Rigenerati dallo spirito di andré louf

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Nella stessa collana SPIRITUALITA OCC IDENTALE Piccola sorella Annie di Gesi, Charles de Foacaald E. Bianchi, Non siamo nigliori. lt uita rcligiosa nella chiesa, tra gli uornirti A. Chatelard, Cbarles de Foucauld. Vero Thrnanrusset C. Falchini, Volto del nonaco, uolto dell'uono. Saggio di annopologitt ttrtrtttslica nella "Regola" di Benedetto f. Lrclercq, S,tn Benurdo L lo spitito cislcrcensc A.Louf , Sotto la guida dello Spiito A. [nu(, Lo Spiito prcga in noi A. Louf , I-a uita spirituale Th. Matura, Celibato e comuniti. I fonfutmenti de lla uita rcligiosa Th. Matura, Francesco, ndestrc nello Spitito Th. Matura, Incontri con Fruncesco d',Assisi Th. Merton, Un uiuere altcmatiuo Sorella Maria, P. Mazzolari, L'inffibile fratemiti. Carteggio (1925- rqsq) Sorella Maria, G. M. Vannucci, ll canto dell'allodok. lrttere scelb (rq47 ro6t) F. Vatillon, L'urnilk di Dio Inu i e re m o gra I u i tatx e n te il nostto Caulogo generale e i successiui agiomanenti a quaili ce nc faranno ichiesta. www.qiqajon.it www.monasterodibose.it ANDRE LOUF ABATE DI MONT.DES.CATS Andr6 louf Generati dallo Spiito L' dcc ornpagfi alnento spiri tua le o ggi Spiritualitir occidentale 20 cm 232 Enzo Bianchi, priore di Bose kt grice peut dauantage. L'accornpagnenent spirituel dal francese a cura di Valerio Lanzarini, monaco di lJosc Giotto, Elia sul cano di fuoco, affresco (r3o1-r3o(r), particolare, Cap- pella degli Scrovegni, Padova ?-', ,/ { o w. o ( _f u Ca.l un,> R- Ct: I ,'\* t \/i/\ c AIJTOITI]: TITOT-o: SOT'I1]TITOI,o: COI,LANA: tiC)RN,IAT(): PAGINE: I'IlEFAZIONE: TITOLaI OtuLl.: .fRADI.]ZIONI]: 1N (]OPERllNA @ ry92 Descl6e de Btouwer, Paris @ ,ss4, zooT EDIZIONI QIQAJON COMUNITA Di BOSE rt88; MAGNANO (BI) kl. or5.619.264 - Fax or5.679.29o GENERATI DALLO SPIRITO L'accompagnamento spirituale oggi 1 E, EDIZIONI. QIQAJON COMUNITA DI BOSE s l,,l :" t -z rsrrr 97ti 88-85:27 49-r

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Page 1: Rigenerati dallo spirito di andré louf

Nella stessa collana SPIRITUALITA OCC IDENTALE

Piccola sorella Annie di Gesi, Charles de FoacaaldE. Bianchi, Non siamo nigliori. lt uita rcligiosa nella chiesa, tra gli uornirti

A. Chatelard, Cbarles de Foucauld. Vero Thrnanrusset

C. Falchini, Volto del nonaco, uolto dell'uono. Saggio di annopologitt ttrtrtttslica

nella "Regola" di Benedetto

f. Lrclercq, S,tn Benurdo L lo spitito cislcrcensc

A.Louf , Sotto la guida dello SpiitoA. [nu(, Lo Spiito prcga in noiA. Louf , I-a uita spiritualeTh. Matura, Celibato e comuniti. I fonfutmenti de lla uita rcligiosa

Th. Matura, Francesco, ndestrc nello SpititoTh. Matura, Incontri con Fruncesco d',Assisi

Th. Merton, Un uiuere altcmatiuoSorella Maria, P. Mazzolari, L'inffibile fratemiti. Carteggio (1925- rqsq)

Sorella Maria, G. M. Vannucci, ll canto dell'allodok. lrttere scelb (rq47 ro6t)F. Vatillon, L'urnilk di Dio

Inu i e re m o gra I u i tatx e n te

il nostto Caulogo generale

e i successiui agiomanentia quaili ce nc faranno ichiesta.

www.qiqajon.itwww.monasterodibose.it

ANDRE LOUFABATE DI MONT.DES.CATS

Andr6 loufGenerati dallo SpiitoL' dcc ornpagfi alnento spiri tua le o ggi

Spiritualitir occidentale20 cm232

Enzo Bianchi, priore di Bose

kt grice peut dauantage. L'accornpagnenent spiritueldal francese a cura di Valerio Lanzarini, monaco di lJosc

Giotto, Elia sul cano di fuoco, affresco (r3o1-r3o(r), particolare, Cap-pella degli Scrovegni, Padova

?-',,/{ o w. o ( _f u Ca.l un,> R- Ct:I

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1N (]OPERllNA

@ ry92 Descl6e de Btouwer, Paris

@ ,ss4, zooT EDIZIONI QIQAJONCOMUNITA Di BOSE

rt88; MAGNANO (BI)

kl. or5.619.264 - Fax or5.679.29o

GENERATIDALLO SPIRITOL'accompagnamento spirituale oggi

1

E,

EDIZIONI. QIQAJONCOMUNITA DI BOSE

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PREEAZIONE

La prima e, per ora, unica oolta cbe ho incontrato di personaAndrd Louf i stato lo scorso anfio a Ronta, iru occasiorue di un se-

minario proprio sulla paternitd spirituale. Fu per tlue come riuedereun uecchio amico con cui - nonostante la lontananza, il passare delternpo e il nautare delle situazioni - si i rirnasti in profonda sinto-ruia, nell'imrnutata capaciti d.i intendersi con un sernplice sguardo,nel grato stapore di chi si sa conosciuto in profonditi, nella rinno-uata merauiglia di chi cofiosce cid che brucia nel cuore delf altro.

Di lui, eletto abate di un rnonastero trappista oltre trent'anni fa asoli trentaquattro anni, auetlo infatti letto i libri, rari e preziosi comeautentiche perle, destiruati a diuentare pietre miliari della spiritua-litd occidentale del dopo concilio. Li aoeuo sentiti come l'espressio-ne compiutd di intuizioni che io appena intraaedeuo: il magistraleSignore, insegnaci a ptegare, che rni fece arrossire per doer osa-

to scriuere aruch'io un libro sulk preghiera; le tre raccolte di corn-rnenti ai uangeli festiul - Solo l'amore vi baster) - cosi densi, acu-ti e biblicamente radicati da farrni aincere la mia dffidenza uerso ilgenere omiletico; il recente Sotto la guida dello Spirito di cui bouoluto curare l'edizione italiana perchd conuinto cbe aniuasse acolrnare un uuoto nel panorarna dell'approccio ai temi fondamen-tali della uita cristiana.

Quando percib seppi che Andrd Louf aueua approfondito c sui-luppato un selilplice capitolo di questo suo ultirno launro, trasfitr-mandolo in un uero e proprio libro sull'accontpagnamerutu spiritua-le, non potei che rallegrarrni di questo dono chc ucniua fatto alla

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chiesa tutta intera. Di autentico dono infatti si tratta, dono quaruto

mai necessario e prezioso in una stagione in cui rari sono diuentatii padri spirituali perchd si sono rarefatti i discepoli capaci di ascol-

to, percbd si d priailegiato un attioismo esdsperato di "organizzazio-ne della caritd" a scapito della crescita armonica nella fede, perchdsi b creduto cbe l'essere tutti fratelli significasse rinruegare il dato chela uita spirituale, coriae ogrui oita, la si riceue da qualcun altro, stru-meruto nelle rnani d.el Dio datore di ogni bene.

ll lettore resterd colpito dalk profonditi del radicarnento biblicoe patristico delle riflessioni contenute in queste pagine. Andrd Loufattinge direttamente alle fonti e riesce a fare emergere tuttd l'attua-liti del messaggio dei padri d.el d.eserto e di Bemardo, di Basilio e

di Benedetto, di Euagrio e degli starcy russi. Questo b chiaramente

frutto di un'assid.uiti allalectio divina e di uru'esperienza personaleche emerge a ogni iga. Ed. b questo radicarnento nella Bibbia e nel-la grande tradizione che permette a Louf di accogliere, con audaciae francbezza, ma anche con discernimento, gli orizzonti dati oggidalle scienze urnane e in special modo dalla psicologia moderna.

Anche di questo dobbiamo essergli grati, perchd la tentazione difuggire questo confronto o di opporre psicologia e uita spirituale b

sempre moho forte. Era irnportante che un uomo di incontestabileautoritd spirituale ribadisse che alcune acquisizioni della psicologiasono ormai un dato insoppriraibile e che la relaziorue d'accompa-gnameruto le deue tenere in considerazione se non uuole imbocca-re uicoli ciechi letali per la dinarnica della oita spirituale cristia-na. Noi siamo sempre stati conuinti che enori di spiritualih diuen-tano patologie psicologiche e che i d.isturbi psicologici non sonomai estranei alla uita spirituale e proprio per questo una sinergia

di dati e di attenzioni ci appare feconda secondo le indicazioni diAndrd Louf.

Si, questn tradizione antichissinza e inintenotta del rninisten del-l'accornpagnarnento spirituale - dai rabbini del giudaisrno fino agliattuali uomini carismatici, rari ma presenti, che il Signore cofice-de alk sua chiesa - oggi fore d in grado di riprendere un sao posto

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e una sua attualitd... La uita spirituale non ?: solo obbedienza alleleggi, la rnorale b subordinata alla riuelazione e alla autentica co-noscenza (/'epignosis paolina) di Dio, una eccessiua raziorualizza-ziorue dell'etica uistiana pub abbagliare o umiliare... Occone dun-que una rnaggiore attenzione allo Spirito, all'unzione ruaestra clte bin noi (cf. rGu z,z7) e quindi occorroflo deipadri spirituali, degliaccompagnatori, degli amici carismatici rinuniti del discemimentodello Spirito cbe, corne Giooaruni Battista, a uolte ci aprano la uia,a uolte destino dornande in noi sul Venierute, a uolte scorapaianoper lasciare cbe Cristo regni...

Enzo Bianchipriore di Bose

S lebbraio ry94memoria di santo Stefano di Muret, monaco

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PREMESSA

Le pagine che seguono sono il frutto di varie sessioni, prepa-rate per i responsabili della formazione di monaci e di mona-che, che ebbero luogo successivamente in Canada, in Belgio e

in Irlanda. Un primo testo, trascritto da registrazioni di confe-renze, B circolato in passato pro manuscripto, in ftancese e in in-glese, sotto il titolo: L'accornpagnement spirituell . Alcuni estrat-ti, rielaborati dall'autore, costituirono l'oggetto di un capitolodel suo librc Inspelen op genade2, a cui il presente volume si ispi-ra per certi aspetti.

Fatta eccezione per il primo capitolo, che cerca di descrivereil posto che occupa l'accompagnamento spirituale all'interno deidiversi carismi concessi dal Signore Gesi alla sua chiesa, questepagine vogliono essere anzitutto descrittive, al confine trala ri-flessione spirituale e il manuale di iniziazione. Talora darannoanche f impressione di essere prossime alla testimonianza, e inquesto devono molto a tutti e a tutte coloro che l'autore ha avu-

tola grazia di incontrare.Bench6le acquisizioni oggi generalmente accolte della psico-

logia del profondo siano qui messe a profitto senza complessi,non si dimentichi trttavia che l'autore non d un professionista

1 Il testo d stato pubblicato a Ottawa t986, a cwa della (lonferenza religiosa ca-nadese.

':A. I-ouf, Inspelen op genade: oaer God-zoeken,TieTt t984 ftr. ir.: Sotto la guida delloSpirito,Bose ry9o).

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in questo campo, e il lettore accorto se ne render) conto. Gliaccostamenti, i paragoni, le interpretazioni che l'autore propo-

ne vanno percid presi con beneficio di inventario. Il pii delle

volte, del resto, sono semplicemente il frutto di condivisionifraterne con altri accompagnatori, o anche con "qualcuno delmestiere". A proposito di questi ultimi, gli sono state estrema-

mente preziose la fiducia e l'amicizia di due psichiatri, viciniper la fede e animati da un comune interesse per la ticchezzae al tempo stesso per la miseria di ogni essere umano.

Il lettore si renderi anche conto di quanto queste pagine sia-

no debitrici a quei rari maestri spirituali, alcuni dei quali sono

ancora fra noi, che per primi hanno avuto I'audacia di far dialo-gare tra loro l'esperierrza della fede e le prime interpretazioni,sovente cosi abrasive, osate a suo riguardo dalle scienze uma-

ne: Louis Beirnaert, Andr6 Godin, Raymond Hostie, Frangoise

Dolto, Denis Vasse, Maurice Bellet, per ricordarne alcuni; e,

last but not least, il dottor Fred Blum, presbitero della chiesa

di Inghilterra e psicoterapeuta, cosi come tutta la sua 6quipe

che, fino alla sua morte, intorno a lui e con lui, ha saputo ac-

compagnare e "salvare" tanti credenti di ogni confessione, nel-

l'indimenticabile residenza di campagna situata a Sutton Cour-tefiay, nei pressi di Oxford, in Inghilterra.

L'autore di queste righe ts cresciuto nella tradizione monasti-ca, e piit precisamente nella tradizione cistercense; i suoi udito-ri erano in maggioranza composti di cristiani consacrati allavitacontemplativa, monaci e monache. Pet forza di cose, la sua pra-

tica d stata incessantemente nutrita e illuminata dai grandi testiprovenienti da quella tradizione. Sarebbe tuttavia inesatto pen-

sare che queste pagine presentino un metodo o una spiritualit)piir tipicamente "monastici", tali da distinguersi facilmente da

un tipo di accompagnamento spirituale pit adatto a un ministe-ro attivo. Tutt'altro. In un'epoca in cui tutte le tradizioni parti-colari rileggono i loro testi fondatori alla luce di un'esperienza

spirituale oggi rinnovata,le differenze sfumano e i tratti essen-

ziali diuna medesima esperienza sono facilmente identificabili,da una sponda al7'altra, al di l) di opposizioni che il corso delle

epoche aveva forse un po' artificialmente accentuato. Solamen-

te lontano dalle fonti si b soliti coltivare le differenze. Ora, piirsi fa ritorno a esse, pir) ci si riconosce simili nell'unico Signore e

nei medesimi cammini del suo Spirito.Ancora una parola legata a un ricordo personale. Mi sia per-

messo di evocarlo qui. Rappresenta un genere di apoftegma

uscito non dalla bocca di qualche padre del deserto, cluesta vol-

ta, bensi da quella di un cardinale contemporaneo, un grande

servo della chiesa ai tempi del concilio Vaticano II, il cardir-rale

Achille Li6nart, vescovo di Lille. Accadde il giorno della mia

benedizione abaziale, nel corso del pasto festivo, in refcttorio.All'inizio di quel pasto avevo dato da leggere un testo, chc A

sempre rimasto caro al mio cuote, di F6nelon, predecessclre delcardinale sulla cattedra di Cambrai. In esso l'autore mcttc inguardia contro la mania di certi direttori indiscreti cli preveni-

rc la grazia, quando si tratta semplicemente di scguirla. Ec-

cone alcuni passi: "Un direttore, se d colmo dello Spirito diDio, non previene maila graziain nulla: egli non [a chc seguirla

pazientemente e passo passo, dopo aveda provata con molteprecauzioni ... L,e cose che Dio faf.arc per amor st-to sono di so-

lito preparate da una provvidenza dolce e impercettibile. lls-sa porta con tale naturalezza le cose, che queste semllrano ve-

nire come da se stesse. Non ci deve essere nulla di f<lrzato o

di irregolare ... Bisogna chiedere solamente a misttra chc Diod)". Appena fu terminatalalett:ua del testo, il cardir-rale si

gird verso il giovanissimo abate che io ero e mi dissc con cluel

tono particolarmente affettuoso che gli era proprio c che mai

dimenticherb, un po' come un padre che lascia in testamento

al figtio una parte della sua sapienza: "Caro padre abate, ec-

co, d proprio questo che ormai lei dovr) fare. Non cerchi mai

di imporsi ai suoi fratelli. Certo, lei farebbe molto bene; ma lagrazia pud di pii!".

TI

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Si, proprio questo E il segreto di ognirituale: mai imporsi all'altro, anche se si

poich6 "la grazia pub di pir)".

accompagnamento spi-farebbe "molto bene",

Andr6 InufL'AC COMPAGNAMENTO SPIRITUAI,IJNELL'ESPERIENZA CRISTIANA (X ](I I

L'intento di questo libro ts innanzittttto pratico: clcscrivcrc ilpiir da vicino possibile cib che oggi si d soliti chiamarc la rc-

lazione o il dialogo di accompagnamento spirituale. lliflcttere-mo su tutto cib che lo struttura e lo costruisce tlntallalllcnte,psicologicamente e spiritualmente. Qual b l'oggetto clcll'accom-pagnamento spirituale? Come esservi iniziatl? In che sct-tso uti-lizzarc il linguaggio della paterniti? Come facilitarc il clialogoe sposare armoniosamente ascolto e parola? Di che natttra L larelazione che si instaura, consciamente o inconsciamente, che

lo si voglia o no, tra accompagnato e accompagnatore? In chcconsiste cid che latradizione chiama apertura del cuore o mani-festazione dei pensieri? Quali falsi rumori possono farsi udire,quali interferenze enffano in gioco e si interpongono, a voltealf insaputa dei due interlocutori, alfte volte grazie a una con-nivenza pir) o meno lucida, pii o meno sottile fra i due? Ognidialogo comporta inevitabilmente certi tranelli di cui i bene

prendere coscienza, non sempre per sventarli, ma per sapcrli ri-conoscere e imparare a convivere con loro.

Tuttavia, prima di ogni altra consideraziofie,la natttrrr stes-

sa dell'accompagnamento spirituale esige un'esplicitazione pre-

liminare del suo luogo nell'esperienza cristiana e insicme la de-

terminazione della sua importanza all'interno della stessa. Ineffetti la questione dell'accompagnamento spirituale fa scopri-re una sorta di crocevia verso cui convergono, per li incontrar-

r)

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si e intersecarsi, diversi elementi essenziali della vita di fede'

Questa complessit) viene illuminata dauna visione globale del-

l'esperienza cristiana: esperienza propria del credente ed espe-

rienza della chiesa nel suo insieme'

Tra la carne e lo Spirito

Per convincersi dell'importaflza del discernimento e dell'ac-

compagnamento in ogni esperienza spirituale, basta rileggere

alcuni versetti ben noti del capitolo 8 della l-rttera ai Romani,

che suonano come la carta costituzionale della vita cristiana; diogni vita cristiana, peraltro, presa nel suo senso pir) largo, a pre-

scindere da tale o talaltra vocazione specifica: "Voi non siete

sotto il dominio della carne, ma dello Spirito - dice Paolo -, dal

momento che lo Spirito di Dio abitainvoi" (Rm B,g). E un po'

pit avanti precisa: "Cosi dunque, fratelli, noi siamo debitori, ma

no. ,r.tro la carne per vivere secondo la catne; poich6 se vivete

secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spi-

rito voi fate morire le opere del corpo, vivrete. Tirtti quelli in-

fatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli diDio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere

nella paura, ma avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per

mezzo del quale gridiamo: 'Abba, Padre!' ... Lo Spirito viene inaiuto allanostra debolezza, poich6 nemmeno sappiamo che co-

sa sia conveniente domandare; ma 1o Spirito stesso intercede

con insistenzapr.:. noi, con gemiti inesprimibili" (Rm 8;z-26)'Ecco dunque, sin dai primi anni del cristianesimo, sotto la

penna di uno dei pit grandi discepoli, una descrizione gii estre-

mamente precisa e circostanziata dell'espetienza cristiana. Pao-

1o d perfettamente cosciente di trovarsi sempre come costretto a

un'alternativa: deve scegliere tra cid che egli chiama "vivere se-

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condo la carne" e "vivere secondo lo Spirito". Ma come farequesta scelta, dal momento che i due poli dell'alternativa sem-

brano in parte sfuggire alla sua coscienza? Infatti Paolo diceesplicitamente che noi non sappiamo come pfegare, ma che d 1o

Spirito apregarc in noi con gemiti, che sono peralro ineffabili oinesprimibili. Significa che la "spinta" dello Spirito, ossia il suodesiderio, d all'opera in noi, anche se non ce ne rendiamo con-to, anche se i suoi gemiti in noi sono intesi e interpretati unica-mente da Dio, poich6 solo Dio scruta i cuori (cf. Rm 8,z6-zl).

In poche righe I'apostolo ci offre una descrizione assai preci-sa dell'esperienza cristiana, con la parte di mistero che essa im-plica, dal momento che ci mette in contatto con la vita stessa diDio e anche con la sua parte di ambiguit) sempre possibile. Egliespliciter) questa ambiguiti al capitolo 5 della Lnttera ai Gala-ti: "Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sareteportati a soddisfare i desideri della carne. La carne infatti hadesideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrarialTa catne; queste cose si oppongono a vicenda, sicch6 voi nonfate quello che voreste" (Gal 5s6-q).Non saper pregare co-

me si deve, non saper fare come si vorrebbe: come esprimerepir) felicemente le lacerazioni e la confusione generate dalla ten-sione Spirito-carne in ogni credente? Questo vocabolario non d

stato del resto inventato dall'apostolo. Viene dalla bocca stessa

di Gest che, per primo e in uno dei momenti pir) decisivi delsuo cammino verso la Pasqua, vi fece ricorso per descrivere cidche egli stesso sperimentava in quell'umanit) peccatrice che ha

rivestito per salvarci: "Vegliate e pregate, per non cadere in ten-tazione.l,o spirito d pronto, ma la carne E debole" (Mt 26,4r).

Ecco dunque messa in luce la situazione presente del cristia-no: essa comporta tensioni e lotte. Sin dal momento del battesimo, il credente d consegnato allo Spirito santo e si trova sottoil suo influsso, in tutta verit). In lui lo Spirito dispiega instan-cabilmente la sua attivitd, per lo piii all'insaputa del battezza-to, apparentemente incapace di prenderne coscienza. Ma in lui

r5

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abitano anche un'altra forza e uln'altra attivit) che, a loro volta,

sono difficilmente localizzablli o identificabili e che .segnano

trttalasua esistenza di un'ambiguiti insormontabile' E questo

dinamismo, estraneo allavita dello Spirito, che Paolo indica con

il termine "carne".

Questa terminologia, perb, non deve indurci in errore' Op-

pori. lo spirito ulluLurini, sotto la penna di Paolo e in tutto il-Nlrrouo

Testamento, non significa assolutamente opporre lo spi-

rito o l'anima dell'uomo al suo corpo' Spirito e carne sono in-

vece due nozioni "spirituali" che possono riguardare indistin-

tamente sia il corpo che l'anima. Un corpo pub essere carnale

o spirituale. cosi l'anima. Tutta la nostra esistenza cristiana si

,uig. al tempo stesso nella carne e nello Spirito, il che rende

pu.t"i.olur*.rit. ,.dro il discernirnento da operare tra i due'^Noi

siamo destinati a lasciarci guidare dallo Spirito, ma possia-

mo anche essere in balia della carne. sotto la guida dello Spi-

rito o zimbello della carne, come distinguere concretamente idue? Evidentemente si tratta qui di una delle sfide fondamen-

tali di tutta I'esiste nza cristianir- ,"n u dubbio anche una delle

pii urgenti nel concreto della vita. Infatti ogni esistenza cri-

,tiu.r^,'riu dal punto di vista individuale sia da quello comu-

nitario, dipende dal modo pir) o meno corretto di vivere que-

sto antagonismo e di discernervi chi davvero ha il primato' O

uno E efJettivamente il "giocattolo" dello Spirito: si lascia con-

durre da lui (cf . Rm B,r4), si lascia ammaestrare dalla sua dol-

ce unzione, come dice in modo mirabile Giovanni nella Prima

lettera (cf. rGv z,z7), e allora tutto d possibile, anche l'impos-

,ibil., i'improbabile o il miracolo! Oppure, al contrario, B 1o

zimbello d.llu .rr.r", strada ^petta

a tutte le illusioni, proprio

quando si crede guidato dalto Spirito! Non deve sorprendere

percib che sin dalle prime pagine del -Nuovo

Testamento' in

iarticolare in paolo e Giovanni, appaiala preoccupazione della

girrtu scelta. In effetti il problema d di grande importanza e

Ioileva una questione cruciale' d possibile, si o no, verificare

t6

per conto proprio un'esperienza di f.ede, nella fedelt) alla guidadello Spirito santo?

Gi) posto chiaramente sin dal Nuovo Testamento, questo pro-

blema non ha cessato di esserlo ar,cora nel corso di una storialetteraria particolarmente feconda, sedimentandosi progressiva-

mente in insegnamento tradizionale, gtazie al suo costante inte-resse per il discernimento spirituale. Anche se la terminologiaha conosciuto uno sviluppo nel corso degli anni e gli accenti si

sono certamente spostati in un senso o in un altro, nondimenoresta vero che il corpo della dottrina, progressivamente arricchitodall'esperienza di tante guide spirituali, d rimasto stabile e uni-forme. Si potrebbe addirittura dire che questa radizione b, in uncerto senso, consostanziale e connaturale allachiesa e ne costitui-sce uno dei tesori pii preziosi. Le relazioni tra l'esperienza spi-rituale e la struttura psicologica dell'anima cosi come la si poteva

rapprcsentare nelle diverse epoche da una parte, quelle tra 1o

sforzo delle facolth naturali e l'intervento della grazia dall'altra,e infine il riconoscimento attraverso certi segni provati del senso

degli equilibri di tutti questi elementi in interazione, tutto era

sottomesso alla riflessione e beneficiava della testimonianza deimistici e al tempo stesso dei loro pastori. Ma non b questo il luo-go di ritracciatnela storia, sia pure succintamente. E sufficien-te averne sottolineato rapidamente la straordinaria ricchezza.

Offuscamento e riscoperta

C'd tuttavia da chiedersi; siamo i degni eredi di una tradizio-ne cosi prestigiosa? La risposta dovrebbe abbondare di sfuma-ture. E lecito pensare che, globalmente parlando, il periodo che,

nella storia della spiritualitd, sta per volgere al termine, non sia

stato particolarmente brillante in questo campo. Non che la tra-

r7

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dizione del discernimento spirituale sia completamente scom-

parsa dalla chiesa. Tirtt'altro. Per non parlare della Compagnia

di Gesr) che in questo campo d sempre rimasta fedelmente attac-

cata alla pedagogia "ignaziala", d certo che l'accompagnamen-

to spirituale - si preferiva chiamarlo "direzione" spirituale - fueffeitivamente praticato da un buon numero di presbiteti, re-

ligiosi e religiose, e con frutti spirituali che nessuno avrebbe

l'ardire di negare. Senza dubbio in questo ambito meritano diessere menzionati in modo particolare i monasteri di vita con-

templativa; senza un minimo di iniziazione e senza un accom-

pugru-"nto di qualit), d difficilmente immaginabile un'auten-

iica esperienza contemplativa. Nel suo insieme, tuttavia, e inparticolare quando c'erano da operare certe opzioni importanti

di ordine personale o comunitatio, non sembra che nella vita

della chiesa abbiano avuto un peso significativo le esigenze diun rigoroso discernimento spirituale. Gih l'unica domanda real-

mente discriminante: "Il soggetto sul punto di scegliere b effet-

tivamente guidato dallo Spirito?" non sempre era posta in modo

esplicito, anzi avolte era sottilmente elusa, peralffo senza la- mi-

nima cattivavolont)... Talora erano scambiate per impulso dello

Spirito santo le conclusioni di un'analisi razionale apparente-

mente rigorosa, combinate con un sovrappii di generosit) che

mascherava sovente deficienze psicologiche, a quel tempo non

ancora formulate.Non ts questo il luogo pet analizzare le cause di questo strano

offuscamento. Basti ricordare un istante una di esse, poich6 d

ancora ben presente nella memoria dei cristiani formati prima

del Vaticano II e dei loro pastori. Appartiene a quegli imponde-

rabili che sono scomparsi un po' brutalmente dopo il concilio,

ma i cui effetti si fanno aficota sentire in una certa cultura"cat-tolica" diffusa e pii o meno inconscia dei nostri paesi occiden-

tali. Si tratta per^ltro pii di un sintomo che di una causa; ma

un'analisi e una diagnosi a questo riguardo richiederebbero ri-cerche piir approfondite.

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Per darle un nome, possiamo parlare di un'eccessiva ruzio-nalizzazione della morale. Si sar) gih compreso che morale e di-scernimento spirituale non sono cosi distanti l'uno dall'altra;sembrano, anzi, sovente toccarsi, fino a sconfinare talora l'unonell'altra, pur senza mai coincidere interamente. Accostati da unaltro punto di vista, perd, questi due ambiti si distaccano netta-mente, strettamente opposti l'uno all'altro: quello della morale

si svolge principalmente nel mondo dei concetti e dei principi,il secondo si esercita quasi esclusivamente sul terreno dell'azio-ne; l'uno si ispira soprattutto a lfia cetta coerenza dottrinale,l'altro si mette interamente all'ascolto dell'azione della grazia.

Cid nonostante, non possono non incontrarsi e intersecarsi a vi-cenda. Certo, resta reale il rischio di una compenetrazione, diuna collusione o di una sostituzione pura e semplice dell'uno daparte dell'altro.

Che cosa si intende per eccessivaruzionalizzazione della mo-

rale? Cominciamo col riconoscere che vi d posto per una mo-

rale, sia essa filosofica o teologica, che sar) essenzialmente ra-

zionale, e che tale razionalizzazione b addirittura indispensabi-le se si vuole essere in grado di condividere questa morale con

altri e di trasmettere loro delle regole o dei principi di compor-tamento. Cib vale anche per la morale cristiana. A sua voltaquesta potr) essere ridotta a un insieme di principi, certunidei quali, del resto, riprendono alla lettera alcune ingiunzionidell'Antico o del Nuovo Gstamento, che il moralista avrlr ragio-

ne di considerare "immutabili". Tali principi conservano il lorovalore; quale che sia la decisione del credente alle prese con undilemma morale, il suo comportamento sar) sempre riducibile,almeno fino a un certo punto, a essi. Ma con cib si pud forse

sostenere che il suo discernimento debba limitarsi puramente

e semplicemente a rn'applicazione piil o meno corretta di clue-

sto codice di morale? Certamente no. Dobbiamo stare in guar-

dia da ogni facile semplificazione. Infatti la vera questione che

si pone al momento del discernimento, la sola davvero decisiva,

r9

Page 10: Rigenerati dallo spirito di andré louf

d di un altro ordine. Cib che importa non B tanto sapere se la de-cisione sar) o no conforme alla tal regola dectetata dall'insiemedei moralisti, quanto piuttosto fare I'esperienza concreta dellaguida dello Spirito al cuore di tale o talaltra decisione. Percidlaveru questione che mi importa di porre in atto b alla fin finedi quest'ordine: qual d Ia natura reale del desiderio da cui sonoeffettivamente condotto - nella misura in cui un discernimentodel genere mi d possibile - e fin dove questo desiderio pud es-

sere concretamente assunto dalla spinta dello Spirito santo nelprofondo del mio cuore?

Ora, per un certo tempo - si pud calcolare che abbia ricoper-to la maggior parte del xrx secolo e gli inizi del xx - la sceltamorale si B vista ridotta pir) che altro all'applicazione di certeregole, cosi com'erano state organizzate in teologia morale. Icomportamenti, a quanto pare, hanno ceduto ai rischi di un cer-to giuridismo. Di conseguetza ci si esercita a divenire conformia un insieme di regole, esattamente come ci si conforma allalegge nella vita civile. E come si b portati a stabilire una gerar-chia in materia di leggi, e a creare una giurisprudenza allorch6l'applicazione delle leggi si rivela spinosa, un fenomeno analo-go si verifica nella morale cristiana. Quale che sia l'evidenza ola precisione dei principi, la loro applicazione si fa via via pir)complessa, sia che i casi divengano sempre pir) singolari e unici,sia che l'applicazione delle regole morali si scontri con certecontraddizioni a prima vista insormontabili. Poco importal An-cora una volta tenderi a costituirsi una giurisprudenza che sibasa non sulla sentenza di questa o quest'altra corte di giusti-zia, bensi sull'autoriti di tale o talaltro autore di manuale. Eproprio per risolvere queste situazioni concrete a prima vistainestricabili e per promuovere una certa giurisprtdenza praticache fu inventato il sottile gioco dei "casi di morale", che costi-tuirono a un tempo il tormento e il divertimento della gioventr)clericale, diversi decenni or sono, per fortuna. E come dinanzia una corte civile un giurista abile arciva a difendere, a forua di

argomenti, praticamente qualsiasi interprerazione della legge,cosi il moralista riesce a giustificare pressoch6 qualsiasi ."-por-tamento dubbio. t quanto uuu.rr.., tra l,altro, per la dittatura,Ia guerra, il terrorismo, la tortura, e persino peil'aborto o altricrimini perfettamente accertati. L'esempio piil significarivo fusenza dubbio quello del dibattito pro o contro la iontraccezio-ne, nel corso del quale pastori e teologi si affrontarono con ar_gomenti pressoch6 ugualmente validi, prima che la Santa sedeprendesse pir) chiaramente posizione. Ecco forse Ia prova perassurdo che una tale razionalizzazione della morale sfocia inevi-tabilmente in un vicolo cieco, anche sul piano dei principi.

La giustificazione di quei diversi punti di vista era tanto piirf.acilitata in quanto tali dibattiti di principi, e in particorare ifamosi "casi di morale" che avevano il compito ii iflustrarli,facevano completame nte astrazione dalle p..ror. concrete cheavrebbero potuto esserne i protagonisti reali. Nello scenario del"caso", del resto, a quelle persone erano a{fibbiati nomi pu_ramente fittizi, e dunque perfettamente interscambiabili; Tizioe Tizia, Caio e Caia, quando si trattava di morale sessuale, te_ma che ricorreva spesso. Il "caso di coscienza,, era diventato uncaso puramente astratto, spogliato di ogni consistenza , talorapersino di ogni verosimiglianza, e non si applicava da nessunaparte, salvo nel campo delle idee e dei principi. Eravamo lonta_ni dall'attenzione interiore al desiderio dello Spirito sanro chesi adatta pazientemente e progressivamente alle possibirit} con-crete di ogni individuo. Il discernimenro si Iimitava a una visio-ne chiara dei principi in gioco e sfociava in un verdetto che sibasava su certe autoriti competenti e che da quel momento inpoi doveva contare unicamente sulla buona volont) e la genero-sit) di quanti erano in causa per essere eseguito .on aoggior. ominor successo.

Un discernimento che non renga conro della complessit) deidesideri che travagliano ciascuno di noi, al giorno d,oggi ci sem-bra sospetto, e giustamente. Si d gih operatu ur, ,roiir, in par-

Page 11: Rigenerati dallo spirito di andré louf

te facTlitata dalle scoperte delle scienze umane, in particolare

quelle della psicologia del profondo. Ma avremo l',occasione di

,ito.nu." su questo tema. Le intuizioni di Freud che, piir o me-

no bene assiLilate, fanno oggi parte del nostro bagaglio cul-

turale, ci hanno resi particolarmente sensibili alla complessitb

dei desideri e delle tendenze che animano il nostro mondo in-

teriore, fino a gettare un sospetto alquanto irritante sui nostri

compof tamenti apparentemente piil spirituali. Tirttavia b lecito

p.nJrr. che, via ,ri, .h. si integra meglio, il loro apporto si ri-

velerh benefico per una migliore comprensione dell'espefleflza

spirituale. Ma gb fin d'ora d diventato un elemento di cui non

si pud pit fare a meno.^Qr.rto confronto tra le scienze umane e le considetazioni tta-

dizicnali sulla vita spirituale ha dato origine a un accresciuto in-

teresse per l,accompagnamento spirituale. Interesse condiviso

.o1 ultr^i, ma sus.itatotiu..ru-"tte. Vari movimenti spirituali,

designati con il nome generico di "rinnovamento", che hanno

comfnciato a diffondersi nella chiesa, ci rinviano anch'essi al-

l'ugenza di un discernimento spirituale pit rigoroso' Ma ecco

il pioblema: quando l'individuo o il gruppo manifesta un coln-

p*rr*"nro cosiddetto "carismatico", come distinguervi cid che

paorri.r. da un'innocente esuberaflza sefltirnentale da cib che

iradisce uno slittamento psicotico con il rischio di una destrut-

turazione della personalit)? come percepire la dtff.erenza tra cib

che b sana .rrfoiir, sintomo di pacificazione interiore, e cid che

d messinscena isterica o delirio di gtandezza? E come determi-

nare, al cuore di queste manifestazioni emotive codificate da

ogni psicologia, che vi si trova coinvolta e piir o meno-messaalla

piouu dull'i-patto dell'intervento dello Spirito, cib che sarebbe

il frutto autentico di quest'ultimo? Sono domande che si pon-

gono con sempre -rggiot freqtenza ai pastori, con tutta la se-

riet) e la gravit) che comPortano'Relega; un tempo sotio il moggio, il discernimento spirituale

ha ritrovato ormai tutto il suo credito, e non B esagerato affer-

mare che appare oggi come particolarmente rispondente ai bi-sogni della chiesa e a questa nuova effusione dello Spirito santo

che Giovanni XXIII, il papa buono, aveva implorato sulla scia

del concilio Vaticano II. In tutti gli ambiti della chiesa si fa sen-

tire un medesimo bisogno, sia nella formazione dei laici e dei

futuri presbiteri, sia all'interno della vita monastica e religiosa.Ovunque abbiamo coscienza di essere passati dal regime dellalegge e delle osservanze al regime dei valori e dell'interioriti- una terminologia che dovrebbe essere attentamente precisata,e un passaggio che potrebbe essere dawero fruttuoso solo nellamisura in cui il discernimento dei movimenti dello Spirito, nel

cuore di ciascun fratello e di ciascuna sorella, fosse di nuovouno degli elementi chiave dell'esperienza spirituale -.I"a qruali

th di quest'ultima non potr) che guadagnarci. Infatti, se d eser-

citata correttamente, l'arte del discernimento spirituale si rivelainfinitamente pir) esigente di qualsiasi legge o osservanza. Essa

mira infatti a liberare e ad ascoltare in ciascuno l'esigenzainte'riore che E quella dello Spirito santo, maiTegata n6 esaurita da

qualche legge o regolamento. Poich6, se d vero che "la graziapud di pir)", noi avremo un bisogno viavia crescente di creden-ti che siano esperti nell'individuazione delle sue pitr sottili mo-

zioni. Si tratta di quelli che la l-rtteru agli Ebrei chiama "gliuomini f.atti" , cioE adulti nella fede, "quelli che hanno le fa-

colt) esercitate a distinguere il buono dal cattivo" (Eb 5,r4).

Discernimento e parola di Dio

Si d detto pii sopra che il discernimento spirituale venivaesercitato alf incrocio di varie esperienze essenziali per ogni cre-

dente. Vogliamo precisare innanzitutto il senso del legame che

si stabilisce tra il discernimento e l'ascolto della parola di Dio.

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L'intelligenza di tale legame d tanto pii necessaria in quantoquesto ascolto costituisce una vera chiave, forse addirittura lachiave essenziale, di ogni discernimento spirituale.

Nella letteratura monastica pir) antica noi possediamo, dallapenna del celebre Evagrio Pontico (lq6-nil, un piccolo ffatta-to che espone in maniera dettagliatalalotta contro le passioni.Esso ha un nome greco: Antirrhetikos, cioB il "Contestatote" .

Evagrio vi prende in esame le parole "contestatarie" con le qua-

li il monaco deve combattere le tentazioni. Ora, si tratta sempre

di versetti presi in prestito dalla parola di Dio. Questa si rivelacarica di una forza e di un'energia spirituali capaci di contrad-dire e di "contestare" i desideri disordinati. Evagrio si ts addi-rittura premurato di stilare un duplice catalogo: da una partequello dei desideri in questione, dall'altro una lista impressio-nante di citazioni scritturistiche, selezionate per essere messe a

disposizione dei monaci nella lotta contro i cattivi pensieri. Di-nanzi a ogni singola passione Evagrio stabilisce un arsenale spe-

rimentato di parole tratte dalla Bibbia, cariche di una forza se-

gteta, capace di riconoscere il peccato l) dove si nasconde e dicombatterlo efficacemente. Una "tecnica" del genere ci pub ap-

parire strana al giorno d'oggi, e anche un po' semplicistica. Ilfatto in s6, tuttavia, d molto suggestivo e cela una veriti profon-da che non ha nulla di illusorio: la parola di Dio stessa costitui-sce il primo strumento di un buon discernimento spirituale. Es-

sa offre una chiave per comprcndere cid che avviene nel cuoredell'uomo. Ma cerchiamo di approfondire un po' questo dato.

Che la parola di Dio sia una chiave che apre al discernimentospirituale significa innanzitatto che la sua semplice audizione,o lettura, costituisce gi) di per s6 un esercizio di discernimento.In effetti, per comprendere la parc7a biblica come parola di Diorivolta a ciascuno di noi oggi, si impone gi) un primo discerni-mento. Sono possibili infatti pit letture della parola di Dio. Inprimo luogo essa appare necessatiamente come una parola uma-na, sittata in maniera concretissima in una storia, in una lingua

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e in un genere letterario particolari. Ora, in quanto parola uma-na, testimone di un'esperienza e di una storia umane, essa drelativamente facile da comprendere. Ogni esegeta di professio-ne dispone degli strumenti necessari per farlo. Ma una letturadel genere non d sufficiente. Se ci fermiamo al rivestimento let-terario della parola biblica, alla sua "lettera", per usare il lin-guaggio degli antichi, noi non abbiamo ancora inteso nulla dicid che Dio ci dice nell'oggi attraverso di essa. Per accoglierelaparcla di Dio per cid che essa A veramente per noi, cioB comeunaparcTa che Dio rivolge a noi oggi, b necessario un discerni-mento; d il segreto particolare di cid che i monaci di occidentechiamavano la lectio diuina, vale a dire: la lettura della Bibbiaintesa come ascolto di Dio che ci parla attraverso di essa. Untale discernimento presuppone una disponibilith continua all'e-vento della pada di Dio, evento che si rinnova incessantemen-te nel cuore del lettore credente, ma rimane sconosciuto per chisi limita a una semplice esegesi storica.

Un esempio concreto pud illuminarci. Quando leggiamo nel-I'Antico Testamento la storia del popolo ebraico, possiamo tro-varla molto banale e quasi del tutto riconducibile agli incertidel destino passato di tutti i popoli d'oriente. Ma, attraversoquesta storia, se ne discerne un'altra che noi chiamiamo santae che d condotta da Dio: storia di Gesr) venuto a rinnovare l'al-leanza nel suo sangue, che nel suo stesso movimento abbracciagih la storia della chiesa dopo 1'ascensione e la storia di ciascuncredente! Allo stesso modo, quando costui legge nell'evangelola storia di quest'uomo chiamato Gesr), nato a Betlemme, vis-suto tra Nazaret e Gerusalemme, gli d necessario discernere lapresenza di Dio e della sua azione in mezzo al suo popolo, e

questo non solo all'epoca di Gesr) ma anche in quella dei tempinuovi, apefta dal Risorto. Al di h di ogni app^renza, tali letturenon sono assolutamente il frutto di un'illusione ottica o di unafantasiatroppo fervida. E lu pr.r.nra ininterrotta dello Spiritonella lettera della Scrittura a suscitarle in noi, e la parola bi-

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blica, da questi incessantemente ispirata, diventa la parola cheDio ci rivolge concretamente oggi. In questo senso, ogni lectiodiaina, ogni lettura vera della Scrittura implica un continuo eser-

cizio di discernimento.T:uttavia questo esercizio di lettura, a disposizione di ogni cre-

dente teologo, non si esaurisce nell'elaborazione di un senso

teologico del testo biblico in cui d sufficiente l'intelligenza ri-schiarata dalla fede: al cuore della lectio diaina si rivela qualcosadi piil importante, una sorta di lettura di secondo grado che pubaver luogo a un livello p1il profondo dell'essere, e dall'aspettostrettamente personale. E a me, infatti, uomo ctedente di og-gi, che si rivolge innanzitutto la parola di Dio; ecco perch6 ildiscernimento di quest'ultima tramitela mediazione di una pa-

rola umana d innanzitutto dato attraverso questo evento dellaparc7a che mi avviene come un appello personale. Percib d conuna certa impropriet) che si qualifica come "secondo" il senso

che il credente trae dalla sua lectio diuina. Nell'ordine dell'espe-rienza di fede questa lettura d in certo qual modo assolutamen-te primaria, anteriore a tutte le altre e come loro condizione.L'evento non lascia I'uomo indenne: la parola di Dio ascoltataraggiunge il cuore, lo fa muovere e sussultare, producendovi ilfrutto preciso di un'accresciuta sensibiliti alla mozione delloSpirito santo.

In genere questa nuova sensibilit) non B data in anticipo, masolamente al cuore stesso della lettura della Parola. ElaParola,infatti, che d) la capacitd di discernere. Nella tradizione patri-stica greca B detto che la Parcla rende il lettore dioratikds,lette-ralmente: "che sa guardare attraverso le cose, che ts in grado didiscernere". L'autore della kttera agli Ebrei ci ha lasciato unadescrizione espressiva, iconica, di questo potere straordinariodella Parola: "Yiva, infatti, d la parola di Dio, efficace e pir) ta-gliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al puntodi divisione dell'anima e dello Spirito, delle giunture e delle mi-dolla, e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v'b crea-

z6

tura che possa nascondersi davanti alei, ma tutto d nudo e sco-

perto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto"(Eb 4;z-r3). Questo testo d capitale. Ela parola di Dio stessa,

sovrana, che tocca il cuore, lo ferisce e, ferendolo, lo risveglia,lo rende sensibile e dioratico. La frequentazione quotidiana del-laparola di Dio sotto forma di lectio diuina costituisce il terre-no per eccellenza del discernimento. Nell'ascolto assiduo dellaparola di Dio ogni credente pub imparare ad ascoltare il propriocuore, a percepire un'eco della Parola che si ripercuote e ri-suona dentro di lui. Al tempo stesso il cuore d risvegliato dallaParola, si dilata, si allarga alla dimensione piena della Parola e

della storia santa. Incontrato nelf intimo del proprio cuore, ilcredente diventa un "ascoltante", un "vedente", e comincia o

prosegue l'apprendistato del discernimento. Questa crescita in-teriore d) all'uomo abitato dallaParcla un cuore "profetico",nel senso pir) forte del termine. Questo cuore d un cuore capa-

ce di interpretare ogni avvenimento della storia alla luce dellastoria santa. La frequentazione assidua della Parola gli di unasensibilitlr nuova. hradiata dalla potenza che emana dalla paro-la di Dio, questa frequentazione affina incessantemente un sen-

so spirituale che rende il credente sempre piil in grado di perce-

pire l'evento di salvezza che si cela dietro ogni avvenimento del-la storia, quella dell'umanith e la propria.

Nel lavorio di ascolto ricettivo delle mozioni dello Spirito san-

to nella vita dei fratelli e delle sorelle che vengono da lui, l'ac-compagnatore B guidato in questo suo compito da una sensibi-lit) interiore "accotdata" con lo Spirito santo. Ora, questa nond fondamentalmente differente dalla sensibilit) spirituale concui ha gi) imparato ad ascoltare e assaporare la parola di Dio.Osiamo anzi dire che queste due sensibilit) - le due "unzioni"interiori, per riprendere il vocabolario della Prima lettera diGiovanni $Gv z,z7) - fanno tutt'uno, coincidono perfettamen-te. Il cuore che rasale, allorch6 d toccato da una parola di Dionella Scrittura, d quello stesso cuore che palpita e trasale in

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Page 14: Rigenerati dallo spirito di andré louf

egual modo quando, attraverso le parole e i sentimenti condivisidi un fratello o di una sorella, si manifesta all'accompagnatorequalcosa del desiderio dello Spirito santo che d all'opera in loro.

Discernimento spirituale e conversione

In questo nostro rapido inventario delle realt) che hanno a

che fare con il discernimento spirituale d necessario che ci fer-miamo un attimo sulla grazia della conversione. I1 Nuovo Testa-

mento la designa con il termine greco mettinoia,letteralmente:"il capovolgimento del nofi.s" (a sua volta il termine noil.s pu6 es'

sere tradotto oggi con "spirito", oppufe "cuore"). Per la verith,l'opera di discernimento spirituale non d concepibile se il sog-

getto non si lascia coinvolgere in un instancabile movimento diconvetsione. Basta ricordare un celebre testo di Paolo: "Nonconformatevi alla mentaliti di questo mondo - ci esorta I'Apo-stolo -, ma il rinnovamento del vostro noils vi trasformi e vi fac-

cia discernere la volont) di Dio, cib che d buono, cid che a luipiace, cib che b perfetto" (Rm rz,z). Eccoci dinanzi a uno deitesti pir) espliciti del Nuovo Gstamento che fanno l'elogio deldiscernimento, che ne sottolineano l'assoluta necessit) e lo met-tono nel contempo in stretto rapporto con la conversione.

Non ts del resto l'unico passo in cui Paolo fa menzione deldiscernimento spirituale e insieme della necessit) per noi di co-

noscere con esattezza la volont)t di Dio. Sovente ne fa l'oggettodella sua preghiera in favore dei suoi destinatari: che sappianoconoscere pienamente la volont) di Dio a loro riguardo (cf . Ef5,ry; Col r,9). Nel testo sopra citato Paolo ricorda che un talediscernimento dipende da una anakainosis tofr. no6s, da un rin-novamento del nofr.s. Quest'ultimo termine d da intendere co-

me la sede dell'intuizione spirituale nell'uomo. i mutuato dal

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vocabolario filosofico greco e nessuna raduzione nelle linguemoderne riesce a renderlo in maniera soddisfacente. Certunilo traducono con "intelletto", ma questo vocabolo, dalla colori-tura intellettuale, B fuori posto in un contesto del genere, dalmomento che questa tonalit) d totalmente estranea al pensierodi Paolo e a quello del Nuovo Testamento. Come dicevo, si po-trebbe tradure convenientemente con "spirito"; meglio anco-ra, forse, con "cuore". Infatti il "rinnovamento del noils" cal-deggiato da Paolo implica il risveglio del cuore, di cui si B par-lato nel paragrafo precedente. L'apostolo cerca di dire che lacapacitd di discernere la volont) di Dio richiede una nuova sen-sibilit) spirituale, precisamente quella che ci d data attraversol'evento della nostra conversione. Evento, peraltro, che non con-cerne unicamente il cuore. La sua portata b antropologica, nelsenso pii forte del termine, poich6 concerne l'uomo nella sua

totalit). Al cuore della conversione, questi d diventato un altro.Ha "rivestito l'uomo nuovo" (Ef 4,24), per riprendere il lin-guaggio di Paolo, ciots ha ricevuto uno statuto nuovo attraversoil fatto di essere ricreato nello Spirito santo. L'azione di que-

st'ultimo, d'altronde, non avr) mai fine, e la prima conversio-ne non E che un inizio le cui conseguenze sono imprevedibili.La nuova condizione umana cosi accolta d destinata a cresceree a evolvetsi senza fine. Lo stesso vale per il discernimento spi-rituale, a sua volta chiamato a perfezionarsi sempre piil median-te un affinamento progressivo. Da qui f impressione di andareperpetuamente in avanti, in un continuo ricominciare, dal mo-mento che Dio non cessa di donare e di accrescere instancabil-mente il suo dono.

E ,rn dono forse molto piir diffuso di quanto abitualmente si

creda. La sua narura d anzi tale che ts possibile condividerlo trafratelli e sorelle e percepire di rimando i doni che ciascuno hrr

ricevuto in questo campo. Pud capitare infatti che nel corso cli

uno scambio si raggiunga un livello di profondith nella conclivi-sione che fatutt'aun tratto prendere coscienza di Lrn'a[[initi cli

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esperienza nel discernimento ricevuto in modo analogo dail'u-no e dall'almo, ed B proprio aparthe da esso che si era difattomessa in movimento tutta la dinamica dello scambio. In manie-

ra meno folgorante ma non meno vera, questa sensibilit) spiri-tuale ptopria di ciascuno si anima ancora a diversi gradi in certicristiani che cercano di approfondire l'esperienza della loro fe-

de. E lecito credere, percib, che ogni fratello e ogni sorella han-

no gih ricevuto qualche premessa di questo dono, sotto forma diuna certa sensibilitd interiore di cui non sono sempre coscientie di cui diffidano talora inutilmente. Una tale sensibiliti per-

mette loro di intravedere cid che gli altri, per il momento, norlsospettano ancora, finch6 a Dio piaceri aprir anche a loro gliocchi del cuore, ma quando sardlaloro ora. Dio infatti desidera

ardentemente risvegliare tutti i credenti a questa gtazia del di-scernimento, per dar loro una medesima capacit) di essere ac-

cordati con il dono dello Spirito nel loro cuore. Ora, esiste una

segreta connivenza tra quelli e quelle che gi) percepiscono qual-

cosa. Si riconoscono a vicenda da una certa trasparenza di lin-guaggio e di sentimenti, dalla medesima lrsnghezza d'onda su

cui ognuno si esprime. Quest'ultimo punto non va trascurato,poich6 il luogo a partie dal quale si parla e si condivide sar)differenre per colui che comincia a intravedere rispetto a coluiche non intravede ancora. Alla lunga, pud diventare relativa-mente semplice rendersi conto, nel corso di una conversazione,da quale luogo interiore o a partire da quale lunghezza d'onda,se preferite, l'interlocutore si sta esprirnendo. Pud prendere co-

me punto di partenza il suo sapere, la sua intelligenza, una certaintuizione e finezza naturali, la stta generosit). Tutte cose eccel-

lenti e che possono talora disporci al dono del discernimento.Pud anche esprimersi a patire dal suo cuore in stato di veglia,la cui vita profonda trabocca e irradia incessantemente.

Ora, come vedremo in seguito, non sono tanto le parole o imessaggi razionali che importano in un dialogo spirituale, quan-

to piuttosto questa vita che trabocca dal cuore: "Laboccapatla

)o

dall'abbondanza del cuore" (Mt rz34), ci ricorda Gesrj. In oc-casione di uno scambio d possibile che si sia convinti e convin-centi, e addirittura che si arrivi a far colpo sul piano del linguag-gio, senza tuttavia trasmettere la vita al proprio intedocutore.AI contrario, una sola patola, molto sobria, scarna, all'apparen-zabanale e insignificante, spoglia di qualsiasi clamore oratorio,ma pronunciata a partfue da un cuore realmente rinnovato nelloSpirito santo, d capace di sconvolgere qualcuno in modo decisi-vo e di generarlo allavita di Dio. La condizione di tutto cib dsemplice: che il rinnovamento interiore sia costante in colui cheparla. In questo senso l'accompagnamento spirituale d conver-sione continua, non solo dell'accompagnato, ma in primo luogodell'accompagnatore.

Discernimento spirituale e obbedienza

Fra 1'obbedienza e il discernimento spirituale esiste un lega-me evidente. Quella inf.atti suppone che si sia pronti a rinuncia-re ai propri desideri personali per accogliere il desiderio di Dio.Ma bisogna poi essere in grado di percepire quest'ultimo in ma-niera corretta. L'esperienza ci insegna che il riconoscimento diquesto desiderio non cade immediatamente sotto i sensi. L'ulti-rno capifolo di questo libro ne tntteia a lungo, ma d utile farnernenzione gi) fin d'ora.

Si era in genere d'accordo sul fatto che in materia di accom-pagnamento - o di "direzione spirituale", come si diceva untcnlpo - l'obbedienza del "direffo" fosse cib che importava piicli ogni altra disposizione e garanrisse iI pieno successo dell'ope-lazione. Bastava obbedire - cosi si sosteneva - e tutto sarebberrndato per il meglio. Una tale affermazione d lungi dall'essere{'alsa. Essa contiene una verit) profonda. A condizione perb di

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non interpretarla in maniera troppo semplicistica. Solo un vero

discernimento permetter) un'obbed ienza cristiana, cioB un'ob-bedienza che riproduca quella di Cristo, accettando di andarefin dove Cristo stesso d andato, nel mistero della sua Pasqua:"E stato obbediente fino alla morte" (FiI z,B). Cid d possibilesolo nel caso di un'obbedienza che coinvolga una certa profon-dit) dell'essere. Ora, non tutte le forme di obbedienza tocc^-

no il soggetto fino a quel punto. A titolo di esempio, il rispettodovuto al codice della strada d un atto di prudenza elementaree di buonsenso che implica una certa coffettezza civica, un'ob-bedienza, insomma. Ma non si pub certo dire che si inscrive nelprolungamento della celebrazione della Pasqua di Cristo! In que-

sto senso, molte forme di obbedienza forgiano certamente deicomportamenti, ma non c'B bisogno di invocare chissi qualimotivi spirituali per seguirli. Invece, acconsentire a obbedirein nome dell'evangelo B qualcosa che non si pud f.are al di fuoridella Pasqua di Cristo o senza che questa obbedienza divengauna reale partecipazione alla sua morte e alla sua resurrezione.Obbedendo cosi, si celebra la Pasqua di Cristo. Nel senso piiforte del termine, il credente d raggiunto da questa obbedien-za negli strati pir) profondi del proprio essere, e non d possibileche non ne esca radicalmente trasformato.

Tattaviala metamorfosi che pud operarsi nell'obbedienza esi-

ge che questa non sia caricaturale, bensi autenticamente spiri-tuale, nel senso che l'opera di discernimento dipende tanto da

colui che comanda quanto da colui che obbedisce. L'uno e 1'a1-

tro vi sono costantemente sottomessi. Questa implicazione dientrambi A esffemamente esigente. Se b sempre vero che l'obbe-dienza B alla base non solo della vita religiosa ma di ogni vitacristiana, d non meno vero che essa B stata talvolta esagetata-

mente semplificata, ridotta a una piccola "tattica" comoda chegaruntiva all'obbediente la sicurezza di non sbagliarsi mai e diaver sempre "la coscienza a posto". Se l'adagio: "Colui che ob-bedisce d sicuro di non sbagliarsi mai" b perfettamente valido,

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rxrndimeno d tale solamente se riferito a quel livello profondis-sinro dell'esperienza interiore in cui si instaura il discernimen-to. Non potr) mai farsi garante per una maflcanza di impegno;rrrtentico in questo senso. Non produrrebbe, del resto, che unacaricatura di obbedienza;ben che vada, quella del fariseo del-I'cvangelo, del "giusto" che cerca di giustificarsi da s6 attraver-so il rigore quasi militare della propria sottomissione.

L'obbedienza evangelica, invece, ci rimette profondamentein questione e impegna la nostra liberti. Essa partecipa di unvcro dramma - e Dio sa se pub far male talvoltal -, ma un dram-nra salvifico: d la redenzione in atto. Lungi dall'accontentarsi dil)ermettere di essere "in regola", essa concede di essere salvati,irttraverso tante lacerazioni e alternanze di oscurit) e di lucidi-ti. In una parola: permette di essere profondamente trasformatirrttraverso di essa e di diventare uomini nuovi, dotati di una sen-sibilit) nuova e di uno sguardo nuovo. Al cuore dell'obbedienza

per quanto crocifiggente, e talora "cieca", possa essere - eccosgorgare uno sguardo nuovo che d) la capacitb, di veder chiaro.Irrdubbiamente d questa la parte di verit) contenuta nel consi-glio che un tempo si dava sovente a chi aveva qualche difficolt),rcl allinearsi con la volonth di un superiore: "Comincia con l'ob-lrcdire; comprenderai pii tardi". Anche se nella prutica si d po-Itrto abusare di questa massima, essa esprime nondimeno moltopiir di un semplice dato di buonsenso. A patto che si verifichiinnanzitutto a livello del discernimento spirituale in cui ci si-ttriamo qui. In fondo essa significa: "Obbedisci, intanto, poi-ch6 ts la rinuncia alla tua volonth propria che ti manifester) lavolonth di Dio". t l'obb.di.n u,i. de il dir..r.rimento e ren-rlc tutto luminoso.

t,

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Discernimento spirituale e preghiera

Il discernimento spirituale incontra due altri momenti impor-tanti dell'esperienza cristiana: la preghiera e l'azione. La pre-ghiera, su cui ora ci soffermeremo, ne costituisce addirittura illuogo per eccellenza: a un tempo il luogo in cui il discernimen-to si rivela pit necessario e il luogo in cui possiamo facilmen-te impararlo. Paolo ciha avvertiri che noi non siamo nemme-no capaci di dire: "Gesir b Signore" se non sotto I'azione del-lo Spirito santo (rCor rz,3). Cosi, quando qualcuno si mette

^ prcgate, non solo lo Spirito d all'opera in lui, ma l'ha addi-

rittura preceduto nella preghiera. l,o stesso Paolo dice espres-

samente: "Noi non sappiamo pregare come si deve, ma d lui,1o Spirito, che di persona intercede per noi con gemiti ine-sprimibili" (Rm 8,26). La preghiera d in tal modo come un di-scetnimento in atto, dal momento che consiste essenzialmentenell'abbandonarsi progressivamente alla preghiera dello Spiritoin noi ogniqualvolta, a poco a poco, questa af.fioru alla nostracoscienza.

A dire il vero, si ha a che fare qui con una delle meravigliepii esaltanti dell'esperienza cristiafla, {na anche con uno deisuoi misteri piil sconcertanti. Da un lato noi potremmo affer-mare che siamo letteralmente immersi nella luce deilo Spiritosanto e nella sua preghiera che B all'opera in noi; d'altro latodobbiamo ammettere che gli echi che ne percepiamo sono estre-mamente rari. Resta vero, nondimeno, che Dio ci ha destinatia percepirne qualche eco. E lui che, pazientemente, ci inse-gner) a cogliere e a interpretare il movimento interiore delloSpirito nel nostro cuore. Al pari della lectio dioina,la preghie-ra segreta diviene cosi un luogo particolarmente appropriato didiscernimento spirituale: a un tempo, sorgente e norma del di-scernimento. La sensibilit) interiore che ci permetfer) di pre-sentire qualcosa di cib che Dio sta operando in un altro d esat-

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tlrnente la medesima sensibilit) che ci d) di percepire lo spiritosa,to che ci spinge alla preghiera e che merte nei nostri iuorile parole stesse della nostra preghiera; d infine la medesima sen-sibilit) che ci mette in sintonia con il senso profondo della pa-rola di Dio.

Giovanni della Croce, da guida sperimentata nelle vie dell,o-

'rrzione, ha piir volte insistito sulla necessith del discernimen-

t. in colui che ts chiamato a guidare alre persone sulle vie del-l'orazione. Cib che pud essere di qualche aiuto auna guida noni' cid che essa crede di sapere per averlo imparato sui libri. L,in-(crvento di Dio infatti non d mai programmato gi) in anticipo,e la guida deve essere in grado di sentire Dio all,operr, urr.h.,ytrando questi sembra uscire dai sentieri battuti e chiedere co-sc inattese. Giovanni della croce si mostra addirittura duro neit'onfronti di quegli accompagnatori che non avrebbero altri mez-zi a disposizione se non qualche ricetta facile che ha dato buonaprova in altre circostanze, oppure certi principi generali di teo-Iogia spirituale, o anche il semplice buonsenso. Tutto questorron pud bastare. La grande sventura per i contemplativi - icriverrcl suo commento alla terza strofa della Fiamma oiua d,arzore -i' clr"rella di lasciarsi guidare da un altro cieco.

L'anima che vuole veramente progredire deve guardare atten_tamente in quali mani si mette, poich6 il discepolo sar) ugua-le al maesro, il figlio al padre. Per quesra via, almeno per iltratto pir) elevato, e anche per quello di mezzo, difficilmentesi trover) una guida perfetta con tutte le doti di cui c,E bi_sogno, poich6 d necessario che sia saggia, prudente e riccadi esperienza.Se d vero che per guidare uno spirito sono fondamentali Iascienza e la discrezione, se i direttori non hanno anchc l,espe_rienza di quanto d pitr sublime, non riusciranno a incanrmi_narvi le anime, allorch6 Dio ve le vorr) condurre. Potrebbe-ro anche arrecar loro grave danno poich6, non c<lnoscendo lavia dello Spirito, spesso fanno perdere alle anime quei deli-

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Page 18: Rigenerati dallo spirito di andré louf

cati profumi per mezzo dei quali lo Spirito santo le dispone a

s6. Insegnano loro alri metodi elementari letti qua eLd, adat-ti solo ai principianti, e sapendo solo quanto occorre per que-sti (e piaccia a Dio che almeno sia cosil), non vogliono per-mettere loro, anche se il Signore vuole condurvele, di andareoitre quei principi e quelle maniere discorsive e immaginati've, cosicch6 non trascendono e non escono fuori dalle capa-cit) naturali, con le quali possono fare ben poco1.

Giovanni della Croce si rivela qui perfettamente coscientedella distanza che esiste fra cib che egli chiama l"'attivith natu-rale" dell'anima, per la quale un consiglio dettato dal buonsen-so pud bastare, e la spinta interiore dello Spirito santo che, a undato momento dell'esperienza interiore, si sostituisce a quella.Essere sperimentato nelle vie dello Spirito non implica ttttaviache la guida preceda nell'esperienza il cammino spirituale su

cui d impegnato colui che egli accompagna. Ogni via d unica,e non pub essere n6 anticipata n6 ripetuta. L'accompagnatoredeve perd aver ricevuto la sensibiliti interiore che gli permet-teri di riconoscere 7'azione di Dio in un altro. Ora, i segni del-l'azione di Dio, o le sue tracce, attraverso 7'otazione, sono ingenere estremamente tenui. Giovanni della Croce parlava di "de-licati profumi", appena percettibili ma segretamente presenti inun cuore lavorato dalla grazia dello Spirito. Ora, avviene mol-to spesso che Dio spinga I'accompagnato su una via che non E

quella in cui si trova l'accompagnatore. Che importa? Costuinon d per nulla chiamato a seguire i fratelli sul cammino in cui7a grazia attende loro, e non lui. Gli d semplicemente chiestodi saper riconoscere il loro cammino e la direzione in cui Diodolcemente li orienta. Inoltre pub capitare che Dio appaia scon-certante tanto per l'accompagnatore quanto per l'accompagna-

1 Giovanni della Croce, Fianrma oiua d'arnore A, strofa 3,29, inId., Opere, versionedel Padre Ferdinando di S. Maria, Roma r975, p. ror r.

*

to, oppure che sembri attirarli in un,oscurit) in cui sono scom_parsi tutti i punti di riferimento del sapere e in cui sia I'uno chel'altro si sentono completamente disorientati. Che .i6 ";r;;;;nella.preghiera oppure nell,azione, la sola cosa che l_portu ii_lora B riconoscere la mano di Dio, anche se si ha l,impressione che tutto sia perduto e che si sia sul punto di perderi ur.h.se stessi. L'impressione, e persino la quasi cefie)za,.fr" ,o, ,iavanzi pir), che si ristagni disperatamente, non hu nessunissimaimportanza. Basta essere in giado di discernere il senso .h.-Dl;intende dare a cid che appare come uno scacco e al sentimentodi frustrazione che n" ,ri... Ogni morte apparenfe d premessadi vita nuova, e riconoscere i bairumi di questa vita nuova atttu-v.erso la morte provvisoria d precisamente l,opera pri".ipri. a"fdiscernimento spirituale.

Discernimento spirituale nell,azione

L'altro asse della vita cdstiana, quello dell,azione, sembra aprima vista opposto a quello della pieghiera. Ma si trattadi unavisione superficiale delle cose. L'azioie non d meno i.po.tu.rt.della preghiera, e questo anche nel genere di vita.r.trriur*".-te contemplativo, sia perchd il soritaiio si trova spesso morto im-pegnaro in ogni sorta di attivit) indispensabili illap.opri, ,",sistenza, sia per 7a natura stessa del discerniment; ,pirituui.,che costituisce un "terreno comune,, tra la preghi

"ru ,1,^rion.'.

In effetti.cib che importa veramente, nella prJ hi.ru .o_. ,r.l-t aztone, e essere realmente sotto la mozione dello Spirito. Ora,questa sensibilit) allo_^spirito ra si impara tanto nelL pr.ghi"roquanto nell'azione. cid che B stato appreso ar monrento'creflapreghiera faciliter) la scoperta del'agire di Dio ar -on ",rto

d.r-1'azione; simrnetricamenie, cib.h" r] a imparato dell,attivit) di

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Page 19: Rigenerati dallo spirito di andré louf

Dio al cuore dell'azione faciliterh l'ascolto dello Spirito al mo-

mento della preghiera. Nei due casi cid che importa B essere instato di attesa e assumere un atteggiamento di ascolto, "auscul-

tando", scrutando i segni dello Spirito santo.

A questo livello di profondit), pir) che un'interazione fon-damentale tra Ia preghiera el'azione, B paradossalmente la lorodistinzione stessa a essere abolita. Tirtt'e due sono assunte e si

lasciano egualmente guidare da una medesima sensibilith inte-riore. A un dato momento, il discernimento spirituale signifi-cherh "attenzione interiore al movimento dello Spirito che spin-ge alla preghiera"; in un altro momento sath, "attenzione a cib

che il medesimo Spirito spinge a operare concretamente". Toc-

chiamo qui un punto in cui, in ogni credente, il contemplativo e

I'apostolo si congiungono.Forse B questo il senso della raccomandazione che Ignazio di

Ioyola trasmise ai suoi compagni, in cui chiedeva a ognuno diessere "in actione contemplativus", contemplativo al cuore stes-

so dell'azione. Non si ttatta certamente di confondere azione

e contemplazione, n6 di pretendere, come si sente dire talora,

che l'azione possa sostituirsi alla contemplazione e addiritturafare a meno di essa. Si tratta invece di imparare ad agire in ma-

niera pacificata, dimodoch6 l'orecchio interiore resti incessan-

temente all'ascolto dei movimenti dello Spirito santo e l'azio-ne si lasci continuamente guidare da essi. L'esame di coscienza

che lo stesso lgnazio propone ai discepoli non ha altro senso,

del resto. Sebbene dopo la morte del fondatore abbia potutoessere assimilato a una sorta di contabilit) delle azioti compiute,omesse, perfettibili, nell'intenzione di lgnazio esso aveva tut-t'altro significato. L'esame particolare d innanzitutto, per lui,un momento di intenso raccoglimento in cui ogni attivit) si fer-ma per un istante, nel mezzo e alla fine della giornata, o anche

a piir riprese nel corso della giornata. L<> scopo di tutto cid d

l'ascolto del proprio cuore per riconoscervi i segni della spinta

interiore dello Spirito e per verificare se l'attivit) svolta all'e-

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:it('r'tx) d sempre in accordo con essa. Si comprende allora l,im_l)()rtlrnza di questi ritorni verso l"'interno" che permettono al-l':rr)ostolo pir) impegnato di riaccordare incessantemente ra pro-yrlia attivit) di uomo con la spinta dello Spirito che egfi E in1i'rrclo di "auscultare" nel proprio cuore. Cosl, a un livello molto1,r'olbndo dell'essere umano, la preghiera pii contemplativa eI'rrzione pii impegnata - impegnata innanzitutto nello Spirito. sgorgante da lui - sono praticamente identiche. Non ts di que-:rl. mistero che tanti santi e sante hanno vissuto e hanno resott'stimonianza?

Il Nuovo Testamento usa diverse immagini per descrivere que-strr attivit) segreta dello Spirito santo nel cuore di ogni creden-tt': i gemiti dello Spirito (Rm 8,z6), la spinta dello Spirito (Rmli,(r-7), il desiderio dello Spirito (Rm 8,27), I'unzione dello Spi_rito (rGv z,z7). Con un linguaggio pii moderno si potrebbe pa_r',rgonarla a un sottofondo musicale ininterrotto, sul quale tut-rrr la nostra esistenza, Ia nostra preghiera cosi comelu rrortmrrzione, si dispiega dolcemente, nella pace. euando Bernardorli clairvaux vuol descrivere come il credente si lasci continua-nrcnte guidare da questa dolcezzainteriore, usa un,espressione,t'cl d certamente lui il primo a farlo, che far) fortuna (Guglielmo.li Saint-Thierry, autore di una biografia del santo ubul", no.,trrrder) ad applicargliela): il credente, dice, pouebbe agire in.rgni occasione e a ogni istante unctione magistra, cioB avendo('ome maestro interiore quell'unzione di cui ci parla Giovannirrclla Prima lettera (tGv z,z7)2. I contemporr.rii di Bernardolranno del resto conservato di lui il ricordo di un uomo eccezio-rrrrlmente dotato per questo ministero dell'accompagnamento,.n uomo che si distingueva per la penetrazione del suo giudizioslrirituale a cui lo disponeva l'acttezza della sua sensibilit) in-lcriore. Il suo segretario, Goffredo di Auxerre, di certo non B

'r Cf. Bernardo di Clairvaux, Sennones in Cantica Canticorum r7,2.

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Page 20: Rigenerati dallo spirito di andré louf

molto lontano dalla verit) storica quando scrive in un sermone

pronunciato per I'anniversario della sua morte: "Si fa fatica a

credere ... a qual punto gli fosse facile percepire cid che tormen-tava gliuni, cid che turbava lo spirito degli altri; con quale amo-

re disponesse e prevedesse tutto affinch6 l'eccesso di lavoro nongravasse sull'uno o l'eccesso di riposo non facesse intorpidireI'altro; come affettuosamente soppesasse, se cosi si pud dire, an-

che il sonno di ciascuno dei fratelli ... E per un istinto divino, iocredo, che aveva imparato a conoscere le fotze,le disposizioni e

persino lo stomaco di ciascuno. Si era fatto il vero servo di tutti,per Gesi Cristo"r.

Lfaccompagnamento spirituale, un ministero nella chiesa

Abbiamo visto come l'accompagnamento e il discernimentospirituale concernano un certo numero di realt) cristiane fonda-

mentali. A partire da questa constatazione, ecco sorgere sponta-

nea una domanda; l'accompagnamento spirituale non farebbe

parte di quei ministeri di cui il concilio Vaticano II ci ha ricor-dato l'impofiatza nella vita della chiesaa? A un certo momento

della storia questo ministero si d trovato a essere, di fatto, riser-vato ai presbiteri, ma non b stato sempre cosi, n6 lo esige la sua

natura. Si tratta piuttosto di un carisma che d disponibile per

tutti, di un ministero che pud essere esercitato da ogni cristia-no. In cib d un dono prezioso, necessario alla salute spiritualedel popolo di Dio.

r Goffredo di Auxerre, Senzo in annioerario obitus sancti Beru.atdi tr.a CI. Lumen gentium tt: "Inoltre, lo stesso Spirito santo ... distribuendo a ciascuno i

propri doni come piace a lui (rCor rz,rr), dispensa tra i fedeli di ogni ordine grazie

ip..iuli, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere o uffici, utili al

rinnovamento della chiesa e allo sviluppo della sua costtuzione ..".

4o

In realti bisognerebbe considerare il ministero dell'accompa-gnamento spirituale come un complemento naturale del batte-simo. Dapprima il catecumeno ha avuto bisogno della presenzacli un ministro perch6 gli fosse amministrato il battesimo. Gio-vrrne battezzato, poi, egli ha normalmente bisogno di un altrorrrinistro, educatore o pedagogo della fede, perch6 la grazia dellrattesimo possa portare tutti i suoi frutti in lui. In occasione..lcl sacramento ricevuto sono stati posti dei segni rituali: un'im-rrrersione e insieme una parola pronunciata da un fratello nellalede. Un gesto e una parola hanno cosi costruito insieme, nel-Irr fede della chiesa, il sacramento che genera allavita nuova in(lristo. Non si tt^tta alcota che di un seme, perd, di un ger-rrrc chiamato a crescere e a svilupparsi. L'uomo cosi inseminato,leve ancora imparare a lasciare che questo germoglio invada, a

l)oco a poco, tutte le dimensioni del suo essere, e saranno, ogniv,rlta, come altrettante nascite rinnovate. Tuttavia, perch6 laf.or-zrr del sacramento possa dispiegare tutte Ie sue energie nella vi-trr del credente, b necessario che questa vita nuova sia coltivataton l'arte che le compete, un'arte che prevenga ogni deperi-rrrcnto ed estinzione del germe. E il compito che spetta all'ac-c()mpagnamento e che pud, in questo senso, essefe visto comerrn'estensione del sacramento del battesimo, dal momento che( ()mporta a sua volta il duplice segno del gesto e della parola. Illr,csto o il rito d questa relazione umana che si intesse tra I'accom-

l)lrgnatore e I'accompagnato. Quanto alla parcla, essa soprag-

liirrnge al momento opportuno, pronunciata da un ministro e ac-,. olta come proveniente da Dio. Vedremo quanto sia delicato untrrlc ministero e quali condizioni umane e spirituali possano ga-

lrrrilirne, almeno fino a un certo punto, il frutto.ll proprio necessario ricordare che questo ministero E essen-

ziirlmente laico? Inolffe, nulla in esso presuppone che sia ri-s('rvato unicamente agli uomini. E un ministero che affonda lerrrclici nel sacerdozio battesimale e non richiede, di per s6, ilsrrccrdozio ministeriale. Quest'ultimo appartiene a un ordine

4r

Page 21: Rigenerati dallo spirito di andré louf

differente. L'accompagnamento spirituale prolunga a suo modoil ministero dei sacerdoti ordinati, che culmina nella celebrazioneeucaristica. Nella maggior parte dei casi, peraltro, costoro nonsarebbero neppure sufficienti. D'altra partela loro presenza nond affatto indispensabile, dato che 1'accompagnamento si eser-cita all'interno degli innumerevoli legami di amicizia e di fra-ternit) che si intrecciano continuamente tra i membri del corpomistico di Gesri.

Una migliore conoscenza della storia della vita religiosa cimostrerebbe, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto largamentesia stato esercitato questo ministero nel corso dei secoli, dalai-ci, sia uomini che donne. E durrrr.ro sorprendente che quanti si

danno da farc al giorno d'oggi per promuovere il ruolo delladonna nella chiesa non si siano quasi neppure accorti del ruoloeminente che tante donne hanno svolto alla testa o al cuore dicomunit) religiose femminili, in particolare nelle comunit) con-templative. Si d sovente truttato di un autentico ministero pa-

storale e di una vera materniti spirituale, che non necessitavanodi per s6 del sacerdozio sacramentale. Gli esempi abbondanonella storia.

Ma si potrebbe risalire pitr indietro ancora, per cogliere que-

sto ministero dell'accompagnamento nella sua sorgente stessa,

li dove si esercita naturalmente: al cuore di ogni nucleo familia-re cristiano. La maniera in cui i genitori cristiani adempiono illoro ministero parentale d indubbiamente in stretto legame con1'accompagnamento spirituale, soprattutto quando si tratta del-la trasmissione delia fede. Non d forse al cuore della famigliacristiana che un tale ministero si impara, innanzitutto? Moltiformatori nella vita religiosa sono portati a constatarlo , a contrl-rio, nelle lacune frequentemente riscontrate nelle loro reclutein relazione alla trasmissione della fede, quando questa non haavuto luogo correttamente, per varie ragioni, nel nucleo d'ori-gine. Sono lacune che concernono nel contempo la trasmissio-ne del patrimonio religioso stesso e la struttura psicologica che

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dovrebbe favorire una tale trasmissione. I formatori si trovanosovente dinanzi a certe pagine interamente vergini che non so-no mai state riempite. E vero, in molti casi esse possono ancotaesserlo, almeno in parte, cosi come d dimostrato che I'accom-pagnamento spirituale pud compensare con un certo successocid che non ha avuto luogo al momento debito. Questa consta-tazione non fa, peraltro, che confermare l'importanza del ruolodei genitori, e come una prima tappa importante dell'accompa-gnamento spirituale dovrebbe awenite all'interno della famigliacristiana.

Certo, la catechesi e i mezzi pedagogici appropriati da essa

messi in opera sono uno strumento assolutamente necessario ri-guardo alla questione della trasmissione della fede. Tuttavia siratterA sempre e soltanto di un riflesso dell'esperienza di fe-de, incapace di trasmettere l'espetienza stessa e di sopperire al-le deficienze precedenti di un ambiente umano. E unicamentenella sua qualit) di testimone che il catechista, o in senso pir)ampio l'accompagnatore, sar) in grado di trasmettere questaesperienza e di completate, per quanto d possibile, le pagine ri-maste vergini di cui si d detto. Cib tuttavia pttd realizzarsi solonella misura in cui il testimone si presta in modo trasparenteall'aziote di Dio attraverso di lui. Egli rende allora testimo-nianza delle meraviglie che sono state operate in lui da Dio, e

che possono essere operate anche nei suoi fratelli. Una tale tra-smissione, che si fonda sulla testimonianza di un'esperienzavissuta, ci rinvia aflcota una volta al discernimento spirituale e

alla nuova sensibilit) dataci dallo Spirito per permetterci di per-cepire correttamente cib che Dio opera in noi. In questo senso

una pratica rinnovata dell' accompagnamento spirituale cos t it u i -

sce una cbance per Ia chiesa di oggi. Essa pone in termini nturvi,ma particolarmente appropriati, il problema di un'autcnticir 1'rc-

dagogia della vita di fede e dell'esperienza spiritualc.

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Page 22: Rigenerati dallo spirito di andré louf

L'OGGETTODELL'AC C OMPAGNAMENTO SPIRITUALE

L'aver messo in evidenza le diverse implicazioni del discer-nimento spirituale in tanti aspetti della vita di fede ci ha datoun quadro generale della questione dell'accompagnamento spi-rituale. Ma c'B un ultimo punto che merita la nostra attenzione,in quanto preliminare obbligato di ogni approfondimento pir)dettagliato. Qual d, alla fin fine, 1'oggetto dell'accompagnamen-to spirituale? In altri termini: cos'd che ha bisogno di essere"accompagnato" nel soggetto che fa l'esperienza della fede cri-stiana?

La parola "esperienza" ne implica un'altra: quella di "vita".Il cid d vero piir che mai in questo ambito, in quanto la graziaclella fede cristiana d essenzialmente una "vita" , e nel suo sensopiil forte: movimento, tensione, crescita, tendenza a rcalizzarci,rrd andare verso il termine compiuto della propria maturiti. Tut-tavia cib che d vita non d senza minaccia di morte, di non com-pimento di tutto cib che era promessa.Una vita pub languire,cssere paralizzata, soffocare e, al limite, spegnersi. In un casocome nell'altro, nulla sar) rimasto immobile, poich6 cib che b

vita non si ferma.Se tale d la comprensione pir) immediatamente percepibile

clclla vita, bisogna tuttavia aficota chiarire che cosa si intendaper "vita cristiana". Per dirlo con le parole piii semplici pos-sil>ile, sitratta di quel seme di vita divina, che chiamiamo an-t'!rc grazia, ricevuta al momento del battesimo. Insistiamo su

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Page 23: Rigenerati dallo spirito di andré louf

questo termine "seme": riferito a quello di"vita", significa che

quest'ultima si trova nell'uomo sotto una forma ancora embrio-nale. Tutto cid che sar) un giorno inpienezza, il suo futuro svi-

luppo, d gih misteriosamente presente nel seme, bench6 ancota

invisibile. Il beneficiario, inoltre, anche se riceve il battesimoin eti adulta, non necessariamente ne percepisce gli effetti inmodo sensibile. Se d vero che d santificato in radice, nondime-no gli strati pit periferici del suo essere non sono trasformatiall'istante. Tutt'altro. La teologia tradizionale ha sempre rico-

nosciuto nell'uomo battezzato la soprawivenza di cid che essa

chiama "le conseguenze del peccato". In tal modo vuol dire che

questo seme di vita d chiamato a f.atsi strada progressivamente

nell'uomo, attraverso forze che gli sono contrarie e che, a prima

vista, sembrano opporglisi. In questo stesso senso essa ricono-sce cosi che l'uomo d un essere ferito e che le tracce delle sue

ferite, mai cancellate all'istante, sono a lungo presenti e operan-

ti in lui.Lo sviluppo del seme di vita non segue dunque un corso omo-

geneo e comporta inevitabilmente una parte di incefiezza e dicontrariet), talora dolorosa. Sul suo cammino si ergeranno osta-

coli, talmente sottili, per certuni, da poter essere riconosciutisolo con grande cura, nel timore che vi si insinui dell'illusione,sempre possibile in queste occasioni. Questo d del resto uno de-

gli aspetti essenziali e facili da capire della ferita delle origini dicui ogni uomo porta in s6 la tracciai d il fatto che costui proviuna grande difficolt) a discernere, ttatanti movimenti contrad-dittori, il desiderio che sgorga veramente dal piir profondo delsuo essere, ciod da quella sorgente che ts in lui e che noi chia-

miamo "vita divina". L'uomo ferito non ode, non sente, non

vede cid che c'd di Dio in lui. Come ci fu bisogno di un altro,di un fratello, perch6 il seme della vita divina, attraverso il sa-

cramento del battesimo, fosse deposto nel suo cuore, cosi avr)normalmente bisogno di un alffo, di una nuova relazione ftatet-na, perch6 il seme si sviluppi senza troppi imprevisti.

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Vale la pena di insistere un po' su questo carattere "vitale"clell'esperienza spirituale, cioi sul fatto che essa B innanzituttouna "vita", chiamata a crescere, a raggiungere una pienezza, a

l)ortare dei frutti. Questo dovrebbe apparire evidente, ma noni' impossibile che noi soffriamo ancora un po', anzi molto, tal-volta, di concezioni alquanto anguste riguardo allavita cristia-rrrr, concezioni che continuano a popolare la nostra cultura reli-lgiosa attuale.

Certo, tutto sarebbe infinitamente pii semplice, se l'espe-ricnza della fede si riducesse all'accettazione di un blocco divcrit), semplici e chiare, e assolute, su Dio e sull'uomo. A unsirpere, insomma. In tal caso, un catechismo formulato con in-tclligenza e spiegato da un buon catechista che sappia usare una

1rt'clagogia sperimentata sarebbe pir) che sufficiente. Sarebbestrlamente richiesto al credente di imparare e memorizzare un( ('rto numero di nozioni, per poter essere in grado di trarre das(' le conclusioni che si imporebbero logicamente, nel caso chesi presentassero dei problemi inediti, cosa che resta nell'ambi-t,r clel possibile in una societi in perpetuo mutamento. t di .r.,lrrron teologo o di un catechista sperimentato che noi avrem-rrro allora bisogno, non di un pedagogo o di un accompagnatore,li vita!

Sarebbe altrettanto semplice se la fede cristiana si riduces-:i(' ir una prkxis regolamentata da un codice di prescrizioni e ditlivieti, codice a cui sarebbe sufficiente conformarsi con cura.l,'csperienza cristiana consisterebbe allora fondamentalmenterrt'll'applicazione di una morale fondata su un certo numero di1,r'incipi sani e corretti. Ancora una volta, non d di un accompa-

lin:rlore di vita che ci sarebbe bisogno, bensi di un moralista si-( ul'(), capace di risolvere, con l'aiuto di principi provati, il cas<r

,li coscienza che si presentasse.N<rn sarebbe difficile neppure se l'esperienza della fcdc cor-r-

',istt'sse principalmente in un solido progetto di azione pasto-r:rlt', irl servizio del quale ognuno sarebbe invitato acl arrrrolarsi

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Page 24: Rigenerati dallo spirito di andré louf

con piil o meno generosita ed efficacia. Un buon sociologo del

fenomeno religioso oppure un leader pit o meno carismatico

sarebbero sufficienti.Sia chiaro, tuttavia: cib non significa che I'esperienza cristia-

na, questa vita di Dio in noi, debba restare al solo livello "espe-

rien)i;," . Essa distiller) necessariamente un corpo dottrinale

in cui si espliciter), che i teologi affineranno e che i concili san-

zioneranno. Ma d precisamente e in primo luogo dall'esperien-

za che sgorga questo corpo dottrinale. Questa esperienza rima-

ne ussolutamente primaria in tutti i sensi. l,e formule di fede la

presuppongono, si chiariscono alla sua luce. Recise da questa

.rp..i*ru e lasciate a se stesse, esse non potranno mai e poi

mai trasmetteila realmente.Poich6 i principi di quest'esperienza cristiana si ripetono in

ognuno, essa produce inevitabilmente certi atteggiamenti o com-

plrtamenti esteriori, le cui costanti possono essere formulate e

.o--"rrtut. nella cosiddetta dottrina morale. Recisa dall'espe-

tienzapropria di ciascuno e, talvolta, ridotta a uno studio astfat-

to di comportamenti presi in se stessi, questa morale avr) a sua

volta molta difficolt) a convincere e a promuovere una reale

esperienza di vita. Peggio aflcota, avri un'incresciosa tendenza

a indurirsi in un legalis mo motalizzatore e autosufficiente'

Infine, 1'esperienza interiore della fede, essenzialmente con-

tagiosa e sempre sospinta da un imperioso bisogno di espander-

si, ffaboccherh necessariamente in un'attivit) di testimonian-

za che finird per toccare i fratelli e iI mondo. Ma anche questa

testimonianro ho bitog.to a sua volta, per restare vera, di rima-

nere perpetuamente in contatto con l'esperienza stessa' E con-

vincente solo nella misura in cui scaturisce da essa, quasi per

straripamento, accordata in sovrappiil senza che la si sia cercata

direttamente. Non d testimone chi 1o vorrebbe, ma solamente

chi conosce per esperienza cib di cui parla.

Tutto cib non deve perd far supporre chiss) quale complessit)

gratrita inerente allavita nella fede' Tutt'almo. Dal momento

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che la vitad fatta essenzialmente per propagarsi, dovrebbe esse-

re estremamente semplice trasmetterla. Non si ftatter) tanto diinsegnate, di esortare o di vietare, di pianificare o di incoraggia-re, ma piuttosto di lasciare che la vita segua semplicemente ilsuo corso. Per usare un'immagine: l'acqua del fiume, una voltache d scaturita dalla sorgente, si scava un letto, senza che inter-venga per questo ar,'altra forza che non sia la sua. E sufficientela sua stessa forza. Allo stesso modo il ruolo dell'accompagna-tore si ridurr) dunque a qualcosa di estremamente semplice: la-sciare che lavita di Dio faccia il suo corso in un altro. Sin dallapartenza egli pud cosi accogliere quest'altro con un ottimismodi fondo: questo fratello porta in s6 un dinamismo che possiedeun che di iresistibile, talmente irresistibile che, a rigor di lo-gica, non avr) neppure bisogno di qualcun altro per dispiegar-si. Certo, di tanto in tanto sar) necessario neutralizzarc qualcheforza contraria, sopprimere qualche interfercnza che confondele piste, un po' come se si levasse una pietra che ha ostruito unasorgente. Per lo pii, cid sari sufficiente.La vita si propaga das6. Non v'd nulla di pin naturale, nulla di meno sofisticato perlavita che germogliare, propagarsi e portare frutto.

Ma cerchiamo di fare un passo ulteriore nella comprensionedi questa forua di vita che d all'opera in ciascuno di noi, situan-dola nel pir) profondo, nel pir) intimo di noi stessi, alle sorgen-ti del nostro essere, l) dove si con{onde con cid che la lette-ratuta recente chiama "interioriti". Di che si tratta? Si potreb-be definirla cosi: l'interiorith dell'uomo d quel luogo metafisicodentro di lui in cui, a ogni istante, Dio lo tocca con la sua ma-

no creatrice. In quel luogo Dio non cessa di creare l'uomo e cli

mantenerlo nell'esistenza. Questa attivit) di Dio alle sorgentidel suo essere - "8" Ia sorgente del suo essere! - B intensrr ccontinua. i anzi eterna, in un certo senso, poich6 b assicrrrir-

ta di eterniti. Se Dio, per assurdo, decidesse di ritirarc lrr srrrr

mano e di lasciarlo, l'essere umano ritornerebbe all'istantc stt's-

so al nulla. Gli autori bizantini chiamavano qlresto lrrogo "il

Page 25: Rigenerati dallo spirito di andré louf

q

luogo di Dio" nell'uomo (ho t6pos tuA Tbeofi'). E come un san-

tuario segreto, "metafisico", ciot al di le di qualsiasi dominante

fisica o biologica, e al tempo stesso "metapsichico", al di li diogni dominante psicologica, in cui l'uomo subisce a ogni istante

il tocco di Dio, bench6 questo sfugga totalmente alla sua co-

scienza e alla sua sensibilit) superficiale, per lo meno in tempo

normale.Ora, perch6 l'uomo possa accedere al pieno sviluppo della

propria umaniti, sar) necessario che qualcosa di questo luogo

di Dio ativi a manifestarsi aila coscienza, al fine di esservi pro-

gressivamente integrato. I1 dialogo dell'accompagnamento spiri-

tuale sari questo luogo privilegiato in cui un tale evento avr)

qualche opportunit) di rcalizzarsi. Esso in effetti non dipende

Jai nostri sJorzi, n6 da qualsivoglia tecnica di meditazione e di

concentrazione. Noi possiamo apportarvi cosi poco, se non for-

se certi metodi estremamente semplici che favoriscono uno spo-

gliamento interiore e fanno emergere dentro di noi 1o spazio at-

traverso il quale, a suo tempo, saremo attratti con grande natu-

ralezzaverso la nostra interiorit). In realt) non si tratta tanto diun progresso da compiere o di un cammino da percorrere, quat-

to Ji u, patire, di subire, di lasciarsi fare, di lasciar Ie cose af-

fiorare denmo di s6. Si ffatterd piuttosto di imparare a lasciar

perdere un cefto numero di cose, a smettere un bel po' di mo-

vimenti, a decontrarsi, ad abbandonarsi, perfino a lasciarsi por-

tar viapet sprofondare in quella realth profonda al cuore di noi

stessi, 1)r dove Cristo e lo Spirito ci vengono inconffo. Non sia-

mo noi che camminiamo incontro a loro, ma sono essi che, da

tempo, si sono messi in cammino per venirci incontro. L'impor-tante sarA non perdere il loro passare, essere appostati al punto

giusto, nell'unico posto in cui l'incontro potr) aver luogo.

Ecco, uno dei compiti piir importanti dell'accompagnamento

spirituale sar) quello di insegnare al fratello a stare esattamente

al posto giusto, disponibile e dedito a un'attesa instancabile e

senza fine. Dio d sempre vicinissimo a noi; anzi, pii che vicino

5o

;r noi, d dentro di noi, al cuore di noi stessi, al cuore del nostrocuore. Siamo noi che siamo altrove, talota lontanissimi, e conti-nuiamo a cercarlo l) dove sar) sempre pii difficile incontrarlo.Agostino se ne doleva, a11orch6, risalendo a ritroso la propriavita, diceva: "Thrdi tiamai... Si, perch6 tu eri dentro di me e

io fuori. Li ti cercavo ... Tu eri pit dentro in me della mia partepii interna" 1. Dentro di me, "intimior intimo meo". E Giovan-ni Ruusbroec faceva notare che l'amore del Padre e del Figlio"viene a noi dall'interno verso l'esterno"2. Perch6 scrutare conlanta assiduit) la linea dell'orizzonte, quando B nel paesaggio.lella vita interiore che Dio finir) per sorgete?

In uno dei suoi ultimi contributi Thomas Merton presenta ilrrristico - il monaco compiuto dovrebbe esserlo, secondo lui -('ome un essere finalmente pervenuto allo stato di fully born,ciod l'essere "integralmente nato". L'immagine riassume bene,come in uno scorcio, quanto d stato detto finora. Thomas Mer-ton aggiunge inoltre che d questo l'obiettivo di cib che egli chia-rna, con un'espressione audace che tuttavia si pub sottoscrive-rc solo fino a un certo punto, la "tenpia monastica", che noilx)tremmo alffettanto bene qualificare, facendogli il verso, co-nre "terapia evangelica", ammesso che nulla si opponga alla sua

:rzione e ai suoi frutti. Una tale terapia ha lo scopo di permet-tcre all'uomo di accedere alla piena nascita, alla piena integrit)tlclla sua umanith. "L'uomo che d fully born - scrive ThomasMerton - possiede un'esperienza interiore totale della propriavita. Egli la coglie pienamente e integralmente apartke dal pro-prio nucleo interiore"l. Il "nucleo interiore": ecco, B proprio di(

lr tcsto che sar) questione, innanzitutto, nell'accompagnamento,ipirituale. Ma come discernerlo? Come raggiungerlo? Come inr-

I Agostino di Ippona, It confessioni, to,zT;3,6, a cura di C. Carcna, l{111;1;1 1,;l{.rI,1,1, 111e 67.

'(iiovanni Ruusbroec, De otnatu spiritalium nuptiarum 2,58.''l'lr. Merton, "Rebirth and the New Man in Christianity", irr Oislttirur.\lrrliu ,1

I r,r 7ti), pp. 289-29o.

Page 26: Rigenerati dallo spirito di andré louf

pararc a vivere ^partite

da esso? Non appena qualcuno raggiun-

ge in se stesso questo nucleo interiore, che ts il suo vero io, si

distacca facilmente, e come naturalmente, senza sofferenza inu-tile, dal proprio io superficiale, poich6 avverte di aver raggiunto

una pienezza un tempo sconosciuta, una pienez za che pub scon-

volgere la sua vita.

Questo vero "io" fa del resto parte di un "io" universale, con-

diviso da tutti i suoi fratelli e le sue sorelle. E per questa rugio-

ne che i mistici e i veri spirituali appaiono sempre come degli

uomini universali. Nel raggiungere il fondo piir intimo del loro

essere riscattato essi hanno toccato un elemento che li supera e

li ricollega alf insieme del cosmo, anch'esso in attesa della re-

denzione, un elemento che sfocia da qualche parte in Dio' Sen-

tono di far intimamente parte del mondo nuovo, in quanto figlidi Dio e fratelli di tutti gli altri uomini. In Cristo sono divenu-

ti l'uomo totale e universale, e attraverso questa esperienza rag-

giungono la loro identit) piena, infinitamente pir) dilatante ditutto cib che E limitato dal loro io ristretto. Si sentono in comu-

nione con tutti, sperimentando la gioia e la sofferenza ditrttti,e restando tuttavia interamente liberi da tutto. Uomini come

questi hanno raggiunto quella sovrana libert) nella quale l'espe-

rienza cristiana riconosce la liberth dello Spirito.Una tale scoperta dell'interiorit) si riverberer) necessariamen-

te sul modo di essere e sul comportamento. E cosi, d'altronde,che si potr) discernere con qualche sicutezza se la scoperta del-

f interiorith ha veramente avuto luogo per qualcuno. In tutto cib

che dice o intraprende, un tale uomo non b pii come gli altri:egli agisce a partite da un'attenzione rivolta verso f interno, da

un ascolto della propria interiorit). E cib che si verifica in mo-

do particolare nell'accompagnamento spirituale. Essendo per-

sonalmente innestato, se cosi si pud dire, nei movimenti della

propria vita interiore, quest'uomo individua facilmente le trac-

ce di questa medesima vita negli altri. D'istinto sente cid che

b vero e autentico, perch6 sgorgante dall'interno, e cib che d

52

gesticolazione superficiale dei desideri pir) o meno narcisistici.Egli stesso non si lascia pii tanto guidare dalla propria gene-rosith o da un volontarismo forzato, e neppure pir) dalla ragio-ne o da certi buoni principi. Non che disprezzi tutto cid o chenon ne voglia pii tener conto, sia chiaro, ma perch6 tutti questistrumenti ormai, per quanto validi, sono diventati superflui. Isuoi atteggiamenti, le sue scelte, le sue iniziative scaturisconodall'interno. Percid, tutto in lui d interamente spontaneo e libe-ro, poich6 tutto promana dall'amore, secondo la sua realth pir)profonda. In francese esiste un'espressione che descrive effica-cemente quest'attivit) che nasce dalla libert) profonda: si diceche coule de source. Alla lettera: "sgorga di sorgente". L'imma-gine dice bene cid che vuole dire. La sorgente B I'interiorit),nella profondit) di ogni essere umano, al cuore del suo cuore:lo Spirito santo. Dire di qualcuno che l'umilt) coule de soarcein lui, E indubbiamente il pir) bel complimento che gli si pos-sa fare. Vi sono infatti due specie di umilt), come diceva gi)Bernardo. Una prima che E fredda, poich6 E frutto della ragionee di una costrizione esteriore, "virtuosa" in un senso dubbio.Quindi una seconda, quella che "sgorga di sorgente", che Ber-nardo chiama calorosa, poich6 scaturisce dal pii profondo delnostro essere, come frutto dello Spirito santo4.

Questo passaggio da una condotta generosa e virtuosa, maancora costretta e artificiosa, artfla condotta libera e spontanea,frutto dello Spirito, d stato sovente descritto dagli autori spi-rituali come una tappa decisiva nella crescita spirituale. Per li-mitarci a un solo esempio, ormai classico, basted ricordare uncelebre passo della regola di Benedetto che tutti i monaci e lcmonache di occidente conoscono pressoch6 a memoria. Si trrrt-ta della conclusione del capitolo sull'umilti: "saliti dunque rrrr-ti questi gradini dell'umilt), il monaco giungeri subito a clrrt.llt

a Cf. Bernardo di Clairvaux, Serrnones in Cantica Canticorum 4t,6.

5J

Page 27: Rigenerati dallo spirito di andré louf

carita di Dio che, se perfetta, scaccia il timore. Per mezzo di

essa tutte le cose che prima osservava non senza pa:uta, comin-

ceri a custodirle senza alcuna fatica (sine laboret), come in mo-

do naturale , in {orza della consuetudine; non pit per timore

della geenn a, ma per amore di Cristo, per la stessa buona con-

,rr"rrrJirr. e per i[piacere delle virtil"5. Giunto al termine del

,rro p"..orro, il monaco ha trovato in se stesso il piacere delle

,rirtil, la "delectatio vittutum". Di questa "virtL" $Sli ha ormai

realmente "voglia". Essa lo attita e lo affascina. E in grado di

soppiantare e addirittura di colmare tutti gli altri suoi desideri.

In-ersa egli si riposa, come nella sua gioia. Cosi come si riposa

nell'amore di Cristo. t per questo che ogni attivit) spirituale gli

diventa come naturale ("velut naturaliter"), "sgorga di sorgen-

te" in lui.Una tale descrizione dell'intento dell'accompagnamento spi-

rituale pud apparire idilliaca e ireale. Lo d, infatti, poich6 nes-

sun uomo quaggiil d mai "arrivato" una volta per tutte' Il pas-

saggio dalla prima alla seconda tappa b sempre in qualche modo

piizi"le e prwvisorio. Per di pii, il percorso non b mai perfet-

tamente rettilineo. ci sono av^fizate e arretfamenti, alti e bas-

si. Questo d il ritmo della vita quaggir), il ritmo anche di ogni

vita spirituale. Al nostro passarc quaggit) rester) necessariamen-

te attaccata una certa ambiguit). Noi saremo sempre "ancora"

nella prima tappa, e d'altro canto proveremo "gii" qualcosa de1-

la tappa r,r..ittirrr. Abbiamo un piede da un lato e un piede

dall'altro. In nessun momento, tuttavia, saremo interamente dal-

l'altraparte, divenuti creature nuove inpienezza. Come fa no-

tare Giovanni Cassiano nelle sue Confereru.ze, molti cristiani, e

anche monaci, vivono aflcora in parte nell'Antico Testamento,

sotto l'anticalegge, quella del timore e delle osservanze' Solo

progressivamente passerebbero sotto il regime del Nuovo Testa-

1 RB 7,67-69, a cura di c. Falchini, in Regole ruonastiche d'occidente' Bose 1989,

p.72.

54

nrcnto, quello della legge nuova e della libert) nello Spirito6.(.)trcsto rilievo d prezioso per il nostro contesto. Spetteri pro-

lrrio all'accompagnamento spirituale assistere e sovrintendererrttcntamente a questo passaggio dalla legge della cosffizione e

.lt'lla paura alla legge della libert) nello Spirito, e tutto cid al

. rrore di un'esperienza cristiana che comporterd sempre un mi-nimo di riti, di prescrizioni e anche di "comandamenti"; dei co-rrrirndamenti che ormai non possono piir aver altro senso se non,lrrello di condurre progressivamente il credente verso la pienalilrertd dell'amore. Non sempre, bisogna ammetterlo, B stato. osi, e non lo d sempre neppure oggi.

Valeva la pena di soffermarci un po' su questa realt) profon-tlrr che costituisce in noi l'oggetto principale dell'accompagna-nre nto spirituale. Ora che esso d stato sufficientemente precisa-t(), possiamo a questo punto affrontare la questione del ricorso,ri metodi e agli strumenti nuovi che ci sono offerti oggi da quel-l,' che vengono comunemente chiamate le scienze umane. Unar,.,lta riconosciuto il primato assoluto della vita dello Spirito inrroi, ci b piil facile servirci di esse con tutta l'oggettivit) pos-:;i[rile e nella misura in cui possono esserci utili. Nessuno ne-

lilrcri, spero, che possano esserlo, e grandemente. Certo, ci dr it'hiesta una grande saggezza, per non correre il rischio di im-!)rurfanarci dentro, al punto da perderci. Era percib importanteintravedere come solo la presa di coscienza della vita dello Spi-r ito in noi possa metterci sulla via del riconoscimento del nostrovt'r'o io e del nostro autentico destino. Un tale riconoscimentoiru;rlica la disponibilith a obbedire allo sgorgare dello Spirito,, lr,.'L la legge pit intima del nostro essere, affinch6, resi perfet-t;uncnte liberi, possiamo cosl diventare quello o quella che sia-

rrro chiamati a essere. Di questo processo di scoperta e di cresci-trr Ic scienze cosiddette umane sono l'umile serva.

' (ll. (]iovanni Cassiano, Conlationes 2r,lr ss.

55

Page 28: Rigenerati dallo spirito di andré louf

Prima di chiudere questo capitolo, ecco alcune precisazioni

di vocabolario. In sosiituzione dell'espressione un tempo clas-

sica di "direzione spirituale", b l'espressione "accompagnamen-

to spirituale" che da qualche decennio inconffa il favore de-

gli autori spirituali. L'espressione parc sia nata negli ambienti

frotestu.rti-per designare il servizio di ascolto e di accompa-

gnamento dii malati in fase terminale. Si tratta di un momento

Isffemamente importante nella vita di un uomo, quando questi

si trova ad affuoitare f ignoto della morte e la prospettiva del-

l,altravita. sittazione pit che mai disagevole per lui, ma altret-

tanto per coloro che hanno il compito di assisterlo in quell'ora.

L'uno e gli altri si trovano di fronte al medesimo ignoto, un

ignoto .1i., in un certo senso, lo b doppiamente per colui che

arsiste dall'esterno e pub comprendere solamente "per senti-

to dire". E ,tuto scritto: 'Accompagnare indica qui un certo at-

teggiamento nei confronti dell'altro. Non significa imporgli un

itinerario, e neppure conoscere Ia direzione che egli prender),

bensi camminaie al suo fianco. In questo luogo-frontiera in cui

l,uomo imparu a spossessarsi della vita non pub che trattarsi di

un aiuto discr.to. Si truttu di decifrare certi appelli paradossali.

Aprirsi cosi all,ignoto di cib che l'altro vive rende vulnerabili

alie ferite inflitte dal rapporto con la morte e con il morente

stesso" 7.

La morte richiama l'immagine della nascita. Essa fa nasce-

re all,altravita. come I'accompagnamento dei malati terminali

apre aquesta conoscenza che d la morte, cosi 1'accompagnamen-

to spiriiuale aprc auna nuova nascita. Si tratta di aiutare qual-

cuno a nascere a se stesso, al suo autentico "io", al di qua del-

le sue ferite e delle sue tesistenze. L'accompagnatore accompa-

gna, ciod cammina al suo fianco, su una medesima strada' Egli

indica gli ostacoli e li evita. Non deve precedere, e neppure se-

7 L. Scherer, Si personne ne me guide... L'accompagnement spirhuel, supplemento a

Vie Chdtienne 128, P. 6.

56

guire. La sua via personale sovente non E paragonabile a quella

di colui che egli accompagna. Ogni via b strettamente unica.

E evidente che al posto del termine "accompagnatore" si po-

trebbero benissimo usate anche altri termini: "guida", "mae-

stro", "direttore", "padfe", e i loro corrispettivi: "discepolo","diretto", "figlio", anche se l'uno o I'altro di essi suonano unpo' desueti agli orecchi di oggi. Ciascuno di questi termini com-porta una sua parte di verit), ma nessuno esaurisce completa-

mente il contenuto di quest'esperienza. l,o stesso autore citatopoco fa prosegue: "Forse questa difficolt) ci rimanda all'essen-

ziale. Cristo, f inviato del Padre, i 'la via, la veriti e la vita' (Gvr4,6). In maniera sorprendenteha accettato di diventare Mae-stro per fare dei discepoli, poi si d messo da pafie, per mostrare

il cammino e scomparire, perch6 a loro volta i discepoli potesse-

ro divenire apostoli e fare anch'essi dei discepoli".Senza alcun dubbio d il "Cristo in noi, sperar.r,a della gloria"

(Col r,z7) che d in definitiva l'oggetto essenziale dell'accom-pagnamento spirituale, lui che b nel contempo l'unico, vero

accompagnatore. Gi) la comunit) cristiana primitiva ne era co-

sciente. Per questo ha voluto ritenere un celebre detto, che ha

messo del resto sulla bocca di Gesi: "Non chiamate nessuno

padre, poich6 avete un solo Padre. Non chiamate nessuno mae-

stro, poich6 avete un solo Maestro: il Cristo" (cf. Mt 23,9-ro).

57

Page 29: Rigenerati dallo spirito di andré louf

LA RELAZIONEAC C O MPAGNATO RE -AC C OMPAGNATO

Come si B detto, noi non siamo soli, non siamo lasciati a noistessi allorch6 ci d dato di prendere coscienza della nostra in-teriorit). Questa olrepassa il soggetto che la sperimenta, a talpunto che costui scopre nel contempo cib che lo ricollega a tut-ti gli altri uomini. In effetti, poich6l'interiorit) d la vita di Dioin noi, trascende infinitamente ognuno di noi, la sua et), le sue

qualiti, l'epoca in cui vive, la sua cultura. Essa costituisce unarlult) truns-personale e al tempo stesso trans-storica. E lu no-sffa parte di eternith, attraverso la quale siamo in contatto conl'umanit) intera e con l'universo. E qui noi ritroviamo la condi-zione di base di ogni accompagnamento spirituale: d dalla co-munione attorno a una medesima interiorit) condivisa insieme,infatti, che esso b reso possibile e suscettibile di qualche effica-cia. Nelle due persone coinvolte questo accompagnamento B ingrado di aprire una via verso il loro essere profondo, verso il lorovero io in Dio. E questo, in primo luogo, non per cid che si fa osi dice, ma semplicemente per il fatto che si d se stessi. Comeper un segrcto contagio o una sottilissima osmosi, la vera vitacerca sempre e irresistibilmente di debordare verso il partner.

59

Page 30: Rigenerati dallo spirito di andré louf

Relazioni di vario tipo

Prima di fissare la nostra attenzione su cib che avviene alcuore della relazione di accompagnamento, pub essere impor-tante fat notare che essa si realizza in vari modi, a seconda deicasi. l,o attestano le stesse vatianti del vocabolario utilizzatoper designarla. Quando la relazione B particolarmente forte,gli antichi non esitavano a parlarc di vera e propria "paternith"spirituale. E il linguaggio tuttora in uso nelle chiese d'orien-te. Vedremo in che senso e a quali condizioni un tale vocabo-lario pud risultare perfettamenle adeguato. E evidente, tutta-via, che non tutte le relazioni di accompagnamento si inoltranonella via di una tale densit) relazionale; ma non per questo si

trovano svuotate di valore, anzi. Percid sarh utile distinguere,se si vuole, diversi livelli di profondit) nella relazione di accom-pagnamento, ciascuno con una sua importanza. Cosi saranno

successivamente distinti - ma senza esagerure la portata delledenominazioniutilizzate - il semplice "dialogo di accompagna-mento", poi la "pedagogia spirituale", quindi la "paternit) spi-

rituale" in un senso stretto. Una breve descrizione dovrebbebastare a presentarli.

Il dialogo di accompagnonzento rappresenta senz'altro il caso

pii frequente. Si intesse progressivamente, talvolta senza unapiena consapevolezza. Si stabilisce a poco a poco un'intimit)con una persona del proprio ambiente di cui si apptezzarv cettequaliti: 7a capacitd di accoglienza, il dono di simpatia, l'espe-rienza,la prudenza, 1o spirito di fede. Ci si sente a proprio agio

con lei, si percepisce che si possono condividere quelle cose chenon con tutti si condividono. La frequenza degli scambi varia a

seconda delle eti e del bisogno. Aumenter) spontaneamente neimomenti di crisi o di gravi decisioni da prendere.

La persona scelta potr) essere un presbitero del ptopio en-

tourage, il confessore, un compagno di lavoro, un amico. tlora

6o

il scrvizio cosi prestato sarh reciproco. Una relazione di questotilro d anzitutto fratetna e amichevole, si intesse e si vive su unpirrno di parit). Nella vita religiosa il superiore o Ia superiora,(), sono esclusi da questo ruolo, ma non d certo che slano allxrsto piil adatto per esercitare un tale ministero. La loro ,,pater_

rriti" si esercita in primo luogo nei confronti dell'insieme deliir'(rppo, senza per questo escludere, beninteso, delle relazionipt'rsonali pir) forti. In ogni caso una relazione come questa dever'('stare assolutamente libera e spontanea. Non potrebbe mai es-st'rc imposta.

Questo legame, nonostante la sua apparente semplicid, me-ritrr_di essere preso sul serio, perch6., alla lunga, pud divenire1,*rfondo. Ma non deve essere n6 duraturo n6 unico. varier) fa-e ilrr"rente a seconda delle circostanze. Quando queste cambiano,:;i potri trovare con una certa facilit) un confidente dela stessa,lrralit) nel nuovo contesto. Possono anche coesistere pir) legami,li iluesto tipo contemporaneamente, senza mettersi in concor-r('nza e senza danneggiarsi a vicenda. Il semplice dialogo di ac_( ompagnamento ignora il carattere unico ed esclusivo _ .,una

v.rlta per tutte" - che sar) determinante per la paternit) spiri_trrrtle. E bene, anzi, che lo ignori.

E evidente che per la maggioranza di coloro che cercano di('ssere aiutati, anche fra i religiosi, sar) questo il solo legame diir('compagnamento spirituale che conosceranno; un confidentepiir o meno amico con il quale, di tanto in tanto, avere unott'ambio pir) intimo. Per quanto possa sembrare semplice, e for-s(' poco profonda a primavista, una tale relazione non deve tut-trrvia essere trascurata. Tirtt'alffo. ogni volta che due credenti

'r,rrro riuniti insieme, il Signore d presente in mezzo a loro, conil stro Spirito, e qualcosa della grazia dell'accompagnamcnto irf ilImente condiviso.

ll caso dellapedagogia spirituale d piir specifico, ma molro me-n() comune. Come indica il termine stesso, suppone un ,,pe_

,llrgogo", educatore o formatore, e insienre una situazione in

6t

Page 31: Rigenerati dallo spirito di andré louf

{

cui un soggetto chiede di essere preparato o formato in vistadi un obiettivo molto concreto. Pud essere uno scoglio da supe-

tate, una crisi particolarmente inquietante da atffaversare, unanuova tappa nella ctescita da valutarc, o molto semplicementela volonth di Dio da discernere al momento di una decisioneimportante.

Alcuni esempi concreti di questa pedagogia spirituale posso-

no essere il noviziato, o il "mese ignaziaflo", o anche un riti-ro vocazionale. In tutti questi casi la rclazione di accompagna-mento sar) circoscritta a un periodo ben delimitato durante ilquale sar) messa in opera in maniera pir) intensiva una "peda-gogia" particolare, gi) sperimentata da tempo, per 1o piir in vi-sta di un obiettivo preciso; un impegno da preparare, una scelta

da fare, una prova da assumere, una svolta decisiva dell'esisten-za da affrontarc.

Questa volta, almeno nella maggior parte dei casi, l'accom-pagnatore non d scelto dal soggetto stesso. E designato da altri.Se d permessa una scelta, sarh limitata e sard fatta a p^rtfte dauna lista di candidati ritenuti competenti, poich6 il maestro quinon potr) essere chiunque. Sar) una persona esperta, prepara-ta a questo compito particolare, e operer) secondo un metodoprovato in cui ha acquisito esperienza e una certa abilit), poich6il tempo a disposizione per portare il soggetto a fare un passo

decisivo b limitato. Percib egli sar) in genere unico, e il suo in-tervento dovri avere la priorith su quello di altri confidenti o su

quello della comunith presente. Anche la rclazione che si in-staura tra lui e l'accompagnato avr) tendenza a riflettere quellache esiste tra un maestro e il suo discepolo.

C'd infine la paterniti spirituale in senso piD stretto del ter-mine, il senso in cui la intendono in genere i nostri fratelli del-le chiese d'oriente. Li E tenuta in grande onore, e giustamente.E u.rru, ma sotto una forma talora un po' idealizzata, che pen-sano anche i cristiani d'occidente, non senza nostalgia, quan-do riprendono oggi coscienza del loro bisogno di essere accom-

(rz

l):l,i[ilIi. I[ann. ragi.nc c tofto al tempo stesso. Ilanno ragionepr.rt lri'lir ;rirternit) spirituale i, in effetti, una realth che esiste',('lnl)r'(' irl cuore della chiesa, ma avrebbero torto nel fare un uso;rll*'l lrrt. e sconsiderato di un vocabolario che pud essere se-lir r:rlo clrr illusioni.

(.)rrcsta relazione esiste - una lunga tradizione la attesta _,rrir (()lrlc un carisma piuttosto raro e propfiamente inimitabile.A I "pirdre" spirituale questo carisma non viene dalla sua abiliti,, rlrrllrr sua esperienza. Gli viene da Dio come un dono impre-r,,',lilrilc e come rivelazione della sua stessa paternit).

(.)rrcsta paterniti spirituale si riveleri all'interno di relazio-,i 1r'.csistenti - come potrebbe fare altrimenti? -: due amici,1,;rrlrc maestro e novizio, superiore e fratello. Ma non viene da(l.('st1r relazione. Nessuna relazione, nessuna autoriti giustifi-, .rrro l)tzti una tale grazia. Non d, per esempio, perch6 si d ri_{ ('vrtrr l'obbedienza di maestro dei novizi che questa grazia sa-r, lrlrc in qualche modo dovuta. Essa d di un altro ordine e sem-l,r,'ltratuita. E per questo che non bisogna mai presupporla n6r'r,'srrnrerla. Non d un rischio da poco; la rclazione di paterni-t;r slrirituale, infatti, conduce a una tale tt^sp^renza de1 cuore,r , rrrf.cpi5qs una tale autorit) spirituale, ma accett^ta nella liber-t.r rL'll'amore, che ogni presunzione gratuita potrebbe portare a,l.llt' catastrof.i. Talora, addirittura, la si esercita ,"rrru ,r.pprr.r'|'r(lrrsene conto. s! pub aver segnato qualcuno per la vita renza,,r.ri lverlo saputo. E I'altro che sa - ammesso che lo sappia! _,

1r.rtl16 d la sua fede innanzitutto che a stata esaudita.I tr sua stessa natura, tJrra tale relazione sari unica ed esclusi_

r',r rispetto a ogni altta della medesima qualiti. Non si sard avu_r,, t lrc un solo padre, per sempre. Sari quello, del resto, il frutto,l,r .tri si riconoscer) che la relazione fu vera. Essa non d dunque' lrirr^rata n6 a perpetuarsi n6 a riprodursi nella stessa muni.ra.l,.r^'bbe peraltro perfettamente inutile, se la relazione E statar,':rlr,cnte l'occasione di una nascita spirituale, di un passaggio

'l, r'isivo verso la vita in Dio. Quando verri il giorno i" .ui il

63

Page 32: Rigenerati dallo spirito di andré louf

i

I

lr"padre" scomparir) dalT'ofizzonte, non ci sar) piir da cercarneun altro. Bisogner) imparare a farc lutto su di lui, cosi comeogni figlio, un giorno, deve farlo sul proprio padre, per ripartiredi nuovo, vivendo ormai del suo ricordo, del suo amore segre-

to, ma soprattutto di quell'unzione dello Spirito che, per pri-mo, gli avrb. fatto scoprire con il proprio aiuto, nel piL profondodel cuore; Spitito che ormai gli "insegna ogni cosa" (rGv z,z7)e basta a tutto.

Sotto questa forma precisa, chiamata "paterniti spirituale"nel senso stretto del termine, l'accompagnamento non d neces-

sario a tutti. La paternit) di Dio si verifica in mille modi in ogniesistenza di credente, ma non necessariamente sotto questa for-matipica ed esemplare. Non bisogna del resto rammaricarsenen6 cercare disperatamente di trovare a ogni costo il "padre" maiancora incontrato. Ancor meno bisognerebbe credersi personal-mente investiti di un simile ruolo nei confronti di qualcuno,chiunque egli sia, e men che meno nei confronti dei propri mi-gliori amici. Qui pin che mai B indispensabile essere lenfi a cre-dervi e spontaneamente riluttanti a usare un vocabolario dellapaternit) o della filiazione spirituale che non corrisponderi maise non in via eccezionale alla rcaltb. vissuta.

Un vero accompagnamento pud d'altronde esercitarsi in tan-te altre forme, e nulla vieta di pensare che qualcosa di questocarisma eccezionale sia oscuramente presente in ogni relazionera credenti. Tutti forse siamo chiamati a essere un po' padre omadre di una moltitudine di fratelli. Senza pretenderlo; anzi,sovente, a nostra insaputa, come si d detto. Alla luce di questagtazia "patetna", come di un analogato principale, tantissimiaspetti delle nostre relazioni fraterne di tutti i giorni, pit umilie piir modesti, possono risplendere di una luce nuova. Tutte vei-colano indubbiamente qualcosa di questa grazia che Dio ha de-ciso di accordarci attraverso i nostri fratelli e le nostre sorelle.

Al cuore di una relazione umana

()erchiamo di guardare ora pii davicino il legame che si in_It'sse fra queste due persone che stanno l,una di }ro.rt. all, altra:,.,lrri che chiede di essere accompagnato e colui .h" ,;;;;;,f irrrr. Eccoci subito al cuore di una telazione umana .he ,tu i.,;rss.mere d'un tratto un'importan za tutta nuova. Intattits allin_Icrno di questa relazione che sta per essete percorso un cammi_rro. In un certo senso si potrebbe anche dire che l,u..omprg.rr_,rcnto spirituale si identifica con questa relazione, e addirit"tura.1rc quesra ne d l'oggetto piil immediato. Cii, che ,,u p., u..u_tlt're, per l'uno come pet l,altro, all'interno di questa;;i;;;,lx'rmettera che qualcosa avvenga all,uno come all,altro.

.llsistono vari tipi di relazioni umane. E lecito pensare che rarclazione di accompagnamento costituisca non ,olo ,, .uro prr_ticolarissimo tra Ie relazioni umane, ma anche u. .uro piirri-It'giato. Ecco due esseri che sono presenti l,uno ,ll,utrro,?iu_rrrati a fare un tratto di strada insLme. Tba loro qrrt.o* J"rr",rccadefe, sta per aver luogo un evento. Un evento nel senso for-tc del termine. Sar) molto di piil che lo scambio ai un,rp... olrr concessione di un consiglio. Chi vuole solamente ,up.r. ."r_c1 di appagare la propria curiosiri intellettuale. Chi uuole s.m_plicemente far bene vorrebbe essere in armonia con la legge e.'rn la propria coscienza. euesro gli basta, non si attende ilen-t'altro. Ota,la domanda di colui che cerca un accompagnatoreva ben oltte, anche se, in un primo momento, costui non d ca_Prrce di esplicirare ulteriormente il passo che compie cib Je..'gli sollecita d pit che un sapere, ts pir) che u.r, ,rpi"rr, ^ i;rrna vita in profondit) che egli aspira. Una vita.h" no, b quellatli colui a cui si rivolge, bensi la srra stessa vita, quella .h" p"r ii,romento sonnecchia aflcora nel pit profondo del ,uo .uo... In,rltre parole; egli cerca di nascere, o di rinascere, a un livello pir)irrtimo del proprio essere, ehavagamente presentito.h. llc_

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Page 33: Rigenerati dallo spirito di andré louf

compagnatore a cui si rivolge lo pub aiutate a partorire questa

vita in lui.Quando si tratta di accompagnamento spirituale, 1'abbiamo

gi) visto, \a vita profonda a cui si mira d quella dello Spirito

santo in persona, che deve rivelarsi nell'altro. E quello l'evento

a cui quest'ultimo aspira piir o meno confusamente. Frequentan-

do qrrella data persona che si b scelto come guida, spera che una

sciniillu di vita si sprigioni tra loro due, al cuore stesso della re-

lazione che li lega l'uno all'altro. Ancora una volta, non si tratta

di una vita qualsiasi, ma della luce e della forza dello Spirito'

Dire che si trutta di un evento spirituale - un tempo si sa-

rebbe detto "soprannatutale" - non implica assolutamente che

un tale evento possa essere, per quanto poco, staccato dalla re-

lazioneumana concreta che unisce questi due esseri. Tutt'altro!

E qui affrontiamo per la prima volta una questione che ritor-,r"r) ,p"rro, in una forma o in un'altra, nel prosieguo di que-

ste pagine: qual d la relazione tru r.aturale e soprannaturale, alcuoie dell'accompagnamento detto spirituale? E possibile di-

stinguervi con precisione certi elementi che sarebbero esclusi-

uu-"rrt. dell'ordine della natura e altri elementi che sarebbero

unicamente spirituali, con la conseguenza che questi ultimi do-

vrebbero essere privilegiati rispetto ai primi? Per il momento

accontentiamoci di sottolineare f impossibilith di sperare un ta-

le "discernimento" o separazione. In qualsiasi relazione umana

non si pud mai dire: "Fino a tal punto questa relazione B uma-

na; a paftire da talaltro punto essa diventa spirituale"' Un pa-

dre che ama il figlio, un amico che ama l'amico, 1o ama sempre

pii o meno allo stesso modo, con la stessa intensit) o qualit)af.fettiva. Il carattere "spirituale" della telazione non verrh ad

aggiungersi a un certo punto dall'esterno al carattere natt:rale'

Esso E ovunque presente al cuore stesso di quest'ultimo, sot-

to forma di un orientamento positivo nel senso della vita pro-

fonda. Tutto lo spirituale si trova cosi incarnato nel naturale'

Lavita dello Spirito non si sovrappone mai alla nostra psicolo-

66

ilirr, ma fa interamente corpo con essa. Ricordiamo laparola di( llrzrrles P6guy, un po' provocatoria per la sua epoca: 'Anche il..,rrnale d spirituale".

La rclazione tJmarra, con le sue qualit) e le sue charuces, mailr)che con le sue resistenze e i suoi tranelli, con tutto cid checomporta di possibilit) in un senso o in un altro, viene cosi a

rrrcttersi al servizio dell'evento spirituale atteso al cuore dellarclazione di accompagnamento. Sar) quindi importante curarel,r clualit) di questa relazione, e per far questo sar) necessario('onoscerne i irabocchetti, per poterli meglio eludere. E qrr.-stione, per l'appunto, di "qualit)" di relazione, e non di quan-t itt\ che sarebbe legata ai frequenti contatti, al numero di lettere,, alla loro lunghezza, alla durata dei colloqui, per non citare cherur caso tipico dei manelli pii grossolani in cui una relazione di:rccompagnamento rischia continuamente di lasciarsi inffappo-l:rre . E anzi cefto che, a furia di ripetersi, l'incontro potrebbe,rrldirittura, in alcuni casi, essere un fattore di impedimento, inrt'lazione all'evento, e manterrebbe i due interlocutori in unasituazione di stasi assolutamente inefficace.

La terminologia usata dagli antichi per designare la rclazio-rrc di accompagnamento spirituale mostra bene a qual punto la,'.rnsiderassero una delle forme privilegiate delTarcTazione uma-rr:r. Della guida spirituale Kierkegaardha detto un giorno che,'r'a "pii che un amico". Quando Dante delineeri iI ritrattoitlcalizzato della guida spirituale sotto le sembianze di Virgilio,tli Beatrice e infine di Bernardo, dir) del primo che d "lo piil,.'lre padre" 1. Nel vocabolario buddista il termine lama significa"madre incomparabile". Ed d risaputo che il nome dato dai mo-rrrrci greci ai loro anziani, l<al6gheros, significa "bel vecchio",lcrnrine che suggerisce nel contempo una somma di saggezza e

tli tenerezza.

I I)ante Alighieri, In diuina commedia. Purgatorio XXIII,a.

67

Page 34: Rigenerati dallo spirito di andré louf

"Pii che un amico", "piir che un padre", "madre incompara-

bile": questi termini, carichi di immagini affettivamente dense,

purluno cla s6. Fanno allusione a cib che deve essere, in seno al-

la rclazio ne di acco mp agnamento, I a qualit) dell' accomp agfiato -

re a contatto con la quale la vita potrir sgorgare e trasmettersi.

Avremo l'occasione di riparlare di essa pit concretamente nel

corso di queste pagine, ma fin d'ora d possibile darle un nome

pir) preciso. Questa qualit) delTa telazione si chiama "amore",

ma lumore, beninteso, nel senso piir forte del termine - si sa-

rebbe addirittura tentati di dire: "pir) che l'amore" -,7'agipe'L'accompagnatore sari interamente a immagine di Dio e del

suo Figlio i.n mezzo a noi. Sul volto di un uomo o di una donna,

attraverso le sue parole e il suo agire, finir) per trasparire qual-

cosa dell'amore di Dio. L'amore di Dio, nel caso nostro, desi-

gna grande tenerezza e dolcezza, e al tempo stesso gtande .fotzai f"i^.rru. E ,r, realth seria e importante in s6. Ma nel con-

creto della vita pud rivestire forme straordinariamente semplici.

Pud trattarsi dipoche cose, in fondo: un silenzio, uno sguardo,

un gesto discreto, una semplice parola di condiscendenza, ma

che sconrrolgono e trasformano . Tutt'a un tratto una profondit)finora insospettata si scava nella person a accornpagnata' E come

se essa si riconoscesse, si identificasse finalmente, come se im-

provvisamente sapesse ormai chi d in realtd. Per usare un lin-

guaggio biblico, b come se le fosse rivelato un nome nuovo, ma

di .ri ,rrrr.tte immediatamente che b il suo vero nome, poich6 visi riconosce; un nome che d conosciuto solamente da lei e da

colui che l'ha pronunciato su di lei. Si tratt^ di una sorta di ri-generazione, di ,nu nascita alla sola vera vita. E probabile che

,iu u .urtu della violenza di un tale sconvolgimento, concretis-

simamente sperimentato, che le primissime generazioni cristia-

ne, a partire da Paolo, e dopo di lui le comunith monastiche,

non hanno esitato a inrrodurre il vocabolario della paternit) e

della materniti, e questo nonostante un'esplicita messa in guar-

dia da parte dell'evangelo a tale iguatdo' In effetti, fino a un

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ccrto punto, questo vocabolario dice il vero. La psicologia mo-clcrna, con tutte le sue esperienze concrete, d li a insegnarci chelrr paternith biologica non d sufficiente, se a essa non subentratrn esercizio concreto della paternit) durante tutti i primi annicli vita, cosi come una paternit) psicologica pud ancora colmarein maniera efficace, pii tardi, certe lacune di ordine pedagogi-co risalenti all'infanzia. Cib d vero, perd, solo a condizione cherluesta pedagogia di sostituzione e questa paternit) di appoggiosappiano esercitarsi in modo coretto, ciod nel senso di una cre-scente autonomia della persona interessata.

L'amore che dovr) rivelarsi al cuore della relazione di ac-compagnamento non E che un alffo nome di quella vita profon-cla dello Spirito santo che sta alTa base della rcTazione e delloscambio ffa l'accompagnatorc e l'accompagnato. Parimenti que-sto amore si identifica con la salute spirituale e il pieno svilup-l)o umano che sono lo scopo di ogni accompagnamento. L'es-scnziale dell'equilibrio psicologico si ritrova, a sua volta, nellacapacit) di amare in veritd. Se siamo sani, possiamo al limiteclispensarci da qualsiasi accompagnamento nella misura in cuisappiamo amate veramente, ciod gratuitamente, come Dio ama.L'amore d la capacitd di uscire da se stessi verso l'altro, sen-za nessun ritorno su di s6; la capacitd di donarsi all'altro, sen-'t'a. nulla attendere in cambio. Attraverso l'amore noi confermia-mo l'altro e siamo a nostra volta confermati, ma senza averlocercato. Nell'amore si d) senza nulla perdere. Anzi, ci si trovaperdendosi.

Come si diventa accompagnatori spirituali? Chi d chiamatorr diventarlo? Come si crea concretamente questo legame che,rvvicina due persone in maniera cosi intima? Se si pone cosilir questione, si fa asttazione da un certo condizionamento og-gettivo che favorisce sovente una tale relazione. E il caso, pert:sempio, di chi ricevesse una missione esplicita o un incaricoche andasse in questo senso. L'esempio pir) evidente d quellorlcl maestro dei novizi o della maestra delle novizie nominati a

6e

Page 35: Rigenerati dallo spirito di andré louf

questo servizio dal superiore o dalla superiora' Ci si potrebbe

inoltre preparare "professionalmente", per cosi dire' a esercita-

re un tale .rolo. Eico allora degli studi specializzati o delle ses-

sioni organizzate a tale scopo, tutte cose, sia chiaro, perfetta-

-""," lJgittime. Tutto cid, perd, non garantisce in modo infal-

libile che un legame del gen.re si creer) effettivamente' n6 che

sarir fecondo. Infatti nel concreto della vita entra in gioco un

,iiro tur,ot. di condizionamento, che non b facile analizzarc'

foi.ne vi si mescolano e vi si intrecciano parecchi elementi'

bi .rrorro, eccoci confrontati con la questione che si b gi) pre-

sentata e che, diciamolo subito, resterh a lungo senza una ri-

sposta pienamente soddisfacente: qual ts il peso rispettivo delle

,irii"ai"i psicologiche e della qualit) spirituale in colui che d

chiamato ad accomPagnare?precisiamo subito ..-h. ..rr.mo pub arrogarsi una tale funzio-

,r"-o pr.rr-ere delle proprie capacit) in questo campo' Sulla

forru o sul biglietto da visit, si pud mettere: "chinesiterapista"

o "psicanali sla" , manessuno metterA: "padre spirituale" o "1'-.

.o-prg.rurore spirituale". I due tipi di assistenza non sono del

*.d.ri"-o ordine. Qui non sitratta di un mestiere il cui eser-

cizio sarebb e garuntito da un diploma' l'o ripetiamo: nessuno

si erge ad uccompagnatore spirituale di qualcuno' Nessuno po-

treb6e temerariam..rt. u.rogutsene il titolo' Per 1o pit' b il corr-

trario che avverr), ed d importante insistervi: non d il padre che

t.#"il proprio figlio, b il figlio che-scopre il proprio padre'

Noi a d"li,u..o-p ignuto* spirituale dire a qualcuno: "Tu sarai

mio discepolo!". t il discepolo che discerner) il proprio mae-

r"". ii trutt, qri di una r.gola assoluta che non sembra tollera-

re eccezioni.A questo punto potrebbe affacciarsi alla mente del lettore un'o-

biezione, il^proceiimento descritto non pud verificarsi llr dove

l'accompagnamento si esercita a partire da una missione che b

stata ufficialmente affidatada un'autoritit superior"' E il t"o'per esempio, del padre maestro e della madre maestra a cui ac-

7o

cennavamo. In effetti, se B vero che costoro non hanno per nul-la scelto i loro novizi, lo stesso vale per questi ultimi i quali, ingenere, non avranno avuto la possibilit) di scegliere il loro pa-

clre maestro. I novizi sono imposti al padre maestro, e vicever-sa. E allora? Come d gi) stato detto, nel quadro di un noviziatoil ministero di accompagnamento esercitato dal padre maesffoL' un ministero di tipo particolare, estremamente importante,i ovvio, ma circoscritto entro limiti particolari e avente unoscopo ben preciso. Non implica necessariamente e nella mag-gior parte dei casi - certamente non subito - l'accompagnamen-to spirituale nel senso forte di cui stiamo parlando. Basta ricor-rlare qui quanto d stato detto in precedenza sul carattere ana-logico dell'accompagnamento, sull' an alogato principale e sullerrumerose forme che ne sono derivate, sovente pir) frequenti,cli cui ciascuna possiede un'efficacia propria. Ne consegue cheil dialogo padre maesro-novizio, lungi dall'essere un criteriocli obiezione, sar) assolutamente prossimo a quanto ora seguiri.l)i pii, questa forma di dialogo e l'accompagnamento spiritua-lc coincidono, o quasi: stessa posta in gioco e stessi rischi; conil limite, tuttavia, in questo punto essenziale: non bisognerebbernai presumere che il fratello abbia gid interiormente acconsen-tito a che la rclazione si approfondisca al di h di quanto auto-rizzal'oggettivit) delle relazioni tra un padre maestro e i suoinovizi. Nei termini del diritto canonico si dir) che non biso-gna confondere il foro esterno con il foro interno, e che il padrenraestro non b autorizzato a entrare nell'intimit) di una coscien-za pima di esservi stato espressamente invitato.

Resta tuttavia evidente che il dialogo padre maestro-novizi<rcostituisce il terreno ideale in cui una relazione di accompagna-rnento pud abbozzarsi e intrecciarsi. D'altra parte e altrcttantrrimportante che il fratello stesso abbia riconosciuto e acccttato ilsuo accompagnatorc come tale, tant'b vero che spetta al [igliol'ar sbocciare la paternit) del proprio padre, cosi comc spctta al

cliscepolo rivelare il maestro.

7r

Page 36: Rigenerati dallo spirito di andré louf

Ne risulta che, alf interno della relazione di accompagnamen-

to spirituale, l'atteggiamento dell'accompagnato B in qualche mo-

do pir) importante di quello dell'accompagnatore. Questi pud

anche essere preso completamente alla sprovvista. Molte cose

capiteranno tilora arrrr -inrup.,tr,

o qrasi. E l'atteggiamento in-teriore dell'accompagnato che sar) preponderante e decisivo.

Al limite, d addirittura il solo richiesto: atteggiamento tutto didesiderio, di attesa, di clisponibilit). E esso che susciter) nel

partner la guida e il macstro chc sonnecchiavano atcota in lui.Era importante sottolincarc (lttesta condizione essenziale del-

l'accompagnamento spirittrale dinanzi alla lamentela che si sen-

te spesso: "Non tfovo ttu paclrc spiritttale", oppure: "Non ci so-

no pii padri spirituali nclla chicsa oggi". Non che non ci sia

qualcosa di oggettivo dictro a (ltlcsta lzrllrclltcla. Ci sono indub-

biamente al giorno d'oggi un clima c ccrtc conclizioni che non

facllitano affatto lo sbocciare di una tale rclaziot-tc. llesta vero

perd che il preliminare essenziale di un accompagnamento sar)

sempre dalla parte di colui che cerca sinceramcntc, c che non

potr) non trovare se da parte sua E sufficientemente pronto. Equanto aff.erma un detto della sapienza indi: "Quando il di-

scepolo B pronto, compare il maestro". Ritroviamo un'a[[e,rma-

zione anaToga in un celebre apoftegma: "Un abba del dcserto

domanda a un altro abba: Perch6 i monaci di oggi non hanno

pii parole da dare? lln altre parole: Perch6 non ci sono ;riit bravipadri spirituali oggi?1. Risposta: Perch6 i figli non sttnno piiascoltare"2. La qualit) della ricerca e dell'ascolto finiscc pcr su-

scitare I'accompagnatore. Certi autori antichi direbllcro: la c1-ra-

lit) della fede. E la risposta che Doroteo di Gaza dava a certimonaci che si lamentavano di non trovare il padre spirittrale co-

si a lungo cercato, capace di rivelare loro la volont)t cli l)io: ba-

sta, rispose, cercare veramente e umilmente la volttnti di Dio.

2 Nella serie alfabetica l'apoftegma d attribuito ad al;ba Irtlicc lN..l 1' 1.

72

Dopo di che si potrebbe, a rigor di logica, rivolgersi a chiunque,anche a un bambino piccolo. Poich6 Dio metterebbe le proprieparole in bocca al bambino, per esaudire la fede di colui che

cerca sinceramente. Invece, anche se ci si rivolgesse a un pro-

feta, ma senza un fede sufficiente, Dio metterebbe piuttostouno spirito di errore sulla bocca del profeta, per trarre in ingan-no chi non d realmente disposto ad ascoltare'. Ancora una vol-ta, non B il sapere n6 l'esperienza n6la competenza dell'accom-pagnatore che conta, ma piuttosto la disponibilit) profonda dicolui che chiede.

C'd qualcosa, ttttavia, che d previamente dato ai due partnerdelTa relazione, un elemento che 1'accompagrlato, senza esserne

cosciente, ha confusamente presentito. Tha lui e il suo futuroaccompagnatore preesiste una segreta connivenz a, :una sottile re-

ciprocit). Questa si situa al livello dell'essere profondo, del veroio, come si E detto pir) sopra. Indubbiamente,la chiave che cidar) accesso alla nostra vita intima si trova dentro di noi, e nonnell'altro, anche se non sappiamo subito liberare questa chiave,n6 sappiamo come servircene. Bisogner) tuttavia che qualcosadall'esterno - una parola, un gesto, la densit) di una relazione -venga a raggiungerci in modo decisivo per risvegliarvi un'armo-nia, un accordo profondo. Aconsiderare le cose in profonditi, d

proprio questo che ci si attende dall'accompagfiatore, e nel con-tempo si intuisce oscuramente che solo lui, e non un altro, B

capace di consegnarci quel gesto o quella parola. Si attende da

lui che il suo mistero tocchi e sveli il nostro mistero, quello checiascuno porta in s6, e ci si sente allora in armonia con colui checi inizia a esso.

Il mistero profondo dell'accompagnatore e la relazione chcquesti d riuscito a stabilire tra se stesso e il proprio mistero han-no un ruolo di primaria importanza in questa scelta, anche sc

r Cf . Doroteo di Gaza, Insegnamenti spiituali 5,68.

71

Page 37: Rigenerati dallo spirito di andré louf

questi elementi restano spesso nel campo dell'imponderabile e

sfuggono a ogni analisi precisa. Non si sa, ma si intuisce. Il che

permette del resto di pensare che si d pit o meno destinati al

tale accompagrratore piuttosto che al talaltto.Infatti cid che costui fard affiorare nel cuore dell'accompa-

gnato sgorga innanzitutto dal sLlo stesso cuore. C'b una miste-

Iiou urlJ"ia prestabili ta tra idue partner. P, aa resto la ragio-

ne per la quale gesti e parole dell'accompagn tore, per quanto

importanti possano essere, non hanno valore se non in rapporto

al suo essere profondo. In se stessi possono essere banali o pu-

ramente simbolici. Ma t importante che trasmettano una chiave

interiore che dia accesso alla vita profonda. Bisogner) che apra-

no la strada verso il "maestro interiore ", come lo chiamava Ago-

stino. Ora, nell'accompagnamento spirittrale questo maestro in-

teriore non pud essere se non lo Spirito santo in persona, lo

Spirito che ci ts infallibilmente accordato e ci resta presente in-

teriormente e anteriormente a ogni desiderio o impegno spi-

rituale daparte nostra. Al cuore dell'accompagnamento l'idea-

le sarebbe che il "maestro esteriore" arrivasse a far corpo, per

cosi dire, con il Maestro interiore, fino a essere in grado di ce-

dere totalmente il passo dinanzi alui. Ma questo ideale non d

mai perfettamente raggiunto, a motivo di certe ambiguit) che

frequentano il cammino del dialogo percorso insieme, e talora

anche di certi uabocchetti di cui d quasi inevitabilmente dis-

seminato.C'b un'altra immagine che permette di precisare la qualit) di

questa relazione: d quella usata da Socrate quando chiama maieu-

tica il sro lavoro pedagogico, ciob il venire del discepolo alla ve-

riti, sotto la guida del maestro. Maieutica, si sa, d il nome dato

all'abilit) della levatrice che assiste al parto di una nuova vita.

Non ts lei che d) la vita: lei semplicemente la favorisce, ne fa-

cilita il giungere a termine. Come tale, ogni vita si propaga da

s6, naturalmente. Per venire al mondo, il feto non ha in genere

nessun bisogno di una spinta dall'esterno. Nella maggior parte

74

dei casi, tuttavia,l'intervento della levatrice, per quanto discre-

to possa restare, si rivela utile, anzi auspicabile. Essa sorveglia

l'operazione, prevede e previene gli ostacoli, favorisce certe tap-

pe. l,o stesso avviene, per analogia, per il ruolo dell'accompa-gnatore spirituale. Anche costui assiste a un parto: il venire alla

luce di una nuova cte^ttJra nello Spirito santo. Si tratta di una

vera e propria nascita o rinascita. Lavita dello Spirito emerge,

affiora a partire dall'essere profondo, prima di impregnare unodopo l'altro tutti gli strati dell'essere umano, dai pir) intimi finoai pit esterni. Noi passiamo progressivamente "dall'uomo vec-

chio all'uomo nuovo". Questo dispiegarsi della vita avviene inmodo naturalissimo, apartire dalla vita stessa. Lavita dello Spi-

rito B d'altronde sufficientemente potente per aprirsi una stra-

da attraverso la psicologia e le potenze dell'uomo. Strettamenteparlando, essa non ha bisogno di un accompagnamento ester-

no. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, questo d non solo uti-le, ma anzi a,,xpicabile. L'accompagnatorc pud sorvegliare effi-cacemente il processo dell'anima in travaglio, indicare un orien-tamento, eludere i trabocchetti, evitare gli ostacoli. E forse d

dire ancora troppo poco, poich6 l'accompagnamento B per cosi

dire la via abituale, dal momento che, salvo eccezioni, B sempre

attraverso una relazione fraterna che la vita dello Spirito riesce

a propagarsi in noi.L'accompagnato non ne d del resto l'unico beneficiario: la

qualit) della relazione di accompagnamento coinvolge cosi for-temente i due partner che i vantaggi dell'operazione si riversa-

no su entrambi contemporaneamente. Nella maggior parte dei

casi cid che, al cuore della relazione, awiene all'uno - dapprinrrr

all'accompagnato, normalmente - interpella potentementc lrr li-

bert) dell'altro, ciod quella dell'accompagn tore, a tal pttt-rto cltt'

a sua volta d come chiamato a crescere nella presa di cosciqtrzrr

della propri a realtd interiore. Accompagnato e accoruPlqlrr ilt()rc

evolvono insieme, e la crescita dell'uno necessita c pr.lvtlc,t I,t

crescita dell'altro. Uno dei piir celebri padri spiritttrtli clcl tuo-

75

Page 38: Rigenerati dallo spirito di andré louf

nachesimo contemporaneo, il padre Matta el-Meskin del mo-

nastero copto di San Macario, nel deserto di \X/adi el-Natrun,la esprime cosi, testimoniando la propria esperienza: "Cib che

Dio mi ha dato riguardo all'esperienza delle anime sorpassa tal-

mente cib che ha dato a me personalmente, che io mi nutro del-

le briciole che cadono dalla tavola che Dio ha preparato per gli

altti, atttaverso di me" a.

A pir) riprese abbiamo avuto l'occasione di paragonare 1'espe-

rienza dell'accompagnamento spirituale a realtd affini, ^pp^tte-

nenti sia ad altre religior-ri, in particolare quelle dell'estremo

oriente, sia alle tecniche e alle pratiche delle "scienze umane"'La somiglianza dei due pcrcorsi con l'accompagnamento spiri-

tuale d significativa. Ciascuno di cltresti casi presuppone un'a-

scesi interiore relativamente simile. Si tratta sempre di abban-

donare il nostro essere superficiale, il nostro piccolo io o il no-

stro io relativo, per penetrare maggiormente nel nostro essere

profondo, nel nostro vero Io, che si rivela per tappe successive'

Ogrrrrro di noi porta in s6, allo stato inconscio, delle ricchezze

che di tanto in tanto si lasciano furtivamente intravedere, sotto

una forma simbolica, per esempio nei nostri sogni pii sereni e

pacificanti. Lavita qui sulla tera ci d accordata proprio perch6

diutto a questo tesoro l'occasione di venire a poco a poco alla

superficie del nostro essere, affinch6 possa cosi integrarsi nel-

lu nostru vita cosciente. Ogni uomo b in tal modo chiamato ad

arricchirsi del proprio tesoro interiore, in un progresso senza fi-ne, perch6 il tesoro in questione ts infinitamente pii grande diog.r,rno di noi preso nei limiti della propria personalit) e della

propria storia. Si tratta, infatti, di un tesoro universale e desti-

n to atutti. Il cristiano non ha nessuna difficolt) a riconoscervi

lavitastessa dello Spirito santo, che sa presente al cuore di ogni

essefe umano.

a Citato da L. Scherer, Si peronne ne ne guide, p. 3o.

76

Se, per ipotesi, avvenisse che un tale processo di crescita edi integrazione avesse accidentalmente fine nella vita di un uo-

mo, questa sarebbe allora come devitalizzata. Costui diventereb-

be sterile, sarebbe virtualmente morto. Al contrario, il segreto

di certi vecchi, di cui si dice che hanno conservato un cuore

straordinariamente giovane, sta per I'appunto in questa capacitd

di trarre profitto da ogni occasione, anche da quelle che appaio-

no pir) contrarianti e pir) negative, per lasciar emergere nuovepossibilit) di vita interiore. Questi "vecchi" appaiono eterna-

mente giovani, perch6 non cessano di arricchirsi del loro tesoro

interiore che sembra inesauribile. E lo d, in veriti. Quali che sia-

no le circostanze nuove in cui vengono a trovarsi, essi sono sem-

pre capaci di servirsene in bene e di trarne esperienza, ciod diliberare sempre meglio, a contatto con tali circostanze, il lorotesoro interiore, a proprio vantaggio e nel contempo avantaggiodegli altri. E questa stupefacente capacitd di adeguarsi allavitail segreto della loro giovinezza. Sono come un albero che ognianno mette nuovi fiori e produce nuovi frutti, fino a che nonver) la morte a porre fine a quel ciclo. Come avviene per l'al-bero ormai senza fratti, cosi E per la nostra psicologia quando

il suo processo si b esaurito o si trova irrimediabilmente intral-ciato. C'd il declino. Il senso della nostra presenza quaggiil b al

tempo stesso colmo delle nostre possibilit) dispiegate e vuoto inquesta compiutezza. La nostta vita sulla terra, una volta recisa

dal grande processo di vita, perde il suo senso. All'essere cosi

segnato non resta piil che "passare all'altra riva", ciod attraver-

sare la morte. E solamente dopo questo nuovo e ultimo passag-

gio, infatti, attraverso la morte, che la vita dello Spirito in noipotr) portare nuovi frutti per I'eternit), frutti oggi ancora asso-

lutamente imprevedibili.

77

Page 39: Rigenerati dallo spirito di andré louf

Vita divina e scienze umane

A questo punto d necessario dire una pada sulla relazione

tralavita di Dio in noi e la nostra psicologia concreta. Abbia-mo gi) sottolineato l'impossibilit) di operare una distinzionetra ordine psicologico e ordine spirituale nella qualit) impegna-

ta in una relazione di accompagnamento. Queste due dimensio-ni sono totalmente inercnti l'una all'altra, pur appartenendo a

ordini diversi. Incontriamo la medesima difficolt) quando si

tratta di sorprenderc o di individttare le mozioni dello Spiritoo i frutti dello Spirito nella nostra psicologia o in quella deglialtri. E un dato che non dcvc stupirc. Nasce da cid che la filo-sofia classica chiamava l'ttnione sctstanzialc, e non accidentale,

dell'anima e del corpo. In quanto spirito incarnato, tutto, nel-

I'uomo, appartiene nel contempo allo spirito e alla carne, e ogniseparazione tra i due ambiti trascina con s6 la morte, ciod il pas-

saggio a un altro statuto metafisico. Questo dato di fatto scatu-

risce anche, a un livello ancot^ pit profondo, dall'unione so-

stanziale tra il Verbo ela natrra umana, unione che si d verifi-cata nell'inc arnazione. E l'rorno tutt'intero, nella totalit) della

sua umanit) e quindi anche della sua psicologia, che d stato as-

sunto dal Vetbo.Ne consegue, per quanto riguarda il nostro tema, che la vi-

ta divina, di cui siamo partecipi in forua della nostra incorpora-zione a Cristo nel momento del nostro battesimo, non pud es-

sere isolata e stacc^t^dalla nostra psicologia. Certo, non si iden-

tifica in maniera pura e semplice con la nostra psicologia, ma,

fino a un certo punto, difficile da precisare ulteriormente, nonpud esserne distaccata interamente. Il chirurgo che pratica unintervento B perfettamente in grado di distinguere un organo

da un altro, di discernere tra un nervo e una vena, per esempio.

Ma il suo bisturi non isolerh mai l'anima del paziente, neppu-

re se costui rendesse l'anima in quell'occasione. Parimenti non

78

esiste nessuna chirurgia spirituale che permetta di delimitareesattamente cid che sarebbe puramente psicologico e cib che sa-

rebbe esclusivamente soprannaturale. II soprannaturale o 1o spi-

rituale in quanto tali sfuggono completamente alla competenzanon solo del chirurgo, ma anche a quella dello psichi affa e del-

lo psicanalista. Un esperto di psicologia che, in forza della sr-ra

qualifica, si credesse autorizzato a pronunciare un giudizio mo-

rale o spirituale sconfinerebbe molto semplicemente dall'am-bito della propria competenza. Se d importante, dunque, che

ognuno resti nel proprio ambito e rispetti quello degli altri,nondimeno non ts pir) possibile al giorno d'oggi praticatel'ac-compagnamento spirituale come se la psicologia non esistesse,

come se la ricerca in questo campo non avesse portato a certe

acquisizioni che non possono piil essere ragionevolmente mes-

se in discussione. Pochi, al giorno d'oggi, metteranno in dub-

bio che la scienza psicologica sia in grado di portare un aiuto

sostanziale, a condizione che ognuno resti nell'ambito che gli

ts proprio.Se non possiamo separare, nella tal persona concreta, vita del-

lo Spirito e psicologia, d anche perch6 Tavitadello Spirito in leipoggia necessariamente sulla sua psicologia, cioB, molto concre-

tamente, sugli aspetti sia positivi che negativi di questa psico-

logia. E da sottolineare, precisando: anche sugli aspetti "nega-

tivi" di questa psicologia. La cosa d importante, perch6 se ci drelativamente facile discernere l'azione di Dio negli aspetti po-

sitivi, e percid rassicuranti, di una psicologia, ci d in genere

molto pir) difficile discernerla attraverso i suoi aspetti negativi,e dunque pir) minacciosi per noi e per tutti. Dio, 1ug1avi2, b al-

l'opera tanto negli uni quanto negli altri, e un bilancio di disccr-

nimento spirituale deve sempre mettere in conto sia gli aspettipositivi che quelli negativi di una psicologia.

Prendiamo un esempio molto concreto e dei pii comtrr-ri: il

discernimento di una vocazione religiosa. Non c'| [lisogno cli

essere stati padre maestro o psicologo per ammetterc scuzrt cli[-

79

Page 40: Rigenerati dallo spirito di andré louf

ficolt) che il candidato ideale allavita religiosa, quello che pre-

senti solamente qualit) positive, non esiste. Per fortuna! Ma si

pub dire di pir): in materia di discernimento di una vocazio-

ne non sono innanzitutto le qualit) positive di una personalitiche sono importanti, bensi i suoi aspetti negativi, o piuttosto lamaniera in cui questi aspetti negativi sono vissuti in rappor-to a una possibile vocazione. Poich6 - e questo e estremamente

importante - se c'b effettivamente una vocazione da parte diDio, questa vocazione pogger) tanto sugli aspetti negativi del-

la psicologia del soggetto in questione quanto sugli aspetti posi-

tivi. Cosi, d tenendo conto sia degli aspetti positivi che degliaspetti negativi della propria personalit) che forse un giorno ilcandidato operer) la scelta di rispondere con un libero accon-

sentimento a questa vocazione.Ma possiamo anche andare oltre. Quando c'd vera vocazione,

questa non implica necessariamente che l'evoluzione spiritualepositiva del soggetto porti alla Tunga aun miglioramento o addi-rittura a una guarigione psicologica.Una tale evoluzione d pos-

sibile, certo, e taloraha effettivamente luogo, ma non d neces-

saria, e in nessun caso potrebbe valere come criterio decisivo inmatetiadi vocazione (sottinteso: se non c'd stato miglioramentopsicologico, significa che ci si ts sbagliati sulla propria vocazio-

ne). Grapia psicologica e guarigione spirituale a volte si incon-

trano, o possono talora avere parzialmente uno sviluppo paral-

lelo, ma non coincidono mai interamente. In certi casi, fortuna-tamente abbastanza frequenti, un percorso spirituale positivoporta con s6 un ristabilimento di elementi psicologici pii o me-

no perturbati. Ed ts lecito pensare che si tratti allora di un frut-to reale e di grande valore dell'azione dello Spirito santo. Maquel frutto rimane un frutto gratuito. Non B mai garantito inpattenz , non d indispensabile, e mai, in ogni caso, deve essere

visto come un criterio infallibile della presenza o della non pre-

senza di un frutto spirituale. l,o Spirito santo, infatti, b perfet-

tamente in grado di suscitare un tale frutto anche attraverso una

8o

situazione psicologica bloccata o gravemente perturbata. La co-sa importante da discernere sar) sempre il modo in cui il sog-gctto accettala ptova ela attraversa. Il discernimento qui B tesorr cogliere in quale misura il soggetto sia accordato con ci6 cheIo Spirito santo gli ivela al cuore di quella contraddizione, per(lrlanto gravosa essa sia. Lo Spirito santo, infatti, d ovunque al-l'opera e attende da noi una sola cosa: che noi prestiamo atten-t.ione a77a sua mozione e che accettiamo di soccombervi, di la-sciarci farc da lui. "Quanti si lasciano guidare dallo Spirito diI)io, costoro sono veramente figli di Dio" (Rm 8,r4). "Tuttocoopera al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,zB). A questeparole di Paolo un autore del xn secolo che passd sotto il nomerli Agostino ebbe l'audacia di aggiungere; etianz peccata, anche ipcccati'! A maggior ragione le malformazioni, le frustrazioni e

i blocchi di una psicologia.Certo, quanto abbiamo appena detto non deve renderci inge-

rrtri allorch6 si tratta di esercitare un discernimento sulla realtirli una vocazione, qualunque essa sia. Vi sono infatti altri crite-li importanti oltre a quello che ci permette di vedere un candi-rlato perfettamente accordato con la vita dello Spirito in lui, e(luesto malgrado il suo handicap. Il criterio ultimo sari sempreIa chiamata di Dio, nella misura in cui questa pud essere iden-tificata attraverso la libera scelta del s.oggetto che acconsente a

tna gtazia chiaramente riconosciuta. E del resto su questo pun-to preciso che il discernimento si fa difficile. Sarebbe ben pitrlrrssicurante se Dio chiamasse alTavita cristiana unicamente per-sone dalla psicologia perfettamente equilibrata. Ma, evidente-ruente, non B questo il suo beneplacito. E il fatto che gli piacciatrrlora chiamare a un autentico amofe e a unavera santiti ccrtc

'(lf. E. Dutoit, Tout saint Augustin,Fnbourg r988, pp. rl)-174. 'hrluviir lu stt.ssrr(l,Jllrina si trova gi) chiaramente formulata sotto 1a penna di Agostirr,r tli lp1xrn,r, I),,, onrplione et gratia 24.

llr

Page 41: Rigenerati dallo spirito di andré louf

persone dalla psicologia alquanto dissestata non d che l'espres-

sione di una delle linee di forza del suo disegno misericordioso

che attraversa la storia e che la Scrittura continuamente ci ridi-

ce: egli sceglie i poveri, innalza gli umili.

UN PROBLEMA RELAZIONALE:ILTRANSFERT

Affronteremo ora pir) concretamente l'oggetto del dialogo spi-rituale. Ma prima si impongono alcuni preliminari. E necessa-

rio dire una parola, innanzitutto, su cid che costituisce inevi-tabilmente il supporto del dialogo spirituale, e ciod la relazione,e pii precisamente la situazione di tansfert, nella quale i duepartner della relazione sono immancabilmente coinvolti, lo vo-gliano o no. Questo ci costringe a una piccola digressione attra-verso certe acquisizioni della psicologia. Sono acquisizioni og-gigiorno accettate in genere da tutti, e un minimo di familiarit)con esse ci pub risparmiare non poche disillusioni.

E grazie al processo della terapia psicanalitica, e in particola-re all'analisi attenta ai legami che si stabiliscono tral'analista e

il suo paziente, che noi conosciamo molto meglio, oggi, quel fe-nomeno relazionale a cui Freud ha dato il nome di "transfert".Freud aveva infatti constatato, con piena ragione del resto, chei suoi pazienti erano soliti trasferire su di lui, loro analista, isentimenti che avevano provato un tempo nei confronti dei lorogenitori. Questo miscuglio di sentimenti positivi e negativi ave-

va dei prolungamenti nella loro vita di adulti e colorava in mo-do abituale il loro atteggiamento dinanzi a tutte le forme cli arr-

torit), fino a estendersi poi come una macchia d'olio su tuttirla loro vita: alle relazioni di lavoro, di amicizia, alle rclrrzionifamiliari, tanto nei confronti del coniuge quanto nei cotrl.rotrtidei figli; e noi possiamo aggiungere, quando si tratta cli crcclctr-

8z tt1

Page 42: Rigenerati dallo spirito di andré louf

il

ti, fino ai loro legami con Dio. Ogni uomo, nelle sue relazio-

ni con gli altri, ha cosi \a tendenza, concludeva Freud, a ripe-

tere insiancabilmente un certo scenario, di solito tenuto salda-

mente sotto chiave. Questo scenario d stato generalmente in-

stallato al tempo della primissima infanzia, per far fronte, con imezziche erano quelli del momento, a certe sofferenze e a cefte

frustrazioni che, a quell'epoca, sarebbero state psicologicamen-

te insopportabili.Il genio di Freud fu di capire subito che quella constatazio-

ne clinica si poteva sfrrlttarc in campo terapeutico. Se 1o sce-

nario originale si riprocltrccva infallibilmente, e addirittura inun modo particolarmentc actlto c come spinto al parossismo,

nella relazione analista-pazicutc, pcrch6 non approfittarne per

risalire alla storia di clucsto sccnarig, fino ad allora sotto chia-

ve, e farla evolvere in ttu scuso positivo? Ma per far questo,

pensava, era necessario non ri[itrtrtrc il transfert, n6 difendersi

du "rro,

ma entrarvi, accettauclo cli svolgcrvi ttn ruolo; non inun modo qualsiasi, tuttavia. Si offriva cosi ttna possibilit) - se

b vero, come affermavaL,acan, che il trzrnsfert d 1"'attualizza-

zione della realth dell'inconscio" - di avcrc Llna certa presa su

di esso, cercando innanzitutto di identificarlo, pcr tentare poi

di dargli un senso nuovo e imprimergli un oricntamento meno

traumatico.L'analista accoglier) dunque il ffansfert e accetter) cli entrare

nello scenario e di "giocarvi" il ruolo che gli attribuisce il suo

paziente. Tuttavia, come si d detto, in una manicra ben precisa'

Non si tratta infatti di entrare passivamente nello scenario, o

semplicemente di subirlo, cercando di riempire il paziente digratlficaziofli che compensino le frustrazioni cli un tempo, quel-

l. che sono all'origine dello scenario. Non si tratta neppure dilasciare che si ripetano alf infinito i vicoli ciechi incontrati un

tempo nelle relazioni con i genitori. L'esperienza ha mostrato

che uilizzare il transfert in quel modo non fa che confermare

e rafforuare 1o scenario, senza speranza di evoluzione.

84

La situazione di transfert si complica per il fatto che non c'dsolo il paziente a effettlr re il transfert e a proietrare i proprisentimenti. Anche l'analista vi d coinvolto e si trova a sua voltasollecitato a proposito del proprio scenario, all'interno stessodello scenario del paziente, in cui si trovano da cluel momentoimplicate le frustrazioni proprie del terapeuta e la loro tendenzaa soddisfarsi in compensazioni tardive. L'analisra, al pari delpaziente, "soffre" in una certa misura di frustrazioni primitivee si d forgiato uno scenario inconscio nell'intento di sfuggire al-Ie sofferenze che esse gli causano. Cid significa che il transferroperato su di lui dalpaziente, in positivo o in negativo, lo roccae Io segna nel proprio scenario pii o meno inconscio, creandoin lui cid che Freud ha giustamente chiamato il "contro-trans-fert". Risulta subito evidente che il confronto tra questi duetransfert, quello del paziente e quello dell'analista, sar) delicatoda gestire, e che l'esito felice di un tale confronto dipender) davari fattori, il pir) importante dei quali sari che l'analista abbiafatto lui per primo chiarezza nel proprio scenario e nelle propriefrustrazioni. Altrimenti la situazione potrebbe divenire rapida-mente esplosiva o, ben che vada, non avere nessunissima utilit)terapeutica.

Quale che sia la maniera in cui L'analista decide di coinvol-gersi nel transfert, b importante che lo faccia sempre in modosufficientemente neuro e distaccato . Infatti cid che importa,nel caso concreto, non d il proprio scenario, bensi quello del pa-ziente. Cib non significa che l'analista debba vietarsi di provarequalsiasi sentimento. Vorrebbe dire non solo votarsi all'impos-sibile, ma soprattutto inrodume nella reTazione con il pazien-te un "divieto di desiderio" che finirebbe inevitabilmente peravere un influsso negativo sull'evoluzione di questi. L'analistaaccoglier) dr.rnque in pace i propri sentimenti, ma avendo curadi gestirli correttamente; nella circostanza: accettando di volcr"non desiderare per essere soddisfatto", il che d molto divcrsodal voler "non desiderare puramente e semplicementc". ll sc-

t35

Page 43: Rigenerati dallo spirito di andré louf

t

guito dell,esposizione cerchera di precisare che cosa si intenda

fo., qo"rru formula. La nostra insistenza sull'atteggiamento del-

l'u.rriirt, che si trova confrontato con il proprio contro-transfert

fa arguire che c'd un legame - il lettore l'avr) gii intuito - tralarclaione terapeutica in psicanalisi e la relazione di accompa-

gnamento spirituale.circa il comportamento da tenere in situazione di transfert

e di contro-transfert i intrtile dire di pir) per il momento' Ci

ritorneremo, del resto, clttanclo dcscriveremo pii concretamente

i rischi del dialogo spirittrrrlc. Pcraltro, ci sono diverse scuole

di psicanalisi a dividcrsi I'inr(jrprerazione del processo di ffans-

f.it - .ron d un segreto pcr llcssl,lllo - e cluesto d) origine a tec-

niche terapeutiche talora c6utraclclittoric. Se tutti sono d'accof-

do nel ric-onosc.re la fonclatczza clcll'intr.rizione fondamentale

di Freud, le applicazioni concretc itr tcrapia, invece, variano ta'

lora in modo notevole. E lecito pcnszre che ciascuna di esse,

nella misura in cui si fonda su metodi vcrificati da risultati pro-

banti, possieda una sua parte di veriti e sia in grado di apporta-

.. .rr io.plemento al punto di vista dellc altre. Nel cercare di

tener cont; deila scoperta di Freud rclativa al modo di vivere la

relazione di accompagnamento, l'autore di cluesta esposizione

sar) probabilmente portato, senza volerlo e forse senza neppu-

," ,.-.org"rrene, a farne un'applicazione molto particolare che

appariri senz'altto singolarmente "devtazionista" agli occhi dir.rLru ."rtu ortodossia freudiana attuale. Si d voluto segnalarlo,

per onest), senza peraltro ritenere necessario inoltrarsi in que-

sto dibattito.Dopo queste precisazioni, nel lettore potrebbe restare una cer-

ta impressione che si sia esagerato nell'accordare qui una par-

t. .oii grande all'aspetto del transfert nella relazione di accom-

pagnamento. Non sarebbe forse un considerare le cose in un

tnodo taoppo "naturale" e non tener abbastanza corfio del pri-

mato assoluto dell'azione dello Spirito al cuore di questa re-

lazione? Tirtta l'arte dell'accompagnamento spirituale non do-

86

vrebbe consistere per l'appunto nello sfuggire alla"tentazione"del transfert, con tutta la sua ambiguit) e le sue complicazio-ni? E non dovrebbe essere sufficiente rifiutare molto semplice-mente questa situazione, cercando di neutralizzarne i sintonripii irritanti, o addirittura combattendoli vigorosamente, perlasciare il campo libero all'azione dello Spirito? Non d un'obie-zione da poco, ed B pure seducente. Meritava senz'altro di esse-

re formulata.Come prima risposta si potrebbe far osservare che il transfert

non d per nulla una "tentazione" a cui si possa sfuggire. E undato di fatto, 1o si voglia o no, lo si dissimuli o no. Certo, d unfatto che sfugge in parte alla coscienza, rtrr fatto dunque in par-te inconscio. Ma tutti sanno che le realtd psicologiche sono tan-to piir temibili e hanno degli effetti tanto pir) perversi quantopiil restano inconsce e si evita di guardarle in faccia. Il ran-sfert, tuttavia, d inconscio solo molto parzialmente. Per un oc-chio esperto d relativamente facile individuarlo, da certi segniche non ingannano. Peralffo, per colui o per colei che abbia unaqualche esperienza di una relazione di accompagnamento chenon sia un semplice briefing moraleggiante, il transfert d un'evi-denza, n6 pii n6 meno.

Se il transfert non d una tentazione bensi un fatto "inaggi-rabile", a nulla servirebbe volerlo occultare o combatterlo. Unatteggiamento del genere avrebbe del resto un effetto perfetta-mente opposto all'obiettivo che vorremmo raggiungere. Infattioccultare o combattere il transfert sarebbe ancora una manieradi tenerne conto, anzi una maniera di sposare 1o scenario del-l'accompagnato, pur pretendendo il contrario, in un gioco rela-zionale reso allora pit complesso e che si radurrebbe in defini-tiva in un rinforzamento delle difese dello scenario. Nella mag-gior parte dei casi, infatti, combattere il transfert avrebbc conrcprimo risultato quello di aggiungere una nuova frnstraziorrc rr

quelle antiche, una nuova colpevolizzazione a quellc chc gii pt'-sano sul partner. Esse porterebbero inevitabilmentc cyrrcst'rrlt i-

137

Page 44: Rigenerati dallo spirito di andré louf

;

mo a rinforz^re 1I dispositivo inconscio di difesa che si B co-

struito contro tali contrariet).Il fastidio che proviamo nel sentir parlare di questa situazio-

ne di transfert B tuttavia cosa normale e perfettamente com-

prensibile. Essa sembra gettare un sospetto sulle nostre miglio-

ri intenzioni. In ogni caso, sembra complicare singolarmente e

addirittura compromettere il ministero di accompagnamento.

Non deve stupire, percid, sc proviamo una riluttanza quasi in'sormontabile a dover fare i conti con essa, e soprattutto a en-

trarvi e a esserne parte in catlsa. Possiamo addirittura sentirla

come una specie di minaccia che rischia di destabilizzarci o dimettere a nudo in noi certc fcritc che un po' presentivamo, cer-

to, ma che non avcvamo illlcoril avltto l'occasione di guarda-

re bene in faccia. Ecco, ttttto ciir t da mettere in conto. Thnt'd

vero che, in linea di principio pcr lo meno, un vero accompa-

gnamento non pud essere esercitato se non da chi ha fatto prima

il percorso in quanto "accompagnato". Almeno fino a un certo

punto.Il fatto di accompagnare un altro pud peraltro rimediare, in

parte, alle lacune dell'accompagnamento a suo tempo ricevuto

ion piir o meno efficacia. Anche per l'accompagnatore, infatti,la situazione di transfert B innanzitutto una chance, e non un

rischio. Se gestita correttamente, pud in definitiva costringer-

1o a una rinuncia positiva ai propri desideri, insegnargli a "de-

siderare senza voler essere esaudito", obbligandolo a diminuireincessantemente dinanzi alla libert) e all'autonomia cfescente

dell'altro. In una parola: b un'occasione non da poco per impa-

rarc ad amare veramente. Si, nell'accompagnamento spirituale

sono entrambi gli interlocutori a traffe beneficio'Tirttavia, per quanto importante possa essere, la situazione di

transfert non esaurisce tutto il senso della relazione implicata

nel dialogo di accompagnamento. Tutt'altro, e questo va detto.

In ogni relazione, del resto, c'd sempre ben di piir del transferte del contro-transfert: vi E offerta una reale possibilit) di un

88

contatto in profondit) in cui l'io autentico dell'uno enrra in co-munione con I'io autentico dell'altro. Un analista inglese, FredBlum, ha chiamato questa possibilit) la "tetza dimensione" diogni relazione analitica. Questa terza dimensione, che non d sen-za rclazione con l'Amore o con la vita di Dio al cuore di ogniessefe, nasconde in s6 la potenza creatrice capace di trasforma-rclarclazione e di operare la guarigione.

Le tecniche classiche della psicanalisi sembrano ignorare que-sta terza dimensione. Molti si fermano di solito al gioco deltransfert e del contro-ffansfert, dove tutta l'arte dell'analistaconsiste nel riconoscere e nell'accogliere il transfert, per poi sot-trarvisi. La neutralit) dell'analista - che ts per lui una forma diamore - lo installa in un luogo in cui il desiderio del paziente,travestito dal transfert, non pud piil raggiungerlo. L'analista re-sta ostinatamente fuori portata, e moltiplica le finte per sfuggi-re a1l.a presa del desiderio dell'altro. Egli rinvia cosi l'altro ine-sorabilmente a se stesso e all'accettazione progressiva delle pro-prie frustrazioni, poich6, secondo l'ipotesi di Freud, diero a

tutti i desideri esiste un desiderio per sempre proibito e che inogni caso non poff) mai essere esaudito. La saggezza umana,lasola possibile ai suoi occhi, consiste allora nell'accettare questafalla che non sar) mai chiusa, nel riconciliarsi con una mancan-za costitutiva che non pub essere colmata.

Ridotta a una pedagogia di questo tipo, la terapia analiticapub certamente sfociare in una forma di sapienza umana al-tamente rispettabile, in cui non mancano certe risonaflze evan-geliche. Sembra tuttavia che tale pedagogia non sia sufficien-te a render conto di tutti i valori impegnati effettivamente, oche potrebbero esserlo, nella relazione di accompagnamento,di cui la storia e Tatradizione monastica sono ricche. Se questasapienza "psicanalitica" rimane cos\ a mezza via, non b propri<rperch6 non tiene abbastanzaconto della realt) profonda chc i: rrlcuore di ogni uomo, laterza dimensione vivificante e portatriccdi guarigione?

tl,)

Page 45: Rigenerati dallo spirito di andré louf

Ecco come Fred Blum descrive le possibilit) di una terapiache tenga risolutamente conto di questa sorgente spirituale pre-

sente in ogni essere:

Quando due persone si incontrano nella loro essenza, nel nu-

cleo pitr intimo del loro essere, sono in contatto con una vitapii profonda che condividono in tutta verit). Esse enranoin una relazionc chc i nutrita dalla Sorgente della vita. Si

vedono a viccnda itr tutta verit), e la percezione che in talmodo hanno i riscl.riarata da una luce transpersonale. Noipossiamo innantorarci di clualcuno, e finire poi per renderciconto chc non anrianro vcrante nte quella persona cosi com'dattualmentc nclla stra csscnza. La persona "arfiata" ha sem-

plicemente suscitato in noi ccrtc proiezioni che si sono dile-guate nel volgere di cltralchc tentPo. Ma quando amiamo ve-, '1

./ ramente qualcuno, nascc tra troi dttc trna realt) pii profondal,l I

I che santifica il nostro amorc. Irr ogni relazione umana con-

iieta devono issere ugurlnrerrtc all'opera questi due poli: larealti piir profonda che uascc tra l'altro e noi, e nel contempoil ruolo che noi proiettiamo sull'altro. Questo processo si ve-

rifica anche nella relazione cl.rc si stabilisce tra il terapeuta ela persona che chiede di essere gttarita ... Indubbiamente d

necessaria una presa di coscicnza quanto piir lucida possibile

di qu.si; #;;anismo di proiczione , p". "uitrt"

ogni interfe

:9rl4 !t? queslo e il processo di guarigione. Tirttavia la forua

di guarigione che d all'opera in questo processo non ci viene--

attraverso il cosiddetto "transfert e contro-transfert", bensipiuttosto attraverso una certa qualit) della relazione, nellaquale agisce una realth vitale piir profonda, reald condivisadai due partner e che li unisce al livello del loro nucleo piilintimo, nella loro essenza. La condizione preliminare perch6

un tale evento possa aver luogo d, indubbiamente, che il te-

t^petta possieda egli stesso un legame vivente con questa

realt) dentro di lui1.

1 F. Blum, Depth Psychology and the HealingMinistry,Landon r99o,p.71.

9o

Questa realt) intima, personalissima, al cuore di ognuno deipartner, e al tempo stesso "ttanspersonale", in quanto coinvol-ge i due protagonisti in una comunione che li supera, ricordairresistibilmente al credente una parola di Gesr): "Dove due otre sono riuniti nel mio nome, io sono ld in mezzo a loro" (Mtr8,zo). Egli finisce per intuire che d proprio la presenza miste-riosa di Gesr), al cuore di ogni relazione umana, a costituire l'u-nico vero dinamismo di guarigione. E una presenza che d dav-vero in grado di eludere le insidie del transfert, per quanto sot-tili possano essere, e di farci beneficiare di tutti i vantaggi checi possono venire dal transfert. Il Signore intatti d sempre "piigrande del cuore" (rGv l,zo) dell'uomo. Cid che per lo psica-nalista, preoccupato di non oltepassare i confini del propriocampo, sarebbe un'estrapolazione indebita, il credente lo pudpresagire e, a certe condizioni, discernere nelle meraviglie chel'accompagnamento gli permette di tanto in tanto di rasentare.

Page 46: Rigenerati dallo spirito di andré louf

iL DIALOGO DI ACCOMPAGNAMENTO

Abbiamo visto come la qualit) di un accompagnamento spiri-tuale dipenda in primo luogo dalla qualit) della relazione umanache lo sottende. Ora,la qualit) di una relazione umana si riflet-te in parte nella qualit) del dialogo che si instauratr^i due part-ner. Tirtta 7a tradizione b del resto unanime su questo punto:l'accompagnamento si fonda su un dialogo. Nel deserto egiziano i monaci si visitavano a vicenda per porsi l'eterna domanda:"Come essere salvato? Abba, dimmi lna parolat" .

Sempre secondo la testimonianza deTlatradizione, questo dia-logo aveva un oggetto ben preciso: i monaci, dicono le fonti,interrogavano i padri a proposito dei loghismoi termine greco

che in genere traduciamo con "pensieri" . Da qui la pratica uni-versale del monachesimo antico chiamata "apertura del cuore",o anche "manif.estazione dei pensieri". Benedetto ne ha conser-vato una traccia nella sua regola, nel quinto gradino dell'umilt)r;la ricorda come una cosa owia, che non poneva nessun proble-.r. t probabile che la confessio di cui parluno ancora i testimonastici del xII secolo, in particolare in Bernardo, non abbianulla a che vedere con il sacramento della riconciliazione cosi

come lo conosciamo noi oggi. Si tratterebbe invece di un'alltr-sione a quella medesima pratica, caduta a poco a poco in clisttsrr

nel corso dei secoli successivi, per lo meno nel monachcsitttolatino. Essa infatti d tuttora tenuta in grande onore in oricrtlt',nei grandi centri monastici come il Monte Athos, i nrottrtstt't i

ortodossi romeni e i monasteri copti dell'Egitto.

Page 47: Rigenerati dallo spirito di andré louf

In che consiste oggi questa manlfestazione dei pensieri pres-

so i nostri fratelli orientali? Ecco come si pratica abitualmente

al Monte Athos, per esempio, in un monastero che si poffebbe

dire di stretta osservanza: una volta al giorno, di solito dopo

l'ufficio che conclud e la giornata, il monaco va a trovate il pro-

prio padre spirituale per fargli un resoconto dei propri "pensie-

ri". Non si tratta di una confessione sacramentale, bensi di una

rupida comunicazione di tutti i desideri che si sono manifesta-

ti durante 7a giornata, desideri buoni e meno buoni. Rendere

loghisrn6s con "desiderio" sembra peraltro un'eccellente tradu-

zione, non solo rispetto all'ctimologia antica del termine, ma

soprattutto in rapporto alla pratica attuale della manifestazionedei pensieri. Ccrto, potrcl>bc trattarsi di tentazioni o di peccati

realmente comnte ssi, m.r non I tlttesto I'oggetto primario di tale

manifestazione. Si tratta pirtttosto clei desideri, talora sotto for-ma di progetti concreti, che si affacciano al cuore nel corso dellagiornatae che il fratello vicue scurplice mente a condividere con

l'anziano. Non attende da lLri ui assolttzione n6 perdono, ma

qualcosa di pin fondamentale e anchc di molto pii importante,

indubbiamente: alla fine della comrtnicazione il padre spiritua-le si limita a "benedire" il figlio, poi 1o congeda' Per 1o pitr que-

sto avviene senza altre parole.

Questo scambio non occupa generalmente che pochi minu-

ti, appena due o tre. Altri fratelli d'altroncle attendono in fila(questo avviene talora in chiesa, davanti all'iconostasi). Se vifossero dei rilievi o delle osservazioni da parte del padre spirituale, sarebbero brevi. Ma per lo pii llon ve ne sono. Non si

ffatta peraltro di un vero "discernimento" nel senso stretto del

termine. Mancherebbe il tempo per questo. Del resto il padre

spirituale e il fratello in questione si conoscono a sufficienza-Basta dire, aprirsi. E la comunicazione che d importante: essa

appare efficace di per se stessa, al pari della benedizione che

segue, che conferma cib che b buono e guarisce cid che pud es-

sere stato meno buono. Un tale rito, per chi ha potuto assistervi

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discretamente, a distanza, emafia un clima di grande dolcezza eal tempo stesso di forza. Non ne risulta la minima impressionedi colpevolezza inibittice, ma, al contrario, un sentimento di li-bert) e di gioiosa spontaneith finalmente ritrovate. Evidente-mente d molto importante il clima adatto alla condivisione, mala pratica di quest'ultima B feconda solo nella misura in cui visono rispettate certe condizioni.

Dire questo significa gD in parte rispondere alla domanda cheforse si fa strada nella mente del lettore: ula prutica del generets trasponibile tale e quale in un ambiente occidentale? Ma nonB ancora il momento di rispondere a questa domanda. Bisogner)prima che approfondiamo la struttura di tale pratica, e alla finedi questi sviluppi il lettore avr) trovato egli stesso la risposta.Qualunque essa sia, d da prevedere che sar) tutta a sfumature.Nella nostra cultura religiosa odierna in cui un rito come que-sto, praticato in maniera cosi sistematica, b diventato totalmenteestraneo alle nostre usanze, sarh bene non essere precipitosi nelvoledo reintrodurre. In ogni caso, non bisogner) assolutamenterenderlo obbligatorio. Questo d ovvio. Perch6 una pratica delgenere abbia qualche possibiliti di portare frutti, bisognerebbeinnanzitutto che il fratello o la sorella l'abbiano desiderata libe-ramente. E ,.*pr. possibile parlarne,spiegare come aweniva untempo e come awiene ancora oggiin oriente. Non d neppue op-portuno prcporre loro una prova. E preferibile attendere che na-sca questo desiderio nei loro cuori, ispirato.dallo Spirito santo, inuna grande pace e con una grande libert). E solamente allora chepotrh essere tentata una prova. Ma con pttdenza, e adattandosialla psicologia di ognuno. La cosa, davvero, non d cosi semplicccome pud sembrare a prima vista a chi vi si vuol dedicare cor-r

generosith. Nella maggior parte dei casi questo fratello o (lucsrirsorella vanno incontro a una prova che pud rivelarsi ruclc, rrlrche pud anche portare frutti straordinari di liberazione c cli prrt't..

E evidente, d'alffonde, che i nostri dialoghi di acconrpirgrrrrmento al giorno d'oggi non sempre avvengono a rrn tirlc livt.llo

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di profondit), neppure quelli tra un padre maestro e un suo no-vizio. Ttxtavia, bench6 i nostri partner non arrivino a una ma-

nifestazione cosi sistematica dei loro desideri, avviene di fre-quente che vengano a trovarci per confidarci qualcosa che toccada vicino o da lontano i loro desideri: una preoccupazione, unatensione, una tentazione, fotse anche cib che credono sia unpeccato. Si tratta di confidenze che non sono mai facili da faree che essi non farebbero al primo venuto. All'inizio, peraltro,c'd da aspettarsi che vengano a confidare un po' di tutto, beneo male, poich6 pochi sono subito capaci di operare una cernitain base alle realt)r della vita nello Spirito. Il senso dei valori b

quello che hanno mutllato cla trna certa morale dell'ambientein cui vivono, universalmente riconosciuta dalla cultura del lorotempo, una morale sicrrramente rispettabile ma il cui dinami-smo non E necessariamente c<lnformc in tutto a quello dell'e-vangelo, anche l) dove questa uroralc circostante prescrive, vie-ta, colpevolizza o condanna. Thttavia, almeno in parte, l'accom-pagnatore occidentale si trova indubl>iamcntc a confrontarsi conuna situazione che non d senza analogia con c1-rella del padre

spirituale nella tradizione ortodos s a.

Nei primi tempi in cui si instaura il dialogo, il clima sari diestrema importanza: sari fatto innanzitutto cli ascolto e di nongiudizio. "Non giudizio" significa in questo caso assenza di qual-siasi giudizio, in un senso come nell'altro. Il fratello che vie-ne a confidarsi non chiede n6 assoluzione n6 condanna. A ri-gor di termini, non viene neppurc a cercare un incoraggiamen-to. In questo primissimo momento in cui il fratcllo viene a

confidare il proprio desiderio profondo, sono fuori lr"rogo sia ilperdono, sia la condanna, sia lo stesso incoraggiamento. Rea-

zioni di questo genere sarebbero dunque intempestive poich6,anche se fossero frutto della migliore intenzione, potrebbero in-tralciare la condivisione o addirittura renderla inefficace. Il let-tore avri in seguito l'occasione di capire meglio il perch6. Bastiricordare qui qual d il desiderio pii profondo del fratello che

e6

viene a confidare i propri "pensieri". Prima di ogni condannae prima di ogni incoraggiamento d estremamente importanteper questo fratello che gli sia permesso di esistere di fronte a

un altro cosi come si d appena messo a nudo, cosi com'd e co-me si sente, fosse pure pieno di vergogna, fosse pure roso dairimorsi. Il primo sollievo da offrirgli B il "permesso di esisrere"tale e quale egli d, la possibilit) di esistere dinanzi a noi cosicome si sente, anche se per noi d evidente che si coglie in mo-do non corretto o troppo negativo. Si sente spregevole e odio-so ai propri occhi? Che importa? Qualcuno d lA, di fronre a lui,e 1o accoglie talis qualis, cosi com'd, senza escludere nulla, sen-za nessuna riserva, senza i7 minimo pensiero riposto. "L'a:rrti-co - diceva Saint-Exup6ry - d innanzitutto colui che non giudi-ca". Si potrebbe affermarc la stessa cosa del padre spirituale:"Il padre B innanzitutto colui che non giudica", a immaginedel Padre che d nei cieli, il quale fa sorgere il suo sole sui giu-sti come sui peccatori. Per gli uni e per gli altri egli d Padre, e

nulla pir). Padre del figlio prodigo come del figlio maggiore ri-masto a casa.

Avere il diritto di esistere di fronte a un altro, nell'amore; es-

sere accettato da lui, tale e quale, senza il minimo disgusto, contutti i desideri che brulicano nel cuore: ecco il desiderio di fon-do di colui che viene a confidarsi. AII'accompagnatore, dunque,il compito di ascoltarlo e accoglierlo quale egli B, integralmenre,senza escludere dalla propria accoglienza nessun livello dell'es-sere dell'altro, dal pir) basso al pir) alto, dalla cantina al granaio.Accogliere senza riserve non significa approvare. E davvero pos-sibile accogliere profondamente una persona pur mantenendodelle riserve nei confronti del suo comportamento. "Odiare ivizi, amare i fratelli", ricorda Benedettor. Si tratta proprio diquesto. D'altronde, ancora una volta, a questa tappa del dialogo

I RB 64;r.

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Inon si ff^tt^ ne di approvare n6 di condannare, ma solamente diaccogliere, di dare il permesso di esistere nell'amore. In un cer-

to senso questa tappa d pii importante di quelle che seguiranno,perch6 allaccia il legame che permetter) in seguito alla rclazionedi evolvere portando frutto. Se la manchiamo, non ci saranno

tappe successive, oppure le tappe successive saranno puramenteripetitive dello scenario, e dunque senza profitto per l'uno co-

me per I'altro. Ricadremmo inevitabilmente nel discorso mora-leggiante, ma d garantito che non servirebbe a nulla, nella quasi

totalit) dei casi.Per 1'accompagnatore clLresta prima tappa d piil impegnativa

di quanto non :rppaia a prima vista. Forse si penser) che bastirinchiudersi in un rigoroso silenzio, lasciar pailare l'altro senza

fine, vietarsi scmpolosamcntc clrralsiasi intervento. Cib ts esattosolo in parte, poich6 una "tecnica" del genere costituisce uni-camente la forma esterna dcll'attcggiamento di colui che ascol-

ta. Thcere non basta. Pud avvcnirc ir-rfatti che, pur ascoltando1'altro con attenzione e pur osservauckr uno stretto silenzio, cisia un "parlare" a livello delle visccrc dcll'accompagnatore, sen-

za che questi sia in grado di controllare il proprio discorso inte-riore che di solito, peraltro, B perfettamentc inconscio. Pud suc-

cedere, per esempio, che i desideri che l'altro gli confida, o laveemenza con cui li esprime, lo tocchino molto profondamentee lo turbino. Si sente a disagio, addirittura minacciato, d preso

dalla pava, una pauta assolutamente incontrollabile. k feritedell'altro hanno riaperto delle ferite segrete in lui; non gli resta

che difendersi come pub, e quindi rifiuta violentemente i senti-menti e i desideri che l'altro esprime in sua presenza. Ecco uncaso limite che pud servire di esempio. Si tratta di un fatto real-

mente accaduto. Un prete era venuto a confidare al proprio ve-

scovo la decisione di lasciare il presbiterato per sposarsi, e que-

gli non trovd altra risposta che afferrare il portacenere che stava

lb, davanti a lui, sul tavolo, e tirarglielo in testa. Il gesto d elo-quente. La confidenza di quel prete aveva toccato a tal punto il

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vescovo nelle proprie inceftezze riguardo al celibato, che fu pre-so da una vera e propria vertigine e non pot6 reagire che conquel gesto di panico. Ecco un celibato giustificato e difeso dallasola"forzad'urto". Si ffatta evidentemente di un modo di fare,non sempre efficace peraltro, ma non B certamente la buona no-vella annun ciata dall' evangelo.

Owiamente un accompagnatore un tantino accorto non rea-girebbe come quel vescovo, neppurc se la confidenza dell'altroavesse scatenato un vero trr*rito denffo di lui. t troppo ed.r-cato per affivare a tanto, troppo

^ttaccato alla propria immagi-

ne di buon accompagnatore. Si sforzer) quindi di mantenere ilsilenzio e far) del suo meglio perch6 nessun ratto del suo vol-to tradisca la ripulsa ola paura che prova inreriormente. i gi)qualcosa. Ma non basta. Senza che lo sappia, infatti, e senzache l'altro sia in grado di esprimerlo chiaramente, quegli perce-pir) visceralmente il malessere del suo accompagnatore. E sen-za che questi possa farci nulla. Anche se non proferisce nessu-naparola, anche se non abbozza il minimo gesto, l'altro si sen-tirh respinto, messo in disparte, giudicato. Ogni conversazione,infatti, d per sua natura un luogo di interazione tra la compren-sione viscerale e lo scambio discorsivo; ma la prima ts pii di-retta nei suoi effetti che non lo stesso discorso. Questa formadi comunicazione cosi ricca permette un livello di condivisioneche purtroppo A stato quasi completamente occultato e svaluta-to nella nostra cultura occidentale, mentre in altre culture essad tuttora usata e compresa correntemente. L'uomo dell'estremooriente, per esempio, d culturalmente avvezzo a questo dupli-ce modo di comunicazione. Dice: "Si" con le labbra, ma lasciaintendere un alto messaggio per la via non razionale dell'affet-tivit) profonda. Ogni altro interlocutore che non sia un occi-dentale non si lascia trarre in inganno e decodifica senza faticire senza sorpresa il senso dell'informazione trasmessa. L'occi,dentale, invece, d convinto che si tratti di un discorso clopl'ri.re traduce il proprio disagio in formule sfavorevoli pcr l'olicnrir-

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le o I'africano, tacciandoli di menzogna o di ipocrisia. Nientedi tutto questo: semplicemente, non padiamo e non ascoltia-mo sulla medesima lunghezza d'onda! Il sottosviluppo potreb-be non essere l) dove lo si situa: I'orientale e I'africano padro-neggiano un livello di comunicazione che noi siamo ben lontanidall'eguagliare.

Questa constatazione d di grande portata per il dialogo di ac-

compagnamento. Piir importanti ancota delle parole di acco-glienza o di non gitrdizio saranno i sentimenti, pir) sinceri pos-

sibile, di accoglienza c cli non giudizio che noi "proviamo". Ebene precisare: "piir sir-rccri possibile"; a nulla servirebbe, infat-ti, "fat finta", fosse prrre con le migliori intenzioni. Qui siamoper l'appunto in rrt-r canrpo in crri non possiamo forzare nulla,un campo che sfuggc al nostro potere diretto e in cui la nostracapacitd di provare clipcnclc prirrcipalmente dal contatto che sia-mo stati in grado cli stabilirc c chc "sentiamo" con la sorgentedi vita nel pii profondo cli noi stcssi. Nella misura in cui siamorealmente capaci di accogliere l'altro a cluel livello, con tutto ilpeso di quelle che egli crede siano le stre miserie, una tale ac-

coglienza avrh fin da subito un risultato cstremamente bene-fico. Tirtto il resto non sarebbe che parvenza di accoglienza e

non farebbe che aggiungere una complicazione supplementarea una capacitd di rclazione gi) sufficicntcmente minata.

Per descrivere questo atteggiamento di accoglienza incondi-zionata una scuola recente di psicologia usa il termine "empa-tia". Questa suppone un po' di piil che l'atteggiamento di "neu-traliti. benevola" consigliato da altri teorici del dialogo terapeu-tico. Implica un'accoglienza della persona in profonditi, piil omeno come d stata descritta qui sopra. E proprio perch6 la per-sona d stata accolta in questo modo che potr) prendere I'avvioun'evoluzione positiva. L'empatia non d attiva e operante di perse stessa, ma nasconde in s6 una fotza capace di liberare nel-l'altro un dinamismo che lo f.a camminare verso la guarigione.La migliore descrizione dell'empatia la si ritrova probabilmente

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sotto Ia penna di Paolo, allorch6 descrive l'agipe nella Prima let-teru ai Corinti: d paziente, buona, non d invidiosa, non cerca ilproprio interesse, non si adira, non tiene conto del male, tuttoscusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (cf. rCor r ),4-1).Thnt'd vero che solo I'amore pud guarire.

Come gii si d detto, non basta astenersi dal giudicare e dalcondannare - "dovresti vergognarti", "dovresti smetterla dicomportarti cosi" -, bisogna anche astenersi dal rassicurarc,dall'incoraggiarc, dall'approvare, per 1o meno in questa primatappa del dialogo. Una reazione di questo tipo, infatti, sarebbenefasta quanto quella di giudicare e, in un certo qual modo, for-se pir) nefasta ancora. Probabilmente questa osservazione sor-prender) il lettore. Le ragioni di una tale affermazione divente-ranno evidenti pir) avanti, ma d necess atio aLtirarvi l'attenzionegii fin d'ora. Tanto piil che, se al giorno d'oggi siamo meno ren-tati di colpanolizzare, siamo invece molto pir) esposti, per rea-zione in senso contratio, alla tentazione di scusare e di rassicu-rare. Molti accompagnatori o confessori danno talora I'impres-sione di passare la maggior parte del loro tempo a dispensare"buone parole", del tipo: 'Al giorno d'oggi (sottinteso: dopo ilVaticano II) questo non d pir) ritenuto peccato; del resto lei nonavrebbe avuto il tempo di acconsentirvi; sicuramente lei nonera pienamente libero, n6 perfettamente cosciente; eccetera".Parole che a prima vista possono apparire rassicuranti e pacifi-canti ma che in realt) non sono veramente liberanti, poich6 ri-mandano sempre f intedocutore alle categorie del permesso e

del proibito, facendogli credere che, nonostante tutto, d in re-gola, e di conseguenza meritevole della nostra stima e del no-stro amore. Rassicurandolo in tal modo, non si fa che ruftoruarc1o schema inconscio di cui soffre da cosi lungo tempo, e ciod lasupposizione che per essere degni di stima e di amore bisognaessere "in regola". Ogni parola che andasse in questo senso nonsarebbe che un buco nell'acqua, anzi non farebbe che consoli-dare il suo malessere e il suo blocco.

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D'altronde l'intedocutore non b per nulla venuto a chiedereun certificato di buona condotta, anche se talora pud dare que-

sta impressione. Non appena l'accompagnatore si dh da fare perrilasciargliene uno, non b pir) in grado di aiutarlo veramente.Ancora una volta: cid che l'altro desidera profondamente, cibcui aspira inconsciamente, ma con tutte le forze, B di essere ri-conciliato con se stesso, e pii particolarmente con quella zonapiir oscura e pit confusa di s6 in cui non discerne che ferite,torti e colpe. Ora, l'unica via che gli resta per aprirsi a questariconciliazione d la relazione che sta per intessere con l'accom-pagnatore. E .o-. se, inconsciu-..rt., gli dicesse: "Oh, se al-meno tu potessi accogliermi cosi come sono, e continuare adamarmi nonostante tutto cid che ti confido!".

Attraverso questa domanda muta 1'altro si rivolge, in fondo, aDio in persona. Il compito pir) importante dell'accompagnatoresari in definitiva quello di accogliere l'altro cosi come Dio loaccoglie. Dio non ci dice mai: "Ti amo perch6 sei bello", ma:"Ti amo perch6 sei tu, chiunque tu sia e quali che siano i tuoipeccati e i tuoi torti". Ecco I'unico atteggiamento, al di la diogni parola, che possa pacificare I'altro e riconciliarlo con le zo-ne pir) oscure della sua personalit), che gli fanno vergogna opauta: un'accoglienza incondizionata, sinonimo di amore. Unamore cosi, quando b vero, quando scaturisce dal pir) profondodel nostro essere, ts pit che sufficiente. Ogni parola che vi si

aggiungesse sarebbe semplicemente di troppo.Trovare una tale misura nel proprio atteggiamento nei con-

fronti della confidenza dell'alro d qualcosa che impegna pro-fondamente colui che ascolta e pub diventare per l'accompagna-tore I'occasione di una presa di coscienza dolorosa delle crepedella propria psicologia. Una presa di coscienza che pud dive-nire estremamente feconda a77a ltnga. Ma ritorniamo al caso

limite del superiore ecclesiastico che tira un portacenere in te-sta al presbitero che viene ad annunciargli il proprio abbandonodello stato clericale: contrattaccando con una tale violenza egli

tradisce la propria angoscia di fronte allaferita che gli b appenastata tivelata nell'altro. Ma, attenzione! L'accompagnatore che,anzichl contrattaccare in tal modo, non cercasse altro che rassi-curare, si troverebbe esattamente nella medesima situazione delprimo. Cambia solo la tattica adottata. A sua volta, con questosuo bisogno di rassicurare, prova che non d in pace neppr"rre luicon i propri desideri. k buone parole che egli prodiga all'altrogli servono attanqulTlizzare se stesso, oltre che a rassicurare co-lui che intende accompagnare. Neppure lui d veramente in gra-

do di ascoltare e di accogliere cid che l'alro viene a confidargli.In entrambi i casi l'obiettivo inconscio B lo stesso: fermarc a

ogni costo la messa a nudo delle ferite del partner. Differisco-no solo le tattiche adottate: in un caso si tira un portacenere intesta all'interlocutore, nell'altro si occulta la sua ferita profondae se ne minimizzala gravitd, annegandola in un fiume di circo-stanze attenuanti. L'accompagnato uscir) dal dialogo in rivolta,come nel primo caso, oppure momentaneamente tranquilliz-z^to, m senza che il problema di fondo sia stato minimamen-te affrontato. In un caso come nell'altro il dialogo si rivela fal-limentare.

L'ascolto e l'accoglienza incondizionata dell'altro nel dialo-go, l'empatia, possono spingersi infinitamente pir) lontano. Pro-viamo a ritornare un attimo a quanto d stato detto nel capitoloprecedente a proposito della situazione di transfert in cui ac-

compagnatore e accompagr'ato si trovano implicati insieme. I-osi voglia o no, il transfert c'd, lo sappiamo. Ora, l'accompagn^-to non pud non servirsene per ripetere, all'interno del transfert,lo scenario quale d stato descritto pir) sopra. l,o far) assegnan-do un ruolo ben preciso all'accompagnatore: quello di padre, dimadre, di amico, di amante, ecc. Cosi facendo, egli di peraltrola prova che in un primo momento l'ascolto ha funzionato cor-rettamente. E stato un ascolto che "ha lasciato dire", cosicch6lo scenario, abitualmente dissimulato sotto le repressioni e i tra-vestimenti pir) svariati, d potuto emergere. Come abbiamo vi-

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sto, questa d un'occasione favorevole, ma iI ruolo dell'accompa-gnatore sifa a questo punto piir delicato da gestire.

La sua posizione, infatti, appare paradossale: egli ts in paritempo colui che ascolta a distanza e colui che fa parte dello sce-

nario, colui che mosra neutralit) e colui che d implicato fino al

collo in un ruolo. Egli deve tuttavia mantenere a ogni costo le

distanze, fino a farsi quasi assente. Nel ruolo che I'accomp^gfia'to gli assegna all'interno del proprio scenario non c'd, per cosi

dire, strettamente nessuno. Ma questa assefiza deve al tempostesso manifestare una presenza, poich6 il rifiuto dell'accompa-gnatore di entrare nel ruolo che lo scenario vuole assegnargli si-

gnifica piil profondamerltc che c'b pur tuttavia qualcuno. Que-sto qualcuno, perd, I talmentc consistente e reale che rifiuta dilasciarsi ridurre al ntolo prograntmato in precedenza dallo sce-

nario. E chi rifiuta, pcrch6 lo [a-/ Semplicemente perch6 ama.

Ama non di quell'amore narcisistico che l'accompagnato vor-rebbe ricevere a proprio vantaggio tramite lo scenario e il tran-sfert, ma di un amore "altro", l'ltnico vefo, ancora ignorato dal-

1'accompagnato.Il ruolo che l'accompagnato attribr-risce all'accompagnatore

all'interno del proprio scenario pr,rd esscre positivo o negati-

vo. L'accompagn torc diventer) tutt'a un tratto o sommamente

amabile o perfettamente odioso, e talvolta le due cose di segui-

to, a brevissima scadenza. Bisogna al tempo stesso accogliere

questo ruolo e mai soccombervi. In ogni circostanza, colui che

ascolta rester) imperturbabile. Se d oggetto di amore, non pren-

deri per s6 l'amore offerto. Se b oggetto di odio, sar) da parte

sua senza odio e senza turbamento, costante e imperturbabilenel proprio atteggiamento. Un atteggiamento che sar), moltosemplicemente, di prossimith nei confronti di colui che vive,con lui, un passaggio, una pasqua, molto faticosa. Essere imper-turbabile non vuol dire essere indifferente . Anzi, E necessario

piir che mai quell'amore particolarissimo che d immanente al-

l'ascolto e al ruolo dell'accompagflatote, che ne costituisce ad-

]io4

dirittura il fondamento segreto, e senza il quale l'ascolto reste-

rebbe senza frutto. E di tal. amore che l'ascoltato si nutre perpassare all'altrariva, verso la quale lavita, finora bloccata in lui,1o chiama.

Come si vede, l'ascolto-accoglienza cosi inteso supera 1'ascol-

to puro e semplice, I'ascolto che si suppone "neutro". Esso nond mai interamente "neutro", come vorebbero certuni. Ma, an-

cora una volta, cib non significa che chi ascolta soccombe al

ruolo che gli si vorrebbe far svolgere all'interno del transfert.Egli deve semplicemente accogliere e, una volta fatta questa ac-

coglienza, quando b venuto il momento, prende la risoluzionedi sottrarsi. Sviluppa cosi una forma particolarissima di presen-za, che d in grado di spezzare la malia fatale dello scenario incui I'accompagnato vorrebbe trascinarlo. Si, egli b presente, main quanto "altro", con tutta la consistenza del suo essefe auto-nomo, libero e pienamente responsabile. Scrive Maurice Beilet:"E certo che l'ascolto in questo caso supera l'ascolto banalmen-te inteso. Ascoltare significa essere nel dramma, forse estremo,vissuto da colui o colei che d l); esserci come se non ci si fosse.

Ascoltare significa allora darc un altro posto"2.E proprio l'incontro nell'ascolto, dunque, ma al di th del-

l'ascolto - bisognerebbe forse dire, meglio: "nel pii profondodell'ascolto" -, d l'incontro tra una certa qualit) di essere del-l'accompagnatore e 1o scenario dell'accompagr,ato che permettedi aprire un'alffa storia a quest'ultimo, a condizione che accettidi "passare" all'altra riva. Ascoltiamo ancora la testimonianzadi Maurice Bellet: "In tutto cid l'ascolto eccede l'ascolto e chiascolta si trova imbarcato in un'avventura dove conta cid chcegli d... E questo che agisce, attraverso il suo silenzio accoglicn-te e la sua parola ascoltante. Non B lui il protagonista, in tttttocid che si d ora evocato. Anzi, non ne i neppure coscientc. (liir

'?M. Bellet, L'dcoute, Paris r989, p. rr8.

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avviene... E du q.r.rt, riva che pub farso il suo ascolto - per dire che passare

segno - proprlo attraver-d possibile" 3.

Ascoltare i desideri

Cerchiamo ora di individuare pit in dettaglio alcuni effettidi questo ascolto, soprattutto in relazione all'accompagnamentospirituale. Poich6 l'elemento primario e pir) abituale di que-

st'ultimo B l'apertura clel cuore o la manifestazione dei desideri,proviamo a vedere pcr priuta cosa cluali possano essere le con-

seguenze di un siniile ascolto sr.l (luesto mondo relativamentecomplesso che sono i nostri clcsiclcri.

L'ambito dei nostri desideri o clclle tcndenze che ci abita-no d particolarmente delicato da affrontirre . Ognuno presagisce

vagamente che la realt) piir profoncla e piil importante sfug-ge al suo dominio cosciente: cid che conoscc di essa non B che

la punta visibile di un iceberg la cui parte nascosta d ancor pitsornionamente minacciosa di quella chc cgli crede di scorgere

e che osa affermarc. I trattati classici di n-rorale o di ascetica

e mistica aff.rontavano il problema in manicra necessariamenteasttatta. Desideri, tentazioni, tendenze erano descritti, classi-

ficati. Si cercava di regolarli all'interno di prescrizioni e divieti,e questi talvolta erano anche "tarif.fati" a seconda della gravith, che talora eru chiamata anche "perversit)". Ma ci si guar-

dava bene dal calarsi nel concreto, rimboccandosi le maniche,se ci si pub esprimere cosi. Come si b gi) ricordato sopra, si in-ventavano persino dei personaggi immaginari e li si caricava deidifetti o dei peccati in questione. Raramente si trattavano casi

) lbid.,p. tzo.

ro6

reali, che sarebbero stati di ben altra complessith e scomodit).In una parola, non ci si sporcava Ie mani. Fino a un'epoca moltorecente, le parti dei trattati di morale ritenute pir) delicate era-

no scritte unicamente in latino e insegnate in quella medesima

lingua, talmente le parole di tutti i giorni parevano una minac-

cia o erano viste come assolutamente sconvenienti per descri-

vere certi fatti. Gli stessi corsi erano per prudenza titatdati al

limite del ragionevole: attorno all' antivigilia dell'ordin azione.Nei seminari francesi questi corsi erano chiamati "diaconali",poich6 erano strettamente riservati ai diaconi. Era un ritardoche rispondeva a un oscuro bisogno di proteggersi? Forse. In-dubbiamente ci si rendeva anche pit o meno conto che un enun-

ciato di morale, pur restando necessario per molte ragioni, nonpossiede nessuna autentica presa sulla realt) dei desideri. La

sua efficacia d in effetti limitata, e addirittura contestabile, dalmomento che un tale enunciato rischia di produrre effetti per-

versi, non appena d sentito come repressivo, o colpevolizzante.

Come spesso B accaduto, purtroppo.Il mondo dei desideri non d un mondo chiaro e semplice. I

nostri desideri vi si aggrovigliano in un modo complesso e sottileche bisogna saper guardare con un certo umorismo. Essi sem-

brano sdoppiarsi, trascinarsi a vicenda, dissimularsi dietro altridesideri. Un desiderio pud nasconderne un altro, all'infinito.Per di pir) noi siamo vagamente coscienti di ignorare i nostridesideri pii segreti. La nostra cultura ha fatto sufficientementeproprie le principali acquisizioni della psicanalisi, cosicch6 noisiamo non poco irritati allorch6 un lapsus qualsiasi - parola ogesto "mancat7" - sembra tradire in noi dei desideri che nonoseremmo a nessun costo ammettere, neppure a noi stessi.

Il motivo di tutto questo d semplice: non solo questi desidcrisono difficili da identif icare, ma sovente sono tali proprio per-

ch6 sono difficili da ammettere. Il mondo dei nostri desiclcri

infatti suscita in noi una folla di altri sentimenti che faccittnr,r

fatica a controllare. In testa a questi sentimenti vengono lrt vc,r-

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I

gogna e il senso di colpa. Se c'd un ambito in cui il senso dicolpa regna sovrano, d per l'appunto quello dei desideri. Perch6l'apertura del cuore e 1o stesso sacramento della riconciliazio-ne risultano cosi difficoltosi a parecchie persone? E perch6 visi sentono particolarmente esposte alla tirannia di queste vergo-gne che pesano su di loro al punto da deformare gravemente ilsignificato dei loro desideri e dei loro atti. Abbiamo a che farequi con un ambito in cui colpa, peccato, senso di colpa, deside-ri, tentazioni, cattivi pensieri si ffovano particolarmente aggro-vigliati. Poich6 costituiscono il terreno privilegiato dell'accom-pagnamento spirituale, vale la pena che ci si soffermi un poco.

In realt) il discernimento tra il bene e il male non B semprefacile da operare. Non il male oggettivo, a proposito del quale,come si b detto, la teologia morale d in grado di dire cose vali-de, bensi il male soggettivo, il male di quella persona concreta,e la responsabilit) individuale che vi si trova coinvolta. In que-sto campo si impone una prudente presa di distanza prima digiudicare. Come dice il titolo di un libro che ha gi) i suoi annima d rimasto famoso, "le virtr) dei vizi e i vizi delle virtr)"a esi-stono, eccome. Il vero bene di una persona non ts infallibilmen-te quello che si presenta con questa etichetta, poich6 un deside-rio deformato o ripiegato su se stesso pub benissimo travestirsida bene e apparire come tale a un primo sguardo superficiale.Cid vale tanto per il bene quanto per il male. Quest'ultimo bancor pii difficile da smascherare, in ogni caso molto piir diffi-cile di quanto certi censori dei costumi lascino intendere. "I1male pud travestirsi da bene", si dice; e "un lupo pud travestirsida agnello", ricordava Gesri (cf. Mt 7,r5). Ma bisogna andareoltre. Si pud dire che qui sulla terra, diero ogni apparenzadimale, si nasconde un bene. Intendiamoci, si tratta per l'appun-to di un'appatenza di male, o di un male parziale. Sarebbe pen-

a P. Chauclrard, Vitcs dcs ucrtus cl ucrtus tlcs uices, Paris r96; cf . A. Berge, ks ma-ladies de la ueftu, Paris t96o.

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sabile, del resto, incontrare il male assoluto tra uomini o in unuomo? Il male allo stato assoluto non esiste quaggiil. Se esiste

da qualche parte, d all'inferno. Tra uomini, in un uomo, nienteB cattivo in modo irrecuperabile. In ogni uomo, per quanto sfi-gurato possa apparire allo sguardo, sussiste un bene che d sem-pre importante liberare e valorizzare. l,o stesso si dica dei suoidesideri. Sotto i desideri e i bisogni piir strani, a volte piir "ro-camboleschi", si nasconde sempre un bisogno vero, un deside-rio talora profondo e assolutamente vitale. Questo desiderio, disolito, non B stato valorizzato e onorato quando sarebbe statonecessario. E stato invece represso, rimosso. Oggi attende an-

cora di essere liberato, e forse anche di essere esaudito.Il male, si diceva, sovente non B nient'altro che un bene o un

desiderio travestito. Ora, se vi d male, almeno psicologicamen-

te parlando, esso si situa precisamente in questo travestimento.Non d mai nel desiderio preso in s6, che d sempre fondamental-mente buono. Parlare di certi desideri che sarebbero essenzial-

mente "buoni" e di altri desideri che sarebbero essenzialmente"cattivi" significherebbe mutuare uno schema manicheo e sup-porre che esistano, nell'uomo, un principio e delle forze che

non verrebbero dall'unico Creatore. Ora, se il male provvisorioconsiste quaggir) nel travestimento o nella distorsione del desi-derio, sar) importante sbarazzare quest'ultimo dal suo travesti-mento, raddrizzare questa distorsione che 1o snatura. Se una ta-

le operazione potesse riuscire - non lo d mai interamente -, cidche resta allora del desiderio si confonderebbe con il bene. Ordunque, il bene che si nasconde diero il desiderio apparenLc:-

mente "cattivo", questo bene merita sempre di essere preso irtconsiderazione e onorato nel suo giusto valore. Di pir): cid clrcvi b di bene in questo desiderio merita di essere esaudito, irr

ttttala misura in cui B ancora possibile.Non ci sono desideri essenzialmente cattivi o chc s,trcblrt'n,

unicamente il risultato di un'azione diabolica. Sc i clcsitleli si

presentano a volte sotto forme un po' stfane o spit'tgtltrtl il ('()tlt

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portamenti che con tutta evidenzahanno qualche legame con ilcosiddetto peccato, d semplicemente perch6 non sono bene "aposto", d perch6 sono "male ordinati" (direbbe Bernardo). Ora,f insieme dei desideri non pud essere ordinato e messo a posto

- potremmo dire anche: "strutturato" - se non dall'amore. Soloun amore vero ordina i desideri. E se la maggior parte delle per-sone, per non dire all'incirca tutte, soffrono di desideri che ri-tengono "disordinati", d perch6 noi siamo degli esseri pii o me-no feriti, degli handicappati dell'amore.

Ogni desiderio pud diventare pericoloso unicamente nella mi-sura in cui non d stato orclinato da un grande amore o non d

stato sufficientemente esar.rdito nel piii profondo dell'essere uma-no; nella misura, inoltre, in cui, per cosi dire, ha fatto "gruppo a

parte" e ha potuto intraprenclere una corsa indipendente e unpo' folle, alf interno dello psichismo; nella misura, soprattutto,in cui serve da travestimento a un clesiderio pit profondo, a undesiderio vitale che non d mai stato ancora preso sul serio e ono-rato come meritava. Invece, una volta che si b messo a nudo ildesiderio fondamentale - che d sempre desiderio di un assolutod'amore - con la sofferenza della frustrazione inerente al suonon esaudimento, una volta soprattutto che qLresto desiderio ts

stato valorizzato ed esaudito, per quanto d ancora possibile, imille piccoli desideri apparentemente cattivi che gli servivanoda esca perdono il loro potere di fascinazione e non sono piilprovati come una "vertigine" quasi irresistibile o come "perico-losi", contrariamente a quanto sembravano essere prima.

Come pub il desiderio fondamentale essere ancora esauditoin tutta la misura del possibile, come si d suggerito? E qui chelaforza di amore - questo "strano amore" di cui parlava Mau-rice Bellet' - che si manifesta all'interno della relazione di ac-

compagnamento deve svolgere pienamente il suo ruolo, un ruo-

t M. Bellet, L'dcoute, p. tz7.

IIO

lo che si pud chiamare "di guarigione" o "terapeutico". Se, trauomini, il male troppo spesso non B che un bene "sfasato", undesiderio buono ma travestito, b perch6 quest'ultimo non E an-cora stato sufficientemente esposto al calore di questo sole chia-mato amore vero. Solo il calore di un amore vero B capace diruddrizzare a poco a poco la distorsione del desiderio e di per-mettere al vero bene di manifestarvisi. E infatti il bisogno diamore che ordina tutti gli altri desideri, poich6 tutti i desiderisi riducono un giorno a quella che ts la loro fonte permanente:questo desiderio pir) profondo in ogni uomo, che ts il bisognodi essere pienamente e incondizionatamente accolti nell'amore.Solamente una certa pienezza di amore d in grado di sffutturaretutti gli altri desideri e di metterli al loro vero posto.

E l'esperienzadiuntale amore, inoltre, ed essa sola, che ren-der) possibile, un giorno, una rinuncia feconda e fruttuosa. Euna conseguenza che ci interessa direttamente, perch6 il campodella rinuncia a certi desideri fa pate della zona di competenzadel discernimento e dell'accompagnamento spirituale. Una per-sona indotta a rinunciare prematuramente a certi desideri anco-ra male ordinati, aggrovigliati tra loro e che servono ancora datravestimento o da esca ad altri desideri ben pitr vitali e impor-tanti, rischia, con una rinuncia del genere, di rimuovere ancheil bisogno vitale che si nasconde dietro a essi. Se questi desi-deri, peraltro, appaiono cosi affascinanti o cosi minacciosi, d

perch6 in essi si cela qualcos'altro di ben pii importante; soven-te qualcos'altro a cui nessuno pub, strettamente parlando, ri-nunciare senza correre gravi rischi. Nel caso di una tale rinuncia"prematura", la persona in causa non E aflcora in grado di rinunciare in tutta verit). Anzi, con il pretesto della rinuncia, ri-schia di amputarsi. A sua insaputa e nonostante una reale gene-rosith, essa "scotomizza" - per usafe il termine tecnico - Llnir

parte fondamentale del suo essere. Il risultato di una simile ope-razione, malgrado le buone intenzioni di cui si fa sfoggio e ilfervore che vi si dispiega, resta di fatto altamente aleatorio, pcr

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non dire francamente dubbio. Il desiderio vitale cosi rimossocontinueri a lavorare nell'inconscio e non tarder) a riapparfuesotto altri travestimenti, in forme semprc pir) sottili o ridicole.Fintanto che il desiderio vitale non avrh saputo distaccarsi daisuoi travestimenti accidentali, e tutti gli sforzi della persona si

concentrano sui travestimenti anzich€ sul fatto di ascoltare, ri-conoscere e accogliere il proprio desiderio vitale, quest'ultimocontinuer) a esercitare la sua pressione e addirittuta aprovocaredevastazioni tramite i travestimenti.

Nel caso, invece, di una rinuncia veramente positiva, d il con-trario che avviene. Questa presuppone che si sia innanzituttolasciato affiorare il desiderio alla coscienza e che se ne sia pre-

sa conoscenza, pacificamente e oggettivamente. Quale che sia,questo desiderio non d mai "cattivo", ed d bene che lo si possaguardare infaccia, tranquillamente, senza pautama anche sen-

za nessuna temerariet), che 1o si possa riconoscere come pro-prio, come facente parte di se stessi ed eventualmente della pro-pria crescita, qualora la persona in questione scegliesse di esau-

dirlo. In un certo senso, la persona avrh bisogno innanzituttodi essere pienamente riconciliata con questo desiderio. Nellamaggior parte dei casi cid non potr) effettuarsi se non sotto losguardo di un altro, purch6 sia uno sguardo di amore; di un al-tro che accolga, autotizzi, prenda in considerazione, confermi,senza condizioni. L'aver guardato questo desiderio insieme, conuno sguardo d'amore, permetter) di stanare tutto cid che na-scondeva ancora in s6, a sua insaputa, tutte le storture e i ripie-gamenti. L'amore che questa persona ha cosi sperimentato pudruddrizzare a poco a poco le contorsioni del desiderio, sffapparela maschera, liberare un bisogno di amore molto pir) fondamen-tale, che nessun travestimento poteva esaurire o onorare, e checomunque d chiamato a essere esaudito, un giorno, al di lh ditutto cid che essa per il momento pub desiderare coscientemen-te; un bisogno di amore che, nella misura del possibile, meri-ta, gld sin da oggi, di essere esaudito. Di colpo, il desiderio su-

perficiale perde il suo carattere affascinante, compulsivo, irresi-stibile. Se la vertigine del desiderio, infatti, d cosi forte, d per-ch6 questo si b identificato con un desiderio piir vitale che , dalcanto suo, B propriamente irreprimibile. Non appcna clrrcst'ul-timo B stato liberato e sufficientemente esarrclito, diventa pos-sibile, anzi relativamente facile, rinunciarc in pacc al clcsiclcricrsuperficiale , sefiza farsi male. Si d ormai capaci di rinunciarcsenza mutilarsi o distruggersi. Poich6 si rinuncia cosi per amo-re, o per un inizio di amore, lo si pud fare nella gioia, e nel con-tempo crescere in umanit). Sono sempre l'amore e la gioia checomandano la rinuncia. La forma di amore a cui una personarinuncia Tatenta realmente - perch6 no? -, ma essa pud tuttaviarinunciarvi in piena libert), avantaggio di un amore provato co-me pir) urgente, poich6 il primo non la affascina pir) cosi tanto:ha perso il suo carattere compulsivo, poich6 il desiderio vitaleche si celava dietro a esso d esaudito altrove, e in manierainfi-nitamente pir) gratificante.

Fred Blum cosi commenta Ie parole di Gesr) in Mt 16,24-26sulla necessit) per il discepolo di Gesi di perdere la propria vitaper trovarla:

Queste parole sono paradossali: perdere per trovare, riceveredonando. Perch6 un consiglio del genere possa avere un sen-so, bisogna prima aver trovato cid che ci d chiesto di perdere.Impossibile perdere cid che non possediamo. Bisogna innan-zittttto che sviluppiamo un "io" sufficientemente forte e checi troviamo sulla srada di un'autentica crescita di noi stessi,prima di essere in grado di prendere la nosta croce per segui-re Gesil. Fintanto che queste condizioni non sono rcalizzate,noi ... non potremo mai trovare nulla perdendo. E necessari<rche abbiamo raggiunto una tappa del nostro sviluppo in crri... ci sia possibile ftovare il nostro vero "io" perdendo trrttcle tendenze e qualit) che sono incentrate sull"'ego" anziclr(.essere incentrate sull"'io" autentico. Il modo in cui l'irrvitoa "perdersi" d stato compreso nell'epoca vittoriana, c s()ven

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te ancora al giorno d'oggi, era tragico, e produceva spesso

esistenze ruttrappite anzichl pienamente reaTizzate. E satta-

mente il contrario di cib a cui si credeva di mirare. k radicidi questa tragedia affondano in una concezione dell'egoismoe dell'altruismo che non faceva distinzione traT'io autenti-co" e l"'io superficiale" ... Essa riteneva dunque che un in-teresse per la propria crescita personale fosse in opposizionea un interesse per gli almi. Si proponeva quindi una scelta

esclusiva, autaut, e non l'esperienzadiun dare che B nel con-

tempo un ricevere - paradosso che gid era stato espresso nellarichiesta della Bibbia di amare il prossimo come se stessi (cf.

Mt zz39) -. Bisogna che noi amiamo noi stessi rispondendoin verid all'appello di sviluppare tutte le possibilit) che Dioha messo in noi, perch6 diveniamo il genere di persona che

egli ha voluto che noi fossimo. Ecco, d questo il fondamentodi un amore che si d), e attraverso il quale noi, anzich6 per-dere donando, riceviamo piii di quanto diamo. Il dare agli

altri"da77'abbondanza del nosffo cuore" ci aricchisce arric-chendo gli altri. Un tale amore d il sigillo che autentica laverit) della nostra umanit), il test decisivo della salute6.

Gli unici criteri di una rinuncia feconda sono l'amore e lagioia. E prima di tutto la gioia, perch6 essa sgorga dall'amoree non pub pii distaccarsene. Questo B anche il criterio ultimoposto da Benedetto per permettere a un monaco di aggiungere

qualcosa alla propria ascesi abituale durante la quaresima: che

sia capace di farlo nella gioia dello Spirito santo, "cum gaudio

sancti Spiritus offerat Deo" 7. Solamente la nostra gioia pir) pro-

fonda permette un vero discernimento dei nostri desideri. Soloessa pub autenticare la rinuncia.

6 F. Blum, Dcpth Psychology, pp. z7-28.

'1RB 49,6.

ar4

DUE ISTANZE INTERIOITI:IL CENSORE

Ci stiamo ormai inoltrando nella strategia concreta, per cosidire, dell'accompagnamento spirituale. Dopo aver preso cono-scenza della situazione di transfert, dei suoi rischi e delle suepossibilit), abbiamo analizzato le qualit) di accoglienza e diascolto che devono presiedere a ogni apertura del cuore; ascoltoattento, talmente denso, talmente cafico di presenza e di amoreda diventare attivo, efficace. A questo punto dell'analisi saran-no oggetto di una descrizione dettagliata due componenti del-l'accompagnamento spirituale, due elementi che intervengonotanto nell' accompagnatore quanto nell' accomp agnato. Essi fan-no intrinsecamente parte dello scenario dell'uno come dell'al-tro. Percib interferiscono immancabilmente con la situazionedi transfert all'interno della quale ha luogo il dialogo di accom-pagnamento. Essi esercitano una certa "autorit)", uno strano"potere", quasi sempre inconscio, sullo psichismo di ognunodei due. Questa particolarith fa di loro delle istanze reali. Perusare delle immagini, questi due elementi o istanze si presenta-no a noi come un "censore interiore" e uno "specchio interio-re". Come si vedr) pir) avanti, queste due istanze sono vicinel'una all'altra, si comandano a vicenda, ma non si identificanointeramente, dal momento che i rispettivi ruoli rimangono ingenere ben distinti nell'evoluzione di una psicologia concreta.

Al pari della situazione di transfert e dello scenario, clucstcdue istanze non costituiscono per nulla delle "anomalie" cli cui

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bisognerebbe sbarazzarsi. Al contrario, sono strutture normali,

inerenti a ogni psichismo sanamente costruito, senza le quali

nessuno potrebbe vivere o respirare psichicamente' Soio che illoro p.ro .rrentuale o il ruolo che finiscono per assumere.abusi-

urln.rrr. possono, in certi casi, diventare talmente esorbitanti

d,a f.ar si ch. esse arrivino a perturbare I'evoluzione normale

della persona. Pii che di una perturbazione, in certi casi estre-

mi, ma non eccezionali, pub trattarsi di una vera e propria pa-

ralisi dello psichismo che, salvo un miracolo della grazia sem-

pre possibile, ritarda o compromette gravemente la crescita spi-

iituale. E irrdirp.rrrabile non solo conoscere la loro esistenza,

ma anche avere di esse una certa esperienza concfeta, in se stes-

si come negli altri. A nulla serve riuscire a "sorprendere in fla-

grante delitto" il proprio censore o il proprio specchio interiore

oppure quelli dell'interlocutore.E questo tanto pir) che - bisogna ridirlo con insistenza -,

ul puri del transfert e dello scenario, queste due istanze inter-

f.rir.ono continuamente nel dialogo spirituale, e ugualmente

nell'ascolto, anche se noi vorremmo che questi ultimi fossero

obiettivi e distaccati. Inutile nascondercelo: quando pretendia'

mo di accogliere le confidenze di un alro, noi compiamo una

sorta di ,.uiro e penetriamo nel territorio che d abitualmente

riservato a queste due istanze; d il loro luogo proprio, nel senso

stretto del termine, e su di esso hanno la pretesa di esercitare un

tranquillo dominio, per non dire un'autentica tirannia' Deside-

ri, tentazioni, atti buoni o cattivi, onest) o disonesth, virttt o

,riri, q.,.rt" due istanze sanno perfettamente di c6e si tratta, e

non possono che reagire pii o meno violentemente, pii o meno

sottilmente, ma il pit delle volte molto efficacemente, contro

l,indebita intrusione di un terzo interlocutore che si vorrebbe

accogliente e si dice "neLttro" dinanzi a un ambito che esse han-

no gi) da tempo classificato e giudicato.

Queste due istanze possono svolgere un ruolo analogo quan-

do si tratta di Dio, o piuttosto dell'immagine che ognuno si b

rl.6

costruito di Dio e che sovente non B altro che un "idolo" pir)o meno riuscito, alla cui elaborazione esse hanno collabora-to attivamente. Si tratta dei nostri "falsi ddi", e bisogna sa-

pere che, si, esistono realmente per noi, e non d facile farlisloggiare. Sono idoli fabbricati dal nostro inconscio "a iurma-gine e somiglianza" di cid che noi siamo, ciod clell'rronro. Ttrt-to questo prende corpo dunque in un fenomeno di proiezio-ne che mima sotto forma di antitesi la creazione dell'uomo daparte di Dio. Siccome queste due istanze tengono molto al lo-ro ruolo o, meglio, siccome noi ci teniamo molto senza saper-lo, uno dei problemi fondamentali di ogni ascolto di accom-pagnamento sar) quello di identificarle e di neutralizzarle nelmiglior modo possibile. Il vero Dio, infatti, si trova al di l)o al di qua di questi idoli, mai al posto che essi occupano abu-sivamente.

II censore interiore

La prima istanza che incontriamo sul nostro cammino d statachiamata il "censore interiore". Questi non e senza connivenzacon i nostri idoli, perchd anch'egli si situa ed entra in azioneproprio in quello spazio in cui noi siamo chiamati a restare inascolto di colui che abbiamo chiamato il "Maestro interiore".Ma chi E, o che cos'b questo "censore interiore"? Nell'incon-scio di ognuno di noi si b operata, sin dalla primissima infanzia,una sorta di cristallizzazione delle tracce e degli echi lasciati daogni autorith che si d esercitata a nostro riguardo. La psicologiala chiama "super-ego" o "super-io" ,istanza interiore che svolgcun ruolo importante non solo nella vita di ogni essere umAno,ma anche nell'elaborazione progressiva di una cultura conrrur('e della morale che ne consegue.

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I

Questa cristallizzazione B il frutto di un processo complesso,poich6 vi si trovano come raggruppati ogni sorta di echi: l'ecodegli ordini e dei divieti che ci sono stati rivolti; l'eco delle pu-nizioni di cui siamo stati oggetto; l'eco delle colpe di cui siamostati accusati. E evident. .hi questa istanzainteriore mantieneun legame particolare con i ricordi inconsci che ognuno ha con-servato di suo padre, soprattutto se costui ha svolto il ruolo cheun padre svolge normalmente nella vita del figlio, se ciod gli hadettato di persona i primi divieti importanti e costitutivi dellasua personalit). Si tratta di un fenomeno non solo normale, maaltamente auspicabile. Il padre qui si rivela pienamente padre, e

latraccia del divieto, se questo d accolto e assimilato nell'amo-re, segner) per sempre la psicologia del figlio.

Le tracce dell'autoriti patetna non sono le sole determinanti.Altre autoriti si sono succedute a quella e hanno continuato a

plasmare f identit) particolare del censore interiore. E quurrtoavviene innanzitutto per il ruolo della madre che, in una certamisura, ha potuto soppiantare nel suo ruolo un padre piil o me-no scialbo. C'd inoltre tutto cid che un giorno ha preso forma diautorith nella vita del bambino e dell'adolescente: insegnanti,educatori, presbiteri e direttori spirituali, padre maestro, supe-riori religiosi, eccetera. Ormai tutto cib che nella vitaha a chefare con la virtr) o con il vizio, con la correzione esterna o con labuona cteanza, si trova praticamente sotto il controllo, inconscio,beninteso, del censore interiore. E lui che, ancora oggi, vietacerte cose, ne valuta altre ("questo B buono", "quesdo d catti-vo"). tlora impedisce di agire, si adopera per far fallire, oppu-re minaccia, alimenta la paura. Arriva anche a punire, a rifilarequalche bello schiaffo morale. Soprattutto sapr) suscitare e ali-mentare certi sensi assai vivi di vergogna e di colpevolezza.

Prima di essere attivo in ognuno di noi, il censore interiore1o d anche nella cultuta dell'ambiente e nella morale che questa

secerne. Inolme, prima di essere sotto il controllo del propriocensore interiore, ognuno di noi d gi) stato plasmato, per cosi di-

rr8

re, dal censore, presente allo stato diffuso, nella cultura in senoalla quale d *esciuto. ogni cultura possiede il proprio modellodi perfezione, un modello che, r.ppur sempre ,iqrunro influen_zato, almeno in occidente, da una lunga tridizione cristiana, ri-mane tuttavia, per l'essenziale, pagano, quale che sia ia vernice"evangelica" di cui pud essere ricoperto. eu.rti modelli sono algiorno d'oggi estremamente mobili ed evolvono molto pii rapi_damente che per il passato. II fatto d, perd, che il nos*o ir.o.,_scio rester:i per sernpre segnato dal modello di perfezione do_minante al tempo della nos*a infanzia. D,altraparte, il nostroinconscio si svilupper) in stretta dipendenza da quelliche furo-no i modelli dei nostri genitori e dei nostri educatori. Divenirecoscienti dei modelli di perfezione che sono propri della nosrraepoca, e ai quali noi necessariamente ci conformiamo, sorpren_derne le tracce nei nostri stessi ideali, sentimenti o reazionispontanee, pud essere,un elemento importante, propizio a ognidiscernimento spirituale. E evidente inlatti .h", .ro.rortrrrr. .l.r-te apparcnze, ci sar) sempre uno scarto percettibile tra quei mo_delli di perfezione legati a un certo tipo di cultura. tn ,o.rtiiasecondo l'evangelo. Che Io vogliamo o no, il nostro cuore na_sconde qualche piccolo idolo davanti al quale non cessiamo dibruciare il nostro incenso, e che un ,..o*pugrrmento spiritua_le deve progressivamente aiutare a smascherare.

Di questo modello di perfezione, ereditato dala curtura in cuiviviamo, Ia nostra psicologia si impossess a,lo ad,attae lo affinaa proprio uso, costituendo in tal modo un proprio censore inre_riore del tutto originale e particolare, totalmente a nostro servi-ziol Con un po' di esperienza b relativamente facile riconoscerela sua presenza e discernere i suoi interventi nei discorsi e com-portamenti di chi ci sta di fronre, nel corso di un dialogo. Larelazione che si intrattiene con il proprio censore si tradisce inmille modi, e ininterrottamente. pensiamo allo scenario o al tran-s fert che, a detta di Lacan, d 7a " rivelazione dell'inconsci. " . A I -1o stesso modo la relazione con il censore interiore si manifcstrr

I l(.)

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nella maniera di affrontare l'accornpagnatore, di salutarlo o diignorarlo, di smingergli la mano o di tenerlo a distanza, di pren-

dere la parola o di rinchiudersi in un mutismo , di piazzatsi sulla

sedia o di restare in piedi; in una parcla, nel modo di situarsiconcretamente nella rclazione con l' accom pagnatore.

Ma il censore si madisce soprattutto nel vocabolario usato.

Molte formule stereotipate, di uso corrente, servono sovente a

introdurre una manifestazione per cosi dire "in diretta" del cen-

sore e delle sue esigenze: 'Avrei dovuto ...", "Non mi d permes-

so di ...", "E impensabile che ...", "Dovrei vergognarmi di ...","Ho mancato a tutti i miei doveri irr...", "Vogliate scusarmi

di ...", "Ho paura di ...", "fbmo di ...", eccetera. E si potrebbeallungare la lista. Nessuna di queste formule B neutra. Esse so-

no sempre implicate in una situazione di transfert inerente a

ogni relazione umana: pretesto oggettivo per ogni esteriotizza-zione del censore interiore. 11 luogo privilegiato dell'accompa-gnamento spirituale favorisce queste incursioni del censore nellinguaggio corrente e gli offre come un luogo-specchio in cuicoficretizz^rsi. Il fatto di trovarsi di fronte al proprio accompa-

gnatore non pud che risvegliare nell'accompagnato tutti i senti-

menti che, in lui, sono connessi con il profilo del proprio cen-

sore interiore. E appen a apre la bocca, non pud non esprimerli,sia per difendersi da essi e dunque per rigettarli in blocco, sia,

al contrario, per sposarli quanto pir) docilmente possibile.

Si potrebbe illustrare Ia cosa con un esempio. La relazionecon il censore interiore si tradisce in modo particolarmente evi-

dente nella reazione spontanea che untt persona prova al volante

della sua auto allorch6 un agente di polizia le fa segno di fer-marsi per un controllo stradale. Queste reazioni possono essere

molto diverse. Una vampat^ di colpevolezza, pet esempio: "Chesbaglio ho mai potuto commettere?". Oppure un bisogno in-coercibile di conquistare la simpatia dell'agente: "Si, signore";"Cefto, signore"; "Assolutamente d'accordo, signore". Pub pre-

valere, invece, un sentimento contrario: un rigetto violento, che

pub tradursi in un'imprecazione, e spingersi fino al tcntativo difuggire o di forzare il blocco stradale. Sono reazioni normali.Possono in parte spiegarsi con il lavorio di confronto psicologi-co, inconscio, tra il censore interiore e l'autoriti che gli strr clifronte, che pud arrivarc a un'assimil azione pura e semplice dcl-l'uno da parte dell'altro. In quest'ultimo caso, saranno la st<l-ria dell'autorith nella vita dell'individuo e i senrimenti che I'ac-compagnano a dettare tali reazioni impulsive. Questo esempiotratto dalla vita quotidiana non differisce, fondamentalmenre,dalle cristallizzazioni reazionali che si operano nel corso dell'ac-compagnamento spirituale. E all'opera un inevitabile lavorio diidentificazione: l'accompagnatore assume a poco a poco i trattidel censore interiore.

Questa identificazione b al tempo stesso favorita ma anche inparte complicata dal fatto che, all'interno della relazione, vieneattivato un censore interiore non solo nell'accompagnato, maanche nell' accompagnatore. i i.po.turrte, evidenteri..rt", .h.l'accompagnatore se ne renda conto e che abbia un po' di fami-liarit) con i tratti del proprio censore interiore; i due censori,infatti, non possono non entrare in dialogo, e sovente in con-flitto. Un dialogo e un conflitto perfettamente inconsci, certo,ma i cui effetti potrebbero essere negativi senza un certo discer-nimento. Cid suppone da parte dell'accompagnatore una presadi distanza nei confronti del proprio censore, per essere in gra-do di sventarne gli intervenri, o per lo meno di gestirli con co-noscenza di causa. Questo richiede da parte sua l'esperie nza diun contatto con il proprio essere profondo, e l'intelligenza, al-meno per sentito dire, di cib che significa "lasciarsi guidare dal-lo Spirito".

Nella misura in cui quest'ultima condizione non d sufficicn-temente realizzata, i' accompagnatore finid inevitabilmcn tc lx. l.ascoltare tutto cid che gli viene confidato con gli orecclri rlt.lproprio censore interiore. Rischia dunque di essere tr.irst'inrrloirresistibilmente a prendere iI posto di quest'ultimo: rr srrir v.rllrr

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giudicher), minaccer), farh, paura, susciter) sentimenti di ver-gogna e di colpevolezza: "Dovresti vergognarti" . E questo, co-me abbiamo visto, anche se si sforza di mantenere il silenzio e

riesce a non esprimere oralmente i propri sentimenti. Ma i sus-sulti o le convulsioni del suo censore interiore saranno larga-mente sufficienti a guastare il clima di accoglienzaincondizio-nata che dovrebbe presiedere allo scambio. L'accompagnatoreforse non se ne accorgera, ma l'accompagnato accuseri un disa-gio, nella misura in cui percepir) confusamente che il propriocensore interiore d colpito in pieno dalle reazioni del suo omo-logo che trapelano dall' accompagnatore : prover) effettivamentevergogna, si sentir) in colpa, cercheri come espiare e riffovare ifavori di quest'ultimo.

In tal modo, se questo scambio poteva essere un'occasioneptopizia perch6 si realizzasse 1'evento interiore atteso, ecco, ta-le occasione d seriamente compromessa. E tutto questo perch6l'accompagnatore d ancora vittima del proprio censore e si sfor-za di sostituirsi al censore di colui che viene a confidarsi. Il ri-sultato sar) semplice ma desolante: ben difficilmente al cuoredella rclazione potr) emergere il Maestro interiore, Io Spiritosanto, per esercitarvi la sua azione chiarificatrice e salvifica suidesideri af.fidati all'ascolto. Si, avr) luogo un dialogo, ma atut-t'altro livello; un dialogo che non farir che raf.forzate tutti i sen-timenti negativi che hanno circondato la confessione. Bastavaun silenzio pieno di amore che accogliesse la confessione deldesiderio, perch6 potesse emergere un livello pir) profondo dellapersona, quello del vero amore che orclina ed esaudisce tutti idesideri.

In tutti i casi l'accompagnatore si trova coinvolto in un con-fronto-scontro che ha luogo al tempo stesso all'interno dell'ac-compagnato e all'interno delTa rcTazione con lui. Di questo fac-cia a faccia, lo voglia o no, l'accompagnatore d ormai parte incausa, e proprio dal suo atteggiamento ne dipender) in granparte l'esito. Egli stesso non ne uscirh indenne.

In che consiste un tale intervento? E semplice. In terminitradizionali, poremmo dire che si tratter) di correggere una co-scienza alterata e di sostituirla con una coscienza retta.In termi-ni psicologici, peralro piir prossimi alla rcaltd spirituale, direm-mo che si trutta di neutralizzare l'influenza nefasta del censoreinteriore, o del super-ego, e di permettere allo Spirito santo diagire su costui grazie all'amore. Ora, il censore interiore rischiasempre di soffocare Tavita profonda nell'uomo, mentre lo Spi-rito santo e la sua legge di amore sono l'unica sorgente della sua

vera vita.Perch6 1'operazione abbia esito positivo, la prima condizione

B chiaramente che 1'accompagnatore non vada a "installarsi nel-l'altro" al posto del suo censore interiore, favorendo cosi unadeplorevole identificazione. E uno scoglio che non sempre vie-ne evitato dall'accompagfi^tote, tutt'alffo; ma in tal caso il suointervento B votato al fallimento gi) in partenza. Questa sostitu-zione neutralizzatutti gli effetti liberatori attesi; peggio ancota,accentua 7'azione paralizzante del censore interiore: senza sa-

perlo, l'accompagnatore E venuto a raffotzatne l'egemonia. Di-venta allora inutile darsi da f.are a un livello che non B quellodella vita profonda. Cosi le si impedisce di scaturire.

A questo punto si d entrati in un circolo vizioso da cui sa-

r) difficile uscire. L'accompagnatore si ffova annesso alla "sin-drome", se cosi ci si pub esprimere. Ne fa ormai parte. Cetto,potr) sempre prodigarsi in discorsi, consigli, informazioni. Po-tri vietare, attorizzare, incoraggiare, fare appello al senso di re-sponsabilit), tutte cose che in genere non fanno male, ma chein questo caso non faranno piil alcun bene. La sua parola infattiopera unicamente nella zona di influenza del censore interiorecon cui ormai ha f.atto lega, quando invece il suo obiettivo pri-mario avrebbe dovuto essere quello di neuffalizzarne l'infhren-za, affinch€ potesse farsi sentire un'altra influenza, sgorgautc:

da una profondit) con cui d ora provvisoriamente recisa ogrripossibilit) di contatto.

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Bisogna inoltre rilevare che l'accompagnato, senza sapedo,collabora alla messa in opera di questa rappola di ordine psico-logico sotto i piedi dell'accompagnarore. Egli far) di tutto perannettere 1'accompagnatore e renderlo complice del suo censoreinteriore. In fondo, quella E la situazione per lui pii comoda.Malgrado la sua richiesta esplicita, non d ancora veramente di-sposto a progredire. Prova istintivamente una vertigine, talorauna reale angoscia, verco tutto cid che 1o costringerebbe a usciredallo scenario, questa abitudine con cui se la cava cosi bene,ormai, sia nei confronti del proprio mondo interiore che neiconfronti degli altri. Basta che qualcuno si metta a ripetergli,facendo eco al suo censore interiore, che gli d proibito fare certecose sotto pena di essere colpevole e di meritare una punizione,ed eccolo di nuovo confermato nelle sue reazioni abituali; ma intal modo si misura unicamente con cid che per il momento lodisturba o lo minaccia di meno. Infatti, dietro la punizione vir-tuosamente reclamata o assunta, si profila la speranza di esserenuovamente "in regola", e dunque implicitamente degno di sti-ma e di amore.

In genere, e senza ambiguit), il tranello che l'accompergnatoha teso a17a propria guida finisce per rivelarsi nelle resistenzeche non tarder) a opporre all'accompagnatore, il,quale cercher)da pate sua di somrarsi al potere di questa identificazione. Secostui tarda a sposare i rimproveri e gli avvertimenti del censoreinteriore del proprio interlocutore, quest'ultimo ne prover) irri-tazione e disagio crescenti, e non mancheri di manifestarli nel-le parole e negli atti. Si dir), per esempio, incompreso e frustra-to dalla propria guida. Gli avverr) inoltre di lasciarsi andare acerte manovre sottili di ricatto o di ritorsione. Se l'accompagna-tore, nonostante tutto, non cede, finiri per abbandonarlo defi-nitivamente per cercare altrove, presso una guida forse menoesperta, un censore piil compiacente nei confronti del proprio.

Se l'accompagnatore, invece, ha fatto proprio il discorso delcensore interiore dell'interessato, l'acquietamento di quest'ulti-

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nro non sari generalmente che di breve durata. Un tale atteggia-ruento da parte dell'accompagnatore, infatti, non pub che con-fcrmare il discorso nefasto del censore. Cosi valorizzato, costuiriapparir) senza tardare, per ispirare un ideale di virtil semprepiir inaccessibile. tasciner) in tal modo il soggetto nella spiraleirrdefinita dell'esigenza di perfettibiliti dell'io, accrescendo laclistanza tra questo e I'io profondo, e creando un ideale sempre

lriir divergente dalla realt) dei suoi desideri profondi.Il processo che avrebbe dovuto aver luogo al cuore della re-

lazione di accompagnamento d cosi stato molto semplicemente"cortocircuitato". Abortisce prima di essere realmente comin-ciato, mentre si trattava di rompere la fascinazione esercitatarlal censore. L'accompagnamento doveva essere quel contrap-peso grazie al quale sarebbe diventato possibile sfuggire al suo

l)otere, schivare i suoi dardi passando in qualche modo dietrorr lui, anzich| affrontarlo frontalmente, ed essere cosi in gra-tlo di discendere pii profondamente in se stessi, per esserviconfrontati con il brulicare dei propri desideri; un brulicarecomplesso, come abbiamo visto, ma che d cosi minaccioso so-Irr in apparenza. Ora, d vitale per ognuno - psicologicamente

1',arlando, ma anche spiritualmente padando - essere in gradotli riconoscere i propri desideri, con la loro parte di distor-sioni, certo, ma anche con tutta la loro verit) e la loto forzavitale. Guardarli in faccia e assumerli come veramente nostril)c:rmetterebbe di presentarli, tali e quali, a7l'attivitd beneficatlcl nostro io profondo e della grazia. E l), infatti, che la gra-zia ci attende, nel pir) profondo del nostro cuore, brulicante ditrrtti questi desideri, e al tempo stesso all'estremo della nostra,lcbolezza.

()ra, tutta Tatattica del censore interiore consiste precisamen-tt' ncl risparmiarci questo momento di verit) e nell'occultarcilrr rlostfa debolezza, facendoci credere che a certe conclizi<lni

ciod rispettando un insieme leggermente oneroso cli clivict i

.lrc egli stesso si d forgiato a favore di chi vuole per I'apprrnto

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ascoltarlo - d possibile essere "in regola" e giocare all'uomo oal cristiano virtuoso, soddisfatto e soddisfacente, rassicurato e

rassicurante. Quando questa tattica riesce, le conseguenze pos-

sono solo. essere negative. Diventa impossibile, al7ora, far lucesui propri desideri, per poter essere in grado di assumerli inpace. Tutto lo sforzo consiste invece nel rimuoverli e nel difen-dersi da essi. Ancor piir gravi sono le conseguenze spirituali. Se

d cosi possibile essere perfettamente "in regola" , allora non c'Bbisogno della grazia. Un uomo del genere farebbe parte di quel-le persone di cui Gest dice nell'evangelo che sono convinte diessere giuste e di non aver bisogno di misericordia (cf. Lc r8,9).I farisei dell'evangelo rappresentano assai bene questo tipo di"giusto", al tempo stesso psicologico e spirituale. Essi erano "inregola", eccome; ma proprio per questo erano esclusi dal mes-saggio e dall'interesse di Gesir, lui che era venuto, come ama-va sottolineare con forza, "flofl per i giusti, ma per i peccatori"(Mt 9,r3;Mc z,r7;Lc 5,32).

Forse ora siamo maggiormente coscienti dell'estrema impor-tanza delle prime parole pronunciate dall'accompagnatore dopouna confidenza. Esse possono avere delle conseguenze incalco-labili. Sono esse che imprimono allarelazione una certa dhezio-ne e decidono il seguito, se positivo o negativo. E i.portunt.,quindi, soppesarle con cura e parlare a ragion veduta, evitandotutto cid che permetterebbe una collusione tra l'accompagnato-re e il censore interiore dell'accompagnato. Si pud pensare chein linea di massima - saluo meliori iudicio - l'accompagnatoreabbia troppa frctta di parlare. Ora, siccome ogni parola qui d

particolarmente a rischio, d quasi sempre preferibile prendereun lungo momento di silenzio prima di parlare.

Per riprendere quanto a stato detto, in una breve sintesi: nonsono opportune n6 le riflessioni colpevolizzanti ("Dovresti ver-gognarti!"), n6le buone parole di incoraggiamento che mirano a

decolpevoliz zare 1l soggetto, poich6 in tal modo viene sollecita-to solamente il piano del permesso-vietato e si devia dal faccia

rz6

,r laccia, che solo d liberante. Lo scenario resta cosi struttural-nrcllte il medesimo: il censore permette ora cid che prima eravictato, ma questa permutazione si inscrive sempre in un qua-.lrrr moraleggiante, non nel movimento della vita profonda, lhrlovc i nosffi desideri attendono di essere confrontati con la lu-cc c il calore dello Spirito santo.

llisogna ammettere che, nella prutic^, d sovente difficile non('n[rare in collusione con il censore interiore dell'altro. A questoriguardo, conviene essere attenti a certi commenti da parte sua,strl tipo: "Sarebbe stato necessario che io facessi questo o que-st'altro"; "Ormai bisogner) che stia attento a ...". Non sono n6tlrr approvare n6 da confutare. Basta ascoltarli. Il fatto stessot'lrc non provochino nessuna reazione, n6 positiva nd negativa,rrcll'accompagnatorc d gi) in s6 esffemamente importante. Nonstrscitando nessuna eco in lui, l) dove un'eco eta attesa, talifra-si, che pure sono importanti per I'accomp^gn to, si perdono nelvuoto. Non hanno nessun impatto, su nulla e su nessuno. LaIorza emotiva che le sottende si disgregher) quanto prima, e,lrrasi da s6, senza il minimo intervento da parte dell'accompa-llnatore. Perseverando cosi instancabilmente nel non intervento(' non offrendo nessuna presa al censore interiore del propriol)rrrtner, 1'accompagnatore moltiplica nel soggetto le possibilit)tli ascolto dell'io profondo e del suo desiderio. E il desideriopiir profondo di ciascun uomo non ts il desiderio che Dio ha diIrri, ciod lo Spirito santo, che il cristiano crede attivamente pre-scnte in ogni essere umano?

Il silenzio sistematico di chi ascolta pud tuttavia diventarelrrticoso da sostenere, talora. In certi casi, anzich6 facilitare le.'t r nf idenze dell' accomp agflato, sembra piuttosto paralizzarle.(,ome comportarsi allora? Sono possibili vari atteggiamenti. Av.rlte pub essere opportuno accettare molto semplicemente talclrlocco, ciod persisterc per un certo tempo in questo silenzio, a

..,rndizione di prendere poi il tempo di analizzare con l'intcrcs-srrto cid che si esprime nel malessere cosi provocato. In rcrrlti

t)J

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per tutta la durata di un tale silenzio, gli atteggiamenti, i gesti,lo sguardo, le viscere "patlarro" infinitamente pii di quanto nonfacciano le parole effettivamente pronunciate.

Pud essere spesso pit utile, soprattutto all'inizio della rela-zione, per permettere all'altro di continuare a esprimersi, in-terrompere il silenzio con frasi che cercano di riformulare, conaltri termini, cib che si pensa di aver colto della confidenza ap-pena fatta:

- Se ho ben capito, lei havoluto dire... E cosi? ki si rico-nosce nelle mie parole?

- Si, mi ha capito bene.

- Allora possiamo proseguire.Un intervento di questo tipo b perfettamente neutro, poich6

si situa al livello dell'oggettiviti del messaggio inviato: B srarocorrettamente compreso si o no? Se si, il fatto di essere statocompreso in modo corretto permette sovente alf interlocutoredi scavalcare il blocco e di progredire nel dialogo. Nel caso incui non si sentisse ben capito, coglierebbe questa occasione perripetere la propria confidenza o per aggiungere delle precisazio-ni importanti ai suoi occhi.

Quando il legame tra l'accompagnatore e l'accompagnato d

stato sufficientemente stabilito nella fiducia reciproca, questatattica delle "domande di ritorno" pub essere utllizzata ancheper attirare l'attenzione, come lateralmente , senza avefne l'aria,su certi elementi singolari ma significativi del discorso di coluiche si confida: incoerenza

^pparcnte ma altrettanto ffasparente,

dimenticanze, lapsus, tono, modo di parlare, veemenza emoti-va delle espressioni o delle immagini utllizzate. In tutti questicasi, l'importante d sempre partire dalle parole stesse dell'ac-compagnato , senza giudicarle e senza interpretarle intempesti-vamente, ma chiedendogli di commentarle egli stesso. Nulla dipir) rassicurante, per lui, delle sue stesse parole, che piil di ognialtra cosa gli danno l'impressione di essere stato perfettamenteinteso e compreso.

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Significa che l'accompagnatore dovr) restare per sempre mu-lo, come se avesse il divieto di parola, ed d condannato a per-scverare all'infinito in questa tattica di non intervento? I disce-poli dei primi monaci nel deserto non andavano forse a inter-r'()gare il loro padre proprio per ricevere una parola ("Dimmirrna parola, abba, perch6 io possa essere salvato!")? L'obiezionei' assolutamente pertinente. Infatti la differenza fondamentaletra un percorso psicologico, segnato dalla sola "empatia", e l'ac-compagnamento spirituale sta precisamente nel fatto che, quan-clo sari il momento, 1'accompagnatore non rinuncerh a pronun-ciare una parola, nel senso pii forte del termine, una parola ilcui impatto pedagogico e terapeutico por) essere incalcolabile.Ma solo quando sar) il momento e al tempo opportuno.

Perch6 solamente "quando sarlL il momento"? Anzitutto per-ch6 d.importante che il terreno sia stato opportunamente ripu-lito. E il ruolo, questo, dell'ascolto rispettoso che rifiuta di far-si alleato del censore interiore di colui che parla, allo scopo divedere pir) chiaro in quel nodo, a prima vista inestricabile, didesideri e di travestimenti di desideri di cui si d parlato. Questacondizione, come abbiamo visto, E indispensabile perch6 lavitaprofonda abbia qualche possibilit) di manifestarsi. Poi perch6,in un certo numero di casi, piil frequenti di quanto non si pensiabitualmente, il solo ascolto, attento e affettuoso, baster). Essoinfatti d capace di liberare nell'altro una parola e una rispostache d, peraltro, il solo a possedere. In un certo senso, l'accom-pagnatore non possiede alcuna parola concernente l'alffo. Que-sta B innanzitutto nell'altro, e la parola che la guida potrebbepronunciare a suo riguardo non pub che risvegliare in lui, comeun'eco, la parcla che vi sonnecchiava gih e che E un preliminareassoluto a ogni parcla che potrebbe venirgli dall'esterno.

Eppure, ana parola andr) pronunciata, un giorno. Non d clelresto cid che caratterizza ogni esperienza cristiana, in cui la nrc-diazione fraterna

^pp^re come la condizione normale? Ccrto,

una tale parola potrh rivestire varie forme e non dovr) r-rcccrs

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sariamente limitarsi a quella del messaggio orale. Uno sguardo,un gesto altamente simbolico, addirittura una rottura di parolapossono avere lo stesso peso. Se vengono usate delle parole, c'dda credere che saranno brevi e di grande sobrieti. Si tratta infat-ti di una parola nel senso forte del termine: una parola fondan-te; si oserebbe quasi dire: creatrice, un po' come sono semprecreatrici le parole di Dio, o come lo d, a suo modo, la parola diun padre che riconosce il figlio e lo chiama per nome. Si, si trat-ta di una delle esperienze pii stupefacenti che ci d dato di vive-re quaggiil. Percid sono rare, anzi uniche per ognuno di noi.

Nell'accompagnatore questa parola sgorgher) dal pit profon-do di se stesso, per raggiungere l'altro nel suo essere profondo.E giusto dire che "sgorgher)". Perch6 avverr) spontaneamente,quasi all'improvviso, talora persino all'insaputa di colui che laproferisce. Inutile premeditare una tale parola, o programmarla.Impossibile soprattutto far finta. La paroTa sar) data al tempoopportuno, grazie alTa qualitd stessa della relazione. E questa a

darle la sua vera ef.ficacia. Perch6 solo l'amore genera e d) lavita. Thle d la legge della vita che si propaga. Va da s6 che I'ac-compagnatore sar) tanto pir) in grado di-liberare una tale parolain quanto egli stesso un giorno l'ha ricevuta da un altro. Costuiaveva preso il tempo necessario per ascoltarlo, al cuore dei suoiconflitti e dei suoi dubbi, e aveva finito per pronunciare la pa-rola che doveva confermarlo una volta per tutte, che l'ha iden-tificato con qualche forua straordinaria, presente in lui sin dal-l'inizio, ma nella quale, lasciato a se stesso, non avrebbe maiosato credere. Siccome quella parola, nel suo accompagnatore,sgorgava di sorgente, ciod dal suo io profondo, lo ha raggiunto,a sua volta, nel suo io profondo. Cib che era evidente nell'altroB divenuto, come di n^tura, un'evidenza anche in lui. Fu moltosemplice. Fu qualcosa di unico. Ogni altra parola sarebbe statadi troppo.

l,a controprova: lo scrupoloso

l)er illustrare concretamente quanto B stato presentato quis()pra, possiamo prendere come esempio il caso dello scrupo-Ioso. Si tratta di un caso relativamente frequente, purffoppo,nt:t soprattutto estremamente trasparente e uno dei pit ele-ruentari che ci siano. Li, infatti, il censore interiore si rivelain tutta la sua brutalit) e perversit). Tuttavia la sempliciti di(luesto caso ha come controp^rtita il fatto di essere uno dei piiltlillicili da gestire nella pratica. Tirtti i direttori spirituali co-n()scono questo lato "disperante" dei fantasmi dello scrupolo-:io. f,o scrupoloso d l'esempio tipico di chi d interamente conse-

lirrrrto, legato mani e piedi, alla tirannia del censore interiore.(.)rresta istanza interiore d talmente ipertrofica in lui, che pra-licamente gli E "interdetta" e si trova completamente paraliz-zrrta ogni attivitd. Egli non cessa di udire parole come: "Non,lt'vi far questo; devi far quello, sotto pena di peccato; del re-sto, tu sei gi) colpevole, non fai che sbagliare!". Lo scrupolo-so si presenta come un super-ego ambulante, un "censore in-r('r'iore incarnato" (tanto per se stesso quanto per gli altri, delrcsto). Il censore domina sovrano nel suo inconscio; da dittato-lt', anzi, da vero e proprio agtzzino. E non solamente nell'in-( ()l.rscio, poich6 deborda largamente anche nel campo della co-st'icnza del soggetto. E si accanisce inoltre a investire l'incon-

'r'io dei vicini.(loloro che hanno un po' di esperienza sanno che non E mol-

to clivertente trovarsi alle prese con uno scrupoloso catatteriz-z:rto, poich6 costui non cessa di ricondurli alle sue vedute, contrrtta la perseveranza immaginabile e possibile. Il disagio chc

l)t)vano non viene solo dail'aver a che fare con un vero "scccrl-

torc" che viene a scocciarli nei momenti pit inopportuni: i' ptrr

vocilto, ancor pir) profondamente, da una duplice cattsa clrc i'irrrportante saper identificare e situare.

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La prima viene dal fatto che gli sforzi disperati del censore

interiore dell'intedocutore hanno di mira direttamente il censo-

re deIl'accompagnatore. Il primo vorrebbe appunto toccare, ri-svegliare, se fosse necessario, quest'ultimo, e in definitiva an-

netterlo al proprio scenario. Vuole associado al suo lavoro, chie-dendogli di condannare a sua volta e, se d il caso, di punire ilcolpevole, oppure di proscioglierlo, di assolverlo, per alleviar-gli per un breve momento la tortura. E ovvio che, se l'eserciziodi discernimento dell'accompagnatore sul proprio censore inte-riore non ha ancora dato tutti i frutti di ponderazione e di di-stanza pacif.icata che d lecito attendersi, I'attacco frontale a cuideve far fronte lo mette dinanzi alla propria debolezza. Egli av-

verte confusamente un tentativo di manipolazione su questo

terreno ancora incontrollato della propria personalit), un tenta-tivo di dettargli certi sentimenti e certi atteggiamenti che ilsemplice buonsenso vigile gi) riprova. Egli B cosi sottomesso a

una tensione interiore che provoca una grande contrariet) psi-

chica. Se non replica ad ltoc,l'accompagnatore B colto da unavoglia quasi irresistibile di fuggire lq scrupoloso e di abban-donare il campo, all'occorrenza interrompendo la telefonata o

barricandosi dietro la porta del proprio ufficio, se questo fosse

l'unico mezzo che gli resta per non cadere a sua volta schiavo

del censore scrupoloso.La seconda causa di malessere d legata all'atteggiamento del-

1o scrupoloso, che non mira solamente al censore interiore delproprio accompagnatore: tramite il censore interiore di costui,egli mira a un livello pit profondo del proprio accompagnatore.Il grido dello scrupoloso, infatti, nonostante le apparenze cosispesso conttarie, b una richiesta di amore. E il caso qui di ricor-dare che il censore interiore presente in ognuno di noi cristal-lizza le tracce che il nostro inconscio ha conservato dei primiinterventi di un'autorit) nella nostra vita. Oru, si trattava sem-pre di un'autorit) teneramente amata e assolutamente vitale,quella del padre o della madre. Il legame che ognuno coltiva in-

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.,rrrsciamente con il proprio censore interiore comporta dunques('r))pre una componente fortemente affettiva. Si pud anche di-t', ir rigor di termini, che lo scrupoloso d in una certa misu-lrr "innamorato" del proprio censore interiore. La manipolazio-rrt' clre egli cercher) di operare nei confronti dell'accompagna-t()r'c non B dunque senza legame con l'amore. Per quanto possa:rl)l)arire strano, il messaggio inconscio lanciato dallo scrupolo-so rtrrivz sovente fino a: "Puniscimi, poich6 mi ami". Per certi:;t'r'trpolosi il cui censore interiore ha assunto un'importanzal)lrlticolarmente invadente non vi ts piil, per cosi dire, altta pa-lrlrr d'amore possibile. E evidente che un messaggio del genere,' londamentalmente ambiguo. Ogni accompagnatore cercherh,li lispondervi con i mezzi di cui disporr) sul momento, quali,lrc siano. Per qualcuno un tale messaggio eserciteri un certol;rscino e potrh diventare un trabocchetto in cui rischier) di ca-,lt'r'c; per qualche altro sar) semplicemente insostenibile, e dun-,1rrt: da fuggire a ogni costo e subito.

(lome venire in aiuto a uno scrupoloso? C'd un primo meto-,1,, che va in ogni caso scartato. Si tratta della conoscenza chel',rccompagnatore avrebbe di questo fenomeno e che sarebber('ntato di esporre senza mezzi termini a colui che ne d vittima,rlirrrostrandogli, argomenti alla mano, che presenta un caso in-r('r'cssante di ipertofia del super-io, tipica della psicologia dello'.('r'rrpoloso... Una simile esposizione del lavorio quotidiano del( ('nsore interiore non sarebbe assolutamente di nessuna utilitaI't'r' I'interessato. Solo in via eccezionale l'accompagnamento',pilituale consiste in un insegnamento da consegnare o in unt onsiglio da dare. Esso d innanzitutto un'esperienza vissuta et .nclivisa insieme.

(,crcar di spiegare a qualcuno il funzionamento perverso del',uo ccnsore sarebbe una nuova maniera di "fargli la morale" c,li c:rricare la sua coscienza: se d scrupoloso, significa dunclrrc, lrt' clualcosa in lui funziona male e che egli d ancora una volta" irr colpa". In genere, una tale interpretazione indisporr)r clrrrn-

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to mai l'interessato e sarh quindi rigettata con violenza. Essaurta i suoi sentimenti, e ancor pir) la stima che ha o che gli restadi se stesso. Una volta che B avvenuto quest'urto, d raro che ladazione possa ancora evolversi in modo soddisfacente. Ormail'accompagnato diffider) del proprio accompagnatore. Sarh an-che tentato di rompere i ponti per mettere fine a cib che senteinevitabilmente come un doloroso malinteso di cui getta l'interaresponsabilit) su colui che 1o ascolta. t cosi che le cose si svol-geranno, con tutta probabilit). No, il pir) delle volte non sar) unragionamento, seppure oggettivamente corretto, che potr) por-tare un po' di aiuto. Solo una presa di coscienza progressiva daparte dell'altro, dei suoi desideri e insieme delle deviazioni edei travestimenti che essi assumono pub portare la luce sperata.Ora, una tale presa di coscienza ben raramente d favorita dallacomunicazione di un sapere. Non si pub aiutare l'altro, in que-sta materia, se non in modo indiretto, facendo si che il lavoro dichiarificazione che egli deve effettuare su se stesso gli sia faci-litato. Ma spetter) sempre a lui, in prima persona, "cogliersi inflagrante delitto" o, meglio arLcora, "cogliere i propri desideriinflagrante delitto di deviazione o di tavestimento".

Un'altra maniera classica di venire in aiuto a uno scrupolo-so consiste nel tranquillizzarlo con parole che si presume sianoin grado di pacificarlo. Alcune sono gi) state riportate: "Que-sta non B materia di peccato", "Tu non eri pienamente libero diconsentire", "Comunque non volevi veramente offendere Dio".Queste parole sono oggettivamente vere. Non faranno male, pro-priamente parlando. Tirttavia l'esperienza ha mostrato da tem-po che quando si tratta di tranquillizzare uno scrupoloso esse

hanno scarso effetto, o un effetto del tutto passeggero. Gi) sid parlato piil sopra di questo tipo di reazione che rifiuta di af-frontare in profondit) il problema.Una delle ragioni della sua

inefficacia d da cercare nel fatto che, in molti casi, lo scrupolosonon desidera fondamentalmente e sinceramente essere guaritodal suo handicap. Come si b ricordato, l'esposizione delle sue

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angosce B sovente l'unica via d'uscita che gli resta per stabilircdelle relazioni per quanto poco affettive con una persona clclsuo ambiente. Perch6 dovrebbe privarsi di questa fortrrna ina-spettata, che b la sua unica scialuppa di salvataggio?

C'd ancora un'altra ragione che spiega l'inefficacia di un talcmetodo. Vi si E gi) accennato, ma B bene verificarne la foncla-tezza in un esempio concreto. Quando si cerca di tranquilliz-zare lo scrupoloso in questa maniera, ci si installa esattamentcal posto del censore interiore, per sostituirsi a lui nel suo ruoloe nei suoi atteggiamenti. E vero, si cerca in tal modo di orien-tare il suo discorso nella direzione che si pensa quella buona:quest'uomo non d cosi colpevole come afferma disperatamente.Anzich6 condannarlo, ci si propone dunque di proscioglierlo, eIo scrupoloso ne sar) effettivamente sollevato. Ma per un brevemomento soltanto. Non appena l'accompagnatore avr) voltato lespalle e sari sparito dal suo otizzonte, il censore interiore - chemerita davvero il nome di aguzzino interiore - riprender) tran-quillamente la sua opera. E la scena di tortura ricomincer) co-me prima, senza fine e, se necessario, fino alla disperazione.

Non d possibile nessuna vera apertura verso una soluzione, sesi rimane al livello di questo censore, tanto piil che costui occu-pa esattamente quello spazio in cui dovrebbe sorgere, in questofondo tormentato dagli scrupoli, quella dolcezza d'amore delloSpirito santo che la tradizione ha chiamato "pentimento". Inveriti, cid che B realmente in causa qui d il passaggio qualitativodal senso di colpa psicologico, che occupa piil o meno il campodi coscienza, alla grazia del pentimento. Ora, fintanto che il cen-sore interiore pub liberamente infierire, o che il suo posto imaldestramente occupato dall'accompagnatore, fosse pure ispi-rato dai migliori sentimenti, il cammino del pentimenro si rrovirostruito e, salvo un miracolo sempre possibile, non accadrh nrrl-la di veramente salutare.

Un'altra maniera, assai diffusa, di aiutare lo scrupoloso i.r1rrr.lla di suggerirgli un'obbedienza cieca al proprio paclrc spir.itrrrr

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le. Questo metodo pud esser valido come soluzione d'urgenza,in quanto permette di tagliar corto con i comportamenti stranidi certi scrupolosi, evitando loro, in tal modo, di cadere nel ri-dicolo agli occhi di quanti li circondano. Ma non pub fungeredavera e propria terupia.Il motivo d semplice: trovarsi faccia a

f.accia con un censore in carne e ossa che sia la copia conformedel proprio censore interiore non pub che appagare tutti i desi-deri inconsci dello scrupoloso. Quella presenza esterna sar) ingrado di rincuorarlo e alleviarlo un istante allorch6 la tensio-ne interna diventeri troppo forte, ma non 1o fard avanzarc diun solo passo sul cammino dellaliberazione. Ancoraunavolta,questo accompagnatore travestito da censore esterno non far)che confermare quello che prevale sempre all'interno. Si trattadi un calmante o di un palliativo, certamente utile in molti ca-

si, ma puramente "sintomatico", come si dice nel linguaggiomedico, ciod che tratta i sintomi del male, ma non ne affrontale cause profonde.

Ma, allota, come venire in aiuto a uno scrupoloso? Un lungoe paziente ascolto dovr) pro$ressivamente ridurre l'azione delcensore interiore e rendeda, per quanto ts possibile, evanescen-te, nulla, allo scopo di permetterc alla vita profonda dello Spi-rito, quando sar) il momento, di sgorgare dall'interno e di in-vestire a poco a poco questo super-io, di evangelizzarlo, ditra-sformarlo. Al termine del processo, questa istanza non avr) pir)il volto di un censore: sari divenuta "unzione interiore", unctiornagistra; non sar) piil una legge: sar) la gtazia, sgorgante di sor-gente, puramente e semplicemente.

E pir) facile, purtroppo, descrivere in astratto 1o svolgimen-to di questo processo che non metterlo in opera. Eppure d quiche la qualiti del legame tra l'accompagnatorc e l'accompagna-to acquista tutto il suo rilievo e poth rivelarsi di una partico-Iare efficacia. Nella misura in cui I'accompagnatore b realmen-te vivificato da questa unzione interiore e non assoggettato alleingiunzioni imperiose del proprio censore, qualcosa di questa

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1r,'r'r'r:zione e di questo contatto vitale si trasmettera a poco a

l)()('(), come per una lenta osmosi, all'esperienza dell'accompa-linirlo. Questo fino a quando la qualit) del legame tra i due, le-1i:rnrc carico di amore e di fiducia, sar) cosi eminente da poterl:rlt' cventualmente da contrappeso e addirittura prevalere suiIt'1i:rnri inconsci che asserviscono quest'ultimo al proprio censo-l' interiore.

l',siste, si, un tipo di consiglio da dare allo scrupoloso, e lo si',r'rrtc talora raccomandare: "Tu, sta' in pace, perch6 io sono clui(()n [e. Mi prendo io tutto il peso della tua colpa, se colpa c'd,( ()n [utte le sue consegtJenze". Che qualcuno accetti, per amo-r(', non solo di camminare accanto a lui, ma addirittura di sosti-t rrirsi a lui per portare un peso che d suo, ecco, questo d davvero(lrirlcosa che d in grado di raggiungere l'alffo nel suo bisogno1,iir ;rrofondo. Una tale parcla rappresenta ben pir) del picco-Lr t':rlmante che rassicura provvisoriamente. E una parola che1,n'nde sul serio l'altro nella sua pena, con tutto il peso della',rrrr sofferenza, e accetta di portare questa sofferenza insiemet orr lui. Per amore, semplicemente.

llna tale "condivisione delle ferite" rappresenta effettivamen-l( un momento cruciale al cuore deTlarclazione di accompagfl^-nr('nto. Essa non si applica, peraltro, solamente al caso dello',( r'upoloso, bensi ogniqualvolta viene confidata urla ferita, una,lclxtlezza, una sofferenza. IJna condivisione del genere olffe-1,,rssa il quadro di cid che, in psicoterapia, viene descritto come"t'nrpaltia", ciod l'atteggiamento di neutraliti benevola, e an-,lrt'cid che, al seguito di Maurice Bellet, d stato chiamato quil,r "strario amore", che si manifesta nell'ascolto fino in fondo.(.)rrt'stzr condivisione va anche olffe il semplice transfert, i cui.lt'rrrcrti, lasciati a se stessi, non possiedono lu forza trasfor-rrr:rllice necessaria per piegare le resistenze dell'altro. Solamcn-tr rrc E capace il legame vivificante che l'accompagnatore avri',:rl)uto stabilire con la propria sorgente, nel piil profonclo cli sc',1('sso. Ora, condividere la sofferenza dell'altro in un anrorc vc-

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ro (e non per qualche oscura tendenza masochistica!) raggiungel'alro nel suo centro pir) profondo ed b in grado di togliere inlui tutto cid che gli impedisce di stabilire il contatto con la pro-pria sorgente interiore. Nel caso dello scrupoloso, d la condivi-sione della falsa colpevolezza dell'rno da parte dell'altro, con-divisione operata

^ pafihe dalla gioia spirituale (che ts l'unzione

dello Spirito) di cui l'altro vive, che permette talora di ridurree di stemperare questa colpevolezza. Cosi si apre per il primo,al di l) del suo censore interiore, un accesso alla gioia profonda,dalla quale potr) scaturire, nello Spirito santo, un inizio di pen-timento autentico. Solo il vero pentimento nello Spirito santo,infatti, pud guarire definitivamente lo scrupoloso.

Certo, questa d la soluzione ideale. Ma d anche, purtroppo,un caso limite. In molti casi, infatti, quando certi dati gravano

in maniera troppo pesante sulla situazione, d poco o per nullaprevedibile un miglioramento di rilievo, salvo intervento specia-lissimo della potenza divina. In certi casi, addirittura, non B

neppure tarfio augurabile un miglioramento psicologico, dal mo-mento che la persona in questione ha vitalmente bisogno del"baluardo" dei propri scrupoli per essere in grado di difendersida certe prese di coscienza che, da un punto di vista umano, sa-

rebbero troppo gravose da portare. Quand'anche cosi fosse, Iacapacitd di ascolto dell'accompagnatorc resta un elemento di so-

stegno reale e benefico, poich6 il legame di fiducia che si smin-ge pazientemente tra lui e lo scrupoloso pud compensare in unacerta misura le devastazioni operate dal censore interiore. Que-sto gesto fraterno resta di rigore in ogni circostanza. Qui - macid vale per ogni altro handicap e per qualsiasi prova - c'd biso-gno dell'aiuto spirituale per discernere, per interpretare la pa-

rola che Dio rivolge a quanti si ttovano implicati in una situa-zione che

^ppme chiaramente bloccata.

Se la persona d ancora relativamente giovane, non si deve con-cludere troppo in fretta che il suo stato scrupoloso ha un carat-tere definitivo. Il tempo elapazienza, uniti all'esperienzadel-

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l',r,'r'onrpagnatore, possono effettivamente molto. Ma esistono,rlt ri casi in cui l'et), la {ormazione ricevuta, la solidith delle di-I.st' interne fanno si che si possa ragionevolmente ritenere che

l:r lrrl persona morir) con i suoi scrupoli, o talora, addirittura,rrr,,r'irr\ "dei" suoi scrupoli. L'espressione non d per nulla esa-

1it'r'rrta. Si inconffano casi in cui lo scrupoloso, avendo alla lungalrlrrciato tutte le energie per resistere come poteva al peso op-

lrlinrcnte dell'angoscia, finisce per soffocare psicologicamente',()l lo questa cappa di piombo e per morirne anche fisicamente.Non d un male assoluto: d una morte come un'altra. L'impor-t:urtc d che queste persone, consegnate a una tale prova, siano,,lriritualmente aiutate a intravedere, attraverso la cappa del loro',r'rrso di colpa e delle loro angosce, qualche barlume provenien-

t.'rl:rllo Spirito santo che non cessa di essere all'opera insieme( ()n csse. Malgrado le apparenze, non bisogna mai dubitare di(lu(^sto lavorio dello Spirito, ed d possibile scorgerne certi segni

,lrt' non ingannano. In quella tal persona apparentemente cosi:ilrltosciata, a tal punto incapace di giudicare correttamente que-,;lo o euest'altro dettaglio del proprio comportamento, pud ef-It'l I ivamente sussistere :una zofl di pace profonda. Certo, d una

1r:rcc che non appare a prima vista: sono i sintomi dell'angoscia,r rl,rminare in modo sfacciato. Tuttavia, per chi ascolta con il( il()r'c e con le viscete, questa zona di pace, in cui domina unali,lrrcia di fanciullo, non tarda ad apparire. Soprattutto quando(lu('sta persona d capace a sua volta di quel tipo di ascolto, in

l):u'ticolare al momento della preghiera. Ecco, d a questo livello,lrt'agisce lo Spirito santo, ed d a questo livello che la persona

,1,'vc cssere ruggianta, confermata e incoraggiata.llisogna essere estremamente attenti, allota, a non spegnere

tlrrt'stzr fiducia di bambino con certi buoni consigli che non fa-

r,'lrbcro altro che risuscitare, per sostituirvisi, i rimproveri dcl( ('lrsore interiore. Si cambierebbe istantaneamente il livello cli

irrtt'rvento e si corerebbe il rischio di togliere a questa pcrsona

I'rrrrica possibilid che le resta di respirare un po', nonostantc gli

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scrupoli che non cessa di rimuginare e nonostante il male checrede di commettere. Pit che mai bisogna respingere la tenta-zione di volerla aiutarc prendendo il posto del censore interio-re. Ancora una volta, non d facile . E la tentazione sovente a pre-valere. Ancor prima di rendersene conto, ecco I'accompagrlato-re gih installato al posto del censore: in tal modo si impedisceogni possibilitn di aiurare l'altro in profondit). Respingere osri-natamente questa tentazione, non cedere al censore altrui, ap-pare talvolta come una lotta corpo a corpo. Non dobbiamo pen-sare che si tratti di una lotta in cui si possa trionfare conlaforzabruta, anche se pub accadere che il lavorio dell'immaginario,flofi awezzo alle esigenze del discernimento, compensi le fru-strazioni nate dalla necessiti di ffattenersi nello sconffo, dandolibero corso a scene di violerva, in cui, per esempio, uno pre-vale sull'altro e gli "torce il collo" (in tal caso l'alffo, molto ve-rosimilmente, d un simbolo del censore; e non tanto quello delpartner, quanto piuttosto il proprio censore)!

Invece, cib che "agisce" allora nell'accompagnatore d piutto-sto la dolcezza. Qtesta E la sua forza pir) interiore, sgorgantedal pii profondo del suo essere. Questa d davvero l'unzione del-lo Spirito santo che ognibattezzatoharicevuto nel proprio cuo-re. Grazie a questa qualit) di essere, tutto in lui e nella rela-zione sar) benefico per l'altro, i silenzi come le parole, la suapresenza come la sua assenza, poich6 tutto cid che scaturisceda un amore vero d capace di ristabilire e di guarire, di costruireun uomo nuovo. Un uomo che pud ormai rinascere, non a par-tire dalle distorsioni e dalle angosce della sua falsa colpevolezza,ma dalla dolcezza delle lacrime del pentimento. Ma prima di af-frontare questo tema cruciale dell'accompagnamento spiritualeche d il pentimento, d necessario che prendiamo in considera-zione un'altra insidia del dialogo spirituale: lo "specchio", incui l'uomo si compiace di contemplare un Dio che B a sua im-magine e somiglianza,l'immagine di cib che egli si crede obbli-gato a essere.

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l)t'r' illustrare in un alffo modo i maneggi del censore inte-rirlc, provizmo a rileggerci due.apoftegmi che appartengono:rll':rrrtica letteratura monastica. E una letteratura, E ovvio, cherlin()rA il concetto di "super-io" o f immagine del "censore". Il,list'crnimento che essa propone, tuttavia, mostra a piil ripre-',('(lurrnto gli antichi monaci fossero coscienti delle devastazioni( .rusirte da certi sensi di colpa che nulla hanno in comune con ilvurr pentimento.

lrcco il primo apoftegma:

Un fratello, che abitava nelle piccole celle in solitudine, peristigazione del demonio cadeva spesso nella fornicazione, manon smetteva di farsi violenza per non abbandonare l'abito.Celebrava il suo ufficio e supplicava Dio con gemiti dicendo:"Signore, che io voglia o che io non voglia, salvami, perch6 iosono fango e bramo il sudiciume del peccato, ma tu, Dio on-nipotente, puoi impedirmelo. Infatti se hai piet) del giustonon vi d niente di straordinario e se salvi chi B puro non com-pi nulla di mirabile, perch6 essi sono degni di ricevere Ia tuabont). Signore, magnifica in me la tua misericordia e mostrail tuo infinito amore, perch6 'a te si E abbandonato il povero'(Sal ro,r4), ciod chi B povero di virtir". Ogni giorno il fratel-1o diceva tra le lacrime queste parole e altre simili a queste,sia quando gli accadeva di peccare che quando non cadevain peccato. Una volta durante la notte, caduto come al solitoin peccato, si alzd subito e comincid a recitare l'ufficio, mail demonio, colpito dalla sua speranza e dalla sua fiducia inDio, apparve davanti ai suoi occhi e gli disse: "Infelice, comepuoi non arrossire di restare davanti a Dio o anche solo dipronunciare il suo nome? E, invece non ti vergogni e anzihail'audacia di recitare i salmil". Il fratello rispose: "... Ec-co, confidando nelf infinita bont) di Dio, io ti giuro, nel no-me di colui che d venuto a chiamare i peccatori alla conve r-sione e a salvarli, non smetter6 di pregare Dio contro cli tcfinch6 tu non smetterai di farmi guerra. E vediamo chi vin-ceri, se tu o Dio". A queste parole il demonio gli dissc: "Si-

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curamente d'ora in poi non combatterd mai piil contro di teper non procurarti la corona mediante 7a tua pazienza" . Daa77oru7a guerra si ritird da lui1.

Il fratello di cui si parlainquesto apoftegma sembra avere gi)un'esperienza prov^t^ del pentimento. La preghiera che egli ri-volge al Signore dopo le sue cadute la esprime perfettamente.Eccola perd incalzata daun'altra voce dentro di lui: gli sussurache dovrebbe vergognarsi di pregare nello stato in cui si trova.Invano, peraltro. Il fratello non ceder), poich6 d troppo certodella misericordia di Dio. La cosa pir) significativa in questo te-sto d che l'apoftegma attribuisca al diavolo la voce che certunipotrebbero essere tentati di identificare con la "voce della co-scieflza". L'attribuzione che f.a1'apoftegma d corretta. Si trat-ta con tutta evidenza della voce "colpevolizzante" del censoreinteriore, una voce di cui il diavolo sa perfettamente far proprioil timbro, per spingere il peccatore allo scoraggiamento. Risal-ta con forua qui il modo risoluto in cui questo monaco riesce e

eludere il tranello.Ma ecco un altro apoftegma dello stesso filone. Leggiamolo

per intero, innanzitutto:

Un altro fratello conduceva vita eremitica al monastero delleSolitudini e pregava sempre Dio con queste parole: "Signore,io non ho timore di te, mandami dunque un fulmine o unamalattia o un demonio perch6 7a mia anima indurita per 1o

meno in questo modo giunga a provare timore". E poi dinuovo cosi 1o supplicava: "Signore. so di aver molto peccatoconffo di te e che innumerevoli sono le mie colpe: per questoio non oso dirti di perdonarmi, ma se ts possibile, a motivodella tua misericordia, perdonami; e se ron B possibile, ca-stigami qui sulla terra e non punirmi nell'aldil) ...". E cosi

1 N 582, inDetti inediti dei pad.ri del deseto, a cura di L. Cremaschi, Bose r986, pp.zz6-227.

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fece penitenz^ per in anno intero e tra le lacrime supplica_va ardentemente con tutto il cuore. Digiunuva, v"glirrru, sot_toponeva il suo corpo a ogni altra penitenza, il suo cuore eracontrito e spezzato. Un giorno mentre era seduto pcr terrae come al solito piangeva e gemeva in preda a ,-rn f rofondoscoraggiamento, fu vinto dal sonno e si addormentd. Ed eccogli apparve il Cristo che gli disse con voce gioiosa: ,,Uomo,

che hai? Perch6 piangi in questa maniera?,,. Egli riconobhechi era e gli rispose remante: ,,perch6 ho p..coto, Signo_re". GIi disse l'apparizione: "Rialzatil,'.,,Se tu non mi daiuna mano, Signore, non riesco", rispose. I1 Signore allora te_se la mano, Io prese e 1o fece ialzare. Ma quel monaco, unavolta rialzato, piangeva disperatamente. E la visione alloracon quello stesso tono mite e gioioso gli disse di nuovo: ,.Uo_

mo, perch6 piangi? Perch6 sei triste?,,. 11 fratello rispose:"Signore, non vuoi che io pianga e sia nel dolore perch6 homolto rattrist ato te da cui ho ricevuto tanti beni?,, . Il Signo..allora tese la mano, la posd sul capo del fratello e gli disse:"D'ora in poi non essere pir) triste. Dal momento che ti seiratftistato per me, io non mi rattristerd mai pit contro di te.Se ho dato il mio sangue per re, quanto pir) dard il mio per_dono a te e a ogni anima che si pentir) sinceramente,'. eurn_do il fratello dopo la visione rientrd in se stesso, trovd che ilsuo cuore era pieno di gioia e fu certo che Dio aveva miseri_cordia di lui. Dimorb sempre in una grande umilt) rendendograzie a Dio2.

II senso di questo apoftegma, un po' complicato al primo im-lrrlto, d altrettanto trasparente. Non bisogna lasciarii indurreirr crrore dalle due formule di preghiera - a primavista strane,1,.'r':rltro - che aprono l'apoftegma. Esse norr rgorgurro dallo Spi_r ilo santo, bensi dal censore interiore e dallo scoraggiame.rto .h"t r rs I ui non cessa di suggerire . La pima preghiera d una doman_

'N r8t, ibid.,pp. zz8-229.

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da che il monaco fa aDio per ottenere di temerlo. Sotto il pun-golo della pa:ura, il supplicante sarebbe in futuro pii virtuoso,cioB forte contro se stesso e, di consegtJeflza, in regola agli oc-chi di "Dio". La seconda richiesta B altrettanto male ispirata:dal momento che la giustizia di Dio d quella che E, d preferibilericevere il salario delle proprie colpe attraverso un po' di malipresenti piuttosto che nella vita futura. E perch6 I'uomo d ri-dotto all'impotenza che "Dio" si trova in regola con la propriagiustizia. La misericordia non c'entra proprio, n6 qui n6 l).

Cid che emerge con esrema chiarezza b l'identid di coluiche calcola il grado della colpa e stabilisce 1l tafiffario della riparazione. Quei "Fammipauta", "Fammi male", in ogni modo:"Mettimi in regola", sono altrettanti echi rinviati alla loro sor-gente: il censore interiore.

Nella progressione del tema l'apoftegma cerca di mostrareil crollo della sua onnipotenza sotto l'effetto illuminante del-lo sguardo interiore. Il proposito colpevolizzante d minato nellasua stessa forza persuasiva: la r:atura cede; spossato, il fratellosi addormenta. Scopre allora nella sanit) delle sue profondit)presefvate, attraverso un sogno, di essere una cfeaturavisitata,ciod riscattata, e non un essere posseduto dal demonio dellapropria quasi-insolvenza.

Cid che era mortifero d divenuto pretesto della grazia. Nel-la sua stessa debolezza, la nattua oppressa cade per la pesan-tezza nel proprio centro. In questo senso, la misericordia pre-cede e deborda le nostre ristrettezze teologiche, trascinando-ci irresistibilmente nell'evento della rivoluzione interiore. E liche prende corpo quello slancio del cuore, nella passivit) delsuo frangersi, che d al tempo stesso Ia forma estrema della suaattivite.

Tirttavia il pozzo segreto delle lacrime del pentimento non d

dissigillato se non sotto l'effetto della grazia, finalmente libera-ta nell'uomo da una parola o da un insegnamento che ne B comeI'annuncio e il frutto. In quest'acqua si riflette l'immagine del-

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l'uomo riunificato nell'amore, e non soffocato nei suoi desidericentrifughi dalla giustizia (e quale giustizial).

Al contrario del censore, il Maestro interiore - solo lui - nongiudica, non condanna, non castiga. Anzi, ialzail peccatore, loaccarezza,lo consola: "Quanto pir) dard il mio perdono a te e aogni anima che si pentiri sinceramente". E il vero pentimentoche inonda di gioia il peccatore perdonaro. Mirabile esempio didiscernimento spirituale, di una stupefacente giustezza, che hagi) saputo identificare, pur senza poterla chiamare per nome,quell'istanza interiore che la psicologia, ben piil tardi, chiamer)"super-io" e di cui, da sempre, il maligno si sa servire cosi bene.

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I

DUE ISTANZE INTERIORI:LO SPECCHIO

Ognuno di noi porta in s6 un'altraistanza, che comand a a suavolta, sovente a nostra insaputa, una parte notevole dei nostricomportamenti. La chiameremo: lo "specchio interiore". Qu.-sto tema dello "specchio" ha un nobile precedente nella mitolo-gia greca: Narciso si innamora del proprio riflesso, rinviatoglidall'acqua di una fonte, e annega nel vano tentativo di stringerela propria immagine. Pir) recentemente il tema dello "specchio"ha conosciuto un ritorno di interesse teorico nella psicanalisi,con la scuola di Jacques Lacan.

Lo specchio interiore non d senza legami con l'esperi enza cheognuno fa quando scorge per la prima voltala propria immagi-ne in uno specchio posto dinanzi a s6 (d lo "stadio dello spec-chio", come lo chiama Lacan). Egli si apprende in quanto "io"contemplando un'immagine da cui d separato dalladistanza cheesiste ra lui e lo specchio: esperienza di identit) - sono proprioio! - ma in un'alterith e in una laceruzione - lo specchio d altroda me, d fuori di me -. Ormai, in ogni incontro interpersona-le, quale che sia, ogni soggetto cercherh di ritrovare la propriaimmagine nello sguardo di quest'alto. Si vorr) amabile e ama-to nello sguardo dell'alffo. Per citare un esempio universalmen-te conosciuto, i l'esperienza a un tempo affascinante e crudel-mente frustrante del fenomeno amoroso. Inf.atti, in quest'altrointeramente riflesso nell'immagine primordiale e ridotto a taleimmagine, ognuno non pud incontrare provvisoriamente che le

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proprie emozioni e la propria soddisfazione, giustamente det-te "narcisistiche". Il fenomeno amoroso non raggiunge aflcoral'altro in quanto tale. Il vero amore E ancora molto distante: l'al-tro non d per nulla raggiunto nella sua dlfferenza.

Questa immagine-specchio di se stesso, il soggetto non tar-derd a introdurla dentro di s6, ricostruendola all'interno di se

stesso. Ben presto, inolte, avr) bisogno di abbellirla continua-mente, per essere sempre pii amabile agli occhi di coloro cheincontra e che tenta in tal modo di sedure. Questo abbellimen-to si far) in base ai criteri di approvazione o di conferma cheil soggetto ha ueduto di leggere nello sguardo degli altri. Ov-viamente d qui, nella progressiva messa a punto di questo spec-

chio, che il censore interiore, con tutto cib che egli vieta o auto-rizza, svolge un ruolo non trascurabile. In tal modo ogni sogget-to erige a poco a poco un io ideale o idealizzato, come unospecchio in cui si contempla e si sente approvato, da se stessoe dagli akri.

Alla lunga, questo specchio, che all'inizio funziona unica-mente al livello delle emozioni primarie, finiri per secernereun ideale di vita, uno schema di perfezione, perfino un'ideolo-gia o una filosofia. Ogni "ideale", per quanto rispettabile, avr)qualche legame con lo specchio interiore, un legame che nonE necessariamente negativo. Neppure l"'ideale" di vita cristia-na o di vita religiosa sfugge u qrrirtu sottile connirrenza. E im-portante saperlo, per diminuire ogni rischio, sempre possibile,di ridurre unavocazione a questo specchio narcisistico compia-cente, in cui ognuno ama cosi tanto mirarsi, con il rischio diannegarvi.

La nostra stessa immagine di Dio pud risentire dello specchiointeriore, nella misura in cui ci avviene di proiettare il nostro ioidealizzato al posto di Dio e di scambiare innocentemente que-st'ultimo con il nostro specchio elevato al massimo di perfezio-ne. E evidente che il vero Dio non c'entra nulla con questa falsaimmagine; essa non ne sarebbe che I'idolo, uno di pii! Si ricor-

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deri che anche il censore interiore poteva assumere il ruolo diun idolo, in quanto usurpava il posto del vero Dio. Ancora unavolta, una delle finalit) dell'accompagnamento spirituale sar)per l'appunto di liberarci da questi falsi ,,Dio',.

Ma prima di liberarci da questo idolo, l,accompagnamentomirer) a liberarci da noi stessi, rendendoci autonomi nei con-fronti dello specchio interiore. l,o specchio, infa*i, al pari delcensore, ci allontana dalla nostra realt) profonda - i nosffi veridesideri e al tempo stesso l'unzione delio Spirito in noi - stor-nando la nostra attenzione verso qualcosu di illurorio. Nel casodel censore, cid che ci cattura d un'autorit) tirannica che fini-sce per ridurci in schiavitr); quanto allo specchio, il richiamo dcostituito da un ideale prestigioso il cui scintiilio ci accieca suquella che ts la nostra condizione reale. In un caso come nell'al-tro, I'artificio tende a dissimulare certe ferite ritenute dall'in-conscio troppo dolorose per poter essere guardate in faccia.

Qualcuno potrebbe obiettare: rispetto al censore interiore, nons arebbe pos sibile, nell' accomp agnamento, utilizzare lo specchioin modo positivo? Il censore, infatti, esercitava un,influenza re_ptessiva, per non dire deprezzativa e depressiva. l,o specchio,invece, sembrerebbe in grado, cosi a prima vista, di diiamizza_re il soggetto in vista di un avvenire promettente. Larisposta aquesta obiezione si pud riassumere in poche parole: a breve sca-denza, si, forse. A lungo termine, invece, questa dinamica nonavri alcun impatto, poich6 l'ideale che lo specchio riflette aisuoi occhi, e che egli protende allo sguardo del partner e per_sino allo sguardo di Dio, non corrisponde per nulla a cid cheegli d e a cib che pud in realti. Il ruolo dello specchio consi-ste precisamente nel dissimulare certe debolezze che gri sonoinsostenibili. In un certo senso si potrebbe anche dire che ogni"ideale" - quale che sia: laico, umanistico o religioso - si"la_scia facilmente stornare dal proprio fine dal soggetlo stesso, di-venendogli un premio di consolazione e di compensazione dellesue debolezze. L'ideale d) l'illusione di poter divenire cid che

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non si B realmente e permette di rifiutare cid che si E di fatto. Intutto cib che fa, il soggetto d incessantemente tentato di giudi-carsi rispetto all'immagine che lo specchio gli rimanda. Questo"sguardo obliquo", gtazie al quale la persona si confronta con-tinuamente con l'ideale riflesso dal proprio specchio, b tipicodell'atteggiamento narcisistico. Ma se fa riferimento a qualco-sa di ingannevole, l'ideale mantiene il soggetto nell'illusione dipoter fare a meno dell'unica cosa che d davvero importante ed A

la presa di coscienza.Non che ogni ideale o ideologia svolgano necessariamente un

ruolo cosi negativo. Anzi, la loro funzione regolaffice ha unacerta importanza alf interno di una data cultura, e dunque an-che della cultura religiosa. La loro influenza diventa perversaunicamente qualora, all'interno dell'accompagnamento, si pre-tendesse di chiedere loro un servizio che non sono in grado direndere. Il rischio che presentano, infatti, d quello di tagliarfuori il soggetto dai propri desideri profondi, quei desideri che

- essi si! - sono selvaggiamente reali e non accetteranno a lungodi esser cosi generosamente immolati avantaggio dello specchionarcisistico.

Lo "sguardo obliquo" gettato nello specchio interiore d statoillustrato alla pefiezione da un apoftegma di Antonio. Per An-tonio la preghiera non d perfetta fintanto che l'orante B ancoracosciente di pregare, ciod occupato a rimettersi in mente ognitanto i contorni della preghiera ideale che lo specchio gli rinvia,per confrontadi con la propria preghiera. Ora, pregare veramen-te significa sempre "essere debordati" da qualche parte, nostromalgrado, dall'interno, e non essere arginati da un modello dipreghiera al quale ci si conforma, bene o male.

Se dunque l'immagine narcisistica pud avere questo ruolo per-turbatore in un'esperienza spirituale, a quale ptudenza non ci sidovr) piegare nel corso dell'accompagnamento spirituale, dalmomento che entrambi gli interlocutori sono, ognuno da patesua, portatori di uno specchio interiore! Qualora il dialogo di

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accompagnamento sfociasse in un reciproco rufforuamento deidue specchi in causa, si condannerebbe evidentemente alla ste-riliti, dato che lo specchio non sarebbe aluo che uno schermoteso tra i soggetti e i loro desideri. Questo rischio sari ancorapir) grande nel caso che i due partner del dialogo apparrenganoa una medesima famiglia spirituale di c.ui ts chiaramenre p.r..-pita e fortemente affermata l'identit). E quanto avviene ,ou"n-te in un monastero o in una famiglia religiosa.

Uno dei primi bisogni che prova l'accompagnato quando ac-costa l'accompagnatore ts di tendergli il proprio specchio inte-riore, nell'intento a malapena dissimulato di farglielo approva-re. Certo, 1o fa senza annunciarlo esplicitamente, anzi soventesenza neppure rendersene conto. Sin dal primo colloquio, tutta_via, b relativamente facile individuare a grandi tratti l,imma-gine idealizzata inscritta nel suo specchio. L,interessato ne faconoscere gli aspetti che giudica positivi, cosi come quelli chestima negativi, dalle paure a cui fa allusione, dalle colpe di cuisi accusa o di cui accusa gli altri. Questo specchio teso all,ac-compagnatore rappresentaunavera trappola. Niente di pir) facile, e di gratificante per l'uno come per l'altro, che cadeivi den-tro innocentemenre. Se ts prodigo di felicitazioni allorch6l,ac_compagnato sembra metter a segno dei punti rispetto al proprioideale, o se moltiplica i rimproveri allorch6 quegli si riconosceinadempiente, l'accomp^gnatorc non fa che favorire lo specchioe insieme i suoi effetti perversi. L'unico contributo, a malapenapositivo peraltro, che potrebbe portare in tal modo consistereb-be in un lavoro di aggiustamento e di affinamento dell,ideale,nell'intento, per esempio, di rendedo piil conforme a certe .,nor-

me" evangeliche. Un lavoro del genere non sarebbe inutile, cer-tamente, ma genererebbe solo un accrescimento di conoscen_za, senzatuttavia raggiungere il livello profondo dei desideri, ilsolo davvero importante e fattore di evoluzione all'interno derdialogo. Il grande rischio B che, a loro insaputa, i due partnerdel dialogo siano portati a trovarsi molto rapidamente d'accordo

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su cid che "dovrebbe essere" l'ideale perseguito. Nulla di pir)

rassicurante, infatti, per l'accompagtato che riconoscere il pro-prio specchio nelle parole di approvazione della guida.

Il tragico d, come ts gi) stato detto sopra, che uno specchio

cosi rassicurante impedisce al soggetto di discendere pii pro-

fondamente in se stesso, fino al livello dei suoi veri desideri.E si pub aggiungere: fino al livello in cui lo Spirito santo, ciod

il desiderio o I'amore di Dio a suo riguardo, d all'opera in luie non cessa di "spingerlo", come diceva Paolo (zCor 5,r4; cf.Gal 5,r6-r8). La pedagogia dispiegata da Dio va, d'altronde,sempre ed esattamente in senso inverso rispetto a un taffotza-mento o a un imbellimento dello specchio. Dio incessantemen-te cerca di infrangere quest'ultimo, per liberare il cammino in-teriore che porta al vero io. Un accompagnamento coretto, lun-gi dall'alimentare e promuovere lo specchio, dovrebbe dunque

limitarsi ad aspettare al varco con pazienza il momento, asso-

lutamente cruciale nell'esperienzaumaLla ma ancor pii nell'e-sperienza spirituale, in cui 1o specchio si infranger). In quelmomento decisivo del percorso dell'accompagnato, la qualithdella presenza dell'accompagnatore avr) in effetti una portataincalcolabile.

Come si b detto, conviene piuttosto che egli attenda che lospecchio si infranga. In linea di massima, per lo meno. Certi ac-

compagnatori forse saranno tentati di spezzarlo essi stessi. Qual-che parola, qualche gesto o qualche atteggiamento porebberoprecipitare le cose. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, un'i-niziativa del genere avrebbe effetti altrettanto disastrosi quanto

quelli provocati da una parola intempestiva, come abbiamo vi-sto per l'istanza del censore interiore. E possibile, perd, che la

situazione sia sufficientemente matura e che, da una parte co-

me dall'altra, i due partner si sentano pronti ad affrontare untale incidente e

^ sopportarne le conseguenze. Ma non biso-

gna soprattutto presumere di nulla e agire unicamente con pie-

na conoscen za di causa, perch6 nella maggior parte dei casi que-

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',1;r :lzione "violenta" non d opportuna. Basta attendere che lo,,1,,'.'r'lric'r si infranga da s6. La vita E di per se stessa abbastanzal,rlt'cla avere la meglio e far si che non ci si illuda all'infinito. E,lrt'tlire della potenza divita che d quella dello Spirito santo?/\n(()r'rr una volta, tuttala pedagogia di Dio e le divine astuzie,li r rri si serve hanno in vista questo infrangersi dello specchio e

,1,'llt' sue illusioni. Prima o poi avverrh.l,rr storia di salvezza contiene numerosi esempi di questa pe-

,l,r1i.rgia divina. Uno dei pir) suggestivi d indubbiamente quello,li l'rrolo. Lo specchio interiore in cui si B a lungo compiaciutor r:rsl)irre chiaramente dai titoli di nobilt) che egli ama ancora de-,lirrirle in un momento che descrive peraltro come un momento,li l,rl[ia, uno specchio in cui si contempla con discrezione pertr;llnc un po'di vanto: "cifconciso l'ottavo giorno, della stirpe,li lsraele, della tribi di Beniamino, ebreo da ebrei, fariseorlurrrto alla legge; quanto a zelo, persecutore della chiesa; irre-l)r('nsibile quanto alla gittstizia che deriva dall'osservanza dellal, 1i1it"' (Fil 3,5-6).

tlrr evento decisivo, tattavia, d accaduto nella vita di Paolo:r rr r t'vcnto che gli ha aperto la strada verso il suo cuore profondo,'lili ha permesso di reputare tutto cid una perdita trascurabile,li I rrrnte alla conosce nza di Gesil Cristo. Questo evento illustrarn rrrodo eloquente e insieme pittoresco I'infrangersi di uno',1'.'r'chio: quello della perfezione giudaica. Il suo peso era dive-nut() ir tal punto insopportabile al suo fervore, peraltro esempla-r, , r'lrc Paolo non cessera pit tardi di ripetere che una tale per-l,'ziorre B incapace di liberare l'uomo e di dargli Tavita.

l,'csempio di Paolo illustra quell'evento anteriore di cui gih,rlrlrirrnro parlato: l'apparizione di Cristo genera uno sconvolgi-nr('nto, tanto a livello fisico quanto a livello spirituale. Il clrracllo,1.'llo smarrimento di Paolo, sulla via di Damasco, B particolar-rrrcrrtc suggestivo: l'uomo B scagliato atetra, interpellato, riclot-t,, rrllir condizione di uno perso nelle tenebre. ()ucllo stirt() in-,lrr..lc il mistero del tempo della conversione chc accorul'rirgtrir

t5)

Page 77: Rigenerati dallo spirito di andré louf

l'irruzione di Dio. L'evento d il pretesto di un itinerario interio-re attraverso l'insegnamento e il sacramento. Dopo aver recupe-rutolavista - grazie alla preghiera di uno di quelli che egli per-seguitava artcota, prima del capovolgimento interiore -, Paoloriceve in capo a otto giorni il battesimo, cui fanno seguito trelunghi anni di deserto; tempo in cui si fortifica nella nuova fe-de, mettendosi progressivamente in sintonia con la sua nuovasituazione di convertito, mentre termina di "far lutto" su quelprimo specchio di zelante della legge. Da quella pedagogia spirituale ed ecclesiale sgorgher) la parola di libert) nello Spirito,testimonianza del rinnovamento di Paolo, parola che egli pro-clameri d'ora in poi in rottura con Ie proprie certezze e i ma-neggi del passato, e nella quale i suoi vecchi compagni di stradanon riconosceranno mai piii f inflessibile fariseo di un tempo.

Il movimento di rottura dello specchio giudaico corrispondea quell'istante in cui Paolo, a terra, si sente interpellato in mo-do tale da non saper riconoscere il nome segreto dell'autore diquell'atto: Gesr). E il ribaltamento nella novit). Paolo viene aperdere gli appoggi psicologici inconsci, sotto il fuoco di unapotenz^ iresistibile. Deve reimpararc 7l volto del suo essere

profondo. Tirtto diventa possibile: egli non d piir nulla ai propriocchi, cosi come sono ridotti a nttlla i segni di riferimento di cuilo sguardo altrui era il rifugio.

La conoscenza del suo essere profondo, Paolo la deve all'in-frangersi del suo specchio. Egli pud prendere ormai il camminodella veriti su di s6, cammino di riconciliazione profonda che sistacca senza ambiguit) da ogni tensione verso l'ideale che si eracostruito. Paolo si scopre in verit) nella sua vertiginosa debolez-za. Confrontato con il proprio io autentico, in cui non c'B piirnessuna immagine lusinghiera, Paolo raggiunge le profondit)della sua condizione primordiale di creatura in una domandarivolta al suo Signore. Pii tardi confesser) il mistero di que-

sta debolezzavivificata dalla grazia, in quel mirabile inno dellaSeconda lettera ai Corinti: "Mi vanterd delle mie debolezze ...

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'f i lrrrslrr la mia grazia; la mia potefiza infatti si manifesta pie-n:un('n(c nella debolezza ... Quando sono debole, d allora che,,rno lirrte" (zCot rz,5-ro). Un inno che b potuto sgorgare uni-( ;un('ntc dai frantumi dello specchio infranto e nell'assicurazio-rrc t' rrclla promessa che non avrebbe portato frutto se non nel-l;r t ostante compagnia del Signore e sotto il suo sguardo, nella

lrrrtt'nzlr liberatrice del nome di Gesti. Senza la presenza e lo',)tu:rr'(lo di Gesil, infatti, Paolo non avrebbe mai potuto attra-\,('l silrc indenne una tale prova.

l,'rrccecante vocazione di Paolo deve mettere in guardia l'ac-r.rrrpagnatofe per quanto concerne le conseguenze dell'infran-1i.'rsi clello specchio. Per chi per anni e anni si d esercitato a con-l, r1 111111s la propria vita ai tratti riflessi dallo specchio, a rassicu-r;rlsi attraverso episodici sguardi obliqui o attraverso il discorso, l,'l I 'accompagnatore invischiato nel potere di atttazione di que-',lrr specchio, ebbene, per costui essere tutt'a un tratto ptivato,1,'l lrroprio specchio equivale aunavera e propria scossa di ter-rcrrroto. Si ffatta di un profondo sconvolgimento che non pudrr,,n produrre un suo peso di angoscia: tutto diventa irriconosci-l,ilc. Per usare un linguaggio figurato, il paesaggio e la configu-r:rzione del suolo si trovano modificati, Ie pianure si sollevanor lrrnclo origine a colline, mentre le montagne sono livellate, fino;r r)()n essere pir) che un paese piatto. Ormai piir nulla sare comeplima. In un primo tempo tutte le sicurezze di quella persona,liventano inoperanti, il terreno le s{ugge di sotto i piedi: essalr:r l'impressione di essere come sollevata, fatta uscire dai proprit :rt'dini, senza sapere neppure dove ricadr) e quale sar) il suoprrnto di ancoraggio.

IJno sconvolgimento del genere non e senza rischi. Pud toc-( :rrc cosi radicalmente le strutture del soggetto da condurlo sino,rll'trltima frontiera del suo equilibrio psicologico, fino al limi-t.' rlclla sua possibile follia. Non bisogna stupirsi, n6 perderc latcsta. In ogni maturazione spirituale pub artivare un monlclt-r() come questo, prima o poi. La vita dello Spirito d in graclo di

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trasformare cosi profondamente le nostre strutture interiori, chequeste, prima di cedere a un simile aggiornamento spirituale,rasentano il crollo, in genere l) dove l'ego del soggetto ts parti-colarmente fragile. Il rischio non ne ts mai del tutto allontanato.Se il soggetto, nell'infuriare di una tale prova, riesce a salva-guardare la propria integrit) psicologica, lo dovri in definitivaalla rivelazione della misericordia di Dio che gli d. fatta al cuoredi questa esperienza. Solo un amore infinito, infatti, che gli dtestimoniato in un momento cosi cruciale, pud riconciliarlo conse stesso, con i cocci del proprio specchio, con le rovine del pro-prio ideale di perfezione.

E evidente che il ruolo della guida spirituale, in simile circo-stanza, d della pir) grande importanza. Essa sar) il primo segnodi Dio e della mano salvatrice della sua grazia, aiutatain questodalla qualith della sua relazione con l'accompagnato, che va vis-suta con tutto il tatto e la sensibilit) necessari, per eludere leinsidie delle identificazioni del transferr. C'B un ahro atteggia-mento possibile da parte sua: cercar di radunare insieme i coccisparsi per ricostituire con pazienza lo specchio, o proporre ilproprio specchio a mo' di sostituzione compensatrice. Ma con-solare o rassicurare in tal modo, in realt), non pub che impedi-re che accada cib che potrebbe finalmente accadere! Una voltache 1o specchio d stato infranto, si apre un cammino verso il nu-cleo profondo dell'essere e verso la sua vera nobilti. Questa nond mai da leggere nello specchio, per quanto brillante esso pos-sa essere, ma si trova nel pir) profondo del cuore, l) dove Dioattende di poter accogliere il soggetto in crisi. E dunque per laqualit) della propria vita spirituale, del contatto con il proprionucleo profondo, che l'accompagnatore sar) operante in questacrisi, Iasciando trasparire con la sua sola presenza, cosi carica diamore, come lo specchio limpido dove si riflette efficacemen-te, I'immagine del Dio consolatore e redentore, attraverso lasua parola, il suo sguardo, la sua misericordia. Tale d la distanzache separa la psicologia e i giochi del suo specchio dal mistero

r56

.lcll'icona che giace nascosta nelle profonditi dell'essere, miste-tr cli carit). Nel profondo dello sguardo di un altro che si fat';rlico di lui nell'amore, l'accompagnato pud riconoscere un ri-Ilcsso di cid che 1o attende nel pir) profondo del suo stesso cuo-rt': cgli d perdonato dalla misericordia infinita, e li trova la sor-

1ic'nte di un'infinita libert).Al cuore di una tale rclazione ogni parola pronunciata dall'ac-

( ()nrpagnatore dovr) esser soppesata acclJratamente, amorevol-nlcnte. La sua fortuna e al tempo stesso il suo rischio, infatti,,l' cli essere terribilmente efficace. Innanzitutto, questa parolatlovr) scaturire non dalla testa o da qualche buon sentimento,rnir realmente dal pir) profondo dell'essere, dal Signore presen-tt'in colui che parla. Una sola pada, peraltro, sar) allora lar-lgrrrnente sufficiente, la parola giusta, pronunciata al momentoliitrsto, con l'accento giusto.

E in casi come questo che si pud presentire quanto una sem-

1,lice parola d'uomo possa essere a sua volta creatrice, rinno-vrrtrice, vivificante, come lo d sempre la parola di Dio. Sl, real-nr('nte la parcla del padre spirituale B capace di generare nel fi-lilio I'uomo nuovo in Gesii Cristo.

la grazia del pentimento

l,'aggirare, quanto pir) abilmente possibile,le influenze nefa-',tt' clel censore interiore o dello specchio interiore apre la via:rll'rrtrtentico pentimento e permette di distinguere quest'ulti-rrr,, clai falsi sensi di colpa o dai falsi ideali che devastano cosi',1)('sso 1'esperienza spirituale. Percid d il vero pentimento nell<rSl,ilito santo la pietra di paragone di ogni esperienza spiritr,ralc,rul('rlticamente cristiana. Ed ts anche il primo criterio di clisccr-rrirrrcuto. E n.cessario che ci si sofferml brevemenre.

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Page 79: Rigenerati dallo spirito di andré louf

Isacco il Siro, grande spirituale e monaco del vn secolo, cosidescrive la grazia del pentimento cristiano:

Colui che conosce i propri peccati d pir) grande di colui checon la preghiera risuscita un morto ... Colui che per un'orapiange su se stesso ts piir grande di colui che ammaestra l'u-niverso intero. Colui che conosce la propria debolezza ts piigrande di colui che vede gli angeli ... Colui che, solitario e

contrito, segue Cristo i piir grande di colui che gode il favoredelle folle nelle chiesel.

:E in questi termini, che volutamente sfiorano il paradosso,che Isacco vuol mettere in luce il carattere specificamente cri-stiano del pentimento. Lo si inconra unicamente nella scia del-I'evangelo, e da nessun'altra patte, in nessun'altra religione, innessun altro umanesimo. Il pentimento cristiano non d riduci-bile n6 parugonabile a nessun'altra esperienza dell'uomo lascia-

to alle proprie forze. Non lo si pub contraffare senza correre ilrischio di cadere nel ridicolo o di sprofondare nello squilibrio.E un frutto assolutamente certo dilto Spirito santo e uno deisegni meno contestabili della sua azione nell'anima.

In realt), per ognuno, il pentimento non pub che scaturiredai cocci dello specchio interiore e una volta che si siano rego-

lati i conti con il censore interiore. La psicologia ci aiuta cosi asituare meglio Ia sorgente e il senso del pentimento: sono bendistinti da certe reazioni psicologiche del tutto primarie che li-berano sensi di rimorso e danno origine a rimproveri di coscien-za che non sono per nulla il frutto di un intervento diretto delloSpirito santo.

In questo campo gli spirituali di tutte le epoche, malgrado laloro inevitabile ignoranza circa i dati psicologici a noi oggi fa-miliari, non finiscono di stupirci. Provvisti di un discernimento

I Isacco il Siro, Dlsconl ascetici 34.

r58

.r,r lrt(.n(lL:lttemente sicuro, che era in loro il frutto dello Spirito',,rrt(), sono stati quasi sempre capaci di distinguere un'umil-r.r rlull csteriore, che non b altro che il risultato di una costri-.'r')n(', (lir un'altra umilt) che sgorga di sorgente ed d il fruttorr,rtur() cli un amore autentico. Ugualmente, si guardavano bene,l,rll'itlcrrtificare un pentimento che nasce dallapaura e non pub, l',' r,r.lcloppiarla, con un pentimento che fa sgorgare lacrime,lr, rlr)n sono tanto lacrime di dolore, quanto piuttosto, o nel

' ' 'nt('nrpo, lacrime di gioia e di amore.li:r rltresti spirituali in cui il discernimento si accompagna-

\',r ;r unil notevole finezza psicologica, si pud citare - ma d solo,rrr,,,1,.'i tanti - F6nelon, arcivescovo di Cambrai verso la fine, l, l r v rr secolo. Ecco un testo di sua mano che, pur senza esserer,, 1ir,r.l.r di chiamarli per nome, sa discernere gli artifici dello.;',,,lrio o gli imperativi del censore:

Solamente Gesil Cristo pub darci quella vera umilt) del cuo-rc che viene da lui; essa nasce dall'unzione della sua grazia.Non consiste affatto, come si immagina, nel fare atti ester-ni di umilt), bench6 cid sia buona cosa, ma nel rimanere alproprio posto. Chi si ritiene qualcosa non d veramente umile;chi vuole qualcosa per se stesso, neppure. Lo d invece chi sidimentica a tal punto da non pensare mai a se stesso, chi nonIra ripiegamenti su di s6, chi dentro non d che bassezza, danulla d ferito e non ostenta lapazienza al di fuori, chi parlacli s6 come parlerebbe di un altro, chi non ostenta di dimen-ticare se stesso quando ne B pieno, chi si dedica alla caritdsenzabadare se sia umilt) o orgoglio comportarsi in tal mo-do, chi E ben contento di passare per uno che d senza umilt)... I\oi tendiamo sempre a essere qualcosa; facciamo soven-te chiasso nella devozione, dopo averne fatto nelle cose cherrbbiamo lasciato. E perch6? Perch6 vogliamo distingucrci a

ogni costo. Ma chi d umile non cerca nulla: per lui d la stessa

cosa essere umile o essere disprezzato, perchl non prcndcnulla per se stesso e lascia che si faccia di lui ttrtto cir) che

rtg

Page 80: Rigenerati dallo spirito di andré louf

si vuole. Ci sono tanti che praticano l'umiltl esteriofe e tut-

tavia sono ben lontani da quell'umilt) di cuore di cui ho ap-

pena parlato. Piil si d convinti di abbassarsi, pii si d persuasi

iel proprio innalzamento. Chi si accorge di abbassarsi [ecco

1o "rg*u.do obliquo" nello specchio!l non d per nulla ancora

al proprio posto, che d al di sotto di ogni abbassamento' kp..rot. che credono di abbassarsi si innalzano molto; percib'

fondamentalmente, questo tipo di umilt) B sovente una sot-

tile ricerca di innalzamento. Queste specie di umilt) poran-

no entfafe in cielo solo se sono ricondotte alla pura carit),

fonte della vera umilta, che sola b degna di Dio, e che Dio

si compiace di riempire di se stesso2'

Impossibile giocare all'umilth, ci ricorda F6nelon, o giocare

al pentimento. Anche Bernardo distingue due specie di umilt).

Ve n'E una prima che d il frutto di un ragionamento oggettivo:

essa d di necessit) e senza calore, ci ricorda' Ve n'B poi una se-

conda che scaturisce dall'amore: E spontanea e calorosa, e non

prova nessuna difficolth a lasciarsi trascinare in una situazione

effetti,ramente umile e disprczzata. La prrma b semplicemente.,estofta,, da un ragionamento ("extorsit discussio veritatis"), la

seconda d invece i,suggerita" da un tocco interiore del cuore

("cordis suasit affectio")'.A pin riprese Bernardo non esiteri, del resto, a descrivere le

tuppe successive dell'esperienza spirituale o della preghiera co-

.. r., progresso che inieressa la qualit) dello sguardo che l'uo-

,no porlu sul proprio peccato, in una costante evoluzione e pu-

rificazione del senso di colpa che lo accompagna. I principianti

provano unicamente timore e tremore di fronte a un Dio che

non conoscono ancora se non come un giudice severo; finiscono

quindi per irritarsi e andare in collera con i peccatori che essi

, F6nelon, .,Instructions et avis sur divers poinrs de 1a morale et de la perfection

chr6tienne", in F. Varillon, Fine lon et le put amout, Paris r957, pp r65 ss'-- i B"rnrtio di Clairvaux, Sennones in Cantica Canticotum 42,6-7 '

r6o

',, )n( ). ( loloro invece che progrediscono hanno gi) gustato un po'l;r rrriscricordia di Dio; essi non esitano pir) a implorarlo con fi-,lrr, i:r c fervore. Vengono infine i perfetti - Bernardo confessar lrt'srlno rari oggi, anche tra i monaci -, coloro che traboccano,li slririto profetico e che, "come David e Pietro, si rialzano [a-, rlrrrt'nte anche dopo pesanti cadute"a, poich6 sono gi) stabilitirr,'llrr semplicit) di Dio che d la loro gioia. 'Anche se ogni ran-r, r t rrrkrno, non pensano che Dio ne sia adirato, ma ritengono al,rrrlrrtrio che tutto stia cooperando al loro bene, in modo che

l,()sslrno ialzarci pir) forti di prima",. La loro preghiera per otte-rr,'rt' il perdono dei peccati non ts piir che azione di grazie anti-r i1rr11lq, talmente sono certi della misericordia: "gratiarum actio, ',t tle peccatis et de percipiendis, laus in Deum et benedictio","l':rzione di grazie riguarda il peccato e il perdono da ricevere,1,,, lt' ir Dio e benedizione"6. La formula d ardita, ma Bernardo1,.rr l,r indubbiamente per espefienza. Pet usare la nostra termi-n,,1,'11ia diremmo che nei santi il rigore del censore interiore hal.r',t irrtc'r il posto alla dolcezza e all'unzione del Maestro interio-r,', lo Spirito santo, che ci insegna tutto e basta a tutto.

' l,l, .\tntcntiae III;24l,l . .\tntentiae lIIJor

Cf . Id., Semo de diuenis z5

r6t

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ESSERE PADRE E (O) MADRE

In Madagascar, chi b investito di un'alta responsabilit), siareligiosa che civile, riceve il titolo di Rainrnandren,Tetteralmen-te: "padre e madre". E .r.u terminologia che testimonia unaintuizione profonda circa l'esercizio dell'autoriti: questa si si-tua al tempo stesso nell'ambito della fermezza e della dolcez-za, della forza e della tenerezza. Anche Benedetto, nella suaregola, distingue nell'abate come una duplice personalith e at-tribuisce a ognuna di esse dei sentimenti diversi e complemen-tari: l'abate b padre, e a questo titolo dev'essere dotato di un"pius affectus", di sentimenti di tenerezza; ma d anche mae-stro, e deve percib mostrare nel contempo un "dirus affectus",dei sentimenti di fermezza e persino di duezzal. Come si pudnotare, Benedetto non usa il simbolismo materno, ma sosti-tuisce il "padre" con il "maestfo" e la "madre" con il "padre".La sostituzione B indubbiamente suggestiva per quanto riguar-da la psicologia personale di Benedetto, ma essa insinua an-che quale "sentimento" sar) predominante, a torto o a ragio-ne, nell'esercizio dell'autofitd abaziale. Per Benedetto dunque,curiosamente, il lato paterno dell'autorith d in primo luogo unlato materno: l'abate "farh sempre prevalere Ia misericordia sulgiudizio"2, senza peraltro negare i due aspetti complementari

I RB 2,24.2 RB 64so.

r61

Page 82: Rigenerati dallo spirito di andré louf

dell'esercizio dell'autorit) che egli conosceva: la fermezza e 7a

dolcezza.Tuttavia Benedetto non innova. Gi) molto tempo prima di

lui, Paolo non aveva per nulla esitato ad applicare a se stessonell'esercizio del proprio ministero di apostolo le immagini delpadre e della madre, rispettivamente connesse con questo o quel-l'aspetto del suo ministero, e tutto cib con una sorprendentefinezza psicologica. La Prima lettera ai Tessalonicesi, probabil-mente il pii antico scritto di Paolo e dell'intero Nuovo Testa-mento, presenta gih una piccola sintesi abbastanza completa a

questo riguardo. E noto il contesto di quella lettera. Ci sonostati dei malintesi ra Paolo e i suoi corrispondenti. Se ora pren-de in mano la penna, ts perch6 vuol far valere i diritti cheha acquisito nei loro confronti. La giovane comunith cristianadi Tessalonica d stata fondata da lui; Paolo pensa di aver benqualche diritto, perci6, di intervenire con f.ermezza nella vitadi quella comunit), anche di lontano. Per giustificarsi si mettea descrivere il modo in cui si d comportato un tempo con essa(cf. rTs z,t-rz)'. il suo atteggiamento E stato al tempo stessodolce e fermo. Egli ha circondato i tessalonicesi di ogni affet-to, al punto da essere tacciato di debolezza bonacciona, ma nelcontempo la sua parola E stata ferma e chiara, dando orienta-menti ben precisi.

Ecco, del resto, come si presenta:

Pur potendo, in quanto apostolo di Cristo, far sentire tutto ilnostro peso, ci siamo fatti piccoli in mezzo a voi. Come unamadre nute i suoi figli e si prende cura di loro, tale era lanostra tenerezza per voi che avremmo voluto darvi, insiemecon l'evangelo di Dio, la nostra stessa vita, tanto ci eravatedivenuti cari (rTs 2,6-8).

Egli desmive poi le sue fatiche, le lotte del suo apostolato,giorno e notte, al servizio dei suoi tessalonicesi. E continua:

r64

(lon.re fa un padre con i figli, voi lo sapete, noi vi abbiamocsortati, ciascuno di voi, incoraggiati, scongiurati di condur_re una vita degna di quel Dio che vi chiama al suo Regno ealla sua gloria (rTs z,r:--rz).

I'rrolo comincia dunque con il paragonarsi a una madre. An_,'i, il tcrmine greco che egli usa qui, troph6s, significa piutto_',r,) nutrice. Aquel tempo, soprattutto in certi ambienti, Ia ma_' I r '' v i vcva sovente a una certa distanza crai figli e lasciava a unarrrrr'it'c la cura di allattadi. Se paolo ha preferito il termine"rrrrrl'icc", d perch6 vuole sottolineare il ruolo effettivamente''rrrrt'itivo" della funzione apostolica. Non arriva, del resto, ar'i.r:rlr()rare la buona novella del Regno a del latte? Nella primal'< rrt'r'rr ai corinti parler) infattidel latte dell'evangelo (cf. ,coir , ,) ( l'd poi iI verbo thtilpein, che qui viene tradoito con ,,pren_

,1,'rsi crrra". E di, po.o. it t.r-in. greco d pir) espressivo: indi_, .r ".'ircondare di attenzioni,,,,,coccolare,,,,,risc^aldare,,, addi_,r.r'rr "covare". Stessa difficolt) per il termine homeir6rnenoi,' l,r rr.i tradotto con l'esptessione: 'ila nostra teflerczzaper voi,,.l''rrirl;r rata e di non facile resa. Indica un'incrinazion. fort.,l.rrr;irricla, quasi morbosa. Paolo sembra confessare .h., .o*.rrr:r ,r^dre, d stato come abbagliato e accecato dall,affeito perr "rr'ri cari tessalonicesi. come una madre, non solo hu nutritor lrlili con Ia propria sostanza, ma sarebbe anche pronto a d,arclal rtit l)cr IOIO.

(.)rrrrlche riga piil avanti, invece, paolo si vede piuttosto ,,co_

rr(' un padre". Ha lavorato duro per i figli, con Ie proprie mani,l" r l)()ter essere in grado di annunciare liberamente l,evange-l, , Ir I)rrolo specifica meglio quesro aspetto della propri u furlir-rrl li1'1111g1do a immagini tipicamente paterne: esortare, inco_r,rllii:u'c, scongiurare di condurre una vita degna di Dio. Ec-,,,,lturc1ue il padre che entra in scena e strappa per un attimcrrl l"rrrrbino dalle ginocchia e dal seno defla mudr. per immer-t.rhr rrclla vita concreta. In ogni caso, sin dagli inizi clelra sua

r65

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vita apostolica, Paolo b ben cosciente che una pedagogia della

fede e dell'esperienza spirituale mobilita sia il padre che la ma-

dre in lui.Altri testi paolini preciseranno le due immagini. Quella del-

la madre trova un complemento in Galati 4,r9.I cristiani dellaGalazia, al pari di quelli di Tessalonica, non hanno reso la vitaf.acile a Paolo. Non appena egli ha girato le spalle, dopo un pri-mo soggiorno, si sono lasciati trascinare da altri missionari ilcui evangelo d differente dal suo. Egli soffre talmente nel suo

cuore, daparagonare le proprie sofferenze a quelle di un nuovo

parto: "Miei piccoli figli, che io di nuovo partorisco nel dolorefinch6 non sia formato Cristo in voi". Grazie a Dio, le sofferen-

ze dell'apostolo saranno feconde - questa la sua speratza -, co-

me lo E ogni sofferenza rnateffr- attraverso la quale viene al

mondo una nuova creatufa.Nella Prima lettera ai Corinti, invece, Paolo precisa in che

cosa consistevalapaternit) che ha esercitato nei loro confronti.Egli ha avuto una controversia con i cristiani di Corinto, neltentativo di paci{icare le rivaliti che si sono manifestate dopo

la sua pmtenza. A un certo momento gli d scappata un po' dimano la penna, e si d mostrato duro. Per giustificare questa se-

veriti egli si appella allapropria qualit) di padre. Gli altri mis-

sionari sono stati dei semplici pedagoghi per i corinti. Solo lui,Paolo, d il loro vero padre in Cristo:

Non d per farvi vergognare che vi scrivo queste cose, ma

ts per riprendervi quali miei figli amatissimi. Potreste infat-ti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certomolti padri, perch6 sono io che vi ho generati in CristoGesir, mediante l'evangelo. Vi esorto, dunque: fatevi mieiimitatori (r Cor 4, r4-r6).

Siamo in pieno sfogo di sentimenti paterni: Paolo esorta eriprende. Di pit: incita i corinti a imitarlo, quali figli che pro-

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vrrrr. il bisogno di identificarsi con il loro padre e di fare comelrri. Iigli precisa anche come d divenuto loro padre' il seme dellasul paternit) d quello della parola di Dio, quello dell'evangelo,, Ir. Paolo d srato il solo a deporre nel loro iuor.. i graziJ allar):rrr)la dell'evangelo che Paolo pud dire in tutta verit) di avereli.rrcrato i corinti all,avita in Gesr) cristo. Lo ricorder) anchel'it'tro nella Prima lettera; "Siete stati rigenerati non da un se-rrrt' corruttibile, ma incorruttibile: la parola di Dio viva ed eter-m" (rPt r,z3).

( lid che ci interessa in questi testi b l'assenza di qualsiasi esi-lrrzione allorch6 Paolo si situa in un ruolo al tempo rt.rro pater_n() c matefno. In questo l'apostolo, e I'accompagnatore spiritua_l,' rlopo di lui, parrecipa un po' di una funzione divina. Egli dirrlrrtti a immagine di Dio, e Dio d sempre padre e rrrrdr. Ir,r('r))po. Infinitamente padre e "pir) che padre,,, come diceva ilP.t'[zri infinitamente madre e "pii che madre,,. percid paolo,(), esita a passare dall'uno all'altta, quasi senza transizione.A lrochi versetti di distanza, egli coccola come una madre e mi_nrrccia come ufl padre.

(luesta duplice immagine del padre e della madre ci dice(l.r rrrlcosa_di molto profondo su Dio e nel contempo sull,uomo.Il lrrtto che siamo portati a dire che Dio d padre e madre al tem_l)() stesso, ci rivela a posteriori l'imbarazzo che Dio deve averlrrrrvato, se d permesso esprimersi in termini cosi antropomor_I it i, cluando creando l'uomo a propria immagine . ,o*,iigliurrru, h rvctte distinguere, per poi riunire, cid che in lui era .r.rito. I.r_r;r'rrirndosi nell'umanit) e calandositra gli uomini, l,immagine,li I)io d come stata costretta a sdoppiarsi. Solo l,uomo ,,J, larhrnlla, simultaneamente e complementarmente, potevano tfa-'lrrr'c in maniera un po' pir) adeguata l'inconcepibile ricchezza,lt'l r,istero di comunione, di comunicaziorr., di scambio e dirri(),e in Dio. cid vale in particolare quando si tratta del sucr,rn()r'c, con la sua duplice componente ditenerezza e di forza.Lr llibbia le distingue sempre con cura, pur unendole in una

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medesima formula. Dio ts insieme cbesed e eruet, rnisericordia etoeritas, tenerezza e fedelt). tadotto in umanit) e in linguag-gio umano, l'amore di Dio doveva dare origine a due esseri ea due vocabolari complementari, ugualmente umani tuttavia, eal tempo stesso profondamente differenti: l'uomo e la donna, ela loro mutua ricchezza affettiva. L'uomo, testimone e segnodelTa forua e della saldezza di Dio; la donna resrimone e segnodella sua dolcezza, della sua infinita accoglienza. Un solo esse-re umano non sarebbe stato sufficiente. Bisognava che l'uomofosse due. Due in uno. Ormai tuttalapedagogia divina e uma-na sar) basata sulla complementariti feconda di questi ,,due inuno", come suggeriva gi) il testo della Genesi: "Dio creb l,uo-mo a sua immagine; uomo e donna li cred" (Gen r,z7).

L'essere umano "maschio" d a sua volta emet, fedelti; o piut-tosto; saldezza, fermezza, a immagine della saldezza e della fer-mezza di Dio. Si pud poggiare su Dio come su una roccia chenon verri meno. Si pud edificare su di lui come su un fonda-mento che non ceder). Nella donna, invece, l'essere umano dc b esed, ciod tenerez za infinita, sempre disponibile all' accoglien-za e al perdono. Che Dio possa essere infallibilmente forte an-che quando si mostra tenero e misericordioso, ecco, questo B

uno degli aspetti pir) sorprendenti, e pir) inconcepibili dal no-stro punto di vista, del suo mistero. Fintanto che non abbiamoincontrato Dio in verit), ma solamente le idee o le convinzioniche noi abbiamo elaborato a suo riguardo, fintanto che non cisiamo "scontrati",letteralmente, con lui, noi non possiamo im-maginarci come una tale forua possa andare di pari passo conuna tale teflerezza; si sarebbe quasi tentati di dire: con una taledebolezza. L'oruzione della ventiseiesima domenica del tempoordinario lo dice mirabilmente: "Deus, qui omnipotentiam tuamparcendo maxime et miserando manifestaS", "O Dio, che ma-nifesti la tua onnipotefiza soprattutto quando perdoni e usi mi-sericordia". E una meraviglia che appartiene propriamente aDio ed B, in un certo senso, inimitabile. E questo indubbiamen-

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r, ( ()rlplica le cose per l,uomo, allorch6 B chiamato a prendere ill,,,,,trr tli Dio, sia come responsabile, sia come accompagnatore,rl r ur)r'e del dialogo spirituale.

l,t' r'ose sono un po' piil semplici nella vita di famiglia, in,(,():t .l-l nucleo normalmente costituito, ciots li dove ilprdr., l,r r.,rclre sono sufficientemente presenti e svolgono pr.rro.fra, r'rrr.lt.,rente il loro ruolo. Come abbiamo visto;l,im;agine dil)r,, vi si trova riflessa attraverso l,azione complementire dei,lrr,' ll padre pud mostrarsi rigoroso e anche irr".o, ;;;"d"l,r lrrrrrlr't della madre fa sufficientemente du .orrt.upp"; El;rrr,r,lrt' l)ud mostrarsi quasi eccessivamente buona, quurao oJ' "'rr,(' sul padre per gli indispensabili richiami-uil'ordi.r.'. E, 'r'r,i. t'l)c si richiede una condizione supplementare: l,intes; ailr,iv:r clei due genitori deve essere ta[e'da farli apparir. r.uirr, rlr(' "uno" agli occhi dei loro figli, in un,unith senza incri_,.rrrr'(.. Non si otterr) dalla madre, per vie traverse, cid che il1',r,lr. lrir appena negato solennemente in pubbli.o, . rri..u*ru.( )rrr':rt:l intesa pedagogica dei genitori d evidentemente la con_, l r,rr, rr rt' indispensabile per un,influenza feconda,"i figli. R;;l'r'(. '('.lrr al tempo stesso una mirabire immagine di Dio, che'Brr, l,,y1l1s11rpo tenero e forte.

I lrr l'ro' meno semplici sono invece le cose nel rapporto traI .rr t rrrrrplrgflrtot ,pir-itrale_e il suo partner o tra un superiorer' lr1ii.s. c i suoi fratelli. In linea di massima, il primo a^rrf.

",i,, r t iir stesso, molto piil demunito. euando ts ,r...rrrrio .h. ,i,i'|'rri l.crmo e forte, la suaforuarischia di indurirlo. di uf-l),u u1' colne oppressiva e ingiusta. euando, invece, ritiene di'1"1'1 11i r))ostrare buono e comprensivo, ra sua bonor rischia di"\'r;r:ili,'lo e di renderlo eccessivamente bonario. II superiore, ,r',tiyirr,atti" e il superiore .,bonaccione,,

non sono figure pu-r,ur( nt(' immaginarie. E se queste qualifiche ,orro trloiu ingiu-

r , , ;,.'r'ch6 non corrispondono neceisariamente a una realti'tg-i.( ltr\/:r rrcl responsabiie in questione, n.

"rprimorro nondimen.r''r r('irltir soggettivamente vissuta da coloro che se ,-r" ,"ruo.rc,

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per proteggersi da un tipo di intervento che sentono, a torto o a

iagione, come qualcosa che li frustra o li ferisce'"Armonizzare

forua e tenerezzai ecco indubbiamente uno de-

gli obiettivi pin difficili da raggiungere e pii delicati da salva-

!,rurdu.. al cuore dell'accompagnamento spirituale' Siccome tlimmagine di Dio che b in gioco qui in ciascuno di noi, si capi-

,.. b.* che la soluzione umanamente pii perfetta possibile

non ci d data se non nella santit). Ora, questa non d mai piena-

mente raggiunta quaggii. Solo la carit) del santo - che in luisi identifica con lo Spirito santo - B capace di avvicinarsi per

quanto E possibile a questa armonia della duplice immagine rea-

iirrutu irrlui. Ed d sempre un'autentica meraviglia' Nondime-

no, in rnancafiza di santit), e in umile attesa di qualcosa di m9;

glio, una presa di coscienza delle esigenze complementari di

[rr"rto alnore divino, e delle nostre possibiliti o impossibilitipersonali pir) o meno grandi in questo campo, pub portarci un

aiuto reale ed evitarci certi tranelli.Sono i tranelli inerenti alla sit'tazione di tansfert, che b pro-

pria di ogni dialogo, e allo scenario inconscio che ognuno dei

i,r" puttt.t d solito mettere in campo in questa circostanza' Se

ne E parlato a lungo in precedenza. Satddunque importante che

l'accompagnatore si conosca a sufficienza, che abbia una certa

cognizion. delle proprie possibilit), ma soprattutto dei propri

timiti. Misurando meglio questi ultimi, accetter) piir facilmen-

te di fare appello al ruolo complementare che potrh svolgere

un'altra p.r*r, magariun fratello che lo assiste e ha il compi-

to della iupervisione, o un altro responsabile della comunit), o

un confidente dell'accompagnato, o la comunitA stessa'

La prima domanda che si porr) concerne il ruolo in cui si

sente maggiormente a proprio agio: b pii padre o pit madre?

In una matetia come questa la risposta non pud essere lasciata

alla spontaneiti, ma dev'essere matwata a lungo: c'b un discer-

nimento delicato da operare. Non d per nulla certo, infatti, che

il ruolo in cui ci si sente maggiormente a proprio agio sia neces-

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sirriamente quello piil vantaggioso per il partner del dialogo. Avolte d vero il contrario: cid che crediamo sia un nostro dono

l,crsonale in questo campo, rischia di diventare invece un puntotlt'lrole particolarmente nevralgico.

Alcuni forse penseranno che il ruolo che si svolge con mag-

liirrr successo abbia stretta attinenza con il sesso a cui si appar-licne: se si ffatta di un uomo, sarebbe piil facilmente padre; se

tli una donna, si sentirebbe a suo agio come madre. Niente d

r))cno certo. E questo per varie ragioni. La prima B da cercarerrcll'inevitabile ambiguith, riflessa nella stessa fisiologia, che ac-( ()urpagna l'essefe sessuato. Ogni essere umano, infatti, portairr s6 entrambi i poli dell'immagine divina. Uno dei due ts benvisibile, ma egli conserva tracce anche dell'altro. Se questo d

vt'ro gi) sul piano biologico, nel corpo dell'uomo e della donna,rrr.rlto piir evidente ancota, e pii gravido di conseguenze, lo d

''ul piano psicologico. Ogni essere umano possiede nella sua psi-

, ol<rgia i due poli, maschile e femminile, tra i quali si d opera-lrr, nel corso dell'evoluzione, una certa selezione. Al termine di(lucsro processo, che pud durare anni e che talora si blocca per:rrlirda, uno dei due poli si impone saldamente e pacificamenterr,'lla sua psicologia e funge da"carta d'identit)". Abitualmen-r('si tratteri del polo che corrisponde al sesso a cui appartie-rr,'lriologicamente. L'altro polo E stato interiorizzato, identitilriir sotterranea che d sempre attivamente presente e continua.r t'scrcitare un'influenza importante e benefica. Un polo fem-rrrirrilc correttamente interiorizzato evita all'uomo di diventareun mostro di aggressivit) e gli permetter) anche, quando sari ilnr()nrcnto, di riconoscere la donna al di fuori di se stesso e di.r it'ntare veirso di lei il proprio desiderio. La stessa cosa avviene

1,,'r' la donna che ha intetiorizzato correttamente il proprio polorrrrrschile. Certo, i dosaggi di questo equilibrio variano all'infi-rrit,r. 'falora sono anche fragili. Possono peraltro essere messi in-( ('ssiurtemente in questione e migliorati in occasione cli ntrovir rt ontri.

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In questo campo si possono anche incontrare squilibri piil omeno marcati. Ma le loro conseguenze sul piano sociale sonoraramente catastro{iche. Per owiare agli inconvenienti ts sufficiente, in genere, che il soggetto conosca un pochino le propriepossibilit) e i propri limiti. Certi uomini, per esempio, si sen-tono a disagio verso il proprio polo femminile, cosi come certedonne lo sono con il proprio polo maschile. Nel primo caso siavranno degli uomini eccessivamente maschi - "machos", si direbbe oggi -; nel secondo, delle donne tipo "donna {atale",lacui sola atma, o il solo mezzo di comunicazione, risieder) nel fa-scino sottilmente sfruttato. Peralffo certe donne nel corso dellavita e in seguito a certe circostanze si sono tfovate nella neces-sit) di sviluppare quello che B stato chiamato un polo maschiled'appoggio, per essere in grado di disporre di una pir) grandeforza interiore. Parimenti certi uomini, in seguito ad altre ne-cessit), hanno sviluppato un polo femminile d'appoggio, perapparire pii seducenti e piil efficaci. Tutto cib non ha nulla dianormale. Ma non d necessario voler a tutti i costi modificaretali equilibri. Gli uomini e le donne in questione vi perdereb-bero una parte della loro seduzione naturale, e anche della loroidentit) psicologica. E sufficiente che imparino a conoscersi co-si come sono, e che si accettino cosi come sono, sapendo chel'insieme delle qualit) che essi presentano li accredita nel con-tempo di punti forti e di punti pir) deboli. Nessuno d perfet-tamente armonioso in questo campo. Solo Dio lo d, lui che dcosi perfettamente padre e cosi perfettamente madre. In gene-re, questi limiti inevitabili non implicano alcun rischio, ma so-lamente delle possibiliti particolari, una chance che d importan-te conoscere bene per poterla gestire meglio.

Poich6 non siamo mai soli in una relazione di accompagna-mento, le nostre possibilith e i nostri limiti sono nel frattempodeterminati dall'atteggiamento piil o meno cosciente di colui odi colei che viene a noi. Questo fratello o questa sorella a qualepolo del suo accompaglatore si rivolge? Al suo polo maschile o

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,rl srro polo femminile? A entrambi? Al padre o alla madre? A un';ottilc miscuglio dei due? La risposta a questa domanda non B

,;,'rrza importaflza. Cid non vuol dire che l'atteggiamento del_l',r.compagnatore debba necessariamente inscriversi alla perfe-zi,rrrc all'interno dello scenario inconsciamente selezionaio dall):r'tuer. Come si d gi) detto, talora sar) pii utile il contrario. Se(luirlcuno, per esempio, si appella fortemente a7Lato materno,1,'l proprio padre spirituale (e non c'd nessuna contraddizio-rrt' in questa ipotesi), cid pud venire dal fatto che non ha mail)()tuto o osato affrontare da giovane adulto il proprio padre o(lurrlche altra figura paterna. Egli continua a fuggire il padre e;r ('('rcare rifugio in una figura materna. La migliore risposta a(lu('sta attesa non B probabilmente quella di riprenderlo _ sim_l,,rlicamente, d owio - sulle ginocchia di una nuova madre,1,,'rrsi, senz'altro, quella di sottrarsi dolcemente alla prospettivarli tlrresto ruolo che egli vorrebbe imporre alla sua guidal in talrrr,,clo gli sarebbe permesso di misurarsi finalmente, e se neces-',;rri. di scontrarsi, con un'immagine paterna normalmente for-t r' , i mmagine questa volta meno conflittuale e pir) facilmente as-',irrilabile, che potri in definitiva rendere senza oggetto il ten-t,rtiv. di rigiocare sempiternamente le frustrazioni del passato.( .r'r'to, in un caso del genere, se I'accompagnatore accettasse dir i;ii.care il ruolo della madre, l'accompagnato potrebbe trarne, rrr lrcneficio immediato, e talora anche lo stesso accompagnato-rr', sc questo ruolo, per fortuna o per disgrazia, corrispondesse.rllrr Propria inclinazione interiore. Ma il risultato pedagogico alrrrrl-i. termine, soprattutto se questo gioco prolungandosisi ri-, lrirrclesse su se stesso, sarebbe praticamente nullo.

Non d sempre facile discernere chiaramente quale dei duerrr,,li venga sollecitato maggiormente dal partner, se quello del1,.'.llt' o quello della madre. Non si tratta qui di una richiesta, ,lrlicita da parte sua, bensi di una domanda implicita, poich6nr lil'iur parte inconscia. Essa si esprime a volte in un modo cosirr;rst'lrcrato che d facile sbagliarsi sulla sua esatta portata. eue-

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sto rischio b tanto pitr reale in quanto ognuno avri sempre ten-

denza a interpretare i segni della domanda attraverso il prisma

del proprio scenario e dunque dei propri bisogni inconsci. Pud

su.cedire, per esempio, che l'accompagnatore abbia l'impres-

sione che l'altro necessiti come prima cosa di :un'accoflienza ca'

lorosa e comprensiva, quando in realth bisognerebbe usare nei

suoi confronii ,t "

certa ferme zza pateff* L'errore di analisi si

pub spiegare facilmente se, ad esempio, senza saperlo, I'accom-

pugnutot eru innanzitutto preoccupato di risparmiare agli altrile frustrazioni affettive di cui ha egli stesso sofferto in passa-

to da parte della propria madre e le cui sofferenze, intollerabi-li a quell'epoca, sono state da tempo rimosse e sepolte nel suo

inconscio.Sappiamo tutti, dopo Freud, che il peso del simbolismo pa-

terno e materno ha a che fare con quello che egli ha chiamato

"complesso di Edipo" e con la sua risoluzione piir o meno fe-

lice. La comunione fusionale con la madre, vissuta prima della

nascita e nei primi anni dopo la nascita, si d sentita minaccia-

ta dall'apparire del padre, a sua volta legato alla madre da un

vincolo affettivo sui generis, vincolo da cui il bambino si sente

confusamente escluso per semprc. L'immagine della madre sa-

ri ormai quella dell'oggetto ardentemente desiderato e al fempo

stesso irrimediabilmente perduto. Quella del padre, al contra-

tio, evocher) il divieto originale che ha separato il bambino

per sempre dall'oggetto dei suoi desideri. Se questo processo si

svolge in un clima affettivo sufficientemente caloroso e rassi-

curante da parte della madre, e con tutta Ia fermezza richiesta

da parte del padre, il bambino accetteri sefiza traumi inibitoridi fare il passaggio dal suo mondo di sogni verso il mondo rea-

le, per uscire infine definitivamente dalle acque materne e con-

frontarsi con la realt) esterna. Diventerd capace di interioriz-zarel'oggetto del suo desiderio che, seppur assente, sari affet-

tivamente presente nel suo mondo interiore, e si creer), per cib

stesso, uno spazio in cui potrh un po' allavolta sviluppare la sua

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;rutononria e la sua libert) e mettere alTa prova la sua capacit) di:rruirre altri esseri, diversi da colei con la quale si d totalmenteirlcntificato nella prima et) della sua vita. Questo processo, an-,lrt' se a suo tempo si B sviluppato in un modo relativamentes,,rldisfacente, il che non sempre avviene, non sar) mai del tut-t() compiuto. Ogni nuovo incontro, soprattutto quelli in cui en-rrrr in gioco l'amore in tutte le sue forme, deve permettere dir iprenderne lo scenario, pir) o meno generatore di frusffazione,piir o meno portatorc di liberazione, e di affinarne sempre dipiir la fragile riuscita.

l'l evidente che tali ricordi, con tutto il loro peso esistenzia-l,' irrevitabile, investono a sua insaputailegami che l'accompa-itrriltote crea con coloro che cercano in lui un padre o una ma-,llt', o verso i quali si sente chiamato a esercitare uno di questi,lrrc ruoli. Pud essere utile, in questo senso, rendersi ben conto,li rluali siano i valori propriamente paterni, cioi l'impatto cheil lxrmbino attende da parte di suo padre, e i valori propriamen-l(' nlaterni, ossia f impatto che attende da sua madre, in un pro-, r'sso di Edipo che si evolve in maniera per quanto possibile',,,tlclisfacente (ciod mai pienamente).

La madre eccelle nell'accogliere nell'amore: essa ascolta, com-l,rtrrde prima aflcora che le cose siano dette, si astiene dall'in-r('r'vcnire, d paziente, tollera, lascia essere e fare, consola, cir-( ()nclzl di affetto. A un dato momento dell'evoluzione una talel)n'scnza d assolutamente vitale e indispensabile. Ma non pudl);rsllrre a se stessa. Senza I'intervento paterno che inaugura una',('llrtrazione tra il bambino e la madre, essa non farebbe che pro-,lrrmc degli esseri invertebrati e incapaci di affrontare le durer,',r I t ) dell'esistenza.

lrrtroducendosi tra la madre e il bambino, f immagine del pa-,lrt' r'cster) per semprc segnata dalla dolorosa e incomprensibilelr us( razione del divieto. Ma aprendogli in tal modo uno sperziorr ( ui il bambino potr) imparare a esercitare la propria auto-rr.;11i11 e libert), il padre d anche colui che lo chiama per nolne,

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che gli rivela la sua identit), che gli apre una srada, che gli af-fida un compito, che conferma i suoi primi successi, che lo in-vita a identificarsi con lui e ad andare pir) lontano di lui. Il pa-

dre B fonte di forza e di saldezza, quelle che il bambino prove-r) confrontandosi con lui. Non ci si addormenta in braccio alpadre; lo si segue invece passo passo, ci si misura con lui, ci si

scontra e si lotta con lui, si cerca di imitarlo, di fare come lui,anzi molto meglio di lui. Nulla di pii esaltante o di affettiva-mente positivo, per il bambino tra i sei e i dieci anni, dell'orain cui nei suoi giochi cerca di prevalere sul padre; un padre che,ogni tanto, gli lascia la sorpresa e la fierezza di vincerlo. Maquesto affrontarsi e questa rivalit) saranno veramente fecondisolo nella misura in cui si svolgono alf interno di un clima affet-tivo, calorosamente assicurato dalla madre, e se il bambino pro-va, da parte sua, il sentimento di una perfetta comunione trasuo padre e sua madre.

Quando si tratta dell'educazione di bambini in tenera etd,lapresenza complementare del padre e della madre d indispensabi-le, perch6 nessuno pud, in simile circostanza, assumere da solo idue volti del ruolo parentale. Del resto, lavita stessa ha il segre-

to delle controfigure parentali: nonni, fratello maggiore, sorel-la maggiore, zli, zie, insegnanti, eccetera, che sono altrettantepaternit) e maternit) di ricambio. Nel quadro di una pedago-

gia spirituale di cui l'adulto, per lo meno in divenire, costitui-sce l'oggetto, le figure parentali possono essere incarnate dal-l'accompagnatore, senza peraltro eliminare il ricorso a un ter-zo, come abbiamo gii detto. Ancora una volta, lavita stessa sa

determinare felicemente e a seconda delle circostanze 1l dosag-gio che conviene a ogni singolo caso. Ottimismo che vale sola-

mente alf interno di un dialogo di accompagnamento liberante,beninteso.

Per una maggior precisione, dobbiamo aggiungere che se l'ac-compagnatore b in linea di massima unico, la semplice presen-

z^, come alle spalle della rclazione, di un terzo pub essere estre-

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mamente preziosa, senza che si debba peraltro parlarne come diuna vera relazione a trc. La cosa B relativamente facile in unacomunit) religiosa in cui, accanto al maestro dei novizi, si in-contrano per forua di cose, in una piil o meno grandc prossi-mit), altre persone che svolgono un ruolo non trascrlrabile agliocchi dell' accompagnato : confessore, superiore, professore, cven-tualmente un confratello amico. IJna "presenza" del genere vafavorita, a condizione che esista una perfetta comunione tral'accompagnatore e questa persona. Essa pud infatti esercitareun'influenza complementare assai benefica.

Il caso pii classico lo si incontra nella collaborazione, a vol-te eccellente, altre volte difficile, sempre delicata, tra il maestrodei novizi e il superiore maggiore, abate o provinciale. Collabo-razione tanto pit delicata nella famiglia benedettina, in quantoil padre maestro svolge il suo incarico, almeno in linea teorica,in dipendenza dal padre abate al quale la tradizione affida unaspecie di paternit) spirituale globale sull'insieme della vita delmonastero, inclusi i novizi. Questa visione delle cose B indub-biamente conforme alla tradizione e merita tutto il rispetto. Etuttavia importante, dal punto di vista psicologico, che il ruolodel padre maestro sia pienamente vaTorizzato, senza che possa-no sorgere dubbi, agli occhi del novizio, sul ruolo preponderan-te che quegli esercita su di lui. Non d bene, n6 pensabile, cheil novizio abbia due "padri". Il ruolo dell'abate non ne risultaperalffo occultato o eluso. Oltre alla comunione profonda con ilpadre maestro, che deve essere evidente agli occhi di tutti, conla sua sola presenzal'abate contribuir) positivamente alla cre-scita spirituale del novizio senza che sia necessario moltiplicareparole o interventi puntuali che sarebbero facilmente fonte diconfusione in costui.

Nella misura in cui l'accompagnato progredisce, la relazioncdi accompagnamento d destinata a evolvere. Essa non deve irrigi-dirsi in certi riti, n6 essere tenuta a certi orari.che con il tempoavrebbero latendenza a divenire immutabili. E necessario clrrn-

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que essere particolarmente attenti ai segnali discreti che l'ac-compagnato lancer), il pit delle volte a sua insaputa, per far sa-pere che si presentano nuovi problemi e che egli prova ormai ilbisogno di un alro tipo di relazione. All'inizio, e giustamente,hanno prevalso su tutto il resto il bisogno di essere lungamenteascoltato e la necessiti di potersi esprimere liberamente. Si sonocosi creati un legame, una fiducia reciproca, un'intimiti che nonpossono essere disgiunti da un certo calore affettivo. t il primofrutto dei colloqui che danno corpo al bisogno di ognuno di sen-tirsi compreso e accettato senza gi:udizi, di sentire, attraversoI'ascolto dell'accompagnatore, che c'd chi si fa carico di lui.

Tuttavia questo legame affettivo, pur cosi vitale in questa tap-pa dell'accompagnamento, potr) portare frutto unicamente se,nello stadio successivo, si manifesta una disposizione nuova nel-1'atteggiamento dell'accompagnatore: una certa fotza o fermez-za, che ricorderanno ormai il ruolo del padre. Non solo l'accom-pagnatore deve saper ascoltare l'altro con rispetto e con estremaattenzione, con una qualith di amore che sia in grado di accet-tarlo cosi come si mostra, ma deve anche essere capace di creareo di far sorgere una certa "distanza" traT'altto e lui. Una distan-za che d chiamata a diventare per quest'altro un luogo di libert).E il ,.gt to di ogni amore vero. La rclazione di iccompagna-mento, infatti, non deve in nessun modo far regredire verso for-me pii o meno fusionali, che ricorderebbero quelle di primadella nascita, n6 rinchiudere due esseri l'uno sull'altro. Il suoobiettivo sar) di creare allalunga una distanza, ma ula distan-za che resti vitalmente impregnata di amore. Solo una distanzacosi, molto netta, in un amore altrettanto netto e pienamentecerto, crea 1o spazio di cui due esseri hanno assolutamente bi-sogno per fare insieme, ma ciascuno per la sua parte, un passoimportante nell'evoluzione personale, e per esercitare l'uno ver-so l'altro la loro libert), in totale autonomia. Inf.atti, a questopunto di profondit) della rc7azione, entrambi i partner trartafi-no beneficio dall'accompagnamento.

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Non d sempre facile sentire qual d il momento piil adatto perlrrr evolvere la relazione. Un mutamento di vocabolario o dis c ntimenti nell' accomp agnato, un' aggres sivit) sorda ma sempretrreno bene controllata, per esempio, possono esserne il segno.Nrrovi bisogni si fanno strada nella psicologia dell'accompagna-t(), e tutto cib d semplicemente la prova che l'ascolto e l,ac-t oglienza, largamente dispensati nel corso della prima tappa,(()rrinciano apofiarc i loro frutti. Non sempre, perd, l'accom-l)irgnatore d pronto a interpretare correttamente questi segnali.lrgli pub esitare a modificare una strategia che finora ha dato..',rsi buoni risultati. Thnto pir) che, senza che egli si renda suffi-t'ientemente conto del sottile gioco del transfert e del contro-llirrlsfeft, questa prima strategia ha finito pef essere in piena;urnonia con il suo scenario e, di conseguenza, con i suoi biso-rirri inconsci. Il coinvolgimento affettivo nella relazione, da unal)rrrte come dall'altra, acquista tutto il suo senso solo se implicarr..'ll'accompagnatore la disposizione a evolvere con l'altro e coni rrtrovi bisogni che via via emergono in lui. Nella maggior parte.lt'i casi si tratter) di passare allora da un atteggiamento piutto-'il() materno a un atteggiamento pit esplicitamente paterno.

()ueste spiegazioni e queste messe in guardia sono cosi chia-rc solo sulla carta. In realt) non tutti sono ugualmente dotatilx'r'sostenere entrambi i ruoli. Soprattutto, non B evidente cherrn lale "passaggio" sia possibile per la maggior parte degli ac-( ()r)rpagnatori, tenuto conto del capitale psicologico e affettivot lrt'I stato investito sotto una certa forma, nel corso della primal:rl)l)rr. La difficolt) non viene unicamente dall'accompagflato-r t' ; r'' cntra anche la fr agilith, dell' accomp agnato. Un c ambiamen-r( ) tr()ppo brutale di strategia da parte del primo potrebbe diso-rit'rrtare completamente il secondo e farlo regredire verso tappe1,t'ccdenti, il che potrebbe tradursi concretamente nella deprcs-',i()rrc sotto tutte le sue forme. Tutto dipender) evidentementc,l:ri cirsi e dalla profonditi di certe ferite subite un tempo, la cui',,,llcrenza o angoscia permane ancora segretamente. Ilisogna

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allora saper agire con molto tatto e prudenza, ritardare provvi-soriamente la presa di distanza in attesa di un momento pii op-portuno, saper a volte cedere un po', pur sapendo che un gior-no o l'altro, con l'aiuto degli eventi o degli incontri, la distanzadovr) essere immancabilmente suscitata, per il semplice motivoche ts la condizione indispensabile della comune libert).

Agire con prudenza significher) spesso essere attenti alle rea-zioni dell'altro. Nel momento in cui l'accompagnatore si sfor-zerd di creare 7a distanza, il soggetto gli lancer) di rimando ognisorta di segnali che egli dovr) essere in grado di interpretarenel loro giusto valore. L'accompagnato cercher), per esempio,di mobilitare di nuovo la sua attenzione, quando in realti ilsuo vero interesse dovrebbe essere quello di accettare la distan-za per cercar di camminare al proprio passo e al proprio ritmo.Come sempre, l'importante sar) coniugare insieme il distanzia-mento e la permanenza del legame di amore. La distanza crea-ta non deve mai dare al soggetto l'impressione di essere ancorauna volta la vittima di un nuovo rigetto. Ogni parvenza diriget-to, o cid che senza valido motivo d vissuto come tale dal sogget-to, non potrebbe che avere delle conseguenze funeste e ritarda-re nuovamente il processo di maturazione. Bisogna che l'accom-pagnato senta concretamente che l'amore permane e il legamepersiste sempre, anche se sta attraversando una fase di appro-fondimento. E grazie al legame che permane e nel contempoalla distanza che si crea che I'accompagnato ha qualche possi-bilit) di essere rimandato alla propria autonomia e responsabi-lith, e di maturare in tal modo verso un comportamento vera-mente adulto.

Lavita vissuta in comune dalla maggior parte dei religiosi edelle religiose, con tutte le inevitabili limitazioni che essa com-porta, d un elemento importante che pub svolgere un ruolo rego-latore della giusta distanza tra accompagnatore e accompagnato.Piir il gruppo o la comunith sono numetosi, piir saranno impor-tanti le limitazioni. Esse possono entrare in azione a tutti i li-

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v.'lli, e innanzitutto dipendere dal tempo che d a disposizione'li .gnuno' Se un padre maestro ha la fortuna di avere sei novi-zi, .gni novizio ha teoricamente diritto a un sesto del tempo di-,,1,,,nibile del padre maestro. E assolutamente impensabile, per,'s.'r,pio, che un solo fratello occupi abitualment" 1o m"t) di(lrr('sto tempo. Lalimitazione imposta dal quadro di vita d, cli( ()rrscguenza, puramente esterna alla rclazione, e dunque tanto;,iir preziosa. Se questo principio di realt) viene abitualmenrerispcttato, potri rivelarsi molto fecondo. Se non lo d abitr-ral-.r('rtc, il legame tra i due avri delle difficolti a porrare frutto.rll'irrterno del gruppo. Tanto l'accompagnatore qr^rrto l,accom-l):rg,ato fanno parte della dinamica del gruppo, e l,accesso allarrrrlrrritd da pate del secondo implica necessariamente un mi-rrirn,r di rispetto nei confronti di questa dinamica.

Ur'ultima parcla riguardo alle difficolt) che possono insor-vi,'r t' rrllorch6 1'accompagnato presenta gravi lacune nell'integra-,rr.rrc delf immagine del padre o della madre, lacune che.ondi_..i(),rrro il suo compoftamento presente, sia che non abbia co-n()sciuto uno dei due genitori, o nessuno dei due (bench6 nel, rrr.s. delf infanzia si siano potute installare delle sostituzioni.r,.. t'ttabili per compensare una tale assenza), sia che i genitori,,) uno dei due, seppur fisicamente presenti, mostrassero gravi,1,'licicnze nell'esercizio del ruolo parentale. I casi di questo ti-l), ) lx)ssono variare all'infinito, e ciascuno di essi dovrebbe esse_r(' l)r'eso in considerazione di per se stesso, tenendo conto della'tr rr irr personale di ognuno. Non ts possibile stabilire una regola

ti(' r r('r'llle. Nondimeno, alcuni esempi significativi potrurrno Irg_)t, rilc con quale spirito gestire tali deficienze.

(.)uando la madre, per esempio, d stata notoriamente carente,, ' ,rtklirittuta totalmente assente, la conseguenza pud essere una',,,r t:r cli impossibilith di "sentire" un amore o di iiconoscere rln.ilil()r'c testimoniato da un altro. Questa sorta di insensibilitr\ clil"rrtlo si verifica innanzitutto nelle relazionicon le personc, nlal,r ri

'itroveri spesso anche nelle relazioni con Dio c ,ella stcssa

rtlr

Page 91: Rigenerati dallo spirito di andré louf

vita di preghiera. I1 soggetto prova come una riluttanza assolu-

tr, ,r.rri.ri e propria allergia, dtnanzi a tutto cid che permette

Ji.rp.rir. Dil sensibilment. come calore , tenetezza, consola-

,ioni. Si tratta di una sorta di paralisi dei sentimenti, che pre-

dispone a un,aridith cronica nella vita di preghiera. La condi-

virione paziente e prolungata di questi sentimenti, o piuttosto

di questi non sentimenti, con un accompagnatore esperto.pub

, rro1r. far venire alla coscienzala fetita che d all'origine di un

tale blocco, che porta con s6 un rifiuto quasi sistematico di pro-

vare amore, rifiuto inconscio, certo, e di cui il soggetto non ha

nessuna responsabilitlr'In altri casi, forse pii frequenti oggi, il ruolo materno ha po-

tuto avere una netta predominanza, talvolta persino una certa

esclusivith. Molti giovani sono stati sommersi di attenzione e

di amore al punto du fu, impallidire o scomparire quasi del tut-

to l'immagine del padre. Costoro presentano in genere sintomi

contraddittori: da un lato sono aff-ascinati da un amore che re-

clamano incessantemente a ogni nuovo inconffo che si offre, ma

nel contempo sono come terrorizzati da questo medesimo amo-

re. Nonostante il loro bisogno di amore, finiscono pet sentire

ogni amore che viene manifestato loro come una forma di op-

pi.rriorr. e di vessazione che li soffoca psicologicamente' Que-

,,'rl,ilno aspetto non d immediatamente evidente per chi li os-

,.rrru rrrp"rficialmente. Essi sembrano allaricerca di una figura

tnur..rru che dia loro sicurez z^ e tr^nqlJillith' Tuttavia, molto

pir) in profondit), d a un padre che fanno appello senza saperlo,

un padre che riesca a liberarli da un'immagine materna troppo

urripurrunte e invadente. Ne consegue spesso che ogni gesto o

sentimento espresso di amore ricorderh loro la madre divenu-

ta prepotente o, peggio aflcora,la madre che, senza rendersene

.otto, pretende di svolgere il ruolo del padre'

In realt), non B tanto il ruolo materno che d stato deficiente,

nella maggior parte dei casi oggi, quanto piuttosto il-ruolo-pa-

terno. Alurtiie da un certo mese di maggio 1968, allorch6 fu

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"victato vietare", la schiera dei padri - e cib riguarda anche ta-It' rrttribuzione nella vita religiosa - sembra vergognarsi un po',(lualldo non si sente addirittura colpevole, di fronte al ruolot lrc spetta loro normalmente. Certo, d esistito sempre un modo"oppressivo" di essere padre, e questo d inaccettabile al giorno,l',rggi. Resta tuttavia la necessith assoluta di esprimere Llna rezl-lr'fcrmezza - cosa che non pub prescindere da un minimo ditlivieti - perch6 un giovane possa acquisire la piena autonomia.(,crti padri hanno voluto riscattarsi da una fermezza giudicata()r'mai eccessiva cercando di giocare il ruolo della madre, con( orlseguenze altrettanto nefaste, e con in pit il rischio di unat onfusione tra i due ruoli e il ricatto affettivo che pud derivar-n(' a vantaggio o a detrimento dell'autorith e del potere. Ricattor lrc talora si pub ritrovare nella comuniti religiosa, nei due sen-,,i peraltro, sotto forme assai sottili, del tipo: "Se non obbedi-t, i, vuol dire che non mi ami", o: "Se non mi obbedisci, non ti;rnrcrd pir)"; oppure, in senso inverso: "Se mi ami, mi devi que-sltl peffilesso".

Le ripercussioni di questa asseflza del padre, o della confusio-r,..' del suo ruolo con quello della madre, sono facili da indivi-tlrrrrre nei giovani. Si traducono in una catenzapit o meno acuta,1,'l senso di identit). Molti giovani mancano di sicurezza, dubi-lrrrro di se stessi, non sanno bene chi sono e che cosa dovreb-1,,'r'o fare. Mancano di fiducia nelle proprie possibilit) e hanno1,,rtrra di impegnarsi. Appaiono volubili e capricciosi. Sembrano'rt'rrza spina dorsale e la loro vita manca di stabilith e di una li-rr,'rr direttrice. Nel linguaggio popolare francese, di un figlio del1('ncre si dice che d stato gAM fuiziato, letteralmente: "guasta-tr"), proprio come si dice di un frutto che si e guastato per es-';t'r'c stato esposto troppo a lungo al calore del sole. In questo, ,rsrr, al calore intimistico e fusionale dell'influenza matern^.

Al contrario, nella vita del soggetto ha potuto essere prepon-( l('r'lrnte il ruolo del padre, ipertrofico al punto da esscre scntito( ()r)rc veramente oppressivo e paralizzant;. i normale all<tra che

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le ferite inferte nel passato abbiano tendenza a riaprirsi ognivolta che si profila all'orizzonte una forma di autorit). Thli sog-

getti possono essere gravemente allergici a ogni forma di auto-rit), eccessivamente critici e aggressivi. k loro relazioni con ilresponsabile tendono a deteriorarsi in brevissimo tempo, e fi-niscono per essere vissute unicamente come un braccio di fer-ro o come un conflitto permanente. Anche qui, solo la presa dicoscienza della ferita che d all'origine di un tale irrigidimento,presa di coscienza che pud essere unicamente il frutto di unpercorso prolungato di ascolto e di scambio, potrebbe alla lungasciogliere il conflitto, di cui nessuno dei due partner b realmen-te responsabile.

L'accompagnamento spirituale dovrh tener conto di queste

situazioni, senza necessariamente voler pretendere di risolvedetutte. In molti casi, in realt), bisognerebbe poter contare su uninvestimento di tempo e su una competenza professionale che

non sono alla portata di un semplice maestro dei novizi o di unconfessore. Tuttavia, se cerca di essere n6 pir) n6 meno cid che

d, se ascolta pazientemente la storia, ripetuta all'infinito, delfratello o della sorella in questione, I'accompagnatore pud mi-gliorare notevolmen te la situazio ne, senza nemmeno tenders ene

conto, senza altra pretesa, del resto, che non sia quella dell'a-more. La semplice qualit) del legame intessuto tra lui e il fra-tello, nell'ascolto di costui e di cid che Dio vuol dire attraversole sue confidenze, pud alla lunga portare frutti sorprendenti,anche nel campo della psicologsa. L'abbiamo gii visto: Dio nonsi trova a lato della psicologia del soggetto, ma d all'opera in es-

sa e con essa. Ogni evoluzione psicologica possiede un senso e

un orientamento che non sono estranei allo slancio creatore diDio. Nella misura in cui, all'interno della relazione, I'accompa-gnatore pud restare all'ascolto di questo slancio creatore e libe-ratore - lo slancio dello Spirito di Dio che "si muove" da qual-

che parte in questa psicologia - senza rifugiarsi troppo prestoin un discorso falsamente "soprannaturale", possono aver luo-

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;',, tlcgli sconvolgimenti straordinari che prendono 1'andamento,li rrner vera e propria rinascita della personr. E .o-. un essere

nu()vo, alTota, che nasce. Nasce dallarelazione di accompagna-nr('l)to e da quell'amore che, al cuore delTa relazione e in millern,,tti, ogni guida spirituale cerca di irradiare nel nome del Si-

;intrt'e Gest) e nella forza del suo Spirito.

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Page 93: Rigenerati dallo spirito di andré louf

DISCERNERE LAVOLONTA DI DIO

Volonti di Dio e volonti proprie

Nel corso delle pagine precedenti si b sovente ripetuto cheogni accompagnamento spirituale dovrebbe portarci a ristabili-re il legame con la nostra realth piir profonda, quella della nostravita nella sua sorgente, nel pit intimo del nostro cuore. Non buna cosa faclle, poich6 noi viviamo abitualmente alla superficiedel nostro essere e abbiamo in genere perso il contatto con que-

sto nucleo pir) profondo. Per di pir), le vie di accesso a esso nonsono quasi piil praticabili o sono alquanto ingombre. Come,dunque, con pazienza, nel corso della vita, sgombrare questavia per renderla di nuovo praticabile? Come, con pazienza, la-sciar affiorarc alla nostra coscienza questa corrente che ci portainteriormente, purtroppo a nostra insaputa?

L'intuizione di questa vita profonda, tradotta in termini di"inconscio" e di "poli di identith" dalla psicologia moderna,non E in senso stretto un'esclusiva di quest'ultima. Quando ba-sa il proprio discorso su questa intuizione, quando sostiene cer-te sue teorie, la psicologia non fa che raggiungere in realt) unordine di constatazione molto antico, gi) operante nel discorsoe nei consigli degli autori spirituali agliinizi del monachesimo.Solo che il loro linguaggio differisce dal nostro. Si potrebbc-ro citare in particolare Origene o Evagrio, la cui esperienzt ci6 stata trasmessa in occidente da Giovanni Cassiancl. Essi si tro-

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v^no alpunto dipartenza di una riccattadizione spirituale, conun suo vocabolario particolare, gii molto preciso. Semplificandoall'estremo le cose, ecco come si potrebbe riassumere quella chealcuni chiamerebbero volentieri la loro "psicologia spirituale".Nel pii profondo di ogni uomo si trova il noils. Esso non si li-mita all"'intelligenza" o alla "ragione", nella misura in cui que-ste rappresentano la facolt) di pensare e di ragionare. Si identi-fica piuttosto con il cuore profondo, con lo spirito (in latino: lamens). Per gli antichi il noils d il luogo di Dio in noi (ho tdpos toilTheofr), il luogo in cui Dio ci abita e a partire dal quale ci man-da i suoi impulsi e ci dona di partecipare sempre di pin alla suavita. E l) inoltre, nel nofrs di ogni essere umano, che si pud rin-venire il disegno assolutamente unico che Dio ha tracciato a suoriguardo. Si tratta, con ogni evidenza, di un disegno di amore e

non pud che corrispondere alla dilatazione pir) ampia possibiledi tutto cib che ogni uomo nasconde in s6 come capacit) di es-sere e di svilupparsi.

Questo disegno d'amore di Dio coincide con il desiderio cheegli ha di ognuno. Proprio perch6 Io ama, Dio lo desidera plasma-to in un modo o in un altro, comunque in modo unico. Nessunaarbitrarieth in una tale disposizione, se non l'arbitrariet) dell'a-more, ma di un amore che non pud che colmare al di l) di ogniattesa. Questo desiderio di Dio equivale alla sua "volont)", se-condo il senso etimologico primo del termine greco thdlerna. Lavolont) di Dio nei confronti dell'uomo b cid che Dio desideraper lui ed d il frutto del suo amore. Anzi, d pmticamente sino-nimo di amore. Davvero, nulla di pir) perfetto, di piil gradito, dipit profondamente gioioso potrebbe mai awenire all'uomo aldi fuori di questo desiderio o di questa volont) di Dio su di lui.

Raggiungere in se stesso questa volonti di Dio non gli d pur-troppo facile. In conseguenza dellaprima caduta, tale desideriodi Dio, fonte dell'uniti interiore, a partire dalla quale ogni uo-mo si sarebbe potuto incamminare nella pace e senza contraddi-zioni verso il proprio compimento , setza neppure passare attra-

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verso la prova e la morte, d stato occultato in lui. La sua unitiinteriore e stata ferita e votata al fallimento. E andata in pezzie si ts dispersa in una moltitudine di piccoli desideri {rammen-tati e superficiali che occupano in lui il proscenio, che lo srrat-tonano in tutte le direzioni e gli impediscono di prenclere co-scienza del vero desiderio di Dio in lui. Secondo uno schemaun po' semplicistico ma eloquente, gli autori antichi si raffigu-ranola moltepliciti dei desideri, o delle volonti "propric", co-me qualcosa che si d cristallizzato, attorno al cuore profonclcrdell'uomo, in una specie di involucro opaco che oscura il desi-derio di Dio e gli impedisce di investire l'essere e di irradiarlo apartire dal suo centro. Un'altra immagine potrebbe essere quel-la di un paravento innalzato ra l'io superficiale e l'io profondo.Le volont) proprie sono un impedimento all'ascolto del cuoreprofondo e allontanano l'uomo dalle vie delf interioriti. Il desi-derio profondo B allora come un'acqua che si perde nella sab-bia: non pud n6 sgorgare n6 essere raggiunto.

In quella profondit) di ogni essere umano in cui si trova illuogo di Dio regna un'assoluta katuistasis, per usare la termino-logia di Evagrio. Latraduzione pir) appropriatadi questo termi-ne greco sembra essere quella di "riposo". Dio in persona d que-sto "riposo": d lui che crea nell'uomo questa tranquilla stabiliti,in contrasto con l'estrema mobilit) dei suoi desideri superficia-li o volonti proprie. Negli scritti di Evagrio il termine kattistasisd praticamente sinonimo di preghiera. Pii esattamente, designauno "stato di preghiera"; b qui infatti che, in ognibattezzato,la preghiera trovala sua dimora; qui B all'opera, instancabilmen-te, da quando egli ha ricevuto la grazia del battesimo. purtrop-po, perd, ecco che ancora una volta i "desideri" o "volont),, ologhismoi avvolgono il cuore umano e gli impediscono di rag-giungere questo riposo interiore nel pit profondo di se stesso,li dove la preghiera dello Spirito d senza tregua all'opera in lui,1) dove si trova la volont) di Dio in lui, ciots il suo desiderio piirprofondo e pir) autentico, come si d detto.

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Ci sembra importante sottolineare questa maniera di conce-

pire le cose, piuttosto comune nella letteratura antica. In epoca

moderna, infatti, una certa letteratura spirituale ha molto insi-stito, parlando della volont) di Dio, sul suo aspetto di "croce".Non si dice forse che d necessario "rinunciare" allavolontd pto-pria per aderire alla volonth di Dio? Da qui l'impressione che la

volont) di Dio sia necessariamente qualcosa di doloroso, come

sospeso sopra la nostra testa, una sorta di spada di Damocle dicui finiremmo prima o poi per sentire il taglio doloroso... La

rcaltd, per fortuna, non d del tutto conforme a questa immagi-ne. Se ts innegabile che la volonth di Dio su di noi comporti ta-

lora dei reali sacrifici per potersi rcalizzare, nondimeno nel pir)

segrefo di se stessa non pud che coincidere con la nosffa crescitapii armonica e con la nostra felicit) perfetta. Cosi come la no-

stra crescita integrale non pud che coincidere con la volont) diDio su di noi.

Certo, anche l'antica letteratura monastica insiste molto sul-

la rinuncia alle volond proprie. Ma d alla luce della visione dicui si B or ora parlato che essa va compresa. In seguito, nel cor-

so dei secoli, si d operato un notevole slittamento di senso nel-

l'uso del termine "volont)". Nella tradizione tomista, per esem-

pio, e nella filosofia moderna in genere, il termine "volont)"i.rigru lafacoltddell'amore, la sorgente della liberd. E eviden-te che non pub mai trattarsi di rinunciare a questo tipo di vo-lont). Anzi, d proprio questa volonth profonda nell'uomo che

occorre liberare, qualora si trovasse ancora provvisoriamente as-

soggettata a innumerevoli desideri superficiali, in cui il cuore B

come diviso.Ebbene, uno dei mezzi pit efficaci per "liberare" questa vo-

lonti profonda sar) per l'appunto la "rinuncia alle volont) pro-

prie". Si tratta qui dell'obbedienza, nel senso in cui la inten-devano gli antichi. Quando costoro parlano di obbedienza, nonhanno in mente in primo luogo l'obbedienza al responsabile,cosi come 7a si pratica nei vari gruppi o comuniti, siano essi po-

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lirici o religiosi. Considerano invece l'obbedienza come una ve-

r,r t' propria terupia spirituale, un evento che impegna l'uomoirrtt'r'<r, gtazie al quale questi viene profondamente trasformato,' irr cui il suo essere profondo d liberato e gli permette di cono-'.r t'r'c il proprio desiderio nascosto. Detto in parole povere: solon.'ll'rromo che ha totalmente rinunciato alla dispersione dei pro-

1,r i desideri sussiste e diventa riconoscibile la volont) di Dio,, i,,i' il disegno di amore di Dio a suo riguardo.

t )rr apoftegma, trai pit primitivi, iliustra bene questa "tera-

l)i:r" attraverso l'obbedienza. I-n dobbiamo ad abba Poemen:

La volont) dell'uomo t un muro di bronzo fra lui e Dio, e unapietra di inciampo. Se dunque l'uomo rinuncia alla propriavolonti, pr-rd dire: "Nel mio Dio scavalcherb il muro" (Sal

r8,1o). Se invece cerca di giustificare e di mantenere la pro-pria volont), corre un grave pericolo.

ll scnso dell'apoftegma b limpido: poich6 la volonti propria,r',s,rruiglia a un muro dtizzato tra Dio e l'uomo, tra il suo iol,roloudo e il suo io superficiale, d necessario dunque abbattere,lu('sto muro che fa ostacolo, per poter riallacciarc il contatto,,,rr l)io. In altri termini: baster) rinunciare alle volonth pro-

1'rit'. Piil profonda di tutte le volonth proprie, ecco apparire Iar',rl.rrtir di Dio che ogni uomo possiede in s6, la sola in grado di, ,rr11l111ls al suo pieno sviluppo.

l)rr rlui deriva quella terminologia piuttosfo incisiva, per non, liri' crrrda, di cui si serve comunemente l'antica letteratura mo-rr,r:.licrr per descrivere la "chirurgia" della volont) propria; si

1'.rr lrr r-li "rinunciare", di "reciderc" (kdptein), persino di "odia-r, " l'l r-rn vocabolario che non manca certo di rudezza, ed dl,( n(' sclramntatizzarlo. C'd infatti un modo di "lottare" controlr vokrnt) proprie che attribuisce loro ancora ffoppa importan-.',r, ('on il rischio di produrre l'effetto contrario. Baster)r invc-,, , il piil dellevolte, smettere dipreoccuparsene, n6 pir'r n6 urc-

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no; di non trattenervisi, e per cid stesso di imporre loro il silen-zio; soprattutto occorrer) dare incessantemente il primato aidesideri piir profondi, non appena questi si fanno sentire nelsegreto del nostro cuore, al di l) del silenzio dei nostri desiderisuperficiali.

Nel xvrr secolo, sulla scia della tradizione ignaziana, per de-signare una tale disposizione interiore si farh uso del termine"indifferenza". Ma d da intendere correttamente. Non si trat-ta mai e poi mai di diventare insensibili ai desideri - significhe-rebbe cadere nell'illusione suprema, con tutti i rischi di squi-librio psicologico prevedibili in casi simili -; si tratta invece dimettere tra parentesi le proprie preferenze, per essere disponibili a seguire il desiderio-volontir di Dio, non appena la prefe-renza divina si sar) fatta sentire in un modo o in un altro. Cu-riosamente, gi) nel xu secolo Bernardo, in un sermone consa-crato al discernimento degli spiriti, aveva dato una descrizioneperfetta di questa indifferenza, tanto che la si direbbe uscitadalla penna di Ignazio di Loyola in persona. Certi desideri, di-ce Bernardo, sono con ogni evidenza conformi alla volonth diDio, e certi altri le sono altrettanto chiaramente contrari. Maesistono dei casi realmente dubbi in cui non t consigliabile af-frettare la decisione. In questi casi d importante saper attendereal varco un segno interiore della grazia. Cosi scrive l'abate diClairvaux:

Ci sono casi in cui non possiamo sapere nulla di certo e in cuila nostra volont) non pub decidere nulla con certezza. Essaresti allora in sospeso tra le due soluzioni, senza determinarsin6 per l'una n6 per l'altra, sempre pensando che forse d I'al-tr^ a piacete di pii a Dio. Restiamo dunque pronti a seguirela sua volont), da qualunque parte la vediamo propendere.

Questa "sospensione", questa "indifferenza" o disposizionea far tacere i propri desideri superficiali e a non attribuire loro

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nessuna importanza decisiva, in attesa di un segno da parte diDio, rivestid evidentemente un ruolo importante al momentodel discernimento spirituale cosi come lo si pratica nell'accom-pagnamento. L'indifferenza faciTiter) 1'accesso al desiderio diDio e al tempo stesso la scelta da fare in favore della volont)di Dio, apreferenza di ogni altro desiderio. Un esempio concre-to, ancor meglio di una riflessione pii approfondita, ci darilapossibiliti di cogliere nel vivo colne una tale rinuncia ai deside-ri permetta di liberare l'esistenza di un desiderio piii profondoche ts quello di Dio in ogni uomo.

L'esempio d preso da un racconto in forma di parabola nel qua-Ie il compianto padre Jean-Claude Guy aveva radunato un certonumero di dati sparsi qua e li negli scritti di Ignazio e nelle te-stimonianze che 1o concernevano. La parubola eru destinata a

illustrare il modo in cui il santo praticava il discernimento spi-rituale allorch6 assegnava delle obbedienze. La scena si svolge a

Roma, verso la fine della vita di lgnazio. La Compagnia d gi)bene insediata nellapenisola rtaliana; in alcune citt) importantiha aperto collegi molto apprezzati. Un giorno c'd da provvede-re a due posti di insegnante, uno al collegio di Napoli, l'altroa quello di Venezia. Ebbene, per il momento, Ignazio disponedi un solo candidato. Gli toccherd dunque operare una scelta:dare la prefercnza a uno dei due collegi e sacrificare momenta-neamente l'altro. Ora, la situazione della Compagnia nelle duecitd d notevolmente diversa. A Venezia i padri sono veneratida tutto il popolo e godono della totale fiducia delle autorit).Quando attraversano la strada, la gente si precipita su di loroper chiedere la benedizione e baciare le loro orme. A Napoli E

tutto il contrario. La Compagnia B disprezzatapressoch6 da tut-ti, e le autorit) civili la sospettano di numerose macchinazioni.E gih tanto se i padri osano uscire sulla stada, per paura di es-

sere presi a sassate dai monelli. Come scegliere dunque tra i duecollegi, tenendo conto dell'unico candidato disponibile? Comedeterminare dove si trova la volont) di Dio a suo riguardo?

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Ma prima di proseguire questo racconto, proviamo a immagi-nare: se un altro che non fosse Ignazio - diciamo: un superio-re di oggi - si fosse trovato in quella situazione, secondo qualicriteri avrebbe potuto agfue da superiore saggio? Forse avrebbecercato di riflettere sulle qualit) umane e spirituali dell'unicocandidato in lizza, per vedere quale delle due situazioni gli si

adattasse meglio. Era saldo nella propriavocazione? Su{ficien-temente generoso? Non troppo impressionabile e portato alladepressione? Piuttosto energico e combattivo? Se si, forse si sa-

rebbe potuto correre il rischio di esporlo alla situazione napo-letana. Se no, non sarebbe stato pir) prudente spedirlo a Vene-

zia, in attesa di un candidato pii agguerrito cui affidare Napo-li? Un ragionamento come questo B corretto e denota una realeprudenza. Ecco, non sarebbe stata certo :una cattiva maniera diprocedere.

Non ts cosi, perd, che Ignazio agisce. Egli d in qualche modoconvinto che il candidato stesso porti nel cuore la risposta e chenon spetti al superiore, neppure al generale, fare discernimentoal posto suo. Lo convoca dunque presso di s6 e gli espone il pro-blema, descrivendogli nel modo pit preciso possibile le due si-

tuazion| cosi differenti, di Venezia e di Napoli.Prima perd di continuare il racconto, ci si pud porre un'altra

domanda: che cosa avrebbe potuto fare qualsiasi altro candi-dato messo al corrente dalgnazio del suo imbarazzo? Certuni,forse la maggior patte, forse tutti addirittura, mossi da since-ro slancio di generosit) avrebbero spontaneamente optato perNapoli, l) dove la Compagnia si trovava in cattive acque. Nonconviene preferire sempre la situazione pii difficile e pii con-trariante?

Ebbene, Ignazio non lascia neppure il tempo al candidato dioperare una scelta del genere, ciod di scegliere in base alla sua

generosith spontanea, perch6, quand'anche si trattasse ai suoiocchi di una scelta generosa e meritevole, sarebbe nondimenoun cattivo discernimento spirituale. Non d per nulla certo, infat-

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ti, che la cosa pit contrariante corrisponda sempre e dovunqueal desiderio e alla volont) ben concreta di Dio su qualcuno. Una priori come questo - "B preferibile scegliere cid che d piir con-tratiante" - non offre a prima vista nessuna garanzia di prove-nire dallo Spirito santo. Ha anzi molre probabilit) di esprimereuna delle innumerevoli volont) proprie dell'uomo, una delle piircomuni. Non esiste infatti un cefto accanimento volontaristico,all'insegna del "pit perfetto sempre o dovunque", che forse dla pii perfida delle volont) proprie? Ricordando qui cpranro dstato detto in precedenza a proposito di certe istanze interioriche caratterizzano I'uomo, d lecito pensare che un tale a prictri,dall'aspetto cosi "virtuoso", sia quasi di sicuro dettato da "quelqualcuno" oramai molto familiare al lettore, vale a dire il censo-re interiore, e da lui soltanto. Eccolo dunque colto in flagrantereato di "pii perfetto", senza nessun legame con lo Spirit*o san-to e con il desiderio di Dio.

Che fa allora lgnazio, pienamente cosciente dell'ambiguithdi fondo di ogni risposta cosi generosa ma troppo immediata?Dopo aver esposto le rispettive situazioni di Venezia e di Na-poli, manda il candidato a fare tre ore di preghiera in cappella,chiedendogli una sola cosa: di stare attento a rinunciare quan-to pir) possibile alle proprie preferenze personali riguardo alledue soluzioni proposte, quali che siano le buone intenzioni ole obiezioni che le accompagnano. In altre parole, che sonopoi quelle dilgnazio, il candidato deve stabilirsi in una "santaindifferenza" nei confronti delle due soluzioni, restando ugual-mente disponibile per l'una come per l'altra. Poi, trascorse lere ore di preghiera, torni da lui. Il candidato obbedisce e, rreore piil tardi, ritorna dalgnazio che gli chiede: "Pensi ora diaver rinunciato alla tua volont) propria a questo riguardo?". Ri-sposta del giovane gesuita: "Per quanto mi d dato di saperlo,si, padre, penso di aver rinunciato alla mia volond propria".Al che lgnazio riprese: "Allora, in questo preciso momento, cliche cosa hai veramente desiderio?". E il segretario di Ignazio

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commenta cosi: "Ignazio infatti sapeva che, quando uno hacompletamente rinunciato alle volonti proprie, il desiderio chegli resta allora nel cuore coincide esattamente con la volonti diDio su di lui".

Non si potrebbe trovare migliore illustrazione di quello che dlecito chiamare il canttere "terapeutico" dell'obbedienza: que-sta infatti B una rinuncia allavolont) propria per permettere al-la volont) di Dio di rivelarsi e di farsi sentire in qualcuno. Se harealmente rinunciato a ogni desiderio superficiale che gli impe-disce di raggiungere il proprio io profondo in cui Dio d all'ope-ra, l'uomo pud sempre fidarsi del desiderio che sussiste dolce-mente nel pir) profondo di s6. Questo desiderio, non v'd possi-bilit) di dubbio, ts il desiderio di Dio nei suoi riguardi, poich6obbedire a Dio d sempre obbedire al desiderio piil profondo checi abita, a cib che c'd di meglio e di pii vero in ogni uomo.

Considerare in tal modo l'obbedienza e Ia rinuncia alla volon-t) propria non significa peraltro misconoscere il loro caratteresovente doloroso e gravoso. Quaggir) non ci sar) mai obbedien-za senza fatica. Il piil delle volte, accedere cosi, attraverso l'ob-bedienza, al proprio io piir profondo sari vissuto come una verae propria morte. Ma se si muore al proprio io superficiale, B pernascere all'io vero. Se si muore ai desideri superficiali, B per na-scere al desiderio di Dio nei nostri riguardi. Ecco l'unica condi-zione di una piena dllatazione delle nostre vite.

Discernere Ia propria misura personale

La volont) di Dio sull'uomo si concretizza nella misura digrazia messa a disposizione di ognuno, perch6 la metta in pra-tica. Quando Dio chiede qualcosa, procura anche tutto cid dicui c'b bisogno per portare a buon fine il suo disegno: Ia salute,

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\a capacitd, il tempo, e anche quell'impulso da parte sua chenella teologia ha ricevuto il nome di "grazia", di cui l,uomo hacostantemente bisogno per agire in conformit) alla volont) diDio. Non ci pud essere alcun dubbio al riguardo: Dio non pudcontraddirsi. Questa semplice constatazione, chc sconfina nel-I'evidenza, offre gih un certo numero di critcri cl-rc permct-teranno di discernere correttamente la volont) di l)i.. In.tilcforzarc la propria salute, presumere delle propric [orze o clellcproprie capacith", trasformare la propria vita in una corsa corltroil tempo. Se mancano la salute, le capaciti o molto semplicc-mente il tempo per lanciarsi in cid che si crede sia la volont)di Dio, d probabile che l'illusione sia li in prossimit). Cib chets piil difficile da discernere - ma resra nondimeno la cosa pir)importante - d la grazia che Dio mette o non mette a disposi-zione, e che spinge qualcuno dall'interno, o non lo spinge, perfargli capire che proprio quella t la sua volonth, o che q,reilu nond la sua volont).

Gli autori antichi, in oriente come in occidente, usavano untermine particolare per precisare questo impulso della graziache implica un appello personale di Dio: lo chiamavaro ,,rrri-sura" (in greco: rndtron, in latino: rnensura). Nei diversi ambitidella vita cristiana, e pir) particolarmente l) dove una parte dTasciata all'iniziativa personale, ogni credente ha ricevuto unasua "misura" particolare. Il termine d frequente nell'antica let-tetat:ura monastica; Benedetto, per esempio, usa ancora corren-temente questo vocabolario. Egli parla della "misura" nel beree nel mangiare) :una misura che d propria di ogni individuo eche egli evita di precisare troppo, salvo quando lo fa per deter-minare una media adeguata che possa andar bene per l,insiemedella comunit). Perch6 questa esitazione in Benedetto? Certunipotranno pensare che egli prenda in considerazione il diversogrado di salute o lo slancio di generosit) pii o meno accentuatoin ognuno. Non d questa perb la ragione profonda invocata claBenedetto. Alla luce della sua esposizione, il motivo d un alIro:

t t)j

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non tutti, a suo avviso, hanno ricevuto la medesima misura digrazia. Benedetto, infatti, chiama esplicitamente "dono" la mi-

sura dell'ascesi di ognuno, un dono che peraltro tutti hanno ri-cevuto da Dio; egli cita del resto Paolo: "Ciascuno ha il propriodono da Dio, chi in un modo, chi in un altro". Per determinarela misura dell'ascesi propria di ognuno sar) dunque di primariaimportanza discernere esattamente la "misura" del dono di gra-

zia ricevuto . Ota, questa non coincide necessatiamente con lamisura della salute, n6 con la misura della generositd, n6 con

la misura della resistenza di ognuno di fronte alle privazioni.Essa b perfettamente gratuita. La misura dell'ascesi non pud es-

sere che a "misura" della gtazia che uno riceve molto concreta-

mente da parte di Dio nella data situazione particolare.

Questo ci porta dunque a comprendere che tale grazia satd

sempre strettamente individuale e dunque legittimamente dif-ferente a seconda delle persone. Essa potr) inoltre, per la me-

desima persona, evolvere nel corso della sua esperienza cristia-na. Percid non dovr) mai essere fissata una volta per tutte. Sar)

bene, piuttosto, diffidare della tendenza a codificare troppo ra-

pidamente certe abitudini ascetiche che finiscono per diveni-re una sorta di riflesso condizionato, dal momento che hannoperduto il loro impatto spirituale. E molto pii importante, in-vece, restare all'ascolto di ogni novit) proveniente dal Signore

che pub chiedere qualcosa di nuovo. Una tale misura, di grazia

e di ascesi, sar) normalmente pir) leggera all'inizio, per poi au-

mentare in seguito. Ma pub anche succedere il contrario. Cibche importa, comunque, non B la quantit) della misura, ma che

a ogni istante della nosra evoluzione si sia in grado di discerne-

rcla parte di gtazia effettivamente ricevuta, per corrisponder-vi senza discostarci, n6 in un senso n6 nell'alro. Andare al di l)della grazia che ci B data, infatti, sarebbe alrettanto dannosoquanto restarne al di qua.

Per descrivere l'iniziativa che consiste nell'andare al di li del-

la grazia, l'antica letteratura monastica aveva fotgiato i termini

r98

praesumere e praesumptio. Prae-sumere vuol dire, letteralmente:cogliere troppo presto, impadronirsi prima del tempo. Da questa

stessa radice proviene il nostro termine "prcsunzione", che de-nota oggi un senso morale che un tempo non possedeva. Nel suoprimo senso il termine voleva semplicemente significirre : "vo-lersi appropriare di una realt) a cui non si d ancora chiamati".

Il significato b chiaro. Quando si tratta cli ascesi, il mona-co presume allora non delle proprie forze, ma della grazia chenon d aficota data. Infatti, quand'anche le forze fisichc si ri-velassero sufficienti per compiere l'opera "presunta", il bene-ficio spirituale sarebbe nullo. Benedetto b assolutamente espli-cito al riguardo: cib che d fatto senza la benedizione del pa-dre spirituale "praesumptioni deputabitur ac vanae gloriae, nonmercedi", "sar) imputato a pfesunzione e vanaglotia, non a ri-compensa".

I padri del deserto avevano un senso estremamente acuto del-le illusioni che potevano nascondersi dietro una vita asceticapraticata al di fuori di ogni discernimento spirituale. Un magni-fico apoftegma di Poemen riassume questa consapevolezza inuna frase concisa e a effetto che, nell'originale greco, comportaappena sei parole: Ptinta ti. rimetra ek toil diab6lou, "Tutto cibche d senza misura (tirnetron) viene dal diavolo". Tirtto cib chefosse al di fuori della misura di grazia effettivamente accordata,o che andasse al di l), sarebbe illusione, di sicuro provenientedal maligno.

Un altro apoftegma, attribuito atn'a?irt?iaa, ciod a una madrespirituale, di nome Sincletica, b ancora pii esplicito:

C'i un'ascesi che E fissata dal nemico, e sono i suoi discepoliche la praticano. Come distinguere l'ascesi che viene da Dio,ed d regale, da quella che viene dal demonio ed d tirannica?E chiaro: per la sua simmeffia, per il suo corisponderc allamisura (symmetria) . . . La mancan za di missra (arnetria) , in[ x-ti, B sempre fonte di corruzione.

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La "simmetria" di cui si parla qui consiste precisamente nel-l'accordo tra la misura della grazia accordata e cid che l'ascetavorrebbe compiere. Quando questa misura viene olffepassata e

si sconfina nell'arnetria - e l'apoftegma ne di un deplorevoleesempio: digiunare quattro o cinque giorni di seguito per termi-nare con un pasto pantagruelico il giorno appresso - significache 1'asceta d stato certamente vittima del demonio.

Nell'accompagnamento spirituale questa "misura" individua-le della grazia potri addirittura avere la priorit) su cerri grandiprincipi della spiritualit), per quanto eccellenti possano esserein se stessi. In s6 e per s6 sono a volte inapplicabili, per il sem-plice fatto che, nel caso concreto, la misura della grazia ricevutad differente.

Ecco un altro esempio, sempre tratto dal monachesimo anti-co. Tha il rv e il vI secolo, una delle questioni piii conffoverse trai monaci era quella dell'opportunit) o meno del lavoro manuale:era conveniente si o no che un solitario vi si dedicasse? Certimonaci, detti messaliani o euchiti, erano dell'idea che la vitapuramente contemplativa non solo autorizzasse ma addiritturaesigesse un'astensione rigorosa da qualsiasi lavoro manuale, ca-pace soltanto di distrarre dallapreghiera continua. Questa posi-zione estrema fu ben presto abbandonata dai pir), in favore diuna posizione pit moderata: il monaco poteva Tavorare manual-mente, ma in cella e senza uscire da essa; gli era vietato il lavo-ro dei campi, al di fuori della cella. Tale sar), per esempio, laposizione che difenderh Giovanni Cassiano, al contrario di Be-nedetto, il quale invece ammetter) il lavoro all'esterno, in ca-so di necessit). Le tracce di questa controversia sono ovunquepresenti nell'antica letteratura monastica, in particolare sotto laforma di un tema che appare di tanto in tanto, quello dell"'or-to": un monaco ha il diritto di coltivare il proprio orto? Ata-nasio nella sua Vita d.i Antonio risponder) af{ermativamente a

questa domanda, ma numerosi apoftegmi ci fanno sentire anche7'altra campana, quella della dottrina allora certamente piil dif-

fusa, di cui troviamo un riflesso in Cassiano: non E opportunoche un monaco si lasci indurre a coltivare un orto, perch6 sareb-be fonte di distrazioni. Questo dunque il principio, chc indub-biamente appadva sacrosanto agli occhi di molri. Oerti apofteg-mi, tuttavia, pur consacrando il principio, amrncttollo cccezioninella pratica. eccezioni che sono ogni volta il frrrtto cli rrn cli-scetnimento molto perspicace.

A titolo di esempio, ecco un apoftegma particolarnreltte gu-stoso, anche questo attribuito al grande Poemen:

Un fratello venne a tovare abba Poemen e gli disse: ,,Senrino

il mio campo e del suo frutto faccio elemosina". "Fai benc,fratello", gli disse 7'anziano. E il fratello parti con ardore eintensificd la sua elemosina. Lo venne a sapere abba Anub, edisse ad abba Poemen: "Non temi Dio, da pailare cosi al fra-telloT" [Anub era dunque uno che si opponeva all,,,orto,,, ecredeva che Poemen condividesse gli stessi principil. poemen

tacque. Due giorni dopo, abba Poemen mandd a chiamare ilfratello e gli disse, in presenza di abba Anub: "Che cosa mihai detto l'altro giorno? Avevo la mente altrove". E il fratello:"Ho detto che semino il mio campo e ne faccio elemosina,,.Abba Poemen gli rispose: "Credevo che parlassi di tuo fratel-lo che vive nel mondo. Ma se sei tu che fai questo, non dlavoro da monaci". A tali parole il fratello si rattristd e disse:"Non so fare nessun altro lavoro che questo, e non posso nonseminare piil il mio campo". Quando questi se ne fu andato,abba Anub si prostrb dinanzi all'anziano e disse: "perdona-mi!". Abba Poemen gli rispose: "sapevo bene anch'io fin daprincipio che non B lavoro da monaci, ma ho parlato a quelfratello adattandomi al suo desiderio e gli ho dato coraggioper accrescere la sua carit). Ora invece se ne B andato tuttotriste e continuer) in ogni caso a seminare il suo campo',.

Ecco dunque un bell'esempio di discernimento. poenren ap-partiene alla scuola di coloro che ritengono il lavoro all'ariir

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apefia non confacente ai monaci; d, diciamo, di "stretta osser-

vanza". Nondimeno ha ascoltato attentamente il fratello che gliponeva la domanda, e ha rapidamente compreso che non era

adatto per un lavoro all'interno e che l'aria apefta gli era sen-

z'altro necessaria per il suo equilibrio. Ma, soprattutto, in quel-

lafaccendaha saputo riconoscere il suo desiderio profondo, che

era un desiderio di carit). Con cib che guadagnava con gli ortag-gi del proprio campo, quel fratello era felice di fare l'elemosina.Concessione di Poemefl, ma aspre critiche di abba Anub che

avrebbe preferito vedere il principio applicato alla lettera e intutto il suo rigore. Per dare un insegnamento a quest'ultimo,Poemen fa finta di ritornare sul proprio discernimento inizialee ricorda al fratello il principio in questione. Ma ecco il fratel-lo tutto triste, anzi scoraggiato e senz'altro colpevolizzato, co-

sciente di essere un pessimo monaco. E tutto cib senza alcun

risultato, dal momento che, in ogni caso, egli sarh pur sempre

portato a coltivare di nuovo ortaggi! Al contrario di Anub, Poe-

men aveva saputo discernere lavera grazia di quel monaco, che

era di fare la caitd grazie al proprio lavoro.

I segni della grazia

In quest'ultimo apoftegma, il discernimento erroneo di ab-

ba Anub aveva precipitato il fratello nella tristezza e nello sco-

raggiamento. Ecco il segno a contrario che la direttiva data nonassecondava il movimento dello Spirito santo. La tradizione inrealth E unanime nel riconoscere da certi segni se una data viache si vuole intraprendere corrisponde o no alla volontir di Dioo

^ ufla spinta interiore dello Spirito santo. Certi autori spi-

rituali hanno descritto e raggruppato tali segni in un sistema

coerente. La maggior parte di essi potrebbero essere ricondotti

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a quello che Benedetto discerne nel monaco che nel tempo diquaresima vorrebbe imporsi qualche penitenza supplementare.

Questa potrebbe essere feconda solamente a due condizioni: che

il fratello riesca a compierla "con la gioia dello Spirito santo" e

che la intraprenda "con il consenso e la preghiera dell'abate".I due criteri sono peraltro complementari: senza la gioia inte-riore, ogni ascesi in sovrappit non sarebbe che "costretta e for-zata"; seflza il discernimento di un accompagnatore, ogni gioiainteriore potrebbe diventare fonte di illusione.

Uno dei testimoni pii antichi di un insegnamento a cluel-l'epoca gi) bene strutturato al riguardo b un vescovo bizanti-no del v secolo, Diadoco di Fotica. I suoi scritti, riscoperti inoccidente nel xvr secolo, hanno influenzato fortemente l'inse-gnamento di lgnazio di l,oyola sul discernimento degli spiriti.Diadoco sviluppa una dottrina ben precisa della sensibilitd spirituale, in grado di discernere cid che avviene nel nostro cuo-re e nel cuore degli altri. Per designare quest'organo del discer-nimento egli non teme di usare il termine greco aisthesls, chesi pud tradurre con "sensibilit)", "sentimento". Oggi indubbia-mente molti esiterebbero a usare un'espressione del genere,abituati come sono a diffidare dei propri sentimenti e a con-trapporre sentimento e sguardo di fede. Esiste tuttavia una sen-sibilit) spirituale che non coincide interamente con la sensi-

biliti superficiale ma che non b priva di legami con essa, puressendo gih parte integrante dell'esperienza dell.a fede. Nel xrrsecolo, lo stesso Bernardo non temer) di servirsi abbondante-mente di questo vocabolario "sentimentale" o "espetienziale"nel senso piil nobile del termine: sentire, consentire, praesentire,

experiri, probare, frui, eccetera, si accavallano sotto la sua penna.Si tratta di un sentimento, al tempo stesso oscuro e luminoso,che permette di presentire certe cose pir) di quanto si possano

sentire nel senso abituale del termine, e che nondimeno pro-cura una cettezza interiore di non sbagliarsi. Ecco come lo pre-

senta Diadoco:

2'J)

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La sensibiliti dello spirito (noils) d un gusto esatto di cid che

si discerne. Come infatti con il senso corporeo del gusto,quando godiamo buona salute, discerniamo senza errore le

cose buone dalle cattive e ci in'dirizziamo verso quelle che

ci fanno bene, cosi anche il nostro spirito, quando cominciaa muoversi nella piena salute e in un grande distacco, pudsentire abbondantemente la consolazione divina senza maifarsi prendere da quella opposta. Come il corpo, infatti, pergustare le dolcezze delia tema possiede l'infallibile esperien-za del senso, cosi anche 1o spirito, quando esulta al di sopra

dei consigli della carne, pud gustare senza errore la conso-Tazione dello Spirito santo: "Gustate - dice infatti la Scrit-tura - e vedete quanto d buono il Signore" (Sal 14,9), e pud

custodire, grazie a71'azione della cariti, una memoria senza

oblio di quel gusto ... "E questo chiedo nella mia preghiera:

che la vostra carit) pii e pir) ancora cresca in vera conoscenzae in ogni sensibiliti (aistbesis), perch6 possiate discernere ilmeglio" (Fil r,9-ro).

Possiamo isolare la penultima frase: "Custodire, grazie all'a-zione della carit), una memoria senza oblio di quel gusto". Al-lorch6 un bel giorno d stato concesso a qualcuno di sorprenderee di "sentire" dentro di s6 l'azione dello Spirito santo, glieneresta un ricordo indelebile, una sensibilit) particolare, inscrittanella memoria del cuore, che diventa un punto di riferimentograzie al quale egli d ormai in grado di riconoscere subito, e conun margine minimo di errore, l'azione dello Spirito santo den-tro di s6 o negli altri.

Affermare cid significa al tempo stesso sottolineare il legame

che esiste tra 1'esperienza spirituale personale dell'accompagna-tore e l'aiuto che b chiamato a procurare in occasione di un dia-logo con alri. E in base al ricordo di cid che B accaduto a luipersonalmente, infatti, nella sua relazione con il Signore, chepub riconoscerel'azione del Signore in un altro. Come B statoricordato sin dall'inizio di questo libro, non v'B differenza es-

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senziale tra il riconoscere il tocco dello Spirito attraverso la pa-

rola di Dio al momento della lectio diuina, peresempio, e il di-scernere questa medesima azione nei desideri o nei progetti cheun altro ha appena confidato. Nei due casi d una medcsima sen-sibilit) spirituale, piil o meno affinata dal ricordo di esperienzeprecedenti, che riconosce e interpreta correttamente la presen-

za o l'assenza dello Spirito.Questo "essere sensibili" alla gioia spirituale, o alla "conso-

Tazione" ricevuta da Dio, d stato mirabilmente descritto e percosi dire "organizzato" in vista della pratica del discernimen-to da lgnazio di Loyola nelle otto regole di discernimento cheha lasciato nei suoi Esercizi spirituali.In esse Ignazio parte cer-tamente dalla propria espetienza personale, matutata nel corsoclella lunga convalescenza dopo l'assedio di Pamplona, duran-te la quale fu incuriosito dall'alternarsi di "consolazione" e di"desolazione" che gli sembrava di constatare in se stesso. Ma sirivela in pari tempo come l'erede di una Ttnga tradizione di di-scetnimento alf interno della chiesa, in particolare della tradi-zione monastica, alla quale non esita a far appello.

Gid nella regola I egli distingue nettamente tra cib che B pro-prio dell'azione di Dio, o dei suoi angeli, e cib che tradisce l'in-tervento del cattivo spirito. Le altre regole non faranno che trar-re tutte le conseguenze pratiche. Ci sembra interessante citarequi la prima nella sua integralit):

E proprio di Dio e dei suoi angeli dare con le loro mozioniveraletizia e godimento spirituale, togliendo qualsiasi tristez-za e turbamento inoculati dal nemico; per costui d connatu-rale combattere contro taleletizia e consolazione spirituale,adducendo ragioni speciose, sofismi e continue falsit).

Tra queste consolazioni, un posto a parte lgnazio lo riserva,rl[e consolazioni che vengono nell'anima "senza causa" e si prc-scntano all'improvviso e inspiegabili. Esse vengono da Dio in-

2C)5

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fallibilmente, a suo parere, "perch6 d proprio del Creatore en-trare, uscire e fare mozione nell'anima, elevandola interamenteall'amore della sua divina gr^ndezza" (regola II). Poich6 l'im-patto del maligno sull'anima non pud spingersi cosi in profon-ditd, tali mozioni possono essere attribuite all'azione dello spi-rito buono, senza rischio di errore. l,o stesso, invece, non si pubdire delle mozioni che hanno una causa, seppur buona, peresempio un inconffo, uno scambio, una parola della Scrittura,un sentimento di gioia intima. Anche se in un primo momentoquelle impressioni vengono da Dio, il cattivo spirito pud impa-dronirsene, strada facendo, per farle deviare dalla loro traietto-ria (regola VIID. Anche il maligno, infatti, pub apparentementeconsolare l'anima, nell'unico intento di trascinada dietro a s6.

E proprio del maligno, del resto, presentarsi dapprima come an-gelo di luce: "Egli insinua ciod buoni e santi pensieri conformiall'anima giusta e poi, a poco a poco, cerca di avere la megliotrascinando l'animaverso i suoi inganni occulti e le sue peruer-se intenzioni" (regola IV). Grazie a Dio, i segni di un tale svia-mento sono sufficientemente chiari:

Se il corso dei pensieri che si hanno porta verso una cosa cat-tiva o futile, oppure meno buona di quella che l'anima si eraproposta di fare prima, o indebolisca, inquieti e conturbi l'a-nima, togliendole la pace,latranquillit) e la calma che primaaveva, d un segno chiaro che cid proviene dal cattivo spirito(regola V).

Ancor pir) particolareggiata d la descrizione che la regola VIIf.a dell'azione dell'angelo buono e di quello cattivo:

A quelli che procedono di bene in meglio l'angelo buono toc-ca7'anima dolcemente e soavemente, come una goccia d'ac-qua che entri in una spugna; mentre il cattivo 7a tocca acttta-mente, con strepito e inquietudine, come quando la gocciad'acqua cade sulla piera ... La carsa di questo d la disposi-

zione dell'anima... perch6, quando d conraria a quella degliangeli, questi entrano con strepito e sensazioni percettibili;quando d simile alla loro, entrano in silenzio, come in casapropria e a porte aperte.

Queste poche citazioni di Ignazio sono largamenre sufficien-ti. Ignazio peraltro non ha invenraro nulla. Non ha fatto cheaffinare la dottrina tradizionale dei criteri del discernimentospirituale, che sono la consolazione e la gioia, grazie alla suapercezione particolarmente acuta della psicologia dell'uomo inricerca della volont) di Dio su di lui.

zo6 2.J7

Page 104: Rigenerati dallo spirito di andré louf

ALCUNI CASI PARTICOLARI

Prima di concludere queste pagine vortemmo accennare ad

,rlcune situazioni particolari in cui sovente d molto utile essere

aiutati da un accompagnatore. Si tratta di tre casi in cui molticredenti, anche quelli che hanno abbandonato la pratica di unrrccompagnamento regolare, verranno spontaneamente a consul-tare qualcuno: la scelta di uno stato di vita; le difficolt) nellapreghiera; I'apprendisrato dell'agire con Dio. Basterh applicareconcretamente il processo che B stato descritto nei capitoli pre-

ccdenti.

La scelta di uno stato di

Nell'esistenza di ognuno si presentano situazioni particolar-rr)cnte cruciali in cui si vorrebbe essere sicuri di prendere una.lccisione che sia in pieno accordo con la volonth di Dio. Pud('ssere il caso di una possibile vocazione, per esempio, o dellascclta di una professione, o di quella di un compagno per la vi-trr. In che modo l'accompagnatore accoglierh chi lo accosta di-ccndo: "Ho una decisione importante da prendere e vengo a

..'lriederle un'consiglio"'?La prima certezza che deve abitare in lui ts la consapevolez-

zrr cli non possedere la risposta alla domanda che gli viene po-

vfia

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sta. E una risposta che solamente il richiedente porta dentro dis6. Consigliarlo non significher) nient'altro che aiutarlo a pren-derne coscienza. Certo,la domanda di fondo por) essere pir) omeno dissimulata dietro una serie di domande secondarie, per1o piil puramente informative, alle quali chiunque potrebbe be-nissimo rispondere. Per esempio: a chi bisogna rivolgersi perentrare in seminario? Quali studi sono richiesti per poter entra-re in un monastero? k risposte a domande di questo tipo si si-tuano a un livello differente da quello dell'accompagnamentospirituale. Non appena sono state date, con tutti i dettagli au-spicabili, e si fa strada, a poco a poco, laveru domanda - "Chedevo fare?" -, ecco che il dialogo cambia di registro e cambiaanche il ruolo dei due inrerlocutori. D'ora in poi ridiventa ve-ro che l'accompagnatore non ha pii nessuna risposta precisa daconsegnare.

Si, cib che d davvero meraviglioso in una domanda del genered che il richiedente stesso portalarisposta nel pii profondo delproprio cuore. La volonth di Dio che egli cerca e a cui vorrebbesinceramente aderire non d altro che la sua realt) pir) profonda epii feconda. Come gi) si d derro, la volont) di Dio non lo mi-naccia in nulla. Non gli fari alcun male. Essa non B nient'altroche il desiderio di Dio, l'amore di Dio a suo riguardo. Nulla dipii dilatante per lui, in tutti i sensi e secondo tutte le virtualit)che Dio stesso ha deposto in lui.

L'unica difficolt) consiste nel fatto che, finora, egli non d sta-to ancora in grado di discernere chiaramente tale volont). Vienedunque a chiedere aiuto a un fratello o a una sorella, ma nessu-no potr) mai aiutarlo, a meno che non sia cosciente di saperneancor meno di lui. Ti-rtto cib che potr) fare d ascoltarlo rispetto-samente e, ascoltandolo cosi, insegnargli come ascoltare il pro-prio cuore e come discernervi, un po' allavolta, in mezzo aunafolla di desideri e di motivazioni superficiali, il proprio deside-rio pit profondo, quello che lo ricollega a Dio. Tutte le sue pic-cole voglie superficiali, bisogner) che egli sia pronto, all'occor-

2to

renza, a lasciarle cadere, a rinunciarvi, perch6 sgorghi sponta-neamente, nelle sue pit intime profondit), la libera volont) diDio. Non si dimentichi qui la domanda di Ignazio al giovanegesuita, dopo tre ore di preghiera e di "santa indifferenza": "Eora, di che cosa hai veramente desiderio?".

In fondo, non dovrebbe essere poi cosi difficile discernere lavolonth di Dio su qualcuno: essa infatti gli d stata per cosi direrivelata in anticipo, nelle profondit) del suo essere, nello Spiri-to santo che lo abita sin dal momento del battesimo. Cib nontoglie che il credente non di rado si sbagli, a volte persino inoccasione di scelte importanti. Latale opzione, che in un primomomento egli credeva sinceramente fosse la volonti di Dio, sid rivelata, col passare del tempo, un'illusione. Ed egli ha finitoper trovarsi intrappolato nel mondo torbido e ambiguo dei suoidesideri piil o meno contorti, le cosiddette volonti proprie. Gra-z,ie aDio, sbagliarsi non d mai una catastrofe, apatto che se nesappia trarre una lezione. Davvero, l'esperienza dei propri erro-ri passati pud aiutare l'accompagnatore ad assistere correttamen-tc coloro che vengono a chiedergli aiuto. In tal modo egli eviter)loro pii facilmente di lasciarsi abbagliare a loro volta dal palu-clamento delle voglie superficiali che nascondono ai loro stessiocchi il desiderio di Dio a loro riguardo. E il muro di bronzo dicui Poemen diceva, come abbiamo visto, che d il solo ostacolo ol,r sola separazione tra il cuore dell'uomo e il suo Dio.

Ancora una volta, dunque, bisogner) ascoltare con attenzio-lrc> senza lasciarsi scoraggiare da tutte le velleit) che I'interlo-cutore espone e che possono facilmente apparire come capriccirrgli orecchi di chi ascolta. Proprio nella misura in cui vengono,rccolte con calma da qualcuno, queste velleit) hanno una realepossibilid di dissolversi da se stesse, come spontaneamente, nel..'trore di chi si apre in questo modo, per lasciarvi sussistere uni-t ruuente l'altra possibilit), quella che gli permetter) di percepi-t', r'rel pir) profondo di se stesso, il desiderio di Dio, costitutivcr,k'l suo essefe.

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Cid pud richiedere un certo tempo. Di nuovo bisogner) evi-tare qualsiasi intervento intempestivo, che arresterebbe brusca-mente il processo di chiarificazione e di maturazione che d statomesso in moto mediante I'ascolto. Indubbiamente pud darsi chesin dall'inizio della conversazione, grazie a una certa pratica,l'accompagnatore abbia ben presto percepito quale possa esserela volont) di Dio nel caso concreto. O piuttosto: cid che moltoprobabilmente non lo ts. Un elementare buonsenso o certi segniesteriori sufficientemente evidenti possono rapidamente cancel-lare ogni dubbio a riguardo nell'osservatore un po' sperimenta-to, mentre la portata di questi stessi segni sfugge per ora all'in-teressato. Non bisogna perd manifestare subito tali reazioni, n6.

soprattutto suggerirle, e men che meno dettarle alla coscienzadell'altro, sotto forma di: "Quanto a me, penso che ...", 'A pu-rer mio, bisognerebbe che ...", "Senz'altro Dio ti chiede di ...".Bisogna invece ricondurre sempre 1'altro alla propria scelta. So-1o lui pud determinarsi in un modo veramente fecondo, cioB inpiena liberti. L'accompagnatore potr) tutt'al pit rischiararequesta scelta, ben che vada; ma cid va fatto con ogni precauzio-ne, formulando prudentemente qualche domanda, suggerendoqualche riflessione complementare, per vedere come faccianopresa sul cuore dell'uditore, ciod come lo Spirito gli doni di rea-gire a esse. Potr) anche, ma con tutto il tatto necessario, scarta-re certe motivazioni che, con ogni evidenza, nor. sono conformiall'evangelo, o neutralizzare cefii desideri di far bene che altronon sono se non l'eco, mascherata di virtil, di certe ingiunzionidel super-io o "censore interiore". Ma niente di pir). L'impor-tante, allor4 non b assolutamente che quegli obbedisca alla suaguida, e neppure, come si suol dire, "che tenga conto dei suoiconsigli". L'importante d che a suo tempo, cioB quando la mo-zione dello Spirito diventeri tranquillamente evidente in lui, es-

sa lo porti all'acconsentimento, in modo altrettanto ffanquillo e

delicato. La volont) di Dio, infatti, porta in s6 una propia forzadi persuasione. Essa non ha bisogno di pareri o di commenti

csterni. E chi percepisce realmente e chiaramente la volont) diI)io o, meglio, colui al quale essa si manifesta con nettezza, d

rrll'istante desideroso di obbedirle e capace di rinunciare gioio-samente a tutto cid che le d contrario. Questa rinuncia sar) ad-clirittura facile, e quasi per nulla dolorosa, poich6 sar) perfet-tamente libera e pofiata dall'interno da quella forua al tempostesso dolce e irresistibile che scaturisce da lui.

Ma pud sopraggiungere una complicazione dovuta a un certocarico di angoscia che, talota, accompagna la preoccupazione dicssere in accordo con la volont) di Dio. Una tale angoscia pudscombinare le carte e persino penalizzare una scelta che dovreb-[:lc essere spontanea. Essa d sempre il segno che, nelf itinerariocli colui che chiede consiglio, "c'd qualcos a d'altro" che interfe-lisce, emettendo un falso rumore che viene a complicare l"'au-scultazione" e il discernimento. L'ideale sarebbe evidentemen-lc poter discernere la fonte e il significato di questo falso rumo-rc, per poterlo trutt^rc di per se stesso. Nella maggior parte dei.'rrsi, perd, l'accompagnatore non avr) il tempo per questo, n6 lacompetenza professionale richiesta per farlo. In altri casi pudtlarsi che, nonostante un"'auscultazione" attefita, non predomi-ni in maniera sufficientemente chiara nessun desiderio, e il sog-

ir,ctto resti dilaniato ra pir) scelte che gli sembreranno ugual-nrente desiderabili e valide. Pub essere il segno che Dio lasciarrrolto semplicemente la scelta all'interessato stesso. E perch6 no?L'importante a volte - soprattutto quando vi sono di mezzo cer-ti "falsi rumori" - non d che l'interessato scelga \a tal cosa a

lrrcferenza ditalaltra, ma semplicemente che "scelga", in tuttali[rert). In questo caso, un discorso come quello che segue publrrlora sbloccarclaparalisi e condure a una scelta perfettamentevrrlida: "Ecco, dunque, tutti gli argomenti in favore di una scel-t1r positiva; io credo che tu li abbia colti bene. Ed ecco, dall'al-llir parte, tutti gli argomenti in favore di una scelta negativa; lilni colti ugualmente bene. Se scegli a sinistra, scegli bene. Se

scegli a destra, scegli altrettanto bene. La volonth di Dio su cli

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te, in questo momento preciso, d che tu scelga realmente qual-cosa. La tua scelta sardla volont) di Dio".

Difficolti nella preghiera

E un altro caso in cui il ricorso all'accompagnatore spiritualed relativamente frequente. In effetti, confidenze di questo gene-re: "Non so pit pregare", "La preghiera mi d diventata impos-sibile", sono piuttosto frequenti. E da notare che le formule ge-neralmente usate da chi fa queste lamentele implicano soventeche ci fu un tempo in cui questi pensava di saper pregare. Ognipersona che prega affronta un giorno o l'altro questo momentoin cui la preghiera, dapprincipio facile e come sgorgante di sor-gente, tutt'a un tratto diviene arida e laboriosa. Molto spesso sitratta del momento in cui lo Spirito santo invita l'orante a pas-sare da una preghiera pir) esteriore - razional,e o immaginativa -a una preghiera piil interiore. E in genere anche il momento incui, attraverso Ia prova di un'apparente aridita ,Dio invita a "fa-re il salto" nell'interioriti. Ebbene , si tratta qui di un passaggiocruciale, che non d sempre evidente e in cui l'assistenza di unaccompagnatore pub essere molto preziosa. Ci sembra utile, alriguardo, spendere qualche parcla.

Chi ha scoperto la propria interioriti ha imparato a vivere a

partire dal proprio cuore. Ora, questo passaggio dall'esterioreverso l'interiore, in molti casi, ha luogo al momento della pre-ghiera. Fa parte della sua storia, ne d una tappa decisiva. Vie-ne progressivamente rivelato il luogo interiore in cui Dio B pre-sente in ciascuno, e a partire dal quale lo istruisce e lo muovegrazie a quella che Giovanni chiama "unzione" (rGv z,z). Avolte questa scoperta avviene molto presto, gii all'inizio dellavita di preghiera. In altri casi, invece, ha luogo solamente do-

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po lunghi anni; casi tanto pii frequenti in quanto la nostra epo-ca d ancora tributaria di una formazione che metteva in guar-dia dai sentimenti e aveva tendenza a esaltare la fede cosiddetta"nuda" di un certo rigorismo volontaristico. Gii ai suoi tempiGiovanni della Croce sosteneva che i nemici pir) temibili del-7'orazione contemplativa erano gli stessi direttori spirituali. Ineffetti in Spagna erano in auge allora certi metodi di orazionepiuttosto attivi, che implicavano in modo particolare la ragio-ne e f immaginazione.In base alla propia esperienza Giovannidella Croce si era reso conto che a un dato momento tutto quel"chiasso" di immagini e di concetti non solo diventava inutileal momento della preghier^, ma era anzi francamente nocivo.Solamente una sospensione di questa attivit) ancora tutta ester-na all'anima permette di izzarc l'orecchio interiore per perce-pire qualcosa di rudicalmente differente, nel pit profondo delcuore. Uno dei compiti dell'accomp^gnatote sar) quello di atti-rarel'attenzione dell'orante su questo silenzio interiore in cuinon cessa di accadere qualcosa di importante.

Come gii si ts detto sopra, ogni accompagnatore rischia diessere interpellato sovente da persone che si lamentano di nonsaper pii pregare, semplicemente perch6 provano grandi diffi-cold al momento della preghiera. Hanno l'impressione di per-dere tempo e forse hanno addirittura abbandonato, del tutto oin parte, ogni pratica della preghiera. E lecito anche pensareche siano parecchi i cristiani - religiosi e religiose inclusi - chesi trovano pir) o meno in questa situazione. Hanno generosa-mente esplorato un certo numero di cammini o metodi di pre-ghiera, ciascuno dei quali ha funzionato per un po' di tempo.IIanno persino acquisito una piir o meno grande familiarit) conun certo trantran abituale di cui per il momento si acconten-tano: un piccolo brano di lettura, un pizzico di riflessione o dimeditazione, qualche invocazione e, nei giorni migliori, l'ab-l>ozzo di un buon proposito. Perch6 non accontentarsi, anzichtvoler fare i difficili con Dio?

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Ma ecco che Dio non si accontenta piir. Ora, Dio possiede unsolo mezzo per far sloggiare qualcuno dal solito traflttaflt si trat-ta di una piccola prova che il suo amore non pub risparmiareall'orante. Per dirla con un'immagine: egli interrompe la cor-rente e chiude il rubinetto. Dio E sempre presente in colui cheprega, ma altrove ormai. E l'unica tattica che Dio pub adotta-re per costringere qualcuno ad ascoltarlo l) dove parla realmen-te. Gli d molto piil prossimo, ormai; ma non l) dove lo cercavaprima. Intelligenza, immaginazione, sentimenti, tutto si trovad'un tratto a secco, e l'orante ha la sgradevole impressione ditrovarsi di fronte a un muro invalicabile. E risaputo: una provasimile pub portare lontano, pud scavare molto in profonditi.Quando qualcuno ha consacrato sinceramente tutta la propriavita alla ricerca della preghiera contemplativa, una sfida del ge-

nere pub essere vissuta come uno smacco cocente, come il crollodi tutto un ideale, un po' nel senso di quanto si d detto a pro-posito dello "specchio infranto". A un tale insuccesso rischiaperaltro di far seguito alf istante una vocina insistente che dal-I'interno dice (ma il lettore attento ne conosce ormai il proprie-tario): "Di sicuro i colpa tua; qualcosa non era in regola nellatua vita" . Per fortuna Dio, che non ha l'abitudine di riserva-re le sue grazie a coloro che sono "in regola", non si occupa diquella vocina. E l'accompagnatore si guarder) bene, a sua volta,dal farlo, fosse anche solo per contraddirla. Basta lasciarla per-dere, senza discutere con essa: cid che pretende, infatti, d gi) inpattenza e sempre senza fondamento.

Il messaggio che l'accompagnatore cercher) di trasmettere intale occasione sarh innanzitutto questo: se la preghiera sembraessere diventata piil ardua, non B perch6 I'orante I'avrebbe me-

ritato per colpa sua, ma unicamente perch6 Dio cosi desidetaper noi. F,l'altrafaccia della sua grazia. Si tratta quindi, piut-tosto, di un'occasione che bisogna saper cogliere al volo. Dioprende ora le cose in mano, affretta il passo, affinch6 anche l'o-rante possa accelerare il passo, dietro a lui. Resta vero, perb, che

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una prova del genere nella vita di preghiera pud causare un pro-fondo smarrimento. Ecco, l'orante si trova sulla soglia di un mi-stero a cui bisognerebbe abbandonarsi, ma senza sapere in ve-rid come muoversi, quale passo fare. Tutto d talmente strano, in(luesto mondo dell'interiorit), totalmente nuovo per lui. Tirttosembra talmente "alla rovescia" rispetto a cib che era abituatorr sentire e a sperimentare da parte di Dio. Una volta ancora,cgli ha bisogno di una guida, non che lo prenda per mano e 1o

spinga in una certa direzione, ma che attiri la sua attenzione suiscgnali misteriosi che Dio non cessa di inviargli quale prova chesi trova sulla srada buona e che in tutto cid che gli accade dall'opera lui, Dio.

Affermare che a un dato momento l'orante non sa pii che pas-so fare d ancora un'espressione infelice, poich6 non c'd in realt)nessun passo da fare, ed d per l'appunto questo che B straordi-rrario e al tempo stesso difficilissimo. Forse laprova pir) stupefa-cente che Dio gli offre d proprio quando cerca di fargli capire chenon pud piil fare null'altro se non abbandonarsi alla sua azione.ln quei momenti Dio b vicino piil che mai. Non c'd piil nessun

;rasso da fare. C'd solamente da lasciar perdere un certo nume-ro di cose, tutto cid che ingombra le mani e il cuore. Bisognalasciare Ia presa. Come compiere questo gesto? Nessuno pub in-scgnarlo o comandarlo a un alffo. Lo si pub solamente suggeri-rc attraverso tutto cib che si d, poich6 d tutta un'arte quella dilasciarsi attrarrc interamente verso la propria interiorit), versolc profondit) del proprio essere che sfociano misteriosamentein Dio. Ogni credente infatti porta nel cuore un abisso verti-ginoso, che d Dio. Dio presente in lui come una vertigine allarluale, a un certo momento, deve abbandonarsi, dalla quale develrrsciarsi affenarc, senza aggrapparsi a qualche appiglio che gli,t[tra garunzie contro tale vertigine.

In quei momenti la presenza di un accompagnatore d quasiscmpre indispensabile. Il suo ruolo sar) quello di favorire la pre-srr di coscienza di questa vertigine da parte del soggetto, senza

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che costui ceda alla paura di fronte all'assenza di punti di rife-rimento. Altrimenti l'orante rischierebbe di passare accanto al-la vertigine per girare e rigirare eternamente attorno ai propripiccoli sforzi, finendo per annoiarsi sempre pit al momento del-la preghiera. Si tratta qui di un apprendistato che non si ottienecon la forza: a nulla serve precipitare il soggetto in questa verti-gine con una spinta. Questa b davvero opera di Dio, che inter-pella la libert) del soggetto. E non vi B alro momento opportu-no se non quello che nascer) dal dialogo trala grazia e la libert).Spingere qualcuno diforzal) dove non ha ancora n6 il desiderion€ i mezzi per andare rester) sempre un tentativo senza effet-to. Eppure, per quanto ridotto, il ruolo dell'accompagnatore re-

sta nondimeno determinante. La sua presenza pud aiutare ad ac-

quietare certe tensioni perfettamente inutili, a correggere certisforzi volontaristici che sono puro spreco di tempo e di energia.Pud suggerire instancabilmente che sar) sufficiente un giornoquesto semplice abbandono per cedere alla vertigine di Dio.Beato l'uomo, se nel suo cuore un giorno la sorgente della pre-ghiera d potuta sgorgare liberamente, forse a una semplice paro-la, a un sol gesto, a un solo sguardo di un fratello: un interventocosi discreto, eppure cosi decisivo!

L'apprendistato dell'agire con Dio

Ed eccoci all'ultimo punto cruciale di ogni esperienza spiri-tuale; l'apprendistato di un agire che sia continuamente in ac-

cordo con l'azione dello Spirito santo in noi. Abbiamo gi) ac-

cennato in queste pagine a un certo attivismo pir) o meno sfre-

nato in cui tanti credenti hanno la tendenza a rifugiarsi per

risparmiarsi dei faccia a faccia ben pii esigenti. Cid talvolta nonts che il sintomo di un'insufficiente maturit) umana; ma d pit

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',()\i('nte ancora il segno che queste persone non hanno raggiuntorr :i(' stcsse la mozione dello Spirito santo, a partite dalla qua-It' trrltir la loro attivit) poffebbe essere diretta nella pir) grande

1,;rtt'. l)evono aflcora imparare non tanto alavorate al posto dil )io, o con Dio, quanto piuttosto a lasciare che sia Dio a lavora-rr' <. rr pfefrdere tutta l'iniziativa in loro.

" ll l)adre mio opera sempre" (Gv 5,r7): ecco una confidenzal;rttrr cla Gesir ai discepoli. E aggiungeva che ogni opera che egli,r trrrr volta compiva qui sulla terra consisteva nel fare cid cher,,'.lt'vir fare dal Padre. Allo stesso modo Dio b incessantemente:rll'opcra in coloro che egli manda, e sarebbe sufficiente che lol,rs.'irrsscro fare, cercando di raggiungere la sua azione in loro,

l)('r'lx)ter collaborare con lui secondo le sue attese. Questa d

,l.l lcsto l'unica cosa da fare, e nulla pir). Ognuno pud sperare, lrc vcrr) il giorno in cui gli sarh dato di collaborare cosi con la',t,r grl.zia, in una maniera oramai del tutto differente da quella,r t rri cra abituato agli inizi dell'esperienza spirituale. Come larrr;rligior parte dei cristiani sono sovente tentati di inventarsir rrrnruini di preghiera a propria misura e che offrano garunzie,li ritrscita, cosi sono esposti allatentazione di voler tracciare,l:r sc stessi, a proprio gradimento, alcune condizioni di militan-z,r rr servizio del Regno. Ora, b Dio che incessantemente d al-l'()l)crzl, ed essi non sono che strumenti. Per essere buoni stru-rnt'rrti basterebbe che sapessero scoprire e discernere in se stessi(lu('sta attivith di Dio che incessantemente cerca di sostituirsi,rllrr loro attivitd, per associarsi interamente alla sua.

Irr gcnere ts difficile rendersi conto a qual punto cid suppongaunrr trasformazione radicale del modo di fare abituale. Si d tal-nr('r)te abituati alavotarc per Dio con una buona intenzione,,lricclcndogli il suo aiuto nella preghiera e contando sinceramen-r('su (luesto aiuto nel corso del proprio lavoro... Ma I'accento,irrt'or.rsciamente, resta posto sull'attivit) di colui che, ai propri,,, t lri, sembra essere all'opera; di colui che lavora secondo i pro-

lrr i progetti, pur contando vagamente su Dio perch6 ne avalli

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bene o male i risultati, dato che trover) ben il modo di integrarela nostra prassi generosa nei suoi piani d'azione... Il che, peral-tro, B certo: Dio lo f.a, e 17 febbrile attivismo di certuni pud so-lo infastidirlo un po' quando si ffatta di condurre a buon fine ilsuo disegno di salvezza.

Esiste perd una maniera del tutto differente di lavorare in-sieme a Dio o, meglio, di lasciare che Dio operi in colui chelavora. In un certo senso questamaniera d molto pir) lieve e per-sino pir) riposante per l'uomo che vi d impegnato. Per di piil,non v'd dubbio, essa rende maggiormente gloria a Dio. Questamaniera privilegiata consiste semplicemente nel mettersi nelladisposizione di captare 7a lunghezza d'onda - se si pub usaretale paragone - sulla quale d all'opera Dio, allo scopo di rag-giungerlo su quella lunghezza d'onda e presrarsi tranquillamen-te alTa sua azione. Ecco cid che Dio vorrebbe tanto insegnareall'uomo. Dio B infatti continuamente all'operu nella chiesa enel mondo, l'uno e l'altra opere scelte uscite dalle sue mani, d

estremamente attivo. Per agire, non attende che l'uomo agiscaper primo, anzi, Ta sua potenza, come un uragano, si scatenacontinuamente sull'universo: la sua attivith d presente ovunque,ma d l'uomo che ha difficolt) a captarla esattamente. Per ri-prendere il paragone di prima, l'attivitb, umana si sviluppa spes-so su un'altralunghezza d'onda rispetto a quella di Dio. Non d

neppure escluso che le emissioni degli uomini, le loro attivititalora intempestive, disturbino di tanto in tanto le emissioni di-vine. Bisognerebbe che talvolta essi arrestassero il ritmo india-volato delle loro attivitd, che riuscissero a fare una pausa, a de-porre le armi e incrociare le braccia, per ascoltare a lungo il si-lenzio del loro cuore. E proprio in questi momenti che l'agire diDio avrh qualche possibilith di emergere e di prendercT'inizia-tiva dentro di loro.

La cosa d facile solo in apparenza, soprattutto per l'uomo atti-vo, abituato a nuffirsi inconsciamente della propria attiviti, cosicome ci si assuef) a una droga: non se ne pud liberare senza pas-

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',.uf irt traverso la crisi di astinenza. Si tratta in effetti di passare,l;r rrn attivismo delle buone intenzioni, che non d senza risulta-ti trrrrgibili, a una certa passivit) proprio alf interno dell'azione,,li rrri perd non d sempre immediatamente percepibile l'effica-, i:r Irr altre parole: al cuore stesso dell'azione,l'uomo attivo non, 1r 11,11'[)[)s mai perdersi in essa a tal punto da arcivare, a sua in-',.r1)ulrr, atagliare il filo che Io ricollega alla propria interiorit); d,l,r Ii, anzi, che dovrebbe scaturire tuttala sua attivit).

A rrcrrra una volta, non si ttatta di una cosa facile. Avere inces-',,url('rrrente l'orecchio del cuore attento all'azione di Dio, met-t('r'si continuamente in sintonia con essa, restare accordati, com-lr.rr'irrlc, per cosi dire, con essa, esige sovente una vera e propria( r()cilissione, una pasqua, e i pir) cercano inconsciamente di al-l,rrrtruritrre il calice quanto pir) a lungo possibile. Non sono delr(',jr() - cosi sembra loro - strettamente indispensabili alle ope-rc r lrt', in buona fede, credono di compiere per Dio? Fortunata-nf('ntc a Dio non mancano i mezzi per far loro deporre le armir' r'orrclurli, a poco a poco, a una resa senza condizioni.

l',t'co, dunque, ancora un'altra situazione in cui il credente.rvr':r lrcr lo pii bisogno dell'aiuto di un accompagnatorc per com-I'r,'rrtlcre il senso dell'azione di Dio nella propriavitaelaforma,1,'l srro intervento nelle proprie attivite. La prima impressione,lr,' rrc avr) f interessato d che Dio interviene come per ostaco-l.u(' (lrrcste sue attivit). Nell'incapacit) di capire, il credente( r)r r('r'ir il rischio di reagire nel modo piil maldestro, pur con larrrililiorc intenzione di questo mondo. Quanto piil sarebbe ne-( (',i:i:u'i() rallentare il movimento, e fofse anche fermarsi un atti-nr( ), trrnto pir) si agiter) come un forsennato. Si, l'agire di Dio il;,iir ..lclle volte sconcetta, appare strano. Prima di diventare lar, ,t t i'r *rrlla quale il credente potr) un giorno costruire in manie-r ,r lr,'rr piir salda, 7'azione divina in un primo momento d soven-tl st :rrrclalo, pietra d'inciampo.

ll r trrrlo dell'accomp^gnatore ts qui di estrema importanza. La',u:r l)rlrola, innanzitutto; ma pit) ancora il suo esempio. Egli

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dovrebbe essere esperto nelle vie di Dio ma, correlativamente,altrettanto esperto nella propria debolezza. Un giorno, infatti,anch'egli ha come sorpreso Dio intento a scrivere diritto sullerighe storte della sua vita. E stato difficile ma importante ancheper lui imparare a vedere come Dio sapesse trarre sovranamenteil massimo profitto dai poveri cocci che egli poteva allora offrir-gli. Ormai l'accompagnatore B stato invitato a un altro sguardo

sulla propria povert). Egli d stato in grado di riconciliarsi conquella insignificanza, alla luce delle meraviglie che Dio non hacessato di operare atraverso di lui, e tutto cib talmente al di l)dei suoi limiti e dei suoi errori. E, perch6 no, anche a dispet-to dei suoi limiti e di tutti gli espedienti a cui ognuno di noifa spesso ricorso per cercar di superare Dio, di far meglio di luiproprio nel suo campo. Non d aunatale riconciliazione - nelcontempo con se stessi e con Dio - che ogni accompagnamen-to dovrebbe aprire? E non d attraverso l'infinita pazienza delpadre spirituale che l'accompagnato dovrebbe imparare concre-tamente che cosa possa significare collaborare con la grazia diDio: essere attento a essa, ma mai presumere di essa; incalzarlada presso, ma mai precederla? E Dio, e Dio solo, che rinnova lesue meraviglie. Incessantemente.

INDICE

I'ITEEAZIONE

I'ITEMESSA

I,' AC COMPAGNAMENTO SPIRITUALEN ELL'ESPERIENZA CRISTIANA OGGI'lia la carne e 1o Spirito( )ffuscamento e riscopertaI)iscernimento e parola di DioI )iscernimento spirituale e conversioneI )iscernimento spirituale e obbedienzaI )iscernimento spirituale e preghieraI )iscernimento spirituale nell'azioneL'accompagnamento spirituale, un ministero nella chiesa

I,'OGGETTO DELL'ACCOMPAGNAMENTO SPIRITUALE

I,A RELAZIONE ACCOMPAGNATORE-ACCOMPAGNATOlk:lazioni di vario tipoAl cuore di una relazione umanaVita divina e scienze umane

I ]N PROBLEMA RELAZIONALE: ILTRANSFERT

, ] II,I)IALOGO DI ACCOMPAGNAMENTO| ,r, Ast,'ltare i desideri

" r l)tlE ISTANZE INTERIORI: ILCENSOREr | , ll ccnsore interioreI r ! l.:r controprova: lo scrupoloso

, | / I)tlli ISTANZE INTERIORI: LO SPECCHIOl,rr grazia del pentimento

,,, ,, t,,sstittE PADRE E (o) MADRE

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I87 DISCERNERE LAVOLONTA DI DIOr87 Volont) di Dio e volont) propriet96 Discernere la propria misura petsonale2o2 I segni della grazia

2o9 ALCUNI CASI PARTICOLARI2o9 La scelta di uno stato di vita214 Difficolt) nella preghierazr8 L'apprendistato delI'agire con Dio