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NOVELLE MODERNE Riscritture del Decameron a cura della II A 2014-2015 I.C. Berti, Prignano sulla Secchia, Modena

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NOVELLE

MODERNE

Riscritture del Decameron

a cura della II A

2014-2015

I.C. Berti, Prignano sulla Secchia, Modena

1

Indice

INTRODUZIONE ..............................................................................3

Federigo degli Alberighi .................................................................5

ALBERTO DEGLI ALBERIGHI (di Matilde Gazzotti) ........................6

Chichibio e la gru ............................................................................8

CHICHIBIO (di Meiling Shi e Michelle Restivo) ..............................9

IL MUSO INFANGATO (di Michelle Restivo) .................................11

RE CARLO E GIOVANNI (di Grazia Bonini) .....................................13

FRANCESCO, MARIO E L’ AIRONE (di Anna Putti) .........................17

GIOVANNI E IL POLLO (di Filippo Pietri) .......................................19

LO STOLTO GUARDIACACCIA (di Luca Giovannini) .......................20

CARLOS E IL CAPRIOLO CON DUE ZAMPE (di Mattia Favali) ........22

LUIGI E IL POLLO DA UNA GAMBA SOLA (di Alessandro Bertolini)

.....................................................................................................25

LO STRUZZO (di Mohammed Jeifer) .....................................27

LE ALCI AVVELENATE (di Manuel Casini) ......................................30

DANNY DA PIGNETO (di Danny Corradini) ..................................34

MARCO IN VIAGGIO (di Natan Degli Antoni) ................................36

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CORRADO, LA GRU E BOB MARLEY (di Gabriel Adjei Boye) .........38

LUIGETTO PANINETTO (di Andrea Braga) ....................................40

UNA MISSIONE CULINARIA (di Valentina Galanti)........................41

CHICHIBIO E L’ANATRA (di Gabriele Bononi) ...............................43

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INTRODUZIONE

Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo, a proposito

dell’insegnamento dell’Italiano nella Scuola secondaria di primo

grado, si trovano, tra gli altri, i seguenti obiettivi:

-Leggere testi letterari di vario tipo e forma (racconti, novelle, romanzi, poesie, commedie) individuando

tema principale e intenzioni comunicative dell’autore; personaggi, loro caratteristiche, ruoli, relazioni e

motivazione delle loro azioni; ambientazione spaziale e temporale; genere di appartenenza. Formulare in

collaborazione con i compagni ipotesi interpretative fondate sul testo.

-Scrivere testi di forma diversa (…) sulla base di modelli sperimentati, adeguandoli a situazione, argomento,

scopo, destinatario, e selezionando il registro più adeguato.

-Utilizzare nei propri testi, sotto forma di citazione esplicita e/o di parafrasi, parti di testi prodotti da altri e

tratti da fonti diverse.

-Realizzare forme diverse di scrittura creativa, in prosa e in versi (ad es. giochi linguistici, riscritture di testi

narrativi con cambiamento del punto di vista).

E’ stato possibile quindi proporre alla Classe II A di realizzare un

testo narrativo ispirato ad una delle novelle di Boccaccio lette e

discusse in classe, ovvero “Andreuccio da Perugia” (letta nella

riscrittura di Piero Chiara1), “Federigo degli Alberighi” (dalla

riscrittura di Bianca Pitzorno2) e “Chichibio e la gru”(letta in

originale3).

Gli alunni hanno messo in atto le strategie proposte da Gianni

1 Decamerone- dieci novelle raccontate da Piero Chiara, G. Boccaccio, Mondadori, Milano 1984.

2 Donne, mercanti e cavalieri, G. Boccaccio, a cura di Bianca Pitzorno, Mondadori, Milano 2007.

3 Decameron, G. Boccaccio, a cura di L. Russo, Sansoni, Firenze 1965.

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Rodari ne “La grammatica della fantasia” cambiando le storie,

modificandone di volta in volta ambientazione, personaggi e/o

finale: ne sono venute fuori dei racconti nuovi, divertenti, in cui

gli studenti dimostrano di essersi posti domande interessanti:

qual è la nuova peste da cui potrebbero fuggire dei narratori del

XXI secolo? Perché Federigo degli Alberighi accetta di sposare

Monna Giovanna, che lo aveva rifiutato in passato? Quali altri

animali, come la gru cucinata da Chichibio, potrebbero prestarsi

ad una battuta di spirito da parte di un cuoco? E cosa potrebbe

succedere ad un moderno Andreuccio da Perugia, magari molto

simile ad un ragazzino dell’Appennino Modenese?

Ognuno si è trovato, con il proprio bagaglio di conoscenze,

competenze linguistiche ed idee, di fronte ad un foglio bianco. I

ragazzi hanno inventato delle novelle che dimostrano quanto

ancora “funzionino” gli intrecci letterari del Decameron, quanto

stimoli la loro inventiva e la loro fantasia un autore del Trecento,

quanto sia proprio a partire da una solida tradizione culturale che

possano nascere cittadini consapevoli della propria lingua e-

magari- scrittori del futuro.

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Federigo degli Alberighi

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ALBERTO DEGLI ALBERIGHI (di Matilde Gazzotti)

Viveva un tempo a Roma un giovane chiamato Alberto, figlio di

Messer Mario Alberighi, il quale era molto ricco e cortese.

Alberto si innamorò d'una gentildonna, chiamata Monna Chiara,

che godeva fama d'essere una delle più belle e leggiadre giovani

di Roma.

Alberto per conquistarla cominciò a mettersi in mostra

duellando, partecipando a giostre e tornei, offrendo grandi feste

e sontuosi regali e spendendo senza alcun riguardo il suo denaro.

La donna anche se era onesta quanto era bella non riuscì a fare a

meno di innamorarsi di lui e per circa un mese nascose questa

relazione a suo marito. Un giorno il marito di Monna Chiara si

ammalò gravemente e lei, mentre Alberto era a fare la spesa,

scappò e lo lasciò per molto tempo da solo insieme al suo

falcone.

Poco tempo dopo il marito morì e Monna Chiara rimase vedova.

L'estate successiva, come è abitudine delle donne romane, la

dama se ne andò a villeggiare col figlio in una sua casa in

campagna che era assai vicina alla casa di Alberto. In questa

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campagna il suo unico figlio si ammalò e l'unico modo di poterlo

curare sembrava che fosse donargli il falcone di Alberto.

Monna Chiara andò a casa di Alberto per chiedergli il falcone, ma

Alberto rifiutò perchè lei era scappata senza dirgli niente e lui era

rimasto solo e triste. Monna Chiara tornò a provare a convincerlo

due mesi dopo, quando il figlio era ammalato gravemente.

Alberto la lasciò entrare, ma Monna Chiara vide che era già

impegnato con un'altra donna. Alberto non aggiunse parola

mentre Monna Chiara scappò via piangendo.

La settimana successiva il figlio morì e Alberto visse felice e

contento mentre Monna Chiara triste e sola.

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Chichibio e la gru

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CHICHIBIO (di Meiling Shi e Michelle Restivo)

In una casa grande di un piccolo paese viveva un messere

chiamato Corrado con la sua servitù. Tra i suoi dieci cuochi

preferiti, lui preferiva un tale chiamato Chichibio.

Un giorno Corrado, avendo cacciato una gru, ordinò a Chichibio di

cucinarla.

Mentre Chichibio cucinava la gru, una donna di nome Brunetta

sentendo un delizioso profumino provenire dalla porta della

cucina si avvicinò per capire chi la stesse cucinando. Quando vide

che a cucinarla era il suo caro amico d’infanzia decise di

convincerlo a darle un pezzo di quello che stava cucinando.

<<Oh Chichibio- disse- Cosa stai cucinando di tanto buono?>> e

Chichibio lusingato rispose:<<Una bella gru che messer Corrado

ha cacciato>>.

Brunetta con vari giri di parole riuscì a convincere l’ingenuo cuoco

a darle una coscia della succulenta gru, infine se ne andò

contenta.

Così Chichibio portò la gru senza una coscia al banchetto di

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Corrado.

Corrado si accorse subito della mancanza di una coscia e infuriato

urlò:<<Chicibio! Perché alla gru manca una coscia? Cuoco

imbroglione, te la sei pappata tu! Parla!>> Chichibio tremando

corse a scusarsi dicendo:<<Ma messere…emh la gru…emh… ha

solo una coscia!>> Corrado più infuriato di prima riprese:<<Ma

credi che io sia stupido? Secondo te io non ho mai visto una gru in

vita mia?!?>> E Chichibio ormai senza speranza rispose:<<Ma se

non mi crede, gliela faccio vedere personalmente domani mattina

al lago.>> Così messer Corrado accettò la sfida.

L’indomani Corrado si alzò di buon umore e fece svegliare il

cuoco, insieme partirono per il lago.

Giunti al lago, Chichibio vedendo che le gru stavano su una gamba

sola rispose:<<Vede? Le gru hanno una gamba sola>> Corrado

allora urlò:<<Hop!Hop!>> e le gru si alzarono in volo e si vedeva,

mentre volavano, anche l’altra gamba <<Ora chi aveva ragione,

cuoco imbroglione?>> e Chichibio prontamente disse:<<Ma

messere, quando lei ha cacciato quella gru lei non ha gridato,

quindi l’animale non ha appoggiato la zampa per terra>> Allora

Corrado, ridendo per la battuta di Chichibio, decise che non lo

avrebbe punito, e vissero felici e contenti.

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IL MUSO INFANGATO (di Michelle Restivo)

C'era una volta, in un luogo ormai dimenticato, un colto e ricco

messere chiamato Samuele, che aveva una maestosa abitazione

che condivideva con una moglie, monna Sofia, e un bel bambino

di nome Davide, furbo più del padre. Insieme a loro viveva tutta

la servitù composta da ordinatissime domestiche e strabilianti

cuochi. Ma il preferito e il più bravo, secondo messer Samuele,

era sempre stato il cuoco modenese Federico, famoso per i suoi

arrosti di maiale.

Uno splendido giorno di primavera, messer Samuele invitò degli

amici di una vicina città di provincia, e ne affidò lo stomaco al

cuoco modenese, dicendo:<<Mio caro cuoco, oggi ho invitato dei

miei vecchi amici, cucina qualcosa di molto grosso… sono stati in

viaggio per ben due settimane>>.

Il cuoco, preso alla sprovvista, decise di cucinare uno dei grassi

maiali che si trovavano nella stalla.

Quando ebbe finito il delizioso pranzetto era molto stanco e

affamato così, vedendo il succulento maiale sul vassoio d'argento,

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decise di addentarlo sul muso, in modo che non si vedesse tanto.

Infine chiamò le cameriere che portarono il delizioso maiale al

banchetto. Tutti iniziarono a mangiare ma quando arrivarono a

dover spolpare il muso non lo trovarono. Messer Samuele

infuriato fece chiamare Federico che arrivò barcollando per la

paura.<<Allora Federico...sai per caso dove è finito il muso del

maiale?>> e lui rispose:<< Messere...ehm...i maiali...non hanno il

muso!>>, intanto il piccolo Davide, che stava giocando con la palla

lì vicino, stava ascoltando interessato. Samuele più arrabbiato di

prima rispose, urlando:<<Mi prendi per un ignorante? Credi che

con la mia cultura io non abbia mai visto un maiale?>> A quel

punto intervenne il piccolo Davide:<< Papà, se sei così tanto

acculturato come dici dovresti sapere che oltre alla specie del

maiale col muso esiste anche quella senza.>>. Messer Samuele,

sentendosi preso in giro, propose:<<Va bene. Se così dite, non

avrete problemi a mostrarmi uno di quei maiali, vero? Lo farete

domani mattina e se tutto ciò non sarà stato vero vi punirò come

si deve>>. Il furbo Davide sorrise e quando nessuno lo vide entrò

nella stalla dei maiali e riempì un recinto, di fango e poi se ne

tornò a letto, stanco morto. Il giorno dopo messer Samuele di

buon umore chiese di svegliare suo figlio e il cuoco terrorizzato.

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Arrivarti nella sgradevole stalla il furbo Davide mostrò con grande

convinzione il maiale che aveva affondato il muso nel fango perciò

non si vedeva. Messer Samuele rimase sbigottito e non punì

nessuno. E tutti vissero felici e contenti.

RE CARLO E GIOVANNI (di Grazia Bonini)

C ‘era una volta un regno molto piccolo di nome Luminello. Nel

regno di Luminello vi era un re di nome Giovanni. Luminello era

un regno molto bello, luminoso con belle decorazioni, e la gente

per le strade ti infondeva felicità, perché erano sempre felici e

splendenti come raggi di sole, e molto gentili con tutti. A re

Giovanni piaceva cacciare e un bel giorno di prima mattina andò a

caccia e prese una gru. Prima di tornare a casa sua pensò: <<Qua

vicino ci abita un mio vecchio amico, potrei passare a salutarlo!>>

Tornando a casa, si fermò dal suo amico per salutarlo. Quando

arrivò a casa del suo amico si fermò lì solo per poco tempo

perché Marco- questo era il nome del suo amico- non poteva

fermarsi a parlare con lui perché aveva un impegno importante e

dovette partire dopo poco. Ma siccome Giovanni ci teneva molto

a scambiare due chiacchiere con Marco, lo invitò a raggiungerlo

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per cena a casa sua. Dopo che Marco fu partito, Giovanni corse

subito a casa per dare il tempo a Carlo, il suo cuoco, di preparare

una cena coi fiocchi per non fare brutta figura con il suo amico.

Appena arrivato a casa, raccomandò al suo cuoco personale circa

una trentina di volte che voleva che fosse tutto perfetto, e gli

disse: << Se non prepari una cena meravigliosa e non riesci a

farmi venire l’acquolina in bocca per quanto quella pietanza sia

così buona e io non ti sbavi dietro per averne un altro po’, ti farò

tagliare la testa. Il cuoco rispose:<< Oh mio Re, non sia così

precipitoso, dopo tutto io non l’ ho mai delusa e di certo non lo

farò adesso. Farò il possibile per sorprenderla e cercherò di non

fare errori . >> Detto questo, si mise all’opera; dopo poche ore

un odore inebriante iniziò a diffondersi per stanza e pian piano si

estese per tutta la casa. Sentendo questo buon odorino, il Re capì

che aveva fatto bene ad affidarsi a Carlo ma aveva sbagliato a

minacciarlo, allora corse dal cuoco e gli disse : << Mi dispiace di

averti minacciato poco fa, adesso so che mi posso fidare di te,

perciò dimenticati di quello che ti ho detto prima. Giovanni se ne

andò per prepararsi per la cena, e appena finì di prepararsi arrivò

Marco, il suo amico. Marco era un uomo gentile, simpatico,

altruista e semplice. Direi un uomo… perfetto. Mentre Carlo

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portava la portata principale, Marco e Giovanni parlavano e

intanto Carlo era quasi arrivato nella sala da pranzo, quando ad

un tratto sentì canticchiare qualcuno, e vide arrivare Anastasia,

una cameriera a servizio di Re Giovanni. Lei era una cameriera

molto bella e giovane. La salutò e lei si avvicinò senza perdere

tempo, e gli disse << Ciao Carlo, come va?>> << Bene e tu ?>>

<<Bene.>> <<Ma che buono odorino sento, cosa hai preparato di

così buono?>> << Ho cucinato una gru per il Re perché ha ospiti

per cena e non vuole di certo fare brutta figura>> <<Io adoro le

gru, sono un vera prelibatezza, che ne diresti di darmene anche

solo un pezzettino?>> << No, mi dispiace non posso, Anastasia,

non vorrei essere cattivo con te ma se il Re se ne accorgesse io

domani , anzi anche oggi vista la circostanza, non avrei più la

testa.>> <<Te ne prego Carlo, sono davvero distrutta, oggi ho

lavorato davvero tanto ed è davvero molto tempo che non

mangio una cosa così buona>> << Va bene, va bene, ma spero per

il mio bene di uscire vivo da questa storia>>.

Allora Anastasia prese la coscia e Carlo proseguì per la sua strada

con molta paura, arrivò nella sala da pranzo e portò a tavola la

gru. Subito dopo che la gru fu posata sulla tavola, il Re si accorse

che mancava una coscia e chiamò Carlo e gli disse: <<Tu, inutile

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cuoco, mi hai deluso, ti avevo avvertito! Tu come pensi di poterti

difendere adesso?>> << Io pensavo che lei sapesse che gru hanno

una sola coscia.>> <<Di cosa stai parlando Carlo?? Io so

perfettamente quante cosce e quante gambe hanno le gru, ma se

la metti così mi fai arrabbiare ancora di più, e sai cosa ti dico?

Domani mattina all’ alba andremo a caccia e staremo a vedere chi

di noi due ha ragione! Però se ho ragione io ti farò tagliare la

testa, ma se hai ragione tu ti porrò le mie scuse!>>

La mattina dopo all’alba partirono e Carlo non smetteva di

tremare, quando … quando videro le gru che dormivano su una

gamba sola, e… Re Giovanni iniziò a sparare all’ impazzata, le gru

misero giù tutte e due le zampe. Giovanni disse: <<Ti avevo

avvertito!>> Carlo iniziò a correre e riuscì a scappare e non si vide

mai più da quelle parti, si rifugiò in una casa abbandonata molto

grande. Ora conduce una vita molto bella è il proprietario di una

bottega, ha messo su famiglia e anche se non è ricco per lui è la

cosa più bella che potesse capitargli.

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FRANCESCO, MARIO E L’ AIRONE (di Anna Putti)

C’era una volta un piccolissimo regno di nome Genovia. Era un

regno molto piccolo ma incantevolmente bello, era un regno

pieno di foreste con tante piante e piccoli animaletti che le

abitavano. Il sovrano di questo regno era un giovane ragazzo di

nome Mario. Nonostante la sua giovane età, Mario era molto

saggio e per questo tutti i cittadini erano molto fieri di vivere in

quella città. Mario era alto con dei folti capelli biondi e gli occhi

colore del cielo, insomma un ragazzo che tutti adoravano! Un

particolare del re era che amava cacciare e ogni preda era per lui

come un piccolo trofeo, così quel giorno partì, sellò il cavallo e

andò a cacciare. Dopo due ore Mario tornò con un grasso airone

cenerino pronto per essere cucinato così disse al suo cuoco

Francesco:<< Caro Francesco, sono andato a caccia e ho ucciso

questo bell’airone cenerino, vorrei che tu lo preparassi a dovere e

che entro questa sera fosse pronto; sai, ho un amico a cena.>>

Così Francesco si mise subito a preparare una speciale pietanza

che il cuoco preparava solo per le occasioni speciali. Era ormai

ora di cena e il pennuto era appena uscito fumante dal forno,

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pronto per essere impiattato. Nei pressi della cucina c’era Rex, il

cane del re, che stava aspettando il momento giusto per saltare

sul piano della cucina per rubare l’ airone, e il momento arrivò

subito! Presto infatti arrivò il miglior amico di Francesco che era

passato per fare due chiacchiere. Così Rex fece un balzo, prese

una coscia e corse nella sua cuccia di velluto. Quando il suo amico

se ne andò, Francesco si accorse del disastro e intuì subito il

colpevole perché c’erano le orme del cane che si dirigevano verso

la cuccia. Francesco era nei guai ma doveva servire la pietanza e

poteva solo sperare nella disattenzione del re, così servì il piatto a

metà, ma Mario se ne accorse subito e iniziò a correre dietro al

povero cuoco con minacce mai sentite prima nel castello.

Francesco cercò di spiegare ma più lui “ offendeva “ Rex più il re

si arrabbiava. Così Francesco non ci pensò un attimo e nel cuore

della notte scappò in preda al panico dal castello. Ancora oggi

Francesco non è più andato nei pressi del castello ma sta ancora

aspettando il momento giusto per farla pagare a quel cane.

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GIOVANNI E IL POLLO (di Filippo Pietri)

Marco, un giovane contadino di Prignano, era andato al

ristorante e aveva portato un pollo che aveva allevato nel suo

pollaio. Lo portò in cucina e lo diede al cuoco più bravo del

ristorante e gli disse di cucinarlo e di portarglielo in tavola tutto

intero .Il cuoco, che si chiamava Giovanni, veniva da Napoli era

arrivato a Prignano da pochi giorni. Finito di cucinare, Giovanni lo

portò in tavola ma durante il tragitto incontrò una delle sue figlie,

che era affamata e chiese al padre un pezzo del pollo .Giovanni le

diede il collo perchè a Napoli nessuno mangiava il collo del pollo.

Quando arrivò in tavola, Marco guardò il pollo: gli sembrava

perfetto ma mancava il collo, che era la sua parte preferita. Allora

fece chiamare il cuoco. Giovanni non aveva mai visto un pollo

vivo, Giovanni disse a Marco che i polli non avevano il collo.

Allora Marco propose di fare una scommessa. La scommessa

consisteva che se i polli non avevano il collo Giovanni legava

Marco e lo metteva nel pollaio per dieci giorni, invece se i polli

avevano il collo Giovanni finiva legato nel pollaio per dieci giorni.

Il pomeriggio Giovanni preoccupato andò a casa di Marco; i due

andarono nel pollaio e scoprirono che i polli di Marco erano stati

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decapitati da un branco di lupi. Quindi Giovanni vinse la

scommessa e Marco finì legato nel pollaio con i cadaveri dei polli.

LO STOLTO GUARDIACACCIA (di Luca Giovannini)

Messer Corrado il guardiacaccia, avanti nel' età ma ancora abile

cacciatore, vive con l' anziana moglie, Monna Giovanna cuoca

eccezionale, in una piccola casetta sulla cima di una verde collina

lontano dalla città. Non hanno figli, ma hanno un grande affetto

lui per il suo cane Tobi, e lei per la sua gatta Duchessa. Come

spesso succede, cani e gatti non vanno d' accordo e le loro

frequenti azzuffate producono non solo danni ma anche violenti

litigi tra marito e moglie. Un giorno, dopo una fortunata battuta

di caccia, Messer Corrado fa ritorno a casa con un grosso fagiano

e chiede alla moglie di cucinarlo per cena. Indossato l'abito nuovo

e rivolto a lei dice: <<Cara, ho da sbrigare affari urgenti in città.

Farò ritorno all'ora di cena>>. Allorché Monna Giovanna

risponde:<<Caro marito vi cucinerò un arrosto coi fiocchi>>. La

moglie si mette al lavoro e poco dopo bussano alla porta della

casetta: sono alcune sue amiche che hanno deciso di farle visita.

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Monna Giovanna entusiasta le accoglie in casa dicendo:<<Sono

felice di vedervi, dopo tanto tempo. Che cosa vi posso offrire?>>

le amiche rispondono:<<Siamo stanche e affamate. Che cos'è

questo delizioso odorino?>>.<<Sto cucinando un grosso fagiano

per la cena di stasera, se pazientate qualche minuto ve lo farò

assaggiare>>.Tolto l'arrosto dal focolare ne offre un assaggio a

ciascuno delle amiche. Ma tra una parola e un assaggio, l'arrosto

viene rapidamente consumato. Sul tavolo rimangono soltanto le

ossa che Monna Giovanna si affretta a riporre nella ciotola di

Tobi. Le amiche rifocillate la ringraziano e salutata ritornano in

città. Verso sera Messer Corrado rientra a casa esausto e

affamato e chiede a Monna Giovanna:<<Cara moglie, non vedo

l'ora di mettere sotto i denti il fagiano arrosto che questa mattina

ho faticosamente cacciato>>. <Caro marito, dovrai invece

accontentarti del solito brodino di verdure poiché l'arrosto ha

messo le ali>> risponde Monna Giovanna affatto dispiaciuta

.<<Ma come, sono sicuro di aver colpito e ucciso un fagiano

questa mattina>> replica incredulo Messer Corrado .

<<Quello che resta del tuo bel fagiano puoi trovarlo nella ciotola

del tuo fedele Tobi>> ribatte sprezzantemente la moglie.<<Qual è

ordunque o moglie cara la colpa del mio fedele cane?>> risponde

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indispettito Messer Corrado.<<Caro marito il tuo segugio è più

furbo di quello che pensi: ha atteso pazientemente vicino alla

porta della cucina fino a quando ho tolto l'arrosto dal focolare

per insaporirlo. Poi abbaiando mi ha distratta facendomi credere

che qualche straniero si fosse avvicinato alla casa. Quindi ha

afferrato l' arrosto sul tavolo mentre aprivo la porta di casa per

controllare>>afferma sicura Monna Giovanna . Raggiunta la

cuccia del cane, a Messer Corrado non rimane altro che

constatare la presenza nella ciotola di Tobi degli ultimi resti del

desiderato arrosto.<<Ah!!! Infedele amico dell' uomo, così tratti il

tuo padrone? Ti meriti una severa punizione: a catena e a pane

ed acqua fino alla prossima battuta di caccia>> sentenzia

furibondo Messer Corrado. Nel mentre Duchessa e la sua

padrona se la ridono sotto i baffi.

CARLOS E IL CAPRIOLO CON DUE ZAMPE (di Mattia Favali)

Due anni fa, sette amici scapparono da scuola, cioè fecero ''cabò'',

e si rifugiarono in una struttura abbandonata di Sassuolo per ben

sette giorni. Non fu un problema sopravvivere perché con loro

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avevano soldi. Non avevano cellulari, quindi, per passare il tempo

decisero di raccontarsi novelle. Il primo ragazzo, di nome Gino,

cominciò.

“Un giorno il sindaco di Sassuolo avvisò il proprietario del

ristorante ''Il Pifferaio Magico'' dicendo che sarebbe venuto a

mangiare. Disse che come portata voleva un capriolo spellato,

però voleva zoccoli, gambe e testa e che doveva essere cotto

benissimo. Il sindaco disse che avrebbe invitato il presidente del

''Sassuolo Calcio''. Il sindaco voleva tutto perfetto e disse che se

fosse stato altrimenti avrebbe fatto chiudere il ristorante. Il

proprietario del ristorante accettò la proposta e senza perdere

tempo la mattina si avventurò nel bosco del Ferneto nei pressi di

Prignano. Arrivato parcheggiò la jeep in una radura appena fuori

dal bosco e così, imbracciato il fucile, cominciò a cacciare. Dopo

un'ora di caccia trovò un capriolo bello grosso e gli sparò. Il

capriolo cadde a terra morto. Era troppo pesante per portarlo alla

jeep quindi si fece aiutare da un contadino che abitava nei pressi.

Il contadino per lo sforzo venne compensato con le corna del

capriolo. Il capriolo venne portato in cucina dal cuoco Carlos, che

era un cuoco straniero, per la precisione argentino. Vide il

capriolo e cominciò i preparativi. In cucina arrivò Rossella: era una

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cameriera bellissima e Carlos era innamorato di lei. Lei gli chiese

due zampe del capriolo e Carlos innamorato pazzo gliele diede.

Nel mezzogiorno il capriolo venne servito. Cominciarono a

mangiare e dissero che il capriolo era squisito ma mancava

qualcosa. Mancavano le due zampe posteriori. Allora chiamarono

il cuoco e Carlos come scusa si inventò che i caprioli avevano solo

le due zampe anteriori. Il sindaco gli disse che il giorno dopo

sarebbero andati nel Ferneto per dimostrargli il contrario. Disse

che se sarebbe stato altrimenti avrebbe chiuso il ristorante. La

mattina arrivarono nella radura: c'era l'erba tagliata a metà e

videro un capriolo accovacciato. Non si vedevano le zampe

posteriori. Carlos disse: “Sindaco, vede che avevo ragione”. Il

sindaco si avvicinò quatto quatto e spaventò il capriolo che

scappò a gambe levate. Il cuoco, con la scusa pronta, disse che

doveva fare così anche con il capriolo servito il giorno prima...

così il ristorante rimase aperto e la storia finì bene.

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LUIGI E IL POLLO DA UNA GAMBA SOLA (di Alessandro Bertolini)

Nel 2014 in Africa comincio' a diffondersi una grave malattia:

l’ebola. Un giorno dieci ragazzi si cominciarono a preoccupare,

allora decisero di scappare in Europa, in Svezia. Cominciando a

preoccuparsi per il freddo che c'era, decisero di creare un

passatempo: scegliere un “re” che decidesse un tema per ogni

giorno, e ogni ragazzo avrebbe raccontato la sua novella. Un

giorno un ragazzo cominciò a dire:

“Uno svedese di nome Marco andò dal suo cuoco preferito, Luigi,

e gli disse:- We, Luigi, ho cacciato un pollo e mi sembra molto

appetitoso! Me lo puoi far trovar pronto per domani a pranzo?-

-Ok, te lo faro' trovare pronto per domani, arrivederci messer

Marco.-

La mattina del giorno dopo, mentre Luigi cucinava il pollo per

messer Marco, arrivo' Grambalda e gli chiese:- Ciao Luigi, che

aroma deliziosa,che stai cucinando?- lui rispose:-Un pollo per

messer Marco.- lei chiese:-Me ne puoi dare solo un pezzo, solo

una coscia?- - N,o non posso, messer Marco mi ammazzerebbe.-

Grambalda non sapendo piu' cosa chiedere, con una intelligenza

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notevole, chiese:- Quando poi mi chiederai un favore ti diro'

sempre di no, come hai fatto con me.- Luigi pronto per dire “non

ti do un pezzo lo stesso” si fermo' e comincio' a riflettere. Dopo

averci riflettuto rispose a Grambalda:- Ok, pero' non dirlo a

nessuno.-

Il tempo passo' e Marco e un ospite da lui invitato andarono nel

ristorante di Luigi e, quando vide il pollo senza una zampa, Marco

esplose e urlando disse:- Chiamate il cuoco, chiamate Luigi.- Luigi

arrivo' e chiese:- Dica, messer, che c’è che non va? - - Il pollo ha

una gamba sola, e' impossibile!:- Luigi rimase un po’ nel pallone

ma poi con coraggio rispose:- Messere, tutti i polli del mondo

hanno una sola gamba.- Marco incavolato nero per la risposta di

Luigi disse:- Bene, cuoco imbroglione, domani andremo nella mia

stalla a vedere i polli così vedremo chi ha ragione e chi torto.-

Luigi impaurito rispose:- Ok, chi vivrà vedrà.- Marco dopo vari

minuti si accorse che Luigi era impaurito quindi si disse tra se' e

se':- Potrei scommetterci, tanto so che i polli hanno due gambe.-

Mentre Luigi tornava in cucina, Marco si avvento' su di lui ed

esclamo':- Se tu perderai la scommessa tutti i tuoi guadagni di un

mese andranno a me.- Luigi per non far vedere di aver paura

accetto'. Marco torno' a casa mentre Luigi pensava a come fare.

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Nella tarda notte prese due forbicioni e andò nella stalla di

messer Marco e a tutte le galline taglio' una zampa. La mattina

dopo si trovarono davanti al portone e Marco disse:- Apri tu,

cuoco imbroglione- Luigi aprì e vide le galline su una zampa sola e

comincio' ad urlare dalla gioia. Marco meravigliato esclamo':-

Scusa Luigi, in futuro mi fiderò di te.

LO STRUZZO (di Mohammed Jeifer)

Viveva nella Contea di Savoia un nobile cittadino chiamato messer

Franchini, era generoso con tutti e buon allevatore di cavalli e

falconi , stava continuamente solo con i falconi.

Un giorno Franchini disse:<<Teodor, oh mio abile e grazioso

cuoco, ho cacciato con il mio falcone e il fucile e il cavallo Silver

uno struzzo adulto e bello grasso!! Vorrei che tu lo cucinassi per

me, e lo vorrei tutto intero.>> Teodor, entusiasta di servire lo

struzzo rispose:<<Certo messer, sarà cotto a puntino.>> Così il

giovane cuoco entrò in cucina e si mise a cantare e cucinare lo

struzzo con aromi deliziosi. Teodor esclamò:<<Come pare

buono!!, e già diffonde un odore gradevolissimo.....>> Dopo tre

ore in cucina arrivò una giovane ragazza di nome Olvina; Teodor

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vide la ragazza e la salutò:<<Ciao Olvina, come va?>> e Olvina

rispose entusiasta:<<Tutto bene, che cosa cucini?>>. Teodor

rispose con voce generosa: << Uno Struzzo, uno Struzzo cacciato

da messer Franchini!>>. Olvina inebriata dall' odore rispose con

un tono di voce tenero, sospirando:<<Mmmm.... me ne daresti un

pezzo?>>e Teodor con un tono di voce disperato rispose:<<Scusa

ma non posso proprio, mi serve per la cena di oggi per messer

Franchini, e mi raccomandò di servirlo tutto>>.

Ma Olvina supplicando il giovane disse:<<Se me ne dai, ti darò

tutto ciò che vuoi, e ti presterò persino il completo da sera di mio

padre.>>

Teodor, indeciso, accettò, poi Olvina staccò la testa allo Struzzo e

si mise a correre. Dopo due ore in cucina Franchini arrivò con il

fiatone è disse:<<Subito! Subito.... servici subito! E’ arrivato il

padre di mia moglie , è arrivato sbrigati!!>> Il Cuoco dopo aver

finito, lo servii , Franchini entusiasta di mangiare con il padre di

sua moglie disse:<<Oh mio suocero – con un tono di esclamativo-

ho fatto preparare uno struzzo delizioso!!>>. L'anziano padre

rispose voce acuta:<<Speriamo bene>>.

Intanto Teodor appoggiò la cena e se ne andò, e Franchini tolse il

coperchio dal vassoio per tagliare a metà lo struzzo, ma si accorse

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che mancava la testa, e chiamò il cuoco con tono

brusco:<<Teodor!Teodorrr...! dove sei!??>>, intanto il Cuoco

sapeva di cosa si trattava e si fece vivo, Franchini con la faccia

arrossata disse a Teodor:<<Dov è la testa!!?>>,e Teodor rispose

inceppandosi:<<La...test..a.non...ce..l'hanno...gli....Struzzi..>> ; e

Franchini rispose:<<Certo, come no, domani mattina andremo a

vedere uno struzzo qualsiasi, se sarà come dici ti risparmierò, ma

se sarà altrimenti ti torturerò, e così ti ricorderai di me per tutta

la vita!!.>>

E così i due, la mattina seguente, presero i cavalli per cercare gli

struzzi, e dopo una certa ora li trovarono con la testa dentro il

terreno, e Teodor sospirò dicendo:<<Vede, vede che ho

ragione>> e Franchini fischiò e gli Struzzi tirarono la testa fuori e

messer rispose:<<Brutto furfante, ti volevi prendere gioco di

me!?>>, e il Cuoco rispose:<<Ma lei ieri non ha fischiato>>, e

dopo parecchie discussioni Franchini lo perdonò e se ne

andarono via fischiettando.

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LE ALCI AVVELENATE (di Manuel Casini)

Un giorno a Luigi e al suo migliore amico Arnaldo venne in mente

di andare a caccia di alci, col fucile a dardi avvelenati. Dopo

qualche ora di appostamento Luigi vide un’alce, e le sparò

ammazzandola. Appena andati là a vedere l’ alce, Luigi iniziò a

prendere in giro Arnaldo perché non aveva abbattuto niente e

invece lui aveva l’alce. Appena finito di insultarsi, pulirono l’ alce

tagliandola in piccoli pezzi. Durate il tragitto Luigi disse:-Dai

Arnaldo vieni a casa mia, così il mio cuoco ci cucina l’ alce e ce la

mangiamo- Lui rispose:-Va bene caro mio-. Appena arrivarono a

casa Luigi chiamò Alessandro:- Alessandro vieni qua che ti do

l’alce che ci devi cucinare, alla cacciatora mi raccomando, che noi

andiamo a vederci la tv- Alessandro rispose:-Va bene mio

signore-

Cotta l’ alce e messa in tavola, Alessandro li chiamò:- Luigi,

Arnaldo a tavola!- Risposero:- arriviamo-

Luigi disse ad Arnaldo:- Amico mio, Inizia te visto che sei mio

ospite- Lui rispose:-Visto che insisti inizierò io, buon appetito-

Arnaldo iniziò a mangiare, ma a un certo punto cadde con le

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convulsioni e poco dopo morì fra le braccia di Luigi. Luigi chiamò

Alessandro urlando:- Alle, vieni qua subito, ma che cavolo ci hai

messo in quell’ alce, hai ammazzato Arnaldo – Lui rispose: -Io ci

ho messo solo quello che ci vuole per cucinarla-

Luigi spaventato dall’accaduto e avendo paura di finire in

gattabuia, portò il corpo di Arnaldo sull’ orlo di un dirupo e lo

buttò giù.

Appena tornato a casa, prese un coltello da macellaio, andò da

Alessandro minacciandolo di accoltellarlo poi buttarlo giù dal

dirupo da cui ha buttato Arnaldo se non gli diceva cosa ci aveva

messo nell’ alce, ma lui rispose che in quell’ animale ci aveva

messo solo la roba che serviva per cucinarla alla cacciatora. Dopo

poco disse Alessandro:- Luigi, se non mi credi, tu domani vai a

caccia, abbatti un’ altra alce vieni a casa, io te la cucinerò; poi se

non mi credi ancora guardi i video di sorveglianza della cucina,

poi se vedi che non ci ho messo niente la mangi, va bene?- Luigi

disse :-Va bene, però se vedo che ci hai messo qualcosa di strano

farai il volo del’ angelo giù dal dirupo.-

Il giorno dopo andò a caccia, ammazzò l’alce con lo stesso

metodo, la portò a casa; Alessandro la cucinò, Luigi prima di

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mangiarla guardò i video di sorveglianza e vide che il cuoco non ci

aveva messo niente di strano sui video e la mangiò. Subito dopo

anche lui cadde in preda alle convulsioni e poi morì.

Alessandro, forse avendo anche lui le paure che aveva avuto Luigi

quando morì Arnaldo, lo portò sull’ orlo del dirupo da cui venne

buttato giù Arnaldo, poi lo buttò giù e se ne tornò a casa.

Dopo qualche settimana Alessandro ereditò il patrimonio di Luigi

grazie al suo piano che era: aveva messo così tanto veleno nel

dardo che anche dopo la cottura ce ne rimaneva per ammazzarli

tutti e due, così appena morti poteva ereditare tutti i loro soldi.

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Andreuccio da Perugia

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DANNY DA PIGNETO (di Danny Corradini)

C'erano due ragazzi che abitavano a Pigneto. Un giorno atterrò

un disco volante in città e scoppiò il panico, i due ragazzi di nome

Matteo e Luigi scapparono in una casetta sull'albero isolata dalla

città e prima di andare a dormire si raccontavano delle novelle

per tirarsi su il morale; cominciò Matteo raccontando quella di

Danny da Pigneto.

“Un ragazzo di nome Danny andava in giro per l' Emilia Romagna

a chiedere ai cittadini se gli piaceva la situazione politica ed

economica, con una borsa piena di volantini dove bisognava

mettere una firma per contribuire a una polemica contro i

parlamentari. Danny, siccome non aveva un posto fisso, teneva

un sacco di monete in tasca per poter comprare almeno da

mangiare. Un giorno incontrò una signora amante dei soldi che

gli chiese di andare a casa con lei per un pranzo caldo e un soffice

letto. Danny accettò, e non appena arrivati alla meta si fiondò

sotto la doccia perché aveva passato una giornata molto afosa e

si voleva rinfrescare. La vecchia approfittò del momento per

rubargli tutti i soldi e appena lui finì di lavarsi lo buttò fuori di

casa e lanciò i suoi vestiti fuori dalla finestra. Lui si rivestì e si

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scervellò per cercare di trovare un modo per rientrare in casa e

riprendersi ciò che gli spettava di diritto: a) pensò di intrufolarsi

di notte dentro casa, ma c’era un guaio: la casa, come di giorno,

era sorvegliata dalle guardie, quindi quest’idea non andava bene.

b) Spaccare il vetro della porta con un sasso così tutte le guardie

sarebbero andate lì, poi entrando dalla porta sul retro si sarebbe

ripreso i soldi. Danny allora, prese un sasso e lo tirò contro la

porta, le guardie andarono subito a vedere come api sul miele e

Danny come un razzo corse alla porta sul retro, entrò nella

stanza della vecchia, riprese l’oro e scappò”.

Matteo e Luigi si credevano di nuovo piccoli come quando la loro

mamma gli leggeva la novella della buonanotte, così si

addormentarono senza pensieri.

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MARCO IN VIAGGIO (di Natan Degli Antoni)

Un giorno, un ragazzo partì da casa sua per andare a comprare

dei cavalli.

Il ragazzo, di nome Marco, andò al mercato di Prignano. Lui era

vestito con semplici vesti, aveva i capelli e gli occhi marroni e

aveva un gran cappello che portava sempre in testa. Dopo essere

arrivato si vantò con i commercianti di avere 700 fiorini d'oro e

così di poter comprare qualsiasi cosa vendevano.

Dei ragazzi e delle ragazze circa della sua stessa età si

“innamorarono” subito di quella borsa contenente la somma di

700 fiorini d'oro; allora quando il ragazzo si allontanò con la borsa

loro lo seguirono fino ad arrivare ad un burrone.

Marco, dopo che ebbe appoggiato la borsa, non sapendo dei

ragazzi dietro di sé, venne spinto giù nel burrone, si salvò perchè

atterrò su molti rami elastici.

Lui si ritrovò davanti dei goblin che cercarono di farlo uscire, ma

senza risultato.

A Marco venne un'illuminazione, prese quei rami elastici e le loro

foglie per creare un “tappeto elastico”, così lo costruì e ci saltò

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con tale spinta da farlo “volare” fin sopra al burrone. Cercò di

stanare quei delinquenti, ma al loro posto trovò due ladri che

stavano mettendo in atto un piano. Lui si intromise e disse che

voleva partecipare anche lui; prima però venne mandato a lavarsi

in mare, perchè la caduta l'aveva tutto impolverato, interrato e

distrutto i vestiti4. Dopo il bagno, gli vennero consegnati dei

vestiti e a notte fonda andarono al museo per rubare il calice

dorato che valeva ben oltre il valore di 700 fiorini d'oro, bensì il

valore di 1000 fiorini d'oro. Però il buco per entrare di soppiatto

era troppo stretto per i due ladri, allora convinsero Marco con le

maniere forti ad entrare nel museo per rubare il calice. Lui entrò

e vedendo il calice lo volle per sé; con furbizia disse che non c'era

nessun calice e loro, convinti di questo, chiusero il passaggio con

dei mattoni intrappolando dentro Marco. Lui cercò di uscire ma

era inutile. Poi si sentirono dei rumori fuori: erano altri ladri con

lo stesso piano, tolsero i mattoni e poi videro una mano uscire dal

passaggio, allora pensando che fosse un poliziotto scapparono e

così Marco riuscì a uscire e a ritornare a casa con il guadagno di

300 fiorini d'oro e anche con una storia da raccontare.

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P.S. Così fu inventato il tappeto elastico.

CORRADO, LA GRU E BOB MARLEY (di Gabriel Adjei Boye)

-Corrado ho una gru. Quindi vorrei che me la preparassi!

Corrado felice rispose a messer Chichibio: -Okay, lo farò con

molto piacere.

Mentre Corrado stava preparando la gru, arriva la bella ragazza

che si sognava ogni sera, la quale gli chiese: - Cosa cucini di bello?

E Corrado le rispose: - Sto cucinando una gru per messer

Chichibio.

-Me ne daresti un po'? Disse lei affamata.

-No, non posso se no messer Chichibio mi uccide.

-Okay. Peccato, se me lo davi ti davo quello che volevi .Bhè, fa

niente...

-NO, NO, RITORNA INDIETRO!

-Sapevo che non mi potevi dire di NO.

Ora Corrado con la gru pronta va da Messer Chichibio, ma

Corrado ha paura di dire a Messer Chichibio che manca una

coscia nella gru.

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-Oggi mi mangio una gru fatta dal mio cuoco preferito !!!!!!!

-Ecco a lei la sua gru messer.

Ora Corrado frettoloso esce dalla stanza. Ma l'amico del Messer

nota la coscia mancante:-Ma alla gru manca una coscia!

Ora Messer si mette a urlare il nome di Corrado: -CORRADO,

CORRADO CORRA DO CORRADO AAAAAAAH MI HA

TRUFFATOOOOOO !!!!!!!!

-Ma Messer le gru hanno una solo coscia e una gamba

-Domani prendiamo il primo volo per la Jamaica e andiamo a

controllare.

-Okay...

E dice a bassa voce: -Mi fucila....

Il giorno dopo sono arrivati in Jamaica, e Chichibio vede una gru:

-Guarda là, Corrado!

-Una gru! Devo fare una confessione, se vedi mia moglie delle che

non mi è mai piaciuta sul serio. Erano stati i miei genitori a

convincermi a sposarla.

Corrado ha così paura che fa pure una confessione

-OKAY... ora guarda… BOB MARLEY!!! Hai visto? Volano!

-Sì, ma a quelle di ieri sera non hai urlato BOB MARLEY!!

-Sei un vero furbo Corrado!

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-Comunque, quelle confessioni che ho detto se le può

dimenticare

E insieme si mettono a ridere e vivono tutti felici e contenti.

P.S.: Da quel giorno quando cacciava delle gru ha iniziato a dire

BOB MARLEY!!!

LUIGETTO PANINETTO (di Andrea Braga)

Luigetto Paninetto era un giovane viaggiatore che andò a

Salisburgo per alloggiare in un hotel a 5 stelle, dopo aver

parcheggiato la sua Ferrari 458GTO, un’auto stupenda che costa

274mila 458euro.

Arrivato in albergo, scaricò i bagagli e incontrò una vecchietta che

gli diede un biglietto con su scritto: Vieni alla stanza 44....

Luigetto accettò con grande piacere.

(3ore dopo)

La vecchietta arrivò davanti alla porta di Luigetto e lo

accompagnò alla cucina dove c'era un profumo di torta al

cioccolato; Luigetto si avvicinò alla torta e (crac) una mattonella si

ruppe e Luigetto cadde in una fossa piena di pirannha radioattivi;

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Liugetto tirò fuori dal suo zaino uno stereo e tutti ascoltarono il

ballo del estate. Un pirannha gli disse-SEI GASATO!!!!

Luigetto rispose- No, sono naturale!

Mentre tutti erano distratti, Luigetto prese un piccone e si

arrampicò per 20 metri; arrivato su, Luigetto prese un’ascia e la

ruppe in faccia alla vecchia ma lei non si era fatta niente visto che

si era fatta 57 plastiche al viso; Luigetto prese la sua Ferrari

458GTO e le andò addosso.

Ancora oggi il fantasma della vecchia continua a perseguitare

Luigetto, che in poco tempo finì sul lastrico e la Ferrari gli fu

rubata da un alieno di mezza età chiamato SBLORVZ, che con tre

dita alzate diceva: PACE.

UNA MISSIONE CULINARIA (di Valentina Galanti)

Un po’ di tempo fa, a Verona, ad una cuoca di nome Silvia venne

data una “missione di cucina” che consisteva nel cucinare un

tacchino (che lei non aveva mai fatto) per un critico culinario.

Era il critico più temuto di tutta la città; ha detto cose brutte su

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tutti i ristoranti di Verona.

Silvia era andata su Internet a cercare la ricetta da fare.

Il giorno dopo le arrivò il povero tacchino: la cuoca notò che gli

mancava un’ala, era disperata, passò tutto il giorno e pensò di

mettere un’ala di gallina al posto di quella mancante, ovviamente

il critico se ne sarebbe accorto ma ora bisognava solo sperare che

non sarebbe successo.

Mancava solo un giorno e passò molto tempo su Internet a

vedere dei video ma poi pensò che forse era meglio lasciare solo

un’ala perché avrebbe detto brutte cose nella recensione.

A Verona c’erano molti ristoranti e molti si erano lamentati che

quando arrivava del cibo mancavano dei pezzi, ma aveva sentito

parlare di un uomo che quando arrivavano degli alimentari nei

ristoranti, lui rubava dei pezzetti e se li portava a casa per poi

mangiarseli, per lui ovviamente era come fare la spesa gratis.

Il tragico giorno arrivò e si messe a cucinare con il tablet davanti

al suo piano di lavoro, seguendo tutti i passi della ricetta.

All’improvviso entrò il cameriere dicendo che era arrivato il

critico.

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Quando finì, impiattò e diede il piatto al cameriere che lo portò

all’ospite tutto serio e irritato.

A un certo punto il critico chiese di chiamare la cuoca e le chiese

perché mancava un’ala; finito di mangiare il critico andò in cucina

e Silvia gli spiegò del ladro di cibi e gli chiese se il pomeriggio

dopo andavano a investigare, perché gli sarebbe dovuto arrivare

il cibo.

Passato quel giorno andarono a investigare e videro un uomo che

si infiltrò nel furgoncino con una borsina di stoffa, loro lo

fermarono e dichiararono alla polizia l’accaduto e si sono

accertati che non succeda più.

Passato qualche giorno, sul giornale c’era la foto del ristorante e

gli diede ben cinque stelle, tutto è bene quel che finisce bene.

CHICHIBIO E L’ANATRA (di Gabriele Bononi)

Un giorno un giovane cuoco di nome Chichibio andò a lavorare

nel castello del conte Luigi. Luigi era basso e grasso ed era un

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metro e mezzo sia di altezza che di larghezza. Al conte Luigi

piaceva mangiare molto ma soprattutto gli piaceva mangiare le

anatre che erano davanti al suo castello , nel laghetto. Luigi diede

a Chichibio un'anatra e gli disse di cucinarla. Chichibio andò nelle

cucine a cucinare l'anatra. Poi arrivò Rosetta e chiese a Chichibio

cosa stava cucinando e il cuoco gli disse che cucinava un'anatra.

Rosetta chiese due cosce dell' anatra Chichibio e lui gliele diede.

Quando l'anatra venne servita senza le cosce, il conte Luigi si

arrabbiò perché le cosce gli piacevano molto. Chichibio spiegò a

Luigi che le anatre non hanno le cosce. Luigi e Chichibio andarono

nel laghetto e tra il canneto videro delle anatre che nuotavano e

non si vedevano le zampe. Luigi si stupì perché non pensava che

quelle anatre non avessero le zampe. Avvicinandosi al lago Luigi

inciampò in un sasso e cadde in acqua e Chichibio vide che le

anatre volarono via e lui prese il cavallo di Luigi e scappò

lasciandolo nell'acqua.