Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

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rivista di architettura

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DDEESSIIGGNN++

Una nuova strutturaa 3 piani di containersper il Politecnico diMilano e Lecco

Versatilitàmultipla

28Il duo di designernewyorkesi Arandae Lash, la matematicae la cristallografia

Geometriequasi perfette

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La casa 100K èad alta efficienzaenergetica e bassoimpatto ambientale

Risparmiae produce

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Il Music Theatredell’Università di Grazsi ispira ai principi delSerialismo musicale

Tutto intornoa una spirale

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Il primo showroomitaliano dedicatosolo al colore nascevicino a Brescia

Arredi cromatici

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In Olanda una pareted’arrampicata è statacostruita su unedificio universitario

Progetti estremi

32Lichterloh, nel cuoredi Vienna, è unnegozio che proponearredi del Novecento

Oggetti di culto

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Il progetto di ArataIsozaki per lastazione di Bologna,fatto per integrarsinella realtà cittadina

Ad alta velocitàverso il futuro

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CONTENUTI

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La Kartell festeggiai suoi successi fattidi innovazione eanticonformismo

60 annidi creatività

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Le aziende delsettore ceramicoinvestono ancora intecnologia e design

Specialeceramica

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Diverse iniziativecelebrano i cent’annidalla nascita dellinguaggio futurista

L’arte checambiò l’arte

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Un centro concerti di2400 mq progettatoda Jean Nouvela Copenhagen

La grande halldella musica

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Il nuovo graffiantePorsche Museumprogettato da unostudio viennese

Perfettamentein equilibrio

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A Modena in mostrale sculture religiosein terracotta diMazzoni e Begarelli

Due artistia confronto

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Gabriele Basilicoconsidera la fotografiauna forma d’artedialettica e aperta atutte le interpretazioni

Frammenti direaltà urbana

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Si muove tra trediverse discipline:architettura, designe artigianato

Michele De Lucchi

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Designer dal rigorosoapproccio formalee dal minimalismoessenziale

Antonio Citterio

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CONTENUTI

Iscritta con l’autorizzazione del Tribunale di Bologna al numero 7947 del 17 aprile 2009

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Direttore Editoriale Alessandro Marata

Direttore Responsabile Maurizio Costanzo

Caporedattore Iole Costanzo

Coordinamento di Redazione Cristiana Zappoli

Art Director Laura Lebro

Responsabili Marketing Simona Marcosignori, Roberto Sanna

Redazione Alessio Aymone, Nullo Bellodi, Silvia Di Persio, Monia Fantini,Manuela Garbarino, Antonio Gentili, Claudia Gobbi, Enrico Iascone, Arianna Lancioni,

Giulia Manfredini, Paola Mazzitelli, Francesco Montanari, Luca Parmeggiani, Duccio Pierazzi,Saura Sermenghi, Luciano Tellarini, Gianfranco Virardi, Gabriele Zanarini, Marco Zappia

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Pensare il design. E pensarlo nel nostro piccolo mondo, Bolo-gna. Una città che comunque - per fortuna - gravita tra le altesfere della comunicazione, aperta a raccogliere segnali, regi-strare cambiamenti. Pensare il design, o al design, questo è(sarà) il nostro compito. Capire e far capire che il design è unluogo di fascino. Mitico e attraente. Un luogo in cui il nulla di-venta concretezza, la forma stile. Un luogo di frontiera doveperdersi e ritrovarsi. Siamo d’accordo con Michele De Lucchi(intervista a pag 84), “il design può cambiare il mondo”. Sì,perché progettare vuol dire costruire, mutare, organizzare eriorganizzare, trasformare, sviluppare, allargare e stringere,aprire e chiudere, raccogliere e rilanciare. Vuol dire rintrac-ciare la memoria delle cose, trovare il minimo comune deno-minatore della creatività. E alla fine? Rilanciare e riscattare.Riscattare ciò che è bello e funzionale, naturalmente. Ma al di là delle diverse sfaccettature che possiamo (vogliamo)dare sul design, in questo primo numero di DESIGN + vi rac-contiamo il nostro punto di vista. Un punto di vista che espli-citiamo attraverso i pensieri e le parole di architetti e teorici deldesign da noi intervistati, foto e disegni di progetti importanti,e ancora riflessioni, segnalazioni, appunti. In mezzo alla confusione editoriale generata da questa iper-trofia informativa generosa, il nostro giornale vuole essere unaguida ordinata, ragionata, semplice e selettiva su quanto diimportante accade nel mondo dell’architettura e del design.Questo il filo rosso che lega tutti i contenuti di questo nu-mero, proiettato sulla via delle novità e delle anteprime. Il racconto dell’opera destrutturata, Quasi-table, di Aranda eLasch. Interviste che ci consegnano in modo chiaro e concisoi punti di vista del sociologo Domenico De Masi e della di-rettrice del Museo di architettura moderna e contemporaneadel Maxxi, Margherita Guccione. Il lucido e perentorio ri-chiamo alla responsabilità sociale da parte di Antonio Citte-rio. E ancora... La stazione di Bologna, progettata da ArataIsozaki: uno struttura che sfiora e accarezza la storica archi-tettura della nostra città, e contemporaneamente ne prende ledistanze. Jean Nouvel che ancora una volta appaga i nostriocchi con un’altra sua settima meraviglia: la Concert Hall diCopenhagen, una grandiosa architettura che come ci raccontalui stesso deve commuovere, così come commuove la bellamusica. L’innovativo progetto dell’olandeseBen van Berkel per l’Università di Graz. Lefoto di Gabriele Basilico e i primi sessant’annidi Kartell, azienda che rappresenta il Made inItaly nel mondo. In questa nostra città succede, dunque, cheDESIGN + si conquista un angolino. E da quicerca nuove angolazioni e prospettive da cui os-servare il mondo dell’architettura e del design.

Il mondo cambia. Lo fa con una rapidità sempre più evidente.Le trasformazioni sono così veloci che raramente si riesconoa farne sedimentare i risultati. Gli obiettivi prefissati sono, avolte, raggiunti e subito, prima che si possano solidificare, ven-gono dilavati da altre istanze improvvise e torrentizie, spessomutevoli e inconsistenti. Se è vero, come noi pensiamo, chel’architettura, come ebbe a dire Goethe, altro non è che mu-sica congelata, allora potremmo ipotizzare che la progressivae crescente liquidità la sta rendendo più frenetica, ma anchepiù ritmata. Densa di pause e di sincopi, dissonante e polifo-nica, solista e corale a seconda dei casi. L’architettura che, ov-viamente, come tutto, si sta trasformando, abbraccia spessoderive non sempre condivisibili, ma quasi sempre stimolantie pervase di creatività positiva.La centralità del progetto nel pensiero architettonico sta ac-quisendo sempre maggiore importanza e la distanza tra ar-chitettura e design industriale è sempre più breve. Vien dapensare che il motto gropiusiano “dal cucchiaio alla città” sistia compiutamente realizzando. L’innovazione tecnologica sta traghettando l’universo proget-tuale verso lidi irraggiungibili anche solo pochi anni fa. Laversatilità creativa sta trasformando il mondo del lavoro e ilknowledge worker sta acquisendo rilevanza sempre maggiore.La responsabilità sociale dell’architetto, anche se tra notevoliimpedimenti, comincia ad essere valutata con attenzione e ivalori etici della professione ad essere condivisi. Tutto ciò al-l’interno di una realtà sociale, quella italiana, che in questi de-cenni non ha certo brillato per virtuosità, altruismo egenerosità. Le questioni della sostenibilità ambientale sono di-ventate, finalmente, argomenti all’ordine del giorno. Nelle pagine di questa rivista si scriverà di architettura e didesign attraverso le parole dei progettisti, dell’università edelle istituzioni, degli operatori economici e finanziari, dellaproduzione industriale ed artigianale, degli artisti, dei foto-grafi, dei musicisti, dei comunicatori. Troveranno spazio rea-lizzazioni di esponenti dello star system accanto a quelle digiovani architetti e sarà benvenuto il pensiero critico se voltoalla costruzione di un confronto dialettico teso a consolidarevalori etici condivisi. Le sezioni nelle quali è scandita la rivi-sta – Pensieri Globali, Segnali, Progetti, Anteprima, Dietro al

Progetto – hanno il compito di suggerire ilritmo della partitura che organizza i pensierie le immagini ordinatamente proposti perfornire emozioni con l’architettura e il design.Di tutto questo e di molte altre cose ancoraDESIGN + vorrà discutere. Una costruzionedel pensiero che ha le fondamenta ancoratenella realtà locale della città di Bologna e le fi-nestre spalancate verso il mondo globale.

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PENSIERI.GLOBALI

Lei ha detto che l’avvento post industriale ha creato una sinergia tra gioco, lavoro e creatività. Sinergia chelei definisce “ozio creativo”. Dunque le basi della società saranno “fantasia e creatività”? A chi gli chiedeva di prevedere l’evoluzione della società, Borges rispondeva: “Non sono un indovino, sono un profeta”.Io potrei dire: “Non sono né un profeta, né un indovino. Sono un semplice sociologo”. Come semplice sociologo mi paredi comprendere che la società postindustriale, cioè quella in cui ci troviamo a vivere da una cinquantina di anni a questaparte, non è automaticamente e sicuramente più bella, più giusta, più ricca di quella industriale. Ha le potenzialità peresserlo. Tutto dipende dalla nostra capacità di progettare il futuro. Occorrono perciò designer di futuro, capaci diprogettare sistemi sociali belli e utili allo stesso tempo. Nella Manchester dei tempi in cui Marx scriveva Il Capitale, il94% dei lavoratori dipendenti svolgeva mansioni ripetitive di carattere fisico. Oggi, nei paesi avanzati come il nostro, soloun terzo degli occupati (in buona parte immigrati) svolge lavori di questo genere. Un altro terzo svolge lavori intellettualidi tipo flessibile. Un altro terzo ancora svolge lavori intellettuali di tipo creativo. Man mano le tecnologie saranno capacidi provvedere a quasi tutti i lavori fisici e ripetitivi, liberandone l’uomo. Resteranno per noi le attività flessibili e quellecreative che, per loro natura, si avvicinano fino a coincidere con le attività ludiche e con l’apprendimento. Dunque,aumenterà sempre più quell’intreccio inestricabile di lavoro (con cui produciamo ricchezza), di studio (con cuiproduciamo conoscenza) e di gioco (con cui produciamo benessere), che io chiamo “ozio creativo”. Cos’è secondo lei la creatività?La creatività è una sintesi di fantasia e di concretezza. L’eccesso di fantasia porta alla velleità; l’eccesso di concretezza portaalla burocratizzazione e alla sclerosi. Per fortuna, ci sono molte probabilità che i creativi prevalgano sui burocrati per ilsemplice fatto che la progettazione di futuro non può fare a meno della creatività. Le persone dotate di molta fantasia e,contemporaneamente, di molta concretezza sono rare. Si tratta di quelli che noi chiamiamo “geni”. Ci sono invece moltepersone dotate di molta fantasia e di poca concretezza; così come ci sono molte persone dotate di molta concretezza madi scarsa fantasia. In carenza di singoli geni creativi, possiamo formare quanti gruppi creativi vogliamo, mettendo insiemesoggetti particolarmente fantasiosi con soggetti particolarmente concreti. Esempi storici di questo tipo ci vengono propriodal design: la Wienerwerkstätte in Austria, la Bauhaus in Germania, l’Art and Kraft inInghilterra, la scuola di Glasgow in Scozia. E come si evolveranno i centri urbani in questa società post industriale?Quanto alla crescita dei centri urbani, credo che essa oscillerà tra il modello “lusitano”,che si affida al capriccio e all’individualismo, e il modello “catalano”, che si affida allapianificazione razionale. San Paolo è un esempio del primo tipo; Messico City è unesempio del secondo tipo. Oggi in Italia le città devono affrontare il problema dell’accoglienza. Roma ealtre città presentano già numerosi slums. Potrà la società crearenuove forme di coesione sociale diverse dalle attuali? E l’archi-tettura che apporto potrà dare?Non solo potrà, ma dovrà. Nella storia delle collettività, mai eraesistita una forma di interazione potente e veloce come Internet.Facebook è una piazza virtuale non meno intensa e di gran lunga piùcapiente di qualsiasi piazza reale. Siccome può, dunque deve. Ma quientra in gioco la mancata crescita sociale, rispetto alla straordinariacrescita tecnologica. Siamo come un individuo dotato di un braccio

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Domenico De Masi è titolare della Cattedra di Sociologia del Lavoro pressol'Università di Roma "La Sapienza" ed è stato Preside della Facoltà di Scienzedella Comunicazione. È socio Fondatore e Direttore Scientifico della S3.StudiumSrl. Dal 1980 si dedica all'insegnamento universitario, alla formazione e allaricerca socio-organizzativa nelle maggiori imprese italiane. Ha scritto numerosisaggi sull’organizzazione urbana e sullo sviluppo e sottosviluppo.

Domenico De Masi«Bisogna unirsi nel culto della bellezza e della felicità. Cercare nuovi designerdi futuro. Perché la creatività progettuale dovrà diventare un valore economico»

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smisurato e di un braccio anchilosato. Siamo giganti nello sviluppo scientifico e tecnologico; siamopigmei nello sviluppo psico-sociale. Proprio l’opposto dei Greci nell’età di Pericle, che snobbavano latecnologia e si concentravano sulla crescita intellettuale. Una società incapace di accogliere è una societàdestinata all’estinzione. Soprattutto se, come l’Italia, ha un bassissimo indice di natalità. Nell’accoglienza, l’architettura svolge un ruolo centrale perché fornisce la “tana” in cui l’ospite trova la prima cellula del suo alveare. I luoghi sono spesso fonte di piacere e felicità, ma anche di malessere. La buona architettura può influenzare positivamente il nostro benessere? Oltre a fornire una “tana” razionale funzionalmente, l’architettura può (deve) fornire una tana bella esteticamente.Perché la bellezza, parafrasando Keats, è una gioia creata per sempre. Come dice il mio grande amico Oscar Niemeyer,l’architettura deve essere sempre bella e sorprendente. E aggiunge: “Comunque, ciò che conta non è l’architettura ma la vita, gli amici e questo mondo ingiusto che dobbiamo modificare”.L’economia mondiale è in crisi. Gli sprechi non saranno più ammessi. La creatività progettuale dovrà divenire valore economico e dovrà sempre più tener presente la sostenibilità ambientale. L’Italia è pronta?L’Italia è il paese più bello del mondo che si avvia a diventare il più brutto. Ciò per mancanza di educazione estetica,dovuta sia alla crisi della scuola, sia all’invadenza triviale della televisione. La bellezza non è mai spreco: sia perché creavalore, sia perché una cosa bella spesso costa meno di una cosa brutta. Quando il Re d’Inghilterra non pagò i debiti che aveva accumulato nei confronti delle banche fiorentine, i Medici e gli altri grandi banchieri toscani investirono i loro capitali residui nel finanziamento di opere d’arte. Nacquero così quei gioielli rinascimentali che ancora oggicontribuiscono al PIL italiano molto più di tutta la metalmeccanica industriale messa insieme.La qualità dell’architettura e dell’ambiente urbano dovrebbe essere un diritto del cittadino. Perché oggi si ha poca qualità intorno a noi? E perché le amministrazioni legittimano strumenti quali gli abusi edilizi?Ho già accennato al disastro culturale provocato dal corto circuito tra crisi scolastica e trivialità televisiva. A ciò si deveaggiungere la veloce oscillazione dei gusti estetici, l’accavallarsi di segnali e di proposte derivanti dalla globalizzazione, il disorientamento che deriva dai giudizi opposti tra i diversi opinion leader. A Ravello abbiamo perso otto anni e moltemigliaia di Euro per avviare la costruzione di un auditorium progettato da Niemeyer. Alcuni architetti e critici d’artedicevano che si trattava di un oggetto bellissimo; altri che si trattava di un oggetto bruttissimo. Alcuni ambientalistisostenevano che la costruzione avrebbe rovinato l’ambiente, altri che lo avrebbe migliorato. Alla fine hanno deciso igiudici che, non essendo architetti o ecologi, hanno fatto ricorso al semplice buon senso. Le amministrazionilegittimano gli abusi edilizi per incultura e per truffa: non sanno distinguere il bello dal brutto ma sanno capire comevoterà la gente. La quale, a sua volta, è ben disposta a contrabbandare il proprio voto con un condono edilizio.Perché il cittadino ha sempre meno forza di indignarsi?Perché i media hanno sempre più forza per manipolare. Gli opinion leader sono diventati sempre più scaltri, semprepiù professionalizzati, sempre più agguerriti e sempre più corrotti. Si è avverata in pieno la lucida e sorprendentepreveggenza di Tocqueville che, nel celebre saggio La democrazia in America (1830) scrisse: “Se cerco di immaginare ildispotismo moderno, vedo una folla smisurata di esseri simili e eguali che volteggiano su se stessi per procurarsi piccolie meschini piaceri di cui si pasce la loro anima. Ognuno di essi, ritiratosi in disparte, è come straniero a tutti gli altri, isuoi figli e i suoi pochi amici costituiscono per lui tutta l’umanità; il resto dei cittadini è lì, accanto a lui, ma non lovede; vive solo per sé e in sé, e se esiste ancora la famiglia, già non vi è più la patria. Al di sopra di questa folla vedoinnalzarsi un immenso potere tutelare, che si occupa solo di assicurare ai sudditi il benessere e di vegliare alle loro sorti.È assoluto, minuzioso, metodico, previdente e persino mite. Assomiglierebbe alla potestà paterna, se avesse per scopo,come quella, di preparare gli uomini alla virilità. Ma, al contrario, non cerca che di tenerli in un’infanzia perpetua.Lavora volentieri alla felicità dei cittadini, ma vuole esserne l’unico agente, l’unico arbitro. Provvede alla loro sicurezza,ai loro bisogni, facilita i loro piaceri, dirige gli affari, le industrie, regola le successioni, divide le eredità: nontoglierebbe forse loro anche la fatica di vivere e di pensare? Così, ogni giorno, meno utile e più raro diviene l’impiegodel libero arbitrio, più limitata l’azione della volontà. Dopo aver plasmato a suo piacimento ogni individuo, il sovranostende la mano sulla società intera, coprendola di una fitta rete di minuziose regole, uniformi e complesse. Il potere nonspezza, ma ammollisce, piega e dirige le volontà; non distrugge, non tiranneggia, ma ostacola, inebetisce tutti gliuomini, riducendoli come un branco di animali timidi e laboriosi, di cui lo Stato è il pastore”.Gli architetti e i sociologi insieme potrebbero essere strumento di una corretta educazione sociale?A Parigi ebbi come professore Chombart de Lauve, l’architetto che aveva affiancato Le Corbusier nella progettazione di Passac e della Ville Radieuse. In Italia ho avuto la fortuna di fare altrettanto, affiancando Giancarlo De Carlo nellaprogettazione partecipata del Villaggio Matteotti a Terni. Credo che l’educazione sociale all’architettura e all’urbanisticanon possa avvenire se non attraverso un’azione congiunta di sociologi, architetti e urbanisti. Dovrebbe unirli il cultodella bellezza e della felicità. (di Gianfranco Virardi)

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PENSIERI.GLOBALI

Gli archivi evocano un sapere custodito e nell’immaginario collettivo si presentano un po’ vetusti, poco visitabili e saturi di materiali difficili da consultare. Ma qui si parlerà di archivi per la tutela del patrimoniodocumentario dell’architettura del Novecento. Tutt’altra immagine dunque? Gli archivi rappresentano la nostra storia e la nostra identità, sono una fonte storica e come tale possono avere unattributo di “vetustà”. Come renderli vivi nel presente? Con il lavoro di ricerca che permette di comprendere i significatidi cui sono portatori, oggi. E tutto ciò è possibile attraverso gli interventi di riordinamento, schedatura e inventariazioneche facilitano l’accesso ai documenti, descrivendoli e collegandoli tra loro, mettendoli in relazione con altre fonti. Inparticolare gli archivi degli architetti sono archivi sui generis, contengono materiali di grande fascino, molto vari nelletipologie documentarie, a volte, veri e propri oggetti d’arte. Documentano nel loro insieme le opere di architetturarealizzate e non, la cultura che le ha prodotte e gli infiniti nessi con la storia della società.Come si costruisce un archivio?Un archivio come istituto conservatore di altri archivi si costruisce raccogliendo singoli fondi archivistici in un luogoadatto per la conservazione, per gli interventi di inventariazione e per la consultazione. Il Centro Archivi del MAXXIArchitettura è nato per curare le collezioni di architettura del MAXXI, il Museo delle arti del XXI secolo che stanascendo a Roma. Allestito temporaneamente presso il Museo H.C. Andersen, conserva gli archivi di Carlo Scarpa, AldoRossi, Enrico Del Debbio, Pier Luigi Nervi, Sergio Musmeci, Vittorio De Feo e Michele Valori. Tra le principali attivitàsi ricorda che il Centro Archivi MAXXI ha inventariato analiticamente l’archivio di Aldo Rossi ed è impegnatonell’inventariazione analitica, nella creazione di banche-dati e nella riproduzione fotografica digitale degli archivi di PierLuigi Nervi, Carlo Scarpa e Sergio Musmeci. Gli archivi di Vittorio De Feo e di Michele Valori sono dotati di inventarisommari per progetto che saranno resi analitici in futuro.Cos’è il Piano nazionale per la tutela del patrimonio documentario dell’architettura del ‘900?Il Piano Nazionale è un programma di salvaguardia e valorizzazione di queste fonti documentarie, scaturito dal Protocollod’Intesa sottoscritto nell’ottobre 2001 dalla Direzione Generale per gli archivi e la Direzione Generale per l’arte el’architettura contemporanee (poi divenuta PARC). In particolare il Piano sostiene e promuove i censimenti regionalidelle fonti pubbliche e private inerenti l’architettura e le relative attività di tutela in tutto il territorio nazionale.Cosa si intende per acquisto di un archivio? Il museo ne diventerà garante di tutela e l’archivio resterà nelluogo dove si trova o sarà necessario il trasferimento?Nell’acquisto di un archivio si trasferisce la proprietà dal produttore o dai suoi erediall’Istituto che acquista. Tale trasferimento di proprietà può avvenire anche tramitedonazione e nel caso delle collezioni degli archivi di architettura del MAXXI sisono realizzate entrambe le forme di acquisizione. Il museo diventa garante ditutela e valorizzazione nello stesso tempo. Nel caso del MAXXI Architettura gliinventari, le riproduzioni digitali, i progetti culturali sono curati direttamentedal Centro archivi. Solo l’Archivio di Carlo Scarpa è fisicamente conservatopresso il Centro Carlo Scarpa nell’Archivio di Stato di Treviso, per accordispecifici con la regione del Veneto.Esiste un piano nazionale che coinvolge tutte le regioni d’Italia?Certo, la Direzione Generale degli Archivi sta attuando dal 1998 il ProgettoNazionale di censimento e valorizzazione degli archivi privati di architettura,in cui sono impegnate al momento le Soprintendenze di tredici regioni, con i

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Architetto, Margherita Guccione dirige il Servizio architettura contemporanea della Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee (PARC). È direttore inoltre del Museo di architettura moderna e contemporanea del MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI, di prossima aperturaa Roma. Ha svolto attività di ricerca sulla tutela dei beni culturali e del paesaggio storico e su musei e centri di documentazione dell’architettura del Novecento.

Margherita Guccione«In architettura gli archivi hanno grande valore. Presto, grazie al DGA e alMAXXI, nascerà un portale, che sarà un punto di riferimento a livello nazionale»

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seguenti obiettivi: individuare gli archivi sul territorio, inventariarli, riprodurli in formato digitale,restaurarli, reperire sedi di conservazione per i fondi a rischio di dispersione. Tutti i dati del progetto sonocollegati al Sistema Informativo Unificato delle Soprintendenze Archivistiche (SIUSA). La DARC, oggiPARC, grazie all’acquisizione degli archivi presso il Centro archivi MAXXI architettura e alle segnalazioni alle Soprintendenze di archivi di architettura, contribuisce alla realizzazione del progetto. Perché oggi gli archivi dell’architettura del secolo scorso suscitano tanto interesse?Per l’importanza che la documentazione archivistica ha, per ogni epoca, per la ricostruzione della storiadell’architettura e per l’utilità di queste fonti documentarie per restaurare le architetture moderne e contemporanee.Negli archivi molto spesso si rintracciano i progetti esecutivi e i dettagli costruttivi delle opere. Un’ulteriore ragione è nelle caratteristiche materiali di queste fonti: le tecniche e i supporti usati nel secolo scorso per il disegnoarchitettonico sono oggi sostituite dalla progettazione con modalità digitali. Anche per questo i progetti del ‘900raccolti negli archivi cartacei sono oltremodo preziosi. Sono un’ultima testimonianza di un modo di produrrel’architettura che non c’è più.In Italia esistono molti archivi sia pubblici che privati. Esiste già un accordo sinergico? Le Soprintendenze Archivistiche del Ministero per i Beni e le Attività culturali hanno come compito istituzionale la tutela e la valorizzazione sia degli archivi privati che degli enti pubblici. Dal 2000 esiste l’Associazione Archivi diArchitettura contemporanea, AAA/Italia, che unisce Istituti del Ministero per i Beni e le Attività culturali, Università,Musei, Accademie e, anche, soggetti privati detentori e studiosi. L’Associazione ha svolto un’intensa attività didiffusione delle conoscenze e di promozione culturale nei diversi settori della conservazione, descrizione evalorizzazione delle documentazioni architettoniche.La tutela degli archivi privati incontra resistenze da parte degli eredi. La cultura di sensibilizzazione di questi ultimi anni è riuscita a spianare la strada?Gli eredi proprietari di archivi di interesse storico, quindi oggetto di vincolo e tutela da parte degli organi statalipreposti, hanno, più che una resistenza, una coscienza degli oneri che comporta la conservazione di un archiviotutelato, anche se sono previsti fondi a sostegno di queste attività. L’impegno maggiore degli eredi è conservarel’archivio nella sua integrità - e quasi sempre ci sono problemi di spazio nelle abitazioni private – e quindi aprirlo aglistudiosi e inventariarlo. Le Soprintendenze archivistiche hanno ottenuto fondi per riordinare gli archivi, realizzandodiversi inventari e restaurando i documenti. Istituti di conservazione statali come il MAXXI e l’Archivio Centrale delloStato, per citare la situazione romana, hanno accolto archivi e provveduto direttamente alle attività di conservazione. La conservazione di materiali fragili quali lucidi, schizzi, plastici quali accortezze richiede?Richiede innanzitutto interventi conservativi di prevenzione, relativi per esempio all’ambiente in cui l’archivio èconservato. Anche i contenitori in cui sono conservati i documenti devono avere un determinato grado di acidità, per citare solo alcune delle accortezze di base. Per la consultazione bisogna garantire una massima accortezza nelmaneggiare materiali fragili e specialmente i lucidi soggetti a cristallizzazione. IL MAXXI con lo IUAV e AAA Italia sta organizzando un corso specifico che si terrà a Venezia nell’autunno 2009. La consultazione dei materiali riprodottiin digitale, ad alta definizione, è un formidabile strumento per la conservazione di un archivio. Consente infatti dilimitare a casi eccezionali la consultazione diretta, che è la principale causa di degrado di questi materiali.Per i materiali da costruzione esiste una catalogazione?Quando si rinvengono, tra gli archivi, materiali da costruzione, vengono descritti in una serie a parte. La presenza di tali materiali non è purtroppo frequente, e si limita, per evidenti problemi di conservazione nel tempo da partedell’architetto produttore dell’archivio, a oggetti di piccole dimensioni, come materiali per la pavimentazione, perrivestimento pareti e per arredi. Esistono, in qualche caso, biblioteche specialistiche sui materiali, con raccolte dischede tecniche e depliant pubblicitari.Per ovviare alla distribuzione regionale degli archivi verrà istituito un archivio virtuale consultabile on line? Per gli archivi oggetto di riordinamento ed inventariazione vengono realizzate banche dati consultabili in rete consoftware che tengono conto sia degli standard internazionali di descrizione archivistica che della particolare natura dei documenti architettonici. Tali banche dati vengono collegate ai generali sistemi informativi archivistici. Si staprefigurando la costituzione di un portale specifico per gli archivi di architettura sia da parte della DGA che da parte del MAXXI che possa essere un punto di riferimento a livello nazionale per il reperimento delle fonti. Se tutto questo lavoro sarà raccolto in un museo, quale sarà la scelta di fondo? L’architettura realizzata?L’architettura disegnata? O il progettista in toto con tutte le sue opere create e non?L’archivio di un architetto è costituito da diversi tipi di elaborati grafici, da documenti tecnici e amministrativi allegatiai progetti, da corrispondenza, da scritti e ricerche, da fotografie e da modelli tridimensionali. Con il lavoro didescrizione e di ricerca si rende possibile percorrere il mondo creativo dell’architetto. (di Mattia Curcio)

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Sarda d'origine, da parte di madre (una nota gallerista), austriaca da partedi padre, ma cresciuta tra Londra e gli States, Ambra Medda è Direttrice eCo-fondatrice (insieme al marito Craig Robins) del Design Miami/Art Basel, la fiera del design a "edizione limitata". Laureata in lingue orientali all’Università di Londra, ha vissuto a Pechino e a New York e ha lavorato perChristie’s prima di trasferirsi a Miami e dedicarsi al design e all’architettura.

Che cos’è il design di serie limitata?Definisce il modo in cui viene progettata l’opera. La manifattura è estremamente presente. Il processo che sta dietro adogni pezzo è ciò che definisce l’oggetto di serie limitata. Al contrario sarebbe un pezzo di design fatto per la massa. Allagente il design di serie limitata piace perché dietro c’è il desiderio di avere delle cose che sono uniche, speciali e belle.Che differenza c’è tra design e arte?La classificazione che vuole distinguere un pezzo di design da un’opera d’arte non mi piace affatto. Credo che le personeabbiano la necessità di avere nella testa una classificazione ben delineata di ogni cosa. Io non ne sento il bisogno. Unpezzo di design come una sedia di Tom Dixon fatta a mano la considero un’opera, non c’è bisogno di individuare se didesign o d’arte. Ogni giorno il mondo del design e dell’arte si intersecano. L’architettura, l’arte, il design, la moda, sonomondi che si visitano a vicenda e che si ispirano l’un l’altro. Lei è direttrice del Design Miami. Cosa contraddistingue questa manifestazione da tante altre?Abbiamo chiesto ai nostri commercianti di creare delle installazioni come fossero opere architettoniche, dove presentare la loro specializzazione. Gli abbiamo quindi chiesto, non solo di portare dei pezzi straordinari, ma anche di presentarli in maniera diversa, per dare l’opportunità al pubblico di entrare nel loro mondo e nella loro specializzazione, per capirnea fondo la bellezza. Credo che questo non sia mai stato fatto. Le fiere di solito sono fatte per vendere, per noi inveceDesign Miami è stata la base per promuovere e rimettere in discussione la cultura che sta attorno al design. Quanto conta il materiale in un oggetto di design?Il lavoro di ricerca del materiale che sta dietro ad alcuni oggetti li rende veramente validi. Ci si rende spesso conto che la linea di un pezzo di design non sarebbe neanche possibile se non ci fosse uno studio tecnologico sul materiale percostruirlo. È chiaro, quindi, che il materiale, la parte concettuale che sta dietro alla forma, e la linea, sono i concettibasilari per riconoscere un oggetto di design di successo. Mi capita spessissimo di trovare un oggetto interessante ma fatto di un materiale del tutto inappropriato.Che rapporto c’è tra tecnologia e design?Un rapporto che si sta evolvendo. Ma, di pari passo, c’è un forte ritorno al Craft, cioèall’artigianato. È come se ci fossero due strade parallele: ci sono i designer che si addentranonella tecnologia e che cercano di realizzare cose che non sono mai state realizzate, e ci sonoquelli che riesplorano la tradizione.Ha organizzato insieme a Fendi la mostra Craft Punk.Esattamente, dal 22 al 24 aprile. Vorrei che le persone rivisitassero o si riavvicinassero alconcetto di Craft, che non è solo l’artigianato etnico. Il Craft nasconde dentro sétradizioni antichissime che danno valore a materiali che rimangono sempre spettacolari,come il legno, il marmo, il bronzo: materiali che non si dovranno mai perdere.Come si pone il design nei confronti della rinnovabilità energetica?Il design è certamente un veicolo per poter ottenere alcuni vantaggi nei confrontidell’ambiente. Realizzando oggetti “avanzati”, nel senso del rispetto per ilmondo in cui viviamo, creando cose più durature, che abbiano un impattomeno negativo sull’ambiente. In pratica può offrire una risposta a deibisogni sociologici. La ricerca della rinnovabilità energetica non è un frenoalla creatività, anzi la stimola. Il design è una soluzione ad un problema.Più problemi ci sono più soluzioni si trovano! (di Roberto Sanna)

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Ambra Medda«Se da un lato il design si serve sempre più della tecnologia, dall’altro si registraun ritorno al Craft. Il materiale? È fondamentale per il successo di un oggetto»

PENSIERI.GLOBALI

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Norman Foster.Renzo Piano .David Fisher.Mario Cucinella

L’HUSKY Luxury Apartment & Resort, in Australia, è un hotel di lusso a 5 piani. Il progetto, realizzato da Elenberg Fraser, com-prende 14 appartamenti, una spa firmata Endota, e un cafè al piano terra. Ispirato dalle spigolature dei cristalli di ghiaccio, que-sto eco Lodge è riconosciuto dalla prestigiosa organizzazione Green Globe 21. Modelli complessi combinati con l’influenza dellegname australiano delle capanne alpine, hanno offerto la base per la forma architettonica. L'edificio si adatta all'ambiente cir-costante e utilizza il luogo ripido su cui è costruito per massimizzare il panorama della valle di Kiewa e Mt Spion Kopje.

COME UNACAPANNA ALPINA

ss EE GG NN AA LL II

Ph.Tony Miller

COME UNACAPANNA ALPINA

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S PRE.VISIONI

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l progetto Capsule of Life, elaboratodallo studio italo - russo Kami-NEXst, commissionato dal costrut-tore russo SU-155, è stato presentato

ufficialmente in marzo. L’apertura delcantiere è prevista entro l’anno 2009. Sitratta di un complesso polifunzionaleche ospiterà attività commerciali, di in-trattenimento e di ristorazione nell'exarea industriale della città di Ivanovo.Sulla preesistenza di un’ex fabbrica tes-sile, costruita a fine Ottocento, Kami-NEXst ha progettato il restauro dell'edi-ficio e l'inserimento di un nuovo corpo,

in una innovativa operazione di recuperostorico con innesto di architettura biocli-matica e multimediale. L’idea è quella diintervenire rompendo la rigidità formalee concettuale delle architetture tradizio-nali, con l’inserimento tra di esse di unaltro tipo di architettura, in netta con-trapposizione con l’esistente. In praticaun nuovo corpo che, come se fosse vivo,cresce tra i due blocchi preesistenti. Ilcomplesso è pensato con una strutturainteramente in legno lamellare, che si in-terpone come una ragnatela tra un edifi-cio e l’altro. La copertura è concepita

come un gioco di falde con una doppiaesposizione sud-nord, realizzate una invetro e una in acciaio. Le falde sono sud-divise in 12 moduli trasversali all’asseprincipale dell’edificio, sfalsati tra loro inmodo tale che la parte vetrata segua ildiagramma solare annuale della città. Inquesta maniera l’edificio può ricevere ilmassimo apporto termico e di illumina-zione naturale. (di Andrea Giuliani)

A Ivanovo, in Russia, sorgerà una struttura destinata a diverse funzioni: shopping,intrattenimento, ristorazione. Dal concept design assolutamente innovativo

In occasione del Mipim di Cannes, l’archi-tetto inglese Norman Foster ha presentatoil progetto delle Tours Hermitage: due torridi 323 metri da edificare in una piazzapubblica del lungo Senna, a Parigi. Costi-tuiranno le più alte torri a destinazione mi-sta dell’Europa Occidentale. Ospiterannoun hotel, una spa, appartamenti panora-mici, uffici e servizi e, al piano terra, i ne-gozi. Formando in pianta due triangoli in-tersecati, gli edifici si fronteggiano a livello

del pianterreno. La facciata, costituita davetrate, cattura la luce e il sole che vi si ri-flette crea diversi effetti nell’arco dellagiornata. I pannelli sono leggermente an-golati per creare un gioco di luci e ombre,con prese d’aria esterne che possono es-sere aperte per creare ventilazione natu-rale e contribuire all’efficienza energetica.Le torri fanno parte di un progetto checontribuirà alla rigenerazione urbana delriverfront della Senna.

Saranno le più alte torri a destinazione mista dell’Europa

323 metri di meraviglie Ph.Foster + Partners

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Passato e futuro

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Simbolo della nuova Architettura Dinamica, sarannocostruiti a Dubai e MoscaCity i grattacieli di Fisher

S PRE.VISIONI

alle più ardue sfide nascono dasempre, in architettura, pro-getti monumentali. E da unasfida è nato il progetto dei

grattacieli girevoli, Dynamic buildings,firmato da David Fisher. L’architetto fio-rentino ha approfondito così tanto il suointeresse per la relazione tra edifici, na-tura e tecnologia, da giungere allo svi-luppo del concetto di Architettura Dina-mica. Non si parla di utopia. Due edificidinamici sono in fase di progetta-zione e sono veri e propri grat-tacieli caratterizzati dalla pe-culiarità di ruotare intorno aun asse. Una prima torre di80 piani sarà costruita a Du-bai, mentre una seconda di 70piani sarà realizzata a “Mosca-City”. Inevitabilmentel’aspetto delle città cambierà.Il rapporto edifici/abitanti eedifici/ambiente diventerà al-tro. Il nostro immaginariosarà costretto a cambiare: gliimmobili diventeranno mo-bili. Ognuno dei piani diquesta tipologia di gratta-cielo ruoterà indipendentedall’altro, creando un edificiodalle forme infinite e diverse.E queste neomorfologie sa-ranno determinate da ca-noni inusuali quali velocità,

direzione, rotazione, accelerazione e tem-pistica del movimento dei singoli piani.Sarà possibile orientare il proprio spaziosecondo i momenti della giornata o dellestagioni. Una vera e propria novità pro-gettuale che, insieme ad un’estetica can-giante, definisce l’unicità di questa strut-tura. In sostanza, alle tre dimensionitradizionali se ne aggiungerà una quarta,il tempo: le fasi del giorno. Le novitànon finiscono quì: l’edificio sarà costi-tuito da elementi prefabbricati modulari

preassemblati. Le singole “unità” sa-ranno realizzate completamente infabbrica, attrezzate di tutte le con-dutture idrauliche ed elettriche erifinite dal pavimento al soffitto.Saranno dotate di bagni, cucine, il-luminazione e altri elementi d’ar-redo e sul posto verranno successi-vamente agganciate l’una all’altra,consentendo così di realizzare unintero edificio in tempi moltobrevi. Ma, come se non bastasse,per stare al passo con i tempi, Da-vid Fisher ha anche pensato didonare a questo sistema unacompleta autosufficienza energe-tica. Gli edifici potranno, infatti,generare elettricità grazie alle si-lenziose turbine eoliche montateorizzontalmente tra i piani e allecellule fotovoltaiche che sarannoinoltre installate sul tetto di ognipiano ruotante. Saranno i primiedifici ad alta efficienza energe-tica, prodotti in fabbrica, contempi e costi di costruzioneinferiori a quelli costruiti conmetodi tradizionali. La pre-fabbricazione permetterà,inoltre, cantieri puliti e verdi,senza rumore, emissioni euna maggiore sicurezza sulluogo di lavoro.(di Filiberto Reggente)

Ico Migliore e Mara Servetto sonogli architetti che hanno vinto il con-corso internazionale per l’ideazione ela realizzazione dei nuovi allestimentipermanenti del Fryderyk ChopinMuseum di Varsavia. Il museo hasede all’interno dell’Ostrogski Castle,e dal 2010 in poi ospiterà la piùgrande collezione al mondo dedicataa Chopin, con oltre 5mila pezzi rela-tivi all’opera e alla vita del grandecompositore. Il loro progetto si basasu quattro principi chiave. La legge-rezza del sistema espositivo: ogni si-stema espositivo è stato pensato peressere indipendente dalle pareti esi-stenti, per potersi facilmente inserirenel contesto in modo non invasivo.La compresenza e l’individuazione didifferenti percorsi tematici che il visi-tatore può scegliere di seguire. L’inte-razione come sistema aperto di ap-profondimento e zoom dei contenutiesposti, lasciando il visitatore liberodi scegliere i tempi e le modalità dilettura. La realizzazione di diversiemotional landscapes, per catturareattenzione e curiosità. Il progetto sisviluppa dunque come un “museoaperto”, nel quale il visitatore puòesplorare liberamente il percorsocreativo di Chopin come composi-tore e pianista. Si dà vita, inoltre, aduno sviluppo creativo dei contenutiattraverso l’integrazione fra la mu-sica, gli oggetti della collezione e lestrutture interattive.

Lo studio Migliore+Servetto vince il concorso del Museum di Varsavia

Allestimentoper ChopinForme cangianti

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n’architettura dinamica cheprende forma dalla combina-zione di una serie di paralle-lepipedi rossi dotati di ampie

vetrate. È Campus Point, il progetto peril nuovo “contenitore” strutturale dedi-cato alla ricerca del Politecnico di Mi-lano a Lecco. Il progetto porta la firmadell’ing. Arturo Montanelli dello studioAr.De.A. di Lecco. La struttura, ubicatanella parte antistante l’edificio dell’exospedale, lungo via Ghislanzoni, si con-figura come un’aggregazione ordinata dicontainers prefabbricati che conferi-scono al progetto architettonico un ca-rattere innovativo. Campus Point si com-

pone di 27 containers di dimensioni2,90 m x 8,11 m x 2,70 m di altezza eprevede lo sviluppo massimo di tre pianifuori terra, con collegamenti verticaliposti agli angoli estremi. La strutturaautoportante e priva di fondazioni auto-nome, poggia, verso fronte strada, suuna serie di supporti metallici connessiad una trave rovescia, mentre per laparte verso l'ospedale, la struttura difondazione è costituita da cordoli in ce-mento armato su una struttura di ap-poggio costituita da muretti in cementoarmato, spinati con rete elettrosaldata amaglia 15x15 cm. I tamponamenti ver-ticali, per la parte con affaccio verso via

Ghislanzoni, sono costituiti da grandipannelli vetrati senza telaio con spec-chiature di 2,90 m x 2,70 m. Verso l’in-terno del vetro è prevista la possibilità dischermare con tendine e sono state col-locate delle luci in grado di fornire dinotte un effetto scenografico. I tampo-namenti verticali opachi sono realizzaticon pannelli modulari di policarbonatoalveolare semitrasparente che lascianotrasparire il color rosso dei pannelli. Lasoluzione costruttiva dei volumi indu-strializzati tridimensionali permette dicreare un involucro fortemente isolato,in cui si usano diverse tipologie di coi-bentazione. (di Gianfranco Virardi)

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Tre piani di containers dalle dimensioni standard. Ospitano laboratori e centri dicompetenza. È la struttura dedicata alla ricerca del Politecnico di Milano a Lecco

Versatilità multipla

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S POST.MUTAZIONIFoto di Alberto Muciaccia

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A sinistra: la pianta del progetto. In questa pagina: una

serie di foto degli internied esterni di CampusPoint. In attesa che

venga completata laristrutturazione della

nuova cittadellauniversitaria entro il

2010, in questa sede èoperativo il centro

destinato ad anticipare icontenuti scientifici e

tecnologici delle attivitàdel futuro Campus

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La scelta dei materiali, il riciclaggio, la posi-zione degli spazi rispetto alla luce naturale,la ventilazione naturale, l’utilizzo dell'acqua,il recupero di quella meteorica e la produ-zione di energia: sono tutti temi progettualidivenuti parte integrante dell’intervento, con-tribuento a far ottenere al museo la certifica-zione LEED “Platinum”. La California Aca-demy of Sciences a San Francisco,progettata da Renzo Piano, mantiene la pre-cedente posizione ed orientamento: tutte lefunzioni sono organizzate intorno alla piazzacentrale. La cupola del Planetarium e laBiosfera trasparente della foresta pluviale,sono adiacenti alla piazza. Questa è il puntodi raccordo di tutti i corpi del museo ed ècoperta da un tetto di vetro che ricorda nellasua struttura reticolare quella di una ragna-tela. Il centro della struttura è aperta alcielo. Il tetto unifica formalmente l’organi-smo: esso è “vivente” perché ricoperto dauno strato sottile di terra su cui sono statepiantate 1.700.000 piantine. La vegetazionenon solo ha uno scopo decorativo ma an-che funzionale: l’umidità del terreno serve araffreddare di 5 o 6 gradi l’interno del mu-seo che, unico caso negli Stati Uniti, puòfare a meno dell’impianto di aria condizio-nata, per gli spazi pubblici al piano terra egli uffici di ricerca collocati lungo la fac-ciata. La linea ondulata del tetto, determi-nata dalle forme dei volumi interni chevanno oltre la linea di gronda della coper-tura, permette l’accumulo dell’area calda ineccesso, che viene poi espulsa. Questeforme provocano un’accelerazione dellebrezze che aiutano la ventilazione naturaledell’ambiente sottostante.

La nuova Academy è del tutto integratanel Golden Gate Park, utilizzando tecniche per il risparmio energetico

L’Accademiaè al verde

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Per dare forma alleesigenze dei progettistinasce la prima finestracomplanare raso-muro.La finestra puòdiventare così parteintegrante delleprogettazioni moderneche vogliono linearitàe complanarità cometema fondamentaledel percorso estetico.

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aranno case colorate. Caseche lasceranno spazio alle di-verse identità e modalità divivere. Ma soprattutto capaci

di produrre energia. Vere e proprie mac-chine bioclimatiche. Si tratta del pro-getto “La casa 100K”. Saranno realizzatea Settimo Torinese le trenta abitazioninate dall’accordo tra Italcementi Group eMario Cucinella. Il progetto vuol met-tere a punto una casa di qualità, econo-mica e sostenibile. «È una casa componi-bile in cui solo la cornice è giàdisegnata», spiega Cucinella. «Gli spaziinterni vanno personalizzati, mentrequelli esterni vengono socializzati e per-mettono di mettere in comune una seriedi strutture, dalle rampe di accesso per lebici alla lavanderia. Una casa a basso co-sto, bella e che non solo consuma poco,ma produce energia con cui pagare, al-meno in parte, l’investimento per acqui-starla». Le scelte alla base del concept ar-chitettonico e ambientale vedono

l’integrazione tra la defini-zione dell’orientamento otti-male, la forma, l’alternarsi dipieni e vuoti, le caratteristichedell’involucro, gli aggetti e iballatoi condominiali, le stra-tegie passive ed attive tra cuil’integrazione del fotovoltaicoin copertura. L’unità “tipo” ècostituita da un blocco resi-denziale pari a 22 alloggi di diversa ti-pologia, ricavati all’interno di una magliastrutturale estremamente regolare (7,5 mx12,0 m): simplex, duplex, con loggiaesterna o terrazza, con accesso privato oda ballatoio comune. La presenza delverde sia sulle terrazze sia come tettogiardino, favorisce il controllo del climaesterno e contribuisce al raffrescamentopassivo. Lo “scheletro strutturale” è cor-nice del sistema di tamponamento opacoe trasparente, ritmato da continue dilata-zioni dello spazio interno - esterno (bal-coni, logge, terrazzini). Il fotovoltaico,

perfettamente integrato in copertura (è prevista l’installazione massima di600m2 per blocco tipo), garantisce la co-pertura dei consumi energetici totalidell’edificio, alimentando l’impianto apompa di calore geotermica o ad acquadi falda, a seconda della localizzazionedell’intervento; inoltre permette la gene-razione di un micro-reddito grazie agliincentivi del Conto Energia. Particolareattenzione è riservata alla gestione dellarisorsa acqua; è previsto il recupero delleacque piovane e in alcuni casi l’impiantodi fitodepurazione. (di Andrea Giuliani)

La casa 100K è una risposta a domande di economicità e riduzione di emissioni. Èad alta efficienza energetica, a basso impatto ambientale e a zero emissioni di CO2

Risparmia e produce

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Originale l’idea degli architettiolandesi Floor Arons e Ar-noud Gelauff per il campusuniversitario di Twente, a

Campagneplein, nei Paesi Bassi. È statainserita nel progetto per i nuovi alloggidegli studenti (87 appartamenti e 1260mq per un supermercato e alcuni spazicommerciali), formati da un cortile e daun alto palazzo a più piani, una pareterampicante alta 30 metri con 2500 prese.Secondo il progetto, questi dormitori do-vevano sorgere lungo un corridoio creatoin mezzo alla foresta. Perevitare di disturbare il pae-saggio, si sono cercati luo-ghi alternativi e sono stateindividuate due zone adi-bite al parcheggio, più omeno abbandonate. La pa-rete rampicante è stata in-tegrata nell'architettura

dell’edificio, di modo che la costruzionee la parete si fondessero perfettamente.L’edificio confina con un campo spor-tivo: il tema dello sport è rispecchiatodall’architettura dell’edificio grazie almuro da arrampicata. Le pieghe della pa-rete ricordano una montagna e fanno as-somigliare la costruzione ad una sculturache, vista dal campo sportivo, sembracurvarsi su un fianco. La forma dei mat-toni neri intorno ai pannelli di vetrorosso che caratterizzano la facciata, enfa-tizza questa impressione. La parete inse-

risce il fattore divertimentonello stabile e forma un con-trasto con l’eleganza della fac-ciata. Il motivo delladeformazione scultorea con-ferisce alla costruzione un ca-rattere molto insolito e larende estremamente ricono-scibile. (di Cristiana Zappoli)

In Olanda sull’esterno di un edificio universitario progettata una parete d’arrampicata alta circa 30 metri

Ph.Jeroen Musch

PER VIVERE UN’EMOZIONE IN CASA…

Progetti estremi

S MULTI.FUNZIONE

Podio tutto italiano per il concorso In-stanthouse promosso da Federlegno-Arredo in collaborazione con la Re-gione Lombardia e il Politecnico diMilano durante l’ultima edizione diMade Expo. A vincere è stato un pro-getto di un gruppo di studenti (LauraBardeschi, Sara Angelini, Paride Picci-nini, Gilda Bottachiari) della facoltà diIngegneria di Bologna. La richiesta delconcorso era progettare un’unità abi-tativa singola e componibile, per ri-spondere alla necessità di accoglienzatemporanea a Milano in occasionedell’Expo 2015. Il progetto abitativo sicompone di sei unità: un orto, una cu-cina, un bagno e tre differenti disposi-zioni letto. I prototipi sono stati pensatiper l’uso dei giovani alla rassegna mi-lanese del 2015, utilizzando materialiriciclati e riciclabili, come cartone elegno. Il lavoro è stato intitolato In,between, out. I moduli abitativi per 2,4 e 8 persone, non si limitano a essered’ausilio per l’Esposizione Universalemilanese, ma sono rivolti anche a unutilizzo futuro. La casa istantanea rien-tra nella filosofia di lavoro di moltiprogettisti: risolvere le sfide architetto-niche del futuro e in particolare unproblema concreto e imminente: lanecessità di realizzare unità abitativecomponibili per abbattere i costi.

Il concorso “Instanthouse” ci presentanuove unità abitative componibili

Case istantanee

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ono i giovani architettinewyorkesi del momento.Benjamin Aranda e ChrisLash, titolari dell’omonimo

studio Aranda/Lash fondato nel 2003 evincitori nel 2007 del Young ArchitectsAward dell’Architecture League di NewYork. Riconoscimento non ultimo diuna serie che in pochi anni ha fattosalire alle stelle le quotazioni dello studioAranda/Lash per culminare nella recenteconsacrazione del mercato del design: lavendita record del tavolo a prototipounico Quasi-table battuto all'asta per53.800 dollari. Un concetto creativo, illoro, che sta affascinando gli Stati Uniti, con alla base un grandeinterrogativo: può la sperimentazionearchitettonica imparare dalle ricerchestrutturali e spaziali della matematica e della cristallografia? La risposta

affermativa, stimolata dalle attualitecniche di riproduzione al computer,sta nella convinzione che i principaliinteressi di cristallografia e architetturapossano convergere nello studio deidiversi usi degli strumenti dellamodularità per organizzare il materialesolido. Inizia così il percorso di ricercache trova piena espressione nel designall’avanguardia degli oggetti della serieQuasi come il tavolo Quasi-table o conla sedia Fauteuil Chair. Gli oggettiprendono forma a partire dalla creazionesolida spaziale di un poliedro modulareche “cresce” al computer con unparticolare tipo di organizzazione fino aprodurre un oggetto utile. «L'approcciodel nostro design – ci spiegano gli stessiBenjamin Aranda e Chris Lash -produce un tipo di architettura"minerale". Crediamo che in

architettura il processo di creazioneriproponga l’assemblarsi della materianell’universo. Ad esempio, la serie Quasi riguarda la ricerca di ordinirigorosamente modulari ma che sianonaturali, disordinati. Questo tipo distruttura materica sempre sull’orlo dellarottura, è rappresentata dai quasicristalli,una nuova fase della materia scoperta nel1984. Diversamente dal cristallo regolarecaratterizzato da un modello molecolareperiodico (o ripetitivo in tutte ledirezioni), la qualità distintiva delquasicristallo è un modello strutturalesempre diverso, privo di ripetizioni. È infinito e irregolare ma, e questo è molto interessante, può essere descrittodisponendo un piccolo insieme di partimodulari. I nostri pezzi di designesplorano questo raggruppamento nonperiodico nel legno». Basterebbero questiargomenti a dimostrare che il successo di Chris Aranda e Benjamin Lash nonnasce da un binomio fortuito di gustodel momento e strategia comunicativa,spesso alla base delle tendenze piùeffimere. Perché persino la leggerezza per la quale, secondo gli stessi creatori,questi oggetti di design si definisconocome fumo che soffia nel vento“esprimono ciò che è stato, che c’è e che non è ancora visibile”, vieneplasmata a partire dalla solidità delcalcolo matematico. Ma le geometrie di Aranda e Lash non costituiscono un fenomeno isolato, inserendosi in una riflessione più ampia che negliultimi anni ha modificato il panorama

Servirsi della cristallografia, del computer e della matematica. Seguendo sempre ildisordine naturale delle cose. Questa la filosofia progettuale del duo Aranda/Lash

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A sinistra: i due giovani architetti newyorkesi,Benjamin Aranda e Chris Lash. Sopra: lapoltrona Fauteuil, prototipo in alluminio, 2007,commissionata dalla Johnson Trading Gallery

quasi perfetteGeometrie

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del design americano e mondiale. «Finoa non molto tempo fa – osservano glistessi Aranda e Lash - gli architetti e idesigner erano considerati degli scultori,dei cesellatori delle rispettive visionidello spazio. In questo senso,l’architettura era considerata come uncampo in cui la forma e il processo dicostruzione degli edifici eranodeterminati da questioni verticistichecome la creatività e la preferenza. Ma il recente avvento del calcolo in questocampo ha introdotto un approccioalgoritmico o regolare al design. Conl’aiuto della modellizzazione avanzata edella progettazione su computer è statopossibile liberare l’impulso di creazionedello spazio mediante dei sistemigenerativi e di utilizzo delle nozioni

della complessità nella progettazionedell’ambiente. È la questione dell'auto-assemblaggio, in cui i metodi verticisticidella determinazione delle forme sonostati sostituiti da regole formative chepartono dal basso, che influenzerà leidee nei campi della tecnologia, dellacultura ed eventualmente del design.Come nei sistemi naturali, le strutturearchitettoniche non saranno intagliate o composte in senso tradizionale; mapiuttosto cresceranno mediante delleinterazioni semplici per produrremodelli complessi utili e allo stessotempo riproducibili». Modello diriferimento di questa concezione divieneallora No-Stop-City di Archizoom che per Aranda e Lash resta un esempioistruttivo di come un progetto possaessere critico e realizzabile allo stessotempo in maniera radicale. Questaduplice capacità di avanguardismo econcretezza dello studio Aranda/Lash è stata premiata lo scorso anno conl’incarico per la realizzazione dellastruttura fieristica di esposizione dimobili e oggetti di design a edizionelimitata Design Miami 2008. Alloral’impressione complessiva è che al di là

della tecnologia avanzata e dei calcolimatematici complessi, le strutturenascoste e naturali delle creazioniAranda/Lash riconducano sempreall'idea di uno “spazio originario” alquale fare ritorno attraverso le formedell’abitare. La suggestione liincuriosisce. «Nel nostro caso si puòparlare di spazio “selvaggio”. I momentiin cui la natura è più selvaggia sonoquelli al margine tra ordine e squilibrio;momenti in cui la materia mostra la suaimprevedibilità tra regole interne eregole appena introdotte. Questo vale anche per il design. La capacitàdell’occhio umano di focalizzare e dipercepire i modelli ordinati è di tipoevolutivo. Ma spingere lo sguardo oltrequeste zone di riconoscimento, versozone più selvagge, è un esercizio vitaleper lo sviluppo delle competenze e dellacreatività nel campo dell’architettura. È solo su questo confine irregolare che,se si guarda nel modo giusto, si possonoriconoscere le formulazioni di ordinenelle strutture apparentementedisordinate. Sì, è in questo spazioselvaggio che vogliamo vivere». (di Silvia Di Persio)

Nelle foto sopra: QuasiTable, in legno, 2007, realizzato daBenjamin Aranda e Chris Lashinsieme a Clay Coffey. Il tavolo fa parte della serie di mobili“Quasicrystalline” e traeispirazione da modelli geometrici e strutture molecolari. Sotto:Quasiconsole, in noce e finito adolio, 2008, commissionata dallaJohnson Trading Gallery. A fianco:Quasicabinet, 2007, in legno non stagionato e laccato,commissionata dalla JohnsonTrading Gallery (Copyright:Aranda\Lash)

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Scaffali, librerie, sedute,contenitori, composti daun solo, unico, elementogeometrico: il cubo. Costante,

questa, che si ripete in un continuum di libera creatività, senza sosta e senzacedere mai alla monotonia. Cubi in legno di 40x40 cm che sisovrappongono. Si affiancano. Sicombinano in modo da trasformarsi ora in espositore, ora in comodino, orain scaffale e in scrivania. Una soluzioneessenziale per un arredo discreto, chenon distragga il visitatore dall’unico,indiscusso protagonista, l’universocromatico. Sì, perché il colore nonesiste, si progetta. E da questaprovocazione parte la sfida di FedericoPicone e Guglielmo Giani, dello studio

Colordesigners, il primo laboratorio di progettazione cromatica nato in Italiacon lo scopo di diffondere la conoscenzanell’uso del colore. Dall’incontro traColordesigners, lo studio Zampedrini diBrescia e Alexcolor, ditta rivenditrice divernici, parquet e carte da parati, nascela nuova sede Alexcolor (via Niga 60,Azzano Mella in provincia diBrescia), con il primoshowroom italiano delcolore. Una fusioneperfetta di interior designed elementi cromatici.Uno spazio studiato conl’unico scopo dipresentare il colore intutte le sue potenzialitàespressive. Seicento mq

di percorsi e aree espositive create permostrare “dal vivo” le caratteristiche e gli effetti, al tatto e alla vista, diun’ampia gamma di sfumature. Unospazio pensato per esaltare quell’unicoelemento che, malgrado sia l’attributoprincipale di ogni oggetto, finora nonera mai stato messo in mostra: la

componente cromatica.Con tutta la varietà dipercezioni, sensazioni,emozioni che è ingrado di trasmettere.Decisamenteinnovativo, il layoutespositivo è statopensato per darerisalto al colore. (di Mattia Curcio)

Arredi cromaticiVicino a Brescia nasce il primo showroom italiano dedicato interamente al colore

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Aut quid nisi quodum it

Creativi, intraprendenti,originali. Cultori delleforme perfette, di oggetticon l’anima. Sono Dagmar

Moser, Christof Stein e MarkusPernhaupt, proprietari di Lichterloh,esclusivo ed eccentrico show roomviennese. Un luogo dove mobili eoggetti di altissimo design sono i veriprotagonisti. Settecento metri quadri di design, arte e antichità. E fuori? Fuori c’è Vienna. Non solo la città dellamusica e degli antichi maestri, la città dei lussuosi palazzi imperiali e dell’arte,ma anche il centro nevralgico epropulsivo di un’architettura vivace,fatta di segni tradizionali e modernolifestyle. Un mix esplosivo di stili,tendenze, decorazioni, arte, scultura. Un connubio, insomma, tra vecchio

e nuovo, tradizione e avanguardia. Lo stesso connubio che si respira e simaterializza nelle stanze di Lichterloh.«Da 19 anni presentiamo oggetti didesign del Ventesimo secolo», spiegaDagmar Moser. «Ci concentriamo inparticolare sugli anni Venti e Settanta.Andiamo in giro per tutta l’Europa acercare nuovi articoli, li restauriamo e li mettiamo in mostra». I mobili sfidanoil tempo, passano di generazione ingenerazione e aumentano il loro valoreinvece che svalutarsi. L’importante èsaperli riconoscere e i tre galleristi sannofarlo. Inoltre Lichterloh realizza unalinea d’arredo con il proprio marchio.Markus Pernhaupt, il creativo delgruppo, è infatti l’autore di librerie,consolle e sedute in legno e metallolaccato. «Gli unici pezzi nuovi che

abbiamo - spiega la Moser - sono quelli che produciamo noi, fortementeinfluenzati dal nostro lavoro dicollezionismo. L’ispirazione ci vieneprincipalmente dai designer francesi cheruotano intorno a Charlotte Perriand eJean Prouvé». Due figure fondamentalinella storia del design contemporaneo, il cui stile da sempre tende a valorizzarela funzionalità e l’utilità degli oggetti,anziché privilegiarne esteticamente laforma. Delle loro creazioni ciò che piùha colpito i tre galleristi è il fascino e lasemplicità con cui materiali come legno,metallo e vetro vengono combinati traloro. Oggetti che nulla hanno a che farecon il design di massa. Sono veri epropri capolavori, che non dimenticanoil perché sono nati e a cosa servono. Anche grazie alla sua autoproduzione,

Christof Stein,Dagmar Mosere Philipp MarkusPernhaupt, iproprietari diLichterloh

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Oggetti di cultoVisitato soprattutto da architetti, designer e collezionisti d’Europa. Lichterloh, nelcuore di Vienna, propone arredi del Novecento. E pezzi contemporanei autoprodotti

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Lichterloh è oggi una tra le principalimete privilegiate da architetti, interior,designer e collezionisti di tutt’Europa.La galleria è il risultato di un’attivitàfrenetica che coinvolge Moser, Stein e Pernhaupt tutti i mesi dell’anno. Li ha portati a scoprire oggetti cherappresentano l’elemento distintivo delloro lavoro: poltrone, tappeti, attrezzi da ginnastica prodotti nella RepubblicaCeca dagli Anni ‘30 ai ‘50. SergeMouille, Verner Panton, Charles e RayEames, Arne Jacobsen, Gino Sarfatti,Achille e Pier Giacomo Castiglioni sonoalcune delle firme più apprezzate dai tregalleristi. Mobili e oggeti scovati inpalestre dismesse, vecchie abitazioni,sapientemente e accuratamenterestaurati, diventano pezzi d’arredo di grande fascino. «Quello che ci

prefiggiamo è la ricerca della formaperfetta e della poesia. Vogliamostimolare il gusto dei visitatori, il loropunto di vista e la loro sensibilità per la bellezza», continua Dagmar Moser. In pratica, la ricerca si rivolge a oggettivintage, che mostrano un fascino a voltegarbato, altre più altisonante, ma maibanale, in risposta alla serialità dilaganteche imperversa nel mondo del design. Èevidente che certi articoli non si trovanodietro l’angolo. «In genere viaggiamo inlungo e in largo attraverso tutta l’Europaper trovare quello che veramente ciconvince. Nel corso degli anni abbiamoperfezionato molto la nostra visione del design. Noncuranti degli articoli dimoda, noi guardiamo se un pezzo è unvero oggetto di design che vale la penaacquistare, osservandone la forma, il

materiale, il fatto che sia innovativo omeno e molto altro ancora. Abbiamoimparato con gli anni e conl’esperienza». Know how misto acreatività e passione, è questa la miscelache fa del terzetto viennese un teamvincente. E del loro show room unpunto di riferimento per tutti gli amantidel design. «I nostri clienti – concludeDagmar Moser - sono persone creative,artisti, a volte politici. Vengono da tuttoil mondo, dall’Europa,soprattutto dallaGermania, ma anchedagli Stati Uniti».(di Cristiana Zappoli)

In apertura, in alto: Poltrona Tomato, disegnata nel 1971 da Eero Aarnio per l’azienda finlandese Asko Lahti;materiale: fibra di vetro verde; dimensioni: 54X38X27. A destra: Poltrona di Ligne Roset del 1970 in plexiglasmodellato con rivestimento in cuoio marrone. Sopra: alcuni interni dello show room, 700 metri quadrati in tutto

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Compiere 100 anni e nonconoscere «la tragedia dellavecchiaia». Oggi sarebbegrande la soddisfazione di

Filippo Tommaso Marinetti nel vedereche quanto sognava per l’“uomomoltiplicato” è diventato realtà per il suo Futurismo. Senza che si sia giunti al compimento dell’identificazione trauomo e motore. Le tracce del Futurismosuperano i miti, le idiosincrasie e persinole forme di partenza delle sueteorizzazioni, per trovare la propriapermanenza presente nella forzacomunicativa del messaggio artistico e culturale. Una forza inusitata rispetto ad altri movimenti artistici italiani delNovecento che ci viene confermata daBeatrice Buscaroli, docente di Storiadell'arte contemporanea presso laFacoltà di Conservazione dei Beni

Culturali di Bologna-Ravenna ecuratrice della Mostra 5 febbraio 1909 –Bologna avanguardia futurista, una dellediverse manifestazioni che molte città inItalia (tra cui Roma, Milano, Rovereto)dedicano quest’anno alla celebrazionedel Movimento. «Il Futurismo – ci spiegala storica dell’arte - è stata l’unicaavanguardia italiana del Novecento adavere una portata europea e mondiale.Oltre ai risultati immediati che ha avutosu tutti i linguaggi come l’architettura, la musica, l’arte e la letteratura inparticolare, ha il merito di aver messol’Italia al centro di un movimentomondiale. Una ragione in più perfesteggiarne il centenario, oltre ai bennoti effetti di rinnovamento di tutti ilinguaggi». Infatti il Futurismo attraversatrasversalmente tutte le arti mettendolein comunicazione e creando le

intersezioni della multimedialità.«L’interazione delle arti – continuaBeatrice Buscaroli - è un’invenzionefuturista. Molti artisti non lo sanno peròè molto facile che usando dei linguaggiinnovativi si richiamino in qualchemodo proprio alla teoria futurista. E la stessa parola performance venneinventata dai futuristi in occasione di una serata data a Napoli da Marinettie Cangiullo». La forza comunicativa di questa avanguardia risulta ancora più attuale se si considera la sua capacitàdi mettere l’interesse per il fenomeno al primo posto rispetto al fenomenostesso. Una moderna strategiapubblicitaria si direbbe, che risiedesoprattutto nella volontà di radicare ilproprio pensiero nella cultura di massa e di utilizzare ogni forma possibile divisibilità a dispetto dei particolarismi

A 100 anni dalla nascita del Futurismo, si celebrano i risultati che questo movimento ha avuto sul rinnovamento del linguaggio dell’arte, della musica, della letteratura, dell’architettura. Ponendo l’Italia all’attenzione del mondo

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L’arte che cambiò l’arte

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1) Beatrice Buscaroli,docente di Storia dell'artepresso l’Università diBologna-Ravenna, ècuratrice della Collezioned’Arte della FondazioneCarisbo di Bologna ecollabora con Il Domenicale,Il Giornale, e Il Resto delCarlino2) Giacomo BallaLa Guerra, 1916olio e collage di cartecolorate su carta, 64x94 cmUnicredit Group Collection3) Giovanni Korompay,Rumore di locomotiva, 1922,olio su tavola, 80x100 cm(Cà la Ghironda, Bologna)4) Sepo (Severo Pozzati),Bozzetto pubblicitario, 1928,tempera su cartone, 69,5x50cm (Fondazione Cassa diRisparmio in Bologna).5) Fortunato DeperoLa grande selvaggia, 1917Tempera su tela, 197x129 cmCollezione privata

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del folklore da un lato e della culturad'élite dal’altro. I futuristi diffondonoogni affermazione, ogni manifestazionedi rottura con il passato, ognuna dellediverse espressioni di originalità e diestraneità, utilizzando tutti i mezzi dicomunicazione di massa disponibili.Prima ancora della sua comparsa su Le Figaro in Francia il 20 febbraio 1909, il Manifesto del Futurismo era statopubblicato il 5 febbraio 1909 sullaGazzetta dell’Emilia e Marinetti avevaprovveduto a inviarlo a intellettuali,artisti, giornalisti e politici. E neanche i più tradizionali omaggi per feste ericorrenze venivano disdegnati dal padredel Futurismo se si considera che comedono natalizio Marinetti inviavapanettoni confezionati con pagine della sua rivista Poesia. BeatriceBuscaroli sottolinea che questa capacitàdi autopromozione rende il Futurismounico anche nell’atto e nella volontàdella sua fondazione. «QuandoMarinetti scrive il Manifesto ilmovimento non esiste, lo inventa in quel momento. In questo senso il Futurismo è l’unico movimento che nasce con un manifesto teorico afreddo, diverso da quello che inaugurala serie dei manifesti dell’arte traOttocento e Novecento comequello del Simbolismo e diversoda quelli che partono da una presa d’attosull’esistente comeil manifesto deiCubisti». Ma se

di società di massa si vuole parlare allorasarà necessario coinvolgere tutte le formedel vivere quotidiano, dal cibo allecategorie sociali, alla politica. Accantoall’uomo futurista si proclama intanto la donna futurista con il Manifesto diValentine de Saint-Point. La natura e lafunzione di ognuno degli oggetti e dellecategorie esistenti viene spiegata alla lucedella visione futurista. «Marinetti -continua Beatrice Buscaroli - getta unasfida che va a tutto campo nei diversiaspetti della vita, non solo dell’arte. Il Manifesto politico futurista del 1918parla per la prima volta seriamente del suffragio universale e del voto alledonne. Nel ‘31 Balla e Prampoliniparlano di ricostruzione futuristadell’universo, esponendo così unavisione completamente rinnovatadell’uomo, della donna e del mondo».

In questo universalismo futurista si moltiplicano i manifestiin seno alla stessa corrente:imperativo e sistema digiudizio universale dadiffondere con gli stessimezzi massivi e sistematiciutilizzati per la diffusione

dell’istruzione del cittadino.Ma le scuole dei futuristi

saranno soprattutto i teatri con lescandalose seratefuturiste gratuite,per un pubblico chevede aristocratici,borghesi e proletari,

accanto a ogni forma di azioneprovocatoria come l’invettiva contro il pubblico. Anche lo spazio urbanodiviene comunicazione con il Manifestodell’architettura futurista redatto daAntonio Sant’Elia. Non più cattedrali,palazzi e arengari. Lo spazio urbano evitale della sua Città nuova si identificacon grandi alberghi, stazioni ferroviarie,strade immense e gallerie luminose.Spazi del dinamismo, del passaggio e dello scambio tra pari, di contro aglispazi gerarchici della contemplazione e del sussiego. Spazi della moltitudineche, reinterpretati solo pochi anni piùtardi, sarebbero stati ripensati come glispazi delle solitudini quotidiane di tantiquadri di Edward Hopper o come la spazialità aperta e priva di quelle“incrostazioni” tanto disprezzate daSant’Elia, del Razionalismo di GiuseppeTerragni che anche in altri aspettirichiama l’architettura futurista. «Inrealtà un rapporto di filiazione tra le due correnti, Futurismo e Razionalismo,è ipotizzabile solo in parte – precisaBeatrice Buscaroli – perché, se laconcezione di Terragni per diversi aspettinon è distante da quella di Sant'Elia, per molti altri è priva della sua spintaimmaginativa e del suo onirismo. InTerragni si compie un’elaborazionedifferente. Del resto Antonio Sant’Elia èmorto nel 1916, durante la prima guerramondiale e non ha potuto esprimersi in nessun progetto realizzato». Ogni valutazione dell’impatto dellateorizzazione futurista sul Razionalismodiviene pertanto complessa, al di là delleevidenze formali. Di questo progettovisionario che fu il Futurismo oggipermane una capacità unica tra lecorrenti d’avanguardia italiane: quella diessere stato “manifesto” per molte formed’arte grazie ad una espressioneglobalizzante delle proprie istanze. E il gioco di parole, nella moltiplicazionedelle ambiguità propria del linguaggiopubblicitario, a Marinetti non sarebbedispiaciuto. (di Silvia Di Persio)

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6) 21 gennaio 1922, A. Caviglioni, Tato e F.T.Marinetti al Teatro Modernissimo (Coll. d’Artedella Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna)7) Umberto BoccioniForme uniche della continuità nello spazio, 1913 bronzo, 112x40x90 cm, Milano, Civico Museo d’Arte Contemporanea

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«La capacità di integrarsi nella realtà cittadina è uno dei suoi punti diforza». Così commenta Gae Aulenti il progetto di Arata Isozaki per laStazione di Bologna. Leggerezza, rispetto del genius loci e consapevolezzadel contesto sociale, queste le idee dell’architetto giapponese. Che prestaparticolare attenzione al gioco della luce di Iole Costanzo

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Gruppo di progetto: Arata Isozaki e lo studio italiano M+T & Partners Società di Ingegneria: Ove Arup & Partners International Ltd. Concorso: Bandito nel giugno 2007 dal Gruppo Ferrovie dello Stato incollaborazione con Comune di Bologna,Regione Emilia Romagna e Provincia.Costo complessivo: 150/160 milioniper la sola stazione e per l'interocomplesso 350 milioni di euro Conclusione dei lavori: 2015

SCHEDA

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Nella foto sopra: il piano quota treni.S’intravede nel solaio superiore l’inserimentodel vetro a chiusura del grande bocchettonedel lucernaio che attraversando più pianigiunge a portar luce ai binari.

Sotto: il piano intermedio. La percezione dello spazio, nonostante i grandi coni di luci,risulta aperta, fluente e versatile. Le altezzepermettono un uso a più livelli dei diversiambienti. Gli spazi commerciali affideranno la

loro immagine alla completa trasparenza e luminosità. I diversi ambienti sicompenetreranno e creeranno un condensatodi città, e tutto lo spazio sarà articolato e vario come quello del centro storico

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Progetto / 1

a stazione di Bologna. Un capitolo finalmenteconcluso. Dopo il gran parlare che si è fatto sututti, o quasi, i progetti presentati per la stazionedi questa città, finalmente è arrivata una nuova

proposta progettuale. Sarà un caso, oppure no, ma l’ar-chitetto è Arata Isozaki, l’allievo di Kenzo Tange, l’idea-tore delle torri del quartiere fieristico. La progettualitàgiapponese torna nel capoluogo emiliano ma il punto divista creativo questa volta è diverso. Non vi sono provo-cazioni e neanche sfide. Non si gioca con le altezze anzile si rispettano. Arata Isozaki - coadiuvato dalla societàinternazionale e interdisciplinare di ingegneria, la OveArup & Partners International, per quel che riguardal’aspetto statico-strutturale del progetto e dallo studio ita-liano M+P & Partners - si diverte con la leggerezza e conil rispetto del genius loci, rivelando una grande saggezzanon solo architettonica ma anche sociale. Forse tutto ciòpotrebbe non stupire se si pensa che più volte Isozaki hadichiarato che in architettura è importante pensare allafunzionalità e a chi gli edifici deve occuparli, e non soloal piacere dei progettisti.

UNA PORTA DI ACCESSO PER LA CITTÀGae Aulenti, Presidente della Commissione per la valu-tazione dei progetti che hanno partecipato al Concorso,ha prontamente colto gli intenti fondamentali di Isozaki.«Il progetto si inserisce perfettamente nel contesto diBologna e dimostra una conoscenza capillare di questacittà», ha detto, infatti, motivando così la scelta della giu-ria. «Proprio la capacità di integrarsi nella realtà cittadinaè uno dei maggiori punti di forza del progetto». DifattiBologna, che negli anni ha dimostrato più volte di ac-cettare malvolentieri le novità, manifestando di essere ata-vicamente e fortemente attaccata alle sue architetture, aisuoi spazi, ai suoi skyline, avrà la sua nuova stazione e cisono tutte le premesse perché questa volta i cittadinil’accettino. Una “porta di accesso qualificata, funzionalee integrata per la città di Bologna e per il sistema metro-politano e regionale”, questo era l’obiettivo del concorso:progettare una nuova centralità e ricucire la maglia urbanainterrotta dalla ferrovia. Il concorso è stato bandito dalgruppo Ferrovie dello Stato, in collaborazione con il Co-mune di Bologna, la Regione Emilia Romagna e la Pro-

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vincia, per realizzare un'opera importante e strategica,che avesse lo scopo di gestire l'enorme afflusso di passeg-geri della stazione felsinea, divenuta ormai porta d'in-gresso della città per milioni di persone ogni anno. «PerBologna, città che è quasi un salotto, dove il “dentro” e il“fuori” quasi non si distinguono, ho immaginato unanuova stazione che si sviluppasse in orizzontale, ed è stataproprio questa “orizzontalità” la carta vincente del mioprogetto», ha detto l’architetto giapponese all’indomanidella scelta, da parte della Commissione, del suo lavoroprogettuale.

UN PROGETTO ARTICOLATOLa stazione diventerà un vero e proprio condensato di città.Il suo spazio si presenterà articolato, così come risulta es-sere attualmente il centro storico. L’intero progetto, svi-luppato in tre elementi (la Piastra, il Tubo e l’Isola), pre-senta al suo interno corti vetrate e bucate con la funzionedi diffondere la luce a tutti i livelli, compreso il piano diarrivo dei binari. Isozaki al tema della luce ha prestato par-ticolare attenzione, creando ambienti piuttosto vari conterrazze che offriranno ai viaggiatori scorci sempre di-versi. Non mancherà, ovviamente, un grande spazio com-merciale, organizzato su due livelli ad altezze diverse e col-locato all’interno della Piastra. Nel pieno rispetto delgenius loci la Piastra resta comunque l’elemento che pro-voca una delicata frattura con il contesto. Rottura che peròdai rendering risulta alquanto interessante: il bianco, l’in-tonaco bianco. Quasi come una nuvola a bassa quota, unacortina di nebbia posatasi dietro la vecchia stazione. Taleprefigurazione è alquanto poetica ma non sembra esseremolto lontana da ciò che sarà la realtà. Certo le propor-zioni fanno pensare al gigante e alla bambina. Ma il giganteè delicato, non la sovrasta. Il tetto sarà piano e copertodalla ghiaia e l’interno dominato anch’esso dal bianco, resoplastico, fluido e avvolgente dal materiale scelto: la resina.Nessuno degli edifici principali – la Piastra, il Tubo el’Isola - supera i 20 metri di altezza. Il Tubo ha vocazionedi collegamento tra la Piastra e l’Isola. Si sviluppa su duelivelli come ponte intermodale e il movimento interno ègarantito da un tapis roulant che attraversa gli spazi com-merciali. L’Isola, invece, è l’edificio che si affaccia sullanuova sede comunale e si integra con il passaggio del Peo-ple Mover (la navetta su monorotaia che collegherà, inmeno di dieci minuti di viaggio, la nuova stazione ferro-

viaria centrale all’aeroporto Guglielmo Marconi, effet-tuando un’unica fermata intermedia presso Bertalia-Laz-zaretto, la grande area in corso di riqualificazione destinataad ospitare un nuovo insediamento abitativo e universita-rio). Sarà l’Isola che ospiterà la centrale termica per pro-durre energia pulita. Sarà il cuore discreto e funzionale del-l’intero progetto.

NUOVI ACCESSIL’edificio ad angolo che si affaccia su Piazza XX Settembrerappresenta un elemento importante dell’intero progetto.Ristrutturato e trasformato, servirà infatti da collegamentotra la Stazione e la Piastra attraverso un percorso coperto,e ospiterà al suo interno la nuova hall di ingresso che faràanche da Hotel. Questo edificio sarà conservato nel pienodella sua identità per rispettare il contesto. Mentre l’am-pliamento superiore sarà realizzato in vetro e acciaio in po-sizione arretrata, per creare terrazzi panoramici e suite dilusso. Il terzo accesso, collocato su Ponte Matteotti, con-tribuirà a valorizzare l’asse stradale storico, il legame tra ilcentro strutturato e la prima periferia, oggi avviatasi a di-gnità altra, quasi a voler dire che l’intero complesso diverràun ponte ideale tra il centro storico e la Bolognina, fino adora tagliata fuori, e vi apporterà impianti sportivi, biblio-teche e gallerie commerciali. L’accesso di Piazza XX Settembre, che potrebbe essereconsiderato quello principale, non sarà particolarmente

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L’intero progetto della stazione sisviluppa in tre elementi (la Piastra,il Tubo e l’Isola), e presenta al suointerno corti, vetrate e bucate, chehanno la specifica funzione di diffondere la luce a tutti i livelli

Progetto / 1

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Foto in alto: vista su Ponte Matteotti. Il terzo accesso valorizza il legame tra il centro storico e la prima periferia.L’assialità verrà esaltata dalla continuità

delle facciate che, pur matericamentediverse, creeranno fronte comune. Foto in basso: il fronte su via de’Carracci.Anche su questa strada la Piastra non

supera le altezze esistenti. Ma, rispetto ad altri lati, la facciata presenta due diverse orizzontalità: il piano superioreaggetta sul piano di calpestio

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Nato a Oita, in Giappone, 78 anni fa, Arata Isozaki è considerato oggi uno dei massimi esponentidell’architettura moderna. Ha studiato all'Università di Tokyo con Kenzo Tange del cui studio diventapresto membro. Nel 1963 fonda l'"Arata Isozaki Atelier" (oggi "Arata Isozaki & Associates"). Può contaresu un’ispirazione molto versatile: il Museo d’arte contemporanea a Nagi, gli uffici della Disney aOrlando, l’edificio di Postdamer Platz a Berlino, lo Zendai Art Museum Hotel a Shanghai. Ha firmato il Palasport di Torino e quello di Salerno, presentato al Comune di Milano il progetto per la sua Torredell’ex-Fiera: la più classica delle tre previste dal piano Citylife. Alla fine degli anni Sessanta diventaesponente del Movimento Metabolista, che propone macrostrutture urbane nell'ambito della ricercadell'utopia. È proprio all'interno di questo gruppo che Isozaki sviluppa, nel 1960, il sistema a giunto

centrale (joint Core System). Negli anni Settanta, dopo aver allestito il Festival Plaza dell'Expo a Osaka, inizia a modificare il suo stile, prediligendo volte semicilindriche alle serie cubiche degli anni precedenti: si possono vedere il Fujmi County Clubhouse(1974), la Biblioteca centrale di Kitakyushu (1975), il Museo di arte moderna di Takasaki (1974), il Palazzo Shukukosha aFukuoka (1975), il Civic Centre di Tsukuba (1983). Questi ultimi edifici, nei quali sono presenti talvolta elementi neoclassici,consentono di ricondurre l'architettura di Isozaki all'ambito del postmodernismo. I suoi lavori più recenti sono invece piùdistaccati dal movimento. Isozaki è altrettanto incisivo sia come scrittore che come teorico. Si propone come interprete principaledelle tendenze estere e dei diversi movimenti giapponesi. Questo ruolo lo ha condotto alla Columbia University di New York,alla Harvard University, alla Rhode Island School of Design in Provenza, all'University of California, a Los Angeles, e in moltealtre università in tutto il mondo come Visiting Critic e come Lecturer. Isozaki non solo ha ricevuto illustri riconoscimenti in Giappone durante la sua carriera, come il Mainichi Art Award per il Tsukuba Center Building nel 1983 e l'Asahi Awarddall'Asahi Shimbrun nel 1988, ma è stato insignito anche di importanti riconoscimenti e premi in tutto il mondo.

ARATA ISOZAKI

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Sotto: una foto composizione della nuovastazione vista dall’alto. Il concorso è statobandito per la realizzazione di un'operaimportante e strategica, che avesse lo scopo

di gestire l'enorme afflusso di passeggeridella stazione felsinea, divenuta ormai portad'ingresso della città per milioni di personeogni anno. Arata Isozaki ha detto che per

Bologna “ha immaginato una nuovastazione che si sviluppasse in orizzontale”,ed è stato proprio questa “orizzontalità” la carta vincente del suo progetto

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evidenziato e i singoli volumi si rapporteranno per ciòche concerne l’altezza e l’estensione dei fronti, alla ma-glia urbana circostante. Tutto cambierà, nelle funzioni,nell’aspetto estetico, nella distribuzione dei servizi e neicollegamenti, ma avverrà in modo discreto, gentile senzanarcisismi ed egocentrismi.

INTEGRAZIONE DI NUOVE AREEAltro punto focale del progetto sarà la realizzazione del-l’integrazione di parti di città finora isolate e separatedalla ferrovia attraverso nuovi edifici di alta qualità ar-chitettonica e nuovi percorsi di collegamento. L’area Bovi Campeggi diventerà il quartiere del parco edel centro direzionale pluriuso: avrà edifici alti 20 me-tri, un nuovo parco sul Navile e un tessuto compatto.Appropinquandosi alla ferrovia viene interrotto dapiazze ellittiche per la sosta e per l’incontro con zone diaccesso agli edifici, un centro direzionale e due par-cheggi sotterranei. L’area ex Ie, in via Matteotti, subiràun ampliamento vetrato dell’edificio esistente che si af-faccia sul ponte. Avrà la stessa altezza degli altri edificidi progetto e un tetto verde che ne evidenzierà il ruolodi contrappeso dell’Isola. Il piano terra conterrà servizi

quali la biblioteca del quartiere e avrà i piani superioridedicati agli uffici. L’area ex Oma, in via Muggia, si ca-ratterizzerà di una residenza per studenti, formalmenteprogettata così da inserirsi e dialogare con l’ambiente cir-costante. Al piano terra si prevedono servizi comuni e aipiani superiori le camere. L’edificio avrà due facciate di-verse per rispettare i diversi orientamenti e le relazionicon l’ambiente circostante.Per la nuova stazione, le opere accessorie e la riqualifi-cazione delle aree ferroviarie l’investimento consterà al-meno di 340 milioni di euro a carico dell'azienda fer-roviaria, di cui circa 160 milioni saranno necessari perla nuova stazione ferroviaria di Bologna. Le risorse sonoin project financing e provengono dai diritti di edifica-zione ricavati dall'utilizzazione di tutti i terreni dismessiche si trovano nella e intorno alla stazione. I lavori dellastazione inizieranno con la conclusione della stazione AVsotterranea, seguiranno la riqualificazione della stazionestorica e la realizzazione del people mover per l’aeroportoe della metro-tramvia che dalla Fiera porta nel centrodella città. Il crono programma delle diverse fasi di rea-lizzazione prevede la conclusione di tutto il progetto peril 2015. La città attende.

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Progetto / 1

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È un centroconcerti creatoper garantireottime prestazioni aogni tipo di esibizionee un’esperienza acusticatotale. Il Concert Hall diCopenaghen, progettato daJean Nouvel, si estende per2400 mq e ospita studi, saleprove, maxi palchi di Iole Costanzo

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LA GRANDE HALLDELLA MUSICA

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È un centroconcerti creatoper garantireottime prestazioni aogni tipo di esibizionee un’esperienza acusticatotale. Il Concert Hall diCopenhagen, progettato daJean Nouvel, si estende per2400 mq e ospita studi, saleprove, maxi palchi di Iole Costanzo

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Ph.GPhilippe Ruault

Progettazione: Ateliers JEAN NOUVELRealizzazione: Giugno 2003 Gennaio 2009 Committente: Denmarks RadioDirettore del progetto: FrédériqueMonjanel (concours), Brigitte Métra (APS)Progettista delle luci: Yann KersaléSuperficie utile: 25 000 m²

SCHEDA

Progettazione: Ateliers JEAN NOUVELRealizzazione: Giugno 2003 Gennaio 2009 Committente: Denmarks RadioDirettore del progetto: FrédériqueMonjanel (concours), Brigitte Métra (APS)Progettista delle luci: Yann KersaléSuperficie utile: 25 000 m²

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Nella foto a destra: esterno della Concert Hall di Copenhagen. La lettura di tutto il complesso è condizionata dalla differente illuminazione solare eartificiale. Man mano che il sole scende al di là del blu si ha modo di distinguerenettamente la complessità compositiva dell’edificio. Nelle ore notturne la pellediventa lo schermo su cui si proiettano le immagini delle performance in atto

inquanta mila metri cubi dicemento, acciaio, vetro e unaspetto che risulta essere quasievanescente. È il nuovo Con-

cert Hall di Copenhagen progettato daJean Nouvel. Anche questa volta i criticisi sono dati un gran da fare. Si parla di fol-lia danese, sia per il quartiere in cui èsorto sia per la questione dei costi, poichéla costruzione ha richiesto ben 226 mi-lioni di euro. È una periferia certo, e forseil lotto non è tra i più felici, è provatodalla presenza della linea ferrata sopraele-vata e da strade a scorrimento veloce, manelle vicinanze vi sono anche altri esempidi valente architettura contemporanea.Ørestad City, il quartiere in cui è stato co-struito il Concert Hall, a partire dal 1992è stata oggetto di grande sviluppo. Èun’area urbana di nuova espansione, fra ilcentro di Copenhagen e l’aeroporto, chefa parte di un grande programma diespansione multifunzionale nell’area diAmager. È suddivisa in 4 diversi com-parti: Ørestad Nord, il quartiere più vi-cino alla città dedicato alle Istituzioni(Università e Radio Danese); AmagerFælled Quarter; Ørestad City, con il piùgrande centro commerciale della Scandi-navia, e Ørestad Syd, a terminazione del-l’area verso sud. La difficoltà del progettoè stata sicuramente quella di costruire unedificio in un quartiere nuovo, dove nonc’era la possibilità di confrontarsi con untessuto urbano già costruito. Sono questii motivi che hanno condotto Jean Nou-vel, l’architetto che ha sempre credutonella stratificazione della città contem-poranea e nell’illusione che ogni edificiorappresenti l’occasione per completarla, apensare ad una struttura adatta a confe-rire identità al territorio circostante: unmisterioso parallelepipedo dalle paretiesterne rivestite di un tessuto blu traslu-cido sul quale si proiettano le immagini

degli eventi che vi si svolgono. All’in-terno di tale parallelepipedo si snoda unasuperficie di circa 25mila metri quadratiche comprende quattro sale disposte at-torno a un foyer centrale che si sviluppasu sette livelli: una sala concerti principalealla quale si aggiungono altri tre “studi”destinati al jazz, alla musica da camera ealle ricerche acustiche. Oggi i diversi lin-guaggi architettonici sono abituati a la-vorare su diverse interfacce, sul mistero esui diversi elementi nascosti. Una delle ci-fre dell’architettura di Jean Nouvel è pro-prio quella di mascherare la struttura, o difarla appena scorgere. E in questo pro-getto, oltre alla struttura portante, a scor-gersi è tutta la struttura compositiva. Lalettura di tutto il complesso è condizio-nata dalle differenti fasi solari nonchédall’illuminazione artificiale. Nell’arco

della giornata le letture possono esserediverse: nelle prime ore del mattino il bludomina su tutto, celando l’interno, men-tre man mano che il sole scende, dietro ilblu si ha modo di distinguere nettamentela complessità compositiva dell’edificio.Nelle ore notturne, invece, l’illumina-zione è legata al calendario degli eventi.La pelle diventa lo schermo su cui si pro-iettano le immagini delle performance inatto, oppure un diffusore di luce che il-lumina la notte.

OLTRE IL BLULa DR Concert Hall si compone di quat-tro sale (denominate “Studi”) differentiper dimensioni e progettazione interna.Sono tutte disposte attorno a un foyercentrale che raggiunge l’altezza di 30 me-tri oltre il pian terreno. Le pareti del foyersono realizzate a strati di cemento liscio,alternato con un altro realizzato in gettatacon strati di materiale plastico, da cui ri-sultano particolari ripiegature. Alla grande sala concerti si aggiungonoaltri tre “studi” destinati al jazz, alla mu-sica da camera e alle ricerche acustiche. Idiversi volumi degli studi sono contenutiin un parallelepipedo a base rettangolarealto 45 metri, sopra al quale è adagiata laprincipale sala da orchestra, caratteriz-zata da una copertura a grandi scagliesfaccettate. All’unicità cromatica dell’in-volucro esterno si contrappone una mol-teplicità di colori caratterizzanti i diversispazi interni. La sala concerti principale(Studio 1) che sembra intagliata nel legnoè organizzata attorno a un palcoscenicocentrale asimmetrico e offre 1800 posti asedere disposti su più livelli simili a ter-razzamenti. Gli ascoltatori, pertanto se-duti sulle 15 “terrazze”, circondano l’or-chestra. La forma è ovoidale, ed è statomagistralmente plasmato dal maestro del-l’acustica Yasushisa Toyota.

JEAN NOUVELÈ nato a Fumel, in Francia, nel 1945. Nel 1966 è primo al concorso di ammissione dellaScuola Nazionale Superiore di BelleArti di Parigi, dove si diploma nel 1972. Nel 1983 è nominatoDottore honoris causa dallaUniversità di Buenos Aires e ricevela medaglia d’argento dellaAcadémie d’Architecture, che, nel1998, gli consegna quella d’oro.La sua carriera è un susseguirsi diprestigiosi riconoscimentiinternazionali. Nel 2008 vieneinsignito del Premio Pritzker.

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Ph.Gaston Bergeret

Progetto / 2

C

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59IM MUSICA INSIEME 59DESIGN +

Costruire in un nuovo quar-tiere è un rischio. Quando nonè possibile utilizzare un am-biente già esistente per valu-tarne il potenziale urbano, ènecessario porsi la domanda:quali qualità possiamo appor-tare in questo futuro urbanoincerto? Come possiamo, nelpeggiore dei casi, creare con-dizioni produttive? In un futuroincerto, la nostra sola scelta èdi rispondere utilizzando laforza positiva dell’incertezza: ilmistero; il mistero che non èmai distante dalla seduzione equindi dall’attrazione. Se i din-torni sono troppo neutrali, ènecessario creare una transi-zione, una distanza che nonsia un arretramento verso l’in-terno, ma un mezzo per stabi-lire delle condizioni checonsentano lo sviluppo di unsito specifico. In altre parole, ènecessario arricchire il conte-sto, qualsiasi esso sia.Per poter realizzare questocompito, è necessario stabilirein primo luogo una presenza e

un’identità. La mia proposta èdi dare materialità al contestocon la creazione di struttureurbane straordinarie che ri-spettino la configurazione pre-vista per il sito. Sarà unvolume che stimolerà il desi-derio di indovinarne gli interni,un misterioso parallelepipedoche cambia in base alla lucedel giorno e della notte. Dinotte il volume diventa unluogo di immagini, di colori edi luci, espressioni di una in-

tensa vita interna. Gli internicostituiscono dei mondi a sé.Una strada interna con un sus-seguirsi di negozi segue il per-corso del canale urbano, unristorante e un bar si riversanoal suo interno. Una piazza co-perta domina la strada; ungrande volume vuoto al disotto di pannelli in legno chericoprono la sala concerticome delle scale a forma direttile. È un mondo di contrastie di sorprese, un labirinto spa-

ziale, un paesaggio interno:da una parte, il mondo deimusicisti con cortili, terrazzeesterne e piante diverse.Dall’altra, degli spazi pubbliciinterni che collegano i diversiteatri, il ristorante e la strada.La figurazione supera l’astra-zione; l’effimero completa ilpermanente. Le facciate sonofiltri diafani che permettono divedere la città in lontananza, ilcanale e l'architettura circo-stante. La notte queste facciatediventano degli schermi cheproiettano delle immagini.L’architettura afferma se stessaattraverso i dettagli: porte, illu-minazione, soffitti e scalinate.Ogni luogo diviene una sco-perta, ogni dettaglio un’inven-zione. Lezioni apprese daun’architettura che non dob-biamo dimenticare; un omag-gio a Theodor Lauritzen eHans Scharoun. L’architetturaè come la musica. È fatta percommuoverci e dilettarci.

Jean Nouvel

L’ARCHITETTURA È COME LA MUSICA...

Ph.GPhilippe Ruault

La planimetria della Concert Hall. Si trova in un quartiere oggetto digrande sviluppo. È presente una linea ferrata sopraelevata e strade ascorrimento veloce. Ma anche esempi di architettura contemporanea

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Lo Studio 2 (Orchestral) trae ispirazione daglistudi hollywoodiani di grande produzione.Sulle pareti sono appesi grandi pannelli dicompensato arrecanti 38 ritratti color seppiastampati di famosi solisti e compositori

Lo Studio 3 (Rhythmic Studio) è l’unità più piccola. Un ambiente dalle pareti nereilluminate con tagli magistrali e dal pavimentocolor quercia. Si ispira ad un grandepianoforte: suggestione rivisitata e decostruita

Studio 4 (Choral Hall).Uno spazio adattabile auna molteplicità di eventi.I pannelli sono pareti atriplice rifrazione sonora

La sala concerti principale (Studio 1) che sembraintagliata nel legno è organizzata attorno a unpalcoscenico centrale asimmetrico e offre 1800 posti a sedere disposti su più livelli simili a terrazzamenti. Gli ascoltatori seduti sulle 15 “terrazze” circondanol'orchestra. La forma è ovoidale, ed è stata plasmatadal maestro dell’acustica Yasushisa Toyota Ph

.GPhilippe Ruault

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61IM MUSICA INSIEME 61DESIGN +

Le foto a destra mostrano la corte internadella Concert Hall. All’interno della corteverdeggiante si ha modo di apprezzare la struttura di tutto l’edificio: decisa epossente non fa mistero del pesantecemento armato, variamente raggrinzato,di cui è composta

Lo Studio 2, Orchestral Hall, con 550posti a sedere - il primo degli altri trestudi contenuti nel parallelepipedo su cuipoggia lo Studio 1-auditorium - trae ispi-razione dagli studi hollywoodiani digrande produzione. Sulle pareti sono ap-pesi enormi pannelli di compensato con38 ritratti stampati di famosi solisti ecompositori. Le pannellature si inseri-scono, con il loro caldo color seppia, inuna maglia ritmica, intervallata dal co-lore nero, che avvolge i gruppi orchestrali.Lo Studio 3, Rhythmic Studio, con 350posti a sedere, rappresenta l’unità più pic-cola. È un ambiente caratterizzato dallepareti nere illuminate da tagli magistrali edal pavimento color quercia. Sembrerebbeispirarsi a un grande pianoforte, ma ov-viamente la suggestione è rivisitata e de-costruita. Il rosso è invece il colore domi-nante dello Studio 4, Choral Hall, con350 posti a sedere, uno spazio adattabilea una molteplicità di eventi. I pannelliintorno sono intarsiati secondo un motivotartan, con scanalature ed emergenze de-licate ed efficaci per l’insonorizzazionedell’ambiente, vere e proprie pareti a tri-plice rifrazione sonora, anche perché lamaggiore vocazione di questo luogo è laregistrazione.

OLTRE LA MUSICAIl foyer, il cuore di questa struttura, rac-corda il mondo delle note, dei melomani,del pubblico, con gli altri piaceri dellavita che all’interno di questo aereo recintoè possibile trovare. La sala d'ingresso è dicolore azzurro e ha un soffitto costellato diluci bianche. L'effetto da cielo stellato ècreato da tanti piccoli blocchetti di formacircolare in plexiglas che riflettono la lucedai buchi del cemento armato delle pareti. La Concert Hall di Copenhagen è unospazio anche da vivere, con un ristorantee un bookshop. La cura dei dettagli pre-senti anche in questi ambienti la si devesempre all’Atelier Jean Nouvel Design.Dettagli che rendono tutti questi am-

bienti accoglienti e legati tra loro, cosìpure i numerosi uffici, studi e spazi diservizio. Saranno ambienti secondari mahanno il piacere di ricevere una luce fil-trata dal velo blu, e in più dal loro internosi vede chiaramente la doppia pelle di cuiè rivestito il parallelepipedo. La prima ètutta di vetro e si aggancia con una magliad’acciaio rombiforme alla struttura me-tallica double face che sorregge pure, congli appositi ganci, i pannelli blu (cioè la se-conda pelle) apribili solo dagli uffici. Affacciandosi all’interno della corte ver-deggiante si ha modo di apprezzare la

struttura di tutto l’edificio, che non sipresenta più leggiadra ed evanescentecome all’esterno, bensì decisa e possente,e pertanto non fa mistero del pesante ce-mento armato, variamente raggrinzato,di cui è composta. La Concert Hall di Co-penhagen è una struttura che riserva di-verse sorprese. Un piccolo universo chestupisce con le sue diversità. Un’evane-scente esuberanza nata dall’insaziabile in-teresse del progettista per la sperimenta-zione creativa, che faccia da testimonealla modernità della nostra epoca, dellenostre tecniche e dei nostri materiali.

Progetto /2

Ph.GPhilippe Ruault

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Progetto - UNStudio: Ben vanBerkel, Caroline Bos. Tipologia - Teatro e AuditoriumCommittente - BIG,Bundesimmobiliengesellschaft Cronologia - Progetto:1998;Realizzazione: 2006 - 2008Ingegneria - Arup LondonEsecuzione - Peter Mandl and PartnersAcoustica - ZT GerhardTomberger, Pro AcousticsEngineering

SCHEDA

Progetto / 3

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TUTTO INTORNOA UNA SPIRALE

Linee curve e avvolgenti si evidenziano nellospazio interno, scandito da una scala a

forma di spirale. Così appare davanti agli occhi del pubblico il Music Theatre

dell’Università di Graz. L’architetto,Ben van Berkel, si ispira ai principi

compositivi del Serialismomusicale. E presta attenzione

all’acustica eall’interpretazione dellaleggerezza del suono

di Iole Costanzo

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Ph.Christian Richters

Page 66: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

’Haus für Musik und Musik-theater, sinteticamente chiamatoMUMUTH, il Music Theatredell’Università di Graz, è il pro-

getto che porta la firma di UNStudio, ilteam di progettisti olandesi guidato daBen van Berkel e vincitore del concorso in-ternazionale indetto nel 1998 e a cui siiscrissero ben 212 partecipanti.

IL FASCINO DELLA SPIRALEL’elemento centrale del progetto di talestruttura è una spirale orientata orizzon-talmente, che scandisce l’organizzazionedegli spazi interni. Sebbene, come diconogli stessi architetti, il progetto abbia su-bito, rispetto alla fase iniziale, considere-voli modifiche, i motivi basilari dell'edifi-cio e della sua organizzazione sonosopravvissuti. Il principio della spirale chesi scompone in tante spirali più piccoleorientate in verticale e in diagonale di-venta un importante modello architetto-nico: il blob-to-box&quot, così definito daBen van Berkel e Caroline Bos. Il volumesemplice e rigoroso è la scatola-box, e la se-rie di volumi pensati per rappresentare il

movimento è il blob, insieme rappresen-tano l’intreccio e la contaminazione deglispazi. La scala e il foyer dalle dolci lineecurve e avvolgenti trovano spazio sul latosinistro dell’edificio e diventano anchel’elemento caratterizzante di tutti e tre ipiani. Era difatti l’elasticità il tema dellastruttura sin dalla prima proposta proget-tuale. Nella prima fase del concorso, ilprogetto era ancora concettuale e si prefi-gurava come una molla allungata dal dia-metro variabile, che stirandosi o richiu-dendosi in se stessa strutturava i varivolumi componendo così gli spazi dei ser-vizi, delle prove, del pubblico e del teatro.UNStudio ha scelto la spirale come ele-mento organizzativo per il MUMUTH eil suo funzionamento è stato assimilato aquello del Serialismo nella musica con-temporanea (tecnica compositiva che pre-ordina in successioni stabilite, dette serie,uno o più parametri musicali): una lineacontinua che assorbe e regola gli intervallie le interruzioni, i cambi di direzione e isalti di scala senza perdere la continuità. Il motivo spiraliforme non è più visualiz-zato in modo preminente sulla facciatacom’era invece nel primo progetto con-

cettuale. Ma pur in modi diversi que-sto principio continua ad essere

presente: è il principio orga-nizzativo e costruttivo

con cui è statacreata la

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Sopra: le tre foto evidenziano la complessaarmatura necessaria per la costruzionedella scala, l’elemento caratterizzante laparte sinistra dell’edificio. Sotto: La scala ritorta è una costruzione incemento armato massiccio. Si è usato uncemento auto-compattante che pompatodal basso, invece di essere colato dall’alto,ha dato forma a una configurazionecentrale e centripeta dello spazio

Ph.Christian Richters

LProgetto / 3

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disposizione libera e fluente dello spaziointerno, e dei collegamenti tra loro. Lospazio fluttuante del foyer deve la suaidentità all’elemento a spirale, la scala, checonnette l'ingresso all'auditorium e allesale musica del piano superiore, unendo itre livelli, del lato sinistro dell’edificio,con una torsione. Torsione che è infattiuna costruzione in cemento armato mas-siccio, alquanto ardita, dalle dimensionicondizionanti il modus costruendi: si èusato, difatti, con molta precisione un ce-mento auto-compattante che pompatodal basso, invece di essere colato dall’altocome avviene di solito, dà forma a unaconfigurazione centrale e centripeta dellospazio pubblico intorno alla quale il tuttoruota.

L’IMPORTANZA DELLA LUCEAnche l’illuminazione e i dettagli dei ma-teriali accentuano di più lo straordinarioeffetto a onde, che caratterizza l’intero edi-

ficio. La torsione viene accentuata ed evi-denziata in tutta la sua forma dalla luce chedal soffitto, interamente ricoperto di la-melle di legno scuro, si propaga a venta-glio. Le ombre e le lamelle di luce enfatiz-zano ulteriormente il senso piacevole dellapercezione ondivaga dell’ambiente. Si puòaffermare che la torsione, la spirale, la vo-luttuosità delle linee del foyer non inibi-scono per nulla la versatilità di tale am-biente, anzi l’esaltano. Il Mumuth ha due ingressi: quello che sitrova sul lato del parco è utilizzato daglistudenti e dallo staff tutti i giorni, mentrequello al pubblico che si affaccia sulla Li-chtenfelsgasse è utilizzato solo quando cisono gli spettacoli serali. Il pubblico, sa-lendo l’ampia scalinata, entra nell’ampiofoyer al primo piano e ha accesso alla saladell’auditorium (ambiente multifunzio-nale capace di contenere fino a 450 postied è adattabile a una grande varietà di per-formance che va dall’orchestra ai solisti).

65IM MUSICA INSIEME 65DESIGN +

In questa foto: la scala aspirale che conduce al

piano superiore. Lo spaziofluttuante deve la sua

identità all’elemento aspirale, la scala, che

connette l'ingresso con lasala dell'auditorium del

piano superiore.L’immagine riprende il

retro della scala e dàmodo di scorgere il tipo di

attacco tra la scala e ipiani. È il cuore della parte

sinistra dell’edificio, laparte che gli architetti

hanno scelto comeemblema della

leggerezza musicale

BEN VAN BERKELNato a Utrecht nel 1957, hastudiato architettura alla RietveldAcademy di Amsterdam e allaAchitectural Association di Londra,terminando gli studi nel 1987 con il massimo dei voti. Nel 1998 hafondato, insieme a Caroline Bos,l’UNStudio, dove lavoranoprofessionisti dell’architettura, dello sviluppo urbano e delleinfrastrutture. Ben van Berkel hatenuto conferenze e lezioni pressodiverse scuole di architettura in tuttoil mondo. Attualmente insegnaConceptual Design presso laStaedelschule di Francoforte.

Ph.Koos Breukel

Ph.Christian Richters

Page 68: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Ph.ChristianRichters

In questa foto: sul soffitto fattodi lamelle di legno scuro, la luce sipropaga con modalità a ventaglio.Mentre la scala rivestita di materialespecchiante conduce l’illuminazionecircostante, con un movimentobloboidale, ai piani sovrastanti.Nella pagina a fianco, in alto a destra:il soffitto dell’aula è caratterizzatoda un ventaglio fatto di luci e legno.In basso a sinistra:la luce naturalepresente nella piccola sala di provada modo di godere delle delicateserigrafie realizzate sulla primapelle esterna

66 DESIGN +

Progetto / 3

Page 69: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

LO SPAZIO ACUSTICOGrande attenzione, in questa opera, è stataposta anche all’apparato acustico. Il rive-stimento in pannelli di legno copre il 72%delle pareti, mentre la restante quota ècoperta da pannelli fonoassorbenti. Taleaspetto, in particolare, è stato però curatodallo studio locale di GerhardTomberger.Anche questa volta non si può che ricor-dare quanto la relazione tra musica e ar-chitettura sia un classico più volte ripresoe affrontato sin dall’antichità. Relazioneche a volte è rimasta solo un imput teo-rico, altre invece è divenuta testimonianzadi quanto l’architettura stessa sia riuscita arappresentare la leggerezza del suono. Cosìpure il tema dello spazio acustico, esplo-rato nel suo potenziale da molti architettiè ancora un argomento affascinante e atutt'oggi di grande interesse. In diverseparti del mondo, infatti, tale tema è af-frontato sempre con molta cura e le ri-sposte progettuali, sia dal punto di vistaestetico-prestazionale sia della scelta deimateriali, risultano essere interessanticampi di sperimentazione. Ma ciò che ac-comuna tutte queste esperienze è il desi-derio di riuscire ad esprimere architetto-nicamente la musica stessa. E così è andataanche per Graz. Nonostante il progettoappaia oggi modificato in misura consi-derevole dalla proposta iniziale, questodesiderio è rimasto quale costante immu-tata nel corso dei dieci anni che sono statinecessari alla costruzione del MUMUTH.Anni in cui l’iter è stato più volte bloccato

e anche per un lungo tempo, a causa dellamancanza di fondi.

LA FILOSOFIA DI DELEUZEDurante la progettazione, la parte esternatornò ad essere una tela bianca e gli ar-chitetti di UNStudio raccontano che ciòpermise loro di rivedere in modo diversoil tema della musica. Ristabilirono unanuova relazione tra musica e architetturainizialmente focalizzata solo su aspettiquali il ritmo e la continuità. In seguitoalla lettura del filosofo Gilles Deleuze ri-

scoprirono un ulteriore elemento non stu-diato in precedenza, la ripetizione: la ap-prezzarono quale elemento generantedensificazioni, intensificazioni e intervalli.Valutarono quanto la ripetizione porti allasonorità e all’improvvisazione e decisero diutilizzare un sistema ripetitivo sulle fac-ciate per ottenere alcuni di questi effetti.Le scansioni delle facciate, in un certosenso rigide, sembrano lontano dalle solitecifre progettuali di UNStudio. Il disegnoè meno esasperato, è più circoscritto, piùcontenuto. Solo all’interno, anche se conlogica diversa da altri loro progetti, ripro-pongono le forme bloboidali. La strut-tura che si presenta alquanto scissa - laparte destra compatta e la sinistra ritorta- è completamente racchiusa dalle quattrofacciate cangianti che offrono una letturadifferente nelle diverse ore del giorno. Allacompleta trasparenza delle fasi diurne, dacui si leggono gli interni costretti, si al-terna la fase illuminata che è invece legataalle ore serali o notturne.Il teatro MUMUTH, appartenente al-l'University of Music and Performing Artsdi Graz, è un luogo dove i giovani musi-cisti vengono istruiti alle arti della musicae dello spettacolo e per tanto nulla è piùadatto: una struttura emblematicamentecangiante, contenitiva, ed ossessivamenteritmica, pronta, con la sua pelle, a leggerei cambiamenti generazionali e a cogliere icambiamenti ritmici dei nuovi talenti.

Ph.A.Wenzel

Ph.ChristianRichters

67IM MUSICA INSIEME 67DESIGN +

Page 70: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

68 DESIGN +

PERFETTAMENTEIN EQUILIBRIO

Progetto / 4

Page 71: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Monolitico, spigoloso, graffiante. È il nuovo Porsche Museum. Un corpo sospeso,con un’area di esposizione di circa 5mila mq. Progettato dallo studio vienneseDelugan Meissl Associati. Un percorso per ricostruire i 100 anni di storiadel design di questa azienda ricca di tradizione, storia e innovazione. Checomprende anche archivi, assistenza, shopping, bistrot di Mercedes Caleffi

69MUSICA INSIEME 69DESIGN +

Progettisti: Delugan MeisslAssociated ArchitectsCommittente: PorscheCosto complessivo: 50 milioni di EuroArea espositiva: 5.600 metri quadridi area espositiva. 80 automobili esposteLavori: iniziati nell'ottobre 2005,completati nel dicembre 2008.Inaugurazione marzo 2009

SCHEDA

Page 72: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

a Porsche: casa automobilistica tedesca specia-lizzata nella produzione di auto sportive, consede a Zuffenhausen, nei pressi di Stoccarda,ma anche marchio di design che negli anni ha

prodotto articoli e accessori in gran parte personali o le-gati in modo più specifico all’automobile. Logica, ten-sione e precisione è ciò che più caratterizza sia le vetturesportive sia gli oggetti di design. Sono tre termini checontengono in nuce la capacità di esprimere contem-poraneamente sia i pregi estetici, quali una linea graf-fiante e aerodinamica, che i requisiti tecnici, quali ilrombo, il cosiddetto “suono”, come definito da chi è delmestiere, o la potenza stessa del motore. È un trinomiocarismatico che, applicato all’architettura, produce unastruttura anch’essa graffiante, spigolosa, sfuggente, ae-rodinamica e monolitica: il Porsche Museum.Progettato dallo studio viennese Delugan Meissl Associatiha un’area di esposizione di più di 5mila mq. È posto inPorcheplatz, luogo di grande significato nella storia dellafabbrica e vi si possono ammirare circa 800 pezzi storici.Un’altra peculiarità utile a descrivere ancora meglio talestruttura è la luminosità: vibrante, veloce, forse anche fe-lina. Una luminosità che avvolge l’intero edificio delmuseo, determinata dalla presenza delle facciate in vetroma anche dalla pelle scelta per rivestire la parte inferioredel monolito. Una pelle squamosa, lucida e riflettente,composta di mattonelle in acciaio inox, che illumina, ri-flette e accompagna il visitatore sulla rampa d’accesso finnella pancia del Porsche Museum. Formato da due grandi

corpi, uno basso posto al pianterreno e uno simile a uncorpo monolitico sospeso, innalzato su tre nuclei in ce-mento a forma di Y, coprendo interamente il lotto diforma triangolare che gli era stato destinato. È circoscrittoda più strade e dalla ferrovia.Lì dove è possibile l’accesso, la struttura si innalza di ben16 metri tanto che i calcoli statici sono stati alquantocomplessi e hanno rappresentato una vera sfida che oggiappare felicemente vinta. All’interno il bianco domina sututto. Le pareti lisce, nel loro candore, esaltano il percorsopensato per ricostruire passo dopo passo i 100 anni dellevicende del design di questa azienda ricca di tradizione,storia e innovazione.La Porsche è una tra le più piccole case automobilistichedel mondo ma è anche tra le più note. Ovunque i cultoridi questo marchio sono tanti, sicché l’idea di un museopuò sembrare quasi scontata - negli ultimi anni l’esposi-zione automobilistica è stato un tema affrontato da firmequali UNStudio, Zaha Hadid, Coop Himmelb(l)au - mala sua realizzazione nella realtà non rivela nulla di ovvio,e la costruzione non passa inosservata, pur non essendostate scelte dalla Porche, come dalla concorrenza, im-portanti firme di progettisti internazionali. La scelta in-fatti è caduta su Roman Delugan, architetto di origineitaliana, ed Elk Meissl, entrambi viennesi.Il nuovo museo avrà al suo interno delle aree funzionalicorrelate alla storia della casa automobilistica: l’area de-gli archivi storici della Porsche AG e un punto di assi-stenza tecnica chiamato “Classic-Werkstatt”. L'officina,

70 DESIGN +

LIn alto

a sinistra:un esterno del

Porsche Museumnei pressi di

Stoccarda. Nellealtre foto: gli

interni del Museo,con i suoi 5.600

mq di esposizione

Progetto / 4

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72 DESIGN +

oltre alla manutenzione delle vet-ture esposte nel museo e comun-que itineranti, si occuperà anchedell’assistenza specializzata e ri-sponderà ai quesiti tecnici deiclienti. I visitatori potrannoquindi dare uno sguardo accu-rato al complesso mondo del re-stauro e della conservazione dellevetture a partire dalla manuten-zione fino alla revisione. Porschesceglie di vivere contemporanea-mente e di far vivere la propriastoria anche ai visitatori. Per as-sicurare i più alti livelli di cura edi conservazione delle automo-bili storiche del marchio, il par-ticolare laboratorio museale co-struito apre la propria esperienzaanche ai fortunati privati chepossono restaurare le loro auto-mobili storiche. È anche possi-bile osservare i maestri mecca-nici e gli esperti Porsche allavoro. Prima di entrare nellamostra, infatti, il visitatore passaattraverso la divisione in vetro del laboratorio ed è certoche vivrà un’esperienza unica fatta di “trasparenza”.Ma il museo di Zuffenhausen non sarà solo questo.Conterrà un'area shopping, dove si potranno acquistarele ultime novità di design del marchio Porsche, un cof-fee bar, un bistro e un ristorante (l’esclusivo Christo-phorus). Il tutto per offrire ai visitatori il massimo com-fort. La previsione della Porsche è di oltre 200milavisitatori all’anno. Le cosiddette “isole tematiche” e lenumerose piccole mostre cercheranno di presentare“l’idea Porsche” nella sua complessità, coadiuvate dalla

mediateca interattiva e dalle au-dio guide mobili che offrono alvisitatore informazioni di appro-fondimento aggiuntive. Il nuovoMuseo è anche disponibile comearea eventi, per scopi diversi qualiconferenze, film e concerti, indi-pendentemente dalle attivitàusuali. L’effettiva area espositiva èquella contrassegnata dall’audaceacciaio del corpo monolitico so-speso e poggiante sui tre nuclei dicemento e che ha un’ampiezza dipiù di 60 metri. Dentro il Mu-seum Porsche, sia le auto storicheche i diversi oggetti presentihanno una disposizione attenta-mente studiata e dal grande im-patto scenografico. Non è un casoche l’allestimento sia stato curatodall’architetto Merz, lo stesso chesi è occupato dell’esposizionedella Mercedes; praticamente unacertezza. La struttura di base del-l’edificio, il corpo basso, al disotto del monolito, ospita invece

la loggia e il laboratorio. I due corpi sono collegati dallastrutura delle scale, parzialmente realizzate in vetro e di-namicamente piegate ad angolo, e da un ascensore. I dueelementi risaltano da ogni punto di vista con le loroforme poligonali all’avanguardia e le diverse geometriedelle finestre, che fanno sì che questa candida astronavepiovuta dall’alto risulti dinamica e leggera. Leggerezzache maschera magistralmente la pesante gabbia d’acciaiocon cui è stata costruita. Così il nuovo Porsche Museumcrea l’esperienza unica di uno spazio che riflette ade-guatamente il carattere dinamico del marchio.

DELUGAN MEISSL ASSOCIATED ARCHITECTSLo studio è stato fondato nel 1993da Roman Delugan, architettoitaliano nato a Merano, e ElkeDelugan-Meissl, nata a Linz, inAustria. Nel 2004 si sono aggiuntitre soci: Martin Josst, DietmarFeistel e Christopher Schweiger. Lostudio, che ha sede a Vienna, harealizzato negli ultimi 15 anni moltiprogetti di grande importanza, tracui il Global Headquarters Sandoz,della Novartis Company, a Vienna,l’House Ray1 nel centro di Vienna,City Lofts e High Rise nel quartieredi Wienereberg.

LA STORIA DI UN MITO

La storia della Porsche comincia nel 1900 quandoFerdinand Porsche presenta al salone di Parigi laLohner-Porsche, un veicolo elettrico. Dopo unabrillante carriera in Daimler, apre uno studio aStoccarda. Il lavoro va a gonfie vele e subisce unabattuta d’arresto solo intorno al 1944 quando lafamiglia Porsche si trasferisce in Austria. Ma nel1948 Ferdinand e il figlio firmano la 356 che allaprima gara sul circuito di Innsbruck sbaraglia gliavversari. Dopo il rientro in Germania, nel 1951,anno di morte di Ferdinand, il successo sul circuitodi Le Mans permette al marchio tedesco diconquistarsi un posto nell’olimpo dei motori.

LA NASCITA DELLA PORSCHE

N° 1 NELLA STORIA DELLE CORSE

Ha compiuto 40 anni il 13 marzo di quest’anno laPorsche 917, presentata per la prima volta nel1969 al Ginevra International Motor Show.Divenne una leggenda come una delle più velocimacchine da corsa di tutti i tempi. È certamente trale più famose vetture da competizione della casaautomobilistica tedesca, conosciuta soprattutto perle sue imprese alla celebre gara di resistenza 24ore di Le Mans. Diventata ancora più conosciutacol film prodotto e interpretato da Steve McQueenLe 24 Ore di Le Mans del 1971. L’autorevoleperiodico britannico “Motor Sport” l’ha nominata“la più grande auto da corsa della storia”.

LA PORSCHE 917

Ph.PeterRigaud

Progetto / 4

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Serramenti di qualità

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Page 76: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

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ALFEC nasce nel 1994, e da sempre si rivolge al mercato locale al fine di dare sia prodotti di qualità che una presenza costante sulterritorio per il servizio di manutenzione ed assistenza. La continua evoluzione tecnica dei serramenti e le mutevoli esigenze di mercatohanno portato l’Azienda a differenziare l’offerta. Oltre a realizzare in proprio tutti i tipi di serramenti in alluminio a taglio termico ed inacciaio, commercializza ed installa serramenti all’avanguardia in materiali misti alluminio/legno, in PVC ed in legno, con requisiti cherispettano le attuali normative di sicurezza e risparmio energetico. L’offerta è completata con la costruzione all’interno dell’Azienda ditutti i manufatti metallici (acciaio, acciaio inox, alluminio) quali inferriate, cancellate, ringhiere, balconi, carpenteria leggera e media.Nonché la commercializzazione e l’installazione di persiane e scuroni, porte blindate, porte interne, veneziane, zanzariere, ecomplementi d’arredo. Particolare attenzione è stata rivolta al settore delle porte tagliafuoco destinate ad edifici pubblici, scuole,ospedali, alberghi, attraverso una attenta conoscenza delle normative e una specifica specializzazione nella installazione.

ALFEC

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75DESIGN +

Bologna - Modena - Firenze - Rovereto - Milano - Venezia

Tesori d’arte rubatie poi recuperati

NN TT EE PP RR II AA

Nella primavera del 1796 unesercito francese, al comando diNapoleone Bonaparte, irrompe

nella Valle Padana, sbaragliando austriacie truppe locali. Fra le prede di guerracompaiono, per la prima volta in modoesplicito, anche le opere d’arte. Il governodi Parigi le requisisce e le porta via.Comincia allora una storia, fatta diespropriazioni, di furti, di salvataggifortunosi, di recuperi, che si concluderàsolo dopo Waterloo. Questa sarà la storiaraccontata a Cesena in questa mostra,con oltre 200 opere tra dipinti, incisioni,documenti, libri, “tesori” rubati e recuperati.Si articola in sei sezioni. La prima èdedicata a “La memoria del mondo in unoStato”, e documenta la persistente centralitàdi Roma nella cultura europea alla fine delXVIII secolo. La seconda sezione racconta“La rivoluzione in Italia”: attraverso stampe,figurini militari, dipinti, divise del temporivive l’epopea napoleonica in Italia el’avvio delle requisizioni delle opere d’arte.La terza sezione, “Il patrimonio conteso”,mette in mostra alcuni esempi emblematicidi opere trafugate dalle collezioni delleLegazioni pontificie del territorio, che furonotrasferite nella Pinacoteca di Brera aMilano, e in Francia. La quarta sezione èdedicata alle “Origini del museomoderno”: Antonio Canova, Carlo Fea,Quatremére de Quincy e Pio VII sono iprotagonisti di un dibattito culturale da cuiprende avvio la prima legislazione di tuteladelle opere d’arte promulgata da Pio VII.La quinta sezione si sofferma sulla figuradi “Pio VII, Gregorio BarnabaChiaramonti”. Collegata alla sezioneprecedente la sesta sezione, “la bibliotecaPiana”, conserva la raccolta personale deivolumi di Pio VII, specchio dei gusti e degliinteressi del “Papa dei Beni culturali”.

AA MM

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oderne maschere sgomente di fronteallo spettacolo più doloroso del Cristomorto. O figure esemplari la cuisofferenza per la stessa visione viene

filtrata dall'eternità. È con queste suggestioni che le sculture in terracotta presentate dalla mostraEmozioni in terracotta. Guido Mazzoni e AntonioBegarelli. Sculture del Rinascimento emiliano aModena, Foro Boario, dal 21 marzo al 7 giugno2009, si propongono al grande pubblico. Dedicata a due protagonisti di rilievo delCinquecento emiliano, Guido Mazzoni (1450 ca.-1518) e Antonio Begarelli (1499 ca. – 1565), lamostra si articola sul filo doppio delle posizioniinterpretative antitetiche dei due artisti e sullaconvergenza dell’utilizzo di un mezzo espressivo e di un tema religioso comuni: la scultura diformatura della terracotta per la rappresentazione del Compianto del Cristo morto da parte delle tre Marie, della Maddalena, di Giuseppe e diNicodemo. All’epoca della realizzazione di questigruppi scultorei composti da figure a grandezzanaturale mediante la tecnica “per via di porre” tipicadell’area emiliana e modenese, Guido Mazzoni eAntonio Begarelli ricevevano il plauso delleprincipali corti italiane e straniere. Da una partel’impronta realistica e l’immediatezza drammaticadelle sculture di Guido Mazzoni molto vicine, conl’utilizzo della coloritura a imitazione del vero, alsentimentalismo tutto quotidiano dei drammi sacridel teatro religioso popolare dell’epoca. Dall’altral’impronta classica e la religiosità erudita nelle figureatemporali di Antonio Begarelli, con una scelta dicoloritura bianca quasi marmorea che rivelal’intenzione dell’artista di cancellare l'umano e le relative passioni circostanziali per fissarle inun’eternità statuaria. Nell’insieme è la complessatrama rinascimentale nelle sue espressioni piùdistinte intessuta da un capo all’altro di queste due concezioni estetiche che diviene oggetto dellaMostra, in un movimento che si articola non solosul piano concettuale ma anche su quello spaziale.L’esposizione al Foro Boario è infatti accompagnatada diversi percorsi all’interno della città e nelterritorio circostante fino alle vicine località di SanBenedetto Po, Parma e Ferrara, alla scoperta dei

luoghi dove rimangono importanti testimonianzedell’attività di Guido Mazzoni e di Antonio Begarellie della produzione artistica a loro contemporanea.Anche la configurazione della luce è al centro dellaconcettualità dell’esposizione con ognuno dei gruppiplastici conservati nelle chiese del centro di Modenacome parte di un progetto illuminotecnicoappositamente studiato per l’esaltazione dellerispettive qualità plastiche, espressive o liturgiche,grazie alla possibile scelta tra differenti proposte diilluminazione. Non bisogna dimenticare che i dueartisti modenesi, oltre alla comune predilezione perla terracotta e a una controversa tesi di discepolatosecondo la quale l’arte del Begarelli non sarebbe che il perfezionamento di quella del Mazzoni,condividono anche un analogo rovesciamento difortuna critica. È a partire dagli inizi dell’Ottocento,infatti, che con due episodi di fanatica iconoclastiasul gruppo veneziano di Sant’Antonio di Castellodel Mazzoni e sul modenese Monumento Belleardidi Begarelli, si sancisce il disprezzo dell’epoca neiconfronti della poco nobile scultura in terracotta.Un disprezzo che giunge dal lontano Cinquecento e che si articola su più di un livello di giudizio: lascultura è meno nobile della pittura, la terracotta,materiale della scultura “per via di porre” è inferioreal marmo, materiale della scultura “per via di torre”.Per questa ragione l’episodio non è che lamanifestazione più violenta ed esemplare di unatteggiamento di disattenzione nei confronti diquesta tecnica, che nel tempo ha portato alla perditadi moltissime opere. Ecco perché la specificità delprogetto illuminotecnico diviene espressione estimolo di una nuova attenzione priva di pregiudizinei confronti di grandi opere dimenticate per più di due secoli. La mostra stessa del resto nascesimbolicamente da “un portare alla luce” con una notevole quantità di opere inedite o pococonosciute. Così oltre a opere dei due artisti come il Nicodemo di Mazzoni e alcuni inediti di Begarelli,saranno presenti opere di confronto come IlCompianto di Michele da Firenze, rinvenuto durantei lavori di ristrutturazione del complesso di SanGeminiano, che segna lo scarto tra una concezioneancora tardo-gotica e la modernità rinascimentaledell’artista modenese. (di Filiberto Reggente)

M

In mostra a Modena le sculture in terracotta di Guido Mazzoni e Antonio Begarelli.Due scultori rinascimentali. Due modi diversi di interpretare i temi religiosi

Due artisti a confronto

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1

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3

MOSTREA

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1) Crocifisso, Antonio Begarelli,terracotta, Modena, Museo Civicod’Arte 2) San Giovanni Battista, AntonioBegarelli, terracotta, Modena,Galleria Estense3) Busto di Lionello Belleardi, AntonioBegarelli, terracotta, Modena,Galleria Estense4) Testa di Cristo su cuscino, GuidoMazzoli, terracotta con tracce dipolicromia, Padova, Museo Civico5) Figura di dolente, Guido Mazzoli,terracotta policroma, Ferrara, Museodi Palazzo Schifanoia6) Testa di frate francescano, GuidoMazzoli, terracotta, Bologna, Museodell’Osservanza7) Testa di vecchio, Guido Mazzoli,terracotta policroma, Modena,Galleria Estense8) Compianto sul Cristo mortoparticolare, Guido Mazzoli,terracotta, Busseto, chiesa di SantaMaria degli Angeli

77DESIGN +

4

5

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A MOSTRE

La “Guerra fredda”, la cortina di ferro, le tensioni tra la “alleanza atlantica” e ipaesi del blocco sovietico, oggi sembranoepisodi lontani, ma in realtà hannoaccompagnato la storia del ‘900, dal dopoguerra agli anni Settanta, esoprattutto hanno ispirato e animato le manifestazioni della creazione artistica.La mostra, a cura di Jane Pavitt e DavidCrowley e prodotta dal Victoria & AlbertMuseum di Londra in collaborazione con il Mart di Rovereto, è la prima importanteesposizione che ricostruisce il clima di unperiodo cruciale per la società, la politica e la cultura mondiale, attraverso losguardo delle arti, dal designall’architettura, dal cinema alle arti visive.In mostra oltre 250 oggetti: da uno Sputnikalla tuta da astronauta delle missioni“Apollo”, dai film di Kubrick ai dipinti diRauschenberg, dalle ceramiche di Picassoai vestiti di Paco Rabanne. Ma ancheoggetti affascinanti come i mobili in fibra di vetro di Charles e Ray Eames, o il radioricevitore mondiale T1000 dellaBraun. Si potranno anche ammirare i bozzetti di Le Corbusier, di RichardBuckminster Fuller e di Archigram e lenuove forme di trasporto del dopoguerra.

La mostra raccoglie gli eccezionali frutti di scoperte recenti nelle necropoli dellacomunità picena di Matelica (MC), risalential VII secolo a.C., riuniti assieme dopocomplessi e impegnativi restauri. Laconsistenza di tale comunità emerge oggi finalmente nella sua ricchezza earticolazione e nei suoi molteplici legamicon mondi lontani. La cospicua mole di dati venuti alla luce contribuisce ad una migliore conoscenza dell’archeologiaitalica preromana, non solo locale.

La mostra presenta 250 capolavoriprovenienti dai maggiori musei del mondo:dipinti e disegni, strumenti scientifici dieccezionale bellezza e ingegnosità, atlanticelesti, reperti archeologici, inediti affreschipompeiani, sculture, codici miniati,straordinari modelli cosmologici funzionantirealizzati per l’evento. Occasione di questaesposizione è il quarto centenario delleprime scoperte celesti di Galileo Galilei (la reale natura della luna, le macchiesolari, i satelliti di Giove) destinate arivoluzionare la concezione dell’universo.Per celebrare la ricorrenza l’Onu ha elettoil 2009 Anno internazionale dell’astronomia.

Dal dopoguerraagli anni ‘70

Conoscere i Piceni

La prima grande antologica organizzata in Italia per una delle pittrici americane più importanti del XX secolo, Joan Mitchell (Chicago 1925 - Parigi 1992).La mostra, curata da Sandro Parmiggiani,presenta 46 lavori, provenienti daimaggiori musei americani e francesi. Lapittura di Joan Mitchell, esito di un gestoche tradisce l'ansia e il desiderio di viveree di dipingere, è sempre di altissimaqualità, per l'equilibrio formale, gli accorditonali, e lo svolgimento di un ritmo che sipuò seguire in ogni sua opera.

Made in USA

MartRovereto (28 marzo – 26 luglio 2009)

Joan Mitchell. La pittura dei Due Mondi

Palazzo Magnani (22 marzo – 19 luglio 2009) Palazzo Strozzi (13 marzo – 30 agosto 2009)

L’anno degli astri

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INFO:333.64413440545.53051

TAGLIAMURI

CERTIFICATO ANTISISMICOVENDITA DI

MATERIALE PROFILATO

� SABBIATURA� CAROTAGGI� SMALTIMENTO AMIANTO

ELIMINAUMIDITÀ

di BERTACCINI

TECNOLOGIE:

TAGLIO E DEMOLIZIONICEMENTO ARMATO

Un evento dedicato alle Avanguardie Storiche russe, in grado diripercorrere le vicende di quella grande stagione artistica, daiprimi del 900 agli inizi degli anni Trenta,attraverso i capolavori di Vassily Kandin-sky, Marc Chagall, Kazimir Malevic ePavel Filonov. L’esposizione, curata daSergio Gaddi ed Evgenia Petrova e orga-nizzata dall’Assessorato alla Cultura delComune di Como, presenterà 80 opere,tra oli, tempere e disegni, provenienti dacollezioni pubbliche russe, quali il MuseoNazionale di San Pietroburgo.

Chagall, Kandinsky, Malevic. Maestri dell’Avanguardia russa

Villa Olmo (4 aprile – 26 luglio 2009)

site specific_MODENA 08

Galleria Civica di Modena (17 maggio – 12 luglio 2009)

Monet. Il tempo delle ninfee

Palazzo Reale (30 aprile – 27 settembre 2009)

Dopo aver realizzato progetti fotografici e film in tutto il mondo,Olivo Barbieri dedica questa volta un progetto alla propria città.La mostra presenta trenta dittici fotografici e due video realizzatiper l'occasione. Si tratta di un nuovo omaggio della GalleriaCivica di Modena alla città, dopo le mostre Franco Vaccari.Opere 1955-1975 (dicembre 2007 - marzo 2008) e MimmoPaladino per Modena (settembre 2007 - gennaio 2008). Lamostra costituisce una nuova tappa del progetto site specific_,iniziato dall'autore nel 2004, un ciclo che ha coinvolto grandimetropoli mondiali, tra cui Roma, Torino, Montreal, Las Vegas,Los Angeles, Shanghai, Amman, New York, e che ha ottenuto ungrande successo di pubblico e di critica in tutto il mondo. Ilprogetto consiste in una serie di fotografie di grande formatoriprese da un elicottero e di video in HD e film in 35 millimetri.

Grazie al più grande prestito mai concesso all’estero dal MuseoMarmottan Monet, la mostra si sviluppa intorno a 20 grandi teleche il padre dell’impressionismo ha dedicato allo studio del suogiardino di Giverny nell’ultima stagione della sua vita e della sua

ricerca artistica. Realizzate neiprimi due decenni del secolo,mentre si affermavano il Cubi-smo e le avanguardie, le ninfeedi Monet sono l’atto potente diun genio artistico che va oltre ilproprio tempo e che dalla lon-tana invenzione della pittura enplein air oltrepassa tutta la cul-tura che viene dopo di lui.

A AGENDA

Page 83: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Nelle sale claustrali a ridosso della Basilica marciana si mostraun ulteriore capitolo della lunghissima storia dell’iconografialegata a Sant’Apollonia, la protettrice dal mal di denti e patronadei dentisti. Curioso che ad essere colpito da questa storia siastato Andy Warhol spinto a realizzare, nel 1984, una serie diopere su carta interamente dedicate alla santa. La serie di operepresenti in mostra è ancora inedita e sarà esposta per la primavolta. Non stupisce invece che la vicenda di Apollonia abbiacoinvolto Omar Galliani. Il maestro emiliano si misura infatti datempo con la raffigurazione contemporanea dei santi.

La 17ma edizione dell’appuntamento annuale con la sculturacontemporanea di grandi dimensioni a Castel Pergine.Quest’anno i curatori Franco Batacchi, Theo Schneider e VerenaNeff hanno scelto di esporre Mirta Carroli, una delle pochissime

scultrici donne della scenacontemporanea, la quale,seguendo il filo comune che ha caratterizzato le mostreprecedenti, proporrà una seriedi lavori site specific. La mostracomprenderà una 30ina disculture installate tra le cintamurarie e in giardino.

Il progetto gravita sul grande tema del paesaggio osservato nellasua cruciale evoluzione, quando dalla seconda metàdell'Ottocento si compie il passaggio dalla veduta al genere, dalgenere all'osservazione precisa e puntuale del dato naturale, e daquesta soglia realista al suo sfaldarsi nelle prime prove dellamodernità. Obiettivo primario è quello di avviarel'approfondimento scientifico e la valorizzazione delle collezioniciviche, messe in relazione con altre grandi collezionidell'Ottocento italiano. Palazzo della Marra, sede della PinacotecaDe Nittis, si vuole infatti caratterizzare come un punto di studio edi confronto per la pittura, italiana e straniera, del XIX secolo.

Grazie a 20 anni di ricerche della Missione archeologicadell’Università di Firenze, Shawbak è riemersa dalle sabbie deldeserto meridionale della Giordania.Questa grande, spettacolareesposizione racconterà, per la primavolta, la storia di Shawbak e, conessa, darà conto delle più recentiscoperte nell’area dellaTransgiordania che ha in Petra il suocentro più conosciuto e ammirato.

AAGENDA

Santa Apollonia, Omar Galliani, e qualche dente di Andy Warhol

Chiostro di Sant’Apollonia (4 giugno – 15 agosto 2009)

Mirta Carroli. La persistenza del segno

Castel Pergine (18 aprile – 9 novembre)

Terra e Mare. Paesaggi del Sud, da De Nittis a Fattori

Pinacoteca De Nittis (23 aprile – 2 agosto 2009)

Da Petra a Shawbak. Archeologia di una frontiera

Limonaia di Palazzo Pitti (19 giugno – 30 settembre 2009)

Page 84: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

S.I.T srl, costituita nel 1992, svolge un’attività di analisi, puli-zia e sanificazione degli impianti aeraulici. È organizzata di-namicamente per soddisfare le esigenze del cliente in conformitàal proprio sistema qualità ISO 9001/2000 certificato da DNV Ita-lia, secondo le modalità del “chiavi in mano” in ambito industriale,civile, terziario pubblico e privato, ospedaliero, nella progetta-zione, realizzazione e manutenzione di impianti di:Riscaldamento e climatizzazione di ambientiCentrali termiche e frigorifere e di cogenerazioneImpianti idrici antincendioReti di distribuzione del gasImpianti di produzione acqua calda con pannelli solariImpianti elettrici Impianti fotovoltaiciServizio di bonifica impianti aeraulici HVACGestione e manutenzione degli impianti termici con incarico di “Terzo Responsabile” e con la supervisione del proprio sistema di telecontrollo

Ed opere di: Ristutturazione di interni ed opere edili in genere

Vivendo la realtà degli impianti (HVAC) aeraulici di termo-

ventilazione e condizionamento per la climatizzazione degliambienti, con la nostra pluridecennale attività di installazio-ne e manutenzione, verifichiamo come sia misconosciuta allamaggior parte degli utenti la qualità dell’aria immessa negliambienti indoor da questo tipo di impianti. Il ricorso semprepiù frequente alla climatizzazione con trattamento termico-igrometrico dell’aria negli ambienti di lavoro e di comunità (cen-tri commerciali, uffici, alberghi, cinema e teatri nonché le an-cora più critiche strutture sanitarie) pone problemi relativi allasalubrità e sanità degli impianti di climatizzazione. Infatti al-l’interno degli impianti, seppur dotati di sistemi di filtrazioneed assoggettati a manutenzione, col tempo si formano co-munque concentrazioni di polveri, sostanze tossiche, muffe,funghi, spore e cariche batteriche; in particolare per esem-pio nei condotti aeraulici, ancorché nelle unità di trattamen-to dell’aria, dove si possono creare condizioni favorevoli allaloro proliferazione, responsabile di patologie respiratorie e sta-ti di malessere generalizzato riconosciuti nella Sick BuildingSindrome – Sindrome da edificio malato. All’interno di alcu-ni particolari componenti dell’impianto, quali la sezione di umi-

non rinunciamoalla sua qualità

L’aria è vita

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dificazione, possono svilupparsi anche ba-cilli molto più pericolosi come la LegionellaPneumofila, in grado di risultare letale per-ché responsabile di un affezione polmo-nare acuta. Dal punto di vista istituzionaleinvece il problema è sentito ed attuale,tant’è che a livello Comunitario e Nazio-nale e/o Regionale sono state promulgatenorme e procedure che colmano il vuotonormativo presente fino al recente pas-sato. Ravvisando l’esigenza dei Datori diLavoro, responsabili della salute dei col-laboratori subalterni, di assicurare loro unabuona qualità dell’aria respirata all’inter-no degli ambienti confinati, e conside-rando appunto che le fonti normative vi-genti regolano in modo ormai stringentela materia, e le possibili conseguenze de-rivanti dalla loro trasgressione, abbiamoritenuto di implementare l’attività in og-

getto, introducendo così un nuovo ser-vizio di supporto operativo con personaleadeguatamente formato ed equipag-giato, ma anche di relazione coope-rativa tecnico/scientifica orientata alcliente. Affatto trascurabile inoltre è l’at-tenzione dovuta al risparmio energeticoindotto da un’accurata e periodica ma-nutenzione degli impianti HVAC. Unostudio pubblicato su Ductales (settem-bre/ottobre 2007), rivista di NADCA(National Air Duct Cleaners Association)U.S.A, ed effettuato su impianti HVACasserviti ad un grattacielo di Time Squa-re in New York City, ha dimostrato lastretta correlazione tra la pulizia dellebatterie di scambio delle UTA e l’incre-mento di efficienza energetica del 10 –15% con relativi cospicui risparmi di ge-stione dell’impianto.

� Il Decreto Legislativo n.81/2008 Appendice IV _ Requisiti dei luoghi di lavoro art.1.9 – Microclima Comma1.9.1.4 …Gli stessi impianti (di condizionamento dell’aria o di ventilazione meccanica) devono essereperiodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori� Le Linee guida della Conferenza Stato Regioni 5 ottobre 2006; � La Delibera Giunta Emilia Romagna 18-06-2008;� Inoltre Norme e procedure tecniche applicabili quali Guide Ispesl – Standard NADCA (U.S.A) AIISA

CHI PREVEDE IL COSTANTE CONTROLLO E BONIFICA DEGLI IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE DELL’ARIA?

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Sopra alcune foto scattate prima, durante e dopo la bonifica

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Ph.Ottoriino De Lucchi

Dietro al progetto

Page 87: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Michele

a lavorato in Olivetti come assistente di EttoreSottsass. Un incontro, questo, che ha segnatoprofondamente la sua vita professionale. Mi-chele De Lucchi, ferrarese, 58 anni, architetto,

designer e artigiano («ho un laboratorio personale dovecreo oggetti di design e una linea che si chiama Produ-zione Privata»), confessa di aver imparato molto a fiancodel grande Maestro del design italiano. In quegli anni aIvrea disegna 80 macchine da scrivere. E si delinea pianpiano una convinzione che alimenterà il suo pensierocreativo: il legame tra progettista e industria permette aentrambi di crescere. «Il mio primo incontro con l’indu-stria è avvenuto sul finire degli anni Settanta, quandoSottsass mi ha chiamato all’Olivetti», ci racconta. «Inquel momento il mondo dell’ufficio stava affrontandouna profonda rivoluzione concettuale, dovuta all’intro-duzione dei computer come nuovi strumenti di lavoro. E,per la prima volta, mi apparvero le complessità del mondodell’industria, le sue dinamiche in una realtà così grandee internazionale». Si rende conto, allora, che non sa-rebbe stato più possibile tornare indietro. Qualunqueesperimento di tipo artigianale si sarebbe comunque in-serito in una logica di tipo industriale.

Pratica un’osmosi continua tra i diversi ambiti disciplinari in cui si muove:architettura, design, artigianato. Sua è la lampada più venduta al mondo. E sua è lariqualificazione delle centrali dell’Enel. Il senso dell’architettura per De Lucchi?«Un qualcosa che va al di là del semplice costruire» di Maurizio Costanzo

DE LUCCHI85DESIGN +

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Page 88: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Oggi Michele De Lucchi progetta arredi eoggeti per Alias, Poltrona Frau, Artemide,Caimi, Unifor, Arnolfo di Cambio. Dal2000 si è occupato della riqualificazionedelle centrali dell’Enel. E per DeutscheBank, Poste italiane, Telecom Italia, BancaPopolare di Lodi ha progettato nuove so-luzioni per gli ambienti di lavoro. Michele De Lucchi, la tecnologia ci hareso più creativi?

Gli stimoli alla creatività vengono dadentro, arrivano quando guardiamo lecose da una prospettiva diversa da quellapiù nota e più facile. Per me la tecnologiaè un campo di esplorazione: guardo incu-riosito le sue potenzialità e vado oltre,penso subito a come sfruttarle al di là e avolte al contrario rispetto alle procedurepreviste. Quindi è in questo senso che latecnologia ci ha reso più creativi. Mi vienein mente l’allestimento che ho progettatoper Piba Marmi al Marmomacc delloscorso anno: ho deciso di usare il marmo,che è un materiale pesante, forte e strut-turale, mettendo in ombra queste sue pe-culiarità e invece trattandolo come si trattaun materiale leggero, come se fosse legno.Ho così creato una palizzata di marmo,una contraddizione in termini che ha unimpatto emozionante.C’è una metodologia di pensiero standardche lei segue prima di mettersi al lavo-ro su un nuovo progetto? Questa è una domanda che mi sono fatto

molte volte nella vita. Anche quest’annoche con Produzione Privata ho parlato diintuizioni, è capitato di dover pensare acome nasce un’idea. Rispondo con le pa-role che ho scritto per la presentazionedella nuova collezione: “Se sembra che unoggetto sia imponente, ne cerco la legge-

rezza. Se sembra che sia ricco ci trovo l'es-senza. Se qualcuno mi dice che una cosa ègrande, provo a vederla minuta e fragile. Sequalcuno mi dice che una cosa è impossi-bile, mi sfida a trovare dove e come equando sia possibile. Il mondo ha bisognodi un nuovo punto di vista verso ciò chesembra sempre immutabile. Affinché di-venti finalmente mutabile. Nel momentoin cui si comincia a capire come far mutarele cose e si ha l'intuizione del cambia-mento, questa è irrefrenabile”.In un mondo globalizzato come il nostrovengono incoraggiate le idee creative o siproduce omologazione?

Produrre e progettare in modo omolo-gato, per una società omologata è una re-sponsabilità di chi imita, di chi cerca solodi sfruttare l’intuizione di qualcun altro,evidentemente finendo per banalizzarla.Nostra responsabilità, dei progettisti e delleaziende intendo, è dare una personale vi-sione del mondo attraverso gli oggetti. Po-trà essere non condivisibile ma sarà unica,testimonierà un momento storico, e perquesto sarà sempre dotata di dignità.Anche in architettura come nell’arte sicerca di catturare la soglia dell’attenzio-ne della società. Gli architetti in futurosgomiteranno sempre più con progettiegocentrici e autoreferenziali?

Speriamo di no, ma i progetti che at-traggono l’attenzione vanno bene e nonfanno male se sanno introdurre categoriedi qualità più ampie.Perché la lampada Tolomeo, creata perArtemide, è diventata un classico dellamodernità?

Fare una lampada da tavolo che abbiafunzionalità per l’ufficio e per la casa e chesia flessibile a tantissime necessità di illu-

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A sinistra: Ministero degliAffari Interni e quartieregenerale della Polizia, Tbilisiin Georgia, 2006 (in corso direalizzazione). Sotto, dall’altoverso il basso: la salad’attesa, l’area consulenza ela postazione consulenzaclienti dello Sportello clientiHera, Bologna, 2007 (ph.Paolo Zappaterra)

Page 89: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

minazione ma non abbia un’immaginetecnica, era un obiettivo molto ambizioso.Perché la Tolomeo è un classico? Perché ri-sponde perfettamente a un’esigenza con-creta, tangibile nella vita di tutti i giorniper tutti. Funziona sempre, nell’utilizzoquotidiano, sul mercato come prodotto,come simbolo.Qual è il rapporto tra forma e funzionenella progettazione di un oggetto?Forma e funzione sono diventate normali

e ovvie, e vale la pena di approfondire gliaspetti ideologici e di comunicazione chefanno sì che gli oggetti ci aiutino a colti-vare la nostra conoscenza.Nella creazione delle sue opere di designsi è mai fatto condizionare dalle leggi delmercato?

Chi progetta deve assolutamente tenereconto del mercato. Un oggetto è definibile

in molti modi, e tra le sue definizioni c’èanche quella di merce. Tener conto delleleggi del mercato non vuol dire solo co-noscerne le tendenze e decidere di asse-condarle o di andare controcorrente, maanche conoscere i valori commerciali comequelli simbolici delle cose. Vuol dire co-noscere la realtà aziendale in cui ci si cala.Vuol dire sapere relazionare ogni aspetto,perché ogni aspetto fa parte del mercato. C’è differenza nel creare oggetti di designper la sua Produzione Privata o per unagrande azienda?Produzione Privata è lo specchio delle di-

namiche di ogni azienda di design italiana:fortemente fondata sulle competenze di-stintive, fatta dalle persone prima ancorache dal marchio. La differenza è che Pro-duzione Privata ha un rapporto privile-giato con il momento ideativo, che può es-

sere prolungato e assumere molta rilevanzanel coordinamento delle cose. Come è cambiato in questi anni il suomodo di rapportarsi con le aziende?

Devo dire che il mio approccio con leaziende è stato fondamentalmente lo stessonegli anni. Forse perché ho compreso finda subito che il mio compito sarebbe statoquello di relazionare la direzione azien-dale con quello che succede nel mondo econ quello che normalmente il mondo siaspetta che dall'industria venga fuori. Ilbusiness diventa tale solo quando il designriesce con efficienza ad anticipare i gusti ei desideri conquistando l’interesse e la mo-tivazione all’acquisto. È questa la grandequalità del designer, ed è questa la ragioneper la quale è giusto che il design viva instretta relazione con il mondo e soprattuttocon il mondo culturale.

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A sinistra: Ponte di accesso al TriennaleDesign Museum, Triennale di Milano, 2003 -2007 (ph. Alessandra Chemollo). Sotto piantaviste e sezioni della Scala al giardino.In basso, a sinistra: Restauro degli spazipubblici a piano terra, Triennale di MIlano,2002 (ph. Gabriele Basilico); a destra Scala al giardino, Triennale di Milano, 2003 - 2005(ph. Alessandra Chemollo)

Page 90: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Ogni grande progetto di architetturadeve essere un segno sul territorio e ave-re una sua identità ben precisa. Nell’at-to della progettazione come focalizza que-sti due elementi?Non penso mai ad imporre un segno per

far sì che emerga la mia identità in un’ar-chitettura. Anche perché non riconduco ilsegno riconoscibile al processo della pro-gettazione. Credo che la mano, o la vi-sione della vita, di un architetto debba ri-conoscersi nella valorizzazione del contestoin cui opera. È una responsabilità grandis-sima quella di imporre un segno nel pae-saggio perché, a differenza dell’oggetto, ilsegno di un’architettura incide sulla vita diuna società e non solo sulla vita del singolo.Quasi sempre le architetture non sonoscelte dalle persone, ma imposte. Con que-sta coscienza e responsabilità andrebbesempre affrontata la professione.Se deve intervenire su edifici già esistenti,quali sono i limiti che si pone?

Il limite è il rispetto del “cammino” chel’opera ha fatto fino a prima del mio in-tervento. Cerco di ristabilire l’aura origi-nale, il senso fondativo del progetto e,dopo aver capito quello, immagino la suaattualizzazione affinché l’architettura nonsia vittima del suo tempo ma possa nuo-vamente essere fruita comeopera della contempora-neità. Forse il momentoin cui sento di aver realiz-zato al meglio questi pro-ponimenti è quando holavorato al progetto delrestauro del Palazzo della

Triennale di Milano che oggi può essereusato come museo, come centro culturale,come libreria, come centro di documenta-zione, come ristorante, come negozio,come spazio per concerti ed eventi e potreicontinuare, grazie a interventi di riqualifi-cazione degli interni e della distribuzionee alla progettazione di strutture tempora-nee che si percepiscono nettamente di-stinte dalla struttura primaria, che sonofatte per non incidere e invece, incredibil-mente, sono una chiara dichiarazione deimiei intenti. Nella biblioteca dell’ex-chiesadi S. Giorgio in Poggiale a Bologna siamointervenuti in coordinamento con ungruppo di restauratori nella progettazionedei nuovi interni, dove abbiamo realizzatouna lunga pedana per portare la pavimen-tazione della navata centrale allo stesso li-vello di quella dell’abside. Il legno della pe-dana è nettamente distintivo rispetto alcontesto, ma non invasivo e al contempoin linea con le proporzioni del contesto. Il suo progetto di design e di architetturaa cui è più legato?Mi riconosco in ogni progetto che faccio.

Adesso per esempio mi piace molto la lam-pada Bonne Nuit, l’ultima che ho dise-gnato per Produzione Privata, ma anche lasede del Ministero degli Affari Interni in

Georgia, un progettomolto importante per ilmio Studio. Poi c’è inSvizzera un’abitazionetutta di legno che è il ri-sultato del dialogo di-retto tra il progettista eil padrone della casa.

88 DESIGN +

A sinistra: Biblioteca San Giorgio inPoggiale, Museo della Città di Bologna,2007 - 2009 (ph. Mario Carrieri). Sopraschizzo di De Lucchi della navata centralecon la nuova pedana in legno

A sinistra: lampadaTolomeo, Artemide,1987, di Michele De

Lucchi con GianfrancoFassina. A destra:computer portatile

Echos 40, Olivetti, 1994,di Michele De Lucchi

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Page 93: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Collabora con le più importanti aziende italiane e straniere. Molte le monografieche gli sono state dedicate. Ma non è il lavoro che preoccupa Antonio Citterio.Piuttosto la mancanza di responsabilità sociale che attraversa l’Italia. «Sonoseriamente preoccupato dal qualunquismo dilagante», ci racconta di Giò Cirillo

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Sotto: un’opera di design tra le più famose di Citterio,la lampada da tavoloKelvin, prodotta da Flos, e creata nel 2003 incollaborazione con ToanNguyen. Il progetto vinsenel 2004 il prestigioso “RedDot Design Award” (Tutte le foto sono pubblicate pergentile concessione delleaziende produttrici)

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Page 94: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

mai avuto dubbi. Il mio interesse è sempre stato legato all’archi-tettura contemporanea, anche quando negli anni ’80 è arrivatoil postmoderno e a Milano vi era il fenomeno Memphis». E mainulla ha fatto deviare Antonio Citterio da questa sua visione or-todossa dell’architettura contemporanea.Secondo lei le problematiche che l’architetto e il designer in-contrano sono diverse tra loro?

I problemi sia per l’architettura che per il design in un certosenso sono uguali. In Italia prima o poi sarà necessario condurreun’analisi molto dettagliata della situazione. Nonostante si hamodo di pregiarsi della cultura e della grande creatività degli ar-chitetti e designer italiani, la qualità architettonica che espri-miamo è di bassissimo livello. Ciò che più manca è una realtà re-sponsabile. In Italia l’eccellenza c’è ed è nelle industrie. Infatti,posso proprio dire che nel nostro Paese mi diverto molto di piùcome designer. Ma mi amareggia molto vedere quanto la situa-zione generale sia invece disastrosa e anche constatare quante po-che persone se ne stiano rendendo conto. Continuiamo solo aparlarci addosso. Questo atteggiamento è oramai presente anchenelle nostre università. Dal 2006 insegna all’Accademia di Architettura dell’Univer-sità della Svizzera Italiana. Che esperienza ne trae?

L’università è uno dei grandi temi della società. Un paese chefunziona deve avere tutte le strutture pubbliche funzionanti. InItalia, purtroppo, con un falso pensiero populista si è creduto chele università dovessero essere dei luoghi del non lavoro. Luoghidove persone che non hanno il lavoro fanno gli assistenti e sonooltretutto non pagati. Il diritto allo studio non è da discutere, que-sto è certo, ma il diritto alla qualità dello studio è qualcosa su cuibisogna riflettere urgentemente e seriamente. Inoltre la percezionedegli studenti è cambiata. Credono che chi fallisce nella societàfaccia il professore. La scuola purtroppo non è riuscita a dotarsidi una vera strategia di valutazione di merito. E purtroppo digente ignorante e senza passione in architettura ve n’è già tanta. Quale sarebbe la soluzione secondo lei?

La soluzione è una rigida selezione iniziale, attraverso la qualevalutare correttamente le capacità e soprattutto la voglia di svol-gere questo mestiere. Oggi nelle facoltà d’architettura si iscrivonostudenti provenienti dalle scuole più disparate. Oltretutto, con lanuova impostazione demenziale del triennio, dalle universitàescono persone con una preparazione deficitaria e non appro-fondita. La formazione tecnica, almeno quella, sarebbe necessa-ria. Ce n’è da dire anche sugli Ordini degli Architetti e sul-l’esame di Stato che è obbligatorio sostenere per accedere almondo della libera professione. Superano l’esame, spesso, personeche non lo meritano. Che tipo di rapporto si crea tra le industrie italiane e gli ar-chitetti/designer provenienti da altri paesi? L’architetto straniero è abituato a un’etica professionale diversa.

Normalmente non discute neanche la parcella perché c’è un pro-gect manager che lo fa per lui. In Italia invece durante l’incon-tro professionista-cliente succede di tutto e questo perché ilcliente non è abituato a pagare la parcella. Funziona così anche in altri campi lavorativi?Questo stesso atteggiamento è presente anche nel settore dei la-

vori pubblici e ciò fa sì che ne risenta tutto il paese. In Italia visono molte leggi populiste che non tengono conto dei reali pro-

Bulgari Hotels & Resorts, Milano, 2001-2003. Foto: Leo Torri

Asilo aziendale, Verona, 2004-2005. Foto: Leo Torri

Gioielleria De Beers, Los Angeles, 2005. Foto: Simone Barberis

Sede della Edel Music AG, Amburgo, 1998-2002. Foto: Klaus Frahm

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blemi urbanistici. L’ultima proposta di legge sulla casa personal-mente non credo che verrà promulgata. Diversamente sarà la di-mostrazione dell’incoerenza del nostro Paese. La qualità urbanae civile manca, qui da noi. Anche dal punto di vista burocraticoe legale tutto è molto difficile. Chi agisce abusivamente e nonchiede nulla risulta vincente e viene premiato oltretutto dai con-tinui condoni. Esiste o no, secondo lei, una poetica del progettare?Un’attenta analisi del problema rivela che progettare non è una

questione stilistica. Molti architetti cercano il modo d’essere ri-conoscibili. Ma per me non è mai stato così. Non è un caso cheil processo sintetico all’inizio del mio lavoro è stato poco appa-gante. Negli anni Novanta non ero nessuno. Solo negli ultimi15 anni è nato l’interesse verso il mio lavoro. Ma io sono nelcampo da 40 anni. Per me ciò che conta è risolvere i problemie non crearne. È doveroso ricordare che, nonostante sia famoso solo da 15 an-ni, come lei stesso afferma, di premi ne ha vinti molti. Che ef-fetto fa vincere il Compasso d’Oro o entrare al Moma di NewYork piuttosto che al Beaubourg di Parigi e trovare esposte al-cune delle sue opere?Sarebbe falso dire che in queste situazioni non si provi piacere.

A volte si cerca di far finta di niente ma non sempre ci si riesce.All’estero diventa ancora più interessante perché vuol dire che siha una riconoscibilità internazionale. Invece i premi per me nonsono molto interessanti. Funzionano ad una certa età, ma poi ne-gli anni acquistano valori diversi. Capita pure di non approvarlineanche più. Si crea una sorta di annacquamento e si cominciaa pensare che il premio sia stato un errore. Ciò che ritengo un’ot-tima esperienza sono i riconoscimenti: ad esempio per un archi-tetto milanese curare l’allestimento del Museo della Triennale,come io ho fatto, è un bel punto di arrivo. Nel bene e nel malel’orgoglio ovviamente esiste.La inorgoglirà dunque sapere che i suoi oggetti sono tra i piùgettonati in rete.

Questo invece è un problema serio. Personalmente ho trovatoil mio nome brevettato in Cina. Hanno usato le mie fotografie edi seguito hanno aggiunto, senza alcuna soluzione di continuità,prodotti progettati da loro, creando così un equivoco. Si vendonoonline prodotti anonimi come se fossero appartenenti al mio mar-chio. È una situazione drammatica. Tutto il settore del copyrightha dei grossi problemi con il mondo web. Come si sta adattando il design ai cambiamenti economicimondiali?Il design si è già adattato. Fa parte del processo produttivo. Non

sono più buoni i tempi per chi vuole stare fuori dal mercato. Laseria differenza tra gli architetti degli anni Settanta e oggi è cheun tempo nessuno copiava. Oggi è così ovunque.Anche lei, dunque, è d’accordo con chi sostiene che gran partedei designer più che creare un nuovo design scimmiottino le li-nee pensate nel ventennio ’50-’70?

Non ne faccio una questione morale. Ma per molti il processomentale è cambiato. Non solo scimmiottano, ma copiano, e lofanno in modo spudorato. È tutto un taglia e incolla. Probabil-mente è un sistema, questo, che si apprende. Comunque vada,oramai, la copia è legata al processo economico e molte industriepurtroppo si sono adeguate.

Flat 0025, B&B Italia, 2008

Spoon Table 02, Kartell, 2008 - Antonio Citterio con Toan Nguyen

Flip 01, Kartell, 2006 - Antonio Citterio con Toan Nguyen

Frank 01, B&B Italia, 2008

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REALTÀ URBANAREALTÀ URBANAdi

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Fotografia

REALTÀ URBANAdi

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uno dei più noti fotografi italiani. Ha lavorato, nel corso del tempo, su diverse città: Milano, Beirut, San Franciso,Berlino, solo per citarne alcune. Primo e unico italiano a partecipare nel 1984 alla prestigiosa missione fotografica fran-cese Datar, Gabriele Basilico vede nella sua professione di fotografo un momento di riflessione sul paesaggio urbanoin continuo cambiamento. La sua ricerca va al di là dei confini della semplice fotografia documentaristica, è un punto

di riferimento obbligato per quanti oggi si occupano di architettura e urbanistica. Ha scandagliato con il suo obiettivo gli aspettipiù marginali delle città del mondo. Atavici e immutabili segni che il tempo delinea e imprime nelle periferie più marginali dellecittà assumono nei suoi scatti piena riconoscibilità di una testimonianza vera e diretta. Una percezione quasi tattile, che confe-risce concretezza alle sue immagini sempre in bianco e nero. «Ho iniziato a fotografare con continuità durante gli studi univer-sitari: facoltà di Architettura, Politecnico di Milano. Era la fine degli anni ‘70 e c’era molta attività politica e sociale dentro e

Conosciuto e apprezzato sia in Italia che all’estero,Gabriele Basilico considera la fotografia una formad’arte, aperta a tutte le interpretazioni. Con il suo lavoro partecipa alla misurazione e alla registrazione del mondo esterno. Segnalando i cambiamentiurbanistici e architettonici di Cristiana Zappoli

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È

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fuori l’università, nelle strade e nelle piazze. C’era quindi una na-turale attrazione per il reportage, il cui ruolo si prestava per rac-contare quello che succedeva». In quegli anni decide di affrontarel’architettura attraverso e dietro l’obiettivo di una macchina fo-tografica, cercando nei suoi lavori punti focali e impatti visivi utiliper approfondire il dialogo sulla cultura progettuale.Cosa cerca di cogliere Gabriele Basilico quando si trova difronte una nuova città?Cerco di conoscerla. Metaforicamente anche di possederla e con-

frontarla con altre città di cui ho fatto esperienza con la fotogra-fia. Quasi come se volessi arricchire il mio archivio di foto urbane. Lei fotografa paesaggi industriali e aree urbane. Perché?

L’attrazione per i luoghi industriali ha origine dalla fotografiadegli anni Trenta, dal lavoro di autori come Albert Ranger-Patzsch e Charles Sheeler, ma soprattutto dal più recente lavorodei coniugi Bernd e Hilla Becher. Devo aggiungere che l’interesseper i temi urbani ha avuto un grande sviluppo a partire dagli anni‘80, non solo in urbanistica, ma anche in sociologia e nell’arte.Nel suo lavoro ha mai subito dei condizionamenti?

Molto raramente. È successo forse nel passato, all’inizio dellamia carriera. Ho accettato condizionamenti, poiché fa parte delmandato professionale.La fotografia documentaria e il suo linguaggio descrittivo sonoancora validi per raccontare la realtà delle nostre città?Anch’io sono sensibile all’evoluzione dei linguaggi che caratte-

rizzano oggi la ricerca artistica sui temi urbani: non vedo oppo-sizione e confini rigidi nell’ambito delle varie ricerche. Ciò no-

nostante, penso che il valore della fotografia documentaria, nellasua accezione più larga, sia imprescindibile, anche quando la suaspecificità e potenzialità possono essere ridimensionate.L’opera d’arte si conforma sempre alla sensibilità di chi la os-serva. Non teme che le sue foto possano essere interpretate egiudicate diversamente dalla loro idea creativa originaria? Al contrario, mi incuriosisce un punto di vista diverso dal mio,

e anche uno stravolgimento totale del senso che il mio lavoro puòavere. L’opera, in quanto arte, deve essere dialettica, e quindiaperta a tutte le interpretazioni possibili, anche se non sempre sipuò essere d’accordo.Attraverso le fotografie si possono vedere cose che nella realtàci sfuggono?Diversi critici sostengono che la fotografia, fissando spesso una

realtà complessa e inafferrabile, ci fa vedere molto di più diquello che vediamo con gli occhi. Questo fatto, oltre a un evi-dente valore simbolico, ne ha anche uno tecnico-linguistico.Lei ha fotografato Beirut nel 1991 e successivamente nel2003. Come ha evidenziato il cambiamento della città 12anni dopo?Questo lavoro corrispondeva all’incarico della rivista DOMUS.

Mi era stato chiesto di utilizzare gli stessi esatti punti di vista dialcune fotografie del 1991, scattate alla fine della guerra, per poiimpaginare la coppia di foto (1991 e 2003) vis a vis, ed eviden-ziare così la differenza. Un sistema abbastanza interessante e con-vincente, più volte usato in passato da fotografi ed editori per rap-presentare la modificazione dei luoghi nel tempo.

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Nelle pagineprecedenti, inapertura: “SanFrancisco:downtown”. A fianco: “Beirutnel 2003: dopo la ricostruzione,fotografata dallatangenziale RING”. A sinistra: “Mosca, scorcio del MID”. Nella pagina afianco, in alto:“Moscow City, New Town lungo laMoscova” e “HotelUKRAINA lungo laMoscova”. In basso:“Napoli: veduta delVesuvio dal CentroDirezionale” e“Napoli: viaMedina fotografatadal Jolly Hotel”.Nella paginasuccessiva, dasinistra a destra:“Barcelona: area del Forum” e “Milano: viaSammartini”.

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Fotografia

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È importante per lei affermare l’intenzionalità estetica deisuoi lavori fotografici?È un atteggiamento non necessariamente dichiarato, che avvienespontaneamente nell’esercizio del mio lavoro, attraverso alcuneregole e comportamenti che ho assunto nel tempo. Secondo lei le Istituzioni in questi ultimi anni hanno miglioratoo penalizzato il paesaggio urbano delle nostre città?A mio avviso, ci sono paesi come l’Olanda dove architettura e

paesaggio sono espressione di un’antica cultura urbanistica e ca-pacità progettuale, e paesi come la Spagna dove negli ultimi 20anni si è sviluppata una vivacissima cultura e attenzione per l’ur-bano di alto livello. Purtroppo in Italia, e a Milano, città in cuivivo, mi sembra che siamo ancora lontani da questi traguardi. Che cosa stimola il suo sguardo quando osserva uno spaziourbano?Principalmente è il riconoscimento di un luogo che appartiene

alla tipologia urbana e fotografica, cioè alla sua interpretazione vi-siva, di cui ho precedentemente fatto esperienza in altre città.Inoltre ci sono altre suggestioni tipiche della cultura e della poe-tica della fotografia, come per esempio la luce, che è in grado dirivelare ciò che spesso non è immediatamente percepibile. E in-fine il nuovo, il non prevedibile, il disatteso.Durante i servizi fotografici segue un percorso di lavoro pro-grammato o si lascia guidare dalle sensazioni e percezioni delmomento?I miei temi di fondo sono città e paesaggio. Non è mai successo

che abbia iniziato un lavoro senza avere un progetto, ad esempioun itinerario, una documentazione per tipologie, un confrontotra luoghi specifici. Detto questo, le scoperte del momento equello che può accadere di imprevisto durante lo svolgimento diuna campagna fotografica è molto interessante, ed è quasi unevento atteso, poiché so che ciò può fare la differenza.Che rapporto intercorre oggi tra l’antico e il moderno, nelleprincipali città italiane?Dipende molto dalle città. Tra quelle che ho fotografato, Man-

tova è una città che a causa del lago che la circonda, ha una pe-riferia separata dal centro. Milano è una città moderna, all’internodel cui corpo si possono trovare frammenti isolati di storia del pas-sato. Città con una grande storia urbana come Firenze e Roma,ad esempio, forse vivono diversamente il rapporto con il mo-derno, ma soprattutto con la periferia: drammatico a Firenze, inquanto passaggio contiguo e violento, molto più articolato aRoma, città che sa far convivere storia e modernità. Centro e periferia, sono mondi ancora molto lontani tra loro? Secondo gli urbanisti contemporanei le nozioni di centro e di

periferia sono superate. Spesso nuovi simil-centri-urbani si svi-

luppano all’interno delle periferie stesse, stravolgendone i rapportitradizionali. In ogni caso il concetto di città diffusa, di ScatteredCity, ha trasformato e sconvolto l’immagine della topografia ur-bana di moltissimi luoghi del mondo.In una intervista lei ha detto che le città del mondo sono inpieno e inarrestabile sviluppo, quindi bisogna guardarle conuna nuova sensibilità e un nuovo sguardo. In che senso?Penso che dalla metà degli anni ‘80 la fotografia abbia parteci-

pato in modo sempre più definito alla registrazione e alla misu-razione del mondo esterno. Gli urbanisti, a partire dalla celebreesperienza della Mission Photographique de la Datar, si sono ac-corti, a fronte della difficoltà di comprendere e reagire alle tra-sformazioni territoriali di fine secolo, che lo sguardo fotograficopoteva aiutare a comprendere meglio il fenomeno, accettandoneuna lettura poetica, artistica, anche se non scientifica. Il mio lavorofin dalle prime esperienze, ha condiviso questa avventura, cercandonel tempo un’accettazione del paesaggio e non una sua opposizionecritica, per comprenderne in un modo più efficace la natura.Ha fotografato tantissime città: Milano, Amburgo, Beirut,Montecarlo, San Francisco, Berlino, Roma, Bologna. Qual èla realtà urbana che maggiormente l’ha colpita?Beirut sopra tutte evidentemente, per il dramma della guerra ci-

vile. Berlino per la sua ossessione per la modernità e la trasfor-mazione continua. Milano perché è la mia città e le sono affe-zionato. Montecarlo perché è una grottesca Manhattan inminiatura. San Francisco perché è bellissima e perché è “on theroad”. E Roma non smetterei mai di fotografarla. Dopo tantissimi anni di servizi fotografici spera di poter sco-prire qualcosa di nuovo dietro l’architettura di una città?Se non fosse così sarebbe deludente: per me il rapporto con la

città è un rapporto dialettico. Cerco qualcosa che so già di tro-vare, ma contemporaneamente mi aspetto di essere sorpreso.Le città non esisterebbero senza i loro abitanti. Perché la pre-senza umana è quasi sempre assente nei suoi lavori? In una sintesi forse un po’ troppo schematica, le opzioni possibili

per fotografare una città sono due: con o senza persone. Io fin dal-le origini ho scelto la prima, forse perché mi sono identificato inquella parte di esperienza visiva che appartiene alla storia della fo-tografia che dalle origini, passando per Atget, ci porta fino ai Be-cher, laddove l’oggetto, l’architettura, e lo spazio, nella loro asso-luta solitudine, sono magnificamente sufficienti a trasmetterci in-formazioni oggettive e poetiche sulla loro identità. I luoghi animatidalla presenza delle persone sono altrettanto interessanti, ma per-sonalmente sono abituato a percepire lo spazio in modo congruoed essenziale quando è vuoto. Solo così riesce a comunicarmi l’ener-gia e la forma potenziale che è in grado di esprimere.

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l’uomo creò la materia. Sintetizzata di volta in voltae negli anni nelle forme di polipropilene, polisti-rene, polietilene, resine acriliche, PVC e policarbo-nati. Poi fu l’idea. Un’idea di applicazione funzionale

delle conoscenze acquisite: «produrre oggetti che avessero ca-ratteristiche innovative, intese come applicazione di nuove tec-nologie produttive, rivolte all’economia del materiale e all’effi-cienza del processo». È con questo proposito che Giulio Castelli,ingegnere chimico milanese, fonda nel 1948 l’azienda Kartell eda allora a oggi l’idea all'origine continua a concretizzarsi gra-zie alla collaborazione di grandi nomi del design mondiale e allaricerca tecnologica continua.Oggi festeggiamo i 60 anni del mito Kartell ripercorrendo la sto-ria di un’azienda italiana leader nel settore del design industrialeattraverso gli innumerevoli volti che il materiale di sintesi neisuoi caratteri sempre diversi ha assunto nel tempo e attraversoi volti di un’imprenditoria illuminata di cui lo stesso Castelli èstato rappresentante. Perché Kartell nasce nel 1948, periodo dirazionalismo civile e visionario. Il connubio virtuoso tra indu-stria e scienze umane si può fare. Il credo etico può fecondare ilprocesso industriale. Sono moltissimi i casi in cui l’imprendi-torialità è vocazione positivistica: mettere l’uomo con le sue esi-genze ideali e pratiche al centro della struttura produttiva. Non stupisce allora che in questo clima, insieme all'azienda Kar-

tell, si vada sviluppando un sistema imprenditoriale di coope-razione creativa che una decina di anni dopo, nel 1956, con Giu-lio Castelli come fondatore insieme ad altri e presidente, assu-merà le forme dell’ADI, Associazione per il Disegno Industriale.Come racconterà in un’intervista l’ing. Castelli, il desiderio dicondividere idee e opinioni è alla base di questa esperienza che,agli inizi, raccoglieva in riunioni serali informali tutte le forze chelavoravano attorno a un progetto industriale. Imprenditori, ar-chitetti, grafici e critici riuniti per discutere i problemi del de-sign industriale. E accadeva che durante una serata informale inuno scantinato di Giò Ponti, Guido Gerosa spiegasse il progettodella 500. Intanto lo sviluppo della ricerca nel campo dei poli-meri sintetici prosegue. Qualche anno prima, l’11 marzo 1954Giulio Natta, direttore dell‘Istituto di chimica industriale del Po-litecnico di Milano di cui Castelli era stato allievo, poteva an-notare sulla sua agenda «Fatto il polipropilene», riferendo cosìdi quella scoperta che nel 1963 gli sarebbe valso il premio No-bel per la chimica. E intanto anche il mondo della progettazioneartistica raccoglie la riflessione sugli stessi materiali di sintesi conle sperimentazioni di Bruno Munari sugli strati di cellofan co-lorati e piegati o con le composizioni di rhodoid graffiato, clo-ruro di polivinile bruciato, celluloide e retino grafico, in una ri-flessione continua sul materiale e sulle sue infinite possibilità diapplicazione multimediale.

DI CREATIVITÀ

60 ANNI SEM

PRE

AL TO

P

In passato hanno disegnato per lei, Colombini, Rosselli, Gardella, Colombo. Oggi, invece, Starck, Lissoni, Citterio, Urquiola. La Kartell festeggia i suoi primisessant’anni. All’insegna dell’anticonformismo e dell’innovazione di Silvia Di Persio

60E

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SPREMILIMONI SEGGIOLINA PARTNER OFFICE SEDIA SOVRAPPONIBILE

1964 19681957

Made in Italy

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Lampada da tavoloBuorgie. Una rivisitazionedi un classico: la lampadabarocca. La rivoluzionariainnovazione di questalampada è quella di essererealizzata interamente inpolicarbonato trasparente o colorato in massa

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SEDIA SOVRAPPONIBILE COMPONIBILI TONDI COMPONIBILE POLVARA SEDIA SOVRAPPONIBILE

1969 1975 1986

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Il prodotto con cui Kartell esordisce sul mercato è una rispostafunzionale a uno dei riti della società italiana degli anni ’50 conil progetto del Portasci a opera dei designer Carlo Barassi e Ro-berto Menghi su brevetto Pirelli. Ma l’idea che si va affermandonell'Italia di questo periodo è che ogni giorno deve avere la suacomodità. Kartell raccoglie la sfida e sposta la sua produzionedall’ambito extraquotidiano del tempo libero a quello casalingodella vita di tutti i giorni, con la creazione degli oggetti più rap-presentativi del marchio in questi anni. Il principale artefice diquesta fase è il designer Gino Colombini responsabile dell'uffi-cio tecnico di Kartell. È grazie al suo progetto di Secchio in po-lietilene con coperchio che nel 1955 l’azienda si aggiudica il“Compasso d’oro”, primo di una lunga serie di riconoscimentianaloghi. Robustezza ed essenzialità delle sezioni e riconosci-mento della libertà di gusto che lo stampo plastico presume, allabase della premiazione. In questi anni ’50, il connubio tra Kar-tell e innovazione modella i principali prodotti casalinghi in uso,tracciando allo stesso tempo le coordinate per gli oggetti futuri.La plastica entra nelle case degli italiani sottoforma di alzaim-mondizie con manico in polistirolo antiurto o come spremili-moni KS1481. Alla soglia degli anni '60 l’azienda può ormai identificarsi conuna conoscenza approfondita della grande versatilità d’uso delmateriale plastico ed esplorarne le potenzialità in modo diversi-

ficato. Tutti i presupposti per uno sviluppo autonomo delle di-verse istanze della ricerca Kartell sono maturi e l’azienda iniziail suo progressivo allontanamento dal settore del prodotto do-mestico d’uso comune per avvicinarsi ad altre soluzioni. Nasconoallora il settore illuminazione che verrà inglobato dal settore HA-BITAT, dedicato ai mobili, ai complementi d’arredo e all’illu-minazione e quello dedicato ai materiali da laboratorio LAB-WARE. Simbolo della maturità tecnologica di Kartell e archetipodel dominio modulare del periodo è la seduta sovrapponibile4867- Universale di Joe Colombo del 1968, sedia ottenuta conla tecnica dello stampaggio a iniezione fino ad allora utilizzatanell’industria automobilistica, mentre Anna Castelli Ferrieri(scomparsa come Giulio Castelli nel 2006), architetto, industrialdesigner, moglie inseparabile e collaboratrice di Giulio Castelliche tanto influenzò l’orientamento sperimentale di Kartell, pro-getta i mobili modulari e le fioriere sulla base delle nuove ne-cessità di movimento della società di massa. «Il nostro credo - affermava in un’intervista Anna Castelli Fer-rieri - era quello di arrivare a liberare la gente dal bisogno e dallafatica attraverso il razionalismo, attraverso la produzione indu-striale di massa». E questa stessa etica dell’oggetto d’uso quoti-diano continuerà a permeare la produzione Kartell anche nei suc-cessivi anni '70, periodo in cui è la designer milanese a utilizzarela nuova tecnica di annegamento di inserti metallici nel mate-

Nella foto a sinistra: Anna Castelli Ferrieri (1920 - 2006), architetto e designer. Dal 1966, inizia a collaborare con Kartell, l’azienda fondata dalmarito Giulio Castelli (1920 - 2006), nella foto a destra. Sarà lui a chiamare grandi nomi come Castiglioni, Aulenti, Colombo, Zanuso, Sapper

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60 ANNI SEM

PRE

AL TO

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SEDIA DR GLOB CASSETTIERE MOBIL LIBRERIA BOOK WORM

1993 19941988

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riale plastico per i suoi sgabelli, mentre sulla scia dello stesso con-cetto etico-pratico, l’azienda si avvale di Centrokappa nel 1979per la progettazione del Sistema Scuola, un sistema di elementidi arredo allo stesso tempo didattici e di gioco composto da se-dute, panche e tavoli corredati da una serie di accessori, da com-porre e scomporre tramite grandi viti e un cacciavite-gioco. Arrivano gli anni ’80 quando tutto sembra sia stato fatto e tuttorimane da consumare. Un’epoca si è chiusa. Giulio Castelli passail testimone a Claudio Luti, già amministratore delegato di Ver-sace, che diventa presidente e proprietario dell'azienda. Inizia laseconda vita di Kartell che decide di raccontare agli altri e a sestessa tutti i decenni della propria storia. Nasce così la mostraKartell 1949 – 1983. Progetti per il presente. Il marchio esorcizza la crisi dello spartiacque generazionale edesce dalla riflessione su se stesso rafforzato nella sua identità at-tuale e pronto a raccogliere nuove sfide. Tutte le proprietà strut-turali dei materiali sono state svelate ma il mercato pone nuovedomande, altri materiali vengono sintetizzati e l’azienda, fa-cendo proprie le esigenze sensoriali che da quel momento in poicostituiranno una richiesta costante nel campo del design, con-tinua a sperimentare. Kartell gioca con le leggerezze e con gli spes-sori. Sperimenta le nuove colorazioni e coniuga la plastica con al-tri materiali come il legno, l’alluminio e l’acciaio. Luti si avvaledella collaborazione di designer di fama internazionale, Phi-

lippe Starck, Vico Magistretti, Ferruccio Laviani, Antonio Cit-terio e Ron Arad tra gli altri. Nel 1999 nasce la sedia La Marie,primo prodotto d’arredo in policarbonato al mondo, antesi-gnana dello studio sulla trasparenza che caratterizzerà questianni 2000 insieme alla nuova interlocuzione con il mondo dellamoda, fucina di ricerca e di creatività dei nostri giorni. È del 2007 il progetto Mademoiselle à la mode con un’idea checoniuga l'identità dell'oggetto di design con la stagionalità e lamutevolezza delle mode. Ne è protagonista la poltroncina dise-gnata da Philippe Starck che viene “vestita” dai principali fashionbrand italiani e internazionali quali Valentino, Dolce & Gab-bana, Missoni, Moschino, Burberry, Etro, Gaultier e Lacroix. MaKartell non si accontenta di vestire le sue creazioni e nel 2008 lan-cia le “Glue Cinderella”, una collezione di ballerine in plasticache, anche in questo caso, partendo dalla ricerca dell'azienda nelmondo dei materiali plastici, si avvale del sofisticato design diNormaluisa. Chi desideri rivisitare la storia di questa grande azienda potràfarlo attraverso lo sguardo di protagonisti del mondo della foto-grafia, dell'arte contemporanea e della letteratura come HelmutNewton, David LaChapelle, Peter Lindbergh, Fabrizio Ferri,Bruce Weber, Maurizio Cattelan e Vanessa Beecroft, i quali nellepagine del libro in edizione speciale edito da Skira Editore “ka-rARTell”, hanno reinterpretato più di 150 oggetti del marchio.

Sopra: una foto scattata durante la mostra “La Donation Kartell”. Da sinistra: Guido Borona, Ron Arad, Ferruccio Laviani, Claudio Luti, AlbertoMeda, Vico Magistretti, Anna Castelli Ferrieri, Achille Castiglioni, Giulio Castelli e Roberto Picazio. A destra Claudio Luti, Presidente di Kartell

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LIBRERIA BOOK WORM SEDIA GIREVOLE MAURI SEDIA LA MARIE

1996 20001999

POLTRONA BUBBLE CLUB

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S P E C I A L EC E R A M I C A

Nonostante la crisi economica, le aziende del settore ceramico investono in

tecnologia e design. Nuove tecnologie per la decorazione e una particolare

attenzione al tema della sostenibilità potrebbero rilanciare il settore di Giò Cirillo

L’intero settore produttivo della ceramicaper l’architettura è stato negli ultimi anniinvestito da una volontà di rinnovamentoper competere in un mercato ormai con-solidato e farsi strada cercando nuovenicchie inesplorate. Oggi il mercato pro-duttivo offre un prodotto dalle elevatetecnologie per rispondere alle funzioni ri-chieste, associando soprattutto ad esse unalto grado di personalizzazione. Soprat-tutto i materiali ceramici seguono la ten-denza a sperimentare nuove tecnologieche, permettendo di mantenere relativa-mente bassi i costi, sono in grado di pro-durre elementi mirati a soddisfare laclientela. «Utilizzati da sempre come ma-teriali da rivestimento, oggi i prodotticeramici sono considerati dei compo-nenti tecnologici il cui valore va al di làdella semplice funzione. Importante è

stata la loro evoluzione negli ultimi anni.Fino alla presentazione di prodotti sem-pre più sofisticati, come i gres porcella-nati, che per certi aspetti ricordano lepietre naturali, ma che hanno caratteri-stiche molto più resistenti. Dalla casa aisupermercati, dagli aeroporti ai localipubblici, il settore della ceramica si è am-pliato molto», ci spiega Alfonso Panzani,Presidente di Confindustria Ceramica. Enonostante il settore della ceramica Madein Italy sia stato colpito dalla crisi inter-nazionale e abbia chiuso il 2008 con uncalo sia nelle quantità prodotte (-6,4%,ferme a 523 milioni di mq) sia nelle ven-dite, che si contraggono del 6,7%, leoperazioni di rianimazione stanno dandoi loro frutti. «Le strategie messe in campo- continua Alfonso Panzani - sono di-

verse. Innanzitutto noi non vendiamouna commodity, ma un prodotto legatoai servizi. Un servizio di tipo commer-ciale che i nostri concorrenti non of-frono. Noi normalmente consegniamoun piccolo bagno anche in Paesi moltolontani. Pertanto operiamo in 150 na-zioni diverse nel mondo e offriamo unservizio improponibile per altre industriestraniere. Stiamo svolgendo una politicadi investimenti e contemporaneamentestiamo cercando di internazionalizzarel’attività produttiva nei Paesi dove lo svi-luppo è più elevato, come Stati Uniti,Russia, Spagna, Francia, Germania. Im-portante, infatti, in questo momento, èpuntare sull’innovazione, sulla ricerca». La strada dell’innovazione in questo set-tore, infatti, si è sviluppata verso la ricercadi nuovi processi produttivi e di elevati ri-sultati, cercando di rispondere alla richie-sta di flessibilità e alta produttività che ilmercato impone. I principali filoni diquesta ricerca riguardano l’aspetto este-tico e quello sostenibile, applicato soprat-tutto al ciclo di produzione del materialee alla riduzione dell’impatto degli scartidelle lavorazioni. Ogni tipo di materialeceramico ha, però, un diverso modo diraccogliere la sfida dell’innovazione: le ce-ramiche e il gres porcellanato si prestanosoprattutto alla personalizzazione super-ficiale, decorativa e dimensionale, coniu-gando gli aspetti tecnologici con gli ultimisviluppi delle ricerche legate all’estetica ealla capacità di veicolare valore. Spiega ilPresidente Panzani: «Da sempre inve-stiamo tra il 5 e 7 per cento del nostro fat-turato in nuovi impianti, processiproduttivi, macchine, design. Puntiamo

La ceramica: nuove frontiere

Sopra: Alfredo Panzani, Presidente di Confindustriaceramiche. A sinistra:Metropolitana di Atene (Grecia). Progetto:I.S.A.P.S.A. - Risos Athanase Civil Ingenieur.Materiali: percorsi per non vedenti LOGES.Pavimenti: linea Granitogres serie Granito 1colore Ontario (formato 30x30)

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su tutto ciò che è innovazione. Per noiessere innovativi è sempre stato l’unicomodo conosciuto per rimanere leader nelmondo. Quindi anche in un momento digrande difficoltà come questo le aziendestanno investendo forse anche di più ri-spetto a quello che normalmente fanno.Intanto è fondamentale ricordare che igrandi processi produttivi sono nati e sisono sviluppati a Sassuolo, mentre gli altriPaesi fino ad oggi hanno sempre guardatocon interesse a quello che succedeva quida noi». Il nuovo input verso l’innova-zione vede, inoltre, una forte contamina-zione tra le discipline del design e laricerca della qualità estetica. Strettamente

legato al marketing di prodotto, questoambito di innovazione vede la piastrellaceramica non più come un semplice ele-mento funzionale per rispondere a unanecessità (quella di rivestire) ma quale og-getto con nuovi connotati e significati,quasi un oggetto d’arte da ammirare.Sempre più, infatti, designer, artisti e pro-gettisti sono chiamati dalle aziende pro-duttrici per ideare nuove superfici,lavorando insieme per realizzare vereopere d’arte. Chiara è ormai la volontà diperseguire la massima personalizzazionedel prodotto, che si pone sempre piùcome protagonista e non come semplicecomponente di un’ambientazione. «Le

strade per l’innovazione nel settore cera-mico riguardano principalmente il filoneestetico e quello prestazionale. Noi cer-chiamo di coniugare le due cose. Con ilgres porcellanato, ad esempio, siamo riu-sciti a coniugare un prodotto che è al-l’avanguardia per i requisiti tecnici asoluzioni estetiche assolutamente straor-dinarie e di forte impatto». La ricerca di valorizzazione del prodottosi ottiene grazie all’impiego di nuovi mac-chinari, tecnologicamente sempre piùavanzati. Grazie a queste applicazioni sipossono ottenere oggi nuove decorazionie textures. Tra queste, quelle più diffusesono, per esempio, la serigrafia e la calco-grafia a contatto, che permettono la de-corazione e l’applicazione di disegni sullasuperficie ceramica. La serigrafia (proce-dimento di stampa che permette di crearedecori su un supporto mediante passag-gio di inchiostro attraverso la trama diun tessuto) nel campo della ceramica uti-lizza una tecnologia analoga a quella dellaserigrafia classica, ma al posto degli in-chiostri vengono utilizzati gli smalti.Molto interessante, inoltre, risulta essereuna recente modalità di decorazione: lafotoceramica. Tecnica, questa, legata allosviluppo di un innovativo processo di ri-produzione mediante la quale è possibiletrasferire sul supporto ceramico (o vetro)un’immagine, a colori o in bianco e nerocon qualità ad altissima definizione.Un altro settore di ricerca nel compartodella ceramica riguarda l’aspetto della so-stenibilità. «Noi produciamo con delletecnologie - conclude Alfonso Panzani -che hanno portato grandissimi risparmienergetici. Siamo considerati i primi nelnostro campo. Nel settore della casastiamo cercando di ottenere dei risultatiche possano permettere di risparmiareenergia, come per esempio pareti venti-late per creare delle condizioni migliori dirisparmio o anche piastrelle che servonoper produrre energia». In quest’ambitomolte aziende si sono impegnate per mi-gliorare la produzione e rispondere alla ri-chiesta sempre più pressante di certificazi-oni e attestati che verifichino il rispettodella normativa europea o la conformità astandard di qualità bioecologica.

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A destra: Aeroporto diFiumicino a Roma.Pavimentazione di 16.000mq su due piani realizzatain gres porcellanato 615Llevigato 60x60 cm. Sotto: Palazzo del ghiaccioLoefbergs Lila Arena,(Svezia). Pavimentazioniinterne e rivestimenti:soluzione a scacchiera a 45°con piastrelle lucide e opachea tre colori. L'effetto è dinotevole luminosità espazialità. Prodotto:Granitogres serie Granito 3,Budapest - serie Marte,Raggio di Luna, NeroAcapulco. Design: Bergfjord/ Ivarsson Arkitekter AB

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La ceramica. Cosa evoca questo termine?L’immagine più ovvia è quella di grandipavimenti colorati. Il desiderio di dilatarelo spazio. Di uniformare l’ambiente o dif-ferenziarne le funzioni. Caratterizzare conluce e colore ciò che ci sta intorno. In po-che parole dare un’identità ad uno spazio.Ma volendo andare oltre la prima evoca-zione della ceramica, allora se ne apprezzail suo aspetto materico: un composto inor-ganico, non metallico, rigido, fragile emolto duttile. Frugando nella storia la tro-viamo sotto varie vesti: vasellami, sculture,rivestimenti, elementi da costruzione. Unasfilza di prodotti formati di terra, foggiatia mano e poi cotti. È l’acqua che vi confe-risce plasticità, le mani dell’uomo la pla-smano e il fuoco con il calore e la sec-chezza la blocca per sempre nella formaprestabilita. È una materia che nelle sue di-verse forme e potenzialità catalizza l’atten-zione e finisce per armonizzare tutto ciòche le sta intorno. «Quando si parla di ce-ramica oggi giorno non si deve pensareall’immagine tradizionale legata alla stovi-glieria o alle costruzioni ma a scenari che

includono orizzonti estremamente vastiper quanto attiene il suo impiego», cispiega Goffredo De Portu, direttore del-l’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Ma-teriali Ceramici del Consiglio Nazionaledelle Ricerche (ISTEC-CNR). L’Istituto,con sede principale a Faenza, vanta la forzadi Laboratori Scientifici, idonei allo studiodelle proprietà dei materiali, e LaboratoriTecnologici, relativi allo studio del pro-cesso di fabbricazione dei materiali.Domanda. Direttore, quali sono le pe-culiarità più salienti della ceramica?Risposta. La ceramica è un materialeestremamente interessante. Possiede ca-ratteristiche fisico-chimiche e meccaniche

uniche. Esibisce una notevole inerzia chi-mica, una bassa densità, elevata rigidità(modulo elastico), durezza e resistenza al-l'usura. Oltre a ciò possiede una rimar-chevole resistenza meccanica ad alte tem-perature. Tutto ciò le permette di operarein ambienti ostili, proibitivi per altri ma-teriali. Tuttavia queste eccellenti proprietàvengono condizionate dalla fragilità checontraddistingue questo materiale. Questalimitazione intrinseca si esplicita in unabassa tenacità che ne limita in qualchemodo le applicazioni strutturali. Tutta-via, grazie all’intensa attività di ricerca in-ternazionale a cui l’ISTEC ha dato unsuo contributo, è cresciuta la consapevo-lezza che i materiali ceramici possono svol-gere un ruolo anche in settori fino a pocotempo fa neppure immaginati. Di conse-guenza alcune barriere tecnologiche con-nesse alle limitazioni sopra descrittestanno per essere superate.D. La ceramica è un materiale versatilenelle sue applicazioni?R. Se guardiamo alle vaste potenziali ap-plicazioni possiamo senz'altro dire di sì.

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S P E C I A L EC E R A M I C A

Usati da sempre, i materiali ceramici sono considerati oggi dei componentitecnologici attivi nella realizzazione dell’involucro architettonico. Diventandooggetto di studio e ricerca. Ne parliamo con Goffredo De Portu di Roberto Sanna

Progresso e tecnologia

Goffredo De Portu

Page 109: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Applicazioni che spaziano in svariati set-tori: l'ingegneria strutturale delle alte tem-perature, il biomedicale, l'energetica, l'elet-tronica, l'edilizia tradizionale e quellabio-sostenibile, l'opto-elettronica, le tele-comunicazioni arrivando fino alla salva-guardia del patrimonio culturale. D. Qual è l’uso più innovativo nell’archi-tettura?R. Ci sono prodotti ceramici innovativi, lecui potenzialità ancora non sono state pie-namente sfruttate in architettura. Si trattadi pannelli ceramici e di piastrelle cerami-che multifunzionali. I pannelli possonoraggiungere i 360x120 cm con soli 3 mmdi spessore. Si ha così un basso peso permetro quadrato e una flessibilità primad’ora impensabili per rivestimenti cera-mici. Le applicazioni di questi pannellisono attualmente nelle pareti ventilate, ri-vestimenti di superfici curve (es. gallerie,stazioni metro), nell’arredo interno (porte,piani tavola e cucina, ecc.) ma si è tuttoraalla fase esplorativa delle possibilità d’im-piego. Le piastrelle multifunzionali inveceabbinano le caratteristiche tecniche edestetiche di eccellenza del gres porcella-nato con funzionalità assolutamente in-novative, quali ad esempio qualità anti-batteriche e autopulenti, fosforescenza, econducibilità elettrica per evitare caricheelettrostatiche. Si stanno sviluppando an-che piastrelle fotocatalitiche e sensibili allecondizioni ambientali.D. Quanto è importante la ricerca in que-sto settore? E soprattutto, le aziende ita-liane sono al passo con la ricerca?R. Questo è un punto delicato. Anche inquesto campo, come per la ricerca in ge-nerale, il livello cronicamente basso dellerisorse disponibili sia finanziarie cheumane fa sentire il suo peso. Tuttavial’ISTEC, grazie alla sua capacità di coniu-gare scienza di base e tecnologia, riesce adavere un discreto rapporto con Istituzioniscientifiche ed imprese. Proprio per questasua particolare posizione nel panoramascientifico nazionale ed internazionale,l’ISTEC si è rafforzato in un ruolo resoquanto mai attuale dalle recenti necessitàdi collocare la ricerca sul mercato. La ri-cerca, sia quella di carattere più tecnolo-gico che quella fondamentale, sono en-

trambe di estrema importanza. Infattimentre la prima si propone di trasferire co-noscenze indispensabili per dare rispostealle attuali richieste avanzate dalla società,la seconda è lo strumento principale peraccumulare un patrimonio di conoscenzein grado di dare, in futuro, risposte alle do-mande che verranno, o che ancora ogginon sono state formulate, e che è compitodella ricerca stimolare. Le aziende italianesi rendono conto che competere con i paesiemergenti soltanto in termini di costi diproduzione è impossibile. Quindi accantoa una ricerca sui processi produttivi (che èdi tipo incrementale) indirizzata in parti-colare alla riduzione di tali costi, si af-fianca oggi una sensibilità verso l’impor-tanza di creare nuovi prodotti sia ad altocontenuto tecnologico sia con particolareappeal estetico e funzionale. Progredire inentrambe le direzioni è l’unico modo permantenere la posizione di leadership nelmercato internazionale. D. Le aziende produttrici rispettano lenormative europee e gli standard di qualitàbioecologica?R. La produzione ceramica italiana ri-spetta le normative nazionali ed europeetanto di carattere tecnico quanto di qualitàbioecologica. Non è un caso che sia stataproprio l’industria italiana a fare da batti-strada nello sviluppo e applicazione di co-dici di salvaguardia ambientale. Tutti iproduttori del distretto emiliano-roma-gnolo si attengono alle linee guida di so-stenibilità ambientale, adottando le BAT(Best Available Technologies) e alcuni otte-nendo marchi di valore ecologico (es. Eco-label). Questo è un traguardo che i paesiconcorrenti, anche nell’ambito dell’UE,ancora debbono raggiungere.

D. Qual è il rapporto tra la ceramica e il ri-sparmio energetico?R.Bisogna considerare che l’industria dellaceramica è uno dei più grandi consumatoridi energia in Europa, con costi energeticiche contribuiscono ad oltre il 30 % sui to-tali di produzione. Gli sforzi attuali sonoindirizzati verso la messa a punto di tec-nologie e metodologie ad elevata efficienzaenergetica per una significativa riduzionesia in termini di costi specifici che delleemissioni inquinanti nell’intera filiera diproduzione. In verità significativi risparmienergetici e una migliore qualità di vitapossono essere conseguiti se i materiali dacostruzione sono progettati, prodotti emessi in opera in modo appropriato rela-tivamente alla loro capacità di trasmettereil calore. In questo ambito molto si sta fa-cendo nella progettazione e trasferimentoalle aziende di materiali innovativi idoneial rispetto di quelle direttive europee (adesempio la 2002/91/EU) che fissano i li-miti nei consumi energetici.D. I superconduttori ceramici. È possibiledarne una semplice definizione?R .Quando la corrente attraversa un con-duttore parte di essa viene dissipata sottoforma di calore (effetto Joule). I super-conduttori sono materiali che permettono

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Nella pagina a fianco, in alto: CondominiumTrnovski Pristan, Ljubljana in Slovenia,realizzato dallo studio Sadar Vuga Arhitekti.La facciata del condominio è rivestita dapixel di piastrelle di ceramica multicolore in maggioranza gialle. A destra: uno dei mosaici ceramici delGiardino del Gigante a Cento, progettato da Marco Pellizzola. Per ogni metro quadratodi superficie sono stati utilizzati centinaia di frammenti ceramici. In totale sono statiadoperati alcuni miliardi di tessere

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la trasmissione di corrente elettrica senzadissipazione esibendo una resistenza pres-soché nulla. Tuttavia questo fenomeno simanifesta a temperature estremamentebasse. Pertanto i materiali supercondut-tori devono essere raffreddati utilizzandogas in forma liquida quale l’elio o l’azotoAlcuni anni fa è stata verificata la capacitàdei materiali ceramici di condurre cor-rente senza rilevanti fenomeni di dissipa-zione fino a temperature di oltre 120 K(-153 °C). Questi vengono definiti super-conduttori ad alta temperatura critica(TC). Si può facilmente intuire che po-tendo, in questo caso, utilizzare l’azoto li-quido quale refrigerante, i costi di utilizzodi tali materiali si riducono drasticamentecosì come le complicazioni di caratteretecnologico.D. Le nuove tecnologie laser usate percreare pattern decorativi hanno contri-buito al rilancio della ceramica come rive-stimento nell’edilizia?R . L’adozione del laser nella lavorazionesuperficiale, nella decorazione e in generalenell’arricchimento e raffinazione estetica dimateriali ceramici sta diventando una tec-nologia sempre più diffusa. Il laser per-mette di operare con accurata precisione econ grande flessibilità e velocità di esecu-zione cambiamenti di colore e combina-zioni cromatiche innovative ed asporta-zione selettiva di parte dello spessore

superficiale. Quindi, rispetto alle tecnolo-gie più tradizionali di decorazione dellaceramica, un sistema di decorazione e dilavorazione superficiale integrato nella li-nea produttiva consente di soddisfare leesigenze dell’industria della ceramica im-plementando l’affidabilità, la produttivitàe la continuità del processo. Permette inol-tre, di ottenere soluzioni cromatiche edeffetti estetici innovativi che contribui-scono alla realizzazione e commercializza-zione di prodotti ad elevato valore ag-giunto in grado di salvaguardare fetteimportanti dei mercati internazionali.D. La garanzia di qualità di un prodotto ce-ramico è legata alla tecnologia e al design?R . Tecnologia e design sono conditio sinequa non per produrre ceramica di eccel-lenza. Ma la garanzia di qualità sta nel si-stema integrato di controllo del prodottoe del processo che viene attuato dalle im-prese italiane attraverso le certificazioniISO 9000 e 14000, dai marchi di qualitàe dalle dichiarazioni di conformità allanormativa vigente. Si tratta di un quadroin evoluzione, per cui la garanzia di ALTAqualità sta nella capacità dell’impresa diguardare avanti e affrontare le nuove sfidedel mercato investendo nella ricerca e nel-l’innovazione tecnologica e di design. D. Il prodotto ceramico italiano ha mer-cato all’estero?R . La produzione ceramica italiana vantaun’autentica leadership mondiale in fattodi creatività e innovazione tecnologica,comprovata da una percentuale di exportche supera il 70% tanto per le piastrellequanto per le macchine e attrezzature perceramica. Questo risultato – reso possi-bile proprio grazie al felice connubio fraindustria ceramica (produttrice di pia-strelle) e industria meccanica (produttricedi macchinari) – è ancor più significativose si tiene conto del crescente grado di in-ternazionalizzazione: circa un quarto dei600 milioni di metri quadrati di piastrelleprodotte da aziende italiane è fabbricato al-l’estero e oltre il 60% del mercato globaledi macchine e attrezzature per ceramica èappannaggio delle imprese italiane.

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Sopra: l’esterno della Stazione ferroviaria diModena. Pavimentazione in gres porcellanatodella serie "Modigliani". Per le caratteristichetecniche il prodotto può essere utilizzato inambienti interni (centri commerciali, alberghi,locali pubblici) ed esterni (terrazzi, balconi)

Sotto: l’allestimento “Corte” progettato daIlaria Marelli in occasione di Pitti Immagine2008. Caratteristiche sono le pareti dai decorifigurativi che riproducono gli azulejos diLisbona, ceramiche figurate con scene dicampagna, figure mitologiche, archi e portali

S P E C I A L EC E R A M I C A

Page 111: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

Quello del risparmio di energia e della sostenibilità ambientale è

un impegno decisivo e non prorogabile, tenuto conto del fatto che

il settore edilizio pesa in modo gravoso sull’ambiente e che l’Italia

è, dal punto di vista energetico, largamente dipendente dalle im-

portazioni estere. Risultati apprezzabili sono già stati ottenuti in

questo senso: dalla gestione termica degli edifici alla loro riquali-

ficazione energetica, dallo sfruttamento delle fonti rinnovabili a un

impiego energeticamente consapevole dei materiali, il comparto ha

fornito segnali incoraggianti. La nuova frontiera è rappresentata dai

sempre più frequenti elementi architettonici con fotovoltaico in-

tegrato. Tra le applicazioni più promettenti in questo campo com-

pare anche la piastrella in ceramica fotovoltaica, inserita fra i pro-

getti del Cecerbech, il laboratorio del Centro Ceramico di Bologna

che si occupa dello sviluppo di piastrelle con superficie funziona-

lizzata, ossia capaci di interagire con l’ambiente e l’edificio. Bat-

tendo la concorrenza europea, il laboratorio è al lavoro su questo

materiale dal maggio 2004, anche se in termini di progettualità gli

studi risalgono ad alcuni anni prima. L’intuizione di base è che la

piastrella tradizionale ha tutte le capacità per trasformarsi in un pro-

dotto dalle caratteristiche funzionali e dalle elevate prestazioni.

«L’idea della piastrella fotovoltaica – spiega Arturo Salomoni, co-

ordinatore della Sezione ceramiche tecniche avanzate del Centro –

è di dare alla piastrella una funzione in più rispetto a quella che nor-

malmente ha già». Nello specifico il valore aggiunto è dato dal con-

ferimento alla superficie della piastrella ceramica, e al suo eventuale

strato di smalto, non solo di un valore estetico ma anche di una fi-

nalità supplementare. «Se la piastrella, oltre che abbellire e rivestire,

diventa capace di catturare l’energia solare come un normale pan-

nello fotovoltaico, le pareti ventilate degli edifici possono offrire de-

cine di metri quadrati disponibili per mettere a frutto questa sua

nuova funzione». La piastrella fotovoltaica non è una normale

piastrella alla quale viene semplicemente sovrapposta una cella fo-

tovoltaica. Quest’ultima viene, al contrario, costruita sulla super-

ficie della piastrella in sostituzione dello smalto abitualmente ap-

plicato. Strutturalmente, dunque, la piastrella è costituita da vari

strati di superficie, di cui uno metallico a sua volta ricoperto da uno

strato di silicio amorfo. Il tutto è poi avvolto da un film protettivo

che garantisce la resistenza, l’inalterabilità e la durata del prodotto.

Il risultato è una piastrella capace di produrre energia elettrica e ido-

nea a essere utilizzata nel rivestimento degli edifici ma non nelle su-

perfici calpestabili: la sua naturale destinazione sono le cosiddette

facciate ventilate dove i rivestimenti esterni non sono applicati di-

rettamente sulla parete ma su una specie di griglia che forma una

camera d’aria, un’intercapedine tra la parete e il rivestimento.

Questa camera d’aria isola termicamente gli interni, sia dal caldo

che dal freddo, e garantisce oltre al risparmio energetico una mi-

gliore qualità della vita domestica. Quanto alla conciliabilità del-

l’aspetto estetico con quello prestazionale, «i riporti di un film sot-

tile sulla superficie – chiarisce Salomoni – crea, ad esempio, delle

limitazioni nei colori e nei disegni. È per questa ragione che oc-

correrà lavorare in sinergia con architetti, designer e stilisti», que-

sti ultimi non a caso responsabili in larga parte del boom del pro-

dotto piastrella. Nella logica secondo la quale più superficie viene

ricoperta e più l’impianto è potente e capace di immagazzinare

energia, quello del disegno rimane comunque un limite risolvibile

nascondendo la circuiteria, mettendo a punto disegni di natura geo-

metrica o studiando zone di chiaroscuro. «In linea di principio li-

mitazioni vere e proprie non ce ne sono: il problema di come unire

estetica e funzionalità è vincolato a un lavoro paziente e condiviso

di tecnico e architetto». Il risparmio energetico offerto dall’impiego

di piastrelle ceramiche fotovoltaiche è sensibile. L’obiettivo, secondo

le previsioni, è di riuscire a produrre mediamente almeno 40 watt

per metro quadrato di celle fotovoltaiche. Questo significa che in

un normale appartamento di 100 metri quadri, dotato all’esterno

di uno strato altrettanto esteso di rivestimento fotovoltaico, ci sa-

rebbe la possibilità di arrivare a produrre almeno fino al 30% del

fabbisogno energetico dell’appartamento. Questo livello di pro-

duzione di energia elettrica è destinato ad aumentare nel caso di

aree particolarmente soleggiate. «Si sta comunque facendo strada

l’idea di spendere sempre meno sia per il riscaldamento che per il

raffrescamento, all’insegna di edifici energeticamente virtuosi»,

avverte Salomoni. Le stime sono legate agli esemplari di piastrella

ad oggi realizzati dal laboratorio. I prototipi hanno un formato

10x10 cm, anche se la promessa è di mettere in produzione pia-

strelle di dimensioni 30x30 cm, di maggiore interesse per l’indu-

strializzazione e la diffusione per il rivestimento di facciate venti-

late. In base ai progetti di ricerca ancora in corso, alla necessità di

importanti investimenti e all’uscita del settore dall’attuale periodo

di crisi, la linea pilota è attesa per il 2013. (di Alessio Aymone)

NUOVI RIVESTIMENTI ESTERNI PER GLI EDIFICI

In arrivo la piastrella fotovoltaica

109DESIGN +

In alto, a destra: Arturo Salomoni, coordinatore della Sezione ceramiche

del Centro Ceramico di Bologna. Sopra: un esempio rappresentativo della funzionalità di un prototipo di piastrella fotovoltaica (10x10 cm)

Page 112: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

110 DESIGN +

Ariostea propone una colle-zione assolutamente innovativanel settore dell’architettura: 12sgargianti colori in quattro irri-nunciabili varianti vestono tutti itipi di pavimenti e superfici inun’ottica mai vista prima. No-vità assoluta nel mondo del mi-glior gres porcellanato a tuttamassa, questa collezione va ol-tre le frontiere conosciute deldesign, offrendo nuovi spunticreativi. Le prestazioni tecnicheeccezionali, e la facilità di puli-zia ed igienicità, consentono ilsuo utilizzo in ogni ambiente .

Questa nuova collezione, inmonocottura ingeliva con su-perficie opaca antiscivolo, di-sponibile in sei colori, è specifi-camente destinata ad un uso apavimento. La particolarità dellafinitura, coerente con le aree diimpiego (R9), ne consente l'uti-lizzo sia in interni che in esterni,per tutte le occasioni dove si ri-chiede l'utilizzo di un prodottodall'estetica moderna.

Da recenti indagini sui trendsnel mondo dell’interior designnasce questa linea in gres por-cellanato colorato, disponibilein sei colori e su grandi lastrecon relativi sottomultipli. Si pre-senta con una superficie con-temporanea, caratterizzata daun' essenzialità che diventa sin-tesi formale. Dedicata a chi ap-prezza arredi non convenzio-nali. È disponibile in lastre digrande formato che possonoessere utilizzate per rivestire opavimentare grandi superfici.

Poetica la nuova collezione Cu-pido. Una linea che integra ilpercorso di rigore formale, pre-ziosità materica e innovazionetecnologica. È una collezioneche racconta gli spazi con poe-tico rigore, che stupisce per i suoimessaggi “affettuosi” e sor-prendenti, attraverso una palet-te di colori, come il Rosso, il Per-la e il Gemma o i suoi decori,come il Mosaico a cuore.

CupidoFap Ceramiche

Less/Floor Gres

CordobaGabbianelli

Sands

Impronta Ceramiche

IridiumAriostea

Carpet

Ceramica VoguePietra Riciclata

Cerim Open Spaces

Edilcuoghi Ceramiche

CERAMICA: TECNOLOGIA E INNOVAZIONE

È un pavimento progettato perla posa in esterni e rappresentauna sintesi ideale di prestazionitecniche, design e attenzionealla natura. Il tutto attraversouna speciale tecnologia. Infatti ilciclo produttivo riutilizza materieprime, scarti e residui di lavora-zione, garantendo il minimo im-patto ambientale senza com-promettere in alcun modo leprestazioni tecniche. È total-mente resistente al gelo e offreeccellenti caratteristiche di resi-stenza all’usura, all’attacco chi-mico e agli agenti atmosferici.

Architettura senza compromes-si, scelte decise, purezza, razio-nalità e forte impatto estetico.Questi sono i presupposti diLESS/, la nuova collezione nel-l’ambito del progetto “Architet-tura Integrata” di Floor Gres.LESS/ è impostata sui due non-colori bianco e nero, declinati inuna serie di formati e superficistudiati per soddisfare specifichedestinazioni d’uso e molteplici ti-pologie estetiche. Disponibilein bianco e in nero.

Una nuova collezione di pia-strelle finemente decorate amano. Le quattro varianti di de-coro sono un elogio alla pitturae al disegno concepite per ar-redare gli ambienti con forzaespressiva, capaci di incontrarel'eleganza nelle delicate decli-nazioni delle sfumature croma-tiche. Quattro motivi decorativiarabeggianti, realizzati a manoin 8 varianti cromatiche per am-bienti eleganti e suggestivi. Di-sponibili in formato 20x20 cm e,a corredo, il fondo in abbina-mento decorato a mano.

La nuova collezione Sands, na-sce dal connubio perfetto tra de-sign, tecnologia e sostenibilità.Le superfici ruvide e strutturate ri-portano alla mente le immaginiluminose delle dune; cromiesabbiate conferiscono agli spa-zi un’espressione molto neutra.Sands è l’anima verde di Im-pronta Ceramiche grazie alla ri-ciclabilità delle materie prime uti-lizzate nel ciclo produttivo dellaserie per un minimo del 45%, èun prodotto assolutamente eco-compatibile.

Page 113: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

111DESIGN +

Slim Tech è un gres porcella-nato che rievoca la pietra ba-saltina. Grazie al suo spessoredi soli 3 mm e al grande for-mato di 3 metri x 1, fa di flessi-bilità e leggerezza le suecaratteristiche uniche e distin-tive. Sabbiata, naturale, stuc-cata e lappata sono le 4varianti disponibili da cui sonooriginati i differenti toni di gri-gio; un’unica lastra, innovativanella realizzazione e dal lookminimal, capace di creare dif-ferenti suggestioni.

FucinaTagina

FeelIris

Home DesignCercom

CottageCir

Slim Tech

Lea CeramicheStone - Leader

RefinPierresRex

Neowood

Ceramiche Keope

Tre essenze di pietra che ven-gono reinterpretate da Rex e in-serite nel progetto Neoedoni-smo. Una nuova opulenzalegata alla ricchezza di una ma-teria che diventa soggetto de-corativo. La proposta di formatidifferenti sulle tre essenze per-mette di creare abbinamentimaterici e di utilizzare la stessatipologia di pietra sia all’internosia all’esterno di un’architettura.Pierres è un porcellanato tec-nico ottenuto con miscele di im-pasti e scaglie puntinanti.

Lucenti lucide levigate: le super-fici della collezione Feel toccanoi sensi accarezzando la vista, inun movimento sfumato di tinte emotivi che avvolgono gli spazidell’abitare. Finiture: aquamari-ne, black, cream, orange, red,white, yellow. Decorazioni: ca-bochon, fascia. floral art, inflora,inserto, mosaico, vetrocolor.

Un prodotto dalla tecnologiaceramica avanzatissima per su-perfici che nobilitano il progettod’interni con soluzioni tecniche eestetiche ricercate, nel nome di undesign che unisce funzionalità ebellezza in un connubio di per-fezione e qualità. Realizzata ingres porcellanato a tutta massa,la linea è disponibile in sei colo-ri: bruno, carbone, cenere, kaki,lavagna, vaniglia. È destinatasia ad interni che ad esterni.

Un linguaggio al di fuori dellemode quello espresso dallanuova collezione Neowood,ideata per arredare tutta lacasa. È una collezione di pavi-menti e rivestimenti in gres por-cellanato a tutta massa rettificatiche si ispira alle calde e acco-glienti tonalità e venature deilegni più pregiati, interpretandosensazioni ed emozioni quasitattili e sensoriali, per chi ricercanei propri ambienti le forme e icolori della natura.

Stone-Leader va ad aggiungersialla già esistente collezione Eco-leader, realizzata con almeno il40% di materiale riciclato “preconsumer”, proveniente da pro-cessi di produzione esterni aquelli dell’azienda stessa, con-fermando quindi l’attenzione el’impegno attivo di CeramicheRefin nei confronti delle politichedi tutela ambientale. Una colle-zione dalla grafica attuale, in li-nea con le richieste di mercato.

Fucina materializza in forme lu-minose l’essenza dei nostritempi, trasformando le ten-denze profonde in superfici sen-soriali. Luce, materia e spazio sirealizzano in un’opera di tessi-tura tridimensionale per manodell’uomo, conduttore senso-riale tra la luce emessa e la luceriflessa e protagonista di unadimensione di percezione dellamateria che trascende i volumiconsueti del living space.

Cottage è la nuova collezione ingres porcellanato di CeramicaCir: disponibile in 2 formati ecinque colori (grigio pietraAspen, muschio Bergen, ruggi-ne Cortina, blu St. Moritz, Cal-gary beige), è ispirata al legnoper donare alla casa un’ele-ganza naturale. È ideale peruso residenziale e commercialesia per pavimento che per rive-stimento. È ingelivo, resistente al-l’abrasione, resistente all’attac-co chimico, resistente alle mac-chie e alla flessione.

Page 114: Rivista dell'Ordine degli Architetti di Bologna

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7.Soffione 48 luci di Icone

Ogni progetto necessita di un'analisiattenta in cui anche la luce ha un ruolofondamentale. La sua contemporaneitàe la sua capacità di trasmettere energia,la sua capacità di cambiamento e il suodinamismo,stimolano la percezione dellospazio e seducono tra le ombre lasciando intravedere la meta finale.

SCENOGRAFIE LUMINOSEPer giocare con la luce oggi abbiamoa disposizione tante sorgenti luminosetra cui anche i LED che, ad esempio,sono sempre maggiormente utilizzatiper creare scenografie luminose ed'accento. I vantaggi dei LED sonomolteplici, tra cui la possibilità di averediversi colori, fissi o in movimento (RGB),di poter regolare l'intensità luminosa, diconsumare pochissimo e di non scaldare,di essere di piccole dimensioni ed averefasci di luce di varie ampiezze.L'eccenticità progettuale o l'innovazionefunzionale trova oggi nei LED un partnereccellente.Per esempio lo troviamoall'esterno degli edifici,dove, oltre aservire per valorizzarli ed a illuminarlicontribuiscono a percepire e a modificarearchitetture giocando con sfumature dicolore statiche o dinamiche che tramiteoppotuni driver si possono regolare eprogrammare a nostro piacere.Chiaramente anche le sorgenti le sorgentiluminose tradizionali hanno avuto la lorocrescita tecnologica, evolvendosi in unampliamento di potenze e caratteristicheilluminotecniche sempre più diversificate.

I colori di casa vibrano,l'architettura si addolcisce,gli ambienti diventano piùaccoglienti. Questo graziea una luce adattabile emalleabile.Ma ottenereun'illuminazione perfetta

non è sempre facile.ROMIB LUCE ci aiuta a

illuminare con curai diversi ambienti di casa,armonizzando colori,

materiali,mobili e oggetti

Diamo lucealle nostre idee

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Ad esempio la lampada alogena a 12 volt permette ancora buonissime performance sianell'illuminazione d'accento che in quella diffusa,anche se in quest'ultimo caso la lampada ascarica a Ioduri Metallici è preferibile,nelleaccensioni prolungate per i suoi bassi consumi.Bisogna ora che spendiamo qualche parolaanche per i contenitori di queste sorgentiluminose,che nel tempo si sono arricchite dinuove forme e funzionalità. Sia nelle soluzionitecniche che in quelle decorative le forme sonoscivolate in molte direzioni diverse lasciandoquelle originali reiterpretandosi in costumitecnici e funzionali o vestiti in modo fantasioso e ammaliante, adattandosi ad ogni esigenzaprogettuale ad incasso come da parete dasoffitto come da terra cercando di innovarestupendo.La necessità biologica del nostroorganismo e della nostra psiche ha generatol'esigenza di studiare nuovi sistemi diregolazione automatica a controllo elettronicoche,analizzando letture di luminosità ecaratteristiche luminose effettuate da sensoriambientali,sono in grado di modificare lo spettroe la luminosità della luce artificiale in modo che interagisca con quella naturale al fine diottenere un ambiente illuminato con l'atmosferapiù adatta alla situazione ambientale vissutanelle diverse ore della giornata.Cercando di creare l'atmosfera più adatta alla creatività o al relax, alla operatività o all'analisi, il tuttotrovando il programma più adatto nellacentralina elettronica di comando.

TRADIZIONE E INNOVAZIONEIl lampadario diventa fascino e suggestionedell'effetto luminoso,stravaganza o sobrietà deldesigner che attraverso l'uso di nuovi materiali o di sperimentate tecniche artigianali creaemozioni che infrangono l'attimo fuggente che è la vita stessa. Il lampadario si reinterpreta su movenze classiche imbastite di innovativi e colorati artifizi moderni. La luce è ripensataripartendo dalle origini dando spazio all'utilizzoalternativo di nuovi materiali e sorgenti luminoseche a volte possono anche sembrare casualima che in realtà hanno alle spalle studiinnovativi di fattibilità industriale per poterabbattere i costi.In alternativa torna anche allaribalta l'attività artigianale,in cui l'oggetto vieneriscritto e rivisto in direzioni finora inesplorateconiugando manualità e innovazione. Illampadario in vetro di murano soffiato a mano,riconosciuto in tutto il mondo come marchioesclusivo,oggi è rivalutato in colori modernitrasgressivi e provocatori, in nuove geometrieche risaltano la materia e la sua luminosità innuove forme sinuose e originali. Nuovi polimerisintetici lavorati da sembrare metallo o vetropermettono di sperimentare nuove formealtrimenti irrealizzabili e vecchie sembianze

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dai costi più contenuti. Le dimensioni si dilatano all'inverosimile e l'equilibriostatico finora conosciuto viene messo in discussione con performance a bassoconsumo ed alta efficienza luminosa. In effetti un'altra sorgente luminosa cheè cresciuta in modo esponenziale èquella a risparmio energetico,ma non la vecchia fluorescenza sfarfallante maquella nuova, piccola e compatta, adlimentazione elettronica che permetteun'accensione immediata, con unospettro luminoso lineare per non creareaffaticamento alla vista.Sono addiritturadimmerabili,cosa che fino a poco tempofa era impensabile per una lampada al neon.Tutti accorgimenti sempre piùapprezzati sia negli spazi pubblici, dilavoro e commerciali che in ambientiresidenziali.Anche perché la crisienergetica mondiale ci porta nostromalgrado a valutare nuove soluzioni per contenere i consumi eletttrici. Leaziende sono impegnate a migliorarel'efficienza delle sorgenti luminosetradizionali e ad invertarne sempre di nuove, con consumi più ridotti.Cominciando dalle amate alogene dovecon le versioni Energy Saver riduciamo i consumi anche del 40%.

ILLUMINARE AMPI SPAZIUn altro capitolo riguarda l'illuminazione

per uffici, negozi e spazi pubblici doveoltre a tutto quello descritto fino ad oraaggiungiamo una modularità eflessibilità che solo i sistemi a binario o su cavo ci permettono di realizzare. Il Poli-Light ad esempio è un nuovosistema modulare a nastro inpolimetilmetacrilato trasparente che può avere andamento lineare o curvo,orrizontale e anche verticale. Usandocorpi illuminanti con caratteristichedirezionali e diffondenti utilizzantisorgenti alogene, a ioduri metallicio a fluorescenza T5. Un sistemacertamente molto versatile, capace dirisolvere egreggiamente ogni tipo diproblema strutturale e illuminotecnico.Esistono poi sistemi su cavo a bassatensione o a tensione di rete 230V, dapoter tesare a parete e anche a soffittosvincolandosi da agganci tradizionaliper navigare leggeri nello spazio. Senza tralasciare i classici binarimodulari da soffitto e parete sempre a bassa tensione o a tensione di rete,adatti soprattutto a supportare fari e faretti direzionali e modulari.

LA LUCE ESTERNAConcludiamo il nostro servizio parlandodelle luci per esterni che oltre a darcisicurezza rischiarando le tenebreoffrono straordinarie scenografieluminose con atmosfere uniche eavvolgenti. Lame o fasci di luce chesfiorano architetture moderne e antichedando vita allo spazio e accolgono ilviandante. Fari incassati a terra chelambiscono ulivi secolari o torrettemedioevali. Lampade da parete che conla loro luce ad effetto sfiorano i muridelle nostre case giocando con ombre eforme. Segnapasso carrabili ad incassoo su bassi sostegni decorativi chenon assomigliano alle vecchie soluzionida giardino. Insomma tutto quello che vi abbiamo raccontato è vero ed oravi aspettiamo per confermarvelo.

ROMIB LUCEVia Tosarelli, 320 - 40055 Villanova diCastenaso (Bo)- Tel. 051.782641 - Fax051.780508 - [email protected]

ILLUMINARE

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8. Sistema ModularePoli-Light di Ultraluce

9. Sistema su cavo Eos di MetalSpot

10. Vaso Nobolio per esterno di LineaLight

11. Mini Class Biemissione IP65 per esterno

12. Beluga Metal peresterno di Fabbian

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Ditta Ermilli Giuseppedi Ermilli Giorgio & C. s.a.s.

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Kompass Service srl vanta unalunga esperienza nel settore delleristrutturazioni. Il vantaggio che offre ai propri clienti è quello di occuparsi di tutti gli aspetti dell’intervento, daquelli progettuali a quelli burocratici fino a quelli lavorativi e pratici. Per ilcommittente si tratta di un notevolerisparmio di tempo, di preoccupazioni e di denaro. Kompass non si limita aquesto, offre la propria esperienzaanche nel campo dei servizi aicondomini (dagli interventi murari allepulizie, alle manutenzioni ordinarie estraordinarie, dalla cura delle facciate al giardinaggio, ecc), e si occupa inoltredelle tinteggiature e delle pulizie. Grazie a una struttura articolata, solida especializzata in ogni settore, KompassService è in grado di offrire ai propriclienti un servizio completo: nel caso,per esempio di una ristrutturazione,questa società è in grado di occuparsinel modo migliore di ogni aspettodell’intervento, dalla progettazione aldisbrigo delle pratiche burocratiche,dall’assistenza fiscale al coordinamentodei vari soggetti interessati al lavoro,dalla continua supervisione dei lavoridirettamente in cantiere fino allarealizzazione delle finiture, delle pulizie ed alla consegna dello stabileristrutturato e pronto per essere abitato,sempre nel rispetto dei modi e dei tempiconcordati con i clienti. L’azienda ècaratterizzata da personale qualificatoed efficiente e dall’utilizzo di prodottiinnovativi. Tra gli altri, propone unospeciale servizio di tinteggiature che hacome obiettivo la risoluzione definitiva dimuffe alle pareti. I tecnici di Kompasshanno testato in laboratorio una vernicespeciale ad altissime prestazioni, chepermette alla parete su cui viene stesaun’ottima traspirabilità, un forte poterecoibentante (caldo-freddo),l’eliminazione totale dei ponti termici edella muffa che si forma sulla partestessa. Nei punti in cui viene stesacoesistono diversi processi chepermettono all’ambiente circostante,tramite un processo chiamato redox, di essere privo di batteri, funghi o muffe,non consentendo alle spore presentinell’aria di trovare un ambiente adatto

per riprodursi e generare muffemalsane. Inoltre permette unaregolazione naturale dell’umiditàpresente nell’aria trattenendola in casodi forte umidità e liberandola in caso di estrema secchezza. In pratica, conun unico prodotto, si ha la possibilità di purificare l’aria, rendere le superficiantibatteriche e i muri traspiranti e decontaminanti, con un ottimomiglioramento delle prestazionitermiche. In aggiunta a questo tipo divernice, Kompass ha studiato anchedetergenti che permettono a qualsiasisuperficie lavabile di diventare, tramite un processo di fotocatalisi,decontaminante, purificante eantibatterica. In poche parole, durante la pulizia, lo sporco viene trasformato in Sali Minerali Innocui, ottenendo così superfici pulite e totalmenteantibatteriche. Kompass Service srlrisulta particolarmente competitivaanche sul versante dei prezzi: lapossibilità di ottenere condizioniconvenienti nelle forniture e nei rapporticon i professionisti, garantisce al clienteun consistente risparmio.

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Il sogno di ristrutturare la propria casa a volte rischia di diventare una spiacevole esperienza.Il vantaggio di affidarsi ad un unico referente? Un notevole risparmio di tempo, di denaro. E soprattutto niente più preoccupazioni

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Monica Serafini, Santo Tumello e PaoloGardini: sono loro le tre “menti” chestanno dietro a Soluzionideali,azienda che si occupa di consulenza,progettazione, arredamento eristrutturazione di interni. MonicaSerafini è architetto, Paolo Gardinigeometra e Santo Tumello si è formatoalla scuola d’arte: tutti e tre sonoaccomunati dalla passione perl’arredamento. «Il piacere di arredare,questo è il nostro slogan», raccontaPaolo Gardini. «Quando alla fine del2001 abbiamo iniziato l’attività diSoluzionideali, venivamo tutti e treda pluriennali esperienze nel mondodell’arredamento, la nostra grandepassione. Provenendo dallo stessomacrocosmo, ma avendo competenzematurate in ambiti diversi, uno deinostri punti di forza è la sinergia diqueste competenze, che ci permette di seguire un progetto da ogni punto di vista. In particolare, essendo MonicaSerafini architetto, abbiamo il vantaggiodi avere un professionista checonsente l’elaborazione di progettazionipersonalizzate ai massimi livelli».Soluzionideali offre un servizio diconsulenza e progettazione, seguendointerventi di diverse tipologie e usandomodalità progettuali differenti, curandolo sviluppo progettuale di abitazioni euffici, dalla visione preliminare allarealizzazione dell’opera e dei particolaridi arredo. «Si può dire che il nostrocredo è il servizio - prosegue Gardini -pur avendo uno show room di 500metri quadri in cui abbiamo inesposizione diverse composizioni dimobili per tutta la casa, noi finalizziamotutto alla progettazione e la mostra ciserve a far vedere come saranno allafine i vari ambienti. Siamo in grado dioffrire un servizio a 360 gradi, e questoè quello che più ci piace fare. Abbiamocreato partnership con piccole impresee artigiani per offrire anche lapossibilità di ristrutturare sia i singoliambienti che tutta l’abitazione».Soluzionideali offre, a tutti i clienti

che hanno acquistato una casa incostruzione, un prezioso aiuto per la progettazione dell’impiantistica e della distribuzione dei vani.Fondamentale nel progettare una casaè il rispetto per le esigenze di chi civive. Come a dire: non si progettanocase ma modi di vivere. «Progettiamospazi speciali e unici», spiega Gardini.«Spazi adatti alle necessità diciascuno, differenti a seconda deldiverso carattere del cliente e delle sue esigenze. Per capacità diprogettazione, per conoscenza dimateriali e sistemi di arredo, chespesso il cliente privato non conosce,siamo in grado di allestire un progettopersonalizzato che tenga conto nonsolo della funzionalità, ma anchedell’accostamento delle varie finiture.Noi lo chiamiamo servizio totale.Ovviamente possiamo intervenire in aiuto del cliente anche solo in unasingola fase della realizzazione, o perun unico ambiente». Accontentando,tra l’altro, ogni target di richiesta: dalcliente che desidera un ambienteesclusivo, a chi cerca qualcosa diappropriato e gradevole senzaspendere troppo. Proponendo perl’arredamento marchi di altissimolivello, come per esempio Snaidero,leader nel settore delle cucine,Presotto per la zona giorno e la notteo Busnelli per i divani. Grazie allaprofessionalità che contraddistinguel’azienda, Soluzionideali mettesempre più spesso le propriocompetenze a disposizione di quelleimprese di costruzione che hannodifficoltà a gestire le varianti richiestedal cliente durante la realizzazione delprogetto, creando partnership importanti.

soluzionidealiVia dei Carpini, 140011 Anzola dell’Emilia (Bo)Tel. 051.739873 – fax [email protected]

Nelle foto in alto: KUBE, cucinaSnaidero in legno olmo o laccata,progetto di Giovanni Offredi. Sotto: ALIBI, madia complanare emensole laccate lucide di Presotto.Sotto da sinistra: Paolo Gardini,Monica Serafini e Santo Tumello.

ARREDARE

Bisogna entrare nella modernità volgendo lo sguardo sempre alla tradizione. Coniugare stili diversi, all’insegnadi eleganza e buon gusto. Soluzionideali vi dà una mano

Soluzioni d’arredo

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Abbandonarsi al piacere di rilassarsi in veranda, in terrazza o in giardino,trascorrendo incantevoli e divertenti momenti con lafamiglia, gli amici, oppure dasoli. In poche parole godersila vita e la propria casa nonsolo chiusi fra quattro murama anche all’aria aperta.Una piccola oasi lontano dal traffico e dai ritmi serratidella vita cittadina. Per rendere i nostri spazi aperti più belli eaccoglienti è possibile rivolgersi adei professionisti del settore.L’azienda Brancaleoni &Francia è fra questi. Nata nel1964 come impresa a gestionefamiliare, la sua attività riguardainizialmente la fabbricazione ditende da sole. Attualmente èun’impresa leader nel settore dellaproduzione di pergolati, grigliati,coperture fisse e mobili in legno, intessuti poliestere spalmati in pvc e inaltri materiali resistenti.Come per gli interni della casa, anchenella progettazione degli spazi esternigli arredi e la loro disposizione giocanoun ruolo di primo piano. Nella scelta deimobili per il giardino, la veranda o ilterrazzo, occorre tenere sempre contodella resistenza e la qualità deimateriali, visto che verranno messi allaprova da vento, sole e pioggia, senzaperò dimenticare le esigenze pratiche eil gusto di ognuno: devono essereaccoglienti, funzionali e anche piacevoliagli occhi. Proprio considerando questifattori, Brancaleoni & Francia offreai propri clienti la progettazionedell'arredamento di spazi esterni nelrispetto delle loro idee, mettendo al loroservizio l’esperienza pluriennale deiprofessionisti che lavorano in azienda ela possibilità di vedere la proposta diarredo al computer completa di dettagliarchitettonici. L’assistenza offerta alcliente è a 360°, grazie al supporto ditecnici abilitati per l’espletamento delle

pratiche comunali edilizie eburocratiche. Sin dal momento in cuil’azienda ha mosso i primi passi, laproprietà ha sempre saputointerpretare, se non perfino anticipare,le nuove esigenze del mercato,garantendo la qualità dei prodotti,perché realizzati con i materiali più

idonei, scelti esclusivamente tra iproduttori più affidabili e lavorati contecniche d'avanguardia. Le attività dellaBrancaleoni & Francia sono quindiconcentrate nell’arredo da esterno confornitura e posa di pergolati, gazebo ecomplementi d’arredo, la vendita ecurata posa in opera di una vastagamma di tende da sole e coperturespeciali impermeabili, tessuti poliesterespalmati in pvc, lavorati direttamente inmodo artigianale con macchinaritecnologicamente all’avanguardia. La lavorazione interna di tessutispalmati in pvc è a disposizione dellaclientela per striscioni pubblicitari, teloniper camion, coperture speciali e tendeimpermeabili per esterni.

L’importanza degli spazi esterni, tra fascino della natura e benessere en plein air.Creare ambienti per il giardino, il terrazzo, il balcone, realizzando su misura spazi meravigliosi in estate e insostituibili in inverno. Tutto questo è Brancaleoni & Francia

ARREDARE

Vivere l’esterno in piena libertà

BRANCALEONI E FRANCIAVia Merighi, 22 - 40055 Villanova di Castenaso (Bo) - Tel. 051.781887 Fax 051.781888 - [email protected]

Nellefoto sopra alcuni

esempi di spazi esterniaccuratamente progettati dal

team di Brancaleoni &Francia

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Vivere l’esterno in piena libertà

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ARREDARE

La storia di TEMATIC comincia circa40 anni fa, quando Gustavo Coletti apreun magazzino di termoidraulica aBologna. Negli anni 80, quando vieneaffiancato dal figlio Sergio, TEMATICinizia un processo di ampliamento,attraverso l’apertura di punti venditarivolti al pubblico. Nasce così il primoshow room con un’esposizione di circa500mq di bagni e accessori in viaGioannetti. Negli anni successivi apre lo show room di via San Donato, unospazio dedicato ai prodotti di design, nel quale gli architetti sono stati i primiinterlocutori. In questa “scatola di vetro”prendono forma proposte di arredo ingrado di armonizzare con raffinatezzae rigore, i prodotti delle aziende più

innovative, fra le quali Agape,Antonio Lupi, Boffi e Flaminia.Il passo successivo è quello di aprire un nuovo show room in via Salvini,dedicato alle cucine ed ai complementid’arredo, nel quale l’obiettivo principaleè l’attenzione verso le esigenze delcliente. Nel punto vendita cucine,TEMATIC distribuisce marchiprestigiosi, come ABC, Bontempied Ernestomeda, in grado di offrireflessibilità ed elevato livello qualitativo. Agli inizi degli anni ‘90 TEMATICdiventa una realtà distributiva tra le più note della città, e si conquistaun’immagine altamente affidabile per la qualità dei prodotti e la puntualità neiservizi. Oggi, con orgoglio e coraggio, è arrivato il momento di cambiare,TEMATIC si rinnova e apre le porte all’arredamento con le aziendeMisuraemme, Desalto e DivaniFrigerio, in modo da poter essere unreferente sempre più completo per tutta la casa. Ed è così che TEMATICmette a disposizione la propriaesperienza, affiancando nellaprogettazione architetti e arredatori.Il magazzino e i tre show room, sono a disposizione per proporre soluzioniper l’arredo nei principali settori:

dai pavimenti ai rivestimenti, dai bagnialle cucine, dai soggiorni ai divani, orada TEMATIC è possibile soddisfaretutte le esigenze dello spazio domestico.Da sempre sensibile alle richieste deiprofessionisti, TEMATIC continua asvolgere un ruolo di primo piano nelladivulgazione e nella presentazione dellenovità, coinvolgendo sempre piùarchitetti durante gli eventi realizzatinegli spazi cittadini più esclusivi.

TEMATIC S.p.A.via Gioannetti, 9/a 40127 BolognaTel. 051 511379 Fax 051 [email protected] - www.tematic.it

Cucine e Ambientivia Salvini, 2/a BolognaTel. e Fax 051 6331940

Bagni e Accessorivia S.Donato, 55 BolognaTel. 051 512430 Fax 051 501662

via Gioannetti, 13 BolognaTel. 051 6336462

Climatizzazione e Riscaldamentovia Gioannetti, 9/a BolognaTel. 051 517151

Tematic si rinnovaUna storia che si evolve negli anni, lungo le strade della ricerca e dell’innovazione, con una particolare attenzione alle tendenze del design contemporaneo

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Tematic si rinnova

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Cerco di promuovere la cultura dell’arte antica, purtroppo ben poco valoriz-zata. Anche in un momento di crisi come questo, l’arte resta un bene rifu-gio, che si rivaluta nel tempo». Trent’anni di attività fanno di Tiziana Sassòli

una delle più competenti galleriste in città, e di Fondantico, la sua galleria an-tiquaria, uno dei punti di riferimento del panorama culturale e artistico citta-dino. «Quello che desidero – prosegue Tiziana Sassòli - è promuovere l’arteantica avvicinandola ad un pubblico giovane che, troppo spesso, pensa erro-neamente che sia difficile da comprendere ». In tanti anni di attività si sono sus-seguite diverse mostre, dedicate in particolare alla pittura emiliana dalCinquecento al Settecento, senza trascurare però la pittura italiana in generale.«Quello a cui tengo è presentare opere di qualità, a volte inedite, alcune dellequali provengono dall’estero e altre da collezioni private, molto spesso delle no-stre città», spiega la gallerista bolognese. È ormai consuetudine di Fondantico or-ganizzare due mostre l’anno, una in autunno e una in primavera, tutte corredateda cataloghi scientifici articolati, caratterizzati da approfondimenti di importantistorici dell’arte. Perché promuovere la cultura vuol dire anche esporre le operecon criterio, approfondire argomenti e autori, e offrire al visitatore una guida chelo aiuti ad orientarsi. Le mostre autunnali sono sempre dedicate alla pittura emi-liana e fanno parte del ciclo Incontri con la pittura: l’esposizione che inaugureràil prossimo ottobre sarà la numero 17 di questo ciclo. Le mostre primaverili sono,invece, soprattutto delle monografiche e a tema. L’ultima è stata dedicata a Sisto

Badalocchi, e si è focalizzata sul ritrovamento di uno degli 11 ovali commissio-nati dal Cardinal Montalto intorno al 1615 per il per il proprio palazzo di Terminia Roma. Bellissima quella del 2007, Il Mastelletta “…un genio bizzarro”, una mo-stra di grande rilievo, considerando che mai era stata dedicata una monograficaad Andrea Donducci detto il Mastelletta. La mostra di quest’anno, che verrà inau-gurata il 14 maggio e proseguirà fino al 14 giugno, avrà un’importanza di ugualeportata. Sarà interamente dedicata a Coriolano Vighi (Firenze 1852 – Bologna1905), pittore bolognese della fine dell’Ottocento, al quale mai era stata dedi-cata una mostra. Verranno esposte circa 50 opere, supportate da un catalogoscientifico, introdotto da un saggio di Eugenio Riccòmini e da una scheda bio-grafica di Nicoletta Barberini, che presenta 80 opere del maestro, tutte accom-pagnate da schede scientifiche firmate da Gianarturo Borsari. Un autore, il Vighi,per troppo tempo trascurato anche da Bologna (come lamenta in un suo scrittoperfino Francesco Arcangeli), la città che lo ha visto crescere artisticamente edove lui ha vissuto la maggior parte dei suoi anni. Anni nei quali, era la fine del-l’Ottocento, è stato molto amato da bolognesi: «non c’era casa bolognese – ri-corda Riccòmini – di qualche tono e ambizione che non esibisse, sulle pareti delsalotto, qualche paesaggio di Vighi». E grande successo ebbe anche all’estero. Fuil collezionista tedesco Alfred Probst ad aprirgli le porte del mercato tedesco e mit-teleuropeo. Da allora le sue tele vennero appese nei salotti delle abitazioni piùprestigiose: il Kaiser, lo Zar, il duca d’Aosta, Vittorio Emanuele III, tutti acquista-

CORIOLANO VIGHIE IL FASCINO DELL’ANTICO

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rono almeno una tela del pit-tore, che negli anni è statori-cordato più all’estero che nelnostro Paese. Coriolano Vighi èun paesaggista di grande de-strezza e modernità, le cuiopere risultano estremamentefruibili anche da un pubblicogiovane, spesso non avvezzoalla pittura di quei secoli. Inmostra nella Galleria Fon-dantico ci saranno paesaggi

fluviali, di campagna, marittimi di questo pittore che dipingeva luoghi non con-sueti che magari aveva solo immaginato, oppure che aveva visto e poi rivisitato,rendendoli assolutamente verosimili. Questa monografica dedicata a CoriolanoVighi è l’ennesima dimostrazione del ruolo di primo piano che Fondantico gioca

nella vita culturale cittadina. Caratteristica che si affianca alla professionalitàche Tiziana Sassòli mette nell’accurata scelta delle opere che conserva nella suaGalleria e che da sempre suscitano interesse da parte di collezionisti e colleghinon solo italiani. L’attenzione maggiore va alla pittura emiliana, con splendidipezzi di autori come Elisabetta Sirani e Gaetano Gandolfi. Oltre ai quadri, Ti-ziana Sassòli offre in Galleria un’ampia esposizione di mobili e oggetti di anti-quariato e mette a disposizione la propria competenza per seguire chiunqueabbia il desiderio di arredare al meglio una casa con oggetti di valore, e che mailo perderanno, che si adattano perfettamente ad ogni tipo di arredamento, ancheil più moderno, rendendolo unico e dandogli una personalità assolutamenteesclusiva. Quella particolarità che solo gli oggetti d’arte possono regalare ad unambiente.

Sopra, Gaetano Gandolfi, San Matteo della Decima, 1734 – Bologna 1802, Il trionfo di Venere, Olio su tela; cm 60 x 69,5; a sinistra, ElisabettaSirani, Bologna, 1638 - 1665, Madonna col Bambino, Olio su tela; cm 100x82, Firmato Elisa.ta Sirani F. e datato 1665; nella pagina a fianco,Coriolano Vighi, Firenze 1852 - Bologna, 1905, Scorcio fluviale, Olio su tela, cm 21x32

CORIOLANO VIGHIE IL FASCINO DELL’ANTICO

FONDANTICO, Via Castiglione, 12b - 40124 Bologna - Tel. 051.265980www.seleart.com/fandantico - [email protected]

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Via S. Margherita, 1/3 - 40050 Loiano (Bologna)Tel. 051.6550255 - 335.6558461

Società fondata il 13 marzo 1993, attualmente costituita da due soci, padre e figlio, e conta otto dipendenti qualificati.Oltre alla manutenzione e alla realizzazione di aree verdi, offriamo progetti studiati e personalizzati per ogni tipo diesigenza con progettista abilitato, presso la nostra sede. Ci occupiamo di spazi verdi, privati, comunali, aziendali,compresa la fornitura e la posa di impianti di irrigazioni, recinzioni, muri a secco con diversi materiali (sassi ditravertino, tufo e legno), e tappeto erboso in zolla. Eseguiamo la pulizia dei boschi ad alto fusto e la potatura di quellida frutto. Specializzati in potatura in tree climbing oltre che in quella eseguita con piattaforma aerea, non ci limitiamosolo all'abbattimento delle piante ma procediamo alla piantumazione di giovani piantine di specie autoctone per ilrimboschimento, qualora ci venga richiesto. Nel periodo invernale oltre alle potature, eseguiamo il servizio di prontointervento sgombro neve e spargimento sale. Anno dopo anno la nostra azienda è in continua espansione, nel 2008abbiamo inaugurato il nuovo garden di 1000 mq coperti e 3000 mq esterni adibito alla vendita al dettaglio di piante,terricci, vasi e materiale per tutto quello che riguarda il verde.Non esitate a contattarci, siamo a vostra disposizione.

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Da antiche radici nascono nuove idee, da una grandeesperienza nascono la forza e la capacità creativa perdisegnare e progettare il futuro.

È questo in sintesi il messaggio che Edilcaripal, attraversoil nuovo show room Ottagono, il suo magazzino, lo stafftecnico e i servizi di posa in opera vuole trasmettere a chi,dalla piccola ristrutturazione al grande cantiere, necessitadi professionalità certificate e varietà di prodotti,scegliendo il meglio dei marchi italiani più belli e qualificati.

Il nostro mondo spazia dalle ceramiche, partendo dal gresporcellanato più tecnologico fino ai prodotti manualidell’antica tradizione artigianale, alle pietre naturali, alleveneziane, ai legni, alle resine biocompatibili, ai mosaicivetrosi e non, proposti e presentati nella sala mostra dovesia per il cantiere che nel preventivo suggerito al privato,lavoriamo affiancando il cliente nell’interpretare al megliol’idea di ambiente che sta cercando di concretizzare.

Oggi abbiamo aggiunto alle proposte di vendita e di posain opera nel mondo dei rivestimenti e dei pavimenti internied esterni, la possibilità di arredare l’ambiente bagno(e non solo) con arredi, rubinetterie ed illuminazione, persoddisfare la sempre crescente richiesta di servizi a 360gradi per tutti i nostri visitatori.

Via Persicetana Vecchia, 7/440132 BOLOGNATel. 051.6460610 - Fax 051.728558www.ottagono.eu - [email protected]

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