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© G. B. Palumbo & C. Editore S.p.A. Palermo

Periodico semestrale

Autorizzazione del Tribunale di Palermo n. 9 del 5 febbraio 2008

Direttore• Antonio Brusa

Università di Bari

Vicedirettore• Luigi Cajani

Università di Roma “La Sapienza”

Vicedirettore e direttore responsabile• Alessandro Cavalli

Università di Pavia

Art Director• Federica Giovannini

Redazione• Giancarlo Biscardi redattore• Laura Lombardini redattore• Daniela Mariani videoimpaginazione• Silvia Pacchiarini videoimpaginazione• Maria Angela Binetti segreteria di redazione

Progetto grafico Federica GiovanniniComposizione Fotocomp - PalermoStampa Stiav s.r.l. - Firenze

Amministrazione e pubblicitàvia B. Ricasoli, 59 - 90193 Palermotel. 091 588850fax 091 6111848

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L’Editore ha cercato di reperire tutte le fonti delleillustrazioni, ma alcune restano sconosciute.L’Editore porrà rimedio, in caso di segnalazione,alle involontarie omissioni e agli errori neiriferimenti.

Referee• François Audigier

Università di Ginevra• Anna Beltrametti

Università di Pavia• Jerry Bentley

Università delle Hawaii, Honolulu• Yang Biao

Università di Shanghai• Marcello De Cecco

Scuola Normale Superiore, Pisa • Tommaso Detti

Università di Siena• Patrick J. Geary

Università della California, Los Angeles• Marat M. Gibatdinov

Institute of History Academy of Sciences of Tatarstan, Kazan

• Vincenzo GuarrasiUniversità di Palermo

• Charles HeimbergUniversità di Ginevra

• Mostafa Hassani Idrissi Università di Rabat

• Teresa IsenburgUniversità di Milano

• Lutz KlinkhammerDeutsches Historisches Institut, Roma

• Christian LavilleUniversità Laval, Québec

• Mario LiveraniUniversità di Roma “La Sapienza”

• Paolo MalanimaIstituto per la Storia del Mediterraneo, Napoli

• Arnaldo MarconeUniversità di Udine

• Henri MoniotUniversité Paris 7

• Massimo MontanariUniversità di Bologna

• Eyal NavehUniversità di Tel Aviv

• Falk PingelGeorg-Eckert-Institut, Braunschweig

• Francesco RemottiUniversità di Torino

• Maria RepousiUniversità di Salonicco

• Saverio RussoUniversità di Foggia

• Alberto SalzaMuseo di Etnografia ed Antropologiadell’Università di Torino e National Museumsdel Kenya

• Giuseppe SergiUniversità di Torino

• Rafael VallsUniversità di Valencia

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rivista semestrale

anno I

numero 1

gennaio-giugno 2008

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mundusnumero1sommario6 Editoriale

Antonio Brusa

10 Nebulosa precontemporanea: quale materia prima per operatori culturali?Giuseppe Sergi

14 La formazione dell’insegnante di storia nelle SsisAndrea Zannini

15 CORRIMANO La polemica in Spagna sull’educazione civicaRafael Valls

22 Mezzo secolo di conflitti tra gli autori dei manuali scolastici e lo Stato giapponese: una nuova fase?Masao Nishikawa

23 CORRIMANO Un manuale di storia franco-tedescoAlessando Cavalli

27 La storia nelle Indicazioni per il curricolo della scuola primaria del 2007.Un panorama di commenti

37 CORRIMANO I nuovi manuali di storia in Grecia.Cronaca di una guerra ideologica sul passato nazionaleMaria Repousi

48 1 A che serve la storia Mario Liverani

53 2 Le questioni socialmente vive e l’apprendimento della storiaCharles Heimberg

62 3 La storia mondiale nella scuola statunitense: nuove prospettive per l’Advanced PlacementLawrence Beaber

67 4 L’Europa censura gli storici. La ricerca storica fra guerre della memoria e diritto penale Luigi Cajani

74 IL NEOLITICO. LA PRIMA GRANDE TRASFORMAZIONE a cura di Massimo Tarantini

76 Perchè il Neolitico a scuolaMassimo Tarantini

Il Neolitico a scuola78 1 Il Neolitico nei manuali scolastici di storia

Massimo Tarantini84 2 Archeologia sperimentale e didattica della Preistoria

Mario Iannone, Sandra Sivilli

Visioni d’insieme88 3 Noi figli del Neolitico

Jean Guilaine90 4 Il Neolitico: una prospettiva globale

Francesca Giusti100 5 Il Neolitico: una prospettiva africana

Stefano Biagetti 106 6 Il Neolitico in Italia

Vincenzo Tinè

Aspetti biologici della trasformazione neolitica120 7 Come ricostruire la transizione neolitica attraverso l’analisi di biomolecole antiche

Oliver E. Craig, Olga Rickards

mqmundusquestioni

mrmundusricerche

mdmundusdossier

memunduseditoriale

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124 8 Le malattie umane all’alba del Neolitico. Come gli scheletri neolitici testimoniano l’esistenza di nuove malattieJean Zammit

133 9 Il significato nutrizionale della transizione neolitica nell’evoluzione umanaGiuseppe Rotilio, Eliana Marchese

Vita quotidiana e cultura materiale138 10 La macinatura dei cereali. Aspetti tecnici e sociali

Barbara Zamagni 144 11 La prima ceramica

Italo M. Muntoni 151 12 La tessitura nel Neolitico

Marta Bazzanella156 13 Sciamani e cavalli volanti. Riflessioni sull’arte rupestre

Alberto Salza

164 Piccola bibliografia ragionataMassimo Tarantini

166 1 Storia e videogiochi. Un’analisi didatticaJosé María Cuenca López

173 2 Conoscere e studiare i rispettivi racconti storici secondo il progetto del PRIMESami Adwan, Dan Bar On

186 3 La Storia dell’altro. Una pratica di ricerca educativaAnna Bastida, Santiago Lugo, Miquel Rocasalbas

193 4 Tra i banchi. 1946: il voto alle donneAurora Del Monaco

202 5 Sul buon uso del cellulare: giocare nel sito archeologico di EgnaziaAntonio Brusa, Valentina Sepe, Maria Corallo, Carmelo Ardito, Rosa Lanzilotti

210 Eustory - Una storia senza confini Alessando Cavalli

213 Quaderni di scuola. Una fonte per la storia delle culture scolastiche e dei costumi educativi tra Ottocento e NovecentoRossella Andreassi

216 XVI Conferenza annuale della World History AssociationJerry Bentley, Ralph Croizier

218 Fra storiografia nazionale tatara e storiografia federale russa: un convegno a Kazan Marat M. Gibatdinov, Mieste Hotopp-Riecke

222 1 T.E.A.C.H. - Teaching Emotive And Controversial History 3-19 [ Mary Woolley ]223 2 I videogiochi di Storia [ Elena Musci ]228 3 Armi, acciaio e malattie, dal libro allo strumento multimediale [ Elena Musci ]230 4 P. Falteri, “Ho visto i buoi fare il pane”. L’immagine del mondo agricolo

nei libri di testo della scuola primaria [ Laura Rizzo ]230 5 A. R. Vizzari, Laboratorio archeologia. Ricerca, classificazione, manualità [ Laura Rizzo ]230 6 Evoluzione, preistoria dell’uomo e società contemporanea [ Laura Rizzo ]231 7 Documenti della scuola tra passato e presente. Problemi ed esperienze di ricerca per

un’analisi delle fonti [ Clara Perego ]

232 La Società Internazionale per la Didattica della Storia Elisabeth Erdmann

mlmunduslaboratorio

mpmunduspanorama

mbmundusbiblioteca

msmundusstrutture

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Negli ultimi decenni gli storicihanno progressivamente presocoscienza dell’importanza cheil rapporto fra produzionescientifica e conoscenza diffusa

assumeva, proprio in un periodo di intensicambiamenti. Frutto di questaconsapevolezza è il notevole incremento distudi sul tema dell’uso pubblico della storia.Per contro, un’attenzione minore è statariservata, specialmente in Italia, a unsecondo versante del rapporto fra storia esocietà: l’insegnamento della storia.

Eppure, la rilevanza sociale che oggi investequesto tema è testimoniata dal fatto che,nell’ultimo ventennio, molti Stati hannocambiato i programmi di insegnamento e avolte, come nel caso dell’Italia, in unasuccessione tormentata di riforme. Sonotornate di dominio pubblico questioni che amolti apparivano risolte definitivamente, inun patto secolare fra scuola, storia eformazione, nel quale la memoria,l’appartenenza ad una comunità, la lealtàcittadina, l’identità e l’adesione a unatradizione, le ritualità della collettivitàapparivano consolidate dall’uso, e non piùin discussione. Con sempre maggiorconvulsione tali questioni sono venute allaribalta, in dibattiti che non di rado hannodiviso la società, hanno acceso controversiepolitiche e, sempre più frequentemente,anche il dibattito mediatico.

Negli ultimi due decenni, ancora, le“difficoltà” di chi insegna storia sonodiventate più evidenti e diffuse. Nonriguardano più soltanto situazioni di rischioe specifici ordini di scuole. Ma dai licei agliistituti professionali, dalle elementari alle

università, figure di insegnanti diverse (il maestro formato presso Scienze dellaFormazione e il professore laureato nei corsidi laurea di Lettere e di Storia) sonoprogressivamente accomunate da un elencodi impedimenti e di ostacoli, che si allungacol passare del tempo: difficoltà di lettura,di comprensione di testi e di problemi,disaffezione verso la disciplina,la sua progressiva marginalizzazione,l’impossibilità di orientarsi nel mare infinitodi questioni, immagini, conoscenze e notizie,che caratterizza la nostra società cognitiva.E, dalla fine del secolo scorso, sono entratinelle classi italiane i temi dirompentidell’intercultura e della mondializzazione. Èimprovvisamente diventata una questionepolitica, a volte perfino di politicainternazionale, quella che un tempo eraun’incombenza, da risolversi nelle sale deiprofessori: scegliere i “contenuti”, all’iniziodell’anno scolastico.

Come conciliare i racconti nazionali con ledimensioni che, da quella locale a quellamondiale, caratterizzano ormai l’universostoriografico del mondo? Come ridare “unitàdi senso” ad una narrazione storica cheappare sempre più frammentaria? Prodottodi una mediazione sapiente e complessa frala ricerca otto-novecentesca el’insegnamento storico, il “racconto storicodi base”, quella vulgata che costituisce lastruttura di fondo dei manuali e delleprogrammazioni scolastiche, non riesce adare conto della ricchezza e della varietà deiproblemi e delle narrazioni, che lastoriografia mondiale mette oggi in campo.Sentiamo tutti il bisogno di nuove sintesi,solide storiograficamente e efficaci dalpunto di vista didattico, ma sentiamo tutti il

Antonio Brusa

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munduseditorialepericolo che esse vengano realizzate nelleredazioni delle case editrici, o lasciateall’arbitrio delle amministrazioni statali oalla scelta dei singoli docenti.

La tradizione scolastica italiana avevaaffidato questo complesso di problemi allecure della riflessione e della praticapedagogiche. L’insufficienza di questasoluzione ha spinto, nell’ultimo mezzosecolo, un’intera generazione di docenti – a volte in forme spontanee, a volte dentrol’associazionismo professionale – a cercarestrumenti efficaci di lavoro. Si è fondata, inItalia, quella che possiamo chiamare una“didattica dal basso”, al cui attivo ascriviamouna produzione non trascurabile e unimpegno notevole nell’aggiornamento inservizio. A questa riserva di sapere didattico,qualche volta, le Scuole di Specializzazioneall’Insegnamento hanno attinto, per idee,materiali e anche docenti di supportoall’attività di formazione. Le stesse Scuole,dal canto loro, rappresentano unadiscontinuità nella storia delle Universitàitaliane, dal momento che pongono per laprima volta la questione della didattica dellastoria come disciplina universitaria. Unanovità che richiede una forte apertura allericerche didattiche internazionali.Infatti, nel resto del mondo – eparticolarmente in alcune nazioni, fra lequali Germania, Francia, Inghilterra eSpagna –, la didattica della storia si èconfigurata, a partire dagli anni ’60 delsecolo scorso, come una branca delleScienze Storiche, che indaga sulla storiadell’insegnamento della storia, daiprogrammi ai manuali; si occupa diquestioni tecniche, come la produzione distrumenti didattici, ma anche di problemi

teorici, quali lo studio della coscienzastorica, del canone delle conoscenzestoriche o delle finalità dell’insegnamentostorico; studia, infine, l’impatto sociale delladisciplina, le sue modalità diapprendimento, l’attrezzatura mentale delpensiero storiografico. In questa pluralità diinteressi, la didattica della storia confinacon diversi campi disciplinari: lametodologia e l’epistemologia storiche; lescienze sociali e la geografia; le scienze psicologiche,pedagogiche e delle comunicazioni.

Questo è l’orizzonte di «Mundus». Definisceun territorio aperto a studiosi e lettoridiversi: dal docente universitario,all’insegnante di qualsiasi ordine e grado,allo studente delle Scuole diSpecializzazione, all’educatore o a una delletantissime figure professionali checontemplano l’utilizzazione sociale delsapere storico. «Mundus» non è solo unluogo di discussione e di problemi, ma vuoleessere anche un repertorio di strumenti e disoluzioni concrete, validate dalla ricerca, peril lavoro del docente. È giunto il tempo, ciauguriamo, che dalla “didattica militante”, sipassi, anche in Italia, ad una didatticastoriograficamente accreditata.Mundus era un luogo sacro, un pozzo alcentro di Roma, dove il cielo si congiungevacon la terra. Naturalmente destinato adiventare eponimo di ombelico, per unadelle metonimie più imprevedibili dellastoria è diventato il nome del pianeta. Aquesta dialettica fra locale e globale, sirichiama questa rivista, e del “mondo” cirammenta una profondità temporale, che è ilvalore distintivo del nostro mestiere, diinsegnanti e di storici.

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«Mundus» è organizzata in tre livelli:

La ricerca:Mundus Questioni e Mundus RicercheQuestioni è la rubrica che apre la rivista:presenta una rassegna di dibattiti e diproblemi intorno all’insegnamento dellastoria che hanno investito la vita politica,sociale e culturale, italiana e mondiale. Ilmodo specifico con il quale gli studiosiaffrontano tali questioni è costituito dallaricerca. Per tale motivo, immediatamentedopo le Questioni, «Mundus» proponeRicerche: saggi attraverso i quali siconsegnano al pubblico le risposte che laricerca storico-didattica, italiana einternazionale, ha elaborato per affrontare inumerosi problemi dell’insegnamento.

La didattica:Mundus Dossier e Mundus LaboratorioLe discussioni e le ricerche specialistichehanno un obiettivo sicuro: insegnare storia inmodo più efficace. Questo obiettivo siconcretizza nella produzione di strumenti dilavoro. «Mundus» ne offre di due tipi. Il primoriguarda gli argomenti di studio (il Dossier).Questa sezione prende in esame i temi topicidell’insegnamento e, per ciascuno di essi, divolta in volta, una sorta di “manualemodello”, nel quale un gruppo di storici e distudiosi offre dei materiali utili per prepararela lezione, o direttamente utilizzabili inclasse. La seconda sezione didattica,

Laboratorio, è prettamente metodologica: sioccupa dell’uso del manuale, dei laboratorididattici, dei media, del territorio, diintercultura, di tecniche di insegnamento ecosì via. Propone discussioni di metodologia,ma anche strumenti.

L’informazione:Mundus Panorama, Mundus Biblioteca,Mundus StruttureLa prima rubrica (Panorama) racconta deiconvegni, delle mostre e delle iniziative ingenere (dagli spettacoli ai concorsi) diinteresse storico didattico; la seconda(Biblioteca) presenta, di volta in volta, laproduzione storico didattica italiana emondiale. La rivista si chiude conStrutture, la presentazione di un’istituzioneconcreta (un’associazione, un istituto, unarivista) per sottolineare l’idea che ladidattica della storia è un interesse stabilee concreto nel mondo della ricerca edell’insegnamento.

Nel prossimo anno, con il suo terzo numero,«Mundus» sarà affiancata da una edizioneon-line, che curerà in particolare i rapporticon i lettori, i dibattiti e la produzione dimateriali di insegnamento, la messa in retedi convegni e i legami con associazioni,scuole, e le relazioni con altri siti dedicatiall’insegnamento della storia.

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In questo numero

Mundus QuestioniSono cambiati i programmi della scuola dibase. «Mundus» avvia il dibattito concinque opinioni di esperti. Poi, in unapanoramica che dall’Europa va alGiappone, alla Grecia, alla Spagna,presenta un ventaglio significativo dellesituazioni/problema che caratterizzano oggiil difficile rapporto fra storia, politica esocietà. In particolare, per l’Italia, GiuseppeSergi interviene sulla mania dellerievocazioni storiche e Andrea Zannini, fa ilpunto sulla formazione storica nelle Scuoledi Specializzazione.

Mundus RicercheIl “sogno” di Liverani apre la rubrica saggidella nostra rivista. Come dovrebbe essereil manuale ideale, secondo un grandestorico dell’antichità. Le “questionisocialmente vive” sono temi che suscitanodiscussione e, a volte, anchepartecipazione emotiva nel mondo dellaricerca e nella società: ce ne parla CharlesHeimberg, dell’Università di Ginevra. LuigiCajani fa il punto sul rapporto fra storia,politica e giustizia penale in Europa.Lawrence Beaber, di Princeton, mostra unesempio di programma di studi americano.

Mundus DossierIl Neolitico è l’oggetto di questo primoDossier. Seguiranno nei prossimi numeri, larivoluzione industriale e la rivoluzionetelematica. Nei suoi primi tre numeri,

quindi, «Mundus» propone i materiali peruna periodizzazione di base. All’interno diquesta, gli insegnanti troveranno,successivamente, materiali per lo studiodel Medioevo, del Mediterraneo e così via.Questa rubrica si propone come una sortadi manuale ideale. Il dossier, realizzato daMassimo Tarantini, dell’Università di Siena,vede la partecipazione di una quindicina distudiosi di preistoria, italiani e stranieri.

Mundus LaboratorioIl laboratorio propone un tema caldissimo,quello dell’intercultura in una situazione diconflitto, dove insegnanti palestinesi eisraeliani stabiliscono un dialogo in vista diuna pace futura. Propone poi un esempiodi didattica concreta: come discutere estudiare in una scuola superiore dellastoria delle donne nel dopoguerra italiano,di Aurora Del Monaco del Landis (Bologna);e due modelli di didattica “nuova”: i giochiinformatici, curati da José M. Cuenca,dell’Università di Huelva, e una escursione-gioco in un sito archeologico, sperimentatae raccontata da Historia Ludens (Bari).

Mundus Panorama, Biblioteca e StrutturePanorama e Biblioteca forniscono notiziesu eventi e libri che hanno caratterizzato ildibattito storico didattico nel 2007/08; frale Strutture, invece, proponiamo la SocietàInternazionale di Didattica della Storia(ISHD), che raccoglie circa duecentostudiosi di tutto il mondo.

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La distinzione non ha confini cronologici, edè quindi valida anche per la storia contempora-nea, come ha magistralmente dimostrato MarcBloch nel suo La guerra e le false notizie, doveben risulta che una pratica pur onesta di raccol-ta delle testimonianze può allontanare dalla ri-c e rca della verità. Non c’è dubbio che storia ememoria appaiono due ‘generi’ inconfrontabilisoprattutto se ci si occupa di storia pre c o n t e m-poranea e, quindi, i terreni della “storia orale”non risultano percorribili. Esistono anche in que-

sto caso le versioni cosiddette tràdite del passa-to (cioè le leggende, le narrazioni popolari, l’eru-dizione fatta di ipotesi): tuttavia l’esperto sa chequeste versioni non devono – è vero – essereignorate (devono infatti essere analizzate in sécome prova di culture dotte o folcloriche di lun-ga durata), e tuttavia sono spesso da rimuove-re se lo scopo è un altro, cioè avvicinarsi allaconoscenza del frammento di passato a cui sivuole risalire.

Nella progettazione di un museo o di unamostra, com’è noto, occorre conferire efficaciaalla ricezione del suo messaggio, intro d u c e n d oo meccanismi di “conferma” di ciò che un visi-t a t o re più o meno confusamente già conosce,o p p u re altri e diversi meccanismi che stimolinola “meraviglia” rispetto a parti del passato chesono del tutto ignorate e, in quanto tali, stupi-scono. Molti musei locali sono criticati dagli sto-rici perché scelgono soltanto la prima e più fa-cile strada. I visitatori sono soddisfatti quandoosservano, per esempio, un utensile domestico,e possono dire di ricordarne personalmente unosimile presente o addirittura in uso nella casadei nonni: ma – obiettano gli storici – questanon è un’operazione formativa, non ‘insegna’,

Giuseppe Sergi

Nebulosap r e c o n t e m p o r a n e a:

quale materia prima per

operatori culturali?

La distinzione fra storia e memoria, benchiara agli storici di professione, illustrata

nei dettagli pratici e teorici da moltiesperti, è difficile da suggerire anche aipiù illuminati operatori culturali, ancheperché – quando hanno responsabilità

politiche locali – possono imporre lodevoliiniziative di conservazione del passatosolo in quanto riescano a dimostrarne

l’“utilità” a fini identitari e, più in generale,di “memoria” di una comunità.1

1 . Una prima ve rs i o-

ne prov v i s o ria e ri-

dotta di questo inter-

vento è stata pubbl i-

cata con il titolo Tra t-

tamento delle fo n t i

p re c o n t e m p o ra n e e

f ra storia e memori a,

in S p a z i o, m e m o ri a

ed identità in am-

biente urbano ( A t t i

del Convegno del Cen-

t ro di documentazio-

ne e Interpre t a z i o n e

S t o rica della Circ o-

s c rizione 3, 21-22 ot-

t o b re 2005), To ri n o

2 0 0 6 ,p p . 2 4 - 2 7 .

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mundusquestionisi limita a dare soddisfazioni. Un museo dellavita quotidiana è utile e ha valore proprio sesottolinea invece diversità e cronologie; se nonconferisce l’impressione sbagliata che esista unpassato tutto uguale fino alla rivoluzione indu-striale e poi un altro, di nuovo tutto uguale, fi-no alla rivoluzione tecnologica del Novecento.Si può obiettare che “sapere qualcosa” è meglioche non sapere nulla: ma se il “qualcosa” è sba-gliato è poi più difficile da rimuovere, e noi cene rendiamo ben conto nell’insegnamento uni-versitario (non a caso, su certi periodi del pas-sato, preferiamo studenti tabula rasa a studen-ti con una volenterosa cultura scolastica fonda-ta su pregiudizi).

Le fonti precontemporanee si prestano quin-di a sviluppare l’altro stimolo, quello della me-raviglia: scoprire che le piramidi egizie non era-no costruite da schiavi o che l’economia alto-medievale non era “chiusa” (né fondata sul ba-ratto) può sorpre n d e re e determ i n a re, di con-seguenza, prima un s u r p l u s di attenzione poiuna curiosità volta ad acquisire ulteriori infor-mazioni. Occorre, ovviamente, collaborazionefra le parti: l’esperto mette a disposizione le suecompetenze, fa da guida alla lettura della fon-te; l’operatore culturale deve tradurne gli esitisenza opporre resistenze che possono nascereda tradizioni locali consolidate o, anche, da in-t e ressi turistici. A chi organizza alcuni riti car-nevaleschi nati nell’Ottocento (ma con la pre t e-sa di ripro p o r re situazioni medievali) non fa pia-c e re divulgare la provata assoluta inesistenza diuno ius primae noctis medievale: eppure do-vrebbe farlo, pur mantenendo il suo carnevalee semplicemente sottolineando che il movimen-to popolare lì rievocato può essere pensato co-me reazione a un abuso signorile, non a un “di-ritto” consuetudinario.

Ma ci sono casi meno rimediabili. Mi è av-venuto di tenere una conferenza in un comunedel Torinese particolarmente fiero di essere men-zionato in un diploma dell’imperatore OttoneIII del 1001. In quell’occasione spiegai che illuogo di Giaveno era solo una delle trenta lo-

calità citate, che l’imperatore aveva fatto re d i-gere dal suo cancelliere il diploma sostando inun luogo lontanissimo (vicino a Civita Castella-na), che il marchese di Torino destinatario del-la conferma di un terzo dei suoi beni in Giave-no conseguì qualcosa che già aveva e che, so-prattutto, si vide garantita l’immunità di un suopieno possesso e non di un feudo: di conse-guenza, non aveva prestato alcun giuramentovassallatico (anzi, il marchese non era neppurep resente alla stesura del documento). La dimo-strazione non poteva piacere a un gruppo loca-le che, con la scusa di elevare il livello cultura-le degli abitanti, si prefiggeva di instaurare unarievocazione in costume in cui l’imperatore fos-se presente nel luogo, si occupasse soltanto diGiaveno e “investisse” solennemente il marc h e-se del presunto feudo, con tanto di cerimoniar a p p resentata, ovviamente, con scarsa adere n-za alla realtà rituale di quegli anni. Negli annisuccessivi la messinscena che non è neppurefolclorica (perché creata ex novo) si è sviluppa-ta e ha ricevuto il riconoscimento del CERS(Consorzio Europeo Rievocazioni Storiche), unente con sede a Venezia che non è dotato di al-cun comitato scientifico, che non è in grado die s e rc i t a re il benché minimo controllo di atten-dibilità e che, tuttavia, è citato con successo co-me credenziale per ottenere finanziamenti pub-blici. La mia dimostrazione è stata invece oscu-rata come una verità fastidiosa.

Del resto, perché ci si dovrebbe stupire? Ilcomune di Tonco, nell’Astigiano, è stato dove-rosamente avvertito da uno storico molto accre-ditato (Renato Bordone) di due errori di una suafortunata manifestazione in costume. Il rito delsacrificio di un tacchino non può essere medie-vale (come è noto i tacchini sono stati importa-ti dal nuovo mondo). Inoltre, il corteo con l’or-gogliosa esibizione di Gerardo, fondatore del-l’ordine gerosolimitano, come fosse nativo diTonco si fonda su una lettura sbagliata e un po’ridicola di una fonte: il cronista Guglielmo diTi ro dice “tunc (allora) hospitale regebat” e nonvuole affatto riferirsi alla località dell’Astigiano,

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ma dare solo un’indicazione temporale, poi vo-lutamente forzata da falsificatori di documentifra Cinquecento e Ottocento. Ebbene, gli am-ministratori locali prendono queste due re t t i f i-che come un’offesa, le ritengono di disturbo alturismo e proseguono come prima.

Sono casi minimi – su cui si può sorridere –di “invenzione della tradizione”. Questi esempihanno tuttavia il pregio sia di illustrarci la capil-larità locale di certe pro c e d u re di manipolazio-ne del passato, sia di farci assistere alla consa-pevole operazione deformante in diretta: senzadover risalire all’Ottocento, come è invece co-stretto a fare lo storico inglese Eric Hobsbawmquando si occupa della più ‘alta’ e impegnativainvenzione delle tradizioni nazionali.

Le strumentalizzazioni del passato lontanosono forse meno dolorose, ma non meno peri-colose politicamente di quelle della storia re-cente. Ogni comunità può scegliere, nel passa-to, come propria “età dell’oro” (concetto tecni-co usato dagli esperti di sociologia storica), unperiodo anziché un altro. È ben difficile chequella comunità scelga un periodo in cui nonera dominante e in cui non limitava libertà al-trui: quindi i Croati scelgono una certa età e iSerbi un’altra, Parma preferisce il secolo XI deiCanossa e Milano l’età viscontea (quando i Vi-sconti dominavano anche su Parma). Se tutti iconsorzi umani potessero ripro d u r re nel pre-sente la loro età dell’oro non basterebbe il si-stema solare a contenere le loro ambizioni. Ec-co perché il concetto stesso di identità è da giu-d i c a re pericoloso, da maneggiare con cura: perquesta ragione la storiografia professionale dif-fida dell’erudizione volta a celebrare “radici” e“glorie patrie”, mossa da amore per una terra enon per la verità. Meglio abbandonare del tut-to la nozione di identità (secondo i suggerimen-ti degli antropologi Francesco Remotti e MarcoAime) o almeno essere pronti ad analizzare“identità variabili” e a interrogarsi su quali mo-tivazioni spieghino la prevalenza, oggi, di radi-ci che si richiamano a una fase storica piuttostoche a un’altra.

I rischi ci sono, se pur in misura ridotta, an-che nella ricerca storica, mentre compie gradual-mente i suoi pro g ressi. Un certo modo “re g re s-sivo” di guardare al passato è in certa misura ine-vitabile (le domande dello storico nascono al-meno in parte dalla sua esperienza del pre s e n-te), ma non deve essere elevato a metodo, pernon cadere in deformazioni prospettiche per cuisi interpreta il passato più lontano come sempli-ce preannuncio di ciò che si è realizzato dopo.I medievisti, ad esempio, sanno bene che il mil-lennio medievale è per lo più immaginato, tut-to, come era nei suoi ultimi due secoli (quindicon la peste del 1348 e con le corti signorili, conle carestie e con i tornei, con i castelli re s i d e n-ziali e con gli addobbamenti cavallere s c h i ) .

È erro re da evitare con accorgimenti di tara-tura dei procedimenti interpretativi. Un esem-pio è fornito da Torino e dalla sua storia. Nes-suno avrebbe concepito (come invece hannofatto l’Accademia delle Scienze e l’editore Ei-naudi) un’opera in nove volumi sulla storia to-rinese se Torino non fosse quello che è statanell’ultimo secolo e mezzo. L’operazione in séè giustificata soltanto dal presente, perché dal-l’antichità alla prima età moderna Torino era de-mograficamente di peso scarsissimo. Poi la ri-c e rca è stata condotta correttamente, e ogni sin-gola fase è stata valutata in sé, senza pensare al“dopo”; gli storici coinvolti si sono comportati

come antro p o l o g i“nel tempo” (anziché“nello spazio”) pro n-ti a calarsi nella di-versità e capirla.L’accuratezza di que-ste pro c e d u re si èpoi in gran parteperduta nella sintesi

che è stata condotta, in occasione delle recentiOlimpiadi invernali, da Geoff rey Symcox e An-thony Cardoza, nella loro Storia di To r i n o ( s e m-p re di Einaudi): singolo volume che dichiara divoler essere un sunto dei nove precedenti, main realtà ne prescinde totalmente e non manca

Giuseppe SergiNebulosa precontemporanea: quale materia prima per operatori culturali?

Le strumentalizzazionidel passato lontano sonoforse meno dolorose, ma

non meno pericolosepoliticamente di quelle

della storia recente.

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di cadere – per le parti antica e medievale – inseri fraintendimenti (che non si possono gabel-l a re come espedienti comunicativi di una sto-riografia anglosassone che, invece, mai comenegli ultimi anni, nelle sue espressioni migliorista diventato tecnica e addirittura iniziatica).

Se torniamo, com’è doveroso, alla pre c e d e n-te grande opera – ma quanti operatori culturalie quanti insegnanti lo faranno, tentati com’è com-p rensibile dal singolo successivo volume? – sivede bene che un insediamento può avere “cen-tralità”, anche per molti secoli, pur senza averepeso demografico-produttivo. Con quei seri ac-c o rgimenti studiare Torino è servito a valorizza-re, attraverso la comparazione, Ve rcelli, Asti, ad-dirittura (e molto) Chieri. Un’operazione positi-va, dunque: con il rischio tuttavia di stimolaree ffetti negativi, come fastidiose rinfocolate fie-rezze provinciali di sedicente “cultura” di centriche oggi dal capoluogo si sentono trascurati. Suquesto non ci può essere ricetta rassicurante: lostorico fa il suo mestiere, se poi operazioni po-litico-culturali di dubbia legittimità ne sfruttanoi risultati può, al massimo, mettere in campo unpo’ di vigilanza. È più grave quando i risultati diquel mestiere sono del tutto ignorati.

Le difficoltà non sono poche, legate soprat-tutto alle difficoltà di collaborazione fra parti di-verse. Negli anni Ottanta la Regione Piemonte co-stituì un Comitato Alpi Occidentali – compostoda storici, archeologi e storici dell’università – perp ro m u o v e re la ricerca storica di qualità. L’idea eraquella di garantire un particolare accesso ai finan-ziamenti a quei progetti di ricerca che ricevesse-ro una sorta di “marchio di qualità” dal comitatodi esperti. Nessuno, nel periodo successivo, vol-le sottoporsi a questo giudizio. Fu un fallimentototale, il Comitato si sciolse perché risultò eviden-te che nessun locale (individuo o gruppo) inten-deva sottoporsi a quel tipo di contro l l o .

Ma torniamo ad aspetti propositivi. Un’altraimportante diff e renza fra passato e presente èlegata alla memoria dei luoghi e alla nozione dispazio. Più si va indietro nel tempo più i “grup-pi umani” hanno maggior peso rispetto alla no-

zione collettiva, in qualche caso istituzionale,dello spazio. Per i Longobardi la compagine deisudditi di un duca era ben più chiara dell’idea( p ressoché inesistente) dei confini spaziali delducato. Questo tipo di prevalenza, del tuttoestranea alla nostra cultura contemporanea, haancora sue manifestazioni nel tardo medioevo:ci sono casi di carte di franchigia concesse a unacomunità di cui si prevede anche l’eventualespostamento in altro sito. Ricerche storico-geo-grafiche recenti – non prive di aspetti pro g e t-tuali – lavorano sulla cosiddetta “memoria deiluoghi”: cioè su quanto i luoghi sono in gradodi trasmettere alla mentalità di chi (per sostitu-zione, aggiunta o stratificazione) via via in queiluoghi si insedia, creando una sorta di culturalocale condivisa anche quando manca una tra-dizione umana trasmessa per più generazioni.È ciò su cui ovviamente può lavorare la politi-ca locale che si propone di “cre a re” un’identi-tà, a fini di coesione sociale e di comune inve-stimento sulla tutela ambientale e artistica. Quil’identità inventata non sembra corrispondere aun’operazione né arbitraria né abusiva, perchéfa dei cittadini, con le loro diversità d’origine enei diversi spazi, i custodi di beni di valore in-discusso, sia che si tratti di tracce del passatopiù lontano o di archeologia industriale.

Lo storico precontemporaneo, dunque, met-te a disposizione non soltanto quello che sa sulpiano del contenuto,ma anche i delicatia c c o rgimenti esege-tici necessari perfonti come epigrafi,testi agiografici, cro-nache, statuti, verba-li dei consigli comu-nali, fonti giudiziarie,catasti, atti notarili, registri parrocchiali. Gli ope-ratori culturali – quando si propongono di va-l o r i z z a re il passato di una regione, di una città,di un quartiere – devono essere disponibili aun’operazione condotta insieme con gli esper-ti: “riscoprire” senza inventare.

mq

I rischi ci sono, se purin misura ridotta,anche nella ricercastorica, mentre compiegradualmente i suoiprogressi.

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Prudenza consiglierebbe di avventurarsi inuna simile operazione avendo qualche chia-rezza sul futuro, visto che a tutt’oggi non è da-to sapere del destino delle Ssis e della form a-zione degli insegnanti in generale. Ma non sitratta di una novità: anzi, la precarietà dellacondizione legislativa e l’incertezza sulla tra-s f o rmazione delle Ssis con cui si è lavorato inquesti anni sono forse il primo dato su cui ri-c h i a m a re l’attenzione. Se tuttavia, in questi an-ni, docenti e specializzandi hanno continuatoa lavorare senza dar troppa importanza a talecondizione di perenne instabilità, ora non èpiù possibile continuare così: nell’ultimo bien-nio i segnali di stanchezza e demoralizzazio-ne si sono moltiplicati, con effetti palesi sullad i d a t t i c a .

O l t retutto, le voci che si rincorrono indica-no segnali paurosamente contraddittori: sem-bra per il momento messa da parte l’ipotesi di

t r a s f o rmarle semplicemente in una laurea ma-gistrale, come previsto dalla legge 53 del 2003;si hanno notizie che l’opzione di concepire laf o rmazione iniziale dell’insegnante come untriplice percorso costituito da laurea, laure amagistrale ed altri 60 crediti non meglio defi-niti raccoglie allo stato attuale i maggiori con-sensi; nel frattempo, tuttavia, è in pieno svol-gimento un corso riservato (ex lege 1 4 3 / 2 0 0 4 ,D. M. 85/2005) indetto malauguratamente an-che per le classi di insegnamento attivate nel-le Ssis, che si trascinerà un lungo strascico dirivendicazioni e ricorsi. A tutto ciò si è aggiun-ta la decisione legislativa di trasform a re le gra-duatorie permanenti in graduatorie ad esauri-mento, vietando le stesse agli iscritti al primoanno della Ssis nel 2007-8.

Anche se ciò sarebbe di per sé più che suf-ficiente per consigliare di sospendere ogniconsiderazione di carattere generale, un altrocambiamento di grande importanza è in cor-so nella scuola italiana, con riflessi diretti an-che sull’insegnamento della storia: in questianni sta uscendo in massa dai ruoli attivi un’in-tera generazione di insegnanti entrati nella pro-fessione negli anni ’70. Una generazione cheaveva alle spalle una formazione culturale ma-gari tradizionale ma solida, con esperienza di-retta di una certa scuola nozionistica e tradi-

Andrea Zannini

La formazionedell’insegnante

di storianelle Ssis*

* Relazione pre s e n t a t a

alla Giornata di Studio

La storia fra uso pub-

blico e didattica o rg a-

nizzata dal Dipart i m e n-

to di Scienze umane

d e l l ’ U n i ve rsità degli

Studi di Fo g gi a ,Fo g gi a ,

29 gennaio 2007. R i n-

grazio il collega ed

amico Save rio Russo

per ave rmi invitato a

questa interessante oc-

casione di confro n t o .

1 . Penso ad esempio

a l l ’ i n c o n t ro org a n i z z a-

to nel 2001 dall’associa-

zione Reti Medieva l i

dedicato a Le Scuole di

specializzazione per

A nove anni dall’avvio del primo ciclodella Scuola di Specializzazione per

l’Insegnamento nella Scuola secondaria(Ssis) è forse possibile tirare un primo

bilancio dell’esperienza della Didatticadella storia in questo percorso di studi.

l’insegnamento secon-

d a rio (Ssis) e la didat-

tica della stori a, M i l a-

n o , 8 giugno 2001, re-

p e ribile al sito http:

/ / w w w. s t o ri a . u n i fi . i t / _

R M / ri v i s t a / a t t i / s s i s . h t m

,con alcuni intere s s a n t i

i n t e reve n t i : E .A rt i fo n i ,

Didattica unive rs i t a-

ri a , didattica per inse-

g n a n t i : appunti su un

b i e n n i o;F.S e n a t o re ,L a

fo rmazione degli inse-

gnanti di stori a . D i ffi-

coltà e ambiguità nel

ra p p o rto tra unive rs i-

tà e scuola;C . Di Giro-

l a m o , Il ruolo di tutor

nella Ssis. Nello stesso

2001 si intere s s ava di

insegnamento della sto-

ria nelle neonate Ssis

a n che la rivista on-line

dell’associazione degli

s t o rici dell’età contem-

p o ra n e a , la Sissco: G.

G re c o , I n s e g n a re a in-

s e g n a re la stori a : a p-

punti sull’esperi e n z a

della Ssis della To s c a-

n a, h t t p : / / w w w. s i s-

s c o . i t / p u bbl i c a z i o-

n i / a n n a l i / a n n a l e 2 / gre

c o . h t m; G. C ava d i , P.

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zionale (pre-’68, come si suol dire) e che è sta-ta protagonista delle esperienze di riforma erinnovamento didattico degli ultimi tre decen-ni. Una generazione, dunque, che univa co-noscenze disciplinari e sensibilità didattica.

Non si tratta, però, di un ricambio fisiolo-gico e re g o l a re, come è naturale avvenga intutti i corpi-docenti, ma di una sostituzione aranghi compatti, a colpi di 50 mila immissio-ni in ruolo all’anno,

un avvicendamento di prime linee degnodi uno scontro tra artiglierie leggere dell’etànapoleonica. Per cui l’insegnante di storia chetutti noi abbiamo in mente – e al quale tendo-no ancora per inerzia a rivolgersi gli speciali-sti di Didattica della storia – è ormai quasiscomparso dalle aule ed entro la fine del de-cennio di fatto non ci sarà più, sarà in merita-ta quiescenza.

Chi è, dunque, il nuovo insegnante, anzi,più facilmente, la nuova insegnante di storiadella scuola secondaria italiana del pro s s i m odecennio? Soprattutto nelle regioni del Nord,di una cosa si è certi: nella maggioranza deicasi è una specializzata Ssis.

Questa situazione fortemente instabile, siè detto, sconsiglierebbe qualsiasi bilancio an-c o rché provvisorio. Anche per questo, forse,se nei primissimi anni della vita delle Ssis si èmanifestato all’interno dell’università e del nuo-vo corpo-docente delle Scuole una pro p e n s i o-ne evidente a riflettere sulla nuova esperien-za di insegnamento della Didattica della sto-r i a ,1 ultimamente i commenti e i giudizi si so-no fatti più radi. Ma non è l’unico motivo: lastanchezza intervenuta ha fatto abbandonarealcuni toni eccessivamente entusiastici degliinizi e ha riportato in luce i limiti, oltre che gliindubbi pregi, di tale esperienza.

Per aff ro n t a re la questione della form a z i o-ne dell’insegnante di storia nelle Ssis è indi-spensabile partire ricordando il contesto en-t ro il quale le Scuole hanno cominciato ado p e r a re. Con la loro istituzione e il passaggiodella preparazione professionale degli inse-

mqLA POLEMICA IN SPAGNASULL’EDUCAZIONE CIVICA

Rafael Valls

difficile comprendere la virulenza con la quale una partedella società spagnola (la gerarchia ecclesiastica, il Partito

Popolare, conservatore, e l’insieme delle scuole private) hamanifestato la sua opposizione radicale al recente progetto diincludere l’educazione civica nell’insegnamento obbligatorio inSpagna. Questa materia è considerata usuale nella maggioranzadei paesi europei, dove viene spesso insegnata con il nome diEducazione civica o ai Diritti Umani. Generalmente, la suaintroduzione, non è stata accompagnata da dibattiti così accesi eradicali come quelli scoppiati in Spagna negli ultimi mesi.La Gerarchia cattolica ha dichiarato, tra l’altro, che questa materia«attenta alla libertà e alla fede cristiana»; «prevede una formadiretta di collaborazione con il male» e ha sostenuto che «coloroche vi si oppongono agiscono in nome del bene comune».Gli stessi concetti sono stati ripetuti dal PP e si è arrivati anche adaffermare che questa materia «è un insegnamento tipico fascista»,di stampo statalista e addottrinatore.Come queste citazioni mostrano, la polemica viene impostata contoni di opposizione frontale. Appare una battaglia contro gli altripartiti e contro le decisioni parlamentari sui programmi scolastici.Inoltre, si sostiene il diritto all’obiezione di coscienza e sisottolinea il problema della mancanza di assistenza degli alunni edelle aule nelle ore previste per il suo svolgimento.Tutto questo accade, nonostante il fatto che il programma dieducazione civica sia stato concordato con le organizzazioniimprenditoriali e sindacali, sopratutto con quelle di estrazionecattolica, le quali avevano già ottenuto l’eliminazione o la modificadi quegli aspetti del testo originale, che consideravano piùproblematici (in particolare modo quelli collegati alla vita, lasessualità e la famiglia).Attraverso questi accordi si era ottenuto che la parte piùimportante degli insegnanti cattolici avesse accettato la propostaministeriale, a condizione che i programmi, proprio per la loroimpostazione aperta e poco definita, permettessero nei manualiscolastici (come peraltro si era già visto nei manuali appenapubblicati negli ulitmi mesi) e nelle aule, spiegazioni diverse deicontenuti e che, per tanto, fosse possibile una trattazione degliargomenti anche in una prospettiva cattolica.Tuttavia, sia la Gerarchia sia il PP, con una posizione che apparefondamentalista, hanno boicottato dichiaratamente tutta laquestione e hanno attaccato questi patti, delegittimandone ifirmatari.Il governo, da parte sua, ha mostrato la sua volontà di mantenerela legge in vigore e ha deciso di non riconoscere gli studi di queglialunni che non frequenteranno le lezioni di educazione civica enon supereranno gli esami relativi. Dal canto loro, gli istitutiscolastici privati, quasi tutti cattolici e associati alla Federazionespagnola dei Religiosi dell’insegnamento, che ricevono moltifinanziamenti statali (a patto che non chiedano quote aggiuntiveagli studenti) sono stati messi in guardia sul fatto che potrannoperdere tali finanziamenti, se non rispetteranno le leggi.

È

corrimano

C o rra o ,S u l l ’ i n s e g n a-

mento delle discipline

s t o riche della Ssis di

Pa l e rmo (1999-2001),

h t t p : / / w w w. s i s s c o . i t /

p u bbl i c a z i o n i / a n n a l i / a

n n a l e 2 / c ava d i . h t m . S i

veda anche I n s e g n a re

s t o ri a . R i flessioni a

m a rgine di un’espe-

rienza di fo rm a z i o n e,

a cura di U.B a l d o c ch i ,

S . B u c c i a re l l i , S . S o d i ,

E t s ,Pisa 2002.

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gnanti all’università, accadde un fatto epoca-le. L’abilitazione all’insegnamento – cioè l’en-trata, per così dire, ufficiale nel mondo del la-v o ro – si spostava da uno spazio-tempo inde-t e rminato con il quale i docenti dell’universi-tà non volevano avere nulla a che fare, cioè ivari concorsi ordinari o riservati gestiti e con-t rollati in vario modo dal corpo insegnante e

dai sindacati, aduna sede in qualchemodo interna al-l’università, le nuo-ve Scuole di Specia-lizzazione, appunto.

Per coloro chea l l ’ i n t e rno delle fa-coltà umanisticheerano minimamentedisposti a tenere gliocchi aperti,2 r i s u l-tò allora palese una

realtà da lungo tempo, peraltro, assai nota: cheil primo sbocco lavorativo dei propri laure a t iera l’insegnamento. Una cosa assolutamentebanale, eppure quasi da tutti rimossa, cometestimoniavano (e testimoniano) anche i pro-grammi di storia dei corsi universitari. Essi na-scono dalle esigenze di ricerca e di gestionedel tempo universitario del docente, e nonpartono invece dalle esigenze di form a z i o n eculturale e disciplinare di un futuro laure a t oe insegnante. Così come gli ex corsi di laure ain storia e le attuali lauree magistrali in storia,la maggior parte degli insegnamenti universi-tari sembrano concepiti per form a re ricerc a-tori universitari, e questo soddisfa solo in mi-nima parte le necessità formative di chi andràad insegnare in una scuola media o superio-re .3 L’appello lanciato recentemente, ancorauna volta, da chi più di ogni altro si è battutoper rinnovare la formazione iniziale dell’inse-gnante di storia, «Se la storia come disciplinascolastica non è percepita come vitale e inte-ressante, ma noiosa e repellente, allora il pro-blema è quello della formazione degli inse-

gnanti. E la responsabilità ricade su di noi do-centi universitari»4 (Ivo Mattozzi), toglie tutta-via, almeno, ogni alibi a chi vuole continuarea non capire .

Non meno fredda è stata l’accoglienza ri-servata alle Ssis sull’altro versante: tutti i sin-dacati e buona parte del corpo docente uma-nistico, pur essendo tradizionalmente più vi-cini allo schieramento di centro-sinistra cheaveva dato il via a questa esperienza, dimo-strò un’ostilità considerevole non solo versotale percorso formativo – la qual cosa era le-gittima e per certi versi anche compre n s i b i l e– ma anche verso le prime leve di laureati einsegnanti precari che si iscrissero, magari con-t rovoglia, ai primi cicli Ssis (e questo è statoi n q u a l i f i c a b i l e ) .

Un altro elemento di partenza va ricorda-to: il ruolo subordinato che la storia, primadell’esperienza delle Ssis, rivestiva nella for-mazione dell’insegnante di materie umanisti-che. Lo dimostra un fatto emblematico. Con-temporaneamente all’avvio delle Ssis, nell’a.a. 1999/2000, si svolgeva infatti il rito epoca-le del concorso ordinario. Per i concorrenti al-l’abilitazione dell’insegnamento in Storia e fi-losofia nei licei la correzione dell’elaborato instoria avveniva solo per chi aveva già ottenu-to la sufficienza in filosofia; nella classe di con-corso per Discipline letterarie, poi, risultavaeliminata la tradizionale opportunità di opta-re per un tema di carattere storico.5

Quando si sollevano alti lai sulle conoscen-ze medie di storia degli studenti italiani que-sto fatto non andrebbe scordato: per decennila storia è stata considerata alla stregua di ungradevole e magari utile o p t i o n a l di cui l’inse-gnante di formazione letteraria o filosofica po-teva essere fornito. Nelle Ssis, quanto meno,è stata restituita pari dignità a questa discipli-na di cui tutti si affannano, a parole, a sotto-l i n e a re la centralità.

Per tutti questi motivi, il nuovo compitoaddossato alle università di form a re, attraver-so la Ssis, la preparazione storico-didattica del

Andrea ZanniniLa formazione dell’insegnante di storia nelle Ssis

degli insegnanti, « I t a-

lia contempora n e a » ,

191 (1993), p p . 3 2 9 -

3 3 3 , suona desolata-

mente attuale.

4 . I d . ,Tra ri o rdino dei

licei e ri fo rma della

fo rmazione degli inse-

g n a n t i : quale ru o l o

per gli stori c i ?,« S o c i e t à

e stori a » , 115 (2007),

p .1 6 9 .

5 . G re c o , I n s e g n a re a

i n s e g n a re la stori a,c i t .

6 . Si veda a ri g u a rdo la

ricognizione sul pers o-

nale docente di Didatti-

ca della storia compiu-

ta ancora nel 2001 da

G.A l b i n i , L’ o rga n i z z a-

zione della didattica

della storia nelle Ssis,

h t t p : / / w w w. d s s g . u n i fi . i

t / _ R M / ri v i s t a / a t t i / s s i s / A

l b i n i . h t m .

7 . Della funzione po

la G.Va ra n i n i , L’ i n s e-

gnamento della sto-

ria nella scuola se-

c o n d a ri a :qualche ap-

punto (con part i c o-

l are ri fe rimento al

M e d i o evo ), «Società e

s t o ri a » , 115 (2007), p .

1 8 4 .

Se la storia comedisciplina scolastica

non è percepita comevitale e interessante,

ma noiosa e repellente,allora il problema è

quello della formazionedegli insegnanti

2 . «Il settore umanisti-

co in senso stretto non

si accorse nemmeno

della nov i t à » ,L .C u rt i ,L e

scuole di specializza-

zione nell’insegna-

mento secondari o.S t o-

ri a , p ro bl e m i , p ro s p e t-

t i ve, h t t p : / / w w w. s i s-

s c o . i t / p u bbl i c a z i o n i / a n-

n a l i / a n n a l e 1 / c u rt i . h t m .

3 . Quanto scritto or-

mai una quindicina di

anni fa da Ivo Mattoz-

z i , C o rso di laurea in

s t o ria e fo rm a z i o n e

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f u t u ro insegnante di scuola secondaria ha tro-vato il mondo accademico del tutto impre p a-rato, quando non dichiaratamente ostile ed èstato dunque sulla scorta di tale stato d’animoche l’università si è apprestata a “inventare ”una classe di docenti di Didattica della storia.6

Le soluzioni escogitate dalle università so-no state a riguardo estremamente varie, rias-sumibili in due situazioni estre m e .

Nelle sedi dove vi erano – norm a l m e n t eper puro caso – docenti interessati alla didat-tica e in contatto con la scuola secondaria, op-p u re dove tali interessi si sono spontaneamen-te formati, si sono create esperienze intere s-santi, soprattutto nella direzione del più im-portante risultato raggiunto dalle Ssis: la col-laborazione tra docenti universitari e supervi-sori Ssis, una delle più significative esperien-ze nella storia della scuola italiana di un luo-go fisico e didattico stabile di dialogo tra l’in-segnamento secondario e quello universitario.7

Nelle sedi dove invece interessi pre g re s s iper la didattica della storia non erano pre s e n-ti, e non se ne sono formati, non solo, comesi dirà, la didattica della storia ha finito conl’esaurirsi nella ripetizione di corsi universita-r i di storia generale, nella migliore delle ipo-tesi, quando non di corsi di taglio monografi-co; in tali situazioni, non a caso, lo scambiotra insegnanti di università e di scuola supe-r i o re ha funzionato meno o non ha funziona-to del tutto.

Il problema di fondo è consistito nel fattoche, per vari motivi, ad alcuni dei quali si ègià accennato, non vi erano dei modelli atten-dibili di riferimento dell’insegnamento di Di-dattica della storia nelle università. Prima del-le Ssis, essa era infatti una disciplina assai spe-cialistica e ristretta a pochi ricercatori, alcunidei quali poi, non di estrazione storica ma fi-losofica, tanto che i corsi universitari con taletitolatura erano pochissimi.

Ciò non significa, però, che non esistessenel panorama scientifico nazionale un’are aconcettuale e di ricerca chiamata Didattica del-

mqLa situazione attuale è molto complessa e alquanto insolita.Risulta difficile capirla se non prendendo in considerazione il pesoideologico e politico, che le viene attribuita da parte deglioppositori all’educazione civica, nel quadro di altre peculiaritàspagnole come la irrisolta “questione religiosa”, e, in particolarmodo, la questione dell’insegnamento, che continua ad essere lamassima priorità della chiesa cattolica spagnola.L’attuale società spagnola è una società fondamentalmentesecolarizzata, abbastanza indifferente alle questioni religiose e, adifferenza di quanto accadeva nel XX secolo, neancheanticlericale. La chiesa cattolica ha ottenuto dei frutti dagliaccordi, stipulati al tempo della transizione alla democrazia, allafine degli anni ’70 del secolo passato. Essa ha continuato agodere di una posizione molto vantaggiosa dal punto di vistaeconomico: sia per quanto riguarda i finanziamenti pubblici alclero, che sono stati per altro incrementati negli ultimi anni, siaper quanto riguarda il rilevante apporto economico pubblico allasua ampia rete di impianti educativi scolastici (più del 30% deltotale dei centri scolastici esistenti in Spagna).L’offensiva cattolica (accompagnata in questa battaglia dai settoripolitici più reazionari della Destra) contro qualsiasi ipotesi diestensione delle competenze proprie di uno stato laico non si puòcomprendere senza tener conto della grande importanza che lachiesa attribuisce al mondo educativo. Essa, infatti, ostacolastrenuamente qualsiasi tentativo di ridimensionare, anche dipochissimo, il suo protagonismo e ogni tentativo di sostituirsi a leiquale unico referente di tutto ciò che riguarda l’etica pubblica o latrattazione di questioni morali, personali e sociali.L’intera situazione risulta ancor più paradossale quando sianalizzino i programmi ufficiali di Educazione Civica Bollettinoufficiale dello Stato, 8-12-2006) e si riflette sul fatto che questi sibasano esplicitamente sulla Dichiarazione universale dei DirittiUmani, sulla Convenzione sui diritti del bambino, sulla Costituzionespagnola e sulle Raccomandazioni sui diritti del bambino e, infine,sulle Raccomandazioni sia del Consiglio d’Europa sia della UE.I principali obiettivi di questa disciplina scolastica (prendiamocome esempio il programma della Scuola SecondariaObbligatoria, che riguarda gli alunni di 15 anni: il programma perla Scuola Primaria, che riguarda gli alunni fino a 11 anni è moltosimile, anche se più semplificato) sono: «promuovere una civiltàdemocratica, … convivere in una società pluralista e globalizzata… e far sì che gli alunni possano costruire una coscienza morale eetica in accordo con le società democratiche, pluralistiche,complesse e mutevoli come quelle in cui viviamo».L’approccio metodologico si basa sull’ «uso sistematico deldibattito …, la acquisizione di un ragionamento critico, lo sviluppodi un criterio di giudizio autonomo e la capacità di sostenere leproprie posizioni durante il confronto per mezzo di argomentazionidocumentate e studiate che sappiano dare valore alle ragioni ealle argomentazioni delgi altri …. e l’uso del dialogo comestrategia per affrontare i contrasti in maniera non violenta».I principali contenuti si articolano in 4 grandi settori:– le relazioni interpersonali e la partecipazione cittadina: in

questo settore, uno degli argomenti più discussi è quellorelativo all’autonomia pesonale, gli affetti e le emozioni (formaedulcorata di quello che inizialmente includeva la sessualità

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la storia.8 Le pubblicazioni a riguardo eranostate tra anni ’80 e anni ’90 assai numero s e ;l ’ i n t e resse per la materia era notevole, tantoche esisteva almeno una associazione specia-listica (Clio ’92) e il contributo di alcuni stu-diosi di didattica della storia alle riforme, qua-si tutte peraltro fallite, della scuola secondariaera stato importante. Soprattutto, attraverso icorsi di formazione degli insegnanti, ad esem-pio quelli organizzati dagli IRRE, i nuovi pro-blemi della didattica della storia erano riusci-ti ad entrare in contatto con una certa partedello sconfinato universo-docente, norm a l m e n-te la parte più motivata didatticamente e la piùcolta sotto il profilo storico e storiografico.

Quale rapporto c’è dunque stato tra que-sta “scuola italiana” di didattica della storia el’insegnamento di didattica della storia nelleSsis? Mi sembra che si possa dire: limitato mafondamentale. Parte degli insegnanti-supervi-sori che tengono i laboratori di didattica del-la storia nelle Ssis provengono da una form a-zione simile, si sono cioè abbeverati alle fon-ti dei vari Mattozzi, Brusa ecc. Vi è anche, ariguardo, una forte disparità regionale: in cer-te regioni dove il discorso sulla nuova didat-tica della storia aveva avuto una buona diff u-sione, e dove forse per questo motivo gli stes-si docenti universi-tari erano più sensi-bilizzati sull’arg o-mento, si è pro f i l a-ta una sorta di con-tinuità tra l’espe-rienza precedente equella delle Ssis. Inp rovince o re g i o n idove invece la sen-sibilità degli inse-gnanti sui nuovi indirizzi della didattica dellastoria era particolarmente bassa, i risultati so-no stati invece più incerti (in taluni casi pre s-soché nulli).

Per entrare nel cuore del problema e pro-v a re a stendere un primo bilancio dell’espe-

rienza di formazione dell’insegnante di storianelle Ssis proporrò in ordine sparso alcunequestioni che possono quasi funzionare da in-dicatori per valutare l’efficacia della form a z i o-ne iniziale degli insegnanti di storia. Non sitratta, è forse superfluo dirlo, di indicatori neu-

tri: essi esprimonocioè l’idea di didat-tica della storia dichi le propone, sug-geriscono un certop rofilo form a t i v odell’insegnante dis t o r i a .9

A u t o v a l u t a z i o n edelle conoscenze e delle abilità storiche. Unbuon insegnamento/apprendimento di Didat-tica della storia deve dar modo allo specializ-zando di giungere ad una seria autovalutazio-ne delle proprie conoscenze e competenze diambito storico. Non mi riferisco qui alla que-stione della selezione – se in entrata, in usci-ta, in itinere ecc. – del futuro corpo-insegnan-te, problema peraltro di fondamentale impor-tanza. Mi riferisco ad una questione diversa: ilf u t u ro insegnante deve essere messo nelle con-dizioni di poter valutare gli strumenti che ha adisposizione, in termini sia di conoscenze chedi predisposizioni e abilità per insegnare la sto-ria e deve poter considerare l’adeguatezza ditali strumenti al compito didattico che si tro v e-rà ad assolvere. Un buon insegnamento/ap-p rendimento di Didattica della storia non do-vrà dunque solamente mettere in risalto le la-cune e i punti deboli del futuro insegnante,ma, come ogni buona scuola che si rispetti, do-vrà fargli compre n d e re quali sono le sue risor-se migliori, su quali aspetti o metodi di inse-gnamento gli converrà puntare .

Definizione dell’impianto epistemologicodella didattica della storia. Un buon insegna-m e n t o / a p p rendimento di Didattica della sto-ria deve partire dalla definizione dei fonda-menti sia della disciplina storica nel suo com-plesso che della disciplina didattica in parti-

Andrea ZanniniLa formazione dell’insegnante di storia nelle Ssis

il futuro insegnantedeve essere messonelle condizioni dipoter valutare gli

s t rumenti che ha ad i s p o s i z i o n e

Quale rapporto c’èdunque stato tra questa“scuola italiana” dididattica della storia e l’insegnamento dididattica della storianelle Ssis?

18

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c o l a re. Questi due aspetti non vanno confusi,ma non possono nemmeno essere separati.Non è possibile infatti né trasform a re la Didat-tica della storia in una sezione della didatticada riempire con contenuti storici, né pensareche la disciplina storica contenga al suo inter-no, naturalmente, i criteri in base ai quali es-s e re insegnata e appre s a .

In molte Scuole di Specializzazione, inve-ce, il docente del corso di didattica o di epi-stemologia della storia, nella stragrande mag-gioranza dei casi un docente universitario, de-dica il proprio corso alla trattazione di alcuniconcetti o temi, spesso a carattere storiografi-co, considerati significativi del proprio setto-re di studi, riproponendo in pratica un corsodi storia tradizionale; in alcuni casi, addirittu-ra, l’insegnamento di didattica della storia è ri-partito secondo i settori accademici della sto-ria antica, medievale, moderna e contempora-nea: una soluzione abbastanza semplice perd i m o s t r a re che la Didattica della storia in findei conti non esiste, ma solo la storia.1 0

In altri casi, nei quali pur si cerca merite-volmente di attuare delle strategie comuni conil docente di laboratorio di didattica della sto-ria, l’obiettivo risulta però ancora più limitato:il docente universitario tratta una serie di te-mi ai quali nel laboratorio vengono applicatedelle metodologie didattiche – ad esempio lacostruzione di un’unità di apprendimento – inmodo che ne risultino dei materiali immedia-tamente spendibili nel tirocinio e/o nella pro-fessione. (Questa seconda modalità di org a-nizzazione dei corsi/laboratori è molto richie-sta dagli specializzandi Ssis.)

La storia non può essere ridotta ad una se-rie di conoscenze storiche e storiografiche deltipo di quelle che si insegnano o si dovre b b e-ro insegnare oggi all’università e la didatticadella storia non può risolversi in una serie dipratiche o pro c e d u re utili per compilare la pro-grammazione annuale dell’insegnante. È ne-cessario che l’insegnamento/appre n d i m e n t odella Didattica della storia si ponga come

mqumana), la famiglia nel quadro della Costituzione Spagnola e lavalutazione critica della divisione sociale e sessuale del lavoro edei pregiudizi sociorazzisti, xenofobi, antisemiti, sessisti eomofobi.

– I diritti e doveri del cittadino: si distinguono in particolar modole questioni relative alla valutazione dei diritti e doveri delcittadino come conquiste storiche senza tempo; l’uguaglianzadei diritti e il rispetto della diversità, così come la conquista deidiritti delle donne e la situazione di queste nel mondo attuale.

– Le società democratiche del sec. XXI: si affrontano, tra le altrequestioni, le caratteristiche degli Stati di Diritto (si esaminaspecialmente il modello spagnolo); la diversità sociale eculturale, così come il rifiuto delle discriminazioni e, infine, lavalorizzazione e la cura dei beni comuni e dei servizi pubblici.

– La civiltà nel mondo globale: vengono trattati gli argomentirelativi, da una parte, ai conflitti e alle disuguaglianze nelmondo odierno, così come la lotta contro la povertà e gli aiutiallo sviluppo. Dall’altra parte, si affrontano i temi generali dellaglobalizzazione e dell’interdipendenza.

Come si vede chiaramente, il programma spagnolo si differenziapoco dai programmi esistenti in tanti altri paesi europei, ai quali, i nve r i t à , lo stesso programma spagnolo si è ispirato. L’ u n i c ad i f f e r e n z a , d u n q u e , consiste proprio nella polemica che ne ès c a t u r i t a , nel fondamentalismo e nell’intransigenza con cui laChiesa spagnola e i dirigenti del PP (che hanno promesso disopprimere questa materia scolastica non appena torneranno algove rno) av versano una disciplina educativa che conta su una fort etradizione nei paesi europei più avanzati e più democratici.

8 . Una rassegna re-

cente dimostra l’infi t-

t i rsi degli interventi a

c a ra t t e re scientifi c o

sulla didattica della

s t o ria nella seconda

metà degli anni ’90: S .

R ab u i t i , La didattica

della storia oggi in

I t a l i a, « S t o ria e futu-

ro » ,ag gi o rnamento al

n . 4 , h t t p : / / w w w. s t o-

ri a e f u t u ro . c o m .

9 . W.Pa n c i e ra - A .Z a n-

n i n i , Didattica della

s t o ri a . M a nuale per

la fo rmazione degli

i n s e g n a n t i, Le Mon-

n i e r, Fi renze 2006.

1 0 . La divisione, i n

molti pro grammi di

Scuole di Specializza-

z i o n e , della Didattica

della storia in ambiti

c ro n o l o gici ri p a rtiti tra

docenti di settori

s c i e n t i fi c o - d i s c i p l i n a ri

d i ve rsi è stata osserva-

ta da S. B i a n ch i , Il me-

d i o evo (e la storia) a

s c u o l a : c ronaca di

una morte annu n c i a-

t a ), h t t p : / / w w w. s t o-

ri a . u n i ve . i t / _ R M / d i d a t-

t i c a / d i s c u s s i o n i / b i a n-

ch i . h t m .

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a p e r t a. La Didattica della storia sta vivendo unmomento di passaggio, anche generazionale.Alcune delle idee su cui si è concentrato il pro-getto di rinnovamento dell’insegnamento/ap-p rendimento della storia negli ultimi vent’an-ni – penso al modulo didattico oppure al la-boratorio di storia – hanno dimostrato sostan-zialmente di essersi infrante contro il muro digomma del corpo docente.1 3

In questo momento l’insegnamento della Di-dattica della storia nelle Ssis deve riflettere suquella che è una caratteristica fondamentaledella disciplina storica nel suo complesso:l’apertura. Così come una buona storia è unastoria dalle infinite dimensioni – è storia poli-tica, economica, sociale, religiosa ecc. ecc. –una buona Didattica della storia deve tener con-to, soprattutto in questo momento, di tutte leimpostazioni, anche le più diverse tra loro. Ilmanuale non può, sulla base di slogan obsole-ti, essere messo pregiudizialmente alla gogna;il laboratorio didattico non può non essere par-te integrante di qualsiasi curricolo storico; la le-zione frontale non può essere demonizzata co-me il retaggio di una società autoritaria.

Questi mi sembrano quattro punti utili at r a r re un primo bilancio complessivo di questianni di esperienza di formazione iniziale di in-segnanti di storia presso le Ssis. Altre questio-ni, molto dibattute in generale e molto appro-fondite nell’ambito della Didattica della storia– l’intedisciplinarietà, il laboratorio didattico,la world history, la storia generale ecc. – mi

obiettivo formativo primario la «ricucitura frateoria e pratica» (A. Brusa).1 1

Dalla ricerca all’aula. Tanto più un inse-gnamento di Didattica della storia è eff i c a c e ,quanto più il raccordo tra le sue varie parti,tra corsi, laboratori e tirocini, da una parte, etra le quattro aree in cui sono suddivise le at-tività didattiche delle Scuole, dall’altra, è stre t-to ed eff e t t i v o .

Per una disciplina come la Didattica dellastoria, ciò significa in pratica re n d e re visibileagli specializzandi il percorso tortuoso che por-ta le scoperte della disciplina storica dalle sedidella ricerca, attraverso (di solito) l’università,

quindi per il filtrod e t e rminante del-l’editoria scolasticafino alle aule scola-stiche. Ciò consenteal futuro insegnantedi storia nella suap rofessione futura dir i p e rc o r re re per con-to proprio tale per-

corso, e di intro d u r re autonomamente nel pro-prio insegnamento continui elementi di novità.

L’integrazione tra le quattro aree, quella di-dattico-pedagogica, quella disciplinare, quel-la laboratoriale e i tirocinii, è fondamentale,infine, per superare il muro che separa storiae pedagogia da un lato, e ricerca storica dastoria insegnata dall’altro .1 2

La Didattica della storia come disciplina

Andrea ZanniniLa formazione dell’insegnante di storia nelle Ssis

1 1 . Antonio Bru s a ,L a

fo rmazione dei do-

centi di stori a , f ra let-

t e ra t u ra intern a z i o-

n a l e , e s p e ri e n ze ita-

liane e pave s i, in cor-

so di pubbl i c a z i o n e .

R i n grazio l’autore per

ave rmi ge n t i l m e n t e

messo a disposizione

la bozza di questo suo

l avo ro in cui dà una

d e s c rizione dettag l i a t a

d e l l ’ i n t e ressante mo-

dello didattico adotta-

to per la storia pre s s o

la Ssis di Pav i a .

1 2 . U n ’ i n t e ressante ri-

flessione sull’esperi e n-

za di insegnamento di

Didattica della storia e

di tirocinio nella Ssis

p avese è: M .A .A rri go-

n i ,A . P i e t ra , E . B ro g l i a ,

Il tirocinio tra didat-

tica e lab o ra t o ri o : l a

p roposta del gru p p o

di Stori a, in I saperi

del tiro c i n i o.Fo rm a re

gli insegnanti della

S s i s,Franco A n ge l i ,M i-

lano 2006.

1 3 . Vi sono segnali

di una presa d’atto di

q u e s t o :penso ad una

f rase come «Credo si

siano fo rmate illusio-

ni circa la capacità

dell’idea di lab o ra t o-

rio di apri re le menti

e le pro s p e t t i ve degli

insegnanti di stori a » ,

I . M a t t o z z i , La mente

l ab o ra t o ri a l e,in I n s e-

g n a re stori a . G u i d a

alla didattica del la-

b o ra t o rio stori c o, a c.

di P.B e rn a rd i ,U t e t ,To-

rino 2006, p . 9 . Si ri-

m a n e , ad esempio, i n

attesa di un’analisi

dell’applicazione dei

nu ovi pro grammi di

s t o ria per gli istituti

p ro fe s s i o n a l i , i n t ro-

dotti nel 1997.

1 4 . Il documento è

re p e ribile al sito:

h t t p : / / c p l . l e t t e re . u n i-

m i . i t

Tanto più uninsegnamento di

Didattica della storia è efficace, quanto più il

raccordo tra le sue varie parti…

è stretto ed effettivo

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cessarie per la formazione di un insegnante dimaterie umanistiche in «disciplinari» da unaparte e «pedagogiche, didattiche, org a n i z z a t i-ve, relazionali e comunicative» dall’altra, co-me se le didattiche disciplinari, uno degli esi-ti più interessanti dell’esperienza della Ssis,nonostante la loro ferma ostilità, non esistes-s e ro. L’unico accenno che vi viene rivolto èun riferimento a «crediti di “didattiche discipli-nari” gestiti non si sa da chi».1 4

In conclusione, proprio per la sopravviven-za agonica che ha contraddistinto in questi an-ni le Ssis, tenuto anche conto di tali incom-p rensibili posizioni, non mi sento di condivi-d e re i giudizi più negativi sull’insegnamentodella Didattica della storia nelle Scuole di Spe-cializzazione per l’Insegnamento nella Scuolasecondaria, «oggetto di molte critiche, tro p p ospesso meritate» come ha scritto re c e n t e m e n-te Antonio Brusa.1 5 Rispetto a prima del 1998la situazione è certamente migliorata e ripor-t a re la formazione degli insegnanti all’intern odel doppio percorso universitario (3 + 2) equi-v a r rebbe semplicemente a riportarla nelle ma-ni delle Facoltà che, come dimostra inequivo-cabilmente il documento della Conferenza deiP residi delle Facoltà di lettere e filosofia, di fu-turi insegnanti della scuola secondaria non nevogliono sentir parlare .1 6

Certo, molte cose rimangono da fare perc o s t r u i re una efficace Didattica della storia, manon vedere quelle che sono state fatte è get-t a re via il bambino con l’acqua sporca.

sembrano certamente importanti ma “di meri-to”. La loro rilevanza, cioè, può essere valuta-ta una volta che l’impianto della Didattica del-la storia nella formazione degli insegnanti ab-bia raggiunto una sua fisionomia più pre c i s a .

Sullo sfondo, rimangono alcuni grandi pro-blemi di sistema. Il ridisegno della form a z i o-ne iniziale degli insegnanti, innanzitutto, chesi trova in alto mare. La formazione universi-taria dello stesso futuro insegnante, che nonpuò evidentemente continuare ad essere co-m’era ieri nei vecchi o com’è oggi nei nuoviordinamenti. L’irrinviabile questione della na-scita di una nuova figura di insegnante di Sto-ria, Geografia e Scienze umane, infine, senzar i s o l v e re la quale ogni e qualsiasi “nuova di-dattica” corre il rischio di essere vanificata daun accoppiamento ormai insensato (una que-stione della cui importanza pochi paiono con-s a p e v o l i ) .

P u r t roppo nulla lascia pensare che, comed o v rebbe essere, questi problemi possano es-s e re aff rontati e risolti assieme. Un documen-to approvato dalla Conferenza dei Presidi del-le Facoltà di Lettere e Filosofia lo scorso 15 di-c e m b re sulla formazione degli insegnanti te-stimonia la distanza siderale che divide anco-ra il mondo universitario da tali reali pro b l e-mi, e la totale ignoranza di questi Presidi del-le più elementari esperienze di formazione chehanno avuto luogo negli ultimi anni nella stes-sa università da loro frequentata e diretta. Ba-sti pensare che dividono le «competenze» ne-

mq

/ a rch i ve / u p l d . 8 6 e i b M .

p d f.

1 5 . Antonio Bru s a ,L a

fo rmazione dei do-

centi di stori a,c i t .

1 6 . In questo mi tro-

vo in disaccordo con

quanto re c e n t e m e n t e

s c ri ve Ivo Mattozzi,

per il quale la «perd i t a

dell’alibi del biennio

Ssis» potre bbe dare il

via alla costruzione di

competenze nu ove al-

l ’ i n t e rno dei perc o rs i

t riennali e biennali,

M a t t o z z i ,Tra ri o rd i n o

dei licei, c i t . , p . 1 7 9 .

Ciò potrà av ve n i re so-

lo in pochissime uni-

ve rsità adeguatamente

a t t rezzate e dotate di

una solida tra d i z i o n e

di didattiche discipli-

n a ri . In tutte le altre , l a

cancellazione del-

l ’ e s p e rienza della Ssis

s i g n i fi cherà il ri t o rn o

della fo rmazione “ c o n-

t e nu t i s t i c a ” alle Fa c o l-

tà (secondo le consue-

t e , pessime modalità)

e la delega della fo rm a-

zione didattico-peda-

go gica alle Facoltà di

Scienze della fo rm a z i o-

n e , che ri s u l t e ra n n o

o b e rate di cors i , e de-

m a n d e ranno a pers o-

nale pre c a rio e/o de-

q u a l i ficato la fo rm a z i o-

ne iniziale degli inse-

gnanti della scuola se-

c o n d a ri a , p e ra l t ro im-

postata in modo tut-

t ’ a l t ro che tra s ve rs a l e .

È singo l a re (ma non in-

s p i e g abile) che la can-

cellazione della Ssis

fosse stata auspicata,e

s o s t e nu t a ,da storici di

impostazione per più

ve rsi opposta a quella

di Mattozzi: G.Vi t o l o ,

Una laurea speciali-

stica che va l o ri z z i

l ’ e s p e rienza della Ssis,

h t t p : / / w w w. d s s g . u n i-

fi . i t / _ T M / ri v i s t a / a t t i / s s i

s / Vi t o l o . h t m .

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Masao Nishikawa

Mezzo secolo diconflitti tra gli

autori dei manualiscolastici e lo Statogiapponese:

una nuova fase?

Il conflitto tra il Ministero dell’Educazionee gli autori dei manuali di storia

nel Giappone del secondo dopoguerra ha una lunga storia.

Dopo il crollo dell’Impero del Grande Giap-pone, nell’estate del 1945, numerose riforme in-v e s t i rono la vita politica, economica e sociale delGiappone, ad opera dell’amministrazione ameri-cana. Contestualmente, molti Giapponesi che vo-levano trasform a re il Giappone in un paese de-mocratico intrapre s e ro numerose iniziative al fi-ne di concre t i z z a re le loro idee.

Nel campo dell’istruzione gli Americani pro i-b i rono la propaganda di idee e attività “ultra-na-zionalistiche”, che avevano invece giocato unruolo essenziale nell’Impero giapponese, simil-mente a quanto stavano facendo in Germ a n i acon le manifestazioni del Nazismo. Io all’epocae ro uno scolaro, e mi fu detto dagli insegnanti dic a s s a re dai nostri manuali di storia le frasi che

erano considerate “ultra-nazionalistiche”. Solo ap a r t i re dal 1949 gli insegnanti di storia e gli sto-rici giapponesi intrapre s e ro il difficile compito dis c r i v e re nuovi libri di testo incentrati sulla storiam o n d i a l e .

Se i generali erano stati cacciati, i buro c r a t ierano però rimasti. Il Ministero dell’Educazione,che non soltanto aveva fino ad allora contro l l a-to rigidamente la scuola, ma aveva anche re a l i z-zato manuali di storia ultra-nazionalistici e nonscientifici, riuscì a mantenere comunque la pro-pria influenza, creando un nuovo “sistema di va-lutazione”. Con questo nuovo sistema le case edi-trici private potevano sì pubblicare manuali re a-lizzati da storici di loro scelta, ma il Ministero del-l’Educazione aveva il potere di contro l l a re chequesti manuali corrispondessero al suo punto div i s t a .

In realtà, la maggior parte degli autori dei ma-nuali di storia erano di tendenza democratica epacifista, ed alcuni erano anche marxisti.

Ciò rispecchiava il clima del mondo intellet-

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tuale e, in generale, della comunità degli storicinel Giappone del dopoguerra.

Del tutto diverso, invece, era il clima politi-co. Già dal 1953 l’allora Ministro dell’Educazio-ne attaccò l’Unione degli Insegnanti, accusandole sue iniziative pacifiste di essere “di parte”.Quando nel 1955 le forze politiche conservatricisi coalizzarono in un partito di governo, concen-t r a rono i loro attacchi su quelli che chiamaro n o“i deplorabili libri di testo”. Il numero degli ispet-tori del Ministero dell’Educazione venne aumen-tato e i criteri di valutazione resi più restrittivi. Ilrisultato fu che, rispetto al passato, fu bocciatoun maggior numero di libri di testo.

Non mancarono però le reazioni da parte de-gli storici. Il più importante contrattacco fu il “ca-so Ienaga”, che ebbe inizio quando al pro f e s s o rS a b u ro Ienaga fu chiesto di re v i s i o n a re il pro p r i omanuale alla luce delle direttive del Ministero del-l’Educazione, e questi reagì contestando la costi-tuzionalità e la legalità del sistema di valutazio-ne dei libri di testo adottato dal governo. Ienagaricevette il sostegno di migliaia di storici e inse-gnanti di storia. Tra alti e bassi, questa saga è du-rata più di trent’anni, e sulle sue alterne vicendepossiamo qui soprassedere. Nel 1989 sia la Cor-te del distretto di Tokyo che la Corte Supre m ad e c re t a rono legittimo il sistema di valutazione,ma al tempo stesso dichiararono illegale l’inter-vento censorio del Ministero a proposito dellatrattazione del massacro di Nanchino nel 1937 edella “Unità 731”, un reparto dell’esercito impe-riale che durante la guerra effettuò esperimentidi guerra batteriologica su prigionieri cinesi.

Seppur parziale, questa fu una grande vitto-ria per il professor Ienaga e i suoi sostenitori. Inteoria però rimaneva ancora senza risposta la do-manda se fosse giusto lasciare ai giudici e ai tri-bunali la definizione della verità storica.

Un’altra spinta al miglioramento dei libri ditesto giapponesi venne dall’estero nel 1982. I go-v e rni della Corea del Sud, della Repubblica po-p o l a re cinese e di altri Stati dell’Asia Sud-orien-tale, pro t e s t a rono ufficialmente perché l’aggre s-sione militare nipponica in Asia non veniva rac-

23

mqUN MANUALE DI STORIA F R A N C O - T E D E S C O

Alessandro Cava l l i

e oggi nelle scuole si insegna storia lo si devea l l ’ e s i ge n z a , nata nel XIX secolo in Europa con lo stato-

n a z i o n e , di costruire la coscienza e l’identità nazionale.B i s o g n ava costruire la coscienza del “ n o i ” quasi semprecontrapposta a” l o r o ” , cioè ai vicini e potenziali nemici. D a l l aSeconda guerra mondiale, almeno in una parte d’Europa, l ostato-nazione non è più un’istanza ideologica dominante cherichiede fedeltà assoluta ai propri cittadini. Il cambiamento è diquelli che segnano uno spartiacque tra epoche. I vicini dapotenziali nemici si sono trasformati in potenziali partner con iquali collaborare al fine di intraprendere un percorso comune.Nel caso della Germ a n i a , i confini con la Francia a Occidente econ la Polonia a Oriente, hanno espresso nel corso degli ultimisecoli in modo paradigmatico il modello del vicino-nemico. C o nla Polonia il problema è stato chiuso sul piano diplomatico edel diritto internazionale con il riconoscimento definitivo dalp a rte della Repubblica Federale riunificata del confine Oder-N e i s s e . Stando alle dichiarazioni dei fratelli Kaczjñski che oragove rnano la Po l o n i a , a livello storico-politico, il problema ètutt’altro che archiviato. Nel caso dei rapporti Francia-G e rm a n i a , i nve c e , la fine della Seconda guerra mondiale hasegnato anche l’inizio di quella che, forse impropriamente,viene chiamata “ r i c o n c i l i a z i o n e ” . Sul piano dell’insegnamentodella storia nelle scuole, varie iniziative sono state messe inatto sia in sede di Consiglio d’Europa, sia nell’ambito di accordib i l a t e r a l i , al fine di combattere le distorsioni e i pregiudizi cheavevano dominato per più di un secolo l’insegnamentoi m p a rtito nelle aule scolastiche. L’ultima di queste iniziative è laredazione di un manuale di storia franco-tedesco messo apunto da storici e insegnanti dei due paesi, con il sostegno deirispettivi gove rni e pubblicato contemporaneamente daglieditori Klett in Germania e Nathan in Francia.L’opera merita la massima attenzione in quanto si tratta dip r o p o rre agli studenti dei due paesi un manuale che rompa conil canone nazionale e con il nazionalismo di cui è statop o rt a t o r e .Il manuale è concepito per gli ultimi tre anni della secondariasuperiore in base a un’articolazione del progr a m m a , a b b a s t a n z adiffusa oggi in Europa, che prevede nel primo anno una lungac avalcata dall’antica Grecia alla rivoluzione francese, n e lsecondo anno tutto l’Ottocento fino alla fine della secondag u e rra mondiale e nel terzo anno la storia dal secondod o p o g u e rra fino ai nostri giorn i . È evidente la scelta diprivilegiare l’età contemporanea, riducendo all’essenziale latrattazione dell’antichità, del Medioevo e dell’età modern a . Idue ultimi secoli occupano i 2/3 dell’insegnamento dellas t o r i a . Attualmente è disponibile solo l’ultimo dei tre vo l u m ip r evisti e cioè quello dedicato agli ultimi 60 anni. Chi hap r o gettato l’opera ha probabilmente preferito incominciaredall’epoca meno controversa della storia dei due paesi. S el’impresa sarà riuscita a superare effettivamente la prospettiva

S

corrimano

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contata in modo veritiero nei manuali di storiag i a p p o n e s i .

Per ragioni diplomatiche il governo giappo-nese dovette fare alcune parziali ammissioni. Gliautori nipponici, che avevano denunciato l’aspet-to aggressivo dell’occupazione giapponese, si po-s e ro invece il problema in modo più serio. Ini-z i a rono quindi un dialogo con i colleghi asiatici,come non si era mai fatto prima di allora, con-trariamente invece a quanto era accaduto in Eu-ropa con la famosa “Commissione tedesco-po-lacca sui libri di testo”.

Gli esordi non furono facili e furono segnatida inevitabili incomprensioni, ma nei venticin-que anni che seguirono crebbe in modo costan-te e graduale un sentimento di fiducia re c i p ro c a ,specialmente tra gli storici sud-coreani e quelligiapponesi. Furono cancellati pregiudizi ed er-rori da entrambe le parti e furono criticate le vi-sioni della storia incentrate sul proprio paese.1

Un evento simbolico fu che, in occasione del XXC o n g resso Internazionale di Scienze Storiche te-nutosi a Sydney nel luglio del 2005, i comitati na-zionali giapponese e sudcoreano collaboraro n oalla realizzazione di una sessione interamente de-dicata ai manuali scolastici di storia e al supera-mento del nazionalismo.2

P o t remmo quindi asserire che i buoni risul-tati si ottengono sol-tanto quando glisforzi non vengonocompiuti dai gover-ni, bensì da cittadiniche agiscono di pro-pria iniziativa.

Nel corso deglianni Novanta i libri di storia giapponesi comin-ciarono ad offrire una descrizione più onesta everitiera di alcune pagine disumane della storianazionale, tra le quali il massacro di Nanchinoe la questione delle confort women, cioè le don-ne cinesi e coreane impiegate a forza nei bor-delli militari.

Fu questa una dura sconfitta per il Ministe-ro dell’Educazione e per i suoi sostenitori – po-

litici e intellettuali – che però re a g i rono inizian-do quella che fu definita una “vendetta”: nonavrebbero mai ammesso il carattere aggressivodell’espansione militare giapponese, né tanto-meno la responsabilità del Governo imperialee dell’Esercito per i crimini di guerra. Possiamodefinirli i “difensori dell’Impero del Giappone”,o v v e ro nostalgici che preferiscono l’Impero aun Giappone democratico.

Così un’associazione composta da insegnan-ti di storia e da scrittori (e da pochissimi stori-ci), fortemente sostenuta da circoli politici e af-faristici, pubblicò nel 2001 alcuni manuali di sto-ria impostati secondo il punto di vista naziona-listico, e assolutamente carenti sul piano scien-tifico. Peraltro questi manuali non furono adot-tati in nessuna scuola giapponese. Un tentativosimile fu ripetuto nel 2005, sempre con lo stes-so risultato fallimentare. Ciò nonostante, questaoperazione ebbe delle conseguenze serie per ilf ronte democratico, perché la propaganda fattada questa associazione fu talmente rumorosa ede fficace che molti autori e case editrici ne furo-no intimiditi e pre f e r i rono “ammorbidire”, senon cancellare totalmente, le descrizioni degliaspetti più disumani dell’occupazione militaregiapponese.

Attualmente il Ministero dell’Educazione nonp e rmette agli autori dei manuali di storia die s p r i m e re giudizi contrari all’odierna politica de-gli Stati Uniti e del Giappone, in particolare perquanto concerne la guerra di Bush contro l’Iraq.3

C i rca dieci anni fa, in Giappone, al pari dimolti altri paesi, le forze politiche di orienta-mento neoliberista ottennero la maggioranza.Nelle elezioni del 2005 i partiti di questo schie-ramento ottennero più dei due terzi dei seggialla Camera bassa. Il governo, incoraggiato dairisultati delle elezioni, cercò di rivedere la Leg-ge fondamentale sul’educazione e di liberarsidei limiti posti all’attività militare. Pertanto haproposto di rivedere la Costituzione giappone-se del 1946, dove, all’articolo IX, si dichiara che«Il popolo giapponese rinuncia per sempre allaguerra come diritto sovrano della nazione e al-

Masao NishikawaMezzo secolo di conflitti tra gli autori dei manuali scolastici e lo Stato giapponese: una nuova fase?

1 . Per mag gi o ri det-

t agli si ve d a n o :M a s a o

N i s h i k awa , G e s c h i-

c h t s k u l t u r:E r fa h ru n-

gen in Ostasien, i n

I n t e rnationale Ve r-

s t ä n d i g u n g .25 Ja h re

G e o rg - E c ke rt - I n s t i t u t ,

Ve r l ag Hahnsche Bu-

ch h a n d l u n g , H a n n o-

ver 2000, p p . 2 8 8 -

2 9 3 ; I d . , Le passé est

un pro l o g u e : N a t i o-

nalisme et post-na-

tionalisme au Ja p o n,

in Fictions d’Euro p e :

La guerre au mu s é e,

sous la direction de

Sophie Wa h n i ch , L e s

A rch i ves Contempo-

ra i n e s ,Pa ris 2002,p p .

2 1 1 - 2 2 1 ; I d . ,A Specter

Is Still Haunting:Th e

Specter of Wo rld Hi-

s t o ry, in «Radical Hi-

s t o ry Rev i ew » , I s s u e

91 (Winter 2005),

1 1 0 - 1 1 6 .

2 . C f r. 20th Intern a-

t i onal Congress of Hi-

s t o rical Sciences, C D

R o m , Faculty of A rt s

and Social Sciences,

U n i ve rsity of New

South Wa l e s , S y d n ey

2 0 0 5 .

3 . Masao Nishikawa ,

Abolish the tex t b o o k

s c reening system alto-

ge t h e r, in «The A s a h i

S h i m b u n » , 1 gi u g n o

2 0 0 5 .

Nel corso degli anniNovanta i libri di storiagiapponesi cominciaronoad offrire una descrizionepiù onesta e veritiera

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mqmqnazionale lo si vedrà soprattutto quando apparirà il secondovolume dedicato al periodo storico dominato dalla rivalità edall’ostilità tra Francia e Germ a n i a .Si tratta di un manuale per i giovani francesi e tedeschi, ma nonè un manuale di storia franco-tedesca. La storia dei due paesi edei loro rapporti reciproci occupa evidentemente un postoi m p o rtante; la prospettiva però non è bi-nazionale, b e n s ìdecisamente europea. Gli stessi autori dichiarano di aver vo l u t ofare un primo passo nella direzione di un manuale europeo. Èda discutere se un manuale europeo sia possibile e, se sì, q u a l icaratteristiche debba ave r e , bisogna comunque dare atto agliautori di aver evitato una trattazione troppo centrata su Franciae Germ a n i a . Caso mai, si potrebbe rilevare un cert oeurocentrismo; la storia del resto del mondo entra in giocoquando interferisce con le vicende europee, cioè sempre di piùman mano che procede il processo di globalizzazione. Èc e rtamente importante che i giovani si rendano conto come nelmondo contemporaneo tutto diventi interdipendente, ma èaltrettanto importante cogliere anche le specificità di cui sonop o rtatrici le culture extra-europee. Della storia, anzi delle storie,di cui è stato teatro il continente africano, ad esempio, non sid ovrebbe parlare solo in riferimento al processo dicolonizzazione e de-colonizzazione. Al tema della de-colonizzazione è giustamente dedicato un nucleo tematicoc e rtamente cru c i a l e , la cui trattazione è assai delicata in unpaese come la Francia (guerre d’Indocina e di A l ge r i a ) , ma lastoria di queste parti del mondo non si esaurisce nel tipo dil e gami che hanno avuto ed hanno con l’Europa.Questo manuale si segnala inoltre per un’altra caratteristica: ilconsistente ridimensionamento della storia politica, d i p l o m a t i c ae militare e il notevole peso attribuito alla storia economica,sociale e della cultura. Questo aspetto può apparire scontato senon fosse che questo spostamento comporta l’adozione di unapproccio integrato tra storia e scienze sociali e ilriconoscimento implicito dell’indispensabilità di queste ultimeper un’adeguata comprensione del mondo contemporaneo. I lr a p p o rto tra scienze sociali e storia nell’insegnamentosecondario è un problema apert o . Le soluzioni possibili va n n odal concepire un unico insegnamento integr a t o , oppure dueinsegnamenti separati ancorché collega t i . Il manuale franco-tedesco sembra adattarsi ad entrambe le soluzioni. I nriferimento alla prima soluzione, richiederebbe comunquequalche nozione elementare da acquisirsi altrove . Q u a l c h eesempio: quando si parla di tassi di sviluppo del PIL, quando siaffronta la storia della moneta da Bretton Woods a Maastricht,oppure si discutono gli andamenti demogr a f i c i , si deve fareaffidamento su un minimo di dimestichezza con catego r i e

concettuali che non necessariamente rientrano nel baga g l i oculturale dello studente medio. In riferimento alla secondas o l u z i o n e , i due insegnamenti dovrebbero comunque collega r s iin modo da arricchirsi reciprocamente.Il manuale è articolato in cinque parti: l’immediato dopoguerr a(1945-1949) e le memorie della Seconda Guerra mondiale,l’Europa nel mondo bipolare (1949-1989), l’Europa in unmondo globalizzato (1989 ai nostri giorn i ) , le trasform a z i o n ie c o n o m i c h e , sociali e culturali dopo il 1945, la Francia e laG e rmania dopo il 1945, per un totale di diciassette capitoli.Ogni capitolo è corredato da un testo, una serie di documenti(brani di giorn a l e , dichiarazioni ufficiali, immagini iconogr a f i c h e ,ecc.) e da “piste di lavo r o ” e suggerimenti di domande oa p p r o f o n d i m e n t i . Un manuale “ m o d e rn o ” , che tuttavia non sidiscosta molto, da questo punto di vista, da un modello dididattica innova t i va e aggiorn a t a . Vi è inoltre un’appendicemetodologica dove si danno utili consigli su come leggere und o c u m e n t o , una carta ge o gr a f i c a , una vignetta, una tabella did a t i . Il punto, peraltro cru c i a l e , che non viene, mi sembraadeguatamente approfondito, è la trattazione di eventi rispettoai quali si generano non solo nei diversi paesi, ma anchea l l ’ i n t e rno della storiografia di uno stesso paese, i n t e r p r e t a z i o n id i ve r ge n t i . I nvece che far emergere le controve r s i e , q u e s t eve n gono cautamente attenuate, r i p i e gando su una piattan e u t r a l i t à . Questa cautela interpretativa , a n c o r c h éc o m p r e n s i b i l e , finisce per togliere spessore “ d r a m m a t i c o ” a deventi che hanno prodotto vere e proprie spaccature nel tessutosociale e nell’arena politica. E m b l e m a t i c a , a questo proposito,la trattazione del maggio ’68 in Francia e dell’opposizione extra-p a rlamentare in Germ a n i a . Qualche imbarazzo appare anchequando si tratta di questioni rispetto alle quali i gove rni dei duepaesi hanno assunto posizioni dive r genti (atteggiamento di DeGaulle nei confronti della Nato e in generale dei rapporti con gliU S A , posizione filo-croata tedesca e filo-serba della Francia nelconflitto della ex-Jugo s l av i a ) .Questo è però un problema generale della didattica della storiacontemporanea (e non solo): come affrontare tematiche chesono ancora al presente politicamente e ideologicamentesensibili senza trasformare l’insegnamento in uno strumento dipersuasione ideologica o addirittura di propaganda politica af avore o contro questo o quello schieramento. La questioneresta aperta e il manuale franco-tedesco non ci aiuta moltonella sua soluzione. Ma sarebbe stato chiedere troppo. Resta ilf a t t o , assolutamente straordinario, che oggi vi sono alcunemigliaia di ragazze e ragazzi francesi e tedeschi che studiano suuno stesso libro di testo e questo è già abbastanza“ r i vo l u z i o n a r i o ” .

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la minaccia o all’uso della forza come strumen-ti per risolvere discordie internazionali».

Il Ministero dell’Educazione, che nel frattem-po era riuscito a camuffarsi come “politicamen-te neutrale”, rivelò la sua vera natura quando,nel marzo del 2007, ordinò di cassare dai libridi storia tutti quei passaggi in cui si aff e rm a v a

che i civili che ave-vano formato i“Gruppi Suicidi” du-rante la battaglia diOkinawa nel 1945,non avevano agitovolontariamente, maerano stati costre t t idai militari. Le forze

democratiche furono messe all’angolo.Nelle elezioni del luglio 2007 per la Came-

ra alta, tuttavia, i partiti di opposizione inflisse-ro una chiara sconfitta ai partiti di governo. Ilclima politico è dunque in piena trasform a z i o-ne, sebbene nessuno sappia fino a quando.

Un’ultima considerazione, non meno impor-

tante delle precedenti: la recente iniziativa del-l’Unione Europea, che rappresenta una form adi censura del lavoro degli storici – e su cui Lui-gi Cajani ha richiamato l’attenzione del mondodegli storici4 – costituisce anche in Giapponeun problema importante e delicato. Alcuni sto-rici giapponesi, infatti, fortemente colpiti e in-dignati dalla campagna propagandistica condot-ta dai “Difensori dell’Impero del Giappone”, so-no portati a dire che posizioni così anacro n i s t i-che in Germania sare b b e ro proibite dalla leg-ge, e quindi vedono con favore una legislazio-ne restrittiva.

Sembra la soluzione più semplice, ma in re-altà è probabile che una legislazione siffatta siausata anche, o addirittura primariamente, con-t ro sostenitori di posizioni democratiche. Qual-siasi posizione, anche la più estrema, deve in-vece essere discussa e confutata con un pubbli-co dibattito, anche se ciò può richiedere tempo.

La storia e l’insegnamento della storia, inconclusione, dovre b b e ro essere indipendenti daogni forma di governo.

Masao NishikawaMezzo secolo di conflitti tra gli autori dei manuali scolastici e lo Stato giapponese: una nuova fase?

4 . C f r. in questo nu m e ro Luigi Cajani,L’ E u ropa censura gli sto-

ri c i .La ri c e rca storica fra guerre della memoria e diritto pe-

n a l e , [N. d . R .] .

Abbiamo il dispiacere di comunicare la scomparsa del prof. Masao Nishikawa, avvenuta il 29 gennaio 2008. Pro-f e s s o re emerito dell’Università di Tokyo, fondatore della Società giapponese per lo studio della storia moderna em e m b ro della International Society for History Didactics, si è segnalato fra l'altro per i suoi studi sulla storia delmovimento operaio e socialista tedesco.

La storia el’insegnamento della

storia, in conclusione,dovrebbero essere

indipendenti da ogniforma di governo

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mq

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PresentazioneL ’ a rea storico-geografico-sociale è composta

dalle scienze che si occupano dello studio del-le società umane, nello spazio e nel tempo: laStoria, la Geografia e le Scienze sociali, stretta-mente collegate fra di loro e in continuità fraprimaria e secondaria.

Al loro interno, si articolano i temi re l a t i v iagli Studi sociali, il cui scopo è quello di con-sentire, anche ai docenti della scuola primaria,di costruire percorsi strutturati su questioni del-la modernità e della contemporaneità, social-mente vive e spazialmente diff e renziate. Que-sta apertura costante al mondo attuale è neces-saria dal momento che uno degli obiettivi cen-trali di quest’area è lo sviluppo delle competen-ze relative alla cittadinanza attiva, come la com-

p rensione del significato delle regole per la con-vivenza nella società e della necessità di rispet-tarle; la consapevolezza di far parte di una co-munità territoriale organizzata a garanzia dei di-ritti delle persone; la conoscenza dei principifondamentali della Costituzione e dei principa-li aspetti dell’ordinamento dello Stato; la cono-scenza dei diritti della persona riconosciuti dalconsesso internazionale.

Per altro verso, il continuo legame con ilmondo antico è assicurato dallo studio del pa-trimonio, storico, artistico e culturale. Questa ri-sorsa permette, anche nella scuola secondariadi primo grado, la possibilità di ripre n d e re mo-menti di preistoria e di storia antica.

L ’ a rea storico-geografico-sociale è aperta al-

mqLa storia nelle Indicazioniper il curricolodella scuola

primaria del 2007.Un panoramadi commenti

Area storico-geografico-sociale/testo ministeriale

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la collaborazione con le altre discipline. Infatti,o l t re ai linguaggi verbali, numerici e artistici, chele discipline dell’area condividono con tutte lea l t re, gli allievi imparano a utilizzare il linguag-gio della geo-graficità, che è l’espressione gra-fica dell’intelligenza visivo-spaziale, e, quindia p p rendono ad usare grafici e modelli, per ladescrizione e l’interpretazione sia di sistemi ter-ritoriali, sia di fenomeni storico/sociali.

Il processo di insegnamento/appre n d i m e n-to è concepito come coinvolgente, spinge l’alun-no a interrogarsi, è basato su questioni inere n t il’attualità e su conoscenze significative. Esso tie-ne conto del sapere e dell’esperienza degli alun-ni come punto di partenza e di arrivo dei per-corsi di apprendimento. Si sviluppa grazie ad

uno strumentario diversificato: manuali, fonti dig e n e re diverso, atlanti, testi storici divulgativi escientifici, i media, strumenti multimediali, l’am-biente e il territorio, il patrimonio storico/artisti-co. In questo processo di formazione, la lezio-ne, lo strumento tradizionale di insegnamento,si combina con i momenti di laboratorio, fruttodi una tradizione più recente, ma ugualmentericca di esempi e “buone pratiche”. Questo in-s e g n a m e n t o / a p p rendimento, intenso e parteci-pato, guida gli allievi ad appre z z a re il valore e ip rodotti del lavoro scientifico professionale. Co-sì, essi cominciano a rendersi conto del fatto chela conoscenza della storia, nazionale, europea emondiale, aiuta a capire e ad aff ro n t a re moltequestioni della vita sociale odiern a .

La storia nelle Indicazioni per il curricolo della scuola primaria del 2007. Un panorama di commenti

PresentazioneObiettivo della Storia è compre n d e re e spie-

g a re il passato dell’uomo, partendo dallo studiodelle testimonianze e dei resti che il passato stes-so ci ha lasciato. La conoscenza storica si form ae pro g redisce attraverso un incessante confro n-to tra punti di vista e approcci metodologici di-versi (storici, archeologici, geografici, ecc). L’ap-p rendimento della Storia contribuisce all’educa-zione civile della nazione, perché permette agliallievi di conoscere il processo di form a z i o n edella storia italiana, europea e mondiale e di ca-pire come si sono formati la memoria storica eil patrimonio nazionali. Al tempo stesso, la Sto-ria favorisce negli alunni la formazione di un“abito critico”, fondato sulla capacità di inter-pretare le fonti e le conoscenze acquisite.

Nei tempi più recenti, infatti, il passato, e inparticolare i temi della memoria, dell’identità edelle radici, hanno fortemente caratterizzato ildiscorso pubblico e dei media sulla storia. In ta-le contesto, la padronanza degli strumenti criti-ci delle scienze storico-sociali permette di evi-t a re che la storia venga usata strumentalmentee in modo improprio. Inoltre, la formazione di

una società multietnica e multiculturale ha por-tato con sé la tendenza a trasform a re la storiada disciplina di studio a luogo di rappre s e n t a n-za delle diverse identità, con il rischio di com-p ro m e t t e rne il carattere scientifico e, conseguen-temente, di diminuire la stessa efficacia forma-tiva del curricolo. Per tale motivo, è opportunos o t t o l i n e a re come proprio la storia offra una ba-se solida per ragionare sulle diversità dei grup-pi umani che hanno popolato il pianeta, a par-t i re dall’unità del genere umano. In questo am-bito acquisisce un rilievo centrale la trattazionedi questioni la cui conoscenza è impre s c i n d i b i-le per tutti gli alunni, da qualsiasi luogo pro v e n-gano: dal Neolitico alla Rivoluzione industriale,dalla storia dell’ambiente a quella dei pro c e s s idi globalizzazione.

Ma anche il ragionamento critico sui fatti es-senziali, relativi alla storia italiana ed europea, inquesto contesto, si rivela altamente positivo e co-stituisce una buona base, per avviare il dialogofra le diverse componenti di una società multi-culturale e multietnica, e permette di aprire lascuola ad un confronto sereno ed educativo suitemi delle identità e delle diff e renze culturali.

Storia

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Infatti, la storia europea ed italiana mostra,fin dalle fasi più antiche del popolamento, uncontinuo rimescolamento di genti e di culture .Questa dinamica, nel corso del suo sviluppo –dalle prime società organizzate del pro t o s t o r i-co, alla colonizzazione greca e fenicia, al pro-cesso di unificazione del Mediterraneo, re a l i z-zato dall’impero romano – consente di capire iprofondi intrecci che si stabiliscono fra le gen-ti del mediterraneo e le popolazioni dei conti-nenti europei, asiatici e africani. Gli studi piùrecenti sul medioevo mettono in evidenza la for-mazione di una società aperta, inclusiva, nellaquale i diversi apporti culturali ed etnici, favo-riscono l’emersione di modelli di controllo po-litico del territorio particolarmente efficaci, co-me i domini signorili e gli stati moderni. È suquesta base che si sviluppano le città, medieva-li e moderne, e i processi culturali che hannocaratterizzato vicende, che sono state prima eu-ropee e poi mondiali: dalla nascita e dalla dif-fusione del Cristianesimo, all’esordio dell’Uma-nesimo e del Rinascimento, alle rivoluzioniscientifiche e intellettuali dell’Illuminismo.

In questo modo, l’Europa si costituisce co-me un’area economica e culturale ben indivi-duata, che – insieme con l’India e la Cina – hacaratterizzato la dinamica, a volte pacifica e discambi, a volte violenta e di conquiste, del mon-do moderno e contemporaneo. La conoscenzadegli aspetti fondamentali di questa storia è dun-que essenziale, per orientarsi nella nostra socie-tà. E, fra questi aspetti, va sottolineata l’impor-tanza della formazione degli stati ottocenteschi,e, sicuramente con particolare interesse, quelladello Stato italiano. Questo modo di studiare lastoria, fornisce agli alunni l’opportunità di co-s t r u i re un fondamento storico a questioni che,altrimenti, sare b b e ro interamente schiacciate nel-la dimensione del presente. I due poli – il pas-sato e il presente – devono entrambi avere il lo-ro giusto peso nel curricolo ed è opportuno chesi richiamino continuamente.

Tuttavia, l’analisi del mondo contemporaneoreclama un suo spazio educativo preciso: le

g u e r re mondiali, il fascismo, il comunismo, laliberaldemocrazia, la decolonizzazione e le com-plesse vicende – economiche, sociali, politichee culturali – che caratterizzano il mondo attua-le; la formazione dell’Unione Europea; la nasci-ta e le vicende della Repubblica italiana, sonoda considerarsi decisive, se osservate dal pun-to di vista del raggiungimento degli obiettivi dicittadinanza e della capacità di orientarsi nellacomplessità del mondo attuale e di pro g e t t a reil futuro. Per questo motivo, l’ultimo anno delcurricolo viene riservato allo studio della storiadel Novecento.

La complessità della storia è lo sfondo ine-ludibile del curricolo. Essa dipende sia dalla di-versa natura dei soggetti che la costituiscono (ilg e n e re, il censo, i gruppi sociali, le religioni, glistati e così via), sia dall’intervento intenzionaledegli individui, sia dalla molteplicità delle sca-le e dei punti di vista, a partire dai quali può es-s e re ricostruita. Una didattica plurale, che sap-pia praticare strade diverse di insegnamento,sembra la risposta più corrispondente a questafisionomia della disciplina. L’alunno impara aconfrontare società, a studiare la portata di fat-ti di grande ampiezza temporale e geografica;si soff e rma su una biografia, emblematica perla comprensione di un’epoca; studia eventi epo-cali, impara a usare la cronologia per scoprirel’andamento di una guerra o di un ciclo econo-mico oppure per dare sistematicità alle cono-scenze studiate. Apprende dai libri, ma anchedall’osservazione diretta di elementi concre t i :un castello, una piazza, una fabbrica, una chie-sa. Ogni volta deve imparare ad adoperare sca-le temporali e spaziali diverse.

La disciplina, per questa sua complessità, ri-chiede la formulazione di un percorso ben ar-ticolato, con una pro g ressione di attività e di co-noscenze adatta alle diverse fasi dell’apprendi-mento e che permetta di distribuire lungo tuttol ’ a rco della primaria e della secondaria di pri-mo grado i diversi compiti di appre n d i m e n t o .Nella fase del primo insegnamento, i docentic u reranno la formazione dei concetti di base del

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ragionamento storico, e si soff e rmeranno suaspetti di storia locale, esperibili da vicino, maanche su fatti e racconti di storie lontane neltempo e nello spazio, dalla preistoria ai giorn inostri, purché presentati in forme compre n s i b i-li ed utilizzabili dagli allievi. La storiografia, in-

La storia nelle Indicazioni per il curricolo della scuola primaria del 2007. Un panorama di commenti

Traguardi di sviluppo della competenza al terminedella scuola primaria�L’alunno conosce elementi significativi del passato del

suo ambiente di vita.�Conosce gli aspetti fondamentali della preistoria, della

protostoria e della storia antica.�Usa la linea del tempo, per collocare un fatto o un

periodo storico.�Conosce le società studiate, come quella greca e

romana, e individua le relazioni tra gruppi umani econtesti spaziali.

�Organizza la conoscenza, tematizzando e usandosemplici categorie (alimentazione, difesa, cultura).

�Produce semplici testi storici, comprende i testi storiciproposti; sa usare carte geo-storiche e inizia a usare glistrumenti informatici con la guida dell’insegnante.

�Sa raccontare i fatti studiati.�Riconosce le tracce storiche, presenti sul territorio, e

comprende l’importanza del patrimonio artistico eculturale.

Obiettivi di apprendimento al termine della terzaclasse della scuola primaria�Organizzazione delle informazioni

Rappresentare graficamente e verbalmente le attività, ifatti vissuti e narrati, definire durate temporali econoscere la funzione e l’uso degli strumenticonvenzionali per la misurazione del tempo.Riconoscere relazioni di successione e dic o n t e m p o r a n e i t à , cicli temporali, m u t a m e n t i , p e rm a n e n z ein fenomeni ed esperienze vissute e narr a t e .

�Uso dei documentiIndividuare le tracce e usarle come fonti per ricavareconoscenze sul passato personale, familiare, e della

fatti, ha accumulato, nella sua plurimillenariatradizione, racconti affascinanti che vanno con-siderati una risorsa preziosa, per avvicinare ibambini alla conoscenza del passato. La cono-scenza sistematica e diacronica della storia ver-rà realizzata fra il secondo biennio della prima-

comunità di appartenenza.Ricavare da fonti di tipo diverso conoscenze semplicisu momenti del passato, locali e no.

� Strumenti concettuali e conoscenzeAvviare la costruzione dei concetti fondamentali dellastoria: famiglia, gruppo, regole, agricoltura, ambiente,produzione, ecc.Organizzare le conoscenze acquisite in quadri socialisignificativi (aspetti della vita sociale, politico-istituzionale, economica, artistica, religiosa, …).Individuare analogie e differenze fra quadri storico-sociali diversi, lontani nello spazio e nel tempo (igruppi umani preistorici, o le società dicacciatori/raccoglitori oggi esistenti).

� ProduzioneRappresentare conoscenze e concetti appresimediante grafismi, racconti orali, disegni.

Obiettivi di apprendimento al termine della classequinta della scuola primaria� Uso di documenti

Ricavare informazioni da documenti di diversa naturautili alla comprensione di un fenomeno storico.Rappresentare in un quadro storico-sociale il sistemadi relazioni tra i segni e le testimonianze del passatopresenti sul territorio vissuto.

� Organizzazione delle informazioniConfrontare i quadri storici delle civiltà studiate.Usare cronologie e carte storico/geografiche perrappresentare le conoscenze studiate.

� Strumenti concettuali e conoscenzeUsare la cronologia storica secondo la periodizzazioneoccidentale (prima e dopo Cristo) e conoscere altrisistemi cronologici.

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mqria e la fine della secondaria. Si inizierà focaliz-zando l’attenzione degli alunni sugli aspetti del-la vita sociale, culturale e materiale delle socie-tà preistoriche, protostoriche e del mondo an-tico, e si passerà, man mano che le capacità de-gli allievi crescono, allo studio di processi più

complessi. La scansione fra primaria e seconda-ria è costituita dalla Caduta dell’Impero Roma-no d’ Occidente, mentre nel primo biennio del-la scuola secondaria di primo grado il perc o r s osarà compreso tra il Tardo Antico e la fine del-l’Ottocento.

Elaborare rappresentazioni sintetiche delle societàstudiate, mettendo in rilievo le relazioni fra gli elementicaratterizzanti.

� ProduzioneConfrontare aspetti caratterizzanti le diverse societàstudiate anche in rapporto al presente.Ricavare e produrre informazioni da grafici, tabelle,carte storiche, reperti iconografici e consultare testi digenere diverso, manualistici e non.Elaborare in forma di racconto – orale e scritto – gliargomenti studiati.

Traguardi di sviluppo della competenza al terminedella scuola secondaria di primo grado� L’alunno ha incrementato la curiosità per la

conoscenza del passato. Si informa in modo autonomosu fatti e problemi storici.

� Conosce i momenti fondamentali della storia italianadalle forme di insediamento e di potere medievali allaformazione dello stato unitario, alla formazione dellaRepubblica.

� Conosce i processi fondamentali della storia europeamedievale, moderna e contemporanea.

� Conosce i processi fondamentali della storia mondiale,dalla civilizzazione neolitica, alla rivoluzione industriale,alla globalizzazione.

� Conosce gli aspetti essenziali della storia del suoambiente.

� Conosce e apprezza aspetti del patrimonio culturale,italiano e dell’umanità.

� Ha elaborato un personale metodo di studio,comprende testi storici, ricava informazioni storiche dafonti di vario genere e le sa organizzare in testi.

� Sa esporre le conoscenze storiche acquisite operando

collegamenti e sa argomentare le proprie riflessioni.�Usa le conoscenze e le abilità per orientarsi nella

complessità del presente, comprendere opinioni eculture diverse, capire i problemi fondamentali delmondo contemporaneo.

Obiettivi di apprendimento della terza classe dellascuola secondaria di primo grado�Uso di documenti

Usare fonti di diverso tipo (documentarie,iconografiche, narrative, materiali, orali, ecc.) perricavare conoscenze, su temi definiti.Conoscere alcune procedure e tecniche di lavoro neisiti archeologici, nelle biblioteche e negli archivi.

�Organizzazione delle informazioniF o rmulare problemi sulla base delle informazioni raccolte.Costruire grafici e mappe spazio temporali, perorganizzare le conoscenze studiate.Collocare la storia locale in relazione alla storiaitaliana, europea, mondiale.

�Strumenti concettuali e conoscenzeSelezionare, schedare e organizzare le informazioni conmappe, schemi, tabelle e grafici.Conoscere aspetti e strutture dei momenti storiciitaliani, europei e mondiali studiati.Conoscere il patrimonio culturale collegato con i temistudiati.Usare le conoscenze apprese per comprendereproblemi ecologici, interculturali e di convivenza civile.

�ProduzioneProdurre testi, utilizzando conoscenze, selezionate eschedate da fonti di informazione diverse,manualistiche e non.Riferire oralmente sugli argomenti studiati.

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PresentazioneLa geografia è scienza che studia l’umaniz-

zazione del nostro pianeta e, quindi, i processiattivati dalle collettività nelle loro relazioni conla natura. Tali processi nel corso del tempo han-no trasformato l’ambiente e hanno “costruito” ilterritorio, nel quale oggi viviamo. La storia del-la natura e quella dell’uomo si svolgono contempi diversi: i tempi lunghi della natura si in-t recciano spesso con quelli molto più brevi del-l’uomo, con ritmi che a volte si fanno più ser-rati in seguito a trasformazioni assai rapide, do-vute a nuove prospettive culturali o all’aff e rm a r-si di tecnologie innovative.

Per questi motivi la geografia è attenta al pre-sente, che studia nelle varie articolazioni spa-ziali e nei suoi aspetti demografici, socio-cultu-rali ed economici. Ma poiché lo spazio non èstatico, la geografia non può pre s c i n d e re dalladimensione del tempo, da cui trae molte dellesue possibilità di leggere e interpre t a re i fattiche proprio nel territorio hanno lasciato testi-monianza. È importante partire, nei primi anni

di scuola primaria, dall’approccio senso-perc e t-tivo all’ambiente circostante, attraverso un’esplo-razione consapevole del vicino. In questa fasela geografia opera in stretta connessione con lescienze motorie, per consolidare il rapporto delcorpo con lo spazio. Dopo aver costruito le pro-prie “geografie”, anche attraverso le testimonian-ze di adulti nella veste di re f e renti culturali (fa-miliari, insegnanti, testimoni privilegiati), gli al-lievi possono avvicinarsi alla dimensione siste-matica della disciplina gradualmente, dagli ulti-mi due anni della Primaria fino al terzo annodella Secondaria di primo grado. È soprattuttoalla geografia, infatti, che spetta il delicato com-pito di conferire il senso dello spazio, accantoa quello del tempo: gli allievi devono attre z z a r-si di coordinate spaziali per orientarsi in un ter-ritorio. Occorre che, fin dalla scuola primaria,siano abituati ad analizzare ogni elemento nelsuo contesto spaziale, a partire da quello loca-le fino ad arrivare ai contesti mondiali. Il raf-f ronto della realtà locale con quella globale, e

La storia nelle Indicazioni per il curricolo della scuola primaria del 2007. Un panorama di commenti

Geografia

Traguardi di sviluppo della competenza al terminedella scuola primaria�L’alunno si orienta nello spazio circostante e sulle carte

geografiche, utilizzando riferimenti topologici, punticardinali e coordinate geografiche.

�Si rende conto che lo spazio geografico è un sistematerritoriale, costituito da elementi fisici e antropicilegati da rapporti di connessione e/o diinterdipendenza.

� Individua, conosce e descrive gli elementicaratterizzanti dei paesaggi (di montagna, collina,pianura, costieri, vulcanici, ecc.) con particolareattenzione a quelli italiani.

�È in grado di conoscere e localizzare i principali“oggetti” geografici fisici (monti, fiumi, laghi, …) eantropici (città, porti e aeroporti, infrastrutture…)dell’Italia.

�Utilizza il linguaggio della geo-graficità per interpretarecarte geografiche e per realizzare semplici schizzicartografici e carte tematiche.

�R i c ava informazioni ge o grafiche da una pluralità di fonti( c a rt o grafiche e satellitari, f o t o gr a f i c h e , a rt i s t i c o - l e t t e r a r i e ) .

Obiettivi di apprendimento al termine della terzaclasse della scuola primaria�Orientamento

Muoversi consapevolmente nello spazio circostante,sapendosi orientare attraverso punti di riferimento eutilizzando gli organizzatori topologici (sopra, sotto,avanti, dietro, sinistra, destra, ecc.).

�Carte mentaliAcquisire la consapevolezza di muoversi e orientarsinello spazio grazie alle proprie carte mentali, che sistrutturano e si ampliano man mano che si esplora lospazio circostante.

�Linguaggio della geo-graficitàRappresentare in prospettiva verticale oggetti eambienti noti (pianta dell’aula, di una stanza dellapropria casa, del cortile della scuola, ecc.) erappresentare percorsi esperiti nello spazio circostante.Leggere e interpretare la pianta dello spazio vicino,basandosi su punti di riferimento fissi.

�PaesaggioEsplorare il territorio circostante attraverso l’approcciosenso-percettivo e l’osservazione diretta.

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mq

viceversa, è possibile attraverso la continua com-parazione di spazi, letti e interpretati a scale di-verse, servendosi anche di carte geografiche, fo-tografie aeree e di immagini da satellite.

Altra irrinunciabile opportunità formativa chela geografia offre è quella di abituare ad osser-v a re la realtà da diversi punti di vista, partendodall’assunto che sulla superficie terre s t re nonesiste il centro del mondo, bensì un’infinita mol-teplicità di centri. In questo aspetto, oltre chenella conoscenza e nel confronto tra realtà fisi-che, territoriali e umane diversificate, si eviden-zia il notevole apporto della geografia al temadella cittadinanza, dell’intercultura e all’interio-rizzazione dei valori di solidarietà, di rispetto eaccettazione dell’altro da sé, di integrazioneumana, sociale e culturale.

Il rispetto del patrimonio culturale ere d i t a t oda chi ci ha preceduto, che si traduce in una va-rietà di “segni” leggibili sul territorio, è obietti-vo che conduce agli stretti legami della geogra-fia con la storia e con le scienze sociali. Con

queste discipline, la geografia condivide anchela progettazione di azioni di salvaguardia e dire c u p e ro del patrimonio naturale, affinché legenerazioni future possano giovarsi di una na-tura non avvelenata ed esaurita nelle sue risor-se non rinnovabili. Riciclaggio e smaltimentodei rifiuti, lotta all’inquinamento, sviluppo del-le tecniche di produzione delle energie rinno-vabili, tutela della biodiversità: sono tutti temidi forte rilevanza geografica, in cui è essenzia-le il raccordo con altre discipline scientifiche etecniche. Il punto di convergenza sfocia neces-sariamente nell’educazione all’ambiente e allosviluppo, compatibile con le esigenze degli uo-mini e dei popoli, purché queste si mantenga-no entro la capacità di carico degli ecosistemi.

F a re geografia a scuola vuol dire form a recittadini del mondo consapevoli, autonomi, re-sponsabili e critici, che sappiano conviverecon il loro ambiente e sappiano modificarloin modo creativo e sostenibile, guardando alf u t u ro .

Individuare gli elementi fisici e antropici checaratterizzano i vari tipi di paesaggio.Conoscere e descrivere gli elementi fisici ed antropiciche caratterizzano l’ambiente di residenza e la propriaregione.

Obiettivi di apprendimento al termine della quintaclasse della scuola primaria�Orientamento

Orientarsi nello spazio e sulle carte geografiche,utilizzando la bussola e i punti cardinali.

�Carte mentaliEstendere la proprie carte mentali al territorio italiano ea spazi più lontani, attraverso gli strumentidell’osservazione indiretta (filmati e fotografie,documenti cartografici e immagini da satellite, ecc.).

�Linguaggio della geo-graficitàAnalizzare fatti e fenomeni locali e globali,interpretando carte geografiche a diversa scala, cartetematiche, grafici, immagini da satellite.Localizzare sulla carta geografica dell’Italia la posizione

delle regioni fisiche e amministrative.�Paesaggio

Conoscere e descrivere gli elementi caratterizzanti iprincipali paesaggi italiani, europei e mondiali,individuando le analogie e le differenze (anche inrelazione ai quadri socio-storici del passato) e glielementi di particolare valore ambientale ec u l t u r a l e .

�RegioneConoscere e applicare il concetto polisemico di regionegeografica (fisica, climatica, storico-culturale,amministrativa), in particolar modo, allo studio delcontesto italiano.

� Territorio e regioneComprendere che il territorio è costituito da elementifisici e antropici connessi e interdipendenti e chel’intervento dell’uomo su uno solo di questi elementi siripercuote a catena su tutti gli altri.Individuare problemi relativi alla tutela e valorizzazionedel patrimonio naturale e culturale, analizzando lesoluzioni adottate e proponendo soluzioni idonee nelcontesto vicino.

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La storia nelle Indicazioni per il curricolo della scuola primaria del 2007. Un panorama di commenti

Traguardi di sviluppo della competenza al term i n edella scuola secondaria di primo gra d o�L’alunno osserva , l e g ge e analizza sistemi

t e rritoriali vicini e lontani.�Utilizza opportunamente concetti ge o grafici (ad

esempio: ubicazione, l o c a l i z z a z i o n e , r e g i o n e ,p a e s a g g i o , a m b i e n t e , t e rr i t o r i o , s i s t e m aa n t r o p o f i s i c o … ) , c a rte ge o gr a f i c h e , f o t o grafie eimmagini dallo spazio, gr a f i c i , dati statistici percomunicare efficacemente informazioni spazialisull’ambiente che lo circonda.

�È in grado di conoscere e localizzare i principali“ o g ge t t i ” ge o grafici fisici (monti, f i u m i , l a g h i , …) eantropici (città, p o rti e aeroport i , i n f r a s t ru t t u r e … )dell’Europa e del Mondo.

�Sa agire e muoversi concretamente, f a c e n d oricorso a carte mentali, che implementa in modos i g n i f i c a t i vo attingendo all’esperienza quotidiana eal bagaglio di conoscenze.

�Sa aprirsi al confronto con l’altro, a t t r averso laconoscenza dei diversi contesti ambientali e socio-c u l t u r a l i , superando stereotipi e pregiudizi.

�Riconosce nel paesaggio gli elementi fisicisignificativi e le emergenze storiche, e s t e t i c h e ,a rtistiche ed architettoniche, come patrimonionaturale e culturale da tutelare e va l o r i z z a r e .

�Valuta i possibili effetti delle decisioni e delleazioni dell’uomo sui sistemi territoriali alle dive r s escale ge o gr a f i c h e .

Obiettivi di apprendimento della terza classe dellascuola secondaria di primo gra d o�C a rte mentali

A rricchire e organizzare in modo significativo lac a rta mentale del vicino, della regionea m m i n i s t r a t i va di appart e n e n z a , d e l l ’ I t a l i a ,

dell’Europa e del Mondo.�Concetti ge ografici e conoscenze

C o n o s c e r e , comprendere e utilizzare percomunicare e agire nel territorio alcuni concetti-cardine delle strutture logiche della Geogr a f i a :u b i c a z i o n e , l o c a l i z z a z i o n e , r e g i o n e , p a e s a g g i o ,a m b i e n t e , t e rr i t o r i o , sistema antropofisico.

�Ragionamento spazialeIndividuare nella complessità terr i t o r i a l e , alle va r i escale ge o gr a f i c h e , i più evidenti collega m e n t ispaziali e ambientali: interdipendenza di fatti efenomeni e rapporti fra elementi.

�Linguaggio della ge o - g r a f i c i t àL e g gere e interpretare vari tipi di carte ge o gr a f i c h e(da quella topografica al planisfero), u t i l i z z a n d oc o n s a p evolmente punti cardinali, scale ecoordinate ge o gr a f i c h e , s i m b o l o g i a .L e g gere e comunicare consapevolmente inrelazione al sistema terr i t o r i a l e , a t t r averso illinguaggio specifico della ge o - gr a f i c i t à , ov ve r oa t t r averso termini ge o gr a f i c i , c a rt e , gr a f i c i ,immagini (anche da satellite), s c h i z z i , d a t is t a t i s t i c i .

� Immaginazione ge og r a f i c a“ Ve d e r e ” in modo ge o graficamente corretto ec o e r e n t e , paesaggi e sistemi territoriali lontani(anche nel tempo), nei diversi aspetti, u t i l i z z a n d oc a rt e , gr a f i c i , i m m a g i n i , dati statistici, relazioni div i a g g i a t o r i , testi descrittivi, e c c .

�M e t o d i , t e c n i c h e , s t rumenti propri della Geog r a f i aL e g gere carte stradali e piante, utilizzare orari dimezzi pubblici, calcolare distanze non soloi t i n e r a r i e , ma anche economiche (costo/tempo),per muoversi in modo coerente e consapevo l e .Utilizzare nuovi strumenti e metodi dirappresentazione dello spazio ge o gr a f i c o( t e l e r i l evamento e cart o grafia computerizzata).

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Da una decina d’anni la scuola primaria ita-liana sta attraversando una fase convulsa di ri-f o rme, che si succedono l’una all’altra senza tro-vare né dare un punto fermo. Prima la riformaBerlinguer-De Mauro, abortita nel 2001 dal mi-n i s t ro Letizia Moratti appena la coalizione dic e n t ro-destra guidata da Silvio Berlusconi andòal governo; poi la riforma Moratti del 2004, cheè rimasta in vigore per poco, finché non è sta-ta modificata, al cambio della coalizione di go-v e rno, dalla riforma del ministro Giuseppe Fio-roni, nel 2007. In queste alterne vicende la sto-ria è stata una delle materie che ha subito i mag-giori scossoni. Nella riforma Berlinguer-De Mau-ro le venne impresso un forte taglio mondiale,una novità che suscitò forti opposizioni fra glistorici italiani; con la riforma Moratti questa im-postazione mondiale fu abbandonata per esse-re sostituita con una nazionale ed euro c e n t r i c a ;nell’ultima riforma Fioroni la dimensione mon-diale è di nuovo presente, anche se in modo di-verso dalla sua prima comparsa. Oltre che peri contenuti, i curricoli differiscono poi per l’im-postazione metodologica. Le Indicazioni del mi-n i s t ro Fioroni sono state pubblicate nel settem-b re 2007, poco prima della chiusura di questoprimo numero di Mundus. Per avviare la discus-sione abbiamo raccolto le opinioni di alcuni stu-diosi e professori, italiani e stranieri

Giovanni Gozzini La mia personale impres-sione è che la Bozza del luglio 2007 muova al-cuni passi significativi in una direzione innova-tiva: quella di una doppia connessione tra sto-ria e geografia e tra storia nazionale e storia glo-bale. È questa una direzione verso cui ci spin-gono le urgenze del presente – il confronto trareligioni dopo l’11 settembre, per citare solo laprima cosa che può venire in mente – ma an-che le acquisizioni di ricerca più recenti: i cor-si di World History sono oggi tra i più fre q u e n-tati nelle università degli Stati Uniti.

Si possono fare passi ulteriori. Tutta la sto-ria è storia di migrazioni. Questo punto emer-ge con forza dalle ricerche nel campo della ge-netica storica di Piazza e Cavalli Sforza, con lal o ro sicura fondazione dell’ipotesi monogeneti-ca (africana e nera) del genere umano e la al-t rettanto sicura connessione tra rivoluzione neo-litica e spostamenti verso ovest delle popolazio-ni di ceppo indoeuropeo. Si tratta di una acqui-sizione cruciale che mette in soffitta (nel sensodi conservarne un mero valore antiquario) tut-te le teorie sulle civiltà come compartimenti sta-gni: da Spengler a Toynbee a Huntington. Il pro-g resso, al contrario, è dato storicamente dallamobilità e dagli intrecci tra civiltà; gli uomini ele donne che portano le innovazioni con sé so-no uomini e donne di frontiera, capaci di iden-tità e appartenenze multiple (viaggatori, mer-canti, missionari…). Anche questo elemento sin u t re di stretta attualità e parla più facilmente agenerazioni come quelle odierne, per le qualigli stili di vita viaggiano orizzontalmente nellospazio anziché verticalmente nel tempo: un ra-gazzo italiano di oggi è più simile a un suo coe-taneo di Los Angeles e Tokyo, che non a suononno. E già nel suo presente è viva una dop-pia cittadinanza: nazionale ed europea.

La sfida della world history a programmi ecurricula è una sfida difficile. Implica uno sguar-do alto sul mondo: che significa, per esempio,p a r l a re della Cina contemporanea parlando diZheng He e della indiscussa supremazia mari-nara cinese a metà del X V secolo, di come il po-t e re dei mandarini abbia allora preservato se stes-so proibendo le spedizioni transoceaniche (conle loro implicazioni in termini di sviluppo di unab o rghesia commerciale), in modo non tro p p odiverso da quello impiegato da altri mandarininel 1989 a piazza Tienanmen. Quello sguardoalto sul mondo significa livelli generali di com-parazione, che servano a scoprire diff e renze an-ziché facili e fuorvianti assimilazioni. Significa,per fare un altro esempio, studiare la Rivoluzio-

mqI commenti

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ne Industriale non più nei termini tradizionali diun modello inglese di take-off, destinato ad es-s e re imitato più o meno bene nel resto del mon-do. Bensì nei termini di un caso di sostituzionedelle importazioni (nella fattispecie, di cotonateindiane) a basso costo del lavoro e a prezzi tro p-po competitivi: rivalutando – questo è il sensoinnovativo – le capacità produttive di manifattu-re tradizionali (come quelle tessili dell’Oriente afine Settecento) che coprono a quella data circ adue terzi del prodotto lordo mondiale.

P e n s a re il mondo nella sua unità di intero ,significa appunto sottilineare intrecci commer-ciali e smettere di pensare alle società pre i n d u-striali come una sorta di tabula rasa. Il che valeanche per l’Africa. Banca Mondiale e Fondo Mo-netario Internazionale scoprono oggi insospet-tate capacità di resistenza e adattamento dellecomunità locali africane, senza la cui collabora-zione è difficile far funzionare nuovi pozzi perl’acqua, nuove colture, nuovi insediamenti indu-striali. Ciò che si assimila troppo fre t t o l o s a m e n-te sotto l’etichetta di «tribalismo» nasconde in re-altà una rete di rapporti di re c i p rocità interper-sonale, capaci di sopravvivere dentro i pro c e s s idi modernizzazione e di condizionare il funzio-namento delle istituzioni politiche di ascenden-za coloniale e di imitazione occidentale. Che èpoi quanto avviene con violenza in Iraq.

La storia, come si vede, ha molto da inse-gnare. Ma a condizione di essere ambiziosa: dit r a v a l i c a re i confini nazionali in un esercizio dif-ficile (e spericolato) di comparazione a doppioe re c i p roco senso di marcia tra sud e nord delpianeta. Quante delle stupidaggini che si sen-tono dire sul velo delle donne di fede islamica,p o t re b b e ro essere confutate nei banchi di scuo-la: non vietandolo, naturalmente (credo chequello francese sia un erro re bello e buono) map rendendolo a occasione di un confronto, nonsolo tra culture religiose e laiche diverse, ma an-che tra scelte dei genitori e scelte dei figli. Ta-gliando trasversalmente quelle identità e quel-le appartenenze che Huntington – sbagliando,a fronte delle dinamiche linguistiche ed esoga-

miche messe in mostra dalle seconde e terze ge-nerazioni di immigrati, anche islamici – ritienemonolitiche e separate.

La bozza, insomma, è un primo passo. Nondobbiamo avere paura a fare quelli successivip e rché l’alternativa, drammatica, nelle nostrescuole ormai sempre più multietniche, è l’in-comprensione e la paura.

Cesare Grazioli Le Indicazioni per il Curri-c o l o emanate dal Mpi sulla scuola del primo ci-clo (e su quella d’infanzia, che qui non tratte-rò) contengono molte novità positive. Ciò nonera affatto scontato, anche perché la decisionedel ministro Fioroni di non abro g a re la leggeMoratti (legge 53/2003) imponeva una serie divincoli. Ad esempio, è stato inevitabile mante-n e re il discutibile compromesso adottato dallaMoratti nel rapporto tra la scuola primaria (oe l e m e n t a re) e la scuola secondaria di primo gra-do (cioè le medie): da una parte, è stato dise-gnato un curricolo unitario, che, in particolareper la storia, consente di distendere la storia ge-nerale tra gli ultimi anni della scuola primaria eil successivo triennio; dall’altra parte, però, sisono mantenute la distinzione e la separatezzatra i due segmenti della scuola del primo ciclo(a differenza, è opportuno ricordarlo, di quan-to era stato elaborato dalla riforma Berlinguer-De Mauro, abrogata dalla Moratti, che puntavaa unificare anche strutturalmente la scuola dibase). All’interno di questi vincoli, va ricono-sciuto che l’impianto delle Indicazioni è forte-mente innovativo. Prima di concentrarmi sul cur-ricolo di storia, segnalo alcuni punti di forza diordine generale, comuni a tutte le aree discipli-nari. Considero tali le finalità (cioè «elaborare ilsenso dell’esperienza», pro m u o v e re «i diritti dicittadinanza» e «l’alfabetizzazione culturale di ba-se»), e i criteri metodologici di fondo che ven-gono indicati per costruire un efficace ambien-te di apprendimento (pag. 19): valorizzarel’esperienza e le conoscenze degli alunni comepunto di partenza degli apprendimenti; porreattenzione alle diversità, ed evitare che diventi-

La storia nelle Indicazioni per il curricolo della scuola primaria del 2007. Un panorama di commenti

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no disuguaglianze; favorire l’esplorazione e lascoperta; incoraggiare l’apprendimento coope-rativo; promuovere i processi metacognitivi, fi-nalizzati a «imparare ad appre n d e re»; re a l i z z a reattività di laboratorio. Come insegnante di scuo-la superiore, noto che tali criteri pongono le ba-si per una forte continuità con le otto compe-tenze-chiave di cittadinanza che sono state suc-cessivamente indicate dal Mpi come le mete tra-sversali per il nuovo biennio obbligatorio.

La storia, inserita nell’area storico-geografico-sociale, è sicuramente l’ambito disciplinare in cuipiù forti sono i tratti di discontinuità rispetto al-l’impianto Moratti-Bertagna, di cui viene espre s-samente rigettato l’impianto etnocentrico-identi-tario, e la connessa enfasi sulle «radici». Qui sisottolinea invece che la storia deve favorire laf o rmazione di un «abito critico»; che è necessaria«una didattica plurale, che sappia praticare stra-de diverse di insegnamento», rispondenti alla plu-ralità e alla complessità della disciplina: comples-sità data sia «dalla diversa natura dei soggetti chela costituiscono (il genere, il censo, i gruppi so-ciali, le religioni, gli stati e così via), sia dall’in-tervento intenzionale degli individui, sia dallamolteplicità delle scale e dei punti di vista, a par-t i re dai quali può essere ricostruita. » Tale plura-lità di approcci, si dice inoltre, serve ad abituaregli studenti, di volta in volta, ad «adoperare sca-le temporali e spaziali diverse». La storia-pro b l e-ma, dunque, non la narrazione unilineare di fat-ti. Non un noioso apprendimento mnemonico(ma questo avvertimento è ormai abituale neip rogrammi di storia), quanto un «processo di in-s e g n a m e n t o / a p p rendimento concepito comecoinvolgente», che «spinge l’alunno a interro g a r-si», ed «è basato su questioni inerenti l’attualità esu conoscenze significative»; e che, per fare que-sto, utilizza uno «strumentario didattico diversifi-cato»: non solo il manuale, ma anche altri testi estrumenti multimediali, l’ambiente e il territorio,il patrimonio storico/artistico. In coerenza conquesto approccio, si dice espressamente che lalezione si combina con i momenti di laboratorio.

Il curricolo disegna inoltre una sequenza ba-

mqI NUOVI MANUALI DI STORIA INGRECIA. CRONACA DI UNA GUERRAIDEOLOGICA SUL PASSATONAZIONALE

Maria Repousi

ll’inizio del XXI secolo l’insegnamento della storia in Greciacontinua a trovarsi sotto l’asfissiante controllo dello Stato

e dei poteri politici. Il Ministero dell’Educazione, che per laprecisione si chiama – significativamente – Ministerodell’Educazione e degli Affari Religiosi, e le organizzazioni chesono sotto la sua superv i s i o n e , come l’Istituto Pe d a go g i c o ,m a n t e n gono l’ordine di una narrazione storica ad una solad i m e n s i o n e , etnocentrica e é v é n e m e n t i e l l e, a t t r averso unp r o gramma prescrittivo , libri di testo, circolari e regolamenti cheinondano le scuole. La storia scolastica è piena di stereotipietnici e di miti che i professori devono insegnare e gli alunnid evono imparare a pappaga l l o . Va qui tenuto presente che inGrecia esiste un solo libro di testo per ogni materia e per ognic l a s s e , che viene pubblicato dall’Organizzazione per laPubblicazione dei Testi Scolastici, u n ’ o r ganizzazione gestita dalloStato con la supervisione del Ministero dell’Educazione. E vaanche sottolineato il fatto che dal programma di storia per lascuola elementare è assente la storia mondiale, e anche iriferimenti alla storia europea sono scarsi. Agli alunni vienei nvece insegnata la storia nazionale cominciando dalla Greciac l a s s i c a , passando poi a Bisanzio, seguito dal periodo delladominazione Ottomana, durante il quale la nazione si salvagrazie alla chiesa ort o d o s s a , e alla fine si affronta la storiam o d e rna e contemporanea. Questa rappresentazione lineare econtinua del tempo, caratteristica dell’insegnamento della storiaanche in altri stati europei, fino a poco tempo fa non era statoo g getto di critiche di fondo, poiché gli approcci più modern iall’insegnamento della storia erano del tutto assenti nelle scuolegr e c h e . Gli sforzi compiuti nel passato per rinnovare i contenutidei programmi di storia hanno incontrato difficoltài n s o rmontabili – i testi che hanno cercato di avere un approcciodifferente sono stati ritirati – e non c’è stato nessuna g g i o rnamento didattico, come ad esempio l’introduzione dipratiche laboratoriali.

Durante l’anno scolastico 2006-2007, una nuova generazione dilibri di testo è entrata in scena. Rispetto ai precedenti, questimanuali presentano importanti e positive novità. La prima è ilmodo in cui sono stati selezionati. Finanziati dai grandi programmieuropei con cui il precedente governo socialista si erasolennemente impegnato a modernizzare la scuola, questimanuali hanno dovuto superare un concorso pubblico convalutazione e giudizio esterno. In precedenza, invece, il Ministero,tramite l’Istituto Pedagogico, assegnava il compito di compilare itesti scolastici direttamente ad un autore o ad un gruppo di autoridi proprio gradimento. Secondo la nuova procedura, i candidatihanno dovuto presentare un campione del proprio lavoro, pari al20% del testo totale. Questo campione è stato valutato da ungruppo di esperti indipendenti. Questo cambiamento ha prodotto

A

corrimano

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sata non solo su una successione di epoche esocietà, ma anche su «una pro g ressione di atti-vità e di conoscenze adatte alle diverse fasi del-l ’ a p p rendimento e che permetta di distribuirelungo tutto l’arco della primaria e della secon-daria di secondo grado i diversi compiti di ap-p rendimento». All’inizio, i concetti di base del ra-gionamento storico, da sviluppare sia su aspet-ti di storia locale sia su fatti e racconti di storielontane nel tempo e nello spazio. Poi, «la cono-scenza sistematica e diacronica della storia ver-rà realizzata fra il secondo biennio della prima-ria e la fine della secondaria». Questo perc o r s odi storia generale viene pensato in termini di gra-dualità dal semplice al complesso. Si dice infat-ti espressamente che «si inizierà focalizzando l’at-tenzione degli alunni sugli aspetti della vita so-ciale, culturale e materiale (…) e si passerà, manmano che le capacità degli allievi crescono, al-lo studio dei processi più complessi». Poiché ilpassaggio dal semplice al complesso non è in-sito nei fenomeni storici in sé (ad esempio, laciviltà egizia o le più antiche fasi del popolamen-to non sono più semplici dell’impero romano odell’ unificazione del Mediterraneo da questorealizzato), è evidente che spetta alla pro g r a m-mazione didattica dell’insegnante costruire talegradualità, tematizzando i contenuti in funzionedelle capacità degli allievi. Diventa dunque chia-ro che è la pro g ressione a spirale delle compe-tenze il principale criterio ordinatore del curri-colo. E ciò emerge con evidenza anche dall’in-dicazione degli obiettivi di apprendimento, or-dinati secondo quattro voci: Uso dei documen-ti, Organizzazione delle informazioni, Strumen-ti concettuali e conoscenze, Pro d u z i o n e, voci cher i c o r rono – a livelli di complessità crescente –t re volte: alla fine della terza e della quinta del-la scuola primaria, e alla fine della secondaria diprimo grado. Questa sequenza sposta l’attenzio-ne del docente dai contenuti (che comunque re-stano al centro di queste I n d i c a z i o n i) alle com-petenze: un cambiamento che è già diffuso nel-la scuola di base, ma molto meno nella scuolasecondaria di primo grado (e ancora meno, co-

me noto, in quella di secondo grado!).Ultimi due punti, ma non certo per impor-

tanza: la scansione temporale della storia gene-rale, e al suo interno la collocazione della sto-ria del Novecento. Sul primo punto, la cesuratemporale fra la scuola primaria e il successivotriennio è collocata al momento della Cadutad e l l ’ I m p e ro romano d’Occidente, ovvero asse-gna alla prima la storia antica – e comprende apieno titolo la preistoria, a differenza del curri-colo della Moratti – e al secondo la storia dalMedioevo al presente. Questa «divisione del la-v o ro» tra elementari e medie è temperata in duemodi. Uno è rappresentato dai temi relativi agliStudi sociali, «il cui scopo è quello di consenti-re, anche ai docenti della scuola primaria, di co-s t r u i re percorsi strutturati su questioni della mo-d e rnità e della contemporaneità», in una aper-tura costante al mondo attuale, necessaria pers v i l u p p a re le competenze relative alla cittadi-nanza attiva. L’altra forma riguarda la seconda-ria di primo grado, ove «il continuo legame conil mondo antico è assicurato dallo studio del pa-trimonio storico, artistico e culturale». Tale rac-cordo incrociato è ineccepibile se serve a valo-rizzare gli Studi sociali e lo studio del patrimo-nio artistico, entrambe dimensioni fondamenta-li nell’insegnamento/apprendimento della sto-ria. Se però questa operazione fosse diretta ada t t u t i re le critiche e le recriminazioni di quegliinsegnanti che si sentono «scippati» di una par-te di storia (della storia antica nelle medie, diquella più recente nelle elementari), vorrei di-re molto francamente che trovo tali proteste in-consistenti e inaccettabili. Vo r rei ricordare cheper decenni la critica forse più forte e condivi-sa – in primo luogo tra gli insegnanti – al cur-ricolo tradizionale era la sua triplice ripetitivitàdalle elementari alle superiori, che in primo luo-go demotivava gli studenti, di fronte al senso didéjà vu della… solita storia; e, peggio ancora,inoculava la distorta percezione di una materiache poteva essere proposta solo e soltanto co-me «storia generale». Da ciò hanno preso corpoelaborazioni e proposte convergenti nella dire-

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una serie di cambiamenti considerevoli, tra i quali:a) sono stati definiti criteri di valutazione, e tali criteri sono stati

necessariamente scientifici;b) si è aperto quel circolo chiuso di autori, che aveva per anni

monopolizzato la produzione dei testi scolastici, con lacollaborazione dei responsabili dell’Istituto Pedagogico;

c) si è creata per gli autori una nuova situazione di lavoro, al difuori dei condizionamenti dello stato e dei responsabili dei libridi testo.

Tutto ciò ha permesso di apportare modifiche considerevoli allaf o rma e ai contenuti dei nuovi libri di testo, anche se più inalcuni settori che in altri. E , com’era preve d i b i l e , q u e s t emodifiche hanno scatenato polemiche. Che sono diventate unavera e propria guerra nel caso del manuale di storia di storiam o d e rna e contemporanea destinato ai ragazzi di 12 anni.1

Questo testo, i n f a t t i , c o n t e n eva una serie di innovazioni rispettoai precedenti, di cui riporto qui un elenco, per render più chiaroil discorso:

A) Cambiamenti di fondo nel contenuto:1. I testi narrativi si basano sulle acquisizioni storiografiche piùconsolidate e danno i riferimenti bibliografici essenziali. Sonostati quindi eliminati i miti storici nazionali. È anche assentel’idealizzazione della Grecia, la vittimizzazione dell’Ellenismo e imiti e gli stereotipi nazionali che, fino a poco tempo fa,costituivano la base dell’insegnamento della storia. Al tempostesso, si è cessato di denigrare gli altri gruppi etnici, il cuipunto di vista è anzi stato introdotto nel testo.2. Il contenuto non è più basato, come in passato, su unahistoire bataille fatta di guerre ed eventi politici cruciali, ma siconcentra su aspetti sociali e culturali. Allo stesso modo, lospazio dedicato agli eroi tradizionali è stato ridotto e sonoinvece apparse, come eroi anonimi, anche persone comuni.3. Le donne sono divenute parte della storia. Uscendo dal ruoloesclusivamente naturale di madre e moglie, sono stateintrodotte nella narrazione come soggetti storici, capaci dimodificare gli eventi attraverso le proprie azioni.4. C’è stato, inoltre, uno sforzo di collegare la storia greca conquella europea e mondiale, allo scopo di allargare laprospettiva greco-centrica del programma.

B) Innovazioni metodologiche più importanti:1. Sono stati adottati nuovi approcci all’insegnamento dellastoria, con l’introduzione di fonti storiche, incoraggiando glistudenti a leggerle criticamente e a lavorare con esse. Aglialunni non si chiede più, come nei manuali precedenti, diimparare il testo a memoria. Al contrario, viene chiesto loro dicapire la storia attraverso un esame critico delle fonti e ildibattito in classe.2. Viene introdotta una molteplicità delle fonti storiche. Fontiorali, fonti iconografiche di vario genere, mappe e oggetti si

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zione di un nuovo «curricolo verticale di storia»,in cui la «storia generale» fosse aff rontata unasola volta, per cinque anni, tra la fine delle ele-mentari e il biennio dell’obbligo. La soluzione,di compromesso, emersa con la Moratti e con-f e rmata da Fioroni, è un percorso quinquenna-le di storia generale tra elementari e medie, cuisi presume ne seguirà un secondo alle superio-ri. E a quegli insegnanti della primaria e dellemedie che si sentono «scippati» viene da chie-d e re come sia possibile rimpiangere due – as-surdi – cicli triennali ripetuti tra gli otto e i die-ci anni e poi tra gli undici e i tredici, rispetto aun curricolo unitario disteso su cinque anni!

Infine, sulla storia del Novecento, le I n d i c a-z i o n i sono chiarissime: ad essa va riservato peri n t e ro l’ultimo anno della scuola secondaria diprimo grado (così come di quella di secondo gra-do), in linea col decreto Berlinguer del 1996. Èuna doverosa attenzione verso la storia contem-poranea, che la «contro r i f o rma Moratti» (comev o r rei chiamarla), aveva di fatto eliminato, conla scandalosa restaurazione della vecchia scan-sione (quella che concentrava nell’ultimo annoOtto e Novecento, a partire da Napoleone, benprima della data, abituale nella stessa tradizionedidattica, della Restaurazione). Nei vecchi pro-grammi precedenti al decreto Berlinguer, quellaa b n o rme concentrazione degli ultimi due seco-li, che di fatto impediva di arrivare realmente as t u d i a re il Novecento, era almeno giustificata daisoli tre anni in cui era concentrata alle medie lastoria generale. Tale pretesto non poteva ovvia-mente valere per il curricolo quinquennale del-la Moratti, e a questo per fortuna si è rimediato.Tutto sommato, questa vicenda ha forse il pre-gio di rivelare che, almeno sul tema dell’insegna-bilità della storia recente, c’è ancora una chiarad i ff e renza politica tra destra e sinistra.

Arnaldo Marcone Il documento presenta al-cuni elementi di novità che meritano conside-razione e apprezzamento. Il primo è di caratte-re generale. Il quadro pedagogico di riferimen-to appare calato in un contesto che ha una spe-

mq

1 . M a ria Repousi,C h a ra A n d re a d o u ,A ris Po u t a ch i d i s ,A rmodios T s i va s , S t a

n e ó t e ra kai s y g c h rona chrónia (= S t o ria moderna e contempora n e a) ,

Organismos ekdoseo s didaktikon biblion,Atene 2006.

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cificità ben evidenziata e non si perde in enun-ciati generici che spesso, proprio perché vaghi,sono di scarsa utilità. Ma l’aspetto di novità piùi n t e ressante, in positivo, è che la storia non sem-bra più concepita come un insieme di nozionida trasmettere all’alunno, considerato term i n efinale del processo cognitivo in una sostanzia-le situazione di passività. L’alunno appare in li-nea di principio considerato come un protago-nista, soggetto operante in prima persona rispet-to al sapere che deve acquisire.

Va segnalato come positivo il riconoscimen-to delle esperienze personali che i discenti han-no come base sulla quale operare un fruttuosoinnesto di nozioni organizzate di riferimento. Èa l t resì meritevole di riconoscimento – ma suquesto punto è lecito attendersi adeguati appro-fondimenti in sede di programmazione e di spe-rimentazione didattica – che, almeno a livellodi istruzione primaria, si consideri la formazio-ne un processo cognitivo unitario, rispetto alquale è la nozione di “ambiente” che merita diessere apprezzata e valorizzata in modo speci-fico. Il riconoscimento dell’ “ambiente”, intesoin senso lato come ambito di interrelazioni na-turali e culturali in cui l’attività umana si svilup-pa secondo modalità diverse che possono esse-re proficuamente oggetto di riflessione, è, alme-no potenzialmente, un terreno sul quale un di-scorso didatticamente aggiornato può essere or-ganizzato in modo proficuo.

In questo senso condivisibile e meritevoledi approfondimento appare l’individuazione diu n ’ a rea specifica di elaborazione didattica, de-finita come “storico-geografico-sociale”. In unasocietà destinata a essere sempre più caratteriz-zata dalla necessità di integrazione di individuidi provenienza diversa, con diff e renze talvoltanotevoli nei fondamenti culturali di base, è in-dispensabile avere una piattaforma comune perpoter avviare un proficuo discorso. Proprio daalcune nozioni tanto elementari quanto fonda-mentali come quella di cittadinanza, tutt’altroche ovvia, si può partire per valorizzare la pe-culiarità del mondo antico che deve costituire ,

anche per gli alunni del primo ciclo, un quadrodi riferimento che consenta una prima, oppor-tuna verifica della società in cui si trovano ado p e r a re. La giusta valorizzazione del mondocontemporaneo deve essere sostanziata da unaconsapevole e mirata considerazione dell’im-portante lascito del mondo antico. Il compitodell’insegnante risulta dunque di estrema im-portanza perché toccherà a lui, a seconda del-le aree in cui si troverà ad operare, scegliere ip e rcorsi idonei per richiamare l’attenzione de-gli alunni su questa realtà.

È evidente che si deve ormai sollecitare il su-peramento di ogni piatta informazione di tiponozionistico soprattutto quando si tratta di mon-do antico. La sensibilità per il proprio territorio,per le trasformazioni del paesaggio urbano eagrario può e deve essere utilizzata per un’ade-guata presentazione di argomenti e di pro b l e-matiche. La stessa nozione di “ecologia” può es-s e re introdotta senza timore di forzature moder-nizzanti per cerc a re di delineare un itinerarioideale che dal mondo antico arrivi sino a noi.

I ragazzi delle classi finali del ciclo, infine,potranno essere proficuamente invitati a consi-d e r a re, attraverso esempi mirati tratti dalla lette-ratura e dall’architettura, i modi in cui il mondoantico può essere strumentalizzato per scopi po-litici di parte al fine di renderli consapevoli diquanto importante sia una conoscenza critica delp roprio passato proprio come deterrente rispet-to a ogni possibile falsificazione ideologica.

Falk Pingel Gli autori delle nuove I n d i c a z i o-n i per il curricolo, hanno scelto di basarsi su unp resupposto decisamente ambizioso: niente dimeno che la globalizzazione, che determina ilcontesto in cui si situa il ‘microcosmo’ della scuo-la e con cui questa al giorno d’oggi si deve mi-s u r a re. In effetti, la scuola non può più limitar-si a trasmettere conoscenze capaci di re n d e re glialunni sicuri nel mondo esterno: dal momentoche l’incertezza e il cambiamento caratterizzanos e m p re più il mondo socio-professionale, essidovranno essere capaci di muoversi autonoma-

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mente, una volta lasciata la scuola e la casa deigenitori. Come può la scuola – e in particolarel’insegnamento della storia – prepararli a ciò?

N e l l ’ i n t roduzione alle I n d i c a z i o n i gli autorinon hanno esitato a indicare finalità anche con-trastanti da re a l i z z a re nei successivi percorsi for-mativi. Nella misura in cui processi ed eventi in-t e rnazionali si riflettono sul microcosmo dellascuola, così anche l’individualità del singolo stu-dente deve essere messa in relazione al conte-sto sociale a cui appartiene; entrambi gli ele-menti quindi – l’individualità, da una parte, e ilcontesto sociale, dall’altra – sono da sviluppareallo stesso modo.

Queste finalità generali investono l’insegna-mento della storia quando viene toccato il temadella responsabilità sociale e politica che l’edu-cazione civica deve pro m u o v e re. La diversitàdelle radici culturali degli alunni deve certo es-s e re riconosciuta, ma solo se un uguale ricono-scimento viene riservato anche ai valori e ai be-ni culturali che caratterizzano oggi il territorionazionale. Sono questi ultimi, infatti, a stabilireil legame fra la molteplicità delle esperienze at-tuali e la storia, dalla quale il mondo d’oggi èscaturito, ma che al tempo stesso supera. Map e rché è proprio il ‘territorio della nazione’ ciòche collega il mondo della storia con la globa-lità dell’oggi? È questo il frutto di un compro-messo politico che gli autori delle Indicazionihanno dovuto accettare per poter intro d u r re inesse l’approccio storico mondiale e il nuovo ri-ferimento alla globalizzazione? Il problema cru-ciale delle nuove categorie che sono state quiinserite, come quelle di globale, pluralistico emulticulturale, sta nel fatto che esse non riesco-no ad eliminare i vecchi punti di riferimento di-dattici, come ad esempio la formazione identi-taria nazionale o europea, ma piuttosto li esten-dono. L’introduzione delle Indicazioni spalan-ca dunque un vasto orizzonte di temi e di obiet-tivi, la cui concreta realizzazione viene affidataai programmi delle singole materie.

La contraddizione iniziale si ripropone qua-si come problema centrale nel paragrafo intro-

mquniscono alle fonti scritte per creare un testo dai molti aspetti.3. L’interdisciplinarietà è introdotta come modo per richiamarele conoscenze e le abilità che gli alunni hanno acquisito nellealtre materie.

Prima che questo manuale venisse pubblicato e distribuito nellescuole, il primate della Chiesa ortodossa di Grecia, Christodoulos,informato sul suo contenuto, ha fortemente criticato l’assenza,secondo lui, del ruolo della chiesa ortodossa nella conservazionedell’Ellenismo durante il periodo della dominazione ottomana epoi nel risveglio nazionale. E questo nonostante il fatto che siastato ormai storicamente accertato che il patriarcato ortodossonon fu il primo eroe della rivoluzione contro l’autorità ottomana,come si è sempre insegnato, ma al contrario la condannò. Lareazione del primate fu seguita da altre che venivano soprattuttodai gruppi nazionalistici. Queste organizzazioni, che si risveglianoogni volta che i diritti nazionali vengono considerati “a rischio”,cominciarono a organizzare una serie di iniziative volte al ritiro delmanuale, con l’accusa che tradiva in maniera inaccettabile lanazione greca. Queste organizzazioni, avendo accesso ai media econtatti con uomini politici in tutto lo schieramento politico, dalladestra tradizionale alla sinistra comunista, hanno fatto di questaquestione un vero e proprio caso nazionale. Manifestazionipubbliche, campagne di stampa, programmi radiotelevisivi,moltissimi interventi in parlamento ed un sito web per la raccoltadi firme contribuirono a diffondere voci pericolose, con il risultatodi allarmare l’opinione pubblica. La loro convinzione era che ilmanuale faceva parte di un complotto internazionale control’Ellenismo e la storia nazionale, mirante a una cancellazionedell’identità nazionale al servizio della globalizzazione. L’obiettivodi questa cospirazione era la perdita della memoria storica al finedi facilitare il programma di schiavizzazione che è al centro dellaglobalizzazione. Molti hanno anche ipotizzato che gli autorifacessero parte di un piano pre-organizzato, parte a sua volta diun accordo più vasto tra Grecia e Turchia, per modificare i manualidi storia, o che addirittura fossero stati pagati da Ankara alloscopo di de-ellenizzare i greci e facilitare i progetti turchi. Allostesso tempo, con argomenti un po’ diversi, molti intellettualihanno chiesto agli autori e al gruppo di storici che sostenevapubblicamente il libro: “Cosa faremo quando non avremo più unanazione?”Questa retorica nazionalistica ha contagiato ampi settori dellasocietà greca e ha messo in moto una serie di sviluppi al centrodella scena politica. Oltre all’aumento dei consensi a favore delLAOS, il partito dell’estrema destra di Karatzaferis, si è avuta lacreazione di un nuovo partito patriottico ad opera di K.Papathemelis, un parlamentare che collaborava con il partito diNuova Democrazia. Nel tentativo di fronteggiare queste reazioni,senza perdere voti a destra, il governo di destra guidato da KostasKaramanlis ha chiesto l’opinione dell’Accademia di Atene.Quest’ultima è un’istituzione che, a parte la sua incapacità divalutare i manuali scolastici, ha alle sue spalle una storia piena dilati oscuri, tra i quali il più significativo è l’atteggiamentofavorevole verso i dittatori della giunta militare greca (1967-1974). In sostanza, nel suo parere ufficiale, l’Accademia haconcordato con molte delle critiche rivolte al manuale e haproposto una serie di correzioni. A questo punto, anche i greco-

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duttivo dell’area storico-geografico-sociale, incui si aff e rma che la comprensione delle attua-li forme di convivenza civile deve essere garan-tita da un costante rapporto con lo studio del“mondo antico”.

I contenuti didattici prendono le mosse “dal-l’unità del genere umano”, che viene esemplifi-cata con lo studio dei casi delle aree culturali edeconomiche europea, indiana e cinese. I sotto-temi che vengono successivamente citati riflet-tono nuovamente un approccio piuttosto con-s e r v a t o re e vanno dall’unificazione del mondomediterraneo nell’antichità, per passare poi a te-mi tradizionali come il Cristianesimo, l’Umane-simo e il Rinascimento, per arrivare infine, nel-l’età contemporanea, alle guerre mondiali, alled i t t a t u re e alla formazione delle democrazie.

In che misura un approccio curricolare foca-lizzato sulla storia mondiale e su quella delle ci-viltà riesca poi ad influenzare l’insegnamento, lodeciderà solo la pratica; sarà necessario l’aggior-namento degli insegnanti e il ricorso a materia-li didattici adeguati per poter ridurre l’ampiezzadei contenuti e per impedire che attraverso i vec-chi temi conosciuti anche i vecchi metodi con-tinuino a determ i n a re il modo di insegnare .

In un punto però gli autori del curricolo han-no compiuto un decisivo passo avanti sulla viadi una riflessione storica orientata al pre s e n t e ,dedicando l’ultimo anno del curricolo esclusi-vamente alla trattazione del XX secolo. Forseera necessario che questo secolo finisse, perc h évenisse accettato dagli storici italiani e dagliesperti di didattica della storia come moduloconclusivo dell’insegnamento di questa mate-ria. In tal modo, le Indicazioni italiane si sonoadeguate alla tendenza che vede la maggioran-za degli stati membri dell’Unione Europea por-re l’accento sull’insegnamento della storia con-temporanea; peraltro alcuni programmi didatti-ci (come ad esempio quelli di alcuni B u n d e s-l ä n d e r tedeschi) sono già andati oltre, riservan-do al solo periodo dopo il 1945 l’ultimo annodi storia della scuola dell’obbligo.

Per raggiungere obiettivi così impegnativi,

le nuove Indicazioni hanno rinunciato, rispet-to ai progammi precedenti, a pre s e n t a re un det-tagliato elenco di contenuti, dando invece spa-zio alle indicazioni sulla metodologia didatticae sugli obiettivi di apprendimento. Una volta ac-cettato il quadro generale, i contenuti diventa-no intercambiabili nel far acquisire agli studen-ti – a seconda delle classi – il metodo per la se-lezione e la valutazione delle informazioni. Equando singoli contenuti vengono menzionati,questi si riferiscono non ad eventi o a persone,ma a processi.

Gli studenti dovre b b e ro dunque elaborare stru-menti propri per interpre t a re i testi storici e permetterli in relazione fra loro. Il “laboratorio stori-co”, che finora è rimasta un’attività innovativa piut-tosto marginale nella didattica della storia in Ita-lia, potrebbe così diventare una parte costitutivaconsolidata dell’insegnamento della storia e dellasua rappresentazione nei manuali scolastici.

Le Indicazioni esortano sì gli alunni a pro-b l e m a t i z z a re, a porre domande e a discutere ,ma finiscono esse stesse per pro b l e m a t i z z a reben poco. Rimane poi aperta la questione sucome gli insegnanti dovre b b e ro trattare il XXsecolo dal punto di vista della storia mondialee renderlo comprensibile nelle sue contrastan-ti spinte alla denazionalizzazione e, contempo-raneamente, alla formazione di nuovi stati na-zionali ed etnici, nonché alle guerre re l i g i o s e .Appare evidente la propensione ad evitare ter-mini e periodizzazioni problematiche, come adesempio il concetto di ‘genocidio’, mentre pere s e m p l i f i c a re si ricorre a t o p o i conosciuti (co-me il Tardo Antico, l’Ottocento e la famiglia, perc i t a rne alcuni). Le sfide – che un approccio del-la storia mondiale orientato alla globalizzazio-ne comporta per l’insegnamento, la compre n-sione e la capacità di giudizio degli alunni – ri-mangono a mio pare re troppo confuse per cre-d e re che gli insegnanti si possano sentire solle-citati a re c e p i re attivamente gli approcci inno-vativi del curricolo e a metterli in pratica.

Un segno della permanenza di orientamentipiuttosto tradizionali può essere anche la pre v a-

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ciprioti si sono svegliati, in quanto il manuale viene ancheutilizzato nelle scuole greco-cipriote. Essi hanno ritenutoinaccettabile la presentazione della Questione cipriota e, tramite ilMinistero dell’Educazione di Cipro, hanno richiesto che venissemodificata la descrizione delle condizioni di vita dei greco-cipriotia partire dall’invasione turca dell’isola. In particolare, essipretendevano che il libro ignorasse la divisione dell’isola nel1974, con la motivazione che tale divisione rappresenta il puntodi forza della propaganda turca. Di conseguenza, chiedevano che illibro si allineasse alle posizioni della politica estera del governogreco-cipriota, accettando il linguaggio politicamente corretto chedescrive lo stato turco-cipriota come un territorio occupato, e negauna divisione che di fatto è una realtà.Il gruppo di autori del libro, dopo aver ascoltato tutte le critiche delMinistero e dell’Istituto Pedagogico, dichiarò che le avrebbeesaminate attentamente e che avrebbe accettato tutte quelle cheavrebbero considerate necessarie, valide e compatibili con lafilosofia del libro. Così è stato. Una nuova versione del manuale fupresentata dagli stessi autori in vista della ripubblicazione delmanuale per l’anno scolastico successivo. In questa secondaedizione, pur mantenendo la stessa impostazione storiografica edidattica, alcuni punti sono stati modificati, in quanto consideratiprovocatori per la memoria collettiva e oggetto distrumentalizzazione politica. Dopo una lunga attesa delladecisione del governo, che ha coinvolto l’opinione pubblica, imedia, il mondo politico e la comunità didattica e scientifica, èstata data l’autorizzazione alla ristampa. Durante una conferenzastampa, il ministro dell’Educazione, Marietta Giannakou, hadichiarato, insieme al Primo Ministro, che il manuale sarebbe statoancora utilizzato nelle scuole greche e che sarebbe statosottoposto alla valutazione degli insegnanti, così come accade pergli altri libri di testo.Purtroppo, non era finita qui. Infatti il 16 settembre 2007 ci sonostate nuove elezioni politiche, che sono state vinte ancora unavolta dalla coalizione di destra, e che inoltre hanno permesso alLAOS di entrare per la prima volta in parlamento, con il 3, 5% deivoti. Questo partito ha subito fatto pressioni perché il manualevenisse abolito, e infatti poco dopo il nuovo ministrodell’Educazione, Evrypides Stylianidis, ne ha annunciato il ritirodefinitivo dalle scuole.

Questa vicenda dimostra chiaramente che il nazionalismo sinasconde sotto diverse forme e penetra ogni ambito della politica,infiammando l’opinione pubblica e spingendola verso una storiaconservatrice e non scientifica. E dimostra quanto sia importanteche la comunità degli storici mantenga viva l’attenzione neiconfronti degli usi pubblici e la manipolazione della storia.

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lente scansione cronologica del curricolo, che siispira ai modelli finora usati. Suddivisioni dal ta-glio più fortemente tematico, come si possonot ro v a re in alcuni programmi tedeschi, avre b b e ropotuto raff o r z a re gli approcci innovativi. Comun-que questo documento ministeriale rappre s e n t aun valido strumento, che può motivare gli inse-gnanti e gli autori di testi scolastici a re c e p i re ea t t u a re gli elementi innovativi in esso contenuti.

Giuseppe Sergi Non ho le competenze pere s p r i m e re un pare re sulle Indicazioni che sifondi su una documentata comparazione conanaloghi testi del passato, tuttavia mi sembra visi colga una nuova positiva aderenza ai dibatti-ti storiografici. E non (questo non sarebbe granmerito) agli aspetti tecnici e disciplinari del di-battito, bensì alle preoccupazioni dei pro f e s s i o-nisti su due pericoli connessi all’uso sociale del-la storia, e quindi alla sua trasmissione nellascuola: a) la presenza-assenza del passato, le-gata a un eccessivo appiattimento sul pre s e n t e ;b) la strumentalizzazione del passato a fini iden-titari (e quindi potenzialmente di conflitto). Ilprimo è esorcizzato con la proposta di una bi-polarità passato-presente ma anche attraversoscansioni che valorizzino le specificità di perio-di lontani nel tempo. Il secondo con dichiara-zioni di peso contro il rischio di usi strumenta-li e impropri del passato e con l’auspicato invi-to a “ragionare sulle diversità dei gruppi umaniche hanno popolato il pianeta”.

Personalmente non posso che appre z z a reche si ricordi che il medioevo corrisponde a unasocietà “aperta” e “inclusiva” e che i suoi “mo-delli di controllo politico” (che certamente nonsono da rimpiangere) sono da valutare analiti-camente nei loro percorsi, prima e a fianco del-la nascita dello stato moderno.

Sembra, anche questo, segno di un ricorsoalla storia non strumentale neppure dal puntodi vista pedagogico: un passato da conoscere insé, e non solo perché “utile”. Sarei stato, forse,ancora più netto, là dove si parla di “abito criti-co”: ritengo debba essere un abito critico speci-

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fico sul passato (e non che la conoscenza delpassato debba essere promossa solo perché fa-vorisce un atteggiamento critico generale). Inol-t re non posso che condividere che la “comples-sità” sia “sfondo ineludibile”. Aggiungo l’auspi-cio di una complessità che eviti le curiosità sulpassato tutte legate alla cosiddetta “assimilazio-ne” (interessarsi della storia per ciò che sembraassimilabile a pratiche, usi e meccanismi del pre-sente, o almeno ad essi confrontabile) o, al con-trario, al “distanziamento” (interessarsene per lastranezza esotica, oppure a fini consolatori, perp e rc e p i re come si stava male un tempo). È so-lo avendo presente questi due meccanismi, usan-doli caso mai come stimolo ma non re n d e n d o-li stabili, che si può insegnare una storia non fat-ta di pro g resso permanente e lineare: cioè, ap-punto, l’opposto della complessità, ma ancheuna grande illusione, socialmente narc o t i c a .

Avverto poi che se, come credo, nella pri-ma parte del documento si vuole sottolinearel’utilità dell’insegnamento della storia per svela-re i processi di formazione della “memoria sto-rica” (che potrebbe anche non essere positiva),s a rebbe bene un chiarimento pre l i m i n a re chedistingua, com’è giusto, storia e memoria, nonc o n f e rmando il solito sintagma costituito (chesposa fra loro due concetti diversi e su cui esi-ste da sempre una unanimità un po’ sempliciot-ta, tipica dei discorsi celebrativi in cui si rifugia-no i politici quando parlano del valore della co-noscenza del passato).

Non trovo mai, nei testi che si occupano pro-grammaticamente di storia insegnata e da inse-g n a re, una considerazione importante che è tra-ducibile in una domanda, valida soprattutto perla contemporaneità. Si ammette norm a l m e n t e ,come fosse un’elementare ovvietà, che molteverità vengono a galla decenni dopo l’evento( p e rché si rendono disponibili archivi, perc h écadono segreti di stato, perché hanno perso pe-so i poteri interessati alla falsificazione o all’oc-cultamento di prove e per altre simili ragioni).Perché si dimentica, allora, che anche questa èuna delle funzioni della storia? Perché non in-

s e g n a re più e meglio la sua diff e renza dalla cro-naca, e le sue maggiori potenzialità di farci av-vicinare alla conoscenza dei fatti?

Ma posso concludere con un “finalmente”.Finalmente mi trovo di fronte a un testo che hal’ambizione – sì, l’ambizione – di non attribuireall’insegnamento della storia responsabilità altempo stesso eccessive e spurie; di non far usci-re la disciplina all’esterno dei confini che i suoispecialisti le attribuiscono; e, soprattutto, di con-s i d e r a re educativo il massimo avvicinamentopossibile alla verità su un passato, qualunquepassato, che mai – tanto meno a scuola – devee s s e re ritenuto semplice terreno di confronto diopinioni, come se non avessero peso né le pro-ve né l’attrezzatura di chi le valuta.

Rafael Va l l s Nel corso dell’ultimo decennio,in diversi paesi europei, ma anche sudamerica-ni, si sono verificati dei cambiamenti importan-ti nei programnmi scolastici, sia della primariacome della secondaria. È ciò che è accaduto,dopo reiterati tentativi, anche in Italia.

Le società occidentali, nel senso esteso delt e rmine, si sono modificate profondamente nel-l’ultimo decennio e non sembra che tale pro-cesso si stia fermando. Anzi, al contrario, si pro-spettano cambiamenti più profondi, al puntoche bisognerà tenersi pronti a recepirli in ma-niera il più possibile positiva, dal momento chei problemi sembrano essere molto più comples-si di quelli già aff rontati nella seconda metà deltrascorso secolo XX.

Materie di studio così sensibili alle richiestesociali e al mutamento dei tempi, come la sto-ria, non possono rimanere al margine delle tra-s f o rmazioni, lontane dalle crescenti esigenze so-ciali, culturali e identitarie. È questa, secondo lamia opinione, la nuova situazione che si scor-ge dietro il rinnovamento dei programmi scola-stici nella gran parte dei paesi occidentali.

La storia ha assolto, in campo scolastico, lasua funzione “nazionalizzatrice” per tanto tem-po, praticamente dagli inizi del secolo XX (maa volte dalla metà del secolo, a seconda dei pae-

La storia nelle Indicazioni per il curricolo della scuola primaria del 2007. Un panorama di commenti

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si, fino a poco dopo la fine della 2ª guerra mon-diale). A partire da questa data, le cose hannocominciato a cambiare, anche se si devono at-t e n d e re gli anni ’70 per assistere ai cambiamen-ti più evidenti. D’altra parte il peso della tradi-zione scolastica, con la sua routine e le sue ri-petizioni non sempre consapevoli, era sempreforte e, perciò, questo cambiamento non è sta-to per niente semplice. In Spagna, per esempio,il rinovamento del programma non si è concre-tizzato che negli anni ’90, e si sarebbe dovutoa n a l i z z a re e appro f o n d i re molto di più la suaincidenza nelle aule, aspetto che non è stato an-cora chiarito in maniera sufficiente.

I recenti cambiamenti dei programmi attualisi concentrano sulle seguenti caratteristiche: inprimo luogo, il superamento dell’insegnamentotradizionale della storia, ridotta ad una mera tra-smissione di un episodio o di un discorso pre t-tamente storico incurante di far trasparire il suogrado di affidabilità o il suo supporto scientifico.

Questa impostazione dell’insegnamento ed e l l ’ a p p rendimento della storia è stata supera-ta sia dalla ricerca didattica, sia dal gradimentodegli studenti. Tutte le ricerche intern a z i o n a l ihanno mostrato a più riprese che gli studentidesiderano un insegnamento della storia più uti-le, più orientato verso la formazione sociale epersonale. A partire da questo apprezzamento,in secondo luogo, gli studenti richiedono unastoria di cui faccia parte la metodologia scienti-fica, una storia come materia di conoscenza eanche il trattamento di quegli aspetti pro b l e m a-tici, anche conflittuali, della societa in cui vivo-no, considerati molto più interessanti ed istrut-tivi del racconto, prettamente erudito e passati-sta, della storia tradizionale.

In questo senso, ed in terzo luogo, gli stu-denti richiedono un insegnamento della storiache li metta in condizione di poter analizzarecon profondità e più perizia il cumulo di cono-scenze che giungono loro da diverse fonti di in-f o rmazione, presenti nelle nostre società, e ri-chiedono che li si addestri all’uso di strumentipiù potenti di analisi e di critica di queste stes-

se informazioni per poter partecipare in manie-ra più attiva e consapevole alla società in cui vi-vono. Essi rivendicano una formazione che limetta in grado di essere membri a tutti gli eff e t-ti di una cittadinanza attiva.

Queste nuove esigenze dell’insegnamento ed e l l ’ a p p rendimento della storia richiedono ovvia-mente dei curricoli e dei programmi scolastici incui quelle competenze e quelle capacità intellet-tuali, a cui abbiamo accennato sopra, si ricono-scano esplicitamente, in cui si assegni loro il tem-po scolastico necessario per una piena acquisizio-ne. Al contrario, tali competenze costituire b b e rosolo una simpatica dichiarazione di principio.

Di conseguenza, i nuovi programmi e i nuo-vi curricoli non possono ripro p o r re il loro tra-dizionale carattere enciclopedico. Infatti questaimpostazione impedisce che si possa dedicareil tempo assolutamente necessario per i labora-tori, la pratica e le applicazioni metodologichedi cui stiamo parlando. Ed è su questo aspettoche si assiste alle maggiori opposizioni verso lenuove e più succinte impostazioni curricolari.A quanto sembra, i difensori della tradizione en-ciclopedica dimenticano che quando si decideun curricolo o un programma scolastico si ope-ra sempre, che si voglia o no, una selezione del-le possibili materie di studio: Perché, quindi,non lasciare la porta aperta a quelle conoscen-ze metodologiche affinché siano presenti nel-l’insegnamento e nell’apprendimento della sto-ria? Perché alla stessa maniera, non lasciare chegli insegnanti, con la loro competenza pro f e s-sionale, possano disporre di un margine di ma-novra più ampio per adattare i programmi, conmaggior attenzione, alle caratteristiche semprepiù peculiari dei propri alunni?

Come si evince dalle precendenti aff e rm a-zioni, il recente programma italiano di storia perl’insegnamento primario e secondario mi sem-bra un modello, dal momento che ottempera aquelle che la scienza didattica internazionale piùcompetente considera al momento come le pre-messe e le caratteristiche essenziali dell’appre n-dimento e dell’insegnamento della storia.

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A che servela storia

Le questionisocialmente vive e l’apprendimentodella storia

La storia mondialenella scuolastatunitense: nuoveprospettive perl’Advanced PlacementL’Europa censura glistorici. La ricercastorica fra guerredella memoria ediritto penale

1Mario Liverani

2Charles Heimberg

3Lawrence Beaber

4Luigi Cajani

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mundusricercheLa riforma dell’ordinamento didatticodell’Università presenta aspettipositivi e problemi irrisolti, e il giudizioche se ne dà può legittimamentev a r i a re accentuando… p. 4 8

Nelle nostre società democra t i c h e,l’insieme della popolazione ha a chef a re, per molti anni, c o nl ’ a p p rendimento della storia. In questosenso possiamo affermare … p. 5 3

D u rante un incontro informale deiministri della giustizia e degli internidell’Unione Europea, tenutosi aD resda dal 14 al 16 gennaio 2007, i noccasione dell’inizio del semestre… p. 6 7

Che cos’è il “College BoardAdvanced Placement Program”(AP)? Il College Board AdvancedPlacement Program (AP) è un’ideanata dal movimento di riforma… p. 6 2

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A che serve la storiaLa riforma dell’ordinamentodidattico dell’Università presentaaspetti positivi e problemi irrisolti,e il giudizio che se ne dà puòlegittimamente variareaccentuando le positività o lecriticità. Credo che tutti concordinonell’assegnare al piatto positivodella bilancia il principio cheoccorre apprendere cose utili,funzionali alla costruzione per glistudenti di un futuro di lavoro e diinserimento nella società.

Forse in una prima fase si è troppo rozzamente insi-stito sull’immediata funzionalità, o “spendibilità” come sisuol dire, delle competenze acquisite. Ora mi pare si ra-gioni in termini di una più ampia contestualizzazione del-le competenze acquisite in un quadro generale di carat-t e re sociale e culturale completo. Una preparazione tro p-po tecnicamente circoscritta può sfociare solo in attivitàesecutive di basso livello, mentre per accedere a posizio-ni di responsabilità, o semplicemente per compre n d e recosa avviene nel mondo, occorre possedere questo piùampio contesto culturale di riferimento.

Fatto sta che negli ultimi anni (direi negli ultimi ven-t’anni) il ruolo e la funzione della storia sono stati sotto-posti ad un riesame critico. Serve davvero a qualcosa lastoria? Anni fa un sociologo americano d’origine giappo-nese, Francis Fukuyama, divenne famoso per aver scrittoun libro in cui proclamava la fine della storia.1 Il trionfodel capitalismo e della democrazia non lascia spazio adulteriori sviluppi, se non la sua diffusione in tutto il mon-do. Nulla più può accadere di innovativo e importante, ecome effetto collaterale diventa inutile studiare la storiapassata, serbatoio di curiosità ormai obsolete. Questa sen-sazione – di essere arrivati al culmine dello sviluppo – nonè nuova. Immagino che al tempo della rivoluzione neoli-tica (diciamo 10. 000 anni fa, grosso modo), col passag-gio dall’economia di caccia e raccolta all’economia di pro-duzione del cibo, tutti abbiano pensato che ormai – do-po quella straordinaria innovazione – non c’era più nien-

te da inventare (di grande, di significativo), l’umanità ave-va raggiunto il suo culmine e la storia era finita prima an-cora di incominciare. Lo stesso sarà poi avvenuto con laprima urbanizzazione e la formazione dei primi stati (di-ciamo 5. 000 anni fa, sempre grosso modo), quando an-che tutti dovettero pensare che ormai non restava altro daf a re se non estendere al mondo intero questa definitivaconquista, e niente più di nuovo poteva essere re a l i z z a t oe neppure immaginato su come organizzare le comunitàumane. Chi oggi dichiara che siamo arrivati al capolinea,non solo non ha la minima idea della portata colossaledei mutamenti intervenuti nel passato, ma ha anche scar-sissima immaginazione su cosa ci riserva l’avvenire: unpo’ di fantascienza potrebbe aiutare.

Per noi – professori e studenti insieme – la “crisi del-la storia” richiama alla mente piuttosto il fatto molto piùbanale, che lo spazio ad essa dedicato nei programmi sco-lastici a tutti i livelli si è notevolmente ridotto, a favore dimaterie più pratiche, più professionalizzanti, che fannob a l e n a re agli occhi dei giovani una rapida e adeguata im-missione nel “mercato del lavoro” (non proprio dire t t a-mente nel lavoro, che sarebbe troppo chiedere, ma nelm e rcato del lavoro). Dunque non per i motivi che dicevaFukuyama, ma per motivi molto più pratici, si diff o n d el’idea che la storia, la conoscenza del passato, serva a po-co o niente. Questa svalutazione della storia (o almeno diquella che non sia recentissima) contrasta con l’antica con-vinzione che solo conoscendo il passato si possa capired a v v e ro il presente e pro g e t t a re consapevolmente l’avve-n i re. Tra parentesi devo confessare di essere personalmen-te più affezionato all’aff e rmazione opposta, che meglionon saprei esporre se non citando una celebre frase diN i e t z s c h e ,2 che dice: «La parola del passato è sempre si-mile a una sentenza d’oracolo, e voi non la intenderete senon in quanto sarete gli intenditori del presente, i costrut-tori dell’avvenire». Ma in fondo i due concetti sono le duefacce della stessa medaglia: non si capisce il passato senon alla luce del presente, non si capisce il presente senon alla luce del passato. Da un lato lo storico pro f e s s i o-nale per capire il passato deve ascoltare la lezione che gliviene dal presente, e dunque deve farsi attivamente par-tecipe delle vicende presenti. D’altro lato il politico pergestire il presente deve ascoltare la lezione che gli vienedalle esperienze pregresse, e dunque deve (diciamo: do-vrebbe) avere una buona cultura e sensibilità storica.

Ma sul rapporto tra passato e presente già ci sono (eci sono sempre state) due opinioni opposte. La prima opi-

1Mario Liverani

1. F. F u k u ya m a , The End of Histo-

ry and the Last Man, N ew Yo rk

1 9 9 2 .

2 . La frase venne posta da Giova n n i

Pugliese Carratelli in epigra fe alla

sua rivista «La Pa rola del Pa s s a t o » .

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nione è che la conoscenza storica è utile perché il pre s e n-te, il mondo in cui viviamo, è uguale al mondo del passa-to, e dunque può forn i rci utili modelli di comportamento,può aiutarci nelle nostre scelte. Un po’ banalmente, mamolto efficacemente disse Ibn Khaldun, il grande sociolo-go algerino del Trecento: «Passato e presente si assomiglia-no come due gocce d’acqua».3 Era principio corrente nel-l’antichità classica, quando l’élite dirigente si nutriva dellebiografie degli uomini illustri per imparare il mestiere: An-nibale, poniamo, leggeva la vita di Alessandro Magno perc a p i re come si fa a diventare un eroico generale e un gran-de conquistatore. Persino nella più remota antichità orien-tale, gli scribi teorizzavano che l’im-p resa la più grandiosa non serve aniente se non viene messa per iscrit-to per servire da insegnamento ai ref u t u r i .

L’altra opinione, opposta, è che lastoria è utile proprio perché i mondidel passato erano diversi dal nostro ,e dunque il confronto è illuminanteper via di contrapposizione e non diripetizione, serve ad ampliare il nostrobagaglio concettuale, a farci vedere lapluralità delle soluzioni possibili, a sottolineare la sogget-tività (o meglio il condizionamento culturale) delle inter-p retazioni. In questo senso l’esperienza storica è in qual-che modo analoga all’esperienza di mondi e culture diver-si nello spazio (anziché nel tempo). C’è un bel libro di Da-vid Lowenthal che s’intitola The Past is a Foreign Country,che esprime bene quest’analogia.4 E non è affatto un ca-so che la concezione del passato come diverso sia suben-trata alla concezione del passato come uguale al pre s e n-te, più o meno alla stessa epoca in cui prese forma l’etno-logia (poi diventata antropologia culturale). La conoscen-za di tanti mondi diversi ha fatto acquisire il senso del re-lativismo culturale.

Le due concezioni (il passato come uguale o come di-verso) sono entrambe talmente semplificate che inevita-bilmente contengono del vero e del falso. Ci sono strut-t u re di base nel comportamento delle comunità umaneche permangono su tempi lunghissimi, e ci sono innova-zioni tecnologiche e culturali che scandiscono il tempocon discontinuità (che in genere chiamiamo pro g re s s i ) .Tutti sappiamo bene che la caratteristica propria della sto-ria è lo studio del mutamento e delle discontinuità, delletrasformazioni nelle loro varie forme, dalla più lenta alla

più improvvisa. Applicata alla nostra stessa cultura, la sto-ria ci mostra che essa è il prodotto di una lunga trasfor-mazione, di tante discontinuità stratificate, di acquisizioni(ma anche di scarti) intervenute nel corso del tempo. Quiinterviene il concetto delle “radici” di cui tanto si parla inquesti ultimi anni – a proposito dell’identità europea e del-la sua contrapposizione ad altre culture. Non che sia il suofine ultimo o unico, ma comunque la storia è anche la ri-cerca delle radici.

Anni fa, quando mi convinsero a scrivere un manualedi storia antica per le scuole secondarie (che poi non fuadottato da nessuno),5 feci tre esempi di questa stratifica-

zione storica della nostra cultura, cer-to più addensata nella contemporanei-tà e nel recente passato ma con pre-messe che affondano anche in un pas-sato del tutto remoto. I primi dueesempi erano scontati, “classici” percosì dire: uno era l’immagine della cit-tà, con la sua stratificazione di tessutourbanistico, di stili architettonici, di di-sponibilità tecnologiche, di struttureamministrative – immagine di un or-ganismo costituito di parti assai anti-

che e altre via via più recenti ma tutte fuse insieme a costi-t u i re qualcosa di unico e riconoscibile. E del resto la cam-pagna è altrettanto storicamente stratificata della città. Il se-condo esempio era la lingua che noi parliamo, con la suastratificazione lessicale, fatta d’imprestiti, di modi di dire, dip a role desuete e di neologismi, ogni parola con la sua “sto-ria”, e la lingua intera a dare anch’essa l’immagine di un or-ganismo cresciuto su di sé e in continuo divenire, con unrapporto tra norma ed erro re che non è mai definitivo mas e m p re storicizzabile. Il terzo esempio era appena accen-nato ma credo altrettanto valido, ed è quello della stanza,dello sguardo circ o l a re nella stanza in cui viviamo, alla ri-c e rca degli oggetti della nostra vita quotidiana, ciascunocon la sua storia talvolta breve e talvolta lunghissima: la fi-nestra ha una sua storia, ed anche la maniglia ce l’ha, il ta-volo ha una storia, il bicchiere ha una storia, l’orologio, lalampada, il televisore, il computer, e così via. Alcuni ogget-ti non erano ancora entrati nella vita dei nostri genitori, enoi stessi li abbiamo visti nascere, mentre altri esistono giàda secoli, altri ancora da millenni.

Per insegnare e imparare cos’è la storia, lo sguardo tut-t ’ a t t o rno nella stanza, o la passeggiata in città o in cam-pagna, sono il modello di cosa dovrebbe essere un’eser-

mr

non si capisceil passato se non

alla luce del presente,non si capisce ilpresente se non

alla luce del passato

“”

3 . Ibn Khaldûn,The Muqaddimah.

An Introduction to History.Tra n-

slated by F. R o s e n t h a l , N ew Yo rk

1958, I, p. 17.

4 . D. L owe n t h a l , The Past is a Fo-

reign Country, C a m b ri d ge 1985. I l

titolo è una citazione dell’inizio di

L . P. H a rt l ey, The Go-Betwe e n, L o n-

don 1953, che continua “ t h ey do

things diffe re n t ly there ” .

5 . Dal villaggio all’impero, I ,To ri-

no 1994 (con A .Fra s ch e t t i ) .

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citazione di storia, mentre il manuale di storia dovrebbee s s e rne l’automatico e ovvio rovesciamento, che assegnaad ogni epoca e ad ogni contesto l’origine di alcuni ele-menti della nostra cultura. Su come vorrei che fosse fattoun libro di storia, e più specificamente un manuale sco-lastico di storia, ho un’idea precisa, che mi pare al tempostesso del tutto ovvia e però alquanto pazzesca. E questomodello di libro di storia ci riporta alla questione inizia-le, a cosa serva la storia – perché mi parrebbe strano (eauto-lesionistico) che una qualunque disciplina, ritenen-do di servire a qualcosa, poi non ne tenga conto nell’in-dirizzarsi al suo pubblico. Per modellare efficacemente unmanuale di storia bisogna sapere a cosa serve la storia, eregolarsi in conseguenza.

Ora, se si entra in una libreria ben fornita, si vedrà chei libri di storia non mancano – sia più seriosi e tecnici, siapiù divulgativi, e al limite anche (e magari più numero s i )di fanta-storia. Tutti questi libri, sono forse stati concepi-ti in modo da indottrinare la classe dirigente? sono forseconcepiti per trasmettere gli antichi modelli di comporta-mento? stabiliscono un nesso tra conoscenza del passatoe azione presente? Direi proprio di no. Chiariscono la que-stione delle cosiddette radici? Raramente e per partito pre-so. Quasi tutti sono stati concepiti e scritti in modo da ri-spondere ad un fine del tutto diverso, che è quello di in-t r a t t e n e re, di svagare, di incuriosire: in altre parole sonostati scritti per occupare il tempo libero e non per form a-re alle attività professionali. Tra parentesi: da qui deriva ild i l a g a re della f i c t i o n d’ambientazione storica, e il confines e m p re più debole tra passato e futuro, tra storia vera estoria inventata, come pure tra realtà e messa in scena.Ma “Che cos’è la verità?” obiettava già Ponzio Pilato, ilquale si sarebbe trovato benissimo nel mondo d’oggi. Di-cevo del tempo libero, che del resto sta diventando sem-p re più importante, in una società post-industriale, coi gio-vani che restano disoccupati fino alla maturità inoltrata, econ gli anziani che si godono la pensione più a lungo diprima. Il tempo libero, in fondo, è la vita.

Dunque non c’è niente di male se il libro di storia ser-ve al tempo libero: si trova in ottima compagnia, assiemea romanzi e poesie, assieme a libri d’arte e di cucina, difilosofia e di turismo, assieme a musica in DVD, cinema,t e a t ro, e quant’altro. Insomma, la storia fa parte della no-stra cultura, contribuisce alla nostra auto-identificazione.Il suo far riferimento al passato si trova anch’esso in buo-na compagnia, assieme ai prodotti (letterari e artistici, ur-banistici e paesaggistici) delle culture del passato che so-no giunti sino a noi per far parte del nostro contesto cul-turale, per marcare il nostro territorio, per evidenziare lanostra individuabilità. E qui sta a mio avviso il punto do-lente dei libri di storia correnti: il fatto che raccontino o

analizzino fenomeni ed eventi del passato senza chieder-si, o comunque senza esplicitare, quale possa esserne pernoi l’interesse culturale, come se la cosa fosse ovvia e au-t o - re f e renziale, come insomma se l’interesse fosse auto-maticamente garantito dall’essere storia passata.

La mia proposta è che un buon manuale di storia, pa-rallelamente al racconto di un episodio o all’analisi di unfenomeno del passato, dovrebbe esplicitare da un latoquali siano le parole e i concetti che si riagganciano aquell’episodio o a quel fenomeno, e dall’altro quali sianole opere culturali (d’arte, di letteratura, di cinema, di mu-sica, ecc.) che le illustrano o in qualunque modo vi si ri-feriscono. Solo in questo modo il rapporto tra noi e quel-l’evento o fenomeno del passato diventa consapevole edunque criticamente valutabile. Solo stabilendo tale rap-porto diventerà naturale “ricordare” la storia, che altrimen-ti (trasformata in un insieme di date e nomi di gente mor-ta da tempo, di eventi che non ci dicono nulla, di pro b l e-mi che non sono i nostri) diventa una sorta di tortura sa-dica, o di mosaico esploso ed impazzito.

Per spiegarmi meglio faccio un esempio, scegliendo-lo (mi perdonerete) dal mio campo di studio che è quel-lo dell’antico Oriente: sceglierò dunque la torre di Babe-le. Tutti sapete che nel libro biblico della Genesi, al capi-tolo 11, si narra del progetto ambizioso concepito dai no-stri antenati tanto tempo fa, di costruire una torre che giun-gesse fino al cielo, e della punizione divina consistentenella confusione delle lingue. Molti di voi sapranno pure(o facilmente capiranno) che tale testo va collocato al-l’epoca in cui i Giudei, deportati in Babilonia, erano im-piegati (o vedevano altri deportati impiegati) in lavori dicostruzione e di re s t a u ro degli edifici babilonesi, fra cuila celebre torre templare o z i q q u r a t. Pochi sapranno in-vece che la confusione delle lingue è il completo ro v e-sciamento dell’ideologia imperiale assiro-babilonese, chevedeva nei lavori dei deportati lo strumento per l’unifica-zione linguistica e tecnico-culturale.6 Insomma, la storiel-la della torre di Babele è una pagina di storia abbastanzacomplessa, con un suo contesto preciso, con una stratifi-cazione di interpretazioni, che si potrebbe raccontare co-sì, o almeno che io racconterei così:

Nel paesaggio babilonese, piatto a perdita d’oc-

chio, s’erge il rudere antico, la torre che arriva in cie-

lo. Gli esuli Giudei nel loro paese non hanno nulla di

simile. In Palestina il paesaggio naturale è mosso, gli

abitati umani si addossano alle colline e quasi si na-

scondono in esse. Le montagne che toccano il cielo

1Mario Liverani • A che serve la storia

6 . R i nvio al mio O l t re la Bibb i a .

S t o ria antica di Isra e l e, L a t e r z a ,

R o m a - B a ri 2004, p p . 166 e 259-

2 6 2 .

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sono opera di Dio. Gli uomini antichi, che costruiro-

no la torre, volevano forse competere con Dio? Non

era questa la motivazione originale, i costruttori anti-

chi volevano stabilire un punto d’incontro tra cielo e

terra (questo più o meno significa il nome sumerico

della torre Etemenanki), volevano facilitare la disce-

sa divina nel mondo umano, simboleggiare l’aspira-

zione umana al cielo. Ma forse sognare un incontro

tra uomo e Dio è già un atto d’enorme tracotanza.

La torre è incompleta, e dunque i costruttori han-

no dovuto interro m p e re la loro folle impresa, certo

bloccati da Dio. In realtà la torre era stata completata,

ma ora è in rovina. Il rudere sembra un progetto in-

compiuto. È invece segno della temporaneità delle co-

struzioni umane. Il mattone crudo si disgrega col tem-

po e le intemperie. Ogni tanto occorre pro v v e d e re al

re s t a u ro. Il re riedifica le parti crollate, rintraccia le iscri-

zioni dei suoi predecessori, le rimette a posto e vi ag-

giunge la sua, in un’ideale staffetta che dura millenni.

L ’ i m p e ro universale e multi-etnico mette all’ope-

ra turbe di deportati per re s t a u r a re la torre. I sorve-

glianti parlano babilonese, ma gli operai parlano una

miriade di lingue diverse: ci sono aramei e arabi, ebre i

e fenici, medi ed elamiti, frigi e urartei. Fanno fatica

a capirsi e a capire gli ordini dei capi-squadra. Il mi-

to racconta che una volta il problema non c’era, che

tutti gli uomini parlavano una sola lingua, la lingua

perfetta creata da Dio; ma che poi le lingue – affida-

te agli uomini – si sono corrotte e diversificate fino a

d i v e n t a re incomprensibili l’una rispetto all’altra. L’im-

pero dice l’opposto: le lingue d’origine sono diverse

(come diversi sono i costumi, le leggi, le re l i g i o n i ) ,

ma l’unificazione imperiale e il lavoro in comune pro-

durranno l’unificazione linguistica. Il grande Sarg o n

d’Assiria così si esprime: “Genti delle quattro parti del

mondo, di lingue diverse, di espressioni intraducibi-

li, abitanti di montagne e pianure, ma tutti soggetti al-

la luce degli dèi, signore della totalità, io li deportai

per ordine del mio signore Assur, e per la potenza del

mio scettro. Io li unificai e li insediai. Assiri, capaci di

insegnar loro il timor di dio e del re, io assegnai loro

come scribi e sorveglianti”. Altrove dice di averli resi

“di una sola bocca”, cioè di una sola lingua. Se mai

c’era stata una lingua unica originaria, essa era anda-

ta perduta o confusa, ma ora l’impero universale riu-

nisce i popoli, riunifica le lingue, mette tutti sotto la

stessa legge, tutti a lavorare insieme, tutti a temere gli

stessi dèi – quelli dell’imperatore.

Il mito biblico e la propaganda imperiale parlano

delle stesse cose, ma in modo diverso, e non so qua-

le delle due rifletta meno peggio la realtà. Il mito cer-

ca una spiegazione indietro nel tempo e ci parla di

una perfezione originaria che poi è andata corro m-

pendosi per la cattiveria umana e la punizione divi-

na. L’impero esprime un progetto avviato per il futu-

ro, e ci dice di aver unificato il mondo intero e di aver

portato a compimento l’opera divina della cre a z i o n e .

In mezzo sta una realtà che è fatta di faticoso lavoro

e di duro servaggio, di paesaggio disgregato e cospar-

so di ruderi, d’incomprensione e di conflitto, di sra-

dicamento e deculturazione.

Così io racconterei questo piccolo segmento di storia,basandomi su un testo, ricollocandolo nel suo ambito sto-rico, disvelandone le implicazioni ideologiche, gli intentipolitici e religiosi, il conflitto delle interpretazioni. Fin quiè il lavoro abituale dello storico, e questo segmento di sto-ria io lo metterei nella parte centrale della pagina, in unacolonna centrale in mezzo ad altre due colonne.

Nella colonna di sinistra ci metterei le parole (o espre s-sioni) e i concetti che derivano da quella pagina di storia,e che sono giunte a far parte della nostra cultura. Così cim e t t e rei ovviamente il termine “Babele” per indicare laconfusione (noi diciamo “la Babele delle lingue” ma an-che “la Babele dei regolamenti” o “la Babele del traffico”o altro), magari spiegando che nello stesso testo biblicosi dà la falsa etimologia del nome di Babele come deriva-to dal verbo ebraico b Ç l a l che significa “mischiare” e dun-que “confondere” (mentre in babilonese Bab-ili significa“la porta del Dio”, con tutt’altra valenza teologica). Ma poici metterei un accenno alla questione della monogenesidel linguaggio, alle teorie della lingua originaria (magaricitando il bel libro di Umberto Eco), ai problemi del bi-linguismo e della traduzione. E ci metterei un accenno al-lo schema ricorrente di h y b r i s – n e m e s i s “tracotanza (uma-na) e punizione (divina)” che si ritrova in tante filosofiedella storia. Ci metterei insomma tutto ciò che a livello lin-guistico e concettuale trova le sue radici nell’episodio ofenomeno storico raccontato nella colonna centrale.

Nella colonna di destra ci metterei invece le opere d’ar-te e di letteratura che derivano da quell’episodio o feno-meno. Nel nostro caso, ci metterei naturalmente un paiodelle raffigurazioni pittoriche della torre di Babele (comequella di Bruegel il Vecchio, che è la più famosa, ma cene sono tante altre), e le ricostruzioni pre - a rc h e o l o g i c h edi Babilonia (come quella di Athanasius Kircher) con lasua torre che troneggia in mezzo, e poi anche le ricostru-zioni archeologicamente fondate. Ci metterei opere lette-rarie pertinenti – mi viene in mente «La biblioteca di Ba-bele» di Borges. Ci metterei un’opera lirica come il Nabuc-co, che non parla proprio della torre, ma dell’esilio babi-lonese sì. Ci metterei un film che si rifaccia a quella situa-

mr

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zione (al momento non me ne vengono in mente, ma cene devono pur essere). Ci metterei un riferimento ai pri-mi esploratori che viaggiarono in Mesopotamia alla ricer-ca della torre di Babele (da Beniamino di Tudela a Pietrodella Valle, e a tutti quelli che li seguirono fino all’Otto-cento), ci metterei un riferimento agli scavi arc h e o l o g i c itedeschi che all’inizio del secolo scorso hanno riportatoalla luce la vera Babilonia, ed anche – perché no – al piùrecente progetto di re s t a u ro (piuttosto bislacco a dire ilv e ro) della z i q q u r a t. Perché anche viaggiatori e arc h e o-logi e restauratori fanno parte della nostra cultura, e le lo-ro attività sono state finanziate dalle nostre istituzioni po-litiche o culturali. E infine, se un episodio è legato ad unluogo e quel luogo ne conserva ancora traccia o memo-ria, fa parte della nostra cultura anche il sapere dove sta,come ci si arriva, cosa ci si trova da vedere, quanto costa.Nel caso di Babilonia, magari consi-glierei di aspettare un momento.

Una volta fatto il lavoro, le due co-lonne di destra e di sinistra della pa-gina così immaginata possono risul-t a re più o meno piene. Se sono pie-ne, molto piene, vuol dire che quel-l’episodio o quel fenomeno storiconarrato nella colonna centrale ha avu-to ed ha tuttora un impatto forte sul-la nostra attualità, ci dice qualcosa, faparte – come si suol dire – delle “ra-dici” della nostra cultura. Se invece le colonne laterali re-stano vuote, vuol dire che quell’episodio o fenomeno nonè entrato a far parte della nostra cultura, è restato inutileo estraneo. Ne possiamo fare a meno, possiamo lasciarloalle cure dei soli specialisti, storici professionali. Natural-mente, si avrebbe un addensamento di materiali illustra-tivi nei periodi più vicini a noi, rispetto a quelli più anti-chi; e nelle regioni più vicine alla nostra rispetto ai paesipiù remoti. Nulla di male né di strano, il dettaglio dellastoria sfuma verso il vago man mano che ci si allontanada noi qui oggi, dalla nostra attuale cultura e società. Ba-date però che certi elementi di base della nostra culturamateriale e del nostro apparato concettuale risalgono aduna remota antichità: provate a fare la storia del campo odel pozzo, immaginate il fascino di una storia del manicoo del coperchio!

Perché i manuali di storia non sono fatti così come liho immaginati ora? Forse si pensa che il lettore (lo stu-dente) sia in grado di stabilire da solo tutti quegli aggan-ci o legami? Sarebbe una grande illusione. La spiegazio-ne più semplice è che gli storici non hanno mai pre s ot roppo sul serio la questione delle “radici”, hanno di nor-ma concepito il loro campo d’attività come sostanzialmen-

te auto-re f e renziale, disdegnandone la funzione, tralascian-do di esplicitarne il rapporto col mondo in cui viviamo.P e rciò non sarebbe per niente facile scrivere un manualecosì concepito, senza tutto il lavoro preparatorio: per rac-c o g l i e re i dati servire b b e ro centinaia di tesi di laurea, de-cenni e decenni di lavoro di tanti specialisti coordinati, fi-nanziamenti pluriennali, PRIN e FIRB, convegni intern a-zionali, e quant’altro. Nessuno vorrebbe fare tutta questafatica per mettere insieme un manuale scolastico che poinon verrebbe adottato da nessuno.

Ma proviamo ad allargare gli orizzonti, e immaginareche libri di storia di questo tipo vengano prodotti in varipaesi del mondo. Quanto s’impare rebbe a confrontarli tral o ro, a vedere cosa ognuno di essi seleziona come rile-vante, al fine di individuare le proprie radici! È ovvio cheil manuale cinese sarebbe molto ma molto diverso da quel-

lo italiano; però in misura minore los a rebbe anche il manuale inglese o lospagnolo. Anzi, anche all’interno del-l’Italia si avrebbero soluzioni diverseper il supplemento storico destinatoalle scuole della Sardegna o del Friu-li o della Calabria. Mi accorgo di cita-re come cosa normale o notoria laquestione del supplemento storico re-gionale, come se fosse una re a l t à ,mentre è solo una mia vecchia fissa-zione: che nella scuola italiana, oltre

ad usarsi un manuale storico di base, di taglio italo-euro-peo, si dovrebbe usare un “supplemento regionale” (conforte radicamento territoriale), e si dovrebbero usare pu-re dei “supplementi etnici” destinati ai figli degli immigra-ti ai quali è doveroso insegnare non solo la storia nostrama anche la loro. Quante illusioni, direte voi, mentre leo re concesse all’insegnamento della storia si re s t r i n g o n oe tagliano fuori millenni e continenti interi.

C o l t i v a re la storia o dismetterla, ampliarla ai nuovi oriz-zonti o marginalizzarla, rielaborarla o sclerotizzarla? Sonoscelte strategiche, che nelle linee portanti vengono effet-tuate dalla classe politica, ma che poi lasciano alla socie-tà civile, e persino al singolo individuo, la possibilità dii n t ro d u r re dei correttivi. La scelta del più recente passato,nel senso della marginalizzazione della storia, era una scel-ta minimalista: consapevolmente o meno, s’intendeva for-m a re una generazione di tecnici di basso livello cultura-le, e forse un popolo di facile soggezione socio-politica,che demandava ad un Grande Fratello gli indirizzi ideo-logici validi per tutti. Si avvertono ora i segnali di un ri-pensamento, di una rivalutazione della conoscenza stori-ca come fattore irrinunciabile per acquisire una consape-volezza culturale degna di persone compiute e libere.

1Mario Liverani • A che serve la storia

Coltivare la storia o

dismetterla,ampliarla ai nuovi

orizzonti omarginalizzarla,

rielaborarla os c l e ro t i z z a r l a ?

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mr

Le questionisocialmentevive el ’ a p p r e n d i m e n -to della storiaNelle nostre società democratiche,l’insieme della popolazione ha ache fare, per molti anni, conl’apprendimento della storia. Inquesto senso possiamo affermareche la storia che si impara a scuolane costituisce l’uso pubblico piùdiffuso in assoluto, quello che haimpegnato, e continua a impegnare,il maggior numero di individui.

Rispetto ad altre discipline scolastiche, ed anche tenen-do conto dell’ampiezza delle problematiche sollevate dallatrasmissione di questa disciplina, le riflessioni e le ricerc h esulla didattica della storia sono poco numerose e altre t t a n-to poco sviluppate. Il numero di cattedre universitarie o diriviste scientifiche specificamente consacrate alla didattica,ad esempio, è ancora limitato.1 L’abbondanza e la comples-sità delle questioni che si pongono sulla pro g r a m m a z i o n ee sulla concezione di un insegnamento-apprendimento alquale si attribuiscono finalità democratiche, non vengonoin realtà riconosciute; un’opinione comune piuttosto diff u-sa ritiene sufficiente, ai fini dell’insegnamento della storia,

il limitarsi ad un racconto lineare di eventi, che contribuiscaalla costruzione di un’identità attorno a qualche grande fi-gura emblematica. Di conseguenza si reputa superfluo com-plicarsi troppo la vita per studiare una qualche ingegneriadidattica finalizzata alla trasmissione di questa disciplina.

La diffusione di questo luogo comune è pari solo allacomplessità e quantità delle questioni sollevate dalla sto-ria scolastica. Allo stesso modo, le aspettative politichedella società sugli obiettivi e sui contenuti della storia sco-lastica sono spesso forti e pressanti, mentre i finanziamen-ti relativi alla ricerca didattica, così come quelli per la for-mazione degli insegnanti, sono limitati o addirittura ine-sistenti. È esattamente da questo paradosso che scaturiscequella mancanza di riconoscimento, che rende così diffi-cile l’evoluzione dell’insegnamento della storia.

Problemi di vecchia dataLe domande che vengono poste a questa disciplina sco-lastica, e le problematiche sociali che esse mettono in mo-to, non sono cosa recente. Fanno parte – senza tuttaviac e s s a re di trasformarsi in funzione dell’evoluzione dei con-testi che le determinano – di quei fenomeni di lunga du-rata che caratterizzano la storia dell’educazione e dellepratiche scolastiche. All’inizio del XX secolo, nel 1912, ungiovane insegnante socialista svizzero, Émile-Paul Graber,faceva presente che, già ai suoi tempi, per l’insegnamen-to della storia, «La vecchia scuola si limita essenzialmenteai fatti che illustrano le battaglie, a quelli gloriosi ed ero i-ci. Lo scopo, insomma, è quello di galvanizzare il senti-mento patriottico. La nuova scuola, invece, vuole mette-re al primo posto lo sviluppo della civiltà e in particolarel’evoluzione economica e sociale. Essa mette in primo pia-no, al di sopra degli eroi militari, i filantropi, i filosofi, gliscienziati, gli educatori e gli inventori…».2

Qualche anno più tardi un documento anarchico sul-l’insegnamento della storia puntava nella stessa dire z i o n e ,3

dandoci un’immagine della “Storia adatta ai ragazzi” co-struita a partire da un’esperienza pedagogica altern a t i v a .4

Questo documento sviluppava sia i temi da aff ro n t a re che

2Charles Heimberg

1 . Questa constatazione è ov v i a-

mente sfumata dalla buona notizia

della nascita di questa ri v i s t a . L u n-

ga vita a «Mundus» allora! Ma nel

mondo fra n c o fo n o , per quanto da

q u a l che anno esista «Le cart able de

Clio», altre riviste hanno cessato di

sopravvivere e la situazione è fran-

camente preoccupante.

2 . C f r.Wi l ly Sch ü p b a ch ,Vie et œu-

v re de Émile-Paul Graber (30 mai

1875-30-juillet 1956), 2 0 0 7 ,d i s p o-

nibile on-line su www. ch a u x - d e -

fo n d s.ch / B i bl i o t h e q u e s / P d f / Fo n d s /

E P G _ S ch u p b a ch . p d f,p . 2 4 . Un te-

sto di É. -Paul Graber sulla sua con-

cezione della scuola,p u bblicato ne-

gli stessi anni, è ri p rodotto in «Le

c a rt able de Clio», Le Mont-sur-Lau-

s a n n e , L E P, n . 7 , 2 0 0 7 , in corso di

stampa.

3 . A t t i va dal 1910 al 1919, la scuo-

la Ferrer di Losanna era una picco-

la stru t t u ra scolastica pri vata a ten-

denza libert a ri a . Il suo pri n c i p a l e

a n i m a t o re , il dott. Jean Wi n t s ch ,p u b-

bl i c ò , t ra le altre cose, un B u l l e t i n

de l’École Fe rre r volto a dife n d e re

questa realtà alternativa e a propa-

g a re i suoi ideali. Il documento, i n-

titolato “La storia adatta ai bambi-

n i ” , p u bblicato in «Le cart able de

Clio», n. 1, 2001, pp. 185-192, corri-

sponde ad un doppio articolo inse-

rito nel B u l l e t i n nel mag gio e gi u-

gno 1918 (n. 19 e 20).Esso è da at-

t ri b u i rsi pro b abilmente a T h é o d o-

re Roch a t , un gi ovane insegnante

della scuola Ferrer.

4 . Sulla scuola Fe rrer ri m a n d i a m o

ai nostri art i c o l i : « L’ ex p é rience de

l’École Fe rre r : d é b o i res pra t i q u e s

et modernité pédago gi q u e » , C a-

h i e rs d’histoire du mouve m e n t

o u v ri e r, L a u s a n n e ,A É H M O, 2 0 0 0 ,

p p .2 7 - 4 2 ; e L’écho de l’Éducation

n o u velle au sein de l’École Fe rre r

lausannoise (1910-1921), Pa e d a-

go gica Histori c a . I n t e rn a t i o n a l

Jo u rnal of the History of Educa-

t i o n,L o n d re s , R o u t l e d ge ,Vo l . 4 2 , n .

1 & 2 , 2 0 0 6 , p p . 4 9 - 6 1 .

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2Charles Heimberg • Le questioni socialmente vive e l’apprendimento della storia

la concezione del tempo e del pro g resso da trasmettereagli allievi. Proponendosi di privilegiare l’uso pedagogicodi alcuni oggetti – da mostrare o da andare a vedere coni ragazzi –, o di alcune immagini – da pro i e t t a re in classe– si scagliava contro i manuali scolastici, infarciti di detta-gli inutili e pieni di re, soldati, e nomi di battaglie. Al con-trario, il percorso tematico proposto per questa storia perbambini passa attraverso temi come l’alimentazione, il ve-s t i re, l’abitare, gli utensili, il riscaldamento, la navigazione,la scrittura, la stampa ma anche attraverso le «istituzioni(Socrate, Spartaco, corporazioni, compagnie, sindacati, coo-perative, leghe anseatiche, comuni medievali, feudalità, de-mocrazia, borse del lavoro)». È, insomma, una storia socia-le, una «ricostruzione quanto più pos-sibile viva della civiltà» che vuole la-s c i a re «un’impressione di fiducia nel-l’umanità, di ammirazione per gli sfor-zi fatti, di rispetto per il pro g re s s o » .

Questi esempi del passato non so-no poi così invecchiati. Certo, quell’im-magine di pro g resso, dell’orizzonte del-le aspettative, si è profondamente mo-dificata nel nostro secolo, così comel’equazione tra storia e battaglie non èpiù accolta nell’insegnamento della sto-ria. Ma non si può dire lo stesso diquella storia scolastica astratta, lineare, piatta, sensibile so-lo al punto di vista dei vincitori e dei dominanti e nella qua-le non affiorano che delle pseudo-risposte a domande chegli studenti non hanno la possibilità di porsi. Resta da ve-d e re, e la questione è seria, se poi questi stessi studenti,nelle pratiche scolastiche attuali, imparino realmente a ri-c o s t i t u i re e a compre n d e re l’organizzazione collettiva del-le società umane del passato, così come del presente, nel-la loro dimensione materiale, sociale e/o culturale.

I modelli storiograficiQueste rivendicazioni tematiche finalizzate ad una trasfor-mazione della storia scolastica e provenienti dai ranghidel movimento operaio fanno eco al concetto di model-lo storiografico che Antoine Prost e Jay Winter hanno in-t rodotto relativamente alla storia della Grande Guerra.5 I nlinea di massima, secondo questi autori, quella tragedia,che ha inaugurato un secolo segnato dalla violenza di mas-sa, è stata descritta e interpretata dagli storici in tre fasi,distinte ed in parte sovrapposte. Secondo il primo model-lo, di natura diplomatica e militare, incarnato dall’autori-tà intellettuale di Pierre Renouvin, un reduce che non hamai voluto mettere in risalto nella sua opera di storicoquesta dimensione personale, la Grande Guerra non è cheuna serie di alleanze diplomatiche, di negoziati e di stra-

tegie militari dei vertici delle nazioni e degli stati maggio-ri. A partire dalla fine degli anni ’50, dopo la pubblicazio-ne di testimonianze di tenore ben diverso da parte di mol-ti veterani, e in un contesto maggiormente influenzato dal-l ’ a p p roccio marxista alla storia, la Prima Guerra mondia-le è stata studiata tenendo conto della sua dimensioneeconomica e sociale, attraverso un’integrazione dei pun-ti di vista dei soldati e delle vittime, tenendo conto delleesperienze della vita quotidiana di questi, come pure ditutto ciò che avveniva nella società. Infine, a partire daglianni ’70, è apparsa una storia culturale delle rappre s e n t a-zioni e delle credenze popolari che ha aperto altri campidi ricerca, spesso fecondi, ma che talora ha anche svilup-

pato delle tesi discutibili, alle quali fa-remo riferimento più avanti.

Questi tre modelli storiografici, infin dei conti, sebbene siano apparsiin tempi successivi, non sono intera-mente separabili l’uno dall’altro; in re-altà essi in parte coesistono e gli sto-rici possono fare riferimento contem-poraneamente a più d’uno.

La loro brillante applicazione al ca-so della storia della Grande Guerra ciincita ad una sorta di trasposizione. Po-t remmo in effetti ipotizzare che questi

t re modelli corrispondano, all’incirca, ad una sorta di evo-luzione generale del pensiero storico, o quanto meno del-l ’ a p p roccio dominante che ha caratterizzato la pro d u z i o n estoriografica in genere. E forse questa trasposizione potre b-be risultare funzionale anche per quanto riguarda la storiainsegnata e la sua evoluzione.

P e rciò, in riferimento al proposito dei militanti del mo-vimento operaio dell’inizio del XX secolo, e con in men-te questi tre modelli storiografici, ci sembra che, in sostan-za, le loro rivendicazioni consistevano nel far uscire la sto-ria insegnata dalla sola influenza del primo modello, cioèda quello caratterizzato da un approccio dall’alto, da par-te delle grandi entità nazionali, dei grandi personaggi, una p p roccio senza particolare empatia per i popoli, per isoldati semplici, gli operai, le donne, la “gente umile”.6

quell’immaginedi progresso,

dell’orizzonte delleaspettative,

si è profondamentemodificata

nel nostro secolo

5 . Antoine Prost & Jay Wi n t e r, Pe n-

ser la Grande Guerre .Un essai hi-

storiographique, Seuil, Paris 2004;

e Antoine Pro s t , Comment a évo-

lué l’histoire de la Grande Guer-

re, «Le cartable de Clio», n. 6, 2006,

pp. 11-21.

6 . Secondo la felice espressione di

P i e rre Sansot,Les gens de peu,P U F,

Paris 1992.

7 . Fo rmu l a , q u e s t a ,che pre fe ri a m o

a quella di “ s t o ria eru d i t a ” , s p e s s o

utilizzata nella lettera t u ra didattica.

8 . Jacques Le Goff va , ad esempio,

in questo senso in un’intervista con-

cessa nel settembre 2003.C f r.w w w.

e u ro z i n e . c o m / a rt i cl e s / 2 0 0 3 - 0 9 - 0 5 -

goff-fr. htm.

9 . U n ’ i n t e ressante tra s p o s i z i o n e

dei suoi lavori alla storia scolastica

è stata effettuata da Fe rnand Bra u-

del in G ra m m a i re des civilisations,

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Dalla storia dei ricercatori alla storia scolasticaP roseguendo nel nostro ragionamento, si tratta ora dic h i e d e rci in che misura questi diversi modelli storiogra-fici, il loro susseguirsi e l’evoluzione delle rispettive in-fluenze nel mondo della ricerca storica,7 abbiano avutoun influsso sui contenuti dell’insegnamento nelle scuo-le. La questione – sapere, cioè, con quali tempi, conquali modi e in quali forme le nuove acquisizioni dellar i c e rca debbano “passare” nei contenuti della storia in-segnata – è stata al centro di dichiarazioni e dibattiti nons e m p re propriamente illuminati. Alcuni hanno volutos e p a r a re nettamente la ricerca storica dall’insegnamen-to della storia, esigendo il trascorre re di almeno una ge-nerazione prima di pro c e d e re a questo trasferimento del-le acquisizioni.8 Altri hanno proposto di limitare questopassaggio delle conoscenze nella storia scolastica aglistudenti degli ultimi anni o ai migliori.9 Ma i più criticitra gli specialisti della storia scolastica e della didatticaconoscono bene i risultati deplorevoli di un insegna-mento della storia troppo distante dall’evoluzione dellar i c e rca: è una storia scolastica che ripropone acritica-mente, a volte senza neanche rendersene conto, stere o-tipi eruditi che risalgono talora persino al XIX secolo1 0

– al momento, cioè, dell’invenzione della tradizione1 1 –e che non hanno oggi più alcuna validità scientifica; èun insegnamento della storia che non si preoccupa af-fatto di mettere gli studenti in condizione di saper di-s t i n g u e re né tra mito e storia, né tra storia e memoria.

La questione delle condizioni del passaggio dei risul-tati della ricerca storica nelle pratiche concrete e nei con-tenuti effettivi della storia insegnata non è tuttavia cosasemplice. Una volta aff e rmata la necessità di questo lega-me stretto con la ricerca, non si tratta di riproporlo in mo-do ingenuo. La storia scolastica non è la storia dei ricer-catori, ma non ne è nemmeno una sua semplificazione. Èil prodotto di un processo duplice di decostruzione, e poidi ricostruzione, che dipende da criteri specifici, propri al-l’istituzione scolastica, e che viene designato con il term i-ne di “forma scolastica” della storia.12

In effetti l’insegnamento si svolge in un contesto par-

t i c o l a re che è per certi aspetti relativamente rigido. Essosi caratterizza, in primo luogo, per una utilizzazione del-le conoscenze sotto forma di discipline scolastiche più omeno legate ad un re f e rente universitario e re l a t i v a m e n-te indipendenti le une dalle altre; ma anche per un ap-p rendimento di queste conoscenze attraverso dei perc o r-si cognitivi pro g ressivi, descritti nei piani di studio e neip rogrammi ufficiali (curriculum formale), i quali vengonoa loro volta assunti e applicati all’interno di un’org a n i z z a-zione scolastica collettiva (le scuole, i gruppi di insegnan-ti di una stessa disciplina) e individuale (l’insegnante nel-la propria classe con i suoi allievi). L’apprendimento diqueste conoscenze si svolge in classi che raggruppano al-lievi della stessa età, a volte dello stesso livello scolastico,secondo un ritmo annuale. Le situazioni d’insegnamentoe apprendimento variano a seconda della segmentazionedel tempo scolastico, che solitamente si concretizza in pe-riodi settimanali di una durata che varia dai 45 ai 100 mi-nuti. Le attività proposte agli studenti sono inoltre forte-mente determinate dalle risorse pedagogiche (manualiscolastici, schede per gli esercizi, o anche documenti au-diovisivi). Infine, visto che ciò che viene appreso è ogget-to di valutazione, le modalità e i contenuti di questa va-lutazione fanno pienamente parte di quell’insieme di fat-tori che condiziona l’esperienza scolastica degli studenti.

Elementarizzazione non significa riduzioneNon possiamo rievocare in questo articolo tutto ciò checompone la cosiddetta “forma scolastica”, ma l’idea chela storia scolastica non corrisponda soltanto ad una sem-plificazione o a una volgarizzazione della storia dei ricer-catori merita un piccolo inquadramento storico. In eff e t-ti, ciò che rende la storia scolastica ben più complessa diuna sorta di versione “divulgativa” delle acquisizioni del-la ricerca è proprio il fatto che, oltre a dover tener contodelle modalità d’apprendimento degli studenti, e dei lorop ro g ressi, essa deve rispondere alle finalità di form a z i o-ne alla cittadinanza democratica che le vengono aff i d a t enel contesto dell’insegnamento pubblico. Ora, questa con-statazione ci riporta per molti versi a un progetto rivolu-

mr

F l a m m a ri o n , Pa ris 1987. Si tra t t ava

di una ri fo rma destinata ai licei e

che ri s a l i va agli inizi del 1960. I l

c o n t e nuto dell’opera ri g u a rd ava so-

lo le classi dell’ultimo anno di liceo.

La ri fo rm a , p u rt ro p p o , non è mai

stata portata a termine.

1 0 . A proposito di questo term i n e ,

e per i casi emblematici dell’inse-

gnamento del Medio Evo,cfr.Anto-

nio Bru s a , Un recueil de stéréoty-

pes autour du Moyen Âge, «Le car-

t able de Clio», n . 4 , 2 0 0 4 , p p . 1 1 9 -

1 2 9 ; e anche Giuseppe Sergi ,L’ i d e a

di Medioevo.Fra luoghi comuni e

p ratica stori c a, D o n z e l l i , R o m a

1998; e Flavia Mariostica (dir.), Me-

d i o evo e luoghi comu n i,Te c n o d i d ,

Napoli 2004.

1 1 . E ric J. H o b s b awm & Te re n c e

R a n ger (dir. ) , L’ i nvenzione della

t ra d i z i o n e, E i n a u d i ,To rino 1983.

È interessante e ri ve l a t o re sottoli-

n e a re che quest’opera fo n d a m e n-

tale è stata tradotta in francese so-

lo nel 2006. C f r. a n che il bel libro

del medievista Pa t ri ck Geary,

Quand les nations re font l’histoi-

re . L’ i nvention des ori gines mé-

d i é vales de l’Euro p e,Au b i e r, Pa ri s

2004 [2002].

1 2 . Guy Vincent (ed.),L’ é d u c a t i o n

p ri s o n n i è re de la fo rme scolaire?

S c o l a risation et socialisation dans

les sociétés industri e l l e s , P re s s e s

universitaire de Lyon, Lyon 1994.E

François Au d i gi e r, Les enseigne-

ments d’histoire et de géogra p h i e

aux prises avec la forme scolaire,

in Olivier Maulini & Cléopâtre Mon-

tandon (dir. ) , Les fo rmes de l’édu-

c a t i o n: va riété et va ri a t i o n s.R a i-

sons éducatives, 9, De Boeck, Bru-

xelles 2005, pp. 103-122.

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zionario francese della fine del XVIII secolo:1 3 l ’ e l e m e n-tarizzazione (élémentation)14 delle conoscenze.15

Di fronte alla necessità di form a re, in un tempo mol-to limitato, un gran numero d’insegnanti capaci di far ac-c e d e re i figli del popolo all’istruzione pubblica, a cui ave-vano diritto, venne introdotta la nozione di elementariz-zazione, distinguendola nettamente da quella di abbre v i a-zione. Qual è, allora, la diff e renza tra i due termini? In sin-tesi, l’abbreviazione delle conoscenze designa una ridu-zione, e di conseguenza la rinuncia ad una parte delle in-f o rmazioni che si vuole trasmettere; mentre l’elementariz-zazione delle conoscenze – nel senso in cui la descrive-vano Condorcet e Lakanal durante la Rivoluzione france-se – consiste nella scomposizione di queste sotto form adi elementi fondamentali la cui riorganizzazione didatticaa v rebbe poi permesso agli studenti di accedere a form edi conoscenza capaci di produrre un pensiero critico.16

Allo stesso modo, per la storia insegnata a scuola, pas-s a re da un’abbreviazione delle conoscenze alla loro ele-mentarizzazione equivale in qualche modo a concentrar-si su ciò che di più essenziale c’è nel pensiero storico; inaltri termini, su ciò che solo lo sguardo che la storia hanei confronti delle società permette di discern e re, mentrelo sguardo delle altre discipline scolastiche non vi arriva.P ro c e d e re all’elementarizzazione delle conoscenze stori-che non vuol dire ridurre i contenuti della storia scolasti-ca a elementi fattuali di quella cultura comune della qua-le tanto si parla nei dibattiti scolastici contemporanei. Vu o ld i re, piuttosto, collegare quei contenuti alla capacità de-gli allievi di osservare e analizzare il mondo nel quale vi-vono, mettendo in moto i modi di pensare tipici della sto-ria, riferendosi cioè alla “grammatica” specifica della di-sciplina. È un modo di ritro v a re il gusto di queste cono-s c e n z e ,1 7 di liberarne tutta l’essenza e aumentare così lep robabilità che gli studenti s’interessino alle pro b l e m a t i-che storiche.

In una scuola democratica, che vuole form a re dei cit-tadini dotati di una capacità di discernimento e di rifles-

sione autonoma, è essenziale che gli studenti imparino aliberarsi del senso comune, esercitando i modi di pensa-re che sono propri delle varie discipline che studiano ascuola. Per fare questo, nel caso della storia, il concettodi elementarizzazione trova applicazione nella forma digriglie di lettura desunte dalla grammatica scolastica del-la disciplina; vengono così portati alla luce e resi opera-tivi gli interrogativi specifici e i criteri di osservazione del-le società, che caratterizzano la storia.1 8 È questo che re n-de possibile e che concretizza, per quanto riguarda la sto-ria, il superamento del senso comune nella prospettiva diuna costruzione di un vero pensiero critico.

Rimane allora da determ i n a re in quale misura sia pos-sibile stabilire dei gradini pro g ressivi per l’appro p r i a z i o-ne di questo pensiero storico e, eventualmente, se e inche misura questi gradini si adattino allo svolgimento cro-nologico tradizionale della tematizzazione della storia in-segnata a scuola; cosa che ci riporterà alla tradizionaletensione tra approccio fattuale e approccio pro b l e m a t i z-zato alla storia scolastica.

Tre nodi fondamentali della storia scolasticaIn un recente saggio, che abbonda di argomenti pertinen-ti contro la pericolosa illusione della riconciliazione dellem e m o r i e ,1 9 Stefano Pivato sottolinea come non sia tantola storia ad essere in crisi, quanto piuttosto il suo uso pub-blico. «I politici, i giornalisti e gli opinionisti dei mass-me-dia – scrive Pivato – hanno ormai indossato i panni deip rofeti del nostro passato facendo venir meno quella cheun tempo era una funzione primaria della storia: la suatensione etica e civile».2 0 Egli constata che la trasmissionedella storia, ormai, non passa più esclusivamente attraver-so l’istruzione scolastica, ma anche (e forse soprattutto),attraverso una miriade di altri canali di comunicazione,che la scuola non è affatto abituata a pre n d e re in consi-derazione. Le finalità di questi canali alternativi sono evi-dentemente diverse da quelle solitamente assegnate alla

2Charles Heimberg • Le questioni socialmente vive e l’apprendimento della storia

1 3 . Joseph Lakanal,R a p p o rt et pro-

jet de loi sur l’organisation des

écoles pri m a i re s , présentés à la

C o nvention nationale, au nom du

Comité d’instruction publ i q u e , à

la séance du 7 Bru m a i re, Pa ri s , 2

ottobre 1795.

1 4 . Cioè l’individuazione degli

elementi fondamentali che costi-

tuiscono una conoscenza: in ingle-

se si traduce con elementari s a t i o n ,

in tedesco con Elementari s i e ru n g

( N. d . R . ) .

1 5 . Senza teori z z a re oltre questa

d i s t i n z i o n e , s i c u ramente ogge t t o

di discussione, p re fe riamo utiliz-

z a re qui il termine di «conoscen-

za» piuttosto che quello di «sape-

re» nella misura in cui ci sembra

più compre n s i vo delle intera z i o n i

p ro p rie dell’insegnamento-appre n-

d i m e n t o , così come degli interro-

gativi intrinseci alla disciplina, o

dei suoi usi pubbl i c i , politici e so-

c i a l i . Ciò presenta anche il va n t ag-

gio di ev i t a re ogni deri va utilitari-

s t i c a , com’è ad esempio il caso di

un altro termine molto utilizzato

nella lettera t u ra , quello di «compe-

t e n z a » .

1 6 . C f r.Y ves Cheva l l a rd ,Sur la po-

ly valence dans l’enseignement sco-

laire, annotazioni ad una relazione

t e nuta il 3 aprile 1996, e s t ratta dal

sito dell’IUFM di A i x - M a rseille nel-

l ’ o t t o b re 2006: w w w.a i x - m rs . i u f m .

f r / fo rm a t i o n s / fi l i e re s / m a t / f d f / t ex-

t e s / Y C _ 1 9 9 6 _ S e m i n a i re _ c o d i s c i p l i-

naire. doc.

1 7 . C f r. a questo proposito un’in-

t e rvista con Je a n - P i e rre A s t o l fi , L a

saveur des savoirs. Un colloque à

Rouen sur les savo i rs et les acteurs

de la fo rm a t i o n, «Le cart able de

Clio», n. 6, 2006, pp. 141-144.

1 8 . Charles Heimberg & Maria Va s-

s a l l o , I n s e g n a re Stori a . R i fl e s s i o n i

e spunti di lavo ro nella fo rm a z i o-

ne iniziale degli insegnanti, a cu-

ra di Paolo Gheda, SSIS dell’Unive r-

sità della Valle d’Aosta,To ri n o ,S t a m-

p a t o ri , in corso di stampa e prev i-

sto per il 2007.

1 9 . S t e fano Piva t o ,Vuoti di memo-

ri a . Usi e abusi della storia nella

vita pubblica italiana, L a t e r z a ,R o-

ma-Bari 2007.

20. Ibid., pp.VIII-IX.

2 1 . C f r. François Hart o g , R é gi m e s

d ’ h i s t o ri c i t é . Présentisme et ex p é-

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storia scolastica. Esse tendono più alla superficialità chea l l ’ a p p rofondimento, più all’onnipotenza del presente chealla messa in prospettiva delle temporalità.2 1 Uno dei ri-sultati di questa evoluzione è l’ignoranza della realtà del-la storia da parte dei giovani e delle nuove generazioni.2 2

Questo lamentare l’ignoranza della storia merita pe-rò un esame attento. La conoscenza della storia non simisura secondo i metodi dei giochi televisivi. Non si puòa t t r i b u i re sempre lo stesso significato al fatto di ignora-re, per esempio, il vero nome di Giovanni XXIII o l’esi-stenza di Ferruccio Parri. Ci si dovrebbe domandare, ognivolta che viene denunciato un calodel livello scolastico, quali fossero inpassato le conoscenze reali dei gio-vani. E soprattutto quale fosse la na-tura effettiva di queste conoscenzesul passato e in che misura esse per-m e t t e s s e ro davvero di avere unosguardo critico sulla società.

Malgrado qualche indagine pio-n i e r i s t i c a ,2 3 non abbiamo ancora i da-ti e i risultati delle ricerche sulle co-noscenze storiche dei giovani. Ciònon può che invitare ad una certaprudenza prima di fare aff e rmazioni in proposito. In que-sti ultimi anni, tuttavia, i lavori relativi alla didattica dellastoria hanno messo in evidenza l’interesse ad un rinnova-mento della storia scolastica volto a permetterle di rispon-d e re meglio ai fini della formazione di una cittadinanzademocratica.

In questa prospettiva, tre sono le poste in gioco checaratterizzano l’insegnamento e l’apprendimento della sto-ria nelle nostre democrazie. Pur essendo strettamente le-gate tra loro, ognuna di esse corrisponde ad una doman-da fondamentale che si pone continuamente a tutti i me-diatori di storia:– Si sta trasmettendo una storia identitaria o una storia

aperta al mondo e alla sua complessità?– Si sta trasmettendo una storia piatta e lineare o una sto-

ria che aff ronta i problemi e sceglie di orientarsi versola complessità delle evoluzioni del passato umano?

– Si sta trasmettendo una storia fredda e asettica o unastoria delle questioni socialmente vive?R i s p o n d e re a queste tre domande – centrali nel pro-

cesso di decostruzione e ricostruzione che rende possibi-le il passaggio dalla storia dei ricercatori a quella che siimpara a scuola – significa determ i n a re i contenuti dellagrammatica della storia, quella che permette l’accesso algusto del sapere e alle conoscenze attraverso le quali sia

possibile volgere uno sguardo criticosul mondo.

La Società Internazionale della Di-dattica della Storia (SIDH) ha iniziatoa pre n d e re seriamente in considera-zione la prima di queste domande.24

Questa domanda è stata re c e n t e m e n-te al centro di un importante conve-gno tenutosi a Modena e orientatoverso la prospettiva di una “storia ditutti”.25 Questo incontro ha messo inevidenza al tempo stesso la necessitàdi liberarsi dal giogo nazionale e iden-

titario che pesa sulla storia e di aprire l’insegnamento al-la dimensione della storia mondiale.2 6 Si tratta di cogliereper intero il carattere pluriculturale delle nostre democra-zie, della pluralità e della complessità delle identità che visi costruiscono, di inserire nella costruzione delle nostreconoscenze storiche un destino comune universale, cheriguarda sia il passato che il futuro.

La seconda questione consiste nell’interrogarsi su ciòche solo lo sguardo specifico della storia e del pensierostorico, rispetto a quello delle altre discipline, permette div e d e re nelle società di ieri e di oggi. La questione ponecontemporaneamente il problema dell’alternativa tra unastoria piatta e fattuale, a vocazione identitaria e patrimo-

mr

riences du temps, S e u i l , Pa ris 2003;

e Reinhart Ko s e l l e ck , Le futur pas-

s é . C o n t ribution à la sémantique

des temps historiques, Éditions de

l’ÉHÉSS, Paris 1990 [1979].

2 2 . S t e fano Piva t o ,Vu o t i …,o p . c i t .,

pp. 6-10.

2 3 . Nadia Baiesi & Elda Guerra

( d i r. ) , I n t e r p reti del loro tempo.

R a gazzi e ra ga z ze tra scena quo-

tidiana e ra p p resentazione della

s t o ri a, C L U E B , Bologna 1997; M a-

gne Angvik & Bodo von Borri e s ,

Youth and History.A compara t i-

ve european survey on histori c a l

consciousness and political atti-

tudes among adolescents,Vo l u m e

A : d e s c ri p t i o n , Volume B: d o c u-

m e n t a t i o n , H a m b o u rg , K ö r b e r - S t i f-

t u n g , 1 9 9 7 ; Nicole Tu t i a u x - G u i l l o n

& Mari e - José Mousseau,Les jeunes

et l’histoire: i d e n t i t é s , va l e u rs ,

conscience histori q u e, I N R P, Pa ri s

1 9 9 8 ; ma anche una più re c e n t e

ri c e rca svizzera , François Au d i gi e r

& al., Des élèves du Cycle d’ori e n-

t a t i o n , l ’ h i s t o i re et son enseigne-

m e n t . R a p p o rt sur une enquête

e ffectué en 2002-2003, G e n è ve , i n

w w w. u n i ge . ch / fa p s e / d i d a c t s c i e n-

s o c / re ch e rch e s . h t m .

2 4 . Société internationale de Di-

dactique de l’Histoire. Ci riferiamo

in particolare agli incontri interna-

zionali di Lione del 20012001 [Ni-

cole Tutiaux-Guillon & Didier Nour-

risson (dir. ) , I d e n t i t é s , m é m o i re s ,

conscience histori q u e,P u bl i c a t i o n s

de l’Unive rsité de Saint-Étienne,

Saint-Etienne 2003] e di Rabat nel

2004 [Mostafa Hassani Idrissi (dir. ) ,

R e n c o n t re de l’histoire et re n c o n-

t re de l’autre: L’enseignement de

l ’ h i s t o i re comme dialogue inter-

c u l t u re l,Actes du colloque co-org a-

nisé par la SIDH et l’Unive rsité Mo-

hamed V – Souissi – Faculté des

Sciences de l’Éducation, in via di

pubblicazione

2 5 . La storia è di tutti.N u ovi ori z-

zonti e buone pratiche nell’inse-

gnamento della stori a,Atti del Con-

vegno di Modena del 5-10 settem-

bre 2005, in via di pubblicazione.

2 6 . C f r. in part i c o l a re le affe rm a-

zioni di Luigi Cajani,ad esempio in

Combat pour l’histoire mondiale:

un projet pour l’école italienne,

«Le cart able de Clio»,n .2 , 2 0 0 2 ,p p .

97-113.

Ci si dovre b b ed o m a n d a re, ogni voltache viene denunciato

un calo del livelloscolastico,

quali fossero inpassato le conoscenze

reali dei giovani

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niale, e una storia problematizzata, che ponga degli inter-rogativi alle società che prende in esame e che voglia con-tribuire alla costruzione di un pensiero critico.27 Si arrivacosì a questioni fondamentali come la distinzione tra mi-to e storia, o tra storia e memoria e, implicitamente, si èportati ad una impostazione formale del curriculum, al li-vello dei piani di studio di storia, che supera la semplicedimensione del programma.

Infine, la terza di queste domande (che sviluppere m oparticolarmente) ci riporta inevitabil-mente al tema dell’uso pubblico e po-litico della storia, visto che la dimen-sione scolastica ne costituisce di fat-to – come abbiamo già avuto mododi sottolineare – l’uso pubblico più si-gnificativo e socialmente più diff u s o .Quest’ultima questione dipende in lar-ga misura da un retaggio particolar-mente consolidato nell’insegnamentodelle scienze sociali, e cioè quello de-scritto da François Audigier nella suafamosa formula “delle quattro R” se-condo la quale questo insegnamento si fonda tradizional-mente su un re f e rente consensuale, considerato portato-re di realismo e di risultati, e che rifiuta ogni dimensionep o l i t i c a .2 8 Applicato alla storia scolastica, è proprio que-sto retaggio ad aver fatto sì che, nelle pratiche eff e t t i v e ,fosse assegnato un posto privilegiato all’insegnamento de-gli eventi più remoti e apparentemente più neutri.

Tre categorie di questioni socialmente viveIl concetto di “questioni socialmente vive” è stato re c e n t e-mente introdotto nel mondo francofono in seguito all’at-tuazione dell’insegnamento dell’educazione civica, giuri-dica e sociale per gli studenti francesi dell’ultimo anno dil i c e o .2 9 I suoi iniziatori distinguono le questioni socialmen-te vive in tre tipi. Ai loro occhi, esse possono essere vivesia in relazione alla disciplina di riferimento – la storia, in

2Charles Heimberg • Le questioni socialmente vive e l’apprendimento della storia

questo caso –, sia in relazione alle conoscenze e alle rap-p resentazione degli studenti, sia in relazione al contestoscolastico. Questi tre tipi di questioni socialmente vive ele loro rappresentazioni si situano, rispettivamente, nelladisciplina di riferimento, nella società e nella scuola.

Per questioni vive nella disciplina di riferimento inten-diamo quelle questioni che generano orientamenti oppo-sti e controversie tra ricercatori, e che trovano norm a l m e n-te espressione nei convegni, nelle pubblicazioni e nelle

riviste scientifiche: ma può anche ve-rificarsi il caso in cui le divergenze diopinioni tra ricercatori, di rado neu-t re sul piano ideologico, si estendanoallo spazio pubblico, nei mass-media,o siano magari oggetto di usi politicie manipolazioni di vario tipo.

In altri casi una questione può ri-velarsi viva nella società senza tut-tavia porre particolari problemi al-l ’ i n t e rno della disciplina di riferimen-to. Allo stesso modo, in storia, è pos-sibile ci siano questioni legate alla

memoria, che contrappongono fortemente certi gruppisociali, mentre gli storici non le mettono in discussionee si ritrovano su un’interpretazione comune dei fatti. Aquesto livello, possiamo distinguere questioni, magarianche molto visibili nell’attualità, da altre che lo sonoin modo meno immediato, come è ad esempio il casodelle questioni sociali: esse si formano in maniera laten-te e rischiano continuamente di riaff i o r a re a secondadelle circostanze. È proprio in queste circostanze che èpiù facile che gli studenti arrivino in classe con deller a p p resentazioni e delle conoscenze costruite al di fuo-ri del contesto scolastico.

A l l ’ i n t e rno della scuola le questioni diventano “social-mente vive” sia in rapporto agli insegnanti sia in rappor-to agli alunni. Per gli insegnanti, si tratta soprattutto diquestioni sentite come troppo scottanti, troppo difficili daa ff ro n t a re con gli studenti in un contesto che si vuole “neu-

2 7 . A proposito della costru z i o n e

di un pensiero storico negli studen-

t i , cfr Robert Mart i n e a u , L’ h i s t o i re

à l’école.M a t i è re à penser… ,L’ H a r-

m a t t a n , Pa ris & Montréal 1999;P i e r-

re-Philippe Bugnard , M a n i fe s t e

pour une nouvelle histoire ensei-

g n é e, «Le Cart able de Clio», n . 1 ,

2 0 0 1 , p p . 1 0 - 1 4 ; e anche Charles

H e i m b e rg , L’ h i s t o i re à l’école. M o-

des de pensée et re ga rd sur le mon-

d e,ESF éditeur, I s s y - l e s - M o u l i n e a u x

2002; e Charles Heimberg & Maria

Vassallo, Insegnare…, op. cit.

2 8 . François Au d i gi e r, H i s t o i re et

g é o gra p h i e : des savo i rs scolaire s

en question entre les défi n i t i o n s

o fficielles et les constructions des

é l è ve s,« S p i ra l e ,R evue de re ch e rch e

en éducation»,U n i ve rsité de Lille 3

– UFR des Sciences de l’Education,

Vi l l e n e u ve d’Ascq, n . 1 5 , 1 9 9 5 , p p .

61-89.

2 9 . Alain Legardez & Laurence Si-

monneaux (dir. ) , L’école à l’épre u-

ve de l’actualité – Enseigner les

questions socialement vive s, E S F

é d i t e u r, Issy-les-Moulineaux 2006,

costituisce l’opera di ri fe rimento in

questo campo. C f r. a n che Alain Le-

g a rd e z , L’enseignement des que-

stions sociales et histori q u e s , s o-

cialement vive s, «Le Cart able de

Clio», n. 4, 2004, pp. 245-253.

3 0 . È questa l’opinione attualmen-

te dominante,ra p p resentata in par-

ticolar modo dagli studi di Stépha-

ne Audoin-Rouzeau e Annette Bec-

ke r.C f r. il loro libro :1 9 1 4 - 1 9 1 8 .R e-

t ro u ver la guerre, G a l l i m a rd , Pa ri s

2 0 0 0 ; c f r. a n che Stéphane Au d o i n -

Rouzeau & Je a n - Jacques Becke r

( d i r. ) , E n cy clopédie de la Gra n d e

G u e rre 1914-1918. H i s t o i re et cul-

ture, Bayard, Paris 2004.

3 1 . È questo il punto di vista cri t i-

co di storici come Rémy Cazals, N i-

colas Offenstadt o Fr é d é ric Rousse-

a u .La loro posizione è presentata sul

sito <www.c ri d 1 4 1 8 . o rg > .Le ope-

re principali di ri fe rimento sono

quelle di Rémy Cazals & al.( d i r. ) ,L a

All’interno della scuola le

questioni diventano“socialmente vive”sia in rapporto agli

insegnanti sia in rapportoagli alunni

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tro”, come quello della scuola; per gli studenti invece, sitratta soprattutto di questioni percepite come troppo im-pegnative, perché li obblighere b b e ro a dire ciò che nonhanno voglia di svelare nel contesto del loro percorso edella loro vita scolastica.

F a remo ora brevemente qualche esempio concreto ri-guardante la storia che si impara a scuola, per ciascunacategoria, al fine di mostrare l’interesse, e la pertinenza,di una vera e propria presa in considerazione e pre s e n t a-zione agli studenti di questioni socialmente vive. Ma è op-portuno sottolineare ancora una volta che questa catego-rizzazione non va considerata in modo rigido, ma perm e a-bile, visto che molte di queste problematiche rientrano si-multaneamente in più tipologie.

Questioni storiografiche dibattute tra gli storiciI n s e r i re nella storia scolastica domande, e non risposte,che sono oggetto di dibattito tra gli storici, significa innan-zi tutto dare la possibilità agli studenti di osservare che lastoria non è una disciplina chiusa, all’interno della qualenulla viene più messo in discussione. Certo, alcune cosenon sono più discusse, e non si vuole neppure suscitareuna sorta di dubbio permanente. Ma ci sono dei temi, dascegliersi con molta attenzione, che sono oggetto di di-battito e che toccano nodi cruciali per la storia e per lesue finalità di educazione alla cittadinanza.

La Grande Guerra, per ripre n d e re l’esempio che ab-biamo cominciato a osservare sopra, ha sollevato in Fran-cia una controversia molto interessante. La discussioneverte sostanzialmente sulla questione seguente: se i sol-dati delle trincee furono portati a compiere atti d’inaudi-ta violenza perché erano mossi da un profondo sentimen-to patriottico, se cioè ci fu una “brutalizzazione” resa pos-sibile dall’aff e rmazione duratura di una “cultura di guer-r a ” ;3 0 o se, al contrario, la durata del conflitto è stata so-prattutto resa possibile, tra una varietà di fattori, dalla co-ercizione, dalla repressione e dalle pressioni sociali dellere t ro v i e .3 1 Questo dibattito,3 2 p u r t roppo, non ha una gran

v i s i b i l i t à .3 3 È inquinato da rivalità istituzionali e dai rap-porti di potere tipici del mondo della ricerca storica e deisuoi usi pubblici. Ma non ci interessa qui tanto per que-ste ragioni, quanto piuttosto per il fatto che esso re n d ebene conto dell’evoluzione della ricerca storica, con l’af-f e rmazione recente di un modello storiografico il cui orien-tamento, come hanno messo in luce Antoine Prost e JayWi n t e r,3 4 è essenzialmente culturale. Tale dibattito ponei n t e r rogativi fondamentali per la comprensione del XX se-colo e del ruolo dell’individuo nelle tragedie che lo riguar-dano. L’orrenda guerra che ha aperto il secolo era inelut-tabile? Qual è stato il margine di manovra concesso ai suoiprotagonisti? Che ne è stato, in tutti questi drammi, dellam o d e rnità? del pro g resso? dei diritti umani? Queste do-mande, che la storiografia odierna pone al passato, tro v a-no risposte diverse secondo l’approccio alla Prima Guer-ra mondiale che viene privilegiato.

Un altro aspetto di questo dibattito riguarda il ruolodei testimoni e il valore del loro apporto alla nostra co-noscenza della storia. Per la Grande Guerra, come si sa,la questione si è focalizzata sull’opera di Jean Norton Cru,ex-combattente che ha anche pubblicato, a partire dellafine degli anni Venti, un’antologia critica delle testimonian-ze dei veterani.3 5 I suoi lavori sono stati aspramente di-battuti, in particolare a causa dell’orientamento pacifistadi molte testimonianze, ma l’analisi di queste e il proble-ma della loro autenticità, del loro rapporto con la “verità”dei fatti, sono molto interessanti, e lo sono in particolarmodo per la storia scolastica.

Ciò che rende significativo questo esempio è anche ilfatto che la stessa esistenza della controversia non sempreviene riconosciuta e che i concetti dominanti si tro v a n ocosì ad essere introdotti nello spazio pubblico – e soprat-tutto nei manuali destinati agli studenti3 6 – come puri fat-ti. Anche se è nota la forte tendenza della storia scolasticaa favorire le conoscenze presentate come risultati e datiben saldi, ci chiediamo con quale diritto si escludono glistudenti da questi dibattiti e dalle riflessioni che essi gene-rano sulle nostre società e sul loro funzionamento.

mr

G rande Guerre , p ratiques et ex p é-

ri e n c e s,P ri va t ,Toulouse 2005;N i c o-

las Offe n s t a d t ,La Grande Guerre en

30 Questions,Geste éditions, Pa ri s

2 0 0 7 ;Fr é d é ric Rousseau,La guerre

c e n s u r é e .Une histoire des combat-

tants euro p é e n s,S e u i l , Pa ris 1999.

3 2 . Di questo dibattito ci sono de-

gli echi in Italia.C f r. ad esempio Gio-

vanna Pro c a c c i ,Dalla ra s s e g n a z i o-

ne alla ri vo l t a . Mentalità e com-

p o rtamenti popolari nella gra n d e

g u e rra, B u l z o n i ,Roma 2000; e Bru-

na Bianch i , La follia e la fuga . N e-

v rosi di guerra , diserzione e disob-

bedienza nell’esercito italiano

( 1 9 1 5 - 1 9 1 8 ),B u l z o n i ,Roma 2001.

3 3. R é my Cazals se ne è gi u s t a m e n-

te lamentato in 1 9 1 4 - 1 9 1 8 . O s e r

p e n s e r, oser écri re, «G e n è s e s » , B e-

lin,Paris, n. 46,marzo 2002, pp. 26-

4 3 ; c o n s u l t abile on-line su www.

cairn. info.

34. Cfr. nota 5.

3 5. L’ o p e ra di Jean Norton Cru è

stata da poco riedita sotto la dire-

zione di Fr é d é ric Rousseau: Je a n -

N o rton Cru , T é m o i n s, N a n c y,P re s-

ses Unive rs i t a i res de Nancy, 2 0 0 6

[ 1 9 2 9 ] . Per quello che ri g u a rda la

c o n t rove rs i a , c f r. C h ristophe Pro-

ch a s s o n , Les mots pour le dire : Je-

an Norton Cru , du témoignage à

l ’ h i s t o i re, R evue d’histoire moder-

ne et contempora i n e,vo l . 4 8 , n . 4 ,

2 0 0 1 , p p . 1 6 0 - 1 8 9 ; Fr é d é ric Rous-

s e a u , L’ a ffa i re Norton Cru . Le pro-

cès des témoins de la Gra n d e

G u e rre, S e u i l , Pa ris 2003; C h ri s t o-

phe Pro chasson & Anne Rasmu s-

sen (dir. ) , V rai et faux dans la

G rande Guerre,La Découve rt e ,Pa-

ris 2004.

3 6 . C f r. le inchieste di Ya n n i ck Le

M a rec e Anne Vézier in un dossier

su questo tema in Le cart able de

Clio, n. 6, 2006,pp. 145-173. Si trat-

ta dell’integrazione dei “ nu ovi sape-

ri ”nei manuali destinati ai licei e del

dibattito in classe su ciò che ha re-

so possibile la tenuta dei soldati del-

la Grande Guerra.

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Questioni di storia e di memoria nella societàUn altro tipo di dibattito attraversa i settori della storiae della memoria nel contesto francese, ed è quello del-la colonizzazione. Certo, esiste tra gli storici una pluralità di interpre t a z i o-ni e di concezioni del fatto coloniale, anche se sonomolto pochi coloro che valutanoquesta pluralità in modo positivo.Ma la grave questione della leggedel 25 febbraio 2005 ha visto unitistorici e ricercatori. Aff e rmando, in-fatti, all’articolo 4, che «i pro g r a m m idi ricerca universitaria accordano al-la presenza francese oltre m a re, edin particolare in Africa del Nord, ilposto che merita» ma soprattutto, co-sa ancora più grave, che «i pro g r a m-mi scolastici riconoscono in partico-l a re il ruolo positivo della pre s e n z afrancese oltre m a re, e in particolarein Africa del Nord, e accordano allastoria e ai sacrifici dei combattentid e l l ’ e s e rcito francese provenienti daquei territori il posto eminente alquale hanno diritto», questa legge,poi abrogata, risultava assolutamen-te inaccettabile sul piano democra-tico. Non compete, infatti, all’auto-rità politica pronunciarsi in materiadi storia e tanto meno imporre un’in-t e r p retazione, sia essa sostenibile oassolutamente insostenibile, come inquesto caso.

In una società multiculturale, lacui storia demografica è fortemente segnata dal suo pas-sato coloniale, come si può immaginare una possibilesalvaguardia della coesione sociale che sia da una par-te fondata sul silenzio e sull’occultamento di un passa-to doloroso, e dall’altra sull’aff e rmazione di un “dove-

re” di memoria, dal carattere prescrittivo e moralizzato-re, e che si concentra inoltre su altre soff e renze? Di fat-to, non è possibile evitare conflitti identitari senza unv e ro lavoro storico e senza un’apertura alla storia di tut-ti, tale da suscitare delle forme di re c i p roco riconosci-mento. Ora, per quello che riguarda la questione colo-niale, come dimostra l’episodio appena evocato, c’è an-

cora molto da fare .3 7 E ciò mette gliinsegnanti di storia di fronte ad unag rossa re s p o n s a b i l i t à .

Com’è assolutamente normale indemocrazia, i temi di storia e memo-ria dibattuti nello spazio pubbliconon mancano certo. Ci sono quinditematiche storiche la cui visibilitànell’attualità e nei media – o per ilfatto stesso che se ne discute nellefamiglie o nei luoghi di socializza-zione – fa sì che sia necessario chevengano aff rontate nell’ora di storia.È il caso ad esempio dei conflitti sul-la memoria, così come delle diversemanifestazioni di rivalità tra le vitti-me, dalle quali una grammatica sco-lastica attenta alla critica degli usipubblici della disciplina dovre b b ea i u t a re a pre n d e re le giuste distan-ze. Non è infatti mai stato così ne-cessario come oggi, in società chetendono a confondere la storia e lamemoria, che la scuola democraticafaccia conoscere i meccanismi dellamemoria collettiva e i relativi possi-bili abusi.

Per poter pre n d e re le distanzedalle tematiche storiche che dividono la società e susci-tano conflitti, e per dar prova di senso critico nei loroc o n f ronti, è innanzitutto indispensabile aff rontarle inclasse, esplicitando i problemi che esse pongono e i di-versi punti di vista che esse suscitano. Per esempio, nel

2Charles Heimberg • Le questioni socialmente vive e l’apprendimento della storia

3 7 . Al proposito vedi Laurence De

C o ck Pierre p o n t , Enseigner la con-

t rove rse au miroir des question-

nements épistémologi q u e s , s o c i o -

c u l t u rels et didactiques, l ’ exe m p l e

du fait colonial, «Le cart able de

C l i o » , n . 7 , 2 0 0 7 , in via di pubbl i c a-

zione.

3 8 . C f r. Nadine Fink & Charles

H e i m b e rg ,Tra n s m e t t re la cri t i q u e

de la mémoire, in «Culture et Mé-

m o i re . Quelles représentations? »,

Actes du colloque de l’École poly-

technique des 22-24 mars 2007, in

c o rso di stampa per i tipi delle Pre s-

ses de l’École polytechnique.

3 9 . C f r.M a ria Paula Gonzalez,L’ h i-

s t o i re récente comme contenu sco-

laire en Argentine, «Le cartable de

C l i o » , n . 7 , 2 0 0 7 , in via di pubbl i c a-

zione.

4 0 . C f r. Nicole Lautier, À la re n-

c o n t re de l’histoire, P resses uni-

ve rs i t a i res du Septentri o n ,Vi l l e-

n e u ve d’Ascq 1997.

4 1 . Si tratta di un’indagine port a-

ta ava n t i , con Monique Eck m a n n ,

nel contesto della Haute École de

Travail Social de Genève ,p resso in-

segnanti della scuola secondari a , e

che ve rte sulla “ Tramissione della

s t o ria e della memoria della Shoah

in una società plura l i s t a : e s p e ri e n-

z e , reticenze e pra t i che pedago gi-

che degli insegnanti nella scuola

s e c o n d a ri a ” .

4 2 . Non potendo qui sviluppare

i contenuti di questa cri s i , ri m a n-

diamo al nostro articolo C o m m i s-

sion d’ex p e rts et “ H i s t o i re vécue”:

une fo rme helvétique d’instru-

mentalisation des témoins, « B u l-

letin tri m e s t riel de la Fo n d a t i o n

Au s chwitz / Driemaandelijks tijd-

s ch rift van de Stichting Au-

s ch w i t z » , Fondation Au s ch w i t z ,

B ru xe l l e s , n . 9 0 , gennaio – marzo

2 0 0 6 , p ag . 5 5 - 6 2

In una societàmulticulturale, la cuistoria demografica è

fortemente segnata dalsuo passato coloniale,

come si può immaginareuna possibile

salvaguardia dellacoesione sociale che

sia da una parte fondata sul silenzio e sull’occultamento

di un passato doloroso, e dall’altra

sull’affermazione di un“dovere” di memoria,

dal carattere prescrittivoe moralizzatore, e che si

concentra inoltre su a l t re soff e re n z e ?

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caso della rivalità tra vittime, il distinguere tra vittime,c a rnefici e testimoni (attivi o passivi) permette di far va-l e re simultaneamente l’uniformità dello s t a t u s di vittime– che non vanno paragonate, e la cui soff e renza non èoggetto di gerarchizzazione – e la diversità della naturadei crimini commessi nel corso della storia. Allo stessomodo, un vero lavoro di riconoscimento non consistenel riconciliare in modo artificiale memorie separate perla loro stessa natura, ma al contrario nell’identificarequesta pluralità, distinguendone i percorsi e le identitàda essa rivelate, e possibilmente nell’abbozzare form edi dialogo.

La possibilità di aff ro n t a re in classe questioni social-mente vive, vale a dire questioni di storia scottanti e con-flittuali, diventa così una vera sfida alla conoscenza. Si trat-ta, in realtà, di conoscere e di far conoscere i fatti del pas-sato e al tempo stesso le interpretazioni, a volte diverg e n-ti, che gli storici ne hanno dato; ma si tratta anche di sa-p e re ciò che distingue la storia dalla memoria, in altre pa-role, di padro n e g g i a re quei concetti che permettono diesercitare uno sguardo e un pensiero critico.38

Questioni storiografiche cheraramente vengono affrontatea scuolaL’ultimo gruppo di questioni storiche socialmente viveriguarda tutto ciò che può risultare scomodo per l’inse-gnante o per i suoi allievi nel contesto della classe. Lecause di questo disagio possono essere molteplici e di-verse. Evocheremo qui solo qualche esempio.

Innanzi tutto, per quanto riguarda l’insegnante, si po-ne la questione della sua neutralità e della maniera incui gestisce il proprio impegno civico. Questo ostacolopuò assumere una dimensione drammatica in situazio-ni di ricostruzione democratica a seguito di eventi trau-matici, come nel caso dell’ultima dittatura arg e n t i n a ,3 9 ec o n d i z i o n a re così in maniera effettiva le pratiche del-l’insegnamento in classe. Ci sono però anche passatimolto meno traumatici, che fanno fatica ad entrare neicontenuti scolastici qualora gli insegnanti ne siano sta-ti i protagonisti. È il caso, ad esempio, dei movimentipolitici e associativi degli anni 1960 e 1970, larg a m e n t eignorati dagli studenti, mentre nei mass-media o in ge-nerale nello spazio pubblico vi si fa continuamente ri-f e r i m e n t o .

Per quanto riguarda gli studenti, si può distingueretra quelli che hanno un rapporto stretto con la storia chea p p rendono a scuola, e quelli che la tengono quantopiù possibile a distanza.4 0 In una società multiculturale,ad esempio, uno studente immigrato potrà appre z z a reun inserimento del proprio itinerario familiare nella sto-

ria umana o pre f e r i re, al contrario, studiare una storiaglobale che non metta troppo in risalto le identità degliuni e degli altri.

A l t ro aspetto sul quale ci sembra vada ancora messol’accento, è quello della carica emotiva che caratterizzaogni operazione di didattica della storia che verta su te-mi come la Shoah. Un’indagine in corso ci mostra, in ef-fetti, come gli insegnanti reagiscano in modo molto di-verso a questa carica emotiva che, d’altro canto, costitui-sce sempre una costante della trasmissione scolastica diquesto arg o m e n t o .4 1 Si pone, ad esempio, la questionese sia veramente il caso di sconvolgere giovani scolaricon quegli orrori: la voglia di dare un’immagine più po-sitiva dell’umanità, e della vita in generale, incita così anon aff ro n t a re argomenti che sono peraltro fondamenta-li per compre n d e re il mondo per com’è re a l m e n t e .

Per un’evoluzione della storia scolastica:passare dalle risposte asettiche alle questioni socialmente viveIn Svizzera, la crisi degli anni 1990 relativa alla posizio-ne delle élites economiche e delle autorità elvetiche dif ronte al nazionalsocialimo, ha costituito una questionesocialmente viva, classificabile in tutte e tre categorieche abbiamo menzionato.4 2 In effetti, gli storici dibatto-no vivacemente per stabilire se le autorità siano vera-mente state all’altezza delle esigenze morali che la si-tuazione richiedeva. Tra l’altro, la questione ha suscita-to forti reazioni nella popolazione, in particolare perc h émolti di coloro che fanno parte della generazione cheha vissuto quegli avvenimenti, non hanno tollerato leaccuse nei confronti delle autorità, pensando che fosse-ro rivolte direttamente a loro. Infine, poiché questa que-stione si rivela ancora relativamente scottante, molti in-segnanti sono dubbiosi sull’opportunità di aff ro n t a r l aesplicitamente in classe.

Detto ciò, se la storia scolastica vuole realmente per-s e g u i re le finalità di formazione alla cittadinanza, che lesono spesso attribuite nei nostri contesti democratici, èimportante che sia capace di aff ro n t a re le questioni so-cialmente vive, e di darsene gli strumenti. Un cantieredi ricerca e di sperimentazione deve dunque essere aper-to, e questa ricerca ci ricondurrà ai nostri tre nodi cru-ciali, nella misura in cui la presa in considerazione diqueste problematiche socialmente vive non ha senso enon è utile se non nel contesto di una storia di tutti,aperta alla pluralità delle identità e alla dimensione glo-bale; ma anche nel contesto di una storia pro b l e m a t i z-zata, che rinnovi ed espliciti le sue domande sulle so-cietà del passato vicine e lontane.

mr

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La storiamondiale nella scuolastatunitense:nuoveprospettive per l’AdvancedPlacementChe cos’è il “College BoardAdvanced Placement Program”(AP)? Il College Board AdvancedPlacement Program (AP) è un’ideanata dal movimento di riforma delsistema educativo americanoall’inizio degli anni ’50 delNovecento.Due studi paralleli effettuati dalla Ford Foundation eviden-z i a rono la necessità di una collaborazione tra le scuole su-periori e l’università al fine di evitare la ripetizione dei pro-grammi e di consentire agli studenti delle superiori re a l-mente motivati di pro g re d i re speditamente negli studi.

Sin dall’inizio i tre presupposti di base dell’A d v a n c e dPlacement Program furono:– Il sistema scolastico nelle scuole superiori nordameri-

cane non soddisfa gli studenti capaci – le eccellenze –per via della sua struttura ripetitiva e per lo spreco ditempo che essa comporta.

– La scuola superiore è per gli adolescenti il luogo mi-gliore per apprendere.

– I migliori insegnanti per gli adolescenti sono quelli del-la scuola secondaria.

Nel 1955-56 il College Board lanciò un progetto pilo-ta di Advanced Placement, cioè di inserimento anticipatonell’università, col quale venivano inseriti in scuole supe-riori opportunamente selezionate cinque corsi (coi re l a t i-

vi esami) di livello universitario, fra cui uno di storia eu-ropea e uno di storia statunitense. Questo progetto pilo-ta ebbe successo, e il programma crebbe costantementedurante gli anni Sessanta e Settanta, per poi accelerare ne-gli anni Ottanta e Novanta. Nel maggio 2007 si sono te-nuti complessivamente 2, 5 milioni di esami AP, che co-p rono 37 diversi corsi di c o l l e g e. Nel 2007, 325. 111 stu-denti provenienti da 3. 263 scuole superiori hanno soste-nuto l’esame AP sulla storia degli Stati Uniti; 93. 289 stu-denti provenienti da 4. 249 scuole superiori hanno soste-nuto l’esame AP per la storia europea, mentre 99. 776 stu-denti di scuola superiore provenienti da 3. 263 scuole han-no sostenuto l’esame AP di storia mondiale, che è l’ulti-mo corso di storia a essere stato introdotto. In base al ri-sultato di questi esami, gli studenti che li hanno superatihanno ricevuto crediti universitari e/o l’ammissione nellamaggior parte delle università statunitensi e canadesi.

Com’è stato sviluppato il nuovo programma AP di storia mondiale?Un gruppo speciale di lavoro ha iniziato il lavoro pre l i m i-n a re tra il 1996 e il 1997, preparando le linee guida per ilnuovo corso e il relativo esame. La commissione univer-sitaria, in accordo con l’Educational Testing Service, ha in-contrato gruppi di professori universitari e di scuole su-periori, tutti esperti di storia mondiale, per iniziare il la-v o ro di realizzazione del corso e dell’esame AP di storiamondiale. Dopo molto dibattere e alcuni sondaggi sui pro-grammi universitari, il gruppo di lavoro decise di org a n i z-z a re un corso annuale con un taglio tematico, che avre b-be coperto il periodo dall’anno Mille d. C. al presente, pre-ceduto da un corso di base della durata di cinque setti-mane dedicato agli eventi principali avvenuti prima delMille. Successivamente un altro gruppo, fondato nel 1999,lavorò allo sviluppo di questo programma di storia mon-diale e redasse un curriculum organizzato secondo i se-guenti temi principali:1. F o rme e dimensioni dell’interazione tra le maggiori so-

cietà: commercio, guerra, diplomazia e org a n i z z a z i o n iinternazionali.

2. Rapporto tra cambiamento e continuità nei periodi distoria mondiale studiati durante il corso.

3. L’impatto della tecnologia e della demografia sugli es-seri umani e sull’ambiente (crescita e declino della po-polazione, malattie, manifattura, migrazioni, agricoltu-ra e armamenti).

4 . Sistemi sociali e strutture di genere (identificando le ca-ratteristiche principali all’interno delle varie società e com-parando le società fra loro per valutare i cambiamenti).

5. Sviluppo culturale e intellettuale e interazione all’inter-no delle società e fra varie società.

3Lawrence Beaber

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6. Cambiamenti delle funzioni e delle strutture degli Statie negli atteggiamenti nei confronti degli Stati e di altrerealtà politiche (cultura popolare), compreso l’emerg e-re dello Stato-nazione (tipi di organizzazione politica).

Dopo il primo anno di insegnamento, in seguito ad unnuovo esame dei curricoli di storia mondiale adottati da va-ri college e dopo aver consultato il College Board AcademicAdvisory Committee per la Storia e Scienze sociali, la com-missione AP di storia mondiale ha modificato il pro g r a m-ma, includendovi la storia più antica, per cui attualmente ilcorso inizia all’incirca con la trattazione della storia dall’ 8000a. C. All’inizio di ogni epoca vengono forniti agli insegnan-ti suggerimenti sul tempo da dedicare ad ognuno di essi.

Come è stato accolto il nuovo corso ed esame?Alla fine degli anni Novanta, quando si iniziò a pro g e t-t a re il corso e l’esame AP di storia mondiale, ci si aspet-tava che nel primo anno 5. 000 studenti fre q u e n t a s s e roi corsi e sostenessero l’esame. In realtà, quando nel 2002venne tenuto il primo esame, i candidati furono oltre21. 000: si trattò del maggior numero di candidati mairaggiunto in occasione dell’esame inaugurale di un cor-so di AP. Nel 2003 i candidati aumentarono ad oltre 34.000, e così via fino all’ultima edizione, nel 2007, sei an-ni dopo l’avvio del corso, quando i candidati sono sta-ti 99. 776. Gli insegnanti di scuole superiori e i docentiuniversitari hanno quasi sempre dato voti alti ai candi-dati. E gli insegnanti di scuola superiore dichiarano chei n s e g n a re in questi corsi è per loro una sfida molto sti-molante. I professori universitari sono positivamente sor-p resi dal risultato degli esami e ogni anno cresce il nu-m e ro delle università che assegnano crediti o immatri-colano gli studenti che hanno ottenuto buoni risultati.

Gli interventi per illustrare il programma AP di storiamondiale presso diverse associazioni (American Histori-cal Association, National Council of Social Studies Te a-chers, International Society for History Didactics e WorldHistory Association) sono stati accolti con favore. Gli in-segnanti di storia mondiale e i docenti universitari chehanno trascorso, negli ultimi sette anni, una settimana agiugno sia all’University of Nebraska sia alla Colorado Sta-te University per corre g g e re le prove scritte d’esame, han-no lodato sia la qualità e il rigore del corso sia la qualitàdelle prove degli studenti.

Come facciamo a sapere se un corso AP di storiamondiale equivale ad un corso di storia mondialedi un college universitario?Ogni volta che si introduce un nuovo corso AP vienee ffettuata una ricerca per valutarne l’equivalenza con i

mrmrcorsi e gli esami universitari. In questo caso nove c o l-l e g e e università, a cui erano già iscritti numerosi stu-denti AP di altre materie, hanno accettato di org a n i z z a-re delle mini-prove AP di storia mondiale per i loro stu-denti, a fine corso e della durata di 50 minuti. Le pro v econsistevano in una batteria di domande a risposta mul-tipla e in un saggio scritto.

Ai professori venne chiesto di comunicare all’Educa-tional Testing Service (ETS) il voto assegnato ad ognistudente per questo mini-esame AP e, inoltre, di comu-n i c a re il voto assegnato loro per il corso annuale. Quan-do furono corrette le prime prove d’esame AP degli stu-denti delle scuole superiori, nel giugno 2002, i consu-lenti AP corre s s e ro contemporaneamente anche le pro-ve del mini-esame AP fatte dagli studenti universitari,mescolandoli in modo che non fosse possibile distin-guerli a priori. Il risultato di questo speciale studio diequivalenza fu usato per aiutare il Chief Reader d e l l ’ e s a-me AP di storia mondiale e lo staff ETS a stabilire le pri-me scale dei punteggi (da 1 a 5) e a conferm a re che ilcorso e l’esame AP fossero comparabili nel contenuto enella difficoltà ai corsi di storia mondiale offerti dalleu n i v e r s i t à .

I risultati conferm a rono che gli studenti dei corsi APdi storia mondiale che avevano ricevuto una votazione da3 a 5 raggiungevano o superavano la media degli studen-ti che frequentavano corsi di storia mondiale in tutte lenove università.

Ogni 5-10 anni verrà ripetuto uno studio di ricerca sul-l’equivalenza, per verificare che il corso AP di storia mon-diale e l’esame continuino ad essere simili, nei contenutie per difficoltà, ai corsi universitari. Saranno inoltre eff e t-tuati controlli elettronici periodici approfonditi del curri-culum di storia mondiale, per forn i re al Development Com-mittee dell’AP di storia mondiale informazioni sui cambia-menti dei contenuti del corso universitario.

Come vengono preparate le domande dell’esameAP di storia mondiale?L’esame finale, della durata di 3 ore 5 minuti, è articolatoin quattro fasi. La prima fase consiste in una batteria diquesiti a risposta multipla. Le 70 domande, cui bisogna ri-s p o n d e re in un tempo massimo di 55 minuti, sono stateselezionate a partire da un grande database di domandepreparate dalla commissione e da esperti esterni, e sonostate attentamente revisionate dalla commissione di svi-luppo dell’AP di storia mondiale e poi sperimentate in cor-si universitari. Tr a s c o r rono quasi tre anni dal momento incui una domanda a risposta multipla viene formulata aquando compare in un esame. Gli argomenti e i livelli did i fficoltà sono attentamente scelti e valutati per soddisfa-

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re le esigenze scientifiche e statistiche. In linea di massi-ma, le domande vengono formulate in modo da richiede-re una comparazione a livello diacronico e globale. Do-mande che prevedono l’impiego di materiali iconografici– carte, grafici, opere d’arte, mappe e fotografie – gioca-no un ruolo importante nella valutazione. Tutti i test e imateriali degli esami AP di storia mondiale che si sonosvolti dal 2002 al 2007 sono stati pubblicati; più avanti vene offriamo un saggio [cfr. p. 6].

La parte espositiva dell’esame è divisa in tre fasi, tut-te obbligatorie: una domanda basata su documenti (DBQ),della durata di 50 minuti, preceduta da 10 minuti di lettu-ra e pianificazione; un saggio sulle trasformazioni di lun-go periodo, della durata di 40 minuti, e un saggio com-parativo, anch’esso della durata di 40 minuti.

Per la commissione la domanda più impegnativa dap re p a r a re è la DBQ. In questa, infatti, la commissione nonc e rca di valutare le semplici conoscenze, bensì la capaci-tà dello studente di pensare storicamente, cioé la sua ca-pacità di formulare e argomentare una risposta utilizzan-do prove documentarie. La prova DBQ è ideata per testa-re la capacità tipica dello storico di usare le fonti comeparte del suo lavoro di ricerca e di scrittura, ma al tempostesso essa si diff e renzia dal lavoro vero e proprio dellostorico sia per il breve tempo concesso, sia perché le fon-ti sono state preselezionate dagli esaminatori. Non è pre-vista un’unica modalità di approccio all’argomento: gli stu-denti possono aff rontarlo in molteplici modi e ottenerecomunque il massimo dei voti. Il DBQ è un esercizio dianalisi e sintesi; viene richiesta l’elaborazione di un sag-gio che integri l’analisi dei documenti storici con la tratta-zione dell’argomento.

Gli insegnanti che formulano le domande DBQ in-dividuano argomenti dei quali gli studenti conoscano ilcontesto storico generale, ma la maggior parte di que-sti documenti sono diversi da quelli presentati loro du-rante le lezioni. Ogni documento è correlato all’arg o-mento; sono esclusi documenti irrilevanti o deliberata-mente fuorvianti e gli studenti nelle loro risposte li de-vono usare tutti, o per lo meno tutti tranne uno. Per ot-t e n e re un punteggio pieno gli studenti devono poi espri-m e re una valutazione critica dei vari documenti e indi-c a rne altri che, a loro avviso, potre b b e ro aiutarli a ri-s p o n d e re in maniera più esaustiva.

Il DBQ è un esercizio di valutazione unico, cre a t odall’ETS, e viene usato da oltre 30 anni sia nell’esameAP di storia europea sia in quello di storia statunitense.F u rono gli insegnanti di scuole superiori a insistere per-ché venisse introdotto nel programma AP, poiché soste-nevano che solo se si fosse richiesto l’uso dei documen-ti nell’esame finale, gli insegnanti avre b b e ro preso sul

serio l’obbligo di usare fonti storiche originali come par-te integrante dei propri corsi. Ognuno di questi DBQ ri-chiede dai 2 ai 3 anni di revisione prima che sia pro n-to per essere incluso nell’esame.

Le domande AP di storia mondiale concernenti let r a s f o rmazioni di lungo periodo e il saggio comparati-vo sono simili alle domande d’esame formulate alla fi-ne dei corsi universitari. Queste domande possono of-f r i re un certo livello di scelta personale o possono ave-re un ambito globale, in modo da evidenziare i punti diforza e le conoscenze dello studente. Qui di seguito pro-poniamo le domande sulle trasformazioni di lungo pe-riodo e di storia comparativa utilizzate negli esami del2002 e 2003.

Domande sulle trasformazioni di lungo periodo:Scegliete DUE delle aree geografiche di seguito elencatee analizzate come si sono modificati i rapporti fra questee il commercio globale dal 1750 fino ad oggi. La descri-zione delle aree e il loro grado di coinvolgimento nei flus-si commerciali globali devono partire dal 1750:

America LatinaAfrica Sub-saharianaAsia orientaleMedio OrienteEuropa dell’EstNord AmericaAsia meridionale e Sud-est asiatico

Descrivete e analizzate l’impatto culturale, economicoe politico dell’Islam su UNA delle seguenti regioni nel pe-riodo tra il Mille d. C. e 1750. È necessario indicare sia glielementi di continuità che i cambiamenti avvenuti.

Africa occidentaleAsia meridionaleEuropa

Domande Comparative:Analizzate e confrontate la diversa risposta di Cina e Giap-pone all’influenza occidentale nel XIX secolo.

C o n f rontate ed evidenziate le diff e renze del ruolo del-le donne in DUE delle seguenti regioni, nel periodo com-preso tra il 1750 e 1940.

Asia orientaleAfrica Sub-saharianaAmerica LatinaEuropa occidentale

3Lawrence Beaber • La storia mondiale nella scuola statunitense: nuove prospettive per l’Advanced Placement

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mr2002, il Chief Reader, di concerto con lo staff ETS, esa-minò i risultati conseguiti da ciascun candidato AP distoria mondiale, comparandoli con quelli degli studen-ti universitari durante i mini-esami, e assegnò un pun-teggio da 1 a 5 agli studenti che avevano sostenuto l’esa-me. A quanti avevano conseguito un punteggio pari os u p e r i o re a 3 furono assegnati crediti universitari o fuconcessa l’iscrizione ai corsi di storia mondiale nelle uni-versità alle quali avevano presentato domanda di am-m i s s i o n e .

Questa procedura si ripete annualmente ad ogni svol-gimento d’esame AP di storia mondiale. I criteri specificidi valutazione e gli esempi di saggi prodotti dagli studen-ti di ciascun livello nel periodo 2002-2007 sono disponi-bili sul sito web APCentral.

Come sono stati supportati gli insegnanti dei corsi AP di storia mondiale alla loro primaesperienza?Il numero e la varietà di risorse disponibili sia su suppor-to cartaceo che sul web per i nuovi e i vecchi insegnantiAP è in crescita continua. Sul sito dell’APCentral è possi-bile scaricare una grande quantità di materiale sulla sto-ria mondiale, sia gratis che a pagamento.1. T h e A P® World History Course Description. È la pubbli-

cazione ufficiale del programma AP e contiene sia lesue linee guida sia gli ultimi aggiornamenti sul corso esull’esame. È disponibile nella versione o n - l i n e s t a m-pabile gratuitamente e in quella a pagamento su sup-porto cartaceo. http: //apcentral. collegeboard. com/re-pository/ap03_cd_worldhistory_4332. pdf

2. AP Teacher’s Guide in World History. Questo testo, cheè in vendita, contiene le linee guida e una serie di sug-gerimenti. Esso fu pubblicato nel 2000, prima dell’av-vio del corso. Sul sito APCentral del corso sono dispo-nibili gratuitamente estratti del testo. http: //apcentral.collegeboard. com/members/article/1, 3046, 151-165-0-26698, 00. html

3. AP Best Practices in World History. Pubblicato nel 2002e curato dal World History Center della NortheasternUniversity, questo testo fornisce agli insegnanti spuntidi riflessione sulla “filosofia” che è alla base del corso,p rogetti di lezioni, vari esempi su come aff ro n t a re nelmodo migliore temi e argomenti particolari, attività dii n t e r-classe. Il testo è in vendita ma alcuni estratti sonoanche disponibili gratuitamente o n - l i n e. http: //apcen-tral. collegeboard. com/members/article/1, 3046, 151-165-0-4484, 00. html#name3

4 . Web Guide for AP World History. È disponibile o n - l i-ne gratis ed è stato realizzato da un team di insegnan-ti di scuola superiore e universitari con lo scopo di

Al fine di assicurare la correttezza dell’esame, nessu-na delle domande viene somministrata per prova duran-te i corsi. Inoltre, quando vengono preparate nuove do-mande, ai membri della commissione viene richiesto dii n d i c a re i punti principali di quella che dovrebbe esserela risposta esatta, in modo da forn i re indicazioni per laCommissione nel lavoro di correzione e di assegnazionedei voti.

Come vengono valutati i saggi dell’AP di storiamondiale?Ogni studente che frequenta il corso e sostiene l’esameAP ha a disposizione 130 minuti per rispondere a que-ste domande. I criteri generali di valutazione delle do-mande basate su un documento (DBQ), di quelle sullet r a s f o rmazioni di lungo periodo e di quelle comparati-ve sono accessibili da parte degli studenti e degli inse-gnanti sia in un libretto sia sul sito http://apcentral.col-l e g e b o a r d . c o m .

Dopo che l’esame è stato espletato e le prove scrit-te ritirate, gli esaminatori selezionano velocemente al-cune centinaia di prove tra le più rappresentative e lespediscono tramite posta prioritaria ai tre Question Lea-d e r s (QLs), scelti dal Chief Reader di AP di storia mon-diale, affinché impostino i criteri di valutazione. I QLs,una volta ricevute le prove, partendo da griglie di valu-tazione generali, preparano criteri di valutazione speci-fici per ciascuna domanda. I QLs arrivano sul luogo del-la valutazione quattro giorni prima dei re a d e r s, dove,con l’aiuto di piccoli gruppi di re a d e r s selezionati, pro-cedono alla lettura veloce di alcune migliaia di pro v eper conferm a re o modificare ciò che hanno rilevato daiprimi esempi. A questo punto i criteri definitivi di valu-tazione vengono discussi con i Table Leaders (TLs) perp e rfezionarli prima dell’arrivo di tutti i re a d e r s, cioè ungruppo composto da insegnanti di storia mondiale del-le scuole superiori e docenti universitari.

Nel corso della prima riunione plenaria dei re a d e r svengono esposti i criteri di valutazione specifici, in mo-do tale che essi possano pro c e d e re nella form u l a z i o n edei criteri standard comuni. Nei primi giorni i TLs tra-s c o r rono la maggior parte del tempo a leggere e rileg-g e re il lavoro dei lettori riuniti in gruppi da 7-8 perso-ne, per accertarsi che ogni re a d e r abbia ben compre s oi criteri di valutazione e che sia in grado di usarli cor-re t t a m e n t e .

I TLs, inoltre, si consultano frequentemente per assi-curarsi che una determinata domanda venga valutata daciascun gruppo con gli stessi criteri. Il lavoro dei lettoridell’AP di storia mondiale dura un’intera settimana.

Dopo la verbalizzazione dei punteggi conseguiti nel

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a i u t a re gli insegnanti AP a valutare le risorse storichereperibili in internet. http: //apcentral. collegeboard.com/members/article/1, 3046, 151-165-0-11296, 00.h t m l

5. AP World History Electronic Discussion Groups. Q u e s t arisorsa on-line, disponibile sul sito APCentral, fornisceuna varietà di materiali sulla storia mondiale richiestidagli insegnanti, recensioni di libri di testo, saggi ecc.La l i s t s e r v più utilizzata è quella gestita dagli insegnan-ti, nella quale oltre 1000 insegnanti di tutto il mondo siscambiano informazioni quotidianamente sul corso esull’esame AP. I nuovi insegnanti AP la ritengono la ri-sorsa più importante messa a disposizione dal CollegeBoard. http: //apcentral. collegeboard. com/article/0,3045, 149-0-0-7173, 00. html

6. Teaching Units for AP World History Teachers. È unanuova risorsa nata in occasione di un corso estivo diStoria mondiale tenutosi presso la Northeastern Univer-sity di Boston e sponsorizzato dal Colle Board. Le U n i t ssono disponibili presso l’APCentral. http: //apcentral.collegeboard. com/members/article/1, 3046, 151-165-0-4484, 00. html#name10

I n o l t re, vi è una grande profusione di materiale carta-ceo, o n - l i n e e risorse “in presenza”, di cui gli insegnan-ti AP di Storia mondiale possono usufruire. La più im-portante rivista di storia mondiale è «The World Histo-ry Journal», pubblicata ogni tre mesi insieme ad unanewsletter da the World History Association (WHA). Imembri della WHA sono docenti di scuola superiore euniversitari. http: //www. thewha. org/

Importanti risorse o n - l i n e, oltre al sito web APCentraldella Commissione Universitaria, sono H-World (una l i-stserv dedicata a insegnanti e studenti di storia mondiale)e una nuova rivista di didattica della storia, «World Histo-ry Connected», disponibile gratuitamente e pubblicata ognit re anni. http: //worldhistoryconnected. press. uiuc. edu/

Quanta importanza hanno il corso AP di storiamondiale e questa esperienza per coloro cheinsegnano fuori degli USA?I professori universitari e gli insegnanti membri della com-missione AP sono consapevoli che il corso da loro idea-to rispecchia sostanzialmente la storia mondiale che vie-ne insegnata nelle università nordamericane; allo stessotempo, grazie alle fonti o n - l i n e, alle conferenze, alla let-tura dei saggi per l’AP, desiderano mettersi in contatto constorici di altre aree del globo e di confrontarsi con essi.Gli insegnanti AP di storia mondiale partecipano al grup-po di dibattito sulla listserv AP.

Il Development Committee dell’AP di storia mondiale,che ha preso parte alla recente conferenza intern a z i o n a l edella WHA tenutasi alla National Seoul University, nella Co-rea del Sud, ha incontrato insegnanti asiatici per discutere imodi per “re n d e re più globale” il nuovo corso AP di storiamondiale; inoltre, nel 2005, ha partecipato ad una confere n-za internazionale sulla storia organizzata dall’Università diLipsia. Dal 25 al 28 giugno 2008, durante la World HistoryAssociation International Conference che si svolgerà pre s-so il Queen Mary College di Londra, la commissione AP distoria mondiale terrà una serie di incontri per continuare ildialogo con gli insegnanti europei di storia mondiale.

3Lawrence Beaber • La storia mondiale nella scuola statunitense: nuove prospettive per l’Advanced Placement

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L’Europacensura gli storici.La ricercastorica fraguerre dellamemoria ediritto penaleD u rante un incontro informale deiministri della giustizia e degliinterni dell’Unione Europea,tenutosi a Dresda dal 14 al 16gennaio 2007, in occasionedell’inizio del semestre tedesco dip residenza dell’Unione, il ministrotedesco della giustizia, B r i g i t t eZ y p r i e s ,1 annunciò l’intenzione dir i p re n d e re e portare acompimento un’iniziativalegislativa in corso da tempo,2 c h em i rava a far adottare in tutti glistati membri leggi che puniscano,o l t re a tutte le manifestazioni dira z z i s m o, anche la negazioned e l l ’ O l o c a u s t o, che è giàc o n s i d e rata reato in vari Statie u r o p e i , f ra cui Germania, A u s t r i a ,Belgio e Fra n c i a .3

Questo annuncio sollevò subito molte reazioni ne-gative. Fra queste quella del politologo inglese Ti m o t h yGarton Ash, il quale in un articolo apparso sul quotidia-no «The Guardian» il 18 gennaio4 scrisse che, pur muo-

vendo da buone intenzioni, questa proposta era «un gra-ve erro re», perché rappresentava «un´ulteriore limitazio-ne della libertà di espressione, oggi già minacciata dapiù parti»; e quella dello storico tedesco Eberhard Jäc-kel, uno dei più autorevoli studiosi di Hitler e avversa-rio di Ernst Nolte nel corso dell’H i s t o r i k e r s t re i t, il qua-le, durante un’intervista rilasciata il 1 febbraio a Deut-s c h l a n d r a d i o ,5 a ff e rmò che la negazione dell’Olocaustoè «un’idiozia», che va combattuta piuttosto con l’infor-mazione, che con le leggi, e che deve essere punita so-lo se diventa incitamento all’odio.

In particolare in Italia si ebbe un vasto dibattito pub-b l i c o ,6 p e rché il Ministro della Giustizia Clemente Ma-stella volle subito dare seguito alla proposta del suo omo-logo tedesco, annunziando che intendeva pre s e n t a re alConsiglio dei Ministri del prossimo 27 gennaio – in coin-cidenza con la “Giornata della Memoria” – un disegnodi legge per intro d u r re in Italia la punizione della nega-zione dell’Olocausto.7 L’iniziativa di Mastella pro v o c òun’immediata reazione fra gli storici italiani: più di 200f i rm a rono un appello, lanciato da Marcello Flores, SimonLevis Sullam ed Enzo Tr a v e r s o ,8 nel quale si aff e rm a v afra l’altro che una legge del genere sarebbe stata perico-losa, inutile e contro p roducente, per più di un motivo:p e rché avrebbe offerto ai negazionisti «la possibilità die rgersi a difensori della libertà d’espressione»; perc h équando uno Stato stabilisce una verità storica, questa ve-rità rischia di essere delegittimata e viene minata «la fi-ducia nel libero confronto di posizioni e nella libera ri-c e rca storiografica e intellettuale»; e perché già esistonoin Italia leggi sufficienti a punire l’incitazione alla violen-za e all’odio razziale e l’apologia di «reati ripugnanti eo ffensivi per l’umanità». L’appello si concludeva con l’af-f e rmazione che spetta non allo Stato ma alla società ci-vile combattere il negazionismo «attraverso una costan-te battaglia culturale, etica e politica».

Di fronte a questa levata di scudi, il ministro Mastel-la modificò sostanzialmente il disegno di legge, elimi-

mr4Luigi Cajani

1 . C f r. w w w. g u a rd i a n . c o . u k / fa r-

ri g h t / s t o ry / 0 , , 1 9 9 1 2 9 8 , 0 0 . html e

w w w. gi u s t i z i a . i t / m i n i s t ro / c o m -stampa/xv_leg/15. 01. 07b. htm

2 . Per seguirne l’i t e r, iniziato nel

2 0 0 1 , si veda http: / / e c . e u ro p a .e u / p re l ex / d e t a i l _ d o s s i e r _ re a l . c f m ?

C L = i t & D o s I d = 1 6 9 8 8 5

3 . Un quadro dettagliato della le-gislazione nei va ri stati è pre s e n-

tato da Emanuela Fro n z a, P ro fi l i

penalistici del nega z i o n i s m o, i n«Rivista italiana di diritto e pro c e-

d u ra penale», 1 9 9 9 , p p . 1 0 3 4 - 1 0 7 4 .

4 . w w w. g u a rd i a n . c o . u k / C o l u m-

n i s t s / C o l u m n / 0 , ,1 9 9 2 7 5 6 ,0 0 . h t m l ;

questo articolo è stato ri p u bbl i c a t o

con il titolo La libertà primo bene i n«la Repubblica» del 23 gennaio 2007.

5 . w w w. d ra d i o . d e / d k u l t u r / s e n-

d u n ge n / k u l t u ri n t e rv i ew / 5 8 8 9 6 8 /6 . Si veda la rassegna stampa in

w w w. s i s s c o . i t / a ri a d n e / l o a d e r.

p h p / i t / w w w / s i s s c o / d o s s i e rs / n e g a-zionismo/rassegna_stampa/

7. Cfr. www. giustizia. it/ministro/

c o m - s t a m p a / x v _ l e g / 1 9 .0 1 .0 7 .h t m8 . w w w. s i s s c o . i t / a ri a d n e / l o a d e r.

p h p / i t / w w w / s i s s c o / d o s s i e rs / n e g a-

zionismo/appello/

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nando ogni riferimento al negazionismo e limitandosia inasprire, sulla scia della legislazione precedente, lepene contro chi propaganda idee sulla “superiorità raz-ziale” e commette o incita a commettere atti discrimi-n a t o r i .9

Nonostante queste reazioni, l’iniziativa del ministroZypries ha proseguito il suo cammino nelle istituzionidell’Unione euro p e a ,1 0 e si è concretizzata nella D e c i-sione quadro del Consiglio sulla lotta contro il razzismoe la xenofobia, approvata dal Consiglio dell’Unione Eu-ropea nella seduta del 19-20 aprile 2007.1 1 In questa de-cisione quadro si prevede che in tutti gli Stati membridell’Unione Europea vengano puniti con una pena da 1a 3 anni di reclusione i seguenti comportamenti:

– l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio, anche

mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di

scritti, immagini o altro materiale, nei confronti di un

gruppo di persone, o di un suo membro, definito ri-

spetto alla razza, al colore, alla religione, all’ascenden-

za o all’origine nazionale o etnica;

– l’apologia, la negazione o la minimizzazione gro s s o-

lana dei: crimini di genocidio, dei crimini contro

l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli

articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale inter-

nazionale, dirette contro un gruppo di persone o un

m e m b ro di tale gruppo, definito rispetto alla razza,

al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine

nazionale o etnica, e crimini definiti dal Tribunale di

N o r i m b e rga (articolo 6 dello statuto del Tribunale mi-

l i t a re internazionale, accordo di Londra del 1945), di-

rette contro un gruppo di persone o un membro di

tale gruppo, definito rispetto alla razza, al colore, al-

la religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o

e t n i c a .1 2

Il dibattito in Consiglio non fu privo di contrasti, co-me si apprende dalle cronache giornalistiche. Si delineòintanto una contrapposizione fra alcuni Stati, come laFrancia e la Germania, che miravano a misure rigide, edaltri, come Gran Bretagna, Svezia e Danimarca, che era-no invece più sensibili alla tutela della libertà di espre s-s i o n e .1 3 Il compromesso fu raggiunto con l’inserimentonella decisione quadro della seguente clausola, che puòc o n s e n t i re a qualche Stato di re s t r i n g e re il campo di ap-plicazione della legge:

Gli Stati membri possono decidere di re n d e re

punibili soltanto i comportamenti atti a turbare la

quiete pubblica o che sono minacciosi, vessatori oi n s u l t a n t i .1 4

Un altro problema fu sollevato da alcuni stati che sit rovavano un tempo al di là della “cortina di ferro”, fra cuiEstonia e Polonia, i quali avevano chiesto la condanna deicrimini di tutti i regimi totalitari, compresi quelli comuni-sti. Anche in questo caso si raggiunse un compro m e s s onei termini seguenti:

La decisione quadro si limita ai reati commessi sul-

la base di razza, colore della pelle, religione, origine

nazionale o etnica. Non contempla i reati commessi

su altre basi, ad esempio da regimi totalitari. Il Con-

siglio deplora tuttavia tutti i reati di questo tipo.15

La dichiarazione di Berlino adottata il 25 marzo

2007 recita: «L’integrazione europea e l’insegnamento

tratto da conflitti sanguinosi e da una storia di soff e-

renze». Su questa base la Commissione organizzerà una

audizione pubblica a livello europeo sui crimini di ge-

nocidio, sui crimini contro l’umanità e sui crimini di

guerra commessi da regimi totalitari nonché su chi ne

fa l’apologia, li nega o li minimizza gro s s o l a n a m e n t e

e rileva la necessita di un risarcimento adeguato per

le ingiustizie subite e se del caso di pre s e n t a re una

p roposta di decisione quadro su detti crimini.1 6

Molti sono gli aspetti preoccupanti di questa decisio-ne quadro. Intanto il fatto che vi venga stabilita definiti-vamente la punibilità della negazione dell’Olocausto, cheè questione molto controversa. Ma soprattutto che vi ven-ga compresa una serie imprecisata di eventi storici i qua-li possono ricadere sotto la definizione di crimini di guer-ra o di crimini contro l’umanità, e in particolare di geno-cidio. E per di più non è chiaro quali sono le autorità chepossono decidere a quali eventi storici vanno applicatequeste fattispecie di reato. Delle due istituzioni citate nel-la dichiarazione quadro, infatti, una, la Corte penale in-t e rnazionale, può giudicare solo crimini commessi dopoil 1 luglio 2002, quando è entrato in vigore il suo Statu-t o .1 7 L’altra, il Tribunale di Norimberga, ha giudicato solocrimini commessi durante la Seconda guerra mondiale. Si

4Luigi Cajani • L’Europa censura gli storici. La ricerca storica fra guerre della memoria e diritto penale

9. Cfr. www. giustizia. it/ministro/

c o m - s t a m p a / x v _ l e g / 2 5 .0 1 .0 7 .h t m1 0 . Si vedano i documenti dell’au-

dizione pubblica davanti al Pa r l a-

mento europeo del 19 marzo2 0 0 7 : w w w. e u ro p a r l . e u ro p a .

e u / m e e t d o c s / 2 0 0 4 _ 2 0 0 9 / o rg n e s / l i

b e / l i b e _ 2 0 0 7 0 3 1 9 _ 1 5 0 0 _ h e a ri n g .h t m #

1 1 . Consiglio dell’Unione Euro p e a ,

C o municato stampa 2794a sessio-ne del Consiglio, A ffa ri ge n e rali e

relazioni estern e , L u s s e m b u rgo,

19-20 aprile 2007, p p . 23 – 25

( w w w. c o n s i l i u m . e u ro p a . e u / u e-D o c s / c m s _ D a t a / d o c s / p re s s D a t a / i t / j

ha/93929.pdf).

12. Ivi, p. 23.1 3 . C f r.M a riella Pa l a z z o l o ,B e rl i n o :

sanzioni comuni contro ogni ne-

ga z i o n i s m o, in «Il Rifo rm i s t a » , 2 2fe bb raio 2007; Pier Paolo Pittau,N e-

gazionismi e razzismo dive n t a n o

reati in tutta la Ue, in «Il Messag-

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deve dunque supporre che in merito a eventi storici chenon rientrano nella competenza di questi due tribunali sip ronunceranno tribunali internazionali ad hoc, come quel-lo sull’ex-Jugoslavia o quello sul Rwanda, istituiti dal Con-siglio di Sicurezza dell’ONU rispettivamente nel 1993 e nel1994, oppure tribunali nazionali, oppure organi legislati-vi. Oppure ancora questa “audizione pubblica a livello eu-ropeo” sui crimini commessi dai regimi totalitari, di cui siparla nella decisione quadro, i cui compiti non vengonodefiniti, ma che – si ha motivo di sup-p o r re – potrebbe portare alla re d a z i o-ne di un elenco di eventi storici cherientrano nelle fattispecie di reato sud-dette. Non è chiaro poi come si pro-c e d e rebbe in questa definizione dieventi criminosi: la sentenza di un tri-bunale nazionale diverrebbe automa-ticamente valida per tutti gli Statimembri dell’Unione Europea? e la pri-ma sentenza pronunciata su un even-to storico non potrebbe più esseremessa in discussione da un altro tri-bunale, dello stesso Stato o di un altro, divenendo cosìuna verità storica intangibile? oppure potrebbe essere ri-messa in discussione, creando così una situazione caoti-ca nel caso di verdetti contrastanti?

Va ancora notato, per quanto riguarda i comportamen-ti previsti, che se la definizione di “apologia” e di “nega-zione” è sufficientemente chiara, quella di “minimizzazio-ne grossolana” è invece piuttosto vaga, e perciò fonte diincertezze e abusi. Questo timore è confermato dal con-f ronto con altre leggi contro il negazionismo, come quel-la belga, che parla di «negazione, minimizzazione, giusti-ficazione o approvazione», dove i termini minimizzazionee giustificazione vengono interpretati dai giuristi come ladiminuzione della gravità di un evento o la sua giustifica-zione in un contesto più vasto, come reazione, ad esem-pio, a violenze o pericoli.18

Questa decisione quadro si muove nel solco traccia-to in Francia con le cosiddette lois mémorielles. La pri-

ma di queste è la L o i G a y s s o t, del 13 luglio 1990, che,modificando la legge sulla stampa del 1881, punisce conun anno di prigione e una pesante ammenda (oggi di45.000 euro) la negazione dei crimini contro l’umanitàp revisti dal già ricordato articolo 6 dello statuto del Tr i-bunale militare internazionale del 1945; poi la legge del29 gennaio 2001, con cui la Francia ha riconosciuto il ge-nocidio degli Armeni nell’Impero ottomano durante laPrima guerra mondiale, senza peraltro pre v e d e re sanzio-

ni per chi lo neghi. Ancora nel 2001venne approvata, il 21 maggio, la L o iTa u b i r a, che definisce come crimi-ne contro l’umanità la tratta dei nerisia nell’Oceano Atlantico che nel-l’Oceano Indiano, nonché la schiavi-tù praticata a partire dal XV secolo«nelle Americhe, nei Caraibi, nel-l’Oceano Indiano e in Europa controle popolazioni africane, amerinde,malgasce e indiane».1 9 Questa leggestabilisce poi che sia i pro g r a m m iscolastici che la ricerca storica devo-

no accordare alla tratta e alla schiavitù «il posto che me-r i t a n o » .2 0 Anche questa legge dunque non prevede nes-suna sanzione. Lo stesso vale anche per la L o i M e k a c h e-r a, del 23 febbraio 2005, sul colonialismo francese, nel-la quale si dichiara la riconoscenza della nazione «alledonne e agli uomini che hanno partecipato all’opera com-piuta dalla Francia negli ex dipartimenti francesi d’Alge-ria, in Marocco, in Tunisia e in Indocina e nei territoriche si trovavano in passato sotto la sovranità francese».2 1

L’articolo 4 stabilisce, come la Loi Ta u b i r a, che la ricer-ca universitaria deve accordare «il posto che merita» allastoria della presenza francese oltre m a re, soprattutto inAfrica del nord, ma poi compie un deciso salto di qua-lità, giacché prescrive che i programmi scolastici ne de-vono riconoscere il «ruolo positivo».2 2 Fu proprio que-st’ultimo comma che scatenò la protesta degli storici fran-cesi, una protesta che finì per coinvolgere anche le trelois mémorielles p recedenti. Una prima petizione, C o l o-nisation: non à l’enseignement d’une histoire off i c i e l l e,pubblicata su «Le Monde» del 25 marzo 2005, di cui era-no primi firmatari gli storici Claude Liauzu, Gilbert Mey-n i e r, Gérard Noiriel, Frédéric Régent, Trinh Van Thao eLucette Valensi, reclamò l’abrogazione dell’articolo 4 del-la L o i M e k a c h e r a, aff e rmando che esso imponeva l’inse-gnamento di una storia ufficiale, violando così il princi-pio della neutralità della scuola e del rispetto della liber-tà di pensiero, e che sottolineare il solo ruolo positivodel colonialismo significava negarne i crimini e imporrecosì una menzogna di Stato.

mr

ge ro » ,20 aprile 2007,E n rico Bri v i o ,La Ue ha deciso: sono reati il raz-

zismo e la xe n o fo b i a,in «Il Sole 24

ore», 24 aprile 2007.1 4 . Consiglio dell’Unione Euro p e a ,

C o municato stampa 2794a sessio-

ne…, cit., p.23.15. Ivi, p. 24.

16. Ivi, p. 25.

1 7 . C f r.Rome Statute of the Inter-national Criminal Court, art. 11.

1 8 . C f r. Fro n z a , P ro fili penalistici

del negazionismo, cit., p. 1050.1 9 . Loi n. 2001-434 du 21 mai

2001 tendant à la re c o n n a i s s a n-

c e , par la Fra n c e , de la traite et del ’ e s cl ava ge en tant que crime con-

tre l’humanité, art. 1.

20. Ivi, art. 2.2 1 . Loi n.2005-158 du 23 févri e r

2005 portant reconnaissance de la

Nation et contribution nationale enfaveur des Français ra p a t ri é s,a rt .1 .

22. Ivi.

sottolineare il solo ruolo positivo

del colonialismosignificava negarne i crimini e imporrecosì una menzogna

di Stato

” 69

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Questa petizione raccolse 1.001 firme (raggiunte lequali i promotori chiusero simbolicamente la sottoscrizio-ne), e sollevò un vasto dibattito. A renderlo ancora piùacceso fu un episodio che mostrò quanto il complesso diqueste leggi sia gravido di pericoli. Infatti, nel settembredel 2005, il Collectif des Antillais, Guyanais, Réunionnais,un’associazione che riunisce francesi d’oltre m a re, denun-ciò lo storico francese Olivier Pétré-Grenouilleau, autoredi un importante libro sulla tratta degli schiavi africani,23

per “contestazione di crimine contro l’umanità”. Il motivoera un’intervista pubblicata il 12 giugno 2005 al «Journ a ldu Dimanche», nel corso della quale Pétré-Gre n o u i l l e a uaveva affermato che la tratta non poteva essere conside-rata un caso di genocidio e aveva criticato la Loi Ta u b i r ap e rché essa, definendo la tratta quale crimine contro l’uma-nità, suggeriva un paragone improprio con l’Olocausto.I n o l t re il presidente del Collectif, Patrick Karam, annun-ciò che si sarebbe rivolto alle autorità competenti perchéP é t r é - G renouilleau venisse sospeso dalla sua cattedra uni-versitaria. Con questa denuncia si stabiliva di fatto un col-legamento fra la Loi Taubira e la Loi Gayssot.

La reazione del mondo accademico a questa denunciafu molto forte, e si concretizzò nell’appello Liberté pour l’-h i s t o i re !,2 4 pubblicato su «Libération» il 13 dicembre 2005 edi cui i primi firmatari erano fra i più illustri storici france-si: Jean-Pierre Azéma, Elisabeth Badinter, Jean-Jacques Bec-k e r, Françoise Chandern a g o r, Alain Decaux, Marc Ferro ,Jacques Julliard, Jean Leclant, Pierre Milza, Pierre Nora, Mo-na Ozouf, Jean-Claude Perrot, Antoine Prost, René Rémond,Maurice Vaïsse, Jean-Pierre Ve rnant, Paul Veyne, Pierre Vi-dal-Naquet e Michel Winock. Questo appello andava benal di là della petizione C o l o n i s a t i o n, poiché reclamava l’abro-gazione di tutte le lois memorielles, aff e rmando che «in unostato libero, né il parlamento né l’autorità giudiziaria han-no il compito di definire una verità storica». L’appello assu-meva il carattere di un vero e proprio manifesto, con aff e r-mazioni di grande rilievo ideale che mettevano in discus-sione il rapporto di subordinazione della ricerca storica al-la politica, che queste leggi tendono a stabilire :

La storia non è una religione. Lo storico non ac-

cetta alcun dogma, non rispetta alcun divieto, non co-

nosce tabù. … La storia non è la morale. Il ruolo del-

lo storico non è quello di esaltare o condannare, ma

di spiegare. La storia non è serva dell’attualità. Lo sto-

rico non applica agli eventi del passato gli schemi

ideologici o la sensibilità di oggi. La storia non è la

memoria: … ne tiene conto, ma non si riduce ad es-

sa. La storia non è un oggetto giuridico. In uno Stato

l i b e ro, né il Parlamento né l’autorità giudiziaria han-

no il compito di definire la libertà storica. La politica

della Stato, anche se è animata dalle migliori inten-

zioni, non è la politica della storia.

Anche questo appello riscosse molti consensi: al 10gennaio 2006 i firmatari erano già 444, e ai primi si eranoaggiunti fra gli altri Elie Barnavi, Saul Friedländer, JacquesLe Goff ed Emmanuel Leroy Ladurie.

Non mancarono posizioni critiche rispetto a questocoinvolgimento di tutte le lois mémorielles in un unico ri-fiuto. Pochi giorni dopo la pubblicazione di questo appel-lo, infatti, il Comité de Vigilance face aux Usages publicsde l’Histoire, nel ribadire la sua richiesta di abro g a z i o n edell’art. 4 della Loi Mekachera nell’appello Nous n’appli-querons pas la loi du 23 février, lanciato da Claude Liau-zu, Gilbert Meynier e Sylvie Thénault,2 5 criticava al tempostesso i firmatari dell’appello Liberté pour l’histoire!:

La riflessione critica sul passato non appartiene

solo agli storici… La conoscenza scientifica della sto-

ria e la valutazione politica del passato sono entram-

be necessarie in un società democratica, ma non deb-

bono essere confuse. Non è compito dello storico di-

r i g e re la memoria collettiva. Tuttavia, se la politica na-

zionale ha il diritto di pronunciarsi per evitare derive

negazioniste o per dar conto della presa di coscien-

za, certo tardiva, dei crimini della schiavitù o del co-

lonialismo… essa non ha il diritto di pronunciarsi sul-

la ricerca e sull’insegnamento della storia.26

4Luigi Cajani • L’Europa censura gli storici. La ricerca storica fra guerre della memoria e diritto penale

2 3 . Olivier Pétré-Gre n o u i l l e a u ,L e s

t raites négri è re s . Essai d’histoireg l o b a l e , Editions Gallimard , Pa ri s

2004 (tra d .i t . La tratta degli schia-

v i . S a g gio di storia globale, il Mu-l i n o ,Bologna 2006).Questo vo l u m e

è stato insignito nel 2005 del Pri x

du Sénat du livre d’histoire.2 4 . Dossier sulle lois mémori e l l e s ,

sugli appelli e sui relativi dibattiti si

t rovano nei siti web www.h i s t o i re .p re s s e . f r / h t m l / l i b e rt e H i s t o i re . jsp e

w w w. l d h - t o u l o n .n e t / s p i p .php? ru-

b ri q u e 4 9 ; si vedano anch e :René Ré-m o n d ,Quand l’État se mêle de l’hi-

s t o i re,S t o ck ,Pa ris 2006;T z vetan To-

d o rov,Lo spirito dell’Illuminismo,G a r z a n t i , Milano 2007, p p . 71 – 73

( e d .o r.L’ E s p rit des Lumière s,E d i t i o n s

R o b e rt Laffo n t , Pa ris 2006); e il dos-sier L’État et ses mémoire s, in «Re-

g a rds sur l’actualité»,n .3 2 5 ,La docu-

mentation fra n ç a i s e ,n ove m b re 2006.2 5 . P u bblicato in «l’Humanité» del

21 dicembre 2005.

2 6 . M i chel Gira u d ,G é ra rd Noiri e l ,

Nicolas Offe n s t a d t ,M i chéle Riot-Sar-c ey,Vi gilance sur les usages publ i c s

de l’histoire !, in «l’Humanité» del

21 dicembre 2005.2 7 . B é a t rice Gurrey, Je a n - B a p t i s t e

de Montva l o n ,C o l o n i s a t i o n :C h i ra c

évite un débat au Pa rl e m e n t, in «LeMonde» del 27 gennaio 2006.

2 8 . Il resoconto della seduta è con-

s u l t abile in www.a s s e m bl e e - n a t i o n a-l e .f r / 1 2 / c ri / 2 0 0 6 - 2 0 0 7 / 2 0 0 7 0 0 1 2 .a s p

2 9 . h t t p : / / w w w. c o m mu n a u t a ri-

s m e . n e t / Ap p e l - d e - j u ri s t e s - c o n t re -

l e s - l o i s - m e m o ri e l l e s _ a 8 5 4 . h t m l ?P H P S E S S I D = 1 4 9 a 1 1 0 1 8 2 8 e 4 b 9 b 3 5

44827b9440f846

30. Guenter Lewy,The ArmenianM a s s a c res in Ottoman Tu rkey : A

Disputed Genocide,The Unive rs i t y

of Utah Pre s s ,2005 (tra d . i t . Il mas-s a c ro degli A rm e n i . Un ge n o c i d i o

c o n t rove rs o,E i n a u d i ,To ri n o ,2 0 0 6 ) .

3 1 . Je a n - P i e rre Langellier e Je a n -P i e rre Pe ro n c e l - H u go z , Un entre-

tien avec Bern a rd Lew i s , in «Le

Monde»,16 novembre 1993.

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Queste argomentazioni miravano a salvaguardare laLoi Gayssot e la Loi Taubira, considerata quest’ultima co-me un atto morale di riconoscimento di colpa da parte diuno Stato, ma di fatto non contestavano il principio di fon-do espresso dall’appello Liberté pour l’histoire !, cioè la li-bertà della ricerca storica rispetto al potere politico. La dif-f e renza stava nella valutazione dell’effetto di queste leggisu questa libertà.

Questa mobilitazione del mondo accademico france-se ha avuto un qualche successo: il secondo comma del-l’articolo 4 della Loi Mekachera, quel-lo relativo all’insegnamento scolasti-co, è stato infatti abrogato su iniziati-va del Presidente della RepubblicaJacques Chirac a fine gennaio 2006,dopo che il Conseil constitutionnelaveva dichiarato che una disposizio-ne di tal genere non può ricadere nel-l’ambito della legge.2 7 Un altro suc-cesso è il fatto che il 4 febbraio il Col-lectif des Antillais, Guyanais, Réunion-nais, di fronte alle proteste che lo ave-vano investito, ha ritirato la denunciaa carico di Pétré-Grenouilleau. Ma lea l t re lois mémorielles non solo sonorimaste in vigore, ma addirittura giànell’aprile 2006 un deputato sociali-sta, Didier Migaud, ha presentato al-l’Assemblée nationale la proposta diuna nuova legge sul genocidio arm e-no, che ha ripreso quella del 2001 in-serendovi una sanzione penale nellastessa misura della Loi Gayssot. Ciòconferma quella tendenza alla penalizzazione, che infor-ma anche la decisione quadro europea.

Questa legge è stata approvata in prima lettura già il12 ottobre 2006,2 8 p rovocando una ripresa del dibattitosulle lois mémorielles e allargando il fronte del rifiuto a unfolto gruppo di giuristi francesi, che il 26 novembre del2006 hanno lanciato un appello per l’abrogazione di tut-te le lois mémorielles in quanto anticostituzionali.29

Vale la pena di accennare qui brevemente al dibat-tito sul genocidio degli Armeni del 1915-1916, questio-ne che ha anche, o piuttosto soprattutto, un aspetto po-litico, e che è un esempio molto significativo dei rischiche possono corre re gli storici a causa dell’azione di as-sociazioni che rappresentano interessi collettivi che fan-no in vario modo riferimento a eventi del passato. Il pro-blema, anche in questo caso, non riguarda la realtà diun evento storico, ma la sua definizione. Secondo lamaggior parte degli storici, l’eccidio di centinaia di mi-

gliaia di Armeni fu un vero e proprio genocidio, secon-do la definizione datane dalla Convention on the Pre-vention and Punishment of the Crime of Genocide a d o t-tata dall’ONU nel 1948, nel senso che questo eccidio fula conseguenza di un piano organizzato dal governo ot-tomano per sterm i n a re gli Armeni. Alcuni storici però,come Bernard Lewis e Guenter Lewy3 0 sostengono chenon ci sono prove certe di una premeditazione e piani-ficazione governativa e che l’ecatombe degli Armeni fuil risultato di una deportazione di massa da zone strate-

gicamente critiche avvenuta in con-dizioni terribili per l’incapacità org a-nizzativa del governo, per la gravec a restia che colpiva la regione, e perle violenze “dal basso” commesse fragli altri da Curdi e Circassi a dannodei deportati. Bernard Lewis, in se-guito ad un’intervista rilasciata inp roposito al quotidiano «Le Monde»nel novembre 1993,3 1 venne denun-ciato da due associazioni, il F o r u mdes associations arméniennes deF r a n c e e la Ligue intern a t i o n a l ec o n t re le racisme et l’antisémitisme,e condannato dal Tribunal de gran-de instance di Parigi nel giugno1995. Molto significative le motiva-zioni della sentenza. Il tribunale in-fatti, pur dichiarando che non rien-trava nelle sue competenze decide-re se si era trattato o no di genoci-dio, e pur riconoscendo che «unostorico ha, per principio,??? di espor-

re i fatti secondo il proprio punto di vista», aff e rmò tut-tavia che Lewis aveva commesso un «erro re» aff e rm a n-do in quell’intervista che la definizione di genocidio rap-p resentava la «versione armena» della vicenda, e che iltal modo aveva arrecato un danno agli interessati. Pernon commettere questo erro re, secondo il tribunale, Le-wis avrebbe dovuto esporre anche gli argomenti con-trari alla sua tesi. Pretesa che sembra francamente ec-cessiva. In quella circostanza la condanna fu simbolica:1 franco di risarcimento ai ricorrenti. Ma va ricordatoche si trattò di una condanna inflitta sulla base dell’ar-ticolo 1382 del Codice civile che riguarda il risarc i m e n-to dei danni, perché allora non esisteva una legge ap-posita sul genocidio armeno: se la nuova legge verràa p p rovata in via definitiva, le conseguenze in casi simi-li saranno ben diverse.

Tutto ciò mostra quali rischi per la libertà di ricerca edi insegnamento degli storici (ma anche di insegnanti e

mr

Secondo la maggior

p a rte degli storici,l’eccidio di centinaia di migliaia di Armeni fu un vero e pro p r i o

genocidio, secondo la definizione

datane dallaConvention

on the Prevention and Punishment

of the Crime of Genocide

adottata dall’ONU nel 1948

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giornalisti) comporti l’introduzione di una legislazione diquesto genere, che, partendo dalla giusta e necessaria lot-ta al razzismo, è arrivata a toccare, attraverso uno scivo-lamento concettuale, questioni che hanno a che fare so-lo con la ricerca storica. La negazione dell’Olocausto vie-ne punita, infatti, in quanto ritenuta di per sé espre s s i o n edi antisemitismo, il che significa che rappresenta un casoparticolare di una più generale fattispecie di reato, il raz-zismo. Ma da questo caso si è passati alla punizione del-l’interpretazione di altri eventi storici, come se queste in-t e r p retazioni dichiarate non corrette rientrassero nella fat-tispecie del reato di razzismo, o se dovessero senz’altroledere l’onorabilità o la sensibilità di qualche lobby o as-sociazione, che considera uno di questi eventi come par-te della propria identità. Le lois mémorielles mostrano chenon c’è limite temporale a queste rivendicazioni. Ad esem-pio, nel maggio 2007 una decina di deputati ha pre s e n t a-to all’Assemblée nationale francese una proposta di leg-ge mirante al riconoscimento del genocidio della Vandeadurante la Rivoluzione francese,32 e di recente un filoso-fo inglese, Anthony Grayling, ha sostenuto che i bombar-damenti compiuti dagli Alleati sulla città tedesche e giap-ponesi durante la Seconda guerra mondiale furono un cri-mine contro l’umanità.33 Tutte tesi discutibili, e da discu-t e re, come qualsiasi altra, liberamente, senza costrizionidi sorta da parte di qualche lobby o del potere politico.Questi ultimi, naturalmente, possono decidere quale usopubblico della storia convenga ai loro programmi, e or-g a n i z z a re le loro commemorazioni o pre n d e re iniziativesimili di comunicazione, ma non debbono in alcun mo-do interf e r i re con il lavoro degli storici, i quali devono po-ter essere liberi di approvarli o di criticarli.

Le lois mémorielles francesi e la decisione quadro eu-ropea sono il segno di due tendenze che si stanno diff o n-dendo, e che si sostengono a vicenda: da un lato le riven-dicazioni di lobby o associazioni (in Francia i francesi diorigine armena, i neri e i pied noirs), che vogliono impor-re il loro controllo su quella parte di storia che conside-rano rilevante per la formazione della propria identità, sca-tenando così delle vere e proprie “guerre della memoria”;e dall’altra la tendenza di molti Stati a essere ossessiona-

ti dall’aff e rmazione della “virtù”, come ha aff e rmato Pier-re Nora in un recente discorso all’Académie française, ci-tando appunto la Loi Gayssot e la Loi Taubira.34

Questa decisione quadro europea ha suscitato re a z i o-ni negative a livello internazionale fra gli storici. In parti-colare l’Assemblea generale del Comité International desSciences Historiques (CISH) /International Committee ofHistorical Sciences (ICHS), riunita a Pechino il 17 settem-b re 2007, ha approvato una mozione nella quale ha espre s-so la sua forte preoccupazione di fronte a questa possibi-le intrusione della legge nel campo della ricerca storicaed ha invitato tutte le organizzazioni affiliate a discutern eattentamente al loro interno. La questione, inoltre, saràoggetto di un’apposita sessione in occasione del pro s s i-mo congresso internazionale di scienze storiche, che siterrà ad Amsterdam nel 2010.3 5 Pochi giorni prima anchel’American Historical Association aveva emesso un comu-nicato a proposito di questa decisione quadro, nel qualea ff e rmava che la ricerca scientifica può essere giudicatasoltanto dai colleghi di chi la compie. Quindi, nel caso diuno storico che distorca le prove, le misure che possonoe s s e re prese nei suoi confronti, a giudizio dei colleghiesperti nel settore, dovre b b e ro essere solo l’esclusione daincarichi accademici e, nei casi estremi, dalle pubblicazio-ni. «Se qualsiasi altra organizzazione, – continua il comu-nicato – e in particolare un’organizzazione che ha la ca-pacità di avviare procedimenti penali e di imporre dellepene, cerca di influenzare il percorso della ricerca stori-ca, il risultato sarà inevitabilmente l’intimidazione deglistudiosi e la distorsione dei risultati delle loro ricerc h e » .3 6

Al momento in cui chiudo questo articolo (inizi di no-vembre 2007) la decisione quadro non è ancora diventa-ta esecutiva: il prossimo passaggio procedurale dovre b b eessere un dibattito al Parlamento europeo, a cui dovreb-be seguire l’approvazione definitiva da parte del Consi-glio. Non c’è infatti alcun segno di ripensamento, giacchéla relazione parlamentare di maggioranza sostiene piena-mente la decisione quadro: le critiche degli storici non so-no state neanche prese in considerazione. Si profila dun-que in Europa l’inizio di una fase molto difficile del sem-pre delicato rapporto fra storici e politici.

4Luigi Cajani • L’Europa censura gli storici. La ricerca storica fra guerre della memoria e diritto penale

3 2 . C f r. w w w. a s s e m bl e e - n a t i o n a-l e . f r / 1 2 / p ro p o s i t i o n s / p i o n 3 7 5 4 .a s p

33. Anthony Grayling,Among the

Dead Cities:Was the Allied Bom-bing of Civilians in WWII a Neces-

sity or a Cri m e ?,B l o o m s b u ry pu-

blishing, London 2006.

34. Cfr. www. academie-francaise.fr/immortels/discours_SPA/no-

ra_2006. html

35. Cfr. www. cish.org3 6 . C f r. w w w. h i s t o ri a u s . o rg / Pe r-

s p e c t i ve s / i s s u e s / 2 0 0 7 / 0 7 1 1 / 0 7 1 1 i n t

3. cfm.

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Numero44anno IX, settembre-ottobre 2007

Carla Sclarandis O bblighi scolastici

Romano Luperini Dalla intertestualità alla ve r i t àPer Roberto Saviano

Pe n s i e ro itineranteLa complessità biografica dell’io e dell’eticaI n t e rvista a Edga rd Morin,a cura di Valeria Ve n n e r i

Giovanna Taviani Da Pirandello a K a o sUn caso di disadattamento e dislocazione

Martino Negri S t a n ze dell’immag i n a z i o n eSull’ambiguità della parola poetica

Stefano Zampieri I luoghi del pensareUna prima ipotesi intorno al disagio dell’insegnante

Aldo Meschiari Cattivi maestriLa valutazione dei docenti

Franco Milanesi La rivincita dell’ago r àA proposito dei festival della filosofia

Pietro Cataldi L’inganno della bellezza “ c a n t a t a ”Vecchioni a un convegno senese

Paola Gibertini La memoria civile nei ve r s iC ronaca e poesia

Domenico Izzo Il mondo creato dalle paro l eS e l i nunte e dintorni

Clara Castagna « L’ a rte dello scrive re si insegna e Rosanna Rota come ogni altr’art e »

La funzione civile della didattica della scrittura

Lorenzo Casaburi Un albero per aulaL’esperienza keniota di un giovane economista italiano

Stefano Borgarelli Studenti nel paese dei balocchiUn libro di Paolo Mazzo c c h i n i

Chic h i bìorivista bimestrale diretta da Romano Luperini, Franco Marc h e s e ,C a rla Sclarandis, Cinzia Spingola

G. B. PALUMBO EDITORE S.P.Avia B. Ricasoli 59, 90139 Palermotel. 091334961 091588850 fax 0916111848www.palumboeditore.ite-mail: [email protected]

A B B O N A M E N TO A N N U O

(cinque nu m e r i , non esce luglio/ago s t o )Italia Euro 15,00 / Estero Euro 30,00P R E Z Z O D I U N S I N G O L O FA S C I C O L O E u ro 4,00Annate e fascicoli arretrati costano il doppioCCP 16271900 intestato a G.B . Palumbo & C. E d i t o re S.p. A .Periodici - Palermo

Chic h i bìo

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Questo Dossier è stato pensato nellaconvinzione, condivisa con la direzionedi questa rivista, dell’importanza storicadel Neolitico e delle opportunitàdidattiche che esso offre. La chiavemigliore per sollecitare una riflessionein questo senso ci è parsa quella dichiedere a specialisti del settore dielaborare delle sintesi aggiornate,pensate per i destinatari di questarivista. Non sono state chieste tuttaviadelle “sintesi che semplificano”, quantopiuttosto dei testi che cercassero dicomunicare con linguaggio piano illivello più avanzato delle ricerche, senzacadere nello specialismo ma senzaesitare ad affrontare i metodi utilizzati,i problemi aperti e le più ampieimplicazioni dei propri oggetti di studio.Ci auguriamo, naturalmente, chel’operazione sia riuscita.

a cura di

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mundusdossierIl Neolitico a scuola

1

Il eolitico nei manuali scolastici di storia2

Archeologia sperimentale e didattica della reistoria

Visioni d’insieme

oi igli del eolitico4

Il eolitico una prospettiva globale5

Il eolitico una prospettiva a ricana6

Il eolitico in Italia

Aspetti biologici della trasformazione neolitica

7

ome ricostruire la transi ione neolitica attraverso l analisi di biomolecole antiche

8

e malattie umane all alba del eoliticoome gli scheletri neolitici testimoniano l esisten a di nuove malattie

9

Il signi icato nutri ionale della transi ione neolitica nell evolu ione umana

Vita quotidiana e cultura materiale

10

a macinatura dei cereali Aspetti tecnici e sociali11

a prima ceramica12

a tessitura nel eolitico1

ciamani e cavalli volanti i lessioni sull arte rupestre

Piccola bibliografia ragionata

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md

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1. È da sottolineare che, tra l’altro, an-che nella Preistoria siamo di fronte ad“eventi” importanti e affascinanti. Si ve-dano al proposito le considerazioni di An-tonio Brusa, Le didattiche difficili (in cor-so di stampa).2. Cfr. C. Grazioli, Le rilevanze storiogra-fiche e la programmazione del currico-lo, in Insegnare storia, a cura di PaoloBernardi, UTET Università, Torino 2006,

pp. 58-76. Rinvio anche alle lucide con-siderazioni di M. Liverani, in parte rela-tive anche al Neolitico: Il vicino orienteantico, in La storia di tutti Nuovi oriz-zonti e buone pratiche nell’insegnamen-to della storia, Atti del Convegno /Mo-dena 5-10 settembre 2005), in corso distampa [lo si pu leggere in http: //www.comune. modena. it/lastoriaditutti/rela-zioni. html).

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l Neoliti o nei manuali s olasti i di storiaIntroduzione

I manuali analizzati • I testi analizzati perquesto contributo sono i seguenti: Storiad’Europa, a cura di F. Delouche, Edizioniscolastiche Bruno Mondadori, Milano1992 (il capitolo sul Neolitico è di B.Bender); E. Baffi, E. Beni, Il nuovo raccontodella Storia, 1, Arnoldo Mondadori Scuola,Milano 2003; AA. VV., con lacollaborazione di R. Bordone, Noi e lastoria, SEI, Torino 1996; A. Brancati, Farestoria, 1, La Nuova Italia, Firenze 1995; A.Caramanica, E. Bartolomeo, I passidell’uomo I Dalla Preistoria alla metà delIV secolo, Loffredo editore, Napoli 1997;

C. Monaco, G. Mazzoni, Giorni anni secoliStoria , Zanichelli, Bologna 1984; L., L. eM. Montanari, Storia e civiltà dell’uomo, I,Calderini, Bologna 1997; G. Poma, Leciviltà antiche Dalla preistoria alla storiaStoria di acque e di deserti, Archimedeedizioni, Milano 1997; E. B. Stumpo, M. T.Tonelli, Il libro di storia Dalla preistoriaall’impero carolingio, Le Monnier, Firenze1993; S. Zavoli, La storia e il suo racconto,1, Bompiani per la scuola, Milano 2003.

il Neoliti o a s uola

La conferma dell’esistenza di unaPreistoria dell’uomo, fino allora ipotizzatasu basi speculative (si pensi alle paginedi Vico o Rousseau, per esempio), ebbeluogo nel corso dell’Ottocento dalconcorso delle ricerche naturalistiche edantiquarie. Una delle prime esigenze fuallora cercare di stabilire una griglia dicronologia relativa su base archeologica,e il criterio per definire tale griglia ful’individuazione di materiali chepresentavano tempi di comparsadifferenti. Dapprima, nel 1836, lostudioso danese C. J. Thomsen individula successione delle età della Pietra, delBronzo e del Ferro (il cosiddetto“sistema delle tre età”); alcuni decennidopo, nel 1865, sir John Lubbockintrodusse, all’interno dell’età dellaPietra, la distinzione tra Paleolitico (“etàdella Pietra antica”) e Neolitico (“etàdella Pietra nuova”), basandosisull’apparizione di un nuovo metodo dilavorare la pietra, la levigazione.Oggi sappiamo, a partire almeno dalladefinizione di «rivoluzione neolitica»

formulata da V. G. Childe nel 1925, che ladistinzione tra Paleolitico e Neolitico èmolto più profonda. Il Neolitico, o meglio, ilprocesso di neolitizzazione, segna infatti lamaggiore trasformazione nella storia dellesocietà umane: è allora che si afferma unnuovo sistema di acquisizione alimentare,basato sulla domesticazione di piante eanimali. Si tratta di un processo graduale(il termine “rivoluzione” non è da intenderein senso temporale, almeno per i centriformativi) che si realizza autonomamentein diverse regioni del mondo nei primimillenni dell’Olocene, ovvero a partire dacirca diecimila anni fa; esso èaccompagnato da un nuovo rapporto conil territorio e prelude a nuovi assetti socialie all’introduzione di nuove tecniche, comela ceramica, la tessitura o la levigazione(marginalmente già nota in precedenza).Gli strumenti in pietra levigata hannodunque perso l’originaria funzione di“fossili guida”, pur permettendo ancorauna generica attribuzione al Neolitico, e ladizione “età della Pietra nuova” ha ormaiuna valenza puramente convenzionale.

1 • Neolitico. Storia di un termine equivoco

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Un blocco cronologico e culturale omogeneo

grosso modo

d’emblée

un blocco cronologico

un

blocco culturale

md

ig. 1 Scoperte fin dall’ ttocento lepalafitte insieme ai dolmen entraronosubito nell’immaginario collettivo relativo alNeolitico ui un dipinto del 1867 diAuguste achelin Village lacustre de l’agede la pierre us e National Suisse .

79

1. David e il Neandertal. Glistereotipi colti sulla preistoria Evoluzione,preistoria dell’uomo e società contempora-nea

2.

3. Storia D’Europa

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Proprietà privata, famiglia monogamica e affrancamento dalla natura

Saggio sull’origine dell’ineguaglianza

il Neoliti o a s uola1

ig. 2 na delle celebri illustrazioniapprontate da mile a ard per l’operadivulgativa L’homme primitif di Louis iguier1870 subito tradotta in Italia. sse

contribuirono non poco a costruirel’immaginario collettivo della Preistoria iviinclusa l’idea di famiglia nel Neolitico.

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� � �

infra

md

4.5. Le civiltà antiche6. Naturalismo e storicismo nel-l’etnologia

7. Giorni8.

Essai sur la matièrepremière de l’imaginaire anthropologique.Analyse d’un cas

9.

La femme des origines. Images de lafemme dans la préhistoire occidentale

10. Fare storia11. Il libro di storia

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Anche il Neolitico è storia, possibilmente comparata

il Neoliti o a s uola1

ig. 3 na vignetta di P. Laurent ironizza sulprogresso segnato dall’affermazione delNeolitico P. Laurent Heureuse Préhistoireditions anlac P rigue 1965 .

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md

La fine del Neolitico si suole designare subase tecnologica e corrisponde all’intro-duzione della metallurgia. Come sempre,tuttavia, non si tratt di una frattura nettama di un processo diluito sull’arco di sva-riati secoli e la cui cronologia è assai va-ria a seconda delle aree considerate (leprime tecniche di fusione del rame sonodocumentate in Mesopotamia ed Anatolianel VI millennio a. C.). In effetti, la primaproduzione metallurgica è un fenomenoessenzialmente tecnico che non introdu-

ce sostanziali novità negli assetti socio-economici delle comunità neolitiche; la ce-sura dunque è spesso definita in manieraconvenzionale, come accade per tutte leperiodizzazioni. Del resto per lungo tempola produzione litica continu a coesistere,all’interno di specifici ambiti funzionali, alfianco di una produzione metallurgica cheall’inizio riguard in prevalenza strumentiche rivestivano anche una importante fun-zione simbolica ed erano indice di statussociale.

2 • La fine del Neolitico 12. Storia d’Europa13.

Anthropos Enciclopedia

14. La pré-histoire dans les manuels scolaires, ou notremythe des origines

15. L’economia dell’età della pie-tra.Scarsità e abbondanza nelle società primi-tive, Stone ageeconomics,

16. I passi dell’uo-mo17. La storia18. I passi dell’uo-mo19. Giorni

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r eolo ia sperimentale e didatti a della reistoria

il Neoliti o a s uola

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ig. 1

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mdPer approfondire • Per un approfondimentosu contenuti e metodi dell’archeologiapreistorica, cfr. A. Cazzella, Manuale diArcheologia, Laterza, Bari 1989; C. Renfrew,P. Bahn, Archeologia Teorie, Metodi ePratica, Zanichelli, Bologna 20062. Per unadisamina dei contributi più recenti sulladidattica della storia, cfr. Insegnare storia,a cura di P. Bernardi, UTET, Novara 2006.Sull’archeologia sperimentale, si puconsultare il ricco volume curato da P.Bellintani e L. Moser, Archeologiesperimentali Metodologie ed esperienzefra verifica, riproduzione e simulazione, Attidel Convegno (Comano Terme-Fiavè, 13-15sett. 2001), Provincia Autonoma di Trento,Trento 2003; A. Cazzella, Una breverassegna delle recenti tendenze dellaricerca etnoarcheologica e dell’ArcheologiaSperimentale in Italia alla luce di alcunepubblicazioni, «Rivista di ScienzePreistoriche» LV, Firenze 2005, pagg. 501-506; L. Longo, Archeologia Sperimentale,esperimenti in archeologia, divulgazione

sservazioni su significato e ruolodell’Archeologia Sperimentale, «Rivista diScienze Preistoriche» LIII, Firenze 2003,pagg. 549-568.

1. Le questioni dell’insegnarestoria Insegnare storia

2.

3.

4. Nota del curatore Insegnarestoria5. Fare Capire.Osservazioni di-dattiche sull’archeologia sperimentale

Proceedings

6.

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Neolitico è un gioco da tavolo ideatonel 1996 da M. Cecalupo ed E.Chiarantoni (Edizioni La Meridiana,Molfetta, Bari) quando l’insegnamentodella Preistoria faceva parte delprogramma delle scuole medie; esso ètuttavia facilmente adattabile allescuole elementari. Ispirato da I giochidi simulazione nella scuola (a cura diA. Cecchini et al., Zanichelli, Bologna1987) il gioco consente di simularealcune dinamiche complesse: la“rivoluzione” agricola e la “rivoluzione”urbana.Il terreno di gioco è rappresentato danove grandi regioni che suddividono unvastissimo territorio che comprendel’Europa, il Vicino Oriente e l’Africasettentrionale. I giocatori divisi in tribùsono regolati da una “strutturasociale”. Ogni gruppo avrà il capo, ilportavoce, gli esploratori. Lo sciamanoè la figura più importante, perché a luisi affida il compito di conservare lamemoria storica del gruppo. All’iniziodel gioco si consegna a ciascuna tribù

la “tabella tecnologie”, che raccoglie leinnovazioni che hanno permesso larivoluzione neolitica. Scopo del gioco èfondare una città. A fine gioco ilmaster-docente chiamerà a raccoltatutte le tribù. È il debriefing, la strutturapiù importante del gioco (si veda alproposito P. Marcato et al., Gioco edopogioco, Edizioni La Meridiana,Molfetta (Ba) 1996). Si osserverà,così, che durante il Neolitico è natal’agricoltura e come questa abbiaavuto diverse origini, in luoghi diversi, enon nello stesso tempo.Che i contadini convivevano con ipastori-allevatori e con i cacciatori-raccoglitori. Che i diversi modellieconomici e le società instaurarono fraloro rapporti di subordinazione o discambio. Si scoprirà che gli effetti delledinamiche legate all’ambiente sullasocietà dell’uomo non sono sempreuguali, ma dipendono dal tipo dieconomia, dalle tecnologie che siutilizzano, dalla densità dellapopolazione.

1 • Neolitico: un gioco

il Neoliti o a s uola

7.Un’indagine fra gli studenti dell’Universitàdi Bologna sulla fruizione del patrimonio ar-cheologico Culture figurative e materialifra Emilia e Marche.Studi in memoria di Ma-rio Zuffa,

8. Co-municare e interpretare la preistoria nei mu-sei Evoluzione, preistoria dell’uomo e so-cietà contemporanea,

9.

10.

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Alcuni parchi archeologici sulla Preistoria:� Archeoparc di Val Senales (http: //www. suedtirol-it.com/senales/archeoparc. htm).� Parco Archeologico-Naturalistico del Monte Cetona (http://www. ctnet. it/museo/cetona/parco).� Museo delle Palafitte del Lago di Ledro (http: //www. mtsn. tn.it/rete/palafitte. asp).� Parco archeologico e Museo all’aperto della Terramara diMontale (MO) (www. parcomontale. it).� Parco Nazionale delle Incisioni Rupesti di Naquane, Capo diPonte, Valcamonica, Cervano (BS) (http: //www. rupestre. net).� Parco Archeologico del Livelet, Treviso (http: //livelet.provincia. treviso. it).

Alcuni musei con laboratori didattici sulla Preistoria:� Museo Archeologico del Finale, Finale Ligure (SV) (http://www. museoarcheofinale. it/).� Civico Museo Storico Archeologico, Savona (http: //www.museoarcheosavona. it).� Museo Civico di Rovereto, Rovereto (TN) (http: //www.museocivico. rovereto. tn. it/).� Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”, Roma(http: //www. pigorini. arti. beniculturali. it/).

Alcune associazioni e cooperative che si occupano di didattica della Preistoria:� ARCHEA (http: //www. archea. info).� ARCHEO DIDATTICA (http: //www. archeodidattica. it).� ARIES (http: //www. archeologiadidattica. it/Aries).� CIAS (http: //www. archeologia-sperimentale. it).� DIDARCHEO (http: //didarcheo. interfree. it).� PALEOFESTIVAL (http: //www. paleofestival. it).� I SUONI DELLA PREISTORIA (http: //www. soundcenter.it/Preistoria. htm).� LABORATORIO DI ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE (http: //www.archeologiasperimentale. it/index. htm).� MEDIARES (http: //www. mediares. to.it/pagine/didattica/did home. html).� ARCHEONAUTI (http: //www. archeonauti. it/centrovisite. htm).� CAST TORINO (http: //www. cast. torino. it).� CENTRO DI ARCHEOLOGIA SPERIMENTALE (http: //www.comune. villarbasse. to. it/s territorio/arch sperimentale. htm).� ARCHEOSANNIO (http: //www. laboratoriarcheologici. it/).� PALEOWORKING (http: //www. medarch.org/paleoworking/new/curriculum. htm).Si segnala infine l’uscita di una rivista interamente dedicataall’archeologia sperimentale e alle esperienze di didattica dellaPreistoria: «Archeoworks», edita dalla Soprintendenza per i BeniArcheologici della Provincia Autonoma di Trento (per ricevere larivista e per contatti con la redazione: archeoworks yahoo. it).

Per saperne di pi

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ig. 4

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Noi i li del Neoliti o

isioni d insieme

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Il presente contributo è stato già pubblicato in , a cura di G. Muscio e A. Pes-

sina, Museo Friulano di Scienze Naturali, Udine .

md

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l Neoliti ouna prospetti a lobalea definizione di Neolitico

omo sapiens

ig. 1 Il primo passaggio verso ladomesticazione delle piante fu nel icino

riente uello di una raccolta intensa eselettiva di alcune specie di graminaceeselvatiche come il grano e l’orzo. La raccoltaavveniva tramite falcetti di diversa tipologiada La hache de pierre a cura di P. Petre uin

e C. eunesse rrance Paris 1995 .

isioni d insieme

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I sistemi agricoli ad alta resa e ad ampia diffusione

md

ig. 2 La domesticazione degli animali è unfenomeno realizzatosi autonomamente indiverse parti del mondo da . Petrucci A.Riedel in ettemila a i fa il primo pa em ie ti e culture delle societ eolitiche

a cura di A. Pessina e . uscio Comune didine dizioni del useo riulano di Storia

Naturale dine 1998 .

91

ig. 3 Le prime specie di frumento coltivateil farro piccolo o riticum mo ococcum a

il farro grande o riticum dicoccum b e ilriticum timophe ii c hanno tutte la loro

area di origine nel icino riente. Le spighedei grani moderni possono essere anche pipiccole ma presentano chicchi pi grandi epi fitti sono ui disegnate uelle del granoduro o riticum durum d derivato dal dicoccum e il grano tenero o riticumaesti um e frutto di un incrocio da . R.

arlan Le pia te e gli a imali che utro ol’uomo in Le Scienze ed. it. di ScientificAmerican a. vol. III n. 104 1977 .

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ig. 4 entilazione del frumento in unvillaggio dell’Afghanistan. La raccoltatradizionale del grano implica i seguentipassaggi: 1 mietitura ovvero taglio dellaspiga per mezzo di falcetti 2 trebbiaturaovvero battitura delle spighe per staccare lespighette che nel farro coltivato a differenzadi uello selvatico restano intatte 3ventilazione rivolta a eliminare la pula eseparare i chicchi 4 battitura con mortaioe pestello 5 ulteriore ventilazione perliberare il chicco dalle glume foto Roland eSabrina ichaud Rapho uillumetteArmando Curcio editore 1979

ig. 5 na ricostruzione schematica dellivello I di atal urchia uno deipi antichi villaggi neolitici. Si nota lacaratteristica pianta agglutinante con caserealizzate in mattoni crudi e con tetti piattidai uali si accedeva alle abitazioni da .

ellaart atal H hames and udsonLondon 1967 .

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md

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ig. 6 La prima diffusione del Neolitico nelediterraneo. Sono evidenziati i diversi

ambiti culturali e le linee che hannorappresentato una frontiera nella diffusioneda . uilaine e l’ rie t a l’ ccide t laéolithisatio de la éditerra éeuestio s ou ertes in La eoliti a io e trarie te e ccide te Atti del Convegno di

Studi a cura di A. Pessina e . uscioComune di dine dizioni del useoriulano di Storia Naturale dine 2000

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li orticoltori delle foreste tropicali

shifting agriculture

isioni d insieme

ig. 7 Per via sperimentale è stato possibiledimostrare l’origine del mais e da unagraminacea selvatica chiamata teosinte ab d rappresentano i passaggi intermedidella mutazione artificiale . Come lapannocchia di mais la spiga di teosinte ècomposta da una fila di cariossidi racchiusein un guscio duro che si disperdono uandola spiga giunge a maturazione. Prodotto dinumerose selezioni realizzate dall’uomo ilmais non potrebbe sopravvivere in condizioninaturali da . . earle L’origi e del maisin Le Scienze ed. it. di ScientificAmerican a. II vol. I n. 139 1980

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I sistemi agricoli non intensivi

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ig. 8 n esempio contemporaneo delsistema del taglia e brucia : sull’isola diPentecoste nell’ ceano Pacifico gliaborigeni preparano un nuovo campo percoltivarvi l’igname. opo avere eliminato glialberi pi grandi abbattuti con l’asciasradicati o fatti morire tramitescortecciamento si procede all’incendiodegli alberi pi giovani e del sottobosco lecui ceneri contribuiranno a fertilizzare ilsuolo da . N. Leonard primi agricoltoriArmando Curcio editore 1979

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li ambienti estremi il Neolitico africano e la domicultura australiana

isioni d insieme

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ig. 9 na pittura rupestre del assiliAlgeria illustra il rilievo che l’allevamento

ebbe nel Neolitico africano.

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onclusioni

hat happened in istory IlProgresso nel mondo antico

isioni d insieme

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Guns, Germs, and Steel Armi, acciaio e malattie

Breve storia del mondo negli ul-

timi tredicimila anni

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l Neoliti ouna prospetti a a ri anaIntroduzione

Il clima e l’uomo tra Pleistocene finale e locene

isioni d insieme

utte le immagini provengono dall’Archivio della

issione Archeologica Italo Libica nell’Acacus e

essa Sahara Centrale diretta dal S. i Lernia

niversit di Roma La Sapienza di cui l’autore

fa parte. www.acacus.it stefanobiagetti alice.it.

fig. 1 na antica valle fluviale del adrartAcacus Sahara Libico .

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grosso modo

e origini delle specie

Capra aegragus Ovis orientalis

Bos pri-

migenius

’antico locene nel ahara e le premesse del Neolitico

erg

edeyen hammada

md

fig. 2 Insediamento di uareg del adrartAcacus Libia .

1.

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mesolitiche

Ammotragus lervia

mesolitiche

li esordi e l’affermazione del Neolitico nel ahara

isioni d insieme

fig. 3 La grotta di an Afuda adrartAcacus Libia .fig. 4 Il riparo pluristratificato di a ar ori incorso di scavo adrart Acacus Libia .fig. 5 Archeologi italiani al lavoro tra i restidi un sito archeologico pastorale localizzatoin corrispondenza dei sedimenti scuri checostituiscono le tracce degli antichi laghi.

ig. 3

ig. 4

ig. 5

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Nel testo si adotta il termine“pastoralismo”, adattato dall’inglesepastoralism, ritenuto da chi scrive piùefficace della traduzione italiana“pastorizia”. Con quest’ultima definizionesi indica, di solito, un’attività economicapraticata da alcuni membri del corposociale; con “pastoralismo” si vuole farriferimento ad un sistema ideologico,sociale, economico nel quale tutti gliindividui della comunità sono attivamenteinseriti.I pastori africani, dalla Preistoria ai giorninostri, dipendono prevalentemente daiprodotti dei loro animali domestici,adottando strategie di mobilità adeguateper soddisfare i bisogni del bestiame. Ilpastoralismo africano è uno strumentoefficace per minimizzare i rischi di unambiente instabile del tipo di savana o disteppa. Nei periodi di siccità i sistemiafricani attuali sono in grado di resistereanche a considerevoli perdite di bestiame.Nei momenti favorevoli gli animali siriproducono più velocemente e il bestiamesi reintegra. Di norma, gli animali nonvengono uccisi per il consumo della lorocarne, ma allevati per i prodotti secondari:il consumo del latte o del sangue di unamucca, ad esempio, permette di ottenere

proteine senza nuocere all’animale. Lacarne viene consumata ma solo inoccasione di particolari cerimonie, o nelcaso di decesso naturale dell’animale.Naturalmente gli esemplari femmine sonotenuti in maggiore considerazione per leloro capacità riproduttive e per laproduzione di latte. Un’altra caratteristicadel pastoralismo africano è la suacostante integrazione con cereali selvatici:il materiale preistorico da macina èabbondante nel deserto e testimonia lapratica della raccolta e della macinatura,che perdura anche oggi. Alcune societàpastorali conoscono l’agricoltura in Africa evi ricorrono in caso di bisogno. Il lavorodella terra è comunque compitogeneralmente disprezzato e consideratodegradante dalle comunità di pastori.Anche quando la coltivazione degli orti èpratica stabile all’interno del gruppo, è disolito considerata una necessità dellaquale fare a meno appena possibile.Nonostante lo straordinario successo chesistemi pastorali africani hanno dimostratonel corso dei millenni, adattandosi erigenerandosi, formando anche la base disocietà complesse, i tempi attualisembrano loro sfavorevoli. I decisiincoraggiamenti alla sedentarizzazione

(prerogativa richiesta dai governi centraliper il beneficio di servizi sanitari, scolasticie altro), i confini nazionali che ostacolanogli spostamenti stagionali e la generaletendenza all’urbanizzazione che attira nellecittà soprattutto i giovani costituisconoostacoli allo sviluppo del pastoralismo.Inoltre, le politiche delle organizzazioniinternazionali raramente prevedonomodelli di sostegno alle pratiche pastorali,privilegiando la diffusione dellacoltivazione dei campi anche laddove – laPreistoria e la storia insegnano – non èmai stata praticata. Trasformare il nomade-pastore in cittadino-agricoltore è l’obiettivodi programmi che vedono nell’agricoltural’unica soluzione ai problemi cheaffliggono le società dell’Africa. Tuttavia ilquadro climatico globale, caratterizzatodall’aumento della variabilità temporaledelle piogge, dall’incremento del numerodegli eventi catastrofici, edall’innalzamento del livello del mare,rischia di costituire un ulteriore ostacoloalla volontà di applicazione di talipolitiche. Cresce l’estensione delle areearide e semiaride, aprendo potenzialmenteal pastoralismo nuovi spazi dove altreforme economiche diventano sempremeno praticabili.

1 • Il pastoralismo africano tra passato e futuro

md

fig. 6 asi neolitici restaurati rinvenuti in unsito all’aperto presso la zona di urzuSahara libico .

ig. 6

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cattle cult

a crisi e la trasformazione del sistema pastorale

isioni d insieme

fig. 7 I due capi . Particolare della paretedipinta del riparo di an Amil adrartAcacus datata al Neolitico medio.

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fig. 8 I uareg e i loro cammelli adoperanoanche oggi il cammello per lunghispostamenti.

La maggior parte dei risultati delle attuali ricerche in Africa sonopubblicati in lingua straniera su riviste internazionali dedicate, come«The African Archaeological Review», «Journal of AfricanArchaeology», «Afrique: Archéologie et Arts», e riviste a carattereregionale o nazionale come «South African Archaeological Bullettin»,«Azania», «West African Journal of Archaeology», «Sahara»,«Archéologie du Nil Moyen, Sudan & Nubia». Per aspetti anche“politici” della disciplina è possibile consultare i volumi degli Atti delCongresso Panafricano di Preistoria che si tengono periodicamentenelle capitali africane. L’accessibilità a tali opere non è sempreagevole: la diffusione dei periodici elettronici disponibili in rete è inforte crescita e consente la consultazione on-line delle maggioririviste (ad esempio: www. sciencedirect. com; www. elsevier. com) dapostazioni (es.: biblioteche universitarie) che le abbiano acquistate.Per quanto riguarda l’Acacus, area di straordinaria ricchezza

archeologica, si segnala il sito www. acacus. it.Segue un breve elenco di opere recenti che affrontano imolteplici aspetti dell’archeologia africana, all’interno dei quali èpossibile reperire informazioni bibliografiche dettagliate.G. Connah, Forgotten Africa: An Introduction to its Archaeology,Routledge, Londra 2004.G. Connah, African Civilizations: An Archaeological Perspective,Cambridge University Press, Cambridge 2001.D. W. Phillipson, African Archaeology, Cambridge University Press,Cambridge 2005.A. B. Stahl (ed.), African Archaeology: A Critical Introduction,Blackwell Publishing, Oxford 2005.J. O. Vogel (ed.), Encyclopedia of Precolonial Africa: Archaeology,History, Languages, Cultures and Environments, Altamira press,Walnut Creek 1997.

Per saperne di pi

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l Neoliti o in taliaIl processo di neolitizzazione in Italia cronologia e dinamiche culturali

impresse

isioni d insieme

Riferimenti bibliografici e fontiiconografiche • Civiltà dell’argilla Le primecomunità del Neolitico, a cura di M. A.Fugazzola Delpino, A. Pessina, V. Tinè,Catalogo della mostra, Soprintendenza alMuseo Nazionale Preistorico Etnografico “L.Pigorini”, Roma 2004.M. A. Fugazzola Delpino, V. Tinè, Le statuinefittili femminili del Neolitico italianoIconografia e contesto culturale, «Bullettinodi Paletnologia Italiana», 93-94, 2002-2003, pp. 19-51.A. Pessina, G. Muscio, Settemila anni fa ilprimo pane Ambienti e culture dellesocietà neolitiche, Catalogo della mostra,Museo Friulano di Storia Naturale, Udine1998-1999.A. Pessina, V. Tinè, Archeologia delNeolitico L’Italia tra VI e IV millennio,Carocci, Roma (in c. d. s.).Spirali del tempo, meandri del passato Gliscavi archeologici a La Vela di Trento dal

al 7, a cura di E. Mottes,Catalogo della mostra, Soprintendenza per iBeni Archeologici, Provincia Autonoma diTrento, Trento 2007.S. Tinè, Passo di Corvo e la civiltà neoliticadel Tavoliere, Sagep Editrice, Genova 1983.

ig. 1 Le facies culturali a ceramicheimpresse nel Neolitico antico del

editerraneo.

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md

Torre Sabea

AUSTRIA

GERM ANY

HUNGARY

CROATIA

SLOVENIA

TUNISIA

ALGERIA

BOSNIA and HERZEGOVINA

YUGOSLAVIA

SW ITZERLAND

LIECHTENSTEIN

FRAN

CE

M ALTA

LIGURIAN SEA

TYRRHENIAN SEA

IONIAN SEA

AD

RI

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ITALY

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BernVaduz

Ljubljana

Zagreb

Budapest

Sarajevo

Valletta

Graz

Salzburg

InnsbrückZürich

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SplitM ostar

BihacTuzla

Dubrovnik

Ajaccio

Bastia

Nice

PratoDon M ichele

Coppa NevigataM ass.Candelaro

PulodiM olfettaScam uso

Rendina

Trasano

Favella

Defensola

TorreCanne

107

ig. 2 I pi antichi siti del Neolitico italianonel Sud st peninsulare.

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arcaiche evolute

oinè

Cultura di Diana

Primo Neolitico

Fiorano Gaban Fa-gnigola-Sammardenchia h Isolino

asi a Boc-

ca uadrata

Chassey Lagozza

isioni d insieme

ig. 3

ig. 4

ig. 5

ig. 6 ig. 7

108

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e strutture di abitato

Modo di Produzione Domestico

domus agrios

focus

fon-di di capanna

md

ig. 3 Ceramiche impresse del Neoliticoantico peninsulare da La efensola oggia.ig. 4 Ceramiche dipinte e acrome ig. 5

del Neolitico medio e recente meridionaleda Passo di Corvo oggia.ig. 6 Ceramiche del Neolitico antico e

medio ig. 7 settentrionale dal Riparoaban e da La ela rento.ig. 8 odello ricostruttivo di un’unit

abitativa a Passo di Corvo oggia Neoliticomedio .

109

ig. 8

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110

isioni d insieme

La capanna di Lugo (fig. 1.1) è statadistrutta da un violento incendio e poiricoperta da 14 m di coltre alluvionale,che ha preservato le strutture e gli arrediad un livello di chiarezza eccezionale nellenostre regioni e che ricorda i siti meglioconservati dell’Europa sud-orientale. Laplanimetria della capanna di Lugo èregolarmente rettangolare, l’orientamentoè NNW-SSE e le dimensioni massimesono di 10x7 m; le pareti sono composteda una trama a graticcio di canne, fissatea travetti verticali e rivestite da ampiequantità di intonaco. La copertura,probabilmente a doppio spiovente, erafondata su una doppia fila di pali assiali;possibili soppalchi laterali sono indiziatidal rinvenimento di cortine di assi ligneecarbonizzate lungo i lati lunghi. Lo spaziointerno era suddiviso in due ambienti eoccupato da un focolare centrale, mentreun forno con copertura a volta eracollocato a ridosso della paretesettentrionale. Diversi vasi integri sonostati rinvenuti sul pavimento dellacapanna, in particolare nel vano sud,dove anche la presenza di macine,

industria litica e resti di cereali faipotizzare un’area destinata allaconservazione e alla preparazione delcibo.L’estensione dello scavo ha permesso di

chiarire, a Lugo, anche il rapporto tra lavera e propria capanna e alcune strutturelimitrofe in fossa: un pozzetto-silos perimmagazzinare derrate e una fossa-cavaper l’argilla con cui intonacare le pareti.

1 • Le capanne di Lugo di Romagna

ig. 1.1 Planimetria della capanna con forno e focolare interni di Lugo di RomagnaRavenna Neolitico antico .

Strutture di combustione: ig. 9a forno avolta di terra di avella Cosenza Neoliticoantico e ig. 9b ipotesi ricostruttiva ig.10a fosse con ciottoli e carboni di rottaSan ichele di Saracena Cosenza Neoliticoantico e ig. 10b ricostruzionesperimentale.

ig. 9a ig. 9b

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forno polinesiano

fossati

md

I primi fossati neolitici ad essere rivelatidalla ricerca archeologica furonoindividuati nel siracusano dagli scaviottocenteschi di Paolo Orsi, ma i piùgrandiosi e celebri fossati del Neoliticoitaliano sono quelli del Tavoliere, nellaPuglia settentrionale. La loro scopertarisale alla Seconda guerra mondiale,quando l’archeologo inglese JohnBradford, effettuando una serie di ripreseaeree della zona come ufficiale della RAF,not una serie di anomalie concentriche,assolutamente enigmatiche machiaramente riferibili a strutture antichesepolte (vedi fig. 11 del testo). Gli scavieffettuati nel dopoguerra dallo stessoBradford e da altri studiosi inglesi eitaliani hanno condotto alla scoperta diquella che è forse la più complessaciviltà neolitica del nostro paese. Letracce sulle foto aeree sono risultate,infatti, riferibili ai cosiddetti crop marks,cioè alle variazioni nella crescita dellavegetazione determinate dalla presenzadi una maggiore umidità nel terreno diriempimento dei fossati di recinzione divillaggi neolitici. Un’ipotesi funzionale

come strutture drenanti è stata propostaper i fossati del principale di questi siti,Passo di Corvo, ed è probabilmenteestendibile anche alla maggior partedegli altri villaggi del Tavoliere, insieme aquella complementare di raccoltadell’acqua e di difesa degli armenti. Inogni caso il valore ideale di delimitazionedello spazio culturale rispetto a quellonaturale era certamente avvertito dagliartefici di queste grandiose operecollettive, che rappresentano il trattocaratteristico di molte culture delNeolitico italiano, non solo nel Meridione,dove sono attestati anche nella Valledell’Ofanto (Rendina) e nel Materano(Serra d’Alto), ma anche in Abruzzo(Ripoli) e nella Val Padana (Faenza), finoalla Val d’Adige (La vela di Trento) e allaPianura Friulana (Sammardenchia).Sistemi di recinzione con palizzate ligneesono documentati in ambito padano dascavi recenti in siti di varie fasi delNeolitico, dalle più antiche, come a Lugodi Romagna con piccolo fossato (fig.2.1), a quelle avanzate e recenti, come aLe Mose e a Travo (PC).

2 • I fossati di recinzione

ig. 2.1 Ricostruzione del sistema difossati e palizzata di Lugo di RomagnaRavenna Neolitico antico .

ig. 10a ig. 10b

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Il territorio e l’insediamento

archeolo-gia spaziale

ricognizio-

ne superficiale prospezione geoarcheologica

isioni d insieme

3 • I villaggi neolitici del Tavoliere

Le ricognizioni archeologiche condotte su200 degli oltre 1000 siti neolitici delTavoliere indiziati dalle foto aeree, hannopermesso di ricostruire nel dettaglio ledinamiche insediamentali caratteristichedelle diverse fasi (fig. 3.1). 180 siti sonoriferibili, sulla base delle ceramicherinvenute in superficie, al Neolitico antico(fig. 3.2); si estendono di norma su areedi ampiezza inferiore ai 2 ha epresentano strutture di recinzione consingolo o doppio fossato, definendo unmodello insediamentale di tipo fattoriamonofamiliare. 58 siti appartengono,invece, alle fasi iniziali del Neoliticomedio (fig. 3.3); 49 di essi erano giàfrequentati nel Neolitico antico mentre 8risultano di nuova fondazione. Si tratta,ora, di veri e propri villaggi con fossatiperimetrali concentrici e grandi fossatiesterni aperti a spirale, che abbraccianoaree anche superiori a 100 ha,probabilmente sottoposte a coltivazionee non direttamente insediate. Latendenza all’ampliamento deglistanziamenti e alla concentrazione della

popolazione è evidenziata da fenomeni disinecismo tra villaggi contigui, comeavviene nel più famoso di questi villaggi,Passo di Corvo, che incorpora il piccolocentro limitrofo di Campo dei Fiori. Ivecchi siti-fattoria continuano ad esseredocumentati nel Neolitico medio delTavoliere ma i nuovi, grandi villaggisembrano assumere una funzione dicentri di riferimento territoriali secondoun modello di insediamento gerarchico.Solo 28 siti, infine, appartengono allefasi avanzate del Neolitico medio e alNeolitico recente, di cui 8 nuovi (fig. 3.4).Questi villaggi sono privi di fossati direcinzione e dei fossati interni a C esembrano costituiti solo da pochestrutture abitative. La loro dispersione èindicativa di un nuovo modelloinsediamentale e economico, dato chesono molto rari nella zona pianeggiantementre appaiono nettamente piùconcentrati sulle aree collinari,soprattutto sulle rive del Fortore. Lospostamento della popolazione dallapiana alle colline va collegato all’evolversi

ig. 11 illaggio trincerato neoliticoindividuato dalle fotografie aeree nelavoliere oggia Neolitico antico e medio .

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11

optimum

territorio-

sito Site-Catchment Analysis

indicatori econo-

mici diretti

indicatori indiretti

md

ig. 3.1 Lo schema dell’insediamento nel avoliere di oggia nelle diverse fasi delNeolitico: ig. 3.2 Neolitico antico ig. 3.3 Neolitico medio fasi iniziali ig. 3.4Neolitico medio fasi avanzate e Neolitico recente.

in senso arido delle condizioni climatichein queste fasi, secondo un modello di

collasso ambientale che coinvolge lasocietà dei villaggi trincerati del Tavoliere.

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e basi economiche e i circuiti di scambio

infra

isioni d insieme

Nel territorio appenninico dell’Italiacentrale sono stati documentati con latecnica della SCA (Site CatchmentAnalyis) sia siti in grotta e all’aperto, conforme di sussistenza di tradizione ancorapaleo-mesolitica come Maddalena diMuccia (fig. 4.1), dove la caccia conservaun ruolo significativo, sia possibili stazioniinvernali per greggi transumanti dicaprovini, come Ripabianca di Monterado(fig. 4.2). Questi centri specializzati si

affiancano ai siti neolitici classici, coneconomia mista agro-pastorale, situatisui suoli leggeri dei bassopiani, comePianaccio di Tortoreto e Ripoli (fig. 4.3). Ilnuovo modello economico, prettamenteagrario, è comunque accompagnato dauna discreta componente pastorale.In altri casi le relazioni sito-territorio sonopiù complesse e meno univoche. Peresempio, in Friuli, la vasta entitàterritoriale definita come “villaggio

neolitico di Sammardenchia” è di fatto unpalinsesto di siti distribuiti con schemapuntiforme su un’area di ca. 600 ha. Leanalisi geoarcheologiche hannoconfermato l’ipotesi di un modello diinsediamento diffuso, caratterizzato darioccupazioni successive di aree diversein momenti diversi, secondo cicli dioccupazione e abbandono collegabili asistemi produttivi di tipo shiftingagriculture.

4 • Il rapporto tra siti e territorio

Il modello territoriale di alcuni siti neolitici dell’Italia centrale: igg. 4.1 e 4.2 addalena di uccia e Ripabianca di onteradoNeolitico antico ig. 4.3 Ripoli Neolitico medio e recente .

ig. 4.1 ig. 4.2 ig. 4.3

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atlantico

md

Nell’Italia centrale lo scavo del sitosommerso de La Marmotta sul Lago diBracciano (Roma) ha restituito unadocumentazione paleobotanicaeccezionale, che comprende diversespecie di cereali (farro, farricello, orzo egrano tenero e duro) e di leguminose(lenticchia, veccia, pisello), ma anche vitee papavero da oppio, che sembranoessere stati sottoposti a trattamentisistematici di selezione e stoccaggio.Falcetti col manico di legno decorato elamelle di selce inserite con masticevenivano utilizzati per la raccolta dellemessi (fig. 5. 1). L’evidenza da LaMarmotta ci informa anche sul ruolofondamentale della raccolta della fruttanell’economia di sussistenza di questigruppi: susine, prugne, ciliegie, pere,mele e fichi, ma anche fragole, more,lamponi e nocciole.Nell’Italia settentrionale le analisipolliniche segnalano la persistenza dalperiodo Boreale di quercia, pino, tiglio eacero sulle colline e nella pianura, a cuisi associano progressivamente, come

effetto dell’intervento antropico, ilcastagno, la noce e il pruno, mentre sullealture predominano sempre abete efaggio. In questo paesaggio densamenteforestato i coloni neolitici intervengonocon sistematiche opere didisboscamento, attuate tramite incendioe/o scalvatura e rinsecchimento deglialberi di alto fusto, liberando piccole areeda sottoporre a pratiche agricole, chetendono a sfruttare il residuo umico, perpoi abbandonarle a favore di nuove areebuscate, seguendo una rotazione chefacilita la naturale rigenerazione deiterreni.Le diverse specie domestiche sembranoessere state introdotte simultaneamentenell’area settentrionale, come esito di unsistema di policoltura già sperimentatocon successo altrove, probabilmentenell’Europa orientale, da cui provengonoanche i principali influssi culturali. I datipiù completi vengono dalla PianuraFriulana, dove la ricca documentazionearcheobotanica del sito diSammardenchia (Udine) comprende le

principali specie di cereali (figg. 5. 2 e5. 3), tra cui anche un frumento vestitodi probabile origine caucasica e dileguminose. Nel Neolitico medio erecente del Settentrione, tra le nuovespecie coltivate compaiono anche il linoe il papavero, documentati nei sitiperilacustri oggi sommersi della Lagozzadi Besnate e dell’Isolino di Varese.

5 • Il ruolo delle analisi paleobotaniche

ig. 5.1 alcetto in legno con lamelle diselce da La armotta Roma Neoliticoantico .ig. 5.2 Semi carbonizzati di cereali da

Sammardenchia dine Neolitico antico .ig. 5.3 na coltivazione di farro.

ig. 5.1

ig. 5.2

ig. 5.3

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isioni d insieme

ig. 12 Specie selvatiche e domesticheindividuate nel sito di Piancada dineNeolitico antico : uro maiale e montone.

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e forme del rituale

Dee Madri

md

Anche lo studio dei sistemi diapprovvigionamento delle materie prime edei circuiti di scambio di determinatimanufatti, concepiti come segni di status osimboli di prestigio, rappresenta una delleprincipali chiavi interpretativedell’economia e della società neolitica. Lostabilirsi di queste prime reti di scambio èil risultato forse più evidente dellacomplessità sociale neolitica, cheprevedeva forme estese e organizzate direlazione intergruppo per soddisfare lenuove esigenze di consumo, innescatedalla disponibilità di un surplus alimentare.Tra le materie prime litiche piùcaratteristiche della nuova epoca possonoannoverarsi le pietre verdi alpine el’ossidiana di Lipari.Le prime sono rocce metamorfichecaratteristiche delle regioni dell’arco alpinonord-occidentale (Liguria, Piemonte e Valled’Aosta), dove sotto l’etichetta scientifica dimetaofioliti HP si concentrano vari litotipi,caratterizzati da notevole compattezza eresistenza e da una tipica colorazioneverdastra: eclogiti, giadeiti, serpentiniti, ecc.

I prodotti finiti o gli abbozzi prelavorati,ottenuti da queste rocce in siti-officinaspecializzati come Alba o BrignanoFrascata (Cuneo), ebbero un vastosuccesso in tutta Italia e in un ampioterritorio europeo (fig. 6. 1). In particolarele stupende asce da parata, tanto sottili elunghe (fino oltre 30 cm) da non averenessuna utilità pratica ma solo simbolica edi prestigio, arrivano ad essere diffuse inFrancia, Germania, Gran Bretagna e perfinoin Irlanda.Come le pietre verdi anche l’ossidiana hafonti ben localizzate, essendo solo quattroquelle italiane di questo peculiare vetrovulcanico: Lipari, Palmarola, Pantelleria eMonte Arci in Sardegna. L’ossidiana diLipari è quella di migliore qualità ed eraforse già nota a certi gruppi epipaleoliticisiciliani (Grotta dell’Uzzo di San Vito LoCapo e Grotta Oriente nelle Egadi), masembra essere stata sfruttata soprattutto apartire dalle fasi non iniziali del Neoliticoantico, quando si ritrova in un gran numerodi siti peninsulari, raggiungendo la Liguria ela Francia meridionale sul Tirreno e la

Piana friulana sull’Adriatico (fig. 6. 2).I villaggi di cultura stentinelliana dellaCalabria tirrenica ebbero probabilmente unruolo fondamentale nella fortuna di questomateriale presso le comunità neolitichepeninsulari. In siti come Curinga, nellaPiana di Lamezia, la percentuale diossidiana nel complesso delle industrielitiche arriva a superare il 90 .A questigruppi, a cui appartiene anche il più anticosito neolitico delle Eolie, quello delCastellano Vecchio di Lipari, si devel’iniziativa principale nelle fasi diapprovvigionamento e lavorazionepreliminare dell’ossidiana, sottoforma diprenuclei, veri e propri lingotti pronti peressere trasportati e rilavorati. Le presenzedi ossidiana scendono drasticamente al10-30 già nei siti stentinellianidell’opposta costa ionica calabrese, perpoi assestarsi su valori molto bassi (pocheunità percentuali in media) nel restodell’Italia neolitica, dove l’ossidiana sembraessere stata considerata come unmateriale di prestigio, di valore intrinsecopiù che funzionale.

6 • Materie prime e scambi

ig. 6.1 Ascia in pietraverde da La elarento Neolitico

medio .ig. 6.2 Nucleo in

ossidiana di Lipari daSammardenchia dineNeolitico antico .

ig. 6.1 ig. 6.2

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isioni d insieme

ig. 13 Pintaderas da Rendina PotenzaNeolitico antico .

7 • Le Dee Madri

Nelle statuine delle fasi più antiche delNeolitico meridionale, analogamente aquanto avviene nel Levante enell’Europa sud-orientale, l’accentosembra posto soprattutto sui caratterisessuali primari, che rappresentano ilcentro focale di rappresentazionicomunque sostanzialmente volumetrichee naturalistiche, come nella statuina diRendina (Potenza; fig. 7.1). Uncollegamento esplicito alla riproduzionee al parto sembra suggerito anche nellaposa seduta o accucciata di alcune diqueste più antiche statuine italiane.Nel corso del Neolitico medio una piùsviluppata sensibilità grafica tende aridurre le volumetrie plastiche delle fasiprecedenti a semplici supporti stilizzati,dove il messaggio principale è affidato aprecisi indicatori simbolici, come lefarfalle e la biscia sul petto dellastatuina da Passo di Corvo (Foggia; fig.

7.2), di notevole potenza espressiva.Nel Neolitico recente della Puglia, ladefinizione di veri e propri stereotipi perla rappresentazione della divinità èsuggerita dalle testine rinvenute a CalaScizzo e a Grotta Pacelli (Bari; fig. 7.3),dove la schematizzazione a T dei volti ele complicate acconciature esaltano ilcarattere inequivocabilmente ieratico diqueste rappresentazioni.Statuine di tipo schematico si ritrovanoanche nelle culture dell’area medio-adriatica ma l’area di più ampiadiffusione sembra essere quellapadano-alpina, dove i gruppi culturalidel Primo Neolitico sonosistematicamente dotati di iconografieproprie e caratteristiche. In particolare,nel gruppo trentino del Gaban (Trento)spicca una minuscola statuina suplacca ossea (fig. 7.4), di tipo piuttostoschematico e a sviluppo esclusivamente

planare, ma accuratamente intagliata ericoperta da particolari significativi,come la collana con pendente o ilmotivo a spiga al di sopra dell’areagenitale, simbolo esplicito della rinascitavegetale a partire dal grembo dellamadre/terra.Una serie di statuine del tutto particolaricaratterizza, invece, la cultura centro-padana del Vh di Piadena (Cremona):lo schema fungiforme (fig. 7 5),risultante dalla sovrapposizione di testea calotta su torsi piatti e arti tubolariespansi, sembra comunicare unaricercata ibridazione dell’elementofemminile con quello maschile inun’unità di generi che è tipica di diverseculture del più antico Neolitico europeo.Anche nel Settentrione il passaggio alNeolitico medio e la diffusione dellaCultura dei Vasi a Bocca Quadrata vedeaffermarsi tipologie più schematiche,

ig. 7.1 Statuina fittile da Rendina Potenza Neolitico antico . ig. 7.2 Statuina fittile da Passo di Corvo oggia Neolitico medio .ig. 7.3 Statuina fittile da Cala Scizzo ari Neolitico recente . ig. 7.4 Statuina in osso dal Riparo del aban rento Neolitico antico .ig. 7.5 Statuina fittile dal h di Piadena antova Neolitico antico . ig. 7.6 Statuina fittile dalla Caverna delle Arene Candide SavonaNeolitico medio .

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ig. 7.1 ig. 7.2 ig. 7.3 ig. 7.4

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pintaderas

md

dove la figura femminile – di solitoridotta a busto (fig. 7 6) – è evocata dapochi dettagli ricorrenti, come i capellisciolti, i piccoli seni, il naso a becco e lebraccia conserte o addirittura fuse coltorso in un semplice ma efficacemodello a gruccia’.Il contesto archeologico di rinvenimentodi queste statuine è di norma abitativo,in grotta o in villaggi all’aperto, spessoframmentate – forse volutamente persancirne il disuso – in prossimità diquelle capanne dove assolvevano unafunzione di effigi tutelari del gruppofamiliare. La recentissima scoperta diuna grande statuina integra in unatomba del Neolitico medio a Vicofertile(Parma) rappresenta una straordinariaeccezione a questa norma, individuandoun ruolo peculiare della defunta, forseuna sciamana o comunque una donnacon uno status particolare.

La semplice inumazione in fossa, con loscheletro rannicchiato su un fianco e senzaalcun corredo, è la modalità diseppellimento più tipica del Neoliticoantico peninsulare. Si tratta sempre disepolture isolate o a coppie, ricavateall’interno dello spazio abitativo di villaggiall’aperto. Piuttosto diffusa è anche lapratica dell’inumazione in strutturepreesistenti, come fosse-silos, fosse-cava,pozzi e fossati. Nelle fasi più avanzate delNeolitico antico e nel Neolitico medio delMeridione si diffonde l’uso di contornare lefosse con un recinto di pietre o di grandilastre nel tipo della cosiddetta tomba acista, che inaugura una tendenza allamonumentalità dei sepolcri, accompagnatadall’introduzione dei corredi funerari,composti prevalentemente da vasi outensili litici. Nelle fasi di passaggio traNeolitico medio e recente (culture di Serrad’Alto e di Diana) compaiono infine, nelSud, le prime vere necropoli, condeposizioni singole e multiple, cenotafi edeposizioni secondarie, tutti indici di unaarticolata concezione delle modalità ditrattamento dei defunti.Ritualità particolari, legate a precisimomenti e contesti, prevedono già nelNeolitico antico dell’area peninsularel’incinerazione e altre forme di deposizionesecondaria dei resti. Nella GrottaContinenza in Abruzzo un gruppo di vasi èstato collocato in una nicchia della parete:due di essi contenevano i resti incinerati didue bambini di quattro e otto anni, mentrei rimanenti contenevano frammenti di ocrarossa e di ossa umane. Sopra i vasi, infine,erano state deposte le ossa bruciate di

una donna.Nell’area padana-alpina alle raretestimonianze di sepolture individuali infossa per il Primo Neolitico segue unastraordinaria evidenza per le pratichefunerarie della Cultura dei Vasi a BoccaQuadrata. Si tratta di un’ampia serie dinecropoli, che comprendono un numerovariabile di tombe individuali, comunquelimitato a piccoli gruppi, raggruppate talorasecondo evidenti associazioni familiari o dicoppie coniugali, come indicano le analisiantropologiche condotte nella necropoli diLe Mose (Piacenza). Il rituale prevedeinumazioni in semplice fossa terragnanell’area emiliana e tombe a cista nellaValle dell’Adige, come nella necropoli de LaVela (Trento) e nelle grotte della Liguria,come alle Arene Candide e alla Pollera(Savona). Il corredo, spesso presenteanche in tombe di infanti e di donne,comprende: vasi, asce in pietra levigata,lame in selce e in ossidiana, punte difreccia, collane e bracciali in pietra econchiglia. In alcuni contesti di recenteindagine dell’Emilia sembrano documentatianche sporadici casi di incinerazione,talora in connessione con sepolture adinumazione (sacrifici?).La netta evoluzione del costume funerarionelle fasi più avanzate del Neolitico italianocostituisce il più importante indicatoredella crescente complessità delle suestrutture socio-economiche,accompagnandosi ad altri tratti culturalinella definizione di gruppi ad altacomplessità, come quelli dei Vasi a BoccaQuadrata nella Pianura Padana o delleceramiche figuline dipinte nel Meridione.

• Il rituale funerario

ig. 7.5 ig. 7.6

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Come ricostruire la transizione neoliticaattraverso l’analisi di biomolecole anticheL’ av vento dell’agri c o l t u ra e della pastorizia (la ‘ t ransizione neolitica’) ha ra p p re-sentato un cambiamento ecologico di grande impatto sull’evoluzione dell’uo-mo e uno dei più importanti eventi della storia umana che ha trasformato l’Eu-ropa in modo irreve rsibile ed ha avuto importanti conseguenze sui processi de-m o gra fi c i ,sullo stato di salute, s u l l ’ o rganizzazione sociale e sui cambiamenti cul-turali delle popolazioni di quest’area del mondo.

Le prime evidenze arch e o l o gi che della presenza di piante e animali dome-stici compaiono nel Vicino Oriente e in Anatolia attorno a 10. 000 anni fa . I m-mediatamente dopo si osserva una vasta diffusione verso nord-ovest nei Balca-n i , d ove i primi siti neolitici sono datati a circa 9. 000 anni fa . Dai Balcani ve n-gono tradizionalmente individuate due vie di diffusione dell’agri c o l t u ra : ve rs onord in associazione con la fase culturale “danubiana” e verso sud, attraverso ilM e d i t e rra n e o , collegata a quella della “ c e ramica impressa card i a l e ” .Tu t t av i a ,m o l-ti arch e o l o gi diffidano di poter tra c c i a re la dispersione dell’agri c o l t u ra unica-mente sulla base di dati cultura l i , quali similitudini nello stile della cera m i c a ,nuovi modelli di insediamento, o l’introduzione di tecnologie moderne e dellac u l t u ra materi a l e , ritenendo che la transizione neolitica sia stata molto più com-plicata di quanto semplici mappe di diff u s i o n e , quali quella mostrata in fi g . 1 ,possano indicare.

E in effetti, questo tipo di approccio non è stato in grado di rispondere alled o m a n d e - ch i ave re l a t i ve al critico cambiamento nella produzione del cibo av-ve nuto in Euro p a : è stato un processo repentino o, i nve c e , si è realizzato attra-ve rso una serie di fasi susseguitesi nel tempo? In altre parole si è trattato di unarivoluzione o piuttosto di un’evoluzione?

Questo processo è stato guidato da un movimento di genti o di idee?Le antiche popolazioni di cacciatori e ra c c o g l i t o ri sono state totalmente ri m-

piazzate dai primi agricoltori a seguito di un processo di migrazione demogra-fica su larga scala?

La tecnologia dell’agricoltura è arrivata come un unico “pacchetto” o ci so-no stati elementi che sono stati introdotti prima di altri?

In che modo le prime pratiche agricole e la transizione a questa nuova faseculturale si sono modificate nel tempo e nello spazio?

Il rapido sviluppo av ve nuto in questo secolo di una nu ova disciplina, l ’ a r-ch e o l o gia biomolecolare , e l’introduzione di sofisticate tecnologie di analisi del-le biomolecole antiche hanno aperto promettenti pro s p e t t i ve per ri s o l ve re que-ste annose dispute. In particolare, a partire dal lavoro pioneristico condotto daA m m e rman e Cava l l i - S forza negli anni Ottanta del secolo scors o , l ’ a p p l i c a z i o n ed e l l ’ a p p roccio biomolecolare allo studio dei siti neolitici si è già ri velata part i-c o l a rmente promettente per stab i l i re il tipo di impatto che l’av vento dell’agri-coltura ha avuto sulle preesistenti popolazioni locali in termini di mezzi di sus-s i s t e n z a , cambiamenti demogra fici e ge n e t i c i , e per va l u t a re quanto l’eredità la-

aspetti biologici della trasforma

7Oliver E. CraigOlga Rickards

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sciata da questo processo sia ancora osservabile.Tre metodi in particolare han-no cominciato a modifi c a re la nostra percezione di come le pra t i che agricole ep a s t o rali siano state introdotte in Euro p a , suscitando un acceso dibattito nonsolo tra pre i s t o ri c i , a n t ro p o l o gi e genetisti ma coinvo l gendo anche un pubbl i c omolto più ampio.

1. L’analisi del DNA antico (aDNA = ancient DNA), il materiale ge n e t i c oche può essere estratto da esemplari arch e o l o gici ve c chi anche alcune cen-tinaia di migliaia di anni, è , fo rse discutibilmente,c o n s i d e rata come la tecno-l o gia centrale della arch e o l o gia biomolecolare . È già stata applicata con suc-cesso allo studio della diffusione di coltiva z i o n i , quali il gra n o , e del bestia-m e . Per re p e rti umani e animali, la ri c e rca sull’aDNA si è concentrata sopra t-tutto sullo studio del DNA mitocondriale (mtDNA) – il DNA contenuto neimitocondri presenti nel citoplasma delle cellule – per alcune sue caratteri-s t i che peculiari rispetto al DNA dei cromosomi del nu cl e o . È presente ingrande quantità (in una cellula ci sono dive rse migliaia di copie di mtDNAc o n t ro le due copie del DNA nu cl e a re ) , il che aumenta considerevo l m e n t ela pro b abilità che possa soprav v i ve re nel tempo ed essere ,p e rt a n t o , re c u p e-rato quasi integro anche in campioni antich i . I n o l t re , il suo tasso di evo l u z i o-ne estremamente veloce e la sua modalità di tra s m i s s i o n e , unicamente attra-verso la linea materna, lo rendono ideale per ricostruire la storia genealogi-ca delle popolazioni, siano esse umane o animali. Lo studio dell’mtDNA, co-me di altri tratti del ge n o m a , p rimo fra tutti il cromosoma Y, la contro p a rt em a s chile dell’mtDNA perché ci racconta la storia delle specie per via pater-n a , è stato inizialmente applicato alle popolazioni attuali per tentare di de-t e rm i n a re quanto sia stata cospicua in Europa la sostituzione demogra fi c a

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Fig. 1 Rotte ipotetiche della diffusionedell’agricoltura e della pastorizia in Europa;sono riportate le datazioni relative allaprima apparizione di piante e animalidomestici.

Fig. 1

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associata con la diffusione dell’agri c o l t u ra dalla culla nel Vicino Ori e n t e .Tu t-t av i a , ri u s c i re a quantifi c a re , nel patrimonio genetico degli europei moder-n i , il contributo dei primi agri c o l t o ri rispetto a quello dovuto alla pre c e d e n-te migrazione paleolitica o a quello dovuto a movimenti popolazionisticipost-neolitici, si è rivelata un’impresa piuttosto ardua ed i risultati sono sta-ti alquanto deludenti. Sono stati prodotti una serie di va l o ri contra s t a n t i , as u p p o rto a volte del modello di una sostituzione di popoli,a volte di una so-stituzione di “idee”.La possibilità, o ra concretizzatasi grazie all’enorme sviluppo delle tecnolo-gie molecolari, di recuperare materiale genetico da campioni umani sia pa-leolitici che neolitici,p e rmetterà di ch i a ri re il quadro . Ed in effe t t i , un re c e n-te studio condotto su popolazioni centro - e u ropee del Neolitico antico hamesso in evidenza la presenza di sequenze di mtDNA che sono oggi piutto-sto ra re in Europa ma ben ra p p resentate nell’Eurasia occidentale. Ciò po-t re bbe signifi c a re che i primi agri c o l t o ri , almeno in questa parte del conti-n e n t e , non abbiano contribuito in modo signifi c a t i vo alla fo rmazione del ge-noma dei moderni euro p e i , nonostante il successo della ri voluzione cultu-rale da loro intro d o t t a . È evidente che questi ri s u l t a t i , se confe rmati dall’ana-lisi di altri siti,m e t t e ranno in seria discussione il modello che prevede gra n-di migrazioni di massa, s o s t e n e n d o , p i u t t o s t o , lo scenario secondo cui il Neo-litico fu cara t t e rizzato da una considerevole diffusione di idee (modello dia c c u l t u razione) piuttosto che da sostituzioni demogra fi che (modello di fl u s-so genetico).L’analisi del DNA di animali: il ri nvenimento nei siti neolitici di anima-li domestici off re l’opportunità di ri s a l i re alla loro ori gine ge o gra fica e, i nquesto modo, di stab i l i re se siano migrati insieme ai primi agri c o l t o ri o sesiano stati addomesticati indipendentemente. Pe c o re e capre sono statech i a ramente importate dal loro centro di addomesticamento nella Mezza-luna Fe rt i l e , dal momento che non sono state ri nve nu t e , d u rante il Neoli-tico in Euro p a , specie selva t i che a loro correlate evo l u t i va m e n t e , m e n t reper i bovini il pro blema è assai più complesso. I n fa t t i , nella comunità scien-t i fica c’è un ampio dibattito se siano stati allevati indipendentemente, ap a rt i re dal Bos pri m i ge n i u s,la specie autoctona ampiamente diffusa in Eu-ropa nel Neolitico, o se invece derivino anch’essi da uno stock iniziale pro-veniente dal Vicino Ori e n t e .Alcuni autori sostengono che esiste una net-ta diffe renza tra bovini neolitici e selvatici nell’Europa centra l e , m e n t re al-t ri indicano che per l’area sud europea la storia è dive rs a : qui l’addomesti-cazione sembre re bbe essere av ve nuta in situ. Se ciò fosse confe rm a t o , p o-t re bbe sugge ri re che l’allevamento bovino si sia sviluppato in maniera dif-fe renziata nelle va rie aree europee e che nella parte meridionale del con-tinente i primi pastori abbiano continuamente sperimentato l’addomesti-camento di esemplari selva t i c i , i nvece che sfru t t a re specie d’import a z i o-ne già addomesticate.

2 . L’analisi degli isotopi stabili del collagene delle ossa è un’altra tec-nica applicata di recente allo studio dei resti umani antich i . Il collage n e ,

aspetti biologici della trasforma 7 • Oliver E. Craig, Olga Rickards • Come ricostruire la transizione neolitica attraverso l’analisi di biomolecole antiche

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c o n s e rvato nei tessuti minera l i z z a t i , viene sintetizzato principalmente dal-le proteine contenute negli alimenti. Pe rt a n t o , il ra p p o rto degli isotopi sta-bili del carbonio (1 2C /1 3C o �1 3C) e dell’azoto (1 4N /1 5N o �1 5N) nel colla-ge n e , ri flette il ra p p o rto presente nei cibi assunti da un individuo dura n-te gli ultimi dieci anni prima della mort e . Per esempio, i va l o ri di �1 3C pos-sono discri m i n a re popolazioni che si nu t rono prevalentemente di alimen-ti d’ori gine marina da quelli che consumano soprattutto carn e ; ed ancorai consumatori di cereali e legumi (piante C3) da quelli di gra n o t u rco e mi-glio (piante C4). M e n t re , i va l o ri di �1 5N possono dare un’indicazione dell i vello tro fico del cibo consumato (erbivo ri o carn i vo ri e cibo marino piùo meno complesso). L’applicazione di questo tipo di analisi a esemplarip rovenienti da siti europei della costa atlantica ha ch i a ramente indicatoun rapidissimo cambiamento nel tipo di dieta a seguito dell’intro d u z i o n ed e l l ’ agri c o l t u ra nell’are a , in part i c o l a re una considerevole diminuzione del-l ’ a p p o rto di cibo mari n o . Questi risultati sembre re bb e ro sugge ri re che lat ransizione neolitica sia stata immediata e completa, almeno in Europa set-t e n t ri o n a l e , e che le popolazioni abbiano rapidamente abbandonato le ve c-chie stra t e gie di ri c e rca del cibo selvatico per utilizzare i nu ovi metodi dip roduzione alimentare .

3 . L’analisi degli isotopi dello stronzio dello smalto dei denti ra p p re-senta il terzo e nu ovo strumento introdotto nella ri c e rca arch e o - a n t ro p o-l o gi c a . Con questo metodo di indagine si tenta di ri c o s t ru i re la dinamicadella transizione neolitica in Europa attrave rso l’identificazioni dei mov i-menti migra t o ri o più precisamente della mobilità delle popolazioni siaumane che animali. La va riazione nel ra p p o rto 8 7S r /8 6Sr presente nello smal-to non dipende dalla dieta di un individuo ma piuttosto dalla composizio-ne ge o l o gica del luogo dove è cre s c i u t o , in quanto i denti si fo rmano nel-la prima infa n z i a , t ra 0 e 4 anni circ a . Q u i n d i , se il segnale isotopico dellos t ronzio dei denti non corrisponde a quello della ge o l o gia del luogo doveun individuo è stato sepolto, ciò significa che durante l’arco della sua vitaha cambiato re s i d e n z a . Questa analisi è stata applicata allo studio di alcu-ni siti del Neolitico antico dell’Europa centrale e ha sorpre n d e n t e m e n t eindicato in queste popolazioni un certo grado di mobilità re s i d e n z i a l e . C i òè in contrasto con il modello di vita sedentari a , ge n e ralmente associato al-l ’ i n s o rgenza dell’agri c o l t u ra . Il dato potre bb e , i n o l t re , i n d i c a re che alcunidegli agri c o l t o ri ri nve nuti in questi siti fo s s e ro in effetti i primi migra n t in e l l ’ a re a .

La possibilità di estendere gli studi sulle biomolecole antiche ad altri siti neo-litici euro p e i , s o p rattutto dell’area mediterra n e a , s o r p rendentemente non anco-ra analizzati,p e rmetterà di contri b u i re in maniera signifi c a t i va alla compre n s i o-ne del complesso fenomeno della transizione neolitica, anche se va sempre te-nuto in considerazione che le storie e le interazioni tra i popoli sono sempremolto più complicate di quanto ogni modello, sia esso culturale o ge n e t i c o ,p o s-sa prevedere.

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Le malattie umane all’albadel Neolitico. Come gli scheletri neoliticitestimoniano l’esistenza di nuove malattieQuando i primi coloni bianchi ameri c a n i , con i loro carri legge n d a ri e le loroc a rovane di muli si lanciarono nelle vaste pianu re dell’ovest del Mississipi, n e lpieno XIX secolo, per cre a rvi campi e pascoli immensi, e rano consapevoli dii n a u g u ra re una delle ultime fasi della più importante mutazione socio-cultura l ed e l l ’ evoluzione umana,e cioè la tra s fo rmazione degli ultimi cacciatori pre d a t o-ri pre i s t o rici di epoca paleolitica in agri c o l t o ri pro d u t t o ri di cibo del Neolitico,e infine dei tempi modern i . Gli Indiani delle grandi pianu re , quelli della nazio-ne Sioux in particolare, la cui economia di sussistenza era basata sulla caccia albisonte (le loro mandrie innumerevoli scomparvero nel giro di qualche decen-nio) vennero cancellati dagli invasori agricoltori.

Questo choc di culture e ra iniziato ormai più di 12 mila anni fa , quando iprimi uomini impararono ad addomesticare gli animali e le piante selvagge e ap ro d u rre cibo, in quantità superi o ri alle necessità quotidiane di consumo. Q u e-sta mutazione senza precedenti ha direttamente indotto una tra s fo rm a z i o n e , s i-c u ramente ra d i c a l e , delle patologie degli ultimi cacciatori paleolitici,quegli uo-mini delle cave rne che avevano rag giunto un’arte di vive re che noi ri s p e t t i a m oinfinitamente, da un punto di vista personale. Forse era quello il vero Eden del-le prime mitologie e delle prime re l i gioni dell’umanità? Qualche centinaia dimigliaia di cacciatori - p e s c a t o ri - ra c c o g l i t o ri , che vivevano di caccia, di tra p p o l ee di raccolta di bacche e di ra d i c i , dimenticati nel cuore di un pianeta immen-so e intatto, del quale non pre l evavano che una quantità i n fi n i t e s i m a l e di ri s o r-s e , per sussistere con eleganza. In poche decine di secoli, rompendo con unat radizione antica di milioni di anni,l ’ agri c o l t u ra e tutte le sue conseguenze han-no invaso il pianeta. Gli agri c o l t o ri si sono moltiplicati in pochi millenni, c o nuna capacità pro d u t t i va e un potere pert u r b a t i vo dell’ambiente che tendeva ad i ve n t a re i n fi n i t o.Questa «Rivoluzione Neolitica»,per ri p re n d e re la defi n i z i o n eevo c a t rice di V. G o rdon Childe, l ’ a rch e o l o go britannico che l’inve n t ò , a n d ava apremere direttamente sulle società preistoriche interessate, quelle degli ultimic a c c i a t o ri - ra c c o g l i t o ri ,ma soprattutto sull’ambiente naturale nel quale esse era-no immerse da tempi immemorabili.Abbiamo proposto la nozione di catastro-fe ecologica neolitica per simbolizzare questa drastica tra s fo rmazione dell’uma-nità delle ori gi n i ,quella che la av re bbe condotta sulla strada del s e m p re di più,indotta dalla sov ra p p roduzione alimentare dei contadini neolitici, ve rso la Rivo-luzione industriale del XIX secolo e il supers f ruttamento attuale del nostro pia-neta Terra, per altro sovrappopolato.

Da parte nostra , impegnati in un pro gramma di ri c e rca ve n t e n n a l e , i n d i v i-duale e collettivo , ci siamo interessati in modo appro fondito alle conseguenzes a n i t a rie di questa Rivoluzione Neolitica, e in part i c o l a re alle malattie acute ec ro n i che dei primi agri c o l t o ri . Le nostre pro bl e m a t i che e i risultati delle ri c e r-

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Bibliografia • J. Guilaine, J. Zammit, Lesentier de la guerre, Le Seuil, 2001; S.Krief, La pharmacopée des chimpanzés,«Pour la Science», novembre 2004; F. deWaal, De la réconciliation chez lesPrimates, Champs Flammarion; J. Zammit,Les conséquences écologiques de lanéolithisation sans l’histoire humaine,«Bulletin de la Société Préhistoriquefrançaise», 2005, tome 102, n. 2, p. 371-380; J. Zammit, La première catastropheécologique de l’histoire de l’humanité, (incorso di stampa).

8Jean Zammit

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che sono al tempo stesso semplici e cari chi di conseguenze: la neolitizzazio-ne, direttamente o indirettamente, ha suscitato la totalità delle affezioni at-tuali dell’umanità del XXI secolo.

D a l l ’ a p p a rizione dei primi primati antenati dell’uomo nell’era terziari a , fi n oa quella della nostra specie attuale Homo Sapiens, d e fi n i t i vamente insediatasidopo la glaciazione di Würm, approssimativamente intorno ai 50 mila anni pri-ma della nostra era , la salute di tutte queste scimmie,poi di questi preominidi ei n fine degli ominidi arcaici e re c e n t i , e ra ritmata essenzialmente dalla selezionen a t u rale di tipo darwiniano. Le malattie degli uomini pre i s t o ri c i , p rima del Neo-litico, erano di una semplicità “naturale” (potremmo dire addirittura selvaggia)con una speranza di vita limitata, per quanto le grandi scimmie e le loro “ c u gi-ne”umane delle origini avessero elaborato una fitoterapia che poteva dare mo-mentanei sollievi ai loro malori (dige s t i v i , c u t a n e i , re s p i ra t o ri) come è stato mo-s t rato dai lavo ri di Sab rina Kief («Pour la Science» , n ov. 2 0 0 4 ) . Dopo il Neoliti-c o , tutto è cambiato. Sono comparse nu ove malattie: a ffezioni ge n e t i ch e , d e ge-n e ra t i ve ,malattie da iperalimentazione o da care n z a , ma soprattutto malattie in-fettive epidemiche che si sono diffuse a ritmi accelerati. La domesticazione de-gli animali selvag gi resta la causa principale di questa c a t a s t ro fe ecologi c a. L aquasi totalità delle nostre malattie epidemiche attuali – la minaccia di mutazio-ne del virus dell’influenza agraria ne è, ai nostri giorni, il simbolo più mediatiz-zato – proviene dai germi animali selvaggi preistorici,“presi a prestito”dall’Uo-mo nel Neolitico.

I n fi n e , g u e rre e violenze suscitate da una divisione sempre più minu z i o s adelle terre e delle regioni, abitate da popolazioni sempre più numerose, gestitedai primi stati centralizzati del pianeta, hanno indotto una pesante patologi at raumatica acuta o cronica (confl i t t i , s ch i av i t ù , p ri gi o n i a , genocidi) la cui im-p ro n t a , di natura neolitica, resta ancora oggi di attualità in una terra deva s t a t ada conflitti fo rmali o non dich i a ra t i . Siamo tutti Neolitici,malati della nostra so-v ra p p ro d u z i o n e , t roppo nu m e ro s i , v i o l e n t i : e questo dopo la comparsa dell’Agri-coltura.

Le malattie nascono, vivono e muoionoL’ evoluzione più o meno rapida delle malattie umane è un concetto biologi c ore c e n t e . Per un buon nu m e ro di autori , c o m p resi i modern i , le affezioni di H o-mo Sapiens sono di tipo “creazionista”. Solo i traumi suscitati dal nostro ritmodi vita industriale (la traumatologia dovuta agli incidenti, all’inquinamento, alleradiazioni di ogni sorta) modificano questa specie di patologia immu t ab i l e .A lc o n t ra ri o , a l t ri insistono sul cara t t e re mobile, evo l u t i vo e adattativo delle pato-l o gie umane.Noi sottoscriviamo interamente questa seconda teori a , per la qua-le abbiamo coniato questo aforisma: «Le malattie umane nascono,vivono,muo-i o n o » . Così le malattie dell’uomo, come sottolineava J.R u ffi é , s a re bb e ro il ri fl e s-so di un’interazione permanente fra la va ri abilità cro n o l o gica dell’ambiente na-t u rale e l’adattabilità biologica degli org a n i s m i , quelli umani in part i c o l a re .A lfondo di tutto, questa visione di tipo darwiniano sembra la più logica e la piùplausibile.

A n che se natura e biologia fo rmano una coppia interd i p e n d e n t e , è più diffi-cile ammettere questa dipendenza fra biologia e cultura . La cultura , nel sensopiù largo del termine, fenomeno specificamente umano – anche se si ammettege n e ralmente che esiste una cultura animale, per esempio presso gli scimpan-zé, come ci mostra Dominique Lestel –, ha certamente contribuito all’antropiz-zazione delle malattie degli ominidi, e in special modo dell’uomo moderno.Da

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un punto di vista più ge n e ra l e , è impensabile a nostro avviso che ciò che puòe s s e re considerato come la principale ri voluzione socio-economica o socio-cul-t u rale della storia dell’umanità, e cioè la Rivoluzione Neolitica – quali che sianole sue modalità e i suoi ritmi –,non abbia potuto tra s fo rm a re radicalmente la pa-t o l o gia degli ultimi cacciatori - ra c c o g l i t o ri del Pa l e o l i t i c o . Le malattie dei pri m icontadini p ro d u t t o ri di alimenti, secondo la nostra ipotesi,si sono perfe t t a m e n-te adattate in pochi millenni alle nu ove condizioni culturali ed economiche del-la n e o l i t i z z a z i o n e.Ma ancora di più, secondo noi, questa mutazione patologi-c a , i n s t a u rata dalla domesticazione delle specie selvag ge animali e ve getali e dal-la sedentarizzazione che l’ha pre c e d u t a , a c c o m p agnata o seguita, ha determ i n a-to il volto attuale delle nostre patologi e . Qui dimostre re m o , i n fa t t i , che questaneolitizzazione delle affezioni umane condiziona le nostre malattie.La salute de-gli umani del XXI secolo è una conseguenza diretta della Rivoluzione Neolitica.Il fondamento di base dei nostri lavo ri è quindi quello di una n e o l i t i c o ge n e s ifo rmale delle nostre patologie attuali (e future … ) . Gli sch e l e t ri neolitici, c o m-parati a quelli dei predecessori paleolitici, lo possono testimoniare.

Ossa e scheletri preistorici rivelatoriUna disciplina gi ova n e , la paleopatologi a , p a rte integrante delle scienze medi-che e dedicata allo studio delle malattie antiche,ci permette di precisare le no-stre teorie.

La metodologia della paleopatologia è strettamente legata alle sue ori gi n iscientifiche dualistiche. Essa deriva, infatti, sia dall’archeologia sia dalla medici-n a . Un materiale di base collega i due poli: l’osso umano. In effe t t i , il 95% dellam a t e ria prima paleopatologi c a è costituita da ossa arch e o l o gi ch e ,p rove n i e n-ti da scheletri più o meno ben conservati, ma ugualmente (questo è il caso piùf requente) da frammenti di sch e l e t ri , da ossa incomplete, se non da scaglie o daf rammenti di denti. In effe t t i , lo smalto dentale (a causa della densità della suac a rica minerale) si conserva molto bene; e infatti sono i resti di dentature ch ecostituiscono il luogo più promettente per le scoperte della paleopatologia uma-na.

Circa il 5% dei resti umani antichi sono scarti di parti molli, viscere, musco-li o elementi para - a rt i c o l a ri . Si possono egualmente scopri re , in modo certo ec-c e z i o n a l e , c a l c i ficazioni corporali patologi che o fi s i o l o gi ch e , per esempio deicalcoli o dei gangli calcifi c a t i . Più ra re , ma infinitamente più pre z i o s e , sono les c o p e rte di corpi più o meno intatti fatte in ambienti “ e s t re m i ” , quali il ghiac-c i o , il fa n go e il limo dei laghi e degli stag n i , o i sedimenti delle zone ge o gra fi-che aride e secche. Il celebre Ötzi, o “uomo di Similaun”, gli uomini e le donnedelle torbiere , le mummie precolombiane della cultura di C h i c h o ro,nel norddel Cile (vere mummie preparate artificialmente), ne sono gli esempi più noti.

In tutta ev i d e n z a , sono le sepolture antiche che costituiscono l’essenzialedelle stru t t u re arch e o l o gi che suscettibili di fo rn i re al paleopatologo un materi a-le di studio fo n d a m e n t a l e . Per la transizione dal Paleolitico al Neolitico (incl u-dendo in questa il Mesolitico) la sepoltura più frequente è quella detta “ i n d i v i-d u a l e ” .Al contra ri o , la fine del Neolitico conosce una fi o ri t u ra inattesa di sepol-ture collettive, in luoghi naturali come le grotte, o artificiali come gli ipogei o imegaliti come i dolmen, senza trascurare,naturalmente, le riutilizzazioni di fos-se, di fossati, di gallerie di miniere, per fare degli esempi. Fra questi due poli, les e p o l t u re note come “ s e p o l t u re plura l i ” , il cui riconoscimento e il cui studiohanno fatto grandi pro gressi negli ultimi decenni, occupano un buon nu m e rodei siti sepolcrali del Neolitico medio.Esse permettono al paleopatologo di sta-

aspetti biologici della trasforma 8 • Jean Zammit • Le malattie umane all’alba del Neolitico. Come gli scheletri neolitici testimoniano l’esistenza di nuove malattie

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b i l i re a volte la causa stessa della morte di tutti o di una parte degli individui se-polti: violenza, sacrificio, epidemia, incidente perinatale.

Per completare questa rassegna osteo-arch e o l o gi c a , si deve ri c o rd a re un fa t-to importante: un buon numero di cadaveri neolitici, e più in generale preisto-rici o stori c i , sono stati sepolti sotto l’effetto di pressioni “non funera ri e ” : i n c i-d e n t i , c a t a cl i s m i , e p i d e m i e , violenze o guerre . Il riconoscimento di questi con-t e s t i , possibili da un punto di vista arch e o l o gi c o , è del più alto interesse per iden-tificare le cause dei decessi, individuali o collettivi.

In effe t t i , e questo è un punto cruciale per il paleopatologo , ri c o n o s c e re unalesione o una malattia a partire da resti antropologici, costituisce solo la primatappa di un procedimento scientifico ge n e ra l i s t a , che punta a stab i l i re lo statodi salute dell’individuo e poi della popolazione inumata studiata. Si tratta di unad i rezione di ri c e rca alla quale abbiamo dato il nostro contributo personale e ch efu instaurata da L. Pale, fin dal 1928. Questa procedura include dei fattori gene-rali, quali: paleodemografia, paleoepidemiologia o paleogenetica.Lo studio del-lo stato di salute delle popolazioni antiche costituisce il coronamento di qual-siasi ricerca sulla paleopatologia delle popolazioni.A nostro avviso deve esserec o n s i d e rato come parte effe t t i va delle scienze mediche attuali,p e rché può e de-ve serv i re di base per la comparazione cro n o l o gi c a , allo scopo di appre z z a rel’evolutività delle malattie e della salute umane nel corso dei millenni.

C o s ì , l’insieme dell’arsenale medico moderno è utilizzato dal paleopatologoper sondare le malattie del passato.Studi di ossa, ra d i o l o gi a , s c a n n e r, d e n s i t o m e-t ria ossea, e c c . : tutti i mezzi sono buoni per scopri r l e .Ai nostri gi o rn i , l ’ a c c e n t oè messo sull’osservazione microscopica dell’osso e della cart i l agine antich i , epiù in generale, quando si presenta l’occasione, dei resti organici umani. La pa-l e o p a t o l o gia molecolare fa il suo ingresso nel mondo della ri c e rca con la sco-perta (laddove possibile) del DNA antico.

La malattie antiche: pluralità di luoghi, tempi e azioneAppena mezzo secolo fa , gli arch e o l o gi cre d evano che la neolitizzazione ave s-se visto la luce nella Mezzaluna Fe rt i l e , quell’immenso arco di cerchio che vadall’attuale Anatolia ve rso l’Egitto e ingloba tutto il Vicino e Medio Ori e n t e , p e r-c o rso da quei lunghissimi fiumi che sono il Ti gri , l ’ E u f rate e il Nilo. James H.B re s t e a d , d e l l ’ U n i ve rsità di Chicago , lo studioso che inventò questo term i n e ,non sospettava che nu m e rosi scavi successivi av re bb e ro mostrato ch e , in re a l-t à , si tra t t ava di un fenomeno planetari o , il cui polimorfismo è sorpre n d e n t e . Ip rimi agri c o l t o ri , quelli che avevano imparato a domesticare le piante e le be-stie selvag ge , e s i s t evano già nel Sahara centrale e ori e n t a l e , nell’alta valle delN i l o , in quella dell’Indo, del Fiume Giallo e, più lontano ancora , in Nuova Gui-nea e, al di là del Pa c i fi c o , in Mesoamerica e negli altopiani andini. Quasi ov u n-q u e , sul pianeta, i cacciatori - ra c c o g l i t o ri paleolitici hanno appreso (spontanea-mente?) a coltiva re la terra , c o n fe rmando in questo modo le teorie visionari edel russo Nicolas Vav i l ov,uno dei grandi teorici della Rivoluzione Neolitica, ch enegli anni ’30 del secolo scorso ipotizzò che il Neolitico, in luogo di essere unfenomeno individuale del Vicino e del Medio Ori e n t e , e ra un processo ri p e t i t i-vo e planetari o .

L’idea che questi focolai agricoli fossero mondiali ha essa stessa subito del-le tra s fo rmazioni ra d i c a l i , quando la scoperta della datazione col ra d i o c a r b o n i oe la dendro c ro n o l o gia hanno permesso di “ c a l i b ra re ” la cro n o l o gia delle scoper-te arch e o l o gi ch e .Al momento, sono state proposte delle date (da 9 a 10 mila an-ni prima di Cristo) per il Sahara ,per il sud dell’Anatolia, l’alta Mesopotamia. Pe r

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l ’ A s i a , l’Oceania e il Nuovo Mondo si oscilla fra VIII e IX millennio avanti Cri s t o .In modo più o meno completo, l ’ agri c o l t u ra esisteva come la conosciamo dacirca 10 mila anni, in tutta la Terra.

I n fi n e , cause e sviluppi e soprattutto ritmi della neolitizzazione restano mol-to va ri ab i l i , se si considera lo scenario del pianeta. Si sa che in Palestina e lungoi suoi confi n i , nel cuore della cultura n a t u fi a n a,c a c c i a t o ri - ra c c o g l i t o ri seden-t a rizzati ab i t avano in ve ri ag g l o m e ra t i ,ma non conoscevano l’agri c o l t u ra .Ci so-no degli autentici agri c o l t o ri neolitici nel Vicino Oriente (Geri c o ) , agri c o l t o risenza cera m i c a ,un prodotto che i primi studiosi di Pre i s t o ria consideravano co-me l’emblema della neolitizzazione. Si conoscono dei fabb ricanti di terre c o t t e( c u l t u ra di E rt e b ø l l e in Danimarca e di Jo m o n in Giappone) nel cuore di cultu-re locali esclusivamente paleolitiche.Ogni combinazione è possibile. Ma, al dilà di un periodo di pochi millenni (grosso modo da 12 a 5 mila anni prima del-la nostra era) quasi tutto il pianeta ha conosciuto l’agricoltura, per quanto resi-stano delle aree ri s p a rm i a t e , spesso immense senza dubb i o , in A m e rica del Nord ,in Africa, in Siberia, in Oceania, in Australia. Ma, al contrario, e questo è un pun-to essenziale della nostra pro bl e m a t i c a , tutte le patologie umane interc o n t i n e n-

aspetti biologici della trasforma 8 • Jean Zammit • Le malattie umane all’alba del Neolitico. Come gli scheletri neolitici testimoniano l’esistenza di nuove malattie

D i versi scavi archeologici hanno riport a t oalla luce resti di uomini e donne tatuativissuti nella Preistoria, a p p a rtenenti apopolazioni sudamericane,n o r d a m e r i c a n e , e s c h i m e s i , s i b e r i a n e ,c i n e s i , e g i z i a n e , e c c . Il termine “ t a t u a g g i o ”d e r i va dal Tahitiano t a t u che significadecorare la pelle; rappresenta una dellepiù antiche forme artistiche prodotted a l l ’ u o m o , un modo per abbellirsidisegnando ed incidendo la propria pellecon simboli e form e . È un gesto intimo ep e r s o n a l e , ma anche “ p u b b l i c o ” ed e f i n i t i vo . In effetti i tatuaggi hanno av u t oanche un grande potere comunicativo ,a t t r averso di essi sono state trasmessei n f o rmazioni sullo status sociale e sulgruppo etnico di appart e n e n z a , in alcunicasi correlato a pratiche di iniziazione peril passaggio all’età adulta. Straordinario èil caso dei tatuaggi presenti sulla mummiadel Similaun, r i nvenuta nel 1991 inprossimità del Giogo di Tisa sulle A l p iVe n o s t e . Sulla mummia, datata 3550-3100 a.C. con il metodo del Carbonio 14,furono subito notati una serie di segnicutanei disposti in varie regioni del corpo.Ad un più attento esame macroscopico econ l’aiuto di fotografie all’infrarossovennero individuati 47 tatuaggi lineari

semplici e 2 a forma di croce. Sulla zonalombare del dorso e sulle gambe i fascilineari sono uniti a gruppi di 3-4; solosulla parte alta del polpaccio sinistro vi èun gruppo di 7 (fig. 1.1); sono lineesemplici da 1, 5 a 2, 5 cm di lunghezza e2 mm di larghezza. A l l ’ i n t e rno delginocchio destro e sulla caviglia sinistrasono presenti motivi a croce. I tatuaggi,che appaiono di colore scuro, sono statieseguiti introducendo sotto la pelle,appositamente incisa, una miscelasemiliquida formata da polvere di carbone mescolata ad acqua.L’incisione è quasi sicuramente stataeffettuata con lesine di rame che sir i t r ovano frequentemente tra i materialiarcheologici rinvenuti riferibili alle età delRame e del Bronzo. La sorprendentes ovrapposizione topografica di questi segnicon le sottostanti strutture scheletriche,che soggette a forti sollecitazioni port a n ocon l’avanzare dell’età ai tipici doloria rt r i t i c i , fanno pensare ad un utilizzo diquesti tatuaggi con funzione terapeutica.La mummia del Similaun rappresenta lapiù antica testimonianza diretta dell’utilizzodel tatuaggio nella Preistoria europea.

Stefano Ricci, Università di Siena

1 • Medicina neolitica – I tatuaggi

Fig. 1.1 Localizzazione dei tatuaggi sulcorpo della mummia del Similaun(rielaborata da Fleckinger A., Steiner H.,The fascination of the neolithic Age, FolioEditore, Bolzano 1999, pp. 49-52).

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t a l i , quelle che seguirono la neolitizzazione, si ra s s o m i g l i a n o , in qualsiasi part edel mondo, fatta eccezione per la diffusione di certi germi infettivi. Di fronte alp o l i m o r fismo della neolitizzazione, questa unità della patologia umana dei pri-mi agri c o l t o ri e dei loro discendenti pende fo rtemente a favo re della nostra teo-ria della n e o l i t i c o ge n e s i delle malattie umane attuali.E questo è confe rmato dal-le prime scri t t u re dell’umanità:quando appaiono nella Mezzaluna Fe rt i l e , ve rs oil IV millennio a. C, ma allo stesso modo più tardi nella Cina attuale e in Mesoa-m e ri c a , queste scri t t u re abbondano in codici di medicina, t rattati di medicinaantica che descrivono ovunque delle patologie che sono di tipo planetario.

L’artrosi, piaga dei neolitici e dei loro discendentiI lavo ri di Teya Molleson («Pour la Science», 1994) hanno mostrato che i pri m iagri c o l t o ri del Neolitico, c u rvi e spezzati dal lavo ro dei campi e dei loro pro d o t-ti (molitura , c e ra m i c a , v i m i n i ) , p re s e n t avano una patologia dege n e ra t i va che sisarebbe trasmessa di generazione in generazione, fino ai nostri giorni.Abbiamod e s c ritto accuratamente la tra s fo rmazione della cern i e ra lombo-sacrale che col-pisce i primi agri c o l t o ri . I loro antenati paleolitici correva n o , l a n c i ava n o , t i rava-no con l’arco o con il pro p u l s o re . Le loro membra superi o ri erano le loro pri-me arm i . I neolitici,c u rvi a causa del lavo ro nei campi, spostano il centro vitaledi gravità e ergonomico ve rso il basso, t raumatizzando i dischi interve rt e b ra l idella parte inferiore del rachide e inaugurando così una patologia artrosica de-ge n e ra t i va che non finirà di aumentare con il pro gre d i re dell’agri c o l t u ra , a n ch edi quella meccanizzata.Ai nostri gi o rn i , il costo sociale e medico dell’art rosi se-c o n d a ria dei campi, e più ge n e ralmente del comparto agro - a l i m e n t a re , è enor-m e . La nostra pratica quotidiana su mappe osteoart i c o l a ri ci ha permesso di se-guire e di quantificare, per alcune popolazioni chiave preistoriche, medievali eattuali del sud della Francia e dell’Europa, questa lenta progressione.

Genetica e NeoliticoSe si vuole capire in modo facile ciò che fu la Rivoluzione Neolitica al confro n-to dell’arte di vive re elegante e modesta dei cacciatori paleolitici, ci basta osser-varla da un’angolazione prag m a t i c a :“ ra d u n a re i viventi (e i loro morti) con glianimali domestici in spazi sempre più stre t t i , s e m p re più affo l l a t i , e estenderes e m p re di più i campi coltiva t i ” . Secondo noi, la promiscuità umani-umani,umani-animali domestici, animali domestici-animali domestici è la ch i avedi volta per capire la neolitizzazione dell’umanità. Ma i paleolitici avevano vis-suto secondo un tale statuto,quello dell’affo l l a m e n t o . I neolitici,m o l t i p l i c a n d o-si in compagnia di animali domestici sempre più nu m e ro s i ,per coltiva re il suo-lo in modo sempre più intenso,hanno pre p a rato l’av vento della nostra Te rra so-v ra p p o p o l a t a ,s e m p re più antro p i z z a t a , dalle megalopoli immense. In questo sen-so, da questi affollamenti – dei quali le case neolitiche, i primi villaggi, le primeville testimoniano l’evidenza – sono nati dei grandi mescolamenti genetici, daiquali sono scaturite innu m e revoli malattie ge n e t i ch e . Così la talassemia, il fav i-smo e un buon nu m e ro di anemie emolitiche ge n e t i che sono nate sulle ri ve delM e d i t e rra n e o , nel Neolitico, d e fo rmando i crani “a spazzola” e le orbite in c ri-b ra orbitalia, come si vede negli sch e l e t ri delle necropoli e delle sepolture col-l e t t i ve neolitiche dell’Europa meri d i o n a l e . Delle oltre cinquemila malattie ere-d i t a rie di ori gine genetica scoperte ai nostri gi o rn i , è molto ve rosimile che lagrande mag gi o ranza sia nata da questi rimescolamenti di popolazione, s e m p repiù numerosi, frutto della escalation neolitica.

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E il cancro?L’analisi di centinaia di sch e l e t ri , a n che se molte volte incompleti, che datanodal Pa l e o l i t i c o ,m o s t ra una estrema ra rità dei tumori maligni ossei.Tu t t avia il can-c ro ,o meglio ancora il cancro delle viscere e degli organi molli,è per defi n i z i o-ne impossibile da scoprirsi nei resti scheletrici. Per contro, questi tumori si ge-n e ralizzano spesso attrave rso metastasi ossee. Si può supporre ch e , in assenzadi medicine efficaci, se ne dovrebbero scoprire le tracce nelle ossa degli ultimipredatori. Ma questo rinvenimento è eccezionale.D’altra parte, il cancro è, perla mag gior part e , a p p a n n ag gio di soggetti avanti negli anni, per lo meno nellen o s t re società. La speranza di vita limite nel Paleolitico ra fforza le nostre con-cl u s i o n i . I nostri tumori attuali, indotti da fa t t o ri ambientali multipli (alimenta-z i o n e , i n q u i n a m e n t o , s t re s s , sostanze dive rs e , a n che medicinali) sono del tuttotipici delle nostre società post-neolitich e ,d ove si vive di più, s e m p re più ve c ch ie malati.

Le epidemieCome hanno mostrato Steven O’Brien e Michael Dean («Pour la Science», o t t .1 9 9 7 ) , un gene umano, il CCR5, residuo della selezione drastica operata dallegravi pandemie di malattie infe t t i ve acute apparse nel Neolitico, t e s t i m o n i adella pericolosità degli effetti della domesticazione degli animali selvag gi . Q u e-sto gene e la sua scoperta hanno dato confe rma ai nostri lavo ri , basati sullamessa in evidenza (a part i re dallo studio paleopatologico degli sch e l e t ri tro-vati nelle tombe neolitiche europee e del bacino del Mediterraneo) di queste“ n e o p a n d e m i e ” . Ci siamo fondati sugli studi paleodemogra fi c i , avviati da Clau-de Masset, sulle popolazioni neolitich e . La distanza che separa due grav i d a n-ze presso le madri paleolitiche e tutte quelle che vivono di pre d a z i o n e , è dic i rca 4/5 anni. P resso i neolitici, e presso tutti gli agri c o l t o ri , è di due anni:cioè due volte di meno. Questa diminuzione av re bbe dovuto favo ri re l’esplo-sione di un’Europa neolitica sov ra p p o p o l a t a , cosa lontana dal ve ro , come èm o s t rato da tutti gli studi di demogra fia pre i s t o ri c a . Questo fa t t o , unito al cen-simento delle sepolture collettive della fine del Neolitico, ci ha permesso difo rmu l a re questa conge t t u ra .A part i re da cinque specie principali di animalid o m e s t i c i , che denominiamo “la pentade di Pa n d o ra ” e cioè: il bue, il monto-n e , la capra , il porco e il cane, il 90% dei ge rmi delle nostre malattie epidemi-che attuali (viru s , b a t t e ri , p a rassiti e prioni) sono il frutto della mutazione deige rmi animali che colpivano queste due specie. La temuta mutazione che do-v re bbe inaugura re l’apparizione di una pandemia umana di influenza av i a ri amutata in influenza umana, s a re bbe in effetti un fenomeno “ b a n a l e ” , che si èripetuto nu m e rose volte nel Neolitico, senza parlare , b e n i n t e s o , di altre spe-cie animali (alcuni uccelli, ro d i t o ri ecc). Il bue, da solo, con il va i o l o , la tuber-c o l o s i , la salmonellosi, è un enorme contenitore di epidemie.A bbiamo cre a t oil termine di “ e p i z o o d e m i a ” per mostra re che le epidemie animali, le epizoo-t i e , a t t rave rso la loro mu t a z i o n e , a part i re dal Neolitico, c o n t i nuano a causareepidemie umane che nel Paleolitico non si conoscono. L’attuale bacillo diKo ch , quello della tuberc o l o s i , ne è l’esempio tipo: può colpire sia l’uomo siail bue da cui è ve nu t o .A part i re dalla sua domesticazione, nel Neolitico, i con-tadini della valle del Nilo presentano dei segni indubbi di tubercolosi ossea. Il avo ri di Jane Buikstra sulle A m e ri che hanno mostrato che fu lo stesso per ilN u ovo Mondo. I primi casi di tubercolosi ve rt e b rale (sindrome di Pott) appar-ve ro in Svizzera nel Neolitico del Va l a i s , in Italia e in Francia ve rso la metà ela fine del Neolitico.

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S fo rt u n a t a m e n t e , le malattie epidemiche come la grande Peste Nera del 1347-1348 uccidono i malati in pochi giorni, se non in poche ore, senza lasciare cer-ti segni ossei. Bisogna aspettare i progressi nella lettura del DNA antico, capacidi fa rci ve d e re i segni della presenza di ge rmi neolitici, ve nuti da sorgenti ani-mali. Le nostre congetture sono state rinforzate studiando le sepolture colletti-ve della fine del Neolitico (grotte, dolmen, ipogei): esse vedono il loro numeroe il loro contenuto aumentare bruscamente dopo la fine del Neolitico e al pri n-cipio dell’età del Bro n z o . Una mortalità iperacuta di natura epidemica ne po-trebbe essere la causa principale.

Le epizoodemie sono essenzialmente il frutto della promiscuità, richiamatasopra, fra umani e animali domestici.Anche se questa ipotesi può scioccare gliarcheologi addetti, bisogna tuttavia ammettere che la neolitizzazione ci ha fon-damentalmente lasciato in eredità dei germi animali infettivi, moltiplicati all’in-finito proprio da questa promiscuità.Questa è, a nostro parere, la trasformazio-ne più radicale e più pericolosa che cara t t e rizzò lo stato di salute dei primi agri-coltori e dei loro discendenti, al confronto degli ultimi cacciatori paleolitici.

Reumatismi “infettivi”?Il caso più antico di spondilart rite anchilosante conosciuto sul pianeta è statos c o p e rto in uno sch e l e t ro neolitico della Bassa Norm a n d i a , a Fo n t e n ay - l e - M a r-m i o n . Questo reumatismo infi a m m a t o rio seve ro , che colpì più tardi il fa ra o n eRamses II, è sconosciuto nel Pa l e o l i t i c o .A n che questa ci sembra una malattianeolitica. Dei micro-organismi, generatori della sindrome di Reiter, indotti sicu-ramente dalla domesticazione animale,hanno potuto colpire dei contadini neo-litici e far sviluppare presso questi una risposta auto-immune, fonte di attacchii n fi a m m a t o ri al ra chide e alle articolazioni sacro - i l i a ch e .Ai nostri gi o rn i , q u e s t oreumatismo essenzialmente maschile è legato alla presenza di un antigene tes-sutario, denominato HLA B 27. Questa “traccia”genetica è certamente frutto diuna combinazione fra un attacco infe t t i vo insidioso e una selezione demogra fi-ca neolitica. In questo spiri t o , la poliart rite re u m a t o i d e , a l t ro fl agello re u m a t i c oa u t o - i m mu n e , tipicamente femminile e sconosciuto nel Pa l e o l i t i c o ,p o t re bbe es-s e re certamente un’affezione post-neolitica, indotta da fa t t o ri ambientali e ge-netici specifici dei produttori di cibo.

Pace e guerraI n fi n e , è giusto completare questo quadro della tra s fo rmazione delle malattieumane nel corso del Neolitico ri c o rdando la patologia tra u m a t o l o gica di guer-ra . C e rt a m e n t e , gli ultimi cacciatori lottavano con fre q u e n z a , s c a t e n avano ri s s e ,ossia dei combattimenti locali, che tuttavia ci hanno lasciato poche tracce os-s e e ,per quanto l’arco e il pro p u l s o re di gi avellotto siano delle armi paleolitich e .Per giunta, abbiamo mostrato con Jean Guilaine, professore al Collège de Fran-c e , che questa violenza, s c a t u rita dalla pro fondità dei tempi,si è socializzata nelc o rso della neolitizzazione,sotto la spinta del fo rm a rsi dei primi poteri org a n i z-zati e dell’accresciuta spartizione di terre e di campi, fonte di conflitti spessocrudeli. Dal più antico Neolitico, i segni dei massacri collettivi sono rivelati su-gli sch e l e t ri dei contadini della valle del Reno, del Danubio (crani fracassati acolpi di ascia, frecce conficcate nelle ossa). In Francia, verso la fine del XIX se-colo, il dottor P. Prunières ha messo in evidenza, nell’attuale territorio della Lo-z è re e dell’Avey ro n , la più impressionante collezione di fe rite tra u m a t i che ag-gre s s i ve conosciuta al mondo su sch e l e t ri che datano dalla fine del Neolitico.

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Questa raccolta si accompagna ancora ad un nu m e ro importante di tra p a n a z i o-ni cra n i che intenzionali, testimoni di una paleoch i ru rgia effi c a c e , fo rse in re l a-zione con questa ag gressività ambientale. I primi agri c o l t o ri hanno cert a m e n t egenerato una violenza collettiva organizzata che si sovrapponeva all’aggressivi-tà degli antichi primati e delle grandi scimmie, più disposte, q u e s t e , alla ri c o n-c i l i a z i o n e , come è stato brillantemente dimostrato dai lavo ri di Frans de Wa a l .Siamo certamente dive nuti i discendenti di agri c o l t o ri , s u p e ri n fe t t a t i , v i o l e n t i ,che producono s e m p re di più, v i vono sempre di più e sempre peggi o , i n q u i-nando fino all’estremo e moltiplicandosi senza sosta. E se fosse questa la ve ralezione della neolitizzazione…?

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Il termine “ t r a p a n a z i o n e ” venne usatoper la prima volta nel XVI secolo dalc h i ru r go Ambrogio Pa r è , riferendosi allaperforazione chirurgica effettuata acarico delle ossa craniche. Il termine èd i ventato di uso comune, pur seutilizzato a volte impropriamente:sarebbe preferibile, nella maggioranzadei casi di studio, utilizzare “ l e s i o n eintenzionale del tavolato osseo cranico”,riferendoci ad una intenzionale perdita disostanza ossea neurocranica sia sulv i vente che post mort e m. L e“trapanazioni av venute in vita”presentano a livello della perforazionetracce più o meno evidenti di matriceossea cicatriziale (fig. 2.1); in mancanzadi rimaneggiamento cicatriziale si trattadi “trapanazioni post mort e m” , anche sein questo caso non è da sottova l u t a r eche la trapanazione possa essereav venuta sul vive n t e , s e g u i t aimmediatamente dal decessod e l l ’ i n d i v i d u o . La trapanazione ve n i vaeffettuata con diverse tecniche tra cui lepiù diffuse sono il b u l i n a g g i o, l ’i n c i s i o n ee la s c a r i f i c a z i o n e. Il bulinaggio consistenel praticare il foro con un ogge t t oresistente appuntito, ruotato attorno alproprio asse. L’incisione ve n i va praticatautilizzando uno strumento molto duro ea p p u n t i t o , con il quale si procedeva adincidere progr e s s i vamente sul tavo l a t oosseo formando un disegnorotondeggiante o sub rettango l a r e . L ascarificazione ve n i va effettuata

abradendo energicamente l’osso con uno g getto dalla superficie pianacaratterizzata da irr e golarità atte ap o t e n z i a rne l’efficacia (cfr. F. G e rm a n à ,G . F o rn a c i a r i , Tr a p a n a z i o n i , craniotomie etraumi cranici in Italia. Dalla Pre i s t o r i aall’età Modern a, G i a r d i n i , P i s a ) . In Italia iprimi casi certi di trapanazione si sonoriscontrati in scheletri neolitici; questapratica si diffonderà in maniera ev i d e n t enel Bronzo e perdurerà fino in epocam e d i o eva l e . Nonostante si trattasseevidentemente di una pratica pericolosaper la salute dell’individuo e

tecnicamente difficile da realizzare, lamaggioranza degli “operati”,generalmente adulti e di sesso maschile,sono sopravissuti all’intervento (cfr. A.Canci, S. Minozzi, Archeologia dei restiumani. Dallo scavo al laboratorio,Carocci, Roma 2005). Moltissimi autorihanno tentato di interpretare il significatodi tale pratica, alcuni indirizzandosi suscopi teraupetici o in risposta ad eventitraumatici, altri ipotizzando finalitàmagico-religiose.

Stefano Ricci, Università di Siena

2 • Medicina neolitica – La trapanazione del cranio

Fig. 2.1 Un esempio di trapanazione avvenuta in vita, come indicano le tracce più o menoevidenti di matrice ossea cicatriziale (foto S. Ricci).

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Il significato nutrizionaledella transizione neoliticanell’evoluzione umanaGli studi antropologici hanno ormai chiarito il ruolo di primo piano svolto dal-la nu t rizione nel lungo cammino dell’evoluzione umana. Il passag gio dai pri m a-ti antro p o m o r fi alla comparsa del ge n e re H o m o nel Paleolitico superi o re (cir-ca 2 milioni di anni fa) è infatti cara t t e rizzata da una graduale transizione da die-te vegetariane basate su foglie, fiori, frutti e tuberi, a una dieta progressivamen-te carn e a , che contiene una mag gi o re concentrazione di energia e nu t ri e n t i .C i òha contribuito allo sviluppo e al mantenimento di una struttura complessa co-me il cervello umano,con la conseguente acquisizione delle stra o rd i n a rie capa-cità di adattamento tipiche della nostra specie.1

Un secondo fondamentale passag gio nella dieta dell’uomo è av ve nuto a par-t i re da 12.000 anni fa (Mesolitico), quando un fo rte aumento di tempera t u ra de-terminò nel Vicino Oriente l’instaurarsi di ambienti umidi e aperti, ricchi di ce-reali selvatici e selvag gi n a , s o p rattutto gazzelle, nei quali si ebbe la prima gra-duale affe rmazione delle tecniche di coltivazione e alleva m e n t o . S e m b ra ch el’insediamento dei primi villag gi perm a n e n t i , fondati dalla civiltà natufiana (ch eha preso il suo nome dall’insediamento di Uadi el-Natuf in Isra e l e ) , abbia pre c e-duto l’inizio delle pratiche agricole. La varietà e abbondanza delle risorse natu-rali portò inizialmente a conserva re i cereali selva t i c i , come testimoniano le fo s-se di stoccaggio trovate nella valle del Giordano.

Il passag gio completo da una economia di caccia-raccolta a una di agri c o l t u-ra - a l l evamento si ebbe solo ve rso il 7500 a.C. Questo periodo di stasi, ri s c o n t ra-to anche in altri centri di domesticazione,come l’America centrale e la Cina, i n-duce a pensare che il movente principale per l’inizio dell’agri c o l t u ra non fu tan-to la carenza alimentare ,causata da un aumento di popolazione,ma il signifi c a t os i m b o l i c o , re l i gioso o sociale,di cui si cari c avano le piante coltiva t e , a l l o ra ra re .

I n o l t re ,p rima di aver subito una opportuna selezione genetica da parte del-l ’ u o m o , che ne ha modificato i tra t t i , cioè una ve ra “ d o m e s t i c a z i o n e ” , q u e s t epiante non erano dotate di cara t t e ri s t i che part i c o l a rmente va n t ag gi o s e . I semierano piccoli e liberarli dal loro involucro protettivo costituito da fibre indige-ribili era particolarmente laborioso,mentre la fragilità del rachide determinavalo spargimento dei chicchi al momento della raccolta.

Il passag gio da una economia di predazione a una di pro d u z i o n e , che ha co-stituito la base per lo sviluppo successivo di tutte le grandi civiltà, ha lasciatot racce arch e o l o gi che che testimoniano interessanti effetti sull’anatomia umana,alcuni dei quali collegati ai cambiamenti alimentari .Gli sch e l e t ri risalenti a que-sto periodo mostrano una ge n e rale diminuzione di statura , con segni di danneg-giamento della colonna ve rt e b rale e delle gi n o c chia nel caso delle donne, a cuit o c c ava il ruolo di macinare i cereali per molte ore al gi o rn o . I n o l t re i cambia-menti osservati nella dentizione, con diffusione di carie, sono stati attribuiti al-l’uso di cibi ri c chi di carboidrati resi più biodisponibili dai trattamenti di pre p a-razione alimentare. Infine la capacità cranica, indice di sviluppo cerebrale, mo-stra una leggera diminuzione rispetto a quella delle specie umane paleolitiche,N e a n d e rt h a l e Sapiens arc a i c o,che ra p p resentano il massimo di carn i vo ri s m onella storia dell’evoluzione umana.

9Giuseppe RotilioEliana Marchese

1 . G. B i o n d i , F. M a rt i n i , O. R i ck a rd s , G. R o t i l i o ,

In carne e ossa, E d i t o ri Laterza, B a ri - R o m a

2 0 0 6 .

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I cambiamenti conseguenti all’av vento dell’agri c o l t u ra e dell’alleva m e n t oanimale hanno determinato però una vera e propria “rivoluzione nutrizionale”che analizzeremo prima nei suoi tratti ge n e ra l i , e successivamente nell’apport odelle singole classi di alimenti.Si è prodotta una non più sporadica e incerta di-sponibilità di cibi ri c chi di nu t rienti di alto va l o re (aminoacidi essenziali, v i t a-mine e ioni minerali come calcio, ferro e rame), ma soprattutto di energia mol-to concentrata e prontamente spendibile. Questo è stato alla base dell’aumen-to di popolazione e della formazione delle prime società stanziali. Questa asso-ciazione di cibi più energetici e di stili di vita più sedentari è peraltro conside-rata la causa della comparsa di patologie che sono andate poi ad aumentare fi-no ai nostri gi o rn i , in part i c o l a re la “ s i n d rome metab o l i c a ” (obesità ipert e n s i o-n e , d i ab e t e ) . I n fatti questi cambiamenti sono av ve nuti troppo rapidamente int e rmini evolutivi perché il genoma della nostra specie,adattatosi allo “stile di vi-t a ”p a l e o l i t i c o , fondato sulla sporadica e incerta acquisizione di alimenti nel cor-so di circa 2 milioni di anni, abbia avuto la possibilità di riequilibrarsi alle nuo-ve condizioni, che non esigevano più la capacità di conserva re sotto fo rma ditessuto adiposo le energie alimentari in previsione di lunghi periodi di care s t i a( “ genotipo ri s p a rm i a t o re ” ) .O rmai molti studiosi concordano sul fatto che alcu-ne malattie, diffuse soprattutto nei Paesi occidentali, sono conseguenza di que-sto mancato adattamento.A questo proposito è interessante notare come nellepopolazioni che hanno cambiato stile di vita da poco (esquimesi, p o p o l a z i o n ia f ri c a n e ,p o l i n e s i a n e , a m e ricani nativi) la “ s i n d rome metab o l i c a ”assuma una gra-vità maggiore.2

Vediamo ora quali sono i “ n ovel fo o d s ” del Neolitico, cioè alimenti con cuis i c u ramente l’uomo del Paleolitico non può essere ve nuto in contatto, se nonforse sporadicamente, e le conseguenze nutrizionali del loro uso.

� Cereali e legumi Poiché i cereali selvatici sono difficili da raccogliere sen-za gli strumenti adatti, e da dige ri re senza una adeguata pre p a razione (moli-t u ra e cottura ) , il ri t rovamento degli attrezzi in pietra necessari segna l’ini-

aspetti biologici della trasforma 9 • Giuseppe Rotilio, Eliana Marchese • Il significato nutrizionale della transizione neolitica nell’evoluzione umana

Fig. 1 A sinistra è rappresentata unaipotetica piramide alimentare (= rappresentazione delle quantità relativedel consumo di alimenti in ordinedecrescente dal basso verso l’alto) delPaleolitico recente in area geograficasoggetta a glaciazioni. A destra è riprodottainvece una piramide di società modernapost-agricola.* Posizione della piramide invertita. Ilrapporto fra grassi polinsaturi e grassi saturinegli animali selvatici è 1, 41, negli animalida allevamento è 0, 44 (è 1, 00 nella dietaconsigliati dai moderni nutrizionisti).** Posizione della piramide stabile,rinforzata da noci e bacche al vertice dellapiramide paleolitica.*** Posizione che entra nella piramidenell’era post-paleolitica.

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mdzione neolitica

zio del loro occasionale sfruttamento nel Paleolitico superi o re (da 40. 000 a12. 000 anni fa).3 L’introduzione regolare nella dieta di cereali selvatici risa-le però ad un’epoca più recente, con il sorgere della cultura natufiana circa1 3 . 000 anni fa . L’aspetto nu t rizionale positivo è la pronta disponibilità del-l ’ e n e rgia proveniente dai carboidra t i , m e n t re un aspetto negativo è legatoalla frazione proteica chiamata ‘ g l u t i n e ’ , i m p o rtante nella panifi c a z i o n e ,c o n-t e nuta abbondantemente nei cereali come gra n o , s e g a l e , o r z o ,ave n a , che nonè tollerata tuttora dall’1% circa della popolazione e causa il morbo celiaco.Attualmente i carboidrati fo rniscono la mag gior parte dell’energia della die-ta (circa il 55%), e nelle popolazioni tecnologicamente più evolute questoc o m p o rta un uso eccessivo di zucch e ri semplici e fa rine ra ffi n a t e , a l i m e n t icon alto indice glicemico (ra p p o rto fra l’aumento del glucosio nel sangueindotto da un alimento e quello indotto da una uguale quantità di glucosio).Questo tipo di alimentazione produce nel genotipo “ ri s p a rm i a t o re ” , se ac-c o m p agnato da scarsa attività fi s i c a , un’aumentata secrezione di insulina,con conseguente deposito di tessuto adiposo ch e , a sua vo l t a ,p roduce insu-lino-resistenza e “sindrome metabolica”.Ci sono prove ge n e t i che e arch e o l o gi che che la domesticazione di cere a-li primitivi come la fa rragine e il fa rro nel Medio Oriente è stata accompa-gnata da quella di legumi come lenticch i e , fave , piselli e ceci. Questo abb i-namento ha una grande ri l evanza nu t rizionale perché i legumi, a parità dic a r b o i d rati con i cere a l i , hanno molta più fi b ra e quindi un più basso indi-ce glicemico. I n o l t re i due tipi di ve getali sono complementari per quan-to ri g u a rda il va l o re nu t rizionale delle loro pro t e i n e , in quanto aminoaci-di essenziali assenti nei legumi sono presenti nei cereali e viceve rs a . Il con-sumo dei legumi fre s chi presenta d’altronde fenomeni di intolleranza inindividui geneticamente pre d i s p o s t i , come il favismo per le fave e il latiri-smo per i piselli.

� Frutta e verd u r a L’ o rt i c u l t u ra e la fru t t i c o l t u ra hanno selezionato una gra n-de quantità di piante da frutto e di verdure più palatabili e digeribili rispet-to alle qualità selvatiche. Questo nel complesso ha mantenuto un buon ap-porto di antiossidanti e fibra nella dieta, anche se inferiore a quello presen-te nella dieta paleolitica, fondata su bacche e frutti selvatici, ed ha allo stes-so tempo incrementato l’apporto di zucch e ri semplici, tipico della frutta col-tivata.

� Carne di animali domestici Il Neolitico ha determinato, oltre a una ridu-zione della quantità di carne a favo re dei cereali come fonte di energi a , u ncambiamento qualitativo dei grassi apportati, a causa dell’introduzione del-l ’ a l l eva m e n t o . Negli animali selvatici i grassi depositati nel tessuto adipososottocutaneo e viscerale sotto forma di triacilgliceroli (cioè tre molecole diacidi grassi legati con legame estere al glicero l o ) , p rincipalmente grassi sa-t u ri (SFA ) , sono molto ridotti per la mag gior parte dell’anno, m e n t re sonos e m p re presenti quelli mu s c o l a ri , composti da acidi grassi monoinsaturi (MU-FA) e polinsaturi (PUFA ) . Con l’alleva m e n t o , l ’ abbattimento stagionale deigrassi è evitato dalla continua somministrazione di cibo agli animali. C o nl’aumento della produttività agricola, poi, sono utilizzati come mangimi an-che i cere a l i , che causano, come nell’uomo,un rapido accumulo di grassi sa-t u ri nel tessuto adiposo.L’aumento di grassi saturi nell’alimentazione è con-c o rdemente associata all’aumento del ri s chio di art e ri o s cl e ro s i , collegata al-l’alterato metabolismo del colesterolo.

2 . S . B . E a t o n , M . J. Ko n n e r, Paleolithic Nutri-

t i o n : a consideration of its Nature and cur-

rent implications, in «New England Jo u rnal of

medicine» 312,1 9 8 5 ,p p . 2 8 3 - 8 9 .

3 . D.R .P i p e rno et al.,P rocessing of wild cere-

al grains in the Upper Pa l e o lythic revealed by

S t a rch Grain A n a ly s i s,« N a t u re » ,4 3 0 ,2 0 0 4 ,p p .

6 7 0 - 7 3 .

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� Latte e derivati L’assunzione di latte dopo lo svezzamento non può essereiniziata che dopo l’inizio dell’addomesticamento del bestiame,c i rca 11.000anni fa , per la difficoltà di cattura re e mu n ge re gli animali selva t i c i . Le piùa n t i che tracce di grassi deri vati dal latte e dalla pre p a razione del fo rm ag gi o ,trovate sulle ceramiche, risalgono però solo a 6.000 anni fa. L’aspetto nutri-zionalmente positivo del consumo di questi alimenti dopo il periodo dell’al-lattamento è l’alta biodisponibilità di calcio per il metabolismo osseo.L’ a s p e t-to negativo più importante è che ancora oggi solo il 50% dell’umanità è ingrado di tollera re il latte dopo lo svezzamento (intolleranza al lattosio).4 Pe-ra l t ro le popolazioni intolleranti (ad esempio i cinesi) hanno una bassa inci-denza di art e ri o s cl e ro s i ,p e rché il latte ha la stessa qualità di grassi della car-ne degli animali domestici.

� Oli vegetali La produzione di olio vegetale (oliva, lino e sesamo) con pres-se meccaniche risale a circa 6.000 anni fa, ed era utilizzata anche per scopinon alimentari , come la pre p a razione di medicine, l ’ i l l u m i n a z i o n e , la lubri fi-cazione.L’assunzione di oli ve getali come condimento limita, dato che hanno lo stes-so contenuto calorico degli altri gra s s i , l’assunzione di alimenti ri c chi di gra s-si saturi e quindi può avere effetti protettivi contro il rischio cardiovascola-re , d ovuti sia alla loro composizione in acidi grassi (per la mag gior parte mo-n o i n s a t u ri nell’olio di oliva e polinsaturi negli altri oli),sia a componenti mi-n o ri come vitamine,p o l i fe n o l i , antiossidanti e composti quali i fi t o s t e roli ch einibiscono l’assorbimento del colesterolo.L’uso eccessivo di oli ve getali e la composizione dei grassi degli animali daa l l eva m e n t o , ha comunque spostato il ra p p o rto Ω- 6 /Ω-3 troppo a favo redella serie Ω- 6 , a scapito degli Ω- 3 , s o p rattutto a lunga catena (LC PUFA ) ,

aspetti biologici della trasforma 9 • Giuseppe Rotilio, Eliana Marchese • Il significato nutrizionale della transizione neolitica nell’evoluzione umana

4 . L .L .C avalli Sfo r z a ,P.M e n o z z i ,A .P i a z z a ,S t o ri a

e ge o gra fia dei geni umani,A d e l p h i , M i l a n o

2 0 0 0 .

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mdzione neolitica

che sono presenti specialmente negli alimenti di ori gine marina e che han-no un ruolo importante nella stru t t u ra e nelle funzioni cara t t e ri s t i che delc e rve l l o .

� A l c o l Si tratta di una fonte di energia sconosciuta nel Pa l e o l i t i c o , dato ch ela produzione dei prodotti alcolici fe rm e n t a t i , come vino e birra , risale a7.000 anni fa nel Medio Oriente. Ferma restando la tossicità dell’alcol a do-si eccessive , le bevande alcoliche fe rmentate hanno anche un ruolo nu t ri-zionale positivo :nella birra ,per esempio,è presente un’alta concentra z i o n edi vitamine del gruppo B,m e n t re il vino rosso ha capacità antiossidanti gra-zie ai polife n o l i , in part i c o l a re il re s ve ra t ro l o , p resenti nella buccia dell’aci-no d’uva .La lunga abitudine al consumo di quantità moderate di vino ro s s oin molte popolazioni umane sembra abbia avuto effetti positivi nella preve n-zione di malattie cardiovascolari.

� S a l e A n che se nel Paleolitico le popolazioni che vivevano in zone costierepossono occasionalmente aver cotto i cibi in acqua di mare , il consumo gi o r-n a l i e ro di NaCl era certamente < 1 g,m e n t re più alto era l’apporto di potas-sio da carne e ve getali selva t i c i . Po i ché il sodio è fondamentale per il man-tenimento della pressione sanguigna, l’organismo umano si è geneticamen-te pro grammato a non eliminarlo e questo genotipo non è stato capace die l i m i n a rne l’eccesso dovuto al rapido aumento del suo consumo fra 10. 0 0 0e 5.000 anni fa (dapprima essenzialmente come conservante della carne) fi-no a va l o ri vicini ai 10 g/die attuali. Il rovesciamento del ra p p o rto sodio-po-tassio, che così si è prodotto nel passaggio alla dieta neolitica, è senza dub-bio alla base della mag gi o re tendenza ad ipertensione e a malattie collegatecome arteriosclerosi, ictus e infarto.

Fig. 2 Confronto tra un bue selvatico (l'uro)e un bue domestico. La domesticazionecomportò una riduzione della taglia deglianimali e un accumulo di grassi, indottodalla continua somministrazione di cibo edall'utilizzo dei cereali come mangimi. Talecambiamento comportò per l'uomo unamaggiore assunzione di grassi saturi (da G. Tosello, Variazione delle dimensionidei bovini, in Il Neolitico, alle origini dellaciviltà, Electa/Gallimard).

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a ma inatura dei erealispetti te ni i e so iali

Introduzione

ecnica di fabbricazione e uso

Bibliografia ragionata • I testi in linguaitaliana che propongono analisi dettagliatedella macinatura del Neolitico sono moltorari: uno di questi è Il Grano e le macineLa macinazione di cereali in Alto Adigedall’Antichità al Medioevo, Catalogo dellaMostra, Ufficio Beni Archeologici dellaProvincia Autonoma di Trento e del Castellodel Buonconsiglio, 1994. Sempre dall’areatrentina, ma di tono più generale è il librodi G. Sebesta, La via dei muliniDall’esperienza della mietitura all’arte dimacinare, Museo degli Usi e Costumi dellaGente Trentina, San Michele all’Adige1976.Le opere specifiche più complete sono inlingua straniera e tra queste si segnala S.A. de Beaune, Pour une Archéologie dugeste, CNRS Editions, Paris 2000 e H.Procopiu, R. Treuil, Moudre et broyer, I-II,CTHS, Paris 2002. Alcuni aspetti specifici sitrovano invece anche in italiano: il caso diAbu Hureya è trattato da Teya Molleson neln. 314 del 1994 de «Le Scienze», mentreuna ricca documentazione etnografica èreperibile in V. L. Grottanelli, EthnologicaL’uomo e la civiltà, vol. II, Edizioni Labor,Milano 1965.

ita quotidiana e ultura materi

ig. 1

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ig. 1 Pane preistorico riprodotto tramite ilconfronto con esemplari rinvenuti ininsediamenti neolitici da . SulzenbacherLa mummia dei ghiacci o t i allascoperta del eolitico olio ditoreienna olzano 2000 .ig. 2 acina e macinello dai monti agrosda uilaine . d. Premier pa sa s du

mo de aissa ce des agriculturesS minaire du Collège de rance ditionsrrance Paris 2002 .ig. 3 na donna della auritania che

schiaccia cereali da S. A. de eaune Pouru e rchéologie du geste CNRS ditionsParis 2000 .

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Aspetti economici e sociali

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ig. 4

ig. 5 ig. 6

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ig. 4 odellino di casa o santuario con donna che macina e forno dall’ craina occidentaleda . . . Clar uropa Preistorica li aspetti della ita materiale inaudi 1969 .ig. 5 rande pietra con numerose concavit dovute all’azione di macinare onte Lazzu

Corsica da . C. eiss d. L’ rchéologie l’ i ersité de orse A accio 1996 .ig. 6 Statuetta in terracotta di una donna che impasta il pane useo Archeologico di Atene .ig. 7 Pagnotta con impronta di vimini e piastra di cottura da Charavines rancia da A.oc uet hara i es il a a s Les ossiers d’Archaeologie n. 199 Paris 1994 .ig. 8 Ricostruzione della procedura per la cottura delle pagnotte su piastra e per la

confezione di piccoli pani da oc uet hara i es cit. .ig. 9 onne Navaho Arizona al forno del pane da rottanelli th ologica cit. .

ig. 7 ig. 9

ig. 8

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ita quotidiana e ultura materi 1

Il ruolo della donna nella macinatura deicereali è ipotizzabile sulla base delconcorso di due differenti discipline:l’etnoarcheologia e la paleopatologia.L’etnoarcheologia è una disciplina che sipropone di integrare la ricercaarcheologica con confronti trattidall’osservazione della realtà di societàtradizionali contemporanee. Gli esempiriportati suggeriscono come la macinaturasia di stretta pertinenza delle donne.Nel villaggio di Kizilkaya, nell’Anatoliacentrale, gli strumenti per macinare epolverizzare vegetali commestibili sonostrettamente correlati alla sferafemminile; in alcuni casi anchel’acquisizione del materiale e la

fabbricazione degli utensili è un lavorodelle donne così come il loro l’uso, lacura e la riparazione o l’eliminazione delmateriale stesso, se non più utilizzabile(fig. 1. 1).Anche nel villaggio di Tichitt, inMauritania, l’attività di macinatura èriservata alle donne: essa richiede moltotempo in base a diversi fattori quali l’età,la forza muscolare, le pause di riposodurante il lavoro, la necessità di allattare.Per quanto riguarda la resa del lavoro dimolitura in poco meno di un’ora di lavorosi ricava circa un chilo di farina (fig. 1. 2).L’attività legata alla macinazione deicereali protratta per più ore al giornodoveva essere così intensa che spesso

risulta visibile anche dall’analisi dei restiossei. Lo studio paleopatologico condottosui resti umani del primitivoinsediamento agricolo di Tell Abu Hureyain Siria ha rivelato che le ossa dellacaviglia e dell’alluce presentavano segnidi alterazione attribuibili allo stare inginocchio e alla spinta data con gli allucidurante la macinatura dei cereali; altridanni si avevano anche a carico dellacolonna vertebrale, delle ginocchia edell’articolazione dell’anca. Le ossa delbraccio erano inoltre molto robuste (fig.1. 3). Queste particolari caratteristiche siriscontrano principalmente negli individuidi sesso femminile, sia adulti siaadolescenti.

1 • Il ruolo della donna

ig. 1.1 onna di un villaggio anatolico che frammenta i peperoncini da . Procopiu R. reuil ds. oudre et ro er I II C S Paris2002 .ig. 1.2 onna della auritania intenta alla macinatura da de eaune Pour u e rchéologie cit .ig. 1.3 Lo studio delle ossa rinvenute nel sito del primo Neolitico di Abu ure ra Siria ha permesso di identificare alterazioni

patologiche legate allo svolgimento ripetuto e continuo di attivit legate alla macinatura dei cereali e di attribuire tale attivit alle donneanche molto giovani da . olleson Le ri ela io i delle ossa di u Hure ra in Le Scienze ed. it. di Scientific American a. II vol.LIII n. 314 ottobre 1994 .

ig. 1.1 ig. 1.2 ig. 1.3

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In quanto strumenti primari di produzionedi cibo le macine possono acquistarevalenze simboliche testimoniate dal lororinvenimento in alcuni contesti funerarieuropei, in cui la macina è in genereassociata a sepolture femminili (fig. 2.1).Spesso troviamo la macina anche dovesono attestate manifestazioni del sacro,come nelle grotte. Nei culti neolitici,infatti, la macina per la farina assume un

valore simbolico rituale per le stretteconnessioni con la religione agraria,come testimonianza di riti e sacrificilegati alla fertilità della terra,sostituendosi forse al pane come offertaagli dei e come dono funerario.Il pane racchiude in sé un ricco bagagliodi significati in quanto rappresenta ilnuovo rapporto che si viene ad instauraretra l’uomo e l’ambiente durante la

Rivoluzione neolitica. Nelle pratichecultuali il pane e i dolci giocano un ruolonon trascurabile dalla preistoria fino aigiorni nostri. Numerosi esempi si hannoin Sardegna, dove ogni festa religiosa hail suo pane e i suoi dolci (fig. 2.2), o inSicilia dove durante la festa di SanCalogero ad Agrigento i fedeli lancianodel pane come offerta contro la statuadel Santo (fig. 2.3).

2 • Il significato simbolico della macina e del pane

Il tema delle macine, dei cereali e delpane offre numerosi spunti per attivitàlaboratoriali interdisciplinari di cui siforniscono alcuni esempi.Tecnologia: uso delle macine edevoluzione tecnologica dalla macina almulino (storia, ed. tecnica), proprietàdelle rocce impiegate (ed. tecnica,scienze, storia) (fig. 3.1).Alimentazione: storia dell’uso dei cerealie del pane, valore energetico, significati“materiali” e sovrasignificati (scienze,lettere, storia, ed. tecnica e religione).Etnografia: le culture tradizionali attuali,“altre” da quelle occidentali (geografia estoria, letteratura) (fig. 3.2).La società: la divisione del lavoro, lacooperazione, il gruppo, la famiglia, ladonna (ed. civica, geografia, storia,letteratura).

3 • Alcuni spunti per laboratori interdisciplinari

ig 2.1 Sepoltura del Neolitico spagnolo di una giovane donna: una macina come corredo funebre da useu piscopal de Vic uide decollectio s dition de le useu piscopal de ic spa a 2007 . ig. 2.2 Pane sardo confezionato per la Pas ua. ig. 2. 3 urante laesta di San Calogero ad Agrigento i fedeli lanciano verso il Santo del pane come offerta da C. A. Pinelli . uilici L’al a dell’uomo eonato ari 1974 .

ig. 3.1 acina e macinello.ig. 3.2 na donna egiziana controlla

la cottura del pane.

ig. 2.1

ig. 3.1

ig. 3.2

ig. 2.2 ig. 2.3

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a prima erami a

ita quotidiana e ultura materi

Bibliografia • Si forniscono qui di seguitoalcuni titoli in lingua italiana relativi adargomenti trattati nel testo:Dall’argilla al vaso Sistemi difabbricazione in una comunità neolitica di7 anni fa, a cura di S. M. Cassano, I.M. Muntoni, C. Conati Barbaro, rgosEdizioni, Roma 1995.N. Cuomo di Caprio, Ceramica inarcheologia , “L’Erma” di Bretschneider,Roma 2007.B. Fabbri, A. Gianti, L’avventura dellaceramica, CNR-ISTEC, Faenza 2003.D. Labate, La ceramica Una storiamillenaria, Comune di Fiorano Modenese,Fiorano Modenese 2001.I. M. Muntoni, Modellare l’argilla Vasai delNeolitico antico e medio nelle Murgepugliesi, Istituto Italiano di Preistoria eProtostoria, Firenze 2003.M. Saracino, Prima del tornio Introduzionealla tecnologia della produzione ceramica,Edipuglia, Bari 2005.Storie d’argilla Alle origini della ceramicain Terra di Bari, a cura di A. Damato, F.Radina, Museo Civico Archeologico “G. e P.Didonna”, Rutigliano 2004.M. Vidale, Ceramica e archeologia,Carocci, Roma 2007.

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argilla,

mdale

ig. 1 ig. 2 ig. 3

ig. 1 attitura dell’argilla presso i gruppi alinga ilippine Archivio useo delle rigini niversit di Roma La Sapienza .ig. 2 ontaggio a colombino di un vaso pres

so i gruppi melanesiani dell’isola di PapuaNuova uinea ceania Archivio useo delle rigini niversit di Roma La Sapienza .ig. 3 Lucidatura della superficie presso i grup

pi alinga ilippine Archivio useo dellerigini niversit di Roma La Sapienza .

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ita quotidiana e ultura materi 11

L’argilla, se prelevata umida, pu essere subito lavorata pereliminare le impurità di grosse dimensioni; se secca, invece,deve essere prima frantumata e quindi bagnata. Le argillepotevano essere depurate facendole decantare in acqua, oppuresi aggiungevano i cosiddetti sgrassanti (sabbia, rocce o mineralitriturati, materiali organici, frammenti di ceramica già cotta) perconferire alla ceramica maggiore robustezza ed elasticità,riducendo la contrazione di volume e aumentando la porosità.Il vaso poteva essere realizzato con diverse tecniche (apressione, a colombino o a stampo), utilizzate da sole o indiverse combinazioni (la lavorazione al tornio compare in Italiamolto più tardi, solo nella tarda età del Bronzo). Le pareti delvaso venivano poi regolarizzate con diversi strumenti (dita,spatole in legno o in osso, conchiglie, lame di selce, ciottoli).I più antichi vasai neolitici decoravano le superfici dei vasiprobabilmente non tanto per abbellire l’oggetto, ma permaneggiarlo senza perdere la presa o per ragioni di tiposimbolico. Gli stili erano molto diversi poiché seguivano i gusti

del tempo e potevano variare da gruppo a gruppo. Sonoampiamente documentate diverse tecniche: la più diffusa èquella impressa, ottenuta effettuando con uno strumento o conle dita una semplice pressione sulla pasta molle del vaso.L’incisione e il graffito, invece, venivano effettuati con strumentiappuntiti fatti scorrere sulla superficie del vaso rispettivamente“a consistenza cuoio” oppure completamente secca. Ladecorazione dipinta, infine, veniva realizzata utilizzando comecoloranti materiali naturali triturati e diluiti in argilla moltoliquida.Il vaso veniva poi posto prima ad essiccare in ambienti asciutti eall’ombra, e dopo cotto a temperature di almeno 500-550 Cche trasformano permanentemente il corpo argilloso inceramica. Le procedure di cottura sono sostanzialmente di duetipi (figg. 1.1 e 1.2): all’aperto – a fuoco diretto –, in cui i vasivengono cotti a diretto contatto con il combustibile, o inambiente chiuso – in forno –, in cui i vasi vengono tenuti lontanodal combustibile, talvolta in spazi separati.

1 • La tecnologia della ceramica neolitica

ig. 1.1 La cotturaall’aperto presso igruppi alinga ilippine Archivio

useo delle rigini niversit di Roma La Sapienza .ig. 1.2 asaia del

l’Alto gitto mentrecopre il forno ARgile ditions rance .

ig. 1.1 ig. 1.2

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prodotto

manufatto

archeometria

mdale

ig. 4 Interno della bottega di ito Rocco Lamparelli di Rutigliano A con il figulo Leonardo el ecchio mentre lavora al tornio a pedale foto famiglia Lasorella .

ig. 4

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chamotte

etnoarcheologia

ita quotidiana e ultura materi 11

Le metodologie analitiche solitamenteutilizzate per la caratterizzazione delleceramiche preistoriche sono molteplici ela selezione del metodo o, più spesso,dei metodi più adatti, è in strettarelazione con il tipo di dati sullecaratteristiche delle materie primeutilizzate e sulle tecniche di preparazionedegli impasti e di cottura dei vasi, che siaspetta di poter ottenere dalle stesseanalisi.L’analisi petrografica su sezione sottileal microscopio ottico (MO) a lucepolarizzata trasmessa, che utilizza leproprietà ottiche dei minerali, consentel’identificazione delle diverse speciemineralogiche costituenti lo scheletro, lostudio dei caratteri strutturali delcampione e l’analisi di particolari aspettitecnologici.L’analisi mineralogica per diffrattometria

di raggi su polveri (P RD), che sfruttale proprietà dei piani cristallini deiminerali, consente di identificare iminerali argillosi presenti nella matrice, agranulometria molto fine ( 2 m), e letrasformazioni delle fasi cristallinegeneratesi durante la cottura deimanufatti.Le analisi chimiche consentono lamisurazione quantitativamentedettagliata degli elementi chimicipresenti all’interno dell’intero corpoceramico, spesso altamente significativinel discriminare diverse aree diproduzione. Le metodologie, distinte peril tipo di radiazione utilizzata, sidifferenziano in rapporto agli elementida dosare e al grado di precisione dellamisura: molto utilizzate sono l’analisi perfluorescenza di raggi ( RF) el’attivazione neutronica (NAA).

2 • Le metodologie di analisi archeometrica della ceramica

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archeologia sperimentale

mdale

ig. 5 Il figulo ito Romito rifinisce alcuni tegami nell’atrio della bottega Lasorella di Rutigliano A sistemati su assi di legno durante la prima fase di essiccazione foto famigliaLasorella .

ig. 5

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ita quotidiana e ultura materi 11

ig. 6 La cottura nella fornace della bottegaLasorella di Rutigliano A : il fuoco viene alimentato dal figulo ito Lasorella a getto uasi continuo con cortecce di mandorle foto famiglia Lasorella .

ig. 6

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mdale

a tessitura nel Neoliti o

a conservazione

Il filo

Bibliografia • Per ulteriori approfondimenti,si pu consultare il volume Te tiles:intrecci e tessuti dalla preistoria europea,a cura di M. Bazzanella, A. Mayr, L. Moser,A. Rast-Eicher, Esperia, Trento 2003. Unasintesi con ampia bibliografia è l’articolo diM. Bazzanella, La tessitura nel Neolitico, inSettemila anni fa il primo pane. Ambientee culture delle società neolitiche, a cura diA. Pessina, G. Muscio, Museo friulano distoria naturale, Udine 1999, pp. 193-204.Tra i testi recenti in lingua straniera, sipossono utilmente consultare: E. J. W.Barber, Prehistoric te tiles, PrincetonUniversity Press, Oxford 1990, e A. Seiler-Baldinger, Systematik der Te tilenTechniken, Ethnologisches Seminar derUniversit t und Museum f r V lkerkunde,Basel 1991.

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ita quotidiana e ultura materi 1

a tessitura

ig. 1 ig. 2

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mdale

ig. 1 uso e fusaiola.ig. 2 Pesi in argilla.ig. 3 elaio verticale a pesi.ig. 4 Lastra mesopotamica in terracotta:

utilizzo del telaio a tensione.

ig. 3 ig. 4

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’abbigliamento

ita quotidiana e ultura materi 1

ig. 5 enere neolitica suplacca ossea Riparo aban

rento .ig. 6 Statua stele

femminile Arco rentino .

ig. 5 ig. 6

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mdale

Il libroIl libro è una pellicola filamentosa situatatra il legno e la corteccia dell’albero (fig.1.1); si asporta solitamente in primavera,nel momento di maggior presenza di linfanella pianta, strappandolo dal tronco dopol’asportazione della corteccia. Tramitemacerazione, per immersione in acqua, siseparava quindi la fibra dalla parte legnosa.Il libro più utilizzato in preistoria è statoquello tratto dal tiglio.

Il linoIl lino coltivato (Linum usitatissimum L ) èuna pianta a ciclo annuale con fusti robusti efoglie sottili, alta da 30 cm a un metro (fig.1.2). I semi sono ovali, piatti, di coloremarrone rossiccio e lucidi. La fibra si ricavadagli steli della pianta. Per ottenere la filacciaè necessario che avvenga la decomposizionedella pectina (la sostanza che connette lefibre con le altre cellule del fusto), di solitotramite macerazione in acqua o lasciando lepiante all’aperto su terreno umido. Battitura,gramolatura, scotolatura e pettinatura sono leoperazioni che permettono di spaccare lacorteccia dello stelo e di separare le impuritàlegnose della fibra. Gli strumenti utilizzati aquesto scopo erano pettini di costole in osso,raggruppamenti di spine o microliti.Le più antiche testimonianze di lino coltivato(semi e capsule) provengono dai siti neolitici

preceramici della Mezzaluna Fertile. I piùantichi reperti tessili in lino per l’Europaoccidentale provengono dall’abitatoperilacustre della Marmotta (AnguillaraSabazia, Roma), datato tra il 5480 e il 5260a.C. La documentazione di reperti tessili inlino si generalizza poi tra il Neolitico e l’età delBronzo e proviene dalla maggior parte degliabitati di ambiente umido dell’arco alpino.

La lanaLa lana è una fibra tessile ottenutaprincipalmente dal vello degli ovini. Rispettoalle fibre vegetali offre un alto grado diprotezione dalle intemperie, ottimi risultatinelle tinture e una notevole facilità difilatura. Il processo di ottenimento dellafibra di lana comprende la tosatura, lalavatura e la cardatura, che serve ad aprirele fibre sino a renderle parallele. Allo scopo,durante i tempi antichi, sono stati utilizzati s

emplici raggruppamenti di spine o ancheveri e propri strumenti simili agli scardassidelle società rurali: si forma così unaspecie di nastro soffice che tramite leoperazioni di filatura viene sottoposto atorsione per formare il filo.Il primo ovino domestico comparso inEuropa fu vis aries palustris, esemplaresimile al progenitore selvatico, il mufloneorientale, caratterizzato da un pelo irsutoscarsamente utilizzabile per la produzionedella lana. Furono poi delle selezionigenetiche a condurre alla comparsa dellerazze lanose.Il più antico tessuto in lana per l’Europaoccidentale è a tutt’oggi il frammento distoffa rinvenuto, all’interno di un fodero dipugnale in selce, nella palude diWiepenkanthen (Hannover, Germania)attribuito alla cultura della Ceramica acordicella (ca. 2400 a.C.).

1 • Le fibre tessili

ig. 1.1 strazione del libro.ig. 1.2 Pianta di lino.

ig. 1.1 ig. 1.2

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iamani e a alli olantii lessioni sull arte rupestre

Il passato è terra straniera le cose si fanno in un

altro modo, laggi .

L’età incerta

ita quotidiana e ultura materi

Bibliografia • Per una completa trattazionedel fenomeno degli SMC, vedi D. Lewis-Williams, The Mind in the Cave;Consciousness and the rigins of Art,Thames & Hudson, Londra 2004 (inpubblicazione da Einaudi), in cui vieneaccostata l’arte rupestre europea a quelladei San. Mantenendo come approccio ilmodello SMC, l’autore esplora l’universomentale e i livelli di coscienzanell’espressione materiale graffita emonumentale del Neolitico mediorientaleed europeo in Inside the Neolithic Mind,Thames & Hudson, Londra 2005 (in coll.con D. Pearce). I temi dell’origine dei segnirupestri, con accenni alla teoria SMC, e lacultura e l’ecologia dei San sono affrontatiin alcuni capitoli di A. Salza, Atlante dellepopolazioni, Utet, Torino 1997. Il lettoreinteressato a pubblicazioni in linguaitaliana sull’arte preistorica africana, puconsultare: L’arte e l’ambiente del Saharapreistorico: dati e interpretazioni, a cura diG. Calegari, vol. VI, f. II, Memorie dellaSISN e del Museo Civico di StoriaNaturale, Milano 1993; F. Mori, Le grandiciviltà del Sahara antico, BollatiBoringhieri, Torino 2000; U. Sansoni, Le piantiche pitture del Sahara, Jaca Book,Milano 1994. Sull’arte rupestre ingenerale, cfr. C. Chippindale e G. Nash, TheFigured Landscapes of Rock-Art,Cambridge University Press, Cambridge2004.

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atto

omo sapiens

omo neanderthalensis omo erectus

atto

omo sapiens omo floresiensis

atto omo sapiens

atto

eduzione atti La mente nella caverna omo sapiens

mdale

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Paleolitico e o Neolitico

land-art

ita quotidiana e ultura materi 1

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Nota di campo Aac al Spits, a ovest di Ghanzi, deser-

to del alahari, Bots ana, luglio.

ung

trance

ia satori

mdale

ig. 1 Localit di Lon ana monti ambergSudafrica. anza di trance e cura di unmalato da parte di un gruppo di oscimaninotare la tipica steatopigia . Le frecce

avvelenate sono lo strumento che glisciamani indicano simbolicamente comeportatore di malattia . L’impostazione deicorpi e la raffigurazione stessa sonoparagonabili all’illustrazione 2 da

o tested mages a cura di . owson .Lewis illiams itwatersrand niversitPress ohannesburg 1994 .

ig. 1

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lemento etnografico

ia

Note di campo Depressione del Murdi ’ N ’ E deserto del Sahara,Ciad, marzo .

ia

lemento etnografico

clic

e

eduzione Note di campo A e lementi etnografici e

trance,

ita quotidiana e ultura materi 1

ig. 2 Attivit sciamanica di cura in unapittura di un riparo sottoroccia in Ciaddepressione del urdi. isegno del riparovisto da Salza in Ciad.

ig. 2

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mdale

Esistono molte tecniche di datazioneapplicabili all’arte rupestre, ma nessunafornisce accettabili certezze.1) Iconografia: la soggettività della

percezione visiva escludel’attendibilità scientifica delleinterpretazioni delle immagini alieneda parte degli scienziati; nonnecessariamente false, ma nonconfutabili.

2) Stili e tecniche: come sopra, ilraggruppamento di immaginisecondo codici fissi (“stili”comparabili nel tempo per otteneredatazioni relative) si basa sulmodello di pensiero del ricercatore,così come la ricostruzione ditecniche; l’archeologia sperimentaleè utile, ma non vincolante perdatazioni relative.

3) Scavo archeologico e prossimità:sono rari i casi in cui le pitture sisiano conservate in depositiarcheologici; si è cercato di correlarei pigmenti con i minerali circostanti,ma ossidi e idrossidi si alteranochimicamente anche nel colore; laconservazione dei petroglifi èmaggiore, ma i depositi non sonodirettamente collegabili alleimmagini.

4) Patine e trasformazioni ambientali:entrambi i processi sono altamentevariabili, in quanto dipendono dapetrografia, clima, topografia,ambiente chimico, ecc.; icambiamenti temporali a riguardonon sono quantificabili, anche sequalche risultato si sta ottenendoanalizzando i microrganismi che sinutrono di cationi nei solchi delleincisioni insieme a processi di riciclodi materiali di accrescimento.

5) Sovrapposizione di immagini: perquanto utile per datazioni relative (inanalogia con la stratigrafiageologica), il metodo è difficile,soprattutto per i petroglifi;nanostratigrafie di pitture successivehanno avuto discreti risultati inAustralia, con anche 44 strati dipittura sovrapposti.

6) Analisi al radiocarbonio di accrezioniminerali: tale datazione, possibile incircostanze eccezionali, offre risultatitroppo incerti con le tecniche attuali.

7) Analisi al radiocarbonio di inclusioninelle accrezioni: le inclusionicontengono polline, spore emicrorganismi; altre derivano daalghe o funghi sulle superfici (meglioconservate nelle regioni aride); le

variazioni ambientali locali possonoper alterare considerevolmentel’attendibilità delle datazioni.

8) Lichenometria: basato sullamisurazione della crescita dei licheni,il metodo è preciso solo per gli ultimicinquecento anni, anche seconsiderato praticabile fino ai 9. 000anni fa; il fatto esclude buona partedell’arte rupestre, soprattutto inambienti privi di licheni; il metodo èper altamente affidabile e nonintrusivo.

9) Analisi di microerosioni: il metodo sibasa sul fatto che, dopo che agentiatmosferici o antropici hanno creatouna nuova superficie rocciosa, iprocessi climatici lasciano traccemisurabili; i tempi di talitrasformazioni, per , sono altamentedipendenti dalle condizioni locali.

10) Termoluminescenza: come nel casoaffidabile delle ceramiche, il metodoper emissione di fotoni post-riscaldamento potrebbe forniredatazioni affidabili, ma è invasivo epoco calibrabile in situ.

Per ulteriori informazioni, vedi il sito internethttp://mc2.vicnet.net.au/home/date/web/index.html

1 • La datazione dell’arte rupestre

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cenario

clic

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mdale

Gli stati modificati di coscienza (SMC)possono essere indotti da: ingestione disostanze psicotrope (allucinogeni);ipnagogia; esperienze pre-morte; ritmoe danza intensivi; esperienza uditiva(musica, canto, battito di mani,percussioni); stimolazione elettrica, lucestroboscopica o intermittente (fuoco);fatica; fame; deprivazione sensoriale;dolore estremo; concentrazione emeditazione; emicrania; epilessiatemporanea; schizofrenia o altrepatologie cerebrali.L’esperienza SMC passa attraverso trestadi e un intermezzo (fig. 3):1) endottiche: la chimica del cervello

produce segni luminosi (griglie,linee parallele, puntini luminosi,zigzag, onde, filigrane, spirali); talisegni sono presenti in tutte leprovince dell’arte rupestre, con

maggiore o minore frequenza;2) construali: il cervello organizza le

endottiche assemblandole in formemeno geometriche, collegandolealle esperienze delle diversepopolazioni (“uomini-fiammifero”con gambe a zigzag, giraffereticolate, teste a puntini); anchequeste forme sono riconoscibilinelle varie epoche e luoghi dell’arterupestre;

3) intermezzo: si ha l’esperienza dientrare in un vortice (spirale) con lasensazione di annegamento; laspirale connette più di ogni altrosegno il Paleolitico al Neolitico;

4) allucinazioni iconiche: all’uscita dalvortice endottiche e construali sielaborano in immagini percepitecome “reali”, collegate alla culturadi riferimento.

2 • Gli stati modificati di coscienza

ig. 2.1 Raffigurazione di ci che si vede durante i tre stadi del modello percettivo S C per le popolazioni San del Sudafrica Coso delCentroamerica e del Paleolitico europeo e sahariano:stadio 1: endottichestadio 2: construalistadio 3: allucinazioni iconiche costruite a partire dalle endotticheda . Lewis illiams . awson mages of Po er Southern oo s ohannesburg 1989 .

ig. 2.1

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164164

Il Neolitico. Alle

origini della civiltà 1

La nascita dell’agricoltura. Aree, tipologie,modelli 1

Armi, acciaio e malattie. Breve storiadel mondo negli ultimi tredicimila anni

1

Storia d’Europa. 2, Preistoria e

antichità 1 1

Nascita delle divinità e nascita dell’agricoltura. Larivoluzione dei simboli nel Neolitico

1

Mesopotamia. L’invenzione

dello Stato. VII-III millennio 1

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Archeologia del Neolitico. L’Italia tra VI e IVmillennio

Glialbori dell’agricoltura. Origine ed evoluzione finoagli Etruschi ed Italici 1

Storia dell’agricoltura italiana

L’età antica. 1. Preistoria

Dizionario di Preistoria 1 1 1

Culture, vita quotidiana, metodologie

Giacimenti, abitati e necropoli, monumenti

Enciclopedia

archeologica

EuropaAmeriche/Oceania Africa Asia

Archeologia Teorie metodi pratica

Dizionario di archeologia

165

md

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1

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Nella presente ricerca relativa ad alcuni tipi divideogiochi, che si trovano comunemente sulmercato, si analizza il potenziale educativodi cui essi dispongono per un insegnamentodella storia secondo una prospettiva educati-va non formale, che li trasforma in laboratorisociali in cui vengono riprodotti e possono es-sere verificati gli scenari, le circostanze e lesituazioni che incidono sui processi storici. Anostro avviso i videogiochi contengono un in-treccio di componenti educative e ludiche chepossono essere sfruttate per migliorare i pro-cessi di insegnamento-apprendimento, cre-ando proposte didattiche più coinvolgenti esignificative.

Gli studi realizzati sui videogiochi e sul ruoloeducativo e sociale che essi possono svolge-re nel modo attuale sono ormai numerosi.1 Inquesti ultimi tempi il dibattito sull’uso deigiochi informatici per bambini e adolescentiè stato particolarmente acceso. Molte pubbli-cazioni hanno demonizzato questo tipo digiochi, che a loro avviso riproducono buonaparte di quei valori negativi che imperano

Storiae videogiochi.Un’analisididattica

nella nostra società e nei quali riscontranoelementi di asocialità e di estrema violenzanonché di sessismo.2 Anche noi riteniamoche sia necessario controllare la qualità deigiochi da proporre ai giovani, allo stesso mo-do dei programmi televisivi o di determinatepubblicazioni, sia attraverso il web sia in for-mati tradizionali, e che naturalmente debbaesserne evitato l’uso abusivo.Ciò nonostante si assiste al tempo stesso al-la comparsa di una serie di studi secondo iquali i videogiochi non sono così negativi co-me si credeva all’inizio, e in cui si dà risaltoad alcuni aspetti che possono rivelarsi piutto-sto positivi. Johnson3 (2005), ad esempio, af-ferma che i videogiochi sviluppano le capa-cità cognitive come la deduzione, il riconosci-mento di modelli visivi, la gerarchizzazionedelle priorità e la presa rapida di decisioni.D’altro canto, continua a stupire il fatto che icontenuti sociali siano diventati uno degliambiti più richiesti nel complesso mercatodei videogiochi, soprattutto quelli che hannocome ambientazione referenti di natura stori-ca ed è curioso che essi vengano accettatiquando la maggior parte degli studenti, du-rante le normali ore di lezione, tende invecea rifiutare contenuti relativi a tali tematiche.È probabile che questa contraddizione sia do-vuta in larga misura alla maggiore motivazio-ne che il semplice uso del computer provocanegli alunni; al fatto di usare una tecnologiaadeguata ai tempi in cui essi vivono; alla con-cretezza di alcuni aspetti che senza il soste-gno dei ricorsi informatici sono tremenda-mente astratti e che offrono a loro volta unadinamicità e capacità d’interazione con glieventi storico-sociali che altrimenti non sa-rebbe possibile ottenere; e, infine, alla fon-damentale componente ludica che riesce arealizzare il tanto aspirato obiettivo di svilup-pare conoscenze e al tempo stesso divertire.4

In genere, i videogiochi di carattere storico si

1. J. Raessens, J. Gol-

dstein (ed.), Handbook of

Computer Games Studies,

MIT Press, Cambridge

2005.

2. M. E. del Moral, Video-

juegos, juegos de rol, si-

muladores, «Cuadernos de

Pedagogía» 246, 1996, pp.

84-88.

3. S. Johnson, Everything

bad is good for you: how

popular culture is making

us smarter, Penguin US,

2005.

4. E. Champion, Playing

with a Career in Ruins: ga-

me design and virtual heri-

tage, in P. González i L. Pu-

jol (ed.), Aprendre en el ci-

berspai: nous mitjans per

a la interpretació i la didàc-

tica del patrimoni, Univer-

sità Autonoma di Barcello-

na, Barcellona 2006, pp.

45-61.

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munduslaboratorioconcentrano su un periodo determinato op-pure su periodi diversi, rendendo possibile inalcuni casi una simulazione del processo del-l’evoluzione storica, componente che li ren-de molto più complessi e stimolanti, sia sulpiano ludico che educativo. Gli elementi pa-trimoniali, eminentemente di taglio monu-mentale, sono quelli che determinano la cor-nice storica e fissano le chiavi per identifica-re e differenziare i diversi periodi storici incui si collocano i giocatori. Essi assumono ingenere il ruolo di governanti, per guidare unaciviltà nel corso del tempo, o quello di investi-gatori, allo scopo di risolvere enigmi o que-stioni in una determinata cornice storica. Perquesto, durante lo svolgimento del gioco ènecessario usare, leggere e interpretare stru-menti diversi e materiali di tipo storico-socia-le, come carte geografiche, grafici, immagi-ni, linee temporali, ecc., fondamentali per lasoluzione del gioco.

A partire dall’analisi di trenta videogiochiscelti a caso tra quelli abitualmente sul mer-cato, abbiamo stabilito una classificazione infunzione delle loro caratteristiche e del ruolo,più o meno rilevante, che in essi hanno i con-tenuti storici, che vanno da referenze crono-logiche parziali e poco significative per losvolgimento del gioco a casi in cui fatti e con-tenuti storici hanno un’importanza cruciale.

L In primo luogo esistono giochi che usano lastoria in modo aneddotico. In genere in que-sti casi si utilizzano le caratteristiche stori-che del periodo medievale o classico comesemplici illustrazioni – che destano nel pub-blico maggiore curiosità – unitamente a con-tenuti mitici, fantastici o magici. Esempi conqueste caratteristiche sono Odyssey: The Se-arch for Ulysses (Cryo), TZAR (Hamimont Ga-

mes), Ghotic (JoWood Productions) o Princeof Persia (Ubisoft).

L In altri giochi la storia appare come semplicescenario in cui si svolge l’avventura narrata.Normalmente vengono rappresentati eventistorici particolarmente significativi, comeguerre o battaglie, che attraverso delle simu-lazioni possono avere come risultato quellodi offrire alternative alla realtà. Questi giochisono simili a quelli che abbiamo definito nelgruppo precedente: anche in questo caso in-fatti la componente avventurosa predominasu quella temporale, pur avendo una basestorica reale di cui gli altri sono privi. Ne so-no un esempio Rome. Caesar’s will (Montpar-nasse Multimedia) o Imperium (HaemimontGames) ambientati nell’antichità classica e,soprattutto, quelli ambientati nella Secondaguerra mondiale come Combat Flight Simula-tor (Microsoft), 12 O’clock High (Tal on Soft) ePanzer General (Strategic Simulation), oppu-re nel periodo della «guerra fredda» comeThe Day After (Planeta DeAgostini). In questicasi il contesto del gioco, le sue caratteristi-che generali o l’ambientazione possiedonoun certo rigore storico, ma lo svolgimento enaturalmente il finale si allontanano dagli av-venimenti storici reali in base alle capacitàstrategiche di ciascun giocatore o delle sueabilità, ad esempio, nel pilotare un aereo oguidare un carro armato.

L Sul mercato esistono anche altri giochi neiquali la storia funge da asse portante, anchese ovviamente con qualche licenza. Vi si pro-pongono una serie di incognite o enigmi, ca-ratteristici del periodo storico cui si fa riferi-mento, che il giocatore deve chiarire e risol-vere nel corso del gioco. Rientrano in questacategoria Egypt. The Heliopolis Prophecy

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1 Storia e videogiochi. Un’analisi didattica

168

(Cryo), Ankh (Bhv), Paris 1313. Le disparude Notre-Dame (Réunion des Musées Natio-naux), Aztec. The sacred amulet (Cryo), neiquali il patrimonio mantiene un ruolo impor-tante per contestualizzare storicamente ilgioco.In questo stesso gruppo potremmo includerei giochi di carattere puramente educativo,quali Frankie el explorador (Knowledge Ad-venture) e La máquina del tiempo del peque-ño aventurero (Planeta DeAgostini), prodottiin Spagna per gli alunni che frequentano laScuola dell’infanzia e le Scuole elementari, incui il giocatore deve cercare – attraverso unamacchina del tempo e seguendo diverse piste– determinati personaggi o oggetti che com-paiono nel corso della storia. Nel primo caso,la ricerca di personaggi che si sono perdutinel tempo induce i giocatori, per individuar-li, a seguire vari percorsi attraverso diverseciviltà storiche (Egitto, Cina, Sudamerica,ecc.). Nel secondo caso, il tema centrale con-siste nel localizzare diversi elementi storici,seguendo un itinerario temporale attraversoculture e periodi differenti, dall’Egitto fino alXX secolo (passando per la Grecia classica,l’Impero romano, la Cina imperiale, l’Europamedievale, l’Impero Inca e la Rivoluzione in-dustriale). E una volta che sia stata percorsal’intera rotta storica delle civiltà presentate esiano state realizzate le diverse attività pro-poste, bisognerà trovare anche un personag-gio sequestrato nel tempo.Tra quelli prodotti per l’Istruzione seconda-ria possiamo invece segnalare Iter-Itineris,5

gioco di domande e risposte reperibile sulportale educativo Educalia (Fundación LaCaixa). Ambientato nel XIV secolo, il giococonsiste nel seguire i passi di una famiglianel suo pellegrinaggio da Brujas fino a Santia-go de Compostela.6 In questo caso, per proce-dere nel gioco è imprescindibile la ricercad’informazione attraverso i collegamenti e gli

ipertesti proposti.Questo tipo di giochi affronta contenuti con-cernenti aspetti temporali, cambiamenti e di-versità culturali. I più tipici consistono – comesi è accennato – nella risoluzione di un enig-ma storico o nella ricerca, nel corso della sto-ria, di personaggi ed elementi, di maggiore ominore rilevanza, per cui si ricorre a una mac-china del tempo virtuale in cui i giocatori, periniziare il gioco, devono scegliere una deter-minata cronologia o una determinata civiltà.Mediante il procedimento di ricerca si pre-sentano le caratteristiche socioculturali dellesocietà del passato e al contempo si affron-tano contenuti di carattere metodologico at-traverso lo svolgimento di vari tipi di attività(costruzione di una piramide, puzzle, ricercad’informazione, ecc.), anche se la presenzadei contenuti attitudinali è piuttosto aneddo-tica e non viene in nessun caso resa esplicita.In questo senso la finalità dei giochi è emi-nentemente culturale: non si prefiggono in-fatti l’acquisizione di conoscenze o esperien-ze pratiche da trasferire nella vita quotidia-na, anche se in qualche caso è possibile svi-luppare abilità di lavoro intellettuale se taleobiettivo è contemplato. È prevista anche unavisione interdisciplinare mediante attivitàche collegano i contenuti propriamente sto-rici con altri di carattere geografico (orienta-mento spaziale, uso della bussola, collocazio-ne geografica delle civiltà presentate, ecc.).7

L Nella categoria dei giochi di carattere stori-co rientrano anche quei giochi che propon-gono simultaneamente una pluralità di varia-bili comprendenti aspetti geografici, storici,economici, politici e urbanistici, che offronouna visione integrale delle società e che rap-presentano molto probabilmente l’esempiopiù riuscito di simulatori storici, grazie allepossibilità tecnologiche e virtuali offerte dal-

5. http: //euroaventura.

educared. net/

6. J. M. Cuenca, Iter-itine-

ris: un ejemplo de juego

on line para el aprendizaje

de la historia, «Iber. Didác-

tica de las Ciencias Socia-

les, Geografia e Historia»

41, 2004, pp. 68-76.

7. J. M. Cuenca, M. Ferre-

ras, Los juegos informáti-

cos de simulación en la en-

señanza de las Ciencias So-

ciales y Experimentales, in

A. Méndez-Vilas et alii

(ed.), Current Development

in Technology-Assisted

Education, Formatex, Ba-

dajoz 2006, pp. 1624-1629.

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169

le risorse informatiche. Possiamo segnalare,ad esempio, le varie versioni di The Settlers(Blue Byte), Caesar (Sierra), Patrician e PortRoyale (Ascaron Entertainment) o Total War(Electronic Arts), che sviluppano diverse pro-poste basate sulla civiltà romana, sul periodomedievale europeo, sulla colonizzazione ame-ricana e il lontano Oriente. Attraverso questigiochi si simulano eventi e processi storici incui il giocatore, partendo da alcuni dati e fat-ti reali su cui viene data la dovuta informa-zione, assume il più delle volte il ruolo di go-vernatore e in base alla propria perizia e aipropri interessi svilupperà diverse alternati-ve storiche.

L Un elemento aggiuntivo, che dal nostro pun-to di vista rende questo tipo di giochi anco-ra più interessante, lo troviamo nei casi incui viene rappresentato il processo dell’evo-luzione storica di diverse culture o civiltà,che in genere si verifica a partire dal conse-guimento di una serie di condizionamenti edi variabili.Possiamo citare al riguardo Age of empires(Microsoft), Civilization (Infogames) o Empi-re Barth (Sierra) come gli esempi più riusciti,forse per l’ampia diversità di variabili che viinteragiscono e il cui interesse didattico è sta-to oggetto di vari studi.8 L’evoluzione storicatracciata in questi giochi inizia dalla relazio-ne uomo/uomo e uomo/ambiente, in ciò cheriguarda le forme di contatto interculturali elo sfruttamento delle risorse naturali, conside-rata il punto di partenza per lo sviluppo diqualsiasi società ed elemento basilare delconflitto tra le diverse civiltà rappresentate.Così, il processo evolutivo può partire dall’Etàdella pietra e arrivare a periodi storici piùavanzati, all’attualità e persino proiettarsi nelfuturo. Ogni periodo è rappresentato con lecaratteristiche che lo identificano, in funzione

ml

ción educativa» 80, 1999,

pp. 22-24; S. Gómez, Pla-

ying with the past: the ro-

le of digital games in how

we understand History, in

A. Méndez-Vilas et alii

(ed.), Current Develop-

ment in Technology-Assi-

sted Education, Formatex,

Badajoz 2006, pp. 1635-

1639.

8. J. M. Cuenca, Los jue-

gos de simulación informá-

ticos como recurso para la

enseñanza de la historia.

Análisis de caso: Age of

empires, «Aula de innova-

Sopra, la schermata iniziale di Iter-Itineris sul

sito euroaventura.educared.net. Sotto, una

recente espansione inserisce i popoli del

continente asiatico nell’ultima versione di Age

of Empires della Microsoft.

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1 Storia e videogiochi. Un’analisi didattica

170

della cultura specifica e del periodo storico incui ci veniamo a trovare.In questi giochi possiamo segnalare l’impli-cazione di contenuti socioculturali fondamen-tali come l’evoluzione sociale e tecnologica,la diversità di civiltà in base alle diverse ca-ratteristiche culturali (attraverso la rappre-sentazione di una molteplicità di elementi pa-trimoniali), i mutamenti e la stabilità, le rela-zioni commerciali e politiche. Ma nel loro im-pianto riscontriamo anche alcuni problemi difondo, in particolare riguardanti aspetti ana-cronistici, fattori di carattere magico o fittizioche possono determinare il risultato del gio-co, la tendenza a concluderlo attraverso ilconflitto bellico o il ruolo secondario o pratica-mente inesistente della donna.

L

In tutti i processi di simulazione sviluppatinei giochi di carattere storico-artistico che ab-biamo commentato c’è un modello comune:l’uso del patrimonio come fattore che facilitala contestualizzazione storica, culturale e spa-ziale del gioco e che permette lo sviluppo diuna virtualità realistica che lo rende moltopiù affascinante.Così, molti di questi giochi presentano il pa-trimonio come cornice delle avventure che visi svolgono. È il caso dei giochi più stretta-mente avventurosi, nella maggior parte deiquali il periodo storico scelto non ha nessunaimportanza reale: vale a dire che se si sosti-tuisce un periodo storico con un altro il gioconon subisce alterazioni significative. Abbia-mo già commentato alcuni di questi giochi(Gothic, Prince of Persia, ecc.) in cui vengonorealizzate simulazioni di castelli e di edificimedievali o palazzi islamici, ad esempio, chefungono da semplice cornice in cui si svolgeil gioco stesso. Come già detto, in questi ca-si il rigore storico e patrimoniale è conside-

rato una componente secondaria. Infatti, an-che se possiedono le caratteristiche generalidi un determinato stile artistico, gli edificipresentati sono frutto dell’invenzione e nonrispondono a nessuna realtà specifica.Un uso del patrimonio simile a quello dei ca-si presentati lo ritroviamo nei giochi che de-finiamo “polizieschi”. Anch’essi in generevengono situati in contesti edilizi virtuali, co-me avviene in Paris 1313 o in Iter-Itineris incui i referenti storico-patrimoniali sono moltopiù concreti e realistici, essendo presentatedelle simulazioni virtuali molto più rigorose.In altri giochi invece il patrimonio ha un’im-portanza maggiore, soprattutto in quelli incui si propone un’evoluzione storica. In que-sti casi i referenti patrimoniali servono a ca-ratterizzare e identificare i diversi periodi ele diverse culture cui si fa riferimento nel cor-so del gioco. In questo modo il patrimonio di-venta un aspetto cruciale per la sua realizza-zione.Gli elementi patrimoniali più evidenti rappre-sentati in questo tipo di giochi sono general-mente di carattere edilizio. La tipologia degliedifici cambia a seconda della cultura e del-l’epoca. In questo caso valgono gli esempi giàcitati di Age of Empires o di Empire Earth.Nel caso di quest’ultimo, si parte dall’Età del-la pietra, caratterizzata dall’esistenza di ca-panne e fattorie molto rudimentali, e si arrivaal futuro, passando per un totale di quattordi-ci periodi storici identificabili attraverso le ca-ratteristiche dei diversi edifici che possonoessere costruiti e/o modificati in qualsiasicontesto culturale.Questa evoluzione storica è determinata an-che da altri elementi patrimoniali. Così comegli edifici, i cittadini stessi, i soldati e tutti ipersonaggi rappresentati nei giochi indicanoe caratterizzano il periodo storico e il contestoculturale simulato attraverso l’abbigliamen-to usato, che va dalle semplici vesti di pelli

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alle tipiche tuniche e corazze dell’antichitàclassica o ai vestiti dell’epoca moderna finoad arrivare a quelli più complessi e futuristi.Questa evoluzione viene plasmata anche dal-le caratteristiche del patrimonio scientifico-tecnologico di ogni singolo periodo o ambitoculturale. Alcuni degli elementi più rilevantiche rendono possibile l’evoluzione storica inquesti giochi risiedono nella scoperta e nel-l’applicazione di conoscenze e tecnologie gra-zie alle quali si permette o si facilita il pas-saggio da un periodo a quello successivo.Possiamo citare come esempi lo sviluppo deitelai, della fucina, della lavorazione del legnoper imbarcazioni, o l’evoluzioni dei diversiveicoli, navi e aerei. È interessante rifletteresull’importanza che gli stessi ideatori dei gio-chi hanno attribuito a tali referenti culturali,inserendo la scoperta della tecnologia comeuno dei fattori da valorizzare per la vittorianel gioco, insieme, ad esempio, al predomi-nio economico e commerciale, al territorioesplorato o al potere militare.In altri casi risaltano elementi monumentaliabitualmente classici, come il Colosseo, le pi-ramidi, le grandi cattedrali e i templi, asso-ciati normalmente alle culture che li hannoedificati. Tali elementi vengono definiti come«meraviglie», essendo la loro costruzioneconsiderata una condizione importante perla vittoria. Questi edifici di carattere monu-mentale sono le rappresentazioni più signifi-cative del patrimonio e dei tratti che caratte-rizzano le diverse culture, nonostante in al-cuni giochi essi siano usati in modo aleato-rio, indipendentemente dalla cultura o dal pe-riodo storico in cui ci troviamo.

A conclusione di questa nostra analisi, rite-niamo che i videogiochi possano risultare di-datticamente interessanti per affrontare edelaborare conoscenze di carattere storico-so-

ciale e che, nel caso specifico del patrimonio,possano offrire un approccio contestualizza-to, stimolante e dinamico ai referenti cultu-rali. Gli alunni, in questo modo, potranno en-trare in contatto con aspetti sociali e cultura-li di civiltà di cui altrimenti sarebbe difficilesentir parlare,9 grazie a un apprendimentoche si realizza partendo da ambiti educativinon formali, che favoriscono una conoscenzamolto più stimolante di quella che si può offri-re in classe.Dobbiamo tener conto del fatto che, nono-stante siano in continuo aumento i videogio-chi educativi in cui si affrontano contenuti dicarattere sociale, essi dispongono di una quo-ta di mercato molto ridotta rispetto ai giochicreati unicamente con finalità ludiche e com-merciali. I giochi educativi presentano il pro-cesso d’apprendimento di contenuti specificiattraverso proposte che in genere si sono ri-velate stimolanti. Tuttavia, essi non possonoassolutamente competere con i videogiochiche abbiamo definito ludico-commerciali inquegli aspetti che riguardano il loro disegno,indubbiamente accattivante, le ricostruzionigrafiche, gli effetti sonori, i mezzi di commer-cializzazione, la capacità di comunicazionecon gli altri giocatori e, soprattutto, il loro po-tenziale livello di interazione con la storiastessa, essenzialmente per i fondi di cui di-spongono. A ciò bisogna aggiungere che al-cuni di questi giochi contengono informazio-ni storico-sociali, e, proponendosi un certo ri-gore nella contestualizzazione durante il per-corso del gioco, riescono ad offrire una mini-ma base scientifico-culturale, anche se in al-cuni casi scarsamente corretta.D’altro canto, è evidente che il ricorso a talimezzi nell’attività educativa debba esseremolto cauto di fronte alla grande quantità digiochi i cui contenuti sono chiaramente ina-deguati all’età dei destinatari, sia per gliaspetti negativi che essi possono trasmette-

ml

9. J. Santacana, Del table-

ro al ordenador. Simulación

y estrategia en primaria,

«Aula de innovación edu-

cativa» 80, 1999, pp. 13-16.

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1 Storia e videogiochi. Un’analisi didattica

172

re (violenza, settarismo, xenofobia, discrimi-nazione, ecc.) sia per la carenza di rigore chea volte si riscontra nell’informazione che vie-ne data. Per questo motivo, nel caso di un lo-ro uso didattico in ambiti educativi formali,assumono una rilevanza fondamentale il pro-cesso di selezione del gioco, la riflessione el’analisi sulla scelta dei contenuti sui quali silavorerà nell’aula così come sulle modalità direalizzazione delle diverse unità. Su tutti que-sti aspetti abbiamo già riflettuto in un lavoroprecedente.10

È evidente che l’uso di questi giochi in clas-se non è privo di difficoltà. È necessario di-sporre di una serie di risorse informaticheche rendano possibile la loro applicazione eal tempo stesso contare su alunni interessa-ti a partecipare a una proposta didattica cheli possa facilmente motivare per lavorare sucontenuti di taglio storico. In questo senso,tali giochi possono essere proposti come sti-molo agli inizi del processo di insegnamento-apprendimento, o meglio, per ricavare unacorretta informazione socioculturale duran-te il suo svolgimento. Infine, potrebbero es-sere utilizzati come sintetizzatori degli ap-prendimenti ricavati attraverso l’applicazio-ne pratica, virtualmente simulata, dei pro-cessi socialmente rilevanti avvenuti in unacultura passata o presente. In questo modol’attività che gli insegnanti devono svolgereè molto più complessa: si riduce il loro prota-gonismo in favore degli alunni e degli stessimezzi utilizzati con il rischio di un calo delcontrollo disciplinare della classe; la prepara-zione delle unità è meno definita poiché pos-sono apparire variabili non previste; è ne-cessario che i giochi siano conosciuti perfet-tamente e che abbiano un collegamento coni contenuti specifici della proposta educativache si sta svolgendo in quel momento spe-cifico e nelle fasi successive. Inoltre, è altret-tanto importante che non si perda il signifi-

cato didattico delle unità, affinché la compo-nente ludica dei giochi funga da stimolo e di-namizzi l’apprendimento ma non diventi ilfine dell’attività.D’altro canto, abbiamo già fatto riferimentoalla gran quantità di contenuti sui quali sipotrebbe lavorare: dai concetti relativi altempo, alla cronologia o alla storia, così co-me a quelli relativi ai procedimenti di orien-tamento temporale e spaziale o agli atteg-giamenti connessi con i valori di caratterestorico, tra cui quelli relativi al patrimonio eall’identità, che generalmente sono moltopiù vicini alla cultura occidentale. In questosenso è interessante il lavoro di Esnaola11

che contiene i risultati di uno studio sul-l’identità sociale e personale trasmessa daivideogiochi.Insieme al sostegno che i giochi informaticidi simulazione forniscono per facilitare lacomprensione dei processi storico-sociali, ab-biamo verificato che essi possono servire an-che per sviluppare, in generale, la conoscen-za delle diverse culture, e in particolare deidiversi referenti patrimoniali che le caratte-rizzano. In questo senso, l’inclusione del pa-trimonio in questi giochi è un elemento digrande rilevanza, in quanto si configura co-me il fattore chiave per la determinazionedell’evoluzione storica e culturale.In questa linea, la trasmissione dell’impor-tanza del ruolo che assume il patrimonio nel-la comprensione storica, nel cambiamentosociale e nell’identità culturale, promuove,oltre alla conoscenza specifica dei fattori pa-trimoniali di carattere monumentale, cono-scenze relative a patrimoni meno vistosi maugualmente importanti, come, ad esempio,il patrimonio scientifico-tecnologico. Allostesso modo, la rilevanza culturale dei refe-renti patrimoniali che emerge nella realizza-zione di questi giochi, implica un lavoro diprocedimenti associati al patrimonio come

10. J. M. Cuenca, Los jue-

gos informáticos de simula-

ción en la enseñanza y el

aprendizaje de las Ciencias

Sociales, «Iber. Didáctica de

las Ciencias Sociales, Geo-

grafía e Historia» 30, 2001,

pp. 69-81.

11. G. A. Esnaola, Claves

culturales en la construc-

ción del conocimiento.

¿Qué enseñan los videojue-

gos?, Alfagrama, Buenos

Aires 2006.

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fonte di conoscenze storico-sociali, e al suovalore sociale. Un aspetto di grande interes-se educativo per potenziare la conservazionee il rispetto nei confronti di tali referenti e,attraverso di essi, nei confronti delle diversesocietà sia attuali che passate.

� E. Champion, Playing with a Career in Ruins: ga-

me design and virtual heritage, in P. González i L.Pujol (ed.), Aprendre en el ciberspai: nous mitjansper a la interpretació i la didàctica del patrimoni,Università Autonoma di Barcellona, Barcellona2006, pp. 45-61.

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� J. M. Cuenca, Iter-itineris: un ejemplo de juego on li-ne para el aprendizaje de la historia, «Iber. Didácti-ca de las Ciencias Sociales, Geografia e Historia»,41, 2004, pp. 68-76.

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� J. Santacana, Del tablero al ordenador. Simulación yestrategia en primaria, «Aula de innovación educa-tiva», 80, 1999, pp. 13-16.

Dodici insegnanti di storia, palestinesi eisraeliani, scrivono un libro di storia del Nove-cento, a due voci. Sperimentano un sistemadi collaborazione, di confronto e di scrittura,e verificano l’uso di questo “doppio racconto”nelle scuole palestinese e israeliana.

Solitamente si pensa di risolvere uno spino-so conflitto ricorrendo ad una narrazione-ponte tra le due parti. Il conflitto israelo-pa-lestinese è caratterizzato da una dupliceasimmetria, una a livello pratico, della qualesi sente parlare più spesso, dove Israele pos-siede più potere militare, politico ed econo-mico e l’altra a livello psicologico, meno trat-tata nella letteratura, nella quale gli israelia-ni hanno il timore di restare isolati nel Me-dioriente musulmano.Nel tentativo di risolvere questa doppia asim-metria, il progetto del PRIME seguì una dire-zione diversa: rinunciare all’idea di una nar-razione-ponte ed educare le parti in conflittoad un duplice approccio narrativo, imparandoa rispettare e a convivere con il racconto del-l’altro, come un “buon divorzio” che le parti

Conosceree studiare i rispettiviracconti storicisecondoil progetto del PRIME*

ml

*Istituto di Ricercaper la Pace nelMedioriente

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2 Conoscere e studiare i rispettivi racconti storici secondo il progetto del PRIME

richiedono, pur sforzandosi di ottenere unarisoluzione basata su due stati.Nonostante i limiti e i punti deboli, gli Accor-di di Oslo del 1993 rappresentano un eventoimportante nella storia del conflitto e della ri-conciliazione tra Israele e Palestina.L’accordo per tentare di risolvere il conflitto,pur calato dall’alto, è il primo accordo di pacefirmato dai leader di entrambe le fazioni, e hadato vita a speranze per un futuro migliore.Molti palestinesi accolsero con gioia, entu-siasmo e grandi aspettative la notizia: gentedi ogni età si riversò per le strade con canti e

balli, stringendo rami di ulivo e offrendo dol-ci ai soldati israeliani che si accingevano adabbandonare i loro territori.Anche gli israeliani erano in ugual modo pie-ni di speranza poiché venivano finalmente ri-conosciuti dal Movimento di Liberazione del-la Palestina all’interno dei confini del 1967.L’accordo permise la nascita di molte orga-nizzazioni per la pace, israeliane e palestine-si: esse hanno lavorato sia in maniera con-giunta, sia separatamente, a livello locale, uti-lizzando un approccio dal basso verso l’alto,per attenuare le conseguenze del conflitto. Il

L’Istituto di Ricerca per laPace in Medioriente(PRIME) è unaorganizzazione nongovernativa e no-profitfondata nel 1998 cheriunisce israeliani epalestinesi. Un gruppo diintellettuali, palestinesi

ed israeliani, con l’aiuto dell’Istituto di Ricerca per laPace di Francoforte si riunì per costruire comprensione,fiducia e tolleranza tra i loro popoli attraverso unacooperazione basata su una uguaglianza a tutti i livelli ein tutti i procedimenti: pensare, progettare, realizzare,valutare. Molti tra i fondatori dell’Istituto erano giàcoinvolti in forme di cooperazione a livello individuale:adesso si cercava di formalizzare e di istituzionalizzarequesto tipo di impegno. Il principale obiettivo dell’Istitutoè di promuovere convivenza e pace attraverso larealizzazione di attività e di ricerche che impegninoentrambe le parti. L’Istituto si propone di:

� costruire una base intellettuale per la pace; � influenzare l’agenda pubblica in Israele e in Palestina; � suggerire proposte per superare gli ostacoli per la

costruzione della pace; �analizzare le problematiche a lungo termine a livello

regionale;� sviluppare una generazione di leader impegnati a

costruire convivenza pacifica e cooperazione; � contribuire al consolidamento della società civile; � servire da punto di riferimento per attività di

cooperazione;� incoraggiare attività accademiche collettive tra i

membri.

La tenacia e l’impegno dell’Istituto sono evidenti dalmodo in cui i suoi progetti procedono pur tra le tensionipolitiche e militari che periodicamente interrompono ilprocesso di pace e si riflettono nella scelta della parità intutte le sue attività e nei suoi due presidenti, nei suoi duedirettori e nel comitato esecutivo comune. La linguaconcordata dal PRIME è l’inglese, utilizzato durante gliincontri, per le relazioni e per le documentazioni.Dal 1998 l’Istituto organizza progetti di ricerca congiunti,incontri, workshop e conferenze durante i qualiinsegnanti palestinesi e israeliani, in egual numero,studenti, professori, esperti e partecipanti provenienti datutto il mondo hanno lavorato fianco a fianco.I progetti di ricerca congiunti sono stati realizzati consuccesso. Tutti gli incontri hanno avuto luogo nella regione: ipartecipanti hanno condiviso l’alloggio, per socializzare e percondividere con gli altri storie personali e professionali. Sononate strette amicizie tra le due parti: l’impegno individualeper la realizzazione dei compiti e per il raggiungimento degliobiettivi dell’Istituto è aumentato e il coinvolgimento neiprogetti dell’Istituto ha rafforzato nei partecipanti la speranzae la convinzione per un futuro migliore.

PRIME: Istituto di Ricerca per la Pace in Medioriente

174

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175

periodo che intercorre tra il 1993 e il 2000 èstato considerato da molti come il periododella speranza. Ne è testimonianza il fattoche centinaia di persone, palestinesi e israe-liane, presero parte a progetti.Ma testimoniò anche la stagnazione del pro-cesso di pace a livello politico. Gli approccibottom up (dall’alto) e top down (dal basso)furono sincronizzati bene dando prova del fal-limento dello stesso processo di pace e dellento sfinimento dell’Accordo dopo l’ottobredel 2000. La seguente sezione descrive alcu-ne delle attività educative di uno dei gruppiche si servono dell’approccio bottom up, os-sia il PRIME, l’Istituto per la Ricerca per la pa-ce in Medioriente. Il PRIME è una organizza-zione non governativa e non a scopo di lucro,fondata nel 1998. Le sue linee di sviluppo e isuoi principi sono delineati nella scheda.

Lo scoppio dell’Intifada palestinese Al-Aqsa(la seconda Intifada), nell’ottobre del 2000,costituì un punto di svolta per la storia e perl’attività dell’Istituto. La situazione tra israe-liani e palestinesi andò ulteriormente peggio-rando, tanto che gli incontri tra le due partidiventarono pericolosi e quasi impossibili.Molti palestinesi trovarono difficoltà a vedereil valore della cooperazione mentre i Territo-ri dell’Autorità nazionale palestinese (i Terri-tori occupati) venivano messi sotto assedio enuovamente occupati attraverso incursioni dibreve e lunga durata, mentre venivano intro-dotti centinaia di posti di blocco militari israe-liani e barriere che limitavano la circolazionein Palestina, mentre le case dei palestinesivenivano distrutte, i loro alberi sradicati, men-tre venivano commessi omicidi e assassini.Dal punto di vista di Israele, gli attacchi con-tro i civili da parte dei kamikaze palestinesisuscitavano paura e sdegno. Il rafforzamentodei partiti di destra, soprattutto dopo l’assas-sinio di Rabin, portò alla vittoria politica del

Likud (il Partito della destra sionista).Lo staff dell’Istituto discusse la possibilità dicontinuare a lavorare, sebbene le condizionifossero estremamente difficili e decise di coo-perare quanto più fosse possibile. Ma non erafacile: piani e programmi dovevano esseremodificati per dirigere l’attenzione sui pro-cessi piuttosto che sulle conseguenze; tempoed energie vennero dedicate alla ricerca diluoghi accessibili per gli incontri e per ottene-re permessi per i membri palestinesi. Era ne-cessario evitare un pubblico troppo numero-so e l’attenzione dei media.Le nostre aspettative da immediate si trasfor-marono in aspettative a lungo termine. Di-ventò di gran lunga più semplice organizza-re incontri al di fuori della regione. Ma rima-se ugualmente difficile per i due direttori delPRIME incontrarsi durante il primo anno del-l’Intifada. Gli incontri faccia a faccia erano dif-ficoltosi: le comunicazioni avvenivano per viatelefonica e per posta elettronica.Molti incontri per scambiarsi materiale, peroffrirsi sostegno reciproco e per discuterebrevemente sui progetti si tenevano ai postidi blocco. Per molte organizzazioni israelo-palestinesi fu la fine della loro attività: centi-naia di progetti di cooperazione si fermaro-no, altri invece furono rimandati finché la si-tuazione non fosse migliorata. PRIME fu unadelle organizzazioni che decise di andareavanti (di continuare), con frustrazione, di-sperazione e impotenza ma con la possibilitàdi agire in qualche modo, attraverso i suoiprogetti, per la pace e la giustizia.Di quali progetti si trattava?I due progetti più importanti1 andarono avan-ti. Il primo si focalizzava sulla raccolta di sto-ria orale dei membri di entrambe le società:l’obiettivo era quello di sviluppare un data-base del conflitto con le testimonianze forni-te dalle famiglie, attraverso interviste filmate,per creare un vero e proprio museo dell’orali-

ml

1. Si tratta di progetti fi-

nanziati dalle sovvenzioni

previste dagli accordi Wye

River, dall’Ambasciata sta-

tunitense di Tel Aviv, dal

Consolato degli Stati Uni-

ti di Gerusalemme Est con

l’appoggio della American

University di Washington,

della Fondazione Ford,

dell’Unione Europea e del

Georg-Eckert-Institut di

Braunschweig (Germania).

Il Georg-Eckert-Institut è

stato fondato negli Anni

’50 con lo scopo di analiz-

zare i manuali scolastici

tedeschi, francesi e polac-

chi: l’Istituto ha inoltre

supportato il meeting te-

nutosi nell’Agosto 2004.

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2 Conoscere e studiare i rispettivi racconti storici secondo il progetto del PRIME

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tà. Centinaia di rifugiati palestinesi del 1948e di immigrati ebrei israeliani furono intervi-stati e furono prodotti ben 3 film-documenta-rio: Haifa nella memoria, Le voci silenziosedi Haifa e Beit Jubreen, Revadim 1948-2000:rifugiati palestinesi ed ebrei israeliani ascol-tano le loro rispettive storie. Beit Jubreen èun villaggio palestinese, ora all’interno delterritorio israeliano: i suoi abitanti palestine-si furono espulsi nel 1948 e adesso vivono neicampi rifugiati Al-Azah e Al-Dehaishah neldistretto di Betlemme. Revadim è un kibbutzisraeliano nella regione di Beit Jubreen natodopo il 1948.Il secondo progetto, “Conoscere e studiare lerispettive narrazioni storiche: Palestina edIsraele”, è l’argomento principale della sezio-ne che segue.

In questo progetto, dodici insegnanti di storiapalestinesi e israeliani hanno lavorato insie-me sotto la guida e la supervisione di due sto-rici, il professor Eyal Naveh dell’Università diTel Aviv e il professor Adrian Masallam del-l’Università di Betlemme. Gli obiettivi che ilprogetto si proponeva erano i seguenti:� far conoscere agli studenti i rispettivi rac-

conti storici, quello palestinese e quelloisraeliano;

� istruire i docenti (palestinesi e israeliani)su come insegnare ai loro alunni entrambii racconti storici;

� dar vita ad una guida per insegnanti.

Il progetto non mira a mettere in discussio-ne o a cambiare le differenti narrazioni stori-che e neppure a creare un punto di incontrobasato sulla narrazione-ponte. Pone sempli-cemente l’attenzione di entrambe le parti sulfatto che esiste un altro racconto storico (co-sì come esiste il loro). Essi dovrebbero impa-

rare a rispettare e a comprendere il raccontodell’altro anche se non sono pienamente d’ac-cordo con tutti i suoi contenuti. Quando glistudenti studiano la storia in tempo di guer-ra, imparano generalmente solo la propriaparte di storia che, naturalmente, viene con-siderata l’unica e sola versione legittima,escludendo categoricamente il racconto del-l’altra parte. Spesso l’insegnamento della sto-ria può sembrare dottrinario e pensato pergiustificare il proprio punto di vista e tale dapresentare gli altri negativamente. Moltospesso l’eroe di una parte diventa il mostrodell’altra. Molti studi, come ad esempio lalunga serie di ricerche condotte dal Georg-Eckert-Institut a Braunschweig sui libri di te-sto scolastici, hanno dimostrato che i manua-li stessi si soffermano solitamente sul conflit-to tra le parti, sulle perdite e la sofferenzaumana, trascurando i periodi di pace e di con-vivenza tra le due parti. Gli insegnanti sonoinvestiti del ruolo di emissari culturali dellanazione: essi sono tenuti a mettere in risaltola bontà della propria società e il “male” del-l’altro. Gli insegnanti vengono formati per in-segnare la propria storia, per difenderla e le-gittimarla e assicurarsi che gli alunni la ac-cettino.Di solito i manuali di storia negano l’esisten-za di qualsiasi racconto storico che divergeda quelle che sono le ragioni della propria na-zione. E nel caso vengano presentati altri rac-conti (storici) è con il solo obiettivo di dimo-strare le colpe degli altri e giustificare la pro-pria nazione. Ruth Firer dell’Università ebrai-ca e Sami Adwan (uno degli autori di questoarticolo) hanno analizzato come i manualiscolastici di storia ed educazione civica di en-trambe le parti presentano il conflitto israelo-palestinese. Una delle più importanti scoper-te è stata quella di riscontrare che entrambi imanuali trattavano solo il proprio raccontostorico.2 Non tener conto o addirittura nega-

2. S. Adwan, R. Firer,

The Narrative of Palesti-

nian Refugees During the

War of 1948 in Israeli and

Palestinian History and

Civic Education Textbo-

oks, UNESCO, Paris 1997;

S. Adwan, R. Firer, The

Narrative of the 1967 war

in the Israeli and Palesti-

nian History and Civics

Textbooks and Curricula

Statement, Eckert Institu-

te, Braunschwieg 1999;

R. Firer, S. Adwan, The

Israeli-Palestinian Con-

flict in History and Civic

textbooks of Both Na-

tions, Verlag Hahnsche

Buchhandlung, Hannover

2004.

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re l’esistenza stessa dell’altrui racconto stori-co contribuisce al persistere dell’odio e deglistereotipi negativi, che a loro volta fomenta-no il conflitto, rendendo più difficile una solu-zione pacifica. Imparare a rispettare l’altroracconto potrebbe servire ad attenuare il con-flitto, a creare comprensione e ad offrire nuo-ve possibilità di apertura e di convivenza. Al-lontanandosi dall’idea di storia come inchie-sta per aprirsi allo studio dei racconti storici,si deve imparare ad affrontare le emozioni, ein primo luogo quelle negative, nei confrontidel racconto storico dell’altro e quelle positi-ve che sono connesse naturalmente alla pro-pria storia nazionale. Gli insegnanti sono iprincipali protagonisti dell’educazione: essihanno una enorme influenza sulla formazio-ne di atteggiamenti, valori e modelli dei pro-pri alunni; essi sono i principali promotori diun potenziale cambiamento. Il loro è un ruo-lo critico se pensato in relazione al cambia-mento e allo sviluppo e al ruolo di costrutto-ri di pace. Proprio per questo motivo ci con-centriamo sul ruolo che gli insegnanti dovreb-bero essere in grado di ricoprire nell’ambitodel progetto.Veniva richiesto loro di scrivere il raccontostorico sul quale gli alunni avrebbero in se-guito lavorato. Ciò sarebbe servito a sviluppa-re un senso di appartenenza, a garantire ilproprio impegno in tale processo e a dimo-strare il risultato attraverso un prodotto fina-le. Dovevano essere in grado di potenziare leproprie abilità di scrittura e il loro approcciodidattico in relazione al modo di affrontare inclasse le narrazioni storiche di ambo le parti.Potrebbe trattarsi di un vero e proprio pro-gramma di crescita professionale nonché diun vero e proprio progetto da inserire nel cur-ricolo.

Gli insegnanti sono stati reclutati dalle duecomunità seguendo procedimenti distinti.

Ogni “parte” selezionava, tra quelli del 9° e10° grado, sei insegnanti di storia, tre uomi-ni e tre donne, provenienti da diversi tipi discuole. La padronanza della lingua ingleseha costituito un fondamentale criterio di sele-zione, così come la loro volontà, il loro impe-gno e la motivazione a lavorare con i membridell’altra comunità. Sono stati scelti studentidel 9° e 10° grado (alunni di età compresa tra15 e 16 anni) provenienti da scuole diverse,per studiare i due differenti racconti storici,dal momento che essi avevano già studiatoun po’ di storia ed avevano in qualche modosviluppato un proprio approccio allo studio.Due anni dopo essi sarebbero andati all’Uni-versità oppure a lavorare (nel caso dei palesti-nesi) o al servizio militare (nel caso di Israele).Il nostro lavoro, come quello dei docenti, ve-niva svolto in inglese, cosa che creava delledifficoltà agli insegnanti stessi, per cui quan-do era davvero necessario, ci si serviva disporadiche traduzioni in arabo o in ebraico.Il racconto storico di Israele venne primascritto in ebraico, così come quello della Pale-

mlUna sessione di lavoro degli insegnanti ebrei

e palestinesi.

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2 Conoscere e studiare i rispettivi racconti storici secondo il progetto del PRIME

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stina in arabo: entrambi i racconti venivanopoi tradotti nella lingua dell’altro e infine ininglese. La maggior parte degli incontri con idocenti avevano la durata di due giorni, ecce-zion fatta per quattro incontri tenutisi all’este-ro, uno in Turchia ed i restanti in Germania,presso il Georg-Eckert-Institut a Braun-schweig, ciascuno della durata di una setti-mana. Alcuni incontri della durata di duegiorni si tennero a Gerusalemmme e furonoorganizzati ad intervalli non regolari (più omeno ogni tre mesi) poiché dipendenti dal-l’ottenimento di permessi per entrare nellacittà da parte del team palestinese: due di lo-ro non avrebbero più ottenuto tali permessi.Altri incontri si tennero presso la Scuola Tali-tha Kumi a Biet Jala: due insegnanti israelia-ni non poterono più partecipare a questi in-contri poiché, per motivi di sicurezza, le lorofamiglie non erano d’accordo.La prima riunione iniziò con una lunga ses-sione di apertura durante la quale gli inse-gnanti avrebbero avuto modo di conoscersi:essi si presentarono, spiegarono i significatidei propri nomi, parlarono degli avvenimentipiù importanti della loro vita e descrissero illoro background accademico e professionale.Le riunioni successive si aprirono prevalente-mente nello stesso modo, con un momentoiniziale nel quale i docenti condividevano sto-rie personali, sociali e professionali e discute-vano su quanto era loro accaduto dall’ultimoincontro. Tra gennaio 2001 e giugno 2007 sisono tenute ben 28 riunioni di questo tipo. Gliinsegnanti hanno lavorato in entrambi i grup-pi, quello della propria nazione e quello bina-zionale, per tutto il tempo del progetto.Piccoli gruppi binazionali lavoravano su dateprecise e furono in seguito invitati a riferire atutti sui dibattiti, i progressi e le difficoltà in-contrate relative alle questioni principali. Unadifficoltà tipica era quella che gli insegnantinon avrebbero utilizzato nelle loro classi le

espressioni e gli argomenti utilizzati dall’altraparte. I docenti di entrambe le parti avrebbe-ro allora negoziato su come “ammorbidire”il testo senza però abbandonare la loro pro-spettiva personale. Di tanto in tanto venivanoinvitati esperti locali ed internazionali a te-nere conferenze o a mettere in atto simula-zioni con gli insegnanti. Gli incontri termina-vano sempre con una sessione per pianifica-re i passi seguenti, i programmi, le date e iluoghi delle riunioni successive. Durante il lo-ro primo incontro, gli insegnanti furono divi-si in tre gruppi misti da quattro, con duemembri di ciascuna parte. Ad ogni gruppo fuchiesto di selezionare gli avvenimenti chesentivano come i più significativi nella lorostoria e ciascun gruppo scelse tra i dieci e idodici avvenimenti. Fu chiesto loro di spie-gare il perché tali eventi fossero così rilevan-ti e di metterli in ordine di importanza. Ognigruppo doveva scegliere un evento sul qualecominciare a lavorare. Il primo gruppo scel-se la Dichiarazione Balfour, il secondo la guer-ra del 1948, il terzo l’Intifada del 1987, tre av-venimenti che rappresentano tre momenti di-versi del conflitto. Ciascuna coppia iniziò ascrivere il racconto storico dell’evento scelto.In seguito incontrò la coppia dell’altra parteche aveva parallelamente trattato lo stessoevento. Essi avrebbero dovuto discutere ininglese, spiegando e rispondendo alle reci-proche domande. I racconti, poi, sarebberostati tradotti sia in ebraico che in arabo, perfare in modo che i docenti leggessero il rac-conto dell’altro nella propria lingua, per po-terlo commentare. Le due diverse narrazionidei tre eventi furono infine pubblicate in unprimo fascicolo, fianco a fianco, con uno spa-zio vuoto tra le due, dove gli studenti avreb-bero annotato i propri commenti. A livelloconcettuale, la presenza di uno spazio vuotoera molto significativa, poiché rappresenta-va l’incapacità di sovrapporre i due racconti.

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Gli insegnanti sperimentarono il fascicolo coni propri studenti del 9° e 10° grado. Il fascico-lo fu poi tradotto in inglese, francese, italianoe spagnolo e fu utilizzato in alcune scuole inFrancia, Italia e Spagna.I docenti utilizzarono lo stesso procedimen-to per lavorare ad una seconda serie di av-venimenti e periodi: gli anni Venti, gli anniTrenta e la guerra del 1967. Il secondo fa-scicolo che trattava i suddetti periodi fupubblicato in arabo e in ebraico nel lugliodel 2005. In seguito, il team lavorò alla du-plice narrazione degli anni Cinquanta, Set-

tanta e Novanta, pubblicata in un terzo fa-scicolo nei primi mesi del 2007. Ogni inse-gnante prese in esame il periodo sul qualeaveva lavorato, presentando alla classe ledue narrazioni. Tutti e tre i fascicoli sonoora raccolti in un unico volume, secondo unordine cronologico, che copre la maggiorparte della storia del XX secolo. La parte fi-nale riguarda la Dichiarazione Balfour, at-traversando gli anni Venti, gli anni Trenta,la guerra del 1948, quella del 1967, l’Intifa-da palestinese del 1987, fino ad arrivare aglianni Novanta.

mlNelle foto, una pagina interna del fascicolo, che

mostra lo spazio vuoto fra le due narrazioni, e le

copertine delle versioni in inglese, in ebraico e

in arabo.

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Nell’estate 2006, sette nuovi insegnanti fu-rono invitati ad unirsi ai lavori. Gli insegnan-ti che avevano già esperienza istruirono inuovi sul duplice approccio narrativo e ilcompito che fu loro dato fu quello di allarga-re, da entrambe le parti, la cerchia deglialunni ai quali presentare la duplice narra-zione storica. Il gruppo più numeroso di in-segnanti si dedicò alla creazione di una Gui-da per l’insegnante, sottoforma di un sitoweb interattivo, attraverso il quale scam-biarsi idee su come insegnare il duplice ap-proccio narrativo. Ne seguì una lunga di-scussione tra i gruppi: se sviluppare un’uni-ca guida per entrambe le parti o due guidedistinte, dal momento che la metodologia di-dattica nelle scuole palestinesi e israeliane ètotalmente differente. Alla fine i docenti siaccordarono per un’unica guida, all’internodella quale ciascuno di loro avrebbe potutopresentare le proprie idee ed esperienze inproposito. Il sito verrà redatto in ebraico, inarabo e in inglese al fine di soddisfare le esi-genze relative a ciascun gruppo, ma al con-tempo anche il bisogno condiviso di comuni-care l’un l’altro.

Al fine di portare avanti le dinamiche dei pro-cessi e di evitare qualsiasi controversia o po-lemica inutile, il gruppo ha elaborato una se-rie di norme e di regole procedurali.

1. Non interrompere chi parla per tutto il tem-

po che egli desidera parlare.2. Non mettere in discussione o negare il rac-

conto dell’altra parte.3. Non pretendere e non esercitare pressioni

sulle persone per modificare la loro narra-zione storica.

4. Evitare di utilizzare termini insensibili egesti inopportuni che possono offenderel’altra parte.

5. Si possono fare domande per avere chiari-menti su date, avvenimenti e persone.

6. Tutti devono partecipare alle riunioni ple-narie in maniera puntuale.

1. Il linguaggio utilizzato nel racconto dovrà

essere adeguato agli alunni.2. Ciascun racconto non dovrà superare le 15

pagine, comprese le carte geografiche e leillustrazioni.

3. Ogni narrazione dovrà includere un glos-sario che definisca i termini, i luoghi e lepersone.

4. Le narrazioni dovranno essere seguite dadomande o dilemmi, in modo tale da invi-tare gli alunni a pensare e a sviluppare pro-prie opinioni.

5. Tutte le informazioni citate dovranno es-sere documentate e complete delle lorofonti di riferimento.

Un paio di insegnanti palestinesi del proget-to non poterono continuarlo a causa di fatto-ri politici e logistici. Uno degli insegnanti pa-lestinesi è morto nell’agosto del 2002, duran-te il primo anno del progetto (era stato arre-stato e incarcerato nelle prigioni israelianepiù di venti volte). Un altro insegnante dissead un certo punto: «Non so chi sono. Da unaparte, sono qui, assieme ad insegnanti israe-liani a cercare di comprenderci l’un l’altro,ma solo due ore fa sono stato letteralmenteumiliato ad un check point delle milizie israe-liane». Un insegnate israeliano osservò:«Non mi sento al sicuro quando partecipo aqueste riunioni. Inoltre la mia famiglia è pre-occupata».Tuttavia l’impegno della maggior parte deidocenti crebbe sempre più e si intensificò du-rante i lavori del progetto. Un insegnanteisraeliano affermò: «Questo progetto è l’uni-

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ca cosa che mi ha dato speranza in questi ul-timi due anni». Allo stesso modo, un inse-gnante palestinese osservò: «Il presente pro-getto mi fa capire meglio sia me stesso chegli altri». Alcuni insegnanti hanno instauratotra loro forti legami personali e professionali.Un gruppetto di insegnanti israeliani, con lerispettive famiglie, ha fatto visita a un inse-gnante palestinese a Gerusalemme Est. Du-rante uno dei seminari, gli insegnanti israelia-ni chiesero a quelli palestinesi che fosse loromostrato il Muro nelle loro vicinanze e qualieffetti esso avesse sulla loro vita di tutti i gior-ni. Diversi insegnanti portarono con sé le pro-prie mogli e i propri bambini al seminarioestivo in Germania.L’esperienza degli insegnanti fu unica. Essiproponevano i racconti storici dell’“altra par-te” proprio durante i momenti più difficili delconflitto. La maggior parte di loro ha dovutoutilizzare particolari espedienti per introdur-re il fascicolo nelle proprie classi. Le tatticheimpiegate furono: dividere la classe in picco-li gruppi, tenere lezioni nel pomeriggio opresso le case degli stessi insegnanti. Alcunidocenti commentarono così: «È stata unaesperienza che mi ha arricchito, ma difficile».

Durante la stesura del secondo e del terzo fa-scicolo, era evidente il fatto che i docenti diambo le parti erano diventati più sensibili neiconfronti delle esigenze e dei bisogni dell’al-tra parte, ma erano comunque in grado di so-stenere gli elementi essenziali delle proprienarrazioni. Erano più disponibili ad ascoltareil punto di vista dell’altro e attenti nell’evita-re l’uso di termini offensivi che potessero re-car danno all’altra parte. Iniziarono ad aiutar-si a vicenda per la selezione dei materiali dainserire nelle loro narrazioni e a fornire risor-se per citazioni e documentazioni. Era evi-dente che erano più disponibili ad accettare,per determinati termini, più di una definizio-

ne. Per esempio: «I palestinesi “andaronovia/furono espulsi” nel 1948». Erano in gradodi prendere nota dei consigli e dei suggeri-menti formulati dagli insegnanti dell’altraparte su particolari avvenimenti e su personee poterono spiegare perché certi elementierano o non erano stati inseriti all’interno del-le proprie narrazioni. Si concordò che la lin-gua e il livello del secondo e del terzo fascico-lo fossero più adatti per gli alunni del 9° e del10° grado. Alcuni cambiamenti hanno biso-gno di tempi lunghi: per esempio, fu soltan-to durante il tredicesimo incontro, tenutosi inGermania, che un docente chiese all’altro:«Quando tratterò il 1950 dalla tua prospetti-va, quali elementi dovrò mettere in eviden-za?». Si tratta di una domanda fondamentalein questo processo, ma non avvenne primadi questo momento. Allo stesso tempo, i do-centi continuavano a contestare i contenutidi particolari eventi e a dibattere su questio-ni come la lunghezza dei racconti e le detta-gliate descrizioni visive di vicende dolorose.

L Gli insegnanti hanno riferito che i loro alunniponevano domande e reagivano in vari modi.Eccone alcuni esempi.

«È bello conoscere il racconto di quelli del-l’altra parte.»«Il nostro racconto è molto diverso dal loro.»«Mi chiedo come stiano reagendo gli alunnidell’altra parte al nostro racconto.»«È vero, ci sono differenze tra i nostri rispet-tivi racconti. Ma è anche vero che ci sonoanalogie.»«I loro docenti dovranno insegnare loro il no-stro racconto storico? Possiamo fidarci che lofaranno?»«I nostri sono fatti, la loro solo propaganda.»«È bene conoscere il loro racconto, ma il no-stro è quello vero.»

ml

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«Credi al loro racconto? Se non ci credi per-ché ci viene insegnato il loro racconto?»«Perché ci viene insegnato il loro raccontoproprio in questo momento, mentre la violen-za continua?»«Tutto questo fa parte del processo di nor-malizzazione (lasciando che l’occupazionecontinui)?»«Il loro racconto è molto “emozionale”, il no-stro più logico e reale.»«Adesso so perché il conflitto è così difficileda risolvere.»

L Le reazioni dei genitori riflettono le tensionidella situazione politica. Mentre alcuni geni-tori accolsero positivamente l’iniziativa, altridissero che non era ancora il momento di in-segnare certe cose ai propri figli.

Per quanto riguarda Israele, nel 2004 il Mini-stero dell’Educazione scrisse una lettera agliinsegnanti israeliani che facevano parte delprogetto (sulla base delle denunce dei genito-ri) nella quale veniva loro negata l’autorizza-zione ad utilizzare questi testi nelle loro scuo-le: «In questo momento, esporre ai nostrialunni il racconto dell’altra parte, li rende in-sicuri della loro storia». È stato vergognosoper me (Bar-On) che tale argomentazione fos-se stata utilizzata dal capo del comitato peda-gogico del Ministero. Potrei quasi affermareche l’obiettivo dell’educazione è mettere allaprova ipotesi e ridefinirle alla luce dei nuovimateriali didattici. Gli insegnanti continuaro-no comunque a portare avanti il progetto cer-cando i modi per aggirare le direttive del Mi-nistero.

Nel 2007, alcuni insegnanti palestinesi furo-no minacciati dai genitori islamici: «Se conti-nuano ad insegnare queste cose, saranno de-nunciati alle moschee».

Ci fu chiaro che, in futuro, avremmo dovutocoinvolgere nel progetto anche i genitori, inmodo tale da diventare essi stessi parte delprocesso educativo dei loro figli. In un modoo nell’altro, queste reazioni hanno dimostra-to l’effettivo successo della trasformazione alivello educativo contenuta nel progetto.A livello locale, abbiamo evitato di esporci ec-cessivamente ai media, in modo da non pre-giudicare le dinamiche del processo svilup-patesi tra gli insegnanti. Abbiamo cercato dilavorare “sotto il radar” dei Ministeri, in mo-do da poter continuare a portare avanti il no-stro lavoro senza troppi ostacoli.

Il progetto ha attirato l’attenzione dei mediadi tutto il mondo: numerosi giornali, riviste,trasmissioni radio e tv ne parlavano. L’opu-scolo è diventato un bestseller in Francia peralcune settimane dell’estate 2004 e il primofascicolo è stato utilizzato in diverse scuolein Francia, Italia e Spagna. Nel 2007 siamostati invitati come borsisti Fulbright dallaMonmouth University del New Jersey, rice-vendo una enorme attenzione da parte delpubblico, degli studenti, dei professori, da in-contri pubblici e privati e dai mezzi di infor-mazione.

Noi co-direttori del PRIME, insieme a storici einsegnanti fummo invitati a prendere partea workshop in Italia, Francia, Croazia, Spa-gna, Stati Uniti e Germania, per presentare ilprogetto e descrivere le esperienze e le sfideche avevamo dovuto affrontare. Molti studio-si, insegnanti e ricercatori hanno richiesto ilprimo fascicolo per poterlo utilizzare in clas-se o come base per le loro ricerche. Moltichiedevano il perché avessimo presentatodue narrazioni distinte invece che un’unicanarrazione-ponte. La nostra risposta fu che,dal momento che eravamo favorevoli ad una

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risoluzione che preveda due stati, in questomomento storico e politico del conflitto, en-trambe le parti avevano bisogno in primis dielaborare e presentare il proprio racconto se-paratamente, in modo da sentirsi sicuri e of-frire all’altra parte l’opportunità di rispettar-lo. È stata la prima volta che entrambe le par-ti sono state presentate nella narrazione sto-rica dell’altro in maniera così comprensiva eaperta: c’è voluto tempo per riesaminare ipropri racconti e riflettere.Abbiamo lasciato la costruzione di una narra-tiva-ponte ai singoli e alle due società del fu-turo. Siamo convinti che i nostri fascicoli el’esperienza finora acquisita possano rappre-sentare utili sforzi per costruire dal basso lapace, quando un accordo politico dall’altoporrà fine al conflitto e alla violenza e si cree-rà lo Stato palestinese al fianco di Israele.

Un membro dell’UNESCO commentando il fa-scicolo affermò: «Si tratta di un eccellenteesempio di studio della storia dell’altra parte,mai fatto finora con queste modalità».Un autorevole psicologo dello sviluppo ha as-serito: «I bambini hanno la capacità di com-prendere fin da piccoli più di un racconto. So-litamente, noi adulti perdiamo questa capaci-tà col passare del tempo».

Infine, non pretendiamo che la narrazioneisraeliana come quella palestinese rappresen-tino tutte le narrazioni israeliane o palestine-si. La sensazione è che i nostri opuscoli rap-presentino circa due terzi di ciascuna popola-zione. È chiaro che in entrambe le società esi-stono altri racconti storici meno completi emeno compatibili, che non sono stati rappre-sentati in questo progetto.

Il PRIME prevede di organizzare una confe-renza internazionale per presentare il proget-

to, l’esperienza e i consigli che può dare. Inol-tre, abbiamo intenzione di continuare a svi-luppare il sito web della guida per insegnan-ti, di acquisire esperienze in classi diverse,di continuare a condurre valutazioni sul pro-getto e in primo luogo valutazioni da partedegli insegnanti che possono visitare le reci-proche classi, e successivamente da parte divalutatori esterni, tramite interviste e que-stionari.

Gli insegnanti palestinesi ed israeliani han-no in programma di preparare più insegnan-ti allo sviluppo e all’uso del duplice approc-cio narrativo. Il PRIME è disposto anche apreparare insegnanti di altri paesi a questonuovo approccio. L’Istituto è pronto a condi-videre questa esperienza con altre organiz-zazioni, scuole ed università. Siamo inoltredisponibili in futuro a diventare parte di uncomitato di istruzione israeliano-palestinesedei due Ministeri. Quando sarà fattibile, essipotranno aiutarci a formare insegnanti e a re-visionare e migliorare i manuali in uso. Inquesto modo diventeranno agenti attivi nelprocesso di costruzione di pace.

Il PRIME è disposto a sostenere le iniziativeinternazionali, per fare in modo che il nostromateriale venga utilizzato a scuola per duepossibili motivi: insegnare il nostro conflittomediante il duplice approccio narrativo eaprire nuove possibilità all’insegnamento del-la storia locale sempre attraverso un dupliceapproccio narrativo.

L Il nostro progetto è un esempio di una riformadell’istruzione: i docenti diventano creatoridi conoscenza piuttosto che solo consumato-ri di essa. Essi devono diventare mediatoriper risolvere i problemi con gli insegnanti

ml

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provenienti dall’altra parte, dando corpo allaGuida per gli insegnanti attraverso un sitoweb interattivo, diventando anch’essi partedel team di valutazione. Gli insegnanti sonoeffettivamente gli agenti di cambiamento ela spina dorsale dell’intero processo.Non è facile essere coinvolti in un progettodi costruzione di pace quando il conflitto inquestione è ancora aperto e grondante san-gue: si tratta di un lavoro molto stressante.E chi ne è coinvolto potrebbe facilmente de-motivarsi e perdere la speranza: sono neces-sarie energie e capacità di sognare per anda-re avanti.La nostra esperienza ci suggerisce che, in cir-costanze analoghe, i promotori dei progettihanno bisogno di dar vita ad attività conti-nuamente tese ad infondere nuove energie ea motivare il team per garantire un continuoimpegno nel progetto.Abbiamo bisogno di flessibilità e di disponi-bilità per poter continuamente equilibrare inostri piani e le nostre procedure quando fun-zionano in determinati punti: per esempio,quando nel 2005 stavamo lavorando alla Gui-da per gli insegnanti, le differenze metodolo-giche erano diventate motivo di stress per idue gruppi tanto da dover rimandare quelloche stavamo facendo per continuare con lastesura delle narrazioni.I progressi di tali progetti non sono lineari.Non sempre il primo passo porta a quello suc-cessivo. Talvolta abbiamo dovuto fare passiindietro prima di poter andare avanti.Riteniamo che un metodo di lavoro critico siacostruire su ciò che si è raggiunto, anche so-lo minimamente, e concentrarsi sui processipiuttosto che sui risultati.Le nostre aspettative erano molto chiare maanche modeste. Invece di pensare a cosa spe-ravamo di ottenere, si rifletteva a lungo su co-me avremmo dovuto portare avanti le dina-miche dei processi che andavano via via svi-

luppandosi. I sentimenti del nostro team era-no molto importanti, in particolare le emozio-ni negative legate a paura e stress: la realtà disofferenza quotidiana e la violenza influivanosui partecipanti in misura maggiore rispettoalle nostre discussioni e alle nostre riunioni.Come responsabili del progetto, sentivamo didover agire in maniera sincera e corretta, met-tendo a punto un modello di cooperazione va-lido per tutti i membri del gruppo.

Le persone coinvolte in progetti come que-sto dovevano fare attenzione a non isolarsidalla loro comunità: a queste vorremmo con-sigliare di cercare di condividere le proprieesperienze con le persone intorno a loro ingrado di offrire sostegno. È facile che coloroche partecipano a progetti di questo genererimangano isolati. È bene ricevere il soste-gno ufficiale e l’approvazione, cosa sulla qua-le non si può sempre contare, ma allo stessotempo è importante non opporsi o cercare dicontrastare le autorità.Persone in possesso di un potere decisionalepotrebbero, come individui, offrire sostegno,ma non sempre si sentono in grado di farlo uf-ficialmente: tale sostegno potrebbe impiega-re molto più tempo del previsto per arrivare.Il ruolo dei media è paradossale. È probabileche aiuti a pubblicizzare il progetto e a darvita a supporti, apprezzamenti ed ad un sen-so di realizzazione. Può essere d’aiuto per sa-pere che altri riconoscono la devozione, il la-voro e le responsabilità assunte dai parteci-panti al progetto. Possono esserci consigli esuggerimenti, parole di comprensione ed in-coraggiamento.Tutto ciò potrebbe essere d’aiuto ai finanzia-menti per il progetto, mostrando ai sosteni-tori dove vanno i loro soldi e cercare nuovi fi-nanziamenti.

L’interesse dei media, però, può anche avere

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effetti seriamente negativi. Coloro che lavora-no al progetto potrebbero essere accusati diaver tradito la propria comunità e di aver rot-to il legame di fiducia che ad essa li lega, op-pure incolpati di troppa ingenuità o di pocaprofessionalità, di egoismo e interesse per-sonale. Le cronache dei media, presentatesenza il contesto di riferimento del progetto,tendono a enfatizzare i punti deboli, recandoin tal modo danno al progetto e mettendo imembri del gruppo nelle condizioni di molla-re tutto.Il team e lo stesso progetto sono divenuti fa-cili bersagli per coloro che hanno punti di vi-sta differenti.

In conclusione, la nostra esperienza ci inse-gna che coloro che partecipano a progetti si-mili al nostro possono affrontare tutta una se-rie di sfide (o una buona parte di esse) come:� i problemi legati alla lingua, in particolare

le rispettive lingue-madri, che possono nonessere conosciute da entrambe le parti;

� lo squilibrio tra le parti: Israele ha moltopiù potere militare, economico e politico ri-spetto ai palestinesi e c’è disparità nell’ac-cesso all’informazione e alle risorse. Il gra-do di sviluppo delle due parti potrebbe es-sere diseguale. C’è un altro squilibrio a li-vello psicologico, ossia che Israele apparetimoroso e insicuro all’interno di un MedioOriente prevalentemente musulmano;

� le differenze culturali: saranno diversi i co-stumi, le abitudini, i valori, il senso del tem-po, le questioni legate ai sessi. Per esem-pio, un gruppo potrebbe essere molto piùostile nei confronti dell’altro in determina-te circostanze;

� il dolore della realtà quotidiana e la capaci-tà di adeguarsi tra speranze e paure;

� le pressioni e le critiche da parte di fami-glie, colleghi e amici;

� la paura di non farcela dal momento che ri-

ml

sultati concreti richiedono molto tempo perdare i propri frutti;

� le difficoltà logistiche e finanziarie: ottene-re i finanziamenti, trovare i posti per le riu-nioni, far fronte alle difficoltà legate ai per-messi e agli spostamenti;

� il sospetto tra le parti e il continuo metterein dubbio la verità dell’altro;

� la paura che le informazioni condivise sia-no usate per altri, dannosi scopi.

� S. Adwan, D. Bar On, The Role of Non-Governmen-tal Organizations in Peace Building Between Pale-stinians and Israelis, PRIME, Beit Jala, Palestine2000.

� S. Adwan, D. Bar On, Victimhood and Beyond, PRI-ME, Beit Jala, Palestine 2001.S. Adwan, D. Bar On, Sharing each other’s Histori-cal narratives: Palestinians and Israelis [first boo-klet], PRIME, Beit Jala, Palestine 2002 [edito in ara-bo, ebraico, inglese, francese, spagnolo e italiano].

� S. Adwan, R. Firer, The Narrative of Palestinian Re-fugees During the War of 1948 in Israeli and Palesti-nian History and Civic Education Textbooks, UNE-SCO, Paris 1997.

� S. Adwan, R. Firer, The Narrative of the 1967 war inthe Israeli and Palestinian History and Civics Text-books and Curricula Statement, Eckert Institute,Braunschwieg 1999.

� J. Chaitin, F. Obeidi, S. Adwan, D. Bar On, The Ro-le of Palestinian and Israeli Environmental NGOs inPeace Building, PRIME, Beit Jala, Palestine 2004.

� R. Firer, S. Adwan, The Israeli-Palestinian Conflict inHistory and Civic textbooks of Both Nations, Ver-lag Hahnsche Buchhandlung, Hannover 2004.

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3

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Lo studio delle Scienze Sociali nell’IstruzioneSecondaria viene spesso considerato unosforzo del tutto inutile, un cumulo di attivitàdi tipo mnemonico senza profitto alcuno daparte degli alunni.

In questo articolo vengono esposte le ragioniche ci hanno portato a scegliere, come mate-riale didattico per la nostra attività, il testo Hi-stòria de l’altre. Israel i Palestina: un conflicte,dues mirades2 e vengono illustrate le modali-tà d’applicazione da noi utilizzate allo scopodi bloccare la tendenza all’inutilità di cui so-pra e ricavare dallo sforzo di tutti – educatori ediscenti – idee, conoscenze e valori applicabi-li alla realtà che ci circonda. Questa piacevoleesperienza è stata realizzata come attività pra-tica del corso Entendre el món en què vivim,oggetto di studio del primo anno del dottoratoin Didattica delle Scienze Sociali dell’Univer-sità di Barcellona (2005-2006).

La prima ragione è il tema di cui si parla:quello di un conflitto. E i conflitti sono impor-

La Storiadell’altro.Una pratica di ricercaeducativa

1

tanti quando si insegna una materia come leScienze Sociali. La conflittualità, vale a direl’incompatibilità degli obiettivi tra due o piùparti o fazioni, è un elemento fondamentaledel funzionamento delle società umane inogni loro articolazione, dai gruppi di amiciziaagli Stati – anche se non tutte lo affrontanonello stesso modo.3 La Història de l’altre esa-mina un caso di conflitto armato di lunga du-rata, quello fra israeliani e palestinesi, una si-tuazione in cui due fazioni contrapposte pen-sano di risolvere il motivo del loro conflittoattraverso l’uso della violenza.

La realtà evidenzia che questa non è certa-mente la formula migliore per risolvere i con-flitti. Dopo anni di scontri, infatti, i risultaticontinuano a essere negativi per entrambele parti, che si trovano a vivere la stessa si-tuazione di insicurezza, anche se evidente-mente non allo stesso modo.Se ci chiediamo perché le classi dirigenti del-le società umane scelgono la guerra in pre-senza di un conflitto, troveremo due motivifondamentali. Il primo, tipico della fazione piùforte, consiste nell’utilità dell’opzione armata:avvalendosi della propria forza, essa consi-dera più redditizio l’uso delle armi – creden-do così di realizzare tutti gli obiettivi che in-tende raggiungere – piuttosto che il ricorsoal dialogo e alla negoziazione, che la costrin-gerebbero a fare delle concessioni. Il secondomotivo, più comune nella fazione debole, sibasa sulla disperazione che deriva dall’espe-rienza: il più forte si rifiuta di giocare una car-ta diversa da quella della forza e così nel piùdebole si crea la convinzione che per lui nonci sia altra strada possibile.4 La realtà è che,in genere, l’uso della forza armata non risol-ve il problema né fa sparire il conflitto. Anzi,tende ad aggravarli e ne crea di nuovi.5

Eppure, siamo costretti con rammarico a ri-

1. A. Bastida è docente del

Dipartimento di Didattica

delle Scienze Sociali del-

l’Università di Barcellona

dal 1988; Santiago Lugo e

Miquel Rocasalbas sono

attualmente insegnanti,

nell’ambito dell’Istruzione

Secondaria, di Geografia e

Storia presso l’IES Reguis-

sol (Santa Maria de Palau-

tordera, in Catalogna).

2. Barcellona, IntermónOx-

farm, 2005 [da ora in avan-

ti: Història de l’altre. N. d.

R.]. Ne esiste una versione

in castigliano: Historia del

otro. Israel y Palestina: un

conflicto, dos miradas, pub-

blicata nello stesso anno

dalla stessa casa editrice.

3. Cfr. Adam Curle, Con-

flictividad y Pacificación,

ed. Herder, Barcellona

1978, cap. I; Paco Cascon,

Educar en y para el con-

flicto, Escola de Cultura de

Pau, Università Autonoma

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conoscere quanto poco originale sia nel mon-do attuale l’opzione favorevole all’uso dellearmi in caso di conflitto. A praticare infatti lacosiddetta cultura della violenza, secondo ladefinizione dell’ONU, sono molti Stati, in par-ticolare le grandi potenze mondiali. E se è ve-ro che le ultime valutazioni sulla situazionedei conflitti armati nel mondo fanno ben spe-rare per quanto attiene alla quantità, è altret-tanto vero che esse evidenziano l’esistenzadi numerosi elementi negativi quali l’incre-mento degli armamenti – in particolare delnucleare –, la previsione di un aumento delleguerre per le risorse naturali, ecc.6

In questo senso – e questa è la nostra secon-da ragione – il materiale di PRIME ci sembradi particolare interesse per tutte le scuole se-condarie, ovunque esse siano, perché, con lasua doppia versione dei fatti storici condivi-si dai due paesi in guerra, apre vie d’uscitapacifiche per il conflitto trattato. In effetti, laHistòria de l’altre mostra agli “spettatori”esterni al conflitto – della stessa età deglialunni palestinesi ed ebrei cui si rivolge quelquaderno di lavoro – una modalità di avvici-narsi alla realtà conflittuale che può esseregeneralizzata e quindi appresa e riutilizza-ta. Questo proprio perché in ogni tipo di con-flitto esiste più di una parte o fazione e ognu-na di queste parti o fazioni possiede una pro-pria versione della situazione problematicasu cui si basa il conflitto stesso.

Nei libri di testo per l’insegnamento della Sto-ria le tematiche legate ai conflitti – più o me-no armati – sono molto frequenti. Nella mag-gior parte dei casi però esse vengono propo-ste attraverso una sola interpretazione e que-sto non permette di interrogarsi sulle ragionidei vari contendenti, di mettere a confrontole loro posizioni, di analizzarle e comprender-le. Acquisire l’abitudine a interessarsi alla ver-

sione dell’ “altro” aiuta a comprendere in mo-do più completo i contesti del conflitto, sianoessi del passato che del presente. E, nel casose ne creino le condizioni, aiuta anche ad agi-re in modo positivo e pacifico: sapersi porrenell’ottica dell’ “altro” è elemento fondamen-tale per la gestione pacifica dei conflitti, che sirealizza attraverso il dialogo, la trattativa el’accordo.

Va detto, inoltre, che il conflitto israelo-pale-stinese viene vissuto dagli studenti dellaScuola Secondaria catalana come un evento aloro familiare, nonostante la distanza territo-riale e culturale che separa le due realtà. Inprimo luogo perché, pur trattandosi di unconflitto interno ai due Stati, vi partecipanonumerosi e importanti attori esterni. In effet-ti, le azioni più visibili del conflitto tra lo Sta-to d’Israele e il popolo palestinese si svolgo-no nel loro spazio ridotto,7 ma l’evoluzionedel conflitto risulterebbe incomprensibilesenza due elementi fondamentali: il primo ri-guarda la partecipazione economica e diplo-matica dell’Unione Europea, dei Paesi arabi edell’Iran e, soprattutto, degli Stati Uniti;8 ilsecondo – strettamente connesso con il primo– riguarda la zona di tensione in cui esso sisvolge, il Medio Oriente, da tempo considera-ta una delle zone “calde” del globo. Tutto ciòimplica una presenza mediatica costante chefavorisce la familiarità degli studenti con l’ar-gomento anche se al tempo stesso aumentale difficoltà di capire un tema che è una vera“storia” iniziata molti anni fa e, proprio perquesto, particolarmente complessa.

Bisogna inoltre tener conto delle gravi riper-cussioni che i successivi episodi del conflittohanno su arabi e musulmani, che vivono unsenso di umiliazione collettiva a seguito del-la situazione vissuta dai palestinesi, e che so-no emigrati anche in Catalogna. Non sono ra-

ml

di Barcellona, www. pan-

gea. org/unescopau.

4. Cfr. John Vasquez, The

war Puzzle, Cambridge

University Press, Cambrid-

ge 1997 (1993), cap. I; Dan

Smith, Trends and Causes

of Armed Conflict Tran-

sformation, www. ber-

ghof-center. org/handbo-

ok/Smith. 2000.

5. Cfr. Johan Galtung,

Tras la violencia, 3R: re-

construcción, reconcilia-

ción, resolución. Afrontan-

do los efectos visibles e in-

visibles de la guerra y la

violencia, Bakeaz/Gernica

gogoratuz, Bilbao 1998.

6. Cfr. Stockholm Interna-

tional Peace Research In-

stitute, Sipri Yearbook

2006, Oxford University

Press, 2007 e www. sipri.

org/; Human Security Cen-

tre, Human Security Re-

port, www. humansecuri-

tycentre. org/; Paul Ro-

gers, Oxford Research

Group, www. oxforddrese-

archgroup. org. uk/; Mi-

chael Klare, Guerra por los

recursos. El futuro escena-

rio del conflicto global, Ura-

no, Barcellona 2003; Bulle-

tin of the Atomic Scien-

tists, Nuclear Notebook, lu-

glio-agosto 2006: www.

thebulletin. org/article nn.

php? art ofn=ja06norriss

7. Vale a dire, il territorio

che de facto appartiene al-

lo Stato d’Israele nono-

stante i Territori Occupati

palestinesi non siano sta-

ti incorporati ufficialmen-

te dopo l’occupazione mi-

litare.

8. www. ifamericansknew.

org/

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3 La Storia dell’altro. Una pratica di ricerca educativa

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ri gli atti pubblici in favore della Palestina,come le manifestazioni in ricorrenze partico-lari, ed esistono pubblicazioni in cui emigran-ti d’origine palestinese spiegano la loro cultu-ra o la loro Storia.9

In sintesi, l’approccio adottato dal quadernodi lavoro che abbiamo commentato permet-te di presentare agli studenti della Catalo-gna – e di qualunque scuola europea – unesempio molto interessante di un conflittoarmato di lunga durata e contemporanea-mente di presentare gli elementi basilari chene possono rendere possibile una gestionepacifica. Esso permette, cioè, di imparare fat-ti, concetti, valori e procedimenti fondamen-tali per capire il mondo in cui viviamo e sulquale poter agire.

L

Per lavorare nelle nostre aule sulla Històriade l’altre abbiamo deciso di organizzare unagiornata monografica di dibattito sul conflit-to israelo-palestinese tra gli alunni dei due li-cei in cui allora lavoravamo. Il fatto che non cifossero rapporti tra i due istituti, nonostantela loro vicinanza, ci ha permesso di giocareuna carta molto interessante: ogni gruppoavrebbe lavorato su un’unica versione dei fat-ti storici oggetto di studio, senza sapere del-l’esistenza di un’altra versione e tantomenoche l’ “altro” ne fosse in possesso. Vale a di-re che mentre gli studenti di Storia del primoanno dello IES Reguissol (di Santa Maria dePalautordera) avevano la versione palestine-se, quelli di Geografia del secondo anno del-lo IES Manuel Blancafort (di La Garriga) ave-vano quella israeliana.

Volevamo che l’attività avesse una strutturaagile e amena, i cui ritmi fossero diversi daquelli abituali della classe. Il solo fatto di coin-

volgere due diversi istituti in una serie di di-battiti già significava per gli studenti una sfi-da nuova; e l’averla proposta come volontariali ha stimolati. Ci premeva che gli alunni co-noscessero determinati eventi storici e fos-sero in grado di esporli usando il dibattito co-me procedimento. D’altro canto, il contenutodella Història de l’altre ci permetteva di lavo-rare sull’educazione alla pace a partire dalladoppia prospettiva che il testo propone e chesuscita empatia, facilitando l’interpretazionedi una situazione di conflitto armato grave edi lunga durata attraverso la possibilità diporsi al posto delle due fazioni in conflitto.

La preparazione dell’attività ha richiesto duesettimane di lavoro e i due licei se ne sonooccupati separatamente. Sebbene la collabo-razione tra scuole sia poco praticata nel no-stro contesto educativo, siamo comunque riu-sciti a coinvolgere i due istituti sin dall’inizio.Il primo problema che ci siamo posti è statoquello di affrontare nelle due classi liceali ildoppio discorso storico che gli alunni avreb-bero scoperto solo nella giornata dedicata aldibattito. A partire dalla Història de l’altre,ogni professore ha spiegato in modo argo-mentato la versione del conflitto di compe-tenza del suo gruppo. Con il lavoro degli stu-denti e con le nostre rispettive spiegazioni,in ogni corso si è arrivati alla “ortodossia”, ecioè alla costruzione di un discorso ritenutoda ogni gruppo di alunni solido, senza crepee capace di resistere a qualunque assalto dia-lettico. Essendoci limitati a esporre una vi-sione all’apparenza completa, ciascun gruppoaveva fatta propria la versione che gli era sta-ta proposta. I dati naturalmente non sono sta-ti mai falsificati, ma ogni gruppo è stato te-nuto all’oscuro delle informazioni possedutedagli altri con cui si sarebbe confrontato. Ilprocesso di apprendimento è stato portatoavanti con l’obiettivo di realizzare un dibatti-

9. Cfr. Salah Jamal, Pale-

stina, ocupació i resistèn-

cia. Manual pràctic sobre

la qüestió palestina i el

conflicte àrabo-israelià, El

jonc, Lleida 2001.

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to che fosse un vero confronto di idee, di vi-sioni diverse su fatti e periodi identici, in mo-do che i partecipanti arrivassero a imporsisulle argomentazioni opposte. L’imminentedibattito tra gruppi che non si conoscevanoaccentuava le difficoltà di realizzare un verodialogo: la situazione li sollecitava a fare unabella figura o, quanto meno, a sentirne il biso-gno. Per questo la preparazione al dibattitoè stata svolta con un rigore maggiore rispet-to a quello dimostrato nelle ore normali di le-zione.

L La giornata del dibattito si è svolta nello IESManuel Blancafort. I due gruppi sono stati di-visi in tre tavoli, ognuno dedicato a uno deitre temi citati. Ogni tema è stato introdottoda un montaggio audiovisivo che avevamopreparato per aiutare i partecipanti a immer-gersi in un realtà concreta. Il primo, senza so-noro, era una successione di immagini dellacolonizzazione ebraica risalente al tardo im-pero ottomano. Il secondo, accompagnato daun motivo musicale diventato un punto di ri-ferimento del pacifismo (Brothers in Arms,dei Dire Straits), riflette la realtà della Guerrad’indipendenza (israeliana) o Al Naqba (pale-stinese). Questo secondo ci serviva per sotto-lineare l’universalità del conflitto e per equi-parare tutte le vittime, di cui volutamente ab-biamo evitato di apporre la nazionalità sottole immagini. Il terzo audiovisivo mostra i ten-tativi di pace negli ultimi decenni e al tempostesso la lotta che si fa evento quotidiano. Emostra anche l’isolamento tra le due comu-nità.

La giornata si è svolta in modo molto positi-vo; gli alunni, in generale, si sono mostratiattivi e coinvolti. Ogni dibattito ha avuto rit-mi diversi.1. Il primo dibattito era quello che avviava i

ml

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3 La Storia dell’altro. Una pratica di ricerca educativa

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lavori e che richiedeva un maggior impe-gno data l’astrazione politica e storica ri-guardante la Dichiarazione Balfour e le sueimplicazioni, e data la relativa familiaritàdegli studenti rispetto a discussioni appro-fondite su tematiche storiche. I dibattiti,infatti, si svolgono generalmente su argo-menti aperti, di carattere più o meno uni-versale e strettamente legati a esperienzedi vita personale o relative all’ambiente cir-costante.

2. La politica concreta del primo dibattito eramolto distante dalla visceralità del secon-do, in cui si trattavano aspetti della guerradel 1947-1948 e le sue conseguenze e, inparticolare, aspetti delle sue origini, giàtrattate nel tavolo precedente. Le posizio-ni dei gruppi si sono andate radicalizzan-do: nel primo dibattito l’esposizione erastata svolta in modo ordinato, non così nelsecondo in cui era più difficile mantenerel’ordine e le argomentazioni presentate siallontanavano dall’obiettività iniziale. Altempo stesso, gli interventi del pubblicopresente – gli alunni degli altri quattrogruppi di discussione e i gruppi dell’istitu-to ospitante – che, nel primo tavolo eranostati sporadici, erano aumentati. Più chemoderare il tono, questo tipo di partecipa-zione ha portato il dibattito in un vicolo cie-co. Nell’intervallo, gli studenti hanno con-tinuato a discutere, facendoci capire che sierano impadroniti di un discorso che pri-ma dell’attività sembrava loro estraneo.

3. Il terzo dibattito ha prodotto il fenomenoinverso: le posizioni dei due gruppi tende-vano ad avvicinarsi giacché ognuno rico-nosceva che per raggiungere un giusto svi-luppo sociale e personale era necessarioche gli esseri umani vivessero nella libertàe nella pace. Gli alunni di entrambi i grup-pi hanno visto nell’Intifada e nella rispostaisraeliana una spirale di violenza spropor-

zionata, senza senso e senza uscita. E han-no notato che quel tipo di scontro inibival’attività quotidiana della popolazione civi-le, perché sottoposta a una condizione dicostante minaccia.

Nell’ultima fase, ogni gruppo di discussionesi è riunito con i propri contendenti per stabi-lire quali fossero i principi irrinunciabili diognuno, quali i principi non fondamentali osoggetti a cambiamenti e quali i punti di ac-cordo. Com’era prevedibile, i gruppi del se-condo tavolo hanno mantenuto le proprie in-conciliabili posizioni mentre quelli del terzotavolo hanno convenuto nel riconoscere l’as-surdità della guerra e le difficoltà che essacrea per la ricostruzione.

A conclusione dell’attività avevamo previstodi proiettare il documentario Promises.10 Mamancava il tempo – e la capacità di lavoro,per l’eccessivo impegno – e la proiezione èstata inserita come attività volontaria. An-che questa si è rivelata molto utile. Il suo ap-proccio alla realtà del conflitto israelo-palesti-nese tiene conto dell’alterità, della doppiaprospettiva che avevamo scelto per avvici-narci all’evento storico, e si serve, come va-lore aggiunto, di una messa in scena emoti-va e magistrale. In Promises si parla della vi-ta di un gruppo di giovani, quattro ebrei etre palestinesi, che vivono a venti minuti didistanza gli uni dagli altri, ma in due mondimolto diversi. Le storie sono raccontate at-traverso un prisma che ci è parso familiare:la contrapposizione tra la storia degli uni equella degli altri. I personaggi che appaiononel corso della pellicola mostrano inizialmen-te il loro mutuo disconoscimento – in molticasi eluso – e una totale sfiducia nei confron-ti dell’altro. Man mano che il filmato avanza,una parte di loro si va progressivamente av-vicinando agli altri. Alla fine, le mutevoli vi-

10. Documentario di C.

Bolado, B. Goldberg e J.

Shapiro, 2002. Prodotto da

Cowboy Pictures e The

Promises Film Project.

Pubblicato in formato dvd

da DeAPlaneta e distribui-

to da SAV, Barcellona.

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cende della vita di ognuno li riportano inmondi diversi ma con l’esperienza vitale diaver conosciuto l’altro.

I commenti degli alunni dei due Istituti suquesto documentario sono stati molto simili:tutti hanno concordato sul fatto che l’aver ela-borato il conflitto immedesimandosi nell’al-tro li aveva aiutati a capire la situazione, perassurda che potesse sembrare dall’esterno.

Poco dopo la realizzazione del progetto, ab-biamo avuto l’opportunità di raccontare la no-stra esperienza al gruppo di lavoro di PRIME.Nella penultima settimana del mese di lugliodel 2006 si celebravano a Braunschweig (Nie-dersachsen, Germania) delle giornate dedi-cate al Shared History Booklet Project, la cuiprincipale finalità era quella di commentarel’insieme delle esperienze e stabilire le lineedi continuità del progetto educativo. L’incon-tro, organizzato dal Georg-Eckert-Institut11 ediretto dallo psicologo israeliano Dan Bar One dal sociologo palestinese Sami Adwan, co-ordinatori del progetto, riuniva docenti, stori-ci, psicologi e studiosi dei movimenti pacifistipalestinesi e israeliani e di altri paesi.

La nostra era l’unica esperienza straniera el’interesse suscitato è stato notevole. Nume-rose le domande e i commenti esposti dai do-centi palestinesi e israeliani. Volevano sape-re perché in Spagna si dedicava una parte delprogramma di Storia contemporanea al con-flitto arabo-israeliano. Pensavano che fosseun tema troppo complesso per essere tratta-to in modo approfondito da alunni licealiestranei al problema. Hanno tenuto a precisa-re che i propri alunni difficilmente avrebberosaputo trattare, ad esempio, il conflitto basconello stesso modo in cui i nostri avevano af-

ml

11. http//www. gei. de.

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3 La Storia dell’altro. Una pratica di ricerca educativa

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frontato il loro. Ad ogni modo la nostra attivi-tà ha suscitato vivo stupore e tutti hanno ap-prezzato il nostro approccio. C’è stato anchemolto interesse, in particolare da parte deidocenti palestinesi, rispetto all’immagine chei nostri alunni avevano del conflitto. Abbia-mo fatto presente, sulla base dell’esperienzadell’attività svolta tra i due istituti, che essiavevano un’immagine piena di pregiudizi cheil libro di testo non può risolvere. Ma che ilfatto di lavorare sulla doppia prospettiva sto-rica aveva senza dubbio contribuito a distrug-gere il carico mediatico e culturale aggiuntodel conflitto.

Va segnalato che pur essendo stato moltoemozionante condividere le attività e il lavo-ro con i professori israeliani e palestinesi, ciòche più ci ha colpito è stato il fatto di parteci-pare alla tensione latente tra persone che la-vorano per la pace in un contesto difficile(quell’estate c’era stata l’invasione del suddel Libano da parte delle truppe israeliane)ma che, nonostante tutto, rivendicano il dia-logo come unica formula capace di ottenere ilconsenso e l’accettazione dell’altro.

Dopo aver realizzato l’attività, averla com-mentata con gli alunni, averla condivisa concoloro che avevano creato il materiale da noiusato e aver riflettuto su quanto era statosvolto, siamo arrivati ad alcune conclusioni.� In primo luogo abbiamo verificato che

l’uso di due versioni diverse e opposte eil ricorso al relativo dibattito è estrema-mente utile per spiegare una situazione diconflitto. Assumere soggettivamente unaparte della storia come fosse un gioco del-le parti significa inevitabilmente assume-re anche l’altra parte, visto che può esse-re oggetto di argomentazione tanto quan-to la propria, e significa trovarsi in una si-

tuazione che permette un nuovo modo diinterpretarle. In realtà, come ci hanno fat-to notare i nostri amici di PRIME, nella no-stra attività noi avevamo fatto un passo inavanti: i nostri alunni erano arrivati alpunto in cui si mette in discussione il ruo-lo del libro di testo come unica fonte “orto-dossa” della Storia.

� Durante il dibattito, ragazzi e ragazze era-no passati dal coinvolgimento convinto aldubbio: a dubitare di se stessi e di ciò cheavevano appreso. Quel ‘dubbio’ che è es-senziale per qualunque conoscenza stori-ca. Per quanto “accademico” possa esse-re il loro rapporto con le Scienze Sociali,nel corso dell’attività ci hanno reso parte-cipi della soddisfazione da loro provatanel verificare le proprie capacità di ap-prendere e di interpretare fatti storici incontrasto con quanto avviene nella nor-male attività scolastica di cui sono insod-disfatti. Hanno anche ammesso, a volteimplicitamente altre in modo esplicito, diaver avuto esperienze difficili con leScienze Sociali; di considerare la Storia ela Geografia come materie complementa-ri ma non imprescindibili per il loro futuroprofessionale. Nel concludere l’attività,hanno comunque riconosciuto di aver ac-quisito maggiori strumenti di comprensio-ne della realtà e di questo erano moltosoddisfatti. La possibilità di interpretarela realtà favorisce, secondo loro, l’appren-dimento perché si sentono soddisfatti. Al-cuni di loro hanno anche riconosciuto chedopo l’attività svolta guardavano i tele-giornali in modo diverso.

� Il conflitto, la guerra e le relative estremiz-zazioni sono stati percepiti in modo ampioe approfondito; mentre i pregiudizi pree-sistenti sono stati notevolmente superati.

� Il fatto di realizzare un’attività con deigruppi che non si conoscono, di scuole di-

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verse ma dalle caratteristiche simili, ha fa-vorito il Dialogo, quello con la d maiuscola,diverso dal dialogo contaminato dei grup-pi-classe.

� Abbiamo verificato che il ricorso all’imma-gine, alla musica, ai mezzi audiovisivi ingenere, è molto utile. Concepiamo il lorouso come uno strumento fondamentaleverso il quale l’alunno è totalmente per-meabile, come dimostra la proiezione del-la pellicola Promises a conclusione dell’at-tività. Da una parte, il film è stato interioriz-zato dagli alunni in modo molto diverso dacome sarebbe avvenuto se non avesserotrattato il tema con un approccio così simi-le a quello del film. Dall’altra, la profonditàcon cui hanno analizzato il conflitto ha per-messo loro un’assimilazione diversa daquella di una mera pellicola post-attività:gli alunni, mentre la vedevano, stavanopensando al dibattito.

� Ci siamo resi conto che l’entusiasmo pro-fuso nell’attività ci aveva trascinati in unprogetto troppo ambizioso. Nella fase con-clusiva del lavoro gli alunni erano palese-mente stanchi e sono giunti alle riflessio-ni finali quasi privi di forze. Probabilmen-te sarebbe stato meglio distribuire l’atti-vità su due giornate oppure ridurre il tem-po della discussione per dedicarlo alle con-clusioni.

� L’ultima considerazione da fare – anche seè forse la più importante – è che l’attivitàportata avanti si è rivelata molto più cheformativa. È stata vitale. Gli studenti l’han-no incorporata alla propria vita. E come lo-ro hanno dichiarato, sarà una delle attivitàdi quest’anno che ricorderanno con mag-giore intensità.

Da parte nostra, siamo arrivati alla conclusio-ne che vale la pena sperimentare nuove me-todologie. Abbiamo vinto la paura di provare.

Nell’insegnamento della storia esistono ca-noni a cui difficilmente ci si sottrae per abitu-dine, per convinzione, per accertata rilevan-za, ma esistono anche sollecitazioni esterneche tendono a moltiplicarsi. In una scuola in-cline a svalutare (inopportunamente) le da-te, sembra che il calendario voglia ottenerela sua rivincita con le sottolineature di even-ti cruciali, le celebrazioni, le rievocazioni, i ri-chiami alla memoria e al ricordo.

È questo un argomento su cui riflettere per-ché tende ad introdurre una serie di proble-matiche parentesi nello scorrere di una crono-logia compattata secondo logiche diverse. Lecommemorazioni hanno, probabilmente, loscopo di segnare punti di riferimento comuniper una scuola investita nello stesso tempoda un doppio, opposto movimento: la conver-genza su canoni didattici rigidi e la divergen-za per scelte autonome eterogenee. Ma, ci sipuò chiedere, è utile aggiungere un’ulterio-re scansione tematica replicando anno dopoanno riti di memoria, indipendenti dal conte-sto di conoscenze che la scuola costruisce?Stiamo producendo una memoria che conser-

Tra i banchi.1946: il votoalle donne

ml

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4 Tra i banchi. 1946: il voto alle donne

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va il suo legame con la storia o stiamo dandoper caso origine ad un confuso immaginariocollettivo?1

È trascorso da poco il sesto decennale del suf-fragio femminile, e puntualmente ci si è postiil problema di dare in qualche modo solenni-tà alla ricorrenza chiamando la scuola all’ap-pello, a cui pochi hanno risposto. Ma non èquesto il punto. C’è, piuttosto, da chiedersi inquale misura l’insegnamento della storia sioccupi di tale argomento nel programma ca-nonico. Certo, quando – e se – si arriva nelcorso delle lezioni al referendum istituzionale,non c’è docente che tralasci di segnalare che«per la prima volta in Italia il suffragio fu este-so anche alle donne». Qualcuno, più scrupolo-so, fa anche di più, accennando alle suffraget-te e alla Resistenza. Non è che si svaluti l’im-portanza e l’interesse storiografico del temama, certo, non tutto può diventare oggetto diun lavoro particolarmente accurato quando,

avendo a disposizione una sessantina di oredi lezione bisogna dare un’idea di così tantieventi a dimensione mondiale nella “lungacontemporaneità” dell’ultimo anno della scuo-la secondaria inferiore e superiore. L’argomen-to, poi, sconta un ulteriore svantaggio: si arri-va in genere al secondo dopoguerra nell’ulti-ma parte dell’anno, quando l’esame incombe,l’attenzione è presa da altro, non è più tempodi ricerche e di analisi particolari, bisognachiudere… Così ci si accontenta di segnalarel’evento e si spera che i giovani e le giovani neintuiscano l’importanza: è il duro terreno del-la concretezza scolastica.Gli stessi libri di testo in generale non si sof-fermano su tale svolta, come se un’asciuttaenunciazione fosse sufficientemente signifi-cativa. Ci sono, poi, i punti di vista sulle pro-spettive d’analisi. Per alcuni colleghi il temasoffre di parzialità, poiché appartiene ad unastoria che riguarda «solo le donne». Per altre

1. Cfr. Fabio Levi, Maria

Bacchi, Auschwitz, il pre-

sente e il possibile. Con-

versazioni e dialoghi sulla

storia con i preadolescen-

ti, La Giuntina, Milano

2004.

2. Cfr. Simonetta Fiori, Po-

lemiche su aborto e violen-

ze. Interviene Dacia Marai-

ni, «La Repubblica», 4 feb-

braio 2005.

3. Cfr. Paola Di Cori, Sog-

gettività e storia delle don-

ne, in Società italiana delle

Storiche, Discutendo di

storia. Soggettività, ricer-

ca, biografia, Rosenberg &

Sellier, Torino 1990.

4. Le classi sono state V I,

V L e II M del Liceo scien-

tifico “Silvestri” di Portici

(NA), grazie alla partecipe

collaborazione dei docenti

Annamaria Visconti e Gigi

Esposito. Poiché agli stu-

denti è lasciata la facoltà di

non firmare le schede di ri-

Nel 1946 le donne italiane sono chiamate, per la

prima volta, ad esercitare il diritto di voto: un

seggio di Firenze (foto Locchi/Le Monnier).

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colleghe sarebbe importante fermarsi su diesso perché ha ragione Dacia Maraini: «Ledonne sono le principali nemiche di se stesse.Riescono a seppellire anche le proprie origini.È la vecchia questione della mancanza di au-tostima che colpisce il genere femminile».2

Per altri, ma soprattutto per altre, invece, è untema “a tutto campo” per varie ragioni. Per-ché attiene ai rapporti fra i generi e al modo incui si sono costruite le loro relazioni nel tem-po, e per far ciò bisogna recuperare le donnedal ripostiglio della storia portandole alla luce.Perché riguarda la struttura stessa della cit-tadinanza. Perché è all’ordine del giorno nel-la rappresentanza politica nella democrazia enelle culture su cui essa si fonda. Resta il pro-blema di come affrontarlo negli ultimi mesidell’ultimo anno di scuola.Si può parlare di storia collocandosi sulla roc-cia delle scansioni canoniche dei programmioppure iniziando il cammino dalla ragione percui si apprende, per sciogliere il ghiaccio del-l’indifferenza, liberare il pensiero che interro-ga le storie, aprire la strada verso il passato.Può prendere corpo anche un’idea di storiache lasci affiorare, nelle dimensioni del tempoe dello spazio, soggetti che sfuggono all’an-nientamento della generalizzazione e dellaneutralità, nell’impersonalità del meccanismolinguistico che regola la narrazione di storia.3

Assumerebbe senso in questo modo, per que-sti ragazzi e queste ragazze, la svolta del 1946?E diventerebbe praticabile, per gli insegnanti,entro i tempi canonici e nell’asfissia da pro-gramma una riflessione di questo tipo?Così sono entrata in alcune classi di un liceoscientifico,4 ospite di colleghi interessati co-me me all’argomento, per un’ora soltanto inogni classe – volutamente: l’ipotesi di lavoronon doveva trascurare il fattore tempo – e for-nita di uno strumento il più semplice possibi-le, fotocopie da un dossier diffuso su Inter-net, che chiunque può consultare.5

Nelle classi mi accoglie una certa curiositàcontenuta. Annuncio subito ai ragazzi che illavoro che ci accingiamo a fare non ha unoscopo valutativo e che, se vorranno, potrannoaiutarmi a mettere a fuoco alcuni problemi.Potranno firmare i loro lavori o darmi soltan-to i riferimenti essenziali, la classe, il sesso, selo preferiranno. Non mi chiedono altro e pos-siamo cominciare.Chiedo in quale epoca sia stato riconosciutoalle donne il diritto di voto in Italia, mi giun-gono risposte discordanti: 1967, 1964, 1968,1950 ed anche qualche sporadico 1946. Il2006, il sessantesimo anniversario, è trascor-so per intero. Si vede che non ha attraversa-to la sfera d’attenzione dei miei interlocutori.Mi guardo intorno e mi domando quale rap-porto ci sia fra queste giovani donne e la Don-na di cui talvolta si parla in diverse materie,fra questi ragazzi e l’Uomo del passato che sifa studiare in storia. Ma è proprio questo ilproblema. La grammatica della storia normal-mente insegnata spesso non solo è priva delgenere (maschile, femminile) ma anche delnumero (singolare, plurale). Forse da ciò de-riva la sua inservibilità.Mi propongo di esplorare la possibilità di unastoria che coniughi il passato nei suoi generi enei suoi numeri e, nello stesso tempo, deside-ro capire dal particolare osservatorio di que-ste classi se la rilevanza del voto alle donnedel ’46 è limitata al suo carattere fattuale, percui è necessario e sufficiente sapere che ciò èavvenuto, oppure se essa è tale da richiedereche si ponga mano alla storiografia per porta-re alla luce aspetti che servono a stabilire unnesso tra il presente di queste e questi ragaz-zi e il passato di sessant’anni fa, e ancora pri-ma. Penso ai colleghi, alle colleghe e mi do-mando: “Avranno il tempo per fare ciò?”

Scrivo alla lavagna “1946 – VOTO ALLEDONNE” e poi chiedo che, uno per una, mi

ml

levazione, i nomi sono di

fantasia.

5. Il dossier Italia 1946: le

donne al voto, curato da

Mariachiara Fugazza e Sil-

via Cassamagnaghi per

l’Istituto lombardo di sto-

ria contemporanea, è sca-

ricabile dai seguenti link:

http: //www. italia-libera-

zione. it/lombardo-milano.

html, www. museidelcen-

tro. mi. it, www. unione-

femminile. it.

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4 Tra i banchi. 1946: il voto alle donne

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definiscano con una sola parola ciò che glipassa per la testa in relazione a questoevento. È un rapidissimo giro. Le lavagnesi riempiono di una serie di sostantivi, ag-gettivi, verbi, anche esclamazioni («Final-mente!» giunge da una ragazza).6 Guardia-mo la fila dei termini raccolti cercando distabilire connessioni di senso e nuclei digiudizi per elaborare un primo livello di untesto collettivo.La casualità dovrebbe fornire testi più o me-no simili e tuttavia ciò non avviene. In ogniclasse si va disegnando una linea di pensie-ro diversa dalle altre. Non è per il fatto chel’associazione delle idee, dopo i primi passag-gi, tende a staccarsi dal tema-stimolo e ad av-vicinarsi alle prime definizioni date, seguen-do gli spunti. Le idee-guida, le linee forti ecaratterizzanti compaiono in momenti spar-si, quando non ce le aspetteremmo, scompa-iono, ritornano rinforzate da nuovi punti divista. In una seconda liceo scientifico (nontutte le esperienze riguardavano classi del-l’ultimo anno, perché fosse possibile valutareil diverso grado di consapevolezza e di inte-resse) la prima parola è stata conquista, amarcare il termine di un percorso di privazio-ne, ribadita da rivincita; a cui si aggiungono,con una svolta di significato, liberazione, giu-stizia, uguaglianza. L’ultima è stata democra-zia ma nel percorso erano affiorate rispetto,pensiero, e, da un ragazzo, scoperta. Abbia-mo rilevato dall’insieme di parole sparse unpossibile filo logico e quindi spiragli per anda-re oltre.In una quinta, invece, il filo conduttore prin-cipale si è snodato nelle tematiche emanci-pazione, parità, uguaglianza, con scarsa at-tenzione alle vicende passate: era l’afferma-zione dell’urgenza di un ruolo paritario, fon-dato sugli altrettanto presenti lemmi giusti-zia, necessario, importanza. Urgenza supe-riore all’interesse storico.

E che cosa pensare, in un’altra quinta liceo,della parola ovvio, accompagnata da tolleran-za, cambiamento ma contrapposta a batta-glia, lotta, conquista e, tra i due gruppi, giu-stizia, universale, diritto, parità?Si può ignorare la data di un evento della sto-ria ma costruire discorsi possibili intorno adesso?

Distribuiamo nelle classi un documento perogni studente, due gruppi di fotocopie. Il pri-mo gruppo è costituito dalle risposte forniteda nomi illustri della politica, della letteratu-ra, della scienza al questionario proposto dalgiornale dell’associazione “L’Unione femmini-le” sul numero 8-9 dell’agosto-settembre1903 per l’indagine “Diritto di voto o no?”;7

l’altro gruppo riguarda un analogo questio-nario lanciato da «Noi Donne» nel dicembre1944 per un referendum sullo stesso argo-mento che coinvolse personalità politiche ecittadini comuni. Le risposte furono pubbli-cate il 15 gennaio 1945. Sono testi brevi, alcu-ni addirittura sintetici.La richiesta è di riflettere e commentare le ri-sposte, generalmente positive – tranne il“no” di Rita Monti8 – ma argomentate in di-verso modo.Quando tutti hanno smesso di scrivere co-mincia – ed è il secondo livello di un possibi-le testo collettivo – la ricostruzione delle stret-toie costituite dai luoghi comuni, dalle con-cezioni sul ruolo dei sessi, dai miti, dalle ideo-logie, dalle convinzioni e dagli arroccamentiattraverso cui l’accesso delle donne al votocercava di aprirsi un varco in due momentichiave della storia, nel 1903-1905, nella ripre-sa delle pressioni democratiche dopo la stret-ta reazionaria di fine secolo, e nel terribile in-verno del 1944, quando al Nord le armi parti-giane tacevano ma si aspettava con la prima-vera la rinascita di un’Italia completamentediversa dal passato.

6. Da ora in poi, quando

non sarà data l’indicazione

dell’appartenenza alla se-

conda classe, bisognerà in-

tendere che lo studente o la

studentessa appartiene ad

una delle due quinte con-

tattate: mi sembra neces-

saria la distinzione fra i di-

versi livelli scolastici perché

è indicativo che non si noti-

no differenze nell’approccio

alle questioni di genere no-

nostante tre anni trascorsi

nello studio della storia.

7. I risultati furono pubbli-

cati in Il voto alle donne?

Inchiesta e notizie, Milano

1905.

8. Rina Monti (1871-1937),

la prima donna che otten-

ne una cattedra universi-

taria, fu zoologa e docente

di Anatomia comparata a

Pavia ed a Milano. Motivò

il suo “no” affermando:

«1. perché ogni diritto de-

ve essere conquistato da

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Due sono gli aspetti della questione che ingenerale sono stati evidenziati.Il primo: in moltissimi casi il “sì” alla conces-sione del voto è stato subordinato a timori,perplessità, analisi politiche, parzialità dipunti di vista, prudenze e limiti in cui, moltomeglio che in dichiarate posizioni negative, sipuò leggere un rapporto di genere asimmetri-co, che crede di essere obiettivo e realisticomentre rappresenta una costruzione socialedeterminata e protratta nel tempo.Il secondo: l’ambiguità sembra giungere aconsapevolezza nel 1944,9 ma qui si affacciala contraddizione, che si svilupperà in segui-to, tra la riconosciuta dignità della donna elet-trice e la negazione degli atti concreti per lapiena affermazione della donna cittadina, nelperdurare di un’istintiva diffidenza. Per il pri-mo aspetto una ragazza sottolinea: «La don-na può esprimere il suo parere su una deci-sione da prendere, ha molte più responsabi-lità rispetto al passato, ha il riconoscimentodel diritto di voto, [ma non c’è] l’istituzionedi un nido in fabbrica per i figli delle opera-ie»; per il secondo, altre della stessa classeaffermano, traendo dal vivo le loro osserva-zioni: «Quell’istintivo risentimento c’è anco-ra oggi in generale nel giudicare le donne»,«È ancora presente questa diffidenza». Dallaseconda arriva una risposta femminile più in-cisiva: «Questa diffidenza esiste ancora oggi[…] siamo spesso noi donne a distruggere lanostra immagine […] ballerine, veline, miss:quale compito si può paragonare ad un og-getto così? Se abbiamo conquistato qualco-sa adesso lo stiamo perdendo».La galassia di argomentazioni del 1903-1905,da cui traspare un’immagine negativa delruolo femminile, gira intorno ad alcuni nodiricorrenti: il “destino domestico”, l’incapaci-tà culturale di orientarsi in un mondo popola-to da uomini, e dunque l’influenzabilità fem-minile, l’eccessiva “sensibilità” delle donne,

il disinteresse per la politica o la pericolosi-tà, per la sinistra, di voti suggeriti dal prete e,per la destra, di elezioni pilotate dai maschi dicasa in odore di socialismo.I ragazzi e le ragazze hanno attraversato ta-le scenario mentale immettendo nella rifles-sione una carica, nemmeno troppo celata,delle loro individualità e mi colpisce il fattoche, di fronte a testi che a noi parlerebberodel passato, quasi tutti reagiscono come sesi trovassero di fronte a interlocutori di oggi.È forse la scarsa abitudine a cercare la storiadove essa si annida ma ciò che si perde insenso storiografico si acquista in vivacità deldiscorso. E ci aiuta a capire dove volgono losguardo questi studenti.Emanuele liquida le preoccupazioni per ilvoto femminile: «Non può essere ritenutopericoloso un segno di civiltà e uguaglian-za indispensabile per qualsiasi società»,mentre una ragazza di seconda sostiene che«nel 2007 sono le donne che dominano sututto, noi abbiamo maggiori responsabilità enoi, come si dice, maturiamo prima degli uo-mini». Una spia dei rapporti concreti nellaclasse? Può darsi, anche perché un suo com-pagno conferma: «Le donne hanno spessomaggiore forza di volontà e carisma degliuomini».Comunque, per Antonio, «le donne anche og-gi sono schiave del pregiudizio religioso e deicomportamenti dell’uomo» ma gli si contrap-pone nettamente Teresa: «La donna è capa-ce in ogni campo» e, dalla seconda, France-sco: «La donna oggi può essere indipenden-te e portare avanti la propria vita anche sen-za un uomo accanto. Non c’è più la sottomis-sione». Altri suoi compagni vanno più in là: ladonna «non può aspirare alla carica di presi-dente del Consiglio, pur avendone le capaci-tà tecniche. Il sesso costituisce ancora oggiun ostacolo pregiudiziale», anche se, forse,non è colpa sua: «È il popolo che non accet-

ml

chi ne sente la mancanza.

Nessuna concessione è

proficua a chi non ne cono-

sca il valore. 2. perché il

voto alle donne oggi in Ita-

lia segnerebbe l’avvento

di una reazione politica,

amministrativa ed intellet-

tuale, quale non si è mai

vista. – Sarebbe come

mettere a repentaglio la li-

bertà della scienza. Le

donne in Italia, certo per

colpa dei maschi, sono an-

cora troppo ignare della vi-

ta pubblica, troppo lonta-

ne da ogni educazione po-

sitiva, e perciò schiave del

pregiudizio religioso, che

le rende docili istrumenti

dei preti, depositarie di

tutte le idee antiquate, di

tutti gli errori secolari, di

tutto il misoneismo anti-

scientifico.»

9. Manlio Lupinacci, libe-

rale, afferma: «Non na-

scondo di sentire una certa

diffidenza verso la parteci-

pazione della donna alla vi-

ta politica, ma riconosco

che tale diffidenza non ha

alcun serio fondamento,

perché solo istintiva, tradi-

zionale.»

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ta le donne con cariche politiche poiché cre-dono che non sia giusto». Eppure, per Ama-lia, «se il primo ministro fosse una donna mi-gliorerebbe sicuramente tutte le situazioni».Più equidistanti due ragazzi di quinta. Unonon crede statisticamente che «le donne pos-sano far meglio degli uomini, e viceversa», el’altro si orienta verso un individualismoegualitario: «Credo che il singolo, uomo odonna che sia, possa fare la differenza».Ritornano queste classi in modo spontaneoall’antica querelle des sexes, a prima diOlympia de Gouges e di Mary Wollstonecrafte del pensiero femminista. Sarebbe bello chesi leggesse La città delle dame di Christinede Pizan almeno nella versione ridotta,10 fragli altri autori di quel tardo autunno del me-dioevo che, insegniamo con cura, vide i pri-mi germogli della rinata dignità dell’uomo.Anche della donna: Christine è un esempio.Probabilmente adesso non troveremmo in al-cune ed alcuni un’immagine femminile cheattraversa il tempo come vittima rassegnataperché incapace. Scrive Giovanna: «I dirittisono uguali per tutti incondizionatamente. Ècolpa dei maschi perché, sottomettendole, ledonne non sono state capaci di arrivare dovepotevano» ed un’altra, della stessa classe:«Probabilmente il loro tentativo di affermar-si […] è stato represso […] dalla prepotenzae dalla discriminazione». Ha una visione dipiù lunga durata Marilena in seconda: «Que-sta è una cosa che avviene sin dai tempi mol-to antichi, ma se è stata imposta dagli uomi-ni (anche tramite la religione) le donne l’han-no accettata senza ribellione, tranne pochicasi».Le donne nella storia ci sono state, ma in unloro modo particolare e dovrebbe essere pos-sibile svelarne l’esistenza nel corso del cur-ricolo di storia. Sarebbe stato interessante perqueste classi vedere ad Alessandria lo spet-tacolo curato da Franco Castelli Donne canzo-

nate/Canzoni di donne dal fascismo agli anniSettanta11 in cui sfilano tutti gli stereotipi sucui ha prosperato la musica leggera: Bambo-le, Vipere, Romantiche, Mogliettine e Mam-me. Ed accanto a queste “donne canzonate”,le “canzoni di donna”, i canti popolari di mon-dine e filandere, partigiane e suffragiste, ri-belli e femministe. Si potrebbe anche fare unaricerca su questo, magari attraverso Internet.La musica è una straordinaria fonte storio-grafica.Anche sulle pari opportunità, è inevitabile, sischierano opposti convincimenti. Mario affer-ma tranquillamente: «Hanno avuto voto, pa-rità, possono aspirare a tutte le cariche pub-bliche, partecipano sia alla vita politica chealla guerra», mentre Francesca polemicamen-te si chiede: «Il voto alle donne è stato accet-tato ma attualmente vi è la parità dei sessi?Vi è rispetto della donna?».Si colgono qua e là, nelle risposte all’indaginedel 1903, alcuni spunti che vanno al nodo del-l’uguaglianza e della differenza. SoprattuttoFilippo Turati stimola quest’ordine di rifles-sioni perché alla domanda se si dovesse con-cedere il voto alle donne risponde seccamen-te: «Sì. Perché la donna è un uomo». Alcunihanno considerato che un voto è un voto,uguale ad un altro nell’urna, e che dunquenei suoi effetti l’allargamento del suffragio haeliminato qualsiasi discriminazione. Adelai-de precisa: «Una differenza c’è, ed è solo no-minale. Siamo tutti esseri umani. Non è unaquestione di rispetto, è una questione di pa-rità». Altre invece si sono poste la domandase l’uguaglianza come elettori discendessein realtà da un’uguaglianza originaria fonda-ta sul diritto, sulla natura o ancora più su.Non so dove l’abbia fondata un ragazzo di se-conda: «Siamo tutti uguali. Cambia solo ilsesso». Maria sostiene che «la donna è statacreata da una costola dell’uomo e in un certosenso possiamo giustamente affermare che

10. Cfr. Christine de Pizan,

La Città delle Dame, a cura

di Patrizia Caraffi, versio-

ne ridotta a cura di Matteo

Luterani, Luni editrice, Mi-

lano Trento 1999.

11. Uno spettacolo orga-

nizzato nella primavera del

2006 per il 60° anniversa-

rio del voto alle donne dal-

l’Istituto per la Storia della

Resistenza e della società

contemporanea in provin-

cia di Alessandria.

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è un uomo», ed una sua compagna: «Le don-ne come gli uomini sono esseri viventi, crea-ture di Dio. Sono uguali e devono avere dirit-ti ed essere rispettati». Sandra vede che lecose non sono così nette, e pone il problemasu un altro terreno: «Pur essendo distinti so-no entrambi esseri umani e nessuno può sot-tomettere l’altro o sentirsi subalterno. Que-sto pensiero di Turati [la donna è un uomo] èancora oggi vivo negli animi delle donne piùcombattive e degli uomini più giusti».La premessa implicita nella frase di Turati ècolta da due osservazioni convergenti, quel-la di Francesco: «Non ha alcun senso. La don-na deve avere la possibilità di votare perchéè un suo diritto», e quella di Anna dalla se-conda: «Filippo Turati, pur essendo di opi-nione favorevole alle donne, è pur sempre unuomo. [Non bisogna considerare] che la don-na è un uomo per darle il diritto comune agliuomini. Ha dei propri diritti e non bisogna an-nullarli o considerarla un uomo. Il problemagrave è che l’idea conservatrice degli uominicontinua a passare inosservata».L’idea conservatrice affiora qua e là anche inqueste classi. Così, mentre i pareri sono una-nimi nell’apprezzare l’inclusione delle donnenella cittadinanza attiva, permane qualchedivergenza sul giudizio intorno alle donne co-me elettrici: «Può il voto conferire alla donnamaggiore dignità ma solo se è frutto del buonsenso e non del sentimentalismo» affermaEugenio, ma un altro replica: «Di certo alcu-ne categorie di donne sono più preparate apartecipare attivamente alla vita politica maquesto non può essere oggetto di discrimina-zione».Di fronte agli interpellati che nel 1903-1905ritengono giusto richiedere alle donne elet-trici particolari capacità, Vittorio insorge:«Ma questo vale anche per gli uomini!». Equando si chiedono alle nuove elettrici sta-tus particolari, dalla seconda Eugenio va al

cuore del problema: «[Ciò] manterrebbe an-cora viva la disuguaglianza, non tra i sessima tra le stesse donne», mentre Teresa os-serva: «Tutte le donne, non solo operaie eprofessioniste, svolgono una funzione socia-le visibile e necessaria».È un dialogo tra passato e presente da cui fi-nisce per emergere come occhi adolescentiosservino il mondo attuale.Viene da una quinta, da un ragazzo, un’os-servazione che, lì per lì, sembra un po’ de-centrata rispetto alle altre: «Uomini e donne,nonostante il voto, non sono alla pari. Soprat-tutto nel Medio Oriente».È un modo diverso di considerare le cose. Edè anche uno spunto forse involontario, macerto suggestivo per l’insegnante. Si potreb-be, da questo punto di vista, inquadrarel’obiettivo raggiunto nel 1946 nella lungamarcia del “moderno” in Italia, in rapporto aidiversi livelli ed ai diversi tempi dei diritti edelle pari opportunità. Lo sfondo può ampliar-si, perché la Costituzione e l’uguaglianza rag-giunta dalle donne collocano la vicenda ita-liana nel quadro di un’Europa che con la se-conda guerra mondiale pone fine all’età deglistermini iniziando il cammino verso l’unifica-zione democratica. Ma si può andare oltre.Alla lunga pace europea degli ultimi sessan-t’anni fa riscontro l’inasprirsi dei conflitti nelresto del mondo, alla parità dei diritti politiciraggiunti dalle donne nei paesi occidentalicorrisponde l’asimmetria delle opportunitàper la popolazione femminile in tante areeasiatiche ed africane, e la perdurante oppres-sione per le tradizioni culturali ma, soprattut-to, per le guerre, per la dissipazione delle ri-sorse ambientali, per l’enorme povertà chepesa in modo particolare sulle spalle più fra-gili. Ora questo mondo, che il nostro ragazzosintetizza nel «Medio Oriente» forse per in-volontaria sineddoche, bussa alle nostre por-te. Ai cittadini stranieri che vivono e lavorano

ml

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4 Tra i banchi. 1946: il voto alle donne

200

al nostro fianco, si apre un nuovo, difficilecammino per la conquista dei diritti di cittadi-nanza, come accadde alle donne italiane edeuropee nel tragitto verso la parità che le no-stre giovani ignorano, pur cercando spiega-zioni alla lunga e non del tutto risolta “com-plementarità diseguale”.

L’ora è quasi al termine, in ciascuna delleclassi. Chiedo alla fine quale atteggiamento

ognuno ed ognuna ritenga di avere nei ri-guardi del voto. Tutti, nessuno escluso, pro-clamano l’importanza della partecipazione,così come è stata riconosciuta all’inizio da tut-ti la rilevanza del diritto di voto per le donne.Solo, al di là della specifica questione, rimaneil convincimento che, nonostante la parità nelsuffragio, continui a strisciare nei rapporti frai sessi un pensiero antico, che si concretizzain un potere che gioca sui corpi delle donne

L’accordo Togliatti-DeGasperi del 1945 portal riconoscimento deldiritto di voto alle donnesenza un vero dibattitopolitico, nella totaleassenza di contrasti:sembr , dunque un «nonevento, un fatto di cuinon si dà e non si fastoria» (Paola Gajotti DiBiase, Il voto alle donne,in Democrazia cristianae Costituente nellasocietà del dopoguerra,

ed. Cinque Lune, Roma 1980 vol. I), «un atto dovuto, chenon suscit tensioni e passioni» (Pietro Scoppola, Larepubblica dei partiti, Il Mulino, Bologna 1991). Era il“dovuto” riconoscimento dei meriti storici acquisiti dalledonne nella guerra e nella Resistenza, com’è ampiamentericordato in Cinquanta anni di voto alle donne -

. Atti del convegno svoltosi alla Camera dei deputatiil 24 febbraio 1995, Camera dei deputati, Roma 1996. Fuanche il risultato di un’oggettiva convergenza delle donnelaiche e cattoliche che, anche da schieramenti opposti,affermarono il loro diritto alla politica militante (PaolaGaiotti De Biase, I cattolici e il voto alle donne, SEI, Torino1996). Fu dunque il frutto di una stagione straordinaria, ele donne ottennero il suffragio dopo aver superato undurissimo esame.Secondo Norberto Bobbio (L’età dei diritti, Einaudi, Torino1990), il suffragio femminile è stato molto più di unriconoscimento alle donne, perché affondava le sue

origini nella lunga storia dello sviluppo dei diritti, chesono storici e non dovuti alla natura, nati all’inizio dell’etàmoderna insieme con la concezione individualistica dellasocietà: l’evento va dunque collocato su uno sfondomolto più ampio, di cui rappresenta un tassello rilevante.Il suo contesto ed il suo vero senso, secondo un punto divista differente, va cercato nella storia delle donne più chenel sistema dei diritti, ed il Decreto legislativo n. 23 del 1febbraio del 1945 è stato solo una svolta, pur essenziale,della lunga lotta femminista per la parità, benché a queltempo le stesse donne sembrassero averne perduta lamemoria (Anna Rossi Doria, Diventare cittadine Il voto alledonne in Italia, Giunti, Firenze 1996). Per comprenderlo,dunque, bisognava ricostruire il processo che è alle suespalle. Inizi Franca Pieroni Bortolotti (Alle origini delmovimento femminile in Italia - , Einaudi, Torino1963), poi vennero altre. Anna Rossi Doria (La libertà delledonne: voci della tradizione politica suffragista, Rosenberg& Sellier, Torino 1990) mise a fuoco con un’abile scelta ditesti molte questioni ancora aperte sul rapporto fra donnee politica, dai temi dell’uguaglianza, dell’autonomiaindividuale, della differenza, fino al rifiuto della politica innome della differenza ed alla «scoperta della forzacollettiva». Voci della battaglia femminile si possonotrovare, ancora, in Donne alle urne La conquista del voto,Documenti - , a cura di Marina D’Amelia, BiblinkEditori, Roma 2006; o in Laura Derossi, che ha curatoMillenovecentoquarantacinque: il voto alle donne, in cuimolte storiche si interrogano sul significato di taleconquista analizzata sotto diversi profili.Quello che appare chiaro in questi contributi è ilcarattere del tutto aperto del processo di costruzionedella cittadinanza femminile, che attraversa e supera la

Una finestra sul “voto alle donne”

La copertina del dossier “Italia 1946: le donne al

voto” a c. di M. Fugazza e S. Cassamagnaghi

presente sul sito dell’Istituto Nazionale per la

Storia del Movimento di Liberazione in Italia.

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molte sue possibilità, dall’ordine materiale aquello simbolico. Perché la nostra nazione sirappresenta in corpo di donna proclamando-si Patria?Le domande di senso stanno nascendo ed unfilo sottile che attraversa i secoli è ora nellemani di questi ragazzi. Dovrebbe essere di-panato nel curricolo di storia, almeno per ipiù giovani, per non aggrovigliarsi nei nodidegli stereotipi, per non spezzarsi nello scor-

rere della memoria. Per ragionare intorno al1946 senza ansie da tempo-scuola che fug-ge, senza credere di poter disseppellire in unsingolo momento didattico, nemmeno nel“grande anniversario”, tutto il sapere neces-sario a raggiungere la consapevolezza delrapporto genere-storia-cittadinanza. Ma inun’ora si può fare il primo passo di un cammi-no. Ed è un altro modo di considerare la con-cretezza del fare scuola.

ml

conquista del voto, investendo i nostri giorni diproblematiche antiche e nuove.Il pensiero e la pratica neofemminista della differenzasessuale hanno, al contrario, collocato la conquista delvoto nella storia ormai conclusa dell’esperienzaemancipazionista che avrebbe nascosto la realtàfemminile nella ricerca dell’uguaglianza. In tutt’altradirezione andavano la proposta che Emma Baeri fece nel1997 per un nuovo Preambolo alla Costituzione chedefinisse una compiuta cittadinanza femminile, e, nellostesso anno, l’ultimo libro di Annarita Buttafuoco(Questioni di cittadinanza, donne e diritti socialinell’Italia liberale, Protagon editori toscani, Siena) in cuisi rilevava quanto la storia della cittadinanza femminilefosse intrecciata ai processi nazionali, e su ci fondassela sua politicità profonda.La problematicità marca il rapporto fra cultura femminilee politica da diversi punti di vista.Da un lato, il voto alle donne ha dato concretezzaall’astratta universalità dei diritti ma ha costretto la politicaa ripensare la dialettica fra “eguaglianza e libertà” peresprimere tutto il potenziale del binomio “uguaglianza-differenza” (Pietro Costa, Il discorso della cittadinanza’ e ladifferenza di genere, in Il genere dell’Europa Le radicicomuni della cultura europea e l’identità di genere, a curadi Andreina De Clementi, Biblink Editori, Roma 2003);dall’altro, le donne ottenendo il voto sono cadute nellatrappola della partecipazione ad un sistema di matricepatriarcale, fondato su un ordine simbolico che includeva lasubordinazione di una femminilità identificata nel materno,in cui rappresentazione culturale e marginalità socio-politica si sostenevano a vicenda (Il dilemma dellacittadinanza Diritti e doveri delle donne, a cura di Gabriella

Bonacchi, Angela Groppi, Laterza, Roma-Bari 1993).Porsi come soggetto differente è stato per le donne ilmodo politico di sgretolare tale ordine simbolico. Si èprofondamente modificato il rapporto fra pubblico eprivato, fra ordine sessuato ed ordine politico, fra centroe periferia, tra l’astratta “identità della Donna” e laconcretezza della realtà dei corpi e delle vite delle donne:si è affermata così, nella sua ampiezza e nella suaignorata visibilità, la «sfera pubblica femminile» (La sferapubblica femminile Percorsi di storia delle donne in etàcontemporanea, a cura di Mariuccia Salvati, DianellaGagliani, CLUEB, Bologna 1992).La politica, per , continua a ruotare intorno al soggettomaschile: per le donne è dunque essenziale definire ilproblema della rappresentanza (l’uguaglianza per essercinella politica) e della rappresentatività (cambiare lapolitica per affermare la differenza). Sono temirintracciabili in Maria Luisa Boccia, La differenza politica,Il Saggiatore, Milano 2002.È necessario che in quest’ordine di problemi sianocoinvolte le nuove generazioni, e dunque nel 1997 èstato pubblicato un libro rivolto alle scuole superiori, checontiene anche un’appendice didattica ed una propostadi laboratorio: Desiderio e diritto di cittadinanza LeItaliane e il voto, a cura di Maria Antonietta Selvaggio, Attidel convegno “A cinquant’anni dal voto delle cittadineitaliane valore e significati del suffragismo nellatradizione politica femminile” (Napoli 6-7 dicembre1995), La Luna Edizioni, Palermo. In occasione delsessantesimo anniversario molto materiale didattico èstato pubblicato nel web, soprattutto nei siti degli Istitutidella Resistenza a cui si accede dal portalehttp://www.italia-liberazione.it/it/.

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Questo rapporto descrive alcuni modelli dilaboratorio/gioco, sviluppati dall’insegna-mento di Didattica della Storia dell’Universi-tà di Bari e dal gruppo Historia Ludens, com-posto da allievi della stessa università e dadocenti operanti nelle scuole. Descrive anco-ra gli ultimi sviluppi di questi modelli, rea-lizzati con la collaborazione dell’InteractionVisualization Usability Lab (IVU) del Diparti-mento di Informatica della stessa Universi-tà di Bari.

“L 1

Egnazia è una città messapica, risalente al-l’VIII secolo a. C, diventata colonia romanadopo la conquista della Puglia. Durante l’Im-pero acquistò un’importanza straordinaria,dal momento che era il porto dal quale si tran-sitava verso i Balcani, da dove partiva la viaromana che si chiamava (e si chiama ancoraadesso) Egnatia. Cristianizzata, diventò unacittà bizantina e poi medievale, fino al XIVsecolo, quando venne definitivamente abban-donata. Gli scavi hanno messo in luce solo

Sul buon usodel cellulare:giocare nel sitoarcheologico diEgnazia

una parte della città, il resto è stato dissot-terrato, spesso abusivamente, dando luogo aun commercio mondiale di ceramica, nota intutti i musei del mondo come “ceramicaegnatina”.

La visita di un piccolo museo, molto ricco dimosaici e di oggetti della città, completa ilpercorso nel parco archeologico, ben recinta-to e visitabile in meno di un’ora.Qui abbiamo provato, circa quindici anni fa, ilprimo modello di “Una Giornata di Gaio adEgnazia”.2 Si trattava di trovare un sistema divisita che evitasse la presenza di una guida,sottraendosi al meccanismo “visita guidata”,che spesso risulta fallimentare per le scola-resche. Lo studente, infatti, durante una visi-ta guidata deve solo impegnarsi a compren-dere le spiegazioni della guida, senza svol-gere alcuna operazione volta all’interrogazio-ne delle fonti.3

La guida fornisce direttamente le risposte,quando, in realtà, ciò che rende un oggettodi studio interessante sta nel fatto che essoparla quando viene interrogato, risponde al-le nostre curiosità.La soluzione del gioco, una modalità educativapochissimo utilizzata in Italia, invece, applica-ta ai beni culturali permette di cambiare ap-proccio al sapere, di trasformarlo in un momen-to di conquista, divertimento e avventura.4

1. L’esperienza del gioco-

escursione “Una giornata

di Gaio” è iniziata nel 1993

ed è stata replicata centi-

naia di volte, con gruppi di

classi diverse o con docen-

ti in situazione di aggior-

namento. È a disposizione

dei professori che ne fan-

no richiesta e necessita

della presenza degli inse-

gnanti della classe e di un

esperto. I tempi di visita

sono di 2: 30 h – 3 h.

2. Per una ulteriore descri-

zione della versione carta-

cea del gioco cfr. Antonio

Brusa, Come evitare le vi-

site guidate e godersi una

testimonianza storica, in

La valenza dei beni cultu-

rali. Atti del convegno (Ra-

venna 21 Maggio 1999);

Antonio Brusa, Valentina

Sepe, La didattica dei beni

culturali, pubblicato on li-

ne nell’ambito del Progetto

Mentore, Azioni ORI 02,

* Si ringraziano:Maria Francesca

Costabile e i suoicollaboratori

(DipartimentoInformatica,

Università di Bari)Silvio Fiorello(Dipartimento

di Scienzedell’Antichità,

Università di Bari)La Scuola media

statale“Michelangelo”

di Bari

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“Una giornata di Gaio” simula la giornata dinove famiglie romane, indaffarate fra molte-plici impegni da svolgere nei diversi luoghidella città. I ragazzi, giunti sullo scavo, ven-gono divisi in gruppi. Ogni gruppo immede-sima una delle nove famiglie romane a cuiviene assegnata una casa all’interno dellacolonia. Ogni famiglia ha un suo libellumcontenente il regolamento del gioco, unapianta della città, alcune notizie sulla casaromana, una scheda-glossario, in cui vienedefinito ogni ambiente (il Foro boario, il Tem-pio degli dei orientali, la Basilica civile, ecc.),e “La giornata di un cittadino romano”,un’avventura-percorso, composta da 10 tap-pe, corrispondenti a strade, edifici e luoghidella città.I ragazzi si aggireranno nello scavo, per rico-noscere i luoghi e segnarli sulla pianta. Per-ciò, dovranno fare ipotesi, discuterle, tornaresui propri passi e correggerle. Al termine,giungeranno nella piazza porticata, dove ilmaster controllerà i loro percorsi (ci sono dueerrori, correggete, oppure, tutto va bene, ave-te vinto).Una buona strategia di gioco può essere quel-la di distribuire compiti e funzioni all’internodi ciascun gruppo: il paterfamilias potrà leg-gere “La giornata di un cittadino romano”, idue mensores geometri/esploratori) avrannol’incarico di scovare i posti e indicarli al com-pagno-notarius che ha il compito di segnarele tappe del tragitto sulla mappa. Un quintocomponente potrà consultare il glossario, ne-cessario per scoprire le caratteristiche rico-noscibili di ciascun ambiente e la loro speci-fica funzione. In aggiunta, un’abile spia po-trà svolgere la mansione meno nobile di cer-care di ricavare informazioni utili osservan-do gli altri gruppi, tenendo conto però cheogni squadra ha un percorso diverso da svol-gere, perché diverse sono le giornate dellenove famiglie.

Terminato il gioco, si va in un luogo riparatoe si discute della vita in una città romana edelle scoperte fatte dai ragazzi durante la vi-sita. Questa fase di debriefing dura, a secon-da delle situazioni, da mezz’ora a un’ora.

In tutte le sperimentazioni effettuate, non ab-biamo mai chiesto una preparazione antici-pata delle classi sui contenuti storici ineren-ti. Il gioco possiede in sé tutte le informazio-ni necessarie per potersi muovere con abilitàall’interno del parco e l’effetto scoperta risul-ta amplificato proprio dall’impressione di po-ter acquisire nuove conoscenze in autonomia,a contatto diretto con i luoghi e gli oggetti delpassato.Il debriefing aiuta a rielaborare, condivideree sistemare le nuove acquisizione, poi il pro-fessore, in classe, potrà pensare a una ulterio-re riutilizzazione degli elementi storici appre-si durante il gioco.“Una giornata di Gaio”, semplifica la com-plessità di un sito archeologico ampliamen-te stratificato come quello di Egnazia (dal IXsecolo a.C. all’età moderna). Ma questa sem-plificazione è la condizione necessaria affin-ché i ragazzi si muovano con libertà e possa-

ml

03, 04, tutorato disciplina-

re per la Facoltà di Lettere

e Filosofia, Corso di Laurea

in Scienze dei Beni Cultu-

rali, disciplina Didattica

della Storia e M. Corallo,

M. Iannone, V. Sepe, I be-

ni culturali: un patrimonio

mediato dalla didattica,

pubblicato on line sul sito

di Storia medievale curato

dal professor Licinio, nella

rubrica “Storia insegnata”

all’URL: http: //www.

mondimedievali. net/Sto-

riainsegnata/beniculturali.

htm.

3. Cfr. A. Brusa, L. Bresil,

Laboratorio 1, 2, 3, Edizio-

ni scolastiche Bruno Mon-

dadori, Milano 1994.

4. Per un approfondimen-

to su questo tema cfr. An-

tonio Brusa, Guida al ma-

nuale di Storia, Editori Riu-

niti, Roma 1985 e Brusa,

Bresil, Laboratorio…, cit.

Due contribuiti recenti su

questa questione sono di-

sponibili on line: M. Ceca-

lupo, E. MUSCI, Imparare

giocando: giochi e simula-

zioni nella didattica della

storia, materiale di studio

pubblicato on line e dispo-

nibile per gli iscritti al corso

di aggiornamento per do-

centi proposto da INDIRE

(Istituto nazionale di docu-

mentazione per l’innova-

zione e la ricerca educati-

va) www. indire. it e La

storia come gioco. Intervi-

sta di Bojana Petric a Va-

lentina Sepe, “Europapu-

glia. it” 2, marzo 2006. Pub-

blicata anche sul sito di

Storia medievale curato dal

prof. R. Licinio e disponibi-

le all’URL: http: //www.

mondimedievali. net/pre-

testi/gioco. htm.

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5 Sul buon uso del cellulare: giocare nel sito archeologico di Egnazia

204

no conoscere con intelligenza la storia di unparticolare momento della vita di Egnazia:osservino il sito analiticamente e ne memoriz-zino luoghi, nomi e funzioni.

L Il gioco realizzato ad Egnazia costituisce unmodello che è stato poi riutilizzato, a volte condelle varianti, per altri siti italiani. Questa mol-tiplicazione delle esperienze ci permette di in-dividuare le caratteristiche formali necessarie:� il sito deve essere relativamente poco este-

so e ben recintato, in modo da permettereagli allievi di muoversi con libertà;

� l’avventura, in questo caso “La giornata diGaio” con le tappe da raggiungere, deveessere breve affinché la lettura non prendamolto tempo;

� la descrizione delle emergenze architetto-niche deve utilizzare due elementi. Il pri-mo è un particolare immediatamente indi-viduabile anche se poco importante dalpunto di vista storico o architettonico (adesempio: il Tempio delle divinità orientaliha una decorazione con un pendaglio). Ilsecondo elemento, relativo alla funzionesociale del monumento (la Basilica è il luo-go dove si celebravano i processi), non ser-ve per individuare il monumento e per ri-solvere il gioco, ma per il debriefing (il mo-mento conclusivo del gioco che permettedi rapportare gli elementi ludici alla storiadel sito e degli elementi architettonici);

� la mappa deve essere muta. Si osservi cheun sito troppo ben attrezzato, con pannel-li e didascalie che spiegano tutto, non puòessere utilizzato in un gioco come questo.

La dinamica del gioco è semplice: i gruppi par-tono, cominciano rapidamente a riempire lamappa con le indicazioni dei luoghi rintraccia-ti, ma altrettanto rapidamente si accorgono de-gli errori. Tornano indietro e correggono. Man

mano che visitano poi, riescono anche ad anti-cipare i risultati. Le guide presenti sono statepregate (dal master) di non dare indicazioni. Inquesto caso non c’è bisogno di raccomandaredi non aiutare, dal momento che la pratica hamostrato come normalmente gli adulti accul-turati sbagliano nel suggerire le soluzioni…Sbagliare e correggere: questa attività, protrat-ta per circa un’ora nel sito porta gli allievi allasua memorizzazione perfetta. Per la sicurezzadel gruppo, si cerca di farli accompagnare o daun genitore o da un professore.

“La giornata di Gaio” è stata replicata esatta-mente come a Egnazia anche a Sepino, dovesi trova una città romana ben visitabile e aVelleja, nel Nord Italia. In altre realtà sonostate necessarie alcune modifiche. Ad esem-pio, a Monte Sannace,5 in una città di cui an-cora oggi non conosciamo il nome, i pannellididattici sono molto esplicativi (e quindi im-pediscono la dinamica di errore/correzione),per cui sono state introdotte alcune varianticome quella di proporre piccoli giochi per larisoluzione degli enigmi. Per visitare uno deipiù celebri monumenti della storia pugliese,il federiciano Castel del Monte, il gioco uti-lizza una metodologia similare attraverso l’os-servazione degli elementi architettonici chesvelano un probabile assassinio avvenuto nelcastello.6 A Potenza Picena, dove il sito èscarsamente visibile, oltre alla variante “gial-la” (scoprire un assassino e i motivi del de-litto), si è scelto di svolgere il gioco prevalen-temente in classe, utilizzando una plancia.7

A Gradara, resa celebre dalla storia d’amorefra Paolo e Francesca raccontata da Dante, lascoperta che gli allievi devono effettuare èsconvolgente: la città, infatti, è uno splendi-do esempio di falso medievaleggiante, co-struito intorno al 1920. Un gioco di successo,attualmente gestito dal Comune, che ha fuga-to i dubbi sulla sua valenza turistica.

5. Nella città senza nome.

Come esplorare l’area ar-

cheologica di Monte San-

nace, a cura di E. Ciancio,

C. Iacobone, Laterza, Bari

2000.

6. Corallo, Iannone, Sepe, I

beni culturali…, cit. Per

maggiori informazioni ri-

volgersi all’associazione

Historia Ludens: historia.

ludens@libero. it.

7. Ivi. Per maggiori infor-

mazioni rivolgersi all’as-

sociazione Historia Lu-

dens: historia. ludens@li-

bero. it.

8. Per maggiori informa-

zioni sull’applicazione cfr.

C. Ardito, P. Buono, M.

Costabile, R. Lanzilotti, T.

Pederson, An Augmented

Reality Game on Standard

Mobile Phones for Explo-

ring History at Archaeolo-

gical Parks, “In Proc. of In-

ternational Workshop on

Mobile and Networking

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Sulla base di questa sperimentazione, abbiamoiniziato il nostro lavoro con il Dipartimento diInformatica, che partiva da un’altra intuizione:quella di usare il cellulare come strumento peruna visita guidata in sostituzione delle strumen-tazioni esistenti, a volte molto costose e diffici-li da implementare, soprattutto, in realtà, pove-re nelle potenzialità di interazione con l’utente.Il nuovo gioco funziona “traducendo” il giocoesistente, ma le modifiche richieste dallamacchina ne fanno un prodotto diverso, le cuipotenzialità vanno ancora del tutto studiate.Sul cellulare, di tipo Smartphone, su cui è pos-sibile caricare l’applicazione,8 compare unabreve introduzione al gioco, disponibile perciascun gruppo:

Al gruppo viene affidata, oltre al cellulare, lapianta dello scavo, che gli permetterà diorientarsi fra i resti dell’antica città. Dopo duebrevi introduzioni, una di tipo tecnico sull’usodello smartphone e una funzionale alla conte-stualizzazione storica, le squadre-famigliepossono partire alla ricerca delle diverse tap-pe, indicate in maniera consequenziale sulcellulare.

Una volta riconosciuto l’ambiente indicato, ilpaterfamilias potrà digitare sul cellulare il co-dice affisso nei pressi di quel luogo,9 per poiprocedere con la tappa successiva.

Come per la versione cartacea, prima di poterrispondere correttamente è necessario consul-tare la voce del glossario inerente alla tappa datrovare: così si potranno conoscere informazio-ni utili per raggiungere la propria meta. Nellasimulazione con il cellulare il suggerimento ri-cavato dal glossario corrisponde a un aiuto pro-veniente dall’oracolo. Così si dovrà selezionarela voce “consulta l’oracolo” per ottenerlo.10

ml

Technologies for social

applications” (MONET

’07), Vilamoura, Algarve,

Portugal, Nov 25-30, 2007.

Lecture Notes in Compu-

ter Science, in corso di

stampa.

9. Prima del gioco, vengo-

no affissi all’interno del

parco diversi cartelli, non

troppo visibili, sui quali

sono indicati dei codici.

Naturalmente questi car-

telli sono sparsi in manie-

ra che soltanto alcuni cor-

rispondono ai luoghi da

trovare, altri invece sono

‘distrattori’.

10. Un esempio inerente

alla tappa “Basilica civi-

le”: “La Basilica civile era

il luogo dove si svolgeva-

no i processi. Era un am-

pio locale, circondato da

colonnati. Si distingue

dalla Basilica cristiana

che era un luogo di cul-

to”.

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5 Sul buon uso del cellulare: giocare nel sito archeologico di Egnazia

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Il gruppo che completerà prima il gioco si re-cherà presso il punto d’incontro, ma questavolta, a differenza che nell’attività originaria,non sarà il master a correggere le loro risposte,poiché i ragazzi dovranno ripercorrere le 10tappe del loro tragitto verificando attraversoil sistema che siano esatte. Infatti in questa fa-se i ragazzi, ridigitando i codici, potranno sape-re per ogni risposta se la loro scelta è corretta:in caso affermativo gli Dei li premieranno conla ricostruzione in 3d dei luoghi indovinati.11

Il programma, inoltre, memorizza il percorsonello scavo di tutti i gruppi (questo aspetto, nontrascurabile, consente di proporre una riflessio-ne metacognitiva alla classe che potrà discute-re sulle diverse strategie adottate), pertanto nel-la fase finale di debriefing è possibile proietta-re la mappa dei tragitti delle squadre e procla-mare la famiglia vincitrice. Seguirà il dibattitosui contenuti storici, sulla collaborazione all’in-terno dei gruppi e sull’efficacia o meno del cel-lulare per questo tipo di attività e per l’appren-dimento. Infine si potrà ricostruire insieme lamappa dello scavo, visualizzandone su scher-mo la pianta e trascinando le fotografie dei di-versi ambienti di Egnazia nel punto esatto.

L’incontro fra queste due realtà ha prodotto,a nostro parere, un risultato notevole per i se-guenti aspetti:

a) il sistema macchina/programma a bassocosto è facilmente realizzabile;

b) “La giornata di Gaio”, nella sua versioneinformatica realizzata ad Egnazia, è facil-mente applicabile anche in altre realtà, co-stituisce un prototipo adattabile a diversicontesti, non solo parchi archeologici maanche beni monumentali, ecc.;

c) dal punto di vista didattico permette un ti-po di visita non basata sulla “ostensione”,ma sulla scoperta, incoraggia un uso dellenuove tecnologie in funzione di una moda-lità di apprendimento moderna e realmen-te cooperativa;

d) la realtà virtuale viene utilizzata da una par-te come premio, dall’altra come strumentoper il debriefing. Quindi l’utilizzo del cellu-lare permette di gratificare l’utente e, nellostesso tempo, consente di fornire nuove in-formazioni specifiche, non facilmente tra-smissibili nella modalità tradizionale.

L 12

La prima sperimentazione è stata effettuatasu due classi della Scuola secondaria di primogrado13 divise in due gruppi i quali, in tempidiversi e senza incrociarsi, hanno svolto il gio-co informatico e quello cartaceo. I ragazzihanno risposto a un questionario subito dopoil gioco, permettendoci di confrontare i datirelativi alle due diverse versioni.

A termine di questa fase della sperimenta-zione i primi dati che si possono ricavare so-no i seguenti:� il gradimento è altissimo in ambedue i ca-

si, con una media leggermente più alta nelgioco con lo smartphone (9,37), che col car-taceo (9,09). Il gradimento di questo tipodi attività è ormai da tempo attestato e aquesto si aggiunge anche la soddisfazionedi un uso diverso di uno strumento quoti-diano nella vita delle giovani generazioni:

11. Per le ricostruzioni in

3d ci si è avvalsi della con-

sulenza di Silvio Fioriello

del Dipartimento di Scien-

ze dell’Antichità dell’Uni-

versità di Bari.

12. Per le domande del

questionario e i dati rica-

vati si consultino gli alle-

gati. L’attività di speri-

mentazione ha coinvolto la

cattedra di Didattica della

Storia (prof. Antonio Bru-

sa), Historia Ludens (nelle

persone di Maria Corallo e

Valentina Sepe) e il grup-

po del Dipartimento Infor-

matica (prof. ssa Maria

Francesca Costabile, Rosa

Lanzilotti, Carmelo Ardito

et al.). Inoltre l’attività è

stata osservata anche dal-

la dott.ssa Antonella De

Angeli, psicologa speri-

mentale presso la Man-

chester Business School,

The University of Manche-

ster, UK.

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207

alla domanda “Quanto ti è piaciuta questaesperienza da 1 a 10?”, uno studente ri-sponde «10+» e annota «(anche se per me100 anche per il cellulare)».

� La quantità di errori effettuati sostanzial-mente si equivale, con uno sbilanciamentonegativo nel caso dell’utilizzo dello smar-tphone. Quindi l’assimilazione dei contenu-ti, in generale molto efficace quando si pro-pone agli studenti un gioco di simulazioneben strutturato piuttosto che la tradiziona-le visita guidata, rimane sostanzialmenteinvariata nella versione con il cellulare.

� La difficoltà nel rintracciare alcune tapperisulta similare nelle due versioni, così co-me la difficoltà attribuita ad alcune tappe,in prevalenza quella fantasma. Questa tap-pa oggi non è visibile: si tratta di un ‘di-strattore’ ed è stata inserita per osservarela diversa dimensione della città antica ri-spetto al sito attuale. È stata interessantel’osservazione di un giocatore nella versio-ne con il cellulare: ha opportunamente in-dicato che l’ampiezza degli scavi attualinon permette di vedere tale tappa.

� L’uso del cellulare anche in un gioco asquadre, come “La giornata di Gaio”, è ri-sultato attuabile. Lo smartphone non è unelemento che modifica in chiave accentra-trice le dinamiche di gruppo, ma come nel-la versione cartacea tutti collaborano nel-l’utilizzo del materiale a disposizione e an-che il cellulare non resta sempre nelle stes-se mani. Alle domande relative alla collabo-razione all’interno dei gruppi quelli chehanno utilizzato la versione cartacea attri-buiscono una media del valore di 9,34 (inuna scala da 1 a 10) alla collaborazione deipropri compagni e di 8,96 alla propria conil resto del gruppo, mentre quelli che han-no giocato con lo smartphone attribuisconorispettivamente valori di 8,55 e di 8,25.

� La capacità di visualizzare l’immagine del-

la città è di 8,68 per il cartaceo e di 8 per laversione con il cellulare. Dai test emergeche la capacità di immaginare la città chiu-dendo gli occhi non è maggiore nel cam-pione che ha utilizzato il cellulare e quindiha potuto visionare, come premio degliDei, le ricostruzioni tridimensionali. Que-sto ci spinge a perfezionare la nuova ver-sione con espedienti che ci auguriamo ren-dano ancora più affascinante l’avventuradidattica in uno scavo archeologico.

� Il tempo impiegato a giocare è, in ambeduei casi, considerato mediamente sufficiente.L’idea che il tempo impiegato fosse breve èmaggiormente presente nei giocatori chehanno giocato alla versione cartacea.

Questa prima fase di sperimentazione delprototipo realizzato ha permesso di rilevareanche alcune carenze del sistema, segnalatedagli stessi ragazzi nei test. In primo luogol’impossibilità di ritornare sui propri passiuna volta compreso l’errore attraverso il pro-seguimento del percorso. Questo aspetto ca-ratterizza la versione cartacea. Sbagliare nelposizionare la tappa per poi ritornare a cor-reggere il proprio errore, infatti, è un aspettoirrinunciabile del percorso di apprendimen-to messo in atto da questa attività. La nuovaversione del gioco con l’ausilio dello smar-tphone sarà modificata in tale prospettiva einoltre sarà implementata permettendo di in-serire nuovi elementi funzionali all’immedesi-mazione e all’apprendimento di ulteriori co-noscenze. Oltre al miglioramento delle rico-struzioni in 3d dei diversi edifici presenti sul-lo scavo, il gruppo di lavoro sta progettandol’inserimento di voci, rumori e suoni, tutti ri-gorosamente contestualizzati.Il prossimo obiettivo è l’applicazione del mo-dello di Egnazia ad altri siti. Il primo caso checi proponiamo di verificare è quello di Casteldel Monte.

ml

13. Si tratta della Scuola

Media Statale Michelange-

lo, di Bari. Si ringraziano il

Dirigente Scolastico Gaeta-

no Scotto, i docenti e gli

alunni della II A e II G del-

l’A. S. 2006-7.

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ALLEGATO 1

208

osa ho imparato attraverso il gioco

4

2

1

���

8

7

6

5

uestionario su a giornata di aio

� �

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209

e mie impressioni sulla giornata

1 1

2

1

11

10

9

1 1

1 1

��

���

1 1

1 1

9

8

7

6

5

4

ml

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210

ustory è un’iniziativa nata inGermania dove, nell’ultimo mezzosecolo, la riflessione sul rapportodei giovani con la storia è stata, perragioni evidenti, particolarmente

intensa. Come da noi talvolta si svolgononelle scuole “competizioni” di latino (icertamen) o di matematica e scienze, così laPresidenza della Repubblica Federale diGermania ha promosso, a partire dagli anniSettanta, e grazie al supporto organizzativo efinanziario della fondazione Koerber, una“competizione” di storia per gli studenti dellascuola secondaria tedesca. Il successo è statonotevole, non solo per l’ampiezza dellapartecipazione (120. 000 studenti nell’arco di30 anni), ma anche per la ricchezza delmateriale raccolto intorno a tematiche chelegano la storia locale alla storia nazionale edeuropea e per l’interesse suscitato neglistudiosi e nell’opinione pubblica (sulGeschichtswettbewerb si è accumulata unabibliografia di 800 titoli).1

Dal 1996 l’iniziativa si è estesa alla Polonia,nel 2000 alla Repubblica Ceca esuccessivamente ad altri paesi dell’Europadell’Est e dell’Ovest, fino a giungere, nelsettembre 2001, alla creazione di una rete difondazioni e associazioni della società civileche coprono 18 paesi e che ha assunto ilnome di Eustory. Bielorussia, Bulgaria,Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Italia,Lettonia, Norvegia, Polonia, Romania, Russia,Scozia, Serbia e Montenegro, RepubblicaSlovacca, Slovenia, Svizzera, Ucraina e Gallessono i paesi nei quali, da quella data, sisvolgono ogni anno “competizioni” alle quali

Epartecipano centinaia di studenti. Dai suoiesordi sono più di 90. 000 i giovani europeiche hanno preso parte a questa competizione.L’Italia partecipa all’iniziativa dal 2004, grazieal sostegno economico della Fondazione perla Scuola della Compagnia di San Paolo. Ilconcorso è aperto a lavori individuali, digruppo o di classe. I premi consistono nellapossibilità per i vincitori di frequentare delle“accademie”, vale a dire delle settimane distudio e riflessione su tematiche della storiaeuropea che si tengono due-tre volte all’annoin uno dei paesi partecipanti.Di anno in anno la scelta dei temi è affidataall’ente responsabile dell’organizzazionedell’evento del paese ospitante; essa deveessere tale da consentire agli studenti laraccolta, la sistemazione e l’interpretazionedelle informazioni da fonti disponibili efacilmente accessibili. Questo per stimolarel’osservazione delle tracce che la storia halasciato nel proprio ambiente e nella memoriadei suoi abitanti. Così ritornanofrequentemente temi legati alla vita quotidianadelle generazioni dei padri e dei nonni, aimonumenti celebrativi di eventi o personaggi,alla storia delle migrazioni da e verso lapropria città o villaggio, alle trasformazionigenerazionali del lavoro, dei modi di abitare,dell’alimentazione e dell’abbigliamento, allememorie di guerra e di violenza, aicambiamenti nelle età della vita e nei rapportifamiliari, ai rapporti con altri popoli vicini olontani, e molti altri ancora. Non è esclusoche in futuro si giunga a proporre i medesimitemi contestualmente nei vari paesi. In questaprospettiva, di recente è stato chiesto a tutti i

Alessandro Cavalli

EustoryUna storia senza confini

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munduspanoramavincitori delle ultime edizioni dellacompetizione di scrivere un breve saggio sultema “Understanding differences, overcomingdivisions”. I lavori migliori sono statipresentanti in un workshop a Varsavia il 6-7dicembre 2007 e nel loro complessocostituiscono un materiale interessante percoloro che vogliano gettare uno sguardocomparativo sulle idee e i sentimenti cheattualmente si muovono tra i giovani europei.In Italia, dove i concorsi per studenti nonsono un tratto distintivo della culturascolastica, si è preferito ammettere solo lavoridi gruppo o di intere classi. I temi selezionatinel corso delle quattro edizioni del concorsofinora realizzate sono stati: “Migrazioni inItalia negli anni Ottanta e Novanta” (2004);“Innovazione tecnologica e vita quotidiana nelsecondo dopoguerra” (2005); “Città ecampagna: un rapporto che cambia neltempo” (2006); “Confini che uniscono econfini che dividono” (2007). Per il 2008,invece, è stato scelto il tema “Luoghi dellamemoria di ieri e di oggi”.2

Oggi, quasi ovunque, per la gran parte deigiovani la storia è un mondo lontano edistaccato sia sul piano conoscitivo cheemotivo. L’insegnamento scolastico, il piùdelle volte, non aiuta ad avvicinare i giovanialla storia. Questo distacco è dovuto allaconvergenza di diversi fattori: la diffusapersistenza di pratiche didattiche fondatesull’assorbimento passivo del contenuto dilibri di testo tradizionali; il predominioschiacciante della storia politica rispetto allaquale è difficile per i giovani riconoscere lastoricità della realtà nella quale vivono; losmaccato “uso politico” dell’insegnamentodella storia che è stato fatto nel passato, etalvolta anche nel presente, soprattutto neipaesi che hanno vissuto esperienze totalitarie;infine, i processi di rimozione e oblio chespesso oscurano a scuola la trattazione dellastoria più recente.L’ostacolo di un’impostazione libresca e

“passiva” dell’insegnamento può esseresuperato da una spinta decisivaall’innovazione didattica, la cui promozione èuno degli obiettivi primari di Eustory. InEuropa, meglio e più che in altre parti delmondo, la storia non si legge solo nei libri. Ilpaesaggio è ricco di tracce del passato, espesso anche nelle case si conservano oggettie reperti che risalgono alle generazionipassate, per non dire della frequente presenzadei nonni e dell’opportunità di ricorrere allaloro memoria. Basta poco per stimolare lacuriosità e aiutare i giovani a riconoscere lastoricità di ciò che li circonda e della lorostessa esistenza per sollevarlidall’appiattimento eccessivo sul presente, chesembra essere una delle caratteristiche dellegenerazioni attuali. Una volta acquisitamentalmente questa dimensione, anche illibro, se ben fatto, non è più un catalogo dieventi remoti.Il predominio della storia politica, nonchédella storia militare, è stato in passato untratto saliente dell’insegnamento della storia.Oggi, di fronte a generazioni che nutronoscarso interesse per la sfera politica, una storiache parla di vicende remote che nonsembrano avere alcun rapporto con il modoattuale e con la vita di tutti i giorni passasopra la testa dei giovani senza suscitarecuriosità e lasciare semi capaci di germogliare.E poi c’è la grande questione dell’ “usopolitico” della storia. Quest’ultimo fattore pesacertamente sull’immagine dell’insegnamentodella disciplina e i giovani forse, losospettano, sebbene non ne siano del tuttoconsapevoli. Non c’è dubbio che la storiaspesso è stata usata per erigere barriere:l’accentuazione esclusiva dell’identitànazionale; la trasmissione non solo di unorgoglio di appartenenza ma anche di unsentimento di superiorità nazionale,accompagnati dalla svalutazione del vicino edel diverso (per razza, cultura, religione); lagiustificazione delle politiche di

1 . Per mag gi o ri in-

fo rmazioni cfr. h t t p :

/ / w w w. ko e r b e rs t i f-

t u n g . d e / we t t b ewe r-

b e / ge s ch i ch t swe t t b e-

we r b /

2 . Il bando, con sca-

d e n z a il 31 marzo 2008,

è pubblicato sul sito

h t t p : / / w w w. fo n d a-

z i o n e s c u o l a . i t / a t t i v i-

t à / b a n d o e u s t o ry.

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discriminazione, persecuzione e addirittura digenocidio. La storia dell’insegnamento dellastoria ci rivela che lo scopo è stato tutt’altroche favorire la pacifica convivenza tra ipopoli.Come risulta dalla Eustory Charta,3 ovverodalla “dichiarazione di intenti” delleorganizzazioni che le hanno dato vita, Eustorysi colloca in una fase storica caratterizzatadall’appannamento delle concezioni esclusivedi nazione, dalla formazione dell’UnioneEuropea come entità semi-statualesopranazionale e dalla transizionedemocratica dei paesi dell’Est europeo.In questa fase emerge una nuova prospettivafondata sul superamento dei pregiudizi e delleantiche contrapposizioni tra “noi” e gli “altri”,sulla ridefinizione delle identità collettive, sulconfronto tra prospettive interpretativediverse, sulla valorizzazione delle storienegate delle vittime e degli sconfitti, sulripensamento delle controversie tra razze,culture, religioni, etnie, minoranze emaggioranze. In questa prospettiva assumonorilevanza aspetti e dimensioni chel’insegnamento della storia ha in passatotrascurato: l’affermazione dei diritti umani e

civili, i rapporti tra i generi, la storia delledonne, le migrazioni di individui, gruppi eintere popolazioni, le trasformazioni indottedalla scienza, dall’economia e dalla tecnica, irapporti con l’ambiente naturale, i processi diinterazione e ibridazione tra culture, e altriancora. La prospettiva europea non devequindi significare il passaggio da una visionenazione-centrica ad una visione euro-centrica.Vuole però sottolineare come oggi l’Europa,per non pretendere più di essere al centro delmondo e per essere entrata nella fase post-nazionale, può trovarsi in una posizioneprivilegiata per favorire l’affermazione di unmodo non sciovinistico di affrontare lo studiodella storia.Per quanto riguarda il metodo, l’intento è dipromuovere una prospettiva multipla in cui lastessa realtà storica sia osservatasistematicamente da svariati punti di vista,confrontando fonti e materiali, ricostruzioni einterpretazioni diverse, nella convinzione chela verità storica, nella misura in cui siapossibile accostarla, possa emergere soltantodal confronto tra molteplici prospettive diricerca e dagli interrogativi che appaionorilevanti per il presente.4

Alessandro CavalliEustory - Una storia senza confini

3 . C f r. h t t p : // www.

ko e r b e rs t i f t u n g .d e / i n-

t e rn a t i o n a l e _ ve rs t a e n-

d i g u n g / e u s t o ry / o n / p d

f / e u s t o ry _ ch a rt e r.p d f.

4 . Nel prossimo nu-

m e ro di «Mundus» se-

g n a l e remo gli svilup-

pi dell’iniziativa e, i n

p a rt i c o l a re , i lavo ri

che saranno ri s u l t a t i

v i n c i t o ri nell’edizione

2008 della competi-

zione che si svo l ge r à

in Italia.

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213

mp

1 . L’ i n i z i a t i va è stata

o rganizzata dall’Uni-

ve rsità degli Studi di

M a c e rata e dall’Age n-

zia nazionale per lo

sviluppo dell’autono-

mia scolastica (ex IN-

D I R E ) .

2 . Le sezioni in cui si

è articolato il conve-

gno sono state: “ L e

collezioni pubbl i ch e

di quaderni scolasti-

c i ” ; “La pro p ag a n d a

s o t t i l e . Il quadern o

come strumento di

c o municazione di

m a s s a ” ;“Le collezioni

p u bbl i che di quader-

ni scolastici”;“La fa-

vella e la lingua. I l

q u a d e rno come fo n-

te per la storia della

l i n g u a ” ;“ Tra le suda-

te carte… Il quader-

no come fonte per la

s t o ria della didattica

e dell’educazione

s c o l a s t i c a ” ;“Le scri t-

t u re infa n t i l i ” ;“ C o p e r-

tine e copert i n a i . I l

q u a d e rno come fo n-

te per la storia dell’il-

l u s t ra z i o n e ”

3 . Citazione tra t t a

d a l l ’ i n t e rvento intro-

d u t t i vo di Onora t o

G rassi (Commissari o

s t ra o rd i n a rio del-

l ’ A genzia nazionale

per lo sviluppo del-

l’autonomia scolasti-

ca di Fi re n z e , I t a l i a ) .

4 . I n t o rno a questo

tema metodologi c o

c e n t rale è stata la re-

lazione di Roberto Sa-

ni (Unive rsità di Ma-

c e ra t a , Italia – Pre s i-

dente del Comitato

s c i e n t i fico intern a z i o-

nale) dal titolo “ Q u a-

d e rni di scuola: u n a

fonte complessa per

la storia delle culture

s c o l a s t i che e dei co-

stumi educativi tra

Ottocento e Nove-

c e n t o ” .

5 . B a r b a ra Salotti (Bi-

blioteca comunale di

I m p ru n e t a , I t a l i a ) ,“ I l

fondo ‘ M a ria Maltoni’

della Biblioteca co-

munale dell’Impru-

n e t a ” .

Quaderni di scuola.Una fonte per la storia

delle culture scolastiche e dei costumi educativi traOttocento e Novecento

Schulheft, cahier, cuaderno, cadern o ,t e t r a d) costituisce una fonte estre m a m e n t ecomplessa, oggetto di molteplici livelli dilettura, situabile al confine tra diversediscipline: storia della pedagogia e delladidattica, storia dell’illustrazione edell’editoria, storia sociale dell’infanzia,linguistica e antropologia culturale. Diversesono le ragioni che spiegano come questotipo di documento, caratterizzato dad i fficoltà di reperimento e conservazione, siagiunto fino a noi: talvolta per negligenza daparte degli istituti scolastici, che,fortunatamente, a distanza di anni, nonhanno distrutto il materiale didatticoconservato nei loro archivi, come prassivuole; talaltra per lungimiranza oromanticheria da parte di alcuni collezionistiprivati; infine, semplicemente, per larobustezza del materiale che ha permesso laconservazione di alcuni quaderni a discapitodi altri meno re s i s t e n t i .5

Rossella Andreassi

al 26 al 29 settembre 2007 si èsvolto a Macerata un convegnoi n t e rnazionale di studi dal titolo“ Q u a d e rni di scuola. Una fontecomplessa per la storia delle

c u l t u re scolastiche e dei costumi educativi traOttocento e Novecento”.1 Grazie all’apportodi studiosi provenienti da numero s euniversità e centri di ricerca di tutto ilmondo, è stato possibile appro f o n d i re ,nell’ambito delle diverse sezioni,2 lo studiodel quaderno di scuola come fonte storicadelle culture scolastiche e dei costumieducativi. I quaderni di scuola diventano unaporta che si apre verso il mondo di chi lascuola l’ha vissuta, una porta sui verip rotagonisti che sono gli allievi e, insieme,gli adulti “educatori” che si nascondonod i e t ro quelle “scritture bambine”.3

Uno degli argomenti più dibattuti è statoil possibile uso del quaderno come fonte:4 i lq u a d e rno scolastico (e x e rc i s e - b o o k ,

D

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214

Si è a lungo discusso anche sullareperibilità, conservabilità e consultabilitàdei quaderni, evidenziando la grandericchezza delle collezioni pubbliche e lanecessità, da un lato, di tro v a re dellemetodologie per una messa in rete di questipatrimoni, dall’altro, di distinguere tra lecollezioni raccolte in maniera casuale, cioèsenza una previa selezione da parte deglieducatori, e le raccolte conservate in serie atestimonianza delle ricadute dell’operato deidocenti (per esempio, i quaderni conservatinegli archivi delle scuole).6 G r a n d eimportanza per queste funzioni di raccolta,conservazione e studio, rivestono insiemeagli Archivi anche i Centri Universitari7 e iMusei della Scuola.8

Per sopperire a una delle tante diff i c o l t àper lo studio dei quaderni, e cioè la lororeperibilità, l’Agenzia Nazionale per loSviluppo dell’Autonomia Scolastica (exINDIRE) ha escogitato una soluzioneattraverso la creazione del software FISQED,grazie al quale è stato possibile eff e t t u a re lacatalogazione informatica di ben 14. 000q u a d e rni. Questo avvio di catalogazionei n f o rmatica, ampliato a tutte le altrecollezioni esistenti ma non accessibili almomento, darebbe certamente unapossibilità in più per la ricerca in questoc a m p o .9

Il quaderno scolastico si propone comefonte utilissima anche per lo studio dellastoria della lingua, giacché esso consente diindividuare l’incidenza delle forme dialettalinell’educazione linguistica, le origini e glisviluppi dell’italiano insegnato a scuola.10

Diversi contributi hanno sottolineato come ilquaderno costituisca un fondamentalestrumento per lo studio del processo ditrasmissione e ricezione nell’ambito scolastico,o anche per analizzare i mutamenti delladidattica nelle scuole, come hanno dimostratoi contributi sulla didattica dell’aritmetica el’analisi svolta dai maestri sui quaderni deipropri alunni. Molti hanno ricordato come siafondamentale l’intersezione di questa fontecon altre, come, ad esempio, i programmiscolastici, i diari dei docenti, i libri di testo.Senza questa intersezione di fonti il quadernorimarrebbe un documento parziale efacilmente fraintendibile.11

A rgomento d’analisi sono state pure le“ s c r i t t u re bambine”, e in particolare lad i fficoltà di discern e re la scritturadisciplinata da quei pochi spazi riservati allascrittura spontanea,1 2 quest’ultima quasi deltutto assente, se non in rarissimi casi e perdi più nei “quaderni di brutta”.1 3

Molto suggestivi sono stati i risultatidell’analisi condotta sui quaderni scolasticip rovenienti da paesi come la Spagna,

Rossella AndreassiQuaderni di scuola. Una fonte per la storia delle culture scolastiche e dei costumi educativi tra Ottocento e Novecento

6 . Se ne è parlato a

l u n go nella sezione “ L e

collezioni pubbl i che di

q u a d e rni scolastici”,i n

cui sono interve nu t i :

Elena D’Ambro s i o

(Istituto di storia con-

t e m p o ranea “Pier A m a-

to Pe rre t t a ” di Como,

I t a l i a ) ,Pompeo Vag l i a-

ni e Francesco Pizzigo-

ni (Fondazione Ta n c re-

di di Barolo di To ri n o ,

I t a l i a ) ,M i chela D’Ales-

sio (Unive rsità degli

Studi del Molise,I t a l i a ) ,

Milena Cossetto (Libe-

ra Unive rsità di Bolza-

n o , I t a l i a ) ,A n n e m a ri e

Au g s chöll (Libera Uni-

ve rsità di Bolzano, I t a-

l i a ) ,B ra n ko Sustar (Slo-

venski Solski Muzej di

L j u bl j a n a , S l ove n i a ) .

7 . I n t e rve nuti il Cen-

t ro di Ricerca e Docu-

mentazione della Sto-

ria della Fo rm a z i o n e

in Alto A d i ge e il Cen-

t ro di documentazio-

ne e ri c e rca sulla sto-

ria delle istituzioni

s c o l a s t i ch e , del libro

e della lettera t u ra per

l ’ i n fanzia dell’Unive r-

sità del Molise.

8 . P resenti ra p p re-

sentanti del Museo

della Scuola – Sch u l-

museum di Bolzano,

Museo della scuola e

del libro per l’infa n-

zia di To rino – Fo n d a-

zione Baro l o , il Slo-

venski Solski Muzej

di Ljubl j a n a , S l ove n i a .

9 . M a risa Tri g a ri (Age n-

zia nazionale per lo svi-

luppo dell’autonomia

scolastica di Fi re n z e ,

I t a l i a ) ,“Il sistema docu-

m e n t a rio nazionale FI-

S Q E D :un pro getto del-

l ’ A genzia nazionale per

lo sviluppo dell’auto-

nomia scolastica”.

1 0 . Luisa Revelli (Uni-

ve rsità d’Aosta, I t a l i a ) ,

“Tra il detto e il taciu-

t o . Omissioni ed

emendamenti lingui-

stici negli scritti infa n-

tili d’inizio Nove c e n-

to in Valle d’Aosta”;

Matilde Biondi (Uni-

ve rsità di Fi re n z e , I t a-

l i a ) ,“ R a c c o n t a re scri-

ve n d o : t ratti ve rn a c o-

l a ri nei quaderni di

San Gers o l è ” ;A l b e rt o

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215

l ’ A rgentina, l’Unione Sovietica, l’Italia neglianni dei regimi autoritari e totalitari,soprattutto per la questionedell’indottrinamento attraverso i canali dellap ropaganda e della comunicazione di massa.

A l t rettanto determinante per l’analisidella fonte “quaderno” è lo studiodell’illustrazione e della cura con cui leideologie imperanti in un determ i n a t omomento storico hanno sfruttato, conrisultati eccellenti, questo piccolo spazio“editoriale” per la comunicazione di massa.1 4

Basti pensare alle serie di quaderni pro d o t t edurante il regime fascista con un chiarointento pro p a g a n d i s t i c o .

Il convegno di Macerata ha offerto anchela possibilità di visionare i materiali di studioattraverso l’allestimento di tre diverse mostre .La mostra “I quaderni di scuola nelNovecento: la produzione industriale diC a r t i e re Paolo Pigna” oltre che testimoniarel ’ o p e rosità di queste cartiere già dal 1870,1 5

ha consentito agli studiosi di visionare dalvivo sia gli esemplari di quaderni, sia alcunimacchinari dell’industria cartiera. Non a casodurante il convegno è stata introdotta unadefinizione interessante di “quaderno”: nonsemplice prodotto di cancelleria, nétantomeno un prodotto esclusivamenteeditoriale, bensì un “prodotto industriale”i n t rodotto dopo la metà dell’800, quando i

q u a d e rni non furono più composti in manieraartigianale da maestri e allievi piegando ifogli e cucendoli alla meglio, ma re a l i z z a t icome prodotto di fabbrica.1 6 Il quaderno disuo non è vettore di contenuti, ma lo diventanel momento in cui il bambino e l’adultoinseriscono le inform a z i o n i .

La Mostra itinerante “Tra banchi eq u a d e rni”, curata da Paolo Ricca(Associazione «Il salotto verde», Italia), haavuto il pregio di pre s e n t a re non soltantouna ricchissima collezione di quaderni (circ a1000 esemplari), che vanno dal 1863 al 1961,ma anche la ricostruzione di un’auladidattica degli anni ’40 del Novecento.

Una grande ricchezza per gli studii n t e rnazionali è stata rappresentata dallaMostra “Un cahier d’écolier qui apprend àé c r i re de chaque pays du monde”, a cura diHenry Merou (Association “En marge descahiers”, Francia), che ha portatoall’attenzione diversi esempi di quaderni damolti paesi del mondo.

In conclusione, i quadern ir a p p resentano, o meglio potre b b e ror a p p re s e n t a re, una grande ricchezza per unar i c e rca interdisciplinare; essi, tuttavia,p resentano molti limiti e molti lati fragili cheesigono una attenta e scrupolosa cura daparte degli storici per poter giungere ariflessioni che siano di vera critica storica.

mp

B a rasse (Unive rsità del

M o l i s e ) ,“I mu t a m e n t i

dell’italiano scolasti-

co nei quaderni moli-

sani tra Otto e Nove-

c e n t o ” .

1 1 . A tale pro p o s i t o

utili gli interventi di

Ana Maria Badanelli

( U n i ve rsidad Nacional

de Educación a Di-

s t a n c i a , S p ag n a ) ,“ C u a-

d e rnos de ro t a c i ó n ,

c u a d e rnos de debe-

re s : un estudio com-

p a ra d o ”e Laura Mart í-

nez Martín (Unive rs i-

dad de Alcalà de He-

n a re s , S p ag n a ) ,“ E d u-

car para emigra r, e m i-

grar para educar…”.

1 2 . Quinto A n t o n e l l i

(Museo Storico in

Tre n t o , I t a l i a ) ,“I qua-

d e rni di Vi t t o ri o ,un ita-

liano d’Au s t ria (1906-

1 9 1 3 ) ” .

1 3 . M i rella D’Ascen-

zo (Unive rsità di Bo-

l o g n a , I t a l i a ) , “Tra teo-

ria e pratica didattica:

i quaderni del fo n d o

‘A l b e rto Caldera ra ’ ”

1 4 . Alle illustra z i o n i

dei quaderni è stata

dedicata un’intera ses-

sione del conve g n o

“ C o p e rtine e copert i-

n a i . Il quaderno come

fonte per la storia del-

l ’ i l l u s t ra z i o n e ” , in cui

sono interve nuti Pa o-

la Pallottino (Unive rs i-

tà di Macera t a , I t a l i a ) ,

Francesca Ta n c i n i

( U n i ve rsità di Siena,

I t a l i a ) ,Francesca Cesa-

ri (Unive rsità di Geno-

va , I t a l i a ) , G i ova n n a

A l a t ri e Francesca Ga-

g l i a rdo (Unive rsità de-

gli Studi Roma 3,I t a l i a )

1 5 . Sulle vicende del-

le Cart i e re Pigna du-

rante il convegno è

stata presentata una

e s a u s t i va relazione da

Anna A s c e n z i ( U n i ve r-

sità di Macera t a , I t a-

l i a ) ,“Le Cart i e re Pigna

e i quaderni scolastici

della “ Terza Italia”

( 1 8 7 0 - 1 9 4 5 ) ” .

1 6 . Ju ri Meda (Age n z i a

nazionale per lo svilup-

po dell’autonomia sco-

lastica di Fi re n z e ,I t a l i a ) ,

“Il quaderno come pro-

dotto editori a l e ” .

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XVI Conferenza annualedella World History

Association

216

Jerry Bentley, Ralph Croizier

al 28 giugno al 1 luglio 2007 si ètenuta a Milwaukee, nelWisconsin, la XVI Confere n z aannuale dalla World HistoryAssociation (WHA). L’Università

del Wisconsin insieme alla Marq u e t t eUniversity hanno ospitato l’evento e off e r t oc a l o rosa accoglienza ai partecipanti allac o n f e renza. Vi hanno preso parte quasi 300membri provenienti prevalentemente dagliStati Uniti oltre che da Europa, Australia,Canada e Cina.Grazie ai fondi della World HistoryAssociation, accessibili agli studiosi di tuttoil mondo, è stato possibile finanziare lapartecipazione di due studiosi dellaRepubblica popolare cinese: il Prof. ZhangWeiwei dell’Università di Nankai e il Pro f .Gao Yanli dell’Università di Pechino.Durante i tre giorni della conferenza sonostati presentati quasi 130 articoli esposti su48 pannelli. I contenuti dei pannelliabbracciavano un ampio ventaglio dia rgomenti e di approcci: alcuni siconcentravano sui risultati delle più re c e n t ir i c e rche, altri su aspetti teorici più ampi e sualcune questioni pratiche dell’insegnamentodella storia mondiale, sia a livello diistruzione secondaria che post-secondaria.Sin dal suo esordio, ben venticinque anni fa,la World History Association ha fatto del

Dsodalizio tra ricerca e insegnamento uno deisuoi princìpi fondamentali. Data l’enorm eascesa negli ultimi anni della storia mondialenelle scuole superiori e nei corsi di laure auniversitari statunitensi, tale principio haacquistato una maggiore rilevanza nellaf o rmazione delle nuove generazioni dicittadini, negli Stati Uniti ma anche altro v e ,in quanto parte del mondo globalizzato.Indice di tale espansione è la notevolec rescita dei corsi avanzati di storia mondiale,che forniscono agli studenti delle scuolesuperiori una formazione di livellouniversitario. Cinque anni fa, 20. 000studenti hanno sostenuto il primo esame distoria mondiale; nel 2007 il numero deglistudenti ha superato i centomila.Naturalmente i corsi AP (A d v a n c e dPlacement Pro g r a m)1 hanno occupato unruolo centrale nella conferenza, all’intern odei pannelli e nelle discussioni inform a l i .L’attuale presidente della World HistoryAssociation, Michael Forman, è stato findall’inizio una delle forze trainanti dei corsiAP di storia mondiale.Il tema della conferenza del 2007 dal titolo“ E s p a n d e re orizzonti, far cro l l a re fro n t i e re :M i c ro e macro nella World History” è statoesaminato nel corso di due interventi svoltisinelle sessioni plenarie. Il primo intervento èstato curato dal Dr. Marnie Hughes-

1 . C f r.R3 p.5 8 .

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Warrington dell’Università Macquarie diSidney (Australia), che ha presentato unarelazione dal titolo “Le scale della Wo r l dHistory: antichisti, medievisti e modernisti ele loro scelte”. Prendendo spunto da studiosipoco conosciuti e da scrittori di fama che sisono cimentati nella scrittura di storie delmondo dal XVII al XIX secolo, Hughes-Warrington ha esplorato le vari ei m p e rcettibili vie in cui il “macro” ha off e r t ospunti al “micro” e viceversa. Il secondointervento è stato affidato a Jean Fleet dellaScuola pubblica di Milwaukee, la quale hap resentato una relazione dal titolo“Ricostruzione e World History: tra teoria epratica”, durante la quale la relatrice halanciato una sfida agli insegnanti,spingendoli ad appro f o n d i re le pro p r i econoscenze su concetti come, ad esempio,“ i m p e ro”, che troppo spesso vienebanalizzato e semplificato.P rotagonista assoluta delle pre c e d e n t iedizioni del convegno, la “Grande Storia”non ha mancato di attirare l’interesse deglistorici di tutto il mondo anche in questaoccasione. Un’intera sessione, infatti, è statadedicata alle questioni pedagogiche da essasollevate, aff rontate sia nelle relazioni sia neip a n n e l l i .Molti pannelli sono stati dedicati a questioniconnesse all’insegnamento, specificatamenteai corsi AP di storia mondiale; altri si sonoconcentrati su argomenti e problemi specificic o r redati da conoscenze pratiche e teoriche.Da segnalare, inoltre, il gran numero dipannelli dedicati alle religioni del mondo, atestimonianza di un allargamento deglii n t e ressi che fino alle più recenti edizionierano rivolti prevalentemente alla storiaeconomica e ambientale.Gli argomenti dedicati alle questionireligiose portano titoli come “Religione e

incontri interculturali”; “Definire le re l i g i o n iglobali”; “Integrare la re l i g i o n enell’insegnamento della World History”. Ilgrande interesse per le pro b l e m a t i c h ereligiose ha spinto alcuni partecipanti af o rm a re un sottogruppo all’intern odell’Associazione finalizzata all’indaginedella religione nella World History.L’interesse per la dimensione spirituale non havoluto segnare la scomparsa della storiamateriale dal programma della conferenza:sessioni dedicate alla storia delle merci vihanno avuto ampio spazio. Sono stati espostipannelli dedicati a temi come “Network ecultura materiale”, in cui si sono esaminati gliambienti sociali degli scambi delle merci;“Giada liquida o tè pomeridiano”, dedicato altè e alla storia delle merci da un punto divista teorico; “Una bevanda globale: la birranella storia mondiale”, tema particolarmenteappropriato per una conferenza a Milwaukee,storica capitale nordamericana della birra. Inalcuni pannelli sono state illustrate letematiche metodologiche e geografiche deisuddetti argomenti.Due monografie si sono occupate dellastoria del commercio e dell’espansioneeconomica e culturale dell’Europa edell’America alla fine del XIX secolo. Laterza monografia, dal titolo “Divinità dellabirra e birraie: storia della cultura della birrae delle donne dalla Mesopotamia aMilwaukee”, è una chiara focalizzazionesulle questioni di genere .Dalla globalizzazione alla “Grande Storia”,dal tè alla birra, il programma ha off e r t ocibo per l’intelletto che i partecipanti hannot rovato stimolante e rinfre s c a n t e .La XVII edizione della Conferenza annualedella World History Association avrà luogo agiugno del 2008 presso il College “QueenMary” dell’Università di Londra.

mp

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Fra storiografia nazionaletatara e storiografia

federale russa:un convegno a Kazan

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Marat M. Gibatdinov, Mieste Hotopp-Riecke

Kazan, capitale della Repubblicadel Tatarstan, si è tenutonell’aprile del 2007 un convegnoi n t e rnazionale dal titolo alquantospinoso “La storiografia in Russia

oggi: tendenze della ricerca e costruzione diuna politica educativa nazionale”. Uno deitemi centrali del dibattito è stato quale storiai n s e g n a re per ridurre la xenofobia el’intolleranza nazionalistica che simanifestano all’interno della societàmultinazionale della Federazione Russa.

La Repubblica del Tatarstan è una delle 85entità politico-amministrative che formano laFederazione russa, e fra le 21 Repubblichefederali è una delle più interessanti e floridesotto il profilo economico e politico.

Al convegno hanno partecipato storici,sociologi, docenti e politici, invitatidall’Istituto di storia “S. Mardzani”dell’Accademia delle Scienze, dal Ministerodell’Educazione e dall’Unione degli insegnantidi storia del Tatarstan, con il patrociniodell’International Society for History Didacticse di EUROCLIO (“European StandingConference of History Teachers’Associations”).

Gli interventi dei partecipanti hannofornito un’ampia panoramica sullo statodell’insegnamento della storia nellaFederazione russa, ponendolo a confronto

Aanche con le esperienze europee e asiatiche.Sulla base dei dati emersi da questa disamina,si è richiamata l’attenzione sulla validità di unapproccio multiculturale alla storia inqualsivoglia parte del mondo. In particolare,si è discusso sull’efficacia dell’insegnamentodella storia nel prevenire e superare problemiinteretnici e interreligiosi all’interno dellaFederazione russa.

Una delle discussioni più controverse,infatti, è stata quella che si è sviluppataintorno alla decisione del Ministerodell’Educazione di Mosca di introdurre in tuttolo Stato l’insegnamento della religione,provvedimento che viene recepito dallapopolazione non russa come un tentativo didiffondere la cultura della maggioranza slavo-ortodossa. In questo contesto si è quindifocalizzata l’attenzione sull’analisi dellerappresentazioni dei rapporti islamico-cristianinei testi scolastici della Federazione russa.

A questo convegno, inoltre, va il merito diaver offerto l’opportità di aprire un tavolo diconfronto e di discussione tra gli storici dellaregione Volga-Urali e gli studiosi che lavoranonelle istituzioni federali di San Pietroburgo eMosca, alla ricerca di possibili soluzioni allacontroversia sui manuali scolastici interna allaFederazione russa. E di fatto, le posizionidegli esperti delle istituzioni federali di Moscae quelle degli studiosi della “periferia” si sono

1 . E n t rambi gli ag ge t-

tivi russkij e ro s s i j-

s k i j sono tra d u c i b i l i

in italiano con “ ru s-

s o ” : m e n t re il pri m o

t e rmine indica un ca-

ra t t e re etnico e lin-

g u i s t i c o , il secondo

ha piuttosto una de-

notazione ge o - p o l i t i-

c a .Nella ve rsione ori-

ginale tedesca di que-

sto articolo la distin-

zione è stata effi c a c e-

mente resa tramite gli

ag ge t t i v i , ri s p e t t i va-

m e n t e , ru s s i s c h e ru-

s s l ä n d i s c h [N. d . T.] .

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scontrate inesorabilmente.I partecipanti al convegno di Kazan sono

così entrati nel vivo della controversia. Levarie componenti della Federazione russa –repubbliche, territori, province – hanno lapossibilità di pubblicare propri manuali adiffusione locale, che tuttavia devono essereapprovati dalle autorità federali centrali.All’interno di queste ultime prevale unaprospettiva storica di tipo russkij e nonrossiskij,1 al contrario di quanto viene invececaldeggiato dagli studiosi della “periferia”.Anche solo nella scelta degli aggettivi relativialle istituzioni o alle unità amministrative siriaccendono vecchie controversie. E così,mentre gli studiosi tatari e baschiripartecipanti al convegno optavano per iltermine rossijskij, quelli provenienti da Moscausavano senz’altro il termine russkij. Agliocchi degli studiosi musulmani ciò significa lasopravvivenza di atteggiamenti imperiali ecentralistici.

Al momento della sua fondazione, laFederazione russa venne chiamataufficialmente “Rossijskaja Federacija” e non“Russkaja Federacija”, perché il primoaggettivo, derivato dal sostantivo Rossija(inteso come territorio politico russo), includeanche le etnie non-russe. Se si tratta delpopolo russo o della cultura di lingua russa, siutilizza il termine di russkij, se invece si trattadella Russia come entità statale allora siutilizza l’aggettivo rossijskij. Anche latraduzione ufficiale della costituzione delloStato tiene fede a questa variante.

Gli accesi dibattiti che si sono sviluppatidurante le sessioni del convegno, e che sisono protratti nei corridoi anche dopo gliinterventi, possono aver destato sorpresa neipartecipanti provenienti dall’Europaoccidentale. Di fatto si tratta di una questionefondamentale che definisce la visione che glistudiosi hanno della propria storia nazionale –tatara, baschira o russa (russkaja) – e diquella comune della Federazione (rossijskaja),

nonché della loro presentazione nei manualidi storia. Inoltre nel Tatarstan si operaun’ulteriore distinzione fra la storia dellaRepubblica – la storia tatarstana – e quellaetnica – la storia tatara.

Mentre dunque alcuni studiosi del “centro”seguono ancora oggi l’impostazione sovietica,secondo cui esisterebbe tutt’al più solo lastoria tatarstana ma non quella tatara, glistudiosi appartenenti alle minoranze nazionalifanno esplicito riferimento alla propria storiacome a qualcosa di autonomo.

Il direttore del “Centro per lo studio dellacultura patria all’Istituto di storia russa(rossijskaja) dell’Accademia federale dellescienze”, Alexander Golubëv, nel corso di unavivace discussione è arrivato ad affermare chei Tatari e i Mongoli non hanno realizzato nulladi rilevante sul piano storico, dal momentoche non avrebbero lasciato nessun’operaarchitettonica, artistica o letteraria di valore.Questa dichiarazione non ha mancato disuscitare pesanti obiezioni da parte deglistorici locali. Il rappresentante baschiro RusanGallymov ha sottolineato come la storia russafino al XVI secolo sia stata soprattutto la storiadei popoli turchi: Kipciaki, Cumani,Peceneghi, Tatari, Bulgari e altre popolazioniturche si insediarono infatti nei territori daOdessa fino al lago d’Aral, determinandone lastoria. La storia dei popoli turchi – hacontinuato Gallymov – non deve essereridotta al “giogo dei Tatari”. Eppure è proprioquesta l’impressione che si ricava dai manualiscolastici federali, ha affermato MaratGibatdinov, storico e presidente dell’unionedegli insegnanti di storia del Tatarstan. Imanuali scolastici della Federazione russaforniscono un quadro di un passatopuramente russkij e anche quelli regionaliediti da istituzioni moscovite trattano solomarginalmente delle minoranze etnico-religiose. Si tratta di una forte contraddizionerispetto alla realtà multietnica emulticonfessionale della Federazione.

mp

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A favore di una prospettiva mondialeequilibrata sulla storia turco-tatara-slava inEurasia si sono schierati Rais Sihelislamov,Ministro per l’educazione e la scienza delTatarstan, Rafael Hakimov, direttoredell’Istituto di storia dell’Accademia dellescienze del Tatarstan e consigliere delPresidente di questa repubblica, e MirkasimUsmanov, vicerettore dell’Università statale “V. I. Lenin”. Sihelislamov ha evidenziatocome ci siano già le premesse per unarappresentazione più bilanciata della storia ecome sia oggi possibile produrre manualiscolastici regionali capaci di riflettere lecaratteristiche etnico-culturali del territorio. In tale contesto – ha proposto Sihelislamov –dovrebbe essere presa come esempio lapositiva esperienza della Germania, dove leminoranze nazionali sono oggetto diinsegnamento. Di contro, nei manuali federalirussi le etnie non russe sono state finoracompletamente ignorate. Sihelislamov hacriticato aspramente il persistente rifiuto daparte delle autorità centrali preposteall’istruzione di riconoscere la realtàmultietnica della Federazione russa.

I rappresentanti delle università e delleunioni degli insegnanti del territorio Volga-Urali hanno sostenuto caldamente l’istituzionedi un centro di ricerca pedagogico e didatticodella Federazione Russa, al fine di realizzarenuovi manuali scolastici federali che sirichiamino ai metodi e alle esperienze piùinnovative dell’insegnamento della storiamessi in campo in altre società multiculturali,nonché alla moderna didattica della storia.Una mozione in tal senso è stata propostainsieme all’Istituto di storia dell’Accademiadelle scienze del Tatarstan.

Fra i relatori venuti dall’estero, Yang Biao(East China Normal University, Shanghai), ha

messo in luce il rapporto esistente negli Statidell’Asia orientale fra nazionalismo einsegnamento della storia, e il modo in cui lediverse memorie storiche nazionali vengonoposte in conflitto fra di loro. Mustafa el-Halougi (Al-Azhar University, Il Cairo) haparlato dell’importanza della storia pers v i l u p p a re una mutua comprensione fraE u ropa e mondo arabo-islamico, illustrandocon esempi tratti dai manuali europei comesopravvivano ancora taluni errori nellar a p p resentazione dell’Islam. Hanno inoltresuscitato grande interesse le relazioni di LuigiCajani (Università “La Sapienza”, Roma), daltitolo “Per un curricolo transculturale distoria mondiale”, e di Simone Lässig,d i rettrice del Georg-Eckert-Institut füri n t e rnationale Schulbuchforschung diBraunschweig, dal titolo “Verso un manualee u ropeo di storia?”.

Un accordo di cooperazione fra il Georg-Eckert-Institut e l’Istituto “S. Mardzani”, alloscopo di sviluppare una ricerca comune sulladidattica della storia e sulla produzione di libriscolastici, è stato sottoscritto dai rispettividirettori nel corso del convegno ed statosalutato con un applauso dagli oltre 150studiosi presenti. Mirkasim Usmanov,vicepresidente dell’Accademia delle scienzedel Tatarstan, ha rimarcato il significatodell’accordo:

Solo se ci si relaziona in modo corre t t ocon la propria storia e con quella degli altrip e rcependola come storia “comune”, e solose si presta attenzione anche all’esperienzadi altri paesi, riusciremo a lavorare per unf u t u ro di pace; e questo grazie ai manualiscolastici che riconoscono una re a l t àm u l t i religiosa e multietnica. Solo attraversouna lettura obiettiva del passato possiamoi m p a r a re per il futuro .2

Marat M. Gibatdinov, Mieste Hotopp-RieckeFra storiografia nazionale tatara e storiografia federale russa: un convegno a Kazan

2 . Per ulteri o ri info r-

mazioni cfr.h t t p :/ / t a t a-

rove d . ru / a c t i o n s / ko n-

gre s s .

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il tema Il secolo di Auerbacha cura di Riccardo Castellana e Guido MazzoniRiccardo CastellanaIntroduzioneErich AuerbachRomanticismo e realismoChristian RivolettiPostfazione a «Romanticismo e realismo»Francesco OrlandoI realismi di Auerbach (intervista a cura di Giuseppe Tinè)Riccardo CastellanaSul metodo di AuerbachGuido MazzoniAuerbach: una filosofia della storia

teoria e criticaFredric Jameson«La Cousine Bette» e il realismo allegoricoJérôme MeizozPostura e campo letterarioAssia DjebarLa scrittura dell’espatrio (intervista a cura di Giovanna Taviani)

il presenteAlberto CadioliGli intellettuali e le trasformazioni dell’editoria in ItaliaMario DomenichelliGli intellettuali e la cultura neoconservatricenegli Stati UnitiMargherita GaneriBourdieu, Jameson e l’impegnoRomano LuperiniIntellettuali, critica letteraria e globalizzazione

canone contemporaneoDaniele BaliccoFredric Jameson, Postmodernism, or the

56luglio/dicembre 2007

a l l e g o r i aper uno studio materialisticodella letteratura

rivista semestrale

diretta da Romano Luperini

anno XIX

terza serie

amministrazione e pubblicitàvia B. Ricasoli 59, 90139 Palermo,tel. 091588850 fax 0916111848

abbonamento annuoItalia: privati Euro 35,00 / Estero: Euro 45,00

prezzo di un singolo fascicoloItalia: privati Euro 19,00 / Estero: Euro 24,00

annate e fascicoli arre t rati costano il doppio.

ISSN 1122-1887

CCP 16271900 intestato a G. B. Palumbo & C. E d i t o re S. p. A . Periodici - Pa l e r m o

per l’abbonamento on-line consultare il sitow w w. p a l u m b o e d i t o r e. i t

Cultural Logic of Late Capitalism, 1991Emanuele ZinatoAbraham B. Yehoshua, Il responsabile dellerisorse umane, 2004

il libro in questioneSebastiana Nobili, Pierluigi Pellini,Massimiliano TortoraFederico Bertoni, Realismo e letteratura. Unastoria possibile

insegnare letteraturaPier Paolo FrassinelliGlobalizzazione, eurocentrismo e storia dellaletteratura. Franco Moretti ed Edward Said

tremila battutea cura di F. Petroni, A. Baldini, A. Viti,P. Landi, T. de Rogatis, L. Giorgi, G. Tinè,V. Baldi, G. Lauri-Lucente, R. Talamo,F. Ivaldi, A. Izzo, F. D’Intino, M. Tortora,M. Moretti, G. Pianigiani, G. Taviani

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T.E.A.C.H.Teaching EmotiveAnd ControversialHistory 3-19

Sebbene il curricolo nazionale siaflessibile e incoraggi gli insegnanti ascegliere i contenuti adatti da diffonderenelle loro classi multiculturali, nellapratica, alcuni insegnanti trovanodifficoltà. I motivi sono tanti: dalla relativafamiliarità dei temi tradizionali al timore didare rappresentazioni sbagliate di certiargomenti offuscati da controversie.1

L a storia è controversa in molteplici modi.Dai dibattiti storiografici fra accademici al-

le diverse interpretazioni di storie di famiglia, l adiscussione e la contestazione giocano un ru o-lo fondamentale nella disciplina.Alcuni aspet-ti del passato, ciascuno con modalità proprie,hanno la potenzialità di provocare reazionie m o t i ve . La natura delicata di un determ i n a t oa r gomento può differire a seconda della nazio-n a l i t à , d e l l ’ a p p a rtenenza etnica, del colore edel credo,e per questo motivo gli insegnanti di

1storia e gli educatori hanno bisogno, e in ma-niera sempre crescente, di acquisire consape-volezza delle risposte e delle reazioni sensibi-li ed emotive dei propri alunni.“Insegnare la storia emotiva e controversa 3-1 9 ” è un rapporto del British Historical A s s o-ciation sulle sfide e sulle possibilità di inse-gnamento della storia emotiva e controve r s aad alunni compresi nella fascia d’età dai 3 ai19 anni.2 Esso è il risultato di un’indagine ef-fettuata da un gruppo di cinque ricercatori ededucatori insegnanti di storia e sov ve n z i o n a-ta dal Department for Education and Skills.O b i e t t i vo dell’indagine è quello di fungere dastimolo per un’ulteriore ricerca nel settore del-l’insegnamento di questioni controversiali nel-la storia, sebbene essa stessa rappresenti giàun eccellente punto di part e n z a .Il rapporto è articolato in più sezioni. La primae la seconda sezione sono costituite, r i s p e t t i-va m e n t e , dall’introduzione e dal sommario;segue una terza sezione in cui si esamina ilcontesto attuale in cui insegnare i problemidi storia emotiva e controversa; la quarta ana-lizza i limiti di tale insegnamento; la quintasezione offre un ampio ventaglio di resocon-ti di esperienze didattiche concrete sull’argo-m e n t o , proponendo un esempio per ciascunodei punti chiave del curricolo degli alunni trai 3 e i 19 anni di età. Pa rt i c o l a rmente utileagli insegnanti di storia e agli educatori è lasesta sezione, in cui sono presentate quattroesperienze didattiche condotte da esperti dein u ovi orientamenti storiogr a f i c i . Tra le questio-ni di storia controversa affrontate rientranol’insegnamento dell’Olocausto, della tratta de-gli schiav i , e di questioni scottanti relative al-le storia musulmana. Il rapporto si concludecon le raccomandazioni per il futuro e l’inv i t oad ulteriori ricerche.Mentre alcune sezioni affrontano le part i c o-lari esigenze degli alunni di una certa età,altre si occupano di questioni di caratterepiù ge n e r a l e .Per non creare ulteriore confusione su argo-menti già di per loro natura controve r s i , il rap-p o rto introduce fin da subito una definizioneche ha contribuito a orientare gran parte dellad i s c u s s i o n e , e cioè che «lo studio della storiapuò essere emotivo e controverso dove c’è oviene percepita un’ingiustizia […] dove ci so-no disparità tra la storia insegnata a scuola,storie di famiglia o di comunità e altre storie.»Va da sé che un tema può essere completa-

mente accettato da una classe ed essere for-temente controverso in un’altra: l’abilità di ge-stire entrambe le situazioni è affidata com-pletamente all’insegnante. Se molti insegnan-ti di storia presumono di poter insegnare unal u n ga sfilza di temi senza curarsi troppo del-la sensibilità dei propri alunni, a l t r i , di contro,vi prestano maggiore attenzione. E il rappor-to rappresenta un utile, primo passo proprioper quest’ultima tipologia di insegnanti.Per certi ve r s i , la relazione avrebbe potuto ri-sentire dell’attenzione parossistica verso laquestione dell’educazione anti-terroristica sca-tenata dagli eventi dell’11 settembre 2001 edel 7 luglio 2005, soprattutto in relazione al-le preoccupazioni del Ministro dell’Istru z i o n eLord A d o n i s .3 Tu t t av i a , gli autori della relazioneevitano questo rischio ponendo l’insegnamen-to della storia controversa ed emotiva specifi-catamente nell’ambito della disciplina stori-c a . Essi suggeriscono «un equilibrio di cono-s c e n z e , capacità e comprensione in cui gli stu-denti sono attivamente impegnati nei proces-si di storia piuttosto che come ricevitori passi-vi di informazioni frammentarie.» Da ciò l’im-p o rtanza di pianificare lezioni basate sulla me-todologia dell’approccio-indagine, e di incen-trare le lezioni sui concetti di “ c a m b i a m e n t o ” ,“ d i f f e r e n z a ” , “nesso casuale” e “ i n t e r p r e t a z i o-n i ” . È questo il fondamento storico che confe-risce al rapporto un certo rigo r e .Pianificare il coinvolgimento emotivo deglia l u n n i , i n o l t r e , a rricchisce il panorama dell’in-segnamento della storia. Come si afferma nel-la relazione: «gli studenti hanno la necessitàdi riflettere su ciò a cui sentono di dover es-sere fedeli, sui loro molteplici interessi e iden-t i t à , e di riconoscere il fatto che ognuno è al-lo stesso tempo un i n s i d e rs e o u t s i d e r r i s p e t-to a qualcosa, e che i loro valori possono es-sere conflittuali e possono cambiare.» Ciòs p i n ge gli studenti oltre il livello puramentec o g n i t i vo dell’apprendimento, c o n s e n t e n d oloro di riconoscere l’importanza dello studiodelle società passate e di impegnarsi moltopiù a fondo nella disciplina storica.Un altro punto importante su cui il rapport oinsiste è che in Inghilterra ci sono degli osta-coli e delle difficoltà nell’insegnamento dellastoria emotiva e controve r s a . Dopo aver elen-cato alcune delle più evidenti preoccupazionidettate dalla mancanza di un’adeguata rifles-sione teorica, di un continuo aggiorn a m e n t oprofessionale degli insegnanti e di sufficienti ri-1 . Da un discorso del 12 marzo 2007 tenuto da Lord A d o-

n i s , Ministro dell’istruzione del Gove rno inglese; per ulterio-ri dettagli cfr. http: //new s . b b c . c o . u k / 1 / h i / e d u c a-tion/6045534. stm]. 2. Cfr. www.history.org.uk 3. Cfr. nota 1.

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mundusbibliotecas o r s e , ve n gono sollevate questioni più delica-t e , come la prevenzione dei rischi e la possibi-le mancanza di equilibrio nell’insegnamento.Le ragioni di tali atteggiamenti ve n gono spie-gate soprattutto col fatto che «in situazionip a rticolari gli insegnanti di storia non sonodisposti ad affrontare questioni storiche trop-po controverse o comunque legate alla sto-ria con cui gli studenti entrano in contatto ac a s a , nella loro comunità o in luoghi di culto.»I punti di forza del rapporto risiedono proprionella sua volontà di affrontare tali sfide, s u g ge-rendo anche il supporto necessario affinché glia l l i evi possano avere accesso ad una pluralitàdi chiavi interpretative su questi argo m e n t i .Da recenti indagini condotte su studenti mu-sulmani è emersa una sfiducia di fondo nell’in-segnamento di taluni aspetti della storia mu-s u l m a n a . Pe rt a n t o , il paragrafo del rapport oT. E . A . C . H .dedicato a questo argomento dov r e b-be diventare una lettura indispensabile per tut-ti i corsi di formazione degli insegnanti di storia.Farid Pa n j w a n i , docente presso l’Istituto per lostudio delle civiltà musulmane della A ga KhanU n i versity di Londra, ha messo in evidenza al-cune delle questioni controverse che posso-no dare adito a equivoci nell’insegnamentodella storia musulmana. Egli individua una po-tenziale area di scontro tra la critica storica ela storia confessionale dell’Islam, di cui moltistudenti musulmani sono portatori in classe.Panjwani osserva anche che le conoscenzesulle culture musulmane sono in continuo di-venire: si tratta, i n f a t t i , di «un campo di studiovibrante che, al contempo, approfondisce lesue tematiche convenzionali e sperimenta pro-s p e t t i ve nuove.» E questo, c e rt a m e n t e , p o t r e b-be condurre a una nuova pluralità di prospet-t i ve nelle classi in cui si insegna storia.Questo rapporto intende essere soprattuttoun’introduzione all’analisi delle questioni po-ste dall’insegnamento di una storia emotiva ec o n t r ove r s a .Alcune delle indicazioni contenu-te nella sezione finale possono essere appli-cate nella realtà quotidiana dagli insegnantistessi: in part i c o l a r e , quella che suggerisce dinon trattare separatamente le questioni emo-t i ve e controve r s e , ma di inserirle nel contestopiù generale dello studio del passato.Altre in-d i c a z i o n i , i nve c e , per essere realizzate, n e c e s s i-tano di interventi dall’estern o . Una di queste,che peraltro potrebbe anch’essa divenire con-t r ove r s a , è che gli insegnanti «debbono esserei n c o r a g g i a t i , i nvece che penalizzati, se stimo-lano questo tipo di dibattiti in classe, e che chisi assume questo tipo di rischi dovrebbe es-

sere difeso dalla dirigenza scolastica in casodi contestazione da parte dei genitori o di gru p-pi organizzati.» Questo tipo di indicazioni im-plicano un alto livello di fiducia nella profes-sionalità degli insegnanti, una professionalitàche è assolutamente indispensabile per rea-lizzare questo compito.Affrontare questa sfidaè peraltro l’unico modo per impedire che l’inse-gnamento diventi noioso o irr i l evante sul pianop o l i t i c o . Questo rapport o , d u n q u e , non deveessere semplicemente letto: deve essere dif-f u s o , d i s c u s s o , sostenuto e messo in pratica.

Mary Woolley

I videogiochi di Storia

Di alcuni videogiochi qui passati in rassegnaè stata realizzata una serie; fra un gioco e ilsuo seguito, t a l v o l t a , sono cambiate le caseproduttrici e di distribuzione. Si è cercato dii n d i c a re , quando re p e r i t e , quelle del primogioco o di specificare i cambiamenti. I riferi-menti sono relativi alla versione in italiano.Le schede e le relative informazioni sui giochisono tratte e rielaborate dagli indirizzi webcitati [N.d.C.].

Dalla preistoria ad oggi (e oltre)

�Titolo: Age of Empires�Software House: Ensemble Studios�Distributore: Microsoft (che ha

acquistato Ensemble)�Anno di produzione: 1997�Scheda tratta da http: //www.

ildomenicale. it/approfondimento. asp?id_approfondimento=8

2

Dall’età della pietra a quella del bronzo, la tri-bù protagonista del gioco, a colpi di mouse,d eve svilupparsi in un impero, l avorando perraccogliere materie prime, c o s t ruire edifici,p r o d u rre beni e, s o p r a t t u t t o , addestrare solda-t i . Sta a chi gioca gestire al meglio queste ri-s o r s e , umane ed economiche, per raggiunge-re l’obiettivo finale, cioè conquistare l’interamappa di gioco sconfiggendo gli av versari conla forza. Oltre ai due A ge of E m p i re s e alle ri-s p e t t i ve espansioni, più di recente è uscitoA ge of Mythology, che aggiunge al mix unostuolo di creature mitologiche e divinità gr e-c h e , egizie e nordiche.

�Titolo: Civilization�Software House: Sid Meier�Distributore: MicroProse Software, Inc.�Anno di produzione: 1991�Scheda tratta da http: //www.

abandonia.com/games/it/14/Civilization1. htm

Civilization è un classico che ha dato originea una serie. Il giocatore sceglie la popolazio-ne (Romani, G e rmanici ecc.), il livello di diffi-coltà e il numero di civiltà. Il gioco parte conun solo cittadino che ha il compito di costru i-re la prima città in un luogo adatto. Una vo l-ta costruita la città, si addestrano unità e sic o s t ruiscono edifici, compiendo nuove sco-p e rte a partire da quelle più antiche, come laru o t a . L’ o b i e t t i vo è costruire una navetta spa-ziale e mandarla fino ad Alpha Centauri. D o-po aver fatto ciò e aver vinto la part i t a , è pos-sibile continuare fino alla sconfitta di tutte lealtre civiltà.

�Titolo: Empire Earth�Software House: creato dalla Stainless

Steel per i Sierra Studios�Distributore: Leader�Anno di produzione: 2001�Scheda tratta da http: //www. zapster.

it/videogioco/Empire-Earth/recensione/165/compra

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In E m p i re Eart h il giocatore può controllareuna civiltà attraverso ben quattordici ere dif-ferenti (dalla preistoria al futuro). Ogni era ècaratterizzata da una serie di unità, di risorsee di capacità delle popolazioni. Le unità di-sponibili vanno dal contadino armato di ba-stone ai più moderni c y b o r g da combattimen-t o , passando per falangi, b i p l a n i , s o t t o m a r i n in u c l e a r i , p o rtaerei e carri arm a t i . Gli esercitipossono essere comandati dai grandi perso-naggi della storia: A n n i b a l e , Giulio Cesare, N a-p o l e o n e , Rommell; mentre i cittadini possonoe r i gere meraviglie quali la biblioteca di A l e s-sandria e il Colosseo. È possibile creare e x -n o v o c i v i l t à , scenari e campagne.

�Titolo: La máquina del tiempo delpequeño aventurero

�Software House: Zeta Multimedia�Distributore�Anno di produzione: 2006�Scheda tratta da http: //www.

horizonteweb. com/revision/tiempo. htm

Grazie ad una macchina del tempo il giocato-re si muove lungo una linea del tempo chegli consente di entrare in contatto con ottosocietà del passato. In questo modo interpre-ta un eroico esploratore della storia, impara lastoria e la ge o gr a f i a , scopre culture differenti,col fine di trovare un personaggio scompar-

so: il professor Ti m e S t e i n .È possibile svo l gere quiz a risposta multiplaper verificare quello che si è appreso e ascol-tare le risposte esplicative; conservare note ef o t o grafie relative ai periodi storici visionati.

�Titolo: Frankie el explorador�Software House: Knowledge Adventure�Anno di produzione: 2002�Scheda tratta da http:

//consultacatalogo. educa. madrid.org/info_producto. php?nfo=84&page=6&path=2_6

Frankie è l’ultimo personaggio creato da que-sta casa produttrice di software educativi spa-gnola che ha realizzato una serie di giochi perfar conoscere il Mondo e la sua storia. Il giococonsiste nell’entrare in una macchina del tem-po con due compagni di viaggio per vivere av-venture emozionanti in luoghi incredibili dellastoria come l’Egitto (dove è possibile costru i r euna sfinge , s c r i vere messaggi segreti ecc.), i lSudamerica (dove si scopre chi erano gli Incae chi sono i lama), la Cina e l’Antart i d e .A t t r averso l’esplorazione, il giocatore può co-noscere popoli e luoghi lontani nel tempo enello spazio.

�Titolo: Total War�Software House: SEGA, Creative

Assembly�Anno di produzione: 2000 (Shogun: Total

War)�Scheda tratta da http: //it. wikipedia.

org/wiki/Total_War

Total Wa r è una serie di videogame del ge n e-re “strategico a turn i ” . Esistono quattro giochidella serie che si differenziano per ambienta-zione oltre che per sofisticatezza:S h ogun: Total Wa r, ambientato nel Giapponem e d i evale fino al 1600 circa; M e d i eval: Total Wa r,ambientato nel Medioevoeuropeo dal 1087 al 1453; Rome: Total Wa r, ambientato al tempo dell’Im-pero romano dal 264 a. C . al 14 a. C.; M e d i eval II: Total Wa r, ambientato dal 1080al 1530.

Storia antica

�Titolo: Ankh�Software House: Take-Two�Distributore: Take-Two�Anno di produzione: 2006�Scheda tratta da http: //www.

spaziogames. it/content2/archivio/articolo. asp? id=5075&zona=pc

La storia, ambientata al Cairo, n a rra di un gio-vane di nome A s s i l , p r o t a gonista di questa esi-larante av ve n t u r a , che ruba la chiave dellaGrande Piramide per organizzare una festiccio-la con i suoi amici. Qualcosa di strano accadeal nostro personaggio che si ritrova colpito dauna maledizione che rischia di farlo morire nelgiro di poche ore.Ma se ciò non fosse accadu-t o , Assil non si sarebbe imbattuto nell’Ankhmagica e nella donna dei suoi sogni e nonavrebbe vissuto l’av ventura più bella della suav i t a . Il gioco è del genere “punta e clicca”.

�Titolo: Egypt 2. La profezia di Heliopolis�Software House: Cryo Interactive�Distributore: Microids�Anno di produzione: 2000�Scheda tratta da http: //www.

adventuresplanet. it/schede. php?game=egypt2

Page 225: scuolalab.edu.ti.ch rivista... · © G. B. Palumbo & C. Editore S.p.A. Palermo Periodico semestrale Autorizzazione del Tribunale di Palermo n. 9 del 5 febbraio 2008 Direttore †

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H e l i o p o l i s , la Città del Sole. L u o go ricco di co-n o s c e n z e , dedicato al culto del Dio Ra, n e l1360 a. C . Heliopolis è una delle più impor-tanti città dell’Egitto.La storia ha inizio quando una terrificante epi-demia minaccia di distru g gere la prestigiosac i t t à . Ti f e t , g i ovane sacerdotessa di Sekhmet,dea della malattia e della medicina, inizia lasua ricerca di una cura per salvare il propriopadre adottivo e tutti gli abitanti di Heliopolis.Tra misteriose rivelazioni e strane scomparse,la ricerca di Tifet rivelerà legami sospetti trapotere e religione.

�Titolo: Odissea. Sulle tracce di Ulisse�Software House: Cryo Interactive

Entertainment�Distributore: Microids�Anno di produzione: 2003�Scheda tratta da http: //www.

adventuresplanet. it/schede. php?game=odissea

Su richiesta di Pe n e l o p e , che non ha più no-tizie di Ulisse da anni, Eriseo parte alla ricer-ca del suo vecchio amico. R a g g i u n ge dappri-ma Tr o i a , l’ultimo posto dove è stato visto ilcapo delle truppe achee. Raccogliendo indizisu Ulisse, man mano che prosegue la sua av-ve n t u r a , Eriseo visita le isole del Mar Ege o ,scopre universi da sogno e discende negli in-f e r i . Destinato ad affrontare prove mort a l i , d o-vrà combattere contro terrificanti creature (Ci-c l o p i , G o r gone ecc.). D ovrà sventare i pianidegli dèi, sfuggire ai complotti degli agenti diPoseidone e resistere al fascino di seducentim a g h e .

�Titolo: Caesar�Software House: Impression Games�Distributore: Sierra On-line�Anno di produzione: 1993 (Caesar I)�Scheda tratta da http: //it. wikipedia.

org/wiki/Caesar; http: //www. sierra.com/landing/home. html

Il gioco è ambientato al tempo dell’antica Ro-m a . Il giocatore veste dapprima i panni di unaspirante gove rn a t o r e , e può quindi costruire egestire un’antica città romana e la sua prov i n-c i a . Da gove rn a t o r e , i nve c e , d ovrà curare il pia-no regolatore della città e assicurarsi che i cit-tadini dispongano del necessario per esserein salute, felici e al sicuro dalla minaccia deib a r b a r i . Se ha svolto bene il proprio lavoro ilgiocatore viene premiato con importanti cari-che politiche, fino a diventare il nuovo Cesare.Il tema di questo videogame è stato sviluppa-to ed ampliato nelle successive edizioni: C a e-sar II, Caesar III, Caesar IV ( 2 0 0 6 ) .

�Titolo: Rome. Caesar’s will (solo versionein inglese)

�Software House: MontparnasseMultimedia

�Anno di produzione: 2000�Scheda tratta da http: //www.

mobygames. com/game/rome-caesars-wil; http: //www. gamesover. com/walkthroughs/Rome%20Caesar. htm

Si tratta di un gioco educativo , a m b i e n t a t onel 44 a. C . Il giocatore interpreta un va l o-roso legionario romano che alla fine del ter-

zo atto deve parlare ai cittadini di Roma perevitare la condanna a morte della sua ami-ca Au r e l i a , la quale è stata accusata ingiu-stamente di aver av velenato il marito. Il gio-c a t o r e , i n o l t r e , d eve svelare la trama che sicela dietro l’assassinio di Cesare. Durante ilgioco egli visita i luoghi, chiacchiera con ipersonaggi e raccoglie indizi, d i s p o n e n d operò di un tempo limitato.Il gioco contiene anche un’enciclopedia sullastoria dell’antica Roma.

�Titolo: Imperium Civitas�Software House: Haemimont Games�Distributore: FX Interactive�Anno di produzione: 2006�Scheda tratta da http: //www. gamez.

it/videogioco/Imperium-Civitas/recensione/2814/compra

La serie I m p e r i u m è fortemente incentratasulle battaglie e sulle strategie belliche. I m-perium Civitas, i nve c e , è meno incentratosui combattimenti e più orientato al c i t y -b u i l d i n g e alla gestione di un sistema so-c i o - e c o n o m i c o . Man mano che il giocoava n z a , si deve tener conto anche del fatto-re strategico rappresentato dai rapporti coni popoli barbari vicini, che possono essereconquistati piuttosto che assediati. Le ri-sorse sono strettamente legate alle areege o gr a f i c h e , ragion per cui, in alcuni casi, l ematerie prime necessarie e non producibi-li direttamente devono essere ottenute at-t r averso scambi commerciali.

Storia medievale

�Titolo: Il Mistero Di Notre Dame (akaParis 1313)

�Distributore: Microids

mb

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�Anno di produzione: 1999�Scheda tratta da http: //www.

adventuresplanet. it/schede. php?game=notredame

Il gioco è ambientato nella Parigi medieva l edell’epoca di Filippo il Bello. Al culmine diuna grande festa organizzata sul sagrato diN o t r e - D a m e , A d a m , un giovane inve n t o r e ,sparisce misteriosamente. Tra le rive dellaS e n n a , il Palazzo Reale, le baracche e le ta-ve rne parigine ricostruite in 3D, il giocatoreva a caccia di indizi, scegliendo tra tre dive r-si punti di vista, a seconda del personaggioche decide di interpretare.

�Titolo: Iter-Itineris�Software House: Haemimont Games�Distribuzione: FX Interactive�Anno di produzione: 2003�Scheda tratta da http: //www.

aprendergratis. com/iter-itineris-una-nueva-manera-de-aprender-historia. html

I t e r - I t i n e r i s è un gioco interattivo on-line am-bientato nell’Europa del 1349. P r o t a go n i s t isono i membri della famiglia Zwing. Il padreintraprende per motivi commerciali un viag-gio a Ve n e z i a , che ha il suo culmine a San-t i a go di Compostela, passando per città comeF r a n c o f o rt e , B e r ga m o , P i s a , B a r c e l l o n a .Il gioco si compone di sei capitoli. Per poter-ne completare uno e passare al successivo , i lgiocatore deve superare una prova che met-te in campo tutti i contenuti presenti nel ca-p i t o l o .

�Titolo: The settlers. Rise of an empire�Software House: Ubisoft�Distribuzione: Ubisoft�Anno di produzione: 2007�Scheda tratta da http: //thesettlers. it.

ubi. com/game-infos. php

In The settlers . Rise of an empire il giocatorepuò creare paesi vivi e indaffarati, in un uni-verso medieva l e . Ogni elemento di questomondo è realistico e altamente dettagliato eanimato con cura. Ogni colono svo l ge la suavita quotidiana, con una ricca gamma di azio-ni e comport a m e n t i , che possono essere sem-pre osserva t i . Lo scopo del gioco è espande-re il proprio impero e diventare un legge n d a-rio gove rn a t o r e . I coloni possono compieresforzi notevoli per sviluppare un’economia fio-r e n t e , soddisfare i bisogni dei cittadini e pro-t e g gere il popolo da eventuali pericoli.(Recensione tratta dal sito della Ubisoft, l acasa produttrice [N . d . C] ) .

�Titolo italiano: Tzar. Excalibur e il Re Artù�Software House: Haemimont Games�Distributore: FX Interactive�Anno di produzione: 2003�Scheda tratta da www. fxinteractive.

com/it/p027/p027. htm

In T z a r. Excalibur e il Re A rt ù il giocatore è chia-mato a estrarre la spada per conquistare il tro-no d’Inghilterr a , utilizzare in battaglia le magiedi Merl i n o , s o p r av v i vere ai pericoli del castelloincantato di Morga n a , riunire i cavalieri alla ri-

cerca del Santo Graal, s a l vare Ginevra dal rogo ,s c o n f i g gere l’esercito del traditore Mordred, i ltutto aiutato dal potere di Excalibur.Nella versione italiana il gioco include ancheuna doppia missione ambientata ai tempi diGengis Khan: La proclamazione del GranKhan; La conquista di Pe c h i n o .

�Titolo: Gothic�Software House: Piranha Bytes�Distributore: Egmont Interactive�Anno di produzione: 2001�Scheda tratta da http: //it. wikipedia.

org/wiki/Gothic

Creato dalla Piranha Bytes e pubblicato nel2 0 0 1 , G o t h i c è un videogioco a metà stradatra il gioco di ruolo e il gioco d’azione o d’av-ve n t u r a . Uno dei punti di maggiore forza dellaserie è la presenza di un mondo costituito daimmensi spazi da esplorare liberamente e dauna moltitudine di personaggi con cui intera-g i r e . Il mondo di G o t h i c è un mondo ricco dio r c h i , m a g h i , demoni e metalli magici.Esiste on-line un sito italiano ufficiale dedi-cato al mondo della saga videoludica di G o-t h i c,c f r. http: //hosted. m u l t i p l aye r. i t / go t h i c i-talia/? [N . d . C .] .

�Titolo: Patrician�Software House: Ascaron�Distributore: Encore, Fx Interactive�Anno di produzione: 1992 (Patrician I)�Scheda tratta da http: //www. gamez.

it/videogioco/Patrician-III-limpero-dei-mari/recensione/2011/compra

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La serie Pa t r i c i a n rientra nei giochi di strate-gia commerciale, politica e militare.Il gioco è ambientato nel Nord Europa al tem-po della Lega anseatica (XIV-XV secolo). Il gio-catore sceglie una città di partenza presso laquale troverà a sua disposizione un ufficioc o m m e r c i a l e , una nave ancorata nel porto euna buona somma di denaro per avviare glia f f a r i . Il giocatore esordisce come capitanodi una nave e, da quel momento in ava n t i , l apossibilità di fare carriera è affidata alla suaa b i l i t à .

Storia moderna

�Titolo: Port Royale�Software House: Ascaron

Entertainment/FX Interactive�Distributore: FX Interactive�Anno di produzione: 2002�Scheda tratta da http: //tgmonline.

futuregamer. it/opinioni/luglio2005/20050707113849

Nella serie Po rt Roya l e il giocatore si con-fronta con pirati e mercanti nel Mar dei Ca-raibi nel tentativo di conquistare la supre-mazia economica. È possibile concentrarsisull’aspetto economico della funzione di go-ve rn o , puntando ad accaparrarsi il mono-polio commerciale di un determinato tipodi merce, oppure eliminare fisicamente i ri-va l i , attaccando città e nav i . L’economia èbasata sulla legge della domanda e dell’of-f e rta: bisogna comprare le merci dove co-stano meno e ve n d e rle dove costano di più( ov v i a m e n t e , ogni città dei Caraibi ha unasua produzione tipica).

�Titolo: Prince of Persia�Software House: Brøderbund (Ubisoft da

Prince of Persia. Le sabbie del tempo,2003)

�Anno di produzione: 1989�Scheda tratta da http: //it. wikipedia.

org/wiki/Prince_of_Persia

(immagine tratta da http: //www. p o p u w.com/) L’azione si svo l ge in Pe r s i a . Il sultano è in guer-ra e lontano dal paese, d ove , nel frattempo,J a f f a r, il visir cattivo , complotta per salire alt r o n o . E g l i , i n f a t t i , ha imprigionato la princi-p e s s a , concedendole un’ora di tempo per de-cidere tra il matrimonio con lui o la mort e .Il giocatore assume il ruolo dell’eroe, a m a-to dalla principessa. Egli deve dunque pene-trare nella prigione e liberarla entro l’ora,s c o n f i g gendo il visir e diventando il principedi Pe r s i a . Il gioco si svo l ge in tempo reale: ilgiocatore deve completare l’av ventura sen-za interruzioni entro un’ora. Prince of Pe rs i aè stato rilasciato per molte piattaforme ene sono state prodotte più missioni.

�Titolo: Aztec. Maledizione nel cuore dellaCittà d’oro

�Software House: Cryo Interactive�Distributore: CTO�Anno di produzione: 1998�Scheda tratta da http: //www. ludus.

it/code/pagina/id_gioco_piattaforma/1593/tipo_pagina/21/LINGUA/IT

Il personaggio principale è Piccolo Serpente,un giovane cacciatore, il quale, un giorn o , d u-rante una battuta di caccia, è testimone del-l’assassinio d’un nobiluomo. Accusato del-l ’ o m i c i d i o , i suoi genitori ve n gono imprigiona-ti nel palazzo reale. Piccolo Serpente, s o l o ,b r a c c a t o , e con un tempo limitato, d eve di-mostrare la propria innocenza. La trama è sta-ta sviluppata per aiutare il giocatore a cono-

scere in maniera interattiva gli aspetti più in-teressanti della civiltà azteca.In una sezione del Cd, l ’ e n c i c l o p e d i a , è con-tenuto del materiale che può essere d’aiutoalla conclusione del gioco.

Storia contemporanea

�Titolo: Panzer General 1-2�Software House: SSI�Distributore: Leader�Anno di produzione: 1995 (Panzer

General 1)�Scheda tratta da http: //www. ludus.

it/code/pagina/id_gioco_piattaforma/4080/tipo_pagina/21/LINGUA/IT

Panzer General è la trasposizione su Pc deigiochi da tavolo basati sui wa r ga m e s. Il con-testo di P G 2 è identico a quello di P G 1, ecioè la Seconda guerra mondiale, ma sonostate variate le campagne e i temi di fondo.A differenza di P G 1, che perm e t t eva di im-personare solo i grandi strateghi del Te r z oR e i c h , i n P G 2 è possibile calarsi nei pannianche degli alleati e dei Russi. I temi sonoquelli del secondo conflitto arricchiti con de-gli scenari della Guerra civile spagnola del1 9 3 9 .

�Titolo: Combat Flight Simulator�Software House: Microsoft�Distributore: Microsoft�Anno di produzione: 1998�Scheda tratta da http: //www. icsm.

it/world/war/cfs. html

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È il capostipite di una serie giunta a tre tito-li; il primo e il terzo sono ambientati in Euro-pa in due diversi scenari: la Battaglia d’In-g h i l t e rr a , nelle fasi iniziali della Seconda guer-ra mondiale, e la Battaglia per l’Europa, ov ve-ro le fasi conclusive della guerra sul teatroe u r o p e o .Combat Flight Simulator è stato il primo si-mulatore militare prodotto dalla Microsoft, s u l-la scia del famoso Flight Simulator. Tra le va-rie missioni da compiere sono stati inseriti fil-mati d’epoca che rendono l’esperienza di vo-lo coinvo l ge n t e .

�Titolo: “12 O’clock High”�Software House: Talonsoft�Distributore: Take Two�Anno di produzione: 1999�Scheda tratta da http: //www.

netwargamingitalia. net/index. php?id=191

Anno 1943. Lo stato maggiore alleato vuo-le demolire le forze naziste e programma atal fine una vasta campagna di bombarda-menti su tutto il territorio occupato dai Te-d e s c h i . Obiettivi militari, ma anche fabbri-che e intere città ve n gono così spazzate viadai bombardamenti alleati. I Tedeschi allesti-scono un’ampia rete di radar e di punti diavvistamento per individuare i bombardieri es o t t o p o rli al fuoco della contraerea e deicaccia prima che giungano sopra i bersagli.12 O´Clock High è un enorme simulatore distrategia aerea che consente di giocare congli Alleati o con i Te d e s c h i .

�Titolo: The Day After�Software House: Lago�Distributore: Leader�Anno di produzione: 2005�Scheda tratta da http: //www.

internetbookshop.it/videogioco/8011642129075/PERSONAL-COMPUTER/The-Day-After-Fight-for-Promised-Land. html

Ambientato nel periodo della guerra fredda,The Day A f t e r catapulta il giocatore nei gior-ni di tensione della Baia dei Porci e dellacrisi atomica cubana del 1962.Il gioco, che ha riscosso un grande succes-so in Russia, è proposto in Italia con un ma-nuale di ben 80 pagine a colori (con preci-se indicazioni storiche riguardanti ve i c o l i ,t ru p p e , a rmi) e un’enciclopedia multimedia-le che spiega le caratteristiche di tutti gli og-ge t t i , a rmi e veicoli usati. Il gioco è un inte-ressante mix di battaglie e strategie in tem-po reale che spingono il giocatore a inge-gnare movimenti tattici delle truppe per re-cuperare risorse ed arm i .

Elena Musci

Armi, acciaio e malattie, dal libroallo strumentomultimediale

�Titolo: Armi, acciaio e malattie�Anno di produzione: 2005� Indirizzo: http: //www. pbs.

org/gunsgermssteel

I contenuti e la strutturaIl sito è basato sul testo di Jared Diamond,A rm i , acciaio e malattie.B reve storia del mon-do negli ultimi tredicimila anni, pubblicato daEinaudi nel 20057. Esso può essere definitocome un complesso apparato multimediale

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in grado di portare appassionati, curiosi e do-centi a vivere i possibili livelli di approfondi-mento del libro. Si tratta di una proposta chei nveste più media e che permette di entrarenella teoria dello studioso per scoprirl a , i n d a-ga rl a , “ v i ve rl a ” .Per gli insegnanti si rivela una risorsa art i c o-lata in più moduli oltre che su piani di appro-fondimento differenti. Le sezioni del sito sonos t rutturate in modo da essere impiegate comes t rumenti di studio, al pari dell’annesso docu-m e n t a r i o , che non è un semplice supporto di-v u l ga t i vo bensì un documento video da esa-minare e interr o ga r e .

Le variabili (Variables)In questa sezione è possibile conoscere lebasi della teoria di Diamond attraverso la sto-ria delle piante alimentari (gr a n o , r i s o , m a i s ,s o r go ) , degli animali (bov i n i , ov i n i , m a i a l i , l a-m a , c ava l l i , z e b r e ) , delle malattie (va i o l o , m a-l a r i a ) , delle tecnologie (acciaio, scrittura) edella ge o grafia (latitudine e clima, f o rma deic o n t i n e n t i , città e società). Ognuna di questevariabili è intrecciata alle altre: la posizionege o grafica e la forma di un continente condi-zionano le risorse che, a loro vo l t a , i n f l u e n z a-no le forme di insediamento degli uomini che,di nuovo , interagiscono con l’ambiente in unastoria ininterrotta di azioni e reazioni. Pe re s e m p i o , la società cinese si è sviluppata inmodo fortemente organico e gerarchico per-ché basata su coltivazioni (il riso) dipenden-ti da complessi sistemi di irr i gazione da co-s t ruire e mantenere (esempio tratto dalla se-zione del sito “ Va r i a b l e s . The Story Of … T h eShapes of the Continents”). I n o l t r e , la stessacollocazione ge o grafica dei due fiumi principa-l i , l’Huang Ho e lo Ya n g t z e , che scorrono paral-leli dal centro della Cina fino alla costa delPa c i f i c o , ha favorito la nascita e lo sviluppodi un’autorità centrale volta al controllo delsistema di irr i gazione nel continente.Di contro, il processo di civilizzazione europeosi è basato sulla domesticazione delle coltu-re dipendenti dalle piogge (frumento e orzo),che si sviluppano in aree temperate. Q u e s t oha consentito lo sviluppo di società frammen-tate e indipendenti.

Sezione didattica (Educators)Lisa Prososki, che ha curato questa sezione,h acercato di trasporre fedelmente le idee di Dia-m o n d . Le lezioni proposte sono strutturate inmodo tale da accompagnare gli episodi deldocumentario e ve rtono su tre temi principali:

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il ruolo delle coordinate ge o grafiche (e quindidel clima e delle risorse) nello sviluppo del-l ’ a gricoltura e della tecnologia; il ruolo dellea rmi e dell’acciaio nella storia della conquistadell’America da parte degli Europei e, i n f i n e , i lruolo delle malattie nella storia dei popoli.Lo schema delle tre unità è simile nelle sue di-namiche essenziali: gli studenti sono chiamatia sviluppare alcuni compiti partendo da inter-r o gativi circa il predominio o il maggior svilup-po di alcune società rispetto ad altre. Q u e l l oche cambia sono i compiti e il materiale di sup-p o rt o , f o rnito in ciascuna sezione in form a t op d f . La strumentazione offerta è diversificata er i c c a . Gli studenti ve n gono messi nelle condizio-ni di effettuare ricerche e confrontare i risultatisecondo un percorso guidato. S t rumenti cardi-ne sono le sezioni del sito “The wo rl d ” e “ Va r i a-b l e s ” , gli episodi del documentario G u n s ,G e rm s , and Steel ( “A rm i ,Acciaio e Malattie”) ele schede di interr o gazione del tutto.A l l ’ i n t e rno della sezione “The wo rl d ” , gli stu-denti possono esaminare i continenti scopren-do per ognuno alcuni dati essenziali comel ’ o r i g i n e , la latitudine, il clima, la ve ge t a z i o n e ,e il tipo di animali presenti. La procedurad’uso proposta è quella delle domande a pic-coli gru p p i . Per esempio, si chiede di capirecome mai aree come il Nord A m e r i c a , l ’ E u r o-pa e l’Asia si siano sviluppate più dell’Africa,o come mai zone similmente isolate si sianosviluppate in modo differente, o ancora in chemodo nella crescita di un’area ge o grafica puòaver influito la sua posizione rispetto al Tr o p i-co del Cancro.

Dopo aver sollecitato le domande e aver spin-to gli studenti a lavorare formulando ipotesisui dati forn i t i , si presenta la teoria di Dia-mond e la sua figura di studioso. Il video e imateriali guida scaricabili on-line perm e t t o-no di approfondire e di esplorare le sue tesi.Gli studenti sono guidati all’argo m e n t a z i o n eragionata e supportata dallo studio del mate-riale proposto.

Per esempio, nella prima lezione,“ G e o gr a p h i cL u c k ” , una delle attività suggerite è la realizza-zione di un gioco che mostri i contenuti delproprio studio. Le attività previste non sonosolo di tipo inform a t i c o , giacché esse richiedo-no anche lo sviluppo di abilità articolate chei nvestono diverse competenze, come saperl e g gere cartine ge o gr a f i c h e , interpretare gr a f i-c i , t r a rre informazioni da un prodotto video.Gli obiettivi individuati si declinano secondo iNational Standards statunitensi relativa m e n-te alla Wo rld History, alla Geogr a f i a , a l l ’ E c o-n o m i a , alle Scienze Biologiche, all’area scien-t i f i c a , a quelle del linguaggio, della lettura,dello sviluppo del pensiero critico.La parte finale della sezione didattica preve-de anche una sorta di guida “passo passo”che indica ai docenti i contenuti da appro-fondire e le strategie didattiche da attiva r eper raggiungere gli obiettivi previsti: quale se-zione del sito utilizzare, a quali aspetti all’in-t e rno della sezione fare più attenzione, c h etipo di gruppi formare e come eve n t u a l m e n-te poter approfondire la lezione. Le schede dil avoro per i ragazzi sono disponibili anche nel-la versione per gli insegnanti, con le rispostee le indicazioni dei contenuti. I n f i n e , si mo-strano le risorse, i n t e rne ed estern e , dalle qua-li attingere altre inform a z i o n i .

Il documentario (The Show)

Il documentario è prodotto da National Geo-graphic e da PBS, una media enterp r i s e c h etrasmette i suo programmi su stazioni telev i-s i ve pubbliche non commerciali e che propo-ne i contenuti delle sue trasmissioni on-line( c f r. http: //www. p b s . o r g ) . Il DVD del docu-mentario è strutturato in tre puntate di un’orac i a s c u n a , ed è acquistabile on-line al seguen-te indirizzo: http: //www. s h o p p b s . o r g / s m -p b s - n a t i o n a l - ge o gr a p h i c - s p e c i a l - p r e s e n t a t i o n -g u n s - ge rm s - a n d - s t e e l - dv d _ p i - 2 0 1 7 7 5 3 . h t m l

È un insieme di fiction, sequenze documenta-ristiche e animazioni computerizzate.Diamond stesso, assieme a storici, a r c h e o l o-gi e scienziati di fama intern a z i o n a l e , ha con-tribuito con alcune interv i s t e .L’aspetto interessante di questa operazione èche essa non è riducibile a una semplice tra-sposizione filmata di una teoria scientifica, p e r-ché è evidente che la chiave didattica costitui-sce la linea giuda dell’opera. L’intera sceneggia-tura è disponibile on-line con lo stesso scopo.

Per continuare…Questo sito non è l’unico dedicato agli studidi Diamond. Segnaliamo la presenza on-linedi attività didattiche pensate anche per l’ope-ra più recente dello studioso, C o l l a s s o . C o m ele società scelgono di morire o vivere, edito daEinaudi (2005). Il sito, rintracciabile all’indiriz-zo http: //www. l e a rn e r. o r g / i n t e r a c t i ve s / c o l-l a p s e / i n d e x . h t m l , è anch’esso di supporto auna televisione educativa americana, la “A n-nenberg media”.I prodotti realizzati per il mondo della scuolae per l’educazione degli adulti sono confezio-nati pensando all’interazione di supporti we b,video e cart a c e i . I testi guida, quelli di appro-fondimento e quelli con gli esercizi sono ac-quistabili on-line, ma non sono visionati, m e n-tre sul versante dei supporti multimediali esi-stono VHS e DVD acquistabili in rete, o p p u r eè possibile, tramite un’iscrizione gr a t u i t a , v i-sionare gli stessi documentari in s t re a m i n g. I lpunto di vista è quello della ricostruzione ar-cheologica e i video sono realizzati port a n d oavanti un racconto argomentato con docu-menti iconografici e interviste ad archeologi ri-presi sul luogo degli scav i .Anche in questo caso sono presenti rimandie s t e rni a siti di approfondimento sul lavoro diDiamond e su quello dell’archeologo .Per quel che riguarda lo spazio we b, il sito mo-stra alcuni esempi di società di cui Diamondha analizzato il declino, proponendo attivitàdidattiche sviluppate in forma di indagine.

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Per esempio,nel caso di Copán, lo studente de-ve ricercare attraverso la lettura e l’approfondi-mento di alcune pagine web dedicate ad ele-menti propri della società maya ,ma anche rela-tivi alle scoperte archeologiche del sito e ad ele-menti ambientali, quali sono stati i motivi chehanno portato al crollo di questa città, i n d i c a n-do se la decadenza è stata lenta o fulminea.Per rispondere lo studente dispone di una pa-gina web in cui è presente un test a rispostam u l t i p l a , d ove può anche motivare le propries c e l t e .

Elena Musci

Paola Fa l t e r i ,“Ho visto i buoi fare il pane”: l’immaginedel mondo agricolonei libri di testo della scuola primaria

“H o visto i buoi fare il pane” nasce dauna collaborazione tra Paola Fa l t e r i ,

docente di antropologia culturale presso l’Uni-versità degli Studi di Pe ru g i a , e la Coldiretti,con l’intento di indagare dettagliatamente co-me il mondo agricolo ve n ga affrontato nei te-sti della scuola primaria. Il risultato è un vo l u-me denso, molto denso, in cui l’indagine, c o n-dotta a tappeto tra le pieghe di circa sessan-ta sussidiari, viene descritta minuziosamente.Il libro è diviso in due parti: nella prima siscandaglia tema per tema il mondo agr i c o l o ,dall’immagine della campagna, a quella del-l ’ a gr i c o l t u r a , p a rlando di fru t t i , p r a t i , c o n t a d i-n i , p a s t o r i , a l l evamento e zootecnia; nella se-conda si affronta il discorso del mondo agr i-colo e dei suoi risvolti sociali, economici e cul-turali attraverso la scansione cronologica del-

Paola Falteri, “Ho visto i buoi fare ilpane”: l’immagine del mondo agricolonei libri di testo della scuola primaria,Veant, Roma 2005, pp. 287.

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la storia affrontata nella scuola primaria. E f f i-caci esempi forniscono un’idea chiara di quel-lo che i diversi sussidiari offrono: lo “ s m o n-t a g g i o ” di una torta o di una frittata può farcomprendere che l’origine dei rispettivi ingr e-dienti è classificata nel mondo animale, ve ge-tale o minerale, la spiegazione di un agr i c o l-tore aiuta a imparare che un buon terreno èf o rmato di sabbia, a r g i l l a , calcare e humus.Il problema principale, messo piiù volte in ev i-denza dalla Fa l t e r i , rimane l’immagine oleo-grafica che ancora si dà del contadino stesso,stereotipato e rappresentato con baffi, c a p-p e l l o , fazzoletto al collo e rastrello in mano. Equesto misura l’enorme distacco tra mondodella scuola e agricoltura contemporanea.

Laura Rizzo

Anna Rita V i z z a r i ,L a b o ra t o r i oa rch e o l o g i a . R i c e rc a ,cl a s s i f i c a z i o n e ,m a n u a l i t à

Il fascino dello scavo , della ricerca, la quasii n evitabile identificazione con personaggi cine-

m a t o grafici e no, inducono alle fantasie più ac-cese il lettore – non solo quello giovane –, p r o-iettandolo in una dimensione av ve n t u r o s a , s p e s-so poco reale.Ecco allora come indirizzarlo cor-rettamente e fin da piccolo; senza port a rlo fuo-ri strada; senza nulla togliere alla “ m a g i a ” .Anna Rita Vi z z a r i ,docente di Lettere nella scuo-la secondaria di primo grado di Camassi (CA)ed esperta di Didattica dell’antico ci perm e t t edi realizzare questo obiettivo . Il suo libro, L a-boratorio arc h e o l og i a, è agile, facilmente con-sultabile e ricco di spunti di ricerca.A t t r ave r s oun progetto chiaro, un efficace apparato ico-

Anna Rita Vizzari, Laboratorioarcheologia. Ricerca, classificazione,manualità, Edizioni Erickson, Gardolo(TN) 2007, pp. 177,€ 19, 50.

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n o grafico – realizzato in gran parte dall’autricee dagli allievi del Laboratorio di Archeologia – eun bel corredo di idee molto va l i d e , la Vi z z a r ipropone trenta attività pratiche, ottimo stru-mento di lavoro per l’insegnante e patrimoniodi risorse nuove e stimolanti per l’allievo .Il percorso proposto spazia dalla preistoria aR o m a , passando per la Grecia e fornendo an-che un interessante sguardo sulla Sardegna.Le schede di lavoro sono realizzate con gr a n-de perizia e attenzione e gli esercizi proposti ri-calcano fedelmente l’attività dell’archeologoin tutti i suoi aspetti: dall’interpretazione dellee p i gr a f i , alla lettura iconografica della cerami-c a , alla compilazione delle schede di repert oarcheologico fino al riconoscimento di una se-poltura con annesso corredo funerario.A g g i o r-natissime la bibliografia e la sitogr a f i a .La Vizzari realizza il Laboratorio arc h e o l og i a c o-me strumento a latere, sia (crediamo) comes u p p o rto allo studio della storia, sia (speriamo)come aiuto per tutti gli insegnanti di Lettere.

Laura Rizzo

E v o l u z i o n e ,preistoria dell’uomoe societàc o n t e m p o ra n e a

Di preistoria, s p e s s o , poco si sa e molto siintuisce; o meglio: si immagina. Di chi

siamo figli, nipoti e pronipoti? Da chi discen-diamo? Da Adamo ed Eva , o da Fred e Wi l m aF l i n s t o n e s , tradizionali a n t e n a t i nel cart o n eanimato di Hanna & Barbera? Perché si sonoestinti i dinosauri? Dav vero eravamo primascimmie e poi uomini? Chi è Darwin? E per-ché dà il nome ad un programma telev i s i vo ?Pe r c h é , a n c o r a , la politica e la religione di-s c u t o n o , se insegnarlo o no, nelle scuole?

Evoluzione, preistoria dell’uomo esocietà contemporanea, a cura di LuciaSarti e Massimo Tarantini, Carocci, Roma2007, pp. 197,€ 18, 60.

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Questi alcuni interr o gativi comuni: celano, i nr e a l t à , problemi difficili e questioni di uso so-ciale della scienza da affrontare dispiega n d oun poderoso e vario apparato di ricerca. Lo siscopre leggendo questi “Atti della giornata distudi sulla preistoria”, tenutasi a Siena il 27febbraio 2006 in occasione del “Darwin Day ” .Tre le sezioni realizzate con tre diversi intenti ec h i avi di lettura: una più storica, una scienti-fica ed una prettamente didattica.Impressiona positivamente la scorr evo l e z z acon cui si consuma l’argomento sotto i nostrio c c h i . Sarà per la tematica, sarà per l’imma-gine di Tarzan che dà spesso forma all’ideadiffusa di uomo preistorico, o per l’affascinan-te mistero dell’evoluzione dell’uomo, ma lalettura è dav vero catturante. La brillantezzadei contributi fa sì che, anche quando scendo-no nel dettaglio tecnico, tendano a coinvo l-gere il lettore, p o rtandolo per mano in terr e n iinesplorati dai più: cromosomi, orologi mole-c o l a r i , stereotipi colti, teorie evo l u z i o n i s t i c h e ,c l a d i s t i c h e , f i l o ge n e s i , D N A . Il libro, c o s ì , o f f r euna panoramica didattica dell’antico temadell’origine dell’uomo, nel quale scienza, s t o-ria e religione si mescolano in maniera appa-rentemente indissolubile; ma, al tempo stes-s o , f o rnisce al lettore non esperto un efficaces t rumento di orientamento.

Laura Rizzo

Documenti dellascuola tra passato ep r e s e n t e . P ro b l e m ied esperienze dir i c e rca per un’analisidelle fonti

Documenti della scuola tra passato epresente. Problemi ed esperienze diricerca per un’analisi delle fonti, a curadi Monica Ferrari e Matteo Moranti,Edizioni junior, Azzano San Paolo (BG)2007, pp. 301,€ 28,40.

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Il volume contiene alcuni contributi ai dueseminari dedicati al tema “Documenti del-

la scuola tra passato e presente”, s voltisi nel-l’aprile 2005 presso il Collegio “ G h i s l i e r i ” d iPavia e il Liceo Scientifico “A s e l l i ” di Cremo-n a . I seminari – e il libro che ne consegue –sono tra i primi frutti del Centro di ricerca in-t e r d i p a rtimentale dell’Università di Pavia perlo studio e la valorizzazione dei beni scola-stici ed educativi costituitosi nel 2005.Il volume offre numerosi spunti di ricercasulla storia della scuola, trasferibili in alcu-ni casi nella pratica didattica, in part i c o l a-re nella prima sezione, dedicata ai docu-menti del passato.Questa sezione, i n f a t t i , si apre con un sag-gio dedicato all’importanza delle fonti ec-clesiastiche nello studio delle scuole ele-mentari di fine Settecento, alle quali va ag-g i u n t o , per una conoscenza più completadell’antico sistema educativo lombardo, i lricco patrimonio documentario di proge t t i ,relazioni ed inchieste sulle riforme scolasti-che promosse da Maria Teresa d’Austria esuo figlio Giuseppe II, depositato pressol’Archivio di Stato di Milano.Segue poi una riflessione sulla preziosa do-cumentazione prodotta da generazioni dimaestri cremonesi tra Ottocento e primo No-ve c e n t o , c o n s e rvata negli archivi scolasticif a m i l i a r i , che consente di ricostruire attra-verso la storia familiare anche la storia del-le istituzioni e degli ambienti in cui si av v i-cendarono intere generazioni di insegnanti.Interessante è altresì l’analisi sull’utilizzo,negli anni della dittatura fascista, delle tra-smissioni radiofoniche indirizzate alle scuo-le elementari. Le trasmissioni, iniziate nelmarzo 1934 e terminate nell’aprile del1 9 4 3 , c o nv i vono con le riviste specializzateche ne pubblicano orari e testi. La radio,proposta ai maestri delle scuole rurali comes t rumento didattico capace di allietare lel e z i o n i , d i venta mezzo efficace per costru i r eil consenso politico al fascismo, finendo colmettere in discussione il ruolo stesso delm a e s t r o .Chiude questa prima sezione una guida al-le fonti per la storia della scuola a Cremo-na attraverso gli archivi degli enti pubblicit e rritoriali e della Camera di commercio nelperiodo compreso tra il 1860, anno dell’an-nessione del Cremonese allo Stato sabau-d o , e il termine del secondo conflitto mon-d i a l e . La guida, impostata secondo un crite-rio tematico, offre allo storico la possibilità

di indagare la documentazione afferente aiseguenti argomenti: scuole di Cremona (da-gli asili infantili ai licei); amministrazionescolastica; ispettori e delegati scolastici;maestri; bidelli; assistenza scolastica; inda-gini statistiche e commissioni di inchiesta;c o n gressi pedago g i c i .La sezione dedicata ai documenti dellascuola di oggi, i nve c e , p a rte dall’esame del-la norm a t i va on-line, che obbedisce a nuo-ve regole comunicative e che costituisce und i verso sistema di diffusione delle inform a-zioni rispetto al passato, per arr i vare a ri-flettere sui nuovi documenti progr a m m a t i c ielaborati dalla scuola, quali il Progetto pe-d a go g i c o , il Piano dell’offerta form a t i va , l aC a rta dei serv i z i .Chiude il volume la sezione dedicata alleesperienze di didattica tra passato e pre-s e n t e . Il progetto in rete “Alle radici dell’al-bero scuola. L’archivio scolastico come fon-te di ricerca e di conoscenza del passato”,o p e r a t i vo dall’anno scolastico 2003-2004grazie al supporto scientifico del Centro di ri-cerca “Laboratorio di didattica della storia”d e l l ’ U n i versitàà di Pavia e al sostegno eco-nomico dell’Amministrazione prov i n c i a l e , ve-de alcune scuole della provincia di Pav i acooperare per un uso didattico dei docu-menti depositati presso gli istituti scolasti-c i . A t t r averso una didattica laboratorialecondotta seguendo l’impostazione metodo-logica della “ grammatica dei documenti” d iAntonio Bru s a , gli alunni di scuola secon-daria hanno prodotto materiali riguardantila scuola e i suoi protagonisti nel periodocompreso tra la fine dell’Ottocento e la Libe-razione (aprile 1945).La storia della scuola si ricostruisce anchea t t r averso le fonti materiali, ed è ciò chehanno fatto i docenti del III Circolo didatti-co di Cremona lavorando sulla stru m e n t a-zione scientifica appartenuta ad un mae-stro che aveva insegnato nella stessa scuo-la nella prima metà del Nove c e n t o .Le suggestioni offerte dal volume sono nu-merose e hanno come destinatari i futuri in-segnanti perché, come conclude lo stessoc u r a t o r e , «imparino a combattere – lorostessi per primi – contro quel senso di stra-niamento oggi diffuso nei confronti del tem-po […] frenando tale destrutturazione tem-porale e permettendo ai ragazzi di riappro-p r i a r s i , f i n a l m e n t e , della memoria storica.»

Clara Perego

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l 4 marzo 1980, a Tu t z i n g ,una cittadina vicino a Mona-co di Baviera, si riunì l’assem-

blea costitutiva della Società Intern a-zionale per la Didattica della Storia. Ilgruppo pro m o t o re dell’iniziativa eracostituito da Piet Fontaine (Paesi Bas-si), Walter Fürn rohr (Repubblica Fede-rale di Germania) e Adriano Gallia (Ita-lia). Erano presenti esperti di didatticadella storia provenienti da Belgio, Re-pubblica Federale di Germania, Dani-m a rca, Francia, Italia, Camerun, PaesiBassi, Austria e Svizzera. Prima di en-t r a re nel merito degli scopi della So-cietà e delle attività finora svolte è ne-cessario soff e rmarsi brevemente sullosviluppo della didattica della storia esull’immagine che questa disciplina hadi se stessa, perché ancora oggi suquesto punto non c’è chiare z z a .

La didattica della storia come disciplinaÈ da quando la storia viene insegna-ta nelle scuole e nelle università chesi ragiona sui motivi e sulle modalitàdella sua trasmissione. Per lungo tem-po la storia è stata considerata mae-stra di vita, secondo le parole di Cice-rone: historia vitae magistra.1 In mo-do analogo si esprimeva Bossuet nel

I1681 nella premessa al suo D i s c o u r ssur l’Histoire Universelle.2 Nella primametà del XIX secolo troviamo, da unaparte, la concezione secondo cui eras u fficiente – per lo meno nel contestodelle scuole inferiori – piegare la sto-ria alle esigenze del momento e rica-v a rne degli insegnamenti utili nell’im-mediato; dall’altra parte, tro v i a m ol’idea – soprattutto nell’ambito dellescuole superiori – di far conoscere ilpassato nella sua varietà attraversoun’osservazione comparativa delle di-verse epoche, per giungere infine adun apprezzamento critico del pro p r i op re s e n t e .3 P e r a l t ro all’epoca non si riu-scì a separare nettamente i due con-cetti l’uno dall’altro, come osserva Wi l-helm Hoff m a n :

Nella prassi si giunse piuttosto ad an-

n u l l a re le diff e renze, credendo che fos-

se possibile combinare insieme tutti i

p e rcorsi fino ad allora delineati, senza

p re s t a re attenzione alle loro diverse ori-

gini. In questo modo non si riuscì a for-

m u l a re in modo convincente gli obiet-

tivi dell’insegnamento della storia e a

t r a s m e t t e re una sicura metodologia.4

Più tardi, negli anni Venti del XX se-colo, fu soprattutto il pedagogistaErich Weniger a concepire la didatti-

La Società Internazionale per la Didattica della Storia

1 . M a rco Tullio Cice-

ro n e , De ora t o re, II 9,

3 6 .

2 . Jacques Bénigne

B o s s u e t , O e u v re s .Tex-

tes établis et annotés

par l’Abbé Velat et

Y vonne Champailler,

G a l l i m a rd , Pa ris 1961

( p rima ed. 1 6 8 1 ) , I n-

t roduzione al discor-

s o ,p .659 ss.

3 . E l i s abeth Erd m a n n ,

Die Römerzeit im Sel-

b s t ve rständnis der

Fra n zosen und Deut-

s c h e n . Lehrpläne und

Schulbücher aus der

Zeit zwischen 1850

und 1918, vo l . 1 , U n i-

ve rs i t ä t s ve r l ag Dr. N.

B ro ck m eye r, B o ch u m

1 9 9 2 , S .p .29 ss.

4 . Wilhelm Hoff-

m a n n , H i s t o ria magi-

s t ra vitae. U n t e rs u-

c h u n gen über die Vo-

ra u s s e t z u n gen des

G e s c h i c h t s u n t e r-

ri c h t s, i n : G e o rg Gei-

ß l e r, Hans We n ke

( H rs g . ) , E r z i e h u n g

und Schule in Th e o ri e

und Pra x i s, B e l t z ,

Weinheim 1960, p p .

1 7 1 - 1 8 4 ,p .1 8 4 .

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233

mundusstruttureca della storia in chiave teorico-edu-cativa come disciplina scientifica au-tonoma all’interno della didattica del-le scienze umane. Ma è dopo il 1945che la didattica della storia riuscì aconsolidarsi nella Repubblica federa-le tedesca, godendo di notevole in-fluenza fino all’introduzione della teo-ria del curricolo intorno al 1970.5

Nel corso dell’Historikertag tenuto aMannheim nel 1976, Karl-Ernst Jei-smann espose per la prima volta lap ropria definizione di didattica dellastoria di fronte ad un folto pubblicodi esperti. La didattica della storia di-venne così la scienza delle condizio-ni, della funzione e del cambiamen-to delle rappresentazioni storiche nel-la rappresentazione che il presente hadi se stesso: in breve, la scienza del-la “coscienza storica” di una società.È proprio al concetto di coscienza sto-rica che spetta il ruolo centrale nelladidattica della storia.6 La didattica del-la storia, in tal modo, non viene limi-tata all’insegnamento scolastico dellastoria, ma si riferisce piuttosto alla so-cietà nel suo insieme e al suo rappor-to con il sapere storico. In tal sensodunque la didattica della storia è unaparte della storiografia.7

Perché una societàinternazionale per la didatticadella storia?Per i padri fondatori – il termine è dap re n d e re alla lettera, dal momentoche nessuna donna era presente fradi loro – della nostra Società una que-stione importante era superare i con-fini nazionali. È comunemente rico-nosciuto che nessuna scienza può svi-lupparsi senza un’apertura e unoscambio internazionale. Per di più –

come ha aff e rmato uno dei pre s i d e n-ti della Società, Karl Pellens – la di-dattica della storia può «aiutare ad or-g a n i z z a re e ad analizzare in modo ap-p ropriato la formazione di una cono-scenza storica condivisa in un ambi-to nazionale solo se essa include nel-la riflessione su questi processi a sca-la nazionale anche gli aspetti che latrascendono e tiene conto anche diuna dimensione internazionale».8

Nello statuto si stabilì che la Societàfosse composta da docenti di storiadell’università e della scuola che fan-no ricerca scientifica e che sono atti-vi soprattutto nella formazione e nel-l ’ a g g i o rnamento degli insegnanti distoria. Un ulteriore obiettivo vennefissato nella promozione della didat-tica della storia come scienza.I membri della Società pro v e n i v a n oinizialmente soprattutto dall’Euro p a ,ma ciononostante si cercò fin dagliesordi di allarg a re le iscrizioni ai Pae-si extra-europei. Si decise che le lin-gue ufficiali dell’associazione sare b b e-ro state il tedesco, l’inglese e il fran-cese; la carta intestata pertanto ripor-ta il nome della nostra Società in quel-le tre lingue: International Society forHistory Didactics (ISHD), Intern a t i o-nale Gesellschaft für Geschichtsdidak-tik (IGGD), Société Internationale pourla Didactique de l’Histoire (SIDH). Vap e r a l t ro sottolineato il fatto che in in-glese il term i n e d i d a c t i c s, o d i d a c t i c,nasconde un significato quasi ridutti-vo. Questa difficoltà venne segnalatadel resto anche in un contributo ap-parso nel 1985 nella rivista della So-cietà, «Informations, Inform a t i o n e n ,C o m m u n i c a t i o n s » .9 Dopo molte di-scussioni e un’indagine fra i soci dim a d relingua inglese si decise infine diattenersi all’ “History Didactics”.1 0

5 . B e rnd Mütter, B i l-

d u n g s t h e o rie und Ge-

s c h i c h t s d i d a k t i k, i n

Klaus Berg m a n n ,

Klaus Fr ö h l i ch ,A n n e t-

te Ku h n , J ö rn Rüsen,

G e r h a rd Sch n e i d e r

( H rs g . ) , H a n d b u c h

der Geschichtsdidak-

t i k , 5 . ü b e ra r b .Au fl . ,

K a l l m eye r ’s che Ve r l ag-

s b u ch h a n d l u n g , S e e l-

z e - Velber 1997, p p .

3 3 4 - 3 3 9 ,qui p.3 3 4 .

6 . K a r l - E rnst Je i-

s m a n n , Didaktik der

G e s c h i c h t e . Die Wi s-

senschaft vom Zu-

s t a n d , Funktion und

Ve r ä n d e rung ge s c h i-

chtlicher Vo rs t e l l u n-

gen im Selbstve rs t ä n-

dnis der Gege n wa rt,

in Eri ch Ko s t h o rs t

( H rs g . ) ,G e s c h i c h t s w i s-

s e n s c h a f t . Didaktik –

Fo rschung – Th e o ri e,

Va n d e n h o e ck & Ru-

p re ch t , G ö t t i n ge n

1 9 7 7 , p p . 9 - 3 3 , qui p.

1 2 ,ristampato in Idem,

Geschichte als Hori-

zont der Gege n wa rt,

Fe rdinand Sch ö n i n g h ,

Pa d e r b o rn 1985, p p .

2 7 - 4 2 , qui p.2 9 .

7 . Si veda in part i c o-

l a re Karl-Ernst Je i-

s m a n n , Didaktik der

G e s c h i c h t e :Das spezi-

fische Bedingungsfe l d

des Geschichtsunter-

ri c h t s, in Günther C.

B e h rm a n n , K a r l - E rn s t

Je i s m a n n , Hans Süs-

s mu t h , G e s c h i c h t e

und Po l i t i k . D i d a k t i-

sche Grundlegung ei-

nes ko o p e ra t i ven Ge-

s c h i c h t s u n t e rri c h t s,

Fe rdinand Sch ö n i n g h ,

Pa d e r b o rn 1978,p .7 4 .

8 . Karl Pe l l e n s ,Die in-

t e rnationale Dimen-

sion der Geschichtsdi-

d a k t i k, in Karl Pe l l e n s ,

S i e g f ried Quandt,H a n s

S ü s s muth (Hrs g . ) , G e-

schichtskultur – Ge-

s c h i c h t s d i d a k t i k . I n-

t e rnationale Bibl i o-

gra p h i e, Fe rd i n a n d

S ch ö n i n g h ,Pa d e r b o rn

1984 (Gesch i ch t e , Po-

l i t i k : Studien zur Di-

d a k t i k , B d . 3 ) , p p . 2 7 -

5 1 ,qui p.28 s.

9 . Charles Hannam,

Translating the wo rd .

Geschichtsdidaktik in-

to English, in Intern a-

tional Society for Histo-

ry Didactics, I n fo rm a-

tions – Mitteilungen –

C o m mu n i c a t i o n s , 6 ,

1 9 8 5 ,Vo l . 2 ,p p .99 s.

1 0 . Piet F.M .Fo n t a i n e ,

What is an (English)

n a m e ?, in Intern a t i o-

nal Society for History

D i d a c t i c s , I n fo rm a-

tions – Mitteilungen –

C o m mu n i c a t i o n s , 9 ,

1 9 8 8 ,Vo l .1 , p .25 s.

Page 234: scuolalab.edu.ti.ch rivista... · © G. B. Palumbo & C. Editore S.p.A. Palermo Periodico semestrale Autorizzazione del Tribunale di Palermo n. 9 del 5 febbraio 2008 Direttore †

234

1 1 . I d . ,What is histo-

ry didactics?, in Inter-

national Society for Hi-

s t o ry Didactics, I n fo r-

mations – Mitteilun-

gen – Commu n i c a-

t i o n s , 7 , 1 9 8 6 ,Vo l . 2 ,

p p .9 0 - 1 0 2 ;i v i . ,8 ,1 9 8 7 ,

Vo l . 2 , p p . 9 5 - 1 0 5 ; i v i . ,

9 ,1 9 8 8 ,Vo l .1 ,p p .5 - 2 4 .

1 2 . B e rnd Sch ö n e-

m a n n , G e s c h i c h t s d i-

daktik und Geschi-

c h t s k u l t u r, in Bern d

M ü t t e r,B e rnd Sch ö n e-

m a n n ,U we Uffe l m a n n

( H rs g . ) ,G e s c h i c h t s k u l-

t u r.Th e o rie – Empiri e

– Pra g m a t i k, D e u t-

s cher Studien Ve r l ag ,

Weinheim 2000,

( S ch riften zur Gesch i-

chtsdidaktik Bd. 1 1 ) ,

p p .2 6 - 5 8 ,qui pp.39 s.

1 3 . G e s c h i c h t s k u l t u r

– Geschichtsdidaktik.

I n t e rnationale Bibl i o-

gra p h i e, h rs g . v. K a r l

Pe l l e n s , S i e g f ri e d .

Q u a n d t , Hans Süs-

s mu t h , Fe rd i n a n d

S ch ö n i n g h ,Pa d e r b o rn

1984 (Gesch i ch t e , Po-

l i t i k : Studien zur Di-

d a k t i k ,B d .3 ) .

1 4 . J ö rn Rüsen, G e-

schichtsdidaktik heu-

te – Was ist und zu

welchem Ende betre i-

ben wir sie (noch)? In:

E rnst Hinri ch s ,Wo l-

fgang Ja c o b m eye r

( H rs g . ) , B i l d u n g s ge-

schichte und histori-

sches Lern e n . S y m p o-

sium aus Anlaß des

6 5 . G e b u rt s t a ges vo n

P ro f.D r.K a rl - E rnst Je i-

s m a n n,B ra u n s ch we i g ,

19-21 September 1990,

M o ritz Diesterwe g ,

Fra n k f u rt am Main

1991 (Studien zur in-

t e rnationalen Sch u l b u-

ch fo rs ch u n g , B d . 6 7 ) ,

p p .9 - 2 3 ,qui p.1 7 .

1 5 . Ad esempio il te-

ma del convegno an-

nuale tenuto a Ta l l i n n

nel 2006 è stato “ G e-

s ch i ch t s b ewußtsein –

G e s ch i ch t s k u l t u r ” .

La collocazione disciplinareFra il 1986 e il 1988 Piet Fontaine, al-l’epoca pro f e s s o re all’università diU t recht e membro del gruppo fonda-t o re della Società, si rivolse ai membri,appartenenti a 14 Paesi, perché desse-ro in sole 15 righe una loro definizio-ne della didattica della storia e, in ag-giunta, della coscienza storica. Nono-stante le diff e renze nelle risposte si po-té riscontrare un sorprendente gradodi concordanza sui seguenti punti:– la didattica della storia è una

scienza; – si riferisce alla società in generale

e non solo alla scuola; – la didattica della storia riguarda e

si occupa di coscienza storica.11

Questi tre punti di accordo si tro v a-no anche nella definizione della di-dattica della storia fornita da Karl-Ernst Jeismann.Da alcuni anni ha assunto un ruolo ri-levante nella disciplina un nuovo con-cetto, quello di “cultura storica”. Nel1999 Bernd Schönemann in una suac o n f e renza sul tema “Didattica dellastoria e cultura storica” richiamò l’at-tenzione sul fatto che era stato pro p r i ograzie ad un approccio intern a z i o n a l eche si era giunti ad individuare per laprima volta il nesso fra cultura storicae didattica della storia.1 2 Egli si riferi-va esplicitamente alla bibliografia in-t e rnazionale curata da Karl Pellens,Siegfried Quandt e Hans Süssmuth daltitolo Geschichtskultur – Geschichtsdi-d a k t i k, la cui prima edizione uscì nel1 9 8 4 .1 3 Nel 1991, poi, Jörn Rüsen svi-luppò il concetto di “cultura storica”come categoria della didattica della sto-ria, definendola come il lato estern od e l l ’ a p p rendimento della storia.1 4 A t-tualmente viene dibattuta la questionese la categoria centrale della didattica

della storia sia la coscienza storica o lacultura storica. A questo dibattito stan-no dando un contributo i convegni an-nuali della Società.1 5

AttivitàDal 1980 ogni anno la Società cele-bra il suo congresso, a volte in colle-gamento con le relative associazionidegli insegnanti di storia, come adesempio nel 1981 a Kerkrade nei Pae-si Bassi.Dal 1985 il congresso annuale vienetenuto nel contesto del congre s s omondiale degli storici, che viene or-ganizzato ogni cinque anni dal Co-mité International des Sciences Hi-storiques (CISH) /International Com-mittee of Historical Sciences (ICHS),di cui la Società fa parte dal 1982 inqualità di “International Affiliated Or-ganisation”. A questi congressi la So-cietà partecipa anche con alcune ses-sioni proprie. L’ultima edizione si ètenuta nel 2005 a Sidney, dove perla prima volta essa era presente an-che nel programma principale conuna sezione sul tema “Te x t b o o k s :f rom the Narrative of the Nation tothe Narrative of Citizens”, che è sta-ta presieduta da Masao Nishikawa,un nostro socio giapponese, insiemeal primo presidente della Società, Eli-sabeth Erdmann, in veste di co-di-scussant e al secondo pre s i d e n t e ,Luigi Cajani, come re l a t o re. Questic o n g ressi mondiali degli storici sonos e m p re un’occasione per far cono-s c e re la nostra Società ai colleghi dialtri Paesi e continenti attivi in ambi-to didattico e per ottenere nuoveiscrizioni. Nella misura del possibile,c e rchiamo di tenere i nostri congre s-si annuali ogni volta in un Paese di-

La Società Internazionale per la Didattica della Storia

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235

verso, in modo che oltre ai membridella Società vi possano parteciparecolleghi provenienti da diversi Pae-si: di recente, ad esempio, i congre s-si hanno avuto luogo nel 2004 a Ra-bat, nel 2006 a Tallinn e nel 2007 aS a l o n i c c o .Ovviamente siamo impegnati a colla-b o r a re anche con altre istituzioni chesi occupano in vario modo di didatti-ca della storia, di storia dell’educazio-ne e più in generale di ricerca storicadi base. Finora si è curata soprattuttola collaborazione con il Georg - E c k e r t -Institut für internationale Schulbu-chforschung di Braunschweig, ma an-che con le associazioni degli inse-gnanti di storia nei diversi Paesi e conE u roclio. Nel frattempo si sta collabo-rando anche con l’ISCHE (Intern a t i o-nal Standing Conference for the Hi-story of Education), così come con al-t re “International Affiliated Org a n i z a-tions” del CISH/ICHS, il che pre v e d i-bilmente porterà a pre s e n t a re una opiù sessioni comuni al prossimo con-g resso mondiale degli storici nel 2010ad Amsterdam.La già citata rivista «Informations, Mit-teilungen, Communications» uscì duevolte l’anno dal 1980 fino al 2001 edopo di allora, in un nuovo form a t o ,con cadenza annuale e con il titolo« Yearbook, Jahrbuch, Annales». La So-cietà ha poi pubblicato vari volumi,come la già citata bibliografia G e s c h i-chtsdidaktik – Geschichtskultur, chedal 1994 è disponibile in inglese nel-la seconda edizione.1 6 O l t re a questoricordo anche ai volumi H i s t o r i c a lConsciousness and History Teachingin a Globalizing Society. Geschichtsbe-wusstsein und Geschichtsunterrichtin einer sich globalisierenden Gesel-lschaft del 200117 e Geschichtsunter-

richt international. Worldwide Te a-ching of History. L’enseignement del’histoire dans le monde del 2006.18

La Società dispone anche di un pro-prio sito web in tre lingue, all’indiriz-zo http: //www. int-soc-hist-didact. org .Vi si trova fra l’altro lo statuto del 1982nella sua redazione attualmente in vi-g o re, così come ad un documento, ap-p rovato nel 2003 dai partecipanti alconvegno annuale di Tutzing, che rias-sume gli intenti della nostra Società.

Progetti per il futuroNel corso del tempo la Società si èampliata fino a quasi 300 membri pro-venienti da cinque continenti. A dif-f e renza dell’assemblea costitutiva ori-ginaria, ora la composizione stessa delconsiglio direttivo mostra che anchele donne sono ampiamente rappre-sentate e fa piacere che lo siano an-che i più giovani.Un problema che si pone sempre piùspesso è quello linguistico, dal mo-mento che sempre meno sono gli stu-diosi che padroneggiano tutte e tre lelingue ufficiali della Società. Di con-seguenza il consiglio direttivo e l’as-semblea dei soci a Tallinn ha stabili-to nel 2006 che si possano continua-re a usare le tre lingue per gli artico-li della rivista e per le relazioni duran-te i congressi, ma che comunque peri congressi sia da raff o r z a re l’uso del-l’inglese. In ogni caso è auspicabile,anche per coloro che espongono ininglese, sottoporre in inglese al con-siglio direttivo un dettagliato p a p e r,che contenga o l’intero testo o un am-pio riassunto, oppure, sempre in in-glese, la presentazione in Powerpoint,in modo che sia possibile curarne ladistribuzione fra tutti i partecipanti.

ms

1 6 . C f r.s u p ra n .1 3 .L a

seconda edizione è ap-

p a rsa con il titolo H i-

s t o rical Culture – Hi-

s t o rical Commu n i c a-

t i o n .I n t e rnational Bi-

bl i o gra p hy, M o ri t z

D i e s t e r we g , Fra n-

k f u rt/Main 1994 (Stu-

dien zur Intern a t i o n a-

len Sch u l b u ch fo r-

s ch u n g ,B d .8 3 ) .

1 7 . H i s t o rical Con-

sciousness and Histo-

ry Teaching in a Glo-

balizing Society. G e-

s c h i c h t s b ew u s s t s e i n

und Geschichtsunter-

richt in einer sich glo-

b a l i s i e renden Gesel-

l s c h a f t,e d .by Karl Pe l-

lens together with Gö-

ran Behre , E l i s ab e t h

E rd m a n n ,Frank Meier

and Susanne Po p p ,Pe-

ter Lang,Fra n k f u rt am

Main u.a . 2 0 0 1 .

1 8 . G e s c h i c h t s u n t e r-

richt intern a t i o n a l .

B e s t a n d s a u f n a h m e

und Vi s i o n e n . Wo r-

l dwide Teaching of

H i s t o ry. P resent and

F u t u re . L’ e n s e i g n e-

ment de l’histoire

dans le monde.B i l a n

et visions,h rs g .v.E l i s a-

beth Erd m a n n ,R o b e rt

M a i e r, Susanne Po p p ,

H a h n ’s che Buch h a n-

d l u n g ,H a n n over 2006

(Studien zur Intern a-

tionalen Sch u l b u ch fo r-

s ch u n g ,B d . 1 1 7 ) .

Page 236: scuolalab.edu.ti.ch rivista... · © G. B. Palumbo & C. Editore S.p.A. Palermo Periodico semestrale Autorizzazione del Tribunale di Palermo n. 9 del 5 febbraio 2008 Direttore †

• Adwan Sami Università di Betlemme

• Andreassi Rossella dottoranda di ricerca, Università di Macerata

• Ardito Carmelo Università di Bari

• Bar On Dan Università “Ben-Gurion” del Negev

• Bastida Anna Università di Barcellona

• Bazzanella Marta Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentinadi San Michele all’Adige (TN)

• Beaber Lawrence Università di Princeton

• Bentley JerryUniversità delle Haway, Honolulu

• Biagetti Stefano Università “La Sapienza”, Roma

• Brusa Antonio Università di Bari

• Cajani Luigi Università “La Sapienza”, Roma

• Cavalli Alessandro Università di Pavia

• Corallo Maria dottore di ricerca, Università di Bari

• Craig Oliver E.Università di York

• Croizier Ralph Università di Victoria

• Cuenca López José María Università di Huelva

• Del Monaco Aurora Presidente Landis, Bologna

• Erdmann Elisabeth Università di Erlangen-Nürnberg

• Gibatdinov Marat M.Institute of History Academy of Sciences ofTatarstan

• Giusti Francesca docente Scuola Secondaria, Napoli

• Gozzini Giovanni Università di Siena

• Grazioli Cesare docente Scuola Secondaria Superiore, ReggioEmilia

• Guilaine Jean Collège de France, Parigi

• Heimberg Charles Università di Ginevra

• Hotopp-Riecke Mieste Institut für Turkologie - Freie Universität, Berlino

• Iannone Mario Historia Ludens, Bari

• Lanzilotti Rosa Università di Bari

• Liverani Mario Università “La Sapienza”, Roma

• Lugo SantiagoIES Reguissol, Santa Maria de Palautordera(Catalogna)

• Marchese Eliana Università “Tor Vergata”, Roma

• Marcone Arnaldo Università di Udine

• Muntoni Italo M.Università di Bari e Università “La Sapienza”,Roma

• Musci Elena Historia Ludens, Bari

• Nishikawa Masao Università di Tokyo

• Perego Clara docente Scuola Secondaria Inferiore, Pavia

• Pingel Falk Georg-Eckert-Institut, Braunschweig

• Repousi Maria Università di Salonicco

• Ricci Stefano Università di Siena

• Rickards OlgaUniversità “Tor Vergata”, Roma

• Rizzo Laura,dottore di ricerca, Università di Bari

• Rocasalbas Miquel IES Reguissol, Santa Maria de Palautordera(Catalogna)

• Rotilio Giuseppe Università “Tor Vergata”, Roma

• Salza A l b e rto Museo di Etnografia ed A n t r o p o l ogia dell’Univers i t àdi Torino e National Museums del Ke nya

• Sepe Valentina dottore di ricerca, Università di Bari

• Sergi Giuseppe Università di Torino

• Sivilli Sandra Soprintendenza ai Beni Archeologici di OstiaAntica

• Tarantini Massimo Università di Siena

• Tinè Vincenzo Soprintendenza al Museo Naz. PreistoricoEtnografico “L. Pigorini”, Roma, e Università“Suor Orsola Benincasa”, Napoli

• Valls Rafael Università di Valencia

• Woolley MaryUniversità di Exeter

• Zamagni Barbara dottoranda di ricerca, Università di Siena

• Zammit Jean Centre d’anthropologie de l’EHESS, Tolosa

• Zannini Andrea Università di Udine

Autori