Rivista DMA - ALLARGATE LO SGUARDO: GESTI PROFETICI (Novembre – Dicembre 2015)

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RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE ALLARGATE LO SGUARDO: GESTI PROFETICI 2015 Anno LXII Mensile n. 11/12 Novembre/Dicembre Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2 - DCB Roma

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Rivista delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Salesiane di don Bosco)

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ALLARGATE LO SGUARDO: GESTI PROFETICI

2015Anno LXII Mensile n.11/12 Novembre/Dicembre

Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 2 - DCB Roma

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4EditorialeProfeti di gioia

5Primopiano6La Pace è la viaPace e conflitti in Messico

8Donne in contestoInquietudine d’amore

10Cultura ecologicaIl cibo e i suoi rituali

12Filo di AriannaColtivare la resilienza

15DossierGesti profetici

27In ricerca 28Dono e CultureVolontariato e gratuità

dmaRivista delle Figlie

di Maria AusiliatriceVia Ateneo Salesiano 81

00139 Roma

tel. 06/87.274.1 • fax 06/87.13.23.06e-mail: [email protected]

Direttrice responsabileMariagrazia Curti

RedazioneMaria Helena MoreiraGabriella Imperatore

CollaboratriciMaria Américo Rolim

Julia Arciniegas • Patrizia BertagniniMara Borsi • Carla Castellino

Piera Cavaglià • Maria Antonia Chinello Anna Rita Cristaino • Emilia Di Massimo

Dora Eylenstein • Palma Lionetti Anna Mariani • Adriana Nepi

Maria Perentaler • Loli Ruiz Perez Debbie Ponsaran • Maria Rossi

Eleana Salas • Martha SéïdeGiuseppina Teruggi

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30La ParolaEmmaus: i gesti del Risorto

32Carisma e leadershipAnimare è…

34Uno sguardo sul mondoLa missione delle fma in Oceania

37Comunicare38Vita consacrataComunicazione e voti

40Video Selma

42LibroNon dirmi che hai paura

44MusicaLa musica itinerante

46CamillaGli appuntamenti col misericordioso

n.11/12 Novembre Dicembre 2015Tip. Istituto Salesiano Pio XI

Via Umbertide 11, 00181 Roma

ASSOCIATAUNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Traduttricifrancese • Anne Marie Baud

giapponese • Ispettoria giapponeseinglese • Louise Passero

polacco • Janina Stankiewiczportoghese • Maria Aparecida Nunesspagnolo • Amparo Contreras Alvareztedesco • Ispettoria Austria - Germania

EDIZIONE EXTRACOMMERCIALE

Istituto Internazionale Maria Ausiliatrice

Via Ateneo Salesiano 81, 00139 Roma

c.c.p. 47272000

Reg. Trib. Di Roma n. 13125 del 16-1-1970

Sped. abb. post. art. 2, comma 20/c,

legge 662/96 – Filiale di Roma

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Stare dalla parte degli ultimi vuol direavere il coraggio di fare delle nostre co-munità dei cenacoli dove si condivide ilpane della sofferenza, del dubbio, dellaricerca e il vino della gioia, dell’amiciziae della festa. Comunità che sono luoghi di preghiera,di incontri e dialogo, per poter abitarequelle periferie nelle quali è carente lapace, la giustizia, l’equità.

Assumere un ruolo profetico, cioè esserecapaci di osare di fronte al dilagaredella violenza, della guerra, degli abusi,dei diritti violati; mettersi dalla partedei più deboli, essere in prima linea eavere il coraggio di prendere posizioni,perché siano riconosciuti diritti e dignitàdi ogni persona, e ovunque.

Trasformare un’esperienza profetica,cambiare ogni istante della vita umanain un’esperienza che va oltre ciò che èferito e turbato; abitare la casa ‘spor-candosi’ della vita degli altri e testimo-niando la speranza di ricominciare, lagioia di ripartire.

Sogni, speranze, fatiche sono questeparole a guidare le nostre scelte, a in-terrogare i nostri stili di vita, a discer-nere il nostro agire per l’urgenza mis-sionaria del Vangelo, a trasfigurare lenostre realtà, per non perderne il Benepiù importante.

[email protected]

Profeti di gioia

Maria Helena Moreira

“Come fma sentiamo la gioia di seguireGesù per essere, insieme con i giovani,segno profetico nell’orizzonte di una rin-novata missionarietà” (CG23,69).

Essere profeti di gioia nelle nostre co-munità e tra la gente per cogliere i realibisogni e offrire calore e speranza nelle‘periferie esistenziali’. È forte richiamo a non fermarsi nei recintidelle lamentazioni, sui sentieri che nonrendono giustizia all’umano, nelle stret-toie del ‘si è sempre fatto così’ che smor-za il soffio dello Spirito e rinchiude nellecertezze svigorite del fare di routine.

Allargare lo sguardo, allenare occhi ecuore secondo Dio. È l’invito, per tutti, a camminare accantoa coloro che sono i più abbandonati elontani; a scrutare nuovi orizzonti perriconoscervi insieme i segni di Dio e ri-spondergli con scelte evangeliche; acompiere l’esodo verso quelle ‘periferie’che sono il luogo teologico dove Dio simanifesta, e abitarle, non occasional-mente, ma farle diventare spazio vitale.

Svegliare il mondo è una sfida che chiededi ‘rimboccarsi le maniche’ e osare gestiprofetici. Riappropriarsi dello stupore edella passione carismatica che caratterizzanola vita vissuta per i più poveri, a fianco del-l’umanità ferita, curandola con l’olio del-l’accoglienza e della misericordia.

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Approfondimenti biblicieducativi

e formativi

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più conseguenze dopo il conflitto.Nella metà del XX secolo, il Paese ha co-minciato la ricostruzione politica e sociale.Dopo la prima metà del secolo sono iniziatii movimenti studenteschi e sociali chehanno manifestato contro il governo. Que-sti gruppi sono stati violentemente repressinel 1968, dopo si è avuto un tempo di re-lativa calma. Negli ultimi decenni, il Paese è stato ca-ratterizzato da una crescente impunità ecorruzione. Lo Stato non ha credibilità daparte della società civile, la gente non sifida dei politici, mentre la criminalità or-ganizzata prende sempre più forza, in granparte anche il controllo dell’economia delMessico.Sempre più difficile è il clima che si respira,di violenza, criminalità, traffico di droga esequestri. Poche città sono considerate si-cure e lontane dalla violenza. È tutto cosìcomune che bambini e adolescenti so-gnano di essere trafficanti di droga, guar-dano ai leader come esempi da seguireper ottenere fama e denaro.Il Messico è a maggioranza cattolica, anchese sussiste una forte ondata di indifferenzareligiosa. Un’alta percentuale di cattolici non prati-canti sono battezzati; ma la religione nonè ritenuta importante nella vita della per-sona e, in molti casi, la religione cattolicaè solo un elemento della tradizione mes-sicana, cioè le persone sono cattolicheper il semplice fatto di essere nate inquesto Paese. Attualmente il Messico può essere consi-

La parola Messico ‘nahuatl’ significa“ombelico della luna” e si riferiscealla posizione geografica, rappresentail centro, l’unione di due grandiblocchi: l’ultima parte del NordAmerica e il primo bloccodell’America Latina. Il Messico è un Paese di contrasti: una varietàlussureggiante di ecosistemi, dagli aridi deserti alle foresteabbondanti; dalle spiagge tiepide alle montagne innevate. La variegatacultura è influenzata a Nord dal Paeseeconomicamente più forte del mondo.Il Messico rappresenta un mondoaperto a tutti i Paesi latinoamericani,che condividono la lingua, la cultura,la religione e le tradizioni.

Situazione sociale del Messico

200 anni di indipendenza dalla Spagnahanno definito l’identità del Paese. L’ultimosecolo di storia moderna è stato segnatoda conflitti sociali, politici e religiosi. Il Messico è definito come uno stato laico,anche se, all’inizio del XX secolo, leggidure hanno ostacolato il clero e il popolocattolico. Molti martiri hanno dato la vitaper difendere i diritti dei religiosi e delsuo popolo. Dopo anni di lotta, che ha causato distru-zione e morte in tutto il paese, si è respiratoun clima di relativa pace e di rispetto dellelibertà religiose, anche se le leggi antireli-giose rientrano nella Costituzione, senza

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ia Pace e conflitti in Messico

Maria Mayela Torres Gonzalez

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derato un Paese con grandi ricchezze, madistribuite in modo diseguale. È un Paese cattolico, ma non praticante;con forti tradizioni, ma vittima di un am-biente sempre più violento e pericoloso.Il Messico anche se non vive in guerra,non gode della pace: i cittadini si sonoabituati a vivere in mezzo alla violenza.

riso, uno sguardo, una parola all’orecchio,per seminare amore nei cuori di chi vivenelle nostre case.Le fma sono convinte dell’importanza dellafamiglia e dell’educazione come via pereliminare la violenza. Per questo è statoavviato un progetto pilota nel CollegioMaria Auxiliadora di Guadalajara Jalisco,lavorando in sinergia con due organizza-zioni civili, per la formazione della personae lo sviluppo della pace. Queste organiz-zazioni, una messicana e l’altra colombiana,condividono con le fma la “Pedagogiadella cura e della Riconciliazione”. Il progetto non è una campagna promo-zionale per la pace, ma un movimento dipersone che promuovono la cultura dellapace nelle famiglie e in comunità, perchésolo in questo modo si può realizzare uncambiamento sociale. Il primo passo ha avuto l’obiettivo di fareun’analisi della situazione, coinvolgendotutte le persone che fanno parte della co-munità educativa: gli studenti, i genitori,gli insegnanti e il personale amministrativo,per rilevare come si vive la pace e com’èpercepita all’interno del collegio salesiano.È stato realizzato un workshop su cosa si-gnifica perdonare e su come si esprime ilperdono, da cui è emerso che perdonareè un’esperienza possibile se prima ciascunoriesce a sperimentarlo su di sé, a trasfor-mare il proprio cuore, e così contagiaregli altri. Il workshop è stato solo il primopasso, la strada per la pace è lunga edifficile, ma la via del perdono è l’unicomodo per arrivare alla pace sociale. La scuola deve impegnarsi a educare alperdono ogni giorno, a promuovere unacultura della pace, a combattere l’ingiustizia,l’odio e l’indifferenza, tutto ciò che violala dignità delle persone. Il Messico è un Paese pieno di contrasti,la sfida è la riconciliazione e la pace.

Maria Mayela Torres Gonzalez

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Le fma in Messico

In Messico ci sono due Ispettorie fma(MMO-MME), con diverse case e opere,oratori, centri di missione, e istituzionieducative che sono distribuite in diverseregioni della Repubblica.In risposta all’appello di papa Francesco edella Madre generale, suor Yvonne Reun-goat, le fma cercano di dare risposte alleesigenze del territorio e a diffondere lafede, lavorando sempre in stretta collabo-razione con i laici, per formare una rete earrivare al cuore di tutti i bambini e deigiovani loro affidati. La realtà salesiana èsempre più vicina alla gente, non solo peri bambini e i giovani, ma anche per genitori,insegnanti e tutti quelli che condividonola spiritualità salesiana. Propone un modellodi santità, semplice e realizzabile, che nonrichiede atti straordinari, ma l’impegno,nella vita di tutti i giorni, di donare un sor-

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nella periferia sud di Lima (Perù). Unastoria di resistenza e fratellanza, di eman-cipazione e lotta alla fame, di coraggio edinventiva. Villa el Salvador era un luogoinfernale, progettato a tavolino nel 1971per liberare alcuni terreni dall’occupazioneabusiva dei più poveri tra i poveri, a van-taggio di un pugno di ricchi. Dopo un’opposizione dura e dolorosa,migliaia di persone vengono trasferite neldeserto, in un ammasso di baracche, dovel’acqua arriva solo una volta a settimana.La solidarietà è la prima arma contro lamiseria e la sua espressione più alta sonoi ‘comedores’. Con un’efficienza sorprendente, madri, fi-glie, sorelle si organizzano in turni, pren-dono in gestione gli aiuti della Caritas econ piccoli contributi familiari, iniziativedi beneficenza e molto ingegno, riesconoa mettere su, ogni giorno, la colazione peri bambini e un pasto per tutti. Villa el Sal-vador, con tenacia e dignità, tira avantifino al 1992 quando l’economia inizia moltolentamente a riprendersi e l’emergenzafame si attenua, anche se la miseria restaancora oggi. I comedores diminuiscono,alcuni sono convertiti in ristorantini amenù fisso, dove per un sol e mezzo laproprietaria offre un pasto completo eun’accoglienza gioiosa. Nel frattempo, le donne artefici del destinodella comunità per oltre un decennio,sono profondamente cambiate. Molte diloro sono in politica o continuano a lottareper un mondo più giusto.

Inquietudine d’amore

Gabriella Imperatore

Icone viventi della maternità e della prossimità nella Chiesaandiamo verso i poveri e i deboli. Il Papa invita a non privatizzarel’amore, ma con l’inquietudine di chiè aperto: «cercare sempre, senzasosta, il bene dell’altro, della personaamata». Siamo invitati a essere donneaudaci, di frontiera: «Non bisognaportarsi la frontiera a casa, ma viverein frontiera ed essere audaci».

“Inquietudine”. Questa parola mi colpiscee mi fa riflettere. Vorrei partire da una do-manda: quale inquietudine mantiene vivanella nostra vita l’invito del Papa “a cercaresempre, senza sosta, il bene dell’altro,della persona amata, con quell’intensitàche porta anche alle lacrime”?L’inquietudine dell’amore spinge sempread andare incontro all’altro, ad ascoltare ilgrido del povero e a soccorrerlo, senzaaspettare che sia l’altro a manifestare ilsuo bisogno. Sono in gran parte donne lepersone più povere, e sono donne coloroche hanno scelto di dedicare la loro vita achi ha poco o nulla, a chi è diseredato,emarginato ed escluso. Suore, laiche, mis-sionarie che hanno assunto, seguendo ilVangelo, il più faticoso dei compiti.

La storia dei ‘comedores’

È la storia, tutta al femminile, quella dellereligiose che hanno costruito le ‘comedo-res’, le mense popolari di Villa el Salvador,

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La Tenda blu

È una donna, suora della Congregazionedelle Figlie di Maria Ausiliatrice, che hainiziato la missione salesiana tra i poveriad Adwa, offrendo istruzione, educazionee aiuti economici alle donne per ritrovarenel lavoro e nell’istruzione la dignità per-duta. L’Etiopia, pur avendo sofferto annidi guerra, è incamminata verso la stradadello sviluppo e del progresso. La missionenasce da una vecchia tenda militare blu,sistemata a pochi passi dall’Eritrea, quindiin piena terra di tensioni. È “una speranzaaccesa nella vita degli ultimi”, l’unico centrostabile di riferimento per migliaia di per-sone, che si rivolgono alla “Kidane Mehret”nei momenti di emergenza, per consiglio,per aiuto, insomma per qualsiasi necessità.Oggi conta un complesso scolastico con

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1500 studenti, laboratori di maglieria e sar-toria, centri di promozione della donna edi aiuto alla famiglia, un dispensario e unospedale in costruzione per rispondereall’emergenza sanitaria del territorio. Lamissione salesiana è cresciuta fino a di-ventare una cittadella che dà lavoro a 136dipendenti, con un fatturato reinvestitointeramente nell’educazione e nella for-mazione. Tra le serre dove si coltivano or-taggi per il fabbisogno della scuola, nellestalle popolate da animali, nell’officina cheprovvede a tutta la complessa manuten-zione di quello che è il più grande com-plesso scolastico del Paese, si respira bel-lezza, conoscenza e, soprattutto, amore.

La comunità Pane della Vita

L’organizzatrice della comunità Pane dellaVita, in Polonia, è ancora una donna, la cuimissione, è ‘vivere con i poveri’, senzatetto,malati, orfani e ragazze madri intorno aCristo nell’Eucarestia. La prima casa per isenzatetto è nata nel 1989, per mezzo diun incontro con delle senzatetto, ragazzein cerca di soldi per studiare, disoccupatedesiderose di lavorare. Oggi ai deboli sioffre solo l’assistenzialismo. È molto difficilemettere una persona in condizione dipoter autonomamente vivere dignitosa-mente e guadagnarsi il pane. Oggi Panedella Vita ha diverse case, laboratori e per-fino un negozio online.

Non stupisce che siano le donne in primafila accanto ai poveri, che siano loro a di-spensare l’abbraccio misericordioso diDio. Per amare i poveri e soccorrerli, persconfiggere la miseria e dare dignità, bi-sogna vivere l’inquietudine dell’amore,riconoscere la gratuità di un amore cheviene dall’esperienza materna: “Come lemadri amano i figli più deboli, così laChiesa delle donne cerca e predilige lavicinanza dei poveri”.

[email protected]

Nelle nostre comunità si vive l’inquietudine dell’amore? Testimoniamo l’amore a Dio e agli altri?

Incontriamo i ‘poveri’, non in modoastratto e non solo a parole, e concretamente ci lasciamo ‘inquietare’ dalle loro necessità e bisogni?

Oppure rimaniamo chiusi in noistessi, nelle nostre comunità, che molte volte sono per noi “comunità-comodità”?

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Cibo energia per la vita

Il cibo è un bisogno vitale dell’esistenzaumana e nutrirsi è un atto che accomunatutti i popoli. Purtroppo, ancora oggi,questo bisogno primario non è soddisfattoper tutti gli esseri umani del nostro pianeta.Le linee guida di Expo Milano 2015 dichia-rano che: “Mangiare è anche un piacerefondamentale della vita, accessibile a tuttie di cui nessuno può fare meno. Un piacere che ci unisce agli altri. La tradizione alimentare è uno specchiodella nostra vita che si evolve con i tempi,e ci dice chi siamo, e a quale comunità ap-parteniamo. Per tutte queste ragioni, ilcibo è davvero energia per la vita”. Èurgente recuperare il valore rituale delcibo per una distribuzione equa delle ri-sorse, in modo che tutti possano avereun’alimentazione “buona, sana, sufficientee sostenibile” per vivere meglio.

Cibo veicolo culturale

Se il cibo è una realtà imprescindibile perla vita umana, ciascun popolo ha un modopeculiare per accostarsi al cibo, tanto che,secondo M. L. Savorani, esso è diventatoun vero e proprio veicolo culturale: “con-templa in sé religiosità, tradizione, convi-vialità, identità, uso e costume. Nella tra-dizione alimentare si ritrovano le proprieradici culturali e storiche”.Nel processo di interculturalità delle nostrecomunità educative, sarebbero auspicabilialcune iniziative per promuovere lo scam-bio e la condivisione dell’arte culinaria dei

Il cibo e i suoi rituali

Martha Séïde

“Apprendere la sociabilità a partire dalle pratiche alimentaripermette di osservare una molteplicità di rituali” (Jean Pierre Corbeau). L’affermazione del sociologo franceseCorbeau introduce il tema invitando,innanzitutto, a chiarire il significatodel termine rituale e a riflettere sugli eventuali rituali collegati al cibo.

I sociologi sostengono che un rituale èun’azione simbolica, ripetuta nel tempo,realizzata per esprimere l’aspetto emotivodi una data realtà. Ovunque si trovano esseri umani, vi sonodei rituali. La domanda del piccolo principe alla volpeillustra chiaramente il concetto: «Che cos’èun rito?, disse il piccolo principe. Un rito – disse la volpe – è quello che faun giorno diverso dagli altri giorni, un’oradiversa dalle altre ore».Queste celebri parole di Saint Exupéry ri-ferite al cibo lasciano percepire che essoha, non solo un valore nutrizionale, mauna forza simbolica rilevante. Il “modo di accostarsi al cibo dipende so-prattutto dalla profondità con cui la personalo vive e dai valori che ad esso attribuisce”(Maria Luisa Savorani). In questo contesto possiamo affermareche il cibo, nei suoi molteplici rituali, èenergia di vita, veicolo culturale che facilitala relazione verso l’incontro-comunione.

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diversi paesi o regioni, per sperimentare irituali legati al cibo: l’imbandire la tavola,la modalità di cucinare, il rito della consu-mazione, la disposizione dei commensalia secondo dei ruoli, il tempo e la durata,la celebrazione delle feste o eventi parti-colari, ecc. Il nostro mondo globalizzato espesso frenetico tende a de-ritualizzare leculture, ma occorre soffermarci più spessosul valore relazionale ed emotivo del cibo,della nostra cucina, della nostra tavola,per salvaguardarne la valenza rituale e tra-sformare l’ora dei pasti in un’ora diversadella giornata, cioè un’ora di convivialitàserena e di gioioso incontro.

Il cibo via dell’incontro

Parafrasando le parole della Savorani, dallibro “Il cibo via della relazione”, si può

costatare che il cibo è via dell’incontro.Infatti, gli studiosi sono concordi nel rilevareche “uno degli aspetti principali dei ritualisociali connessi al cibo è quello della com-mensalità, là dove condividere il cibo se-condo gesti e scambi ripetuti nel tempofonda il senso di appartenenza a un de-terminato gruppo sociale, la gerarchia e latipologia dei ruoli e dei rapporti reciprocifra i commensali” (Cristina Rubano).Mangiare e bere insieme è una forma discambio e di condivisione utilizzata percreare e mantenere legami. È una prassicomune a tutte le culture e religioni. Se pensiamo al cristianesimo, i grandi mo-menti della vita di Gesù sono legati alcibo. Il catechismo della Chiesa cattolicadichiara a riguardo: “la Frazione del pane,rito tipico della cena ebraica, è stato uti-lizzato da Gesù quando benediceva e di-stribuiva il pane come capo della mensa,soprattutto durante l’ultima Cena.Da questo gesto i discepoli lo riconosce-ranno dopo la sua risurrezione, e con taleespressione i primi cristiani designerannole loro assemblee eucaristiche. In tal modointendono significare che tutti coloro chemangiano dell’unico pane spezzato, Cristo,entrano in comunione con Lui e formanoin Lui un solo corpo” (CCC 1329).Il Capitolo Generale XXIII ci ha propostodi “entrare in modo più consapevole inun processo di continua formazione al-l’incontro e nell’incontro come esperienzache trasforma e genera vita, se vengonocoltivati alcuni atteggiamenti che lo ren-dono efficace”. Il semplice momento dei pasti può essereun’occasione opportuna per coltivarequesti atteggiamenti legati ai rituali delcibo e, pertanto, per vivere l’incontro co-me momento che rivitalizza la passioneper Dio e per i giovani.

[email protected]

11 ANNO LXII • MENSILE / NOVEMBRE DICEMBRE 2015dma damihianimas

Educare è nutrire la vita

La Pontificia Facoltà di Scienze dell’E-ducazione “Auxilium” di Roma si èpresentata a Expo 2015 - Milano, il 23-34 settembre 2015, con una serie dieventi per dire quanto sia vitale nutrirecorpo, mente e spirito con l’educazione.Si tratta dell’impegno di mettere a di-sposizione della persona contenutied esperienze che la nutrano in tuttele sue dimensioni e le consentano dicrescere, di alimentarsi da sola e digenerare vita. Vivere Expo è stata un’opportunità pereducarsi e educare. Per saperne di più:http:/ /www.pfse-auxil ium.org/it /ndex.cfm.

LUCECONTRO

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a credere che il disagio non dovrebbe esi-stere e, quando si presenta, dovrebbe es-sere eliminato subito; che sia possibile ot-tenere tutto con il minimo sforzo. L’impegno faticoso, la capacità di soppor-tazione, di attesa paziente, di dilazionarela soddisfazione per raggiungere deter-minati obiettivi sono caratteristiche svalu-tate come se fossero cose d’altri tempi. La pubblicità ne approfitta e, amplificandole reali fragilità, offre molti prodotti comeantidoto ai vari tipi di disagio, creando ef-ficienti consumatori. Le possibilità offerte dalla medicina e dallatecnica come aiuti per evitare fatiche inutilie attenuare il dolore, sono preziose. La tendenza, però, a medicalizzare anchei normali disturbi passeggeri e credereche non si possa aver nessun tipo di con-trollo sul disagio e sul dolore, se nonquello farmacologico, porta al ricorso ec-cessivo di mezzi esterni, rendendo dipen-denti e impedendo alle risorse interne, fi-siche e psichiche, di svilupparsi adeguata-mente, anzi contribuendo ad atrofizzarle. Credere che per un po’ di mal di testa sianecessaria una tachipirina, per dormireun sonnifero, per affrontare un’interroga-zione un ansiolitico, per essere socialmenteimportanti maneggiare l’ultimo modellodi cellulare e crearsi amici virtuali sui varisocial network trascurando i reali, nuoceanche dal punto di vista cognitivo.

Cos’è la resilienza

Secondo il filone di studi psicologici la re-silienza è la capacità di resistere, superando

Coltivare la resilienza

Maria Rossi

L’osservazione della realtà quotidiana,le fonti di informazione, le riflessioniche s’intrecciano fra genitori,educatrici/educatori, sottolineano con preoccupazione la fragilità delle giovani generazioni e degli adulti. Emerge sempre più la tendenza ad abbandonare gli impegni assunti, compreso quellodella vita. È frequente sentire che parecchi iscritti all’Universitàabbandonano al primo anno; che una coppia si è separata; che un imprenditore si è suicidato;che la difficoltà di sopportazione di un figlio difficile, di un membromalato della famiglia, di un’esigenzadel genitore ritenuta eccessiva, di una difficoltà scolastica, di un’amicizia/amore non corrisposto, induce anchea togliere e a togliersi la vita.

Fragili o Resistenti?

La cultura attuale, oltre a far credere allepersone di essere fragili, induce anche adesserlo. Alcune teorie economiche sosten-gono che la crisi attuale e la recessionenei paesi più avanzati abbia, fra le cause,anche il benessere prolungato di cui essihanno goduto negli ultimi decenni. Il benessere rallenta la spinta motivazionalea conseguire nuovi traguardi indebolendole risorse psichiche. L’agiatezza difficilmentefavorisce la capacità di resistere, anzi porta

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le difficoltà e lo stress. Attualmente, però,dato il condizionamento che i media eser-citano, evidenziando debolezze, fragilità,cedimenti, vien da pensare che la resilienzasia una teoria consolatoria oppure validaper chi ha doti particolari. Non si può negare la fragilità degli esseriumani, ma neppure il fatto che siano dotatidi energie sufficienti per resistere. Anzi, pare proprio che abbiano maggioririsorse di quelle che pensano. Esse, però, per essere operanti, hanno bi-sogno di un adeguato apprendimento eallenamento.Ricerche scientifiche, nell’ambito delleneuroscienze e della psicologia cognitiva,hanno evidenziato come, di fronte alleenormi difficoltà intervenute nel corsomillenario della storia, gli esseri umanihanno sviluppato, con le aree prefrontalidel cervello, alcune capacità specificata-mente umane come la motivazione, l’at-tenzione, l’autocontrollo, la capacità di ri-manere concentrati per lungo tempo suun obiettivo in una situazione di gratifica-zione differita. Lo sviluppo delle aree prefrontali rappre-senta il substrato fisico dei comportamentimotivati e della resilienza. Mentre le aree cerebrali arcaiche che pre-siedono ai comportamenti di base, comela nutrizione, l’aggressività, la sessualità,si attivano autonomamente, le zone più“giovani”, le aree prefrontali, hanno biso-gno di essere allenate ed educate. La volontà e tutto quello che riguardal’autocontrollo richiedono apprendimen-to. L’ideale sarebbe allenare queste risorsefin dal principio perché non si atrofizzino.Più avanti negli anni richiedono maggiorfatica per renderle possibili, ma, anchechi si trova in questa situazione può pren-dersi il gusto di provare. Il problema è trovare il coraggio di abban-donare quello che è facile e comodo, datoche la fatica non piace e la forza di volontà

potrebbe essere un po’ addormentata.È possibile favorire e potenziare la naturaleresistenza, rendersi capaci di superare ledifficoltà più autonomamente e aiutare glialtri a farlo. “Nella nostra specie la resilienzarappresenta la norma, non l’eccezione. È l’attitudine umana per eccellenza: si trattadella capacità di affrontare difficoltà com-plesse e di adattarsi al cambiamento senzasmarrire la spinta motivazionale”. Oggi si parla tanto di stress. Esiste. Non sipuò negare. Entro certi limiti, però, siamofatti per gestirlo. Anzi pare che senza pro-blemi da risolvere, difficoltà da affrontare,obiettivi da raggiungere il nostro cervellosi atrofizzerebbe. I nuovi neuroni, se non sono stimolati suf-ficientemente, non sopravvivono.

Sfide e atteggiamenti

La motivazione e il comportamento sonoguidati dai pensieri e dalle credenze ri-guardo alla realtà, cioè dalla “valutazionecognitiva”. Se una crede che, per star bene, occorronootto ore di sonno, se ne dorme meno,starà male, mentre una che crede che cin-que ore siano sufficienti, pur dormendomeno, può star meglio della prima. La valutazione cognitiva riguardo alla realtàè personale: in parte dipende dalle espe-rienze e dalle situazioni vissute, in parte èindotta e condizionata dalla cultura. La cultura che si è diffusa nei Paesi del be-nessere ha portato a pensare che si devee si può evitare ogni forma di disagio eche sono i responsabili a doverlo fare. Questo induce alla passività o, ancora peg-gio, a consumare le energie personali ainfuriarsi, a contestare e a maledire l’uni-verso mondo aumentando il disagio. La valutazione cognitiva di chi è resilienteporta a pensare che il disagio fa partedel gioco, fa parte della vita, lo riconosce,sente la sofferenza, ma usa le energiedisponibili per rimboccarsi le maniche

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Alla prima difficoltà o con qualche scusalascia l’impresa. La resilienza, in questi casi, ha il fiato corto.Essa esiste e si potenzia quando una/o agi-sce per motivazione interna, per il piaceredi perseguire un obiettivo personale anchesfidante, per il gusto di fare del bene, perla soddisfazione di superare difficoltà eincomprensioni e di sentirsi fedele. I grandi artisti, scienziati, esploratori, im-prenditori, atleti, i grandi santi, i nostriSanti, sono andati in questa direzione.Utilizzare la motivazione intrinseca, “im-parare, sentirsi competenti e capaci è cosìimportante che – quando risolviamo unproblema o raggiungiamo un obiettivo dasoli – il nostro cervello ci premia, attraversol’evoluzione ha imparato a fornirci unascarica di dopamina. La dopamina attiva le aree prefrontali; e,quindi, tutto il patrimonio comportamentaledella resilienza (concentrazione sull’obiet-tivo, perseveranza, volontà) viene messoa disposizione del nostro agire”. Questo non succede quando un obiettivoè sentito come imposto. Rimanere concentrate/i sull’obiettivo sceltoe perseverare nonostante la fatica, è pos-sibile per tutti, ma, per chi sa di essere incompagnia di Qualcuno, può diventareuna sfida entusiasmante.

[email protected]

Per le citazioni fra virgolette e alcuni contenuti si è fatto riferimento al libro di TRABUCCHI Pietro, Tecniche di resistenza interiore. Come sopravvivere alla crisi della nostra società, Mondadori, Milano 2014.

e mettersi a lavorare per risolvere la si-tuazione.I media digitali offrono molte opportunità,ma, se utilizzati acriticamente, rendonopassivo l’utente e mandano in letargo laresilienza. L’essere incollati al personal computer ealla televisione, restare costantemente con-nessi alla rete, rendersi dipendenti dallosmarphone tanto da doverselo portare an-che ai pasti, creano vari disturbi, i più evi-denti sono il distacco dalla realtà concreta,la difficoltà di rapporti interpersonali e dipensare con la propria testa. Spesso, queste abitudini sono alla basedei disturbi di attenzione che ultimamentevanno aumentando. Un utilizzo attivo, oculato e intenzionalee l’educare a questo uso, invece di danni,potrebbe recare qualche vantaggio.

Esercizio fisico e funzioni cognitive

“È stato dimostrato che l’esercizio fisicovolontario innalza i livelli di BDNF (fattoreneurotrofico cerebrale) nel cervello. Il fattore neurotrofico cerebrale (BDNF)favorisce la crescita dei neuroni e proteggela loro sopravvivenza, è presente in alteconcentrazioni nella zona dell’ippocampo,un’area del cervello fondamentale per lamemoria e l’apprendimento”. Alcune ricerche scientifiche hanno verifi-cato gli effetti positivi dell’esercizio fisicosia nelle prestazioni scolastiche di bambinie giovani sia in quelle di adulti e anziani.“Oggi, l’allenamento fisico viene conside-rato una strategia preventiva con forte im-patto sulle malattie degenerative dell’an-ziano come l’Alzheimer” e su altri disturbi.L’esercizio fisico, però, deve essere vo-lontario. Se fatto per costrizione, rischiadi produrre solo stanchezza. Chi intraprende un impegno perché ven-gono offerti incentivi esterni, difficilmentepersevera se questi non aumentano o ven-gono a mancare.

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Gesti profetici

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sveglia un nuovo giorno è arrivato”. Il profeta è colui che con la sua vita, la suaparola, sa indicare modi alternativi di esseree di amare. È colui che di fronte al ben-pensare comune sa dire che forse ci sonovie alternative, è colui che non cerca ilconsenso, ma solo l’amore e la verità.Mette a tacere tutto di sé per ascoltare an-che il più flebile sussurro della parola diDio. E quando è pieno dell’amore di Dio,della sua Parola, non può tacere, non puòtenere per sé questo grande tesoro. Può solo comunicarlo, gridarlo a tutti. Non sempre i profeti con i loro gesti sonocapiti, a volte chi indica una strada diversanon è una persona che viene da chissàdove, ma forse è una persona a noi vicina,con la quale magari condividiamo la vitaquotidiana e allora non riusciamo a per-cepire quei gesti come profezia. Li etichettiamo come “stranezze”, “stra-vaganze”. Non riusciamo a credere a chi ètroppo vicino, come i farisei non riuscivanoa credere ad un figlio di Dio troppo umano,ad un profeta di cui conoscevano i geni-tori… Ecco la reazione dei compaesani diGesù: non riuscivano ad immaginare chedal quotidiano, dall’altro che era familiare,da colui che si conosce fin da quando erapiccolo, possa scaturire per noi una parolaveramente di Dio. Non abbiamo molta fiducia nell’altro, inparticolare se lo conosciamo da vicino,mentre siamo sempre pronti a credereallo “straordinario”, a qualcuno che si im-ponga. Siamo talmente poco muniti di fe-de-fiducia, che impediamo che avvengano

Il coraggio di osare gesti profeticiAnna Rita Cristaino, Gabriella Imperatore

Osare gesti profetici è avere l’audaciadi compiere gesti che a partire dalla realtà quotidiana, spingono lo sguardo verso il futuro, verso qualcosa che potrà accadere.Osare gesti profetici è cercare di anticipare i tempi, mettersi in ascolto della Parola di Dio e metterla subito in pratica. È fare azioni che rispondono alle esigenze dell’amore e della caritàverso l’umanità a noi contemporanea,e che hanno il sapore di futuro, hannoil sapore del mondo che vorremmocostruire.

Chi sono i profeti

Uomini e donne che hanno posto gesticoncreti anticipando i tempi. Hanno accoltoil diverso, quando questo era consideratodalla maggioranza una minaccia, hannodato valore all’essere quando tutti punta-vano sull’avere, hanno piantato alberi quan-do tutti facevano a gara per distruggereforeste e cementificare, hanno abbracciato,sostenuto, amato, quando tutti correvanoper attaccare, minacciare, odiare. Il profeta è chi intravede che un mondodiverso è possibile. Ma non è un visionario,né un idealista, né uno troppo ottimista. Ilprofesta è colui che ha la tenacia e la pa-zienza di aspettare l’alba, di farsi sentinelladel mattino, e di dire agli altri che si sonolasciati prendere dal sonno: “Coraggio,

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miracoli perché, anche se questi avven-gono, non li vediamo, non li riconosciamo,e dunque questi restano eventi inutili, mi-racoli che non ottengono il loro fine.

Gesù il Profeta

Nei vangeli è raccontato l’episodio in cuiGesù torna a Nazareth e si reca nella sina-goga, legge il brano di Isaia che annunciala venuta del Messia, e proclama che quelgiorno è arrivato. Marco mette in evidenza la reazione del-l’assemblea liturgica che lo ha ascoltato.D’altronde la sua fama lo ha preceduto:torna a Nazaret come un “maestro” daitratti profetici, capace di operare guarigioni,azioni miracolose con le sue mani. La prima reazione è di stupore e ammira-zione: è un bravo predicatore, ha autore-volezza, la sua parola colpisce e appare

ricca di sapienza. Ma di fronte a tale in-contestabile verità ecco emergere un pen-siero: lo conosciamo come uno di noi, lasua famiglia è qui, i suoi fratelli e le suesorelle hanno nomi precisi. Dunque che cosa pretende, che cosa vuole?Perché dovrebbe essere “altro”? Sì, Gesùera un uomo come gli altri, si presentavasenza tratti straordinari, appariva fragilecome ogni essere umano. Così quotidiano, così dimesso, senza qual-cosa che nelle sue vesti proclamasse lasua gloria e la sua funzione, senza un “ce-rimoniale” fatto di persone che lo accom-pagnassero e lo rendessero solenne nel-l’apparire tra gli altri.No, troppo umano! Ma se non c’è in luinulla di “straordinario”, come poterlo ac-cogliere? Era troppo umano, e per questo“si scandalizzavano di lui”, cioè sentivano

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in atto gesti dal sapore profetico, è dunquedi chi sa scorgere nelle pieghe della vitaquotidiana quel di più che può cambiareuna realtà, quel di più che può renderequel pezzo di mondo in cui si vive, piùumano e per questo più divino. Osare gesti profetici, mette in gioco il co-raggio di rendere straordinario l’ordinariodella nostra vita. Ma perché osare la profezia? Perché nonrimanere nel già compiuto? Perché impie-gare energie per cercare di capire cosa ilSignore ci chiede di nuovo ogni giorno enon rimanere invece tranquilli, attaccati aquell’unica parola che abbiamo ascoltatomagari da giovani e che per il momento cibasta? «In fondo non tutto il bene lo dob-biamo fare noi!».Ma una vita religiosa senza profezia èlettera morta, anzi, possiamo dire, che unavita cristiana senza profezia, è sterile.

proprio in quello che vedevano, in quellasua umanità così quotidiana, un ostacoloa mettere fiducia in Lui e nella sua parola. Anche noi spesso ci ritroviamo incapacidi credere a ciò che è troppo vicino, ordi-nario, a chi conosciamo da sempre. Allorachi propone qualcosa di diverso, di alter-nativo, che magari risponde ad esigenzeche ancora non sono sentite da tutti, vieneadditato come un sognatore, un idealista,qualcuno che non ha i piedi per terra.

Osare la profezia

Credo che profezia sia anche un po’ sino-nimo di parresia. È profeta chi riesce aparlare con franchezza, senza strategie.Chi cerca la verità senza compromessi eagisce di conseguenza senza cercare con-sensi, ma provando a coinvolgere tuttiverso il bene. Osare la profezia, mettere

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L’amore di Dio dovrebbe spingerci sempreoltre, il frequentare la sua Parola dovrebbelasciarci sempre inquieti. La ricerca dellaverità, dovrebbe portarci ad avere il co-raggio di guardare oltre il già conosciuto,di scrutare l’orizzonte lontano, di intrave-dere strade e mete nuove. Tutto questo perché l’amore spinge sempreoltre, tutto questo perché il Signore ha bi-sogno di noi per poter indicare strade epercorsi che conducono a Lui, perché cia-scuno si ritrovi in Lui. Come spesso scrive il priore di Bose, EnzoBianchi, “chi professa e sceglie di vivere iconsigli evangelici di castità, povertà e ob-bedienza diventa memoria, per tutti i cri-stiani di ciò che il Signore chiama Beatitu-dini”. Questo segna la differenza cristianain mezzo agli uomini, nel rapportarsi conle cose e con gli altri senza possederli, macon gratuità, ricevendoli come dono e oc-casione di comunione. I laici e i giovaniche vivono e condividono la nostra mis-sione sono preziosi nel ricordarci che lanostra vocazione non è solo per noi stesse,ma per gli altri, per immettere segni dimemoria e profezia nella storia.

A noi tocca svegliare il mondo

Negli atti del Capitolo Generale XXIII, alnumero 67 leggiamo: «La vita consacrataha bisogno di rinnovarsi perché lo SpiritoSanto si manifesta in modo diverso secondole epoche. A noi affida, oggi, la ricerca distrade nuove per far giungere la freschezzadel Vangelo agli uomini e alle donne spe-cialmente ai giovani. A noi tocca svegliareil mondo sull’importanza vitale dell’edu-cazione evangelizzatrice, cooperare a favoredi una società più giusta, dove anche i piùvulnerabili possano inserirsi con la dignitàdei figli di Dio e dare il proprio apporto».Al numero 69 si legge che “l’Istituto èchiamato ad essere segno profetico nel-l’orizzonte di una rinnovata missionarietà”.

Lungo il corso della sua storia, il nostroIstituto è stato “profezia” attraverso gesticoncreti di tante consorelle che per primehanno osato strade nuove, pioniere di bene.

Spesso, nei nostri discernimenti, cerchiamomodalità creative e innovative per condi-videre il Vangelo. E come accade in diversicontesti, spesso questa creatività la si in-contra in persone ai margini della società,in gruppi deboli in cerca di esistenza, chesono sereni e confidenti nel loro destino,e non in quelli che presentano rispostegià pre-fabbricate, le cui riflessioni si per-dono in stereotipi e parole consunte, macon quanti nella vita lottano con le molte-plici manifestazioni di problemi umanireali, con quelli che affrontano rischi e az-zardano percorsi verso nuove direzioni,con quanti si abbandonano semplicementea Dio. Abbiamo bisogno di essere personedi fede profonda. È in questa fede che lepersone religiose possono e devono essereesperte. “Profezia” deriva dal greco pro-phemi che significa letteralmente “direprima” e il profeta è strumento attraversocui Dio parla all’umanità. Quindi con gestiche profumano di futuro, che anticipanola possibilità di percorrere strade alternativedi amore e di libertà, ci si pone in atteg-giamento di ascolto del grido dell’umanitàsofferente, si danno risposte che mostranoche un’alternativa che mette l’ascolto del-l’altro al primo posto è possibile. Gesti che per il solo fatto di essere messiin atto, diventano “parola” per chi è lontanoda Dio e riesce a vederlo nell’amore messoin pratica e non solo predicato.

Dalle periferie, gesti profetici

Le Figlie di Maria Ausiliatrice nel CapitoloGenerale XXIII hanno riconfermato la sceltadi essere missionarie di gioia e di speranzaper e con i giovani più poveri. Presentiamo alcune nuove realtà, nate pro-prio dall’invito ad uscire ed andare nelle

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e le bambine del quartiere, ottenendo unabuona risposta di collaborazione alle varieattività proposte. Attraverso regolari lezioni di sostegno edi doposcuola per un buon numero distudenti, le religiose cercano di contribuirealla crescita della Chiesa e della società,con un’azione educativa tesa a rendere,chi vi prende parte, non solo un buon cri-stiano, ma anche un onesto cittadino. Visitando le famiglie e condividendo laParola di Dio, le suore portano una ventatadi nuova speranza e fiducia. La risposta della gente del luogo è positiva:le tre religiose ascoltano la popolazione,con cui si creano legami sempre più dura-turi. Il lavoro da fare è comunque molto,anche sul versante strettamente religioso,dal momento che la maggioranza dellagente ha accolto il cristianesimo recente-mente. Nelle famiglie è spesso presentel’appartenenza a religioni diverse e perquesto le religiose stanno mettendo unimpegno particolare nella catechesi deiparrocchiani.Le violenze senza precedenti che si sonoverificate nel 2008 hanno generato unaprofonda paura tra la popolazione. Il Go-verno non è ancora venuto in aiuto né haofferto un compenso adeguato.Le proprietà perse o confiscate con laforza non sono state ancora restituite.Questa è una grande sfida per la comunitàdelle Figlie di Maria Ausiliatrice: raggiungerela popolazione dei villaggi limitrofi offrendoistruzione, educazione alla fede, assistenzasanitaria e promozione umana, igiene, cul-tura e un sano uso del tempo libero.

Nell’Ispettoria S. Giovanni Bosco (IRO), lefma hanno iniziato una nuova opera a Ma-comer, diecimila abitanti nel cuore dellaSardegna (Italia). La creatività del cuore e l’audacia missio-naria hanno spinto ad andare incontro alleesigenze del territorio, inventando una

periferie e dalla passione carismatica perDio e per i giovani.

Le fma dell’Ispettoria Maria Ausiliatrice diCalcutta sono entrate, con coraggio, neldistretto di Kandhamal (India) per raggiun-gere i poveri e proclamare il Vangelo, ac-cogliendo l’invito del Capitolo generaleXXIII: «Allargate lo sguardo. Con i giovanimissionarie di speranza e di gioia».Il 16 agosto è stata, così, inaugurata la CasaAuxilium presso la parrocchia di San Se-bastiano a Kurtumgarh, trecentodiciassettechilometri a ovest di Bhubaneswar, la ca-pitale dello Stato di Orissa. Nella casa, sono andate a vivere tre Figliedi Maria Ausiliatrice, suor Teresa Xalxo,suor Shanti Tirkey e suor Sabita Nayakche, sin dal loro arrivo, si sono subito in-serite nella realtà del luogo. Qui hanno avviato un oratorio per i bambini

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nuova presenza, più significativa che con-tinuasse a far vivere il carisma salesiano inuna zona che da cinquant’anni ha vistoprotagoniste le fma.In collaborazione con la Caritas diocesanasi è dato il via al progetto Casa Main, unacasa per accogliere giovani donne, italianee straniere, in attesa di un figlio o con figliminori, che vivono in situazioni di difficoltàpersonale, affettiva o di violenza familiare,una struttura nuova dove le donne possanosentirsi a “casa” e rinascere, riapproprian-dosi della propria vita e del loro esseremamme, ricostruire rapporti sereni e po-sitivi con i propri figli.Casa Main nasce dal cuore abitato dallapassione educativa e salesiana della co-munità di fma e si concretizza nell’aiutarela donna a superare le difficoltà, a cresceree ad acquistare una nuova autonomia, av-valendosi della collaborazione di operatori,

di esperti e di volontari.Suor Angela Maria Maccioni, Ispettricedell’Ispettoria romana, allora direttricedella Casa Main, racconta: «Negli anni pas-sati abbiamo già accolto alcune famigliedi profughi, raggiungendo buoni risultatinella loro stabilizzazione e integrazionenella nostra cittadina. Con questo progettovogliamo rispondere anche alle continuesollecitazioni di papa Francesco ad aprirele nostre case a chi ha più bisogno». E così anche la casa ha cambiato volto. È stato ristrutturato un intero piano da cuisono state ricavate sei grandi camere daletto, per altrettanti nuclei familiari, ampiservizi, una cucina con dispensa e una lu-minosa sala da pranzo, due soggiorni percondividere momenti comuni, una lavan-deria e una stireria. Casa Main risponde alle esigenze di ognisingola donna e si struttura con momenti

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socio-culturale, affinchè le donne possanoraggiungere autonomia e capacità di au-togestione. Inoltre è inserita all’interno diun’opera dove vi è anche la scuola dell’In-fanzia e il Nido, l’Oratorio Centro Giovanilee i Corsi Professionali, dove le fma collabo-rano con alcune Parrocchie e sono presentia livello diocesano per la formazione di ani-matori e catechesi... Questo renderà facile offrire alla mammecon i loro figli anche spazi per crescere esocializzare secondo lo spirito di don Boscoe madre Mazzarello.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice sono inTunisia con due presenze, una a MenzelBourguiba (1985) e l’altra a Tunes (2010).La Tunisia è uno stato del Nord Africa eappartiene alla nuova Ispettoria di Fran-cia-Belgio Sud, dedicata a Notre Dame desNations, comprendente anche Francia eBelgio Sud. La Tunisia conta più di diecimilioni di abitanti. È lo Stato del Maghrebpiù omogeneo sul piano linguistico, laquasi totalità della popolazione parla l’a-rabo, che è la lingua ufficiale del Paese, eanche il francese. Circa il 98% della popo-

Essere donne consacrate profetiche vuol dire uscire dal rassicurante quieto vivere edentrare, invece, dentro la vita dei popoli, osando stili di vita nuovi. Essere donne consacrate in cammino per le strade delle periferie significa esseresegno della tenerezza del Padreverso questo nostro mondo, essere segno di una nuova opportunità di speranza e di amore verso tutti.

lazione è di religione musulmana. Oltrealla minoranza di fede ebraica (1%), è pre-sente una piccola componente di credentidi fede cristiana (1%), per lo più discendentidi coloni francesi ed italiani. La Tunisia è ilPaese in cui le fma sono presenti in mezzoa una popolazione quasi tutta musulmana,senza comunità cristiana locale. La nuovacomunità di Tunes si trova a 60 km dallacomunità di Menzel-Bourguiba. La missione affidatale è il vivere da cristiane,donne di Vangelo, testimoniando amicizia,spirito di dialogo con dei credenti, condi-visione della vita quotidiana, fiducia, ac-coglienza delle persone al di la delle dif-ferenze. La comunità di Tunes è formatada 3 suore e offre il suo servizio educativonel Centro pedagogico della Diocesi. Inoltre si impegna nella missione educativae di accompagnamento dei giovani uni-versitari dell’Africa subsahariana, presentiin gran numero nelle Università tunisine. I giovani vengono dall’Africa Subsahariana,dall’Africa dell’Ovest e dall’Africa Centrale,soprattutto francofona, il 75% sono Cattolici,il 20% sono Protestanti e il 5% apparten-gono ad altre Religioni. Per questo presto verrà inaugurata la nuovaCasa per Universitari. Le fma collaborano anche con la ParrocchiaSanta Giovanna D’Arco dove la maggio-ranza dei fedeli sono migranti dall’AfricaSubsahariana. Oltre alla residenza univer-sitaria, c’è in futuro anche la possibilità diaprire un oratorio e portare avanti attivitàeducativo-pastorali secondo lo spirito diDon Bosco e Madre Mazzarello. È una missione di fraternità, con lo scopodi testimoniare con la vita che l’amore diCristo è possibile ed è concreto, al di làdelle parole. Una missione di preghiera in mezzo adun popolo di oranti.

[email protected]@cgfma.org

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OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

AGENDA POST 2015

L’AGENDA 2030 SULLO SVILUPPO

SOSTENIBILE

L’AGENDA 2030 È UN PIANO D’AZIONE PER LE PERSONE, IL PIANETA E LA PROSPERITÀ

CHE MIRA A RAFFORZARE LA PACE UNIVERSALE ED ELIMINARE LA POVERTÀ,

LA PIÙ GRANDE SFIDA GLOBALE INDISPENSABILE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE.

UN INSIEME AMBIZIOSO DI 17 OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE (OSS)

E 169 OBIETTIVI ASSOCIATI CHE VOGLIONO GARANTIRE PACE E PROSPERITÀ E RICHIEDONO

PER LA LORO REALIZZAZIONE LA MOBILITAZIONE DI TUTTI I PAESI.

L’AGENDA 2030 INCIDE SULLE POLITICHE NAZIONALI ED È RIVOLTA ALLE PERSONE,

PER GARANTIRE A TUTTI GLI ESSERI UMANI DIGNITÀ, UGUAGLIANZA

E UN AMBIENTE SANO AL PIANETA, PER PROTEGGERLO DAL DEGRADO,

ATTRAVERSO UN CONSUMO E PRODUZIONE SOSTENIBILI, UNA GESTIONE POSSIBILE DELLE RISORSE NATURALI

AGENDO SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO E PER SUPPORTARE LE ESIGENZE

DELLE GENERAZIONI PRESENTI E FUTURE.

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QUALE MISSIONE OSARE?

OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

AGENDA POST 2015

Page 27: Rivista DMA  - ALLARGATE LO SGUARDO: GESTI PROFETICI (Novembre – Dicembre 2015)

Letturaevangelica

dei fatticontemporanei

Page 28: Rivista DMA  - ALLARGATE LO SGUARDO: GESTI PROFETICI (Novembre – Dicembre 2015)

il bisogno di un cambiamento profondo,che hanno voglia di mettersi alla prova, diimpegnarsi in prima persona nella costru-zione di una società nuo va, più umana,giusta e pacifica. Cercano di tessere rapportiumani autentici, di dare il proprio contri-buto per uno sviluppo sostenibile dellepersone. Sono giovani in ricerca del sensodella vita, che hanno scoperto il volontariatocome esperienza che consente loro di rea-lizzarsi nel dono di sé, come spazio diprotagonismo che permette di avere unruolo positivo e creativo nella costruzionedi una società più solidale e aperta alla

Volontariato e gratuità

A cura di Mara Borsi

Di che cosa ha bisogno oggi il mondo? Che cosa riempie di più la vita di una persona e in particolare di un giovane? I giovani,dove sono? Come vivono questo momentostorico? Sono presenti oppure assenti?

I giovani li troviamo nelle piazze a lottareper i loro diritti, per la libertà, per avereun lavoro, un ruolo nella società. Alcunisembrano persi, vittime delle dipendenze,del “non senso”. Altri invece sembranogalleggiare nella società, indifferenti epreoccupati soltanto di se stessi. Ci sonogiovani, forse la maggioranza, che sentono

28RIVISTA DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICEdma damihianimas

Federica, Sara, Carla e Stella, quattro ragazzedella provincia di Varese e Milano, chequest’estate hanno avuto la possibilità divivere un’esperienza di volontariato inter-nazionale nella missione delle Figlie diMaria Ausiliatrice a Dilla, in Etiopia e rac-contano l’esperienza vissuta.«Il nostro viaggio è incominciato nel no-vembre 2013, quando abbiamo iniziato ilcammino formativo, ma solo durante l’e-sperienza concreta abbiamo potuto capire

l’importanza dei doni ricevuti nel nostropercorso. Spinte da motivazioni diverse,abbiamo trovato un fondamento comunenel percorso formativo proposto dal VIDESLombardia che ci ha permesso di condivi-dere momenti di confronto e riflessionesu ciò che ci saremmo aspettate, sulle mo-tivazioni personali che ci spingevano a par-tire, sull’importanza di sentirsi parte delVides e della Famiglia salesiana, di condivi-derne gli obiettivi e lo stile educativo.

VIDES: la parola ai giovani

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Con il VIDES Internazionale abbiamo fattouna formazione a distanza e residenziale aBologna e poi a Roma, che ha chiarito gliaspetti sia personali, che teorici e pratici. Nella nostra esperienza concreta abbiamoincontrato bambini, giovani e adulti felicidi vivere, anche se in situazioni moltodiverse dalle nostre. Siamo arrivate in puntadi piedi cercando di osservare senza giudi-care, cercando di far tacere il nostro puntodi vista da “occidentali”, aperte ad ascoltaree conoscere un mondo nuovo che, pianopiano, è entrato nel nostro cuore. In pocotempo le differenze di cultura, di lingua, diidee che inizialmente sembravano difficoltàsi sono rivelate ricchezze e ci hanno per-messo di aprirci, incontrarci e allargare ilnostro orizzonte. Molte volte avevamo vistoe sentito parlare dell’Africa, dell’Etiopia, diun mondo diverso dal nostro, e sono anche

quei racconti, quelle immagini che ci hannospinte a partire, e solo vivendolo abbiamocompreso che non importa il colore dellapelle, la lingua che parli, la maglietta cheindossi o le cose che hai ma ciò che sei edoni nell’incontro con l’altro. E quando non ci capivamo bastava un sor-riso, un “cighirriellem” (non importa), e lavoglia di stare insieme e condividere untratto di vita con gioia.Ciò che ci siamo portate a casa è la lorosemplicità di vivere, il loro stupore ancheper le cose piccole, il loro entusiasmo, laloro serenità e fiducia nell’altro. Nella nostraesperienza ci ha accompagnate la generositàe disponibilità della comunità delle fma diDilla, aiutandoci ad inserirci nelle attivitàdella missione, condividendo con noi laloro vita, i momenti di allegria e le fatichequotidiane sempre con un sorriso».

persona. Ragazzi e ragazze che attraversoil volontariato comprendono che l’impegnoa favore dell’altro è la strada giusta per co-struire la città che tutti sogniamo, di rispettodei diritti umani e delle libertà fondamen-tali, di giustizia e di pace.

Insegnare la gratuità

Il VIDES offre una formazione che aiuta adiventare cittadini partecipativi e onestinella costruzione della civiltà dell’amore.La bellezza dell’esistenza risplende quandosi scopre la vita come dono di sè per gene-rare vita. La scoperta dell’amore fraterno esolidale è il vincolo di unione dei giovanidi ogni cultura, religione, status sociale chehanno scelto il volontariato come stile divita. La formazione dei volontari è il nodocruciale per la vitalità e la fecondità del VI-DES: un cammino quotidiano, l’accompa-gnamento paziente e fiducioso dei giovaninel ri-pensare e ri-progettare la loro vitacome portatori di amore e fede, gioia e

speranza. Essi imparano a non passare conindifferenza accanto a chi soffre o a chi èin situazione di bisogno. Si commuovonoe si muovono per portare sollievo, sorrisoe speranza. Ecco la felicità, la gioia delsentirsi partecipi della vita dell’altro, l’en-tusiasmo di fare del bene, di scoprirsi capacidi contribuire alla crescita delle personeche si incontrano. La formazione trova lasua sorgente nel carisma salesiano, è affidataal cuore di ogni Figlia di Maria Ausiliatrice,di ogni comunità che sa costruire con igiovani casa-società, dove ogni persona èaccolta, accompagnata nella sua crescita.Siamo convinte che i giovani portano in sestessi un carica di vita, di creatività, di vogliadi costruire un qualcosa di diverso: una so-cietà dove i diritti umani siano la normanaturale di convivenza e ognuno possa rea-lizzare se stesso pur nella fatica di sintoniz -zarsi ogni giorno con i talenti degli altri.

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testimoniarlo in tutto il mondo, comin-ciando da Gerusalemme.

Cerchiamo di entrare nel Cenacolo, pervedere e toccare il Risorto con gli occhi ele mani della fede e dell’amore.

Il testo viene proclamato con chiarezza dauna lettrice. Ogni partecipante legge dinuovo personalmente il testo. In seguito si può fare la risonanza dellefrasi più significative.

Luca 24, 37- 48

Mentre essi parlavano di queste cose, Gesùin persona apparve in mezzo a loro e disse:«Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevanodi vedere un fantasma. Ma egli disse: «Per-ché siete turbati, e perché sorgono dubbinel vostro cuore? Guardate le mie mani e imiei piedi: sono proprio io! Toccatemi eguardate; un fantasma non ha carne e ossacome vedete che io ho». Dicendo questo,mostrò loro le mani e i piedi. Ma poichéper la grande gioia ancora non credevanoed erano stupefatti, disse: «Avete qui qual-che cosa da mangiare?». Gli offrirono unaporzione di pesce arrostito; egli lo prese elo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sonoqueste le parole che vi dicevo quando eroancora con voi: bisogna che si compianotutte le cose scritte su di me nella Legge diMosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprìloro la mente all’intelligenza delle Scritturee disse: «Così sta scritto: il Cristo dovràpatire e risuscitare dai morti il terzo giornoe nel suo nome saranno predicati a tuttele genti la conversione e il perdono dei

Emmaus: i gesti del RisortoEleana Salas

Ambientazione

Una Bibbia grande, un cero pasquale, uncesto con alimenti tra cui il pane.

Invocazione allo Spirito Santo:

Vieni Spirito Creatore, vieni, vieni. (2v)(o un altro canto di invocazione allo SpiritoSanto conosciuto da tutti).

Dall’esperienza dei due discepoli sullastrada di Emmaus, Luca ci conduce allacomunità degli apostoli. Si noti la vicinanzatra questo testo e il Vangelo di Giovanni(Gv 20,19 ss.). In questa storia Luca mettein evidenza che il Risorto non è un’illusionee ne sottolinea i segni: lo sguardo e lemani possono provare che è proprio Gesù,crocifisso e poi risuscitato. Sicuramente è stata necessaria l’esperienzadel dubbio, la paura, la frustrazione e lasconfitta. All’inizio i discepoli sono rimasticonfusi, perché credevano di vedere unfantasma (v. 39). Il Risorto però “non si ar-rende!”. Si mette al fianco dei suoi disce-poli, spiega la Scrittura e apre la menteper comprendere, usando ancora una voltail simbolo del pane.

A poco a poco, l’intera comunità dei di-scepoli viene contagiata dall’esperienzadella fede nella risurrezione. Questa esperienza con Gesù fa capire cheil processo è iniziato con pochi, poi si èesteso a tutta la comunità. Così, i discepoli concludono il processodi maturazione nella fede, ricordando leparole e i segni del Maestro, durante lasua vita pubblica. Essi ora sono chiamati a

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peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.

Lettura: Il testo in se stesso

Confrontare questo testo con il brano diGiovanni 20,19-23. Individuare gli elementidi somiglianza e quelli propri di Luca.

Considerare la domanda: è veramente ilcorpo del Risorto! In particolare i segnigloriosi della sua passione (vv 40-41;. Gio-vanni 20, 20.27). Qual è la conseguenza?

Confrontare l’invito di Gesù a “vedere” e“toccare” questi segni con l’esperienzagià compiuta in Giovanni 1, 1-4.

Esaminare il segno del pane. Commentarel’insistenza di Luca nel sottolineare il rea-lismo del corpo risorto del Maestro.

Scoprire le conseguenze dell’esperienza difede pasquale: comprendere lo spirito dellaScrittura e l’identità dei “testimoni” (v. 48).

Meditazione: il testo per noi oggi

Fino alla fine del primo secolo alcune co-munità cristiane avevano esaltato la risur-rezione correndo il rischio di dimenticareil realismo dell’Incarnazione. Per questo

Luca e Giovanni, sentono il bisogno disottolinearlo. Verificare la propria fede inGesù: forse è ancora molto fragile? Qualiespressioni dell’incarnazione accompa-gnano il cammino della fede?Gesù mostra ripetutamente i segni dellaSua passione: le mani e i piedi feriti e glo-riosi. Verificare i segni della passione nellapropria vita: il ricordo delle esperienze didolore, lasciano il cuore in pace, oppuresofferenza e dolore?Gesù chiede del pane e del pesce per sfa-mare la folla. Verificare la propria sensibilitàverso i problemi attuali: la fame, la corru-zione, l’ingiustizia, il traffico di esseriumani, l’abbandono della casa comune ...Come credenti e consacrate, ci lasciamotoccare e provocare da queste sfide?

Preghiera

Fermo lo sguardo contemplativo sul corposanto di Cristo Risorto, in particolare lemani e i piedi feriti e gloriosi ...Gesù chiede pane, non per sé ma per isuoi “fratelli” (Mt 25, 40). D’ora in poi mitroverò lì, in mezzo alla fame e alle necessitàdei bambini. Invoco un cuore sensibile euna carità pastorale concreta.

Contemplazione – Impegno

Non basta studiare e pregare la Parola diDio; è necessario che essa porti fruttonella nostra vita.Come alimentare la mistica dello sguardoper contemplare Gesù Risorto?Per quali gruppi di persone nella comunità,tra cui i bambini e i giovani del quartiere,siamo chiamati a vivere una fede che si incarnanell’amore umile e compassionevole?Condividiamo alcune risonanze della nostrapreghiera.

Preghiera finaleInno Pasquale

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Scelte audaci per tempi difficili

Madre Morano, in quel contesto, non si èpersa in lamentele ma, con una saggia let-tura dei segni dei tempi presenti nelle vi-cende della storia, ha colto la chiamata diDio a donare la vita come educatrice audacein cerca di vie nuove per la ricostruzionedel tessuto cristiano nella società. Nella sua animazione, oltre che dalla culturaacquisita come maestra, è favorita da uninsieme di dolcezza, che si fa totale acco-glienza della persona, e di energia propriadi chi sa guidare con sicurezza, perché havisioni ampie della realtà e guarda verso ilfuturo con lungimiranza.

Mossa dalla passione del da mihi animas,ha cercato di attuare grandi progetti perrispondere alle attese delle ragazze e deigiovani:La formazione qualificata delle FMA. Riconoscente a Dio per le numerose po-stulanti e novizie di quel periodo, si è im-pegnata nell’offrire loro una formazioneadeguata, perché fossero religiose nuoveper tempi nuovi. Le formava ai valori religiosi propri dellavita consacrata e le aiutava a qualificarsicome educatrici e catechiste competentie come maestre sensibili alla dimensioneculturale e sociale della fede.Il rilancio della catechesi nell’oratorio,nelle scuole e nelle parrocchie. Madre Morano a Catania si è collocatacon intelligenza nel quadro di un’ampiariforma della vita religiosa e culturale delladiocesi. Ella ha condiviso appieno le scelte

Animare è… irradiare vita,cultura e speranzaMaria Américo Rolim

A conclusione del CG XXIII la Madreha richiamato la figura di madreMaddalena Morano, della qualericorreva il ventesimo anniversariodella Beatificazione. Ci sembrava di vederla lì nell’aulacapitolare, quale icona dellaconversione pastorale, a raccontare la sua esperienza con quel dinamismodi missionaria in “uscita” che l’ha spinta alle periferie del mondo giovanile del suo tempo.

Irradiare vita, cultura e speranza

La realtà in cui visse Madre Morano nonera meno complessa di quella di oggi. Lo Stato Italiano, soprattutto in alcune re-gioni, andava verso una forte laicizzazionee anticlericalismo. Il sistema scolastico, che in gran parte erastato nelle mani dei cattolici, veniva semprepiù assunto dalle amministrazioni comunali.Le riforme tendevano gradualmente adeliminare ogni ingerenza ecclesiastica nellascuola. L’insegnamento della religionegiunse al punto da essere abolito dal cur-riculum scolastico. Le Congregazioni religiose venivano sop-presse con il conseguente incameramentodei beni ecclesiastici da parte dello Stato.In Sicilia poi le donne erano discriminatequanto all’istruzione: bastava che impa-rassero a cucire, a curare la casa, a compierebene i doveri di spose e di madri.

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pastorali del cardinale Giuseppe B. Dusmet,Vescovo fautore di un grande rinnova-mento catechistico nella diocesi e del suosuccessore mons. Francica Nava che in-tendeva dare vita ad una catechesi organicae più strutturata anche a livello delle par-rocchie. Madre Morano si può considerareprotagonista coraggiosa del risveglio ca-

La formazione delle maestre. Convinta chenell’educazione della donna è il futurodella società e la trasformazione della fa-miglia, è attenta alla formazione delle mae-stre, le “normaliste”, come si diceva allora,per trasmettere cultura e fede cristiana trail popolo. Le orientava ad essere donneresponsabili, convinte, audaci. Soprattutto le accompagnava nella loromissione sostenendole nella fatica dell’e-ducare e ponendosi accanto con maternasollecitudine. Lo documentano i ventisettepunti delle Norme ed avvisi alle maestreed assistenti delle educande, vera summapedagogica per chi stava muovendo iprimi passi nel campo educativo. Tutto ruota attorno al bisogno di una pre-senza attiva, serena e propositiva tra leragazze non solo per impedire il male,ma soprattutto per spronare al bene, allagioia, al dono di sé, alla realizzazione delprogetto di Dio sulla loro vita.

C’era in Madre Morano la convinzionechiara che nell’educatrice deve andare dipari passo la competenza e la maternità.Credeva per esperienza diretta che lamaestra è madre e diceva con incisivitàad una giovane maestra: «Ricordati di es-sere più mamma che insegnante».Ripensava certamente a figure femminiliindelebili nella sua memoria: sua madre,forte e dolce; la maestra Rosa Girola, percui l’insegnamento era una missione; Ma-dre Mazzarello, donna sapiente e audace,dotata di discernimento, di vita interioreintensa, di affetto preveniente. A queste tre figure femminili se ne ag-giungeva un’altra, una presenza invisibile,ma decisiva nella sua vita: Maria Ausiliatrice.Alle suore, maestre ed assistenti diceva:«Ricordatevi che in tutte le nostre azioninoi dobbiamo rappresentare Maria San-tissima, perché a Lei ci consacriamo ognimattina».

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techistico nella Chiesa di Catania soprat-tutto con le “scuole femminili di catechi-smo”, con la formazione delle catechistee anche con i suoi interventi formativiofferti negli incontri dei parroci.La promozione culturale del ceto popolare.Il modello liberale di sviluppo privilegiavai ricchi, le persone benestanti e più dotate.In quel contesto, madre Morano ha com-preso che la soluzione di futuro era quelladi aiutare i giovani poveri, soprattutto leragazze, a superare la ferita dell’emargina-zione creando laboratori, oratori, scuole,centri di orientamento dove potessero sen-tirsi a casa, sviluppare le loro risorse e di-venire buone cristiane e oneste cittadine.

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potuto incontrare Gesù. Nei tempi dellacolonizzazione, il clero cattolico e i religiosihanno fondato delle Istituzioni per aiutarele persone, giunte in Australia e in NuovaZelanda da diverse parti del mondo occi-dentale, a conservare e a rafforzare la lorofede. I missionari hanno portato il Vangeloagli abitanti originari dell’Oceania, invi-tandoli a credere in Cristo e a trovare laloro vera casa nella sua Chiesa. Gli indigeni hanno risposto in gran numeroalla chiamata, diventando seguaci di Cristoe vivendo secondo la sua Parola. Oggi la Chiesa in Oceania è una realtàpalpitante di vita tra molti popoli, Gesù ri-volge nuovamente loro la sua attenzioneamorevole, chiamandoli ad una fede ancorpiù profonda ed a una più ricca vita in Lui.

Ha poi raccontato dell’arrivo delle fma eha detto: «Siamo giunte in Australia nel1954, più di 60 anni di presenza nel Suddel Pacifico e siamo in tre città: Adelaide,Sydney e Melbourne. Nel 1982 siamo statechiamate a Samoa e nel 2002 ad AmericanSamoa, più recentemente, nel 2007, cisiamo stabilite nelle Isole Salomone. Oggi le fma sono in tre Stati indipendentidell’Oceania: 2 case sono in Nuova Guineadove le popolazioni sono di origine mela-nesiana, queste comunità appartengonoall’Ispettoria delle Filippine. L’IspettoriaRegione Sud Pacifico (South Pacific Region)comprende 5 case in Australia, 2 case inSamoa (popolazioni di origine polinesiana)e 1 casa nelle Isole Salomone (popolazionidi origine melanesiana)».

La missione fma in OceaniaAnna Rita Cristaino

L’Oceania è il continente checomprende la Polinesia, Melanesia,Micronesia, Australia, Nuova Zelanda,l’isola della Nuova Guinea e gli arcipelaghi vicini e le IsoleSalomone. Quattordici Statiindipendenti ed un decina di territoricon una popolazione di almeno 36 milioni di abitanti. Suor Edna Mary MacDonald è responsabile della presenza fmanella regione Sud Pacifico e il nostroracconto prende proprio spunto da quanto l’ispettrice ha condivisodurante l’ultimo Capitolo Generale.

Il racconto di suor Mac Donald

L’Ispettoria “Maria Ausiliatrice” della Re-gione Sud Pacifico (South Pacific Region)è stata eretta canonicamente il 20 novembre1999 e allora comprendeva l’Australia eSamoa.Leggendo ciò che ha condiviso con la re-dazione dell’Ambito per la Comunicazionesociale dell’Istituto nel Capitolo GeneraleXXIII, ci si trova davanti ad una finestraaperta su una realtà variegata, ricca dipopoli e tradizioni, che conserva con per-severanza il dono della fede.Abbiamo chiesto a suor Edna Mary di rac-contarci in che modo è arrivato il messaggioevangelico nel continente oceanico, e leici ha detto che nel corso della storia, grazieagli straordinari sforzi missionari e pastoralidella Chiesa, i popoli dell’Oceania hanno

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Ogni Stato è diverso dall’altro e le di-stanze che separano uno Stato dall’altrosono enormi, ma ciò che mantiene unitele fma è la fedeltà alla vocazione sale-siana, alla missione educativa ed evan-gelizzatrice verso i giovani, soprattuttochi ha più bisogno.

Alla domanda con quali attività le fma ri-spondono ai bisogni della gente e vivonola loro missione suor Enda Mary ha risposto:«La priorità sono i giovani. Diverse sonole attività svolte dalle fma per accogliere igiovani più poveri e abbandonati: la pro-mozione della cultura vocazionale, la ca-

techesi in varie parrocchie, l’istruzione eformazione formale con le scuole materne,elementari e medie, l’accompagnamentospirituale degli universitari, l’assistenzaagli immigrati. Inoltre le fma animano unpensionato e promuovono lo sviluppoumano/cristiano delle donne. Insieme ailaici e ai giovani realizzano i campi estivi einvernali, sostengono l’associazionismomariano e favoriscono la collaborazionecon i Salesiani in diversi progetti: oratoriocentro giovanile a tempo pieno, volonta-riato ‘Cagliero Project’, Movimento giova-nile salesiano e accompagnamento dei Sa-

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“Come fma sentiamo la gioia di seguire Gesù che ci invia ad aprire camminiinsieme ai giovani, come hanno fatto Don Bosco, Madre Mazzarello e tante nostresorelle. Il profondo rinnovamento del modo di intendere l’amore verso il prossimo,soprattutto grazie al Magistero degli ultimi Papi, chiama in causa le nostre comunitàe la proposta educativa che esse offrono. La dimensione sociale dell’evangelizzazione,indicata esplicitamente nella Evangelii gaudium, interpella tutta la missione e aprenuovi ambiti di attenzione verso i giovani più poveri. Nel terreno del carisma èdeposto un seme di profezia non ancora pienamente sviluppato. In un tempoinedito, l’audacia è un atto di amore nei confronti del futuro” (CG23,68).

Chiamate a sviluppare il carisma nell’oggi

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che grazie all’incontro con comunità fmahanno colto l’opportunità di riscatto, hannocambiato vita, hanno iniziato a mettere inatto prassi educative con lo scopo di rea-lizzare un grande sogno: quello di rendereil mondo diverso, più vivibile, più a misuradi ogni persona umana. Questo sguardo sul mondo è stato quasiun abbraccio salesiano al mondo, un ab-braccio carico di Vangelo e di gioia. È questo allora rispondere all’invito delCapitolo Generale XXIII di allargare losguardo, guardando al mondo dalle peri-ferie, mettendoci dalla parte degli ultimi,degli indifesi. Dalla parte di chi non ha potere, dallaparte di chi condivide e mette in pratica lasolidarietà. Soprattutto dalla parte dei gio-vani, i più piccoli e i più poveri.

lesiani Cooperatori. Il cuore dei giovani edella gente in tutta l’Oceania è terrenobuono per far germinare la parola evan-gelica seminata. La carità pastorale e l’in-telligenza pedagogica del Sistema preven-tivo sono gli strumenti che ci permettonodi dare continuità anche qui al sogno diDon Bosco e di Madre Mazzarello e pro-ducono i frutti evangelici sperati di pace edi giustizia, di condivisione e di libertà».

Con questo racconto, concludiamo questarubrica con la quale abbiamo cercato dimostrare il volto dell’Istituto nella suagrande bellezza e audacia che è la sua ca-pacità di adattarsi a popoli e culture diverse,ad esigenze di territori differenti, a situa-zioni concrete e quotidiane variegate. Abbiamo raccontato storie di ragazze eragazzi, di giovani donne e di intere famiglie

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“L’azione educativa implicaoggi risignificare le nostrepresenze e pensarne dinuove nell’ottica della pre-ventività. In contesti di nuo-ve povertà l’impegno edu-cativo per la giustizia, lapace e l’integrità del creato,la difesa della vita, sonosegnali che ci rendono cre-dibili dinanzi a tutti e ciaprono ad una missione

condivisa. In questi nuovicontesti siamo chiamate avivere la carità in prospet-tiva sociale secondo la Dot-trina Sociale della Chiesa. Solo comunità robuste ericche di passione educa-tiva possono promuovereun pensiero originale e so-stenere le imprese creativedei singoli e delle istitu-zioni. Facciamo nostra così

la prospettiva educativo-sociale di don Bosco: «Noinon facciamo della politica,noi facciamo anche dellapolitica, ma in modo affattoinnocuo, anzi vantaggiosoad ogni governo. Noi tendiamo a diminuirei discoli, i vagabondi, i pic-coli malfattori e vuotare leprigioni. Questa è la nostrapolitica»” (CG23,63).

Questa è la nostra politica...

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Informazioninotizie e novità

dal mondodei media

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qual è la qualità dei dati a cui abbiamo ac-cesso? Se tutte le informazioni sono di-sposte in bella mostra sui ripiani di un su-permercato in cui tutti i prodotti hannodiritto di presentarsi, come è possibile di-stinguere quelle inique, false, inutili e su-perficiali da quelle che vale la pena farproprie? E soprattutto, come sottrarsi allatentazione di quelle quotidiane scorpac-ciate di contenuti a cui lentamente ed ine-sorabilmente ci stiamo abituando?

Cercatrici di senso

Il documento capitolare, al n. 47, ci fornisceun primo criterio per non cadere nellatrappola dell’infobesity: per vivere la co-municazione come una missione è neces-sario “entrare nel mondo digitale non solocome utenti, ma come cercatrici di sensoe promotrici di nuova cultura”.Non basta aver una piazza su cui affacciarsi,occorre un buon motivo per farlo; unconto è entrare in un mercato aspettandodi imbattersi, per caso, in una propostaseducente da cui farsi irretire, un conto èavventurarvisi avendo ben chiaro che cosa,tra le sue offerte, stiamo cercando.Addentrarsi nella rete come cercatrici disenso ci trasforma da semplici consumatriciin compagne di viaggio dei giovani che,sempre più spesso, si aggirano disorientatitra scaffali pieni di contenitori vuoti. Inquesta prospettiva essere interpellati dalSignore ci permette di non smarrirci: “Checosa cercate?”, “Chi cercate?”. Il sensoche cerchiamo, per noi stesse e per i nostrigiovani, è una Persona capace di riempire

Comunicazione e voti

Patrizia Bertagnini

La società opulenta ed avida con cui spesso dobbiamo fare i conti,trasforma in eccedenze non soltantole risorse alimentari prodotte e noncommercializzate, ma anche l’energiadella comunicazione che, smerciata a basso costo, invade un mercatoormai saturo perdendo di valore e decretando la sua stessa fine. A quali condizioni, per una Figlia di Maria Ausiliatrice, ha ancora un senso comunicare?

Malati di infobesity

I dati che gli studi più recenti sulla comu-nicazione ci consegnano sono sconfortanti:che ne siamo consapevoli o no l’homo te-chnologicus è mediamente affetto da info-besity, quella bulimia d’informazioni checi fa sottovalutare i rischi dell’ipercomu-nicazione a cui siamo inconsapevolmentesottoposti. Chi di noi ha coscienza che,mentre in un giorno si possono leggere almassimo 350 pagine di un libro, per vederei video caricati su Youtube, nello stessoarco di tempo ci vorrebbero 6 anni, o cheogni 5 secondi vengono inviati 20 milionidi mail, o che gli uomini generano un traf-fico di 200.000 sms al secondo?Dati impressionanti che, tuttavia, lascianoaperta ed irrisolta una questione: che ruoloabbiamo in questo oceano di dati? Possiamo arrivare ad una quantità scon-certante di informazioni grazie alla rete eall’infinità di sapere che essa veicola, ma

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terezza soltanto nel momento in cui il mo-vimento comunicativo tra Dio e l’uomotrova il suo corrispettivo in quello di ritornoche lega la persona al suo Signore.In seconda battuta, chiarito che il canaledella comunicazione verticale deve ri-manere sempre aperto e riconoscibile, ivoti si configurano anche come limpideoccasioni di comunicazione orizzontale;fuori da questo confine trascendente nonavrebbe alcun senso sostenere che lapersona casta diviene “segno dell’unionedella Chiesa con Cristo suo sposo” (art.13), che quella povera è “segno della gra-tuità dell’amore di Dio” (art. 18), chequella obbediente “proclama che Dio èil Signore” (art. 30).

Il tempo delle piccole cose

Il documento capitolare, al n. 48, ci offreun secondo criterio: “È importante anchesuperare il rischio della superficialità dellerelazioni sul web e della dipendenza digi-tale, saper discernere tra le tante informa-zioni, recuperare l’interiorità per una co-municazione autentica”. La ricerca del sen-so che ci conduce ad approfondire semprepiù il nostro personale rapporto sponsalecon Dio, per trasformare la nostra esistenzain un’opportunità di apertura al mondo eai fratelli, ha bisogno di selezionare quelloche merita di essere trattenuto e di trala-sciare quello che non favorisce l’interiorità.Occorre, dunque, il coraggio di rimettereil Signore al centro delle nostre esperienze,di riaffermarlo come l’Unico necessariotra miliardi di proposte, tanto allettantiquanto inutili, e cercarlo nelle pieghe diuna vita abitata dal Signore fin nei suoiaspetti più semplici e remoti.È in questi spazi nascosti la fonte dell’au-tenticità e la garanzia di una presenza dav-vero profetica.

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“Non siamo chiamati a una guida preoc-cupata e amministrativa, ma ad un ser-vizio di autorità che orienti con chia-rezza evangelica il cammino da com-piere insieme e nell’unità di cuore,dentro un presente fragile in cui ilfuturo vive la sua gestazione” (Con-gregazione per gli istituti di vita consa-crata e le società di vita apostolica,Scrutate, n.12, Roma, 2014).

il vuoto lasciato dalla comunicazione com-pulsiva che ci seduce e ci abbandona.Nella nostra Regola di vita i voti con cui cileghiamo per sempre a Dio, altro nonsono, se non segnali di un’ulteriorità cheriempie la vita e che la trasforma in un co-stante richiamo al trascendente. La dimen-sione comunicativa nelle Costituzioni èben visibile nel suo duplice manifestarsi,come relazione del consacrato con Dio ecome testimonianza per i fratelli.In primo luogo la sequela Christi a cuiogni consacrato si impegna è già, essastessa, la forma basilare del dialogo inces-sante tra il Creatore e la creatura, che siconsegna a Lui rispondendo alla Sua con-vocazione in Cristo (art. 8). Il voto religioso,in quest’ottica, è l’atto definitivo con cuiun soggetto interpellato da Dio consegnala sua vita intera nelle mani di Chi ha su-scitato ed alimenta una conversazioneprofonda e coinvolgente. Nelle Costituzionigli articoli dedicati ai tre voti di castità, po-vertà e obbedienza (artt. 12, 18 e 29), esor-discono tutti con il medesimo riferimentoa tale dialogo, che si compie nella sua in-

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gliendo l’epi-sodio dellaMarcia storica inAlabama l’afroamericana, 42enne AvaDuVernay (miglior regista al Sundance FilmFestival del 2012), intende esplicitamente ri-consegnare all’oggi della storia gli ideali, maanche il fascino e tutta l’umanità, di una dellepersonalità più influenti e cinematografica-mente meno documentate del passato ameri-cano. «Trovo sorprendente – dichiara – chenei 50 anni trascorsi dalla morte di King non cisia mai stato un film incentrato su di lui comeprotagonista. Siamo portati a pensarlo come a una statua oa un discorso; invece è stato un uomo mortoa 39 anni combattendo per la libertà di cuitutti noi oggi beneficiamo». La critica ne sottoscrive l’affermazione e ag-giunge: “Selma non è solo il primo biopic (ci-nema biografico) dedicato a Martin, ma ancheuno dei rarissimi casi in cui il genere nonscivola sulla buccia di banana dell’agiografia. È un ritratto vivo, credibile e assai empatico diKing”. Produttrice e regista di opere indipen-denti, la Duvernay ha optato per una regia diforte realismo scegliendo un genere che sicolloca tra documentario e racconto. Il copione è stato girato in gran parte nellostato dell’Alabama, in molti degli stessi luoghidove sono successi gli eventi storici. Una scelta fondamentale per ridare anima everità all’azione. Ha addirittura coinvolto nelleriprese degli anziani che hanno vissuto queifatti. Così la distanza tra passato e presente siè molto assottigliata, non solo, la dinamicitàdel documento “consente di evitare le secchedel ‘prevedibile’, di aprirsi agli spazi del meta-storico. Di fare storia, memoria e tenere apertigli allarmi per evitare il ripetersi di simili situa-

SELMALA STRADA PER LA LIBERTA’di Ava DuVernay, USA/Gran Bretagna, 2015

Il 12 gennaio 2015, all’ora italiana 2,56, il mondosi risveglia con un annuncio di TvBlog: “Qui LosAngeles. Siamo in diretta per la premiazionedella 72^esima edizione dei Golden Globe: vin-citore dell’ambitissimo Award per la MigliorCanzone Originale è Glory, il brano portantedell’avvincente film ‘Selma’(candidato anchecome Miglior Film), un ritratto commosso e vi-brante di un campione della libertà, MartinLuther King. Ecco a voi le sue gloriose note: “Ungiorno, quando verrà, la gloria sarà nostra, sarànostra… Oh, gloria, gloria! Mani al cielo, nessunuomo, nessuna arma… Libertà è come religioneper noi… Noi siamo la resistenza… Benvenutaalla storia che noi chiamiamo vittoria!”. Si rifanno alla primavera del 1965 in cui unaserie di eventi drammatici cambiò per semprela rotta dell’America e il concetto moderno didiritti civili: un gruppo di coraggiosi manifestanti,guidati da Luther King, per ben 3 volte tentò diportare a termine una marcia pacifica in Alabama,da Selma a Montgomery, con l’obiettivo di ot-tenere l’imprescindibile diritto umano al votoper ‘i negri’. Gli scontri scioccanti e la trionfantemarcia finale portarono infine il PresidenteJohnson a firmare, il 6 agosto, lo storico VotingRights Act.

Ideali: per combattere ancora le ingiustizie del nostro mondoSELMA in facebook, è stato definito da unostudente, che ne comunica il suo giudizio agliamici, così e dice: «È la sua tesi: la vita non èdegna di essere vissuta se non si è disposti asacrificarsi per un ideale. Tema attualissimo ai nostri tempi. Un film dirilievo che rievoca una parte di storia non datutti conosciuta, ma richiama idee fondamentali,valide in tutti i tempi e in tutti i luoghi». Sce-

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zioni”. Tutto questo lavoro pedagogico im-portante diventa efficace anche cinemato-graficamente e si fa ricordare proprio perchéDuVarnay l’ha veicolato attraverso una formafilmica che combina resoconto documentario– con commoventi spezzoni finali, anchedella storica marcia su Washington del ‘63 –e racconto intimo dei personaggi con i lorotravagli personali. Ce li fa sentire fisicamentecon la loro paura mentre si lasciano coinvol-gere diventando parte della storia. Ce la rende contemporanea, quasi qui e adesso,con ricadute assai visibili nel presente di tutti.Il merito della giovane regista risiede central-mente nella sua capacità di attaccare frontal-

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mente un mito e una vicenda spartiacque,senza alcun timore e con un profondo rispettodella complessità degli eventi, delle persone.Ha voluto e saputo rappresentare un uomocon una missione da compiere che ha compiuto.Il carismatico leader pacifico della rivoluzionenon violenta che ascolta spirituals negri primadelle battaglia: solo dopo trova la forza di pro-nunciare i discorsi potenti che la Storia ha tra-scritto e tramandato come perenni. «Io ho unsogno: che questa nazione si risollevi. Vivapienamente il vero significato del suo credo.La verità che ritiene evidente di per sé: tutti gliuomini sono stati creati uguali, fratelli».

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L’idea del film

Riproporre l’attualità di Martin Luther King: un Leader carismatico di ieri e, drammaticamente,di oggi.

«La storia raccontata da Selma restituisce allapolitica il suo significato superiore. Le scelte di King sono dettate dal bene comune,e il suo infallibile istinto gli fa compiere gestianche impopolari ma di lungimiranza storicainconfutabile. Illustra la necessità (e fonda-mentale nobiltà) della negoziazione politicaindirizzata verso un fine ultimo elevato». Eccocome commenta lucidamente Paola Cosellanella sua presentazione dell’opera. «La capacitàdi King di non accontentarsi del successo tem-poraneo per tenere lo sguardo fisso sulla metafinale è un saggio narrativo del tutto adatto ainostri tempi su ciò che differenzia un leaderda un politicante». È così: sembra quasi che Selma e la sua teoriasulla nonviolenza, vogliano ripassare l’abc diciò che serve, a livello umano e politico, perscardinare un sistema. Ridirlo oggi e convincere,coinvolgere, evidenziando quanto questo puòcostare a ciascuno, ma anche quanto ne valgala pena, a livello collettivo e di “decisione delproprio destino come esseri umani”. King hatrasmesso un messaggio di pace e di fratellanza,che non è tuttora accettato compiutamente.Responsabili – diceva – non sono soltanto irazzisti e i massacratori ma anche i passivi.

Il sogno del film

Immergere l’audience della modernità nella corrente della Storia, quella dei singoli e deipopoli. Ri-convincere che: “La storia siamo noi”.

Chi può chiamarsi fuori da quel movimento‘saggiamente’ impetuoso, appassionante, tra-scinante? Pieno di spunti, disseminato di infor-mazioni preziose che ne esaltano l’interesse,Selma è un grande film. «Senza tinte agiografiche o santini – scrive au-torevolmente F. Pontiggia. Il ritratto, diciamo pure partigiano, di un cam-pione della parola e della libertà di cui conmerito, la regista Ava DuVernay non elude néelide i difetti, le scappatelle e l’opportunismopolitico. Eppure, non è uno spettacolo incen-trato su un unico protagonista, ma “una marciacollettiva”, quella del 1965 da Selma a Mont-gomery (…)». Ecco perché anche il giudizio della Commis-sione di valutazione pastorale riprende e sot-tolinea il suo tono “di opportuna necessità”.Definisce il film come prodotto di notevolequalità, in grado di essere insieme buon cinema,storia e monito per il presente e il futuro. Sollecita infine ad utilizzare, valorizzare l’operaanche didatticamente: “sia in programmazioneordinaria come in successive occasioni di con-fronto, discussione, riflessione. Stimolo alla partecipazione attiva, di frontealle nuove urgenze dell’attualità”.

PER FAR PENSARE

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con fermezza e candore si narra la strug-gente vicenda di un’eroina contemporanea,la sua storia, e insieme il suo destino. Una storia che presenta i colori intensi dimolteplici legami: c’è un legame fra dueragazzini che stringono il patto di sentirsifratello e sorella per sempre; c’è il legamefra il popolo somalo e la propria terra, contutto l’attaccamento ed il dolore nel mo-mento in cui si fa la scelta di lasciarla; c’è illegame fra una ragazzina e la propria fa-miglia, che le permette di portarsi dentrotanti insegnamenti, tante frasi che, comeper ognuno di noi, costituiranno per sem-pre il bagaglio della propria vita; ed infinec’è il legame fra se stessi ed i propri sogni.Il romanzo potrebbe definirsi anche unviaggio che, con le sue tappe, regala emo-zioni rivelando il vero volto di Samia,perché il racconto del viaggio non è sol-tanto quello geografico, è soprattutto unviaggio interiore e per questo spalanca gliocchi anche sulla follia degli uomini.

La storia di Samia

È drammatica, ma non lascia traccia di tri-stezza nel lettore: dischiude vasti orizzontidi riflessione e dona uno sguardo piùampio e vero, bandendo troppi luoghi co-muni riguardo ai migranti. Un romanzo,dunque, che arriva dritto al cuore, che cifa “correre” con Samia, anche perché l’au-tore è molto bravo a descrivere tutti i pas-saggi della sua crescita, sia atletica cheumana. La ragazzina somala dalle gambeesili, dopo essere stata costretta ad allenarsidi notte, nascondendosi in uno stadio se-

Non dirmi che hai paura

Emilia Di Massimo

Non dirmi che hai paura, è un romanzo tratto da una storiavera. È scritto da Giuseppe Catozzella,il quale per mesi è entrato dentro la vita reale di Samia, inventandolacon rara sensibilità e traducendola in un romanzo memorabile.

L’autore, vincitore del Premio Strega, hadeciso di raccontare la storia dell’adole-scente per due ragioni fondamentali. La prima perché si è imbattuto nella vicendaper caso, quando era in Africa, a pochichilometri dalla casa di Samia e stava fa-cendo delle ricerche per un’altra storia.Folgorato dal racconto di vita della ra-gazza, ha capito che era una storia di co-raggio luminosa e bellissima. La secondaragione è perché la vita di Samia consen-tiva, attraverso la letteratura, di aprireuno squarcio enorme sul fenomeno del-l’etica dell’emigrazione. Anche Samia vo-leva raggiungere l’Italia, Lampedusa.

Una storia di legami

Samia è una piccola grande guerriera cheinsegue un sogno: la libertà. È una ragazzinadi Mogadiscio. Correre è la sua passione.La sua Terra, la Somalia è sempre più predadell’irrigidimento politico e religioso. Men-tre le armi parlano sempre più forte la lin-gua della sopraffazione, Samia guarda lon-tano e avverte nelle sue gambe magre evelocissime un destino di riscatto per ilpaese martoriato e per le donne somale.Da quella voce, da quell’io leggerissimo,

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midistrutto, con la luce della luna comeunica e silenziosa testimone giungerà nel2008 alle Olimpiadi di Pechino correndo i200 metri. Le reali immagini di Samia alleOlimpiadi di Pechino evidenziano la deli-catezza, l’innocenza, la dignità della bellezzache affiora dalle pagine, bellezza che peròimbarazzava samia davanti ai pochi scattiricevuti durante la competizione. Samia si classifica ultima, ma la sua storiadiventa ben presto di dominio pubblico ela fa divenire emblema della speranza pertutte le donne musulmane, al di là di unaSomalia integralista, fratturata dal razzismoetnico, dalle violenze armate e dalla rigiditàreligiosa. Infatti, il dono che la distinguedai suoi coetanei, “correre”, declina nelsogno di diventare una campionessa mon-diale di atletica, non per gloria personalema per far nascere un movimento di eman-cipazione femminile nel proprio Paese.

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Un sogno di libertà

Al ritorno dalla competizione internazio-nale, Samia trova uno scenario deprimentee frustrante, in quanto si è consolidato ilpotere dispotico con le Corti islamiche.Una situazione di ‘non-ritorno’ che culminacon la decisione di abbandonare il proprioPaese, perché “a volte le decisioni più pe-santi viaggiano sul filo lieve di uno sbuffodi vento. E noi con loro, inadeguati, leggeri”. Seguendo le orme di sua sorella Hodan,emigrata prima a Malta e tutt’ora residentea Helsinki con il marito Omar e la figliaMannaar, Samia si affida a una giornalistaamericana perché organizzi il suo “viaggio”verso l’Europa mediante un lungo percorsonel quale il Sudan, l’Etiopia e la Libia sonosolamente punti di fugace e derelitto pas-saggio. Tutto ciò accompagnato sempre dalsogno, mai minimamente scalfito e scalfibile,di partecipare e vincere le Olimpiadi diLondra 2012. Solo per un ideale così grandee costante, solo perché alla ricerca della li-bertà vera, Samia affronterà il “viaggio”definito l’Olocausto del nostro secolo. Inrealtà, il coraggio continuerà a dominarel’adolescente, così come la volontà, la spe-ranza, l’abnegazione e lo spirito di sacrificio,che le permetterà di affrontare a testa altaqualsiasi ostacolo, a non piegarsi di frontealle numerose ed insensate angherie chedovrà subire. La storia dolorosa di Samia,diventata simbolo di libertà, è venuta allaribalta delle cronache recenti, le stesseche parlano di viaggi della speranza, dibarconi affollati, di chi mette a rischio lapropria vita pur di dare una svolta signifi-cativa alla propria esistenza. Il sogno divederla tagliare il traguardo alle Olimpiadinon si spegne, “solo ricorda che non devimai dire che hai paura, altrimenti le cosedi cui hai paura si credono grandi e pensanodi poterti vincere e non si avverano.Questo è lo start. Adesso si corre”.

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da pubblicare nei social network! La cro-naca registra di folle oceaniche per farsifirmare una copia dalla boyband One Di-rection, ma anche dagli italianissimi DearJack o The Kolors.

I concerti live

È, però, nei concerti live che si nota la dif-ferenza di produzione da parte di unacasa discografica su un cantante rispettoad un altro. Si va dal concerto nel club opub dove possono entrare solo 300 o 500persone, ai teatri dove si va dai 500 ai 2000posti, fino ad arrivare nei palazzetti dovela capienza sfiora anche i 12.000 posti, perpoi raggiungere il massimo negli stadidove vengono venduti dai 20.000 ai 50.000biglietti. Evidentemente solo i cantanti piùimportanti possono permettersi gli stadi,

La musica itinerante

Mariano Diotto

È da più di un decennio che le venditedi musica su CD stanno diminuendo.Si è decisamente allargato il frontedegli amanti della musica che la scaricano in formato digitale,legalmente e/o illegalmente, dai portali di vendita. Nonostante questo cambio di acquisto, si vende sempre menomusica e, quindi, sempre meno introitientrano nelle tasche delle case dei discografici e dei cantanti.Sicuramente loro non si sono arresi a questo declino. Infatti, in questomomento, gli introiti maggioriderivanti da una canzone arrivano daipassaggi del video promozionale suYoutube e, soprattutto, da quella cheviene chiamata “la musica itinerante”.

I “firmacopie”

Tutti i cantanti all’uscita del loro nuovo al-bum entrano nel vortice della promozioneche permette alla loro musica di incontrarei fan. Da una decina di anni è partito l’in-contro più semplice che un cantante puòavere con il suo pubblico che è il “firma-copie”. È una tecnica messa in atto daiCentro Commerciali che, in collegamentocon una libreria o negozio di dischi, invitanoun cantante e permettono ai fan di incon-trarlo acquistando in luoghi predisposti ilCD fisico per poi farlo firmare dal loro be-niamino. Magari ci scappa anche una foto

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ma con questa settorializzazione anche ilcantante emergente può coltivarsi la su“fan base”, cioè il suo seguito di fan.In tutti questi tipi di concerti viene creatauna narrazione sulla base di una tecnicachiamata storytelling. I cantanti più famosidescrivono la loro carriera cantando eraccontando la nascita dei loro brani piùfamosi. I cantanti esordienti invece rive-lano i segreti del loro successo improv-viso. Viene quindi realizzato uno spetta-colo che ha come punto di partenza lamusica dell’artista ma che poi si riempiedi immagini, colori, profumi, movimentiche rendono il concerto una esperienzasensoriale ed emozionale. L’artista sulpalco è il nuovo menestrello che ci guidanel suo “parco giochi”. Ho voluto un mantello, una giacca di Swa-rovski, pesava 15 chili. Però mi era neces-saria: ho voluto ispirarmi al mondo deicartoni. È una cosa che ho deciso un annofa. Sono entrato in cucina e ho detto a miamoglie Francesca: «Voglio portare lo stiledi Cartoon Network e di Adventure Timessul palco, voglio raccontare la bambiniz-

zazione del mondo» è la dichiarazione diJovanotti all’inizio del tour estivo 2015.Al termine del concerto il fan ha vissutoun’esperienza completa in quanto tutti isensi sono stati messi in moto e sicura-mente il ricordo di questa esperienza ri-marrà indelebile nel tempo.

Gli effetti

Questa svolta epocale, che ha portato lamusica dall’essere solo un insieme disuoni incisi su un vinile o trasmessi perradio, ha avvicinato sempre più il pubblicoai propri cantanti preferiti. Infatti l’espe-rienza non si limita al vedere il concerto“da sotto il palco” ma viene creato ancheun possibile incontro dietro le quintegrazie a contest che partono dai siti degliartisti o dagli sponsor che, oltre a regalartiil biglietto al concerto, ti permettono diincontrare il tuo “idolo”.Insomma, la musica itinerante è riuscitaa far tappa nella vita delle singole personerendendo i Divi sempre meno Divi mapersone “abbastanza” comuni!

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di vecchio, e così l’abbiamo rinnovato...“preghiera davanti all’Eucarestia”!vMa, mi si permetta, un nome nuovonon è come un vestito differente dalsolito indossato dalla medesima perso-na! La visita a Gesù ha lasciato il postoalla preghiera davanti a Gesù e per me,che sono antiquata come l’espressionein causa, le cose sono un po’ diverse:visitare qualcuno mi fa pensare ad unincontro desiderato e programmato (in-somma, mi fa venire in mente con gioiachi incontrerò!); mentre invece pregaredavanti a qualcuno mi fa pensare allerichieste da avanzare, ai ringraziamentida fare, alle benedizioni di cui c’è biso-gno (insomma, mi fa concentrare su dime e sul mio mondo...).E allora ben venga questo Anno dellaMisericordia se ci permetterà di rimet-tere al centro l’Amore!

Così, forse, le nostre preghiere davantiall’Eucarestia saranno un po’ menodisertate, saranno un po’ meno ap-pannaggio delle quattro vecchiettecome me che non hanno da correre adestra e a manca. Così, forse, le nostrepreghiere davanti all’Eucarestia tor-neranno ad essere visite a Gesù o,meglio ancora, visite di Gesù: appun-tamenti con il Misericordioso!

Parola di C.

Gli appuntamenti con il misericordioso

Carissime, la fine di questo 2015 ci porta in regalo,insieme al Natale, l’opportunità di unamaggiore consapevolezza del Donodi Dio, con l’indizione del Giubileoper celebrare la misericordia del Padre. Se ancora non lo avessimo capito, que-sta è un’occasione più unica che raraper rimettere l’Amore al centro dellanostra vita, di modo che, davvero,tutto ruoti intorno a Lui.

A dire la verità, però, anche su questoi nostri Santi sono stati lungimiranti, eci hanno consegnato una tradizioneche, come tutte quelle che abbiamopassato in rassegna quest’anno, stentaa trovare ancora spazio nelle nostrepratiche quotidiane. Inutile, amichemie, far finta di non capire: voi, chesiete navigate e che di vita salesianaavete anni e anni di esperienza, sapetebene a che cosa mi riferisco! Il cuoredelle nostre giornate di un tempo èsempre stata la visita all’Eucarestia, in-castonata come una pietra preziosanel bel mezzo del nostro lavoro, ri-chiamo luminoso all’Amore incontratoed accolto nella Santa Messa.

Vogliamo provare a capire che fine hafatto?... Abbiamo cominciato, qualcheanno fa, a chiamarla in un altro modo;“visita a Gesù Eucaristico” era troppoantiquato, troppo ottocentesco, sapeva

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Misericordia: è la Parola che esprime

il mistero della SS. Trinità.

Misericordia: è l’atto ultimo

con cui Dio ci viene incontro.

Misericordia: è la legge fondamentale

che abita nel cuore di ogni persona

quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra

nel cammino della vita.

Misericordia: la via che unisce Dio e l’uomo,

perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del peccato.

Bolla Misericordiae Vultus, papa Francesco

VIVERE INSIEME IL GIUBILEO

DELLA MISERICORDIA

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IL SIGNORE CI CHIEDE DI ESSERE OGGI

IL “BUON SAMARITANO” CHE SI CHINA SU CHI È SULLA STRADA FERITO,

ABBANDONATO, IN ATTESA DI UN AIUTO

PER RISOLLEVARSI...

MADRE YVONNE REUNGOAT