Rivestimenti e trattamenti superficiali tecnico-funzionali ... · ... materiali e tecniche...

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© PST Galileo - Ottobre 2014 Rivestimento a base PEEK Rivestimenti e trattamenti superficiali tecnico-funzionali: materiali e tecniche applicative Nel mercato attuale è sempre più avvertita l’esigenza di incrementare la durata nel tempo di componenti metallici o, a parità di durata, di accrescere il livello delle prestazioni. In molti casi questo risultato è ottenibile tramite l’impiego di opportuni rivestimenti superficiali in grado di conferire proprietà migliorative al substrato di partenza senza interferire con le caratteristiche meccaniche e strutturali di quest’ultimo. In questo campo non è solo importante il tipo di materiale che si deposita sul substrato ma anche il metodo di applicazione che si utilizza, che può ampliare e diversificare le opzioni tecnologiche per diverse tipologie di superfici. Per aumentare la resistenza all’usura di una superficie è importante diminuire l’attrito tra le parti. A tale scopo è disponibile un nuovo rivestimento superficiale che all’interno di una soluzione acquosa deposita delle microsfere di lubrificante. La superficie rimane asciutta al tatto finché, in situazioni di sfregamento, le microsfere si rompono e le microgocce d’olio che fuoriescono permettono di ridurre l’attrito e, di conseguenza, aumentare la vita del prodotto. Questo rivestimento viene applicato tramite immersione, spruzzo o spalmatura, e l’essicazione avviene a temperatura ambiente. Per la riduzione d’attrito si può ricorrere anche al rivestimento ‘nanocomposito’ combinato, che unisce una finitura isotropica, in grado di eliminare meccanicamente i picchi di rugosità superficiale, con un deposito di spessore nanometrico di bisolfuro di tungsteno, che copre la superficie riempiendo gli avvallamenti che derivano dalla rugosità residua. Questo trattamento presenta un’ottima resistenza al graffio, alla delaminazione e un buon effetto lubrificante (coefficiente 0.04). Viene impiegato su ingranaggi, cuscinetti, pistoni, alberi a camme, camicie di cilindri per l’industria automotive, eolica e meccanica in generale. Tra i rivestimenti polimerici ‘low-friction’, segnaliamo il trattamento superficiale a base PEEK, un polimero ad alte prestazioni che, depositato con spessori tra 75 e 1000 micron, permette a substrati metallici o ceramici di raggiungere coefficienti d’attrito di 0.15-0.3 e una resistenza all’abrasione di gran lunga superiore (del 50% fino al 200%) rispetto a quella garantita dai rivestimenti fluorurati. Rivestimento nanocombinato

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© PST Galileo - Ottobre 2014

Rivestimento a base PEEK

Rivestimenti e trattamenti superficialitecnico-funzionali: materiali e tecniche applicative

Nel mercato attuale è sempre più avvertita l’esigenza di incrementare la durata nel tempo di componenti metallici o, a parità di durata, di accrescere il livello delle prestazioni.

In molti casi questo risultato è ottenibile tramite l’impiego di opportuni rivestimenti superficiali in grado di conferire proprietà migliorative al substrato di partenza senza interferire con le caratteristiche meccaniche e strutturali di quest’ultimo.

In questo campo non è solo importante il tipo di materiale che si deposita sul substrato ma anche il metodo di applicazione che si utilizza, che può ampliare e diversificare le opzioni tecnologiche per diverse tipologie di superfici.

Per aumentare la resistenza all’usura di una superficie è importante diminuire l’attrito tra le parti. A tale scopo è disponibile un nuovo rivestimento superficiale che all’interno di una soluzione acquosa deposita delle microsfere di lubrificante.

La superficie rimane asciutta al tatto finché, in situazioni di sfregamento, le microsfere si rompono e le microgocce d’olio che fuoriescono permettono di ridurre l’attrito e, di conseguenza, aumentare la vita del prodotto.

Questo rivestimento viene applicato tramite immersione, spruzzo o spalmatura, e l’essicazione avviene a temperatura ambiente.

Per la riduzione d’attrito si può ricorrere anche al rivestimento ‘nanocomposito’ combinato, che unisce una finitura isotropica, in grado di eliminare meccanicamente i picchi di rugosità superficiale, con un deposito di spessore nanometrico di bisolfuro di tungsteno, che copre la superficie riempiendo gli avvallamenti che derivano dalla rugosità residua.

Questo trattamento presenta un’ottima resistenza al graffio, alla delaminazione e un buon effetto lubrificante (coefficiente 0.04). Viene impiegato su ingranaggi, cuscinetti, pistoni, alberi a camme, camicie di cilindri per l’industria automotive, eolica e meccanica in generale.

Tra i rivestimenti polimerici ‘low-friction’, segnaliamo il trattamento superficiale a base PEEK, un polimero ad alte prestazioni che, depositato con spessori tra 75 e 1000 micron, permette a substrati metallici o ceramici di raggiungere coefficienti d’attrito di 0.15-0.3 e una resistenza all’abrasione di gran lunga superiore (del 50% fino al 200%) rispetto a quella garantita dai rivestimenti fluorurati.

Rivestimento nanocombinato

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Anodizzazione dura

Grazie alla sua composizione chimica, la superficie trattata è resistente a sostanze aggressive come sali, acqua e vapore, prodotti alcalini, acidi, e idrocarburi aromatici. Questo trattamento trova impiego in diversi settori tra cui quello meccanico (rulli, boccole o guarnizioni), chimico, farmaceutico e alimentare, in quanto idoneo al contatto alimentare.

Il materiale di base con cui viene realizzato il rivestimento sopra descritto è un polimero termoplastico che, stampato con processo di iniezione, garantisce ottime prestazioni meccaniche, termiche, chimiche e tribologiche, tali da poter sostituire in alcuni casi il tradizionale metallo nella realizzazione, per esempio, di valvole per compressori e ingranaggi di alberi motore.

Si tratta di un materiale molto versatile che, grazie alle sue proprietà isolanti, la biocompatibilità e l’idoneità al contatto alimentare, trova impiego in diversi settori, tra cui il biomedicale, come matrice termoplastica in prodotti compositi (viti per impianti).

Una delle principali problematiche nel settore della meccanica è sicuramente rappresentata dall’usura a cui sono sottoposti molti ingranaggi, meccanismi o elementi in movimento. Tra le soluzioni più recenti sul mercato si evidenziano i rivestimenti ceramici, depositati tramite processi termici a spruzzo.

Uno dei processi di deposizione più innovativi è la tecnica HVOF (High Velocity Oxygen Fuel), che spara ad altissima velocità delle particelle ceramiche facendole passare attraverso una fiamma ad alta temperatura. A seconda delle tipologia di particelle sparate, le caratteristiche del deposito superficiale cambiano, privilegiando la resistenza all’usura e all’abrasione, alla corrosione e all’ossidazione (anche ad alta temperatura) oppure il basso coefficiente d’attrito.

Lo strato superficiale che si forma è comunque sempre molto denso, duro e ben adeso al substrato, con porosità minima pari all’1%. Se il substrato è in alluminio, oltre ai noti processi di anodizzazione e di anodizzazione dura (caratterizzata da uno spessore e da una resistenza all’usura maggiori), sono disponibili oggi due anodizzazioni dure speciali: la prima consente di mantenere le dimensioni originale del pezzo, dato che lo spessore di ossido di alluminio penetra per il 90% all’interno della superficie (rispetto al 50% del processo tradizionale), e in più offre colorazioni finora non raggiungibili; la seconda è in grado di sigillare le microporosità dello strato d’ossido superficiale, che si forma a seguito del processo elettrolitico, con degli ioni d’argento.

In questo modo aumentano la resistenza all’usura, alla corrosione e anche l’effetto autolubrificante (coefficiente d’attrito pari a 0.025 rispetto allo 0.15 dell’ossidazione dura tradizionale).

L’impiego di ioni d’argento permette di aggiungere buone proprietà di conducibilità termica ed elettrica, capacità di assorbire e riemettere calore con onde ultra-infrarosse e proprietà antibatteriche.

I settori di impiego vanno dalla componentistica per macchine industriali e per l’elettronica, all’automotive, agli scambiatori termici, ai filtri per condizionatori d’aria e a elementi di elettrodomestici.

Le nanotecnologie permettono infine di realizzare dei prodotti in materiale polimerico con resistenze termiche e meccaniche assolutamente non ottenibili con la sola plastica.

Lubrificazione a secco a base di bisolfuro di tungsteno

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Rivestimento metallico Rivestimento idrofobico

Esiste infatti un rivestimento metallico nanostrutturato che, depositato per via galvanica, aumenta il comportamento a fatica e le proprietà meccaniche del polimero rivestito. In certi settori questa soluzione permette di sostituire pesanti componenti metalliche con particolari in polimero ad alte prestazioni: si possono ottenere pezzi non solo a geometria complessa, grazie al processo di stampaggio ad iniezione, ma anche molto più leggeri riuscendo così a ridurre i consumi energetici.

Ad oggi trova applicazione in settori quali l’articolo sportivo, l’automotive, l’industria energetica e l’elettronica.

Nell’ultimo decennio si sono diffusi nel mercato molti rivestimenti ‘nanotecnologici’ che si caratterizzano per spessori minimi, trasparenza e processi applicativi semplici e consolidati, che sono in grado di conferire a superfici di varia natura nuove proprietà funzionali, tra cui le più diffuse sono: easy-to-clean, idrorepellenza, oleorepellenza, anti-impronta, antinebbia, antigraffiti, antibatterico, antigraffio e anticontraffazione.

Uno dei trattamenti più noti è l’”effetto loto”, un rivestimento idrorepellente così chiamato perché si può osservare in natura sulle foglie loto, dove le gocce di pioggia scorrono velocemente senza bagnare la superficie.

Questo particolare fenomeno è dovuto alla struttura della sua superficie che, se osservata al microscopio, risulta micro-replicata e nanostrutturata.

Le nanotecnologie hanno permesso di replicare questo effetto sulla superficie di molti materiali non naturali, come tessuti, metalli, vetri o plastiche, impedendo a sporco, polveri e smog di penetrare all’interno della superficie.

Le prime applicazioni di questi rivestimenti hanno interessato facciate di palazzi, particolarmente esposte in zone ad alto traffico, e molti prodotti tessili, come tovaglie, tende, cravatte e giacche che restano pulite più a lungo; oggi queste soluzioni sono adottate anche su superfici di bus e treni, pavimentazioni navali e componenti meccanici industriali, che in questo modo risultano maggiormente protetti da sporco, grasso, unto, vernici e polveri.

Grazie ad un particolare processo brevettato, che prevede la tecnica spray seguita da un processo termico a 400-600 °C, è possibile oggi depositare rivestimenti funzionali ‘nano’ su metalli e offrire, a seconda della necessità, proprietà anti-impronta, easy-to-clean, resistenza al graffio e all’abrasione, resistenza all’ossidazione (ad alte temperature) o resistenza chimica (verso, ad esempio, detergenti per la pulizia).

Si tratta di un rivestimento durevole e invisibile, che non modifica l’aspetto metallico del substrato e che permette deformazioni elastiche e, entro certi limiti, anche plastiche.

Adatto ad alluminio, acciaio e metalli non ferrosi, questo trattamento trova applicazione in elettrodomestici, arredo d’interni, reattori, sistemi di riciclo fumi esausti, scambiatori di calore e strumenti medicali.