Ritratti di primavera - associazionewelcome.org · di potenziali schiavi e, nel contempo, ne ha...

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Ritratti di primavera A ne ssociazio W e elcome

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itratti di primavera è la rappresentazione delle ragazze nel momento del cambiamento. Temporali Rprimaverili, che hanno come caratteristica l'oscurarsi

immediato del cielo, la rumorosità del loro esplodere, la violenza e l’intensità dei fulmini, i venti freddi e taglienti, la loro breve durata fa si che poi i colori divengano limpidi ed appaiano arcobaleni cristallini.

Affrontare un argomento così complesso e trasversale come il fenomeno della prostituzione, o meglio ancora della tratta a scopo di sfruttamento sessuale, oggi appare quanto mai difficile. Fino a qualche anno fa la presenza di “merce umana” sulle strade risultava preponderante rispetto ad altre formule di “servizio”: si assiste, ormai, ad uno spostamento verso l'interno, verso i luoghi chiusi (night, case d'appuntamento ecc.) che rendono ancora più complesso l'analisi effettiva della situazione.

L’esperienza che segue è il frutto di un progetto nato un anno fa grazie all'intervento del Comitato di Gestione del Fondo Speciale Regionale per il Volontariato che ha creduto possibile intervenire positivamente per lo sviluppo di una azione a favore di donne vittime di sfruttamento. Il progetto prevedeva, e prevede tuttora, l'attivazione di alcuni programmi sociali: dalla fuoriuscita dalla condizione di asservimento all'ingresso in una comunità di accoglienza fino alla completa autonomia.

Non riteniamo di poter essere esaurienti, né tantomeno riuscire a dare una linea di pensiero rispetto all'ordine delle cose o alle modalità operative ideali, anche perché reputiamo non esistano, ma solo di portare un angolo di luce su un'esperienza. Esperienza che rischierebbe di restare relegata al fare quotidiano di chi lavora per aiutare senza mai quasi avere il tempo di soffermarsi a guardare quanta strada è stata fatta e quanta è ancora da percorrere.

Prefazione

Profilo dell’Associazione

SommarioIl fenomeno

Modalità di intervento

Modello operativo

Ritratti di primavera

Dati sull’accoglienza

Partner di progetto

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itratti di primavera è la rappresentazione delle ragazze nel momento del cambiamento. Temporali Rprimaverili, che hanno come caratteristica l'oscurarsi

immediato del cielo, la rumorosità del loro esplodere, la violenza e l’intensità dei fulmini, i venti freddi e taglienti, la loro breve durata fa si che poi i colori divengano limpidi ed appaiano arcobaleni cristallini.

Affrontare un argomento così complesso e trasversale come il fenomeno della prostituzione, o meglio ancora della tratta a scopo di sfruttamento sessuale, oggi appare quanto mai difficile. Fino a qualche anno fa la presenza di “merce umana” sulle strade risultava preponderante rispetto ad altre formule di “servizio”: si assiste, ormai, ad uno spostamento verso l'interno, verso i luoghi chiusi (night, case d'appuntamento ecc.) che rendono ancora più complesso l'analisi effettiva della situazione.

L’esperienza che segue è il frutto di un progetto nato un anno fa grazie all'intervento del Comitato di Gestione del Fondo Speciale Regionale per il Volontariato che ha creduto possibile intervenire positivamente per lo sviluppo di una azione a favore di donne vittime di sfruttamento. Il progetto prevedeva, e prevede tuttora, l'attivazione di alcuni programmi sociali: dalla fuoriuscita dalla condizione di asservimento all'ingresso in una comunità di accoglienza fino alla completa autonomia.

Non riteniamo di poter essere esaurienti, né tantomeno riuscire a dare una linea di pensiero rispetto all'ordine delle cose o alle modalità operative ideali, anche perché reputiamo non esistano, ma solo di portare un angolo di luce su un'esperienza. Esperienza che rischierebbe di restare relegata al fare quotidiano di chi lavora per aiutare senza mai quasi avere il tempo di soffermarsi a guardare quanta strada è stata fatta e quanta è ancora da percorrere.

Prefazione

Profilo dell’Associazione

SommarioIl fenomeno

Modalità di intervento

Modello operativo

Ritratti di primavera

Dati sull’accoglienza

Partner di progetto

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Il fenomeno della tratta ha raggiunto dimensioni spaventose. I dati dell'Anti-Slavery International parlano di 200 milioni di schiavi, tra donne e bambini, quasi 18

volte più dell’intera tratta di schiavi dall'Africa nei secoli scorsi. Nonostante oggi non sia più legittimata alcuna forma di schiavitù, in molte aree del mondo si manifestano ancora fenomeni di brutale sfruttamento nei confronti di quote sempre più consistenti di persone, per lo più collocate nella fascia sociale di povertà assoluta.

A riattualizzare il discorso intorno alla riduzione in schiavitù e servitù, che insieme costituiscono una grave violazione dei diritti fondamentali delle persone, hanno contribuito una serie di fattori che interagendo tra di loro hanno determinato il passaggio dalla forma di sfruttamento di tipo tradizionale a quella delineatasi in tempi recenti, in particolare la tratta di donne e minori a scopo di sfruttamento sessuale.

Sicuramente lo scenario economico attuale, caratterizzato dalla mondializzazione del sistema capitalistico e dalla globalizzazione del mercato del lavoro, ha offerto il terreno ideale per l'instaurarsi della fiorente industria dello sfruttamento schiavistico, la cui attività è quasi sempre legata a potenti organizzazioni criminali.

A ciò si aggiunge l'esplosione demografica che ha interessato il dopoguerra e che ha fatto notevolmente aumentare l'offerta di potenziali schiavi e, nel contempo, ne ha abbassato il prezzo. Con l'accrescere dei differenziali di sviluppo economico e politico tra diversi paesi, è anche inevitabilmente aumentata la necessità per milioni di persone di concretizzare un progetto di vita che le porta a ricercare migliori condizioni di vita la di là dei confini del proprio paese. Infatti la diffusione dei movimenti migratori in aree del mondo prima mai interessate da questo fenomeno è sicuramente uno fra gli scenari più importanti per la questione della tratta di esseri umani. Uno dei processi che si configurano è quello dello spostamento del soggetto “trafficato” da un paese all'altro e il suo ingresso illegale nel paese di destinazione.

A gestire questo processo sono le organizzazioni criminali alle quali gli stessi potenziali migranti si rivolgono per

Il fenomeno della riduzione in schiavitù

Finalità dell’Associazione

L’Associazione Welcome

L'Associazione Welcome nasce dall'incontro di persone che da anni lavorano nello specifico della tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Nasce dalla consapevolezza che bisogna ragionare in un'ottica di progettualità per essere in grado di dare una risposta coerente e funzionale alle richieste di chi decide di uscire da una condizione di sfruttamento. Nasce dalla coscienza che non sono sufficienti sensibilità e buona volontà, ma occorrono professionalità e metodo. Per tali motivi, l'Associazione Welcome è composta principalmente da persone che, oltre a possedere un profondo senso del rispetto della dignità umana, hanno una storia ed un background personale che ne fanno dei profondi conoscitori del fenomeno. Per questa ragione l'Associazione Welcome ha costruito una rete di relazioni con enti ed organizzazioni per portare avanti progetti multiassociativi per rispondere con forza ed in sinergia su una pluralità di problematiche.

Lo scopo principale dell'Associazione è fornire gli strumenti indispensabili per favorire i percorsi di fuoriuscita dalle condizioni di asservimento delle donne straniere vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Così come previsto dall'Art. 18 del T.U. sull'immigrazione. A tale fine è stata prevista la possibilità di attuare accoglienze a livello familiare su diverse strutture medio - grandi per favorire l'acquisizione di una completa autonomia gestionale. Vengono attuati percorsi individualizzati secondo le necessità di ogni ragazza: apprendimento lingua, sicurezza personale, scolarizzazione, assistenza per figli a carico, assistenza psicologica, specialistica, sanitaria. Il percorso procede in tre fasi: casa di fuga (10-15 giorni), prima accoglienza (5-6 mesi), seconda accoglienza (5-6 mesi). Sono state realizzate collaborazioni con diversi enti ed associazioni per favorire l'ingresso nel mondo del lavoro ed una piena integrazione a livello sociale, scolastico e formativo. La collaborazione con questure ed organi delle forze dell'ordine è quanto mai stretta proprio per permettere da un lato la protezione delle ragazze e dall'altro, tramite la denunce da parte delle vittime, fornire uno strumento alle istituzioni per arginare il fenomeno.

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Il fenomeno della tratta ha raggiunto dimensioni spaventose. I dati dell'Anti-Slavery International parlano di 200 milioni di schiavi, tra donne e bambini, quasi 18

volte più dell’intera tratta di schiavi dall'Africa nei secoli scorsi. Nonostante oggi non sia più legittimata alcuna forma di schiavitù, in molte aree del mondo si manifestano ancora fenomeni di brutale sfruttamento nei confronti di quote sempre più consistenti di persone, per lo più collocate nella fascia sociale di povertà assoluta.

A riattualizzare il discorso intorno alla riduzione in schiavitù e servitù, che insieme costituiscono una grave violazione dei diritti fondamentali delle persone, hanno contribuito una serie di fattori che interagendo tra di loro hanno determinato il passaggio dalla forma di sfruttamento di tipo tradizionale a quella delineatasi in tempi recenti, in particolare la tratta di donne e minori a scopo di sfruttamento sessuale.

Sicuramente lo scenario economico attuale, caratterizzato dalla mondializzazione del sistema capitalistico e dalla globalizzazione del mercato del lavoro, ha offerto il terreno ideale per l'instaurarsi della fiorente industria dello sfruttamento schiavistico, la cui attività è quasi sempre legata a potenti organizzazioni criminali.

A ciò si aggiunge l'esplosione demografica che ha interessato il dopoguerra e che ha fatto notevolmente aumentare l'offerta di potenziali schiavi e, nel contempo, ne ha abbassato il prezzo. Con l'accrescere dei differenziali di sviluppo economico e politico tra diversi paesi, è anche inevitabilmente aumentata la necessità per milioni di persone di concretizzare un progetto di vita che le porta a ricercare migliori condizioni di vita la di là dei confini del proprio paese. Infatti la diffusione dei movimenti migratori in aree del mondo prima mai interessate da questo fenomeno è sicuramente uno fra gli scenari più importanti per la questione della tratta di esseri umani. Uno dei processi che si configurano è quello dello spostamento del soggetto “trafficato” da un paese all'altro e il suo ingresso illegale nel paese di destinazione.

A gestire questo processo sono le organizzazioni criminali alle quali gli stessi potenziali migranti si rivolgono per

Il fenomeno della riduzione in schiavitù

Finalità dell’Associazione

L’Associazione Welcome

L'Associazione Welcome nasce dall'incontro di persone che da anni lavorano nello specifico della tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Nasce dalla consapevolezza che bisogna ragionare in un'ottica di progettualità per essere in grado di dare una risposta coerente e funzionale alle richieste di chi decide di uscire da una condizione di sfruttamento. Nasce dalla coscienza che non sono sufficienti sensibilità e buona volontà, ma occorrono professionalità e metodo. Per tali motivi, l'Associazione Welcome è composta principalmente da persone che, oltre a possedere un profondo senso del rispetto della dignità umana, hanno una storia ed un background personale che ne fanno dei profondi conoscitori del fenomeno. Per questa ragione l'Associazione Welcome ha costruito una rete di relazioni con enti ed organizzazioni per portare avanti progetti multiassociativi per rispondere con forza ed in sinergia su una pluralità di problematiche.

Lo scopo principale dell'Associazione è fornire gli strumenti indispensabili per favorire i percorsi di fuoriuscita dalle condizioni di asservimento delle donne straniere vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Così come previsto dall'Art. 18 del T.U. sull'immigrazione. A tale fine è stata prevista la possibilità di attuare accoglienze a livello familiare su diverse strutture medio - grandi per favorire l'acquisizione di una completa autonomia gestionale. Vengono attuati percorsi individualizzati secondo le necessità di ogni ragazza: apprendimento lingua, sicurezza personale, scolarizzazione, assistenza per figli a carico, assistenza psicologica, specialistica, sanitaria. Il percorso procede in tre fasi: casa di fuga (10-15 giorni), prima accoglienza (5-6 mesi), seconda accoglienza (5-6 mesi). Sono state realizzate collaborazioni con diversi enti ed associazioni per favorire l'ingresso nel mondo del lavoro ed una piena integrazione a livello sociale, scolastico e formativo. La collaborazione con questure ed organi delle forze dell'ordine è quanto mai stretta proprio per permettere da un lato la protezione delle ragazze e dall'altro, tramite la denunce da parte delle vittime, fornire uno strumento alle istituzioni per arginare il fenomeno.

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SituazioneAccoglienza(Apr 00 - Nov 02)

Interventi operativi(Apr 00 - Nov 02)

Obiettivi raggiunti(Apr 00 - Nov 02)

chiedere aiuto, instaurando così il meccanismo del debito contrattuale che li conduce allo sfruttamento e asservimento. Il meccanismo del debito contrattuale è oggi uno degli strumenti più utilizzati, soprattutto nel traffico di donne da destinare alla prostituzione.

Il persistere non solo di forti disuguaglianze politiche ed economiche, ma anche di modelli culturali e relazioni sociali in cui è contenuta una sorta di legittimazione condivisa allo sfruttamento di donne e minori nel mercato del sesso, rappresenta la causa di maggiore esposizione delle persone al rischio di divenire vittime di trafficanti, e richiede quindi un intervento anche nelle aree di partenza che porterà ad una presa di coscienza sui diritti umani. Secondo stime recenti gli immigrati clandestini che vivono all'interno dell'Unione Europea sarebbero tra i 3 e gli 8 milioni e l'industria del sesso, che nel mondo contemporaneo ha raggiunto dimensioni superiori a quelle del traffico di droga, seconda solo a quello delle armi, vedrebbe coinvolte un numero di ragazze che potrebbero raggiungere le 500.000 unità.

È da tenere in considerazione anche il fatto imprescindibile che l'esistenza di una “offerta diffusa” è determinato in prima istanza da una “domanda alta” da parte dei paesi occidentalizzati. I dati concordano che solo in Italia, tra frequentatori abituali e saltuari, ci sono circa 9 milioni di clienti, praticamente 1 uomo adulto su 5.

E tale domanda investe trasversalmente tutte le fasce sociali ed economiche, senza distinzione. Interrogarsi circa l'esistenza di questo “bisogno” è uno dei fattori da tenere in considerazione per affrontare questo fenomeno.

Non è possibile, tuttavia, ridurre l'analisi alle problematiche psicologiche, sociali e relazionali, ma è altresì vero che occorre procedere a una rivisitazione degli aspetti culturali della nostra cosiddetta “società civile” che permette, e anzi sviluppa, il permanere di una situazione di sfruttamento o asservimento dell'altro.

Dati sull’accoglienza Apr 00 - Nov 02

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SituazioneAccoglienza(Apr 00 - Nov 02)

Interventi operativi(Apr 00 - Nov 02)

Obiettivi raggiunti(Apr 00 - Nov 02)

chiedere aiuto, instaurando così il meccanismo del debito contrattuale che li conduce allo sfruttamento e asservimento. Il meccanismo del debito contrattuale è oggi uno degli strumenti più utilizzati, soprattutto nel traffico di donne da destinare alla prostituzione.

Il persistere non solo di forti disuguaglianze politiche ed economiche, ma anche di modelli culturali e relazioni sociali in cui è contenuta una sorta di legittimazione condivisa allo sfruttamento di donne e minori nel mercato del sesso, rappresenta la causa di maggiore esposizione delle persone al rischio di divenire vittime di trafficanti, e richiede quindi un intervento anche nelle aree di partenza che porterà ad una presa di coscienza sui diritti umani. Secondo stime recenti gli immigrati clandestini che vivono all'interno dell'Unione Europea sarebbero tra i 3 e gli 8 milioni e l'industria del sesso, che nel mondo contemporaneo ha raggiunto dimensioni superiori a quelle del traffico di droga, seconda solo a quello delle armi, vedrebbe coinvolte un numero di ragazze che potrebbero raggiungere le 500.000 unità.

È da tenere in considerazione anche il fatto imprescindibile che l'esistenza di una “offerta diffusa” è determinato in prima istanza da una “domanda alta” da parte dei paesi occidentalizzati. I dati concordano che solo in Italia, tra frequentatori abituali e saltuari, ci sono circa 9 milioni di clienti, praticamente 1 uomo adulto su 5.

E tale domanda investe trasversalmente tutte le fasce sociali ed economiche, senza distinzione. Interrogarsi circa l'esistenza di questo “bisogno” è uno dei fattori da tenere in considerazione per affrontare questo fenomeno.

Non è possibile, tuttavia, ridurre l'analisi alle problematiche psicologiche, sociali e relazionali, ma è altresì vero che occorre procedere a una rivisitazione degli aspetti culturali della nostra cosiddetta “società civile” che permette, e anzi sviluppa, il permanere di una situazione di sfruttamento o asservimento dell'altro.

Dati sull’accoglienza Apr 00 - Nov 02

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Comune di Fontanelle (TV): attuazione di borse lavoro; inserimento lavorativo in accordo col Ministero del Lavoro e l'Associazione Piccoli Industriali; accompagnamento in autonomia in accordo con l'art. 16 della Legge quadro 40 (Testo Unico sull'immigrazione);

Centro Veneto Progetto Donna:consulenza e sostegno psicologico;

Convenzione con i Comuni di Padova, Abano terme (PD), Limena (PD);

Associazione LULE di Abbiategrasso (MI):percorsi di uscita dalla strada;

Progetto regionale Veneto, legge del 11 agosto 1991 n° 266 art. 6, avente fine di far fronte ad emergenze sociali, nonché di favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate;

Gruppo Network Service (affiliato CONFINDUSTRIA): consulenza, formazione e inserimento lavorativo;

Associazione ON THE ROAD di Teramo:progetti di intervento sul fenomeno della tratta;

Convenzione di tirocinio e formazione e orientamento con Università degli Studi di Padova;

Questura di Padova: Cooperazione su emergenza sociale e attivazione di programmi di inserimento sociale;

Collaborazione con ASL di Pavia.

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Modalità di intervento

La politica dell'Associazione Welcome parte dalla

considerazione che la tratta di donne e minori a scopo

di sfruttamento sessuale va concepito come un

fenomeno e non come un problema: un fenomeno che tocca

una molteplicità di aspetti, che spaziano dall'immigrazione

all'emarginazione e alla criminalità. Ma si può parlare di

fenomeno anche sulla base dei numeri, che parlano di nove

milioni di clienti all'anno e che testimoniano la bilateralità

del problema tra domanda (cliente) e offerta (prostituita). A

dare risposta a tale fenomeno non devono più essere quindi

solo gli Enti Locali all'interno del cui territorio si svolge il

mercato della prostituzione, ma anche tutti gli Enti Locali

apparentemente non interessati, in quanto “la domanda”

proviene indistintamente da tutto il territorio. Occorre dare

una risposta non più in termini di micro-collaborazione e di

solidarietà, ma di impegno politico e reperimento di una

pluralità di linee d'azione sinergiche ed integrate con cui

intervenire sia sulla domanda che sull'offerta. Grazie a

questo modello d'intervento, auspichiamo, da un lato, di

iniziare a scalfire un modello culturale, sotterraneo ma

diffuso, che ci appare come un ammortizzatore sociale,

secondo cui tutto (incluse le relazioni e l'affettività) è

mercificabile e, dall'altro, tali strategie hanno trasformato

spesso quella che era una situazione di asservimento in una

risorsa produttiva integrata per il nostro Paese.

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2 Elaborazione del progetto individuale. Punti salienti di questa fase sono:- creazione di rapporti di fiducia con gli operatori, che

consentano una rielaborazione della propria esperienza personale e del lutto affettivo.Acquisizione da parte degli operatori di conoscenze della storia individuale della ragazza, al fine di stimolare il confronto interpersonale e di individuare eventuali forme di sostegno psicologico esterno, anche rispetto alle difficoltà legate alla denuncia e al procedimento giudiziario che la ragazza dovrà affrontare;

- attribuzione di senso di responsabilità nella gestione della Casa;

- definizione concordata del proprio progetto personale verso l'autonomia, con contestuale definizione di percorsi di scolarizzazione o di formazione lavorativa ed eventuale successivo primo inserimento nel mondo del lavoro.

! Seconda accoglienza: la permanenza in un nucleo di seconda accoglienza è finalizzata alla prosecuzione e conclusione del processo verso l'autonomia, con continuità relazionale con gli operatori della prima accoglienza. Accedono alla seconda accoglienza, secondo una valutazione effettuata dai Responsabili della prima accoglienza, le persone che si trovino in una condizione di semi-autonomia, cioè che:1 abbiano acquisito, secondo una valutazione concordata

con gli operatori, gli strumenti linguistici e di autoconsapevolezza necessari per il perseguimento degli obiettivi personali prefissati.

2 Siano in uno stato avanzato nel processo di regolarizzazione (in possesso del permesso di soggiorno o in imminente attesa di ottenerlo).

3 Siano in una condizione lavorativa che consenta una partecipazione al proprio sostentamento.

Il percorso d'accoglienza

Il Percorso di accoglienza di una donna fuoriuscita dal racket segue molteplici tappe: ! Casa di fuga: una volta che la situazione individuale

della persona da accogliere è stata segnalata (dalla stessa interessata, dalle forze dell'ordine, dai servizi sociali o da associazioni partner), è prevista una prima fase in una casa di fuga (5 - 7 giorni), in cui è possibile verificare l'effettiva volontà di cambiare vita.

! Prima accoglienza: dopo la valutazione positiva della richiesta di accoglienza, avviene l'inserimento in una Casa di Prima Accoglienza. La Casa è strutturata secondo un modello di sistema familiare e prevede 6 posti letto più 1 posto letto di emergenza.L'inserimento della nuova accolta nel sistema familiare avviene secondo le seguenti fasi:1 Ambientamento alla casa e alle sue regole di

convivenza. (tempo: 15 giorni).10 11

Accostarsi l'uno all'altro, come due individui diversi che si realizzano consapevolmente

E' l'esperienza che genera AUTONOMIA che ogni persona può costruire da sé attraverso un PERCORSO A TAPPE, che si sviluppa nella SODDISFAZIONE disinteressata, seria, amicale, come in un grande GIOCO dove l'importante è partecipare. È il gioco stesso della VITA che si realizza nel suo manifestarsi, attuando la propria potenzialità.Questo gioco, che è l'accoglienza, è un'esperienza che concilia le nostre contraddizioni perché coscientemente sa gestire una REALTÀ AMBIVALENTE, conciliando:

! SEPARATEZZA e COMUNITÀ! UGUAGLIANZA e DIVERSITÀ! SERVIZIO e BISOGNO! DENTRO e FUORI

L'Io individuale realizza il TUTTO, cioè l'UMANITÀ

Il significato dell’accoglienza

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2 Elaborazione del progetto individuale. Punti salienti di questa fase sono:- creazione di rapporti di fiducia con gli operatori, che

consentano una rielaborazione della propria esperienza personale e del lutto affettivo.Acquisizione da parte degli operatori di conoscenze della storia individuale della ragazza, al fine di stimolare il confronto interpersonale e di individuare eventuali forme di sostegno psicologico esterno, anche rispetto alle difficoltà legate alla denuncia e al procedimento giudiziario che la ragazza dovrà affrontare;

- attribuzione di senso di responsabilità nella gestione della Casa;

- definizione concordata del proprio progetto personale verso l'autonomia, con contestuale definizione di percorsi di scolarizzazione o di formazione lavorativa ed eventuale successivo primo inserimento nel mondo del lavoro.

! Seconda accoglienza: la permanenza in un nucleo di seconda accoglienza è finalizzata alla prosecuzione e conclusione del processo verso l'autonomia, con continuità relazionale con gli operatori della prima accoglienza. Accedono alla seconda accoglienza, secondo una valutazione effettuata dai Responsabili della prima accoglienza, le persone che si trovino in una condizione di semi-autonomia, cioè che:1 abbiano acquisito, secondo una valutazione concordata

con gli operatori, gli strumenti linguistici e di autoconsapevolezza necessari per il perseguimento degli obiettivi personali prefissati.

2 Siano in uno stato avanzato nel processo di regolarizzazione (in possesso del permesso di soggiorno o in imminente attesa di ottenerlo).

3 Siano in una condizione lavorativa che consenta una partecipazione al proprio sostentamento.

Il percorso d'accoglienza

Il Percorso di accoglienza di una donna fuoriuscita dal racket segue molteplici tappe: ! Casa di fuga: una volta che la situazione individuale

della persona da accogliere è stata segnalata (dalla stessa interessata, dalle forze dell'ordine, dai servizi sociali o da associazioni partner), è prevista una prima fase in una casa di fuga (5 - 7 giorni), in cui è possibile verificare l'effettiva volontà di cambiare vita.

! Prima accoglienza: dopo la valutazione positiva della richiesta di accoglienza, avviene l'inserimento in una Casa di Prima Accoglienza. La Casa è strutturata secondo un modello di sistema familiare e prevede 6 posti letto più 1 posto letto di emergenza.L'inserimento della nuova accolta nel sistema familiare avviene secondo le seguenti fasi:1 Ambientamento alla casa e alle sue regole di

convivenza. (tempo: 15 giorni).10 11

Accostarsi l'uno all'altro, come due individui diversi che si realizzano consapevolmente

E' l'esperienza che genera AUTONOMIA che ogni persona può costruire da sé attraverso un PERCORSO A TAPPE, che si sviluppa nella SODDISFAZIONE disinteressata, seria, amicale, come in un grande GIOCO dove l'importante è partecipare. È il gioco stesso della VITA che si realizza nel suo manifestarsi, attuando la propria potenzialità.Questo gioco, che è l'accoglienza, è un'esperienza che concilia le nostre contraddizioni perché coscientemente sa gestire una REALTÀ AMBIVALENTE, conciliando:

! SEPARATEZZA e COMUNITÀ! UGUAGLIANZA e DIVERSITÀ! SERVIZIO e BISOGNO! DENTRO e FUORI

L'Io individuale realizza il TUTTO, cioè l'UMANITÀ

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di comunicazione (in accordo con la Questura di Padova) viene dato come domicilio quello della sede legale dell'Associazione e non quello di casa.

! Gli orari di uscita e rientro sono concordati in precedenza secondo le attività personali da svolgere, come lavoro e scuola, e gli impegni familiari nella gestione della casa: pulizie, ordine ecc.! Viene responsabilizzata l'utenza per quanto concerne

preparazione pasti, pulizie e gestione pratica della casa. A seconda degli impegni lavorativi e scolastici, ogni ragazza deve dare il suo contributo favorendo chi ha minore disponibilità. ! Fatto salvo esigenze specifiche ed eccezionali, ogni

ragazza è tenuta a partecipare alla riunione collettiva del mercoledì sera, alla presenza degli operatori e del supervisore, durante la quale vengono affrontate le eventuali divergenze o problematiche inerenti la vita quotidiana. Tale riunione viene sempre verbalizzata.

Non esiste un programma specifico della giornata. Ogni ragazza svolge diverse attività che possono rientrare negli obiettivi da raggiungere come precedentemente evidenziati.Le ragazze generalmente:! seguono corsi territoriali di alfabetizzazione ed educazione

civica.!Ottengono eventuali diplomi di Scuola Media Inferiore.! Frequentano eventuali corsi di informatica di base.! Seguono corsi di formazione lavoro.! Svolgono attività lavorativa.! Studiano.! Incontrano settimanalmente la psicologa per la

rielaborazione del vissuto. ! Incontrano settimanalmente i mediatori culturali.

In tal modo l'utenza si costruisce una rete di relazioni che favorisce l'inserimento sociale verso l'esterno.

Norme generali inerenti la convivenza (Regolamento)

Programma di una giornata tipo

Modello operativo e di conduzionedella comunità di accoglienza

P

Norme generali inerenti la sicurezza (Regolamento)

rincipio basilare da cui prende costruzione il modello è quello sistemico familiare. Tale modello permette il raggiungimento di diversi obiettivi:

! generale: favorire l'acquisizione di un'autonomia economica, di un riconoscimento giuridico e l'inserimento sociale delle donne vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale.! strategici: favorire percorsi di crescita e di sviluppo

personale attraverso l'inserimento in un sistema familiare di convivenza quotidiana, la rielaborazione del vissuto, l'analisi delle problematiche attinenti alla regolarizzazione, la gestione del tempo e del denaro; favorire l'inserimento sociale nel territorio; promuovere percorsi di scolarizzazione e di formazione professionale; promuovere l'inserimento nel mondo del lavoro.! indotto: collaborare all'individuazione delle

organizzazioni criminali addette allo sfruttamento, attraverso la denuncia alle Forze dell'Ordine degli sfruttatori, da parte delle ragazze.

Tutto questo risulta possibile proprio in virtù del fatto che la conduzione a carattere familiare non prevede un regolamento fisso e determinato, ma si adatta a seconda delle esigenze temporali, operative e personali dell'utenza che usufruisce della struttura in quel momento.

Esistono alcune determinanti che si ripetono e riguardano, proprio per la peculiarità del fenomeno in oggetto, la sicurezza: protezione della struttura e della persona.

!Non utilizzo del telefono della casa per chiamate private da

parte dell'utenza.!Utilizzo di scheda telefonica da adoperare presso telefoni

pubblici o con evidenza pubblica.!Qualsiasi incontro con relazioni private deve avvenire

lontano dalla struttura ed è fatto divieto di comunicare l'indirizzo della stessa.!L'utenza comunica ogni uscita dalla casa indicando luogo

di destinazione e persone incontrate e orario di rientro, precedentemente concordato.!Per qualsiasi documento, per la posta ricevuta e altre forme

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di comunicazione (in accordo con la Questura di Padova) viene dato come domicilio quello della sede legale dell'Associazione e non quello di casa.

! Gli orari di uscita e rientro sono concordati in precedenza secondo le attività personali da svolgere, come lavoro e scuola, e gli impegni familiari nella gestione della casa: pulizie, ordine ecc.! Viene responsabilizzata l'utenza per quanto concerne

preparazione pasti, pulizie e gestione pratica della casa. A seconda degli impegni lavorativi e scolastici, ogni ragazza deve dare il suo contributo favorendo chi ha minore disponibilità. ! Fatto salvo esigenze specifiche ed eccezionali, ogni

ragazza è tenuta a partecipare alla riunione collettiva del mercoledì sera, alla presenza degli operatori e del supervisore, durante la quale vengono affrontate le eventuali divergenze o problematiche inerenti la vita quotidiana. Tale riunione viene sempre verbalizzata.

Non esiste un programma specifico della giornata. Ogni ragazza svolge diverse attività che possono rientrare negli obiettivi da raggiungere come precedentemente evidenziati.Le ragazze generalmente:! seguono corsi territoriali di alfabetizzazione ed educazione

civica.!Ottengono eventuali diplomi di Scuola Media Inferiore.! Frequentano eventuali corsi di informatica di base.! Seguono corsi di formazione lavoro.! Svolgono attività lavorativa.! Studiano.! Incontrano settimanalmente la psicologa per la

rielaborazione del vissuto. ! Incontrano settimanalmente i mediatori culturali.

In tal modo l'utenza si costruisce una rete di relazioni che favorisce l'inserimento sociale verso l'esterno.

Norme generali inerenti la convivenza (Regolamento)

Programma di una giornata tipo

Modello operativo e di conduzionedella comunità di accoglienza

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Norme generali inerenti la sicurezza (Regolamento)

rincipio basilare da cui prende costruzione il modello è quello sistemico familiare. Tale modello permette il raggiungimento di diversi obiettivi:

! generale: favorire l'acquisizione di un'autonomia economica, di un riconoscimento giuridico e l'inserimento sociale delle donne vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale.! strategici: favorire percorsi di crescita e di sviluppo

personale attraverso l'inserimento in un sistema familiare di convivenza quotidiana, la rielaborazione del vissuto, l'analisi delle problematiche attinenti alla regolarizzazione, la gestione del tempo e del denaro; favorire l'inserimento sociale nel territorio; promuovere percorsi di scolarizzazione e di formazione professionale; promuovere l'inserimento nel mondo del lavoro.! indotto: collaborare all'individuazione delle

organizzazioni criminali addette allo sfruttamento, attraverso la denuncia alle Forze dell'Ordine degli sfruttatori, da parte delle ragazze.

Tutto questo risulta possibile proprio in virtù del fatto che la conduzione a carattere familiare non prevede un regolamento fisso e determinato, ma si adatta a seconda delle esigenze temporali, operative e personali dell'utenza che usufruisce della struttura in quel momento.

Esistono alcune determinanti che si ripetono e riguardano, proprio per la peculiarità del fenomeno in oggetto, la sicurezza: protezione della struttura e della persona.

!Non utilizzo del telefono della casa per chiamate private da

parte dell'utenza.!Utilizzo di scheda telefonica da adoperare presso telefoni

pubblici o con evidenza pubblica.!Qualsiasi incontro con relazioni private deve avvenire

lontano dalla struttura ed è fatto divieto di comunicare l'indirizzo della stessa.!L'utenza comunica ogni uscita dalla casa indicando luogo

di destinazione e persone incontrate e orario di rientro, precedentemente concordato.!Per qualsiasi documento, per la posta ricevuta e altre forme

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ragazze a espletare le varie pratiche;Programmare gli interventi sopra descritti, preparare una griglia, e portarli a buon fine entro un mese dall'arrivo della ragazza.Preparare una scheda personale della ragazza, su percorsi ed obiettivi condivisi preventivamente con lei: da verificare (in linea di massima ogni 2 mesi od ogni qualvolta si renda necessario) ed eventualmente ritararli ( sempre ferma restando la temporalità progettuale di 5 - 6 mesi).

3 Favorire l'inserimento nel nucleo di convivenza: l'uso degli spazi nel rispetto di tutti i componenti del nucleo e delle regole che sottendono la convivenza (ad es. avvisare quando si esce e dove si va, rispettare gli orari di pranzo e cena, di rientro dopo uscite serali oppure concordare preventivamente altre esigenze d'uscita).

4 Verificare che le ragazze rispettino norme minime atte ad assicurare la sicurezza personale e la protezione della casa: - appuntamenti con amici e fidanzati, non devono mai

avvenire nei pressi della casa, ma in un luogo che non possa ricondurre alla stessa.

- non possono essere usati e tenuti cellulari personali che prima si possedevano;

- il telefono di casa non può essere usato, se non in rari casi di eccezionalità preventivamente autorizzati

dall'operatore, e non ne deve essere divulgato il numeroa nessuno.

8 Verificare lo stato di autonomia e di conoscenza della città: favorire il più possibile la capacità di gestire le proprie necessità (ad es. fare da sole le tessere sanitarie, l'iscrizione a scuola e contatti con la questura, sempre dove possibile, favorendoli con una telefonata preventiva da parte dell'operatore ).

Individuare spazi e tempi che favoriscano questo passaggio, e verificare la presenza di almeno 2 operatori all’interno della Casa affinché uno dei due possa intervenire in modo individuale senza doversi preoccupare di nullaltro che riguarda l'accoglienza.

Rielaborazione del vissuto

Inserimento in prima accoglienza1 Contattare l'eventuale Comune di competenza per le prese

in carico.2 Verifica della presenza/assenza degli strumenti

indispensabili per svolgere l'iter del percorso sociale in base ai progetti dell'Associazione Welcome ed agli obiettivi da essi stabiliti:- verifica dell'iter processuale sostenuto dalla ragazza:

nel caso procedere ad accordi per presentare la denuncia e programmare l'iter stesso e l'attivazione per l'ottenimento del permesso di soggiorno;

- tessera sanitaria;- controlli sanitari di base e, se necessari, specifici;- livello di conoscenza della lingua italiana e

conseguente inserimento scolastico in corsi di italiano; - eventuali corsi di studi sostenuti;- verifica delle potenzialità scolastiche (necessità di

Licenza Elementare o Media Inferiore);- eventuale Formazione lavorativa;- far fare il passaporto a chi non lo ha: contattare le

ambasciate, i consolati e, nel caso, accompagnare le

Linee guida di una attività di accoglienza

Modalità di accompagnamento a servizi esterni

Per quanto concerne alcuni servizi esterni, come quelli sanitari, legali e burocratici (permessi di soggiorno, incontro con il legale per la costituzione parte civile, iscrizioni, uffici pubblici, ecc.), è previsto un accompagnamento da parte di operatori, volontari e tirocinanti, per favorire lo sviluppo della conoscenza dei vari servizi territoriali e le modalità di fruizione degli stessi, fino al raggiungimento dell'autonomia gestionale della ragazza accolta.Ogni ragazza ha una propria scheda che si compone di:! presa in carico da parte delle varie istituzioni e/o

associazioni.! Scheda personale riguardante: primo contatto, profilo

personale, scheda giuridica e sanitaria, cronografia professionale di volta in volta aggiornata.! Tutta la documentazione burocratica (permesso di

soggiorno, iscrizioni scolastiche, contratti di lavoro, ecc.).

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ragazze a espletare le varie pratiche;Programmare gli interventi sopra descritti, preparare una griglia, e portarli a buon fine entro un mese dall'arrivo della ragazza.Preparare una scheda personale della ragazza, su percorsi ed obiettivi condivisi preventivamente con lei: da verificare (in linea di massima ogni 2 mesi od ogni qualvolta si renda necessario) ed eventualmente ritararli ( sempre ferma restando la temporalità progettuale di 5 - 6 mesi).

3 Favorire l'inserimento nel nucleo di convivenza: l'uso degli spazi nel rispetto di tutti i componenti del nucleo e delle regole che sottendono la convivenza (ad es. avvisare quando si esce e dove si va, rispettare gli orari di pranzo e cena, di rientro dopo uscite serali oppure concordare preventivamente altre esigenze d'uscita).

4 Verificare che le ragazze rispettino norme minime atte ad assicurare la sicurezza personale e la protezione della casa: - appuntamenti con amici e fidanzati, non devono mai

avvenire nei pressi della casa, ma in un luogo che non possa ricondurre alla stessa.

- non possono essere usati e tenuti cellulari personali che prima si possedevano;

- il telefono di casa non può essere usato, se non in rari casi di eccezionalità preventivamente autorizzati

dall'operatore, e non ne deve essere divulgato il numeroa nessuno.

8 Verificare lo stato di autonomia e di conoscenza della città: favorire il più possibile la capacità di gestire le proprie necessità (ad es. fare da sole le tessere sanitarie, l'iscrizione a scuola e contatti con la questura, sempre dove possibile, favorendoli con una telefonata preventiva da parte dell'operatore ).

Individuare spazi e tempi che favoriscano questo passaggio, e verificare la presenza di almeno 2 operatori all’interno della Casa affinché uno dei due possa intervenire in modo individuale senza doversi preoccupare di nullaltro che riguarda l'accoglienza.

Rielaborazione del vissuto

Inserimento in prima accoglienza1 Contattare l'eventuale Comune di competenza per le prese

in carico.2 Verifica della presenza/assenza degli strumenti

indispensabili per svolgere l'iter del percorso sociale in base ai progetti dell'Associazione Welcome ed agli obiettivi da essi stabiliti:- verifica dell'iter processuale sostenuto dalla ragazza:

nel caso procedere ad accordi per presentare la denuncia e programmare l'iter stesso e l'attivazione per l'ottenimento del permesso di soggiorno;

- tessera sanitaria;- controlli sanitari di base e, se necessari, specifici;- livello di conoscenza della lingua italiana e

conseguente inserimento scolastico in corsi di italiano; - eventuali corsi di studi sostenuti;- verifica delle potenzialità scolastiche (necessità di

Licenza Elementare o Media Inferiore);- eventuale Formazione lavorativa;- far fare il passaporto a chi non lo ha: contattare le

ambasciate, i consolati e, nel caso, accompagnare le

Linee guida di una attività di accoglienza

Modalità di accompagnamento a servizi esterni

Per quanto concerne alcuni servizi esterni, come quelli sanitari, legali e burocratici (permessi di soggiorno, incontro con il legale per la costituzione parte civile, iscrizioni, uffici pubblici, ecc.), è previsto un accompagnamento da parte di operatori, volontari e tirocinanti, per favorire lo sviluppo della conoscenza dei vari servizi territoriali e le modalità di fruizione degli stessi, fino al raggiungimento dell'autonomia gestionale della ragazza accolta.Ogni ragazza ha una propria scheda che si compone di:! presa in carico da parte delle varie istituzioni e/o

associazioni.! Scheda personale riguardante: primo contatto, profilo

personale, scheda giuridica e sanitaria, cronografia professionale di volta in volta aggiornata.! Tutta la documentazione burocratica (permesso di

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Elaborazione della realtà e dei modelli socio economici e culturale di provenienza

Analisi delle problematiche attinenti la regolarizzazione della ragazza

Collaborazione alla gestione della casa d'accoglienza

Gestione del tempo

1 Richiamo continuo e quotidiano sugli sprechi (ad es. luci, gas, acqua e valore del cibo, sottolineando come non serve riempire il piatto per poi lasciarlo a metà).

2 Favorire l'acquisizione della capacità di andare a fare spese con l'attenzione necessaria ai costi ed al bisogno (a turno andare assieme all'operatore far la spesa, considerandola un’educazione operativa).

3 Rispetto del valore strumentale e simbolico delle cose: far evitare comportamenti che possano recare danno alle cose di casa (ad es. scarpe sui mobili, usare acetone e appoggiare cose calde sui mobili e rovinarli ecc.) e sottolineare l'importanza delle stesse e degli oggetti presi a prestito.

4 Rispetto sociale di convivenza: far evitare comportamenti che possano arrecare fastidio sia agli utenti della casa sia al vicinato e, più in generale, sviluppare la capacità di riconoscere i bisogni altrui (ad es. evitare rumori molesti o comunque in orari non consoni).

5 Usare la quotidianità per favorire i processi di apprendimento della cultura e della realtà socio -economica italiana anche con mediatori culturali.

Verifica di quanto compreso delle problematiche inerenti la regolarizzazione che, già in parte o compiutamente, sono a sua conoscenza.

Entro il primo mese favorire il più possibile la gestione delle cose dei compiti principali della sua conduzione quotidiana (ad es. lavare, tenere pulito ed in ordine, far da mangiare, ecc., soprattutto favorire l'adempimento di quei compiti, magari seguendola, di cui non ha buona conoscenza).

1 Tenendo conto della progettualità temporale di 6 mesi, strutturata secondo i “bisogni manifesti”, i tempi liberi risultano essere pochi. Per questo si ritiene che debba essere la stessa ragazza a gestire i suoi tempi liberi

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rispettando e favorendo la sua autonomia.2 Nel caso in cui emergessero bisogni o necessità da parte

della ragazza andremo a strutturare insieme a lei un'organizzazione del tempo.

1 Le ragazze che lavorano hanno a loro carico le spese di sigarette e i piccoli fabbisogni personali

2 Come già avviene, per le ragazze che lavorano è prevista l'apertura di un libretto bancario di risparmio intestato a loro come fonte di risorsa per la fase iniziale dell'autonomia, (es. anticipo contratto di affitto, apertura contatori vari).

Un punto importante da trattare a parte è quello inerente la sicurezza della ragazza e della casa.1 Occorre verificare, con le ragazze che si trovano in una

situazione di non sicurezza personale, quale sia la modalità migliore di intervenire. Sarà necessario verificare se i percorsi per andare a scuola, in centro o all'eventuale posto di lavoro siano per lei “a rischio”ed agire perché siano sicuri o nel caso occorra un accompagnamento.

2 Sottolineare sempre l'importanza dell'anonimato della casa per proteggere anche le altre ragazze che si trovano a vivere con loro e garantire la sicurezza delle successive accoglienze.

3 Nel caso si evidenzi la necessità di garantire in maniera continuata la sicurezza, occorrerà organizzare una modalità di gestione della stessa.

La gestione del denaro

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Elaborazione della realtà e dei modelli socio economici e culturale di provenienza

Analisi delle problematiche attinenti la regolarizzazione della ragazza

Collaborazione alla gestione della casa d'accoglienza

Gestione del tempo

1 Richiamo continuo e quotidiano sugli sprechi (ad es. luci, gas, acqua e valore del cibo, sottolineando come non serve riempire il piatto per poi lasciarlo a metà).

2 Favorire l'acquisizione della capacità di andare a fare spese con l'attenzione necessaria ai costi ed al bisogno (a turno andare assieme all'operatore far la spesa, considerandola un’educazione operativa).

3 Rispetto del valore strumentale e simbolico delle cose: far evitare comportamenti che possano recare danno alle cose di casa (ad es. scarpe sui mobili, usare acetone e appoggiare cose calde sui mobili e rovinarli ecc.) e sottolineare l'importanza delle stesse e degli oggetti presi a prestito.

4 Rispetto sociale di convivenza: far evitare comportamenti che possano arrecare fastidio sia agli utenti della casa sia al vicinato e, più in generale, sviluppare la capacità di riconoscere i bisogni altrui (ad es. evitare rumori molesti o comunque in orari non consoni).

5 Usare la quotidianità per favorire i processi di apprendimento della cultura e della realtà socio -economica italiana anche con mediatori culturali.

Verifica di quanto compreso delle problematiche inerenti la regolarizzazione che, già in parte o compiutamente, sono a sua conoscenza.

Entro il primo mese favorire il più possibile la gestione delle cose dei compiti principali della sua conduzione quotidiana (ad es. lavare, tenere pulito ed in ordine, far da mangiare, ecc., soprattutto favorire l'adempimento di quei compiti, magari seguendola, di cui non ha buona conoscenza).

1 Tenendo conto della progettualità temporale di 6 mesi, strutturata secondo i “bisogni manifesti”, i tempi liberi risultano essere pochi. Per questo si ritiene che debba essere la stessa ragazza a gestire i suoi tempi liberi

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rispettando e favorendo la sua autonomia.2 Nel caso in cui emergessero bisogni o necessità da parte

della ragazza andremo a strutturare insieme a lei un'organizzazione del tempo.

1 Le ragazze che lavorano hanno a loro carico le spese di sigarette e i piccoli fabbisogni personali

2 Come già avviene, per le ragazze che lavorano è prevista l'apertura di un libretto bancario di risparmio intestato a loro come fonte di risorsa per la fase iniziale dell'autonomia, (es. anticipo contratto di affitto, apertura contatori vari).

Un punto importante da trattare a parte è quello inerente la sicurezza della ragazza e della casa.1 Occorre verificare, con le ragazze che si trovano in una

situazione di non sicurezza personale, quale sia la modalità migliore di intervenire. Sarà necessario verificare se i percorsi per andare a scuola, in centro o all'eventuale posto di lavoro siano per lei “a rischio”ed agire perché siano sicuri o nel caso occorra un accompagnamento.

2 Sottolineare sempre l'importanza dell'anonimato della casa per proteggere anche le altre ragazze che si trovano a vivere con loro e garantire la sicurezza delle successive accoglienze.

3 Nel caso si evidenzi la necessità di garantire in maniera continuata la sicurezza, occorrerà organizzare una modalità di gestione della stessa.

La gestione del denaro

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Non potrò mai dimenticare quel giorno, è stato tristissimo ed ha cambiato la mia vita. Piango ogni volta che mi viene in mente. Mi sono innamorata come tutti di un ragazzo; i primi mesi eravamo felici quasi da fare invidia, i giorni passavano veloci, decidemmo di andare ad abitare assieme. Un giorno lui mi propose di venire a lavorare in Italia per avere un futuro più bello, con una famiglia; io ero pronta ad andare ovunque, pur di essere con lui. Mi disse che in Italia ci aspettava una sua amica che mi avrebbe trovato un lavoro in una fabbrica. Dopo aver fatto tutti i documenti per la partenza, le frontiere del nostro paese erano chiuse; l'unica possibilità era passare clandestinamente.Il giorno della partenza, dalla Romania, pioveva ed era molto freddo ma siamo partiti lo stesso con l'autobus diretto a Cecho per poi andare in Austria, da li' saremmo arrivati in Italia. Non sapevo che stavo facendo l'errore più grande della mia vita. Arrivati al confine ed entrati in Austria a piedi, siamo stati fermati dalla Polizia; con le manette ai polsi credevo di impazzire. In quei due giorni trascorsi in carcere non toccai cibo; in quei momenti desideravo soltanto tornare dall'unica persona che ho al mondo, mia mamma, ma non potevo, ero obbligata a seguire il “mio grande amore”.

Maria

Ritratti diprimaveraQuelle che seguono sono le storie di alcune delle ragazze che hanno vissuto con noi. Riteniamo che, per comprendere appieno le condizioni e le situazioni di vita in un contesto di asservimento , sia più facile dar voce a chi queste condizioni le ha vissute direttamente. I nomi sono di fantasia e abbiamo corretto, dove si riteneva necessario, per la comprensione, solo alcune frasi, cercando di mantenere il più possibile gli interventi delle ragazze, scritti a mano dalle stesse, per non incidere con il nostro punto di vista sugli elaborati.

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E.

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Dopo due giorni di cammino siamo arrivati in Italia, dove ci ospitò la sua amica. La stessa sera, dopo minacce, pugni e calci sono stata obbligata a “lavorare” in strada: tutte le notti ero in strada sotto le mani di chiunque, bastava che pagassero. I sodi non erano mai abbastanza, lavoravo anche se ammalata ed al mio rientro a casa venivo rimproverata perché avevo “lavorato poco”; dopo tutto questo dovevo anche andare a letto con lui. Quel periodo è stato molto brutto, mi sentivo sola e abbandonata; l'unico momento di consolazione era la telefonata con mia mamma, una volta alla settimana. Tante volte ho pensato di scappare... ma avevo poche possibilità, spesso perdevo i sensi da quanto forte lui mi picchiava. Non dimenticherò mai come cambiò il suo comportamento, il suo sguardo: ho capito che è una persona senza animo. Ho passato otto mesi a “lavorare” in strada senza soldi. Un giorno ho deciso di cambiare la mia vita: ho trovato la forza e ho chiamato l'associazione Welcome, di cui ero a conoscenza da parte di un amico italiano. L'associazione mi ha aiutato ad andare alla Questura a raccontare il mio incubo e a denunciare il mio sfruttatore.Grazie a tutti coloro che mi hanno aiutata.

Due grandi occhi castani, attenti e profondi, i capelli corti e crespi, la bocca pronta a scoprire un allegro, bianco sorriso e tutta la vitalità e la spensieratezza dell'adolescenza che, finalmente libera dalle inibizioni, prorompe in lei. Ecco il ritratto di E. alle dimissioni: una storia umana, riabilitativa e sociale a lieto fine. Così possono dire il personale ed i volontari di un ospedale dell'hinterland milanese che l'hanno accolta in ben altre condizioni e che sono stati coartefici e testimoni del suo recupero. Già, perché E. aveva subito un grave politrauma ed era stata in coma a causa di un incidente stradale: era stata travolta da un'auto pirata mentre attraversava di corsa una strada. Soccorsa in un ospedale milanese, operata per ridurre le fratture e ricoverata in rianimazione, ha dovuto sopportare un collare, gessi ad arti inferiori e superiori e tanta paura e smarrimento. Ma perché una ragazza doveva scappare di notte per una strada di periferia? 0

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Perché la storia di E. è una triste storia, che inizia nel cuore più povero dell'Africa, terra di grandi ricchezze ed immense povertà, dove per mantenere i figli che non trovano lavoro, si vendono le figlie alla ricchezza corrotta dei trafficanti. Ed è cosi che E. ha dovuto affrontare un viaggio nel tempo e nello spazio, per finire sulle strade dell'Occidente "progredito", con un gran peso nel cuore. Doveva, infatti, sia pagare un forte debito al racket, pena la rovina della sua famiglia, sia riuscire anche a mandare al più presto soldi a casa. I volontari di un'Unità di Strada l'hanno conosciuta così: senza rudimenti di lingua e cultura italiana, con una scarsa conoscenza dell'inglese e tanta diffidenza, che ha mantenuto per molti mesi, dopo il lento risveglio dal coma. I Volontari l'hanno seguita anche in ospedale ed hanno fatto da tramite con il personale della Neuromotoria, dove E. è stata in seguito trasferita. Dopo mesi di fisioterapia, di impegno e di pazienza, ha potuto rimettersi in piedi e camminare con l'ausilio di deambulatore e, in seguito, di un bastone tripode. Allo stesso modo ha ripreso ad usare le mani, anche per le attività più fini. Ma, soprattutto, E. ha potuto riappropriarsi di se stessa, scoprirsi e conoscersi nella nuova condizione: di disabilità da un lato, ma forse, di libertà dall'altro. Parallelamente, infatti, sono iniziati un lavoro psicomotorio ed un percorso di recupero sociale. Il primo ha curato gli aspetti dei suoi schemi corporei e della sua immagine, dell'orientamento ed organizzazione spaziale e temporale, dell'attenzione, della memoria e dell'espressione; ciò anche attraverso la comunicazione nella relazione, sia con segno grafico che scrittura. Il progetto sociale, invece, ha posto maggiore attenzione alla sua volontà di cambiamento, agli aspetti legali e burocratici ed alle nuove prospettive di inserimento sociale. Con l'aiuto di una Mediatrice Culturale l'équipe ha cercato di ricostruire la storia di E., di dare risposta alle sue domande circa il futuro e di tranquillizzarla rispetto al recente passato. Certo non è stato un lavoro facile né lo si può considerare concluso: si possono dimenticare nomi, volti e paesaggi, ma la paura infusa da chi minaccia il male non si dimentica e blocca ogni slancio verso I' apertura. Questa situazione è proseguita finché E. non ha imparato a conoscere chi si prendeva cura di lei ed ha iniziato ad accettare discorsi su di sé e sul proprio futuro. Ancora oggi non ricorda - e

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probabilmente non ricorderà mai - molte cose, tra cui i nomi di chi l'ha venduta. Per lungo tempo ancora necessiterà di cure fisioterapiche e psicologiche, per ristabilirsi. Oggi però ha una casa ed una comunità - famiglia che si prende cura di lei, la segue nel recupero e nell'inserimento sociale e scolastico. Una storia riabilitativa a lieto fine, dunque; una speranza per una vita dignitosa e migliore, che tutti le auguriamo di cuore. Se non possiamo illuderci, oggi, che situazioni simili non si verifichino più, possiamo comunque sperare di riuscire ad aiutare altri giovani a ritrovare il sorriso e la loro strada: solo così potranno costruire un mondo migliore di quello che era stato preparato per loro.

(Contributo del personale dell’Ospedale)

Mi chiamo N.S., ho 24 anni e vengo dalla Romania.Lavoravo in ospedale come infermiera e i soldi che guadagnavo non erano abbastanza per mantenere la mia famiglia numerosa. Soprattutto non bastavano per poter crescere da sola mia figlia, visto che il padre non ne voleva sapere. In quelle condizioni, un’offerta di guadagno migliore non l'avrei rifiutata. Come tutte le persone, anch'io avevo un amico o almeno, lo consideravo tale, ci conoscevamo da tanti anni: non avrei mai pensato potesse farmi del male. Lui e un amico mi offrirono un lavoro e uno stipendio “onesti” in Italia. Fidandomi di loro e contenta di poter avere un futuro migliore io con mia figlia, decisi di partire non pensando ad altro. Ovviamente il mio “amico” aveva pensato ai soldi per il viaggio e anche alla sistemazione in Italia. Sono arrivata in Italia clandestinamente a bordo di un camion partendo dalla Romania fino alla Slovenia-Croazia, arrivando cosi' in Italia. Ho viaggiato per tre giorni senza mai uscire dal camion, sembrava un viaggio senza fine: un incubo! Non sapevo che il mio accompagnatore sarebbe diventato il mio protettore. Arrivata in una casa in Italia ho trovato una ragazza minorenne la quale mi ha spiegato quale fosse il “lavoro” che mi aspettava; sono rimasta scioccata, ho protestato ma, per il momento, non avevo via di uscita. Ho dovuto accettare il lavoro in strada, visto e considerato che non avevo soldi e vestiti; inoltre non conoscevo niente e nessuno di questo

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Perché la storia di E. è una triste storia, che inizia nel cuore più povero dell'Africa, terra di grandi ricchezze ed immense povertà, dove per mantenere i figli che non trovano lavoro, si vendono le figlie alla ricchezza corrotta dei trafficanti. Ed è cosi che E. ha dovuto affrontare un viaggio nel tempo e nello spazio, per finire sulle strade dell'Occidente "progredito", con un gran peso nel cuore. Doveva, infatti, sia pagare un forte debito al racket, pena la rovina della sua famiglia, sia riuscire anche a mandare al più presto soldi a casa. I volontari di un'Unità di Strada l'hanno conosciuta così: senza rudimenti di lingua e cultura italiana, con una scarsa conoscenza dell'inglese e tanta diffidenza, che ha mantenuto per molti mesi, dopo il lento risveglio dal coma. I Volontari l'hanno seguita anche in ospedale ed hanno fatto da tramite con il personale della Neuromotoria, dove E. è stata in seguito trasferita. Dopo mesi di fisioterapia, di impegno e di pazienza, ha potuto rimettersi in piedi e camminare con l'ausilio di deambulatore e, in seguito, di un bastone tripode. Allo stesso modo ha ripreso ad usare le mani, anche per le attività più fini. Ma, soprattutto, E. ha potuto riappropriarsi di se stessa, scoprirsi e conoscersi nella nuova condizione: di disabilità da un lato, ma forse, di libertà dall'altro. Parallelamente, infatti, sono iniziati un lavoro psicomotorio ed un percorso di recupero sociale. Il primo ha curato gli aspetti dei suoi schemi corporei e della sua immagine, dell'orientamento ed organizzazione spaziale e temporale, dell'attenzione, della memoria e dell'espressione; ciò anche attraverso la comunicazione nella relazione, sia con segno grafico che scrittura. Il progetto sociale, invece, ha posto maggiore attenzione alla sua volontà di cambiamento, agli aspetti legali e burocratici ed alle nuove prospettive di inserimento sociale. Con l'aiuto di una Mediatrice Culturale l'équipe ha cercato di ricostruire la storia di E., di dare risposta alle sue domande circa il futuro e di tranquillizzarla rispetto al recente passato. Certo non è stato un lavoro facile né lo si può considerare concluso: si possono dimenticare nomi, volti e paesaggi, ma la paura infusa da chi minaccia il male non si dimentica e blocca ogni slancio verso I' apertura. Questa situazione è proseguita finché E. non ha imparato a conoscere chi si prendeva cura di lei ed ha iniziato ad accettare discorsi su di sé e sul proprio futuro. Ancora oggi non ricorda - e

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probabilmente non ricorderà mai - molte cose, tra cui i nomi di chi l'ha venduta. Per lungo tempo ancora necessiterà di cure fisioterapiche e psicologiche, per ristabilirsi. Oggi però ha una casa ed una comunità - famiglia che si prende cura di lei, la segue nel recupero e nell'inserimento sociale e scolastico. Una storia riabilitativa a lieto fine, dunque; una speranza per una vita dignitosa e migliore, che tutti le auguriamo di cuore. Se non possiamo illuderci, oggi, che situazioni simili non si verifichino più, possiamo comunque sperare di riuscire ad aiutare altri giovani a ritrovare il sorriso e la loro strada: solo così potranno costruire un mondo migliore di quello che era stato preparato per loro.

(Contributo del personale dell’Ospedale)

Mi chiamo N.S., ho 24 anni e vengo dalla Romania.Lavoravo in ospedale come infermiera e i soldi che guadagnavo non erano abbastanza per mantenere la mia famiglia numerosa. Soprattutto non bastavano per poter crescere da sola mia figlia, visto che il padre non ne voleva sapere. In quelle condizioni, un’offerta di guadagno migliore non l'avrei rifiutata. Come tutte le persone, anch'io avevo un amico o almeno, lo consideravo tale, ci conoscevamo da tanti anni: non avrei mai pensato potesse farmi del male. Lui e un amico mi offrirono un lavoro e uno stipendio “onesti” in Italia. Fidandomi di loro e contenta di poter avere un futuro migliore io con mia figlia, decisi di partire non pensando ad altro. Ovviamente il mio “amico” aveva pensato ai soldi per il viaggio e anche alla sistemazione in Italia. Sono arrivata in Italia clandestinamente a bordo di un camion partendo dalla Romania fino alla Slovenia-Croazia, arrivando cosi' in Italia. Ho viaggiato per tre giorni senza mai uscire dal camion, sembrava un viaggio senza fine: un incubo! Non sapevo che il mio accompagnatore sarebbe diventato il mio protettore. Arrivata in una casa in Italia ho trovato una ragazza minorenne la quale mi ha spiegato quale fosse il “lavoro” che mi aspettava; sono rimasta scioccata, ho protestato ma, per il momento, non avevo via di uscita. Ho dovuto accettare il lavoro in strada, visto e considerato che non avevo soldi e vestiti; inoltre non conoscevo niente e nessuno di questo

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paese. Ho lavorato in strada per quasi 3 mesi, piangevo tutte le sere e nel mese di Dicembre era molto freddo. Non potevo rientrare a casa prima delle 4 del mattino, i soldi che guadagnavo erano, a parere di lui, sempre pochi, quindi le notti che rientravo con 500/600 mila lire litigavamo sempre. Mi diceva che non lavoravo e che stavo in strada come una statua, così nessuno si fermava. Non sapevo cosa fare, avevo paura anche della Polizia. Non potevo scappare, avevo sempre un altro uomo che mi controllava mentre lavoravo. Tornare a casa era impensabile visto, che avevo perso il lavoro ed un altro era quasi impossibile trovarlo, quindi sopportai. Una sera arrivò nel “mio” posto di lavoro la Polizia in borghese e mi fecero molte domande; io mi spaventai e lo dissi a lui, il quale mi rispose che la Polizia mi avrebbe mandato al mio paese anche se lo denunciavo. “Nessuno potrà aiutarti oltre a me”, diceva. L'uomo che mi controllava in strada pensava che i poliziotti in borghese fossero dei “clienti” che volevano derubarmi, così venne subito a discutere con loro e lo portarono in Questura assieme a me. Ho chiesto ai poliziotti di aiutarmi ad uscire da questo incubo che durava mesi; ho denunciato i due uomini e la Polizia mi ha aiutata.Attualmente vivo in una casa-famiglia dell'Associazione Welcome assieme ad altre ragazze della mia stessa situazione; sono contenta e felice, ho un lavoro onesto ed il permesso di soggiorno.Spero in futuro di avere una casa con mia figlia, vivere una vita serena e tranquilla come una famiglia normale.

Dalia

Mi chiamo Dalia, ho ventidue anni e vengo dalla Romania. Nella mia città lavoravo come cuoca in un ristorante, ma poi ho cambiato lavoro. Avevo molti problemi con la mia famiglia perché mi ero sposata e poi avevo divorziato e ormai, da tre anni, era una continua guerra in casa. Avevo diversi hobby e uno di questi era quello di andare in Internet per guardare dappertutto e chattare con tante persone diverse. È così che ho conosciuto un ragazzo albanese e, parlando con lui, gli ho raccontato dei miei problemi. Lui allora mi ha suggerito di venire in Italia, che così mi avrebbe

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aiutato a trovare lavoro e a dimenticare la vita che facevo in Romania. Poi questo ragazzo ha cominciato a telefonare al mio cellulare, diceva che non vedeva l'ora di vedermi, mi mandava tanti messaggi d'amore, ma io non l'avevo mai visto e non potevo sapere che tipo di persona fosse. Poiché i problemi che avevo erano ormai diventati insopportabili, mi ero decisa a partire e avevo cominciato a preparare tutte le mie cose. Avevo un'amica che conosceva un ragazzo italiano di Milano che mi poteva accompagnare con la sua macchina fino in Italia e, siccome questo stava in un albergo lontano cinque ore dalla mia città, ho preso il treno e l'ho raggiunto. Lui mi aveva subito sconsigliato di venire in Italia, perché anche qui ci sono molti problemi, ma ormai avevo preso la mia decisione e non volevo tornare indietro.Siamo partiti per l'Italia un sabato mattina, abbiamo attraversato l'Ungheria e l'Austria, dove ho telefonato al ragazzo conosciuto in Internet per avvertirlo che stavo arrivando, e siamo arrivati a Padova in zona industriale verso le dieci di sera. Qui gli ho telefonato nuovamente per dirgli di venirmi a prendere, ma ho cominciato ad avere tanta paura e a pregare Dio che non mi succedesse qualcosa di male. Il ragazzo di Milano allora, vedendomi preoccupata, mi ha chiesto se stavo bene e io gli ho risposto di sì, ringraziandolo e dicendogli che poteva andare via e che magari ci saremmo rivisti un'altra volta in Romania. Dopo un po' è arrivata una macchina rossa con due ragazzi molto giovani dentro e uno di questi era il ragazzo conosciuto in Internet; dopo esserci presentati di persona, sono salita in macchina e siamo andati a casa di un suo amico. Ero molto stanca (tra l'altro avevamo avuto un incidente in Austria) e avevo anche molta fame, così, fatta una doccia, siamo andati a mangiare qualcosa in un locale; e lui ha cominciato a dirmi che è difficile trovare lavoro e che conosce degli amici albanesi che hanno delle ragazze che lavorano in strada. Tornati a casa, io volevo dormire, però lui continuava a parlarmi di queste ragazze per farmi capire che fra poco il mio lavoro sarebbe stato questo.Lunedì mattina mi ha svegliato e, insieme con un italiano che lui conosceva e che era venuto a prenderci con la sua macchina, siamo andati in un'altra casa dove c'erano una rumena e due bulgare; qui ho mangiato e dormito poco, visto che lui fino all'una di notte ha continuato a parlarmi per convincermi a fare quello che voleva lui. Mi sentivo morire: mi diceva che lui era clandestino e che io non potevo uscire

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paese. Ho lavorato in strada per quasi 3 mesi, piangevo tutte le sere e nel mese di Dicembre era molto freddo. Non potevo rientrare a casa prima delle 4 del mattino, i soldi che guadagnavo erano, a parere di lui, sempre pochi, quindi le notti che rientravo con 500/600 mila lire litigavamo sempre. Mi diceva che non lavoravo e che stavo in strada come una statua, così nessuno si fermava. Non sapevo cosa fare, avevo paura anche della Polizia. Non potevo scappare, avevo sempre un altro uomo che mi controllava mentre lavoravo. Tornare a casa era impensabile visto, che avevo perso il lavoro ed un altro era quasi impossibile trovarlo, quindi sopportai. Una sera arrivò nel “mio” posto di lavoro la Polizia in borghese e mi fecero molte domande; io mi spaventai e lo dissi a lui, il quale mi rispose che la Polizia mi avrebbe mandato al mio paese anche se lo denunciavo. “Nessuno potrà aiutarti oltre a me”, diceva. L'uomo che mi controllava in strada pensava che i poliziotti in borghese fossero dei “clienti” che volevano derubarmi, così venne subito a discutere con loro e lo portarono in Questura assieme a me. Ho chiesto ai poliziotti di aiutarmi ad uscire da questo incubo che durava mesi; ho denunciato i due uomini e la Polizia mi ha aiutata.Attualmente vivo in una casa-famiglia dell'Associazione Welcome assieme ad altre ragazze della mia stessa situazione; sono contenta e felice, ho un lavoro onesto ed il permesso di soggiorno.Spero in futuro di avere una casa con mia figlia, vivere una vita serena e tranquilla come una famiglia normale.

Dalia

Mi chiamo Dalia, ho ventidue anni e vengo dalla Romania. Nella mia città lavoravo come cuoca in un ristorante, ma poi ho cambiato lavoro. Avevo molti problemi con la mia famiglia perché mi ero sposata e poi avevo divorziato e ormai, da tre anni, era una continua guerra in casa. Avevo diversi hobby e uno di questi era quello di andare in Internet per guardare dappertutto e chattare con tante persone diverse. È così che ho conosciuto un ragazzo albanese e, parlando con lui, gli ho raccontato dei miei problemi. Lui allora mi ha suggerito di venire in Italia, che così mi avrebbe

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aiutato a trovare lavoro e a dimenticare la vita che facevo in Romania. Poi questo ragazzo ha cominciato a telefonare al mio cellulare, diceva che non vedeva l'ora di vedermi, mi mandava tanti messaggi d'amore, ma io non l'avevo mai visto e non potevo sapere che tipo di persona fosse. Poiché i problemi che avevo erano ormai diventati insopportabili, mi ero decisa a partire e avevo cominciato a preparare tutte le mie cose. Avevo un'amica che conosceva un ragazzo italiano di Milano che mi poteva accompagnare con la sua macchina fino in Italia e, siccome questo stava in un albergo lontano cinque ore dalla mia città, ho preso il treno e l'ho raggiunto. Lui mi aveva subito sconsigliato di venire in Italia, perché anche qui ci sono molti problemi, ma ormai avevo preso la mia decisione e non volevo tornare indietro.Siamo partiti per l'Italia un sabato mattina, abbiamo attraversato l'Ungheria e l'Austria, dove ho telefonato al ragazzo conosciuto in Internet per avvertirlo che stavo arrivando, e siamo arrivati a Padova in zona industriale verso le dieci di sera. Qui gli ho telefonato nuovamente per dirgli di venirmi a prendere, ma ho cominciato ad avere tanta paura e a pregare Dio che non mi succedesse qualcosa di male. Il ragazzo di Milano allora, vedendomi preoccupata, mi ha chiesto se stavo bene e io gli ho risposto di sì, ringraziandolo e dicendogli che poteva andare via e che magari ci saremmo rivisti un'altra volta in Romania. Dopo un po' è arrivata una macchina rossa con due ragazzi molto giovani dentro e uno di questi era il ragazzo conosciuto in Internet; dopo esserci presentati di persona, sono salita in macchina e siamo andati a casa di un suo amico. Ero molto stanca (tra l'altro avevamo avuto un incidente in Austria) e avevo anche molta fame, così, fatta una doccia, siamo andati a mangiare qualcosa in un locale; e lui ha cominciato a dirmi che è difficile trovare lavoro e che conosce degli amici albanesi che hanno delle ragazze che lavorano in strada. Tornati a casa, io volevo dormire, però lui continuava a parlarmi di queste ragazze per farmi capire che fra poco il mio lavoro sarebbe stato questo.Lunedì mattina mi ha svegliato e, insieme con un italiano che lui conosceva e che era venuto a prenderci con la sua macchina, siamo andati in un'altra casa dove c'erano una rumena e due bulgare; qui ho mangiato e dormito poco, visto che lui fino all'una di notte ha continuato a parlarmi per convincermi a fare quello che voleva lui. Mi sentivo morire: mi diceva che lui era clandestino e che io non potevo uscire

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da quella casa se non con il suo permesso.Martedì sono uscita solo per comprare una cosa al tabacchino. Lui gentilmente mi ha disegnato su un foglio una piccola mappa del posto, poiché non avevo nessun punto di riferimento, a parte una chiesa, per orientarmi e capire un po' meglio in che parte della città ero stata portata.Mercoledì sera il ragazzo albanese mi ha ordinato di andare con le altre ragazze in strada per imparare il lavoro, ma io avevo tanta paura ed ero distrutta sia fisicamente sia mentalmente. Però ci sono dovuta andare anche se, per fortuna, quella sera è arrivata la Polizia che ci ha portato tutte in Questura. Mi hanno preso le impronte e mi hanno fotografato e qui ho passato tutta la notte. Ho anche cercato di chiedere aiuto ad un poliziotto , ma ero controllata dalle altre ragazze portate lì e non sono riuscita a spiegargli la mia situazione. Giovedì mattina, tornata a casa, ho scatenato una guerra, gridando che poteva pure uccidermi, ma che non sarei mai più tornata in strada. Lui si è arrabbiato molto ed io temevo che mi avrebbe veramente ammazzato, ma non volevo dargli la soddisfazione di vedermi piangere e così, tirando fuori tutto il mio coraggio, gli ho riso in faccia. Durante la notte mi ha tenuto ancora sveglia, cercando di convincermi che l'unico lavoro che potevo fare era quello di prostituirmi o, in alternativa, vendere la droga, se ne ero capace. Venerdì sera mi ha picchiato tanto e mi ha anche puntato il coltello alla gola, minacciandomi di tagliarmi a pezzettini e poi di buttarmi nella vasca da bagno piena d'acqua fredda. Aveva anche una pistola in casa nascosta da qualche parte e diceva che avrebbe usato anche quella per convincermi. Poi sono stata portata nella casa dove c'erano le altre ragazze e una delle rumene ha cominciato a raccontarmi che questo lavoro è bello e che si possono guadagnare tanti soldi; l'ho odiata tanto , anche se veniva dalla Romania come me. Sabato sera mi sono preparata per uscire in strada, avevo molto trucco in faccia ma, per il resto, ero vestita normalmente. Lui mi ha spiegato cosa dovevo fare, ossia fare uno squillo al telefono ogni volta che andavo con un cliente , e che non dovevo avere paura perché loro erano sempre lì in giro a controllare. Arrivata in strada, mi sono messa vicino ad un semaforo ad aspettare e alle undici circa mi ha telefonato il ragazzo albanese e mi ha chiesto con voce minacciosa se ero andata con qualche cliente. Io ho detto di sì, che ero già stata con due clienti, anche se non era

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vero, perché avevo paura. Ma poi mi sono resa conto che, una volta tornata a casa, avrei dovuto presentargli i soldi che mi avevano dato questi due ipotetici clienti e io, invece, non avevo neanche un soldo. Mi sono messa a piangere disperata e in quel momento mi si è avvicinato un ragazzo italiano, per chiedermi se stavo bene. Io ero molto diffidente, anche perché mi sembrava di nazionalità marocchina, ma poi, chiarito l'equivoco, si è offerto di aiutarmi e mi ha portato a casa sua. All'inizio avevo paura che mi sarebbe potuto succedere qualcosa di peggio, ma poi, grazie a Dio, ho avuto la prova che era veramente una brava persona. Sono stata a casa sua per tre settimane e, per i primi giorni, non ho fatto che dormire. Poi mi ha fatto conoscere i suoi amici e uno di questi mi ha messo in contatto con gli operatori dell'associazione Welcome; dietro loro consiglio sono andata in Questura per denunciare quanto mi era successo e adesso vivo in questa casa ormai da due mesi. Mi trovo bene e soprattutto mi sento protetta e al sicuro; sto studiando l'italiano e presto cercherò un lavoro. Inoltre sono insieme al ragazzo italiano che mi ha aiutato e ci vogliamo molto bene.Sono felice e spero di dimenticare presto tutte le brutte cose che mi sono successe.

Mi chiamo Ehi, sono nata in Edo, una Città nigeriana. La mia storia inizia quando sono partita dalla casa dei miei genitori dopo aver finito la scuola e aver conseguito il diploma in polythecnical. Sono andata a Lagos, la più grande Città del mio paese, per trovare mia zia, che aveva trovato un lavoro per me. A Lagos ho incontrato Moses che, vedendo il mio curriculum, mi ha proposto di andare in Italia, dove avrei trovato un lavoro in fabbrica. Moses mi ha raccomandato di non dire nulla ai miei genitori ed io così ho fatto. Il 14 Luglio 1998 sono arrivata in Austria con Moses e Betty, una ragazza destinata come me alla strada;dopo tre mesi io e Betty siamo arrivate in Italia e Moses è ritornato in Africa.Ci siamo incontrate con una ragazza nigeriana che precedentemente aveva parlato telefonicamente con Moses. Dopo due giorni questa ragazza mi ha fatto vedere il mio

a ventiquattro anni

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lavoro, ossia la strada; a questo punto ho chiamato Moses per chiedere spiegazioni, lui mi ha risposto che avrei dovuto fare questo per dargli settanta milioni di lire. In quei momenti mi sono sentita molto sola e triste; avrei voluto tornare a casa dalla mia famiglia ma non potevo perché Moses mi ricattava, dicendomi che, se lo avessi fatto, avrebbe ucciso i miei genitori. Un giorno, mentre ero a casa, si sono presentati due uomini italiani con la mia foto, chiedendomi se conoscevo Moses; io ho cominciato ad avere paura, pensando che fosse la Polizia. Invece mi dissero di essere amici di Moses; da questo momento io ho capito che controllavano se io lavoravo. Per questo motivo ero costretta a rimanere in strada. Dopo aver dato tutti i soldi a Moses, per poter essere libera me ne sono andata dalla Lombardia, raggiungendo l’Emilia Romagna. Qui ho incontrato un italiano che mi ha portato nuovamente in strada e mi ha detto che dovevo pagare il posto in cui lavoravo. L'ho pagato per sei mesi , ma lui voleva sempre di più, così ho deciso di andarmene, chiedendo aiuto ad una comunità che si è dimostrata subito disponibile. Da qui mi hanno portato in un'Associazione che si chiama “WELCOME”. Adesso sono ancora in questa Associazione, frequento la scuola, sto imparando l'italiano e ad usare il computer e ho preso il permesso di soggiorno, così ora potrò fare un lavoro “normale”.Tuttavia, la cosa più importante per me è aver ritrovato la tranquillità, la serenità e una vita normale.In conclusione, spero che la mia esperienza possa essere utile ad altre ragazze che vivono o hanno vissuto questo terribile momento, il “male” è passato ed ora sono felice.

Mi chiamo Carolina, sono una ragazza russa. Racconto la mia storia molto simile a quella di tante ragazze straniere che sono state e sono ancora in strada.Ho 22 anni, sono cresciuta assieme ai miei fratelli in orfanotrofio, i miei genitori mi hanno abbandonata quando avevo 2 anni. Sono stata in orfanotrofio fino all'età di 18 anni e a quest'età ho cominciato a cercare un lavoro e una casa per poter vivere, ma senza risultati.

Carolina

Un'amica mi ha ospitato a casa sua per un po' di tempo ma la povertà, in Russia, non permetteva di vivere. In quel periodo un giornale annunciava lavoro per ragazze in Turchia; dopo aver ottenuto il visto sono partita subito. Arrivata ad Istanbul ho capito chi il lavoro era “vendersi”. Dopo otto mesi di sofferenze sono ritornata in Russia, senza un soldo in tasca lì mi aspettavano i miei fratelli con una casa in affitto, ma non c'erano i soldi sufficienti per vivere. Ho conosciuto una ragazza che era già stata in Italia la quale mi propose di andarci per “lavorare”; mi disse che potevo guadagnare più di mille dollari al mese: potevo finalmente mantenere anche la mia famiglia. Sono partita, anche se sapevo che “lavoro” mi aspettava. Dalla Russia sono andata in Ungheria: era tutto organizzato, mi avevano portato in una casa dove c'erano altre ragazze che, come me, aspettavano qualcuno che le portassero in diverse destinazioni: Francia, Spagna, Belgio o Italia. Assieme ad altre ragazze sono arrivata in Italia passando per l'Austria, attraversando il confine a piedi per paura della Polizia; qui mi aspettava un altro ragazzo che mi portò a casa sua. Cominciai subito a “lavorare”. Ogni volta che vedevo le macchine fermarsi da me avevo molta paura; spesso dicevo di no e di conseguenza portavo a lui pochi soldi, cosi' dovevo subire ogni volta la sua rabbia. Non ne potevo più, volevo scappare ma non sapevo come: ero in Italia da poco più di un mese e non conoscevo niente e nessuno. Con me lavorava e viveva un'altra ragazza la quale, dopo essere scappata, ha denunciato il suo protettore, che era anche il mio. Dopo una settimana arrivò a casa la Polizia; ero contenta di andare via con loro, ho chiesto subito cosa avrei potuto fare, così ho denunciato il mio protettore. Attualmente vivo in una casa famiglia dell'Associazione Welcome in attesa di essere regolarizzata; ho trovato lavoro e fra non molto avrò il permesso di soggiorno. Ora sono felice, la mia vita è totalmente cambiata e spero migliori sempre più.Una cosa voglio dire a tutte le ragazze sfortunate come me: “cercate di avere fiducia nella Polizia, non abbiate paura: esiste veramente chi vi vuole bene, chi vi aiuta ad avere una vita tranquilla, con un lavoro onesto anche se con poco guadagno, ma con soldi vostri. Vi voglio bene e spero che chi leggerà la mia storia capisca.Grazie di cuore a tutti coloro che mi hanno aiutato e che continueranno ad aiutarmi.

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lavoro, ossia la strada; a questo punto ho chiamato Moses per chiedere spiegazioni, lui mi ha risposto che avrei dovuto fare questo per dargli settanta milioni di lire. In quei momenti mi sono sentita molto sola e triste; avrei voluto tornare a casa dalla mia famiglia ma non potevo perché Moses mi ricattava, dicendomi che, se lo avessi fatto, avrebbe ucciso i miei genitori. Un giorno, mentre ero a casa, si sono presentati due uomini italiani con la mia foto, chiedendomi se conoscevo Moses; io ho cominciato ad avere paura, pensando che fosse la Polizia. Invece mi dissero di essere amici di Moses; da questo momento io ho capito che controllavano se io lavoravo. Per questo motivo ero costretta a rimanere in strada. Dopo aver dato tutti i soldi a Moses, per poter essere libera me ne sono andata dalla Lombardia, raggiungendo l’Emilia Romagna. Qui ho incontrato un italiano che mi ha portato nuovamente in strada e mi ha detto che dovevo pagare il posto in cui lavoravo. L'ho pagato per sei mesi , ma lui voleva sempre di più, così ho deciso di andarmene, chiedendo aiuto ad una comunità che si è dimostrata subito disponibile. Da qui mi hanno portato in un'Associazione che si chiama “WELCOME”. Adesso sono ancora in questa Associazione, frequento la scuola, sto imparando l'italiano e ad usare il computer e ho preso il permesso di soggiorno, così ora potrò fare un lavoro “normale”.Tuttavia, la cosa più importante per me è aver ritrovato la tranquillità, la serenità e una vita normale.In conclusione, spero che la mia esperienza possa essere utile ad altre ragazze che vivono o hanno vissuto questo terribile momento, il “male” è passato ed ora sono felice.

Mi chiamo Carolina, sono una ragazza russa. Racconto la mia storia molto simile a quella di tante ragazze straniere che sono state e sono ancora in strada.Ho 22 anni, sono cresciuta assieme ai miei fratelli in orfanotrofio, i miei genitori mi hanno abbandonata quando avevo 2 anni. Sono stata in orfanotrofio fino all'età di 18 anni e a quest'età ho cominciato a cercare un lavoro e una casa per poter vivere, ma senza risultati.

Carolina

Un'amica mi ha ospitato a casa sua per un po' di tempo ma la povertà, in Russia, non permetteva di vivere. In quel periodo un giornale annunciava lavoro per ragazze in Turchia; dopo aver ottenuto il visto sono partita subito. Arrivata ad Istanbul ho capito chi il lavoro era “vendersi”. Dopo otto mesi di sofferenze sono ritornata in Russia, senza un soldo in tasca lì mi aspettavano i miei fratelli con una casa in affitto, ma non c'erano i soldi sufficienti per vivere. Ho conosciuto una ragazza che era già stata in Italia la quale mi propose di andarci per “lavorare”; mi disse che potevo guadagnare più di mille dollari al mese: potevo finalmente mantenere anche la mia famiglia. Sono partita, anche se sapevo che “lavoro” mi aspettava. Dalla Russia sono andata in Ungheria: era tutto organizzato, mi avevano portato in una casa dove c'erano altre ragazze che, come me, aspettavano qualcuno che le portassero in diverse destinazioni: Francia, Spagna, Belgio o Italia. Assieme ad altre ragazze sono arrivata in Italia passando per l'Austria, attraversando il confine a piedi per paura della Polizia; qui mi aspettava un altro ragazzo che mi portò a casa sua. Cominciai subito a “lavorare”. Ogni volta che vedevo le macchine fermarsi da me avevo molta paura; spesso dicevo di no e di conseguenza portavo a lui pochi soldi, cosi' dovevo subire ogni volta la sua rabbia. Non ne potevo più, volevo scappare ma non sapevo come: ero in Italia da poco più di un mese e non conoscevo niente e nessuno. Con me lavorava e viveva un'altra ragazza la quale, dopo essere scappata, ha denunciato il suo protettore, che era anche il mio. Dopo una settimana arrivò a casa la Polizia; ero contenta di andare via con loro, ho chiesto subito cosa avrei potuto fare, così ho denunciato il mio protettore. Attualmente vivo in una casa famiglia dell'Associazione Welcome in attesa di essere regolarizzata; ho trovato lavoro e fra non molto avrò il permesso di soggiorno. Ora sono felice, la mia vita è totalmente cambiata e spero migliori sempre più.Una cosa voglio dire a tutte le ragazze sfortunate come me: “cercate di avere fiducia nella Polizia, non abbiate paura: esiste veramente chi vi vuole bene, chi vi aiuta ad avere una vita tranquilla, con un lavoro onesto anche se con poco guadagno, ma con soldi vostri. Vi voglio bene e spero che chi leggerà la mia storia capisca.Grazie di cuore a tutti coloro che mi hanno aiutato e che continueranno ad aiutarmi.

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Sandra

Il mio nome è Alina, ho sedici anni e sono arrivata in Italia circa due anni fa.La storia del mio arrivo in questo paese è simile a quella di tante altre ragazze dell'Est. In Romania lavoravo come cameriera e avevo tutto ciò di cui avevo bisogno per condurre una vita serena con i miei genitori e con mia figlia. Ancora oggi mi domando che cosa mi ha spinto a lasciare la mia casa per venire in un paese dove ricostruire una vita è tanto difficile mentre invece essere vittima della malavita è molto facile, soprattutto per una ragazza straniera e sola come me. Ma, come tutti i ragazzi, avevo il desiderio di vedere altri paesi e, quando una mia amica mi ha proposto di venire in Italia per una visita di pochi giorni, ho accettato subito. Lei mi aveva anche informato che qui in Italia aveva degli amici che ci potevano ospitare e aiutare a trovare un lavoro, se mai avessimo deciso di fermarci più a lungo. Ho parlato con mia madre dei miei progetti, ma lei non era assolutamente d'accordo e abbiamo anche litigato. La stessa settimana sono andata a ballare con la mia amica e lì abbiamo incontrato un suo amico che ci ha detto che partivamo quella sera stessa. Non ero d'accordo, perché volevo ancora discuterne con mia madre, ma non c'è stato nulla da fare: mi hanno fatto salire in macchina e mi hanno portato in una casa dove abbiamo passato la notte. Qui, oltre a me, c'erano altre tre ragazze. Il giorno dopo siamo partiti tutti quanti per l'Italia ma, con mia grande sorpresa, su un treno che trasportava carbone. Poi siamo arrivati a Trieste e da qui siamo state portate a Padova, dove per dieci giorni siamo rimaste rinchiuse in un casolare abbandonato, senza avere la minima idea di quello che ci sarebbe accaduto. Ma ben presto abbiamo capito quale sarebbe stato il nostro destino: ci hanno caricato in macchina e ci hanno portato in strada a lavorare.Stupita del loro comportamento e ormai consapevole di quello che mi volevano far fare, non avevo il diritto né di protestare né di ribellarmi, poiché, se rifiutavo, mi avrebbero preso il passaporto e pestata a morte con pugni e calci, vendendomi ad altri albanesi.Il tempo passava e durante questo interminabile periodo ho conosciuto un ragazzo italiano che mi ha fatto credere di volermi bene, promettendomi di proteggermi. Nella realtà,

Alina poi, ho solo cambiato “protettore” e casa e, purtroppo, in peggio: anche lui mi costringeva a prostituirmi ed era ancora più violento ed aggressivo del primo. Mi sentivo delusa e tanto sola, ma non sapevo a chi chiedere aiuto. Dopo quattro mesi di continue percosse, minacce e violenze, un giorno, dopo l'ennesimo episodio di maltrattamento con pugni e calci, ho trovato la forza di dire BASTA e di chiedere aiuto a chi veramente poteva darmelo. Ho telefonato alla polizia che è subito venuta a prendermi, offrendomi la sua totale protezione. Adesso la mia vita è cambiata radicalmente: vivo in una casa-famiglia dell'associazione Welcome insieme ad altre ragazze che, come me, hanno sofferto per le stesse ragioni. Ora sono contenta: la mia situazione è legalizzata, ho già fatto diversi colloqui di lavoro e sono in attesa di cominciarne uno per poter vivere serenamente con la mia bambina, come la maggior parte delle famiglie di questo mondo. Ringrazio profondamente tutti quelli che mi hanno aiutato e che continuano a farlo. Grazie di cuore.

Mi chiamo Sandra, vengo dalla Nigeria e sono qui in Italia ormai da sette anni. Come la maggior parte delle ragazze che hanno vissuto la mia stessa esperienza, ciò che mi ha spinto a venire in questo paese è stata la speranza di trovare un lavoro per poter mantenere me e la mia bambina. Così quando un mio connazionale, conosciuto tramite un'amica comune, mi ha proposto di portarmi in Italia per lavorare come colf, ho creduto che il mio sogno si potesse finalmente realizzare. Ma la realtà è stata ben diversa e raccontare ancora adesso tutto quello che mi è successo è, per me, molto difficile e doloroso. Siamo partiti con l'aereo e, dopo una breve permanenza a Torino, siamo giunti a Rimini. Qui ho scoperto l'amara verità, ossia che avrei dovuto forzatamente prostituirmi per pagare il debito con chi mi aveva portato qui. Quindi, dopo essere stata istruita su come comportarmi con i clienti e su che tariffa chiedere, ho cominciato a “lavorare”. Non c'era nessuno che mi controllava quando ero in strada, ma non avevo né la forza né il coraggio di scappare: mi trovavo in un posto completamente sconosciuto, così lontano da casa, senza sapere una parola d'italiano e senza conoscere nessuno a cui poter chiedere aiuto. Inoltre ero stata sottoposta ad un rito 0

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Sandra

Il mio nome è Alina, ho sedici anni e sono arrivata in Italia circa due anni fa.La storia del mio arrivo in questo paese è simile a quella di tante altre ragazze dell'Est. In Romania lavoravo come cameriera e avevo tutto ciò di cui avevo bisogno per condurre una vita serena con i miei genitori e con mia figlia. Ancora oggi mi domando che cosa mi ha spinto a lasciare la mia casa per venire in un paese dove ricostruire una vita è tanto difficile mentre invece essere vittima della malavita è molto facile, soprattutto per una ragazza straniera e sola come me. Ma, come tutti i ragazzi, avevo il desiderio di vedere altri paesi e, quando una mia amica mi ha proposto di venire in Italia per una visita di pochi giorni, ho accettato subito. Lei mi aveva anche informato che qui in Italia aveva degli amici che ci potevano ospitare e aiutare a trovare un lavoro, se mai avessimo deciso di fermarci più a lungo. Ho parlato con mia madre dei miei progetti, ma lei non era assolutamente d'accordo e abbiamo anche litigato. La stessa settimana sono andata a ballare con la mia amica e lì abbiamo incontrato un suo amico che ci ha detto che partivamo quella sera stessa. Non ero d'accordo, perché volevo ancora discuterne con mia madre, ma non c'è stato nulla da fare: mi hanno fatto salire in macchina e mi hanno portato in una casa dove abbiamo passato la notte. Qui, oltre a me, c'erano altre tre ragazze. Il giorno dopo siamo partiti tutti quanti per l'Italia ma, con mia grande sorpresa, su un treno che trasportava carbone. Poi siamo arrivati a Trieste e da qui siamo state portate a Padova, dove per dieci giorni siamo rimaste rinchiuse in un casolare abbandonato, senza avere la minima idea di quello che ci sarebbe accaduto. Ma ben presto abbiamo capito quale sarebbe stato il nostro destino: ci hanno caricato in macchina e ci hanno portato in strada a lavorare.Stupita del loro comportamento e ormai consapevole di quello che mi volevano far fare, non avevo il diritto né di protestare né di ribellarmi, poiché, se rifiutavo, mi avrebbero preso il passaporto e pestata a morte con pugni e calci, vendendomi ad altri albanesi.Il tempo passava e durante questo interminabile periodo ho conosciuto un ragazzo italiano che mi ha fatto credere di volermi bene, promettendomi di proteggermi. Nella realtà,

Alina poi, ho solo cambiato “protettore” e casa e, purtroppo, in peggio: anche lui mi costringeva a prostituirmi ed era ancora più violento ed aggressivo del primo. Mi sentivo delusa e tanto sola, ma non sapevo a chi chiedere aiuto. Dopo quattro mesi di continue percosse, minacce e violenze, un giorno, dopo l'ennesimo episodio di maltrattamento con pugni e calci, ho trovato la forza di dire BASTA e di chiedere aiuto a chi veramente poteva darmelo. Ho telefonato alla polizia che è subito venuta a prendermi, offrendomi la sua totale protezione. Adesso la mia vita è cambiata radicalmente: vivo in una casa-famiglia dell'associazione Welcome insieme ad altre ragazze che, come me, hanno sofferto per le stesse ragioni. Ora sono contenta: la mia situazione è legalizzata, ho già fatto diversi colloqui di lavoro e sono in attesa di cominciarne uno per poter vivere serenamente con la mia bambina, come la maggior parte delle famiglie di questo mondo. Ringrazio profondamente tutti quelli che mi hanno aiutato e che continuano a farlo. Grazie di cuore.

Mi chiamo Sandra, vengo dalla Nigeria e sono qui in Italia ormai da sette anni. Come la maggior parte delle ragazze che hanno vissuto la mia stessa esperienza, ciò che mi ha spinto a venire in questo paese è stata la speranza di trovare un lavoro per poter mantenere me e la mia bambina. Così quando un mio connazionale, conosciuto tramite un'amica comune, mi ha proposto di portarmi in Italia per lavorare come colf, ho creduto che il mio sogno si potesse finalmente realizzare. Ma la realtà è stata ben diversa e raccontare ancora adesso tutto quello che mi è successo è, per me, molto difficile e doloroso. Siamo partiti con l'aereo e, dopo una breve permanenza a Torino, siamo giunti a Rimini. Qui ho scoperto l'amara verità, ossia che avrei dovuto forzatamente prostituirmi per pagare il debito con chi mi aveva portato qui. Quindi, dopo essere stata istruita su come comportarmi con i clienti e su che tariffa chiedere, ho cominciato a “lavorare”. Non c'era nessuno che mi controllava quando ero in strada, ma non avevo né la forza né il coraggio di scappare: mi trovavo in un posto completamente sconosciuto, così lontano da casa, senza sapere una parola d'italiano e senza conoscere nessuno a cui poter chiedere aiuto. Inoltre ero stata sottoposta ad un rito 0

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voo-doo e avevo molta paura che mi sarebbe successo qualcosa di terribile se non avessi rispettato le regole.L'anno successivo, dopo aver saldato finalmente il mio debito, mi sono trasferita a Padova dove, grazie ad un amico, sono riuscita a trovare un alloggio. Ma dovevo, comunque, continuare a mantenere me e la mia famiglia in Nigeria, e non possedendo un permesso di soggiorno e avendo ancora una scarsissima conoscenza della lingua, l'unica scelta che mi si presentava in quel momento, anche se dolorosa, era quella di continuare a lavorare in strada.Nello stesso anno, stanca di tutto questo, ho intrapreso quello che mi sembrava un lavoro onesto, ossia far da mangiare a pagamento agli operai miei connazionali residenti nei condomini vicini. In seguito, però, i vigili mi hanno scoperto, mi hanno sequestrato tutto e accompagnato in Questura, dove mi è stata data l'espulsione dal territorio nazionale. Quindi sono stata accompagnata fino all'aeroporto e imbarcata per la Nigeria.Ma non potevo rimanere nel mio paese: c'è tanta povertà e quando hai una famiglia che per mangiare dipende da te, sei disposta a tutto pur di dargli una vita almeno dignitosa. Così sono ritornata nuovamente in Italia e, per un periodo, ho ricominciato a prostituirmi, ma ormai era sempre più forte in me la volontà di uscirne; ero infatti tanto stanca di quella vita e non ne potevo più di andare avanti così. Fortunatamente ho incontrato delle persone che mi hanno voluto aiutare e che mi hanno messo in contatto con gli operatori dell'associazione Welcome; questi mi hanno accompagnato in Questura per denunciare quanto mi era accaduto e poi mi hanno accolto nella loro casa. Finalmente la mia vita sta cambiando: sto andando a scuola per imparare l'italiano e spero di trovare presto un lavoro. So che questo è solo un inizio e che devo ancora percorrere molta strada, ma almeno ora posso veramente sperare in un futuro migliore per me e la mia famiglia.Un grazie di cuore a tutti coloro che mi hanno aiutato e che continuano a credere in me.

IntroduzioneDiega CarrarettoAndrea Donati

Revisione TestiAndrea Donati

Progetto GraficoElisabetta Bonfanti

Realizzazione graficaMarketing Service Srl

Tutti i diritti riservati.Non è consentito alcun utilizzo senza previa autorizzazione scritta dell'Associazione Welcome.

2003 Associazione Welcome2003 Regione Veneto

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voo-doo e avevo molta paura che mi sarebbe successo qualcosa di terribile se non avessi rispettato le regole.L'anno successivo, dopo aver saldato finalmente il mio debito, mi sono trasferita a Padova dove, grazie ad un amico, sono riuscita a trovare un alloggio. Ma dovevo, comunque, continuare a mantenere me e la mia famiglia in Nigeria, e non possedendo un permesso di soggiorno e avendo ancora una scarsissima conoscenza della lingua, l'unica scelta che mi si presentava in quel momento, anche se dolorosa, era quella di continuare a lavorare in strada.Nello stesso anno, stanca di tutto questo, ho intrapreso quello che mi sembrava un lavoro onesto, ossia far da mangiare a pagamento agli operai miei connazionali residenti nei condomini vicini. In seguito, però, i vigili mi hanno scoperto, mi hanno sequestrato tutto e accompagnato in Questura, dove mi è stata data l'espulsione dal territorio nazionale. Quindi sono stata accompagnata fino all'aeroporto e imbarcata per la Nigeria.Ma non potevo rimanere nel mio paese: c'è tanta povertà e quando hai una famiglia che per mangiare dipende da te, sei disposta a tutto pur di dargli una vita almeno dignitosa. Così sono ritornata nuovamente in Italia e, per un periodo, ho ricominciato a prostituirmi, ma ormai era sempre più forte in me la volontà di uscirne; ero infatti tanto stanca di quella vita e non ne potevo più di andare avanti così. Fortunatamente ho incontrato delle persone che mi hanno voluto aiutare e che mi hanno messo in contatto con gli operatori dell'associazione Welcome; questi mi hanno accompagnato in Questura per denunciare quanto mi era accaduto e poi mi hanno accolto nella loro casa. Finalmente la mia vita sta cambiando: sto andando a scuola per imparare l'italiano e spero di trovare presto un lavoro. So che questo è solo un inizio e che devo ancora percorrere molta strada, ma almeno ora posso veramente sperare in un futuro migliore per me e la mia famiglia.Un grazie di cuore a tutti coloro che mi hanno aiutato e che continuano a credere in me.

IntroduzioneDiega CarrarettoAndrea Donati

Revisione TestiAndrea Donati

Progetto GraficoElisabetta Bonfanti

Realizzazione graficaMarketing Service Srl

Tutti i diritti riservati.Non è consentito alcun utilizzo senza previa autorizzazione scritta dell'Associazione Welcome.

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Comitato di Gestione delFondo Speciale Regionale per il Volontariato

Gennaio 2003

ASSOCIAZIONE WELCOMEVia Guizza 205, c/o Circolo “Il Ponte”

35125 Padova - Tel 348 - 89.41.661Cod. Fisc. 90007220289

Iscr. Reg. Veneto Ass. Vo. N° Pd0533E-mail [email protected]

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