RISPLENDE LA LUCE NELL’UOMO VEGLIA DI NATALE...parola “I THIRST” (ho sete) che fa-cevamo un...
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Periodico della Comunità Pastorale San Giovanni Evangelista - Opera/Noverasco
Tel. 02/57600310 , [email protected], www.comunitasangiovanniopera.it
Anno XXV, numero 253 14 dicembre 2018
RISPLENDE LA LUCE NELL’UOMO
S’ invera l’Evento
nella carne profetica,
nella voce del Testimone, che prepara la via,
per gridare la luce che fende ogni tenebra
del Signore che è venuto, che viene, che verrà.
Perché tutti possano vedere la luce per mezzo suo.
Nel deserto e nelle città,
in una stanza d’ospedale,
o nelle fabbriche dismesse,
nella paura dei padri per il futuro dei figli,
nella speranza delle madri…
S’invera l’Evento sempre, dappertutto.
Noi, insieme a quanti invocano,
cercano o forse anche disperano del chiarore
di una Parola che rinnova,
che offre la grazia senza misura.
Dio passa attraverso l’umanità.
Anch’essa strumento della grazia,
pure se “dalla terra noi siamo”.
S’invera l’Evento. Inconsapevoli amanti delle tenebre,
come prima grazia
riceviamo l’abbondanza, la gratuità, la dismisura.
Schegge di luce avvampano nella nostra vita,
per accendere la fede in Gesù.
Giovanni non era la luce, ma testimone della Luce.
Itinerario del Verbo nel mondo.
Dio si offre in una “umana progressività”.
Gesù è l’alfabeto amante e vivo di questo crinale
tra tenebra e luce, incredulità e fede,
parole e Parola, vita e morte...
Oggi, chi addita la Luce,
chi annunzia la sua presenza e il Regno tra noi?
Chi rende testimonianza alla sua Parola oggi?
Chi si lascia risplendere dalla luce ?
Vieni o luce dei cuori!
Vieni luce che tutto illumini!
Abbraccio di luce sia per tutti!
E sia ancora Natale di Gesù per tutti!! don Olinto
EDITORIALE
VEGLIA DI NATALE Lunedì 24 dicembre 2018
SANTE MESSE NELLA NOTTE DI NATALE
Opera e Noverasco ore 23.30 Veglia di Natale ore 24
Santuario ore 21 Veglia di Natale ore 21.30
Abbazia Mirasole ore 20.45
NATALE Martedì 25 dicembre 2018
SANTE MESSE DI NATALE DEL SIGNORE
Opera ore 8 – 9.30 – 10.45 – 18
Mirasole ore 10.30 Noverasco ore 11
Santuario ore 11.45 Anni azzurri ore 16.30
EPIFANIA, Domenica 6 gennaio 2019 SANTE MESSE ORARIO FESTIVO
Festa ragazzi missionari e Benedizione
dei bambini ore 15.30
Appuntamenti
«La buona politica
È al servizio della pace» Messaggio di papa Francesco per
la 52a Giornata Mondiale della Pace
(1 gennaio 2019)
“L a responsabilità
politica appar-
tiene ad ogni cittadino,
e in particolare a chi ha
ricevuto il mandato di
proteggere e governa-
re. Questa missione
consiste nel salvaguar-
dare il diritto e nell’in-
coraggiare il dialogo
tra gli attori della so-
cietà, tra le generazioni
e tra le culture. Non c’è pace senza fiducia reciproca. E
la fiducia ha come prima condizione il rispetto della pa-
rola data. L’impegno politico – che è una delle più alte
espressioni della carità – porta la preoccupazione per il
futuro della vita e del pianeta, dei più giovani e dei più
piccoli, nella loro sete di compimento. Quando l’uomo è
rispettato nei suoi diritti – come ricordava San Giovanni
XXIII nell’Enciclica Pacem in terris (1963) – germoglia in
lui il senso del dovere di rispettare i diritti degli altri. I
diritti e i doveri dell’uomo accrescono la coscienza di
appartenere a una stessa comunità, con gli altri e con
Dio (cfr ivi, 45). Siamo pertanto chiamati a portare e ad
annunciare la pace come la buona notizia di un futuro
dove ogni vivente verrà considerato nella sua dignità e
nei suoi diritti” .
La riflessione per gli otto
giorni e la celebrazione ecu-
menica sono incentrate sul
tema principe del versetto.
Per approfondire la nostra
riflessione sull’unità e sulla
giustizia, il tema di ciascun
giorno è stato scelto con at-
tenzione per presentare lotte
che sono il risultato di situa-
zioni di ingiustizia.
I temi sono: Giorno 1:
Il diritto scorra come acqua di sorgente. (Amos 5, 24)
Giorno 2: Semplicemente, dite ‘sì’ quando è ‘sì’ e ‘no’
quando è ‘no’. (Matteo 5, 37)
Giorno 3: Il Signore è bontà e misericordia con tutti.
(Salmo 145[144], 8)
Giorno 4: Contentatevi di quel che avete. (Ebrei 13, 5)
Giorno 5: Portate il lieto messaggio ai poveri. (Luca 4,18)
Giorno 6: Il suo nome è: il Signore dell’universo
(Geremia 10, 16)
Giorno 7: O donna, davvero la tua fede è grande!
(Matteo 15, 28)
Giorno 8: Il Signore è mia luce e mia salvezza (Salmo 27)
La celebrazione ecumenica sottolinea l’importanza di pas-
sare dal piano teorico del discorso sull’unità, la giustizia e
la misericordia, all’impegno pratico e concreto con azioni
di unità, giustizia e misericordia nella nostra vita persona-
le e nella vita delle nostre comunità cristiane.
18 - 25 GENNAIO 2019 SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI
Cercate di essere veramente giusti (Deuteronomio 16, 18-20)
Epifania 6 Gennaio - ore 15.30 Benedizione dei bambini/ragazzi missionari
Il 6 gennaio di ogni anno si celebra la Giornata dell’Infan-
zia Missionaria. Lo slogan del prossimo appuntamento è Vivi
e...passaParola e vuole aiutare a riflettere su come gli oc-
chi raccontano molto di più di ciò che le parole riescono ad
esprimere. Educare allo “sguardo” significa educare il cuore e
il pensiero: significa imparare a vedere con il cuore cogliendo
la bellezza, la generosità e la bontà dell’altro, significa ricono-
scerlo ad immagine e somiglianza di Dio.
Al termine benedizione dei bambini, bacio a Gesù.
Iniziazione cristiana nostri ragazzi
UN POMERIGGIO PER INCONTRARE
UN’ESPERIENZA DI DONO
A GESU’ ED AI POVERI
Con genitori e catechiste dalle suo-
re di Madre Teresa.
E’ stato un incontro significativo
e bello. Abbiamo ascoltato la
testimonianza di Suor Chiara Luce
che ci ha raccontato qualche tratto
della vita di Madre Teresa, qualche
esperienza del suo cammino di vita in
vari luoghi del mondo ed ora a Mila-
no, le povertà che ha incontrato,…
Ci siamo chiesti come mai, a lato del
crocifisso in cappella era scritta la
parola “I THIRST” (ho sete) che fa-
cevamo un po’ di fatica a comprende-
re come mai era li. Suor Chiara ci ha
spiegato che in ogni loro casa questa
Parola era presente per ricordare, ad
ognuna di loro, l’ultimo bisogno che
Gesù ha espresso ai suoi crocifissori.
Oggi, questa parola viene da loro vis-
suta nel servizio e nell’aiuto ai poveri
che nessuno aiuta.
Le suore, ogni mattina, prima di qual-
siasi impegno pregano tanto e parteci-
pano alla Messa per prepararsi a ser-
vire ogni persona come ha fatto Gesù,
con tutto il suo amore e la sua tene-
rezza.
Ci ha poi comunicato che Madre Te-
resa ha scelto di aprire una casa a Mi-
lano, quando, dopo l’invito dell’Arci-
vescovo a trascorrere un periodo di
tempo in Diocesi si è resa conto che
anche Milano, piena di benessere ma-
teriale, era una tra le città più povere
del mondo. Infatti aveva scoperto so-
litudine, lavoro continuo, vita troppo
frenetica, tristezza,… ed è per questo
che le sue suore sono state chiamate a
portare semplicità, gioia, speranza,
aiuto nella nostra diocesi. E’ stato un
pomeriggio bello, nel quale abbiamo
vissuto ed ascoltato tante possibilità
di vivere regalando la nostra vita a
Gesù ed a qualsiasi persona bisogno-
sa.
I nostri piccoli del secondo anno
COME I PASTORI, SULLA STRADA VERSO GESU’
D omenica 9 Dicembre, nel nostro incontro di cate-
chismo, ci siamo un po’ preparati al Natale. C’e-
rano i nostri genitori e dopo un momento nel quale ab-
biamo cercato di conoscere chi erano i pastori al tempo
di Gesù e provare a capire come mai Gesù ha scelto di
incontrare proprio loro a Betlemme, anche attraverso
delle immagini che le/i catechiste/i ci hanno presentato,
ci siamo preparati a costruire il presepe. Nel frattempo i
nostri genitori, che a loro volta avevano cercato di ap-
profondire la presenza dei pastori nel presepe, ci hanno
raggiunti ed insieme abbiamo pensato come anche noi
siamo pastori che camminano verso Gesù. Però, prima
di creare il nostro pastore, ci siamo chiesti: quale dono
quest’anno desideriamo ricevere da Gesù quale dono,
invece, desideriamo donargli . Dialogando con i genito-
ri abbiamo poi vestito il pastore che, nel presepe, ci
rappresentasse. Poi, nella preghiera, abbiamo costruito
il presepe perché le catechiste ci avevano preparato
Maria, San Giuseppe, il cielo, la grotta,… alla fine sono
arrivate le pecore. E’ stato bello e siamo contenti.
In preparazione al Santo Natale 2018 e non solo...
Celebrazione
ANNIVERSARI di MATRIMONIO dal 10° – 20° – 25° – 50° – 55° – 60°
PROGRAMMA
Domenica 27 Gennaio
ore 17.45 Ritrovo in chiesa Santi Pietro e Paolo
ore 18.00 Celebrazione della S. Messa
Facciamo un momento di
RITIRO SPIRITUALE (c/o Santuario Madonna dell’Aiuto)
con possibilità di ricevere il Sacramento della Riconciliazione
sabato 26 gennaio dalle ore 15.00 alle ore 17.00 N.B.: Iscriversi in Segreteria Parrocchiale, dal Lunedì al Venerdì dalle
ore 9 alle 11 e dalle ore 16 alle 19, entro Domenica 22 Gennaio 2019
NOVENA DI NATALE per ragazzi
Prepariamoci ad accogliere Gesù
con alcuni momenti di preghiera:
Da lunedì 17 a Venerdì 21 dicembre:
ore 8.05 San Benedetto
ore 16.50 e S. Messa 17,30 Opera
CORSO CRESIMA
ADULTI 2019
(10 incontri)
Inizio
Mercoledì 16 Gennaio:
ore 21
Chiesa Ss Pietro e Paolo
CAMMINO
PREPARAZIONE
MATRIMONIO
CRISTIANO 2019
(10 incontri)
Inizio:
Giovedì 7 Febbraio:
Ore 21
Chiesa Ss Pietro e Paolo
22а GIORNATA
NAZIONALE
DELLA COLLETTA
ALIMENTARE
16,7 MILIONI
DI PASTI
DONATI A CHI
HA BISOGNO
8350 tonnellate
di cibo donate.
Grazie a tutti
volontari e a
tutti i donatori.
Condividere
i bisogni
per condividere
il senso la vita
PREGARE CON I SALMI
ESERCIZI SPIRITUALI Due giorni di ascolto della Parola, silenzio, preghiera personale
e comunitaria, fraternità.
Da Venerdì 1 a Domenica 3 marzo 2019 al Monastero Canossiane San Gioachino al Castello Ballabio (Lc)
Le riflessioni guidate sul tema:
Innalziamo l’ Alleluja !
con i Salmi Ascensionali e Allelujatici
La sistemazione in camere singole/doppie con servizi. Iscrizioni Ufficio Parrocchiale: quota € 100.00. Occorrente: Bibbia, materiale per appunti. Partenza: Orario partenza ore 14.30 in parrocchia.
Discorso alla città di Milano
«S iamo autorizzati a pensare. È questa la sostan-
za della riflessione che mi permetto di offrire
alla città in occasione della festa del patrono
sant’Ambrogio. È questo il percorso promet-
tente che mi dichiaro disponibile a continuare insieme con
tutti coloro che abitano in città e ne desiderano il bene. Siamo
autorizzati anche a pensare!». Esordisce così l’Arcivescovo,
monsignor Mario Delpini, nel suo tradizionale Discorso alla
Città, pronunciato giovedì 6 dicembre nella Basilica di
Sant’Ambrogio, davanti alle autorità civili, militari, religiose e
al mondo dell’economia e del lavoro. Un testo denso, che en-
tra nel vivo del dibattito pubblico di questi tempi, proponendo
una lettura della società e del vivere civile che va in netta con-
trotendenza rispetto alle paure, ai populismi, alle emotività.
Una chiamata alla responsabilità, al ruolo che Milano può
svolgere proprio su questo percorso “alternativo”, all’impegno
della Chiesa ambrosiana aperta al dialogo, al confronto, al
lavorare insieme per costruire il bene comune, avendo come
fari il sogno europeo da rilanciare e la Costituzione italiana.
La riflessione dell’Arcivescovo parte dall’analisi di tre aspetti:
le pretese indiscutibili, il consenso emotivo, le procedure esa-
speranti.
Dall’emotività e suscettibilità all’essere persone ragionevo-
li. «L’emozione non è un male, ma non è una ragione – dice
l’Arcivescovo -. Forse in questo momento l’intensità delle
emozioni è particolarmente determinante nei comportamenti.
Ciascuno si ritiene criterio del bene e del male, del diritto e
del torto: quello che io sento è indiscutibile, quello che io vo-
glio è insindacabile». Questo si traduce anche nel rapporto
con chi «presta un servizio pubblico alla comunità»:
«Ci vogliono molta pazienza, capacità di relazione, predispo-
sizione all’empatia e alla comprensione, autocontrollo nelle
reazioni, per portare alcune richieste a buon fine, mentre alle
spalle premono impazienti molti altri che pure hanno diritto a
essere serviti. Desidero esprimere il mio apprezzamento per
gli operatori che sanno accogliere con particolare attenzione
coloro che si trovano in condizioni di necessità, sprovveduti e
smarriti di fronte alle procedure per ottenere le prestazioni cui
hanno diritto, imbarazzati davanti a operatori con cui è fatico-
so intendersi». Infatti ogni giorno chi presta un pubblico servi-
zio si trova a rapportarsi con molte persone «che vivono le
loro legittime aspettative con atteggiamenti di pretesa arrogan-
te. La pretesa non è il far valere i propri diritti, ma è mancare
di comprensione nei confronti degli operatori e delle regole
che essi devono rispettare».
Dunque, una mentalità, una “cultura post-moderna” che
«esalta l’emozione, lo slogan gridato, stuzzica la suscettibilità
e deprime il pensiero riflessivo». Si è diffusa in questo perio-
do «una sensibilità che si è ammalata di suscettibilità, di un
pregiudiziale atteggiamento di discredito verso le istituzioni e
in particolare verso i servizi pubblici più vicini ai cittadini».
Ovviamente l’Arcivescovo precisa: «La mia intenzione non è
di avallare le inadempienze o di giustificare i disservizi. Piut-
tosto credo che la convivenza in città sarebbe più serena e la
presenza di tutti più costruttiva se, dominando l’impazienza e
le pretese, potessimo essere tutti più ragionevoli, comprensivi,
realisti nel considerare quello che si fa, quello che si può fare
per migliorare e anche quello che non si può fare. Ecco: siamo
autorizzati a pensare, a essere persone ragionevoli».
Infatti, il rischio è quello «di lasciarsi dominare da reazioni
emotive e farle valere come se fossero delle vere e proprie
ragioni su cui fondare le nostre scelte e avanzare rivendicazio-
ni. Questa confusione tra ragioni ed emozioni spesso può
complicare gravemente la convivenza civile».
Condizionati da slogan e costruzione del consenso, puntare
invece alla ragionevolezza. L’Arcivescovo stigmatizza la diffusione di una modalità di
comunicazione pubblica deformante. «Nel dibattito pubblico,
nel confronto tra le parti, nella campagna elettorale, il linguag-
gio tende a degenerare in espressioni aggressive, l’argomenta-
zione si riduce a espressioni a effetto, le proposte si esprimono
con slogan riduttivi piuttosto che con elaborazioni persuasi-
ve». Perciò «credo che il consenso costruito con un’eccessiva
stimolazione dell’emotività dove si ingigantiscano paure, pre-
giudizi, ingenuità, reazioni passionali, non giovi al bene dei
cittadini e non favorisca la partecipazione democratica».
La qualità del tessuto democratico sta molto a cuore all’Arci-
vescovo: «La partecipazione democratica e la corresponsabili-
tà per il bene comune crescono, a me sembra, se si condivido-
no pensieri e non solo emozioni, informazioni obiettive e non
solo titoli a effetto, confronti su dati e programmi e non solo
insulti e insinuazioni, desideri e non solo ricerca compulsiva
In un’epoca dominata da populismi e fanatismi, per costruire il futuro
nel Discorso alla Città l’Arcivescovo rivolge un invito «ad affrontare
le questioni complesse e improrogabili con quella ragionevolezza che
cerca di leggere la realtà con un vigile senso critico e che esplora
percorsi con un realismo appassionato e illuminato»
di Pino NARDI
«Autorizzati a pensare»,
contro l’emotività un appello al buon senso
Discorso alla città di Milano
di risposta ai bisogni».
Bisogna allora invertire la rotta e imboccare strade diverse:
«Credo sia opportuno un invito ad affrontare le questioni com-
plesse e improrogabili con quella ragionevolezza che cerca di
leggere la realtà con un vigile senso critico e che esplora per-
corsi con un realismo appassionato e illuminato». Una sensibi-
lità che, tra l’altro, fa parte del dna dei milanesi, come sottoli-
nea l’Arcivescovo: «Mi sembra che siano inscritti nell’animo
della nostra gente una profonda diffidenza per ogni fanatismo,
un naturale scetticismo per ogni proposta di ricette che promet-
tono rapida e facile soluzione per problemi complicati e diffici-
li».
Dunque, «la ragionevolezza che si può anche chiamare “buon
senso” – espressione di un senso buono -, l’intelligenza e la
competenza che possono maturare in saggezza, una disposizio-
ne alla stima vicendevole che si può ritenere fondamentale per
una convivenza serena possono creare consenso con argomen-
tazioni, danno forma ad alleanze tra le forze in gioco che pre-
suppongono l’affidabilità delle persone e delle organizzazioni
che vi convergono. Occorre riscoprire la cultura e il pensiero
che danno buone ragioni alla fiducia, alla reciproca relazione, a
quella sapienza che viene dall’alto che “anzitutto è pura, poi
pacifica, mite”».
Insofferenti alle procedure, necessario avviare semplifica-
zioni Spesso i cittadini si trovano in un labirinto di norme e burocra-
zie che innervosiscono non poco. «La normativa che impone
adempimenti complessi offre appigli per quella litigiosità ag-
gressiva e irrazionale che può esporre i responsabili a beghe
interminabili. Pertanto diventa comprensibile la tendenza a
evitare di prendersi responsabilità da parte dei singoli operato-
ri». Di qui una battuta fulminante dell’Arcivescovo: «Forse che
“la patria del diritto”, come si può definire l’Italia, sia diventata
un condominio di azzeccagarbugli litigiosi?».
Anche in questo caso l’Arcivescovo non si ferma all’analisi,
ma prospetta una strada per la soluzione. «Mi sembra che si
debba insistere in quei percorsi di semplificazione che sono
spesso enunciati e promessi per rendere più facile essere buoni
cittadini, onesti e in regola con la pubblica amministrazione,
per favorire l’intraprendenza di imprenditori e di operatori ne-
gli ambiti del servizio ai cittadini e della solidarietà. È però
evidente che i percorsi promessi e avviati presuppongono il
recupero di una fiducia tra i cittadini, e tra cittadini e pubblica
amministrazione. Non servirà semplificare le procedure se per-
dura il sospetto sul cittadino come incline a delinquere e se
rimane radicata nel cittadino l’inclinazione alla litigiosità e alla
suscettibilità che è insofferente delle regole del vivere insieme
e del rispetto reciproco».
Una responsabilità collettiva di legalità, che richiede una matu-
razione civile: «Il rispetto delle regole e del prossimo è un frut-
to del senso civico, del senso di appartenenza alla comunità,
della persuasione che il bene comune del convivere in pace sia
da anteporre all’interesse privato momentaneo e che il danno
arrecato a una comunità prima o poi danneggi anche chi lo
compie. La riscoperta e la valorizzazione del bene comune (e
non solo dei beni comuni, dei beni privati e di quelli pubblici),
oltre lo Stato e il mercato, può favorire la rigenerazione della
cittadinanza, come vivibilità e appartenenza civile».
Autorizzati a pensare «Essere persone ragionevoli è un contributo indispensabile per
il bene comune. Questo evoca la solidarietà/fraternità della
condivisione relazionale», sottolinea l’Arcivescovo. E lancia
un appello a tutte le realtà che pensano e aiutano a pensare.
«Ritengo che sia responsabilità degli intellettuali e degli stu-
diosi di scienze umane e sociali approfondire la questione e
comunicarne i risultati».
Un ruolo decisivo deve svolgerlo la Milano città universitaria.
«La nostra città, in cui università e istituzioni culturali sono
così significative e apprezzate, è chiamata a produrre e a pro-
porre un pensiero politico, sociale, economico, culturale che
superando gli ambiti troppo isolati delle singole discipline pos-
sa aiutare a leggere il presente e a immaginare il futuro».
Un ruolo di guida per la metropoli, in una stagione particolar-
mente felice. «Credo che saremmo tutti fieri se proprio qui a
Milano si approfondissero riflessioni, si promuovessero con-
fronti, si potessero riconoscere scuole e programmi, prospettive
e responsabilità. Il nostro senso pratico ci rende allergici alle
chiacchiere e alle celebrazioni inconcludenti. Forse insieme
possiamo coltivare un senso di responsabilità che ci impegna a
un esercizio pubblico dell’intelligenza, che si metta a servizio
della convivenza di tutti, che sia attenta a dare la parola a ogni
componente della città, che raccolga l’aspirazione di tutti a
vivere insieme, ad affrontare insieme i problemi e i bisogni, a
recensire insieme risorse e potenzialità. Mi sembra significati-
vo il contributo che a questa impresa hanno offerto e offrono i
cristiani presenti nelle accademie della città».
Ma pensare non è solo analisi e calcolo Sono diffuse le tentazioni ad asservire il pensiero alle mode del
momento, piuttosto che esercitare la responsabilità di un pen-
siero critico. «Tra le tendenze che oggi minano il pensare –
Discorso alla città di Milano
afferma l’Arcivescovo – mi pare che sia insidioso l’utilitarismo
che riduce il valore all’utile immediato e quantificabile, che si
chiami profitto, consenso, indice di gradimento. Il pensiero
asservito all’utilitarismo si riduce a calcolo, quindi a valutare
risorse e mezzi in vista di un risultato per lo più individuale o
corporativistico piuttosto che di un fine comune e condiviso.
Pertanto si rinuncia alla riflessione sulle domande di senso,
relegando l’argomento nell’irrazionale e nel sentimentale,
escluso per principio dalla sfera pubblica e dalla possibilità di
una dimensione sociale».
Dunque, non un pensiero subordinato e strumentale, ma idee
per costruire il futuro. «Vogliamo lavorare per superare il mero
“pensiero calcolante” in favore di un allargamento del concetto
di ragione; un pensiero realista, che abbia a cuore la ricerca
continua della verità e del bene condiviso, libera da pregiudizi,
aperta agli altri e alla domanda di senso».
Pensare per dare forma a una visione di futuro: l’Europa Per indicare il futuro, l’Arcivescovo richiama tutti al grande
sogno dell’Europa unita, che ha visto storicamente i cristiani in
prima linea. «Credo che, quanto agli aspetti comuni di una vi-
sione di futuro, si possa convergere su quel cammino che porta
a una convivenza pacifica e solidale e che intenda l’Europa
come convivenza di popo-
li. La complessità e le pro-
blematiche che hanno se-
gnato il concreto configu-
rarsi dell’Unione Europea
richiedono una ripresa
delle intenzioni originarie:
i cittadini d’Europa erano
e sono persuasi che siano
da preferire l’unione alla
divisione, la collaborazio-
ne alla concorrenza, la
pace alla guerra. Siamo
impegnati e motivati per
una partecipazione costrut-
tiva alle vicende europee:
vogliamo dare volto all’U-
nione Europea dei popoli e
dei valori, che pensi i suoi
valori e le sue attese nella concretezza storica del tempo pre-
sente e di quello a venire, e che non si occupi di beghe e di
interessi contrapposti».
Al centro la nostra Costituzione «In questo contesto di un cantiere europeo al quale rimettere
mano – prosegue l’Arcivescovo – il nostro Paese adotta come
punto di riferimento fondamentale per la convivenza dei citta-
dini e la visione dei rapporti internazionali la Costituzione del-
la Repubblica italiana».
Significativo che il Pastore di Milano ponga all’attenzione di
tutti il richiamo alla centralità della Costituzione e dei suoi
valori per la costruzione del bene comune: «La Carta costitu-
zionale, in quella prima parte dove formula princìpi e valori
fondamentali, non può essere ridotta a un documento da com-
memorare, né a un evento tanto ideale quanto irripetibile, ma
deve continuare a svolgere il compito di riconoscere e garantire
“i diritti inviolabili dell’uomo” (art. 2), al fine di promuovere
“il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipa-
zione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica
e sociale del Paese” (art. 3)». Un faro anche su come procedere
nell’oggi: «Il testo della Costituzione ci ricorda innanzitutto un
metodo di lavoro, che vale anche per noi: le differenze si siedo-
no allo stesso tavolo per costruire insieme il proprio futuro».
L’Arcivescovo avanza anche un paio di proposte: «Non si po-
trebbe prendere l’abitudine di aprire ogni Consiglio comunale
con la lettura e il commento di qualche articolo della prima
parte della Costituzione?». E puntare all’educazione civica: per
educare studenti – «che siano italiani da generazioni o che sia-
no provenienti da altri Paesi» – «al pensiero civico e alle re-
sponsabilità di cittadini ci vuole una città che si esprima in
modo comprensibile e faccia riferimento a valori condivisi».
Capri espiatori e priorità vere Accade spesso nel dibattito politico quello di cercare nemici e
capri espiatori. «In una considerazione pensosa delle prospetti-
ve del nostro tempo si dovrà evitare di ridurci a cercare un ca-
pro espiatorio: talora, per esempio, il fenomeno delle migrazio-
ni e la presenza di migranti, rifugiati, profughi invadono di-
scorsi e fatti di cronaca, fino a dare l’impressione che siano
l’unico problema urgente».
Invece, «si devono nominare tra le problematiche emergenti e
inevitabili: la crisi demografica che sembra condannare la po-
polazione italiana a un inesorabile e insostenibile invecchia-
mento; la povertà di pro-
spettive per i giovani che
scoraggia progetti di futuro
e induce molti a trasgres-
sioni pericolose e a penose
dipendenze; le difficoltà
occupazionali nell’età adul-
ta e nell’età giovanile e le
problematiche del lavoro;
la solitudine il più delle
volte disabitata degli anzia-
ni. Queste problematiche
sono complesse e non si
può ingenuamente presu-
mere di trovare soluzioni
facili e rapide. Ma certo la
complessità non può con-
vincere a rassegnarsi alla
diagnosi e all’elenco dei
fattori di disagio». Di fronte a questi problemi sociali, «la fami-
glia è la risorsa determinante, è la cellula vivente».
L’appello all’impegno comune «Invito coloro che hanno responsabilità nella società civile ad
affrontare con coraggio le sfide, nella persuasione che questo
territorio ha le risorse umane e materiali per vincerle. E nella
mia responsabilità di vescovo di questa Chiesa confermo che le
nostre comunità sono pronte, ci stanno, sono già all’opera».
Un impegno quotidiano e capillare: «La comunità cristiana,
nelle sue articolazioni territoriali e nella sua organizzazione
centrale, desidera abitare la città per offrire il suo contributo e
collaborare con tutte le istituzioni presenti nel comprendere il
territorio, nell’interpretare il tempo, nel promuovere quell’eco-
logia globale che rende abitabile la terra per questa e per le
future generazioni. In questo faccio riferimento con affetto e
gratitudine alle indicazioni di papa Francesco nella Laudato
si’».
6 Dicembre 2018
Il 2° banner dell’avvento
nella nostra Chiesa
Vincent Van Gogh - Notte stellata 1889
Come tutte le opere di Van Gogh, Notte Stellata è come una visio-
ne e riesce a stento a trattenere l’energia delle pennellate. Quando
Van Gogh realizza Notte Stellata si trovava già da qualche settima-
na ricoverato nell’Istituto psichiatrico di Saint-Rémy. Era il 1889
ed era stato ricoverato dopo un esaurimento nervoso, ma
qui poteva dipingere sia ciò che vedeva dalla sua stanza e sia all’a-
perto e può quindi realizzare uno dei suoi capolavori. Van
Gogh scrisse al fratello Theo: “Ho un terribile bisogno della reli-
gione. Allora esco di notte per dipingere le stelle”. Il cielo, la natu-
ra, la notte stellata colmano il
suo desiderio d’infinito. Sia-
mo nelle galassie… nel co-
smo universale… “Spesso
penso che la notte sia più viva
e più riccamente colorata del
giorno”, scrive Vincent in una
lettera al fratello.
Nell’opera egli cerca di rap-
presentare quella vita,
quell’angosciosa vita, che
attribuisce alla notte.
Non dobbiamo pensare però
che la pazzia di Van Gogh lo
portasse a dipingere di getto,
è documentato infatti il
suo studio accurato della
composizione dell’opera. Era
normale per lui preparare dei
bozzetti e dei disegni prepara-
tori (una ventina), per verifi-
care la composizione e quale
dovesse essere il modo di stendere il colore. Nella Notte Stellata
Van Gogh pone al centro del quadro il paesino e il cielo dipinto
una piccola chiesa che collega il villaggio alla cielo (quasi lo indi-
casse) e che ricorda un villaggio olandese del suo paese d’origine,
sulla sinistra colloca in primo piano un cipresso, che somiglia pro-
prio a una fiamma focosa anche se verde e rossa (passione e spe-
ranza che il cielo rende scuri perché sede della luce), mentre ondu-
lato con le sfere luminose sembrano fondersi l’uno nell’altro terra-
fuoco-luce. Il pianeta Venere forse è rappresentato come la stella
più luminosa in questo cielo e alla fine di maggio e ai primi di giu-
gno 1889 era effettivamente al massimo di luminosità, quindi vera-
mente Van Gogh ha osservato la realtà che aveva davanti per crea-
re questo dipinto. Il cielo, le stelle, la luna e magari il sole sono
collegati da un movimento che ci da l’impressione di trovarci in un
vortice, dinamismo e il senso di visione-vertigine è forte. Nella
notte stellata Van Gogh rappresenta la sua vita tormentata e anche i
colori che ha scelto servono a sottolineare le sue sensazioni, la sua
passione di vita. “Il verde malachite che spezza il cuore o il verde
più cupo delle terribili passioni dell’umanità” dice Van Gogh. Que-
sto dipinto è considerata l’opera che anticipa l’Espressionismo
astratto e il suo modo di dipingere sia stato così semplice da essere
ancora oggi comprensibile a noi che lo ammiriamo. Non servono
studi approfonditi di storia dell’arte per comprendere un capolavo-
ro e la Notte Stellata di Van Gogh è una di quelle opere davanti
alla quale nessuno può rimanere indifferente.
In mostra e in ascolto
In memoria dei martiri
Martiri della fedeltà: Un libro per approfondire
«La nostra morte non ci appartiene». A Orano, prima canonizzazione in terra musulmana, l’8 dicembre, beatificazione dei 19 martiri d’Algeria.
Un evento grande per una Chiesa che ha sofferto. Ricordo di un testimone, mons. Henri Teissier.
Anna Pozzi- Mondo e Missione
È stata e continua a essere una
delle voci più profonde e profe-
tiche della Chiesa d’Algeria.
Quella di mons. Henri Teissier,
arcivescovo emerito di Algeri, è la voce
di chi, dal di dentro, ha vissuto gli anni
difficilissimi dell’indipendenza del Paese
dalla Francia e poi il periodo buio del
terrorismo islamista, che ha spezzato le
vite di oltre duecentomila algerini e de-
cretato la morte di 19 religiosi e religiose
della Chiesa locale. Martiri della fedeltà,
li definisce mons. Teissier, «testimoni
della nostra vocazione a essere Chiesa in
relazione con una popolazione musulma-
na». Questi 19 uomini e donne, tra cui
mons. Pierre Claverie e i sette monaci di
Tibhirine, saranno beatificati l’8 dicem-
bre presso la basilica di Santa Cruz a
Orano. Un evento davvero speciale per
la piccola Chiesa d’Algeria, che lo vivrà
con la consueta umiltà e semplicità. Sen-
za dimenticare, ma anzi facendo memo-
ria anche delle moltissime vittime algeri-
ne. Nel segno appunto della fedeltà. Una
parola che padre Teissier ripete incessan-
temente, come se non fosse mai abba-
stanza ribadire quella scelta: fedeltà al
Vangelo e alla fede cristiana e fedeltà al
popolo algerino a cui tutti loro erano
legati da un rapporto profondo di amore
e condivisione. È questo che aveva spin-
to la larga maggioranza dei preti, religio-
si, religiose e laici della Chiesa d’Algeria
a rimanere nel Paese nonostante la vio-
lenza cieca e devastante che – sapevano
bene – avrebbe potuto colpirli in qualsia-
si momento.
Padre Teissier, lei era arcivescovo di
Algeri negli anni delle stragi. E ha
vissuto in prima persona il dramma
dell’uccisione dei 19 religiosi e religio-
se. Era qualcosa che vi aspettavate? «Per un po’ di tempo, non pensavamo
che saremmo stati presi di mira diretta-
mente. Poi ci sono stati alcuni avverti-
menti espliciti a partire dall’ottobre del
1993. Comunicati che minacciavano tutti
i cristiani e gli ebrei presenti nel Paese.
Quindi, dopo l’assassinio dei 12 lavora-
tori croati il 15 dicembre a Tamesguida,
nei pressi di Medea, e l’incursione dei
terroristi la vigilia di Natale del 1993 nel
monastero di Tibhirine, poco distante,
abbiamo capito che eravamo bersagli
diretti di ricatti e di possibili attentati. Si
trattava di estremisti capaci di qualsiasi
cosa. Anche molti amici algerini, con cui
collaboravamo e che rappresentavano
una posizione liberale nella vita del Pae-
se, erano stati uccisi. Poi l’8 maggio
1994, nella biblioteca diocesana della
Casbah di Algeri, sono stati assassinati
fratel Henri Vergès, marista, e suor Paul-
Hélène Saint-Raymond, delle piccole
suore dell’Assunzione. A quel punto
abbiamo capito che eravamo tutti in peri-
colo».
Il rapimento e l’uccisione dei monaci
hanno segnato anche la società algeri-
na. I funerali sono stati un evento mol-
to sentito, anche perché celebrati in
concomitanza con quelli di mons. Du-
val che molto si era schierato al fianco
del popolo algerino. Avete sentito que-
sta vicinanza? «Non erano tempi facili
per gli algerini. Tutti si sentivano minac-
ciati. Quelli che ci conoscevano hanno
reagito mandandoci moltissimi messaggi
di vicinanza, belli e commoventi. Ma la
reazione più forte da parte della popola-
zione è stata soprattutto a Tizi Ouzou,
dopo l’uccisione dei quattro padri bian-
chi, il 27 dicembre 1994. Loro, così co-
me le suore bianche, erano molto cono-
sciuti e apprezzati nella regione della
Cabilia. E il loro omicidio ha suscitato
davvero una reazione di popolo».
Non eroi, ma testimoni. È su questo
che ha sempre insistito la Chiesa d’Al-
geria. È anche il senso della causa di
beatificazione? «Il loro assassinio ha
messo in evidenza la loro fedeltà alla
popolazione algerina presso la quale
vivevano. Pochi giorni prima dell’ucci-
sione delle due suore agostiniane, avevo
partecipato a un incontro con le loro re-
sponsabili internazionali, che avevano
discusso della possibilità di farle tornare
in Spagna o di trasferirle in una zona
meno pericolosa di Bab el Oued, dove
vivevano. Ma tutte loro hanno detto che
quello era il loro quartiere, quella era la
loro gente. I nostri fratelli e sorelle uccisi
sono stati vittime delle violenze nei posti
in cui vivevano ed erano conosciuti. Gli
attentatori volevano dimostrare che quel-
le relazioni e quella condivisione dove-
vano avere fine. Ma non è stato così. La
grande maggioranza di preti, religiosi,
religiose e laici ha deciso di restare. Per
noi è importante riconoscere ancora oggi
questa scelta di fedeltà anche in un con-
testo di pesante minaccia. È la stessa che
altri cristiani stanno vivendo attualmente
in posti come la Libia, la Siria o l’Iraq».
Molti in Algeria non amano definirli
martiri in odium fidei, ma martiri
dell’amore, dell’amicizia… Perché?
Tutti loro – e tutti voi – avete scelto di
rimanere innanzitutto in fedeltà al
Vangelo. «Per noi è sempre stato chiaro
che siamo rimasti per una scelta di fede
oltre che di vicinanza alla nostra gente,
che è in gran parte musulmana. Quello
che abbiamo presentato alla Congrega-
zione per i Santi è la testimonianza di
persone fedeli a una missione ricevuta
dalla Chiesa, una missione che faceva
parte della loro vocazione missionaria o
religiosa. Mons. Pierre Claverie lo ha
detto, ripetuto e vissuto in maniera molto
chiara: si sentiva minacciato, ma questo
non gli faceva paura. Ha sempre parlato,
sapendo bene che sarebbe stato colpito».
I 19 martiri sono figure molto diverse
tra di loro. Lei li ha conosciuti tutti
molto bene. Ci sono dei tratti che li
accomunano? «La prima cosa, come
dicevo, è la volontà di restare fedeli alla
loro gente. L’altra affonda le radici
al cuore del messaggio cristiano. Tutti
celebravano o partecipavano alla Messa
ogni giorno, consapevoli che forse sareb-
be stata l’ultima volta. Le due religiose
agostiniane Esther Paniagua Alonso e
Caridad Alvares Martín, sono state uccise
mentre si recavano a Messa nella loro
cappella. Le due suore di Belcourt, suor
Angèle-Marie e suor Bibiane, delle suore
di Nostra Signora degli Apostoli, sono
state assassinate all’uscita da Messa nel
quartiere di Kouba ad Algeri. Ed è andan-
do in chiesa che è stata uccisa suor Odette
Prévost, delle Piccole Sorelle del Sacro
Cuore sempre ad Algeri. Sono tutti testi-
moni del messaggio cristiano che ci dice
che si dà la vita non solo nel servizio di
tutti i giorni, ma anche nella presenza
nelle situazioni più difficili, sino alla mor-
te. Per tutti loro, al fondo, c’era una gran-
de motivazione spirituale. Poi, come dice-
va spesso suor Odette, c’erano anche la
volontà di restare e di far rispettare la
nostra differenza e la nostra identità cri-
stiana, il desiderio di fare qualcosa per
l’avvenire dell’umanità. Sentivamo di
dover fare la nostra parte perché non c’è
futuro se non si è capaci di rispettarsi nel-
le differenze».
Mons. Claverie è stato assassinato di
fronte all’ingresso della curia con l’a-
mico e autista Mohamed. Questa comu-
nanza anche nella morte continua a
rappresentare un segno profondo di
prossimità e di condivisione con il po-
polo algerino? «Claverie aveva detto che
anche solo per un uomo come Mohamed
era importante restare in Algeria. Dal
canto suo, Mohamed nel suo diario perso-
nale aveva scritto che sentiva di potere
essere vittima di un attentato insieme a
Pierre. Sono rimasti insieme e sono stati
colpiti insieme. Un segno molto forte è
venuto dalla famiglia di Mohamed che si
è stretta in solidarietà con noi e mai ci ha
accusato di aver messo in pericolo il pro-
prio figlio. È stato un gesto importante».
Come sarà vissuta la beatificazione in
d’Algeria? «Vorremmo mettere l’accen-
to sulla fedeltà e non sulla violenza. I
vescovi hanno fatto molta attenzione
nell’inserire le vittime cristiane nel conte-
sto generale delle altre vittime algerine.
Sarà un’occasione per fare memoria di
tutte loro e in particolare del centinaio
di imam che hanno rifiutato di sostenere
le violenze estremiste. Speriamo che l’o-
pinione pubblica possa comprendere che
questa fedeltà sarà celebrata come dono di
Dio che ci rende ancora più solidali con il
popolo algerino e con le altre vittime che
hanno subito questa stessa violenza».
E fuori dall’Algeria? «Sarà un momento
importante per tutti coloro che ci sono
vicini e ci hanno sempre accompagnato.
Ma non solo. È un messaggio forte per
tutti i cristiani, anche per chi ci ha cono-
sciuti indirettamente o dopo, attraverso,
ad esempio, il film “Uomini di Dio” che
ha portato la vita dei monaci a un pubbli-
co più vasto, o a chi ha assistito allo spet-
tacolo “Pierre et Mohamed” che è stato
rappresentato almeno duemila volte in
Francia».
Dopo quel periodo così difficile e dram-
matico, come è cambiata la Chiesa
d’Algeria? «La composizione della Chie-
sa si è rinnovata. Oggi ci sono nuovi preti,
religiosi, religiose e laici di diverse nazio-
nalità e che non hanno conosciuto quel
periodo di violenza. Siamo in una situa-
zione diversa, anche per la presenza di
molti cristiani di origine subsahariana. In
alcune città non era rimasto nessun cri-
stiano. Questi giovani africani, che sono
in Algeria per studiare o come migranti,
portano un grande dinamismo anche
all’interno della Chiesa. Ma ci chiedono
anche di aprirci a nuovi campi di impegno
e a nuove sfide, soprattutto per quanto
riguarda i migranti».
Lei non ama che si dica che la Chiesa
d’Algeria è una Chiesa perseguitata.
Tuttavia, qualche difficoltà la incontra
anche oggi. Soprattutto i cristiani alge-
rini sono spesso costretti a vivere nel
nascondimento, religiosi e religiose
stranieri non ottengono facilmente i
visti… Esiste libertà religiosa in Alge-
ria? «Quello dei visti è un problema se-
rio. Se non si possono rinnovare non c’è
futuro. Così come i cattolici d’Algeria
continuano ad avere bisogno di un’atten-
zione e di una cura particolari da parte
nostra. Ma non si può parlare di persecu-
zione. Le autorità algerine, ad esempio,
sono state le principali finanziatrici dei
restauri di edifici religiosi importanti per
noi come Notre Dame d’Afrique ad Alge-
ri, la basilica di Sant’Agostino ad Annaba
o Santa Cruz a Orano. E per la beatifica-
zione c’è stata molta collaborazione con il
ministro degli Affari religiosi».
L a storia dei 19 martiri d’Algeria (con Christophe Henning,
Emi, prefazione di Enzo Bianchi, in libreria dall’8 novem-
bre), padre Georgeon racconta le vicende umane e spirituali di
questi 19 «oscuri testimoni della spe-
ranza» – per citare l’affermazione di
uno di essi, padre Christian de
Chergé, priore del monastero di
Tibhirine, luogo dello spirito reso
celebre dal film Uomini di Dio – che
sono stati proclamati beati l’8 dicem-
bre a Orano, in terra algerina, per de-
cisione di papa Francesco. Racconta
le scelte di vita di ciascuno e ciascuna
martire durante gli anni della guerra
civile, e ricostruisce il contesto bio-
grafico nel quale maturò la loro scelta
personale di non lasciare l’Algeria
durante il conflitto tra il terrorismo islamista e la repressione
dell’esercito, che causò 150 mila morti tra il 1992 e il 2001. In
particolare, cerca di evidenziare più di ogni altra cosa la cre-
scente insicurezza che, mese dopo mese, a partire dal primo
duplice omicidio di religiosi cattolici ad Algeri – l’8 maggio
1994 fratel Henri Vergès e suor Paul-Hélène Saint-Raymond -,
attanagliò la piccola comunità ecclesiale d’Algeria, composta di
religiosi, missionari e missionarie, suore, vescovi. In questa
continua insicurezza i 19 martiri decisero consapevolmente di
restare accanto al popolo algerino fino al prezzo della vita, in
piena coerenza con l’affermazione di monsignor. Pierre Clave-
rie, vescovo di Orano ucciso il 1° agosto 1996, secondo il quale
«non siamo mossi da non so quale perversione masochista o
suicida. Ma restiamo come al capezzale di un amico, di un fra-
tello ammalato, in silenzio, stringendogli la mano». Scriveva
ancora fratel Michel Fleury, monaco di Tibhirine, assassinato il
21 maggio 1996: «Se ci succedesse qualcosa, vogliamo viver-
lo qui, solidali con tutti gli algerini che hanno già pagato con
la vita».
In memoria dei martiri
Gli attacchi ingiusti alla volontaria rapita
D a «ennesima oca giuliva» a «potevi startene a casa tua» si
moltiplicano gli insulti contro Silvia Romano sequestrata in Kenya.
Ne parliamo con Gianfranco Cattai,
presidente della Focsiv la Federazio-
ne degli Organismi Cristiani Servizio
Internazionale Volontario.
Non si ferma la rabbia sul web, nem-
meno di fronte a una giovane 23enne,
Silvia Romano, la volontaria sequestra-
ta in Kenya in seguito a un attacco ar-
mato a 80 chilometri da Malindi. Da
«Ennesima oca giuliva, poteva stare a
casa e aiutare gli italiani» a «Speriamo
che tutti i buonisti pro clandestini fac-
ciano la stessa fine», «Ma che brava.
Una in meno in Italia», «Nessuno vuo-
le pagare un riscatto per una come te».
Attacchi feroci e spietati, senza senso
di cui chiediamo il perché
a Gianfranco Cattai, presidente Focsiv.
«La domanda è giusta, ma è fatta alla
persona sbagliata perché il 29 novem-
bre prossimo consegniamo il premio
del volontariato come da 25 anni a que-
sta parte perché siamo convinti di do-
ver dare più opportunità ai giovani di
fare queste esperienze affinché costrui-
scano relazioni di reciprocità. I ragazzi
non devono stare a casa nostra, ma
partire con tutta la preparazione, pru-
denza e l’accompagnamento del caso.
Se c’è una cosa a cui stiamo attenti
come organismi FOCSIV (84 in 80
Paesi nel mondo) è a non lasciare sole
le persone soprattutto se sono giovani e
non solo per questioni di sicurezza. A
maggior ragione nelle aree calde».
Lei che guida una Federazione di
4500 persone impegnate per gli altri
come fa a non scaldarsi di fronte a
tanto imbarbarimento?
«Più che non arrabbiarmi non mi stupi-
sco perché questi insulti sono il risulta-
to di ciò che è stato seminato per sfidu-
ciare il lavoro degli organismi di vo-
lontariato in Africa e nel Mediterra-
neo. Questa è la conseguenza di un
investimento denigratorio. Ed è tragi-
co. Ecco perché capisco che qualcuno
superficialmente dica “poteva stare a
casa”. Non è loro la responsabilità, ma
della mancanza di cultura. Quello che
non capisco è da dove dobbiamo rico-
minciare se anche la viceministro della
Cooperazione, Emanuela del Re dice:
“guai a noi smettere di investire sul
volontariato”. Questi giovani sono i
nostri ambasciatori, il meglio della
nostra società che dice “non mi arrendo
di fronte al fatto che si investe sul ricco
perché sia più ricco e il povero sia più
povero”. Ecco perché come Focsiv
stiamo pensando a una campagna per
rilanciare il volontariato in Africa. Con
lo stesso impegno che l’Europa ha pro-
fuso per sostenere e portare avanti l’e-
sperienza Erasmus: in quel caso uno
scambio tra studenti perché si conosca-
no meglio. Così faremo noi tra volonta-
ri e Africa».
«CHE VERGOGNA QUEGLI INSULTI A SILVIA»
Carcere, l’Arcivescovo
all’incontro “Volontariato 2.0”
Promosso da Sesta Opera San Fedele in occasione della digitalizzazione
del n.1000 degli audiolibri della Biblioteca dei ciechi, realizzata dai detenuti di Opera
È stato digitalizzato il volume numero 1000 degli audioli-
bri della Biblioteca di ciechi. L’operazione è avvenuta
grazie all’attività svolta dai detenuti del carcere di Opera
(Milano), che nelle scorse settimane hanno tagliato l’am-
mirevole traguardo.
Da alcuni anni i detenuti di Opera e di Bollate sono impe-
gnati nel progetto di digitalizzazione della Biblioteca del
Movimento Apostolico Ciechi (Mac). La Biblioteca con-
sta di 7000-8000 opere, ciascuna registrata su 5-10 casset-
te che ormai nessuno è in grado di utilizzare. Questo patri-
monio rischiava di essere perduto per mancanza di ripro-
duttori di cassette, scomparsi dal mercato. Da qualche
anno, sulla base di un accordo tra Sesta Opera San Fedele
onlus, Mac e direzioni degli istituti penitenziari di Opera e
Bollate, i detenuti si sono dedicati a convertire gratuita-
mente le vecchie cassette in cd. Oggi oltre 1000 opere
sono state convertite a Opera e oltre 700 a Bollate.
A dare riconoscimento pubblico a questa attività è stato
l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, mer-
coledì 5 dicembre, durante l’incontro su “Carcere e volon-
tariato 2.0” che si tenuto nella sede di Sesta Opera San
Fedele onlus (piazza San Fedele 4, Milano).
Erano presenti il presidente dell’associazione di volonta-
riato penitenziario Guido Chiaretti, la presidente del Tri-
bunale di Sorveglianza Giovanna Di Rosa, il difensore
regionale-Garante dei detenuti Carlo Lio, il direttore del
carcere di Milano-Opera Silvio Di Gregorio, la vicediret-
trice di Bollate Cosima Buccoliero e la presidente del Mac
Laura Morelli.
Caritas Ambrosiana a fianco dei famigliari di giocatori patologici
“Il pane spezzato con chi non ne ha, è più
buono dell’aragosta”. Con questa piccola
provocazione Caritas Ambrosiana lancia
per le feste natalizie una nuova iniziativa
di condivisione. L’appello dell’organismo
diocesano è rivolto ai milanesi e agli abi-
tanti della diocesi ambrosiana affinché
nei prossimi giorni di festa aprano le por-
te di casa e condividano pranzi e cene,
più o meno ricche e raffinate, con chi si
trova in difficoltà. Sono graditi inviti a
tavola per Natale, Capodanno e l’Epifa-
nia, ma sono ben accetti anche per i gior-
ni dell’intero periodo di festa. Saranno gli
operatori di Caritas Ambrosiana a girare
l’offerta agli utenti dei servizi e a comu-
nicare il nome dell’invitato a chi avrà
aderito all’iniziativa. I cittadini che inten-
dono partecipare a “Il pane spezzato”
devono dare le propria disponibilità, tele-
fonando al numero 02.76037.1 da lunedì
a venerdì in orari di ufficio.
Quasi 30 anni fa, nel 1984, per aiutare i
senza tetto Caritas Ambrosiana promosse
il SAM (Servizio Accoglienza Milane-
se). Da allora lo sportello, collocato in
via Bergamini10 a Milano, offre ascolto,
orientamento e assistenza di base, in par-
ticolare a cittadini italiani in grave stato
di marginalità. Nel 2012 in particolare si
sono rivolti al Sam 692 persone, 80%
uomini, per l’85% in età lavorativa, per
circa il 30% soli o senza coniuge, a causa
di un divorzio o di una separazione.
Un’altra struttura dedicata ai gravemente
emarginati è il Rifugio Caritas, aperto nel
2011 da Caritas Ambrosiana, ristrutturan-
do l’ex centro di accoglienza di fratel
Ettore sotto la stazione Centrale di Mila-
no, grazie al contributo di importanti part-
ner privati (Fondazione Cariplo, Enel
Cuore, Ferrovie dello Stato Italiane, Fon-
dazione Milan). Solo nel 2013 il Rifugio
Caritas di via Sammartini, 114 ha ospitato
190 persone, per pochi giorni fino a 2 o 3
mesi, per un totale 13 mila pernottamenti.
I tre quarti degli ospiti ha perso il lavoro
negli ultimi cinque anni, cioè quando è
cominciata la crisi economica.
Pellegrinaggio di 8 giorni a Napoli da martedì 23 a martedì 30 Aprile 2019
presso “Suore di Santa Brigida” - Eremo SS. Salvatore-Camaldoli
(spettacolare vista sulla città)
Alcune delle cose che vedremo: la Cattedrale, il Battistero, il Tesoro di
San Gennaro, le Catacombe di San Gennaro (miglior esempio di Napoli
Sotterranea), i quartieri spagnoli e Spaccanapoli, il Cristo Velato nella
Cappella di Sansevero, Posillipo e porti, Caserta con visita alla Reggia,
Pompei, Santuario della Beata Vergine del Rosario e S. Messa alla cap-
pella di San Giuseppe Moscati, visita al Parco Archeologico e molto al-
tro ancora…ti aspettiamo al:
1° Incontro di presentazione del pellegrinaggio
venerdì 27 dicembre in Parrocchia Opera ore 20.30 Iscrizioni: euro 850,00 per camera doppia + suppl. singola euro 100,00
Acconto di euro 300,00 all’atto dell’iscrizione fino a disponibilità posti.
Rivolgersi a Don Olinto
ATTENZIONE: i posti disponibili sono 40 perché viaggeremo
in loco con il pullman privato.
Caritas Ambrosiana e noi
Caritas Ambrosiana, in collaborazione
con altre realtà del territorio, prosegue
con lo sportello gratuito di ascolto e
orientamento dedicato ai familiari di
giocatori d'azzardo problematici.
Presso lo sportello i famigliari dei gioca-
tori potranno avvalersi in modo modulare
e flessibile di competenze educativo-
relazionali, psicologiche, legali, economi-
co-finanziarie che li aiutino a trovare for-
me di possibile tutela economica e legale
e di supporto per sostenere legami fami-
gliari spesso attraversati da fatiche, soffe-
renze e solitudine. I famigliari potranno
avvalersi anche di un Gruppo di sostegno
misto, condotto da psicologhe, rivolto a
giocatori patologici accompagnati da al-
meno un familiare di riferimento.
Per avere informazioni e fissare un
primo colloquio: Area Dipendenze
Caritas Ambrosiana Tel. 0276037261
lunedì-venerdì 9,30 – 13,00
(è attiva la segreteria telefonica)
Lo sportello “Milano No Slot: Accoglie
e orienta” è uno dei progetti della rete di
azioni del Comune di Milano, finanziate
nell'ambito del secondo bando regionale
per lo sviluppo ed il consolidamento di
azioni di prevenzione e contrasto alle
forme di dipendenza del gioco d’azzardo
lecito – L.r. 8/2013. realizzato con la
Fondazione Caritas Ambrosiana, Fonda-
zione san Bernardino, Associazione Az-
zardo e Nuove Dipendenze, Ordine degli
Avvocati di Milano, Fondazione Exodus,
Federconsumatori, Movimento difesa del
cittadino.
“IL PANE SPEZZATO È PIÙ BUONO DELL'ARAGOSTA”
GRAZIE
COMUNITA’ PASTORALE SAN GIOVANNI EVANGELISTA in OPERA
Sabato 15 dicembre 2018
Presepio vivente Opera ore 16
Domenica 16 dicembre 2018
Concerto Corpo Musicale Opera ore 21
Veglia Gruppo Scout Rozzano ore 19
da Lunedì 17 a Venerdì 21 dicembre 2018
NOVENA DI NATALE
Noverasco ore 8.05
Opera ore 16.50 e S. Messa ore 17.30
VEGLIA DI NATALE Lunedì 24 dicembre 2018
SANTE MESSE NELLA NOTTE DI NATALE
Opera e Noverasco ore 23.30 Veglia di Natale ore 24
Santuario ore 21 Veglia di Natale ore 21.30
Abbazia Mirasole ore 20.45
NATALE Martedì 25 dicembre 2018
SANTE MESSE DI NATALE DEL SIGNORE
Opera ore 8 – 9.30 – 10.45 – 18
Mirasole ore 10.30 Noverasco ore 11
Santuario ore 11.45 Anni azzurri ore 16.30
Santo Stefano, Martedì 26 dicembre
Opera ore 10 con Battesimi – Mirasole ore 10.30 – Noverasco ore 18
Lunedì 31 dicembre
Sante Messe Opera ore 18—Abbazia Mirasole ore 19 Santa Messa con Te Deum
Giornata della pace, Martedì 1 gennaio 2019
Santi Pietro e Paolo a Opera ore 10 – 18 ; san Benedetto a Noverasco ore 11
Abbazia Mirasole ore 10.30; Santuario Madonna dell’ Aiuto ore 11.45
Epifania, Domenica 6 gennaio 2019
Sante Messe Orario festivo
Festa ragazzi missionari e Benedizione dei bambini ore 15.30
SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE Noverasco – Lunedì 17 Dicembre Celebrazione comunitaria ore 21
Opera – Giovedì 20 Dicembre Riconciliazione comunitaria ragazzi delle medie ore 15
Opera – Venerdì 21 Dicembre Riconciliazione comunitaria adulti ore 10 e ore 21
Celebrazione personale da Sabato 22 a Lunedì 24 Dicembre 2018
Calendario di Dicembre – Gennaio 2018
16 dom
V di Avvento
h 16-19: IC4
h 19: Veglia gruppo Scout a Rozzano
h 21: Concerto Natalizio Corpo musicale e coro
Estrazione sottoscrizione a premi
3 gio
17 lun
h 8.05: Novena di Natale a S. Benedetto
h 16.50: Novena ai Santi Pietro e Paolo
h 17.30: S. Messa
h 21: Confessioni comunitarie a S. Benedetto
4 ven h 17: S. Messa - Adorazione
18 mar
h 8.05: Novena di Natale a S. Benedetto
h 16.50: Novena ai Santi Pietro e Paolo
h 17.30: S. Messa 5 sab h 18: S. Messa vigiliare
19 mer
h 8.05: Novena di Natale a S. Benedetto
h 16.50: Novena ai Santi Pietro e Paolo
h 17.30: S. Messa 6 dom
Epifania del Signore
h 15.30: Preghiera missionaria ragazzi
Concerto coro parrocchiale
20 gio
h 8.05: Novena di Natale a S. Benedetto
h 16.50: Novena ai Santi Pietro e Paolo
h 15: Riconciliazione comunitaria medie
h 17.30: S. Messa
7 lun h 20.30: Rosario perpetuo
21 ven
h 8.05: Novena di Natale a S. Benedetto
h 10: Riconciliazione comunitaria
h 16.50: Novena ai Santi Pietro e Paolo
h 17.30: S. Messa
h 21: Riconciliazione comunitaria
8 mar
22 sab 9 mer
23 dom Divina Maternità di Maria
h 15.30-17.30: Genitori- bimbi IC1 10 gio h 18: Equipe liturgica
24 lun
h 20.45: Abbazia Mirasole
h 21: Madonna dell’Aiuto
h 23.30: Veglia
h 24.00: S. Messa
11 ven
25 mar
NATALE DEL SIGNORE
Santo Natale a tutti
S. Messe: h 8.00 – 9.30 – 11.00 – 18.00 12 sab
26 mer S. Stefano
h 10.00: S. Messa - Battesimi 13 dom
Battesimo del Signore
Ripresa catechesi
h 15.30: Battesimi
h 16-19: Incontro genitori-bimbi IC3
h 16-19: Genitori-bimbi I
27 gio
S. Giovanni
Sospesa la Messa a Madonna dell’Aiuto
h 17.00: S. Messa 14
lun
h 21: C.P. ai Santi Pietro e Paolo
28 ven nell’ottava di Natale 15 mar
29 sab nell’ottava di Natale 16 mer
30 dom Domenica nell’ottava di Natale 17 gio Giornata Ebraico-Cristiana
h 21: Rosario Cenacolo della famiglia
31 lun h 18.00: S.Messa – Te Deum 18 ven Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani
1 mar
Ottava del Natale – Circoncisione del Signore
Giornata di preghiera per la pace
h 10 – 18: S. Messa 19 sab Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani
2 mer
20 dom
II dopo l’Epifania ANNIVERSARIO COMUNITA’ PASTORALE
h 16-19: Genitori-bimbi IC4