RIPENSARE L INSEGNAMENTO DELLA STORIA · via la didattica della storia e le sue implicazioni...

69
Tiziana Cioni, Lidia Fibbi, Franca Gambassi, Gabriella Gualtieri, Maria Grazia Mazzù, Vittoria Menga, Licia Nesi, Piera Pesci, Anna Renzoni, Stefania Sbolci WORKING PAPER RIPENSARE L'INSEGNAMENTO DELLA STORIA CURRICOLO VERTICALE, GENERE E GENERAZIONI a cura di Elvira Valleri

Transcript of RIPENSARE L INSEGNAMENTO DELLA STORIA · via la didattica della storia e le sue implicazioni...

Tiziana Cioni, Lidia Fibbi, Franca Gambassi, Gabriella Gualtieri,Maria Grazia Mazzù, Vittoria Menga, Licia Nesi, Piera Pesci,

Anna Renzoni, Stefania Sbolci

WORKING PAPER

RIPENSARE L'INSEGNAMENTODELLA STORIA

CURRICOLO VERTICALE, GENERE E GENERAZIONI

a cura di Elvira Valleri

Presentazione

Quando Alessandro Magno partì con il suo esercito alla con-quista dell'Asia, alla vigilia della spedizione dedicò una giornatavotiva alla musa della storia, a Clio. Fu allora che il filosofo Calli-stene spiegò come, a suo parere, si doveva scrivere di storia. Disse,infatti, cosa vuol dire Verità? Credere a ciò che vedi; cosa vuol direMito? Credere a ciò che non vedi; che cosa è la storia? La figliadella Verità e del Mito.Verità e Mito, quindi, nella evoluzione dell'umanità per mettere afuoco il rapporto che la Storia ha avuto da sempre con l'uomo nelpassaggio da una sua forma fissa e permanente (che fu l'ideale del-l'antichità) alla definizione dell'uomo appunto come un tentativo,una transizione, un ponte stretto e pieno di insidie tra natura e cul-tura, tra spirito e materia.

In questo senso, quindi, la formazione di un gruppo di inse-gnanti in questi anni, sotto l'abile regia della prof.ssa Elvira Valle-ri, docente di storia e filosofia presso l'Educandato stataleSS.Annunziata al Poggio Imperiale, è veramente esemplare.

Come questo gruppo si sia costituito ed evoluto nel corso diquesti anni, tenendo conto dei vari ordini di scuola, dalla maternaalla scuola superiore, quali i presupposti teorici per l’elaborazionedi un modello culturale nuovo per ripensare l'insegnamento dellastoria, lo ha fatto molto bene nella sua introduzione la dott.ssa Val-leri, alla quale va il mio sentito ringraziamento. Come pure la miagratitudine va al Centro Risorse Educative e Didattiche "Le Corbi-naie" del Comune di Scandicci, che ha sostenuto questa iniziativa-con contributi sia di ordine materiale che di effettivo sostegno cul-turale ed organizzativo.Allo scrivente che è responsabile del progetto e uomo di scuola,

5

rimane forse il compito di ricordare, a se stesso prima che agli altri,quale sia il traguardo culturale che l'alunno storico da sempre dovràraggiungere. L'uomo che si fa uomo giorno dietro giorno, nella suadignità di persona libera e responsabile delle sue azioni; l'uomofacitore della propria storia e del proprio destino.

Infatti, che ci sia più di un sospetto che l'uomo non sia unacosa già creata ma un postulato dello spirito, una possibilità invo-cata, e che la via per arrivarci sia costellata di difficoltà e di insidieinenarrabili è un’ipotesi con cui noi ci misuriamo ogni giorno. Edè ormai una favola che l'uomo voglia tornare alla natura, all’inno-cenza, all'inizio; perché, a differenza di come la pensava Rousseau,il "fanciullo" non è per nulla beato, ha anche lui i suoi conflitti inte-riori, le sue difficoltà esistenziali, le sue sofferenze. Non vi è stra-da che porti indietro, e quando Alessandro Magno parte per l'Asiae dice di essere il novello Prometeo che porta la luce dell'Ellade per"illuminare i barbari", in realtà alla fine della sua epopea confessaa se stesso che nella propria realtà esistenziale non c'è via che portiindietro, è il nostro avanzare in avanti che si fa via ogni giorno. E'stato questo, alla fine di questa faticosa avventura culturale, ilripensare la storia?

Dott.Michele PilatoDirigente Scolastico

III° Circolo DidatticoScandicci

6

Introduzione

Questo working paper vuole raccontare e documentare l'itine-rario intellettuale di un gruppo di insegnanti operanti nei vari ordi-ni scolastici, dalla scuola dell'infanzia all'elementare, dalla scuolamedia alla scuola secondaria superiore. L'iniziativa, che sottendequesto racconto, è nata e si è sviluppata nell'arco di tre anni neiquali l'interrogarsi sulla storia come disciplina e come didattica,sulla sua dimensione e valenza scolastica, sono stati punti di rife-rimento e interrogativi costanti nel lavoro di questo team di inse-gnanti. Le docenti, impegnate in questo progetto, avevano giàlavorato insieme su alcuni temi connessi alla centralità dello stu-dente/studentessa nel rapporto insegnamento/apprendimento, tutta-via la didattica della storia e le sue implicazioni nell'opera di tra-smissione inter-generazionale richiamava in loro molti dei temi suiquali si erano ripetutamente interrogate e si presentava come unambito disciplinare privilegiato con il quale interagire.

Il mio impegno è cresciuto con il tempo, inizialmente ero statachiamata a svolgere, accanto ad altri colleghi, alcune lezioni dicarattere storiografico e metodologico e ad illustrare, in chiavecomparativa, come si studia la storia in altri paesi europei, alla finedel primo anno di lavoro mi ritrovavo a pensare con loro un'ipote-si di curricolo verticale per la didattica della storia, una riflessioneche si è poi sviluppata nei due anni successivi.

La tensione e la curiosità intellettuale di queste insegnanti misono apparse subito una risorsa preziosa per tentare di impostareun lavoro di medio periodo; il cammino da svolgere era vasto ecomplesso ed esigeva dedizione e impegno intellettuale, che tuttele docenti hanno mostrato nel corso delle nostre discussioni e neipercorsi didattici che hanno poi preparato per le classi. Il corso delXVII distretto scolastico di Scandicci, che si connota dal punto divista giuridico come forma di aggiornamento in servizio e ha com-

7

portato tante ore di discussione e di confronto, di studio e di appli-cazione, dimostra come nella scuola vi siano tante energie che pos-sono essere impegnate e diventare una ricchezza per la scuola.

La professione insegnante può essere un esercizio defatigante,se non si contemplano momenti di studio e pause di riflessione;fermarsi a pensare e a riflettere sulle modalità della mediazionedidattica è stato il nostro adagio, almeno in quelle ore nelle qualiil gruppo di lavoro metteva a nudo le difficoltà e le fatiche del farescuola, ma anche la volontà di trovare l'energia necessaria per darenuova linfa ai diversi modelli di insegnamento/apprendimento.

L'esperienza che le insegnanti narrano nelle pagine che seguo-no, non intende essere un vademecum delle cose da fare, o ipotesiconcluse da esportare, ma il taccuino di bordo di un percorso esi-stenziale e intellettuale nel quale per una sinergia, non sempreriproducibile, alcune docenti sono riuscite a fermarsi e a pensarealla disciplina insegnata non disgiunta dal metodo con il quale tra-smettono, a studenti e studentesse, la ricostruzione di un passatopiù o meno remoto. Documentare le esperienze didattiche non èdunque un'operazione semplicemente tecnica, sopratutto quando sitratta di rendere visibile quel lavoro paziente e quotidiano di rap-porto e di relazione tra la capacità di trasmettere le diverse cono-scenze disciplinari e l'immaginario di ragazzi e ragazze, bambini ebambine con i quali costruire e sostenere percorsi di riflessioneintorno alla storia, alla memoria/e, al "senso storico".

L'obiettivo delle pagine che seguono è dunque quello di ripro-porre la filigrana di un racconto dove le riflessioni delle insegnan-ti si incontrano con i pensieri e le parole di studenti e studentesse.L'intento, per molti aspetti ambizioso, è raccontare alcune espe-rienze sul campo per quanto attiene alla relazione tra generazionie generi, tra la nostra identità come donne e come docenti e legenerazioni, che incontriamo nelle aule scolastiche che ogni annosi popolano di studenti che appaiono sempre meno interessati alsenso della storia e con fatica riconoscono il ruolo della memoria/etra le generazioni; si tratterebbe di un sentimento diffuso, già daqualche tempo evidenziato dagli storici, che hanno parlato digenerazioni che sembrano attive e operanti in una sorta di "pre-

8

sente permanente". Nelle prime pagine de Il tempo della storia, Philippe Ariès

delinea un intreccio di memorie familiari e di intimità col passatodel suo paese come percorso di radicamento e di comunione"misteriosa" con la storia1 Georges Duby ne Il sogno della storiarileva come la "partenza" per chi sceglie lo studio della storiaavvenga per introversione in una sorta di "sprofondamento" versole radici alla ricerca, nella propria infanzia, dei motivi e dei perchéla conoscenza storica risulti così affascinante2.

Chiedersi allora come avviene la scoperta della storia da partedei bambini permette di avviare la messa a fuoco di una serie diconsiderazioni che riguardano l'educazione storica, prima fra tuttela ricerca, nella pratica della memoria e nell'indagine del passato,di strumenti spendibili per una migliore conoscenza di sé, in modotale che l'identità in fieri dei bambini non si appiattisca sul presen-te, ma si definisca in un itinerario che implica un nesso tra passato,presente e futuro.3

Memoria e storia non sono certo la stessa cosa, come ci haricordato un grande storico dell'antichità come Pierre Vidal-Naquet, non perché la seconda succeda alla prima, non si sa perquale automatismo, ma perché il modo di selezionare della storiadifferisce profondamente da quello della memoria e dell'oblio: frala memoria e la storia ci può essere una forte tensione dialettica eaddirittura opposizione .4

Per muoverci verso la costruzione di una conoscenza storicavivificata, che sia in grado di parlare alle giovani generazioni lastoria deve uscire dall'apparente oggettività e dalla pretesa neu-tralità del manuale, per introdurre una sorta di didattica della sog-gettività in rapporto alla storia.

Soggettività perché l'insegnamento della storia che le inse-gnanti della scuola elementare hanno ipotizzato in questo itinerariodi ricerca-azione favorisce processi di identificazione, ma anchediversificazione, con i soggetti che emergono dalle vicende fami-liari e sociali sui quali si indaga.

Soggettività perché i bambini, già dai primi anni di scuola,prendono coscienza del fatto che le ricostruzioni biografiche e

9

genealogiche di un passato prossimo che lega le loro vite a quelladella famiglia alla quale appartengono, sono il risultato di un tempoe un modo di concepire quei vissuti che appartengono allo sguardodel soggetto.

Soggettività perché si fa la storia dei soggetti stessi che inda-gano, soggetti dotati di un'identità sessuale "sospesa", perchéfecondamene ambivalente grazie al periodo di latenza, che nonsignifica assopimento delle pulsioni, dei bambini della scuolamaterna ed elementare.

Soggettività che ricerca nelle fonti biografiche e negli alberigenealogici tracce e segni di vissuti che riemergono e possonoessere problematizzati, interpretati e valutati: momenti in cui ilsoggetto e il gruppo/classe sono gli unici responsabili.

Per accostare i due termini generazioni e memoria/e è neces-sario tuttavia fare alcune precisazioni che riguardano alcune zonedelle discipline storiografiche, mi riferisco alla tendenza a trattare,come soggetti della dinamica storica, attori individuali e collettiviai quali, fino ad ora, non è stato attribuito tale ruolo, o meglio nonè stata loro conferita soggettività dalla manualistica.

La sociologia americana ha sottolineato ripetutamente chel'importanza storica dell'appartenenza generazionale esisteva findai primi decenni del xx secolo, ma è comparsa in Europa in modosistematico solo nel periodo fra le due guerre quando, tradizional-mente, i soggetti della storiografia erano gli Stati, le nazioni, leclassi sociali e alcuni singoli individui.

L'emergenza di un soggetto come "generazione" indica dun-que che tra le categorie concettuali sulla base delle quali è pensatoil processo storico sono oggi presenti quelle che si riferisconoall'età, al genere sessuale e all'etnia. Alcuni studiosi hanno ravvisa-to in queste nuove aree della ricerca storica e tardivamente dellamanualistica una decisa influenza dell'antropologia, in particolarecon l'uso del concetto di gruppo di età, sulla storiografia degli ulti-mi decenni. Le categorie che definiscono questi soggetti si diffe-renziano per molti aspetti, ma il dibattito in proposito proponeanche elementi fra loro simili: uno dei nodi principali è stato, negliultimi decenni, quello concernente il carattere di costruzione cultu-

10

rale che hanno tali categorie, variabile che ci permette di pensarecome storicamente modificabili i fenomeni dell'età, del genere edell'etnia. Luisa Passerini ha scritto che in questo nuovo modo diconsiderare la storia si evidenzia la tendenza a trattarla come uncampo di forze in cui sono attivi e in qualche modo consapevoli,con varie limitazioni e in vari modi, soggetti definiti in base a iden-tità culturali.

Noi siamo partite da queste riflessioni e abbiamo cercato diragionare su quale storia raccontare agli studenti, chiedendoci, infi-ne, quale spazio dedichiamo alla ricostruzione dei soggetti sia indi-viduali, sia collettivi, sia maschili sia femminili.

Chiedersi come queste due identità, questi "soggetti plurali"siano raffigurati nel manuale, testo esemplare di una prima masignificativa immagine della storia che i giovani maturano nellaloro crescita intellettuale, è stato il primo momento di verifica perintraprendere una serie di percorsi e di riflessioni talvolta coinci-denti tra loro, altre volte del tutto diversi ma complementari. Riflet-tendo su come insegnare la storia è stato affrontato un tema parti-colarmente importante, che riguarda la dimensione e il ruolo delmanuale, non tanto per riprendere discussioni e riflessioni chequalche tempo fa hanno animato il dibattito storiografico, quantoper cercare di capire come vi era raffigurata quella identità umanadoppia e sessuata, composta da corpi, sentimenti, pensieri e nonsolo da assunti teorici né tanto meno da teleologiche filosofie dellastoria.

Lo stesso utilizzo del manuale e della rappresentazione delmaschile e del femminile che vi si trova, è stato oggetto di un per-corso didattico avviato nella scuola media. La riflessione ha dovu-to, in questo caso, confrontarsi con la tendenza omnipervasivaall'oblio così presente nel nostro paese. Conta quello che si dimen-tica o che non è entrato nella memoria collettiva (da noi in primoluogo il ruolo del paese nella Shoah), o ne è stato espulso (le lotteoperaie); e conta l'uso pubblico di queste amnesie, ha scritto recen-temente Anna Bravo5.

Nell'affrontare queste valutazioni era necessario dar contodelle acquisizioni maturate nell'ambito della storia delle donne e

11

ricordare che l'assenza di soggetti femminili non ha caratterizzatola ricerca storica in ogni periodo allo stesso modo. Molti studi -primi fra tutti quelli di Natalie Zemon Davies, Bonnie Smith e inItalia le riflessioni di Gianna Pomata e Ilaria Porciani e Anna Scat-tigno6 - hanno evidenziato un punto di svolta con l'avvento dell'etàcontemporanea quando si afferma con la professionalizzazionedella disciplina l'idea di una storia "universale", che si connotava esi dichiarava neutra rispetto al genere, ma che in realtà riguardavasolo gli uomini con un deciso primato della storia politica. MauraPalazzi ha descritto assai chiaramente - in una pubblicazione sullarappresentazione del maschile e del femminile nei libri di testodestinata sia agli autori dei manuali sia agli insegnanti - come fuproprio nell'epoca contemporanea, caratterizzata da un'aumentatapresenza di soggetti femminili sulla scena sociale, che gli scritti egli studi delle donne cominciarono ad essere considerati semprepiù marginali fino ad essere ignorati dalla storiografia ufficiale,che ne cancellò la memoria7.

Nel romanzo Northanger Abbey, della scrittrice inglese JaneAusten, la romantica protagonista Catherine Morland descrittacome un'entusiasta lettrice di romanzi, parla dei libri di storia inquesti termini: "Vorrei amarla [la storia] anch'io. La leggo un po'per dovere ma non mi dice nulla che non mi indispettisca o non miannoi: dispute tra il papa e il re, guerre e pestilenze ad ogni pagina;gli uomini sono tutti buoni a nulla, e di donne non si parla o quasi;è molto tedioso."8

Questa riflessione di Jane Austen ci è apparsa, per molti aspet-ti, condivisibile sebbene molte cose siano cambiate nel modo diriattraversare la storia, tuttavia i nostri manuali e/o sussidiari con-tinuano a presentare come centrali gli stati, le nazioni, le guerre equei litigi tra papi e imperatori dei quali parlava la romantica eroi-na di Jane Austen, evidenziandoli come i protagonisti principalidella ricostruzione storica.

Il problema del manuale - indipendentemente dall'ordine discuola - riporta alla superficie un altro aspetto, altrettanto gravidodi conseguenze negative per le generazioni future. Il rischio dell'o-blio, sotteso nella noiosità e/o inutilità della storia, lamentata dagli

12

studenti, si evidenzia anche nella confusione e nell'estraneità con lequali è vissuto lo studio scolastico di questa disciplina, in molti casipercepita come insieme confuso di processi e avvenimenti che siinseguono nelle centinaia di pagine del manuale. Sfugge completa-mente la valenza della sfida e dell'emozione della domanda di sto-ria, intesa come dimensione di analisi ed esplorazione, come per-corso alla ricerca dell'alterità e della diversità, dell'altrove rispettoa ciò che è prossimo. Perdere questa identità "complessa" delladisciplina significa svilire la dimensione stessa della storia, cheaccoglie e raccoglie sguardi, esperienze e rappresentazioni plurali,permanenze e discontinuità, conservazione e innovazione. Questonecessario confronto con la disciplina può rappresentare un varcoe contribuire a modificare alcuni aspetti di quel tessuto della tra-smissione/comunicazione che costituisce il dialogo tra le genera-zioni. La proposta didattica che ne è scaturita è stata suggerirenelle classi percorsi di riflessione sulla rappresentazione delmaschile e del femminile nel tentativo di evidenziare almeno alcu-ne delle "logiche nascoste", provando in un qualche modo a deco-struirle. Non si tratta semplicemente di invocare un rinnovamen-to per altro salutare dell'educazione storica scolastica, ma di unappellarsi ad una conoscenza del passato meno lontana, divaricataed estranea rispetto all'esperienza esistenziale che caratterizza lenostre vite di uomini e donne.

Intorno a queste osservazioni, ragionamenti e discussioni hacominciato a delinearsi con maggior cura l'itinerario di lavoro cheandavamo tratteggiando: come insegnanti era necessario compren-dere quale storia avevamo insegnato, quale potevamo insegnare,con quali apporti, contributi e confronti con altre discipline. In que-st'operazione di aggiornamento professionale l'obiettivo non hamai cessato di essere lo studente e la studentessa. Poteva questolavoro raggiungere e attivare circuiti di interesse e partecipazionemaggiori nelle classi? Il punto di forza del progetto, portato avantidalle insegnanti del XVII distretto scolastico di Scandicci, è statoproprio la riposta delle classi, il coinvolgimento di molte famigliee il sostegno sempre dimostrato per questa iniziativa. Ritengo chequesto risultato sia già in sé soddisfacente e induce a pensare che

13

sia questa una delle strade per affrontare un momento importantedella professionalità docente, qual’è l'aggiornamento professiona-le. Non vi sono ricette già preconfezionate, tuttavia ci sono alcuniingredienti necessari come l'impegno e la curiosità intellettualedegli insegnanti, ma anche realtà di lavoro/aggiornamento in unadimensione collaborativa.

Progressivamente il gruppo evidenziava la necessità di indivi-duare un diverso focus con il quale interrogare la vicenda storicaper rintracciare due soggetti plurali e perseguire un obiettivo ambi-zioso, qual'è la rappresentazione delle identità femminili e maschi-li, in una trama complessa dove entrambi i generi possano alfineessere rappresentati.

L'analisi del manuale o testo/sussidiario diventava allora cen-trale per proporre poi alle classi un percorso didattico nel quale rin-tracciare e attivare circuiti di interesse e creatività. Abbiamo solle-citato gli studenti ad interrogare e non solo ascoltare e passiva-mente "imparare" la storia, abbiamo proposto la ricerca di immagi-ni e di segni di una corporeità maschile e femminile con la qualeannodare i fili di una storia generale, che non crediamo debba esse-re negata o accantonata, ma integrata e attraversata da uno sguardoattento a leggere due soggetti plurali, le donne e gli uomini nelleloro relazioni reciproche e nei rapporti che entrambi hanno vissutoe costruito con le istituzioni civili e religiose in un processo dovepermanenze e fratture si definiscono nel lungo periodo.

Questo itinerario di ricerca-azione ha presentato dunque duemomenti: da un lato sperimentare nelle classi una diversa modalitàdi approccio alla storia studiata e insegnata, dall'altro impegnarsi inun lavoro di riflessione, che ha portato il gruppo a confrontarsi conla metodologia della storia delle donne e dell'identità di genere; leinsegnanti studiavano e discutevano su come restituire e mediare,nella loro didattica, le riflessioni che venivano sviluppando attra-verso letture, discussioni e confronti che quasi settimanalmenteerano svolti all'interno del gruppo di lavoro. Un percorso incrocia-to, fatto di letture, ipotesi teoriche e mediazione didattica, interessie curiosità per una storia che si apriva alle vicende di soggetti sin-goli e collettivi. Le insegnanti hanno così cominciato a "sezionare"

14

la storia insegnata, andando a rileggere consuetudini e pratiche dilavoro consolidate, con l’obiettivo di trovare nuovi stimoli e ipote-si didattiche per gli studenti. Il nodo centrale dal quale iniziare erarappresentato dalla nostra identità come insegnanti e come donne;cominciavamo così ad interrogarci e a discutere intorno alle nostreesperienze professionali, al nostro lavoro in classe, alle nostre dif-ficoltà nel tradurre in lezione/lezioni la trasmissione della storia.Abbiamo allora capito che il nostro progetto non era qualcosa diben disegnato e coerente, ma al contrario si presentava con tantiaspetti problematici e tanti quesiti, che venivano però evidenziati ediscussi. Nel cercare un modo di interrogare con gli studenti la sto-ria "sempre uguale" nei diversi ordini scolastici ricercavamo rile-vanze forti che ci potessero permettere la definizione, ancheapprossimativa e disomogenea per il momento, di elementi ingrado di illuminare quei soggetti femminili, in parte "nascosti"dalla costruzione teorica dei nostri manuali. In questo itinerario diricerca-azione abbiamo cominciato a definire meglio la nostravisione della storia e delle tante questioni che la attraversano: lacomparazione, la causalità, la narrazione, la posizione dei soggetti,le alleanze fluide con discipline diverse, concezioni mutabili deltempo e dello spazio e molti altri ancora.

Nel delineare i vari aspetti che compongono la lettura dellastoria e la sua mediazione didattica si poneva il problema di fare iconti con le nostre esperienze professionali e la nostra formazione;tutte eravamo insegnanti di storia, accanto a qualche altra discipli-na, ma i nostri ambiti di riflessione e di studio si presentavano inmodo assai differenziato. I diversi approcci all'insegnamento e alladisciplina, la diversa collocazione nell'ordinamento scolastico,dalla scuola materna alla secondaria superiore diventava così unavera ricchezza; l'esperienza nel suo farsi evidenziava un comunedesiderio di ripensamento circa le modalità d'insegnamento dellastoria nei vari ordini scolastici e una ricerca di percorsi innovativiche avessero come punto di partenza la nostra esperienza profes-sionale. Dietro le scelte teoriche di ognuna di noi c'è un percorsoesistenziale e intellettuale difficile da districare nelle diverse com-ponenti; tuttavia l'insegnamento della storia, pur nei diversi ordini

15

scolastici, rende necessaria la riflessione sul valore della trasmis-sione/comunicazione tra le generazioni come dimensione intersog-gettiva nella quale è possibile cogliere una caratteristica specificadella storia stessa, l'essere trasmissione da una generazione all'altrae il suo costituirsi in rapporto dialettico con diverse modalità inter-pretative. L'assunto sul quale il gruppo di lavoro ha costruito il suopercorso, muoveva dalla consapevolezza che insegnare storia allascuola superiore o all'università non doveva essere consideratocome profondamente diverso dall'insegnarla alle elementari, varia-no le modalità e gli approcci della mediazione didattica, ma non lastruttura e i problemi connessi alla disciplina nel suo complesso.

Non si tratta di condurre operazioni di mimesis per riprodurreda insegnanti il lavoro dello storico, tuttavia la morfologia e la sin-tassi della disciplina non possono essere ignorate, a qualsiasi ordi-ne scolastico si appartenga; il rischio è insegnare qualcosa d'altroche poco o nulla ha a che fare con la disciplina stessa. Non dimen-tichiamo che etimologicamente in-segnare vuol dire imprimere,lasciare un segno, una traccia. Dunque il nostro compito come inse-gnanti è imprimere quelle coordinate, la grammatica della disci-plina sulla quale andrà a costruirsi il processo di formazione delsenso storico degli studenti.

In questa prospettiva il momento più pregnante per l'interoprogetto è stato l'incontro con la storia delle donne e le prospettivedi genere; si tratta di due locuzioni che sempre più spesso, ma inmodo erroneo, vengono usate come sinonimi. Simonetta Soldaniha recentemente sottolineato la differenza che corre tra l'uno e l'al-tro approccio, notando come il primo faccia riferimento ad unaespressione più ovvia e "domestica", mentre il secondo a una tra-duzione, a un calco della lingua e della cultura americana. Entram-be le accezioni permettono tuttavia, a livello didattico, di proporreun'interrogazione del passato a partire dal soggetto interrogantenella sua "identità plurima", prima fra tutte perché costitutiva, l'i-dentità sessuale9. L'abitare insieme di questi due soggetti plurali, gliuomini e le donne, pur in posizioni diverse i tempi molteplici dellastoria ci è apparso un tema che poteva informare e uniformare ilprocesso di riflessione sulla storia insegnata. Non abbiamo pensa-

16

to di proporre una lettura della didattica della storia delle donne eper le donne, pensiamo che entrambi i generi abbiano diritto adessere rappresentati, quando si affronta con gli studenti maschi efemmine un percorso di ricostruzione storica. D'altra parte le gran-di trasformazioni del Novecento hanno posto una questione forte dicittadinanza, che "attraversa" i generi e che richiede di essereaffrontata e declinata. Non si tratta dunque di inseguire l'ultimamoda storiografica, bensì di cogliere dalla ricerca quelle suggestio-ni e quei pensieri che, ossigenando la professionalità degli inse-gnanti, permettano un rapporto più dinamico con la disciplina e uncoinvolgimento maggiore degli studenti.

Raccontare la storia/le storie significa creare una connessionetra il passato, il presente e il futuro, vuol dire insegnare una tradi-zione che può e deve essere rinnovata contro le illusioni di ogget-tività della storia e di neutralità dello storico, avvertendo continua-mente dei passi compiuti e delle scelte fatte. La didattica della sto-ria può trasformare la richiesta di oggettività della storia in consa-pevolezza delle procedure da seguire per interrogare il raccontodella vicenda umana e nutrirlo degli interrogativi e i lati ancoraoscuri, con i quali la ricerca deve fare continuamente i conti. Lacostruzione di intersoggettività tra la nostra identità come inse-gnanti e i ragazzi e le ragazze con i quali costruire itinerari di rifles-sione e di studio sulla storia richiede sempre di più una didatticaattenta alla storia delle donne come vicenda che appartiene adentrambi i generi. Non si tratta di aggiungere e/o giustapporre lastoria delle donne alla storia generale, bensì di proporre un approc-cio sessuato nella ricostruzione storica da intendersi come atten-zione e sensibilità alla dimensione della soggettività e della rap-presentazione culturale e simbolica del rapporto fra i sessi nel corsodel tempo; siamo convinte che le relazioni fra i sessi non siano dateper natura, viceversa siano il frutto di una relazione sociale costrui-ta e rimodellata di continuo.

Notava Pierre Bourdieu come la storia non possa accontentar-si di registrare l'esclusione delle donne dall'una o dall'altra carrierae/o disciplina, bensì debba prendere atto e rendere conto dellariproduzione e delle gerarchie (professionali, disciplinari ecc) non-

17

ché dei meccanismi che le donne stesse hanno favorito contribuen-do con la loro tacita accettazione al loro perpetuarsi10. Rendere dun-que esplicito questo processo, cercare di evidenziarlo significa per-mettere agli studenti, maschi e femmine, la costruzione di un'iden-tità di genere che superi i presupposti dell'impostazione patriarcale- fondata sull'omologia tra il rapporto uomo/donna e quello adul-to/bambino - e verosimilmente quelle iscritte nelle sue strutturegerarchiche tra discipline e scuole "morbide" e "dure" tali da inari-dire chi le pratica e si ponga nella prospettiva di una lettura dellavicenda storica maggiormente attenta a comprendere differenze einclinazioni, abitudini e comportamenti iscritti in una struttura cul-turale di soggetti individuali e collettivi, maschili e femminili. Sitratta di un cammino complesso, ma il porsi consapevole dei pro-blemi da affrontare colloca gli insegnanti nella condizione di ripen-sare criticamente le loro pratiche didattiche di declinazione deisoggetti maschili e femminili da rintracciare nell' insegnamentodella storia.

Prima di lasciare a questo racconto composto a più mani in unadimensione collaborativa, tutto lo spazio delle scansioni, dei pas-saggi e dei processi esaminati è necessario premettere un'ultimaconsiderazione: il materiale presentato è semplicemente una tracciaper ulteriori indagini, riflessioni e sviluppi, una sorta di workingpaper sul cammino percorso e sui molti quesiti che ancora riman-gono aperti per quanto riguarda il rapporto insegnamento/appren-dimento. In questo senso, si tratta di un piccolissimo contributo siaalla riflessione sul curricolo verticale, sia alla didattica della storiain una prospettiva che riconosca la differenza di genere come l'o-rizzonte di precomprensione delle altre differenze - diversità chepopolano la complessità dell'esperienza umana.

La decisione di pubblicare questo lavoro nasce dalla neces-sità, non più procrastinabile, di documentare i lavori che vengonosvolti nelle classi, quale segno della professionalità insegnante, maanche dal bisogno di un confronto scientifico che sulla scuola enella scuola bisogna costruire, partendo non da astratte formula-zioni, bensì dal lavoro e dai risultati conseguiti per quanto attieneall'interesse, alla partecipazione, al coinvolgimento e al

18

dialogo/relazione che riusciamo a costruire con le giovani genera-zioni.

Nel riflettere sui tempi e gli spazi della storia ci siamo chiestequali nozioni/concetti i bambini e le bambine maturano a partiredalla scuola dell'infanzia. Il gruppo di ricerca-azione ha visto anchela presenza di alcune insegnanti di scuola materna, alle quali è statachiesta una riflessione sulla dimensione dello spazio e del tempo,categorie fondamentali per qualsiasi approccio allo studio dellastoria.

Molto spesso l'attenzione sull'infanzia è orientata verso l'ana-lisi di situazioni di disagio e si continua a pensare che questo siaesclusivamente legato alla sfera economico-sociale; poco si èriflettuto e discusso sulla difficoltà che si può verificare quando sipropone un'educazione non consapevolmente attenta ai processi dielaborazione di un'immagine sessuata di sé, allorché si parla di sog-getti in formazione. Proporre una riflessione su questi argomenti hasignificato per me, quale coordinatrice di questo gruppo di lavoro,rendere conto degli spostamenti di pensiero che accadono allorchési parte dal presupposto che il processo di nascita non si esauriscecon il semplice venire al mondo, ma continua in ogni istante in cuisi definiscono le capacità individuali di strutturazione e di autono-mia della personalità. Riflettere, partendo da questo assunto, hacomportato per il gruppo e soprattutto per le maestre della scuoladell'infanzia e delle elementari elaborare riflessioni e percorsi dilavoro attenti a individuare quale diversità di ruolo hanno le figurematerne e paterne all'interno di questo contesto storico nel quale èdifficile specchiarsi nelle figure del maschile e del femminile(genitori e insegnanti) della/e generazione/i precedenti.

A partire da ciò, occorre ragionare su cosa significhi rifletteresull’intenzionalità da adottare al fine di poter sostenere, nellenuove generazioni, la costruzione di identità di genere e con esse laprogettualità esistenziale in cui sia il ricordo, ossia la memoria ela-borata del proprio vissuto emotivo-esperenziale, sia la rappresenta-zione del proprio futuro vengano raffigurate e contemplate. Affin-ché ciò avvenga è necessario che i bambini e le bambine siano messi in condizioni di partire dalla loro storia per poter leggere la Sto-

19

ria; insegnare ad alunni e ad alunne a porsi delle domande, puòsignificare intaccare la sudditanza nei confronti dei libri di testo iquali inducono spesso a rappresentare la storia come qualcosa diconcluso e non come qualcosa di aperto nel quale potersi inserire.Insegnare la possibilità di coniugare il tempo della storia con lapercezione del tempo personale, consente di far percepire a bambi-ni e bambine un accesso all'interno della trasmissione del saperestorico, al fine di poterlo interrogare.

Il percorso di lavoro non si è esaurito nella discussione/elabo-razione di un diverso approccio metodologico alla storia; al di làdel quadro teorico appena delineato, le insegnanti hanno costruitoalcuni moduli partendo dalle epoche storiche che erano oggettodella loro programmazione annuale: alcune dunque, come rivelanole indicazioni che seguono, partendo dalla storia antica si sonomosse fino al medioevo, altre hanno lavorato solo sul mondo lati-no. Anche da questo punto di vista si è trattato di un'esperienzainteressante perché ha interagito profondamente con lo svolgimen-to del programma andando a delineare una nuova prospettiva, siaper quanto attiene la metodologia adottata, sia per la scelta di undiverso sguardo con il quale interrogare la storia.

Ripercorrendo la storia delle donne dall'antichità greca e roma-na è possibile inoltre comprendere i radicali mutamenti intervenu-ti, nel corso del Novecento, per quanto riguarda la condizione dellavita femminile e il riconoscimento della piena capacità alle donnedi essere titolari - almeno nelle società occidentali - di diritti sog-gettivi. Cammino complesso e contraddittorio che esige, sul pianodella ricerca, una sua organica sintesi; le pagine che seguono nonhanno dunque l'ambizione di proporre alcuna ricostruzione dell'in-tera storia delle donne nell'antichità greca e romana, si propongo-no semplicemente di suggerire alcuni momenti e alcuni aspetti diquesta vicenda che il gruppo di lavoro ha ritenuto particolarmentesignificativi. Ricostruire questo passaggio esige alcune precisazio-ni di metodo: la vita delle donne greche e romane è rimasta pres-soché anonima; possediamo poche informazioni sull'età matrimo-niale, sul numero delle maternità portate a termine e sul tempointercorso tra l'una e l'altra, sulle diverse condizioni di vita dei sog-

20

getti a seconda della diversa collocazione nella scala sociale. Eppu-re le raffigurazioni femminili non mancano: le statue, le immaginiche decorano i vasi che hanno funzioni specifiche e sono riservatiai diversi rituali (matrimoni, funerali, iniziazioni e sacrifici), sonoil prodotto e il risultato di una scelta che artigiani e artisti effettua-no nell'ambito della realtà che li circonda. Ad esempio le raffigura-zioni analizzate dalle insegnanti della scuola elementare e dellascuola media si prestano ad essere integrate e confrontate con letestimonianze che provengono dalle opere letterarie e filosofiche,talvolta incomplete e in contraddizione, eppure necessarie per svol-gere alcune riflessioni sulla presenza femminile e la sua rappresen-tazione simbolica e culturale, interrogate dalle insegnanti dellascuola superiore.

Osservare la vita e seguire le vicende di organizzazioni socia-li come quella greca e romana aiuta a comprendere, se non ilmomento, almeno le modalità oltre che alcuni dei motivi attraver-so i quali nacque la divisione dei ruoli sessuali, significa provare adosservare il passaggio storico nel quale questa divisione vennecodificata e teorizzata e cominciò ad essere indicata come il rifles-so di una differenza biologica, automaticamente tradotta nelladebolezza/ inferiorità delle donne. L'organizzazione sociale dellapolis era tale da esigere la determinazione rigida dei ruoli sessuali,quale conditio della sua esistenza e sopravvivenza. In questo sensoe con tali obiettivi si è giunti alla teorizzazione della "naturale"diversità e inferiorità femminile: Aristotele indica infatti nelladonna la "materia" (in contrapposizione all'uomo "spirito" e"forma") escludendola dal Logos e dalla ragione, dunque fissandonella storia una sorta di incapacità naturale sia sul piano politico,sia su quello del diritto privato.

Non posso concludere questa presentazione senza ringraziaretutte le colleghe del XVII distretto scolastico di Scandicci con lequali ho lavorato e dalle quali ho imparato molto, il direttore delIII° Circolo didattico di Scandicci, dottor Pilato che ha creduto eincoraggiato questo progetto e, last but not least, Donatella Dega-ni e Marco Biondi, del Centro Risorse Educative e Didattiche, che

21

hanno seguito tutte le fasi di pubblicazione di questo Workingpaper con grande cura, sensibilità, professionalità e interesse.

Elvira Valleri

1 P.Ariès, Il tempo della storia, Bari, Laterza, 19872 G.Duby, Il sogno della storia, Milano, Garzanti, 19863 Su questi temi sono da segnalare diversi interventi in Tempo, Memoriae identità, a cura di P.Falteri e G.Lazzarin, Firenze, La Nuova Italia, 19864 P.Vidal-Naquet, Gli assassini della memoria, Roma, Editori Riuniti,19935 A.Bravo, I libri di testo:manuali di storia, "Genesis" I/2, 20026 N.Zemon Davies, Women's History in transition: The European Case,in "Feminist Studies",III, 1976; B.Smith, The contribution of Women toModern Historiography in Great Britain, France and the United States,in "The American Historical Review",89, 1984; G.Pomata, Storia partico-lare e storia universale: in margine ad alcuni manuali di storia delledonne, in "Quaderni Storici", 74, 1990; I.Porciani, Il Plutarco femminile,L'educazione delle donne. Scuola e modelli di vita femminile nell'Italiadell'Ottocento, a cura di S. Soldani, Milano, Franco Angeli, 1991; I. Por-ciani e A. Scattigno, Donne ricerca e scrittura in Italia fra otto e nove-cento un quadro d’insieme in “Annali dell’Istituto storico italo-germani-co in Trento” XIII, 19987 M.Palazzi, Riattraversare la storia contemporanea, Saperi e libertà.Maschile e femminile nei libri nella scuola e nella vita, Vademecum Poli-te II, 20018 J.Austen, Northanger Abbey, (1818), Milano, 1982, p.919 S.Soldani, Storia delle donne e storia di genere:la leva della differenza,Insegnare storia. Riflessioni a margine di un'esperienza di formazione,a cura di S.Baldocchi, S.Bucciarelli, S.Sodi, Pisa, Edizioni ETS, 200210 P. Bourdieu, Il dominio maschile, Milano, Feltrinelli, 1998

22

Raccontare e analizzare le esperienze

Il gruppo che ha lavorato a questo progetto per circa tre anni,si è costituito nel 1999; dopo i primi incontri si è realizzato fra ledocenti un clima di collaborazione e attenzione reciproca per i rac-conti, le perplessità, i dubbi che venivano evidenziati; pensiamo chequesta capacità di ascolto sia stata uno degli ingredienti più impor-tanti del nostro gruppo, che si è posto come primo obiettivo unripensamento delle modalità di insegnamento/apprendimento e suc-cessivamente i problemi connessi alla didattica della storia in un'i-potesi di curricolo verticale. Ognuna si è sentita libera di raccon-tare la propria vita in classe, fatta di dubbi e di difficoltà, ma anchedi rapporti emotivamente coinvolgenti con i ragazzi, di rispostepositive a certi stimoli che venivano offerti, di domande e curiositàche a volte non erano soddisfatte.

L'esigenza di trovare un filo conduttore, una "bussola" perorientarsi nella complessità della narrazione storica ci ha gradual-mente avvicinato alla categoria storiografica dell'identità di gene-re. In questo senso abbiamo cercato di riordinare i nostri pensieri ele nostre modalità di approccio all'insegnamento della storia e nelfar questo abbiamo dovuto mettere sul tappeto i diversi problemiche ogni giorno affrontiamo nei differenti ordini di scuola.

Da questo confronto è nata una riflessione sul nostro modo diinsegnare la storia. Ascoltare e ascoltarsi è stato uno dei "motivi"dominanti del gruppo, che ha permesso a ciascuna di cominciare amisurare il proprio punto di vista e il personale rapporto con ladisciplina; questo ha reso possibile un ripensamento sia sul nostrometodo di insegnamento della storia, sia sulla scelta dei contenu-ti. Per esempio mettere a confronto l'esperienza di una scuola ele-mentare con quella di una media e di una superiore ci ha confer-mato, se mai ci potessero essere stati dubbi, che la ripetizione cicli-ca degli stessi periodi e delle stesse tematiche in molti casi attra-

23

verso un semplice ampliamento delle conoscenze proposte, non è ilprocedimento migliore. Probabilmente è più opportuno individua-re una sorta di "grammatica" della disciplina, delle rilevanze fortisu cui strutturare il curricolo verticale. L'esigenza di rinnovare lapropria modalità di approccio alla storia ci ha portato necessaria-mente a rivedere i meccanismi che suscitano interesse nei ragazzi,come ha affermato Franca Gambassi nella sintesi della sua espe-rienza, qui di seguito raccolta.

Iniziare un percorso ragionando al femminile, non pensiamovada inteso solo come fare del “femminismo" ma anche e soprat-tutto, in quanto osservazione e ricerca, imparare a vedere gli acca-dimenti storici da un’ottica che non sia unicamente quella conven-zionale e nella quale le figure femminili sono spesso offuscate.

I nostri studenti hanno poche occasioni di essere spinti a ricer-care un modo autonomo per interpretare la visione del presente edel passato, oppressi come sono dal martellamento psicologicodella pubblicità e dagli schemi. Ricorda Lidia Fibbi, come imanuali della scuola elementare siano troppo sintetici, incompletie purtroppo, a volte, anche inesatti, presentando la storia esclusi-vamente come un excursus spazio-temporale del mondo conven-zionale e paludato dei grandi uomini.

Si è troppo spesso dimenticato che c'era anche un'altra partedell'umanità che ha concorso a fare la storia ed alla quale, nelbene e nel male, dobbiamo il nostro modo di essere nella contem-poraneità. Maria Grazia Mazzù, una collega della scuola media,ha iniziato il suo lavoro nelle classi partendo da quella parte"oscura" che ha contribuito a fare la storia; citando Bertold Bre-cht chiede ai suoi studenti di una Iª media chi sono i soggetti dellastoria e se quei "piccoli uomini" mai citati nei libri di testo, chehanno costruito "Tebe dalle cento torri" hanno un loro spazio nellastoria affrontata fino ad allora. Oltre agli avvenimenti, ai principi,papi e imperatori la storia può e deve parlare dei tanti "piccoliuomini" e delle tante donne che hanno vissuto e contribuito acostruire le città come Tebe dalle cento porte.. Bisogna imparare ariconoscere questa umanità "nascosta" dai manuali di testo; emer-ge allora la necessità di lavorare in un altro modo, sforzandoci di

24

considerare la storia delle donne non come una semplice aggiun-ta, ma come parte integrante della grande "storia". Non si trattasemplicemente di riparare ad un danno subito, dando visibilità achi non l'aveva, bensì comprendere come le vicende e il pensierodelle donne (e sulle donne) siano essenziali per capire la storiasociale, come quella politica ed economica, perché illuminando lastoria delle donne cambiamo il nostro modo di vedere e interpre-tare vicende e scansioni storiche.

Nel caso della scuola elementare è necessario reperire docu-menti facili ed immediati, piuttosto iconici che scritti, data la mag-giore attitudine dei nostri alunni alla visione che non alla lettura.Il testo scritto infatti può essere di difficile interpretazione e com-prensione ma dalle immagini, il lavoro con i bambini presenta ele-menti di maggiore duttilità, pur con tutte le cautele metodologicheche è necessario premettere quando si interroga un documento ico-nografico.

L'elemento più importante che è scaturito dal nostro lavoro, èla consapevolezza che la realtà sociale è doppia, sessuata, esprimee sottintende continuamente concezioni del maschile e del femmi-nile. Se nell'osservare il mutamento, le istituzioni, i sistemi cultu-rali della società teniamo presente che essi si evolvono e si strut-turano in un certo modo in quanto mossi da due generi diversi, ilnostro sguardo si estende e si arricchisce. Nota franca Gambassicome, dopo tanti anni di scuola abbia cominciato a guardare conuno sguardo diverso gli stessi testi. Certo, se ci fossero manualiche già leggono la storia come una realtà dove donne e uominipossono essere entrambi rappresentati, il nostro compito comedocenti sarebbe molto più facile, perché credo che lo spostamentodello sguardo sulla storia come prodotto di due soggetti plurali,donne e uomini, attivi nei ragazzi un maggior interesse e una mag-giore capacità di comprensione.

Le insegnanti, sia della scuola dell'infanzia, sia della scuolaelementare, hanno individuato nel tempo storico una prioritàattraverso la quale strutturare i propri percorsi di lavoro. Inse-gnare a pensare il tempo storico porta a evidenziare l'importanzadella temporalità come dimensione della coscienza e forma basila-

25

re dell'esistenza umana. Tradurre operativamente tale priorità, perle insegnanti, ha voluto dire sperimentare percorsi volti ad avvia-re gli alunni verso forme di temporalità plurime che guidano a unospostamento d'accento dalla percezione della linearità a quelladella durata. Per quanto riguarda l'insegnamento-apprendimentodella storia, la dimensione del tempo gioca una ruolo fondamenta-le, è dunque necessario agevolare nei bambini un processo logicoche favorisca il passaggio della comprensione dal tempo vissuto altempo pensato, al fine di poter gradualmente pervenire all'appren-dimento del tempo storico. Imparare a pensare il tempo storico fasì che si aprano all'interno del gruppo-classe spazi di narrazionenei quali le soggettività femminili e maschili possono prendereforma a partire da un rapporto comunicativo e da un'elaborazionedi dati e materiali capaci di eliminare il meccanismo del distan-ziamento della propria esperienza.

Gabriella Gualtieri

26

Gli spazi esplorati e posseduti e i tempi del vissuto personalealla scuola materna

Il nostro progetto educativo-didattico si è sviluppato a partire-dall'analisi dello spazio esplorato per i tre anni, all'organizzazionedello spazio posseduto per i quattro anni, fino a giungere allo spa-zio sociale per i cinque anni. Si tratta di un’ipotesi di lavoro che col-loca il percorso motorio e topologico come momenti riconducibilialla conoscenza dell'ambiente, vista come dimensione dello spaziofisico in cui viviamo. Ma lo spazio non è pienamente vissuto se nonin stretta relazione con l'ambiente umano, per cui risulta evidente laconnessione dello spazio fisico-geografico con il tempo storico,inteso per i bambini di questa fascia d'età, come vissuto personale.

Parallelamente alle tappe spaziali, abbiamo pensato ad unascansione temporale che muovendo dalla ricognizione del tempovissuto per i tre anni, al tempo rappresentato per i quattro anni, altempo storico-affettivo per i cinque anni.

Per ciascuna delle tappe legate al binomio spazio-tempo sonostate organizzate attività didattiche conformate agli obiettivi pro-grammati per le tre fasce d'età all'interno dei vari campi d'espe-rienza. L'obiettivo che ci siamo prefissate può articolarsi in quattropunti:

1 Avvio alla comprensione di sequenze e successioni temporaliin riferimento al proprio vissuto.

2 Primi tentativi di ordinamento, sulla linea del tempo, di fattied eventi personali.

3 Avvio alla capacità di cogliere nel cambiamento lo scorrere deltempo.

4 Avvio alla formulazione di ipotesi intorno agli effetti del cam-biamento.

27

Le proposte operative di seguito indicate, hanno mirato a:

Scoperta dell'io corporeo gioco simbolico: la nursery

Drammatizzazione di momentifondamentali del rapporto genitori-figli.

La mia storia: come ero/come sono carta d'identità.

Cosa c'era quando io non c'ero mediante la ricerca di vecchie foto, coinvolgendo anche lafamiglia, è stata promossa unaosservazione mirata sulle dif-ferenze e uguaglianze tra ierie oggi.

Quale nesso c'è tra questi temi e l'educazione storica?Se noi poniamo al centro della formazione storica il tema del-

l'identità risulta allora conseguente e necessario un itinerario didat-tico che veda in questa fase scolastica la messa a fuoco di un atteg-giamento più pensoso, vigile, più problematizzante sul tema deiruoli sessuali. L'argomento della nascita, che la storia personalenecessariamente implica, evoca nei bambini fantasie ed emozioni,che possono essere oggetto di un'attività di animazione: madriimpazienti e sofferenti, padri ansiosi e preoccupati, neonati rilut-tanti a lasciare il grembo materno.

Nei racconti fantastici che rievocano la loro nascita, i bambiniattraversano e fondano la loro individualità di femmine e di maschi.In tal modo abbiamo scelto di affrontare una didattica della sogget-

tività in rapporto alla storia centrando il nostro itinerario educativosul tema dell'identità e della sua rappresentazione, evitando così diavviare il primo contatto con la storia attraverso la comunicazione

28

� �

con un assente (il passato), assai difficile da raffigurare in questafascia d'età. Pensare al momento della propria nascita consente inol-tre al bambino/a l'accesso ad alcuni sistemi simbolici (desideri,paure, gelosie, gioie) che sono cruciali per la strutturazione del sensodi sé. Riflettere sull'immagine del proprio corpo significa inoltre ini-ziare a percepire i saperi legati al tempo della crescita, del muta-mento e della trasformazione, permettendo così l'origine di un rap-porto individuale con la conoscenza. Si tratta di ipotizzare l'inizio diun percorso conoscitivo capace di proporre una relazione con la pro-pria identità corporea mai neutra; in questo senso i bambini e lebambine possono essere aiutati ad esplicitare i passaggi legati all'in-treccio tra la propria storia personale e il trascorrere del tempo: laloro collocazione nel presente, la proiezione di sé nel futuro. L'ap-partenenza di genere appare dunque un dato fondante, sia per la strut-turazione dell'identità dei bambini, sia per quanto attiene la relazio-ne che essi intrattengono con gli adulti. Non deve inoltre stupire chequesto passaggio sia affrontato attraverso la dimensione fantastica eimmaginaria da leggersi non i funzione oppositiva rispetto alla realtàdella quale, tuttavia, non ne costituisce il calco. La fantasia può esse-re uno chiave straordinaria per accedere più tardi alla ricostruzionedei saperi; l'immaginazione serve infatti per proporre nuove ipotesidi lettura allo scienziato come allo storico; creatività e immaginazio-ne possono diventare così le basi necessarie per pensare nuovi e sug-gestivi rapporti con la realtà e il linguaggio.

Tiziana Cioni, Piera Pesci, Stefania Sbolci

29

Dalle storie alla storia: l'esperienza della scuola elementare

La mia esperienza ha avuto inizio nell'anno 99/2000 con dueclassi seconde e, per essere più esatti, con cinquanta bambini. Dopopoche settimane dall'inizio della scuola abbiamo deciso di usarecome "fonti" i quaderni, i disegni, le foto dell'anno precedente,(cioè tutto quel materiale usato da ogni bambino per rielaborare lapropria storia personale), in modo da riflettere sul vissuto persona-le e ampliare l'indagine sul fotogramma della propria famiglia.

Tutti vengono invitati e stimolati a interrogare quelle "fonti"che possono integrare e mettere in discussione quanto i bambinigià sanno sul loro esser venuti al mondo: la madre, il padre, i fra-telli, i nonni. Ognuno di loro racconta un pezzetto, una parte diquell'evento unico e eccezionale che rapprsenta l’"evento" dellaloro vita. E' un tema che ricorre e che si approfondisce dal presen-te, la storia della classe, al passato prossimo, la storia personale eal contempo la costruzione di alberi genealogici familiari che deli-neano diversi fondali di ambienti sociali e storici che attraversanoil Novecento.

Nel corso dell'anno abbiamo partecipato inoltre ad un proget-to ministeriale dal titolo La storia delle storie. Viene scelta comericerca da svolgere la storia di una piccola statua situata nellanostra scuola, intitolata allo scultore Donatello Gabbrielli. Per rac-contare la storia di questa statua abbiamo scelto di costruire un’in-tervista con la figlia dell'artista, Leda Gabbrielli. La conversazione,guidata dall'insegnante, è stata gestita dai bambini.

Nella scuola materna e nel primo anno dell'elementari i bam-bini hanno cercato di individuare spazio e tempo riferiti ai loro vis-suti personali, ora chiediamo di ascoltare il ricordo di un altrotempo e di altri spazi, diversi da quelli fino allora vissuti dai bam-bini. La forma dell'intervista rende inoltre visibile ai bambini coleiche parla e ricorda un tempo e una memoria (stiamo parlando di un

30

periodo molto remoto per i bambini) che attraversa il fascismo, laSeconda guerra mondiale, gli anni Cinquanta. Il racconto di LedaGabbrielli ha solo l'obiettivo, nell'immediato, di far riflettere i bam-bini su una realtà molto lontana dalla loro: spazi, insediamenti abi-tativi a Scandicci, mezzi di trasporto, scuole, relazioni familiari,ruoli e rappresentazioni sociali. Con l'ingresso nel secondo ciclodella scuola elementare e con l'avvio del programma suddiviso inperiodi, riprenderemo questo ricco materiale e, in Vª elementare,affronteremo il tema del fascismo, della Seconda guerra mondialee dei primi anni del dopoguerra. L'intento sarà allora incrociare le"memorie" di Leda Gabbrielli con alcune delle vicende della storiadel Novecento, che i ragazzi saranno chiamati a studiare. Durantel'intervista i bambini pongono molte domande e Leda Gabbrielliricorda alcuni momenti del suo passato più o meno recente: dal-l'infanzia alla giovinezza, con aspetti sia affettivi e familiari, siasociali e relazionali.

Ecco uno stralcio di alcune domande sulle abitudini, sui costu-mi, mezzi di trasporto, divertimenti crescita abitativa di quel perio-do a Scandicci:D) Il suo babbo giocava spesso con lei da piccola?R) Sì, il tempo che aveva libero lo dedicava a noi; ci faceva i dise-gni, i giocattoli. Durante la fiera ci riproduceva i burattini: Pinoc-chio, Topolino e tanti altri.D) Dove la portava la domenica?R) Allora non c'erano mezzi di trasporto, così si doveva rimanerein paese e si facevano le passeggiate con il babbo e la mamma,lungo la Greve o lungo un ruscello chiamato il Rigone. Questoruscello ora non c'è più, ma era dove ha la casa Ruben. Inoltre siandava sulle colline o verso Scandicci Alto.D) La maestra ci ha detto che prima, a Scandicci, c'erano pochecase ed il suo babbo la domenica andava spesso in campagnaper dipingere; lei è andata qualche volta con lui?R) Un tempo, dove siamo ora, c'erano tutti campi e le case chevedete oggi non c'erano; c'era solamente la casa dei Pecorini, sullastrada per venire a scuola; anche in via Roma c'erano solo pochecase. Il mio babbo amava questi luoghi e la domenica spesso pren-

31

deva la bicicletta, la cassetta con i pennelli, il seggiolino e andavaa dipingere. A noi è rimasta una serie di quadretti che ci mostranoScandicci com'era.D) Le ha mai fatto usare i pennelli per dipingere?R) Probabilmente non ero portata per dipingere e lui non mi haspinto a provare; cosa che ha fatto con mio fratello; lui infatti haprovato a dipingere e a modellare.D) Le è dispiaciuto ?R) Forse un pochino sìD) Lei è andata spesso a Firenze, nello studio del suo babbo, avedere le sue opere?R) Sì, soprattutto quando sono cresciuta e sono andata a scuola aFirenze. La scuola c'era di mattina e di pomeriggio, così, all'ora dipranzo, per non tornare a casa, con mio fratello andavamo a man-giare allo studio. Il babbo ci comprava un panino lucido con un po'di salame e per noi era una festa. Non era facile raggiungere Firen-ze perché si doveva andare in bicicletta e le strade erano sterrate;quando pioveva, erano piene di fango. Spesso arrivavo a scuola conle braccia completamente bagnate e sporche.D) Tutte le bambine andavano a scuola a Firenze?R) No, pochissime se lo potevano permettere, io ero privilegiataperché potevo andare con il mio babbo che si recava al suo studio.D) Il suo babbo andava al lavoro in automobile?R) No, in bicicletta, anche quando pioveva o nevicava. Allora c'erail tram con le verghe, ma costava troppo e poche persone se lo pote-vano permettere. In tempo di guerra il mio babbo passava da Pontea Greve e si fermava spesso da un contadino che gli regalava deicapi di rapa da portare a casa.D) C'erano tanti autobus come ora ?R) No c'era il tram, ma passava molto raramente.D) Lei ci andava da sola?R) No, anche se ero abbastanza grande, andavo sempre accompa-gnata da qualche adulto, mentre mio fratello poteva andarci da solo.D) I ragazzi giovani avevano il motorino?R) No, avevano la bicicletta.D) Quando lei era molto giovane che canzoni c'erano?

32

R) Erano canzoni più sentimentali di ora, ma i titoli non li ricordo.Il babbo, anche quando ero grande, dopo la guerra, non mi manda-va a ballare, mentre i maschi potevano andarci. A Scandicci, per igiovani, c'era il teatro e alla fine dello spettacolo le persone lancia-vano sul palco caramelle e cioccolatini, invece dei fiori. Il cinema"Cabiria", una volta, era un teatro e si chiamava "Manzoni". Ungiorno, io ero piuttosto piccola, abbiamo ripetuto una recita pertutti i bambini delle scuole e la fiduciaria del Fascio, che era nelpalco della presidenza con il Podestà, volle premiarmi perché erostata brava, così mi mandò un bel pacco con dentro una bambola:il mio sogno si era realizzato.D) I vestiti erano come ora?R) No, si usavano i vestiti già usati dalle sorelle o dalle cugine piùgrandi.D) I giovani avevano i capelli colorati?R) No, assolutamente; a Scandicci c'erano due parrucchieri, mararamente potevamo andarci, questo avveniva solo per le grandioccasioni. I capelli venivano tagliati in casa.D) Lei abitava qui vicino?R) Sì, abitavo dove abito ora. Quella casa fu costruita dal France-schi, proprietario di tanti poderi, e il mio nonno, quando decise disposarsi, la comprò.D) Quando lei era piccola c'era questa scuola?R) No c'erano tutti campi.D) Lei a quale scuola è andata?R) Sono andata dalle suore e alle scuole pubbliche.D) Nella sua classe c'erano maschi e femmine?R) Si, erano classi miste.D) A scuola mettevate il grembiule?R) Si, le bambine lo avevano bianco e i maschi nero.D) Si ricorda quanti bambini c'erano nella sua classe?R) Non esattamente, ma era una classe molto numerosa.L'intervista prosegue con domande relative allo scultore DonatelloGabbrielli.

Attraverso questa serie di domande e risposte inizia a deli-nearsi, in modo sempre più differenziato, la rappresentazione che

33

la figlia dello scultore Gabbrielli attribuisce ai ruoli e ai compor-tamenti in relazione al "genere" maschile e femminile e i bambinine sono incuriositi, così in classe riprendiamo l'argomento. Questomi spinge ad allargare la ricerca ai nonni e alle nonne dei cinquan-ta alunni delle mie classi, così preparo un'altra serie di domande suigiochi, sul lavoro, sugli svaghi, e su nuove e diverse abitudini ecomportamenti di questo gruppo di persone.

Le risposte vengono lette, suddivise e riportate su diagrammia barre per rendere ben visibile ai bambini le diversità che scaturi-scono dall'indagine. Nei vari momenti di lavoro nascono moltediscussioni fra gli alunni, relative ai loro ruoli nel gioco, nell'ap-prendimento, fra le mura domestiche.

Mentre si procede verso la conclusione di queste indagini,relative al maschile e al femminile nella quotidianità familiare escolastica, mi sono chiesta, con una certa ansia, come avrei affron-tato l'inserimento del "genere" nello studio della Preistoria e dellaStoria Antica nel successivo anno scolastico.

Ero in grado di avere conoscenze sufficienti? C'erano testi omateriali vari adatti ai bambini di terza elementare? Sicuramentedovevo, io per prima, documentarmi e approfondire l'argomento,ma di questo non mi preoccupavo perché c'erano le competenze ditutto il gruppo che supportavano il mio lavoro.

Siamo arrivati in IIIª e siamo già nel 2000/01 e dallo studio delquotidiano e della realtà che ci circonda facciamo un salto a ritro-so nel tempo, fino ad arrivare molto indietro alla Preistoria e allaStoria antica.

Come ritrovare lo stesso entusiasmo e la partecipazione dimo-strata dai bambini nell'anno precedente. Nel cercare una possibilerisposta ho iniziato a porre ai bambini e alle bambine una serie didomande per attirare la loro attenzione:

• Le donne, mentre gli uomini andavano a caccia, che compi-ti svolgevano?

• Quando si afferma e che cosa significa per voi la divisionedei ruoli sessuali nella famiglia e nella società?

• Perché le statuette più antiche ritrovate dagli archeologi, raf-figurano soggetti femminili e non maschili?

34

• Visto che le vostre risposte sono diverse, chi può darci delleinformazioni maggiori? A quali testi dobbiamo fare riferimento percercare alcune risposte?

• Quelli che scrivono i libri di storia!- Mi hanno detto moltibambini/e.

Così prendiamo, dalla biblioteca della scuola, vari libri di testoper le classi terze, ma in quei testi si parla prevalentemente delleattività maschili, su quelle femminili poche righe assai laconiche.Spiego ai bambini che certamente ci sono altri libri scritti da stori-che/ci che possono aiutarci a capire meglio, ma che sono difficili epresuppongono una conoscenza articolata e profonda della storia. Ibambini mi hanno suggerito, allora, di provare a cercare le infor-mazioni che non riuscivamo a reperire sui libri di testo, in questomodo è nata una domanda di storia che poneva la classe in unadimensione di "ricerca" e di "ascolto". Ho chiesto loro di guardarea casa, tra i libri posseduti dalle famiglie, se vi erano testi e/oimmagini che ci avrebbero potuto aiutare. Dopo alcuni giornidiverse alunne/i hanno portato a scuola vari saggi, si trattava ora diesaminarli, mentre ricercavo per mio conto altri contributi in gradodi fornire almeno alcune risposte. Grazie alla lettura di testi miratie agli approfondimenti svolti nel gruppo di lavoro ho iniziato a pre-parare, per i bambini, delle schede di approfondimento. Si tratta dipiccoli riassunti sulla vita sociale e familiare delle donne, riferita avari periodi storici, da collocare in una provvisoria, ma necessaria,linea del tempo: Le donne nel periodo Paleolitico; I mutamenti del-l'immagine delle donne durante il Neolitico; Le donne nella societàAssiro-Babilonese; Le donne etrusche; I fenici e la regina Didone.Sono schede estremamente sintetiche, disponibili per scopi didat-tici presso la Scuola Donatello Gabbrielli del III° circolo di Scan-dicciche, che sottolineano le diverse mansioni e il delinearsi diruoli separati per uomini e donne nelle società antiche.

L'attenzione si è poi concentrata sulla ricerca di un diversosguardo e di una diversa lettura di quel capitolo che richiama allagloria e alla grandezza della Grecia e di Atene in particolare a par-tire dal VII secolo, quando le città greche cominciano a darsi leprime leggi scritte, opera di più o meno leggendari personaggi.

35

Atene occupa, fra queste comunità, un posto e un rilievo deltutto eccezionale ed è per questo motivo che le insegnanti dellascuola elementare e media hanno inteso orientare la loro ricerca-azione con i bambini sottolineando alcuni momenti della vita fem-minile. Il lavoro sia nelle classi della scuola elementare, sia dellascuola media ha comportato un grande impegno nel reperimento dimateriale iconografico che permettesse di indicare alcune primeipotesi di lettura in grado di illuminare una serie di aspetti dellavita quotidiana e corporea delle donne in età classica. Il docu-mento figurato, il vaso dipinto, è apparso alle insegnanti un puntodi partenza importante per iniziare con le classi il loro lavoro.Attraverso una serie di immagini rappresentate su vasi e piccolioggetti in creta, le insegnanti, interrogando questi documenti figu-rati e ricostruendo la loro diversa funzione, hanno scelto di inte-grare lo sguardo del manuale con una serie di riflessioni che lastoriografia ha elaborato. Questa tipologia documentaria è unostrumento di straordinario valore educativo perché riporta l'atten-zione del bambino ad oggetti d'uso che raccontano una vicenda diuomini e di donne che è possibile provare a ricostruire. Parole esilenzi nell'iconografia aiutano il bambino a pensare alla ricostru-zione storica in termini meno neutri e oggettivi, ma coerenti con laraffigurazione simbolica dei ruoli e delle figure maschili e femmi-nili che le società hanno voluto indirizzareb proponendo alcunicomportamenti e determinati valori. Le schede di seguito riprodot-te ed elaborate da Anna Renzoni hanno come obiettivo la lettura ela ricostruzione di alcuni momenti importanti della vita quotidianacome i riti matrimoniali e funerari, le offerte sulle tombe, la vesti-zione dei guerrieri, i cori e le danze, i lavori femminili.

Il lavoro in classe non ha potuto prescindere da una riflessio-ne di carattere metodologico che riguarda l'articolato e complessorapporto che ogni società intrattiene con l'universo figurativo, oggicome allora. Nella stessa Grecia molti tipi di oggetti figurativiobbediscono ad esigenze differenti. Limitarsi a una serie di vasiateniesi dei secoli V e IV a.C., studiati da Francoise Lissarrague(G.Duby-M.Pierrot, Storia delle donne in Occidente. L'Antichità,Bari 1994) permette di ragionare intorno al loro uso e alle immagi-

36

ni che gli artisti avevano scelto di decorare. Inoltre i vasi possonoessere classificati secondo il loro uso: alcuni sono legati al consu-mo del vino e dunque riservati ai momenti nei quali gli uomini lobevono (sympòsion), oggetti dunque prevalentemente maschili,altri sono destinati a momenti particolari come il matrimonio, ilfunerale, iniziazioni e sacrifici. Il percorso didattico proposto siponeva come finalità l'analisi, sicuramente parziale e solo tratteg-giata, di alcune immagini di donne così come l'universo maschileche le ha prodotte, mirava a raffigurarle. La scelta di iniziare il per-corso dall’analisi dei vasi decorati con scene che sono in rapportocon le cerimonie del matrimonio permette di sottolineare questorito di passaggio che assegna alla donna un posto centrale in un iti-nerario che vede il suo trasferimento da una casa (òikos) ad un'al-tra. Il matrimonio poggia su un accordo formale (engye), tra losposo e il padre della sposa, un accordo sul quale è associata la con-segna di una dote da parte di quest'ultimo. In questo accordo nonpare che la giovane donna debba esprimere il proprio consenso.

La prima immagine porta la classe a illustrare l'uso di una pissidenel mondo ateniese. Si prendono successivamente in considerazio-ni due immagini:

37

Fig. 1 - Corteo Nuziale (460 ca.) Paris,Louvre, pisside FR, L 55

Nell'iconografia del matrimonio i pittori hanno usato spesso ilrichiamo alla porta come punto di partenza o di arrivo come se sim-bolicamente il rito del matrimonio si svolgesse da una porta all'al-tra. In quest'immagine il corteo nuziale si snoda in un fregio conti-nuo dove dalla porta socchiusa appare una donna che potrebbeessere la madre della sposa e che rimane all'interno della casa, lasposa è già salita sul carro e ha il capo velato mentre lo sposo la staraggiungendo. La strada è indicata da un giovane uomo, seguito dadue donne che portano doni. Così F. Lissarague ha letto il fregio diquesta pisside: "Sono qui raffigurati parecchi aspetti: la sposalascia la casa nella quale restano i suoi; il matrimonio viene presen-tato da uno spazio all'altro, come un trasferimento lineare del qualelo sposo guida lo svolgimento; l'immagine valorizza la presenta-zione dei doni e il trasferimento dei beni che accompagna il matri-monio; e per finire, il corteo è guidato da un personaggio imber-be…il dio Ermes, colui che preside a tutti i passaggi e cambiamen-ti di stato" (F. Lissarague, p.187). Il coperchio della pisside è inol-tre decorato con figure celesti: il sole, la luna, la notte, quasi a col-legare il matrimonio e l'ordine del mondo sul quale i tre elementidel sole, della luna e della notte girano come sulla volta del cielo.

La seconda pisside, conservata al Louvre, presenta un diversoschema iconico di processione matrimoniale: si tratta di una versio-ne assi frequente in età classica della quale possediamo una quaran-tina di esempi. La porta sia da un lato che dall'altro è chiusa e a sini-

38

Fig. 2 - Il carro degli sposi (430 ca.) Pisside FR. London, British Museum

Fig. 3 - Di porta in porta (460 ca.) Pisside FR. Da Pfuhl

stra una donna sistema il velo della sposa che, semivelata, ha sulcapo una corona; con una mano tiene l'abito mentre l'altra si tendeverso il giovane che la precede e conduce il corteo: la successionedelle figure maschili e femminili hanno un preciso significato, inquesto caso - come è stato osservato - è l'uomo che con questo gestosigla il possesso della sposa. Apollo e Artemide (divinità che accom-pagna le fanciulle fino al momento delle nozze) fanno parte di que-sta rappresentazione. Il viaggio che conduce la novella sposa dallacasa del padre alla casa del marito assume un alto valore simbolicoperché significa il passaggio da uno status civile ad un altro e si iden-tifica con uno spostamento nello spazio ed è così che infatti vieneraffigurato. Partenza e destinazione sono raffigurate nella stessascena, e tutti e due i punti di questa simbologia sono luoghi chiusi: lacasa paterna e quella del marito. In questo modo i bambini si avvici-nano a quella antica rappresentazione che vuole il posto della donnatra una porta, che si apre per permetterle di uscire, ad un'altra che sichiuderà alle sue spalle appena entrata. Della donna ritenuta onestanon si dovrà più parlare se non attraverso gli uomini: Tacita Muta,come recita un testo di Eva Cantarella sulla donna nella città antica.

Altri rituali sono oggetto di rappresentazioni figurate: ritualiprivati familiari e rituali collettivi, legati alle feste pubbliche.

Nella serie di immagini dedicate ai rituali funerari è possibilecogliere alcuni elementi comuni a quelli che si ritrovano nell’imma-gini del matrimonio, soprattutto per quanto riguarda la collocazionespaziale dei personaggi che ci suggerisce alcune precisazioni perquanto riguarda il sistema di parentela, articolato attorno al morto.

39

Fig. 4 - I parenti attorno al morto (500 ca.) Pìnax FN. Paris, Louvre

La classe esamina questa tavoletta recante dei fori e destinataad essere fissata sulla tomba. L'immagine è molto rovinata, ma dalpunto di vista didattico, permette di fare alcune importanti consi-derazioni: il morto è sdraiato sul letto, con la testa sul cuscino,attorno a lui sette donne fra le quali due adolescenti, le iscrizionidenotano i gradi di parentela, la madre, la sorella, la nonna, tre zie.Le donne sono raccolte attorno al letto, guardano verso il defunto egemono, come stanno a precisare alcune iscrizioni (òimoi). Gliuomini invece all'ingresso della casa rendono l'estremo omaggio almorto, garantendo il suo riconoscimento sociale. In questa fasedomestica del rito ancora una volta le donne vengono raffigurateall'interno della casa e gli uomini all'esterno.

Ho fatto così osservare come l'iconografia accordi un postoimportante anche al momento delle offerte deposte sulla tomba;funzione che sembra fosse delegata alle donne, come mostranomolti vasi. Nell'immagine riprodotta la figura maschile sarebbe da

40

Fig. 5 -Offerte sulla tomba (450 ca.) Lèkythos a fondo bianco. Atene, Museo Nazionale

leggere non già come un visitatore, bensì come l'effige del defun-to che la donna si reca ad onorare.

Altri vasi ci rappresentano la vestizione del guerriero e il ruoloche alle donne era assegnato.

Molti vasi sono raffigurati con la partenza e la vestizione delguerriero (l’oplita, colui che va alla guerra a piedi). Prima di parti-re indossa la corazza per proteggersi il torace, gli schinieri per legambe, l’elmo per la testa, uno scudo rotondo, una spada e una lan-cia. Durante questa vestizione la donna, moglie o madre, è emprepresente; infatti e lei che lo aiuta ed è sempre con lei che offre sul-l’altare sacrifici agli dei, affinchè lo proteggano.

Nella figura 6 vediamo a sinistra un oplita, con la barba, giàarmato di lancia e scudo che, pregando, poggia sopra un altare

41

Fig. 6 -Partenza e preghiera davanti all’altare (530 ca.) Roma, Museo di Villa Giulia, anfora FN, 693. Soprintendenza archeologica per l’Etruria meridionale, Roma

un’offerta agli dei. Di fronte a lui una donna gli porge un elmo euna benda sacra. Anche la donna, rimanendo a casa, subisce questomomento difficile per tutti: la guerra.

Nella figura 7 vediamo sulla sinistra dell’altare un giovaneguerriero armato di lancia e sulla destra una donna, forse la madre,che gli porge l’elmo e lo scudo.

La rosa degli oggetti in mano alle donne contribuisce tuttaviaa definire, al pari di un'attività, la condizione femminile che vienecosì qualificata da questi attributi. E' il caso di un'immagine famo-sa e unica nel suo genere, con la quale ho scelto di introdurre que-sto problema sul lavoro femminile nel mondo greco. Nove donnelavorano la lana, alcune la filano, altre la pesano, altre piegano unpezzo di stoffa. Sulla spalla del vaso si accompagna alle immagini

42

Fig. 7 - Vestizione davanti all’altare (450 ca.) . Baltimore, Walters Art Gallery, cratere a calice FR, inv. 48.262

descritte una scena di danza corale. La tessitura e la danza appaio-no così complementari.

Questo lavoro ha permesso di gettare uno sguardo diverso al dilà del sussidiario, ha suggerito la ricchezza e la complessità che ledomande di storia delineano, ma ha anche accresciuto il rispettoreciproco fra femmine e maschi all'interno delle classi perché hasuggerito una visione meno neutra e stereotipata delle relazioniumane; spero che continuino ad interrogarsi su questi temi perpotersi riconoscere e ritrovare nel presente come due parti ugual-mente importanti per la società e per un'umanità più giusta e piùuguale nella diversità.

Anna Renzoni

43

Fig. 8 -La tessitura (540 ca.) New York, Metropolitan Museum of Art, lèkythos FN, 31.11.10

Giochi e vita quotidiana a Roma

L'esperienza didattica che racconto qui di seguito, riguarda l'i-struzione e la vita giornaliera nell'antica Roma ma, invece di parla-re del bambino che poi diventa uomo ed assume ruoli diversi nellasocietà e nella famiglia, questa volta protagonista del lavoro didat-tico è un soggetto femminile.

Ho cominciato dai giochi ed ho articolato così il lavoro: pre-sento l'immagine, in qualche caso fornisco alcune informazioni,altrimenti sono i bambini a raccontare quello che vedono. Tutticoncorrono all'analisi delle illustrazioni o del testo scritto, si rac-colgono poi i pareri, si confronta-no e si traggono le conclusioni. Ilpercorso che vorrei sintetizzareinizia con il racconto del ritrova-mento archeologico (fine ‘800) diun sarcofago nel quale vi è ada-giata una giovane donna, ornata dimonili d’oro e di perle, e della suabambola (pupa). Il sarcofagoporta lo stesso nomen che com-pare su un’altra tomba vicina, cer-tamente quella di un parente. Lagiovane romana si chiamava Cre-pereiaTryphaena, vissuta, verosi-milmente, mentre era imperatoreMarco Aurelio: lo svela l’accon-ciarura della bambola pettinataalla moda dell’imperatrice Fausti-na. La bambola è fatta di avorio, èsnodabile, ha un corredo di pettinini ed un anellino d'oro infilatonel pollice della mano sinistra.

44

Fig. 9 -Bambola di Crepereia TryphaenaRoma, Antiquario comunale

A questo punto provo a suggerire alcuni interrogativi cheripropongo di seguito in forma sintetica.

D) Confronta le bambole delle bambine di oggi con quella diCrepereia.R) Sono quasi uguali, però quelle di oggi non sono in avorio, sonofatte di plastica rosa, invece quella di Crepereia è di avorio, il colo-re è giallastro, quelle di allora erano snodabili come le attuali e cosìle bambine potevano farle sedere o farle camminare. In quelle anti-che le giunture si vedevano, in quelle di oggi non si vedono. Ora icapelli delle bambole si possono pettinare, a differenza della bam-bola di Crepereia. Le bambine romane cucivano i vestiti per le lorobambole oppure era una schiava o la nonna a farlo, ora gli acces-sori per le bambole si possono comprare già fatti.

Faccio presente ai ragazzi che da altre fonti (testimonianze)sappiamo che si regalavano bambole alle bambine piccolissime, afine dicembre, durante le feste dei saturnali.

D) Questa bambola è una testimonianza; secondo te che cosa cidice?R) Testimonia che le bambole esistevano anche allora e poi che lebambine avevano gli stessi modi di giocare.D) Perché le bambine giocano con le bambole?R) Da grandi fanno le mamme e così si esercitano.D) E se non si volessero esercitare?R) Ora fanno altri giochi, nei tempi antichi non lo sappiamo, maforse non c'erano alternative, perché dovevano fare le mamme perforza.

Spiego alla classe che quando la ragazza si sposava dedicavale sue bambole agli dei Lari che erano raffigurati in una nicchia inun luogo centrale della casa dove la famiglia custodiva il fuocosacro che mai doveva spegnersi. Era il pater familias ad accudire aqueste divinità ma erano le donne le custodi della casa. Per le gio-vani romane il momento in cui, cambiando vita e dimora, abban-donano la bambina che è in loro, come ci suggeriscono altre fonti(Persio, Satire II, a cura di Pagliano, Zanichelli, BO 1967)

45

D) E ora, quando le ragazze si sposano dove mettono le bam-bole?R) Quando le ragazze si sposano, hanno messo via le bambole datanto tempo forse le portano con sé o le regalano ad altre bambinepiù piccole figlie di parenti e amici, oppure le lasciano nella casadei genitori.

Questa prima parte del percorso termina con una annotazioneche sottolinea come l’uso di deporre bambole nelle sepolture abbiaresistito per lungo tempo al declino del paganesimo, tanto che alcu-ne bambole sono state ritrovate anche nelle catacombe cristiane diRoma.

Per affrontare il tema del matrimonio ho scelto un piccolissi-mo brano dalle Epistole di Plinio il giovane:

Caro Giunio Maurico, mi chiedi di trovare un marito a tuanipote. Minicio Aciliano è l'uomo giusto. E' un gentiluomo dibell'aspetto, è ricco, un senatore fatto e finito.

Le idee sul matrimonio, soprattutto delle nostre bambine, sonoimprontate alla filosofia di Cenerentola e di Biancaneve, dove ilgrande amore vince ogni ostacolo e poi si vive felici e contenti.

Mettere gli alunni di fronte ad un documento che attesta la nonnecessarietà dell'amore nel matrimonio significa cominciare a farcapire alcuni dei sistemi sociali del passato e del ruolo della donnache, dalla casa del padre passava a quella del marito, sempre sottotutela, come se fosse minorenne o incapace.

Le domande e le risposte che presento sono state elaborate ediscusse in classe:D) Di che cosa parla questo documento? Che cosa chiede Giu-nio Maurico a Plinio il giovane?R) Questo documento parla di come si facevano i matrimoni. GiunioMaurico chiede a Plinio il giovane di trovare un marito a sua nipote.D) Perché Minicio Aciliano è l'uomo giusto per la nipote di Giu-nio Maurico?R) Perché Minicio Aciliano è un uomo di bell'aspetto ed anche per-ché è senatore.

46

D) I due giovani che si sarebbero dovuti sposare sono stati con-sultati?R) No, non sono stati consultatiD) Ti sembra giusto questo sistema? Conosci qualcuno che si èsposato in questo modo? Pensi che da qualche parte del mondoqualche matrimonio sia avvenuto in questo modo anche intempi meno remoti?R) Le risposte sono diverse: alcuni dicono che nessuno combinapiù matrimoni, altri, sanno che esiste questa usanza ma non la con-dividono.

Conclusione.D) Che cosa si capisce da questo documento?R) I matrimoni erano combinati: il marito per una giovane di buonafamiglia doveva essere ricco e politicamente potente.

Si passa poi ad esaminare due immagini femminili diverse cheprovengono da alcuni affreschi rinvenuti a Pompei: una rappresen-ta una fanciulla da sola, l'altra una coppia di sposi.Osserviamo la fanciulla:

D) Come è pettinata?R) Ha i capelli trattenuti dauna reticella di metallo forsed'oro. Dalla reticella esconotanti riccioloni tutti ordinati.Agli orecchi ha delle grandicampanelle d'oro.D) Osserviamo lo sguardo el'espressione del viso; checosa notiamo?R) Ha l'espressione concen-trata sembra stia pensando.D) Che cosa tiene nellemani?R) Tiene nelle mani un pen-nello senza peli e una speciedi libro.

47

Fig. 10 -Medaglione con ritratto di fanciullaNapoli, Museo Archeologico Nazionale

Il pennello senza peli richiede indubbiamente una spiegazione;si rende quindi necessario l'intervento dell'insegnante: il pennello èuno stilo, cioè una cannuccia appuntita. Il “libro” è formato da 4tavolette di legno ricoperte di cera, si scriveva incidendo la ceracon lo stilo.

Conclusioni tratte dagli alunni in seguito alle osservazionieffettuate in merito all'affresco della fanciulla.

La fanciulla deve essere di una famiglia nobile e ricca, si vededa come sono le mani, morbide e sistemate in un gesto elegante. Hai capelli ben fatti dal "parrucchiere", trattenuti da una reticellad'oro, ha anche gli orecchini d'oro. Forse scrive una storia o unapoesia, è molto concentrata, forse legge. Certo che sa scrivere, manon sappiamo dove abbia imparato, non abbiamo visto documentiche mostrino bambine a scuola, mentre per i maschi sappiamo cheera contemplato nel modello educativo del tempo.

Passiamo ora alla descrizione di due figure una femminile, l'al-tra maschile, raffigurate insieme.

D) Osserviamo la coppiaR) Sono ritratti insieme, perciò pensiamo che siano marito e

48

Fig. 11 -Ritatto di Paquio Proculo e della consorte Napoli, Museo Archeologico Nazionale

moglie, sono abbastanza giovani perché l'uomo non ha molti peli ela donna ha il viso senza rughe.D) Che cosa tiene in mano l'uomo?R) L'uomo tiene in mano un papiro arrotolato. Ci sarà scritto qual-cosa che lui vuole leggere.

D) Che cosa ha in mano la donna?R) La donna ha in mano una tavoletta e uno stilo cioè l'occorrenteper scrivere.

Conclusione.Pensiamo che l'uomo abbia scritto qualcosa che gli serve sul

papiro e lo legge alla moglie che sulla tavoletta fa la lista o i contidella spesa.

Conclusione generaleAnche le donne imparavano a leggere e a scrivere però sappia-

mo che non andavano a scuola, perché non c'è mai capitato un docu-mento che ci descriva o ci faccia vedere delle bambine a scuola. Tut-tavia le ragazze ricche leggevano e scrivevano. Se questa donnacurava la lista della spesa e faceva i conti vuol dire che si occupavadegli affari della famiglia e quindi svolgeva, nell’ambito familiare ecasalingo, un ruolo importante e delicato. E’ però evidente che se ladonna sta incidendo sulla tavoletta quello che il marito ha già deci-so e scritto sul papiro, è una mera esecutricedella volontà altrui.

Del resto dall’esame di altri documenti, i bambini comincianoa capire che nella società romana, come nella società greca, la donnacontinua ad avere un ruolo ancillare rispetto a quello dell’uomo.

Ritengo che conoscere le usanze del passato sia elemento fon-damentale per l’acquisizione della coscienza di sé, indispensabilenel processo formativo dell’individuo, soprattutto nell’educazionedelle future donne, chiamate ad assumere un ruolo paritario nellasocietà contemporanea.

Lidia Fibbi

49

Dentro e oltre il manuale: le esperienze della scuola media

Non è facile scrivere di un'esperienza che si è sviluppata in treanni di formazione e si è poi realizzata in una prima media. Hofatto vari tentativi, anzi in un primo tempo ho avuto molti momen-ti di "resistenza": trovavo sempre qualche altra cosa da fare quan-do dovevo scrivere… Infine ho preso la penna: "Nella storia cheavete studiato finora, c'erano gli uomini e le donne?"- in classeabbiamo cominciato così e ne è venuta fuori un’interessantediscussione che cercherò di sintetizzare, rischiando, a volte, la sem-plificazione eccessiva.

A questa prima domanda tutti i ragazzi hanno risposto di sì, mala seconda ha suscitato pareri diversi e a volte discordanti:

2) Nei libri esiste la distinzione tra uomini e donne?"In alcuni casi sì, in altri no" "Quando si parla di caccia e di raccolta…""Quando si parla di famiglia e di figli…""Quando si parla delle attività che svolgono"

3) Secondo voi per capire la storia è bene parlare di "perso-ne", senza distinzione di sesso, o di uomini e di donne?23 su 26 hanno risposto che è meglio distinguere, richiamando incausa alcuni dei temi affrontati nella seconda domanda.

4) Se la storia la scrive un uomo o una donna, ciascuno dalproprio punto di vista, il risultato è lo stesso o no?Tutti hanno risposto di no. Alcuni ragazzi hanno formulato questerisposte:"Gli uomini sono stati più importanti, per esempio Napoleone;donne importanti non ci sono state…" (non ci sono state o non sene è parlato? [nda])"Gli uomini possono approfondire la storia degli uomini perché

50

l'hanno vissuta""Forse avevano dei pensieri diversi"

A questo punto abbiamo preso in considerazione una situazio-ne concreta che si può verificare in classe:

5) Se tu dovessi parlare di un litigio fra due compagni, cosaracconteresti?

I maschi hanno scelto di individuare ed enunciare il motivodella lite e specificare l'identità dei due litiganti, riportando poi leparti di dialogo più fortemente polemiche.

Le femmine invece si sono soffermate sulle modalità del liti-gio (se urlano o meno, se si picchiano o no, ecc.), sulla validità delmotivo secondo loro, sulle relazioni di amicizia tra i litiganti.

6) Se devi raccontare un film, su cosa ti soffermi?La maggior parte dei maschi ha fissato la sua attenzione sui

personaggi, sui luoghi, "sulle cose che avvengono", le femmineinvece sul tempo in cui il film si svolge, sull'intreccio, sulla parteche è piaciuta loro di più. I ragazzi e le ragazze ponevano attenzio-ne a cosa diverse: da parte dei primi c'era sempre una maggioreomogeneità di risposte, un distacco emotivo dalle vicende narrateed un utilizzo di schemi e categorie mentali già definite; da partedelle seconde una differenziazione personale, un maggiore coin-volgimento e una capacità autonoma di riflessione.

Questi “sguardi” diversi sono stati oggetto di riflessione daparte della classe, una volta placati i toni accesi della discussione.

D’altra parte l'intento del nostro gruppo di lavoro era di cerca-re di guardare con un occhio diverso la storia dei libri di testo equeste premesse mi sono servite per cominciare a risvegliare in cia-scuno di loro, una diversa sensibilità.

Il tipo di lavoro che abbiamo iniziato ha naturalmente dovutofare i conti con l'organizzazione, anche oraria, che ciascuna tipolo-gia di scuola presenta: per esempio nella scuola media le ore di sto-ria sono due alla settimana e comunque l'insegnante di Lettere nonha mai più di tre ore di seguito. Ciò comporta un frazionamento dellavoro e quindi anche una certa difficoltà nel dare continuità aldiscorso intrapreso. Capita spesso di doversi interrompere quando

51

magari l'interesse dei ragazzi è forte e l'attività si trova in unmomento cruciale. Suona la campanella…tutto è rimandato, beneche vada al giorno dopo... Infatti soltanto dopo due giorni abbiamopotuto ricominciare la discussione:

7) Se volessimo "riscrivere" la storia della Grecia (era l'argo-mento che stavamo trattando), considerando per esempio comevivevano le donne, dove dovrei andare a cercare le informazioni?Lorenzo: "Tramite dipinti, dove sono raffigurate mentre facevano

qualcosa. Se sono tanti, posso vedere più azioni";Giulia: "Se la stessa azione è raffigurata in più dipinti significa che

quella veniva fatta più spesso e perciò si possono confer-mare o no certe ipotesi";

Marco: "Per mezzo di oggetti";Matilde: "Si potrebbe andare a qualche museo";Riccardo: "Guardando le statue";Ganesha: "Attraverso documenti scritti";

8) Ma quali, saranno tanti?Laura: "Quelli scritti dalle donne o quelli che parlano delle

donne";Gaetano: "Le cose delle donne si tramandavano di più a voce. Gli

uomini scrivevano grandi eventi";Elena: "Gli uomini non scrivevano delle singole persone, ma par-

lavano di popoli";Paolo: "Si potrebbe andare a cercare le famiglie, le discendenze".

9) Ma in pratica la nostra classe cosa può fare?Peng: "Possiamo cercare sui libri: quelli che parlano della civiltà

greca".

Così ci siamo armati di "spirito da ricercatore" e siamo andatinella biblioteca della scuola dove abbiamo trovato parecchi testi didiverse case editrici, adottati negli anni precedenti, dalle variesezioni. La classe, che si compone di 26 ragazzi, è stata divisa in 6gruppi, sono stati distribuiti i testi disponibili, alcuni dei quali,essendo presenti in più copie, sono stati dati a tutti i gruppi, men-tre altri, essendo presente un'unica copia, solo ad un gruppo. Ogni

52

gruppo è andato a cercare, nei capitoli dedicati al mondo greco,tutto ciò che si riferiva in modo diretto o indiretto alle donne; misono stupita anch’io di come lo spirito di osservazione dei ragazziabbia permesso di trovare tante informazioni, soffermandosi per lopiù sui particolari delle immagini. Infatti nei libri di testo presi inesame solo in casi eccezionali (due) sono stati rilevati alcuni "tra-filetti" dedicati esplicitamente al modo di vivere delle donne, quasiche gli autori volessero così evitare critiche per l'assenza della figu-ra femminile.

Sfogliando le schede di sintesi e di rilevazione svolte in classesi rimane favorevolmente impressionati dall'opera di schedaturadei testi che i ragazzi hanno svolto; si tratta a mio parere di un risul-tato molto importante che confermerebbe come la domanda e lacuriosità intellettuale siano il motore di qualsiasi apprendimentoche non intenda esaurirsi nella semplice restituzione mnemonica dicontenuti.

Un gruppo di ragazzi ha poi cercato di valutare il tipo di lavo-ro svolto:

"Questo lavoro è stato molto interessante; approfondendo l'ar-gomento sulle donne greche, abbiamo scoperto e appreso molte piùcose rispetto a quelle che avevamo trovato nel nostro libro di testo.Ognuno di noi a casa cercava altre notizie, poi le discutevamo, leconfrontavamo e le univamo formando i vari aspetti che compon-gono l'argomento. Poi trascrivevamo tutto sul computer ed infineleggevamo il nostro lavoro stampato. Ci siamo divertiti molto eabbiamo imparato che le notizie storiche non sono scritte solo sullibro di testo e sull'enciclopedia, ma possiamo trovarle su altri testie sulle raffigurazioni come i dipinti dove possiamo capire moltecose delle quali il testo non parla. Abbiamo infine capito che se sultesto non si parla molto delle donne in Grecia questo non significache non ci fossero, ma che per ora si conosce relativamente poco"

Franca Gambassi

53

Nella mia classe ho ritenuto opportuno affrontare un percorsodidattico suggerendo agli studenti una riflessione e un'ipotesi dilavoro sulla condizione femminile nel Medioevo per cercare diaffrontare la complessa materia dei mutamenti e delle continuitànel medioevo, rispetto ai periodi precedenti.

Scrive Georges Duby: “Nell'occidente medievale le donne par-lavano.Parlavano anche molto. Gli uomini trovavano che parlava-no troppo e, tra i difetti che imputavano ad esse i predicatori, ci fula chiacchiera nelle prime file. Tuttavia per loquaci che siano state,fino a noi non è giunto quasi niente delle loro parole” ( G.Duby,Parole di donne, in G.Duby-M.Pierrot, Storia delle donne in Occi-dente, 2, Il Medioevo- a cura di Ch. Klapish Zuber, Laterza, RomaBari 1993). Prima della fine del Duecento, sostiene lo storico fran-cese, il silenzio è quasi totale. Come far emergere allora dal silen-zio le figure femminili per collocarle nei contesti del lavoro, deicommerci delle manifatture, della cura e dell'assistenza nei qualiormai tanti studi ci confermano la loro presenza? Il manuale denun-ciava in questo, come in altri casi, tutta la sua inadeguatezza e siapriva per me, come insegnante, una ricerca di nuove piste di lavo-ro che permettesse di mediare, dal punto di vista didattico, quantoavevo discusso con il gruppo di lavoro.

Ho provato allora a dirigere e a spostare lo sguardo dei mieistudenti e delle mie studentesse su una fonte iconografica che mi èapparsa significativa per provare a ragionare - senza alcuna ambi-zione di completezza e/o originalità - su quel racconto per imma-gini che si trova nel Palazzo Pubblico di Siena (Le conseguenze delBuon Governo in città e in campagna, 1337-39). In quel maestosoaffresco (circa 14 metri) Ambrogio Lorenzetti descrive e rappre-senta un modello perfetto di interscambio fra la città e la campa-gna, che tuttavia interpreta come condizione indispensabile per laprosperità della città stessa. In questa maestosa raffigurazione lefigure femminili e maschili si alternano, nella città come nel con-tado, denotando, anche solo a livello della rappresentazione ideale,la presenza femminile nel contesto lavorativo.

Oggi importanti studi ci confermano la rilevanza del lavorofemminile per lo sviluppo economico della città medievale. Spiego

54

ai miei studenti come tali ricerche siano il risultato di una lunga sta-gione di studi che non ha mai smesso di indicare nell'esclusione diun gran numero di donne sia dai commerci, sia dalle manifatture,un tratto tipicamente borghese del XIX secolo. Questi studi hannoinfatti considerato norma non eccezione, nei secoli precedenti l'Ot-tocento, le attività femminili legate al guadagno.

L'osservazione, l'analisi, la descrizione di quel racconto perimmagini che Ambrogio Lorenzetti ci ha lasciato, porta gli studen-ti e le studentesse non solo ad indagare i vari tipi di lavoro raffigu-rati per la componente femminile e maschile, ma attiva una doman-da di storia che muove dal loro presente, dalle loro identità comeragazzi e ragazze.

L'affresco permette inoltre di riflettere su un aspetto fonda-mentale che riguarda le modalità e le domande che dal presenteponiamo al passato, più o meno remoto, per poterlo conoscere. Glistudenti hanno così cominciato a comprendere che nascere uomo odonna non è mai un dato biologico neutro, una qualifica naturaleche rimane inerte. Si tratta al contrario di un dato continuamentemanipolato e adattato dalla società, e il "genere" (maschile e/o fem-minile) è il prodotto di una rielaborazione culturale che la societàopera su quella divisione definita per "natura". In questa prospetti-va i ruoli maschili e femminili sono ripartiti e imposti come siste-ma ideologico.

Faccio allora notare come il pensiero di un grande filosofo(Aristotele), che alcuni di loro incontreranno negli studi liceali,eserciterà una grande influenza sul pensiero sociale e politico dellafine del Medioevo, per quanto attiene alla formalizzazione di ruolie compiti assegnati alla componente maschile e femminile dellasocietà. Grazie a questa lettura che molti intellettuali del Medioevooperano (primo fra tutti Tommaso d'Aquino), si definisce una tena-ce spartizione degli spazi e delle funzioni che si collocano all'in-terno della realtà sociale, economica e culturale. Così l'affermazio-ne sempre più insistente di una divisione netta tra la sfera domesti-ca e quella pubblica, finirà per apparire il riflesso perfetto di ele-menti biologici e naturali e non una lettura culturale del maschile edel femminile propria dei pensatori del XIII-XV secolo, che ripren-

55

devano e sviluppavano concezioni del genere, proprie delle cittàantiche.

Il mio obiettivo era riuscire a squarciare il velo dell'indistintoe dell’indifferenza per suggerire quesiti e curiosità intellettuali chevedono soggetti femminili e maschili quali protagonisti dei filidella memoria, che faticosamente a scuola cerchiamo di mantene-re vivi.

Nel tempo limitato che l'insegnamento scolastico assegna allastoria, ho ritenuto che il mio intervento dovesse indirizzarsi nontanto a riflettere un'intera problematica, difficile per altro da realiz-zare in una scuola media, quanto a proporre, suggerire, stimolarealtri angoli di osservazione per indurre negli studenti un cambia-mento di prospettiva. Non volevo proporre e rappresentare evolu-zioni univoche, quanto rendere problematica la lettura di quellarealtà storica nella quale uomini e donne interpretarono la scena delloro tempo.

Maria Grazia Mazzù

La scelta di Maria Grazia Mazzù riflette e rielabora l'atten-zione e le analisi che sono state svolte in Francia come prova diverifica delle competenze storico-geografiche dalla Direction de laProgrammation et du développement del Ministero dell'Educazio-ne francese.

56

Questioni di cittadinanza: l'esperienza della scuola secondariasuperiore

L'intento che Licia Nesi e Vittoria Menga hanno perseguito nelloro itinerario di lavoro si lega al tema della cittadinanza e al raffor-zamento dell'identità sessuata dei ragazzi, nel rispetto della diffe-renza di genere, maschile e femminile. In questo contesto lo studiodella storia greca nella prima classe della secondaria superiore offri-va la possibilità di affrontare la problematica della condizione fem-minile in età arcaica e nell'Atene periclea. L'analisi di queste duerealtà ha portato le classi a riflettere sul fatto che una maggiore defi-nizione dei confini tra le zone del diritto e quelle dell'esclusioneaveva influito negativamente sulla condizione delle donne, checominciarono ad essere distinte tra mogli legittime e concubine,come i figli iniziarono a definirsi legittimi o bastardi. Questo pro-cesso si legava alla diversa estrazione sociale della componentefemminile: furono soprattutto le donne aristocratiche ad essere limi-tate nella loro possibilità di movimento all'interno della polis. Il lororuolo si definiva sempre più all'interno della casa, nel gineceo.

57

Fig. 12 -La tessitura (540 ca.). (particolare) New York, Metropolitan Museum of Art, lèkythos FN

Le fotocopie distribuite agli studenti comprendevano stralci disaggistica storica e questionari per l'analisi guidata del materiale.Dopo il brano nel quale la studiosa francese C. Mossé1 rappresen-ta la condizione di inferiorità giuridica della donna, gli studentirispondono alla prima domanda: "Perché l'autrice ricorre al termi-ne "minorenne" per spiegare la condizione della donna ad Atene?".

Cinzia: "La donna greca viene chiamata minorenne perché pertutta la vita ha bisogno di un tutore: prima il padre, poi il maritoe, se il marito muore prima di lei, il figlio. Insomma, la donna nonpoteva prendere decisioni da sola".

Matteo: "L'autrice sente la necessità di ricorrere al termine"minorenne" perché il minorenne è inteso come una persona inca-pace di badare a se stessa, perciò dipende da altri".

Il brano di S. Campese e S. Gastaldi2 evidenzia come la posi-zione familiare della donna si sia irrigidita con l'affermarsi dellapolis.

Sara: "Nell'età arcaica la donna greca viveva in una casa dettaoikos, i figli erano allevati nella casa paterna e si consideravanotutti fratelli, anche se erano illegittimi".

Pamela: "La posizione sociale della donna nella polis si modi-fica in positivo solo per le mogli legittime. Per le concubine, inve-ce, la situazione peggiora, i loro figli vengono emarginati ed esclu-si dall'eredità".

Un altro passo tratto dal saggio di R. Flacèriere3 illustra comela condizione femminile in Grecia subisse maggiori o minori restri-zioni a seconda del ceto sociale di appartenenza.

Matteo: "Gli ateniesi poveri permettevano più facilmente alleloro mogli di uscire, anche perché esse dovevano lavorare. Gli ate-niesi della classe media o ricca, invece, non permettevano alle lorodonne di partecipare alla vita sociale, fuori di casa. Per le donnespartane le libertà erano maggiori".

Daniele: "Molte donne assunsero abitudini più libere imitandole donne spartane, che si mescolavano agli uomini molto di piùdelle ateniesi. Questo disordine provocò la creazione di una magi-stratura speciale che doveva sorvegliare il comportamento delledonne”.

58

Come si vede dall'immagine dipinta sul cratere (fig. 13), unadonna doveva stare sempre nel gineceo, la strada, si diceva, "è perla donna da nulla".

Francesca: "La carnagione chiara della donna raffiguratatestimonia della scarsa esposizione al sole e della segregazione nelgineceo".

Questa analisi condotta in classe ha reso possibile un richiamoall'attualità e alla condizione della donna in Afghanistan, insieme alragionamento sulla dimensione del tempo storico che si presentacon ritmi diversi rispetto alla mera scansione cronologica, mostran-do come molti processi si dispongano in una successione non linea-re. La lettura di articoli apparsi sui quotidiani sulla condizione fem-

59

Fig. 13 - Cratere a campana del IV secolo a.c. con una rappresentazione umoristico-popolare, N.Y. Metropolitan museum of art

minile in Afghanistan ha sollecitato il confronto tra i divieti, aiquali sono attualmente sottoposte le donne in quel paese, e i mec-canismi di esclusione che stanno alla radice della costruzione delmodello classico. L'elemento che è emerso con forza da questediscussioni, letture, riflessioni da parte degli studenti e delle stu-

60

Fig. 14 -Natalia Aspesi, la Repubblica 12 novembre 2001

dentesse riguarda le diverse velocità della storia. Eleonora: "Nell'antichità le donne erano ritenute inferiori,

dovevano stare chiuse in casa e, se per caso si affacciavano allafinestra e qualcuno se ne accorgeva, venivano punite. Adesso, nelpresente, le donne sono molto libere, ma ci sono differenze trapaese e paese. In Italia le donne vestono come vogliono, ma inAfghanistan devono tenere un velo lungo che copre tutto il corpo".

Valentina: "Ci sono paesi, come l'Afghanistan, dove le donnesono considerate meno di niente".

Erika: "In Afghanistan sembra che il tempo si sia fermato, alledonne è proibito tutto. Ora in Occidente le donne sono libere, pos-sono esprimere le loro idee e fare le loro scelte. Quello che fannole donne afghane non è vivere, perché vivere vuol dire essere libe-ri di decidere".

Manuel: "È stato certamente il progresso in ogni campo cheha favorito la donna moderna, ma più di tutto è stata anche lavolontà di non essere considerata inferiore".

Maria: "Dopotutto possiamo concludere che abbiamo fatto ungrande passo avanti rispetto al passato ed io sono orgogliosa diessere donna".

Proseguendo nello studio del mondo greco, di quello etrusco edi quello romano, ci si è chiesti come l'interazione tra la sferamaschile e quella femminile abbia prodotto quella mentalità, quel-la cultura e quella forma di misoginia che contraddistingue il pen-siero di Aristotele ma anche quello di Semonide, il quale, descri-vendo in una poesia dieci tipi di donna, ne salva soltanto una.

Diversa Giove delle donne l’indoleda principio creò. All’una originedal porco irsuto diede. In terra giacciono,nella sua casa, tra sozzura lercia,a lei le cose; e qua e là si ritolano,in gran scompiglio. E sozza, in vesti sordide,in mezzo alla sporcizia essa s’impingua.Trasse il dio l’altra dalla volpe subdola,chè tutto scruta e sa; a lei qualsiasi

61

ottima cosa, od anco pur tristissima,celata mai non resta; il buono pessimodice spesso, ed invece ottimo il tristo.Sempre d’umore ad ora ad ora è varia.

Trad. di Ettore Bignone

Viene dal mare un’altra, e ha due natureopposte: un giorno ride, tutta allegra,sì che a vederla in casa uno l’ammira(‘non c’è al mondo una donna più simpatica,non c’è donna migliore’). Un altro giornonon la sopporti neppure a vederlao ad andarle vicino: fa la pazza,e a chi s’accosti, guai! Pare la cagnacoi cuccioli, implacabile: scoraggianemici e amici alla stessa maniera.Come il mare che sta sovente calmo,non fa danno e rallegra i marinainell’estate, e sovente in un fragoredi cavalloni s’agita e s’infuria.Tale l’umore di una donna simile:anche il mare ha carattere cangiante.

Trad. di Filippo Maria Pontani

Fu madre all’altra un cavalla morbida,di lungo crine. La fatica e l’opereservili ha in gran fastidio, e staccio e macinanon toccherebbe mai, né l’immondiziespazzerebbe da casa, o la fuligginedal focolare, e t’ama sol per l’obbligo.Sta tutto quanto il santo giorno a tergersi,due volte e spesso tre s’unge di balsami,

62

ravviata la chioma a fil di pettine,disciolta, ombrata di corolle floride.E’ questa donna, certo uno spettacolobello per gli altri; e pel marito un guaio,se pur non sia re di corona o principe,che tali vaghezze allegri l’animo.

Trad. di Ettore Romagnoli

Ma la donna ch’a l’ape è somiglievolebeato è chi l’ottien, che d’ogni biasimosola è disciolta, e seco ride e prosperala mortal vita. In carità reciproca,poiché bella e gentil prole crearono,ambo i consorti dolcemente invecchiano.Splende fra tutte; e la circonda e seguitanon so qual garbo; né con l’altre è solitagoder di novellari osceni e fetidi.Questa, che de le donne è prima ed ottima,i numi alcuna volta ci largiscono.

Trad. di Giacomo Leopardi

Andrea: "Penso che la misoginia sia peggiore del razzismo".Marzio: "In qualche modo la donna è stata sempre considerta

inferiore all'uomo, ma col tempo la sua condizione è migliorata, èstata proprio l'istruzione che ha cambiato la condizione delladonna".

Maria: "Le ingiustizie contro le donne, purtroppo, non avven-gono solo in Oriente, anche in Italia ci sono forme di misoginia.Gli uomini non possono condannare le donne solo per il fatto diessere nate, come avviene in Cina".

63

Donatella: "Secondo me non è giusto che Pandora ed Evasiano considerate responsabili dei mali del mondo".

Luigi: "È logico che hanno dato la colpa alle donne, infatti ascrivere quei miti è stato l'uomo".

La questione del diritto nel mondo antico è stato uno dei temipiù dibattuti. Per affrontare questo importante passaggio è stataesaminata la letteratura in età classica, quella che inizia con le tra-gedie di Eschilo, il quale propone al suo pubblico personaggi fem-minili di grande rilevanza, immagini di donne significative, daltemperamento fiero, capaci di gesti eroici e terribili come quelli dicui sono protagoniste, rispettivamente, Antigone e Medea.

Matteo: "Antigone cerca la pace interiore, facendo qualcosadi importante a favore di un'altra persona, il fratello morto, e lo faper dare un senso alla propria vita. Antigone ci riesce, morendocon la coscienza pulita e libera da ogni senso di colpa".

Erika: "Al giorno d'oggi seppellire il proprio fratello non ècerto un crimine. Nella nostra società ognuno rispetta le idee deglialtri, ma non in tutti i paesi è così, in alcuni c'è chi viene accusatoe condannato ingiustamente. Sono molto felice di non essere natain uno di quei paesi o nell'antica Grecia".

Sara: "Secondo me, quando si accusa qualcuno, soprattutto seè nostro ‘nemico’, si tende ad addossargli tutte le colpe, senzaneanche sentire le sue ragioni. Così è successo ad Antigone".

Mentre si definiva quale fosse l'atteggiamento dei poeti tragi-ci nei confronti delle loro eroine, e più in generale si ragionava del-l'immagine che la tragedia rifletteva delle figure femminili, eranoin programma la visita e un lavoro didattico sui diritti umani allaStazione Leopolda.

La lettura della carta dei diritti delle donne elaborata dall'asso-ciazione Artemisia è stato un altro importante momento di rifles-sione e di approfondimento, che ha arricchito il quadro già deli-neato ed ha aiutato a cogliere le differenze anche di tipo sessualenell'affermazione dei diritti.

64

65

Fig. 15

Francesca: "Credo che molte persone, soprattutto gli uomini,non conoscano questa carta dei diritti e, secondo me, farebberobene a documentarsi per cercare di trattare con rispetto le donne,senza usarle come schiave".

Marzio: "L'idea che è alla base della carta dei diritti di Arte-misia è che ogni persona deve essere accettata per quello che è,con i suoi pregi e i suoi difetti".

Emily: "La carta dei diritti è un insieme di principi molto giu-sti che, anche se nella società di oggi vengono spesso violati, devo-no essere rispettati perché sono alla base di tutto e non valgonosolo per la donna, ma per tutti gli esseri umani di qualsiasi sesso,di qualsiasi età e di qualsiasi paese".

Nell'orizzonte della contemporaneità non poteva mancare ilriferimento alla giornata dell'8 marzo come momento non mera-mente celebrativo, ma di affermazione di una reale divisione dicompiti, di ruoli e di responsabilità tra la sfera maschile e quellafemminile. Il nodo che ci accingevamo a studiare e a discutere congli studenti verteva sul nuovo diritto di famiglia (1975) e sui con-cetti di patria potestà e potestà genitoriale, per confrontare i muta-menti in campo legislativo con i mutamenti di mentalità e di costu-me. La raccolta del materiale pubblicitario ha offerto l'occasioneper approfondire anche altri aspetti connessi all'essere uomo odonna nella società contemporanea. Questo materiale è stato messoa confronto con la pubblicazione del 1993 della Commissioneministeriale per le Pari Opportunità dal titolo La donna dei media,dove si considera criticamente il ruolo che spesso è assegnato allafigura femminile nei tabelloni pubblicitari, nei quali i corpi femmi-nili sono smembrati e piegati alle esigenze del messaggio pubblici-tario. Approdo di questo itinerario è stata anche la considerazionedel sessismo nella lingua italiana e di alcune sperimentazioni lin-guistiche dagli esiti in molti casi assai curiosi. A proposito del plu-rale maschile riferito anche a soggetti femminili è stato chiarito ilconcetto di "falso universale neutro".

La nostra impressione è che, grazie a questa esperienza inter-disciplinare, gli studenti e le studentesse abbiano guardato al pre-

66

sente con una maggiore consapevolezza, comprendendo il valore eil significato della conquista della cittadinanza piena e non asim-metrica da parte della componente femminile e di quella maschiledella società.

Vittoria Menga e Licia Nesi

1 C. Mossé, La vita quotidiana della donna nella Grecia antica, Milano,Rizzoli, 19882 S. Campese e S. Gastaldi, La donna e i filosofi: archeologi di un’imma-gine culturale, Bologna, Zanichelli, 19773 R. Flacelière, La vita quotidiana in Grecia nel secolo di Pericle, Milano,Rizzoli, 1983.

67

Indice

Presentazione, di Michele Pilato pag. 5

Elvira ValleriIntroduzione pag. 7

Gabriella GualtieriRaccontare e analizzare esperienze pag. 23

Tiziana Cioni, Piera Pesci, Stefania SbolciGli spazi esplorati e posseduti e i tempidel vissuto personale alla scuola materna pag. 27

Anna RenzoniDalle storie alla storia: l’epserienza dellascuola elementare pag. 30

Lidia FibbiGiochi e vita quotidiana a Roma pag. 44

Franca Gambassi, Maria Grazia MazzùDentro e oltre il manuale: le esperienze dellascuola media pag. 51

Vittoria Menga, Licia NesiQuestioni di cittadinanza: l’esperienza dellascuola secondaria superiore pag. 57

finito di stamparenel mese di febbraio 2004

presso “Le Corbinaie”

Centro Risorde Educative Didattiche“LE CORBINAIE”

Comune di Scandicci

via Rialdoli, 12650018 Scandicci

tel. 055 75.589.60 fax 055 75.589.69e-mail [email protected]