vita militare .

L’interesse della dottrina per le fonti giuridiche relative aldivieto era invece modesto, a tal punto che ancora ai tempi dellaPandettistica, lo Scialoja poteva osservare criticamente come «laquestione del matrimonio dei soldati romani … sembri quasi affattotrascurata dagli scrittori di diritto romano privato e di storia deldiritto romano» .

A questo stato di cose vi erano, però, eccezioni importanti.Tra esse possiamo richiamare anzitutto il Mommsen[6], a partiredal quale studiosi del calibro di Wilmanns[7], Meyer[8], e altriancora, tra cui lo stesso Scialoja[9], presero a interessarsi alproblema mostrando particolare attenzione anche alle fontigiuridiche. Il Mommsen, partendo dal frammento di Ulpiano, in D.24.1.32.8 , scriveva: «Militem etiam tempore militiae uxoremhabere posse efficitur ex multis locis iuris auctorum … Quod nonvideo quomodo conciliari possit cum testimoniis supra relatis, nisihoc statuamus militem uxorem ducere non potuisse, retinere

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potuisse ante ductam. Militiae tempore uxorem eum ducere nonpotuisse etiam illi auctores quodammodo conformant, nam interpersonas non ex castris notas militi ut cognatos, ita etiam uxoresreferunt (Dig. 49.17.8). Accedit quod verba faciunt de uxoredonante marito ad castra eunti (Dig. 49.17.6) itemque de divortiobona gratia facto ob causam militiae (Dig. 24.1.61­63: saepe …evenit uti propter … senectutem aut valetudinem aut militiam satiscommode retineri matrimonium non possit, et ideo bona gratiamatrimonium dissolvitur). Potuit itaque miles uxorem haberefiliosque ex ea suscipere; at cum milites plerumque anno decimooctavo probarentur, paucos admodum uxores habuisseconsentaneum est».

La tesi del Mommsen influenzò certamente gli autorisuccessivi. Si può ricordare tra essi, ad esempio, il Marquardt, ilquale osservò che «Régulièrement les soldats ne pouvaientconclure un justum matrimonium qu’après avoir reçu leur congé;c’est ce que disent plusieurs auteurs», tra cui egli menzionavaGaius, Inst. 1.45; Dio Cassius, 60.24.2; Tacitus, ann. 14,27;Tertullianus, de exhort. cast. 12 .

È allo stesso Scialoja sopra richiamato, però, che si deve, pergli anni successivi al Mommsen, lo sforzo più significativo perattribuire alle fonti giuridiche la esatta collocazione e il correttovalore in rapporto anche a quanto emergeva dalle fonti letterarieed epigrafiche sulla questione del divieto[12]. Nel suo contributol’illustre studioso italiano partiva dalla notizia della pubblicazione, acura del Botti, del papiro giuridico Cattaoui, del tempo di Antoninoil Pio (142 d.C.)[13]. Il papiro riproduceva alcuni documentigiudiziali relativi alle unioni matrimoniali dei militari, conannotazioni in merito agli effetti derivanti sul piano della eredità,della dote e della legittimità dei figli nati durante il servizio militare.La tesi dello Scialoja si fondava sulla necessità di «distinguere benela facoltà di aver moglie, da quella di coabitare con la moglie, esoprattutto da quella di prendere moglie»[14]. Sulla base di taledistinzione, lo studioso riteneva di dovere circoscrivere la esistenzadi un divieto matrimoniale per i soldati cittadini romani, in quantoera per lui pacifico, sulla base di ciò che risultava dai diplomimilitari, che i peregrini anche durante l’impero potessero unirsi inmatrimonio. Lo Scialoja poneva inoltre l’accento sul fatto chedurante la repubblica, come risultava da alcuni passi di Livio[15], ilsoldato potesse avere moglie, anche se poi vi erano impedimenti,dovuti però a ragioni di disciplina, a che ella seguisse il maritopresso gli accampamenti militari[16]. Egli rilevava, quindi, chedovesse considerarsi «eccessivo», sulla base di Dione Cassio,60.24[17] e del papiro Cattaoui, sostenere che i soldati non solonon potessero contrarre matrimonio, ma che neanche potesseroavere moglie. In sintesi, lo Scialoja concludeva ritenendo, per i

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primi due secoli dell’Impero, «probabile che non fosse vietato l’avermogli, ma bensì il coabitare con la moglie, e che qualcheproibizione vi fosse circa il contrarre matrimonio»[18]. Nel Digestoe nel Codice giustinianeo, però, aggiungeva che «risulta manifestoche i militi potevano contrarre valido matrimonio e avere figlilegittimi anche durante la milizia» . Il divieto di coabitazione,secondo lo studioso, come risultava dai diplomi militari, nel terzosecolo doveva essere considerato ormai caduto.

Nonostante la autorità dello Scialoja la adesione di una partedella dottrina romanistica alla tesi della sussistenza del divieto siprotrasse fino alla prima metà del ’900. Autori del calibro diPerozzi[20], Girard[21], Arangio­Ruiz[22], Carlo Longo[23],Giannetto Longo[24], Di Marzo , per dire solo di alcuni,continuarono a insistere su questa tesi. Dopo lo Scialojacominciarono, però, ad apparire anche alcune decise prese diposizione contro la tesi di un divieto generale di matrimonio deisoldati. Basti pensare per la Francia al Mispoulet e per l’Italia alTassistro e poi al Costa.

In particolare, secondo il Mispoulet, non solo non sarebbeesistito un divieto per i soldati di contrarre matrimonio, ma ad essinon si sarebbero applicate le misure stabilite per i celibes dalla lexIulia et Papia Poppea . In sintesi, egli riteneva che i soldatiromani in ogni epoca potessero contrarre matrimonio. SettimioSevero permise ai militari il diritto di vivere con le mogli eliminandoun ostacolo che al matrimonio si opponeva. Le notizie relative alpreteso divieto erano quindi per il Mispoulet una misura attinente alprofilo della disciplina militare. Il privilegio a contrarre matrimonioche era concesso ai veterani doveva inoltre essere consideratomeno importante di quanto normalmente si ritenesse in dottrina,anche perché il riconoscimento di un ius connubii non avrebbepotuto avere l’effetto di trasformare retroattivamente una relazionedi concubinato.

Il Tassistro, il quale aveva dedicato al tema del divieto dimatrimonio per i militari la sua tesi di laurea, datata 1898, dopo unpaio d’anni pubblicava definitivamente il suo lavoro sostenendo chela unione coniugale, contratta prima del servizio militare, non fossesciolta, anche se egli ammetteva che esistessero «tre impedimentidi indole giuridica: l’incapacità delle straniere, il divieto provincialee, precipuamente, il disciplinare»[27]. Sulla base di fontiepigrafiche e papirologiche, l’autore riteneva così che il divieto nonfosse assoluto ma specifico: infatti, un divieto «generico, assoluto»con il quale si fosse proibito a tanti uomini la «facoltà matrimoniale,sarebbe stato, per lo meno, poco in armonia con le disposizioniaugustee sui costumi». Per tale ragione, egli credeva che la libertàmatrimoniale fosse stata comunque riconosciuta anche aisoldati .

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Il Costa, pur partendo dalla osservazione che la esistenza diun tale divieto fosse generalmente ammessa da vari autori sullabase di Dione Cassio, 60.24, e di Erodiano, 3.8.4, rilevava comealtre testimonianze, comprese pure alcune iscrizioni funerarie,attestassero la esistenza di «legittimi rapporti matrimoniale eparentali di militari»[29]. Dalle fonti non si poteva, quindi, arguirel’esistenza di un «divieto legale e generale» per i soldati a contrarrematrimonio. Anche alla luce del precetto ricordato da Dione Cassio,dettato però da ragioni disciplinari che impedivano la convivenzafra militare e moglie, le fonti sembravano attestare non veriimpedimenti, ma difficoltà per i soldati a unirsi in matrimonio o amantenere vivi rapporti già instaurati. Cosa che non impediva dipensare a momenti in cui, specialmente nei periodi di pace o nelcaso di servizio militare prestato presso «guarnigioni tranquille»,fossero «ben possibili la conclusione e la persistenza di validirapporti matrimoniali produttivi di giuridici effetti» .

Le ‘certezze’ della dottrina romanistica sulla esistenza di undivieto matrimoniale per i soldati parevano ormai definitivamenteessersi incrinate: il Bonfante, in particolare, alla luce dei papirigreco­egiziani, rilevava nel suo manuale di Istituzioni di dirittoromano (a partire dalla sesta edizione del 1917 [31]) come ildivieto fosse ormai stato abolito a partire dai Severi. Egli,ribadendo la tesi della abolizione del divieto nel suo Corso di dirittoromano del 1925 , in cui riconosceva che la questione delmatrimonio per i militari fosse un «argomento assai disputato»,osservava che in materia «non esiste alcun divieto nel nuovodiritto» e aggiungeva che «si accenna tuttavia a matrimonio disoldati in vari testi di giureconsulti classici e in numeroseiscrizioni».

Bisogna attendere, però, il Castello per un riesame complessivodella questione e una più decisa presa di posizione contro la tesidella sussistenza del divieto per i soldati a contrarre matrimonio.L’autore, partendo dalla considerazione che i giureconsulti romani,quando parlavano di unioni legittime dei soldati romani,intendevano fare riferimento al piano del matrimonium iuris civilis enon a quello del matrimonium iuris gentium[33], rifiutava di aderirea quella impostazione della dottrina, la quale, invece,contrapponeva «connubium o iustae nuptiae al matrimonio iurisgentium, iniustae nuptiae»[34] arrivando, talvolta, questa stessadottrina a ipotizzare persino che dovesse sciogliersi il matrimonio alquale il soldato si fosse eventualmente unito prima del serviziomilitare[35]. Per inquadrare bene la questione, il Castelloprospettava la necessità di allargare la visuale a una serie di aspetticonnessi al divieto, quali soprattutto quelli relativi alla condizionedei figli nati al di fuori dello ius civile[36]. Egli riteneva che Augustonon avrebbe introdotto alcun divieto di matrimonio per i

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soldati[37], né d’altro canto un divieto di tale genere vi sarebbestato da Augusto ai Severi, come dimostrato dalle fontiepigrafiche[38] e dalle stesse fonti giuridiche, tra cui lo studiosorichiamava i rescritti di Adriano, di cui si dà notizia in D.49.17.16 pr. (Papinianus libro 19 responsorum) e in D. 49.17.13(Papinianus libro 16 quaestionum)[39]. Secondo lo studioso, ilpasso di Dione Cassio, 60.24, non poteva essere ricordato perdimostrare la sussistenza di un divieto matrimoniale per imilitari, in quanto esso faceva semplicemente richiamo a unprivilegio che sarebbe stato concesso ai soldati, i quali fino ad alloraerano stati assoggettati, come gli altri cittadini, alle disposizionicontenute nella lex Iulia et Papia Poppea, la quale prevedevasanzioni contro i celibes[40]. Nel senso sempre di privilegi sidovevano pure intendere le disposizioni richiamate nella lettera diAdriano a Rammio[41] e in Erodiano, 3.8.5 [42]: la prima relativaai figli illegittimi dei militari, ai quali discendenti si garantiva lapossibilità di ereditare; la seconda relativa ai soldati stessi, ai qualisi riconosceva il diritto di abitare con mogli e concubine. Il Castello,recuperando alcune idee dello Scialoja, il quale, come abbiamoprima ricordato, aveva posto l’accento sulla distinzione fra «lafacoltà di aver moglie» e quella di «coabitare con la moglie»[43],sosteneva che sarebbe rimasto in vita non solo il matrimoniocontratto dal militare prima del suo arruolamento, ma anche lastessa unione sorta dopo essere stata intrapresa la carrieramilitare, purché fosse esistente tra i coniugi il ius connubii, il quale,egli ammetteva, «rendeva spesso più difficile per i cittadini soldati(molti dei quali erano stanziati in provincia) la possibilità di prendermoglie». Da ciò il Castello traeva anche la conclusione che il«divieto di sposarsi in provincia» non implicasse «un’incapacitàmatrimoniale assoluta né limitata ai soldati»[44]. Prova ne sia chelo stesso Gaio, in D. 24.1.61 (Gaius libro 11 ad edictumprovinciale), a tali difficoltà faceva riferimento quando,nell’individuare la vecchiaia o la malattia come cause di ostacolo delperdurare della relazione matrimoniale, ad esse accostava ilservizio militare[45]. Se la unione del soldato, osservava infine lostudioso, con una mulier provincialis era contra mandata, almomento del congedo il soldato celibe o quello che si era unito conuna donna provinciale conseguiva la honesta missio, la quale glipermetteva di legarsi in iustae nuptiae, in modo che i figli natisuccessivamente sarebbero stati legittimi. Il fatto che al militare siapplicasse il divieto per colui che in provincia officium gerit dovevaessere spiegato non, quindi, in relazione a un impedimento dicarattere generale, che comunque non avrebbe riguardato ilmilitare «in patria», ma in relazione alle difficoltà della vita militare,le quali rendevano difficile la coabitazione presso unaccampamento .[46]

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In linea con questa impostazione appare per taluni aspettil’Orestano, secondo il quale ugualmente non solo non era vietato aisoldati il matrimonio, ma neppure il matrimonio già contratto sisarebbe sciolto una volta che il militare avesse preso servizioallontanandosi dal tetto coniugale. L’illustre romanista rilevavacome il divieto corrispondesse a «un’affermazione che non hafondamento né per i primi secoli della storia di Roma, quandodapprima soldato era il cittadino di ogni ceto e professione, rispettoal quale è assurdo pensare che la chiamata alle armi dovessecostituire causa di scioglimento del suo matrimonio, né in seguito,quando la milizia si venne componendo in professione». Soprattuttol’Orestano si soffermava sul fatto che «la mancanza dellaconvivenza» non sciogliesse il matrimonio dei soldati, il qualepoteva invece incontrare questa fine per il venir menodell’affectio .

Alla dottrina successiva, man mano che gli studi in materiaconsideravano la opportunità di prestare attenzione anche alladiversa condizione giuridica esistente fra le varie ‘categorie’ disoldati, sembrava di potere escludere l’esistenza di un divietogenerale per i militari a contrarre matrimonio[48]. Così il Volterra,nell’ambito dei suoi fondamentali studi sul matrimonio e sul dirittofamiliare, osservava che la contraddittorietà del dibattito dottrinaleattorno al tema del presente divieto dipendeva dalla impostazionedella questione secondo criteri non corrispondenti alla concezioneromana del matrimonio. Egli riteneva che il soldato fosse libero dicontrarre una unione coniugale con una donna al pari di ciò chepoteva fare un qualsiasi cittadino e peregrino in presenza deirequisiti previsti, i quali, se sussistenti, rendevano la relazioneiustae nuptiae per i militari cittadini romani o matrimoniumsecundum leges moresque peregrinorum per i militariperegrini[49]. Nell’analizzare l’aspetto particolarmente complessodelle unioni matrimoniali con i peregrini, egli affermava comel’obiettivo in età imperiale di concedere la cittadinanza romana acollettività o a singoli fosse stato perseguito cercando di conservarela «unità dei gruppi famigliari domestici e trasformando imatrimoni, legittimi secondo i vari diritti peregrini, in matrimonilegittimi romani». Lo proverebbero anzitutto i diplomi militari, iquali attestano che si riconosceva il conubium alle donne cheavevano contratto matrimonio con veterani diventati cittadiniromani o a quelle con le quali essi, se celibi, si erano uniti per laprima volta dopo la honesta missio, con la conseguenza che unavolta acquistata il veterano la cittadinanza la unione coniugale «sitrasformava automaticamente in matrimonio legittimo dal punto divista del diritto romano». Gli stessi figli che erano stati concepiti inseno a tali unioni non erano cittadini romani, ma erano individuati

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come figli legittimi dal diritto nazionale, in quanto matrimoni iurisperegrini riconosciuti anche dal diritto romano .

Nella dottrina degli ultimi decenni la questione se il soldatoromano potesse contrarre matrimonio già durante il serviziomilitare, e, specularmente, se il matrimonio contratto ancora primadi esso rimanesse in vita, trova una risposta positiva. Così l’Astolfiha ribadito che sin dalla età preclassica il soldato romano poteva,già durante il servizio militare, sposare una cittadina romana ocomunque una donna munita di conubium, mentre il soldatostraniero, che militava nell’esercito romano, poteva unirsi inconiugio secondo il diritto della comunità politica di origine. Almomento del congedo era possibile che i soldati romani sposasserole donne con le quali avevano instaurato relazioni stabili durante ilservizio, che non avevano a suo tempo potuto sposare a causa deldifetto di conubium, ora invece ad esse concesso. Infine, inoccasione del congedo, ai soldati peregrini, che militavano nellelegioni ausiliare romane, poteva accadere che fosse loro concessala cittadinanza o che fosse attribuito il conubium alle donne con cuiessi si erano uniti in coniugio .

Impostazione questa alla quale ha aderito di recente anche ilFiori, il quale ha osservato che i soldati non solo erano sottratti allaapplicazione delle «conseguenze» previste dalla Lex Iulia demaritandis ordinis, ma anche potevano unirsi in matrimonio,come risulta da D. 23.2.65 pr. (Paulus libro septimoresponsorum) con donne della stessa provincia in cui essioperavano, a differenza di ciò che invece potevano fare gli «altiufficiali», i quali come governatori erano sottoposti al divietoprevisto dai mandata principis di sposare donne della stessaprovincia, tranne che, come risulta dal frammento di Paolo oracitato, della provincia di origine .

Negli ultimi anni, la dottrina sembra avere concentratol’attenzione sulla rilevanza sociale del divieto di matrimonio per isoldati. In questo senso, si può qui citare il lavoro della Galgano,per la quale le fonti letterarie, richiamate dalla dottrina risalente asostegno di un divieto matrimoniale per i soldati[53], possonoessere considerate come dettate da «ragioni disciplinari» o al limitedovute, stando soprattutto al racconto di Dione Cassio sopraricordato, a «una sorta di incapacità generale a contrarre iustasnuptias per i soldati romani stanziati in provincia con donnestraniere»[54]. Secondo la Galgano, il racconto di Tacito, Ann.3.33.2­4, a proposito della proposta di Severo Cecina di vietare chele donne sposate potessero seguire i loro mariti in una campagnamilitare, rivela le tensioni sociali connesse alla strutturazione di unesercito aperto all’arruolamento di stranieri, i quali vedevano inesso una possibilità di acquistare la cittadinanza[55]. Sulla sciadella dottrina ora richiamata, la Sanna ha ribadito, a proposito della

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questione del divieto di matrimonio per i militari, la importanza deidiplomi militari[56], dai quali si conferma la esistenza diprovvedimenti imperiali volti a attribuire la cittadinanza ai soldatiche avevano combattuto ed anche a riconoscere in modoretroattivo un ius conubii con la donna peregrina[57]. Conriferimento a D. 23.2.65.1 (Paulus libro septimo responsorum), laSanna ha criticato la tesi di chi ha ritenuto che le nozze contratte inviolazione del divieto fossero nulle o addirittura, come riteneva ilVolterra[58], inesistenti per assenza del conubium. Ulpiano, haosservato la studiosa, non pare ritenere inesistenti le nozze nellaipotesi in cui una donna di una provincia sposasse colui chegovernava nella provincia. La nullità del matrimonio avrebbepenalizzato proprio quella donna nel cui interesse era stato previstoil divieto, con la conseguenza che i figli sarebbero stati ritenutiillegittimi pure nel caso in cui il matrimonio fosse diventatosuccessivamente iustum .

2. Il problema del divieto a contrarre matrimonio per i

soldati nelle fonti letterarie e giuridiche

Come abbiamo visto, il preteso divieto di matrimonio dei

soldati è ricondotto in dottrina ad Augusto, sulla base di un passodi Svetonio:

Svetonius, Aug. 24: In re militari et commutavit multa et

instituit atque etiam ad antiquum morem nonnulla revocavit.Disciplinam severissime rexit. Ne legatorum quidemcuiquam, nisi gravate hibernisque demum mensibus,permisit uxorem intervisere.

Il riferimento ad esso per fondare un tale divieto ci sembra

però mal posto. Svetonio vuole qui evidenziare come ilmantenimento della disciplina militare comportasse sacrifici, i qualiper Augusto, nel momento in cui egli intendeva rinnovare moltipunti della struttura militare e riportare in vita antichi costumi,dovevano riguardare anche coloro che ricoprivano incarichiimportanti all’interno della milizia, evitando così che potesseroverificarsi tensioni e inefficienze nella azione militare dovuteall’allontanamento dall’accampamento di quei militari che avendouna relazione coniugale avrebbero voluto recarsi in visita presso leloro mogli. Se così è, il passo di Svetonio non solo non può essereinvocato ad attestazione del divieto a contrarre matrimonio per isoldati, ma al contrario dimostra come fosse sentito addirittura ilproblema di considerare il valore di quelle stesse relazionimatrimoniali che erano state già avviate prima ancora che fosse

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stato intrapreso il servizio militare[60]. Semmai il passo, purevidenziando le difficoltà nella conduzione della vita matrimonialecausate dalla prestazione del servizio militare, sembra ancherinviare, come ha osservato di recente la Giunti[61], al fatto che lamilitia non compromettesse la «stabilità e la natura del rapporto»:infatti, anche quando la vita militare portava all’«allontanamentomaschile» si verificava comunque la «permanenza della uxor nelladomus coniugale». È forse quindi eccessivo leggere nelladisposizione di Augusto, come ha fatto di recente la Foubert, iltentativo di porre un freno alla affermazione sociale di quelle donneche viaggiavano verso i luoghi in cui si trovavano i loro maritiimpegnati in operazioni militari . Ciò che possiamo dire, invece,è che il quadro che emerge nel passo di Svetonio pare essere assaivivo e attesta la importanza di un insieme di relazioni coniugali dicui erano parte i militari impegnati in zone spesso lontane da quellein cui le medesime relazioni erano state avviate.

Sappiamo che per la età repubblicana è possibile escluderecon certezza la esistenza di un divieto a contrarre matrimonio per isoldati[63]. Lo attesta anzitutto Livio, nel famoso discorso diScipione, in cui è contenuto l’invito rivolto ai soldati a combattereper difendere non solo se stessi, ma anche la propria moglie e ipropri figli: unuquisque se non corpus suum, sed coniugem acliberos parvos armis protegere putet)[64], e in quello di SpurioLigustino[65], il quale, volendo citare momenti della sua carrieramilitare, ricordava come una volta giunto in età di matrimonio egliavesse ricevuto dal padre una sposa, con la quale ebbe diversi figli.Di essi, i due praetextati erano certamente nati già durante ilservizio militare : Cum primum in aetatem veni, pater mihiuxorem fratris sui filiam dedit, quae secum nihil adtulit praeterlibertatem pudicitiamque, et cum his fecunditatem, quanta vel inditi domo satis esset. Sex filii nobis, duae filiae sunt, utraeque iamnuptae. Filii quattuor togas viriles habent, duo praetextati sunt.Miles sum factus P. Sulpicio C. Aurelio cunsulibus[67].

Anche da Tacito è possibile trarre elementi importanti cheescludono la esistenza di un tale divieto. Lo storico, come siaccennava prima, riferisce della proposta, presentata da SeveroCecina il 21 d.C. al Senato, di introdurre per i governatoriprovinciali il divieto di portare con loro le proprie mogli presso illuogo di destinazione in cui essi dovevano prestare servizio:

Tacitus, Ann. 3.33­34: 33 Haud enim frustra placitum

olim ne feminae in socios aut gentis externas traherentur:inesse mulierum comitatui quae pacem luxu, bellumformidine morentur et Romanum agmen ad similitudinembarbari incessus convertant. Non imbecillum tantum etimparem laboribus sexum sed, si licentia adsit, saevum,

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ambitiosum, potestatis avidum; incedere inter milites,habere ad manum centuriones; praesedisse nuper feminamexercitio cohortium, decursu legionum. Cogitarent ipsiquotiens repetundarum aliqui arguerentur plura uxoribusobiectari: his statim adhaerescere deterrimum quemqueprovincialium, ab his negotia suscipi, transigi; duorumegressus coli, duo esse praetoria, pervicacibus magis etimpotentibus mulierum iussis quae oppiis quondam aliisquelegius constrictae nunc vinclis exolutis domos, fora, iam etexercitus regerent. 34 Paucorum haec adsensu audita: pluresobturbabant neque relatum de negotio neque Caecinamdignum tantae rei censorem. Mox Valerius Messalinus, cuiparens Messala ineratque imago paternae facundiae,respondit multa duritiae veterum [IN] melius et laetiusmutata; neque enim, ut olim, obsideri urbem bellis autprovincias hostilis esse. Et pauca feminarum necessitatibusconcidi quae ne coniugum quidem penatis, adeo socios nononerent; cetera promisca cum marito nec ullum in eo pacisimpedimentum. Bella plane accinctis obeunda: sedrevertentibus post laborem quod honestius quam uxoriumlevamentum? At quasdam in ambitionem aut avaritiamprolapsas. Quid? Ipsorum magistratuum nonne plerosquevariis libidinibus obnoxios? Non tamen ideo neminem inprovinciam mitti. Corruptos saepe pravitatibus uxorummaritos: num ergo omnis caelibes integros? Placuissequondam Oppias leges, sic temporibus rei publicaepostulantibus: remissum aliquid postea et mitigatum, quiaexpedierit. Frustra nostram ignaviam alia ad vocabulatransferri: nam viri in eo culpam si femina modum excedat.Porro ob unius aut alterius imbecillum animum male eripimaritis consortia rerum secundarum adversarumque. Simulsexum natura invalidum deseri et exponi suo luxu,cupidinibus alienis. Vix praesenti custodia manere inlaesaconiugia: quid fore si per pluris annos in modum discidiioblitterentur? Sic obviam irent iis quae alibi peccarentur utflagitiorum urbis meminissent. Addidit pauca Drusus dematrimonio suo; nam principibus adeunda saepius longinquaimperii. Quoties divum Augustum in Occidentem atqueOrientem meavisse comite Livia! se quoque in Illyricumprofectum et, si ita conducat, alias ad gentis iturum, haudsemper aeque animo si ab uxore carissima et totcommunium liberorum parente divelleretur. Sic Caecinaesententia elusa.

Nonostante la proposta fosse stata respinta, essa dovette

essere considerata assai importante se, come risulta dallo stesso

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passo di Tacito, diede luogo a una accesa discussione a favore econtro il divieto auspicato[68]. È evidente, però, che fino allaproposta di Severo Cecina un divieto per i soldati a contrarrematrimonio non vi era stato[69]: diversamente lo stessoproponente vi avrebbe con ogni probabilità fatto riferimento asostegno della sua stessa richiesta, anche se essa era volta aintrodurre, più che un impedimento matrimoniale, il divieto dicoabitazione tra i coniugi nella zona ove era svolto il servizio.D’altro canto, se un vero e proprio divieto a contrarre matrimoniofosse effettivamente esistito, la stessa proposta di Severo Cecinanon avrebbe avuto ragione di essere presentata se non perristabilire un ordine che era stato posto in discussione. L’obiettivodi Tacito, allora, sembra essere quello di descrivere la armonia chepoteva realizzarsi tra i coniugi anche in assenza di unacoabitazione. Il rinvio, insomma, era a quei valori della famigliaromana che rischiavano di corrompersi e di ‘distruggere’ la integritàdell’esercito, ritenuto prossimo a divenire, forse anche a causa deltimore per le frequenti relazioni tra soldati e donne provinciali, una«accozzaglia di barbari»[70]. Dagli sviluppi del racconto emergeanche la posizione di Valerio Messalino, il quale non solo non facevarinvio ad alcun divieto precedente a contrarre matrimonio, maanche metteva in luce le ragioni a favore della coabitazione dellemogli con i mariti, con i risvolti positivi che essa poteva avere sulpiano pubblico, anche se, evidentemente, ragioni connesse allenecessità delle operazioni militari in un certo periodo potevanogiustificare un divieto, circoscritto temporalmente, per i soldati dicondurre con sé la moglie, specialmente presso la zona disvolgimento delle stesse operazioni[71].

Non contrasta con quanto ora detto il fatto che sempreTacito, negli Annales , con riferimento all’episodio dei veteranidestinati al ripopolamento di Taranto e di Anzio, ricordasse che isoldati avevano preferito continuare a vivere nelle province in cuiessi avevano prestato servizio, lasciando le proprie case, in quantonon avvezzi a contrarre matrimonio, prive di discendenti: nequeconiugiis suscipiendis neque alendis liberis sueti, orbas sineposteris domos relinquebant. Anche questo altro passo di Tacitonon può essere richiamato per provare la esistenza di un divietomatrimoniale per i soldati: la possibilità di una unione coniugalenon è qui affatto esclusa. È stato notato che il passo attesta il fattoche le «colonie militari si spopolavano rapidamente», per evitare laqual cosa si rendeva necessario inviare nuovi coloni[73]. È difficile,quindi, immaginare che a una tale situazione si cercasse un rimediofrapponendo ulteriori ostacoli allo sviluppo demografico dellecolonie[74].

Dal racconto di Tacito emergono le difficoltà connesse allaconciliazione della famiglia con lo svolgimento del servizio militare.

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Si deve osservare, al riguardo, che i soldati, in quanto absentes reipublicae, non erano tenuti a contrarre matrimonio, secondo quantoinvece previsto per gli altri cittadini in base alle disposizioni dellaLex Iulia de maritandis ordinibus. La sottrazione dei militari allaapplicazione delle misure previste per sanzionare i celibi avrebbeperò portato anche alla esclusione degli stessi dalle misure a favorepreviste dalla legislazione demografica[75].

A questo proposito, sappiamo da Dione Cassio, 60.24, chel’imperatore Claudio stabilì di concedere a tutti i soldati gli iuramaritorum, dai quali essi erano appunto esclusi in forza dellasottrazione alle previsioni della stessa Lex Iulia[76]. La tesisostenuta in passato dalla dottrina, secondo cui il riferimento diDione Cassio alle norme della Lex Iulia non avrebbe avuto ragionedi essere[77] se non vi fosse stato un divieto di matrimonio per isoldati, in realtà può essere facilmente rovesciata: vale a dire ilfatto che nel passo si richiamino le disposizioni della Lex Iulia persottrarre i militari dalla applicazione delle sanzioni previste dallamedesima legge significa che essi, pur non essendo tenuti,avrebbero anche potuto contrarre matrimonio[78]. In altri termini,le leggi demografiche, per citare l’Astolfi, non impedirono ilmatrimonio ai soldati, ma si limitarono «a consentire loro dievitarlo»[79]. Contro questa ipotesi si è però sostenuto in passatoche Dione Cassio avrebbe fatto riferimento al divieto per i soldati disposare donne della provincia, con la conseguenza che l’Imperatoreavrebbe poi permesso che il matrimonio del soldato con unastraniera da iuris gentium sarebbe divenuto iuris civilis[80]. Ciò chequi preme osservare è che sia che si voglia riferire il racconto diDione Cassio a un divieto riconducibile alle esigenze di mantenerela disciplina militare[81], sia che lo si voglia riconnettere al divietodi contrarre nozze con una donna non romana, il passo richiamatonon sembra deporre a favore di un divieto generale a unirsi inmatrimonio . In definitiva, la disciplina che risulta non era voltaa introdurre un divieto matrimoniale per i soldati, ma a garantireloro una esenzione dall’obbligo di contrarre tale atto.

Numerosi frammenti dei Digesta confermano quanto risultadalle fonti letterarie che non vi fosse alcun divieto a costituire unarelazione matrimoniale a causa del servizio militare. Come si è,però, già riscontrato, le fonti giuridiche sembrano anche attestarele difficoltà dovute al contemperamento delle esigenze connessealla vita militare con quelle legate alla realizzazione della vitamatrimoniale.

In età classica, come attesta Gaio, costituzioni imperialiconcedevano il conubium ai veterani, i quali avevano contrattomatrimonio con donne latine o peregrine dopo il congedo . Ilgiureconsulto aggiunge che i figli nati da tale matrimonio eranocittadini romani, sottoposti alla potestà dei genitori:

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Gaius, Inst. 1.57: Unde et veteranis quibusdam

concedi solet principalibus constitutionibus conubium cum hisLatinis peregrinisve, quas primas post missionem uxoresduxerint; et qui ex eo matrimonio nascuntur, et civesRomani et in potestatem parentum fiunt. Il riferimento è qui alla ipotesi frequente di quei soldati

romani, i quali, intrattenendo relazioni stabili con donnestraniere[84], non avevano però potuto contrarre matrimonio conesse in quanto prive di conubium[85]. Al riguardo, secondo ilVolterra, i veterani di cui parla Gaio, come pare risultare anche daidiplomi militari[86], erano soldati, i quali prima ancora dellahonesta missio avevano la cittadinanza romana[87]. Laconcessione del ius connubii riguardava anzitutto la donna con laquale il soldato contraeva matrimonio per la prima volta dopo lamissio, mentre è dubbio in dottrina se spettasse anche alla donnacon la quale egli avesse avviato una relazione coniugaleprecedentemente al congedo[88]. Sappiamo, inoltre, soprattuttosulla base dei diplomi militari, che al momento del congedo potevaessere concessa in premio la cittadinanza a quei soldati stranieri iquali avevano servito nelle legioni romane[89]. Dalle fontiepigrafiche e papirologiche emerge, come rilevava il Volterra,l’obiettivo delle autorità romane di impedire che il matrimoniocontratto dai militari peregrini, secondo il diritto della comunitàpolitica di appartenenza, potesse diventare illegittimo una voltaconcessa la cittadinanza al momento del congedo, evitando cosìche i filii divenissero peregrini e spurii e che la donna cessasse dalproprio status di moglie[90]. In questo caso, lo scioglimento delmatrimonio era evitato attraverso la concessione del conubium alledonne con le quali i militari si erano uniti in matrimonio dopo ilcongedo per la prima volta e il riconoscimento ai padri della potestàsui figli nati prima della concessione della cittadinanza .

Sempre da Gaio, in D. 24.1.61 (Gai. 11 ed. prov.), traiamonotizia delle difficoltà connesse alla conduzione della vita coniugaledurante il servizio militare. Il frammento ora citato è relativo alproblema delle cause di scioglimento del matrimonio, conriferimento al quale aspetto nei Digesta, nell’ambito del titolo Dedonationibus inter virum er uxorem, sono riportati anche altri dueframmenti di Ermogeniano in una ‘dimensione’ unitaria con quellogaiano:

D. 24.1.60 pr.­1 (Hermogenianus libro secundo iuris

epitomarum): pr. Vitricus et privignus invicem sibi donarepraetexto matrimonii non prohibentur. 1. Divortii causa

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donationes inter virum et uxorem concessae sunt: saepeenim evenit, uti propter sacerdotium vel etiam sterilitatem,

D. 24.1.61 (Gaius libro 11 ad edictum provinciale): Velsenectutem aut valetudinem aut militiam satis commoderetineri matrimonium non possit:

D. 24.1.62 pr.­1 (Hermogenianus libro secundo iurisepitomarum): pr. Et ideo bona gratia matrimoniumdissolvitur. 1. Divortio facto nec instaurato matrimonio nonconfirmabitur inter virum et uxorem facta donatio: nec interpatronum et libertam, si ab eo invito divertere non licet,facta donatio speratur, cum inter hos divortium intercedat.Perinde enim id quod donatum est habetur divortiointercedente ac si donatum non fuisset.

Dobbiamo qui prescindere dai problemi relativi alla

ammissibilità di un divortium bona gratia, che, se escluso inpassato, ad esempio dal Solazzi[92], soprattutto sulla base dellainterpolazione delle fonti, sembra invece oggi ammesso ad indicarela ipotesi di un «divorzio fatto amichevolmente», privo dunque dicolpa o offese dei coniugi[93]. Limitandoci, dunque, a quanto scriveGaio, la prospettiva qui presa in esame, per via della elencazionedella vita militare assieme alla vecchiaia e alla salute fisica, è quellarelativa alla permanenza del vincolo coniugale e non anche allapossibilità di contrarre esso[94]. In considerazione del fatto che nelprimo dei tre frammenti ora riportati si fa riferimento alla sterilitas,si è voluto sostenere che nel passo gaiano il concetto di valetudostia a indicare oltre che «in senso lato ogni malattia che si riflettanegativamente sulla convivenza … l’incapacità sessualedell’uomo» . Resta, quindi, esclusa anche per questa fontel’ipotesi di un divieto a sposarsi che avrebbe riguardato imilitari .

La possibilità per il soldato di unirsi in matrimonio, giàdurante il servizio, è attestata anche da Papiniano, il quale ponel’accento sul fatto che un filius familias militare avesse bisogno, atale scopo, dell’assenso del pater :

D. 23.2.35 (Papinianus libro sexto responsorum):

Filius familias miles matrimonium sine patris voluntate noncontrahit. Il riferimento di Papiniano al matrimonio è da intendersi,

dopo le fondamentali indagini del Castello[98], a quello iuris civilise non a quello iuris gentium . È evidente, anche alla luce diquesta fonte, come il matrimonio sia qui dato per presupposto,

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senza che vi sia, al contrario, alcun cenno a un divieto per imilitari[100]. Conferma di ciò si ha nei due testi di Papiniano in cuisi fa riferimento a una costituzione di Adriano, con la quale sistabiliva che rientrasse nel peculium castrense l’eredità lasciata alfilius dalla moglie[101]: così in D. 49,17,13 [102] si ricorda laipotesi del filius familias milite che poteva essere istituito erededalla moglie e si aggiunge che i servi ereditari da lui manomessidivenivano suoi liberti[103], mentre in D. 49,17,16 si accenna auna ipotesi di dotis dictio et promissio al filius familias divenutosoldato prima ancora di essere sposato .

D. 49.17.13 (Papinianus libro 16 quaestionum): Divus

Hadrianus rescripsit in eo, quem militantem uxor heredeminstituerat filium, extitisse heredem et ab eo servoshereditarios manumissos proprios eius libertos fieri.

D. 49.17.16 pr. (Papinianus libro 19 responsorum):

Dotem filio familias datam vel promissam in peculio castrensinon esse respondi. Nec ea res contraria videbitur ei, quoddivi Hadriani temporibus filium familias militem uxoriheredem extitisse placuit et hereditatem in castrensepeculium habuisse. Nam hereditas adventicio iure quaeritur,dos autem matrimonio cohaerens oneribus eius ac liberiscommunibus, qui sunt in avi familia, confertur. È compatibile con il quadro ora delineato il fatto che vi fosse

comunque un divieto a carico degli alti ufficiali a unirsi inmatrimonio con donne nate o residenti nella medesima provinciaove era svolto il servizio militare[105]. Sempre da Papinianorisulta, però, implicitamente che mentre l’alto ufficiale potevacontrarre matrimonio con una donna di una altra provincia, ilmilitare semplice poteva sposarsi anche con donne della sua stessaprovincia :

D. 23.2.63 (Papinianus libro primo definitionum):

Praefectus cohortis vel equitum aut tribunus contrainterdictum eius provinciae duxit uxorem, in qua officiumgerebat: matrimonium non erit: quae species pupillaecomparanda est, cum ratio potentatus nuptias prohibuerit.Sed an huic quoque si virgo nupsit, non sit auferendum quodtestamento relictum est, deliberari potest: exemplo tamenpupillae nuptae tutori, quod relictum est potest mulierconsequi. Pecuniam tamen in dotem datam mulieris heredirestitui necesse est.

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Il divieto a contrarre matrimonio con donne della medesimaprovincia in cui era svolto il servizio militare corrispondeva,dunque, a un impedimento specifico, il quale traeva il suofondamento non da una generale incapacità del militare a unirsi inmatrimonio, ma da quei mandata indirizzati dall’imperatore aigovernatori provinciali .

Conferma della assenza di un divieto generale a che i soldatisi unissero in matrimonio si trova in Paolo, il quale ricorda come talimisure fossero state previste nei mandata :

D. 23.2.65 (Paulus libro septimo responsorum): Eos,

qui in patria sua militant, non videri contra mandata exeadem provincia uxorem ducere idque etiam quibusdammandatis contineri. 1. Idem eodem. Respondit mihi placere,etsi contra mandata contractum sit matrimonium inprovincia, tamen post depositum officium, si in eademvoluntate perseverat, iustas nuptias effici: et ideo postealiberos natos ex iusto matrimonio legitimos esse. Dal principio del frammento ora riportato apprendiamo che

non era contra mandata il matrimonio concluso da coloro chemilitant in patria sua, vale a dire da quei militari che prestavano ilservizio nella provincia di origine e si univano in coniugio con donnedella loro stessa provincia[109]. Sappiamo anche che un divieto aunirsi in matrimonio esisteva invece per i funzionari civili o militari,che prestavano servizio in una provincia (diversa da quella diorigine) con riferimento a una donna della medesimaprovincia[110]. Da ciò si ricava, quindi, una conferma importantedel fatto che non esistesse per i soldati un divieto generale acontrarre matrimonio, il quale, se fosse esistito, sarebbe stato quialmeno menzionato . Ad ogni modo, Paolo affermava cheanche nel caso di un matrimonio contra mandata, una volta cessatoil funzionario dal servizio, la unione coniugale diventava iustummatrimonium e i figli, nati successivamente, legittimi. Per una partedella dottrina più risalente, che faceva leva sui sospetti diinterpolazione relativi a D. 23.2.65 (Paulus libro septimoresponsorum), anche nel caso in cui fosse cessato l’ufficio, i figlinati in seno a un iniustum matrimonium non sarebbero divenutilegittimi[112]. Il Volterra ha però chiarito come la unione trafunzionario e donna in questo caso fosse caratterizzata dallaassenza di conubium, con la conseguenza che il matrimoniosarebbe stato considerato inesistente[113]. Ciò non toglie che igiuristi si ponessero comunque il problema di dar corso a certieffetti della unione, come risulta ad esempio da Ulpiano, in D.24.1.3.1 (Ulpianus libro 32 ad Sabinum), il quale si chiedeva seanche in presenza di una unione contra senatus consultum o contra

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mandata potesse ammettersi la validità delle donazioni traconiugi .

Resta infine da considerare brevemente la disposizione diGordiano (del 239), riportata in C. 2.11.15, relativa allainterpretazione del senatoconsulto con il quale erano stati introdottilimiti al tempus lugendi della vedova. Essa non prevedeva eccezionialla regola generale neppure nel caso in cui la vedova avessesposato un militare . La violazione della disposizionecomportava la infamia del trasgressore, a patto che vi fosse statala consapevolezza della vedovanza da parte del marito. Se nericava, evidentemente, anche per questa via che il militare potessecelebrare matrimonio in costanza di servizio.

3. Provvedimenti imperiali a tutela delle famiglie dei soldati

Le fonti che abbiamo sopra esaminato non consentono di

ritenere sussistente un vero e proprio divieto per i militari acontrarre matrimonio. Esse attestano però come la vita militarerendesse assai difficile conciliare le esigenze della vita coniugalecon le necessità connesse alla disciplina militare.

A complicare la lettura complessiva della normativa soprarichiamata, per la età postclassica, interviene, come anche hamesso bene in luce l’Astolfi, la tendenza all’irrigidimento dellasocietà che per quanto concerne specificamente il servizio militaresi traduce spesso nella «ereditarietà» della ‘carriera’ militare .

Ragioni diverse, in funzione dei luoghi e dei tempi, chepossiamo genericamente individuare con la necessità di garantire lasicurezza sociale e la integrazione fra cittadini e barbari spinseroRoma a non ostacolare quando addirittura a favorire le unioniconiugali dei soldati con donne della provincia in quei essioperavano . Si spiegano in tal modo quelle disposizioni chericonoscevano evidentemente una prassi assai diffusa: quella per laquale la donna unita con un militare da una relazione stabile vivevanell’accampamento militare o nei pressi di esso assieme ai figli.L’importanza di tali unioni è attestata da Erodiano 3.8.5 [118], ilquale ricorda come non solo fosse garantita al militare di vivere conla donna presso l’accampamento militare, preservandosi per cosìdire la stessa continuità affettiva, ma anche fosse attribuito alsoldato un aumento delle razioni alimentari in considerazione dellasua famiglia.

Ereditarietà della condizione militare e garanzia diprovvidenze alimentari anche ai familiari del soldato, come haosservato l’Astolfi , sono i due pilastri della normativa a tuteladelle unioni coniugali dei militari in questa epoca.

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Per quanto concerne le ragioni della eredità della condizionemilitare si può brevemente osservare, con specifico riguardo altema delle unioni coniugali dei soldati, che tale condizione dipese inlarga misura più che dall’irrigidimento sociale spesso riscontrato inquesto periodo dalla dottrina, dalla tendenza assai diffusa fra lapopolazione e soprattutto negli ambienti militari a favorirel’acquisizione da parte dei figli dei soldati di quelle abilità tecnichela cui promozione era garanzia di sicurezza generale in contestispesso difficili, resi pericolosi o percepiti come tali in considerazionedella prossimità con i «barbari». In tali contesti spesso di frontiera,le autorità politiche e militari favorivano la ereditarietà dellacondizione militare promuovendo presso le stesse famiglie l’ideadella carriera militare come mezzo di promozione sociale e digaranzia dell’assetto familiare .

In questa ottica si può certamente ricordare la costituzione diCostantino, C.Th. 7.22.5 (333), che stabilì l’obbligo di perpetuare letradizioni familiari per i figli dei soldati e persino per quelli degliufficiali. Ma bisogna riconoscere come già Diocleziano e poi ancoraCostantino, C.Th. 7.22.1, avevano emanato provvedimentianaloghi . Per quanto attiene invece alla assegnazione diprovvidenze alimentari si può ricordare anche la costituzione degliimperatori Arcadio e Onorio riportata in C.Th. 7.5.1 (a. 399) chetestimonia ancora la grande importanza riconosciuta a taliunioni .

Tali misure presentano una qualche connessione con lanormativa relativa ai privilegi di natura fiscale concessi ai militari inrelazione al matrimonio. È noto che gli imperatori riconoscevanoprivilegi di varia natura ai soldati: così, in particolare, disposizionidell’imperatore Valente (364), C.Th. 7.13.6 pr. (a. 370),concessero agevolazioni fiscali ai soldati subordinandole, però, alfatto che il matrimonio fosse provato con certezza. Lo stessoValente stabilì l’esonero della moglie del militare dalla capitatio,condizionando l’esenzione al decorso di cinque anni di serviziomilitare del marito e al fatto che la sposa non si trovasse nella casadel suocero, circostanza, quest’ultima, che avrebbe potuto farpensare a un matrimonio simulato . Rientrano in questa otticaanche una costituzione di Costantino, C.Th. 7.20.4 (a. 325), nellaquale l’imperatore equiparava il trattamento dei ripensens aicomitantenses garantendo un esonero non solo alla moglie maanche ai genitori. Una costituzione di Valente, C.Th. 7.13.7.3,sembra conservare il privilegio per i ripenses ma riconosce aicomitantenses una esenzione di entrambi i genitori dalla capitatio.

Queste misure che potremmo considerare a tutela dellefamiglie dei soldati mostrano che l’atteggiamento degli imperatori,a partire specialmente dalla data del 311, fu non solo di nonostacolare le relazioni coniugali ma anche di promuovere la

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costituzione e la regolarizzazioni delle unione coniugali evitando disubordinare la loro stessa esistenza al rispetto di formalitàeccessive. Questa tendenza può intravedersi, ad esempio, in unacostituzione di con Valentiniano III [124] e poi anche in una diGiustiniano :

C. 5.4.21: Imperatores Theodosius, Valentinianus. A

caligato milite usque ad protectoris personam et sine aliquasollemnitate matrimoniorum liberam cum ingenuis dumtaxatmulieribus contrahendi coniugii permittimus facultatem. *THEODOS. ET VALENTIN. AA. BASSO PP. *<A 426 >

Nov. 74.4.3, a. 538: Quisquis autem in abiecta degit vita,

parvae quidem substantiae dominus consistens in novissimavero vitae parte iacens, habeat etiam in his licentiam. Sedneque agricolas aut milites armatos, quos lex caligatos appellat,hoc est viliores et obscuriores, non perscrutamur, quibuscivilium causarum ignoratio est et solius circa terramoperationis et circa bella concupiscentia causa est studiosa etiuste laudabilis: sic ut in vilibus personis <et> in militibusarmatis obscuris et agricolis licentia sit eis et non scriptoconvenire et matrimonia celebrare inter utrosque; sintque filiilegitimi, qui patrum aut mediocritatem aut militares vel rusticasoccupationes et ignorantias adiuvent. È importante che l’Imperatore Costantino, in C. 5.17.7 pr. (a.

337) disciplinasse la possibilità di una donna, sposata con unmilitare, di contrarre nuovo matrimonio subordinando talepossibilità al fatto che fossero trascorsi almeno quattro annidurante i quali non si fosse avuta notizia del precedente sposo.Dopo qualche anno, però, il rigore della disciplina era attenuato, inNov. 117.11 (a. 542), prevedendosi la possibilità per la donna dicontrarre nuove nozze dopo solo un anno dalla scomparsa delmarito, purché vi fosse il giuramento di priores numeri et cartulari,in quo maritus militabat o del tribuno.

La tendenza a strutturare l’esercizio dell’arte militare inchiave ereditaria in età imperiale, con la conseguenza delladissoluzione della equivalenza, che finora aveva più o meno retto,tra cittadino e soldato, fu la motivazione ultima di una serie diprovvedimenti normativi, con i quali si permetteva ai familiari deisoldati di vivere presso gli accampamenti. Si può ricordare,anzitutto, la disposizione di Settimio Severo, riferita da Erodiano,secondo il quale l’imperatore avrebbe riconosciuto ai militari talepossibilità per la prima volta[126]. Dal racconto di Erodianopossiamo ricavare che il riconoscimento si inseriva nel quadro di uncomplesso di misure di Severo a favore dei militari e che fino ad

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allora erano parse come una possibile causa di allentamento dellarigida disciplina militare: l’Imperatore, in occasione delle suevittorie, infatti, aveva distribuito doni al popolo, denaro per i soldatie aumentato per essi le razioni alimentari. Da tali disposizioni afavore dell’esercito, si è correttamente ricavato che la disposizionedi Settimio Severo fu emanata quando ai soldati era stato ormairiconosciuto il conubium, in quanto esso è dato nella disposizionestessa per presupposto .

Gli effetti della strutturazione dell’esercito su base ereditariafurono naturalmente assai importanti anche in materia dimatrimonio. I provvedimenti imperiali, di cui la disposizione diSettimio Severo è il primo esempio, con i quali si riconosceva ancheai familiari dei soldati il diritto alle razioni alimentari, non solointroducevano uno strumento con il quale costituire un apparatomilitare particolarmente vicino all’imperatore, ma anche,agevolando la sopravvivenza economica dei familiari dei soldati,favorivano il consolidamento di quelle relazioni familiari che eranoormai viste come essenziali per garantire un equilibrio e unacontinuità concreta dell’amministrazione imperiale.

Resta da verificare se, assieme all’obbligo, riconosciuto inoriente ed occidente, di intraprendere l’arte militare per i figli,obbligo che viene attribuito a Diocleziano[128] e che risultaconfermato da una costituzione di Costantino per il 313 (C.Th.7.22.1), fosse parimenti vigente, per le due parti dell’impero, ilriconoscimento della sussistenza alimentare anche per i familiaridei soldati. Tale provvidenza alimentare, in effetti, sembrerebbe piùriferirsi alla parte orientale, ma è probabile che essa fosse invalsaanche nella parte occidentale dell’Impero . Lo ipotizza, aragion veduta, il Jones, osservando che Teodosio I parrebbe avereapplicato la disposizione anche per la parte occidentale dell’Impero,in quanto Libanio, nel 381, lamentava che, sebbene fosse permessoai militari di contrarre matrimonio, essi non avevano ricevuto ilmantenimento previsto per le famiglie, le quali continuavano adessere nutrite a spese dei soldati stessi.

In chiusura, possiamo osservare che il problema dellaesistenza di un divieto a contrarre matrimonio per i militari richiededi considerare il ruolo assunto dalla familia, nel momento in cui siintrecciavano relazioni fondate su incontri e scontri di culture nelleprovince e nelle periferie dell’Impero, come fattore di integrazionefra romani e barbari. In età imperiale divenne, invero, sempre piùevidente la importanza di quelle stesse relazioni coniugali, primaviste con una certa diffidenza connessa più alla necessità diassicurare il rispetto delle regole della disciplina militare che adaltro, importanza che ora si considerava con attenzione nel solco diuna funzione delle strutture militari come elemento di civiltà e diinterazione di culture diverse presenti specialmente nelle aree di

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confine. In questo senso le forme di celebrazione del matrimoniumiuris peregrini di militari, che con la concessione della cittadinanzadivenivano tendenzialmente forme di un iustum matrimoniumromano, finirono per ricoprire un ruolo essenziale per laintegrazione dei peregrini .

Abstract

According to literary sources, the doctrine, since the sixteenthcentury, attributed to Augustus the introduction of a prohibitionwhich prevented military man to contract marriage. In 1895 with apublication by Scialoja of a specific study concerning this subject,which toke in consideration legal sources so far neglected theexistence of a general prohibition to contract marriage started to bequestioned. After examining Scialoja’s work, several scholars (inparticular Castello) proved that the prohibition was due to theobligations related to military life that, especially in the province,made it difficult to contract marriage. In recent times we can alsomention Volterra for which, the soldier was free to contractmarriage with a woman as any other citizen given the presence ofthe requirements. The hypothesis underlined in this paper is thatmilitary marriages are a useful perspective to understand how theRoman family was a factor of social integration between theRomans and the Barbarians, especially in the post­classical age,when the importance of military structures as an element ofcivilization and interaction among the cultures became more andmore evident.

[Per la pubblicazione degli articoli della sezione “Tradizione Romana” si èapplicato, in maniera rigorosa, il procedimento di peer review. Ogni articolo èstato valutato positivamente da due referees, che hanno operato con il sistema deldouble­blind]

Sui termini generali della questione si veda E. VOLTERRA, v. Matrimonio

(dir. rom.), in Enciclopedia del diritto, XXV, Milano 1975, 781 ss., (ID., Scrittigiuridici, III, Famiglia e successioni, con una nota di M. Talamanca, Napoli 1991,278 ss.), con rinvii alla letteratura, a cui bisogna aggiungere i riferimenti alladottrina indicata nel nostro lavoro nelle note successive. Per la dottrina piùrisalente si può anche consultare C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, in RivistaItaliana per le Scienze Giuridiche, XV (1940), 3 ss.

È ancora oggi comune nella dottrina soprattutto anglosassone la tesi

che un divieto a contrarre matrimonio fosse realmente esistito fino almeno alla etàdei Severi. Si veda ad esempio B. CAMPBELL, The Marriage of Soldiers under theEmpire, in The Journal of Roman Studies, 68 (1978), 153 ss. il quale esordisce:

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«Roman soldiers were forbidden by law to contract a marriage during their periodof military service, at least until the time of Septimius Severus».

Il riferimento alle fonti, da parte della dottrina risalente, è

specialmente al passo di Tacitus, 14.27; Suetonius, Aug. 24; Dio Cassius, 60.24.Si veda in particolare V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimoniodei soldati romani, in Bullettino dell’Istituto di diritto romano, 8 (1895), 162 ss.(=ID., Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, Roma 1934, 39 ss.).

Servius, ad Aen. 3.519: dicta autem ‘castra’ quasi casta, vel quod illic

castraretur libido: nam numquam his intererat mulier; Isidorus, Etym. 9.3.44:Dicta autem castra quasi casta, vel quod illic castraretur libido. Nam numquam hisintererat mulier. Per questa impostazione si veda C. CASTELLO, Sul matrimonio deisoldati, cit., 3 ss. Da ultimo sul tema del divieto della presenza delle donne pressogli accampamenti militari si veda F. GALGANO, Tac. Ann. 3.33.2­4 ovvero di undivieto di matrimonio, in Studi in onore di Luigi Labruna, 3, Napoli 2007, 2000 ss.

V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldatiromani, cit., 161 (=ID., Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, cit., 38).Si veda in questa linea anche P. TASSISTRO, Il matrimonio dei soldati romani, inStudi e documenti di storia e diritto, 22 (1901), 4, il quale rilevava come «Laquestione per altro fu sino agli ultimi tempi assai trascurata e sopratutto, daigiuristi». E poi anche C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 5 nt. 4, conindicazione delle più vistose ‘assenze’ nelle trattazioni dottrinali più risalenti.

TH. MOMMSEN, Corpus inscriptionum latinarum, III, 906 nt. 2;

Suplementum fasc. 3, 2011. G. WILMANNS, Die Römische Lagerstadt Afrikas, in Commentationes

philologae in honorem Theodori Mommseni scripserunt amici, Berolini 1877, 201ss.; Corpus inscriptionum latinarum, VIII, 284 ss.

P. MEYER, Der römische Konkubinat nach den Rechtsquellen und den

Inschriften, Leipzig 1895 (Aalen 1966), 93 ss. Si veda per i rinvii ad altri autori V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­

Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldati romani, cit., 161 (=ID., Studi giuridici, II,Diritto romano, Seconda parte, cit., 38); C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati,cit., 5 ss.

D. 24.1.32.88 (Ulpianus libro 33 ad Sabinum): Si miles uxori

donaverit de castrensibus bonis et fuerit damnatus, quia permissum est ei de histestari (si modo impetravit ut testetur cum damnaretur), donatio valebit: nam etmortis causa donare poterit, cui testari permissum est.

J. MARQUARDT, De l’organisation militaires chez les Romains, Paris 1891,306 ss.

V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldati

romani, cit., 155 ss. (=ID., Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, cit.,35 ss.).

Lo Scialoja, nello citare nel contributo richiamato alla nota precedente

il saggio di G. BOTTI, apparso in Rivista Egiziana, anno VI n. 23 (1894), 529 ss., neriproduceva anche il testo.

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V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldati

romani, cit., 162 ss. (=ID., Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, cit.,38 ss.).

Livius 21.41.16 e 42.34.

V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldati

romani, cit., 162 (=ID., Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, cit., 39).

Dio Cassius, 60.24: τοῖς τε στρατευομένοις, ἐπειδὴ γυναῖκας οὐκἐδύναντο ἔκ γε τῶν νόμων ἔχειν, τὰ τῶν γεγαμηκότων δικαιώματα ἔδωκε.

V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldati

romani, cit., 164 (=ID., Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, cit., 40).

V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldatiromani, cit., 166 (=ID., Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, cit., 41).

S. PEROZZI, Istituzioni di diritto romano, 1, Roma 1928, 345 e nt. 2.

P.F. GIRARD, Manuel élémentaire de droit romain, Paris 1929, 171 ss.

V. ARANGIO­RUIZ, Istituzioni di diritto romano, Napoli 1934, 423.

C. LONGO, Corso di diritto romano. Diritto di famiglia, Milano 1934,

328.

G. LONGO, Manuale elementare di diritto romano, Torino 1939, 134.

S. DI MARZO, Istituzioni di diritto romano, Milano 1939, 170 ss. [26] J.­B. MISPOULET, Le mariage des soldats romains, in Revue de

philologie, 8 (1884), 112 ss. (=ID., Études d’institutions romaines, Paris 1887, 227ss.).

P. TASSISTRO, Il matrimonio dei soldati romani, cit., 3 ss.

P. TASSISTRO, Il matrimonio dei soldati romani, cit., 62.

E. COSTA, Storia del diritto romano privato dalle origini allecompilazioni giustinianee, Milano­Torino­Roma 1911, 48 ss. e nt. 5, il quale, oltrea citare D. 49.17.13 (Papinianus libro 16 quaestionum) e D. 49.17.16 pr.(Papinianus libro 19 responsorum), osserva che «Coniuges di militari son purricordati in C. I. L., VII, suppl. 3 n. 21018; XIII, suppl. 2, 1, nn. 6956, 6962,6970, 7256, 8065, 8068, 8069, 8072».

E. COSTA, Storia del diritto romano privato dalle origini alle

compilazioni giustinianee, cit., 50 ss.

P. BONFANTE, Istituzioni di diritto romano, 6 ed., Milano 1917, 179.Sulla tesi del Bonfante si veda C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 11 nt.1.

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P. BONFANTE, Corso di diritto romano. Diritto di famiglia, Roma 1926,206.

Tra le fonti si veda D. 23.2.35 (Pap. 6 resp.); D. 23.2.2 (Paul. 35 ad

Sab.); D. 49.17.16 pr. (Pap. 19 resp.); D. 24.1.32.8 (Ulp. 33 ad Sab.).

Si veda C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 14 ss. Si veda peri riferimenti alla dottrina O. ROBLEDA S.J., El matrimonio en derecho romano.Esencia, requisitos de validez, efectos, disolubilidad, Roma 1970, 199 nt. 156.Sulla nozione di iniustum matrimonium, per quel che qui rileva in tema di divietodi matrimonio per i militari, si può rinviare a E. VOLTERRA, Iniustum matrimonium, inStudi in onore di G. Scherillo, II, Milano 1972, 441 ss. (=ID., Scritti giuridici, III,Famiglia e successioni, cit., 177 ss.). E ora: M.V. SANNA, Matrimonio e altresituazioni matrimoniali nel diritto romano classico. Matrimonium iustum ­matrimonium iniustum, Napoli 2012, 89 ss., con specifico riferimento al tema dellaassenza di conubium.

S. DI MARZO, Istituzioni di diritto romano, Milano 1939, 170. Su cui si

veda, però, la critica di R. ORESTANO, La struttura giuridica del matrimonio romano.Dal diritto classico al diritto giustinianeo, Milano 1951, 244.

C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 12 ss.

Il fondamento di tale disposizione lo si ricava secondo la dottrina in

Svetonius, Aug. 24.

Si veda C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 34 ss.; ID.,L’acquisto della cittadinanza e i suoi riflessi familiari nel diritto romano, Milano1951, 222 ss.

C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 17 ss.; 95.

C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 84 ss.

C.G. BRUNS, Fontes iuris romani antiqui, VII, Tubingae 1908, 321. P.F.

GIRARD, Textes de droit romain, 195, con qualche variazione che rileva C. CASTELLO,Sul matrimonio dei soldati, cit., 55 ss. nt. 1. Sul tema si veda anche F. CASTAGNINO,Una breve nota sull’epistula di Adriano a Q. Ramnius Martialis, in Rivista di DirittoRomano, 15 (2015), 2 ss. (= http://www.ledonline.it/rivistadirittoromano/).

C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 88 ss.

V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldati

romani, cit., 162 (=ID., Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, cit., 38).

C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 92.

Si veda in linea con questa tesi anche R. ORESTANO, La strutturagiuridica del matrimonio romano. Dal diritto classico al diritto giustinianeo, cit.,102.

C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 94 ss.; ID., In tema di

matrimonio e concubinato nel mondo romano, Milano 1940, 142 ss.

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R. ORESTANO, La struttura giuridica del matrimonio romano. Dal dirittoclassico al diritto giustinianeo, cit., 100.

Si veda per questa impostazione, volta a considerare le differenze

esistenti all’interno delle «varie categorie dei militari» romani, E. VOLTERRA, Sullacondizione dei figli dei peregrini cui veniva concessa la cittadinanza romana, inStudi in onore di A. Cicu, II, Milano, 1951, 645 ss. (ID., Scritti giuridici, II, Famigliae successioni, con una nota di M. Talamanca, Napoli 1991, 229 ss.); ID., v.Matrimonio (dir. rom.), cit., 781 ss. (ID., Scritti giuridici, III, Famiglia esuccessioni, cit., 278 ss.), con indicazione della dottrina.

E. VOLTERRA, Lezioni di diritto romano. Il matrimonio romano, Anno

accademico 1960­61, Roma 1961, 352 ss.; ID., v. Matrimonio (dir. rom.), cit., 781ss. (ID., Scritti giuridici, III, Famiglia e successioni, cit., 278 ss.), con indicazionedella dottrina.

E. VOLTERRA, v. Matrimonio (dir. rom.), cit., 779 ss. e nt. 130 (ID.,

Scritti giuridici, III, Famiglia e successioni, cit., 276 ss. e nt. 130).

Si veda R. ASTOLFI, Il matrimonio nel diritto romano classico, Padova2006, 133 ss.

R. FIORI, La struttura del matrimonio romano, in Bullettino dell’Istituto

di diritto romano, 105 (2011), 213 ss.

Si veda F. GALGANO, Tac. Ann. 3.33.2­4 ovvero di un divieto dimatrimonio, cit., 2000 ss. e ntt. 9 ss., che cita: Tacitus, 14.27; Tertullianus 12.1;Dio Cassius, 60.24.

F. GALGANO, Tac. Ann. 3.33.2­4 ovvero di un divieto di matrimonio, in

Studi in onore di Luigi Labruna, 3, Napoli 2007, 1997 ss.

F. GALGANO, Tac. Ann. 3.33.2­4 ovvero di un divieto di matrimonio, cit.,1998.

C.I.L. XVI 134­154.

Così M.V. SANNA, Matrimonio e altre situazioni matrimoniali nel diritto

romano classico. Matrimonium iustum ­ matrimonium iniustum, cit., 131, che citaF.I.R.A., 1, 227­231; 233; C.I.L. XVI, 134­154.

E. VOLTERRA, Sull’unione coniugale del funzionario della provincia, in

Festschrift fur E. Seidl zum 70. Geburtstag (hrsg. von H. Hubner ­ E. Klingmuller ­A. Wacke), Köln 1975, 169 ss. (=ID., Scritti giuridici, III, Famiglia e successioni,cit., 346 ss.).

M.V. SANNA, Matrimonio e altre situazioni matrimoniali nel diritto

romano classico. Matrimonium iustum ­ matrimonium iniustum, cit., 140, cita cosìuna intuizione di M. TALAMANCA, Rec. di Festschrift Seidl zum 70 Geburstag, inBullettino dell’Istituto di diritto romano, 82 (1979), 273 ss., secondo cui il divietodi matrimonio era funzionale a tutelare un interesse della donna.

Lo notava E. VOLTERRA, Una discussione nel senato romano sotto

Tiberio, in Studi in onore di G. Grosso, II, Torino 1968, 6 ss. (ID., Scritti giuridici,V, Le fonti, con una nota di M. Talamanca, Napoli 1993, 160 ss.), osservando che

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il passo di Svetonio non può essere richiamato per provare la esistenza del divietoinvocato da Cecina, poiché al contrario la circostanza che Augusto di tanto in tantodesse il permesso ai suoi ufficiali di fare visita alle mogli presuppone che esse nonsi trovassero molto lontane dal luogo in cui erano i loro stessi mariti.

P. GIUNTI, Consors vitae. Matrimonio e ripudio in Roma antica, Milano

2004, 166.

L. FOUBERT, The impact of Women’s Travels on Military Imagery in theJulio­Claudian Period, in O. HEKSTER ­ T. KAISER (eds.), Frontiers in the RomanWorld: Proceedings of the Ninth Workshop of the International Network Impact ofEmpire (Durham, 16­19 April 2009), Leiden 2011, 351.

Oltre a Livius 21.41.16 e 42.34 si vedano Servius, ad Aen., 8.688;

Propertius, 5.3.45; Cicero, Catilin. 2.10.23; Livii epit. 57; Dio Cassius 57.33;Appianus Histor. 85; Florus I.33 (2.18), richiamate da V. SCIALOJA, Il papirogiudiziario ­ Cattaoui ­ e il matrimonio dei soldati romani, cit., 162 nt. 4 (=ID.,Studi giuridici, II, Diritto romano, Seconda parte, cit., 39 nt. 1).

Livius 21.41.16. Secondo R. ORESTANO, La struttura giuridica del

matrimonio romano. Dal diritto classico al diritto giustinianeo, cit., 100, bastaquesta testimonianza per rifiutare la tesi che il matrimonio potesse sciogliersi pervia del servizio militare.

Livius 42.34.

Cfr. in tal senso V. SCIALOJA, Il papiro giudiziario ­ Cattaoui ­ e il

matrimonio dei soldati romani, cit., 162 nt. 3 (=ID., Studi giuridici, II, Dirittoromano, Seconda parte, cit., 38 nt. 9).

Nella linea di questa interpretazione si veda anche E. VOLTERRA, Lezioni

di diritto romano. Il matrimonio romano, Anno accademico 1960­61, Roma 1961,352 ss.; R. ORESTANO, La struttura giuridica del matrimonio romano. Dal dirittoclassico al diritto giustinianeo, cit., 100, che oltre alle fonti sopra citate alla nt. 63richiama anche Appianus Histor. 85; Florus, 1.33 (2.18); Seneca, Contr. 9.2 (25);Tacitus, Ann. 3.33.34; Svetonius, Aug. 24.

Ancora nel III sec. d.C., come osservava E. VOLTERRA, Una discussione

nel senato romano sotto Tiberio, cit., 9 nt. 9 (ID., Scritti giuridici, V, Le fonti, cit.,163), la questione sollevata da Cecina non era stata risolta definitivamente, comeprova D. 1,16,4,2 (Ulpianus libro primo de officio proconsulis), in cui si fariferimento ad una disposizione probabilmente attribuibile sulla base anche diTacitus, Ann. 4.20, a un senatoconsulto del tempo di Tiberio.

Si veda E. VOLTERRA, Una discussione nel senato romano sotto Tiberio,

cit., 4 ss. (ID., Scritti giuridici, V, Le fonti, cit., 158 ss.).

F. GALGANO, Tac. Ann. 3.33.2­4 ovvero di un divieto di matrimonio, cit.,1998.

Cfr. E. VOLTERRA, Una discussione nel senato romano sotto Tiberio, cit.,

7 ss. (ID., Scritti giuridici, V, Le fonti, cit., 161 ss.).

Tacitus, Ann. 14.27.2.

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G. SEGRÉ, Studio sulla origine e sullo sviluppo del colonato romano, inDalla radice pandettistica alla maturità romanistica. Scritti di diritto romano, acura di N. SCAPINI, con prefazione di G. Grosso, Torino 1974, 235 nt. 7.

[74] Sui problemi demografici connessi agli stanziamenti dei soldati militari

romani presso le colonie si veda ora S.T. Roselaar, State­Organised Mobility in theRoma Empire: Legionaries and Auxiliares, in Migration and Mobility in the EarlyRoman Empire, edd. L. de Ligt ­ L.E. Tacoma, Leiden­Boston 2016, 158 ss.

R. ASTOLFI, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit., 135 e nt. 39.

Su Dione Cassio si veda da ultimo, con impostazione diversa daquella seguita nel testo, B. CAMPBELL, The Marriage of Soldiers under the Empire,cit., 153 ss.; W. ECK, Herrschaftssicherung und Expansion: Das römische Heerunter Augustus, in Studi su Augusto. In occasione del XX centenario della morte, acura di G. Negri ­ A. Valvo, Torino 2016, 90 ss.

Sosteneva questa ipotesi tra gli altri Th. MOMMSEN, C.I.L., III, 906.

J.­B. MISPOULET, Le mariage des soldats romains, cit., 119 ss. (=ID.,

Études d’institutions romaines, Paris 1887, 227 ss.).

Si veda R. ASTOLFI, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit., 136,il quale ipotizza di spostare nel passo «la negativa οὐκ prima di ἔχειν», in modo dasignificare che «Claudio concesse gli iura maritorum ‘ai soldati perche potevanoproprio in forza delle leggi demografiche non sposare’ e quindi garantiva loro nonsolo l’immunità delle sanzioni previste per i celibi, ma anche i privilegi concessiagli sposati».

P. TASSISTRO, Il matrimonio dei soldati romani, cit., 57.

Come ad esempio sembra ritenere F. STELLA MARANCA, Il matrimonio dei

soldati romani, in Studi e documenti di storia e diritto, 24 (1903), 3 ss.

C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 86 ss.

Sul conubium della peregrina con il cittadino romano si veda C.CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 44 ss.; ID., L’acquisto della cittadinanza ei suoi riflessi familiari nel diritto romano, cit., 175 ss.

Ritiene R. ASTOLFI, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit., 133,

che si trattasse di «donne non romane … di solito latine o provinciali». Si vedainoltre F. GALGANO, Tac. Ann. 3.33.2­4 ovvero di un divieto di matrimonio, cit., 2001ss.; P.O. CUNEO BENATTI, Ricerche sul matrimonio romano in età imperiale (I­Vsecolo d.C.), Roma 2013, 168.

Secondo A. SEGRÈ, Il diritto dei militari peregrini nell’esercito romano,

in Rendiconti Pontificia Accademia romana di archeologia, 17 (1940­41), 173 ss.,«Il passo di Gaio, scritto dopo il 144, fa supporre che quei veterani (veteranisquibusdam) non ricevano la cittadinanza romana perché l’hanno già».

Si veda E. VOLTERRA, L’acquisto della cittadinanza romana e il

matrimonio del peregrino, in Studi in onore di Enrico Redenti nel XL anno del suoinsegnamento, 2, Milano 1950, 19 (=ID., Scritti giuridici, II, Famiglia e successioni,cit., 273). Ma notava ciò già C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 44 ss.,

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rilevando che «quando Gaio parla di veterani, si riferisce a quelli tra essi già civesprima della honesta missio, i quali da quel momento in poi possono tener comemoglie la prima e la sola peregrina che sposino dopo la concessione del diploma».

E. VOLTERRA, Un’osservazione in tema di tollere liberos, in Festschrift F.

Schulz, I, Weimar 1951, 395 ss. (=ID., Scritti giuridici, II, Famiglia e successioni,cit., 224 ss.).

Lo esclude E. VOLTERRA, v. Matrimonio (dir. rom.), cit., 780 nt. 130,

(ID., Scritti giuridici, III, Famiglia e successioni, cit., 277 nt. 130), osservando che«il ius conubii è concesso solo alle donne con le quali il veterano romano si uniscein matrimonio per la prima volta dopo la missio, non a quelle con le quali ilmedesimo aveva anteriormente formato un’unione coniugale».

E. VOLTERRA, v. Matrimonio (dir. rom.), cit., 779 ss. nt. 130, (ID., Scritti

giuridici, III, Famiglia e successioni, cit., 276 ss. nt. 130). Sui diplomi militari siveda anche R.G. WATSON, Eserciti e confini da Traiano a Settimio Severo, in Storiadi Roma, 2, L’impero mediterraneo, II, I principi e il mondo, dir. di A. SCHIAVONE, ACURA DI G. CLEMENTE ­ F. COARELLI ­ E. GABBA, Torino 1991, 394 ss.

E. VOLTERRA, Lezioni di diritto romano. Il matrimonio romano, Anno

accademico 1960­61, cit., 356 ss.

Si veda E. VOLTERRA, v. Matrimonio ‘diritto romano’, in Novissimodigesto italiano, X, Torino 1964, 334. Ed ora R. ASTOLFI, Il matrimonio nel dirittoromano classico, cit., 133.

S. SOLAZZI, Studi sul divorzio, in Bullettino dell’istituto di diritto

romano, 34 (1925), 305 nt. 5; ID., Divortium bona gratia, in Rendicontidell’Istituto lombardo di scienze e lettere, 71 (1938), 524 (=ID., Scritti di dirittoromano, IV, Napoli 1963, 33).

D. DALLA, L’incapacità sessuale in diritto romano, Milano 1978, 252 e

nt. 60.

Sulla vecchiaia e sulla impotenza come cause di giustificazione deldivorzio si veda R. ASTOLFI, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit., 248.

Così D. DALLA, L’incapacità sessuale in diritto romano, cit., 253, che a

sostegno della sua ipotesi cita anche D. 1,6,6 (Ulp. 9 ad Sab.); ID., Ricerche didiritto delle persone, Torino 1995, 87: «la valetudo … oltre a una genericacondizione morbosa, può più specificamente indicare uno stato patologicoconcernente la sfera sessuale».

Si veda però come ancora P.O. CUNEO BENATTI, Ricerche sul matrimonio

romano in età imperiale (I­V secolo d.C.), cit., 167 ss., consideri anche alla luce diD. 24.1.61 (Gai. 11 ed. prov.) come il servizio militare fosse «causa di divorzio».

Si veda R. ASTOLFI, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit., 134

ss.

Si veda anche D. 23.3.2 (Paulus Libro ad Sabinum), citato da C.CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 15.

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Cfr. B. CAMPBELL, The Marriage of Soldiers under the Empire, in TheJournal of Roman Studies, 68 (1978), 153 ss.

F. GALGANO, Tac. Ann. 3.33.2­4 ovvero di un divieto di matrimonio,

cit., 2002 ss. nt. 17, la quale osserva come nel passo di Papiniano «la parolamatrimonium non dà adito ad equivoci»; P.O. CUNEO BENATTI, Ricerche sulmatrimonio romano in età imperiale (I­V secolo d.C.), cit., 168 ss., la quale scriveche «Affermando il giurista che un militare, che sia ancora in potestate del padre,non può sposarsi senza il consenso del padre, attesta, di conseguenza, che isoldati in quel periodo storico avevano già ottenuto il diritto di prendere moglie».

A. GUARINO, L’oggetto del ‘castrense peculium’, in Bullettino

dell’istituto di diritto romano, 48 (1941), 41 ss. [102] D. 49.17.13 (Papinianus 16 quaest.): Divus Hadrianus rescripsit in

eo, quem militantem uxor heredem instituerat filium, extitisse heredem et ab eoservos hereditarios manumissos proprios eius libertos fieri.

Per i problemi legati alla ‘ricostruzione’ del testo si veda F. LA ROSA, Ipeculii speciali in diritto romano, Milano 1953, 51 ss.

D. 49.17.16 pr. (Papinianus libro 19 responsorum) pr. Dotem filio

familias datam vel promissam in peculio castrensi non esse respondi. Nec ea rescontraria videbitur ei, quod divi Hadriani temporibus filium familias militem uxoriheredem extitisse placuit et hereditatem in castrense peculium habuisse. Namhereditas adventicio iure quaeritur, dos autem matrimonio cohaerens oneribuseius ac liberis communibus, qui sunt in avi familia, confertur. Si veda J.­B.MISPOULET, Le mariage des soldats romains, cit., 118; E. COSTA, Storia del dirittoromano privato dalle origini alle compilazioni giustinianee, cit., 48 ss. e nt. 5; C.CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 15; F. GALGANO, Tac. Ann. 3.33.2­4 ovverodi un divieto di matrimonio, cit., 2002.

R. ASTOLFI, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit., 135 ss.

R. ASTOLFI, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit., 134 ss.

Si veda V. MAROTTA, Mandata principum, Torino 1991, 141 ss., il

quale rileva: «Lo stesso divieto delle nozze fra il magistrato e la provinciale,inserito nei mandata non prima della fine del I s. d.C. contestualmente aldiffondersi della cittadinanza, dové ispirarsi, almeno in parte, a ragioni analoghe aquelle che avevano reso necessario proibire ogni sorta di acquisti da parte delgovernatore». Si veda inoltre R. ORESTANO, La dote nei matrimoni ‘contra mandata’,in St. di storia e di diritto in memoria di G. Bonolis, I, Milano 1942, 9 ss. 19 ss.(=ID., Scritti. Sezione prima: saggistica, con una nota di lettura di AntonioMantello, Napoli 1998, 727 ss.), il quale tende a spiegare il divieto con lamotivazione che il magistrato avrebbe potuto coartare la donna e la propriafamiglia a contrarre matrimonio. A cui bisogna aggiungere almeno A. DELL’ORO, Ildivieto del matrimonio fra funzionario e donna della provincia, in Studi in onore diB. Biondi, 2, Milano 1965, 525 ss.; E. VOLTERRA, Sull’unione coniugale delfunzionario della provincia, cit., 169 ss. (=ID., Scritti giuridici, III, Famiglia eSuccessioni, cit., 346 ss.).

Si veda E. VOLTERRA, Matrimonio (dir. rom.), cit., 782 ss. nt. 132 (ID.,

Scritti giuridici, III, Famiglia e successioni, cit., 279 ss. nt. 132) con indicazionedella dottrina. A cui si deve aggiungere almeno M.V. SANNA, Matrimonio e altre

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situazioni matrimoniali nel diritto romano classico. Matrimonium iustum ­matrimonium iniustum, cit., 132 ss.

L’impiego del verbo militant sembrerebbe limitare l’eccezione

prevista in D. 23.2.65 pr. ai soli militari e non anche ai funzionari: sulla questionesi veda M.V. SANNA, Matrimonio e altre situazioni matrimoniali nel diritto romanoclassico. Matrimonium iustum ­ matrimonium iniustum, cit., 132 nt. 59.

D. 23.2.39 pr. (Paulus libro sexto ad Plautium): Sororis proneptem

non possum ducere uxorem, quoniam parentis loco ei sum. D. 23.2.63 (Papinianuslibro primo definitionum): Praefectus cohortis vel equitum aut tribunus contrainterdictum eius provinciae duxit uxorem, in qua officium gerebat: matrimoniumnon erit: quae species pupillae comparanda est, cum ratio potentatus nuptiasprohibuerit. Sed an huic quoque si virgo nupsit, non sit auferendum quodtestamento relictum est, deliberari potest: exemplo tamen pupillae nuptae tutori,quod relictum est potest mulier consequi. Pecuniam tamen in dotem datammulieris heredi restitui necesse est.

Si veda E. VOLTERRA, v. Matrimonio (dir. rom.), cit., 782 nt. 132, il

quale rileva che «Questi passi, escludendo in questo caso la possibilità di costituireil matrimonio, confermano indirettamente anch’essi l’inesistenza di un generaledivieto, esteso a tutti i militari, che non è menzionato». Sul matrimonio delmilitare con la donna residente nella provincia si veda ora M.V. SANNA, Matrimonioe altre situazioni matrimoniali nel diritto romano classico. Matrimonium iustum ­matrimonium iniustum, cit., 132 ss.

Si veda per la dottrina più risalente veda ora M.V. SANNA, Matrimonio

e altre situazioni matrimoniali nel diritto romano classico. Matrimonium iustum ­matrimonium iniustum, cit., 132 ss.

Si veda E. VOLTERRA, Sull’unione coniugale del funzionario della

provincia, cit., 169 ss. (=ID., Scritti giuridici, III, Famiglia e successioni, cit., 346ss.). A cui si può aggiungere almeno A. DELL’ORO, Il divieto del matrimonio frafunzionario e donna della provincia, cit., 525 ss.; R. FIORI, La struttura delmatrimonio romano, cit., 214; M.V. SANNA, Matrimonio e altre situazionimatrimoniali nel diritto romano classico. Matrimonium iustum ­ matrimoniuminiustum, cit., 135.

Cfr. M.V. SANNA, Matrimonio e altre situazioni matrimoniali nel diritto

romano classico. Matrimonium iustum ­ matrimonium iniustum, cit., 132 ss.

C. 2.11.15 (a. 239): Idem A. (= Gordianus) Sulpiciae. Decretoamplissimi ordinis luctu feminarum deminuto tristior habitus ceteraque hoc genusinsignia mulieribus remittuntur, non etiam intra tempus, quo lugere maritummoris est, matrimonium contrahere permittitur, cum etiam, si nuptias alias intrahoc tempus secuta est, tam ea quam is, qui sciens eam duxit uxorem, etiam similes sit, perpetuo edicto labem pudoris contrahit. PP. XVII KAL. IUL. GORDIANO A. ETAVIOLA CONSS. Si veda E. VOLTERRA, v. Senatus Consulta, in Novissimo Digestoitaliano, XVI, Torino 1969, 1078. E ora L. ATZERI, Die infamia in der Rechtssetzungder Soldatenkaiser, in AA.VV., Das Recht der »Soldatenkaiser« Rechtliche Stabilitätin Zeiten politischen Umbruchs? (Hrgs. U. BABUSIAUX ­ A. KOLB), Berlin­München­Boston 2015, 152.

In tal senso si veda R. ASTOLFI, Studi sul matrimonio nel diritto

romano postclassico e giustinianeo, Napoli 2012, 80 ss.

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Cfr. R.G. WATSON, Eserciti e confini da Traiano a Settimio Severo, cit.,

394 ss.

C. CASTELLO, Sul matrimonio dei soldati, cit., 88 ss.

Si veda R. ASTOLFI, Studi sul matrimonio nel diritto romanopostclassico e giustinianeo, cit., 81, il quale parla di «due caratteristiche dellalegislazione militare del tardo impero».

Si veda ora per questi aspetti il quadro suggestivo offerto da A.

BARBERO, Barbari. Immigrati, profughi, deportati nell’impero romano, Roma­Bari2012, spec. 204 ss.

A.H.M. JONES, Il tardo impero romano (284­602 d.C.), II, tr. di E.

Petretti, Milano 1974, 847.

A.H.M. JONES, Il tardo impero romano (284­602 d.C.), cit., 867.

Si veda A.H.M. JONES, Il tardo impero romano (284­602 d.C.), cit.,852.

C. 5.4.21 (a. 426).

Si veda, però, R. ASTOLFI, Studi sul matrimonio nel diritto romano

postclassico e giustinianeo, cit., 82, il quale sostiene che Giustiniano avrebbestabilito di sottrarre il miles caligatus dalla osservanza delle regole matrimonialinon a causa della condizione militare ma perché di bassa estrazione sociale.

Erodiano 3.8.4 e 5. Si veda V. GIUFFRÉ, Il ‘diritto militare’ dei romani,

2 ed., Bologna 1983, 12. In dottrina è frequente osservare le difficoltàinterpretative connesse alla espressione adoperata da Erodiano il quale parlaletteralmente della possibilità per i soldati di «vivere con le donne». Secondo adesempio P. GARNSEY, Septimius Severus and the Marriage of Soldiers, in CaliforniaStudies in Classical Antiquity, 3 (1970), 47 «This phrase is ambiguous; its literalmeaning is ‘to live with women,’ but it has also been taken to mean ‘to marrywomen.’ It is clear that no decisive arguments can be based on a text which canbe used to support either the maintenance». Sul punto si veda anche R.G. WATSON,Eserciti e confini da Traiano a Settimio Severo, cit., 396 ss. In generalesull’atteggiamento di Settimio Severo si veda da ultimo W. ECK, Septimius Severusund die Soldaten. Das Problem der Soldatenehe und ein neues Auxiliardiplom, inIn omni historia curiosus. Studien zur Geschichte von der Antike bis zur Neuzeit.Festschrift für H. Schneider zum 65. Geburtstag (hg. B. Onken ­ D. Rohde),Wiesbaden 2011, 63 ss.

R. ASTOLFI, Studi sul matrimonio nel diritto romano postclassico e

giustinianeo, cit., 80 ss.

Così A.H.M. JONES, Il tardo impero romano (284­602 d.C.), cit., 847.

Così ipotizza R. ASTOLFI, Studi sul matrimonio nel diritto romanopostclassico e giustinianeo, cit., 80 ss., il quale cita C.Th. 7.5.1 (a. 399).

Cfr. E. VOLTERRA, L’acquisto della cittadinanza romana e il matrimonio

del peregrino cit., 11 (=ID., Scritti giuridici, II, Famiglia e successioni, cit., 265).

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