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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI SCIENZE MOTORIE Corso di laurea magistrale in Scienze dell’attività fisica per il benessere RIEDUCAZIONE FUNZIONALE POST-RICOSTRUZIONE LCA DEL CALCIATORE SEMI-PROFESSIONISTA: PROTOCOLLO STANDARD VS. APPROCCIO FUNZIONALE Docente Relatore Prof. Giampietro ALBERTI Docente Correlatore Dott. Gabriele BOCCOLINI, Ph.D Tesi di laurea Giacomo MILESI Matricola: 845596 Anno Accademico 2014/2015

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

FACOLTÀ DI SCIENZE MOTORIE

Corso di laurea magistrale in Scienze dell’attività fisica

per il benessere

RIEDUCAZIONE FUNZIONALE POST-RICOSTRUZIONE

LCA DEL CALCIATORE SEMI-PROFESSIONISTA:

PROTOCOLLO STANDARD VS. APPROCCIO

FUNZIONALE

Docente Relatore

Prof. Giampietro ALBERTI

Docente Correlatore

Dott. Gabriele BOCCOLINI, Ph.D

Tesi di laurea

Giacomo MILESI

Matricola: 845596

Anno Accademico

2014/2015

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Il cambiamento è movimento,

il movimento è vita.

Muoviamoci, e vivremo meglio!

Giacomo Milesi

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INDICE

1. INTRODUZIONE ........................................................................................ 4

2. TENDINE VS. LEGAMENTO...................................................................... 5

3. IL GINOCCHIO – ANATOMIA E FUNZIONE ........................................... 11

4. I LEGAMENTI CROCIATI: ANATOMIA FUNZIONALE ........................... 19

5. PATOLOGIA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE ................... 32

5.1 EZIOPATOGENESI ................................................................................................................ 32

5.2 CLINICA E DIAGNOSI ............................................................................................................ 34

6. TIPOLOGIE CHIRURGHICHE DI TRATTAMENTO ................................. 37

6.1 AUTOGRAFT .......................................................................................................................... 37

6.2 ALLOGRAFT........................................................................................................................... 39

6.3 LEGAMENTI ARTIFICIALI ...................................................................................................... 40

6.4 SCELTA DEL TRAPIANTO NELLA CHIRURGIA PRIMARIA DEL LCA .................................. 41

7. PROTOCOLLI RIABILITATIVI STANDARD ............................................ 44

8. APPROCCIO RIEDUCATIVO FUNZIONALE ........................................... 49

9. CASO CLINICO ........................................................................................ 55

9.1 RIEDUCAZIONE FUNZIONALE .............................................................................................. 56

9.2 RIATLETIZZAZIONE ............................................................................................................... 84

10. DISCUSSIONE E RISULTATI .............................................................. 110

11. CONCLUSIONI ..................................................................................... 121

12. DIARIO RIEDUCATIVO ........................................................................ 122

12. BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 131

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PARTE PRIMA

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1. INTRODUZIONE

Il lavoro che si va a presentare è frutto di un approccio multidisciplinare di più figure

specializzate, le quali hanno cooperato all’unisono per fare in modo che l’atleta potesse

avere un percorso rieducativo ottimale.

Il fisioterapista, il laureato in scienza motorie specializzato nella rieducazione funzionale ed

infine il preparatore atletico di una squadra semi-professionista, seguendo i dettami che la

letteratura odierna trasmette, hanno ideato tale percorso, altamente personalizzato, tarato

al ragazzo in questione, calciatore semi-professionista, diciassettenne.

In seguito all’analisi anatomica dell’articolazione in questione, il ginocchio, ed all’analisi

funzionale oltre che strutturale del legamento sottoposto a chirurgia, il legamento crociato

anteriore, si descrivono i protocolli riabilitativi convenzionali per poi presentare il percorso

rieducativo creato per questo caso di studio e discuterne le differenze principali.

Il lavoro vuole sottolineare l’importanza della strutturazione di un percorso altamente

personalizzato, cosicché si possa rispondere alle esigenze della persona da rieducare.

Enorme importanza infatti risiede nell’ultima parte rieducativa, decisamente sport-specifica,

troppo spesso tralasciata o solamente accennata nei protocolli usuali.

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2. TENDINE VS. LEGAMENTO

Il tendine

Con tale nome indichiamo delle formazioni di colore biancastro, splendenti, estremamente

resistenti, costituite dall’insieme di fasci di tessuto connettivo denso.

Servono da collegamento fra il corpo muscolare e lo scheletro. (Testut e Latarjet 1966).

I tendini consistono in fitti fasci di fibre parallele extracellulari di collagene, con interposte

file di cellule con nuclei densi, i fibrociti, che producono il collagene.

La vascolarizzazione, capillariforme, è raramente evidente. I tendini sono inoltre provvisti di

recettori chiamati “Organi tendinei di Golgi” che “registrano” la tensione nel tendine.

Alcuni tendini sono avvolti da una guaina tendinea composta da due guaine concentriche

fatte di tessuto connettivo separate da uno stretto spazio. (Cormack 2001)

E’ un tessuto connettivo di tipo meno denso, provvisto di abbondanti fibre elastiche, che

costituisce lo strato peritendineo o peritenomio.

Da questo strato partono profondamente sepimenti di connettivo più lasso che, unendosi fra

loro, circoscrivono i raggruppamenti maggiori dei fascetti tendinei, mentre altri sepimenti,

più sottili e più lassi ancora, nati dalla faccia profonda dei precedenti, circoscrivono

raggruppamenti meno numerosi di fasci, i quali risultano a loro volta da un certo numero di

fascetti tendinei fra loro uniti da una sostanza amorfa, chiamata sostanza cementante

interfascicolare.

Esiste pertanto, nell’organizzazione del tendine, la disposizione al formarsi di

raggruppamenti di fasci tendinei, sempre più grossi, dal cui insieme risulta formato il tendine

(Testut, 1966).

Mentre la guaina interna è attaccata al tendine, quella esterna si fonde con il connettivo

circostante.

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Composte principalmente da collagene, le apposte superfici scorrevoli sono spesso

descritte come sinovia. La frizione tra le due è minimizzata da un sottile filo lubrificante da

fluido sinoviale. (Cormack, 2001)

La matrice connettivale è quindi un insieme di molecole tra le quali quelle maggiormente

rappresentate sono il collagene, sotto forma fibrillare, immerso in una “atmosfera” di

proteoglicani. Le funzioni caratteristiche degli organismi superiori dipendono dal

mantenimento della costanza delle forme contro pressioni interne ed esterne.

Lungo il processo evolutivo, il tessuto connettivo ha svolto tale compito mediante le fibre

collagene, resistenti alle tensioni, e i proteoglicani, che avendo la peculiare proprietà di

legare una grande quantità di acqua, si oppongono alle forze pressorie. (Scott 1975)

La presenza di corretti rapporti tra proteoglicani e collagene è indispensabile per il

mantenimento della specifica funzionalità di ogni connettivo, infatti, in molti stati patologici è

stato possibile dimostrare la comparsa in circolo (solubilizzazione) di quantità differenti e

talvolta patognomoniche, ora di collagene, ora di proteoglicani. (Dey et al. 1992)

Riparazione tendinea

Le cellule chiave responsabili della riparazione tendinea sono i fibroblasti provenienti dalla

guaina o, se la guaina tendinea non esiste, dal connettivo circostante.

Quando i fibroblasti penetrano nella falla, producono abbondante nuovo collagene che

ripristina efficacemente la continuità e la forza del tendine.

Gli innesti tendinei iniziano a incorporarsi nei tendini ricongiunti in una maniera simile.

Il legamento

Il legamento ha composizione simile al tendine, con fasci paralleli d fibre extracellulari e

interposte file di nuclei appiattiti di fibrociti. La maggior parte dei legamenti ha sostanziali

fibre collagene longitudinali intrecciate con sottili fibre collagene e alcune fibre elastiche.

Ciò rende i legamenti sufficientemente inestensibili per fornire un forte supporto e limitare

eccessivi o disallineati movimenti articolari senza impedire il normale arco di movimento.

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Riparazione legamentosa

Lo strappamento dei legamenti a causa di un eccessivo sforzo articolare si ripara

abbastanza facilmente purchè la lesione sia opportunamente trattata.

Una guarigione efficace richiede una stretta apposizione dei due capi del legamento. Ciò

solitamente è ottenuto immobilizzando l’articolazione in una posizione che approssimi i due

capi.

In seguito ad un trauma più grave, il legamento strappato va ricucito con sutura chirurgica

per assicurare una riparazione adeguata.

Un soddisfacente recupero della resistenza del legamento dipende da un’adeguata

deposizione di nuovo e forte collagene attraverso l’articolazione, come nella riparazione

tendinea.

Nel caso del ginocchio, la sutura andrebbe però effettuata in tempo zero in seguito al

trauma, cosa difficilmente fattibile viste le condizioni cliniche dell’articolazione e le

tempistiche di valutazione clinica e d’intervento nel primo momento post-trauma.

Si tende perciò ad aspettare per avere un quadro più preciso dello stato del ginocchio;

intanto la sinovia si interpone tra i due monconi impedendone l’apposizione e la

rigenerazione e portando i due frammenti verso un proceso di tipo degenerativo.

Per questo motivo si procede, in un secondo momento, con il trapianto tendineo.

Legamentizzazione

Dopo l’impianto chirurgico, l’innesto del LCA segue in sequenza le fasi di necrosi

avascolare, rivascolarizzazione e rimodellamento. Le proprietà del materiale dell’innesto

cambiano a mano a mano che il processo di legamentizzazione (trasformazione da tendine

a legamento) avanza. Durante il periodo di maturazione, il punto di rottura di un autoinnesto

prelevato dal tendine rotuleo può diminuire fino al 11% rispetto al normale punto di rottura

di un LCA e la resistenza dell’innesto può diminuire fino al 13% rispetto a un normale LCA.

I dati sugli innesti umani indicano che questi ultimi assomigliano alla struttura di un LCA

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naturale già 6 mesi dopo l’impianto, ma continuano a maturare per un anno intero.

(Brotzman e Wilk 2008)

Uno studio di microscopia eseguito presso il laboratorio di morfologia umana dell’Università

degli Studi dell’Insubria sulla neo-legamentizzazione ad un anno dalla ricostruzione di un

LCA con tendini della zampa d’oca, il quale ha subito un nuovo evento traumatico che lo ha

portato alla rottura; evidenzia a microscopia elettronica a scansione (fig.1) la presenza di

numerose piccole fibre di probabile neoformazione, non ben orientate verso una direzione.

La struttura presenta ancora grossi fasci collagene, possibile derivazione dal vecchio

tendine.

Figura 1. Ingrandimento con microscopio elettronico a scansione.

Alla valutazione in microscopia elettronica a trasmissione (fig 2, 3), è stato notato, nei piccoli

ingrandimenti della sezione trasversale delle fibre, la presenza di grosse fibre collagene

assieme a molte piccole fibre colagene. Queste ultime risultano parallele tra loro a fasci.

La popolazione cellulare è rappresentata da fibroblasti con caratteristiche citoplasmatiche

di attività produttiva e le tipiche digitalizzazioni. Inoltre sono presenti zona di degenerazione;

l’ipotesi del gruppo di ricerca è che rappresentino le strutture in via di degenerazione del

“vecchio” legamento.

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Figura 2. Ingrandimento con microscopio elettronico a trasmissione.

A maggiore ingrandimento le neofibrille parallele si presentano con diametri diversi, indice

di attività di maturazione diversa delle stesse.

Figura 3. Ingrandimento con microscopio elettronico a trasmissione.

Passando alla valutazione con microscopia a forza atomica (fig.4), hanno poi evidenziato la

tridimensionalità del campione, in cui appare il periodo delle fibre collagene (64nm).

I lati di questi rilievi sono di 3x2µm.

Le fibre non risultano parallele ma anche qui si notano fibre di diametri diversi, indice di

diversa maturazione fibrillare.

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Figura 4. Ingrandimento con microscopio a forza atomica.

Ciò che hanno evinto è che, sia in TEM (transmission electron microscope) che in SEM

(scansion electron microscope) si nota la neoformazione di fibre collagene di forma più

piccola e di direzionalità diversa rispetto ai grossi fasci collagene che sembrano essere

quelli in via di disgregazione del vecchio tendine; in TEM si nota, inoltre la presenza di

fibroblasti e di strutture di degenerazione.

Con la AFM (atomic force microscope) è possibile mettere in evidenza il periodo e si

conferma la presenza di fibre di diversi diametri.

Considerando le piccole fibre come quelle neoformate (parallele in fasci al TEM) e quelle

grosse i residui del vecchio legamento (in TEM con zone degenerative e infiltrate da

neofibrille), hanno potuto così affermare che la ricostruzione ad un anno è si quasi avvenuta

ma ancora in fase di maturazione.

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3. IL GINOCCHIO

Figura 5. Articolazione del ginocchio, vista anteriore e vista posteriore.

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Il ginocchio costituisce una complessa articolazione che, per la sua posizione intermedia

nell’arto inferiore, necessita, da un lato, di una buona stabilità utile per sostenere e

trasmettere le numerose sollecitazioni provenienti dall’anca e, dall’altro, di una buona

mobilità.

A differenza, però, del gomito, articolazione intermedia dell’arto superiore, nel ginocchio, la

tenuta dei segmenti ossei non è assicurata, soprattutto, da una stabile e notevole

congruenza articolare che è tipica del gomito, bensì da robusti e numerosi legamenti oltre

che da pochi ma potenti muscoli.

L’articolazione del ginocchio, infatti, affinché gli sia permessa una buona mobilità in

presenza del notevole carico corporeo che deve sostenere, è costituita da due raffinate

articolazioni.

La prima è, infatti, rappresentata dalla faccia distale inferiore del femore con due distinte

regioni articolari e dalla faccia prossimale superiore della tibia che si affronta al femore con

altrettante parti articolari. Tale disposizione anatomica finisce per far pensare alla presenza

di due distinte articolazioni che lavorino per proprio conto poste parallelamente.

La seconda è, invece l’articolazione femoro-rotulea (o patellare).

- Articolazione Femoro-tibiale

E’ costituita dalle facce convesse dei due condili femorali e dalle facce concave della tibia.

Più precisamente la tibia presenta la faccia mediale di forma ovalare e pianeggiante e la

faccia laterale di forma quasi rotonda e lievemente concava.

Fra superficie femorale e superficie tibiale, oltre alla cartilagine ialina che le ricopre

entrambe, sono poste due formazioni connettivali – i menischi – costituite da fibre collagene

oltre a cellule di tipo cartilagineo che aderiscono alle facce articolari tibiali.

Fra le due facce tibiali è interposta una zona ossea irregolare detta eminenza

intercondiloidea.

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L’articolazione è un ginglimo angolare ma la presenza delle due faccette la rende simile a

due articolazioni condiloidee: due gradi di libertà che permettono flesso-estensione e

rotazione.

Menischi

I menischi hanno forma di due “C” contrapposte di grosso spessore esterno che va

gradualmente diminuendo verso l’interno. I loro estremi sono denominati “corno anteriore”

e “corno posteriore”.

Le fibre collagene meniscali sono di due tipi.

Le principali, più grosse, sono disposte longitudinalmente secondo la forma dei menischi.

Le secondarie, più sottili, sono orientate ortogonalmente alle prime.

La tenuta dei menischi è assicurata dalla capacità articolare adesa ad essi attraverso la sua

sinoviale e da legamenti. Ciò si rende necessario perché i menischi dispongono della

capacità di muoversi sulla base tibiale.

Il menisco mediale ha forma di “C” aperta simile ad una mezzaluna. La “C” si presenta aperta

anteriormente con un piccolo corno e larga posteriormente con un ampio corno. E’ il

menisco meno mobile poiché è unito, oltre che alla capsula articolare, anche al legamento

collaterale mediale.

Il menisco laterale ha forma di “C” chiusa quasi completamente a cerchio. E’ unito al femore

tramite i suoi due corni dai legamenti menisco-femorale anteriore e posteriore siti davanti e

dietro al legamento crociato posteriore. Quasi sempre uno dei due legamenti è assente.

Entrambi i menischi sono poi uniti anteriormente dal legamento trasverso del ginocchio.

Il menisco laterale è in ogni caso più mobile per il fatto di essere privo di unione con il suo

legamento collaterale.

Entrambi i menischi si muovono indietro nella flessione nello stesso modo in cui i condili

femorali ruotando si spostano posteriormente. Il contrario avviene nell’estensione. Il

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movimento avviene quindi attraverso una deformazione. E’ la pressione del condili femorali

che, passivamente, spinge “strizzando” indietro e in avanti le superfici meniscali.

Intervengono anche i legamenti alari nell’estensione, per effetto dello spostamento in avanti

della rotula.

Il legamento crociato anteriore ed il muscolo semimembranoso – per il menisco interno – e

il muscolo popliteo – per il menisco esterno – con fibre secondarie facilitano lo spostamento

posteriore nella flessione.

Più prevedibili sono gli spostamenti in rotazione, infatti è il movimento della tibia in rotazione

esterna che provoca il movimento in avanti del menisco laterale e indietro di quello mediale

per la pressione dei condili femorali il cui movimento è opposto a quello della tibia. Il

contrario avviene nella rotazione interna.

Concludendo, la funzione che i menischi esplicano è, in generale, ammortizzante per effetto

della loro interposizione fra due facce articolari ossee.

Movimenti di rotazione esterna contemporaneamente alla flessione del ginocchio o spinte

laterali a ginocchio flesso possono provocare gravi traumi al menisco mediale. La sua

maggior fragilità rispetto al laterale deriva da una sua intrinseca immobilità e dalla trazione

più intensa, se esplicata in rotazione, del legamento collaterale mediale sullo stesso

menisco.

Capsula

La capsula è ampia, lassa e sottile costituita da una parte sinoviale e una parte fibrosa. E’

rinforzata da numerosi legamenti che la ricoprono o la penetrano.

Risulta più robusta posteriormente e più sottile sugli altri tre lati.

L’inserzione tibiale della capsula lascia all’esterno dell’articolazione il legamento crociato

anteriore, la spina con l’eminenza intercondiloidea e il legamento crociato posteriore.

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L’inserzione capsulare al femore rileva, inferiormente, l’esclusione degli attacchi femorali

dei legamenti crociato anteriore e posteriore. Anteriormente la capsula è molto lassa per

consentire la formazione di un recesso sottoquadricipitale.

Posteriormente, invece, c’è un ispessimento generalizzato della capsula più evidente nella

parte alta dei condili costituendo una parete di scorrimento dei muscoli gemelli che vanno a

inserirsi, al di fuori dell’articolazione, subito sopra ai punti di confine della capsula.

Occorre aggiungere che qui, ma anche anteriormente, la membrana fibrosa si va a inserire

rispettivamente avanti e dietro ai legamenti crociati, incapsulandoli avendo interposto

materiale lipidico.

Ecco perché si suole affermare che i legamenti crociati sono intracapsulari ma extrarticolari.

Lateralmente e medialmente la capsula si presenta piuttosto lassa per formare i recessi

laterali rotulei, mentre posteriormente forma due recessi posteriori.

Lateralmente e subito sotto all’attacco capsulare, quindi all’interno dell’articolazione, si va a

inserire il muscolo popliteo.

Medialmente è il legamento collaterale mediale a essere intracapsulare.

Legamenti

Il legamento patellare è teso dal margine inferiore della rotula alla tuberosità tibiale. E’ la

continuazione del tendine del muscolo quadricipite.

I legamenti alari si dividono in laterale e mediale.

I legamento alare laterale origina dalla rotula e da fasci dei muscoli vasto laterale e retto

femorale e si porta verticalmente, un po’ obliquo, lateralmente alla tuberosità tibiale.

Il legamento alare mediale origina dalla rotula e da fasci del muscolo vasto mediale si porta

verticalmente, un po’ obliquo, alla tibia davanti al legamento collaterale mediale. Il

legamento patellare e i legamenti alari hanno una funzione di tenuta nei confronti della rotula

sull’articolazione femoro-tibio-patellare.

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Il legamento collaterale laterale è teso, verticalmente, dall’epicondilo laterale del femore, un

po’ posteriore, fino alla testa della fibula; è affusolato e cordoniforme.

Il legamento collaterale mediale è teso, verticalmente, dall’epicondilo mediale del femore al

condilo mediale della tibia mentre alcune fibre si vanno a inserire sul menisco mediale. E’

piatto, a forma triangolare e totalmente interno alla capsula articolare.

I due legamenti collaterali contribuiscono alla stabilità, sul piano frontale, dell’articolazione

del ginocchio. Ne limitano anche l’estensione.

Il legamento popliteo obliquo va dalla faccia postero-mediale della tibia come espansione

fibrosa del tendine del muscolo semimembranoso, da mediale a laterale, dal basso verso

l’alto, alla fossa intercondiloidea del femore.

Esso limita i movimenti di estensione.

Il legamento popliteo arcuato va, verticalmente, dalla testa fibulare alla capsula articolare,

dove si irradia verticalmente verso l’alto inserendovisi. Ha azione di tenuta, con il legamento

collaterale laterale, per la fibula.

Dei legamenti crociati anteriore e posteriore si parlerà approfonditamente nel capitolo

successivo.

Grasso e borse mucose

Il grasso possiede prevalenti funzioni ammortizzanti e di facilitazione allo scorrimento ed è

sito in diverse parti dell’articolazione fra membrana sinoviale e membrana fibrosa.

La parte adiposa più importante è posta anteriormente con il nome di corpo adiposo

infrapatellare disposto dietro alla faccia postero-inferiore della rotula e al legamento rotuleo

e davanti al femore e alla tibia. La sua funzione è di riempire spazi durante il movimento

flessorio.

Le borse più importanti sono:

- sovrapatellare, superiormente alla rotula;

- prepatellare, davanti alla rotula sotto il tendine del muscolo quadricipite;

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- infrapatellare, inferiormente alla rotula sotto il tendine del muscolo quadricipite.

Articolazione femoro-rotulea

E’ costituita dalla rotula che contrappone la sua faccia articolare posteriore alla faccia

articolare anteriore della troclea femorale avente una forma vagamente concava. La faccia

articolare rotulea è composta da due faccette articolari, una mediale e una laterale più

ampia, divise da un’eminenza verticale. Si realizza così un incastro mobile nel quale la rotula

si muove sul femore come una fune in una puleggia. L’articolazione è pertanto un ginglimo

angolare o troclea.

Gli elementi che stabilizzano la rotula sono i già citati legamenti alari, il legamento rotuleo e

la capsula dell’articolazione che si inserisce sul contorno articolare della rotula al limite della

cartilagine articolare.

La posizione della rotula nella fase di estensione del ginocchio è verticale.

Durate la flessione la rotula si sposta dall’alto in basso, come su un arco di cerchio,

ritrovandosi, quando viene raggiunta la massima escursione articolare flessoria, in

posizione orizzontale con la faccia posteriore orientata verso il basso e dietro.

La rotazione interna del ginocchio (la gamba ruota internamente) provoca la rotazione

esterna del femore e il contemporaneo spostamento all’esterno della rotula. L’inverso

avviene con la rotazione contraria del ginocchio.

In conclusione la rotula, dal punto di vista funzionale, ha soprattutto il compito di variare la

direzione della trazione del muscolo quadricipite.

Flessione ed estensione

I muscoli della flessione sono: il muscolo bicipite femorale sito latero-posteriormente, il

muscolo sartorio, il muscolo gracile, il muscolo semimembranoso e il muscolo

semitendinoso siti medialmente, il muscolo popliteo e il muscolo gastrocnemio siti

posteriormente. Sono tutti muscoli biarticolari con l’eccezione del muscolo popliteo.

L’estensione è effettuata dal muscolo quadricipite femorale.

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Durante la flessione, movimento che avvicina le superfici posteriori di gamba propriamente

detta e coscia, non si avrà una coincidenza di affrontamento fra asse femorale e asse tibiale

ma la gamba si fletterà portandosi un po’ all’interno rispetto alla posizione della coscia. In

ogni caso la meccanica della flesso-estensione si realizza con una particolare dinamica che

include rotazione e scivolamento. L’azione è comandata dai muscoli ma, in essa, notevole

è l’apporto di guida dei legamenti soprattutto dei crociati. La rotazione dei condili femorali,

nella flessione, avviene verso dietro e lo scivolamento verso avanti. Senza questo

scivolamento anteriore, in teoria, si produrrebbe una lussazione del femore.

Il contrario avviene nell’estensione: rotazione avanti e scivolamento indietro.

Infine, durante la flesso-estensione si verifica un modesto movimento di rotazione del tutto

involontario.

Perché possa realizzarsi l’intera estensione del ginocchio, in stazione eretta, occorre una

modesta rotazione esterna terminale della tibia che detende un po’ il legamento crociato

anteriore consentendo ai collaterali di raggiungere il massimo della tensione.

Ovviamente per poter iniziare la cinetica opposta, ossia la flessione, occorre prima ruotare

internamente la tibia. (Pirola 1996)

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4. I LEGAMENTI CROCIATI: ANATOMIA FUNZIONALE

Figura 6. Lesione al terzo medio del LCA.

Aprendo anteriormente l’articolazione del ginocchio, notiamo che i legamenti crociati sono

situati esattamente al centro dell’articolazione, in gran parte nella fossa intercondiloidea.

Il primo che si presenta è il legamento crociato anteriore, la cui inserzione tibiale è sulla

superficie prespinale, lungo la glena interna, fra l’inserzione del corno anteriore del menisco

interno in avanti, e quella del menisco esterno indietro. Il suo tragitto è obliquo in alto, in

dietro ed in fuori e la sua inserzione femorale si effettua sulla faccia assiale del condilo

esterno a livello di una zona stretta ed allungata verticalmente a contatto della cartilagine,

sulla parte più posteriore di questa faccia.

Vi si descrivono tre fasci:

il fascio antero-interno: il più lungo, quello che si presenta per primo alla vista ed il

più esposto ai traumatismi;

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il fascio postero-esterno: esso è coperto dal precedente ed è quello che resiste nelle

rotture parziali;

il fascio intermedio.

Nel suo insieme, la sua forma è avvolta su se stessa, in quanto le sue fibre più anteriori sulla

tibia hanno una inserzione più bassa e più anteriore sul femore, e le sue fibre più posteriori

sulla tibia si inseriscono più in alto sul femore, cosicché tutte le sue fibre non hanno la stessa

lunghezza. Da quanto ha detto F.Bonnel, la lunghezza media del legamento crociato antero-

esterno è compresa tra 1,83 e 3.35 cm; vi è dunque una grande differenza di lunghezza

delle fibre secondo la loro posizione.

Nel fondo dell’incisura intercondiloidea, dietro il crociato anteriore, si vede il legamento

crociato posteriore. La sua inserzione tibiale si realizza sulla parte più posteriore della

superficie retro-spinale; esso deborda anche sul contorno posteriore del piatto tibiale.

Questa inserzione tibiale del crociato posteriore è dunque situata molto più indietro

dell’inserzione del corno posteriore del menisco esterno e del menisco interno. La traiettoria

del LCP è obliqua in avanti, all’interno e in alto. La sua inserzione femorale occupa il fondo

dell’incisura intercondiloidea e deborda anche notevolmente sulla faccia assiale del condilo

interno, lungo la cartilagine, al limite inferiore di questa faccia su una zona di inserzione

allungata orizzontalmente.

Vi si descrivono tre fasci:

il fascio postero-esterno: il più posteriore sulla tibia ed il più esterno sul femore;

il fascio antero-interno: il più anteriore sulla tibia ed il più interno sul femore;

il fascio menisco femorale di Wrisberg, che si attacca al corno posteriore del menisco

esterno, aderisce quindi rapidamente al corpo del legamento che accompagna

generalmente su tutta la faccia anteriore, per venire a fissarsi con lo stesso sulla

faccia assiale del condilo interno. Esiste a volte un equivalente di questa disposizione

per il menisco interno: alcune fibre del legamento crociato anteriore si vengono a

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fissare sul corno anteriore del menisco interno vicino all’inserzione del legamento

trasverso.

Il due legamenti crociati sono in contatto l’uno con l’altro attraverso il bordo assiale, il

legamento anteriore passa al di fuori del posteriore. Essi non sono liberi all’interno della

cavità articolare, ma ricoperti dalla sinoviale e contraggono con la capsula importanti

rapporti. Scivolano l’uno contro l’altro attraverso il loro bordo assiale durante i movimenti del

ginocchio.

Rapporto fra la capsula ed i legamenti crociati

I legamenti crociati contraggono rapporti tanto stretti con la capsula articolare che si

potrebbe dire che essi sono in realtà degli ispessimenti della capsula stessa e che, come

tali, ne fanno parte integrante. Si è visto come la capsula penetri nella fossa intercondiloidea

per formare un doppio setto nell’asse dell’articolazione. Per comodità, si dice che,

orientativamente, l’inserzione tibiale della capsula lascia al di fuori dell’articolazione le

inserzioni dei legamenti crociati; in realtà, l’inserzione capsulare passa attraverso

l’inserzione dei crociati. Più semplicemente l’ispessimento capsulare del crociati “sporge”

sulla faccia esterna della capsula, dunque all’interno del doppio setto.

In una vista postero-interna dopo aver rimosso il condilo interno e ribaltata in parte la

capsula, il legamento crociato anteriore appare nettamente addossato contro il foglietto

esterno del setto capsulare. Si nota in avanti, il recesso sottoquadricipitale e l’orifizio nel

quale viene ad incastrarsi la rotula.

In una vista postero-esterna, il legamento crociato posteriore appare addossato contro il

foglietto interno del setto capsulare.

Si nota come non tutte le fibre dei crociati abbiano la stessa lunghezza, né la stessa

direzione: durante i movimenti, quindi, non vengono poste in tensione simultaneamente.

Questi schemi permettono inoltre di mettere in evidenza i gusci condiloidei, in parte resecati

a livello del condilo esterno ed a livello del condilo interno.

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Su di una sezione vertico-frontale passante per la parte posteriore dei condili, si può

apprezzare la “suddivisione” della cavità articolare:

- al centro, il setto capsulare, raddoppiato dai legamenti crociati che separa la cavità

in due metà, esterna ed interna; questo setto si prolunga in avanti con il corpo

adiposo;

- ciascuna delle due metà dell’articolazione è suddivisa a sua volta dai menischi in due

piani, il piano superiore o soprameniscale, corrispondente all’interlinea femoro-

meniscale ed il piano inferiore o sottomeniscale, corrispondente all’interlinea tibio-

meniscale.

E’ la presenza dei legamenti crociati che modifica così profondamente la struttura di questa

articolazione trocleare. In effetti se i due canali fossero uniti formerebbero una troclea. Tanto

che definire questa articolazione bicondilare non ha alcuna logica meccanica.

Il legamento crociato anteriore dalla sua posizione intermedia di partenza, comincia prima

col coricarsi sull’orizzontale sul piano del piatto tibiale durante la flessione a 45-50°, poi

risale fino alla sua posizione più elevata nella flessione estrema; quando esso si abbassa,

si allunga nella incisura inter-spinosa, come se andasse “a segare” il massiccio delle spine

tibiali. Il LCA durante il suo movimento dalla estensione alla flessione estrema attraversa un

settore ben più importante verso i 60° che il legamento crociato anteriore e, in rapporto al

femore, “taglia” l’incisura intercondiloidea, “separando” così le due facce della troclea

fisiologica e teorica dai due condili.

Direzione dei legamenti crociati

Visti in prospettiva i legamenti crociati appaiono effettivamente incrociati nello spazio, l’uno

in rapporto all’altro. Anche sul piano sagittale la loro disposizione incrociata è evidente, il

LCA è obliquo in alto ed indietro, mentre il LCP è obliquo in alto e in avanti. Se i legamenti

crociati sono isolati, si nota che rimangono incrociati sia nell’estensione sia nella flessione.

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Si vede anche che durante i movimenti, scivolano l’uno contro l’altro sulla loro faccia assiale.

Le loro direzioni si incrociano anche sul piano frontale in quanto le loro inserzioni tibiali sono

allineate sull’asse antero-posteriore mentre le loro inserzioni femorali sono distanti di 1,7

cm: ne consegue che il legamento crociato posteriore è obliquo in alto e in dentro e che il

crociato anteriore è obliquo in alto ed in fuori. Sul piano orizzontale invece, sono paralleli e

a contatto con il loro bordo assiale.

I legamenti crociati, non sono solamente incrociati fra di loro, ma lo sono anche in rapporto

al legamento collaterale omolaterale. Così il crociato anteriore è incrociato con il legamento

collaterale esterno e il crociato posteriore con il legamento collaterale tibiale. Esiste quindi

una regolare alternanza nell’obliquità dei quattro legamenti se li consideriamo nell’ordine da

fuori in dentro o viceversa.

Esiste una differenza di inclinazione tra i due legamenti crociati: quando il ginocchio è in

estensione, il LCA è più verticale, mentre il LCP è più orizzontale. Lo stesso avviene per la

direzione generale delle zone di inserzione femorale: quella del legamento crociato postero-

interno è orizzontale, mentre quella del legamento crociato anteriore è verticale.

Sul ginocchio flesso, il LCP, che era coricato orizzontalmente in estensione, si alza

verticalmente, descrivendo un arco di circonferenza maggiore di 60° in rapporto alla tibia,

mentre il LCA si alza poco

Il rapporto di lunghezza fra i crociati varia secondo gli individui, ma, con le distanze dei punti

di inserzione tibiale e femorale, costituisce la caratteristica propria di ogni ginocchio perché,

tra l’altro, è esso che determina, come si è visto precedentemente, il profilo dei condili.

Ruolo meccanico dei legamenti crociati

E’ ormai abitudine associare i legamenti crociati a corde, fissate su inserzioni puntiformi.

Questo è vero solo in prima approssimazione e presenta il vantaggio di mettere in luce

l’azione generale del legamento, ma non ci permette in nessun modo di conoscere le loro

fini azioni. Per questo bisogna considerare tre fattori.

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1. Lo spessore del legamento.

Lo spessore e il volume del legamento sono direttamente proporzionali alla sua resistenza

ed inversamente proporzionali alle sue possibilità di allungamento, potendo ogni fibra

essere considerata come una piccola molla di scarsa elasticità.

2. La struttura del legamento.

Dal momento che le inserzioni sono estese, le fibre non hanno tutte la stessa lunghezza.

Conseguenza importante: ogni fibra non è sollecitata nello stesso momento. Come per le

fibre muscolari si tratta di un vero reclutamento di fibre in corso di movimento, ciò che fa

variare la loro resistenza e la loro elasticità.

3. L’estensione e la direzione delle inserzioni.

Le fibre, inoltre, non sono sempre parallele fra di loro, esse si organizzano spesso seguendo

dei piani storti “attorcigliati”, poiché le linee di inserzione non sono parallele fra loro ma

oblique o perpendicolari nello spazio. In più, la direzione relativa delle inserzioni varia nel

corso dei movimenti, e questo contribuisce al “reclutamento” differenziato e inoltre modifica

la direzione d’azione del legamento preso globalmente. Queste variazioni nell’azione del

legamento si realizzano non solamente sul piano sagittale ma nei tre piani dello spazio, ciò

rende perfettamente conto della loro azione complessa e simultanea sulla stabilità antero-

posteriore, la stabilità laterale e la stabilità rotatoria.

In definitiva la geometria dei legamenti crociati determina come già dimostrato il profilo

condilo-trocleare sul piano sagittale e sugli altri due piani dello spazio.

Globalmente i legamenti crociati assicurano la stabilità antero-posteriore del ginocchio e

permettono i movimenti cerniera mantenendo sempre a contatto le superfici articolari.

Il loro ruolo può essere illustrato come un modello meccanico (fig.7: modello visto in

sezione) facile a realizzarsi: due assicelle o due cartoni spessi A e B sono collegati fra di

loro con dei nastri ab e cd tesi dall’estremità dell’una alla estremità opposta dell’altra;

possono così compiere dei movimenti pendolari l’una in rapporto all’altra attorno alle due

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cerniere: la cerniera a è coincidente con c, e la cerniera b è in d, ma è loro impossibile

scivolare l’una sull’altra.

I legamenti crociati del ginocchio realizzano una disposizione ed un funzionamento simili,

con la differenza che non ci sono soltanto due punti di cerniera, ma tutta una serie allineata

sulla curvatura del condilo. Come col modello, lo scivolamento antero-posteriore è

impossibile.

Continuando con la dimostrazione i legamenti sono raffigurati in maniera lineare: il

legamento crociato anteriore ab, e il legamento crociato posteriore è cd sulle figure piccole;

mentre sulle grandi sono indicate le fibre estreme e medie e anche le linee di inserzione.

Partendo dalla posizione di allineamento (fig.7/168), o di flessione modesta a 30° (fig.7/169)

nella quale i legamenti crociati sono egualmente tesi, la flessione fa basculare la base

femorale cd (fig.7/170) mentre il legamento crociato posteriore cd si raddrizza ed il

legamento crociato anteriore ab diviene orizzontale. Sullo schema più completo (fig.7/171)

in flessione a 60°, la tensione delle fibre elementari di ciascuno dei crociati cambia di poco.

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Figura 7. Immagine tratta dal volume 2 del testo Fisiologia articolare I.A. Kapandji pag.131

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A partire dal momento in cui la flessione si accentua a 90° (fig.8/172), fino a 120° (fig.8/173),

il legamento crociato posteriore si raddrizza verticalmente e si mette in tensione

proporzionalmente più del legamento crociato anteriore: nello schema in dettaglio

(fig.8/174), si vede come le fibre medie ed inferiori del legamento crociato anteriore sono

detese (-) mentre le fibre anterosuperiori sono in tensione (+); per il legamento crociato

posteriore, al contrario le fibre posteriori-superiori sono detese (-) mentre le fibre antero-

inferiori sono in tensione (+). Il legamento crociato posteriore è teso in flessione.

In estensione ed in iper-estensione, in rapporto alla posizione di partenza (figg.8/176 e

8/177) tutte le fibre del LCA sono, all’inverso, in tensione (+), mentre le sole fibre postero-

superiori del LCP sono tese (+); inoltre, in iperestensione (fig.8/178), il fondo dell’incisura

intercondiloidea c, viene ad appoggiarsi sul LCA che mantiene la tensione come la corda di

un arco. Il LCA è teso in estensione e rappresenta uno dei freni della iperestensione.

I lavori recenti di F. Bonnel confermano così ciò che pensava Strasser (1917) che, grazie

ad un modello meccanico, aveva trovato che il legamento crociato anteriore è teso

nell’estensione ed il legamento crociato posteriore nella flessione. Tuttavia, l’analisi più fine

delle condizioni meccaniche conferma che Roud (1913) non sbagliava, pensando che i

crociati restassero sempre tesi con alcune delle loro fibre, in ragione della loro ineguale

lunghezza. Come avviene spesso in biomeccanica, due proposizioni apparentemente

contraddittorie possono essere vere simultaneamente e non si escludono a vicenda.

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Figura 8. Immagine tratta dal volume 2 del testo Fisiologia articolare I.A. Kapandji pag.133

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Si è visto, studiando il movimento dei condili sulle glene, che questo consiste in un

rotolamento associato a scivolamento. Se si comprende facilmente il rotolamento, come

spiegare lo scivolamento in un’articolazione così poco congruente come il ginocchio?

Devono entrare in gioco dei fattori attivi, muscolari: gli estensori tendono a spostare la tibia

in avanti sotto il femore durante l’estensione e, al contrario, i flessori fanno scivolare il piatto

tibiale indietro durante la flessione. Ma studiando i movimenti su un preparato anatomico, il

ruolo dei fattori passivi, e più precisamente dei legamenti crociati, appare predominante.

Sono proprio i crociati che richiamano i condili e li fanno scivolare sulle superfici articolari

nel senso inverso a quello del rotolamento.

Partendo dalla posizione di estensione I (fig.9/179), se il condilo rotolasse senza scivolare,

dovrebbe indietreggiare alla posizione II e l’inserzione femorale b del crociato anteriore ab

dovrebbe trovarsi in b’, descrivendo il tratto ipotetico bb’, che è la causa della lesione del

corno posteriore del menisco interno. Ora il punto b può solamente spostarsi su di un cerchio

con centro in a e di raggio ab (supponendo il legamento inestensibile); ne consegue che il

tragitto reale di b non è bb’ ma bb’’, che corrisponde alla III posizione del condilo, più

anteriore della posizione II di un tratto e. Nella flessione, il legamento crociato anteriore

viene sollecitato e richiama il condilo in avanti. Si può dunque affermare che durante la

flessione il legamento crociato anteriore è responsabile dello scivolamento del condilo in

avanti, combinato con un rotolamento verso l’indietro.

Alla stessa maniera (fig.9/180) si può dimostrare il ruolo del crociato posteriore durante

l’estensione. Passando dalla posizione I alla posizione II col semplice rotolamento, il condilo

è richiamato verso l’indietro dal legamento crociato posteriore cd; la traiettoria della sua

inserzione femorale c non è cc’, ma cc’’ su di un cerchio di centro d e di raggio dc. Ne

consegue che il condilo scivola verso l’indietro di un tratto f per disporsi in una posizione III.

Durante l’estensione, il legamento crociato posteriore è responsabile dello scivolamento del

condilo verso l’indietro, associato ad un suo rotolamento in avanti. Questa dimostrazione è

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ripetuta con un modello meccanico che dimostra l’alternarsi della tensione dei legamenti

rappresentati con degli elastici.

I movimenti di cassetto sono dei movimenti anormali di traslazione antero-posteriore della

tibia sul femore. Essi si ricercano in due posizioni: con ginocchio flesso ad angolo retto e sul

ginocchio in estensione completa.

- Con ginocchio flesso ad angolo retto (fig.9/183): il paziente è in decubito dorsale su

un piano duro, il ginocchio da esaminare è flesso ad angolo retto, il piede è

appoggiato sulla tavola; l’esaminatore blocca il piede del paziente sedendovisi sopra

e con le mani, prende a pieno palmo l’estremità superiore della gamba; tirando verso

di lui, ricerca il cassetto anteriore, e spingendo verso dietro, ricerca il cassetto

posteriore. Queste ricerche devono essere fatte col piede posto in rotazione

indifferente - cassetto diretto -, il piede in rotazione esterna - cassetto in rotazione

esterna -, ed il piede in rotazione interna - cassetto in rotazione interna. Questa

terminologia è preferibile alla denominazione “cassetto rotatorio esterno o interno”

che implica un’idea di rotazione durante il corso dei movimenti di cassetto.

Il cassetto posteriore (fig.9/181) si manifesta con una traslazione della tibia sul

femore posteriormente; esso è dovuto alla rottura del LCP.

Il cassetto anteriore (fig.9/182) si manifesta con una traslazione verso l’avanti

della tibia sul femore; esso è dovuto alla rottura del LCA.

- Con il ginocchio in estensione, una mano sostiene la faccia posteriore della coscia

mentre la mano che sta avanti prende l’estremità superiore della gamba e cerca di

mobilizzarla dall’avanti all’indietro e viceversa: questo è il test di Lachmann-Trillat. Se

si apprezza una traslazione verso l’avanti questo è il “Lachmann anteriore” ed è la

manifestazione di una rottura del legamento crociato anteriore, associata per

Bousquet ad una rottura della porzione fibro-tendinea postero-esterna (PAPE);

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questa ricerca è difficile perché il movimento è di modesta ampiezza, quindi difficile

da mettere in evidenza. (Kapandji 2011)

Figura 9. Immagine tratta dal volume 2 del testo Fisiologia articolare I.A. Kapandji pag.135

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5. PATOLOGIA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

EZIOPATOGENESI

Dati gli stretti rapporti che legano tra loro tutte le formazioni anatomiche presenti

nell’articolazione del ginocchio, una lesione isolata a seguito di sollecitazioni traumatiche

rappresenta l’eccezione. (Morlacchi e Mancini 2003)

Le lesioni traumatiche del ginocchio provocano un danno della stabilità passiva

dell’articolazione e devono pertanto essere considerate e trattate come lesioni

potenzialmente gravi. Sono frequenti come le lesioni meniscali e si verificano soprattutto in

sport di contatto come il calcio, l’hockey su ghiaccio, la pallamano, il basket, il rugby

interessando comunque anche gli altri sport come lo sci, la pallavolo e le arti marziali.

Epidemiologicamente la causa che provoca il maggior numero di lesioni al legamento

crociato anteriore è il contatto diretto tra giocatori nel caso di sport di contatto, cause

secondarie sono i movimenti articolari, come le rotazioni, che eccedono la normale

escursione articolare (Joseph et al. 2013; Hägglund e Waldén 2015; Dragoo et al. 2012).

Maggiore è lo stress a carico del ginocchio, maggiore sarà il grado di coinvolgimento dei

legamenti. Le lesioni combinate sono in genere il risultato di un impatto violento. Anche in

questo caso maggiore è l’entità dell’impatto, più grave e complicato sarà il danno

legamentoso. (Ferrario, Monti, e Jelmoni 2005)

I meccanismi patogenetici più frequenti sono:

sollecitazione in valgismo a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in rotazione

esterna. La lesione conseguente a un trauma di questo tipo è simile sia che l’impatto

avvenga sul lato esterno del ginocchio sia che si verifichi sul versante interno del

piede, come, per esempio, quando due giocatori colpiscono entrambi la palla

contemporaneamente con il lato interno del piede. In tale evenienza si verifica

dapprima l’impiego del LCI e quindi del PAPI (cosiddetto punto d’angolo interno,

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formato dal legamento posteriore obliquo, il corno posteriore del menisco interno e il

tendine capsulare del muscolo semimembranoso) e del LCA (la cosiddetta triade

malheureuse degli Autori francesi)

In seguito ad un impatto molto violento sul versante esterno del ginocchio si può

lesionare infine il LCP.

Sollecitazione in varismo, a ginocchio atteggiato in flessione e tibia in rotazione

interna. La prima strutta che viene sottoposta a tensione e che può rompersi è il LCE.

Quando l’impatto è più violento, il LCA è sottoposto ad allungamento sino a una sua

possibile rottura, (sono traumi tipici da sport: cambio repentino di direzione, ricaduta

da un salto, impatto contro la superficie mediale del ginocchio, etc.).

Sollecitazione in valgismo, a ginocchio esteso, in questo caso si verifica la lesione

del compartimento mediale, LCA e del LCP

Sollecitazione in varismo a ginocchio esteso, in questo caso si verifica la lesione del

PAPE (cosiddetto punto d’angolo postero-esterno, costituito dal corno posteriore del

menisco esterno e il tendine del muscolo popliteo), del LCP e del LCA.

Trauma in iperestensione o iperflessione, molto più rari sono quei meccanismi che

possono provocare la lesione isolata dei legamenti crociati: così ad esempio, la

retropulsione della tibia da trauma sagittale in corrispondenza dell’epifisi prossimale

della tibia stessa, a ginocchio atteggiato in flessione (trauma da cruscotto), può

determinare la lesione del LCP; mentre l’iperestensione forzata del ginocchio, può

causare la lesione del LCA. Le lesioni dei legamenti crociati possono essere

associate a un danno della capsula articolare posteriore nel PAPE.

Trauma da rotazione senza contatto, un trauma da torsione senza contatto può

avvenire in seguito a una rotazione a piede fermo. Questo tipo di trauma può

provocare una lesione sia meniscale che legamentosa. La lesione del LCA può

conseguire a una rotazione interna forzata della tibia rispetto al femore.

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CLINICA E DIAGNOSI

Un accurato esame clinico inizia sempre con una precisa valutazione anamnestica, riferita

soprattutto al meccanismo di lesione. Il sintomo immediato soggettivo di una lesione

legamentosa (in particolare di una lesione del pivot centrale) è spesso rappresentato da una

sensazione di scatto articolare, a volte anche udibile, accompagnata dalla sensazione che

il ginocchio “stia uscendo” di sede; l’atleta cade a terra in seguito a un’immediata impotenza

funzionale, ma succede a volte, soprattutto nelle lesioni isolate del legamento crociato o dei

legamenti collaterali, che si rialzi e riprenda l’attività.

Un segno importante è anche la sensazione di instabilità immediata del ginocchio che

l’atleta prova nel rialzarsi dopo la caduta, indipendentemente dalla gravità del dolore. Il

dolore infatti può essere grave e duraturo ma anche minimo e transitorio. La sua

localizzazione è generalmente descritta in profondità nel ginocchio o in qualsiasi punto lungo

le strutture legamentose o sulla capsula articolare, maggiormente in regione anteriore e

laterale. Per esempio, nelle lesioni importanti del legamento collaterale mediale il dolore,

all’inizio acuto, spesso scompare in un attimo, mentre nel caso di traumi meni gravi può

persistere più a lungo; ciò porta a sottovalutare la severità della lesione.

La tumefazione articolare che si manifesta subito dopo la lesione sotto forma di versamento

endoarticolare (in genere emartro) o di rigonfiamento localizzato in sede mediale o laterale

è di entità variabile.

Oltre alla diagnosi clinica, devono sempre essere eseguite una radiografia standard del

ginocchio per accertare la presenza di eventuali compromissioni osteoarticolari, la TC e la

RM, che permettono la verifica diagnostica, soprattutto di lesione isolata o combinata,

necessaria per l’impostazione del trattamento definitivo.

Un bilancio articolare conclusivo è effettuato a qualche ora di distanza dal trauma, dopo il

primo trattamento immediato.

Per quanto riguarda i tests diagnostici si descrivono ora i più usati a scopi diagnostici:

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- Test del varo-valgo

La ricerca di lassità inizia con la manovra di stress in varo o in valgo con ginocchio flesso di

30°, in modo da poter valutare i legamenti collaterali, o esteso, per valutare lesioni dei punti

d’angolo e del pivot centrale.

La valutazione comprende tre stadi:

stadio 1: lesione lieve con apertura della rima articolare fino a 5 mm;

stadio 2: lesione media con apertura della rima articolare da 5 a 10 mm;

stadio 3: lesione grave con apertura della rima articolare oltre i 10 mm e coinvolgimento

dei legamenti collaterali e del legamento crociato anteriore (in valgo) o posteriore (in

varo).

- Test del cassetto anteriore

Si esegue con il ginocchio flesso a 60° e l’esaminatore seduto sull’avampiede del paziente.

Con entrambe le mani si applica una spinta dall’indietro all’avanti in modo da rendere

evidente un’eventuale traslazione anteriore della tibia.

Il test viene eseguito sia in posizione neutra sia in posizione di rotazione interna ed esterna

del ginocchio, in modo da mettere in evidenza anche il danno, rispettivamente, del punto

d’angolo posteroesterno (PAPE) e di quello posterointerno (PAPI).

- Test di Lachmann-Trillat

Si esegue con il ginocchio flesso di 30° impugnando con le due mani il femore e la tibia e

applicando la stessa sollecitazione in direzione opposta, dall’avanti all’indietro e dall’indietro

in avanti, in modo da evidenziare un’eventuale traslazione anteriore della tibia rispetto al

femore.

I risultati del test sono classificati secondo il grado di traslazione e il tipo di arresto che può

subire il movimento passivo, così da distinguere i test senza arresto, che indicano

generalmente una lesione completa del legamento crociato anteriore, da quelli con arresto

ritardato stabile, che possono indicare una lesione incompleta, ovvero di solo uno dei fasci

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del legamento o una detensione del legamento stesso senza interruzione della struttura. A

volte l’arresto in presenza di lesione completa può essere dovuto a un compenso funzionale

delle strutture periferiche.

- Jerk-test

Si esegue con l’anca flessa di 45° e il ginocchio flesso di 90° nel paziente in posizione

supina. L’esaminatore produce uno stress in valgo spingendo il terzo superiore della gamba

e mantenendo con l’altra mano il piede in rotazione interna. Intanto l’esaminatore estende

passivamente il ginocchio. In caso di positività del test, nel corso del movimento, a circa 30°

di flessione del ginocchio, si avverte uno spostamento del piatto tibiale che, a estensione

quasi completa, si riduce bruscamente riportando il piede in rotazione esterna.

- Pivot-shift test

Ha un significato funzionale simile a quello del Jerk-test. Si esegue con il ginocchio esteso

nel paziente in posizione supina, esercitando una pressione tale da spingere il ginocchio in

valgo. All’inizio della flessione del ginocchio si ha una sublussazione anteriore dell’emipiatto

tibiale laterale, che a circa 30° di flessione si riduce spontaneamente con uno scatto

nettamente percepibile.

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6. TIPOLOGIE CHIRURGICHE DI TRATTAMENTO

AUTOGRAFT

L’autograft (meglio conosciuto come autoinnesto o autotrapianto) è una tecnica di

ricostruzione legamentosa che prevede il prelievo di un componente con caratteristiche

analoghe a quelle del tessuto interessato dal soggetto stesso e viene innestato al posto di

questo. Il maggior impiego dell’autograft è per la lesione dei legamenti crociati. Il prelievo

dei tendini (il terzo medio del tendine rotuleo o il semitendinoso-gracile) può essere

effettuato eseguendo un’incisione verticale od obliqua in corrispondenza della proiezione

cutanea della zampa d’oca. Nel caso di ricostruzione con tendini ischio-crurali, una volta

incisa la fascia del sartorio con i tendini ancora adesi, si ribaltano i semimuscoli in modo da

evidenziare singolarmente il tendine gracile e il semitendinoso. Con uno strumento di

smusso si procede a separare prima il semitendinoso e poi il gracile dalla fascia del sartorio.

Una volta afferrati i margini liberi distali dei due tendini, si procede con uno strumento

smusso per liberare completamente i due tendini dalla sottostante fascia del sartorio. Si

procede poi a suturare i margini liberi. A questo punto, si possono prelevare mediante l’uso

di un tendon-stripper (fig.10), chiuso o aperto a seconda delle esigenze del chirurgo, prima

il gracile e poi il semitendinoso.

Figura 10. Tendon-stripper

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Il tendon-stripper deve avanzare lentamente con piccoli movimenti rotatori all’interno della

coscia; nel caso in cui incontri difficoltà nell’avanzare, è opportuno ritirarlo ed effettuare una

dissezione accurata del tendine eliminando le aderenze. La loro mancata rimozione può

causare la precoce amputazione del tendine.

Si preparano poi i tendini prelevati tramite un “graft master”. Il tessuto muscolare presente

viene rimosso mediante l’uso di una forbice smussa o di uno scolla-periostio.

Le due estremità di ogni tendine vengono tubularizzate mediante l’uso di un filo da sutura.

A questo punto si procede a disporre l’uno sull’altro i due tendini, si piegano attorno ad un

filo, facendo in modo che il semitendinoso abbracci il gracile; si misura il diametro del neo-

legamento e quindi, dopo aver duplicato i due tendini, si passa a pretensionare il costrutto

ottenuto, sull’apposito “graft master”.

Il trapianto viene fatto passare attraverso due tunnel ossei, uno femorale e uno tibiale. Il

tunnel tibiale si ottiene mediante perforazione dell’osso, quindi di grande importanza è

l’orientamento che il chirurgo deve seguire per ottenere un foro con giusta angolazione.

Pertanto usa un compasso con angolazione compresa tra i 45° e i 50°. Alla fine, si otterrà

un tunnel tibiale di lunghezza media di 40-50 mm. Dal tunnel tibiale si prosegue poi

costruendo il tunnel femorale. La lunghezza media del tunnel femorale è anch’essa attorno

ai 40-50 mm, e il foro viene effettuato posizionando il ginocchio con un’angolazione

compresa tra i 70° e i 90°. Viene quindi posizionato il trapianto nella sede anatomica e

fissato con due viti. In

uno studio biomeccanico in vitro, Hammer dimostra che è necessario fornire un uguale

tensione ai quattro fasci del trapianto gracile-semitendinoso, per ottenere un trapianto più

forte e rigido anche rispetto al tendine rotuleo. Tuttavia, se non si riesce a fornire un’uguale

tensione ai quattro fasci non si notano differenze significative rispetto alle altre metodologie

di trapianto.

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La fissazione tibiale è invece molto più problematica rispetto a quella femorale, poiché risulta

più debole. Questo è dovuto per via della più bassa densità ossea in corrispondenza

dell’estremità prossimale di tibia se comparata con quella distale femorale.

Tra i numerosi metodi di fissazione tibiale, si preferisce il sistema BIO-INTRAFIX (Depuy-

Mitek) (fig.11). Il primo motivo è perché questo sistema ha il più alto valore di resistenza alla

rottura (1309 N) e rigidità (267 N/mm); il secondo motivo è che questo è un sistema

completamente all’interno del tunnel e, se correttamente inserito non causa irritazioni

cutanee e raramente richiede la rimozione. Il BIO-INTRAFIX, oltre ad essere

bioriassorbibile, fornisce una grande superficie di contatto tra ogni capo del trapianto e del

tunnel osseo perché distende e spalma ogni singolo fascio all’interno del tunnel. (Bellin

2011)

Figura 11. BIO-INTRAFIX

Il tendine, dopo l’innesto, dovrà andare incontro ad un lento processo di legamentizzazione,

ce avverrà senza la possibilità di rigetto, poiché il materiale innestato è stato prelevato dal

paziente stesso.

ALLOGRAFT

L’allograft è una tecnica di ricostruzione dei legamenti del ginocchio con trapianto da

donatore (cadavere). Il tendine prelevato verrà come per la tecnica dell’autograft, lavorato

per renderlo fisicamente comparabile con gli spazi creati per l’innesto.

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E’ scelta a seconda delle esigenze del paziente poiché non prevede come per l’autograft il

recupero poi anche della parte interessata dal prelievo. Come procedimento chirurgico è

analogo a quello dell’autograft; l’unico problema (anche se con percentuali di insorgenza

molto basse) è il fallimento dell’innesto a causa del rigetto.

LEGAMENTI ARTIFICIALI

La tecnica prevede l’uso di legamenti artificiali LARS (fig.12), i quali grazie alle

caratteristiche meccaniche con cui sono progettati e costruiti, sono considerati pari ai

legamenti biologici in un intervento chirurgico di ricostruzione. La differenza sostanziale tra

questo tipo di intervento e le altre due tecniche non sta tanto nella modalità con la quale

viene svolto, ma nella riduzione dei rischi di rigetto e nella diminuzione del tempo di

recupero.

Questa tecnica è molto usata attualmente poiché è molto meno invasiva delle altre, infatti

non richiede il prelievo di tendini con autotrapianto o da donatore, e quindi le operazioni da

svolgere per preparare il legamento sono svolte non in sede chirurgica ma nella fase pre-

intervento (un legamento artificiale è costruito in base ai diversi fattori clinici del paziente

quali l’età per esempio). Presenta però degli inconvenienti che ne limitano l’uso, come ad

esempio la durata effettiva dell’impianto. (Dolfi 2007)

Figura 12. LARS ligament

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SCELTA DEL TRAPIANTO NELLA CHIRURGIA PRIMARIA DEL LCA

Una revisione rapida del Sistema nazionale per le linee guida pubblicata nel 2009 ed

aggiornata nel 2011 mette a confronto le differenti metodiche chirurgiche analizzando,

attraverso l’analisi dettagliata di 30 studi scientifici accuratamente scelti, l’efficacia e la

sicurezza dei diversi trattamenti chirurgici, attraverso la positività degli outcomes.

Nell’ambito del trapianto autologo gli studi reperiti si riferiscono tutti al confronto tra tendine

rotuleo e tendini ischiocrurali. Sebbene non sembrino emergere sostanziali differenze a

favore dell’uno o dell’altro tipo di trapianto, dalle prove riscontrate negli studi valutati le

performance dei due trattamenti possono essere così sintetizzate:

tendine rotuleo:

• migliori risultati relativamente alla stabilità, in termini di minore lassità (prevalentemente

misurata con KT1000, a volte con Lachman test, del pivot shift e punteggio IKDC);

• più frequente ritorno all’attività pre-lesionale;

• maggiore conservazione di forza flessoria;

• percentuali lievemente inferiori di casi di fallimento del trapianto.

Tendini ischiocrurali:

• minore dolore anteriore del ginocchio;

• minor dolore all’inginocchiamento;

• minore perdita di estensione articolare (come ROM);

• assenza di crepitio femoro-rotuleo.

(Poolman et al. 2007; Poolman, Farrokhyar, e Bhandari 2007; Yunes et al. 2001; Schultz e

Carr 2002; Freedman et al. 2003; Thompson, Harris, e Grana 2005; Forster e Forster 2005;

Herrington et al. 2005; C. C. Prodromos et al. 2005; Goldblatt et al. 2005; Biau et al. 2006;

Spindler et al. 2004; Lewis et al. 2008; Lidén et al. 2007; Sajovic et al. 2008; Matsumoto et

al. 2006; Zaffagnini et al. 2006)

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Gli studi sul confronto tra trapianto autologo e trapianto omologo non hanno evidenziato

differenze significative tra i due interventi. Emerge una discreta superiorità dell’autograft,

resa problematica dalla presenza di confondenti. Le tecniche di sterilizzazione, necessarie

a ridurre l’incidenza di complicanze infettive nei soggetti trapiantati con allograft, riducono

l’efficacia di tale trapianto. È utile precisare che la superiorità si riferisce all’efficacia

funzionale del trapianto, mentre i trapiantati con allograft (rispetto ai trapiantati con autograft)

beneficiano dell’assenza della sintomatologia dolorosa nel sito del prelievo. Sono tuttavia

auspicabili futuri studi che consentano un approfondimento su questo tema. (C. Prodromos,

Joyce, e Shi 2007; Krych et al. 2008)

Infine la scarsità di prove relative al trapianto sintetico non consente di formulare valutazioni

conclusive in merito all’efficacia operatoria di tale metodica. (Muren, Dahlstedt, e Dalén

2003; Nau, Lavoie, e Duval 2002)

Per quanto concerne la sicurezza dell’operazione di ricostruzione, le principali complicanze

del trapianto autologo sono di natura infettiva. L’incidenza di infezioni risulta lievemente

superiore nel trapianto con tendini ischiocrurali, ma tale dato è suggerito da un solo lavoro

tra quelli inclusi e si riferisce prevalentemente a infezioni intra-articolari. Pregressi interventi

di ricostruzione del LCA o del ginocchio in generale e alcuni sistemi di fissazione sono fattori

predisponenti per le complicanze infettive.

I pochi dati emersi relativamente alle complicanze meccanico-funzionali non sembrano

rilevanti. (Lee et al. 2008; Tuman et al. 2008; Binnet e Başarir 2007; Judd et al. 2006;

Almazán et al. 2006)

L’esiguo numero di studi selezionati relativi alle complicanze infettive dell’allograft non

consente di ottenere informazioni conclusive sul confronto con l’autograft in termini di

incidenza di infezioni. Emerge tuttavia un rischio maggiore per il trapianto omologo in

assenza di sterilizzazione del tessuto impiegato. (Centeno et al. 2007; Crawford et al. 2005)

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Mentre nessuno, tra gli studi selezionati, ha valutato la sicurezza dell’impiego di materiali

sintetici utilizzati nella ricostruzione del LCA.

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7. PROTOCOLLI RIABILITATIVI STANDARD

Si riportano due tipologie di protocollo riabilitativo in seguito a ricostruzione LCA.

Il primo è stato delineato da S.I.G.A.S.C.O.T. (Società Italiana Ginocchio Artroscopia Sport

Cartilagine Tecnologie Ortopediche), una società italiana che riunisce al suo interno tre

società affiliate S.I.O.T. come la Società Chirurgica del Ginocchio (S.I.C.G.), la Società

Italiana Traumatologia dello Sport (S.I.Trans) ed il Gruppo Italiano di Ricerca sulla

Cartilagine (GIRC) in un'unica società. Il protocollo in esame rappresenta quindi il risultato

di studi effettuati da grandissimi specialisti e studiosi dell’articolazione del ginocchio ed

caratterizzato da queste fasi:

Tabella 1. Protocollo riabilitativo S.I.G.A.S.C.O.T. post-ricostruzione LCA

Colonna1 OBIETTIVI CARICO ESERCIZI TERAPEUTICI

FASE I

(1-4 sett.)

_ Rispetto dei tempi biologici

di cicatrizzazione,

_ controllo dolore ed

infiammazione,

_ recupero iniziale del

movimento (estensione

completa, flessione a 90°

entro 2 settimane e 120° entro

4 settimane)

Due stampelle

nelle prime 2

settimane.

Poi, in assenza di

gonfiore,

abbandonare

progressivamente

una, quindi

entrambe le

stampelle

FASE II

(5-8 sett.)

_ Recupero completo del

movimento (estensione e

flessione),

_ deambulazione corretta,

_ ginocchio sgonfio con

assenza di versamento

Completa assenza

di gonfiore. In

caso di ginocchio

gonfio continuare

con una stampella

FASE III

(9-12 sett.)

_ Recupero iniziale della forza

muscolare,

_ ripresa completa delle

attività quotidiane (guidare,

lavorare, etc)

Completo, se il

ginocchio tende a

gonfiarsi,

diminuire le

attività fisiche

giornaliere

FASE IV

(13-20

sett.)

_ Recupero completo della

forza muscolare,

_ recupero della corsa e della

coordinazione

Completo, se il

ginocchio

continua a

gonfiarsi farsi

visitare dal

chirurgo

FASE V

(21-24

sett.)

_ Recupero atletico (resistenza

allo sforzo prolungato),

_ recupero dei gesti sport

specifici

Completo

Esercizi attivi per anca e caviglia

Mobilizzazioni rotulee

Cocontrazioni di quadricipite e flessori a ginocchio esteso

Esercizi isometrici del quadricipite, stretching flessori e tricipite surale

Esercizi in acqua

Cyclette, rinforzo con elastici di anca-ginocchio-

caviglia

Esercizi in catena chiusa con flessione del ginocchio 0-45°

Rinforzo in catena aperta con macchine isotoniche evitando gli ultimi 30° di estensione

Cyclette, esercizi in catena chiusa fino a 90° di flessione e esercizi propriocettivi con tavolette instabili

Corsa su tapis roulant e sul campo sportivo, in linea retta

Esercizi propriocettivi

Rinforzo muscolare fino a recupero completo

Test isocinetico

In progressione, dopo la corsa in linea retta, introdurre curve ad angolo sempre più stretto, fino a cambi di direzione

Attività aerobica e di resistenza allo sforzo prolungato

Balzi ed attività plimetrica

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Il secondo protocollo riportato è tratto dal libro “Orthopaedic rehabilitation of the athlete,

getting back in the game”

Fase I (da 1a a 6a settimana)

_ Settimane 0-2: fase post-operatoria precoce.

_ Obiettivi: controllo del dolore/gonfiore; raggiungimento della contrazione quadricipitale.

_ AROM/PROM;

_ mobilizzazioni della rotula e del tendine rotuleo;

_ rinforzo quadricipite (utilizzando la stimolazione elettrica neuromuscolare se necessario),

angoli al ginocchio 45-90°, SLR, mini-squats;

_ allenamento del cammino;

_ allenamento dello schema del salire le scale;

_ condizionamento cardiovascolare attraverso ergometro per arti superiori;

_ applicazione di ghiaccio per controllare il gonfiore articolare;

_ esercizi per l’articolazione della caviglia in posizione eretta.

_ Settimane 2-6: fase post-operatoria intermedia.

_ Obiettivi: raggiungimento della completa estensione del ginocchio e della flessione fino a

110°, salita e discesa delle scale; iniziare esercizi di stabilità sul piano frontale; concentrarsi

sul controllo neuromuscolare degli arti inferiori.

_ AROM/PROM fino al raggiungimento dei 110° di flessione del ginocchio;

_ mobilizzazioni della rotula e del tendine rotuleo;

_ rinforzo quadricipite (NMES se necessario) seguito dallo stretching muscolare;

_ rinforzo arti inferiori con enfasi al piano frontale con attivazione degli adduttori utilizzando

il pallone da calcio e SLR;

_ rinforzo della fascia lata;

_ rinforzo degli ischio-crurali con leg curl ed esercizi in posizione di stacco seguito dallo

stretching dello stesso gruppo muscolare;

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_ rinforzo degli extrarotatori dell’anca;

_ rinforzo del grande gluteo con esercizio SLR da prono;

_ rinforzo del tricipite surale seguito da stretching analitico;

_ esercizi di allenamento neuromuscolare e di equilibrio eseguiti in stazione eretta su un

solo arto;

_ condizionamento cardiovascolare utilizzando l’ellittica ed il tapis roulant (utilizzandoli in

entrambi i sensi di marcia);

_ ritorno agli esercizi di rinforzo per l’arto sano.

Fase II (da 6a a 12a settimana)

_ Settimane 6-8: fase post-operatoria tardiva.

_ Obiettivi: raggiungimento del ROM complete; 80% della forza quadricipitale dell’arto sano;

controllo del gonfiore residuo.

_ Continuazione della progressione degli esercizi precedenti;

_ rinforzo quadricipite attraverso affondi in avanzamento, laterali, ed in direzione diagonale;

_ rinforzo eccentrico del quadricipite attraverso programmi di discesa dallo step;

_ progressione sul piano frontale attraverso esercizi di discesa laterale dallo step;

_ rinforzo del core;

_ programma di flessibilità per gli arti inferiori.

_ Settimane 8-12: fase transitoria.

_ Obiettivi: incremento intensità e durata degli esercizi; esercizi per lo schema della corsa.

_ Inizio delle progressioni per la corsa:

il programma inizia sul tapis roulant ad una velocità controllata, ad un passo base di 10

minuto per miglio, alternando 10 minuti di camminata a 5 di corsa in linea e ripetendo il tutto

2 volte. Ripetere il programma a giorni alterni.

Il rapporto camminata/corsa deve diminuire in relazione al gonfiore ed al dolore articolare,

fino ad eseguire una corsa continua.

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L’obiettivo sarebbe aumentare la distanza e la frequenza con l’intensità come terza ed ultima

variabile da incrementare.

La progressione va eseguita in un periodo di tempo di 4-6 settimane.

Fase III (da 12a a 24a settimana)

_ Settimane 12-16: principi per il ritorno allo sport.

_ Obiettivi: allenamento neuromuscolare e ritorno all’esercitazioni sport specifiche; se è

stato raggiunto l’80% dell’indice di forza del quadricipite vengono eseguiti i tests di salto; la

batteria dei tests di salto include il single hop, x-hop, triple hop, and timed hop test.

_ Per la fase sul campo: effettuare una progressione di esercitazioni funzionali sul campo

d’erba con e senza palla; la progressione evolve previa buona esecuzione dei compiti

richiesti.

_ Corsa in linea senza palla con scarpe da corsa, inserendo successivamente l’utilizzo delle

scarpe da calcio e l’incremento della velocità.

_ Dribbling in linea indossando le scarpe da calcio, con variazioni di velocità e partenze ed

arresti.

_ Corsa in diagonale ed all’indietro senza l’utilizzo della palla.

_ Corsa con variazioni di velocità e direzione senza l’utilizzo della palla.

_ Variazioni di velocità e direzione con l’utilizzo della palla.

_ Iniziare progressione di esercizi sul salto e l’atterraggio, prima indossando scarpe da corsa

e successivamente scarpe da calcio.

_ Settimane 16-20: progressione sul campo.

_ Obiettivi: incremento delle capacità aerobiche ed anaerobiche per ritornare all’attività

calcistica.

_ Salto a due arti e progressione per saltare ed atterrare su un solo arto;

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_ progressione di esercitazioni sulla trasmissione della palla, da corta a lunga distanza, da

bassa ad alta intensità, utilizzando tutte le modalità di trasmissione (interno, esterno piede),

ed infine calciare in porta;

_ dribbling in linea retta, incrementando poi velocità e cambi di direzione, utilizzando l’interno

e l’esterno piede;

_ tecnica a coppie.

_ Settimane 20-24

_ Obiettivi: il ritorno allo sport necessita di almeno il 90% della massima contrazione

volontaria isometrica del quadricipite e l’85% del tempo di salto dell’arto sano.

_ Provare i calci d’angolo, le punizioni, i dribbling, i contrasti, inclusi i rapidi cambi di

direzione durante i passaggi o le conclusioni al volo;

_ progressione dall’ 1 vs. 1 al 3 vs. 3 con contrasto diretto;

_ progressione verso l’11 vs. 11 ad alta intensità con tackles e contatti diretti;

_ completa tolleranza cardiovascolare aerobica ed anaerobica necessaria per giocare 90

minuti di partita;

_ riottenere i valori pre-infortunio ai test atletici (Reider, Davies, e Provencher 2015).

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8. APPROCCIO RIEDUCATIVO FUNZIONALE

Catene cinetiche e cinematiche

Nella fisiologia articolare umana non esistono movimenti monoarticolari. Li possiamo

eseguire, ma non sono la scelta prioritaria del nostro apparato locomotore. Per una scelta

di economicità e praticità, il nostro corpo utilizza quasi esclusivamente movimenti complessi.

In fisica, per “catena cinetica” si intende un sistema composto da segmenti rigidi uniti da

giunzioni mobili, dette snodi.

Il nostro corpo è composto da tante catene cinetiche, messe in moto dai muscoli. Con il

termine “catena cinetica” o “catena cinematica” ci si riferisce all’insieme di organi e sistemi

che determinano i movimenti volontari del corpo umano.

Per catena cinetica aperta si intende il sistema in cui l’estremità più lontana (distale) è libera,

senza vincoli. Esempio: gli arti inferiori durante la camminata.

Si ha invece una catena cinetica chiusa quando l’estremità distale è fissa, cioè non può

muoversi durante l’esecuzione del gesto senza vincolare anche un’altra catena. Esempio:

squat.

Significato di “funzionale”

Il termine “funzionale” oggi è usato spesso in maniera inappropriata.

In nostro obiettivo, al contrario, è partire da una definizione scientifica, senza la quale è

impossibile costruire un percorso rieducativo specifico.

La definizione tratta dal vocabolario è la seguente: “funzionale”: aggettivo che indica la

rispondenza alla funzione (uso, scopo) cui qualcosa o qualcuno è destinato.

Quindi l’allenamento funzionale è l’allenamento relativo alla funzione per cui un muscolo o

meglio una catena cinematica esiste e si è evoluta in un certo modo.

Le scelte evolutive del nostro apparato locomotore spiegano la funzione di ogni muscolo,

catena cinematica e sistema articolare del corpo.

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

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Bisogna applicare questo concetto, adattandolo alla realtà articolare del soggetto ed alla

funzione dei muscoli o delle catene cinematiche attivate.

La definizione di allenamento funzionale come “allenamento relativo alla funzione dei

muscoli nella normale vita di relazione” non è corretta. Manca infatti un parametro di

riferimento, la vita di relazione cambia da persona a persona, ma tutte hanno le medesime

catene cinematiche.

Principio dell’azione-funzione

L’evoluzione dell’allenamento moderno è allenare ogni muscolo secondo la sua azione

(applicazione frequente nelle palestre) e la sua funzione (caratteristica spesso trascurata).

Capire le scelte evolutive del nostro apparato locomotore: è da qui che bisognerebbe partire.

Nei centri fitness si è ricercato fino all’eccesso il concetto di isolamento, focalizzando

l’attenzione sulla semplice azione muscolare ma perdendo di vista l’insieme, il motivo per

cui quel muscolo, catena cinetica o catena articolare si sono evoluti in un certo modo. Ne

discende il principio dell’azione-funzione: l’allenamento di ogni qualità o capacità motoria

deve essere programmato in base all’azione e alla funzione della catena cinematica su cui

viene applicato.

Senza una rispondenza di questo tipo, l’allenamento sarà per forza di cose incompleto.

Semplificando: allenamento funzionale = azione + funzione

Per gli stessi motivi, gli esercizi funzionali difficilmente possono essere catalogati come

esercizi che vanno ad attivare e stimolare un solo gruppo muscolare. Lavorando, infatti, su

catene cinematiche quanto più possibile estese, saranno coinvolte grandi aree muscolari,

anche se con una prevalenza dell’uno o dell’altro distretto.

L’obiettivo dell’allenamento funzionale è uno stress sistemico, che coinvolga il più possibile

i sistemi organici. Non basta. Altre e numerose sono state le scelte dettate dall’evoluzione

che spiegano perché oggi siamo come siamo e capirle porterà a comprendere come e

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perché un determinato muscolo ha sviluppato una certa funzione e, di conseguenza, come

è meglio allenarlo.

Obiettivi

Lo scopo dell’allenamento funzionale è lo sviluppo delle capacità condizionali e delle qualità

motorie nella loro totalità. Quindi si cerca di formare un atleta capace di esprimere forza e

resistenza, vale a dire un’ipertrofia muscolare non puramente estetica ma funzionale, ovvero

che “serve” e di cui il nostro apparato locomotore non si priva facilmente.

L’atleta deve inoltre sviluppare le varie capacità coordinative, a partire dalla propriocettività

(forse la più importante), per prevenire gli infortuni ed ottimizzare la prestazione stessa.

I benefici dell’allenamento funzionale

L’allenamento funzionale è:

Più aderente alla fisiologia organica

o Permette una sollecitazione contemporanea di tutti gli undici sistemi endogeni

o Si svolge per lo più in stazione eretta. Troppo spesso ci scordiamo di essere

bipedi, statisticamente l’uomo sta in piedi solo due ore al giorno!

Più funzionale

o Perché si svolge in stazione eretta (un atleta deve sempre allenarsi in piedi!)

o Perché sollecita lunghe catene cinematiche.

o Perché allena le catene muscolari secondo l’abbinamento azione-funzione

o Perché allena tutte le capacità coordinative

o Perché segue la nostra storia evolutiva

Più allenante rispetto alle discipline indoor classiche

o Dal punto di vista biomeccanico

o Dal punto di vista muscolare

o Dal punto di vista dei sistemi endogeni coinvolti

Si pensi solo alla differenza tra la corsa su tapis roulant e la corsa su strada o sterrato.

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Dal punto di vista del coinvolgimento muscolare, nella corsa sul tappeto si ha la fase

eccentrica del movimento, ma quella concentrica, cioè l’estensione della coscia sul bacino,

è compiuta dalla rotazione stessa del tappeto vanificando parzialmente l’azione del gluteo.

Non solo, l’appoggio del piede è ammortizzato dalla macchina. Il semplice impatto del piede

sul terreno (non necessariamente sconnesso o sterrato) durante una corsa o una

camminata all’aperto ha conseguenze estremamente amplificate dal punto di vista

biomeccanico e allena la propriocettività.

Allo stesso modo si pensi alla differenza degli esercizi di rinforzo selettivo di un muscolo o

gruppo muscolare eseguito utilizzando macchine isotoniche, e gli esercizi funzionali i quali

coinvolgono nello stesso tempo più gruppi muscolari che lavorano in sinergia tra loro

durante un movimento che l’atleta compie continuamente nella vita relazione o, in special

modo, durante la pratica sportiva. (Bruscia 2015)

Rieducazione funzionale

L’approccio rieducativo funzionale, è similare a quello dell’allenamento funzionale, o meglio,

in caso di infortunio, precedente.

Ha come obiettivo quello di “rieducare” la persona o l’atleta ai gesti che svolgeva

precedentemente.

Per farlo nel migliore dei modi bisogna rieducare e poi allenare i muscoli, studiando la loro

attivazione durante i movimenti.

Si parte quindi dai più semplici schemi dinamici, come camminare, salire e scendere le

scale, stare in equilibrio su un arto, per poi spostare l’attenzione verso gesti/esercizi

funzionali necessari per ottenere il rinforzo e la stabilità dell’arto lesionato, sempre in

maniera aderente allo sport praticato dal soggetto.

E’ di fondamentale importanza progredire adeguatamente con la difficoltà delle

esercitazioni, mantenendo costantemente al centro del progetto l’infortunato. Ogni percorso

rieducativo è unico, totalmente personalizzato, poiché ogni persona reagisce in maniera

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differente allo stimolo allenante. Per questo è molto importante assecondare le sensazioni

riportate dal soggetto ed osservarlo molto attentamente durante l’esecuzione degli esercizi,

così da creare delle progressioni mirate, aiutando il soggetto al recupero dello schema che

in quel momento rappresenta l’obiettivo.

La peculiarità dell’approccio è: allenare il movimento. In questo modo si ha la possibilità di

allenare i muscoli nello stesso modo in cui poi l’atleta, in un contesto situazionale, li utilizza

durante la pratica sportiva, preparandolo durante l’iter rieducativo alle medesime contrazioni

sinergiche, co-contrazioni muscolari.

In ultima istanza, dopo aver attentamente analizzato il modello prestativo della disciplina

sportiva del soggetto, si svolge un training specifico della muscolatura, allenando attraverso

esercitazioni sport specifiche e ripristinando lo stato di fitness necessario per affrontare gli

allenamenti con la proprio squadra di appartenenza.

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PARTE SECONDA

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9. CASO CLINICO

Presentazione del caso clinico

Un ragazzo di 17 anni calciatore semi-professionista, militante in una squadra di IV serie

italiana, con passato agonistico giovanile in una squadra professionistica e con all’attivo

presenze nella nazionale di categoria; riporta durante un match pre-campionato della

stagione 2014/15 una distorsione al ginocchio dx con annessa lesione del LCA, il 3 Agosto

2014.

In seguito ad indagini diagnostiche approfondite, si conferma l’esito lesivo legamentoso e

l’atleta decide di sottoporsi alla chirurgia riparativa, attraverso metodica autograft,

utilizzando il prelievo dei tendini gracile e semitendinoso.

Nel decorso pre-operatorio il sottoscritto ed il collega fisioterapista non hanno seguito

direttamente l’atleta.

Il ragazzo riferisce di aver effettuato costantemente un rinforzo selettivo della muscolatura

estensoria del ginocchio tramite attrezzature isotoniche coadiuvato ad un lavoro al

cicloergometro, periodicamente 3/4 volte a settimana.

Trascorsi 72 giorni, si sottopone all’intervento ricostruttivo, il 14 Ottobre 2014.

L’operazione ha l’esito desiderato.

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PARTE FISIOTERAPICA

Tabella 2. Intervento fisioterapico nel processo rieducativo

RIEDUCAZIONE FUNZIONALE

22-40 giorni post-operatori: FASE ACQUATICA

Tabella 3. Esercitazioni rieducative e note della fase acquatica

In seguito alla rimozione dei punti di sutura, l’atleta si presenta con un’estensione quasi

completa della gamba sulla coscia, una flessione di 90° senza presenza di dolore, un

ginocchio visivamente ancora in parte gonfio, e deambula su indicazione fisioterapica con

l’aiuto di una stampella.

Colonna1 OBIETTIVI CARICO ESERCIZI TERAPEUTICI

4-21°

giorno

recupero estensione;

reclutamento muscolare;

addestramento al carico e alla

deambulazione,

mobilità rotulea

graduale, prima 2

stampelle poi una

21-90°

giorno

recupero completo del ROM -

recupero movimenti accessori;

aumento della tollerabilità al

carico;

prevenzione aderenza

cicatriziale;

allenamento sensibilità

propriocettiva;

rinforzo muscolare

completo

90-150°

giorno

mantenimento articolarità,

controllo qualità del

movimento,

completo

4 volte a settimana:

mobilizzazione passiva,

attivazione quadricipite,

attivazione medio gluteo

3 volte a settimana: massaggio cicatrice, mobilizzazione passiva attivo-assistita e attiva,

esercizi muscolari in CCC e CCA per distretti muscolare arto inferiore, core stability (plank), progressione graduale del carico (es.squat),

progressione degli stimoli propriocettivi senza e con ausili esterni

aumento difficoltà degli esercizi della fase precedente,test valutativi,

massaggio decontratturante

RIABILITAZIONE ESERCIZI NOTEEsercizi di flesso estens ione e abdu-adduzione 5 nov. Estens ione quas i completa, fless ione 90° no dolore,ginocchio vis ivamente gonfio, nessun dolore in

5-7-9-nov. Esercizi di propriocezione con tavolette, sa ls icciotti (res is tenza minima) acqua, deambulazione con una s tampel la

Bicicletta in acqua, s tretching in acqua per flessori , quadricipi te 10 Nov. RIMOZIONE STAMPELLA

Esercizi per fless ione con cavigl iere

Affondi frontal i e latera l i

Varie modal i tà di cammino (+pes i e cavigl iere)

=

Esercizi del la fase precedente con di fficol tà maggiore Obiettivi del la fase:

12-14-16-19 Esercizi con di fficol tà superiore _ Rec.flex (10% in - 2 mes i )

21-23 nov. Esercizi in CCC (squat, affondi , s tep up) _ Lavoro su quadricipi te+flex

Esercizi di s tabi l i tà bi e monopodal ica in seguito a ba lzi _ Propriocettivi tà

Skip in acqua _ Rinforzo muscolare più intenso

Propedeutica a l sa l to 16 Nov. Idrobike

Esercizi per fless ione del l 'arto 19 Nov. Vis i ta Dott.Cobel l i : tutto ok, entro pross ima vis i ta vuole vedere fless ione completa

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In questo periodo di tempo si inizia il lavoro acquatico, avente l’obiettivo in prima istanza di

ridurre il gonfiore articolare residuo grazie agli effetti terapeutici dell’ambiente acquatico.

La pressione idrostatica che si affronta immersi, provoca una riduzione del calibro dei vasi

superficiali, un miglioramento del reflusso venoso ed una facilitazione nel riassorbimento

dei liquidi interstiziali, degli edemi, dei versamenti intrarticolari.

Non solo, essa provoca una maggiore stimolazione del sistema sensoriale esterocettivo,

una maggiore percezione del proprio corpo ed una stimolazione della capacità equilibrio.

Fattori questi essenziali per iniziare a rieducare schemi motori molto importanti per il

soggetto, rievocando le corrette sensazioni percettive durante i movimenti.

L’acqua possiede altri effetti terapeutici molto importanti grazie al principio di Archimede che

in essa si realizza, ovvero la spinta di galleggiamento. Grazie a questo principio, si esplicita

una diminuzione del carico ponderale e di conseguenza una facilitazione alla stazione eretta

ed alla deambulazione, attivando in maniera minoritaria la muscolatura, il tutto in assenza o

riduzione di dolore durante il movimento. Nel caso specifico ci si serve di tali principi

inizialmente per effettuare un lavoro attivo mirato, coadiuvato a quello del fisioterapista, sul

rispristino del ROM articolare; contemporaneamente si propongono delle esercitazioni

propriocettive attraverso l’utilizzo di tavolette acquatiche e galleggianti.

Si sfrutta anche la fuoriuscita del getto d’acqua direttamente sull’articolazione durante le

sedute per ricreare l’esito di un trattamento linfodrenante e lavorare sulla riduzione

dell’edema.

Ma soprattutto, fin dalla prima seduta, si propongono esercizi di andature per lo schema

motorio del cammino.

Tutto il percorso, come sottolineato nel paragrafo generale sulla rieducazione funzionale, è

caratterizzato dalla progressione graduale della proposta di esercizi.

Alla corretta esecuzione di un esercizio, corrisponde, una variante operativa, più ardua, o

per lo meno differente, per cercare di trasmettere più sensazioni possibili al soggetto e far

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affrontare a lui il maggior numero di esperienze motorie con le relative differenti attivazioni

muscolari, segnali propriocettivi, sinergie muscolari, piani di lavoro, etc.

L’ambiente acquatico, grazie allo scarico ponderale ad esso connesso, è utilizzato per

riprendere esercizi funzionali base, come lo squat e gli affondi; esercizi fondamentali per la

fase terrestre di rinforzo e controllo muscolare.

Quindi successivamente si introducono esercizi in catena cinetica chiusa, anch’essi con la

dovuta progressività (da bipodalico, a monopodalico per esempio). Si aumenta, in seguito,

la difficoltà degli esercizi precedenti, e si introducono esercizi propedeutici alla corsa, come

tutte le variabili dello skip; per arrivare a rieducare e realizzare una corsa in acqua.

Ultimo step acquatico è quello propedeutico al gesto del salto e al successivo arresto, in

tutte le varianti seguendo una logica progressione.

Ci si serve di apposite cavigliere e polsiere galleggianti, e non, per incrementare il lavoro in

acqua a seconda dell’obiettivo che caratterizza la seduta di lavoro.

Le sedute hanno la durata di un’ora e si svolgono con cadenza trisettimanale.

41-57 giorni post-operatori: PRIMA FASE TERRESTRE

Tabella 4. Esercitazioni e note della prima fase terrestre

Bike 24 Nov. Nessun dolore dopo seduta, s tanchezza 5/6

Spinning

24 nov. Stretching in fless ione 30 Nov. 1h in acqua

in izio lavoro terrestre Propriocezione NON ARRIVARE A MAX ESTENSIONE!

26-28-30 nov. Pressa con thera band (nero) (0-60°) 1 Dic. Step up con sovraccarico 5kg+squat bipodal ico con 5kg

1-3-4-8-10 dic. Squat bipodal ico con thera band (0-45°) 3 Dic. Squat bipodal ico su bosu

Squat bipodal ico (con sovraccarico) 0-45° 7 Dic. Piscina 45' individuale

Squat bipodal ico su bosu

Squat bipodal ico i sometrico

Leg press monopodal ica esecuzione lenta (0-45°)

Lenghtening excercises

Tricipi ti

Step up (20/30cm)

Eccentrico manuale per flessori

Eccentrico per flessori con res .elastica

Leg ext.con elastico+pal la

Leg curl monopodal ica

Adduttori in modal i tà eccentrica e/o contrazione s tatica

Adductor machine

Fitbal l per flessori : bipodal ica e mono eccentrica

Squat bipodal ico pal la ant.+post. per VMO

Glutei con elastico

Ponte per flessori

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Successivamente al recupero della deambulazione fisiologica e del ROM completo, il 24

Novembre 2014 inizia la prima fase rieducativa terrestre, come da indicazione fisioterapica.

Le sedute acquatiche (almeno una a settimana) sono delegate all’atleta, il quale a suo

piacimento svolge il lavoro individualmente a percezione di leggero gonfiore articolare, con

l’obiettivo di mantenere l’articolazione “asciutta” e poter lavorare al meglio fuori

dall’ambiente acquatico. Il lavoro in acqua viene mantenuto anche per avere grande

progressività tra le fasi rieducative.

La durata della seduta rieducativa è di 1h30’/una 4 volte/settimana.

La seduta in palestra si caratterizza di una prima parte di riscaldamento utilizzando

macchine cardio (bike, ellittica, tapis roulant) e da una parte propriocettiva essenziale.

La parte propriocettiva è caratterizzata da una progressione strutturata.

Dapprima propriocettiva statica bipodalica e monopodalica e poi (dopo le prime 2 sedute,

visto il livello dell’atleta) propriocettiva dinamica.

La proposta si sposta poi ad una deambulazione sugli elementi propriocettivi, per poi inserire

un elemento di distrazione/difficoltà in più come per esempio la ricezione e la trasmissione

di un pallone, piuttosto che il movimento di una parte appendicolare del corpo.

Quindi si sfrutta l’elemento propriocettivo (skimmy, bosu, tavolette propriocettive, fitball) per

stimolare il sistema nervoso attraverso efferenze ed afferenze prima di inziare la seduta di

rinforzo, questo elemento inziali caratterizza tutto il percorso rieducativo, dalla prima

all’ultima seduta.

Importante sottolineare l’introduzione precoce dell’attrezzo. Si sfruttano palloni di

consistenze diverse da quelli utilizzati in gara, come per esempio palle di gomma piuma o

palle di plastica, per rieducare schemi tecnici anche al di fuori dal terreno di gioco.

Immediatamente vengono proposti esercizi in catena cinetica chiusa, non superando i

45/60° di flessione della gamba sulla coscia durante le prime sedute in palestra (fino al 12

Dicembre).

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L’obiettivo di questa prima fase è quello di riattivare a livello nervoso la componente

muscolare tramite esercitazioni lente e altamente controllate, a contrazione concentrica ed

eccentrica. Nella proposta operativa ci sono anche esercitazioni analitiche per un gruppo

muscolare, al fine di rinforzare il suddetto gruppo ed attivarlo nel migliore dei modi, anche

attravero macchine isotoniche, e trasportare successivamente in dinamica l’attivazione (in

questo caso sinergica) dei muscoli allenati.

E’ il caso del medio gluteo, muscolo essenziale per il mantenimento della stazione eretta e

per lo schema motorio della deambulazione.

Spesso si riscontra, attraverso un test clinico fisioterapico, che il muscolo in esame, non si

riesca ad attivare volontariamente, in seguito alla richiesta dell’operatore, il quale pone il

cliente in posizione di decubito laterale con arto inferiore abdotto ed intraruotato; o in altre

circostanze si riscontra un basso livello di forza muscolare.

Per non incappare in una situazione similare, si sottopone l’atleta fin da subito, ad un

allenamento intensivo per la muscolatura glutea, gruppo muscolare che si trova nel punto

più prossimale dell’arto inferiore e dalla cui corretta attivazione dipende la stabilità, la

linearità, il controllo statico e dinamico dell’arto stesso.

Particolare attenzione, fin da subito, viene data al gruppo muscolare degli ischio-crurali, sito

di asportazione tendinea in sede operatoria.

Attraverso il protocollo dei lenghtening excercises, si introduce immediatamente la

contrazione eccentrica in progressione del gruppo muscolare, per riabituare il soggetto a

controllare tale meccanismo contrattile, contrazione fondamentale e massivamente

utilizzata dal calciatore.

Il lavoro eccentrico per i muscoli flessori di gamba ha inizio con questo protocollo per poi

progredire ed aumentare l’intensità della contrazione eccentrica.

Va sottolineato il lavoro di mobilità passiva per la flessione dell’articolazione del ginocchio,

effettuato tra un’esercitazione e l’altra per mantenere il ROM articolare raggiunto.

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In seguito ad ogni seduta l’atleta effettua cicli di ghiaccio e posture di allungamento per la

catena flessoria (considerata la retrazione che lo caratterizzava) presso la sua abitazione.

Le esercitazioni sono proposte partendo da 3 serie da 8-15 ripetizioni (dipende dal distretto

muscolare coinvolto, dal tipo di contrazione muscolare richiesta e dall’esercitazione in

esame). Detto questo, a sensazione dell’atleta la seduta successiva si aumentano serie e/o

ripetizioni e/o carico dell’esercizio proposto.

Inizialmente si lavora in maniera molto più voluminosa sull’arto infortunato, per ridurre il gap

muscolare, neuromuscolare e funzionale rispetto al controlaterale.

Tutti i programmi giornalieri sono ideati seguendo le sensazioni dettate dall’atleta e dal suo

corpo, progredendo di giorno in giorno.

Elemento essenziale delle prime sedute è la consapevolezza corporea. Risvegliare

nell’atleta, tramite diretti feedback visivi e tattili, la corretta esecuzione di semplici movimenti

funzionali, come salire e scendere le scale, eseguire dei piegamenti sulle gambe,

camminare; rimuovendo degli automatismi scorretti che l’infermità crea.

In poche parole, il ragazzo viene reso consapevole del corretto trasferimento del peso

corporeo.

Gli obiettivi fondamentali di questa prima fase sono: controllo motorio e percezione del

proprio corpo durante l’esecuzione di esercizi lenti e controllati in ogni istante del movimento

aumentando la consapevolezza corporea ed allenanando il corretto trasferimento del carico

corporeo; controllo del gonfiore articolare; attivazione del core, essenziale per raggiungere

un buon controllo del corpo in statica e soprattutto in situazioni dinamiche; mantenimento

del ROM articolare raggiunto fisioterapicamente.

Esercizi terapeutici.

Distensioni arto inferiore con thera band (0-60°)

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Esercizio svolto dalla posizione seduta, l’atleta impugna un thera band ed effettua delle

distensioni dell’arto inferiore attivando prevalentemente la muscolatura estensoria della

gamba.

Squat bipodalico con thera band (0-45°)

Figura 13. Squat bipodalico con thera band (0-45°)

Esercizio di squat bipodalico, raggiungendo un angolo flessorio gamba-coscia massimo di

45°, utilizzando una resistenza elastica, la quale ha l’intento di ridurre il peso corporeo

gravante sugli arti inferiori. Esecuzione lenta.

Squat bipodalico isometrico

Mantenimento della posizione di squat bipodalico con angolo gamba-coscia pari a circa 90°,

appoggiando la schiena ad un sostegno rigido.

Squat bipodalico con sovraccarico (0-45°)

Figura 14. Squat bipodalico con sovraccarico (0-45°)

Esercizio di squat bipodalico, raggiungendo un angolo flessorio gamba-coscia massimo di

45°. Esecuzione lenta e con un sovraccarico.

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Squat bipodalico su bosu

Figura 15. Squat bipodalico su bosu

Esercizio di squat bipodalico, eseguito lentamente su una superficie instabile, viene

chiamato in letteratura “freeman squat”.

Leg press monopodalica lenta (0-45°) (Alberti, Garufi, e Silvaggi 2012)

Estensioni dell’arto inferiore utilizzando la macchina isotonica leg press. La massima

flessione della gamba raggiunta è di 45° e non si raggiunge mai la posizione di massima

estensione, per mantenere sempre un’attivazione muscolare e per non sollecitare in

maniera considerevole il LCA (nel momento di massima estensione dell’arto inferiore, il

legamento raggiunge la sua massima tensione)

Lenghtening excercises

Figura 16. Lenghtening excercises: extender, diver e glider

Il protocollo è composto da 3 esercizi: extender, diver e glider. Extender: stabilizzare la

coscia a 90° di flessione ed estendere lentamente la gamba fino al punto di massima

tensione, mantenere tale posizione per un paio di secondi e ritornare nella posizione di

partenza. Diver: dalla stazione eretta estendere lentamente l’arto inferiore sollevato mentre

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si porta il tronco parallelamente al suolo e si estendono gli arti superiori. Raggiungere il

momento di massima tensione dell’arto appoggiato al terreno e tornare, sempre lentamente,

nella posizione di partenza. Glider: la posizione di partenza vede l’atleta appoggiato ad un

supporto, con il tronco eretto, le gambe leggermente divaricate sul piano frontale, l’arto di

lavoro flesso di 10-20° ed il controlaterale appoggiato su uno skateboard. Si inizia il

movimento facendo scivolare posteriormente quest’ultimo arto, fino al raggiungimento della

posizione che evoca la massima tensione della muscolatura flessoria. Si ritorna infine alla

posizione di partenza, con l’aiuto di entrambi gli arti superiori.

Tricipiti surali in stazione eretta

Esercizio di attivazione selettiva del tricipite surale. Dalla posizione eretta si esegue una

flessione plantare, sollevando il carico corporeo.

Tricipiti surali leg press

Esercizio similare al precedente, svolto utilizzando la leg press, impostando quindi il carico

voluto.

Step up (20/30cm)

Figura 17. Step up

Esercizio di salita di un ostacolo. Fondamentale caricare tutto il peso corporeo sull’arto di

lavoro prima della salita sullo step, per poi estenderlo nella seconda fase dell’esercizio. Si

richiede all’atleta di finire il movimento con una flessione plantare forzata, affinchè possa

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avvenire una completa estensione dell’arto (controllata), e quindi un’attivazione della

muscolatura estensoria anche negli ultimi gradi di movimento.

Eccentrico manuale flessori

Figura 18. Eccentrico manuale per flessori in decubito prono e supino

Esercizio proposto in due varianti operative. Con l’atleta in posizione prona si lavora

eccentricamente ed analiticamente sulla funzione di flessione della gamba che il gruppo

muscolare degli ischio-crurali ha. Nella seconda variante, con atleta disteso in posizione

supina, si lavora analiticamente sulla funzione di estensione della coscia che i muscoli

flessori di gamba possiedono. L’operatore, imprimendo nelle prime fasi rieducative una

moderata resistenza manuale, inizialmente sollecita l’atleta a svolgere l’esercitazione

lentamente.

In una seconda fase rieducativa la resistenza è più intensa e l’esecuzione del movimento

ha maggiore velocità.

Eccentrico flessori con resistenza elastica

L’atleta è disteso in posizione prona, con un elastico a livello del calcagno. Effettua la

flessione simultanea delle gambe, per poi estendere lentamente un arto, contrastando la

resistenza elastica.

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Leg VMO

Figura 19. Leg VMO

Esercizio di estensione dell’arto inferiore, sfruttando la resistenza elastica. L’elastico è posto

a livello del terzo medio della tibia, riducendo così la componente di forza tagliente agente

sui legamenti crociati. Si chiede all’atleta un’attivazione degli adduttori, stringendo tra le

gambe una palla. Tale contrazione inibisce l’azione del vasto laterale, massimizzando

ulteriormente l’intervento del vasto mediale obliquo. Si evitano, inoltre, gli ultimi grado di

estensione.

Leg curl monopodalica

Attivazione analitica degli ischio-crurali, tramite la macchina isotonica leg curl.

Adduttori isometrico manuale

Adduttori eccentrico manuale

Figura 20. Isometrico ed eccentrico manuale per adduttori

Esercitazioni specifiche per il gruppo muscolare degli adduttori. La prima esercitazione

sfrutta la contrazione isometrica: ponendo il soggetto ad un angolo variabile di apertura delle

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cosce sul piano frontale, chiedere al soggetto di eguagliare la resistenza manuale

dell’operatore per qualche secondo e cambiare, nella ripetizione successiva, l’angolo di

apertura.

La seconda sfrutta la contrazione eccentrica. Partendo dalla posizione di massima chiusura

delle cosce, l’atleta controlla la resistenza manuale. L’esercizio termina nel punto di

massima apertura degli arti inferiori.

Adducutor machine

Attivazione analitica degli adduttori, tramite la macchina isotonica adductor machine.

Ponte per flessori/glutei

Figura 21. Progressione dell’esercitazione ponte per flessori e glutei

Progressione di esercizi per l’attivazione sinergica del gruppo muscolare degli ischio-crurali

e dei glutei.

Si può eseguire mantenendo la posizione nel punto di massima estensione dell’anca

(ricreando una linea retta tronco-anca-arto inferiore) o dinamicamente. C’è la variante

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monopodalica e la variante che unisce la fase concentrica bipodalica ad una fase eccentrica

monopodalica.

Fitball per flessori bipodalico

Figura 22. Fitball per flessori bipodalico

Fitball per flessori eccentrico monopodalico

Figura 23. Fitball per flessori eccentrico monopodalico

Esercitazioni simili a quelle appena descritte. C’è una componente propriocettiva molto

importante, la presenza della fitball. L’esercitazione deve essere svolta inizialmente

lentamente, controllando in ogni istante il movimento richiesto.

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Squat VMO

Figura 24. Squat VMO

Esercizio di squat con enfasi sull’attivazione del vasto mediale obliquo.

L’atleta esegue dei piegamenti sugli arti inferiori, raggiugendo la flessione della gamba di

90°, e non estendendo completamente gli arti, così da svolgere una continua contrazione

muscolare per l’intera durata della serie di lavoro.

Glutei con elastico

Figura 25. Esercitazioni per i glutei in decubito laterale e in posizione quadrupedica

Nel primo esercizio si richiede, in posizione di decubito laterale, un’abduzione della coscia

ed un’intrarotazione del femore, così da attivare massivamente il medio gluteo.

Nel secondo, in posizione quadrupedica, l’atleta esegue un’abduzione di coscia.

L’introduzione della resistenza elastica aumenta la difficoltà esecutiva.

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59-83 giorni post-operatori: SECONDA FASE TERRESTRE

Tabella 5. Esercitazioni e note della seconda fase terrestre

Raggiunto un grande controllo nell’esecuzione di esercizi fondamentali quali lo squat

bipodalico a carico corporeo, l’equilibrio monopodalico su skimmy, la salita e la discesa dello

step ed un buon controllo del core, viene concessa l’autorizzazione del collega fisioterapista

ad inserire esercitazioni senza restrizioni di angolo di flessione del ginocchio.

Il 12 Dicembre 2014 ha inizio, quindi, la seconda fase rieducativa terrestre.

La durata e la periodicità delle sedute rimane invariata.

Si aumentano però i gradi e i carichi di lavoro.

Le esercitazioni progrediscono parallelamente alle condizioni dell’atleta.

Le proposte in catena cinetica chiusa divengono più difficoltose; i gradi di lavoro aumentano,

si inserisce un sovraccarico esterno, si aumenta la resistenza alla leg press monopodalica.

Ottenuto un buon volume di lavoro monopodalico alla leg press orizzontale, si passa poi alla

proposta monopodalica in catena cinetica chiusa, indispensabile per un calciatore ritrovare

la sinergia muscolare durante movimenti molto vicini a quelli che la disciplina richiede.

Per variare lo stimolo allenante si utilizzano resistenze elastiche durante l’esecuzione del

movimento, resistenza che funge da elemento destabilizzante.

Esercizi del la fase precedente 12 Dic. Aumento gradi di lavoro per esercizi in CCC

12 dic. Propriocezione (di fficol tà >) Misurazione coscia : zona sottoglutea: dx 52cm - sx 54.5

aumento gradi di lavoro Squat VMO 0-90° con sovraccarico 1/2 coscia : dx 49cm - sx 52

14-15-18-19-20-22 Leg press monopodal ica esecuzione lenta (0-75°) 3 Gen. Misurazione coscia : zona sottoglutea: dx 53cm - sx 55cm

23-28-29 dic. Step up con sovraccarico e ostacolo più a l to 1/2 coscia : dx 51.5 cm - sx 53cm

2-3-5-7 gen. Leg ext. con elastico+pal la+supinazione del piede (VMO)

Leg.ext. i sometrica 3''

Leg press bipodal ica 5''conc-5''ecc

Eccentrico lento per quadricipi te

Nordic hamstring

Propriocezione su fi tba l l+sovraccarico

Arresti monopodal ici su bosu

Arresti monopodal ici su tappetino elastico

El l i ttica

Tapis roulant max 5.5km/h

Intermittente su spinning

Affondi frontal i con sovraccarico

Affondi frontal i con res is tenza elastica

Ponte per flessori con sovraccarico

Ponte per flessori monopodal ico con sovraccarico

Squat monopodal ico con elastico

Squat monopodal ico con sovraccarico

Spl i te squat

Spl i te squat con sovraccarico

Affondi latera l i

Step up + eccentrico lento quadricipi te

Propedeutica a l la pl iometria

Circuit tra ining

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Viene introdotta in questa fase la contazione eccentrica del quadricipite, eseguita in maniera

lenta ed in catena cinetica chiusa. Tali esercitazioni sono, inoltre, fondamentali per riscoprire

la corretta esecuzione di un banale movimento: il piegamento sulle gambe. La linearità deve

essere protagonista assoluta di tale proposta; per mantenere l’arto allineato (anca-

ginocchio-caviglia) la muscolatura glutea si deve attivare e sorreggere tutto l’arto inferiore.

Inoltre, con un esercizio ad hoc si somma la contrazione concentrica lenta e la contrazione

eccentrica lenta in catena cinetica chiusa, sempre con il medesimo obiettivo.

La proposta propriocettiva diviene sempre più dinamica: si effettuano ora degli arresti

monopodalici sulla bosu e/o sul tappeto elastico.

Verso le ultime sedute della fase in questione, si introducono esercitazioni propedeutiche al

lavoro di carattere pliometrico ed al salto. Si frammenta il movimento del salto, dapprima

andando a lavorare solamente sulla fase concentrica, la spinta; successivamente

sull’arresto con caduta da step di 20cm ed infine unendo le fasi.

Parallelamente anche le esercitazioni eccentriche per gli ischio-crurali vedono un

incremento del carico: esercizio fondamentale in questa fase, o meglio da questa fase

rieducativa, è il nordic hamstring con modifica Bisciotti. La modifica consiste in una differente

posizione di partenza dell’atleta, seduto sui propri calcagni; per poi effettuare una veloce

estensione di coscia, prima di contrastare la caduta verso il terreno tramite la contrazione

eccentrica degli ischio-crurali.

Altro esercizio fondamentale, con tutte le sue varianti, che caratterizza la fase, è l’affondo.

Affondo frontale, all’indietro, in avanzamento, laterale, ed anche con sovraccarico ed

elemento destabilizzante.

I lavori che aprono e concludono la seduta aumentano d’intensità: si raggiunge la velocità

massima di 6km/h sul tapis roulant con una massima inclinazione del 7%, sulla spinning si

introducono lavori aerobici con cambio di ritmo, e si utilizza l’ellittica per rinforzare la

coordinazione arti superiori-arti inferiori e simulare un movimento più similare a quello della

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corsa. Per incrementare il carico di lavoro per seduta ed iniziare a condizionare l’organismo

sotto l’aspetto metabolico si inzia a proporre una seduta organizzata a circuito per quanto

concerne le esercitazioni di rinforzo muscolare.

Gli obiettivi fondamentali di questa fase di lavoro sono: rinforzo muscolare funzionale;

aumento della fitness cardiovascolare; rinforzo del core; recupero dello schema motorio

della corsa; recupero dello schema motorio del salto.

Esercizi terapeutici.

Squat VMO con sovraccarico

Figura 26. Squat VMO con sovraccarico

Leg press monopodalica (0-75°)

Step up con sovraccarico ed ostacolo più elevato

Figura 27. Step up con sovraccarico e step più alto

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Leg extension isometrica

Estensione dell’arto inferiore utilizzando la macchina isotonica leg extension.

L’atleta arresta l’estensione, evitando gli ultimi 30° di estensione, e mantiene la posizione

per qualche secondo.

Leg press bipodalica lenta (5’’-5’’)

Esercizio caratterizzato dall’alteranza continua di una fase concentrica avente durata di 5

secondi ed una conseguente fase eccentrica della medesima durata.

Eccentrico lento per quadricipite

Figura 28. Eccentrico lento per quadricipite

Esercizio di discesa dallo step. L’elemento di fondamentale importanza è la presenza della

linearità anca-ginocchio-caviglia.

L’esercuzione è lenta, durante la quale il controllo del valgo dinamico è l’obiettivo primario.

Nordic hamstring mod. Bisciotti

Figura 29. Nordic hamstring con modifica Bisciotti e resistenza elastica

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Figura 30. Nordic hamstring con modifica Bisciotti

Esercizio proposto in 2 varianti di difficoltà crescente. Il primo è facilitante, la resistenza

elastica riduce il carico frenante a carico della muscolatura flessoria del ginocchio.

Il nordic proposto è caratterizzato da una modifica apportata dal Prof.Bisciotti: la partenza

avviene con le gambe totalmente flesse, successivamente l’atleta estende l’anca

velocemente ed infine rallenta la caduta attivando eccentricamente gli ischio-crurali.

In questo modo si agisce con una sola esercitazione sia sull’azione che i muscoli flessori di

gamba hanno a livello dell’anca sia sull’azione che hanno a livello del ginocchio.

Propriocezione su fitball con sovraccarico

Figura 31. Esercizio propriocettivo su fitball con sovraccarico

Esercizio di controllo. L’atleta è seduto su una superficie instabile, e il compito richiesto è

quello di flettere ed estendere un arto inferiore. Il tutto mantenendo una linearità della catena

cinetica, controllando il valgismo del ginocchio. Una variante è l’introduzione del

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sovraccarico e/o la richiesta di effettuare delle torsioni di busto contemporaneamente alla

flesso-estesione dell’arto inferiore.

Arresti monopodalici su bosu

Figura 32. Arresti monopodalici su bosu

Arresti monopodalici su tappeto elastico

Figura 33. Arresti monopodalici su tappeto elastico senza e con resistenza elastica destabilizzante

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Esercizi propriocettivi dinamici. All’atleta viene chiesto di effettuare un jump ed il successivo

arresto monopodalico su piattaforma instabile, il tutto mantenendo un controllo corporeo

adeguato. Una variante è la richiesta di un quarto di giro in volo precedente all’arresto e/o

l’utilizzo di un attrezzo propriocettivo differente e/o l’utilizzo di una perturbazione esterna

(nelle foto soprastanti, una resistenza elastica).

Intermittente su spin bike

Affondi frontali

Affondi frontali con sovraccarico

Affondi frontali con resistenza elastica

Affondi laterali

Figura 34. Esercitazioni di affondo su più piani e con diversi gradi di difficoltà

L’affondo è un esercizio fondamentale nella rieducazione dell’atleta.

Esso è presente in tutte le sue varianti: affondo frontale, laterale, con sovraccarico, con

perturbazione esterna. Il tutto per far vivere ed affrontare all’atleta situazioni

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progressivamente più ardue e propriocettivamente differenti. Si richiede, anche in questa

classe di esercizi (tranne nell’affondo laterale) all’atleta di finire il movimento con una

flessione plantare forzata.

Squat monopodalico con resistenza elastica

Squat monopodalico con sovraccarico

Figura 35. Squat monopodalico con sovraccarico

Esercizi di squat monopodalici. L’atleta raggiunge il maggior grado di flessione dell’arto che

riesce a controllare in maniera adeguata, ovvero mantenendo una corretta posture del

tronco e dell’arto inferiore in toto.

Splite squat con sovraccarico

Figura 36. Splite squat con sovraccarico

Variante di squat monopodalico, nella quale l’atleta riesce a raggiungere correttamente un

maggior grado di flessione dell’arto.

Step up + eccentrico lento per quadricipite

Esercizio che somma l’esercitazione di salita sullo step e quella di discesa lenta.

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Ponte per flessori con sovraccarico

Core stability

Ponte per flessori monopodalico con sovraccarico

Propedeutica al salto e alla pliometria

Gruppo di esercitazioni che mirano al controllo corporeo durante un movimento complesso

come quello del salto e soprattutto durante l’arresto che avviene in seguito.

Quindi si è creata una progressione per rieducare la discesa e salita da un attrezzo in

seguito ad un salto. Dapprima controllando altezze moderate, frammentando il movimento

ed eseguendolo in appoggio bipodalico; per arrivare in ultima istanza ad eseguire un jump

e un arresto in seguito al jump con un solo arto e con un sovraccarico in mano, come si

vede nella fase rieducativa successiva.

Rientrano nella progressione anche gli esercizi a carattere pliometrico.

87-127 giorni post-operatori: FASE DI RITORNO ALLO SPORT

Tabella 6. Esercitazioni e note della fase di ritorno allo sport

Run su tapis roulant Note: sensazioni similari riguardo l'espressione di forza nei 2 arti inferiori

9 gen. Fartlek 19 Gen. INIZIO LAVORO SU CAMPO

inizia corsa Leg press arresto mono 17 Feb. Inizia lavoro con PREPARATORE/SQUADRA

11-12-14-15-16-18 gen. Leg press s tacco mono 14 Mar. GIOCA 45' CON JUNIORES NAZIONALE

19-21-23-25-26-28-30 Intermittente su 100m

1-2-4-6-8-9-11-13-15 Intermittente su 50m

18 feb. Run in curva

Run CdD

Run + gi ro dorsa le

Tecnica anal i tica

Tecnica bassa intens i tà

Tecnica media intens i tà

Tecnica a l ta intens i tà

Squat jump bipo-arresto bipo

Squat jump bipo-arresto mono

Squat jump mono-arresto mono

Squat jump-arresto-res .elastica

Squat jump e arresti su SABBIA

Stacchi monopodal ici con sovraccarico

Discesa-arresto-jump

SJ con rotazione 90°

Intermittente con run in curva

Intermittente con Cds

Intermittente con CdD

Step up+salto

Flessori prono con elastico

Eccentrico flash flessori

Squat eccentrico flash

Jump in lungo bipo

Jump in lungo mono

Lavori per appoggio over-sca letta

Eserci tazioni per i l ruolo

IT con pal la

1vs .1 contro avversario pass ivo

1vs .1 subito semi pass ivamente

Tiri in porta

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Avuta l’autorizzazione medica, in seguito alla visita di controllo presso l’ortopedico che ha

operato l’atleta, il 9 Gennaio 2015 si svolge la prima corsa post-operazione sul tapis roulant.

Fino al 19 Gennaio si incrementa ulteriormete il lavoro in palestra inserendo all’inizio ed alla

fine della seduta il nuovo schema motorio, inizialmente a ritmo costante, incrementando

quotidianamente l’andatura da mantenere, per poi passare all’esecuzione di esercitazioni di

cambio di ritmo sul tappeto. Una variante operativa è quella di inserire esercitazioni di corsa

all’interno del circuit training, come fatto nella fase precedente utilizzando la spin bike. Prima

di effettuare la prima seduta sul campo, l’atleta raggiunge al tapis roulant la velocità di

15km/h durante le esercitazioni di cambio di ritmo.

Successivamente l’organizzazione temporale e logistica delle sedute è la seguente: 3

sedute/settimana sul campo ed 1 seduta/settimana in palestra.

Entrambe le tipologie di sedute allenanti hanno la durata di 1h e 30’.

Inizialmente si lavora sul campo in erba naturale utilizzando le scarpe da corsa.

Il lavoro metabolico effettuato sul campo è sempre di tipo intermittente, ovvero esercitazioni

caratterizzate da tratti attivi alternati a tratti di riposo passivo. Si inizia, quindi, una

progressione metabolica di esercitazioni sempre più similari, per quanto riguarda i tempi di

lavoro e di recupero, e per quanto riguarda l’intensità espressa, alla partita di calcio.

Ritrovate le corrette sensazioni corporee durante la corsa, ed il corretto schema della corsa,

si inizia ad eseguire parte della seduta allenante su campo in erba artificiale (campo sul

quale l’atleta dovrà allenarsi una volta reintegrato in squadra).

Parallelamente al lavoro atletico specifico, si sviluppa il programma funzionale.

La progressione è ora in una fase ultima, caratterizzata da movimenti sempre più veloci,

esplosivi, complessi dal punto di vista condizionale e coordinativo.

Si introducono esercitazioni di squat jump, dapprima bipodalico sia nella fase concentrica

che in quella eccentrica dell’arresto, per poi passare ad uno squat jump monopodalico con

arresto bipodalico, per poi terminare con l’esecuzione e l’arresto monopodalico.

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I circuit training divengono più brevi ma allo stesso tempo maggiormente intensi, sia dal

punto di vista muscolare che metabolico, e sono caratterizzati da esercitazioni esplosive

come l’esercizio dello step up jump.

Le esercitazioni eccentriche lente lasciano spazio ad esercitazioni eccentriche flash, per

rievocare con metodiche analitiche, a livello muscolare quello che accadde durante i

movimenti sport specifici.

Si ricomincia, fin dalle primissime sedute sul campo, a ritrovare il feeling con l’attrezzo,

inizialmente attraverso esercitazioni di tecnica analitica per poi passare ad esercitazioni

tecniche a coppia, partendo da una distanza ravvicinata di trasmissione, per poi aumentare

la distanza che il pallone delle percorrere.

A livello propriocettivo grande importanza, nella seduta, hanno gli arresti monopodalici

riprodotti sempre con varianti operative, per ridonare le sensazioni estero e propriocettive

specifiche all’articolazione lesa.

Anche il lavoro di salto ed il lavoro a carattere pliometrico vengono trasferiti sul campo di

gioco, ad intensità maggiorata.

Vengono introdotti percorsi coordinativi neuromuscolari brevi, associati al pre-atletismo a

bassa intensità.

La fase termina con esercitazioni specifiche per il ruolo ed esercitazioni in progressione di

1 vs. 1.

La proposta di riatletizzazione, protagonista di questa fase operativa, durante la quale

l’atleta viene rieducato a tutte le varianti della corsa, verrà analizzata nel seguente

paragrafo.

Successivamente alla proposta di riatletizzazione, il 17 Febbraio 2015, l’atleta viene

consegnato al preparatore atletico della società in cui milita, il quale è sempre stato

aggiornato sul lavoro svolto e dal fisioterapista e dal sottoscritto.

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

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Infine il 14 Marzo, scende in campo per la prima partita ufficiale con la squadra Juniores

Nazionale, per i primi 45’ di gara post-infortunio.

Gli obiettivi di quest’ultima fase sono: miglioramento della fitness metabolica specifica;

allenamento della forza funzionale specifica; recupero e allenamento delle gestualità sport

specifiche; allenamento della rapidità.

Esercizi terapeutici

Leg press – arresto mono

Leg press – stacco mono

Esercizi facente parte della progressione della propedeutica al salto. Su una leg press

orizzontale si richiede all’atleta di eseguire, in seguito ad una spinta bipodalica, un arresto

monopodalico, nel primo esercizio citato, mentre nel secondo esercizio proposto, l’atleta

deve compiere una spinta monopodalica. Quindi si vede anche in questa fase la

riproduzione di un movimento complesso come il salto, suddiviso nelle sue parti nel progetto

rieducativo. La leg press è preziosa in questa circostanza, poiché permette di eseguire tali

movimenti con pesi minori rispetto al peso corporeo del soggetto.

Squat jump bipodalico – arresto bipodalico

Squat jump monopodalico – arresto monopodalico

Squat jump monopodalico – arresto monopodalico

Squat jump – arresto con resistenza elastica

Squat jump con rotazione 90°

Ultima progressione di esercitazioni riguardante la rieducazione del salto. Vengono svolte

sul campo di gioco, si inseriscono rotazioni del corpo in volo e l’attrezzo di gioco in seguito

o durante l’esecuzione del jump.

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Stacchi monopodalici con sovraccarico

Figura 37. Stacchi monopodalici con sovraccarico

Esercizio funzionale per gli ischio-crurali, durante il quale questo gruppo muscolare viene

sollecitato in sinergia con il quadricipite, come nella fase d’appoggio del piede durante la

corsa.

Jump-arresto su SABBIA

Variante operativa per l’allenamento del salto e dell’arresto. L’atleta si trova ad eseguire i

movimenti gestendo un'altra superficie.

Step up jump

Variante maggiormente dinamica dell’esercizio step up, nel quale è presente la fase di volo.

Si alterna una ripetizione in cui la spinta avviene con un arto ed una ripetizione eseguita dal

controlaterale.

Flessori prono con elastico

Figura 38. Esercizio per flessori con elastico

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Esercizio analitico per l’attivazione della muscolatura flessoria della gamba. L’operatore si

serve di una resistenza elastica per contrastare entrambe le modalità di contrazione, sia

quella concentrica, sia quella eccentrica. All’inizio della fase eccentrica l’operatore imprime

maggior forza cosicchè l’atleta è costretto a gestire una contrazione eccentrica ad elevata

intensità in un brevissimo lasso di tempo.

Eccentrico flash per flessori

Figura 39. Eccentrico flash per flessori

Esercitazione specifica, nella quale si vuole evocare una contrazione eccentrica flash dei

muscoli flessori di gamba. L’atleta si sposta eseguendo dei brevi passi in avanti ed indietro,

gestendo una resistenza elastica; quando si trova di fronte all’attrezzo, carica il tiro ed

arresta l’arto di calcio a pochi centrimetri dalla palla.

Squat eccentrico flash

Figura 40. Squat eccentrico flash

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Esercizio di squat nel quale è presente un’enfasi della fase eccentrica del movimento. Nella

prima fase del movimento, l’atleta si lascia cadere, il muscolo cede eccentricamente verso

il basso, in questa fase in un primo tempo il complesso muscolare viene bruscamente stirato

e solo verso la fine dell’allungamento produce una forza eccentrica molto alta per frenare il

movimento stesso. E’ proprio in questa fase che il muscolo rischia di insultarsi, sia per la

violenza dello stiramento (nella prima fase), che per la forte tensione che deve sviluppare

(seconda fase). Immediatamente dopo la fase eccentrica segue una brevissima fase che

potremmo definire di "stabilizzazione isometrica", sulla quale s’innesta senza soluzione di

continuità una contrazione concentrica di tipo esplosivo che corrisponde al momento in cui

le gambe si estendono. Questa è una metodica di lavoro utile per riprodurre lo stesso pattern

di attivazione neuromuscolare che si ritrova nel ciclo eccentrico-isometrico-concentrico

esplosivo, tipico dei movimenti balistici come il cambio di direzione, il balzo, ecc.

LA RIATLETIZZAZIONE

Modello fisiologico e prestativo del calciatore

La riatletizzazione è la parte più importante di quest’ultima fase di lavoro, attraverso la quale

l’atleta allena i movimenti specifici ed i gesti tecnici ad intensità crescenti, e raggiunge una

condizione di forma che gli permette di tornare nel gruppo squadra senza controindicazioni.

Tutte le proposte di lavoro a cui si sottopone l’atleta in questa fase cruciale del lavoro sono

state studiate tenendo in grossa considerazione il “modello fisiologico” del giocatore di

calcio.

Nei giochi di squadra si può affermare (Arcelli, 1978), semplificando le cose, che si

alternano:

- momenti di elevato impegno, per esempio quando viene eseguito uno scatto;

- momenti d’impegno scarso o nullo, in particolare quelli delle fasi statiche, del

cammino, della corsa blanda.

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In una partita di calcio, nel corso degli impegni più elevati, c’è una richiesta energetica assai

alta e, dunque, i muscoli consumano molto ATP per ogni secondo. Essi lo traggono da fonti

diverse:

1. dall’ATP preformato, quello che si trova già nei muscoli quando l’arbitro fischia l’inizio;

l’energia che arriva per questa via è poca e può servire per correre pochi metri;

2. dalla fosfocreatina che si trova anch’essa nei muscoli all’inizio del match; negli scatti

brevi, anche alla massima intensità, i muscoli del calciatore ricorrono soprattutto a

questa fonte di energia; soltanto una parte della fosfocreatina presente nei muscoli,

in ogni modo, può essere utilizzata durante lo sforzo e questo dà ai muscoli stessi

un’autonomia un po’ superiore a quella dell’ATP preformato, ma in ogni caso

sufficiente soltanto a compiere poche decine di metri; fra un momento di impegno

elevato e l’altro, inoltre, la ricostruzione della fosfocreatina è di solito parziale e,

dunque, la quantità disponibile è spesso ridotta;

3. dall’ossigeno; considerato il fatto che i momenti di elevato impegno di solito hanno

una durata molto limitata (raramente più di una manciata di secondi), l’ossigeno che

riesce ad arrivare con il sangue in questo intervallo è poco; di conseguenza è poca

l’energia che è prodotta con esso. Una certa quantità di ossigeno, in ogni caso, si

trova già legato alla mioglobina all’interno delle fibre muscolari; infatti, la mioglobina

non è soltanto la “navetta” che trasporta l’ossigeno fino ai mitocondri, ma è anche un

serbatoio di ossigeno che si trova già presente nella fibra, vicino ai mitocondri, e che,

dunque, è di pronto uso; per questo motivo è detta “granaio di ossigeno”;

4. dal meccanismo anaerobico lattacido con formazione di acido lattico, in quantità tanto

maggiore quanto più lungo è lo scatto. E’ importante considerare a fondo la

produzione di energia con tale meccanismo.

Nel corso delle fasi di sforzo intenso, in definitiva, la maggior parte dell’ATP è prodotta non

utilizzando l’ossigeno, ma creando un “debito di ossigeno”, vuoi alattacido, vuoi lattacido.

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Molto diversa è la situazione nei momenti di impegno scarso o nullo. Si tratta delle fasi in

cui il gioco è fermo, o si svolge da un’altra parte del campo. Il giocatore, quindi, non si sposta

o cammina o corre a una velocità molto ridotta. In queste fasi di impegno ridotto, si può dire

che l’organismo cerca di riportare certi parametri verso la norma (vale a dire a “recuperare”);

soprattutto tende a:

1. riformare la fosfocreatina; l’energia per ricostruirla deve derivare dal meccanismo

energetico aerobico; occorre, dunque, ossigeno che si combina con il glucosio e con

gli acidi grassi a livello dei mitocondri;

2. ridare ossigeno alla mioglobina (riempire il “granaio”); una parte dell’ossigeno che

arriva con il sangue, si lega appunto alla mioglobina;

3. eliminare l’acido lattico che si è formato; anche per questo smaltimento occorre

ossigeno.

In pratica, il recupero nelle fasi di impegno ridotto è reso possibile dal fatto che l’ossigeno

che giunge ai muscoli è inferiore a quello che occorre in quel momento ai muscoli stessi.

Nelle fasi di scarso impegno, insomma, le varie componenti del recupero richiedono tutte

l’intervento dell’ossigeno.

In sintesi si può dire che:

- durante i momenti di elevata intensità si crea un “debito di ossigeno”: dai due

meccanismi anaerobici (alattacido e lattacido), infatti, si ottiene energia senza usare

l’ossigeno;

- durante le fasi di intensità scarsa, questo ossigeno va restituito all’organismo: si deve

“pagare il debito d’ossigeno”, anche se di solito soltanto in maniera parziale.

Il tempo di impegno ridotto che si ha a disposizione fra un impegno elevato ed il successivo,

infatti, non è quasi mai sufficientemente lungo da consentire di recuperare totalmente, vale

a dire di riempire completamente il “granaio” (rifornire di ossigeno tutta la mioglobina), e

soprattutto di ricostruire tutta la fosfocreatina ed eliminare l’acido lattico. Il recupero, dunque,

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è quasi sempre parziale. Che esso sia maggiore o minore dipende da vari fattori, in

particolare:

- da quello che il giocatore fa nel corso del recupero. Le sue necessità di energia sono

minime se egli è fermo; sono leggermente più alte se cammina; sono ancora più alte

se egli corre; ovviamente la disponibilità di ossigeno per il recupero è tanto maggiore

quanto meno ossigeno serve in quel momento;

- da quanto più elevate sono le capacità dell’organismo dell’atleta di far giungere

ossigeno ai muscoli e di utilizzarlo;

- dalla durata del recupero. Se le situazioni di gioco sono tali per cui si susseguono

due momenti di impegno elevato con una fase molto breve di scarso impegno, il

recupero sarà necessariamente molto parziale. (Ferretti et al. 2011)

Il modello prestativo del calciatore negli ultimi anni, con l’introduzione della strumentazione

GPS ed attraverso lo studio dell’impegno cognitivo che caratterizza il calcio, ha subito

notevoli cambiamenti. Normalmente, quando si parla d’intensità, ci si riferisce al consumo

energetico, alla percentuale relativa al massimo consumo di ossigeno o all’intensità

muscolare. Spesso però non si reputa importante quella che si può definire intensità

cognitiva.

Nel gioco del calcio un lavoro intermittente eseguito ad alta intensità, implica sicuramente

un’intensità organica elevata, ma la sua complessità è praticamente nulla, ottenendo così

un lavoro cognitivo a bassa intensità.

Un’esercitazione con un bassissimo consumo energetico cognitivo, non ricreerà

sicuramente quelle situazioni complesse in cui ai giocatori si richiede nello stesso tempo un

elevato impegno fisico, tattico, tecnico e mentale. Ovviamente, ogni esercitazione deve

essere strutturata in un contesto che richiami le più vicine richieste di gioco, non solo fisiche,

tecniche, tattiche o cognitive, ma in particolare con una finalità di gioco specifica.

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Le conseguenze di un lavoro cognitivo sulle prestazioni fisiche sono state oggetto di studio

negli ultimi anni. Ad esempio, è stato dimostrato come la fatica mentale compromette le

prestazioni fisiche (Marcora, Staiano, e Manning 2009).

Un gruppo di soggetti ha svolto degli esercizi cognitivi tramite un software dedicato della

durata di 90 minuti, facendo registrare un tempo di esaurimento e una percezione della

fatica peggiore durante il post test sul cicloergometro rispetto al gruppo di controllo.

Ovviamente per i ricercatori è impossibile riprodurre in laboratorio tutte le caratteristiche di

una partita, pertanto si può ipotizzare che l’intensità cognitiva nel calcio tocca i suoi massimi

livelli durante una partita.

Per quanto riguarda l’intensità fisica, negli ultimi anni, si è assistito ad una rivoluzione molto

importante. Il gioco del calcio è caratterizzato da accelerazioni, decelerazioni, cambi di

direzione e situazioni non conosciute. Sono proprio le accelerazioni e le decelerazioni,

infatti, a richiedere una maggior spesa energetica (Cost of sprint running, Csr) rispetto alla

corsa a velocità costante, così tanto che anche a basse velocità, in presenza di esse, è

necessario un significativo aumento della richiesta metabolica (di Prampero et al. 2005).

Più semplicemente, il costo energetico della corsa in accelerazione è maggiore di quello a

velocità costante perché il soggetto deve spendere energia anche per aumentare la propria

energia cinetica, ed è proprio per questo motivo che negli ultimi anni si è verificato un cambio

del modello prestativo e conseguentemente metodologico. L’intensità del gioco è

determinata dunque dalla potenza metabolica espressa durante la partita e dalla sua

quantità di lavoro espresso in KJ. La potenza metabolica non è altro che il rapporto tra costo

energetico e velocità.

Le valutazioni del carico esterno effettuate nel calcio utilizzando la tecnologia GPS si sono

spesso concentrate sulla distanza coperta o sul tempo speso effettuando movimenti a

determinate categorie di velocità.

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Lo studio di Osgnach e dei suoi collaboratori (Osgnach et al. 2010) dimostra anche che i

precedenti approcci sottostimano la richiesta di alta intensità necessaria negli allenamenti

dei calciatori d’élite, che è in parte simile a quella osservata in partita.

È un dato di fatto che, ai calciatori, è imposto un carico metabolico elevato non solo durante

le fasi intense e massimali della partita (intese come corsa ad alta velocità) ma ogni volta in

cui l’accelerazione è elevata, anche quando la velocità è ridotta. Per fare maggiore

chiarezza, per anni, si continuava a far riferimento ai km percorsi oppure a quanto strada

faceva il calciatore oltre i 21 km/h. È sufficiente pensare che un calciatore, per raggiungere

tale velocità partendo da fermo, impiega circa 2 secondi, e la sua potenza massima è

sviluppata tra i 10 e i 16 km/h. Se per qualche motivo tattico il giocatore non arrivasse a 21

km/h, lui avrebbe prodotto una potenza metabolica superiore a 50 watt/kg pari a circa 3 volte

il suo VO2max, ma nessuno se ne accorgerebbe in quanto la sua velocità non ha superato

i 21 km/h. Da numerose analisi, è stato riscontrato che la potenza metabolica media

espressa durante una partita è mediamente 11.7 W/kg corrispondenti a 34,3 ml⋅kg-1⋅min-1

d’ossigeno netto.

Di conseguenza la nuova match analysis, per ciò che riguarda l’analisi prestativa dei singoli

giocatori, si sta concentrando maggiormente sulla suddivisione della corsa in categorie di

accelerazioni, e non in categorie di velocità, sulle decelerazioni, sull’analisi della potenza

metabolica espressa, sull’analisi dei cambi di direzione.

Con l’utilizzo dei GPS quindi, è possibile analizzare nel dettaglio il carico esterno della

singola esercitazione o dell’intera seduta, e confrontarli con i dati di riferimento della Serie

A.

Durante la partita, circa il 25% della distanza totale è ricoperta ad una potenza metabolica

superiore a 20 W*kg-1, corrispondente ad una spesa energetica circa del 45% del totale.

Inoltre, il calciatore esegue circa 1.5 cambi di direzione intensi (CdD > 20 W*kg-1) al minuto,

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18.0 CdD al minuto maggiori di 30° e circa 4.5 azioni intense al minuto (azioni > di 20 W*kg-

1).

Secondo le analisi fatte dal Prof. Colli e i suoi collaboratori, è emerso quanto segue:

• se si valuta erroneamente solo le velocità superiori alla MPA (Massima Potenza

Aerobica) o VAM (>16 km/h) queste occupano “solo” il 6,2% del tempo totale;

• il giocatore sviluppa il 15% del tempo ad una potenza metabolica superiore alla MPA

(Massima Potenza Aerobica stabilita a 20 W/kg pari a circa 57 mL⋅kg-1⋅min-1 di O2);

• la spesa energetica (EE) della partita è pari a circa 65 kj/kg che per un giocatore di

70 kg è 4550 kJ pari a circa 1100 kcal;

• per oltre 50 minuti il giocatore tende a camminare (fino a 6 km/h) ma solo per 2-3

minuti è completamente fermo.

Un’ulteriore analisi è stata effettuata riguardante le azioni intense e il recupero. Appare

interessante notare come dalle analisi effettuare, il 73% delle azioni sopra la MPA (>20

W/kg) ha una durata inferiore ai 3 secondi, seguiti nella maggior parte dei casi da una

situazione più “aerobica” della durata di circa 10 secondi. Solamente l’11% circa delle azioni

dura per un tempo superiore ai 6 secondi.

Per rendere ancora più chiaro, tra le massime durate di queste azioni sopra i 20W/kg, solo

lo 0.8% dura oltre 10” ed il massimo riscontrato è stato di 14 secondi.

Per quanto riguarda la distribuzione della Potenza Metabolica durante l’arco di una partita,

è emerso che, mediamente, il 58% delle azioni intense sono effettuare tra 20 e 30 W/kg,

mentre per il restante 42% dei casi le azioni intense superano i 30 W/kg.

Per quanto riguarda invece la distribuzione media durante la partita di tutte le azioni secondo

la valutazione della Potenza Metabolica, nell’arco di 1 minuto, solamente 9 secondi sono

trascorsi a Potenza superiore ai 20W/kg, mentre i restanti secondi sono trascorsi ad azioni

più aerobiche.

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Un’analisi dettagliata e interessante è stata eseguita sulle accelerazioni in quanto parte

basilare del modello prestativo del calciatore. L’accelerazione durante una partita non è

assoluta perché se il soggetto si trovasse a velocità bassissime (0-8 km/h) accelera molto

fino anche a 5-7 m/s2, mentre se si trovasse a 18-22 km/h la sua accelerazione sarà solo di

2-3 m/s2, pur se massimale. Ecco perché il Prof. Colli ha utilizzato questo indice di

accelerazione massimale dipendente dalla velocità riscontrando che in partita si sviluppano

il 20% delle accelerazioni oltre il 50% della massima possibile, a qualsiasi velocità, mentre

tutte le altre sono azioni di accelerazione moderata.

Per questo motivo, non sono da considerarsi intense le accelerazioni > 2m/s2, ma

considerare intense tutte quelle accelerazioni che siano almeno il 50% della massima

accelerazioni possibile relativa alla velocità di partenza.

Un altro parametro interessante riguarda i cambi di direzione (CdD). I CdD sono presenti in

misura elevatissima (circa 1000 con angoli superiori ai 30°) e oltre 800 sono con angoli >

30° ma anche sviluppati a potenze superiori ai 20 W/kg. In pratica il calciatore esegue un

CdD > 30° e a W/kg > 20 ogni 17-18 secondi. (Boccolini 2015)

La progressione di lavoro intermittente

Le proposte di lavoro intermittenti prendono spunto da un lavoro di ricerca di equipe

effettuato nel settore giovanile professionistico della società per la quale lavoro, che è

andato a studiare attraverso la misurazione del carico esterno con la strumentazione GPS

una progressione di lavoro idonea al ritorno in campo del calciatore.

In seguito al lavoro di corsa continua ed al lavoro di corsa con cambio di ritmo svolto in

palestra precedentemente si inzia la progressione di lavoro intermittente

Inizialmente si eseguono in progressione 3 serie da 8 minuti sui 100 m:

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rec.passivo

Figura 40. Intermittente sui 100m

Tabella 7. Caratteristiche metaboliche della progressione intermittente sui 100m

Ovviamente partendo da 3 serie 30’’-10’’ da 8 minuti, per poi aumentare, a seconda della

risposta dell’atleta, l’intensità della proposta di lavoro.

Successivamente si propongono serie di lavoro intermittenti sui 50 m, sempre con lo stesso

minutaggio:

rec.passivo

Figura 41.Intermittente sui 50m

Tabella 8. Caratteristiche metaboliche della progressione intermittente sui 50m

Si inseriscono, poi, nella progressione di lavoro i cambi di direzione:

cambi di direzione in corsa lenta a vari angoli per allenare la frenata eccentrica e

l’accelerazione

Vel.media Sec.lavoro-rec. Watt Watt in accelerazione

12 km/h 30''-10'' 12 watt 22 watt in acc.

12 km/h 30''-5'' 13,7 watt 22 watt in acc.

14,4 km/h 25''-15'' 12,4 watt 31 watt in acc

14,4 km/h 25''-10'' 14 watt 31 watt in acc

18 km/h 20''-20'' 13,2 watt 51 watt in acc.

Vel.media Sec.lavoro-rec. Watt Watt in accelerazione

15 km/h 12''-8'' 14 watt 41 watt in acc.

18 km/h 10''-15'' 13,1 watt 66 watt in acc.

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Figura 42. Cambi di direzione in corsa lenta

Intermittente 20’’-10’’ con cambi di direzione e recupero passivo, a 16,67 watt in

media. Utilizzando l’attrezzo in conduzione.

Figura 43. Intermittente con cambi di direzione

2x20 m in 10” e 10” con recupero passivo, a 14watt di media. Utilizzando l’attrezzo

in conduzione.

Figura 44. Intermittente con cambio di senso

25 m

17.67

17.68

90° 60°

35.37 12.5

21.65

43.31

20 m

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2x20 m in 10” e 40 m in 20”, a 7,2 km/h di media e 16watt di media.

Si propongono queste ultime 3 esercitazioni in 3 serie da 6 minuti.

Figura 45. Cambio di ritmo con attrezzo

La progressione termina con lavori di sprint a velocità massimale per allenare la frenata

dopo il raggiungimento della velocità massima e la massima frequenza di passo.

10-20-30m con frenata

Figura 46. Sprint con frenata con attrezzo

10+10+10m

Figura 47. Sprint con cambi di direzione

10+10m

Figura 48. Sprint con cambi di senso

Mentre la progressione di lavoro utilizzata, per quanto riguarda le esercitazioni tecniche alle

varie intensità, prende spunto da uno studio effettuato da Francesco Vaccariello e Mauro

Fumagalli (Vaccariello e Fumagalli 2014).

20 m 20 m

10 m

10 m

10 m

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Sulla base di importanti e documentate esperienze riabilitative, illustrano i presupposti e le

modalità per un percorso di reinserimento in squadra del calciatore infortunato attraverso

un razionale utilizzo del pallone all’interno di circuiti dinamici scientificamente programmati.

Elaborando con rigore i dati raccolti con la Match Analysis sono state sviluppate delle

esercitazioni, con un costante incremento delle difficoltà fisico-tecniche distribuite in quattro

step: tecnica analitica, bassa intensità, media intensità, alta intensità. Un percorso utile sia

per riuscire a valutare quanto più possibile oggettivamente lo stato del giocatore in

riabilitazione sia, e in particolare, per ricondurlo con gradualità ad una condizione fisico-

psichica tale da permettergli di tornare a lavorare all’interno del gruppo-squadra.

Le esercitazioni tecniche sono state sviluppate tenendo in considerazione in seguenti valori:

Volume: metri percorsi in totale al minuto.

V.1: metri percorsi a velocità sopra 15 km/h al minuto.

V.2: metri percorsi a velocità sopra 24 km/h al minuto.

Acc./Dec.: quantità di metri percorsi con accelerazione e decelerazione sopra e sotto

2 metri/sec. quadrato al minuto.

Potenza Metabolica: la distanza, espressa in metri, percorsa ad alta intensità

(potenza>20W/kg) in un minuto.

Progressione primo step: tecnica analitica.

Attività n.1: palleggio sul posto, lavoro 30’’/recupero 30’’, durata totale: 4’30’’

Varianti:

Collo piede (dx)

Collo piede (sx)

Collo piede (dx/sx)

Collo piede (dx) – coscia (dx)

Collo piede (sx) – coscia (sx)

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Attività n.2: calciare sul posto, lavoro 30’’/recupero 30’’, durata totale: 5’30’’

Varianti relative alla superficie d’impatto:

Interno piede – rasoterra

Interno piede – controbalzo – rasoterra

Interno piede – al volo – rasoterra

Collo piede – rasoterra

Collo piede – controbalzo – rasoterra

Collo piede – al volo – rasoterra

Varianti della direzione di provenienza della palla:

Destra – sinistra

Attività n.3: palleggio in avanzamento, lavoro 30’’/recupero 30’’, durata totale: 4’30’’

Varianti relative alla superficie d’impatto:

Collo piede (dx)

Collo piede (sx)

Collo piede (dx/sx)

Collo piede (dx) – coscia (dx)

Collo piede (sx) – coscia (sx)

Attivita n.4: calciare in avanzamento, lavoro 30’’/recupero 30’’, durata totale 5’30’’

Varianti relative alla superficie d’impatto:

Interno piede – rasoterra

Interno piede – controbalzo – rasoterra

Interno piede – al volo – rasoterra

Collo piede – rasoterra

Collo piede – controbalzo – rasoterra

Collo piede – al volo – rasoterra

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Progressione secondo step: bassa intensità

La durata totale della seconda progressione è di 24’40’’ ed ha i seguenti obiettivi:

1. Carico interno: battito cardiaco medio 70% - 75%

Percezione dello sforzo scala CR10 modificato: 5/6

2. Carico esterno:

Tabella 9. Dati progressione tecnica bassa intensità

Attività n.1: guida della palla in linea

Figura 49. Guida della palla in linea

Effetttuare il percorso in guida della palla per quattro volte consecutive.

Varianti:

1. Collo piede (dx) – (sx)

2. Collo esterno (dx) – (sx)

3. Collo piede (dx – dx) – (sx – sx)

4. Collo esterno (dx – dx) – (sx – sx)

5. Pianta del piede (dx) – (sx)

Lavoro 20’’/recupero 20’’, totale metri percorsi: circa 140 m (28 metri x 5 varianti), la durata

totale dell’attività è di 3’. L’atleta recupera 1’30’’ prima dell’inizio dell’attività successiva che

avviene a 4’30’’.

Dati V.1 V.2 A./D. P.M.Tecnica Min. 90m Min. 0m Min. 90m circa 8/12m/min

bassa intensità Max. 360m Max. 62,5m Max. 214m

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Attività n.2: lavoro tecnico sul quadrato

Figura 50. Conduzione e palleggio sul quadrato

Percorrere i lati del quadrato alternando la guida della palla al palleggio

Varianti:

1. Guida con il piede (dx) – palleggio con il piede (sx)

2. Guida con il piede (dx) – palleggio con il piede (sx)

Guida esterno/interno (dx) – palleggio (sx)

3. Guida esterno/interno (sx) – palleggio (dx)

Esterno (dx/dx) – (sx/sx) – palleggio (dx/dx) – (sx/sx)

4. Esterno/interno (dx) – esterno/interno (sx)

Palleggio (dx) – (sx) all’indietro

5. Pianta del piede (dx) – (sx) – palleggio (dx) all’indietro

6. Esterno (dx)/pianta del piede (dx) – esterno (sx)/pianta del piede (sx) – palleggio (sx)

all’indietro

Quando il giocatore recupera dopo aver terminato la ripetizione riparte dal punto in cui ha

appena terminato l’esercizio ed esegue la sessione successiva nel verso opposto.

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Lavoro 20’’/recupero 20’’, totale metri percorsi: circa 224 m (28 metri x 8 varianti), la durata

totale dell’attività è di 4’20’’. L’atleta recupera 1’40’’ prima dell’inizio dell’attività successiva

che avviene a 11’30’’.

Attività n.3: lavoro tecnico sul quadrato con slalom e palleggio

Figura 51. Conduzione slalom e palleggio sul quadrato

Percorrere il lati del quadrato alternando guida della palla tra i 4 paletti, palleggio e guida in

linea, secondo le seguenti modalità:

1. Guida tra i paletti con il piede (dx) – palleggio con il piede (sx) – guida tra i paletti con

il piede (dx) – palleggio con il piede (sx)

2. Guida tra i paletti con il piede (sx) – palleggio con il piede (dx) – guida tra i paletti con

il piede (sx) – palleggio con il piede (dx)

3. Guida tra i paletti alternando (dx e sx) – palleggio alternando (dx e sx) – guida tra i

paletti alternando (dx e sx) – palleggio alternando collo (dx) e collo (sx)

4. Guida tra i paletti utilizzando solo l’interno del piede – palleggio con la coscia – guida

tra i paletti utilizzando solo l’interno del piede – palleggio con la coscia

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100

5. Guida tra i paletti utilizzando solo l’esterno del piede – palleggio alternando collo e

coscia (dx) – guida tra i paletti utilizzando solo l’esterno del piede – palleggio

alternando collo e coscia (sx)

6. Guida della palla tra i paletti utilizzando solo l’avampiede (pianta del piede) –

palleggio con la testa – guida tra i paletti utilizzando solo l’avampiede (pianta del

piede) – palleggio con la testa

7. Guida tra i paletti utilizzando solo 1 tocco d’interno – palleggio alternando collo –

coscia (dx) e collo – coscia (sx) – guida tra i paletti utilizzando solo 1 tocco d’interno

– palleggio alternando collo piede – coscia (dx) e collo piede – coscia (sx)

8. Guida della palla utilizzando solo 1 tocco d’esterno tra un paletto e l’altro – palleggio

con gli interni piede – guida in slalom solo 1 tocco d’esterno – palleggio con gli interni

piede

Il giocatore esegue 4 ripetizioni in un verso, poi si sposta e le esegue nell’altro senso.

Lavoro 20’’/recupero 20’’, totale metri percorsi: circa 240 m (30 metri x 8 varianti), la durata

totale dell’attività è di 5’. L’atleta recupera 2’ prima dell’inizio dell’attività successiva che

avviene a 18’30’’.

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101

Attività n.4: lavoro tecnico sul quadrato con slalom, calcio e allungo

Figura 52. Conduzione in slalom, calcio e allungo

Dopo aver eseguito lo slalom tra i 4 paletti, calciare la palla, effettuare un allungo sulla

diagonale del quadrato (fino al secondo conetto) e rifare il tutto dall’altro lato.

Eseguire 8 ripetizioni.

Varianti:

1. Guida tra i paletti con il piede (dx) – calciare con il piede (dx) – allungo – guida tra i

paletti con il piede (sx) – calciare con il piede (sx) – allungo

2. Guida tra i paletti con il piede (sx) – calciare con il piede (dx) – allungo – guida tra i

paletti con il piede (dx) – allungo – calciare con il piede (sx) – allungo

Il giocatore esegue 4 ripetizioni in un verso, poi si sposta e le esegue nell’altro verso

Lavoro 20’’/recupero 30’’, totale metri percorsi: circa 400 m (50 metri x 8 varianti), la durata

totale dell’attività è di 6’10’’.

La distanza totale percorsa nell’allenamento tecnico a bassa intensità è di circa 1004 metri,

e la durata di questo step è di 24’40’’.

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102

Progressione terzo step: media intensità

La durata totale della seconda progressione è di 24’50’’ ed ha i seguenti obiettivi:

1. Carico interno: battito cardiaco medio 80% - 85%

Percezione dello sforzo scala CR10 modificato: 6/7

2. Carico esterno:

Tabella 10. Dati progressione tecnica media intensità

Attività n.1: guida della palla con cambi di direzione

Figura 53. Conduzione con cambi di direzione

Effettuare lo slalom con la palla cambiando direzione prima del paletto; arrivato in fondo al

percorso, tornare indietro sempre con la palla facendo un allungo.

Varianti tecniche:

1. esecuzione slalom libero

2. solo con il piede dx

3. solo con il piede sx

4. cambi di direzione con l’interno del piede

5. cambi di direzione con l’esterno del piede

Ogni ripetizione il giocatore cambia punto di partenza da sx a dx o viceversa.

Dati V.1 V.2 A./D. P.M.Tecnica Min. 130m Min. 0m Min. 130m circa 13/22m/min

media intensità Max. 520m Max. 90m Max. 309m

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103

Totale cambi di direzione con la palla eseguiti: 25(5x5), lavoro 20’’/recupero 40’’, totale metri

percorsi: circa 390 m, la durata totale dell’attività è di 4’20’’. L’atleta recupera 1’ prima

dell’inizio dell’attività successiva che avviene a 5’20’’.

Attività n.2: navetta tecnica, cambi di direzione e frenata

Figura 54. Navetta tecnica, cambi direzione e frenata

Eseguire navetta da paletto a paletto: in andata, correre veloce, frenare ed effettuare gesto

tecnico (4 toccate totali: destra/sinistra/destra/sinistra), ritorno invece in corsa lenta. Alla

terza ripetizione anche il ritorno avviene velocemente per poi proseguire in accelerazione

fino al terzo paletto. Tornare al punto di partenza di passo. Alternare accelerazione una volta

a destra e una volta a sinistra per un totale di 4 volte.

Varianti tecniche:

1. interno piede rasoterra

2. interno di controbalzo rasoterra

3. interno al volo rasoterra

4. colpo di testa

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104

Totale cambi di direzione con la palla eseguiti: 12, lavoro 30’’/recupero 30’’, totale metri

percorsi: circa 420 m, la durata totale dell’attività è di 3’30’’. L’atleta recupera 1’50’’ prima

dell’inizio dell’attività successiva che avviene a 10’40’’.

Attività n.3: guida della palla con cambi di direzione e tiro in porta

Figura 55. Conduzione, cambi di direzione e tiro in porta

Effettuare lo slalom con la palla cambiando direzione prima del paletto, arrivato in fondo al

percorso, calciare nella porticina e tornare indietro facendo un allungo. Alternare la partenza

a destra e a sinistra.

Varianti tecniche:

1. esecuzione slalom libero

2. solo piede dx

3. solo piede sx

4. cambi di direzione con l’interno del piede

5. cambi di direzione con l’esterno del piede

6. “tunnel” al paletto

Ad ogni ripetizione, il giocatore cambia punto di partenza da sx a dx o viceversa.

Totale cambi di direzione con la palla eseguiti: 25 (5x5), lavoro 25’’/recupero 35’’, totale

metri percorsi: circa 420 m, la durata totale dell’attività è di 5’25’’. L’atleta recupera 1’30’’

prima dell’inizio dell’attività successiva che avviene a 17’40’’.

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Attività n.4: navetta tecnica, progressione e cambio di direzione

Figura 56. Navetta tecnica, progressione e cambi di direzione

Eseguire navetta da paletto a paletto: in andata correre veloce, frenare ed effettuare gesto

tecnico (toccata a destra – spostamento laterale – toccata a sinistra), ritorno invece in corsa

lenta. Dopo la terza ripetizione prosegurie con accelerazione – progressione ondulata –

cambi di direzione – corsa lenta – e infine passo, per poi recuperare sul posto e prepararsi

ad una nuova esecuzione.

Varianti tecniche:

1. interno piede rasoterra

2. interno di controbalzo rasoterra

3. interno al volo rasoterra

4. colpo di testa

5. mezzo-collo rasoterra

6. esterno rasoterra

Totale cambi di direzione con la palla eseguiti: 18, lavoro 30’’/recupero 50’’, totale metri

percorsi: circa 429 m, la durata totale dell’attività è di 7’10’’.

La distanza totale percorsa nell’allenamento tecnico a media intensità è di circa 1659 metri,

e la durata di questo step è di 24’50’’.

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Progressione quarto step: alta intensità

La durata totale della seconda progressione è di 25’30’’ ed ha i seguenti obiettivi:

1. Carico interno: battito cardiaco medio 85% - 95%

Percezione dello sforzo scala CR10 modificato: 7/8

2. Carico esterno:

Tabella 11. Dati progressione tecnica media intensità

Attività n.1: guida della palla in slalom e ritorno in progressione

Figura 57. Conduzione in slalom e ritorno in progressione

Effettuare il percorso di circa 30 m in guida della palla, passare al mister per proseguire con

un dai e vai e ritornare con allungo di circa 30 m.

Varianti tecniche:

1. guida della palla-passaggio-dai e vai con i piedi (x2)

2. guida della palla-passaggio-dai e vai di testa (x2)

3. guida della palla-passaggio-uno/due e tiro nella porticina (x2)

Totale cambi di direzione con la palla eseguiti: 66 (11x6), lavoro 25’’/recupero 30’’, totale

metri percorsi: circa 360 m (60 m x 6), la durata totale dell’attività è di 4’35’’. L’atleta recupera

1’25’ prima dell’inizio dell’attività successiva che avviene a 6’.

Dati V.1 V.2 A./D. P.M.Tecnica Min. 184m Min. 2m Min. 184m circa 23/35m/min

alta intensità Max. 734m Max. 127m Max. 436m

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Attività n.2: guida della palla in linea con cambi di senso

Figura 58. Conduzione in linea con cambi di senso

Effettuare il percorso in guida della palla compiendo, ai conetti, dei cambi di senso.

Varianti tecniche:

1. esecuzione libera

2. pianta del piede

3. dietro piede portante

4. solo con gli interni

5. solo con gli esterni

6. solo piede destro alternando interno/esterno

7. solo piede sinistro alternando interno/esterno

8. orologio e ripartenza con l’esterno

Totale cambi di direzione con la palla eseguiti: 48 (6x8), lavoro 20’’/recupero 20’’, totale

metri percorsi: circa 360 m (45 m x 8), la durata totale dell’attività è di 5’. L’atleta recupera

1’30’ prima dell’inizio dell’attività successiva che avviene a 12’30’’.

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Attività n.3: navette tecniche sul triangolo

Figura 59. Navette tecniche sul triangolo

Effettuare il gesto tecnico al paletto facendo 4 toccate (destro-sinistro-destro-sinistro),

proseguire con accelerazione di 12 m fino al paletto centrale, frenare e correre lentamente

fino al paletto seccessivo a 12 m per ripetere di nuovo il gesto tecnico. Ripetere lo stesso

percorso per quattro volte consecutive.

Varianti tecniche:

1. interno piede

2. controbalzo d’interno

3. interno al volo rasoterra

4. colpo di testa

Totale cambi di direzione con la palla eseguiti: 16, lavoro 60’’/recupero 30’’, totale metri

percorsi: circa 384 m (96 m x 4), la durata totale dell’attività è di 5’30’’. L’atleta recupera

1’30’ prima dell’inizio dell’attività successiva che avviene a 19’30’’.

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Attività n.4: rombo tecnico a due triangoli

Figura 60. Rombo tecnico a due triangoli

Effettuare il gesto tecnico al paletto facendo 6 toccate (destro-sinistro), voltarsi e proseguire

con accelerazione fino al paletto, voltare a destra proseguendo in corsa lenta fino al paletto

successivo e tornare al punto di inizio camminando.

Ripetere per quattro volte alternando la destra e la sinistra.

Varianti tecniche:

1. interno piede x2

2. controbalzo d’interno x2

3. interno al volo rasoterra x2

4. colpo di testa x2

Ripetere per otto volte il percorso. Totale cambi di direzione con la palla eseguiti: 8, lavoro

30’’/recupero 15’’, totale metri percorsi: circa 528 m, la durata totale dell’attività è di 6’.

La distanza totale percorsa nell’allenamento tecnico ad alta intensità è di circa 1632 metri,

e la durata di questo step è di 25’30’’.

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110

10. DISCUSSIONE E RISULTATI

DISCUSSIONE

Dopo aver delineato e ricostruito il caso di studio, si analizzano ora le particolarità e i punti

di forza di tale approccio.

Personalizzazione della seduta e collaborazione tra figure specializzate

Non considerando, in prima istanza, le caratteristiche tecniche di tale approccio, va

sottolineato che la stretta collaborazione tra le figure specializzate ha avuto una

fondamentale importanza. Come si evince dal report, non sono stati eseguiti dei test

valutativi dell’atleta, poiché egli è stato testato, giorno dopo giorno, monitorando la qualità

dei suoi movimenti, appuntando le sensazioni riportate durante e dopo le sedute ed anche

tramite valutazioni fisioterapiche. Seguendo, successivamente, le considerazioni tratte dal

collega fisioterapista, si è deciso di passare o meno alla fase rieducativa successiva,

aumentare o diminuire le richieste; quindi al centro del progetto c’è sempre stato solo l’atleta,

nella sua globalità, e la programmazione quotidiana delle sedute è sempre stata creata ad

hoc secondo le condizioni psico-fisiche possedute dal ragazzo in quel particolare giorno.

Spesse volte è capitato che il programma giornaliero fosse rivisto, corretto aumentando o

diminuendo la richiesta, valutando le condizioni in tempo reale dell’atleta. Ovviamente il

carico allenante e la difficoltà delle esercitazioni, ha avuto un aumento costante e

progressivo. Va sottolineato che il ragazzo non ha mai avuto un momento di deflessione, si

è riusciti quindi quotidianamente ad aumentare l’uno o l’altro parametro, seduta dopo

seduta.

L’ultimissima fase, è stata poi assegnata allo staff tecnico della società di appartenenza

dell’atleta. Staff che è sempre stato informato sulle condizioni del calciatore, fin dalle prime

fase rieducative fisioterapiche. Quindi il lavoro delle varie figure che hanno realizzato tale

progetto è stato totalmente complementare, in molti casi sovrapposto, nelle fasi di

“passaggio” tra una figura e l’altra.

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111

Caratteristiche della seduta rieducativa

Come si vedrà nel capitolo “diario rieducativo”, la seduta, indipendentemente dal luogo in

cui è stata realizzata (piscina riabilitativa, palestra, campo di gioco), ha delle proprietà di

base sempre presenti: riscaldamento iniziale, esercizi propriocettivi, esercizi di

controllo/rinforzo muscolare. Questi tre punti caratterizzano ogni seduta effettuata.

Dopo di che vanno a sommarsi infine dei lavori su macchine cardio (idrobike, spin bike, tapis

roulant, ellittica) nella vasca riabilitativa ed in palestra o lavori metabolici e tecnici nelle

sedute svolte sul campo di gioco. Il ragazzo è poi stato sollecitato a svolgere delle

esercitazioni defaticanti presso la sua abitazione, post-allenamento.

Esercizio propriocettivo

Le esercitazioni propriocettive hanno una fondamentale importanza poiché l’operazione

chirurgica di ricostruzione del LCA ripristina una buona stabilità passiva ma permane, in

seguito, un’inevitabile perdita delle afferenze propriocettive, causa anche delle

caratteristiche diverse tra legamento e tendine trapiantato (come descritto nella prima parte

di questo lavoro).

Parte del volume del LCA è occupato da recettori nervosi e da terminazioni libere, esso

riveste un ruolo sensoriale nel rilevamento del movimento e della posizione spaziale

articolare, ed è sede di fondamentali recettori sensoriali di Ruffini, corpuscoli di Pacini e

terminazioni libere che in seguito all’atto chirurgico vengono persi.

La struttura del tendine si basa su due principali componenti: il collagene di tipo I e l’elastina.

Essi sono immersi in una matrice di proteoglicani ed acqua presentando dei componenti

che sono prodotti da particolari cellule chiamate tenoblasti e tenociti.

E’ provvisto di meccanorecettori, gli organi tendinei del Golgi che hanno la capacità di fornire

al SNC varie informazioni per regolare il movimento. Detto questo, si può dedurre che il LCA

rispetto al tendine ha maggiori elementi per calcolare la sua posizione.

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112

Il lavoro di recupero propriocettivo applicato nella prima fase del protocollo va concentrato

sul risveglio delle strutture su cui si fonde il tendine trapiantato e sugli aspetti

neuromuscolari. Non esiste più il legamento da allenare e riabilitare ma bensì un tendine da

ripristinare alle funzioni del LCA considerando tutte le strutture del ginocchio. Il tendine

trapiantato inizia a fare i compiti del LCA e quello che propone il terapista deve essere fatto

in base alle potenzialità e caratteristiche del tendine capace di assorbire, trasmettere e

graduare le sollecitazioni. L’esercizio terapeutico funzionale e la propriocezione applicati in

fase precoce consentono di arrivare alle ultime fasi rieducative.

L’esercizio deve costituire una situazione problematica a cui il paziente deve dare una

risposta e per fare ciò fa ricorso alle sue capacità organizzative. La rieducazione funzionale,

propone al paziente un compito appunto conoscitivo che deve risolvere con un

comportamento senso motorio al fine di recuperare le sue funzioni. L’attività senso motoria

ha la funzione di recuperare prima e qualitativamente meglio il gesto motorio prevedendo la

soluzione di un compito conoscitivo, il paziente risente di un disordine meccanico afferente‐

efferente causato dal trauma, dall’intervento chirurgico e per ultimo da un processo

degenerativo, quindi è necessario ricomporre e riprogrammare il meccanismo di

afferentazione. Gli esercizi sfruttano l’utilizzo di svariate superfici instabili per riconosce

superfici e contatti differenti, sempre al fine di aumentare il controllo corporeo durante

esercitazioni funzionali che parallelamente progrediscono in termini di intensità e difficoltà.

Le esercitazioni propriocettive non sono una modalità di raccolta passiva di informazioni ma

richiedono un processo organizzato da parte del SNC. Durante un esercizio eseguito in

situazioni instabili vi è una aumentata attivazione elettromiografia della muscolatura

profonda del tronco (core) e degli arti inferiori, questo perché vi è un maggiore

coinvolgimento della muscolatura di sostegno che ha lo scopo di garantire una maggiore

stabilità a livello degli arti inferiori. Gli esercizi propriocettivi vengono ideati su misura

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113

dell’atleta, seguendo una progressione dal semplice al complesso, dallo statico al dinamico

e dal generale allo sport-specifico.

I lavori propriocettivi sono stati proposti a inizio seduta poiché svariate pubblicazioni

indicano come un programma di riscaldamento caratterizzato da tali esercizi sia molto

efficace sul fronte preventivo. La consapevolezza corporea ed il controllo neuromuscolare

dei muscoli di anca, ginocchio e caviglia vengono allenati tramite queste esercitazioni.

Aumentano, inoltre, l’attivazione EMG dei muscoli semitendinoso e semimembranoso,

essenziali nel controllo del valgo dinamico e dello scivolamento anteriore della tibia sul

femore (Zebis et al. 2008; Waldén et al. 2012; Sugimoto et al. 2015; Herman et al. 2012).

Inoltre, eseguendo esercizi propriocettivi, si ottiene un’azione sinergica muscolare del

quadricipite con i muscoli ischio-crurali, la quale si oppone sempre efficacemente allo

sfavorevole spostamento in avanti delle tibia sul femore, preservando dall’usura e dal

trauma tutte le strutture legamentose altrimenti esageratamente sollecitate e/o

sovraccaricate.

Scelta degli esercizi

Nell’iter rieducativo sono stati proposti svariati esercizi. La richiesta, come sottolineato nei

paragrafi precedenti, è mutata e si è trasformata di giorno in giorno, per fare in modo che

l’atleta non si abituasse e non ripetesse automaticamente delle esercitazioni ormai

standardizzate, ma, contrariamente, affrontasse ogni seduta di lavoro con grandissimo

coinvolgimento attentivo, cercando di assimilare tutte le afferenze provenienti dalle diverse

esercitazioni. Quindi, si è cercato di differenziare anche solamente con un sovraccarico

diverso e/o una distrazione propriocettiva in più, un esercizio già fatto in sedute precedenti.

Come studi scientifici ormai suggeriscono sono state combinate esercitazioni a catena

cinetica chiusa (CCC) ed esercitazioni a catena cinetica aperta (CCA) all’interno delle

giornate rieducative, poiché riguardo all’incremento della forza muscolare, soprattutto

quadricipitale, la somma degli stimoli ricevuta da entrambe le modalità di esercizi è migliore

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114

rispetto al risultato ipertrofico che si ottiene tramite solamente l’esecuzione di esercizi a

catena cinetica chiusa. Ciò detto, le esercitazioni a CCC sono state maggiormente

incentivate, soprattutto quelle eseguite in appoggio monopodalico, poiché molto più

specifiche per il soggetto calciatore. L’enorme valore aggiunto degli esercizi in CCC è

l’attivazione muscolare sinergica che in essi si presenta. Attraverso questi esercizi si può

attivare e di conseguenza allenare i gruppi muscolari in un regime di contrazione molto

simile a quello che si utilizza durante i movimenti della vita quotidiana e, nel caso specifico,

della gara. E’ stato, inoltre, dimostrato non esserci grande differenza di traslazione tibiale

anteriore durante esercizi in CCC (0-60°) ed esercizi in CCA (range 90-40°). Diverso è la

considerazione riguardante gli esercizi in CCA avente range tra 40 e 0° di flessione, poiché

presentano un notevole stress in tensione sia per il LCA che per le strutture capsulari

periferiche.

Nelle prime fasi rieducative, la somministrazione di esercizi in CCC è essenziale per

provocare meno complicanze patello-femorali e lassità.

Pertanto le esercitazioni funzionali sono state introdotte fin da subito, anche nelle sedute

acquatiche, per riiniziare a riprodurre determinate sensazioni corporee ed iniziare a lavorare

sulla qualità dei movimenti poiché, una volta iniziata la prima fase rieducativa terrestre, tali

esercitazioni sarebbero state protagoniste delle sedute di lavoro. Si è sempre lavorato

dapprima sulla qualità dei movimenti e successivamente sulla quantità. Per infondere

nell’atleta la consapevolezza della corretta esecuzione del movimento si è utilizzato lo

specchio ed anche, quando necessario, un feedback diretto con l’atleta; per esempio

durante le prime ripetizioni dell’esercitazione eccentrico lento per quadricipite, l’operatore,

ponendo la propria mano sulla faccia mediale del ginocchio, ha fatto in modo che l’esercizio

avvenisse seguendo la corretta linearità, controllando molto bene il valgo dinamico.

Il concetto di controllo dinamico dell’intera catena cinetica è elemento fondamentale del

percorso rieducativo in esame. Dall’esercitazione eccentrico lento per quadricipite, si passa

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115

ad esercitazioni maggiormente dinamiche ed intense muscolarmente come lo splite squat,

per esempio, fino ad arrivare ad esercitazioni di jump con successivo arresto monopodalico

ed esercitazioni a carattere pliometrico. Ovviamente queste ultime esercitazioni citate,

senza un grosso lavoro precedente di consapevolezza, non potrebbero essere proposte in

regime di grande controllo corporeo e quindi di sicurezza per l’atleta.

Un’importante caratteristica di due classi di esercitazioni utilizzate in maniera continuativa

nel percorso rieducativo descritto (step up e affondi frontali) è la richiesta di concludere il

movimento attraverso una flessione plantare forzata e quindi sull’avampiede. Questa

richiesta è necessaria innanzitutto per allenare i muscoli estensori del ginocchio anche negli

ultimi gradi di estensione, e, secondariamente, per allenare importanti flessori della gamba,

i muscoli gastrocnemi.

Si evidenzia, in una prima fase rieducativa, un maggior carico di lavoro richiesto all’arto

infortunato, ma fin da subito anche il controlaterale ha ricevuto stimoli allenanti (si veda il

“diario rieducativo”).

Una sottolineatura particolare va fatta per l’attivazione ed il rinforzo della muscolatura glutea

fin dalle prime sedute fisioterapiche. D’accordo con il collega fisioterapista, si è intrapreso

un percorso iniziale analitico per rinforzare questo gruppo muscolare, essenziale per il

controllo stato-dinamico dell’arto inferiore in toto, per il ripristino del corretto controllo

dell’equilibrio in stazione eretta e di conseguenza, per il corretto ripristino dello schema

motorio del cammino e della corsa.

Successivamente, attraverso il controllo statico della stazione eretta in appoggio

monopodalico (es.propriocezione con resistenza elastica) l’atleta si è trovato a dover

attivare correttamente la muscolatura in questione affinché potesse trovare e mantenere la

corretta posizione per effettuare tale esercizio. In una fase successiva si è richiesto il

controllo della stazione eretta in condizioni dinamiche ed infine esplosive (Meuffels et al.

2012).

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116

Circa la scelta degli esercizi globali, in un interessante lavoro è stato evidenziato come sia

lo step up l’esercizio che attiva maggiormente il grande gluteo durante la fase concentrica

dell’esercizio e l’affondo sia l’esercitazione che risulta stimolare maggiormente tale muscolo

durante la fase eccentrica. Lo step up potrebbe avvicinarsi alla coordinazione specifica della

fase di contatto, fase in cui il grande gluteo lavora in sinergia con gli ischio-crurali per

l’estensione dell’anca. In altri lavori ancora più recenti, in cui sono stati confrontati i risultati

elettromiografici ottenuti durante lo step up e durante lo squat monopodalico, si è giunti ad

affermare che quest’ultimo sollecita maggiormente l’intera catena cinetica posteriore,

facendo presupporre che lo squat monopodalico sia da preferire quando si vuole ricercare

un’adeguata e specifica coordinazione intermuscolare.

Circa l’attivazione selettiva del grande gluteo bisogna poi rifarsi a lavori che hanno

confrontato squat monopodalico, affondo e step up: secondo tali studi il grande gluteo è

attivato più efficacemente dallo squat monopodalico, seguito da affondo e da step up,

nell’ordine. Secondi gli Autori, questa potrebbe rappresentare concretamente una

progressione di carichi, per adattare in modo graduale gli atleti a sollecitazioni sempre

maggiori e più articolate al distretto del grande gluteo (Sannicandro e Traficante 2014).

Infine, ma non per importanza, va sottolineato il tempo dedicato durante il percorso

rieducativo alle esercitazioni di core stability. E’ di fondamentale importanza ripristinare un

adeguato controllo dei muscoli dell’anca e del tronco, essi hanno infatti il duplice obiettivo di

stabilizzare e trasferire la forza verso gli arti durante i vari movimenti con l’ulteriore funzione

di migliorare la tecnica esecutiva durante gli esercizi con sovraccarico e di prevenzione degli

infortuni. Come per tutti gli altri gruppi muscolari si è creata una progressione di lavoro,

progredendo con la difficoltà giocando con i parametri di tempo e con gli appoggi al suolo

consentiti.

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

117

Importanza della muscolatura antagonista nella stabilità del ginocchio e del lavoro

eccentrico

L’importanza dei muscoli ischio-crurali è già stata sottolineata nei paragrafi precedenti.

Svolgono un’importante funzione stabilizzatrice del ginocchio, opponendosi alla traslazione

anteriore di tibia; lavorano in sinergia in particolar modo con il gluteo e gli erettori spinali

(durante l’estensione dell’anca) e con i muscoli gastrocnemio, sartorio e gracile (durante la

flessione del ginocchio); durante la corsa svolgono diverse funzioni, appena il piede

appoggia al suolo, si contraggono insieme ai muscoli anteriori di coscia per stabilizzare

l’articolazione del ginocchio e nella fase successiva in cui il piede è in appoggio permettono

l’estensione dell’anca e quindi l’avanzamento del corpo. Entrando nel merito dei movimento

sport-specifici del calciatore, si sottolinea che le alte velocità richieste, gli arresti improvvisi,

le ripartenze, i repentini cambi di direzione e le azioni tecnico-specifiche ad alta velocità,

espongono questo distretto muscolare ad un alto rischio di lesione.

Nel caso specifico dell’atleta in esame, parte del tendine del muscolo gracile e del muscolo

semitendinoso sono stati prelevati per ricostruire il LCA lesionato.

Tutti queste considerazioni sommate, portano ad avere grossa considerazione ed

attenzione al ricondizionamento dei muscoli flessori della gamba.

Fin da subito si è lavorato analiticamente, soprattutto in modalità eccentrica lenta, con

esercitazioni manuali, proposte per entrambe le funzioni principali dei muscoli flessori di

gamba, l’estensione di coscia e la flessione di gamba.

Un protocollo formato da tre esercitazioni è stato introdotto nella prima fase rieducativa

terrestre, i lenghtening excercises: extender, diver e glider. Questi tre esercizi vengono svolti

a bassa intensità, si sono dimostrati utili per il recupero dell’atleta infortunato agli hamstring.

Il primo è un esercizio di stretching dinamico mentre gli altri due sono delle esercitazioni

utilissime per riprodurre le condizioni che si verificano durante l’ultima fase di contatto del

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

118

piede e quella in cui inizia l’estensione dell’anca, magari con una lieve inclinazione del busto

in avanti che ne accentua il carico sugli hamstring (Sannicandro e Traficante 2014).

Per variare lo stimolo allenante si è utilizzata anche la resistenza manuale ed anche

l’attrezzo isotonico leg curl, eseguendo la flessione di gamba monopodalica contro

resistenza. Un esercizio, con tutte le sue varianti, essenziale per l’allenamento sinergico

degli ischio-crurali e dei glutei è il ponte, evoluto in un secondo momento nell’esercizio fitball

per flessori.

Esercizio eccentrico per gli hamstring molto importante è il nordic hamstring excercise con

modifica Bisciotti, ovvero inserendo una partenza con gli arti inferiori flessi passivamente e

contatto natiche-calcagni, per poi estendere l’anca e, nella seconda parte dell’esercitazione,

attivare eccentricamente gli hamstring frenando la caduta del tronco. Questa esercitazione

porta ad un miglioramento del controllo della muscolatura flessoria della gamba durante una

contrazione eccentrica (Delahunt et al. 2016), mentre un programma di esercizio

caratterizzato da contrazioni eccentriche degli hamstring è efficace nella prevenzione degli

infortuni muscolari di questo gruppo muscolare (Goode et al. 2015).

Non appena possibile si è poi passati a svolgere esercitazioni a CCC, come detto nel

paragrafo precedente, nelle quali si ha un’attivazione sinergica della muscolatura

estensoria, flessoria della gamba, dei glutei e degli adduttori

A tal proposito, l’affondo sembra essere l’esercizio che sollecita, oltre il muscolo grande

gluteo, anche gli ischio-crurali in maniera considerevole durante la sua fase eccentrica.

Pertanto, alla luce delle evidenze in letteratura, si potrebbe ipotizzare che l’affondo possa

essere un mezzo utile a sollecitare, nella corretta attivazione funzionale, l’intera catena

cinetica posteriore (hamstring e gutei) durante la fase eccentrica. Risulta, peraltro, molto

simile da un punto di vista coordinativo alla fase terminale di oscillazione dell’arto nello

sprint, fase che espone gli ischio-crurali a forti sollecitazioni eccentriche, oltre che a

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

119

rappresentare un momento ad alto rischio lesivo. Pertanto si potrebbe inquadrare questo

esercizio in un’ottica sia preventiva sia prestativa.

Chiudendo l’analisi riguardo l’importanza della muscolatura degli hamstring, si cita un lavoro

di ricerca in cui si evidenzia il ruolo della fatica sulla risposta riflessa degli hamstring e la

traslazione postero-anteriore della tibia. Un decremento della risposta nell’attivazione di tale

muscolatura determina una riduzione della funzione neuromuscolare ed un aumento della

traslazione tibiale con conseguente aumento dell’incidenza degli infortuni al LCA (Behrens

et al. 2013).

Ampliando la visione riguardo all’importanza dell’esercizio eccentrico, un recente studio

scientifico afferma che un'associazione tra esercizio eccentrico ed allenamento

neuromuscolare porta al raggiungimento di outcames migliori in riabilitazioni in seguito ad

interventi di ricostruzione del LCA (Frizziero et al. 2014).

Una progressione di esercitazioni è stata struttura anche in questa direzione, partendo

dall’esercizio eccentrico lento per quadricipite con tutte le sue varianti, inserendo poi

l’esercizio step up + eccentrico lento ed infine aumentando considerevolmente la velocità

della contrazione eccentrica, l’esercizio squat eccentrico flash.

Riatletizzazione sport e ruolo specifica

L’ultima fase rieducativa, svolta sul campo di gioco, ha avuto come obiettivo quello di

ricondizionare dal punto di vista metabolico e tecnico l’atleta, affinché potesse tornare nel

gruppo squadra nella migliore condizione possibile.

Le progressioni intermittenti “a secco” e quelle a sfondo tecnico sono state proposte

inizialmente in maniera separata, non facendole coesistere all’interno di una singola seduta.

Successivamente, per aumentare il volume di lavoro e gli stimoli ricevuti in una singola

seduta riatletizzante, sono state ideate sedute caratterizzate dalle une e dalle altre

esercitazioni. Sono stati introdotti parallelamente, inoltre, esercizi coordinativi di rapidità per

sensibilizzare in maniera specifica l’appoggio dell’arto al suolo.

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

120

Da esercitazioni sport-specifiche metaboliche e tecniche, si è poi andati ancor più nello

specifico, attraverso la somministrazioni di esercitazioni ruolo-specifiche.

Le progressioni di lavoro sono arrivate fino all’esecuzioni di small sided game 1 vs. 1 prima

di restituire l’atleta al preparatore atletico della società calcistica di appartenenza.

Si sottolinea ulteriormente l’importanza di tale fase di lavoro, fase nella quale l’atleta rivive

tutti i movimenti specifici della disciplina sportiva, dapprima a velocità controllate e

successivamente a velocità simili a quelle di gara.

Programma preventivo post ritorno in squadra

Durante tutto l’iter rieducativo l’atleta è stato educato ad eseguire lavori di attivazione

propriocettivi, di controllo muscolare e di core stability per un totale di 15/20 minuti di lavoro,

prima dell’inizio degli allenamenti, con cadenza almeno trisettimanale.

La seduta viene ideata dal ragazzo, in base all’esperienza rieducativa vissuta, allo stato di

forma del momento, al giorno della settimana in cui ci si trova.

RISULTATI

L’atleta è stato riconsegnato allo staff 127 giorni dopo l’operazione chirurgica di ricostruzione

del LCA. Dopo 25 giorni dal ritorno in gruppo, dapprima svolgendo un lavoro differenziato

con il preparatore atletico e parte di lavoro con la squadra, ha effettuato la sua prima

presenza in una gara ufficiale con la Juniores Nazionale, giocando 45 minuti.

L’atleta ha concluso la stagione collezionando presenze nel campionato di IV divisione

senza subire alcun tipo di infortunio.

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

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11. CONCLUSIONI

Concludendo, il ragazzo in seguito al percorso rieducativo, è tornato alla pratica sportiva

agonistica 152 giorni dopo l’operazione. Va detto che il collega fisioterapista ed il sottoscritto

avrebbero atteso almeno 30 giorni ancora prima della prima gara ufficiale, causa vicissitudini

contrattuali si è deciso di far scendere in campo il ragazzo precocemente.

Ormai tutti i percorsi rieducativi post-ricostruzione LCA, con finalità sportive agonistiche,

sono molto più lunghi rispetto ai canonici 6 mesi rieducativi rispettati tempo fa.

L’alto numero di recidive ha spinto gli staff medici ad attendere maggiormente, anche il

doppio del tempo, dal momento che si afferma scientificamente che la sicurezza medica

che non avvenga una lesione recidiva, si ha al compimento del secondo anno post

chirurgico.

Ecco perché il ragazzo è stato sensibilizzato fin da subito a svolgere parte del percorso

individualmente, dapprima svolgendo lavori di recupero a casa, successivamente

educandolo a svolgere programmi preventivi post-ritorno in squadra anche ad apparente

raggiungimento dello stato di salute.

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

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12. DIARIO RIEDUCATIVO

5 NOV. 1h piscina 7 NOV. 1h piscina

Recupero schema motorio del cammino Esercizi per flex con cavigliere

Inizio rinforzo muscolare Affondi frontali + laterali

Esercizi propriocettivi Esercizi per schema cammino (+ pesi)

Valutazione: estens ione quas i completa; fless ione 90° Esercizio bicicletta

senza dolore; s tato infiammatorio: ginocchio ancora Idromassaggio

gonfio; buone sensazioni in ambiente acquatico

9 NOV. 1h piscina 12 NOV. 1h piscina

Esercizi per flex con cavigliere Esercizi per flex con cavigliere

Affondi frontali + laterali Affondi frontali + laterali

Esercizi per schema cammino (+ pesi) Esercizi per schema cammino (+ pesi)

Esercizio bicicletta Esercizio bicicletta

Idromassaggio Idromassaggio

Flesso-estensione arto dx con pesi e cav. galleggianti Lavoro per hamstring

Valutazione: sensazioni SEMPRE molto pos i tive Squat bipo alla scaletta 4x20

10 NOV: togl ie le s tampel le Accenno skip a un arto

Esercizi di propriocettività: 2 arti su tavolette

14 NOV. 1h piscina 16 NOV. 1h30' piscina

Esercizi per flex con cavigliere Esercizi per flex

Esercizi per quadricipite Squat bi e monopodalico

Affondi frontali + salto e atterraggio bipodalico Esercizi propriocettivi con palla e altri attrezzi

Esercizi propriocettivi con palla Skip a un arto (+ cavigliere e galleggianti)

Skip a un arto Andature per estensione e per flex

Idromassaggio Inizia IDROBIKE

Lavoro per hamstring

Squat bi e monopodalico alla scaletta

19 NOV. 1h piscina 21 NOV. 1h piscina

Esercizi per flex Esercizi per flex

Andature per estensione (in punta e sui talloni) Andature per estensione (in punta e sui talloni)

Propriocettività avanzata con tav + avanzamento Propriocettività avanzata con tav + avanzamento

Affondi frontali e laterali dopo jump Affondi laterali + gluteo

Lavori abdu-adduzione Affondi frontali

Squat bi e monopodalico 3x20 dx Squat bi e monopodalico 4x20 dx

Balzi mono + ruoto 90° + arresto 2x10 dx Lavori abdu-adduzione

Idrobike Idrobike

Stretching alla scaletta in flessione Idromassaggio

Valutazione: 120-130° fless ione attiva

A casa: extender 2x10xarto +

diver 2x8 (un giorno si e uno no) + esercizi

dati da fisioterapista

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23 NOV. 1h piscina 24 NOV. 1h palestra

Esercizi per flex 10' bike

Andature per estensione (in punta e sui talloni) Propriocezione

Propriocettività avanzata + palla Stretching in flessione

Affondi laterali + gluteo Leg press 0-45° mono dx 3x10 10kg 45'' rec.

Affondi frontali 4x andata-ritorno Glider 2x5xarto

Squat monopodalico 3x20 dx Pressa con elastico 0-45° dx 5x10 30'' rec.

Lavori abdu-adduzione Ecc.manuale flex 2x8

Idrobike 30' Squat bipodalico con elastico 0-45° 3x10 40'' rec.

Idromassaggio Adduttori ecc.manuale 2x10

Tricipiti leg press 3x12 20kg

Posture+ghiaccio

26 NOV. 1h palestra 28 NOV. 1h palestra

8' bike 10' bike

Propriocezione Propriocezione (30'' mono su skimmy, es.fitball)

Stretching in flessione Stretching in flessione

Leg press 0-45° mono dx 4x10 10kg 45'' rec. Leg press 0-45° mono dx 6x12 20kg 35'' rec.

Glider 2x5xarto Glider 2x8xarto

Leg curl dx 3x10 10kg 45'' rec. Leg curl dx 3x10 15kg 45'' rec.

Ecc.flex con elastico 2x10xarto+2x10 manuale sx Ecc.manuale flex 3x10 dx

Squat bipodalico con elastico 0-45° 3x10 40'' rec. Pressa con elastico 4x15 dx 30'' rec.

Step up 2x10 dx 50'' rec. Step up 3x12 dx 40'' rec.

Tricipiti leg press 3x12 20kg Tricipiti leg press 5x15 20kg

Posture+ghiaccio Posture+ghiaccio

30 NOV. 1h piscina 1 DIC. 1h30' palestra

Esercizi per flex 10' bike

Affondi con balzi (frontali+laterali) Propriocezione

Propriocettività avanzata + palla Stretching in flessione

Salti + arresti mono + rotazione Leg press 0-45° mono dx 5x12 30/40kg (3 serie 40kg)

Stretching in flessione Ecc.manuale flex 3x10 dx

Squat monopodalico 4x20 dx Step up 4x12 dx con 5kg 40'' rec.

Skip e calciata Leg curl dx 3x10 15kg 45'' rec.

Idrobike Squat bipodalico lento con 5kg 5x12

Idromassaggio Glider 2x10

Tricipiti leg press 5x15 30kg

Fitball per flex 2x10 bipo + 1x7 ecc.dx

Leg VMO 3x10

Adduttori ecc.manuale 2x10

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3 DIC. 1h30' palestra 4 DIC. 1h palestra

10' bike 10' bike

Propriocezione (BOSU squat bipo 3x12) Propriocezione

Stretching in flessione Stretching in flessione

Leg press 0-45° mono dx 6x12 40kg 40'' rec. Squat bipodalico 5x30''

Glider 2x10 Diver 2x10

Step up 5x12 dx con 6kg Leg press 0-45° mono dx 5x12 40kg

Leg curl dx 4x10 10kg 45'' rec. Leg curl dx 5x10 10kg (1a) 15kg 4x8

Leg VMO 4x10 40'' rec. Squat VMO 3x10

Fitball per flex 2x12 bipo + 2x8 ecc.dx Adduttori ecc. 3x8

Tricipiti leg press 5x15 30kg Glutei 5x30'' + 2x10 quadrupedia

Bike 4' Ponte 3x8

Note: 7 Dicembre: piscina individuale 45'

8 DIC. 1h30' palestra 10 DIC. 1h30' palestra

10' bike 10' bike

Propriocezione (3x15 bosu) Propriocezione

Stretching in flessione Stretching in flessione

Leg press mono dx 4x12 50kg Leg press mono dx 5x15 50kg rec. 40''

Ecc.manuale flex 3x10 dx + 2x10 sx Fitball per flex 3x10 bipo + 2x8 ecc.dx

Step up 6kg 4x10 Step up 8kg 5x10

Glider 2x8 Leg curl 2x10 15kg

Leg curl 3x8 15kg Leg VMO 5x10

Squat VMO 4x12 Diver 2x10

Ponte 3x12 Squat VMO 4x12 (ultime 2 2x15)

Leg VMO 5x10 Adduttori ecc.manuale 3x10

Tricipiti leg press 4x12 30kg Glutei 3x10 con elastico

12 DIC. 1h30' palestra 14 DIC. 1h30' palestra

10' bike 10' bike

Propriocezione Propriocezione

Stretching in flessione Stretching in flessione

Leg press mono dx 4x10 60kg rec. 40'' Leg press mono dx 5x12 60kg rec. 40''

Leg curl 5x12 15kg Fitball per flex 2x10 bipo + 3x8 dx ecc.

Propriocezione res.elastica 4x10 Step up 10kg 4x10 bilanciere

Glider 2x10 Flex con elastico ecc. 3x10

Step up 8kg 5x12 Squat VMO 4x15

Ecc.manuale per flex 3x10 dx + 2x10 sx Extender 2x10xarto

Leg VMO 6x12 Glutei 3x10 con elastico

Squat VMO 4x15 Leg VMO 6x12

Tricipiti 4x12 30kg Tricipiti 5x15 30kg

Valutazione: 1cm sotto gluteo sx=54.5cm dx=52cm Tapis roulant 8' 4.5km/h

1/2 coscia sx=52cm dx=49cm

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15 DIC. 1h30' palestra 18 DIC. 1h30' casa

10' tapis roulant 5km/h Propriocezione

Propriocezione Stretching in flessione

Stretching in flessione Squat VMO 5x15

Leg press mono dx 5x15 60kg Ecc.manuale flex 3x10 bipo + 2x10 dx

Leg curl 4x10 mono 20kg Propriocezione res.elastica 4x10

Step up 10kg 4x10 bilanciere Nordic 2x5

Glider 2x10 Leg VMO 6x12

Propriocezione res.elastica 4x10 + distrazione Fitball per flex 3x10 bipo

Leg press lenta 5x5 80-90-100-90-80kg Squat bipo 20libbre 5x12

Ecc.manuale flex 2x10 bi + 2x10 dx Glutei 4x10 con elastico

Adduttori ecc.manuale 3x10 Adduttori ecc.manuale 3x10

10' spinning Tricipiti 4x12 peso corporeo

19 DIC. 1h30' palestra 20 DIC. 1h30' palestra

10' tapis roulant 5.5km/h 10' tapis roulant 5.5km/h

Propriocezione Propriocezione

Stretching in flessione Stretching in flessione

Squat VMO 4x12 con 10kg Es.fitball 6kg 4x12

Glider 2x10 Fitball per flex 3x10 dx ecc.

Step up+ecc.lento 10kg 3x8 Leg press lenta 5x6 100kg

Leg curl 4x10 20kg Ponte 4x12

Leg press mono dx 4x12 70kg Leg ext. Dx 3'' 3x10 15kg

Propriocezione res.elastica 4x12 + colpo di testa Adduttori ecc.manuale 4x10

Leg VMO 4x15 Glutei 4x10 con elastico

Tricipiti 4x12 Leg VMO 4x15

15' spinning 15' spinning

Tapis roulant 5.5km/h 5'

22 DIC. 1h palestra 23 DIC. 1h30' palestra

10' ellittica 10' ellittica

Propriocezione (arresto mono front+lat su bosu) Propriocezione

Stretching in flessione Stretching in flessione

Squat VMO 5x12 con 10kg Ecc.manuale flex 3x12 bipo + 2x12 dx

Glider 2x10 Step up + ecc.lento 23kg manubri 4x10

Leg ext. 3'' 4x10 15kg Leg curl 4x10 20kg

Fitball per flex 3x12 bipo + 3x10 ecc.dx leg VMO 5x15

Propriocezione res.elastica 4x15 + colpo di testa Affondi frontali 4x10 ai cavi 15-10-5-0kg

Leg press mono dx 3x8 80kg Adduttori ecc.manuale 4x10

Tricipiti 4x15 Glutei 4x10 con elastico

10' spinning

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28 DIC. 1h30' palestra 29 DIC. 1h30' palestra

10' ellittica 10' tapis roulant 5.5 km/h

Propriocezione (arresti mono su trampolino) Propriocezione (arresti bosu 3x12+trampolino 4x12)

Stretching in flessione Stretching in flessione

Squat VMO 5x15 con 10kg Step up 4x10 con 25kg

Fitball per flex 2x10 ecc.mono dx + 2x8 mono dx Ecc.manuale flex 3x12 bipo + 2x12 sx

Leg press mono dx 5x12 70kg Ecc.lento 4x10 con 10kg

Glider 2x10 Leg curl 5x12 con 20kg dx

Leg ext. 3'' 4x10 15kg Affondi frontali 4x10 con 4kg

Propriocezione res.elastica 4x15 + testa Squat VMO 5x10 con 15kg

Spinning 15' Tricipiti 5x15

Leg press bipo lenta 4x5 con 110kg

IT spinning 8' 30-30

2 GEN. 1h30' palestra 3 GEN. 1h30' palestra

8' spinninig 8' tapis roulant 5.5km/h 5-7%

Propriocezione (trampolino 4x12+bosu4x12) Propriocezione

Stretching in flessione Stretching

Step up 5x10 + sulle punte 25kg 1a stazione x2 (affondi res.elastica x12 con 6kg+

Leg curl 3x8 25kg dx Step up 30kg x10)

Affondi front. 2x10 6kg + 2x10 res.elastica Spinning 3'

Fitball x flex 3x10 ecc.mono + 2x10 dx 2a stazione x2 (squat mono 6kg x10+

Leg press mono 3x8 dx 80kg Squat VMO castello 20+20kg x10)

Adductor machine 4x10 30kg Spinning 3'

Squat mono con elastico 4x10xarto 3a stazione x2 (fitball x flex bipo x12+

Tricipiti 4x12xarto castello 10+10kg Fitball x flex dx x10)

Es. su fitball 4x10 8kg Spinning 3'

Leg ext. 3'' 3x10 20kg Ripetizione di tutto il circuito

Ellittica 5' 10' core stability

5 GEN. 1h30' palestra 7 GEN. 1h30' palestra

8' tapis roulant 5.5km/h 6.5% 8' tapis roulant 6km/h 7%

Propriocezione Propriocezione

Stretching in flessione Prop. Pliometria (arresti bipo 4x12 - mono dx 3x10)

Prop. pliometria (arresti bipo 2x12 - mono dx 1x10) Squat VMO 5x15 15kg

Leg press mono dx 4x10 80kg Fitball x flex 4x15

Leg curl dx 4x10 25kg Affondi 3x12 front + 2x10 lat.

Leg ext. 3'' 4x10 20kg dx Glider 2x12xarto

Adductor machine 4x15 30kg Ecc.lento 3x10 15kg

Leg press lenta 5x5 110kg Ecc.manuale flex 3x10xarto

Leg press mono ecc. 3x10 dx 40kg Squat mono dx 4x12

Ponte x flex 4x15 Affondi res.elastica 8kg 2x12 + 2x12 con rotazione

Tricipiti 15+15kg castello 4x12xarto Adduttori ecc. 2x10 + 2x10 decubito laterale

IT 10' 30-30 spinning IT spinning 5' 30-30 + 5' 45-15

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

127

9 GEN. 1h30' palestra 11 GEN. 1h30' palestra

8' ellittica 5' tapis 9km/h

Propriocezione Propriocezione

Stretching Stretching

Prop.pliometria (3x10 mono xarto) Prop.pliometria (2x10xarto con rot. 90°)

Leg press mono 3x8xarto 90kg 3' tapis 10km/h

Leg curl 4x12xarto 25kg (sx con 15kg) 1a stazione x2 (leg ext. 3'' x12xarto 20kg +

Step up + ecc.lento 4x8 20kg dx affondi res.elastica rot. x10xarto 8kg)

Ponte 4x15 3' tapis 10km/h

Affondi res.elastica 3x12xarto 10kg + 3x12 dx rot.6kg 2a stazione x2 (leg press mono x10xarto 90kg +

Squat mono res.elastica 4x10 dx squat mono res.elastica x12xarto)

Run 8' 9km/h 3' tapis 10km/h

3a stazione x2 (leg curl x12xarto 20kg +

fitball x flex mono x10xarto)

Ripetizione circuito

5' tapis roulant 10km/h

12 GEN. 1h30' palestra 14 GEN. 1h30' palestra

8' tapis roulant 10km/h 8' spinning

Propriocezione Propriocezione

Stretching Stretching

Prop.pliometria (3x10xarto con rot. 90°) Leg press arresto bipo con 60kg 3x10

Leg press mono 4x10xarto 90kg Squat VMO 4x12 20kg

Leg curl 5x10xarto dx 25kg sx 20kg Adductor machine 4x10 35kg

Step up + ecc.lento 4x10xarto 25kg Glutei 4x12 (3 modalità)

Fitball x flex 4x15 Tapis 10' 30'' 8km/h - 30'' 12.5km/h

Squat mono res.elastica 4x10 dx 8kg Leg ext. 3'' 4x12 20kg

Affondi res.elastica 10kg + punta 4x10 dx Prop.res.elastica 4x15 + testa

Leg press mono ecc. 3x10xarto 50kg Adduttori ecc.manuale 3x10

Adductor machine 3x10 35kg Bike 5'

Adduttori ecc.manuale 3x10 Tapis 10' 40'' 7km/h - 20'' 13.5km/h

Tricipiti castello 4x10xarto 20+20kg

Tapis 10' 30'' 8km/h - 30'' 11.5km/h

15 GEN. 1h30' palestra 16 GEN. 1h30' palestra

5' tapis 10km/h 5' tapis 10km/h

Propriocezione Propriocezione

Stretching Arresti mono 2x10xarto rot.90°

Arresti mono + palla 3x10xarto 1a stazione (squat bipo skimmy 1x15 +

Affondi 3x10xarto 20kg squat mono res.elastica 1x12 + fitball x flex 1x12xarto)

Squat mono res.elastica 5x10xarto 10kg 3' tapis 11km/h

Ponte 3x12xarto 2a stazione (affondi frontali 1x15 6kg +

Leg press mono 4x12 dx 90kg affondi laterali 1x12 6kg + fitball x flex 1x15)

Tricipiti castello 4x15xarto 20+20kg 3' tapis 11km/h

Leg press mono ecc. 3x12xarto 50kg 3a stazione (step up 25kg 1x12 + ecc.lento 10kg 1x10 +

Tapis 10' 40'' 9km/h - 20'' 14km/h ponte x flex 1x12xarto)

IT spinning 10' 40-20 (fuori sella) 3' tapis 11km/h

Core stability 10'

Ripetizione circuito

10' spinning

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128

18 GEN. 1h30' palestra 19 GEN. 1h30' CAMPO

8' tapis 10km/h 10' spinning

Stretching + extender 2x10xarto Stretching + andature

Propriocezione Propriocezione

Arresti mono 3x10xarto IT 8' 30-10 4' rec. Lavoro su arresti mono+palla

Leg ext. 3'' 4x10 25kg dx IT 8' 30-10 6' rec. Tecnica di base a coppia

Squat VMO 4x15 20kg IT 8' 30-5 rec. Spostamenti laterali

Leg curl 3x10xarto 25kg Note: ottime sensazioni. RPE: 4/5

Ponte 10kg 3x10xarto

Leg press lenta 5x5 120kg

Tricipiti castello 25+25kg 4x12xarto

Prop.res.elastica 3x15xarto + palla

Adductor machine 4x10 35kg

Tapis 10' 40'' 8km/h - 20'' 15km/h

Note: vasto med. e lat. Dx un po’ deficitari!

21 GEN. 1h30' CAMPO 23 GEN. 1h30' CAMPO

8' spinning 8' spinning

Andature Andature

Propriocezione Propriocezione

Squat VMO 4x15 20kg Step up 4x10xarto 15kg

Leg ext. 3'' 4x12 25kg dx Fitball x flex mono 3x10

Leg curl 1x10 bipo 5kg + 3x8xarto 5kg Ecc.lento 3x10xarto 10kg

Leg press mono ecc. 3x8 50kg Ponte mono 10kg 3x10xarto

IT 8' 25-15 4' rec. Tecnica analitica sul posto Squat mono res.elastica 4x10 dx 5kg

IT 8' 30-5 6' rec. 7mx4 conduzione (3' lavoro 1'30'' rec.) Affondi res.elastica 3x10xarto 5kg

IT 8' 30-5 + tecnica analitica e gestione della palla Tecnica bassa intensità 30'

RPE: 7

25 GEN. 1h30' palestra 26 GEN. 1h30' CAMPO

8' tapis roulant 10km/h 8' spinning

Propriocezione Andature

Squat jump su step bipo 2x10 Propriocezione

Leg press mono conc + ecc.bipo 40kg 3x8xarto Run in curva 5x50m

Leg press 3x10 150kg Arresto bipo gradone 2x10 + 1x10 saltello succ.

Glider 2x10xarto IT 25-15 8' rec. Stop controbalzo + giocata al volo

Leg ext. 3'' 5x10 25kg dx IT 25-15 8'

Leg curl 4x12xarto 25kg Rec. jump dx 2x8 + arresto bipo + giocata (SABBIA)

Affondi laterali res.elastica 6kg 4x10xarto IT 20+20m 10-20 6'

Ecc.manuale flex 2x10xarto Tecnica analitica in movimento

Trcipiti 4x12xarto castello 25+25kg Note: primi 2 IT gira in 20''

Glutei 4x12xarto con elastico Allenamento svolto interamente su sintetico

10' tapis 40'' 10km/h - 20'' 16km/h

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28 GEN. 1h30' CAMPO 30 GEN. 1h30' CAMPO

8' spinning 5' spinning

Run curva 5x100m Run curva 6x100m (+strette)

Andature Propriocezione

Propriocezione Andature

Squat VMO 5x12 20kg 1a stazione (step up+ecc.lento 20kg x8 +

Leg ext. 3'' 4x12 25kg dx + 2x12 sx fitball flex mono x10 + affondi res.elastica 8+8kg x10)

Leg press mono ecc. 3x8 70kg Tecnica+spostamenti laterali e frontali

Leg press mono conc. 3x5 50kg 2a stazione SABBIA (jump mono-arresto mono 2x5 +

Leg curl 3x10xarto 5kg jump bipo-arresto mono 2x10 +

Nordic mod. 3x8 discesa gradone bipo-jump-arresto mono x5xarto)

Ecc.flash flex 2x8xarto Tecnica+spostamenti laterali e frontali

IT 20-20 8' 3a stazione (affondi lat. res.elastica 5kg x10 +

Rec. tecnica+spostamenti lat.+conduzione indietro ponte flex 5kg x10xarto +

IT 12-8 8' (quasi sempre in 10'') squat mono res.elastica 10kg x10)

Rec.tecnica media intensità 10' Tecnica+spostamenti laterali e frontali

Tecnica analitica+palleggio Tecnica media intensità 24'50''

Note: buonissime sensazione anche nei CdD

1 FEB. 1h30' palestra 2 FEB. 1h30' CAMPO

8' tapis roulant 10km/h 8' spinning

Propriocezione Andature

1a stazione x2 (SJ bipo-arresto mono step 5kg x10 Propriocezione

Step up 25kg x10 + nordic mod. x8) Run in curva 4x50m + 4x50 CdD bassa intensità

3' Tapis 12km/h SJ mono - arresto bipo x10xarto+giocata

2a stazione x2 (jump mono-arresto bipo 5kg x10 + IT 12-8 8'

Affondi res.elastica rot. 8kg x10 + Rec. SJ bipo-arresto mono res.elastica 2x5+palleggio

Fitball x flex mono x12) IT 20-20 + curva 8'

3' tapis 12km/h Rec. SJ mono-arresto mono 2x5+palleggio

3a stazione x2 (jump mono-arresto mono x5 + IT 10-10 20+20m CdS 6'

Squat VMO 12+12kg x10 + flex elastico prono x12) Trasmissione 20-30m-dopo controllo e slalom

3' Tapis 12km/h Colpi di testa su sintetico con salto

Core stability Note: misurazione zona sottoglutea 54 dx - 54.5 sx

Ripetizione circuito 1/2 coscia 51.5 dx - 52 sx

RPE: 6.5

4 FEB. 1h30' CAMPO 6 FEB. 1h30' CAMPO

8' spinning - andature - propriocezione 5' spinning - andature - propriocezione

2x (affondi res.elastica 8+8kg x12 + (leg press mono 70kg x12 + leg ext. 25kg x12 +

squat res.elastica 10kg x10 + SJ gradone x8) leg curl 5kg x12)

2x (nordic mod.x8 + ponte flex mono 10kg x10 + (SJ mono 2x5xarto + SJ bipo-arresto mono 2x5xarto +

flex elastico prono x12) discesa gradone-jump-arresto mono-colpo di testa x5)

2x (affondi laterali 8kg x10 + tricipiti calf machine x15 (Squat mono res.elastica 5kg x12 + affondi lateralix12

tricipiti 10+10kg x10) ecc.manuale flex x12)

Rapidità 10/15m over-scalette Run curva 4x40m + 4x40m CdD + 4x40m giro dorsale

Run curva 3x50m Tecnica alta intensità 25m

IT 6' 20-10 con CdD con palla 3' e 3' senza 25x25m 6' 30-30 con lancio di 30m

Tecnica bassa intensità 2x5' IT palla 20-5 3'

IT 6' 20+20m 10-10 con palla RPE: 7 allenamento svolto interamente su sintetico

Controllo-giocata 30/40m in anticipo 10' RPE: 6

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8 FEB. 1h30' palestra 9 FEB. 1h30' CAMPO

8' tapis roulant 10km/h 8' spinning - propriocezione - andature

Propriocezione Tecnica analitica bassa intensità in movimento

1a stazione x2 (SJ-arresto mono step 5kg x10 rot.90° Run curva 4x50m + 4x50m CdD

Step up+ecc.lento 25kg x10 + nordic mod. x8) 5 x 6 SJ mono - arresto mono + allungo

3' Tapis 13km/h IT 8' 10-15

2a stazione x2 (SJ mono-arresto bipo 5kg x10 rot.90°+ Lavoro su salti+arresto

Affondi res.elastica rot. 8kg x10 + IT 8' 10-15

leg curl 35kg mono ecc. x8 dx-sx-dx) Lavoro su salti+arresto

3' tapis 13km/h IT 6' 20-20+10-10

3a stazione x2 (jump mono-arresto mono x5 + Trasmissioni in movimento 20-30m

S. VMO 12+12kg x10 + flex elastico prono x12 dx-sx-dx) 1vs1 passivo subito e attivo fatto

3' Tapis 13km/h RPE: 7

Core stability

Ripetizione circuito solo x1

11 FEB. 2h CAMPO 13 FEB. 2h CAMPO

8' spinning - andature - propriocezione 5' spinning - propriocezione - andature

2x (affondi res.elastica 8+8kg rot. x12 + 2x (SJ mono-colpo di testa x5 +

squat res.elastica 10kg x10 + SJ gradone x10) SJ bipo arresto mono x5 + pliometria-arresto mono x5)

2x (nordic mod.x8 + flex elastico prono dx-sx-dx x10 + 2x(SJ in lungo mono arresto mono x5 +

ecc.manuale x12) SJ bipo-arresto mono 3kg x8)

2x (affondi laterali 8kg x10 +SJ mono-colpo testa x10 4x50m 6arresti+allungo - 4x40m giro dorsale

tricipiti 10+10kg x12) Tecnica analitica alta intensità

Rapidità 10/15m over-scalette Tecnica alta intensità 25'

Rapidità 10/15m over-scalette + giocata/1vs1 Rapidità + CdD-CdS-1vs.1-calcio

Run 4x40m in curva IT con palla intensi 5'

Run CdD media intensità 4x40m Esercitazioni per ruolo cross-calcio 10'

IT 6' 20-10 con CdD con palla 6' 25x25m RPE: 7.5

Tecnica media intensità slalom + progressione

IT 6' 20+20m 10-10 con palla

Tecnica media intensità slalom + calcio

IT 6' 10-20 40m con palla

15 FEB. 1h30' palestra 18 FEB. 1h30' CAMPO

8' tapis roulant 10km/h 8' spinning - andature - propriocezione

Propriocezione 2x (affondi res.elastica 8+8kg rot. x12 +

1a stazione x2 (step up jump 5kg x10 + squat res.elastica 10kg x10 + SJ gradone x12)

Step up+ecc.lento 25kg x10 + nordic mod. x8) 2x (nordic mod.x8 + flex elastico prono dx-sx-dx x10 +

3' Tapis 13km/h ecc.manuale x12)

2a stazione x2 (SJ mono-arresto bipo 5kg 90° x10+ 2x (affondi laterali 8kg x10 +SJ mono-colpo testa x10 +

Affondi res.elastica rot. 8kg x10 + tricipiti 10+10kg x15)

fitball x flex x12 dx-sx-dx) Rapidità 10/15m over-scalette

3' tapis 13km/h Movimenti con palla-1vs.1 subito e fatto passivo

3a stazione x2 (jump mono-arresto mono x5 + 6 Arresti mono 4x40m in curva+ CdD 4x40m

S. VMO 12+12kg x12 + flex elastico prono x12 dx-sx-dx) Rapidità 10/15m over-scalette + giocata/1vs1

3' Tapis 13km/h Tecnica media intensità CdD

Core stability IT 6' 20+20m 10-10 con palla

Ripetizione circuito x1 Tecnica media intensità slalom + calcio

IT 6' 10-20 40m con palla

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

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Ringraziamenti

Difficile capire da chi iniziare con i ringraziamenti. Il percorso universitario ha visto

un’enorme metamorfosi del sottoscritto. Gli insegnanti che ho avuto la fortuna di conoscere

durante l’iter universitario, i compagni di viaggio, la scoperta di una fantastica materia di

studio, tutti questi fattori hanno reso questa avventura davvero importante.

Inizio quindi ringraziando il Professor Alberti senza il quale la realizzazione di questa tesi

non sarebbe stata possibile, la sua disponibilità in ogni circostanza è sicuramente meritevole

di citazione. Il suo fedele collaboratore Dottor Gabriele Boccolini, “Gabri” che nonostante un

dolce arrivo ha trovato il tempo per seguirmi in ogni passo per la stesura del lavoro di ricerca.

Ringrazio tutti i compagni che hanno condiviso il mio vissuto universitario, scegliendo il mio

stesso percorso. Due persone su tutte vanno menzionate, Dani e Tommy, prima compagni

di giornate milanesi e poi amici veri nella vita di tutti i giorni.

Volente o nolente l’impegno universitario ha tolto tempo da utilizzare e condividere con altre

persone importanti della mia vita: gli amici di sempre, la famiglia e il mio Amore.

Nonostante questo, tutti loro ci sono sempre stati, a loro modo mi hanno sostenuto ed

incitato affinché un grande obiettivo potesse essere raggiunto nel migliore dei modi.

Mark, Nak e Andre sono sempre riusciti, anche nelle nostre rare uscite a farmi divertire

nonostante le scadenze universitarie e gli impegni lavorativi, facendo in modo che la qualità

delle nostre sortite fosse sempre altissima, al contrario della quantità.

Senza la mia famiglia tutto questo non sarebbe potuto essere possibile. Ci sono stati degli

imprevisti durante il percorso ma se sono qui oggi, gran parte del merito è sicuramente dei

miei familiari.

Mi hanno sempre assecondato nelle mie scelte fin dalla prima, mi hanno aiutato nei momenti

di difficoltà infondendomi tanta autostima e tanta forza, mi hanno festeggiato nei momenti

felici, sono stati, sono e saranno sempre fondamentali. Quindi grazie mamma e papà

(soprattutto per gli ultimi mesi e voi sapete il perché), grazie Gio e Evelyn che con la potenza

della neve mi avete fatto vivere giornate spensierate e grazie a tutto il resto della famiglia

per avermi vestito in questa importante occasione! Grazie, ovviamente a Beppe, rivelatosi

fotografo molto professionale! Siete tutti importantissimi e voglio che lo sappiate.

Grazie all’amico e grande professionista fisioterapista Bruno, che ha condiviso

professionalmente con me questo lavoro.

Infine grazie a Te. Sappiamo entrambi che il più grosso e bel cambiamento è avvenuto in

seguito a quel fatidico venerdì. Sei stata, sei e, spero, sempre sarai la mia compagna di

viaggio. I tuoi consigli spassionati, l’energia che siamo stati in grado di trasferirci in questi

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Rieducazione funzionale post-ricostruzione LCA del calciatore semi-professionista

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anni, le ambizioni, i sogni, i progetti. Tutto ha il tuo sapore, in tutte le cose fatte c’è il tuo

segno indelebile. Questo traguardo è davvero in buona parte tuo. Senza te sicuramente non

avrei fatto il percorso in questo modo, senza te forse non sarei nemmeno arrivato al

traguardo finale. Sei semplicemente essenziale.

GRAZIE.