Rivista Incontri - Mesed i Settembre2012

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Fondato nel 1948 Anno 64° n. 3 - settembre 2012 Sped. in abb. postale comma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96 Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P. QUANDO UNA GOCCIA RIEMPIE IL MARE LA CITTÀ NASCOSTA IL CUORE DI UN BARBONE LETTERA DI UNA MADRE AL FIGLIO Lettera di una madre al figlio Se un giorno mi vedrai vecchia, se mi sporco quando mangio e non riesco a vestir- mi… abbi pazienza. Ricorda il tempo che ho trascorso a insegnartelo. Se quando parlo con te, ripeto sempre le stesse cose... non m’interrompere... ascoltami. Quando eri piccolo, dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi. Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare… ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno. Quando vedi la mia ignoranza delle nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico, ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l’abc. Quando a un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso... dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non t’innervosire... la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te e aver- ti lì che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso. Vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi. Quando dico che vorrei essere morta... non arrabbiarti un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive si sopravvive. Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te, che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po’ del tuo tempo, un po’ della tua pazienza. Dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te. Aiutami a camminare, a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te. Ti amo figlio mio e prego per te anche se m’ignori. La tua mamma QUANDO UNA GOCCIA RIEMPIE IL MARE LA CITTÀ NASCOSTA IL CUORE DI UN BARBONE LETTERA DI UNA MADRE AL FIGLIO

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Fondato nel 1948

Anno 64°

n. 3 - settembre 2012

Sped. in abb. postalecomma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P.

QUANDO UNA GOCCIARIEMPIE IL MARELA CITTÀ NASCOSTA

IL CUORE DI UN BARBONE

LETTERA DI UNA MADRE AL FIGLIO

Lettera di una madre al figlioSe un giorno mi vedrai vecchia, se mi sporco quando mangio e non riesco a vestir-

mi… abbi pazienza. Ricorda il tempo che ho trascorso a insegnartelo.Se quando parlo con te, ripeto sempre le stesse cose... non m’interrompere...

ascoltami. Quando eri piccolo, dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finchénon ti addormentavi.

Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare… ricordatiquando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare ilbagno. Quando vedi la mia ignoranza delle nuove tecnologie, dammi il temponecessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico, ho avuto tutta la pazienzaper insegnarti l’abc.

Quando a un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso...dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non t’innervosire... lacosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te e aver-ti lì che mi ascolti. Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere iltuo passo non trattarmi come fossi un peso. Vieni verso di me con le tue mani fortinello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi.

Quando dico che vorrei essere morta...non arrabbiarti un giorno comprenderaiche cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capireche alla mia età non si vive si sopravvive.

Un giorno scoprirai che nonostante imiei errori ho sempre voluto il meglio perte, che ho tentato di spianarti la strada.

Dammi un po’ del tuo tempo, un po’della tua pazienza. Dammi una spalla sucui poggiare la testa allo stesso modo incui io l’ho fatto per te.

Aiutami a camminare, a finire i mieigiorni con amore e pazienza in cambio ioti darò un sorriso e l’immenso amore cheho sempre avuto per te.

Ti amo figlio mio e prego per te anche sem’ignori.

La tua mamma

QUANDO UNA GOCCIARIEMPIE IL MARELA CITTÀ NASCOSTA

IL CUORE DI UN BARBONE

LETTERA DI UNA MADRE AL FIGLIO

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Periodico della Famiglia Cottolenghina e degliex Allievi e Amicidella Piccola Casa

n. 3 settembre 2012Periodico quadrimestraleSped. in abb. postaleComma 20 lett. C art. 2Legge 662/96 Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71

Indirizzo: Via Cottolengo 1410152 Torino - Tel. 011 52.25.111C.C. post. N. 19331107Direzione IncontriCottolengo Torino

Direttore OnorarioDon Carlo Carlevaris

Direttore responsabileDon Roberto Provera

AmministrazioneAvv. Dante Notaristefano

Segreteria di [email protected] indirizzo mail

redazioneSalvatore AcquasMario Carissoni

collaboratori

Mauro Carosso

Fr. Beppe Gaido

Progetto grafico

Salvatore Acquas

Stampa

Tipografia Gravinese

Corso Vigevano 46 - Torino

Tel. 011 28.07.88

La Redazione ringrazia gli autoridegli articoli, particolarmente quelliche non è riuscita a contattare.

I l p u n t o

SOMMARIO3 Il punto

Don Roberto Provera

4-5 Quando una goccia riempie il mareLa redazione

6-7 Basta prestare i vestiti agli angeliRedazione

8-9 I volontari del CottolengoMario Carissoni

10-11 La città nascostaDon Andrea

12-13 La mia ora di preghiera Fratel Beppe

14-15 Un ospite specialeMario Carissoni

16 Un archivio e una mostra per ilBeato Francesco Paleari Don Carmine

17 Il Beato Francesco Paleari a Pisa G. Moreno

18 La Gentilezza Pasquale Ionata

19 Niente da fare. Tutto da fareElena Granata

20-21 Il cuore di un barboneIsabella Giammoni

22 Annuncio tema pastoraleDon Lino Piano

23 Giubileo d’oro Redazione

24 Un’esperienza di formazione Elisa, Federica, Letizia

25 Auguri Anna Redazione

26 L’aritmetica del cristiano Sr. M. Giacomini Stuani

27 Lettera di una infermiera Redazione

28-29 Ci hanno lasciati...Redazione

30-31 Briciole di carità Redazione

32 Lettera di una madre a un figlio Redazione

inserto speciale Storia di un piccolo pretePaolo Risso

INCONTRI è consultabile su http://chaariahospital.blogspot.com/

Questa rivista è ad uso interno della Piccola Casa Cottolengo

Fame, violenza, guer-ra, terrorismo, sfrut-tamento, malattie,

terremoti, analfabetismo,miseria ecc., ecc. ecc. e lalista potrebbe continuare.Ieri è stato così, oggi è così,domani sarà così: è questala sorte ineluttabile del-l’uomo sulla terra? La ten-tazione di rispondere sì èforte, ma...Mercoledì 11 luglio è com-parso sull’Osservatore Ro -mano alla pagina 5 un inte-ressante articolo a firma diFranco Pulcini sulla Quin -ta Sinfonia di Beethoven,detta “Sinfonia del destino”. Anton Schindler, ilsegretario del Maestro, gli chiese cosa signifi -cassero le quattro note brutali con cui inizia lacomposizione e il musicista rispose: “Così bussail destino alla porta!”. Pensiamo alla sordità cheafflisse l’artista negli ultimi dieci anni della suavita.Ma nella minacciosa Quinta il destino è infinita-mente di più. “È il tumultuoso affacciarsi diforze oscure, di potenze avverse, di presenze chesembrano minare la nostra esistenza, aggredirela ragione con fantasmatiche superstizioni epaure. La sinfonia esprime l’irruzione di questeimmagini sfuggenti che colonizzano la nostramente, e dalle quali il pensiero non può liberar-si: l’idea fissa è un’incombente prospettiva diannientamento, che non lascia spazio a sognitranquillizzanti, o a vagheggiamenti, o alle di -strazioni dell’umorismo. Il richiamo del destinoè implacabile, le sue nocche nodose non smetto-no di farci sussultare... Eppure... nel finale della

Quinta, il ‘destino del desti-no’ sarà proprio quello diessere spazzato via a suavolta, dopo aver esaurito lapropria forza... La storia deltema del destino dellaQuinta sta tutta nel suomisurarsi con la capacità diresistenza dell’uomo, e allafine a lui soccombere”...‘L’uomo può sempre farce-la!’, ci spiega Beethoven. Lasua volontà, la luce dellasua ragione alla fine hannosempre la meglio; persinosullo strapotere iniziale diqualsivoglia entità avversa,da lui riassunta nel simbolo

del destino” (Franco Pul cini).Tanto più l’uomo ce la può fare, perché Dio, ilCreatore, l’Onnipotente, il Signore del mondo edella storia, è dalla sua parte. “Mi stringevanofuni di morte, ero preso nei lacci degli inferi, eropreso da tristezza e angoscia. Allora ho invocatoil nome del Signore: “Ti prego, liberami, Si -gnore... Sì, Tu hai liberato la mia vita dallamorte, i miei occhi dalle lacrime, i miei piedidalla caduta” canta il Salmo 116.Non è dunque utopica l’attesa operosa di uncielo nuovo e di una terra nuova.Alla ripresa delle attività dopo la pausa estivaINCONTRI augura a tutti voi, cari amici, diirradiare nel mondo gioia e fiducia, perché tuttigli uomini si aprano alla speranza di un mondonuovo.

Torino, 12 luglio 2012

Roberto Provera

Uomo, ce la puoi fare!

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Oggi abbiamo ritiratola posta del nostroperiodico e subito

sfogliato quanto pervenuto.Un’operazione consuetudi-naria necessaria, perché conla lettura dei bollettini di c.c.conosciamo l’offerente. Lofacciamo, non per curiosità oper ordinare una contabilitàragionieristica, ma per avereda subito, possibilità di sod-disfare il dovere di ringrazia-re, chi generosamente contri-buisce alla copertura dei

costi che sosteniamo per lastampa. Scorriamo attenta-mente ogni bollettino, incon-triamo nomi che pian piano,cominciano a esserci fami-gliari e altri nuovi, che an -dremo a inserire nell’elencodegli indirizzi per le spedi-zioni. Poi ancora sofferman-doci con attenzione, ve -rifichiamo anche se ci sononote con richieste o desiderida appagare, che se presenti,cercheremo di soddisfare im -mediatamente.

della sua offerta. Il nostrocuore è subito volato a Ge -rusalemme, nel Tem pio, làdove Gesù, guardandosi at -torno, vide alcuni ricchi chegettavano le loro offerte nellacassetta del tempio. Vide an -che una povera vedova che vigettava due monetine. Alloradisse: “In verità vi di co: que-sta vedova, povera com’è, haofferto più di tutti gli altri.Tutti costoro infatti hannodato come offerta parte delloro superfluo, questa donnainvece ha dato, nella suamiseria, tutto il necessario

per vivere”. (Lc. 21 1,3) Non ab biamo il piacere diconoscere personalmenteque sta persona, ma ormai ècome la conoscessimo dasempre. Da queste paginedesideriamo dirle che levogliamo bene e ricambiamoriconoscenti tutto quel lo cheLei ci dona: “Il gran de aiutodi cui abbiamo bisogno, la suafedeltà, la sua amicizia!”. Quanto bene ci fa la vostravicinanza, cari lettori; dona-teci la vostra presenza,accompagnateci e, con criti-che e suggerimenti, diventate

N o t i z i e4 Incontri 5

Ed è proprio una di questenote, che dopo averci com-mossi sino alle lacrime, hapoi fatto di noi uomini felici;ci lascia questo scritto:“offerta per il giornalino. Mirincresce non poter disporretanto di più, come vorrei”.Pensate il cuore di questacreatura benedetta, quantoforte è in lei il desiderio diesserci, sentirsi parte dellafamiglia cottolenghina, conun senso del dovere tantoforte, da giustificare l’entità

Quando una goccia riempie il mare...Quando una goccia riempie il mare...

colla bora tori. È un appello che viene dalontano, dal numero 3 diIncontri 2 settembre 1987,tutt’ora valido: “Tutti pos -sono collaborare, inviandonotizie articoli e foto cheriguardano la storia e la vitadi persone e cose della PiccolaCasa. La Di re zione s’impegnaa pubblicare il materiale rice-vuto secondo il loro interessee disponibilità di spazio. Chivolesse la restituzione del ma -teriale lo faccia sapere al mo -mento dell’invio”.

Desiderio dellaredazione era edè, che questo pe -riodico diventisempre menono stro, semprepiù cosa vostra!Quanto meritadi essere co no -sciu to, diventipa trimonio ditutti, geografica-mente ma gari se -parati e lontanidagli av ve ni men -ti, non però dallagioia della con-divisione. Un ab -braccio fra terno.

La Redazione

“la sua fedeltà, la sua amicizia”“la sua fedeltà, la sua amicizia”

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T e s t i m o n i a n z e6 Incontri 7

appagava, fino a che mi èapparsa chiara la rispostasulla felicità.È un’affermazione paradossale. Qualcuno rimarrà incredulo,ma cosa posso farci se questaè realtà? L’affermazione puòessere capita, purché non siconfonda felicità con spensie-ratezza. Comunque per menon è una teoria, ma un’espe-rienza. L’esperienza di alcunimediocri gesti eccezionali,che chiunque può compiere.Prova a raccontarla con pocheparole...L’assistenza ai malati è statauna svolta per la mia vita.Prima, pensavo che per avereuna gioia, fosse necessarioallontanare il pensiero della

sofferenza. Ora il mio atteg-giamento è cambiato, perchého sperimentato, quali straor-dinari risultati si ottengonoportando un sorriso nel dram-ma. È lì che quel paradossalestato d’animo che chiamo feli-cità, mi ha conquistato ed hocapito che felicità e angoscia,non sono tra loro alternativi,possono convivere.

Qual è stata la prima occasionedi questa scoperta?

La morte di un carissimoamico per un tumore al cer-vello. Nella fase terminaledella lunga malattia, d’accor-do con i famigliari, lo assi-stemmo in casa sua. Fu cosìche ritrovai un fratello, con ilquale avevo sempre avuto

to, «tanto, vicina o lontana chefosse in quel momento, la mortesarebbe alla fine giunta inesora-bile, per entrambi».Vivendo il contatto continuocon la sofferenza, ho imparatoa essere felice! Assistendomalati terminali, la mia avven-tura totalmente umana, ha tro-vato in essa soddisfazione, edho capito che “felicità o ango-scia non sono in alternativa,possono convivere”... più diuna volta fare volontariatoaccanto a chi soffre, aiuta a“coltivare felicità”. Per rima-nere coinvolti, nell’assistenzaai malati terminali, basta sem-plicemente un pizzico di di -sponibilità, il resto maturerànel tempo, poco a poco.

L’importante è però farsi aiu-tare, non essere individualisti,lavorare assieme ad altri. Lamia grande fortuna è stataquella di affiancare un’équipedi medici e infermieri, che allaprofessionalità seria, hannoabbinato l’importanza del pra-ticare la giusta attenzione nei

rapporti umani. Nello scorre-re della mia esperienza, hocapito anche che l’assistenza aimalati è qualcosa che non si fasolo per gli altri, ma anche perse stessi, per scoprire e appro-fondire il senso della vita,lasciandoci aiutare da chi habisogno di aiuto. Non è un mestiere, un’attività,ma un’occasione per speri-mentare ogni volta qualcosa dinuovo. Ed è inutile chiederciche cosa: nessun potrà dirlo senon farà direttamente perso-nale esperienza.La disponibilità verso gli altridovrebbe essere un atteggia-mento normale e non è neces-sario essere santi, preparati eperfetti, o tipi in gamba parti-colarmente abili. Anche unmediocre qualunque può fare,a condizione di volerlo o difarlo. Per dirlo con una meta-fora, “basta prestare i vestitiagli angeli: loro sapranno comeutilizzarli”.Per me ogni giornata è unasfida, ogni paziente che incon-tro mi porta alla riflessione diquanto deve essere terribile,sapere che la propria vita stafinendo; ed è questo che m’in-coraggia a lavorare, a impe-gnarmi come posso utilizzandomezzi semplici. Basta una p a -rola, un ascolto silenzioso, ilpalmo di una mano su un brac-cio steso. Non esistono tecni-che scientifiche per dare con-forto morale, occorrono dueanime che s’incontrano, nelsilenzio.

La Redazione

buoni rapporti, ma un po’distaccati. Ci guardavano ne -gli occhi e penso che anche luiprovasse un’emozione si milealla mia. Fu poi a esperienzacompiuta, che mi ac corsi consorpresa di aver scopertoqualcosa di nuovo: I tre mesidedicati al mio amico eranostati tra i più belli della miavita e per quanto gli avessidato, certamente avevo peròricevuto molto di più.Frequentemente, i malati so nodescritti anche come sereni,svegli, desiderosi di rapportiumani, di tenerezza e d’intimi-tà; raramente come intolleran-ti o depressi. Nei casi in cui ilsenso della sconfitta prende ilsopravvento e l’angoscia coprele altre sensazioni, quandosembra che la malattia nonlasci più tempo per niente…Allora si riflette, sul temposprecato, sulla verità di comeogni minuto è un’opportunitàtutta da vivere. Ho vissutotante testimonianze: in una diqueste, l’ammalato dopo averedesiderato il suicidio, com-muovendosi è arrivato adaffermare: «Certo che questaesperienza d’infinita tenerezzacon mia moglie, se non fossistato così male, non l’avrei maisperimentata». Poi quella diFrancesco, un architetto conmoglie e due figli piccoli, chedecidono di compiere unasorta di preparazione allamorte cui partecipa anche lamoglie; un “seminario versol’infinito” l’hanno denomina-

Quanti malati hai assi-stito in questi anni?

Una quarantina. E una venti-na li ho visti morire. È sempreun’esperienza straordinaria.Ogni volta ho la sensazione diessere di fronte al mistero. Ècome se lo toccassi ed è comese la Grazia mi toccasse.

Perché dici che l’assistenza tiha insegnato la felicità?In questi anni mi sono chiestoche cosa ho imparato. Tantecose: la pazienza, la capacitàdi valorizzare gli aspetti posi-tivi, che non mancano maianche nelle situazioni piùdrammatiche, la capacità difar tesoro di ogni momento.Quest’elenco però non mi

Basta prestare i vestiti agli Angeli:loro sapranno come utilizzarli

Basta prestare i vestiti agli Angeli:loro sapranno come utilizzarli

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Riceviamo corrispon-denza e questo nel be -ne o nel male, conforta

il cuore dei poveri redattori.Naturalmente vi si trattanoargomenti variegati e portanonotizie che ci aggiornano suavvenimenti, piccoli o grandinon importa, che in qualchemaniera interessano la vitadella Piccola Casa.Mettendo insieme un po’ iltutto ritengo sia giusto dedi-carvi un po’ di spazio, anche sequi porteremo il nostro inte-resse specialmente verso l’uni-verso del volontariato cotto-lenghino. E tanto mi sembraquanto mai opportuno, anche

Tonino, finalmente tolto dal-l’ombra serena della famigliaSanta Elisabetta e portato in

perché maggio è stato tempodi votazioni per il rinnovo delComitato Esecutivo. Le vota-zioni si sono svolte il giorno 9maggio, precedute dall’appro-vazione dei bilanci della gestio-ne 2011/2012; prima del con-gedo dell’assemblea è statacomunicata la notizia dellarecente creazione del sito In -ternet dell’Associa zio ne:WWW.AVC-ONLUS.ORG.Nei primi giorni di giugno poi,completato lo spoglio dei voti,i quindici eletti si sono riunitied hanno nominato il Pre -sidente. Per i prossimi cinqueanni è stato eletto il sig. An -tonio Pometto, il popolare

un campo più ampio, dove cer-tamente continuerà a produrrefrutti preziosi. Non ci rimaneche esprimere a Lui e tutti inuovi eletti, un fervido auguriodi buon lavoro. Del primovolontariato permeato di uncerto romanticismo, che moltihanno conosciuto in un passa-to neanche poi tanto lontano,rimane solo un belricordo; ma ilVolontariato è sem -pre presente, co -lonna portante egrande realtà dellaPiccola Casa, concentinaia di presenzeattive e sempre ca -ratterizzate da gra-tuità e dono di pre-senza spontanea.Costituiscono ungrande patrimonio,che tutti abbiamo ildovere di sostenere,oserei persino dire,proteggere. Mi siaora qui concessoesprimere un perso-nale desiderio, che abbracciatutto il volontariato: “Raf -forzare cooperazione e pre-senza in comunione, andareoltre il Presidio e i Padiglioni,costituire Fa m iglia”. Come nelloro piccolo fanno due fami-glie, la femminile di SantaElisabetta e quella maschile diSant’Antonio, che con dellesimpatiche iniziative e coinvol-gendo anche familiari e amici,organizzano gite, scampagnate

Basterebbe anche solo appro-fittare di quanto promuovel’Associa zione. Un panoramaricco di proposte spalmate sul-l’intero anno formativo, chedonano a tutti opportunità dicrescita. Particolarmente poi aquanti vogliono dare alla loropresenza un peso maggiore,essere coinvolti nella sfera

della spiritualità cottolenghina,vivere completamente il respi-ro della Piccola Casa. Ma è importante che ognunodi noi metta qualcosa di suonell’incontro con che gli stavicino o che incontra.Rapportandoci, per crescere emigliorare in un impegno dibuona volontà che ci coinvol-ga, tutti!

Mario Carissoni

e incontri, per festeggiare e farfelici i nostri ospiti. Creanooccasioni di condivisione,vivono in amicizia gioiosa efraterna il servizio che li acco-muna, manifestando la gioiadell’appartenenza alla famigliacottolenghina e la consapevo-lezza di essere presenze vive,partecipi della serenità donata

con le loro presenze. Parlanodi una comunione che è possi-bile. I nostri volontari tutti,mettono generosamente avista il loro cuore nel servizio;ma in alcuni casi tutto si fermalì, non va oltre il breve incon-tro nei tempi della presenzanel reparto, ritornano spessonella solitudine. Pure non mancano certo occa-sioni per entrare in comunica-zione.

S p i r i t u a l i t à8 I n c o n t r i 9

I volontari del Cottolengo

Antonio Pometto, neo-presidente

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storie, di avventure, di emozio-ni sognanti tra eroi improbabilidi un’America troppo lontana edi goffi personaggi nostranisempre alle prese con qualchecasalinga disavventura. Alloratra quelle montagne uno scola-pasta diventava un elmetto e labaita abbandonata un rifugioda conquistare con dentro chis-sà quali tesori. E come era dif -ficile poi tor nare in cit tà, doveera arduo correre alla conquistadi qualche so gnante castellotrovare dei fu metti da condivi-dere sulle scale ma solo da com-perare per la generosità dimamma e papà. Poi il tempopassa e non è più il verde deiprati o il cemento della città chedelimitano il confine dei sogni,ma le fatiche e gli ostacoli che lavita mette innanzi al cammino

P e r s o n a g g i10 I n c o n t r i 11

Quando andavo in mon-tagna con il campeggiodella parrocchia, osser-

vavo con una certa curiosità,nel piccolo paese, vicino a quelceleberrimo negozio che inquesti piccoli luoghi fa databaccheria-edicola-drogheria-commestibili-giocattoli-articolibagno, lo strano commercioche c’era tra i ragazzi del postoproprio lì davanti. Giornalini,fumetti, illustrazioni ben dispo-sti sull’ultimo gradino di quellabottega e mi domandavo conuna certa curiosità, da ragazzodi città, perché il padrone delnegozio non cacciava quei“con-correnti in erba”. Poi vincendola mia me tropolitana timidezzami accorgevo che più che unavendita di vecchi fumetti erauno scambio. Uno scambio di

Lunedì 30 aprile, si è svolta nella chiesa grande una solenne cerimonia per ricordare il 170° anniversa-rio dell’ascesa al cielo di San Giuseppe Be nedetto Cottolengo. Al termine dell’emozionante funzione,molti dei partecipanti si sono recati nel salone del cinema per un altro evento importante per tutta laPiccola Casa. È stato infatti “lanciato” in rete “La città nascosta”, un fumetto multimediale che de scriveattraverso vignette significative e disegnate molto bene la vita all’interno della Piccola Casa, con gli ospi-ti protagonisti delle avventure. La novità è che il fumetto per ora non uscirà su supporto cartaceo, masarà fruibile solo su internet, ed esce in diverse lingue, tra cui l’Hindi, vista la diffusione del Cot tolengoin diverse parti del mondo. Il progetto è stato realizzato grazie alla collaborazione tra la RegionePiemonte, l’Accademia Alber tina di Belle Arti, l’associazione “Anoni ma fumetti” e naturalmente ilCottolengo.

Al seguente indirizzo internet, potrete visionare il servizio realizzato da Rete7 sulla presentazione delfumetto: http://www.youtube.com/watch?v=4U2K-aJgjOw Buona visione!

La redazione

La c

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nas

cost

aLa

città

nas

cost

a di ogni persona. Diventa diffi-cile ricominciare a sognare etante volte non solo per pro-blemi di Carta d’Iden tità. Ma isogni non possono fermarsi, sitrasformano a volte in percorsiirrazionali verso egoisticheconquiste, in passioni infantilima anche verso ideali traguar-di che ci riempiono il cuore.Con questo spirito abbiamosognato un fumetto che nonlasciasse cadere tutti quei sognidi umanità, di giustizia chehanno emozionato centinaia divite in quel luogo speciale chia-mato Piccola Casa. Così nasceLa città nascosta, un progettounico nel suo genere che nonvuole raccogliere dei ricordima le emozioni vissute da qua-gli eroi silenziosi che hannofatto bene al nostro mondo eche possono ancora oggi emo-zionare bam bini e adulti pernon far finire il tempo dei loroso gni... ma per aiutarci tuttiinsieme a realizzarli... sveglian-doci per iniziare a renderlirealtà!!! Buona Avventura!!!

Bonsignori don Andrea

Page 7: Rivista Incontri - Mesed i Settembre2012

Ècosì frequente per me nonriuscire a partecipare allapreghiera comunitaria che

è ormai un luogo comune direche io a pregare non ci sono mai.Onestamente però lo sforzo lometto davvero, ma spesso le cir-costanze m’impediscono ditradurre in fatti i miei desi-deri.Ieri per esempio, nonostantela pesantissima giornata insala operatoria, sono riuscitoa sgattaiolare via dall’ospe-dale verso le ore 19 e mi sononascosto in cappella.Per i primi dieci minuti hocon forza lottato contro unatremenda botta di sonno cheè abbastanza tipica per meogni volta che mi sieda, dato

sono seduto con la schiena beneretta senza toccare il muro, inmodo da non avere uno schiena-le che potesse favorire il mioimpercettibile scivolamento trale braccia di Morfeo.Ho anche cercato di non chiude-

re assolutamente gli occhi du -rante la recitazione delle “AveMarie”.È andata abbastanza bene perla prima decina, ma nonappena il confratello ha pro-clamato il secondo mistero,ho visto con la coda dell’oc-chio che la porta della cap-pella si apriva lentamente: hopensato che fosse Kimani, ilquale spessissimo viene a pre-gare con noi con una puntua-lità ben superiore alla mia!

il ritmo convulsivo delle giorna-te di Chaaria.Mi sono svegliato di soprassaltoquando Fratel Dominic ha ini-ziato il rosario, ed ho deciso diassumere una posizione confa-cente allo stato di veglia. Mi

Invece la mia attenzione è stataattratta dal fatto che la portarimaneva aperta, ma nessunoentrava.Ho quindi girato la testa ed hoscorto Faith in divisa da salaoperatoria, la quale mi guardavafisso senza proferire verbo: que-sto è il modo solito per invitarmia uscire, senza disturbare la pre-ghiera degli altri. Faith nonentra mai, se non mi trova com-pletamente addormentato... nelqual caso fa due passi in punta dipiedi e mi da’ uno scrollone sullaspalla!Mi sono quindi ricomposto el’ho seguita: non si trattava di uncesareo come sospettavo, ma diuna mamma che non riusciva apartorire per mancanza di validecontrazioni, mentre il battitocardiaco fetale peggiorava rapi-damente.In pochi secondi mi sono quindirisettato dal rosario alla necessi-tà di una decisione clinica rapidaed efficiente. Dopo una breve visita mi sonoreso conto che il cesareo nonsarebbe stato davvero una scelta

no e massaggio cardiaco; pianpiano il respiro ha dato segni diattività spontanea, e poi è diven-tato via via più regolare, mentrele condizioni si sono stabilizzate.È stato un bel sospiro di sollievoper me. Temevo veramente che ilpiccolo fosse morto!Ho quindi consigliato di porre ilneonato in incubatrice e sonocorso nuovamente in cappella: ilrosario era ormai terminato edho trovato i confratelli che can-tavano il Magnificat del Vespro.Mi sono unito a loro per i minu-ti rimanenti delle nostre devo-zioni serali. Mi sento sempre abbastanza adisagio quando entro in chiesa apochi minuti dalla fine; ma cerconormalmente di vincermi, pen-sando al vecchio proverbio chedice: “Meglio tardi che mai!”Ecco com’è passata anche ieri lamia ora di preghiera... ma sonosicuro che il Signore vede e com-prende molto meglio degliuomini!

Fr. Beppe

possibile: cisa rebbe volutotroppo tem poper la prepara-zione della pa -ziente e perl’allestimentodella sala.Ho quindi pre - ferito la ven -tosa ostetrica,che non amotantissimo mache in questocaso mi è sem-brata l’unicapossibilità.

Il battito era, infatti, tremenda-mente lento, e agire velocementeera imperativo.Il parto medicalizzato non èstato così facile e immediatocome speravo, ma alla fineabbiamo tirato fuori quel pupo:aveva due giri di cordone attor-no al collo, e questa era certa-mente la causa delle pericolosedecelerazioni del battito durantele contrazioni. In pratica eracome se il piccolo fosse strango-lato sempre di più ogni volta,che la mam -ma spingeva.Infatti, il neo -nato ha sof-ferto moltis-simo per lasua venuta almondo: nonrespirava pernulla, anchese il battitodel suo cuori-cino era di -screto.Lo abbiamorianimato conambu, ossige-

N o t i z i e12 I n c o n t r i 13

La mia ora di preghieraLa mia ora di preghiera

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Chi di noi, entrando nelcortile di via Cotto -lengo 14, non ha posa-

to lo sguardo sulla bella figuradi Papa Giovanni Paolo II,collocata vicino la statua delnostro fondatore?Inevitabile esserne attratti;una bella figura imponente,quasi ad altezza naturale, dicolore bronzeo, dove l’autoreFiorenzo Bacci ha raffiguratola figura di Papa Wojtyla, consembianze umane, ma con unvolto che è già immerso inquello del Padre, per indicarea noi tutti il cammino verso lameta. Guardandola attentamente lascultura, non rimanda sempli-cemente alla consueta imma-

si è speso proprio lì nella suaAssisi. La palma del Pastorale,richiama e rimanda alla Do -menica delle Palme e alla festadei giovani con l’esortazione“non abbiate paura”. Sulla mitria il Cristo Risorto ela corona di spine, testimonia-no la sofferenza che KarolWojtyla ha affrontato; poi trechiodi della Passione sulpaliotto, a ricordo dei dolorisofferti con infinito coraggio erassegnata fermezza. La suafigura umana e soprannaturalegià vedono il volto del Padre ediventa per noi un faro, cheillumina il nostro cammino,indicando a tutti, che il Regnodei Cieli, inizia quaggiù e ha ilsuo compimento nell’eternità

gine del Pellegrino dellaSperanza, del Pastor An -gelicus che eravamo abituati avedere durante i suoi numero-si viaggi, compiuti per portareovunque Cristo e la sua Paroladi Salvezza, ma a una dimen-sione trascendente ed eterna.Una forma che già fin d’ora ciillumina con la promessa cheanche noi saremo in Luiquando “Cristo sarà tutto intutti”. Il volto appare somigliante diprofilo, trascendente nellavisione frontale. Le sopracci-glia e le pieghe caratteriali,leggermente corrugate forma-no il disegno di una colomba.Il Pontefice è scalzo come unnovello Francesco, che tanto

di Dio. Subito la devozionedei nostri figli ha collocato ilsuo saluto, opera del nostroVito, ai piedi della statua:“Santità, la Piccola Casa tiama!”. Come mai questa bella pre-senza, qual è la sua storia? Fa tutta parte di un progetto,che richiama al motto incisosullo stemma Pontificio diGio vanni PaoloII, ”Totus Tuus”,ed è nato daun’idea di Mon -signor Et toreMal nati, no to do -cente di Teo logiaDog ma tica. L’idea di portarela scultura dibron zo che raffi-gura il Ponteficepellegrino, versola “Casa del Pa -dre” se guen do unitinerario spiri-tuale che tocchial cuni luoghi chel’hanno ospitatoin vita, soprattut-to nei san tuarima riani. Lo sco -po del pellegri-naggio è di farriunire ancora og - gi, nel suo no me enella devozione aMaria, quanti lohanno se guito eammirato duran-

lo troviamo inciso sullo stolo-ne in aramaico: “aprite leporte a Cristo”. La prima di queste copie è giàstata portata a Sydney, in Au -stralia, dono degli emigrantiitaliani al Cardinal GeorgePeel. Una seconda copia è difronte alla chiesa di San Pietroalla Lenca (AQ) dove Gio -vanni Paolo si re cava a prega-re quando andava a sciare inAbruzzo; da li guarda la cimadel monte che recentemente èstata dedicata a Lui.

La copia che èarrivata a noi, hagià fatto un belcammino; sino adora è stata a Por -denone nel Duo -mo di San Marco,a Trieste in SantaMaria di Sion, adAssisi in SantaMaria degli An ge -li, a Loreto sul lapiazza del San -tuario, a Va rese, aTor tona, a Gar la -sco, ad Ales san -dria, al l’ab ba zia diFrut taria, a Ve ro -na, a Motta Li ven -za, a Udine, aGrado, ad Aqui -lea, a San Gio van -ni Ro ton do, a To -di, a Col le va lenza,a Tori no nel la Ba -silica di Maria Au -si lia trice e da li èpassata a noi.

Mario Carissoni

te il suo lungo Pon tificato. Della scultura sono previstenove copie, che si vorrebberocollocare in tutti i continenti,nei posti più indicativi delPellegrinaggio ter reno delPon tefice. Là dove sono col -locate, sono da considerarsiquali antenne evangeliche,che ac colgono e diffondono ilmessaggio di Papa Gio vanni;

Incontri 15

Un ospite specialeUn ospite speciale

“aprite le porte a Cristo”

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il Beato Francesco Paleari

Nella Piccola Casa diTorino, presso lafamiglia Tommasini,

al primo piano, è stata allesti-ta una mostra permanentecon alcuni oggetti appartenutial Beato Francesco Paleari: gliabiti liturgici, la sua scrivania,i suoi libri, il cilicio, la coronache aveva tra le mani al mo -mento della sua morte, e i suoivestiti …Sorprende vedere come, dopola sua morte avvenuta il 7maggio 1939, quanto gli ap -

così la via alla beatificazionedel nostro Franceschino.La sua memoria in questa ca -sa sarà perpetuata grazie a ungrande quadro a mosaico, rea-lizzato e gentilmente do natoda Piero Gasparello, cui va lariconoscenza di tutta la Fa -miglia Cott o lenghina di Pisa.Il mosaico ritraente il BeatoPaleari, esposto per l’occasio-ne sulla parete laterale dellachiesa, è stato benedetto dal -l’Arci ve scovo al termine dellaS. Mes sa con una breve maintensa cerimonia, allietatadal sole. Un fragoroso ap -plauso ha accolto l’immaginesorridente del nuovo Beato,mentre lentamente era solle-vato il drappo bianco, enumerosi commenti entusia-

stici hanno accolto l’operad’arte del no stro carissi-mo Piero.Sono certo che il BeatoPa leari continuerà abenedire dal cielo questacasa, che l’ospitò perqualche giorno in vita, eche intende onorarlo eseguire con impegno ilsuo stile di vita.

don Giovanni Morero

partenne fu immediatamenteconservato con cura, conbiglietti che segnalavano l’usodi “Monsignor Paleari” etutto questo fatto con sincerariverenza. Quanto abbiamo ritrovato eraccolto è testimonianza dellafama di santità che si diffuseimmediatamente dopo il suopassaggio da questo mondo alPadre.Ora tocca a noi non disperde-re questo patrimonio, anziapprofondirlo per cogliere il

lengo di Pisa, di cui in quelperiodo era Diret tore. Fu cosìche il futuro Beato trascorseun breve pe riodo al l’ombradel la Torre pendente, congrande soddisfazione, co me sievince da una sua lettera.Occorre poi aggiungere che illegame di Mons. Paleari conPisa si è consolidato proprioin occasione della sua beatifi-cazione. Infatti, l’Arcive scovodi Pisa, con il grado di Con -sultore della Con gre ga zioneper le Cause dei Santi, sitrovò a essere il Po nentedella cau sa riguardante ilmiracolo nella sessione ordi-naria dei Car dinali e Vescovitenutasi il 9 no vembre 2010,che all’unanimità espres sepa rere favorevole, spianando

T e s t i m o n i a n z e16 Incontri 17

Un archivio e una mostra permanenteper ricordare e conoscere il Beato Francesco Paleari

Sabato 12 maggio il Cot -tolengo di Pisa ha accoltosolennemente la reliquia

del Beato Francesco Pa leari.L’ar cive sco vo Mons. Gio van niPao lo Be notto ha presiedutol’Eucaristia concelebrata, oltreche dai Sa cerdoti della co mu -nità locale, da don Ro bertoPro ve ra, pri mo Con di rettoredel la Pic cola Casa, e dal ViceRet tore del Se mi nario di Pisa,don Fran cesco Bachi, amicoda lunga data del Cot to lengo.Tutti insieme: Sacerdoti,Suo re, Ospiti, Volontari e Per -sonale di pendente, han noringraziato con gioia Dio per ildono fatto alla Chiesa e allaPiccola Casa nella per sona diMons. Paleari, ora riconosciu-to ufficialmente come model-lo da imitare.Don Roberto ci ha porta-to la notizia che don Pa -leari era già stato a Pisa,quando era ancora invita. Negli anni della suamalattia, mentre si trova-va a Celle Ligure in con -valescenza, suo ni pote,don Lo do vico Chie sa, fu -tu ro Pa dre della PiccolaCasa, l’invitò a passarequalche giorno al Cotto -

Il Beato Francesco Paleari a Pisa

dono che lo Spirito ci ha fattoattraverso la vita santa di donFranceschino. È questo il significato vero diuna beatificazione, e che haispirato anche la mostra e l’ar-chivio che è stato iniziato.È possibile visitare la mostra e,se si desidera (previo accordo),avere una guida che la illustri,vedere un DVD sul Beato, fareincontri di approfondimentodella sua figura spirituale.

Don Carmine Arice, ssc

Il Beato Francesco Paleari a Pisa

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Un giorno rincasando,ho trovato un’autoparcheggiata nei pres -

si del vialetto d’accesso dicasa, nel mio posto preferito. La mia prima reazione è statadi fastidio, perché avevo sem-pre messo la macchina lì.Adesso invece ero costretto alasciarla più lontano e, per dipiù, a portare a piedi le miecose. Nelle ore successive hocontinuato a pensare ossessi-vamente alla persona cheaveva parcheggiato nel miospazio, mi sono lamentatocon mia moglie di quantocostui fosse maleducato e hocontrollato varie volte se l’au-to fosse ancora lì. Alla fine sono uscito perguardare più da vicino. Inquel momento un uomo dallacasa di fronte si è diretto

T e s t i m o n i a n z e18 Incontri 19

La gentilezza

verso la macchina in questio-ne. Ho notato subito cheaveva una disabilità fisica:camminare gli era difficile e,con ogni probabilità, doloro-so. Lui mi ha guardato, mi ha sorriso e mi ha salutato. In quell’istante d’illuminazio-ne tutto il mio disappunto èsvanito e mi sono ritrovatopieno di compassione e solle-citudine. Quanto doveva essere diffici-le la sua vita, paragonata allamia! Ero balzato a una con-

clusione negativa, invece diimmaginare che potesse es -serci una buona ragione, perquesto motivo quell’auto eraparcheggiata lì. E mi eroarrabbiato, invece di metter-mi nei panni di un altro. Tutti abbiamo qualche pro-blema, anche se non è visibilein superficie.Dovremmo ricordarci diessere gentili, pazienti e com-prensivi con gli altri perchénon sappiamo quali fardellidevono portare. Proprio co me diceva ungrande pensatore greco:«Quando in contri qualcuno,sii gentile con lui, perchésicuramente egli sta condu-cendo una battaglia più diffi-cile della tua».

Pasquale IonataFonte: Città Nuova

Niente da fare. Tutto da fareLa gentilezza

Ci mettono alle corde le situazioni di stallo,l’incertezza che si perpetua, il susseguirsidelle scosse di terremoto, svegliarsi al matti-

no e non sapere come impiegare la giornata, il pro-trarsi di una malattia che sembra metterci fuorigioco. Non è (solo) l’affanno delle troppe cose dafare a stremarci ma anche la prospettiva di avernesempre meno.Oggi in tanti si svegliano al matti-no di una giornata priva di impe-gni, di senso, di prospettive. Queipiccoli gesti quotidiani che untempo li accompagnavano, comevestirsi, bere un caffè di corsa giàleggendo le notizie su Internet,avere il tempo impegnato e scan-dito da attività… improvvisamen-te lasciano il posto al vuoto e alvago.Mario ha 40 anni, la mattina ac -compagna i figli a scuola, li baciae li saluta come fanno tutti glialtri padri, poi riprende la stradadi casa e si prepara a vivere unagiornata tutta da inventare tra piccole commissio-ni, la ricerca di un lavoro che non si trova, l’attesache venga sera. Gli dicono che è troppo vecchioper trovare un nuovo lavoro. In realtà è troppogiovane per smettere di cercarlo: rinunciarvi equi-varrebbe a smettere di vivere.Il vuoto è per tutti difficile da gestire. Fin da bam-bini ci siamo abituati a pensare che siamo “quelloche facciamo” e che siamo “il modo in cui impe-gniamo il tempo”. Spesso la professione e le agen-

de piene di impegni diventano la nostra secondapelle. Così chi si trova improvvisamente a usciredalla corsa (o alla corsa non riesce neppure a pren-dere parte) è costretto a nascondersi, a ritirarsi, acelare il proprio malessere, a gestirlo come un pro-blema privato.La società non è benevola con i vinti e non ci sono

“scuole” che ci attrezzano a gesti-re l’insuccesso, la caduta, la scon-fitta come parte del gioco. Cinascondiamo che questo tempodi transizione e di incertezza ciriguarda tutti, scuote e sovverte inostri equilibri, richiede di esseremetabolizzato. Come? Non cisono ricette, né prospettive con-solatorie.È certo però che non possiamoarrenderci al vuoto. Reagire – inquesto tempo avverso – è ostinar-si a credere che il sale della vita ènascosto nelle pieghe di ogninostra giornata e può darle sapo-re. «È un piccolo “di più” che si

offre in dono a tutti noi», scrive Françoise Héritier(Il sale della vita, Rizzoli, 2012). È l’incontro conqualcuno, una nuova intuizione, una passeggiatada soli, è coltivare qualche spiraglio di serenità,rimettere in circolo la creatività, sentire che c’è unagrazia speciale nel solo fatto di esistere, un’energiasotterranea che continuamente si rinnova. E da cuipossiamo sempre ripartire.

Elena GranataFonte: Città Nuova

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tante storie interessanti daraccontare, vere o false chesiano. I più simpatici e chiac-chieroni, quel li cui mi sonopiù affezionata, sono Gabrielee Loren zo, due tipi allampa-nati di mezza età accomunatida una simile sorte, ma cheaffrontano la vita in modi unpo’ diversi: Gabriele sembrauna persona che ama coglierel’attimo, che non si preoccupamolto alla fin fine di quelloche accade intorno a lui,cercando di prendere ilmeglio da ciò che gli capita. Lorenzo invece non sem-bra amare molto la sua vita,racconta molte storie, forsevorrebbe che tutto fossecosì entusiasmante e diver-tente come lo descrive, haqualche rimpianto, ognitanto dalle sue parole tra-pela una punta d’amarezza.Mi ha colpito molto l’attac-camento di Lorenzo al suocagnolino, un cucciolomolto affettuoso e gioche-rellone: “Si chiama Birillo –dice con orgoglio – l’ho trova-to tempo fa incastrato nellarete di un recinto, non era dinessuno, l’ho preso io. È unfurbacchione, dorme tutto ilgiorno e poi la notte non fadormire noi! E come gli piacela birra… ah ma non glieladia mo mica noi! “Basta che cigiriamo un attimo e…”. Vuoledavvero bene al suo cane, lotratta con la cura di chi sidedica a un figlio, forse per-ché non ha altri affetti che

quello. Spesso questa gente ècriticata, ma soprattutto com-pletamente ignorata, quasinon esistesse; ci dimentichia-mo o semplicemente ignoria-mo il grande bisogno che que-ste persone hanno di riceveree donare affetto. Ricordo lanostra prima conversazione:“Che scuola ha fatto?” diceLorenzo, “Lo scientifico”,“Be ne bravi studiate mi racco-mando, non fate come me,

che io a tredici anni scappavosempre via con la moto e oraguardate dove sono…“Quant’è bella giovinezza chesi fugge tuttavia, chi vuol esserlieto sia del domani non v’ècertezza”. Sì fate bene a studia-re però io sono contento così,ma v’immaginate quanti pen-sieri, quanti problemi se vives-si diversamente? Il lavoro, letasse, sì insomma così non hotanti pensieri...”. Intanto Ga -briele si rivolge a un passantechiedendogli un accendino:

V i t a v i s s u t a20 Incontri 21

quello lo guarda sospettoso, sigira e affretta il passo. Ga -briele ride, manifestiamo an -che noi la nostra gioia: a chinon è capitato di trovarsi dallaparte del passante? Eppurevista così, la scena sembratanto buffa! Qualche giornodopo mentre andiamo allamensa nella piazzetta vicina,troviamo Ga briele seduto,rosso in viso, con le pupilleallargate, fa fatica a ricono-

scerci, sorride quan do gliporgiamo l’accendino chegli abbiamo comprato, ciab braccia; con tristezzaentriamo in mensa. Piùtardi vedo arrivare Lorenzocon B i rillo, faccio per salu-tarlo, ma con triste e amaraconsapevolezza mi rendoconto che sta male pure lui:scende le scale, barcolla, sigetta a sedere per terra, nonvuole entrare perché sennòdeve lasciar fuori Birillo,chiede solo un sacchettinodel pranzo della domenica,

così che possa dar da mangia-re al suo cane che ha fame.Dopodiché lo prende in brac-cio, si rialza e inizia faticosa-mente a camminare. Io sonoancora smarrita faccio perdire due parole, per fermarlo“Ehi Birillo!” sorridendo alpadrone. Lorenzo si gi ra, miguarda, non riesce a mettermia fuoco, ancora in stabile sullegambe, fatica a concentrarsi:“Sì… sì, lui si chiama Birillo”e lo stringe a sé, poi se ne va.

Isabel Giommoni

Vorrei presentarvi alcunimiei amici. Sono deitipi un po’ particolari

ma interessanti, e anche senon lì rivedrò più, non credoche potrò mai dimenticarli. Liho conosciuti alla mensa dellaCasa Ac coglienza del Cotto -lengo in Torino. Si trovanosempre in giro per il centroma prima di allora non miero mai accorta: stannonascosti, inosservati nellavita quotidiana, come tantidettagli nello sfondo di unquadro, particolari trascu-rati e tralasciati, ma semprepresenti. Diceva Ari stoteleche le cose più evidenti,quelle che ti stanno davanti

agli occhi, sono quelle chenon riesci mai a vedere. Beh,uno dei primi che ho cono-sciuto, non senza un certo stu-pore, è Francesco: “Ehi è unpo’ che non ti si vede in giro!”dice una volontaria, “Già… èche mi hanno appena rilascia-to!”. Un’altra persona singo-lare sicuramente è Giacomo,

un ometto sulla sessantina,che muta umore con la stessavelocità con cui cambia ilvento, tanto allegro e sorri-dente, quanto aggressivo, chedice di vendere magliettelungo il Corso Vittorio; ineffetti, una volta l’ho trovatocon il suo carretto-banchino,tanto entusiasta di vederci da

volerci regalare una ma -glietta.A sostenere la verità traalcolizzati, barboni e cri-minali, non fan no tuttiuna buona im pressione aprimo im patto, anzi ilcontrario, ve lo assicuro,ma quello che ben prestoho scoperto è che hanno

Il cuore di un barboneIl cuore di un barbone

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Cari figli e figlie della Piccola Casa,

“Santi nella carità. Per una pienezza di vita”. È questo il tema che ci ha accompagnati inquest’anno pastorale che sta per concludersi. Le celebrazioni per i 200 anni dell’ordinazione del Santo Cottolengo, il convegno sullefamiglie religiose che a lui si sono ispirate e, soprattutto, la beatificazione del VenerabileFrancesco Paleari, ci hanno aiutato a vivere un tempo di grazia particolare. Davvero pos-siamo dire “Deo gratias” per quest’ anno straordinario.Per la scelta del tema pastorale per il prossimo anno, abbiamo precise indicazioni delPapa Benedetto XVI, che non possono essere ignorate: la celebrazione dei 50 anni dal-l’inizio del Concilio Vaticano II, il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione che si celebre-rà in ottobre, l’indizione dell’anno della fede. Tutto questo orienta la nostra riflessione a“ripartire da Cristo”, a rinnovare la nostra fede in Lui e nell’opera della grazia, affinchéla nostra vita e la nostra azione apostolica sia fecondata dalla Sua presenza.Pertanto mi è sembrato opportuno per l’anno pastorale 2012 – 2013 scegliere il seguen-te tema:

N o t i z i e22 Incontri 23

Giubileo d’oroDomenica 17 giugno don ALDO ELIA e don FRANCESCO GEMELLO hannofesteggiato 50 anni di sacerdozio al servizio dei poveri della Piccola Casa della DivinaProvvidenza. Don Aldo è stato missionario in Ecuador dal 1988 al 1999; donFrancesco è stato Padre della Piccola Casa dal 1981 al 1993. Deo gratias

Un nuovo DiaconoCottolenghino!

VAYALIPARAMBIL FRANCISPRABIN, nato a KOONAM-MAVU (KERALA – Diocesi diVERAPOLI) il 15 agosto 1982,ha compiuto gli studi teologicia NAIROBI (KENYA). Haemesso la promessa perpetua il25 marzo 2012 con la quale èentrato definitivamente a farparte della Società dei Sa -cerdoti di San Giuseppe Cot -tolengo. È stato ordinato diaco-no a Nairobi sabato 12 maggio.È arrivato qui a Torino giovedì14 giugno, dove svolgerà ilministero diaconale per sei mesi.Deo gratias.

Annuncio tema pastoraleAnnuncio tema pastorale

LA BUONA NOTIZIA”La carità di Cristo

ci spinge all’evangelizzazione”.

L’anno pastorale che inizierà il 2 settembre, giorno dell’ispirazio-ne carismatica ricevuta dal Cottolengo, potrà essere un’occasioneutile per rinnovare il nostro impegno a essere collaboratori di Dionel Vangelo di Cristo (cfr. 1 Ts 3,2), e offrire il nostro contributoalla Chiesa e alla Piccola Casa perché il Vangelo sia annunziatocon le parole e le opere, discepoli di quel Signore che passò inmezzo agli uomini curandoli e facendo del bene (cfr. At 10,38).

Torino, 10 giugno 2012, Festa del Corpus Domini

Padre Lino Piano

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e visite di luoghi da lui frequen-tati. Nel corso di queste duesettimane abbiamo anche avutomodo di conoscere alcuni luo-ghi fuori città fondati dal Cot -tolengo: il monastero di Pra -lormo, dove con le suore di vitacontemplativa abbiamo riflettu-to sulla Vita Consacrata cotto-lenghina; l’uscita al Grand- Puy,vicino a Prage lato, dove abbia-mo trascorso una giornata dideserto; l’uscita a Pinerolo,dove abbiamo trascorso unpomeriggio di condivisione conle persone presenti in comunitàper di sin tossicarsi. Inoltre ivolontari con cui ab biamo tra-scorso questa stupenda espe-rienza si sono rivelati un verodono della Divina Provvidenza:tutti con un’e nergia e unadisponibilità in credibile, dispo-ste a evidenziare la loro perso-nalità, in modo particolaredurante i momenti di formazio-ne. I vo lontari provenivano unpo’ da tutta Italia: Torino,Cuneo, Brescia, Pa do va, Roma,Na poli, Catanzaro.E come diceva sempre il SantoGiuseppe Cottolengo: DEOGRATIAS SEMPRE!.

Elisa, Federica e Letizia

s’impara molto. Cre diamo dinon aver mai sentito così tantola presenza di Dio nelle personecome in quest’esperienza. Inmolte persone abbiamo visto lasofferenza di Gesù Cristoimpressa sul volto e ammettia-mo senza vergogna che alcunevolte le lacrime hanno solcato inostri visi per la tristezza difronte a certe situazioni. Oltre aciò stando insieme agli Ospiti cisi sente personalmente quasidisabili, perché diversi da ciòche ci circonda.Le attività diformazione spirituale propostedalle suore so no state davveroefficaci, e pro fonde, utilissimeper svolgere al meglio il servizioe per una maturazione persona-le. I temi affrontati sono statiundici: Il servizio cottolenghino,I poveri sono Gesù, La carità si faservizio, La fraternità - lo spiritodi Famiglia, La preghiera,L’Euca ristia, La Divina Provvi -denza, La Speranza, La Spe ran zacome confidenza, Maria, LaSantità. In queste due settimaneabbiamo avuto modo di cono-scere la figura e l’opera del fon-datore San Giuseppe Bene dettoCot to lengo tramite la visione divi deocassette, racconti di suore

Inizialmente non pensava-mo che questo periodo po -tesse segnarci così tan to, ha

superato ogni nostra at tesa. Da quando abbiamo deciso divivere questa esperienza allaPiccola Casa della DivinaProvvidenza spesso ci hannochiesto quali fossero i motiviche ci hanno spinti a trascorre-re in questo modo una partedelle nostre vacanze. La rispo-sta non è così facile, sicuramen-te c’era la voglia di servire, sep-pur nel nostro piccolo, chi neha bisogno, ma anche il deside-rio di provare un’esperienzapiù forte, di metterci alla provae vivere un “cam po” differenteda quelli che conosciamo.Finalmente arrivato il giornoatteso, siamo partite con tantavoglia di co minciare e anche unpo’ di preoccupazione, infondo non sapevamo ancorabene cosa ci aspettasse e quelloche avremmo dovuto fare! GliOspiti sono persone con unaforza incredibile, chi più e chimeno, e capaci di offrire unsorriso anche nel momento deldolore! Stando in mezzo a loroci si dimentica di tutto il resto,problemi e preoccupazioni, e

T e s t i m o n i a n z e24 Incontri 25

parte del tuo intimo che nessun può, anchesolo sfiorare), non vo glio ricordarti il beneche hai fatto (costituisce il tuo importantissi-mo patrimonio personale), non voglio limi-tarmi ad augurarti buona salute (cosa ovvia eassolutamente primaria) e... scherzosamenteneanche di cambiare look per combattere iltempo che passa (non ti riconoscerei più coni capelli rossi e la minigonna). Penso carissima Anna mi sia rimasta la cosapiù ovvia: ti auguro di mantenere sempreviva questa gioia per la vita a prescinderedagli avvenimenti, che l’entusiasmo tiaccompagni nelle tue azioni. Che tu riesca a mantenere il dono che hainell’accoglienza alle persone e… sai cosa ciag giungo. Pure? Un pizzico di sano ‘menefreghismo’perché se va le per Don Ribaldi quella famo-sa frase: “Dio esiste: ri lassati non sei tu” vuoiche non valga per noi comuni mortali?? A questo punto sento di averti confuso benbene le idee. Ti starai chiedendo: ma questavuole farmi gli auguri o ha soltanto dormitomale stanotte? No, volevo soltanto farti sen-tire la mia vicinanza, di essere contenta del-l’amicizia che ci scambiamo (di qualità piùche di quantità).Avrei voglia di finire queste righe con unaugurio che ho già sentito pronunciare daDon Giorgio (che faccio anche per me).Assolutamente non vuole suonare sinistro,ma ormai la nostra esperienza di vita ci inse-gna che è assolutamente necessario: “SeGesù proprio vuole, darci una croce, ci diaanche la forza necessaria per portarla”. Mamma mia che confusione ho fatto: quan-do comincio a lasciar scorrere i pensieri nonla smetto più... spero di trovare il coraggio diconsegnarti questa lettera di non aver dettodelle stupidaggini e nella circostanza… nonfarci caso! Con affetto

Maria.

Un’esperienza di formazione globale

Carissima Anna, sono le ore 6,15 di mattina;come da un bel po’ di tempo mi succede,mi ritaglio... come ti ho già più volte ripe-

tuto... un po’ di tempo per la lettura o anche sem-plicemente per far spaziare i miei pensieri, traen-do beneficio da quel silenzio ancora ovattato, inattesa che il nostro paese si svegli e metta in mototutte le attività che incombono su ognuno di noi. Stamattina il mio pensiero sei stata tu: sarà forseperché ci siamo viste ieri mattina al mer cato, nonlo so o, piuttosto perché si sta avvicinando il tuocompleanno (con una tappa importante!) ed iovorrei farti gli auguri dicendoti delle cose specialima... mi rendo conto che è impresa ardua perchéognuna delle persone a te care in quel giorno nelfesteggiarti ti scalderà il cuore anche con la lorosola vicinanza! ...Allora ci proverò a farti questi auguri ma in chemo do? Sicuramente non voglio andare a toccare le cordedella commozione ricordando gli inizi tutti in salitae poi via via tutto quello che di faticoso c’è stato (fa

Auguri Anna!

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non co noscono la matematica,lo ro vivono solo per moltipli-carsi…Il cristianesimo è la religionedel per, ha detto una voltaqualcuno… è l’unica opera-zione aritmetica che prende inconsiderazione il cristiano. E il perdono fa parte di que-st’operazione. La strada delperdono è illuminata dallafiaccola della fede. La via sem-bra quella della sconfitta einvece è quella della vittoria,la vittoria coraggiosa del-

sentire adeguata e pronta.Nonostante le attenzioni e icomplimenti dei familiari nonsono diventata parte dellafamiglia, ma ho preso consa-pevolezza del ruolo che anda-vo a ricoprire.Durante l’ultimo turno, prima diNatale, sono entrata nella suacamera per salutarla e lei, per laprima volta, mi ha sor riso. Tornata dalla pausa natalizia,lei non c’era più, ma dopotut-to c’eravamo già salutate quelgiorno, con quel sorriso.

E.B.

In questa lettera troviamo in -teressante l’espressione di “pau radella soglia”. Ringraziamo E. B.per averci dato l’opportunità dipubblicare la sua storia e auguria-mo a tutti di imparare a superarele diverse soglie che ci fannopaura. Anche questa testimonian-za ri sponde alla domanda“Quella volta ho capito che…”

La Redazione

La carità non timbra ilcartellino per il datoredi lavoro, perché non

ha orario la carità...La carità è la virtù dalle taschebucate, perché dà tutto la ca -rità...La carità ha sempre il portafo-glio vuoto, perché si spendeper tutti la carità…La carità non si vergogna diessere giumento di Cristo, per-ché porta Cristo la carità…La carità si mette il grembiule,perché è cameriera alle dipen-denze di Dio la carità…E il perdono? Il perdono ha il coloredell’arcobaleno: il verdedella Speranza, il giallodella Pace, il rossodell’Amo re, il violettodell’Umiltà, l’azzurro del -la Gioia, il blu del Regnodei Cieli.La Carità e il Perdono

dentro di lei.Io non riesco ad af frontarenes suno di loro: sono giovane,non ho strumenti, non ho co -noscenze… però decido chescriverò il piano di assisten-za proprio su di lei: mi dicoche forse “patologia complica-ta” (tu mo re cerebrale) equi-valga a un buon voto...Così, dopo il turno, decido dioltrepassare la soglia della suacamera e, con la scusa del pia -no di assistenza, entro in rela-zione con la sua famiglia e conlo sguardo della paziente,sempre triste, come se stesse

cercando una rispo-sta o volesse richia-mare l’attenzione. Piano piano ho vintola paura della “so glia”,quella che mi bloccaappena arriva un nuo -vo paziente, quella chemi fa tremare legambe e non mi fa

S p i r i t u a l i t à26 Incontri 27

l’amore. Perdona chi ama…chi nel bivio del proprio cuoreindividua la segnaletica cheindica: Direzione Amore…Direzione Vita.Non c’è solo il perdono del-l’altro, bensì anche il perdonodi Dio per noi creature.Perdonare perché prima diquesto nostro atteggiamentosentiamo limpido nel cuoreche il Padre ci ha perdonato eci guarda sorridendo, conamore. Dobbiamo essere di sposti a

ricominciare sempre dinuovo a perdonare, perchéanche Dio ogni giorno ciperdona di nuovo.

Sr. M. Giacomina Stuani OSA

Tratto dalla rivista “dalle Apialle Rose” del monastero diSanta Rita da Cascia

L’aritmetica del cristiano

Lettera di un’infermiera.

Primo tirocinio della vita,io giovanissima, alle pri -me armi in un mondo,

quello della ma lattia, che perfortuna la vita fino a quelmomento non ave va imposto ame o ai miei cari.In reparto arriva un nuovoricovero: una signora sulla ses-santina, in carne, molto palli-da e con i capelli radi. È messain una stanza singola ed è cir-condata dal marito, due figli,parenti, amici…Una gran folla intorno a questadonna spaesata chenon riesce a comuni-care perché ha graviproblemi res piratori:la ma schera dell’ossi-geno, la tosse, il fiato-ne non glielo permet-te. Tan te voci, do -mande, pianti in tor noa lei e forse anche

Quando la professionalitàpermette di vincere la paura della soglia.

LA CARITÀ E IL PERDONO

NON CONOSCONO LA MATEMATICA,

LORO VIVONO SOLO PER MOLTIPLICARSI...

Quando la professionalitàpermette di vincere la paura della soglia.

Page 15: Rivista Incontri - Mesed i Settembre2012

N o t i z i e28

Giornata di sole, quasi un miracolo frale turbolenze di questi tempi, per ilnostro Convegno annuale. Gli arrivi sisusseguono e la speranza di una buonapartecipazione si fa sempre più concre-ta quasi a sconfiggere quel pessimismoche ci fa temere un graduale dissolver-si della nostra Associazione. Certo,mancano purtroppo quelli che giunge-vano da più lontano, e manca addirit-tura – anche se giustificato – il presen-zialista novant...enne Tesoriere BeppeMattiotto. Tuttavia non ci scoraggiamoe restiamo in attesa di Don Lino Pianoche, eletto Superiore Generale dellaPiccola Casa lo scorso settembre, vieneper la prima volta a conoscere i nostrisoci e a celebrare per noi. La SantaMessa, servita dal solito Tarcisio esolennizzata anche quest’anno daicanti sacri delle ex allieve, accompa-gnate al l’or gano da Suor Imma colata,registra una chiara e dotta omelia diPadre Piano che cattura lagenerale attenzione offren-do a tutti spunti di riflessio-ne e di meditazione. Al ter-mine della funzione, scatta-ta da Mirella Montini unafoto con coloro che nonhanno fretta di disperdersi,si dà inizio all’assembleaalla quale partecipano,oltre a Padre Lino, ancheDon Roberto Provera, D i -ret tore responsabile delperiodico “In contri”, Don CarloCarlevaris, Di rettore onorario delmedesimo, e Padre Francesco Ge -mello, storico Assistente Ecclesiasticoamico di tutti. In apertura ilPresidente, pur discettando di variargomenti, non riesce a sottrarsi dalmanifestare ancora una volta la solitapreoccupazione per la possibile gra-duale estinzione del nostro sodalizio,ribadendo però la fiducia che la DivinaProvvidenza voglia comunque evitaretale spiacevole evenienza. Cede quindila parola a Padre Piano che fornisce lesempre attese e gradite notizie sullavita e sulle attività della Piccola Casa,

inno alla gioia. Il pranzo registra unentusiastico apprezzamento per lapresentazione e il numero delle porta-te, per la raffinatezza e i gusti preliba-ti degli alimenti, oltre che per l’inap-puntabile servizio (Suor Maria Piadovremmo nominarla socio onorariodel nostro sodalizio!). L’agape frater-na è il momento che fa esplodere,come al solito, la sincera gioia di tutti:è il momento clou della socializzazio-ne, il momento più atteso per richia-mare comuni indimenticabili ricordi,per dare ed acquisire notizie, per con-fidare le proprie gioie (che belloquando spuntano le foto dei nipoti-ni...), per condividere le amarezze, persostenere le speranze, per dimostrarevicinanza, per rinverdire l’amicizia...È il modo più bello e più gradito diconcludere una giornata che ci haconsentito di tornare per qualche orain quella Pic cola Casa alla quale con-

tinuiamo a sentirci partico-larmente legati e che, ognianno, ci accoglie con grandeaffetto e generosità, aiutan-doci a ricaricare quello spi-rito cottolenghino di cuivogliamo continuare ad es -sere modesti testimoni.Deo gratias!

Dante Notaristefano

soprattutto nelle lontane missioni e lofa in modo così garbato e simpatico dacreare con tutti quel feeling che carat-terizza un rapporto quasi di... amicizia.Seguono applauditissimi gli interventidi Don Roberto, di Don Carlo e diPadre Gemello, oltre a quelli di alcunisoci, tra i quali la Vice Presidente AnnaTeresa che continua a profondere il suoimpegno per ogni nostra iniziativa.Fissata infine per domenica 9 dicem-bre la tradizionale Festa della Fa -miglia nell’imminenza delle festivitànatalizie, giunge l’ora del pranzosociale e, mentre nella mia mentetorna il nostalgico ricordo di quando– ancor prima della fusione con lefamiglie femminili – le tavolate ospita-vano oltre cento commensali e i localinon bastavano mai, si converge tutti,anche se in numero... un pochino in -feriore, nella sala stupendamente egraziosamente allestita che sembra un

Associazione ex-allievi e amici del CottolengoVia Cottolengo 14 - 10152 Torino

10 giugno 2012 - CONVEGNO ANNUALE

Domenica 9 dicembre prossimo, alle ore 16, si terrà la tradizionale Festadella Famiglia. Lʼincontro avverrà, come negli ultimi anni, nel locale sotto laChiesa Madre. Oltre al solito scambio di notizie sulla vita del lʼAs sociazionee sulle novità della Piccola Casa, si affronterà lʼargomento del Conve gnoannuale per il 2013 e se ne fisseranno la data e le modalità di svolgimento.Sarà un piacevole momento di festa per i partecipanti e lʼoccasione per por-gere gli auguri in vista delle imminenti festività natalizie a tutti i superiori ealla comunità della Piccola Casa.

IL PRESIDENTE Dante Notaristefano

Associazione ex allievi ed amici del Cottolengo

FESTA DELLA FAMIGLIADomenica 9 dicembre 2012 ore 16,00

È ARRIVATO ALLA METAMARIO SUCCA fu alun nodella Famiglia dei Tom masini(il Seminario interno dellaPiccola Casa della Divina Prov -videnza in To rino) dal 1° otto-bre 1949 al 3 luglio 1953. èstato un attivo collaboratoredella Famiglia Tom masini,quan do anche il figlio Ezio neera alunno, prendendo sempreparte ai ritiri spirituali per igenitori. Lo ricordiamo conaffetto insieme con la dilettamoglie Anna e il caro don Ezio.

BONSIGNORIGALDINONato a Milano nel 16 giugno1934, sposato con Anna graziaDe Gonda, è stato per anni vo -lontario della Piccola Casa dellaDi vina Prov videnza, fondatoredella Cro ce Ros sa a SettimoTo rinese e volontario al Cot to -lengo dal 1985. Nipote della

superiora della Fa miglia delle Cla rine Sr. MichelinaCamponovo, si è spento il 9 maggio del 2012.

LETIZIA SIMONELLOIl 9 giugno scorso, stroncata nel giro di soliventi giorni da un male incurabile, è dece-duta a 68 anni Letizia Simonello, ex orsoli-na, che viveva a Seveso con il marito e lefiglie Sonia e Simona. Era una persona mol -to attiva, amava la vita ed era impegnata

nel sociale. Tutti, ma soprattutto noi ex orsoline sue compagne,ci sentiamo vicine alla famiglia con sincero affetto e con la pre-ghiera.

Anna Teresa

FRANCESCO CONSIGLIO ORA È LASSÙFrancesco era entrato nella Piccola Casa,ignaro, quel giorno del 1973 in cui l‘amicosordomuto l’aveva quasi di forza, condotto con sé. Si trovò inserito nei “volontari“ senza saperlo e senza volerlo...“è arrivato di provvidenza” diciamo noi! Eppure, forse, proprio per questo, egli divenne una roccia forte e salda,su cui una zolla fertile (la sua anima) assorbì i principi della spiritualità cottolenghina appieno, e diede frutticopiosi e buoni. Le cose andarono così: Francesco lavorava in Rai-Tv. Era arrivato a Torino dal profondo sud e,nemmeno sapeva dell’esistenza del “Cottolengo“. Sul lavoro aveva trovato un collega sordomuto che lui subitoagganciò: voleva imparare la mimica per comunicare con lui che vedeva isolato ... Costui dopo un po‘ di tempo,trovò Francesco pronto per fare qualcosa di buono qui dai nostri amati Buoni Figli ove lui veniva il sabato pome-riggio a “fare i bagni”... Aiutava l’allora responsabile Fr. Matteo, perciò un sabato decise e comunicò a Francesco

che all’uscita dal lavoro doveva andare con lui. Detto fatto! Non sentì ragioni. Francesco gli diceva: “Non posso, ho famiglia con duefigli piccoli che mi aspettano; se posso voglio fare un po‘ di “straordinari...”. No, di brutto, con decisione lo portò al “Cottolengo”!Arrivati alla Sacra Famiglia, mentre Fr. Matteo si rallegrava col sordomuto per il dono del nuovo volontario, Francesco zitto, guarda-va e attendeva come si sarebbe conclusa la questione. Fu fatto cambiar d‘abiti e preparare per fare i bagni... Fr Matteo lavorava incoppia col sordomuto. Francesco avrebbe atteso l‘arrivo d‘un altro fratello volontario.Questi arrivò salutando con un sentito, umile“Deo gratias! Sia lodato Gesù Cristo!” Chi era? Fratel Luigi! Così per tanto tempo Francesco venne il sabato dai Buoni Figli e lavoròcol futuro beato Fr. Luigi Bordino, che lo istruì per non fare né farsi del male spostando ragazzi di peso notevole... Poi le sue presta-zioni aumentarono, perché fu sempre più inserito nella vita e nello spirito della Piccola Casa. Lavorò con don Tranquillo per incaricodi D. Lino Piano alla revisione, pulitura e schedatura delle numerose Reliquie del nostro Santuario. Entrato a far parte dell’OFTAL siprodigò per favorire il pellegrinaggio a Lourdes dei nostri malati, ricoverati e suore. Queste le faceva inserire gratis (partecipavano aspese dell’OFTAL, che ringraziamo!). Ne beneficiarono molte: suore di tutte le età, ma specie quelle che mai erano andate da nes-suna parte. Ciò diede a molte vera consolazione spirituale. Per molti anni fece pure il cicerone-guida per quei gruppi che visitano laPiccola Casa. (Amico del Cottolengo, promessa nel 2004). Francesco dunque spese la sua vita direi in pienezza umano-cristiano-cot-tolenghina-mariana. Fu un cristiano che realizzò appieno l‘ideale che il Concilio aveva previsto per i laici impegnati nella Chiesa. Eraanche un uomo di preghiera. Ho avuto modo d‘osservarlo a lungo durante un pellegrinaggio a Lourdes. Sia in treno che là in quellaterra benedetta, Francesco era immerso nella preghiera. Si vedeva dal come trattava noi pellegrini, malati e sani, e i colleghidell‘Oftal. Aveva una semplicità disarmata e disarmante, sorrideva sempre in modo buono mentre comunicava con te. Direi che erasempre meno umano e più spirituale... Ultimamente a una suora del centralino che gli chiedeva notizie della sua salute, rispo-se: “Presto vado a vedere la S. Madonna!”. Fu profeta, una settimana dopo era lassù. Visse sempre così: cosciente di Dioe memore del Cielo, certo che la “scorciatoia” per raggiungerlo presto e in modo sicuro è la S. Madonna. Deo Gratias!

Torino, 12/7/2012, sr. L. M.

Paradiso...

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corpo, ma anche per la loro fra-gilità interiore, alla fine si ècostretti a confrontarsi con essa.Nella vita mi sono accadute rarevolte di entrare in contatto con lasofferenza. La società odierna spesso ci deviadal pensare a tutti quegli uominila cui esistenza è, invece, caratte-rizzata dal dolore, perché già natiin condizioni fisiche o mentalisvantaggiate, o perché eventisfortunati gli hanno travolto lavita. Tutte queste persone sonospesso relegate ai margini dellasocietà o sono esse stesse che,piano piano, s’isolano. Le condi-zioni di svantaggio, con la soffe-renza che ne consegue, spesso,infatti, possono impedire a unuomo di svolgere qualsiasi tipo dilavoro, possono allontanarlo dal -la famiglia, fino a ridurlo a viverein strada e a perdere un postonella società.Grazie all’esperienza che ho vis-suto a Torino, nell’ambito delCottolengo, ho visto come unapersona sofferente, attraversol’aiuto e il sostegno di altri uomi-ni, può ritrovare il suo postonella società, la sua dignità, i verivalori dell’esistenza e imparare avivere serenamente anche la suacondizione di svantaggio.Queste istituzioni, costituite dauomini che hanno deciso diimpegnare la loro vita nel servi-zio al prossimo in difficoltà, rie-scono a compiere veri e propri

miracoli di cui io ora mi sentotestimone. …Ho conosciutoper sone, con gravi handicap fisi-ci, capaci di vivere la loro condi-zione senza angoscia poiché,grazie all’azione di volontari esuore, hanno scoperto comevalorizzare la loro vita e realiz-zarsi nel lavoro e nelle varie atti-vità che sono quotidianamentesvolte nella Piccola Casa dellaDivina Provvidenza. Ho sentito la forza dell’Amoreche spinge tanti uomini a servirevolontariamente poveri, malati edeboli, con tanta dedizione egenerosità, poiché riescono avedere in quelle persone, che noispesso ignoriamo, Gesù Cristo.Ho capito che la vita di ogniuomo ha un valore smisurato, in -differentemente dal fatto se civeda o ci senta, dalla sua intelli-genza o dalla bellezza e che sipuò, anche nel proprio piccolo,impegnarsi per aiutare i nostrifratelli in difficoltà; si può, ed èbene, donare tempo e affetto alnostro prossimo sofferente e ciòche si riceve dall’aver donato èun tesoro incommensurabile.

Niccolò T., 3a G

PICCOLA CASA, UN LUOGODI SPERANZA…

Il viaggio a Torino è statoun’esperienza forte, dove si sco-pre quanto in ogni realtà, anchequella della città moderna e

T e s t i m o n i a n z e30 I n c o n t r i 31

Il Liceo scientifico G. Galilei diTrieste da alcuni anni, nell’ambi-to del progetto di offerta formati-va dell’Istituto organizza un viag-gio-studio a Torino per conoscerele realtà del “Cottolengo”. Pro -poniamo alcune delle riflessioniche i giovani ci hanno inviato.

HO CAPITO COSA ÈVERAMENTE IMPORTANTENELLA VITA…

Lo stage organizzato ha soddi-sfatto e ampliato le conoscenzedi noi ragazzi. Un’altra realtàvisitata è stata la “Piccola Casadella Divina Provvidenza” omeglio conosciuta come “Cot -tolengo”. Qui suor Milvia ci hafatto incontrare varie persone,con diversi problemi fisici omentali, che passano il tempofacendo varie attività: laboratorimusicali, magnifici lavoretti chepoi vengono venduti ai mercati-ni, laboratori teatrali… AlCottolengo, vedendo le condi-zioni nelle quali alcune si trova-no e, nonostante ciò, non molla-no mai, ho finalmente capitoquanto sia fortunata: prima ditutto perché godo di buona salu-te, secondo perché ho accantopersone che mi aiutano, terzo misono resa conto che tutte le cosedelle quali mi lamento sono futi-

li e quarto di quanto sia impor-tante la vita. Suor Milvia, nell’il-lustrarci la struttura, mi è sem-brata così serena e felice di esse-re al servizio dei bisognosi tantoche per un attimo ho invidiato ilsuo stile di vita. Il ritorno dalla“Piccola Casa” a Rivoli, doveeravamo alloggiati, è stato piùsilenzioso del solito, perché tuttinoi ripensavamo a ciò che abbia-mo vissuto quel giorno, però neinostri occhi si poteva notaretanta serenità per aver capitoche cosa è veramente importantee che cosa no. Credo che, duran-te il viaggio di ritorno a Trieste,sia stata molto più felice diquanto non lo sia stata alla par-tenza. Consiglio a tutti di farequeste esperienze.

Alessia M., 4a B

AL PRIMO POSTOLA PERSONA!

Al Cottolengo la cosa che mi hapiù colpito è il modo con il qualei volontari, le suore e i “fratelli”

si rapportano con gli ospiti dellaCasa: mettono sempre al primoposto la persona che si trovadavanti e non i suoi problemi.La Piccola Casa è un posto dovele persone, che a noi possonosembrare le più sfortunate, sonoin realtà le più felici, perchéhanno riscoperto, nell’amore enell’affetto di chi le circonda, lagioia di vivere. Vedere questepersone che, nonostante i loroproblemi, si sono rialzate e ades-so camminano a testa alta, orgo-gliose del “poco” che la vita hadato loro perché spronate dal-l’amore di chi sta loro vicino, miha fatto pensare e ho capitoquante cose la vita mi abbia datoe quanto poco io sia riuscita avalorizzarle finora. Per questoconsiglio a tutti di fare un’espe-rienza simile, almeno una voltanella vita, perché mi ha fattocapire quanto importanti sianole persone e mi ha fatto vedere lavita, e gli altri, sotto una lucediversa.

Chiara P., 4a B

A CONFRONTO CON LASOFFERENZA UMANA…

La sofferenza è imprescindibiledalla condizione umana. Essa èprofondamente legata all’esi-stenza degli uomini che, perl’inevitabile deperibilità del

BRICIOLE DI CARITÀBRICIOLE DI CARITÀ

ricca come Torino (ma anchecome Trieste e, credo, moltissi-me delle città italiane), ci sianoproblemi che sono ormai radica-ti, ma di cui la maggior partedella gente non si occupa. È valsa la pena di avvicinarsi atali problemi, già conosciuti, maassolutamente mai presentati inmaniera così evidente, ma anco-ra di più alle persone che volon-tariamente cercano di risolverli.Durante la settimana trascorsa aTorino, infatti, non abbiamosemplicemente visitato case diaccoglienza o parlato con i vo -lontari, ma ci siamo piuttostoconfrontati con persone che cihanno parlato con sentimento epassione, ma anche decisione. Al Cottolengo, per esempio, glistessi accolti hanno accolto noi,ci hanno parlato delle loro espe-rienze; ed è stato bellissimocome loro siano riusciti a tra-smetterci la voglia di vivere dicui davvero erano pieni. Il Cottolengo non è, infatti, soloun luogo di malattia, ma soprat-tutto una sede di speranza, dovei malati sono assistiti non solonella loro malattia, ma soprattut-to nel riuscire a esprimere le lorocapacità, dove gli è ricordato chela dignità è per tutti.

Lucrezia L., 5a C