Riconoscimento delle tecniche fotografiche antiche di cosa? Riconoscimento dei procedimenti di...
Transcript of Riconoscimento delle tecniche fotografiche antiche di cosa? Riconoscimento dei procedimenti di...
Cattedra di Teoria e Tecniche della Fotografia
Riconoscimentodelle tecniche fotografiche antiche
Federico D’Alessandro
Roma, dicembre 2007
BENE CULTURALESi intendono "beni culturali" quelli che compongono il patrimonio storico, artistico,
monumentale, archeologico, archivistico e librario che costituisconotestimonianza avente valore di civiltà.
Nello specifico, la fotografia solo di recente ha assunto valore documentale a supporto delle tradizionali fonti scritte.
TUTELAAzioni volte a: - Conoscere
- Individuare- Proteggere- Conservare
CONSERVAZIONE- Manutenere- Restaurare
Tre parole chiave
Conservazione delle opere
Quando mi occupo di conservazione fisica delle opere devo:
conoscere:la struttura delle operei materiali (fisico-chimici) di cui sono composte
analizzare:i risultati ottenuti da ciascun artista.
Conservazione e riconoscimento
Diversi materiali di supporto vetro, metalli, carte, ceramica, avorio …
Diversi strati sensibili Sensibili all’argento, ferro, platino …
Diversi trattamenti di finitura materiali inclusi in sostanze leganti a base di amido, albumina, collodio, resine
Il compito del restauratore di fotografia non è facile!
Rapida evoluzione dei mezzi di ripresa
Negativi diversi, per formato-supporto ecc.., che devono relazionarsi con diverse tecniche di stampa
Il compito del restauratore di fotografia non è facile!
Conservazione e riconoscimento
Il compito del restauratore di fotografia non è facile!Il compito del restauratore di fotografia non è facile!
Volontà dei fotografiA volte gli autori hanno utilizzato o inventato procedimenti di imitazione, con lo scopo di rendere delle opere simili ad altri piùapprezzate o meglio conosciute.
Esempi:
- gli ambrotipi somigliavano ai dagherrotipi
- i ferrotipi agli ambrotipi
- le stampe al carbone alle stampe argentiche all’albumina
- le emulsioni alla gelatina-bromuro d’argento virate al platino alle platinotipie
Riconoscimento: indicazioni generali
1. Quando si esaminano gli originali, maneggiarli con cura e indossare guanti di filo
(in mancanza di guanti prenderli lungo i bordi evitando di toccarne la superfici:
le mani, infatti, e in particolare le impronte digitali sono ricoperte da uno strato
di sostanze grasse che trasmettono alle immagini impurità, polvere …
2. Preparare un ambiente di lavoro adatto, ricoprendo il piano con un cartone neutro.
3. Utilizzare, se possibile, l’illuminazione naturale oppure un illuminatore a fibre
ottiche che permette di orientare la luce.
4. Dotarsi di una lente di ingrandimento (tra 10x e 30x)
Riconoscimento: di cosa?
Riconoscimento
dei procedimenti di ripresa Procedimenti a uno stratoCarta salata
Stampa al platino e al palladio
Procedimenti a due stratiCarta albuminata
Tecnica di stampa al carbone (o ai pigmenti)
Stampa alla gomma
Procedimenti agli inchiostri grassi
Resinotipia
Procedimenti a tre stratiCarte alla gelatina e sviluppo
Carte alla gelatina e al collodio ad annerimento diretto
Tecniche fotomeccanicheCollotipia
Fotoincisione
Woodburytipia
Dagherrotipo (unicum)
Calotipo
Collodio umido
Ambrotipo (positivo)
Ferrotipo (positivo)
Gelatina ai Sali d’argento
Riconoscimento delle tecniche di stampa
La creazione del negativo
ESPOSIZIONE ALLA LUCELa luce provoca un’alterazione molecolare dell’argento
che non è immediatamente visibile.
IMMAGINE LATENTENelle zone colpite dalla luce si iniziano a formare atomi di
argento.
SVILUPPOL’argento diventa via via visibile.
ARRESTOdello sviluppo
FISSAGGIOL’argento non colpito dalla luce viene trasformato in composto solubile.
LAVAGGIO e ASCIUGATURAI composti solubili vengono eliminati
Dagherrotipi (unicum)
PERIODO
ORIGINE
CONTESTO D’USO
Prendono il nome dal suoinventore: Louis JacquesMandè Daguerre
PARTICOLARITA’
Uso più comune fu nel ritratto, ma non mancano le vedute e le riproduzioni di opere d’arte
La dagherrotipia dura circa un ventennio.
Limite: era esemplare unico e non riproducibile.Pregio: non ha bisogno di stampa.
Da punto di vista commerciale di diffusione il dagherrotipo fu una sorta di Polaroid.
1839-1855/60
Da Gilardi, 2000 p. 359
Dagherrotipi, 1839-1855/60
REALIZZAZIONE Si lucidava a specchio la lastra e la si puliva per eliminare
grasso e residui di lavorazione.
Si poneva la lastra in un contenitore sul cui fondo era posta
una sostanza che emanava vapori di iodio.
Lo iodio si combinava con l’argento della lastra; si formava
ioduro di argento, la lastra cambiava colore diventava gialla
e sensibile alla luce.
La lastra si inseriva nella macchina da presa e si esponeva per
svariati minuti. Dopo l’esposizione alla luce l’immagine non era
visibile ma latente.
Per rendere visibile l’immagine occorreva inserirla in un altro
contenitore dove sul fondo era presente un piccolo
quantitativo di mercurio, veniva scaldato e i vapori che si
andavano a depositare solo sulle zone colpite dalla luce, in
maniera proporzionale alla quantità di luce ricevuta.
rame
argento
MercurioIoduro d’argento
Dagherrotipi, 1839-1855/60
REALIZZAZIONE Il mercurio si lega all’argento formando un amalgama
biancastro che contrasta con la zona perfettamente lucida
della lastra non esposta.
Lo ioduro di argento ancora presente sulla lastra veniva
stabilizzato inizialmente immergendo la lastra in una
soluzione di cloruro di sodio, dal 1840 in una soluzione di
iposolfito di sodio, e lavandola in acqua distillata.
Il dagherrotipo veniva posto ad asciugare.
L’immagine è così formata da microscopiche particelle di
mercurio sulla superficie lucidata.
rame
argento
MercurioIoduro d’argento
Dagherrotipi, 1839-1855/60
1. Si presentano su una lastra di metallo (rame argentato) le cui
dimensioni più comuni sono frazioni della lastra intera (16x21):
½, ¼, 1/6.
2. A seconda della posizione dell’osservatore, quindi
dell’inclinazione della lastra, appaiono positivi o negativi.
COMERICONOSCERLI
Da Scaramella, 2003 TAV II
Dagherrotipi, 1839-1855/60
3. Sono sempre montati in astucci, spesso a forma di libretti, o in
montature adatte per essere poggiate, appese o portate con sé..
COMERICONOSCERLI
Da Scaramella, 2003 TAV II - III
Dagherrotipi, 1839-1855/60
4. Prima del montaggio, venivano spesso colorati con pigmenti
che erano di protezione all’immagine.
5. Il montaggio sotto vetro oltre a motivi decorativi ha lo scopo
di proteggere l’originale dall’azione dell’aria e dell’umidità.
Ricordiamo che un oggetto d’argento esposto all’aria si
imbrunisce.
L’immagine mostra i danni subiti dopo una lunga
esposizione in una montatura rotta.
COMERICONOSCERLI
Da Scaramella, 2003 TAV I
Calotipi
PERIODO
ORIGINE Inventato da William Henry Fox Talbot
PARTICOLARITA’ Primo procedimento di ripresa basato sul sistema negativo-positivo.
Possiamo dire che è il progenitore del moderno negativo fotografico, con la differenza che il supporto del calotipo è in cartone mentre il moderno negativo è in pellicola trasparente.
I calotipi sono molto stabili anche perché la carta utilizzata era di alta qualità e di bassa grammatura (il ridotto spessore abbreviava il tempo di stampa e favoriva il lavaggio finale per eliminare sostanze residue)
1840-1855/60
Calotipi, 1840-1855/60: realizzazione del negativo
Foglio di carta trattato con ioduro di potassio e nitrato d’argento
Nitrato d’argento e acido gallicoPRIMA
DELL’ESPOSIZIONE RISENSIBILIZZO
DOPO L’ESPOSIZIONE
Nitrato d’argento/acido gallico
PREPARAZIONE DEL SUPPORTO
CARTA
Esposizione al calore
FISSAGGIO Soluzione di ipolsofito
Possibilità di avere delle scorte
Immagine latente
ESPOSIZIONE
A) Metodo Talbot: con pennello su un lato solo
B) Immersione
Macchina da presa
Calotipi, 1840-1855/60: stampa per contatto su carta salata - positivo
Sale da cucina
Carta salata
CONTATTO CON NEGATIVO
PREPARAZIONE DELLA CARTA SALATA
La stampa finale riproduceva l'immagine con una tonalitàmarrone, quasi rossa, in positivo.
Negativo
ESPOSIZIONE alla luce del sole per 15 minuti
Nitrato d’argento (solo da un lato)
Vetro
Vetro
REALIZZAZIONE Il foglio di carta (di ottima qualità) era trattato con ioduro
di potassio e nitrato d’argento.
La carta veniva asciugata e così realizzata poteva
conservarsi a lungo creando dei quantitativi di riserva.
Prima dell’esposizione la carta si sensibilizzava con una
soluzione di nitrato d’argento ed acido gallico, e poi si
risciacquava nell’acqua.
Dopo l’esposizione, per rendere visibile l’immagine latente,
il negativo era sviluppato con la soluzione di acido
gallico e nitrato d’argento esponendo il foglio al calore.
L’immagine appariva lentamente e l’operatore poteva
interrompere lo sviluppo fissando il calotipo nella soluzione di
iposolfito.
Calotipi, 1840-1855/60
STAMPA La stampa avveniva per contatto su carta salata.
Il procedimento comunemente utilizzato, sviluppato dallo
stesso Talbot, consisteva nell'utilizzo dei fogli di carta da
scrittura immersi in una soluzione di comune sale da cucina,
asciugati e pennellati da un lato con il nitrato d'argento. Il
foglio ottenuto era unito insieme al negativo all'interno di due
lastre di vetro, quindi esposto alla luce del sole per circa
quindici minuti.
La stampa finale riproduceva l'immagine con una tonalità
marrone, quasi rossa, in positivo.
Dopo numerosi perfezionamenti fu sostituito dal negativo al
collodio umido.
Calotipi, 1840-1855/60
1. Un negativo calotipico è un’immagine negativa su carta.
2. Se si è utilizzato il metodo Talbot l’immagine appare solo un
lato del foglio.
3. Se si è utilizzato il metodo per immersione l’argento attraversa
tutto il foglio e non vi sono differenze rilevanti tra recto e verso.
COMERICONOSCERLI
Calotipi, 1840-1855/60
Da Scaramella, 2003 TAV VII
4. Spesso riconoscere il recto e il verso di un calotipo èmolto semplice, altre volte lo è meno perché le differenze sono minime.
COMERICONOSCERLI
Calotipi, 1840-1855/60
Da Scaramella, 2003 TAV VI
5. Caratteristica tipica dei calotipi è il contrasto elevato, dovuto
al fatto che l’argento dell’immagine permea, nelle zone più
scure, quasi tutto lo spessore della carta. Molto evidente nei
calotipi realizzati per immersione.
COMERICONOSCERLI
Calotipi, 1840-1855/60
Da Scaramella, 2003 TAV V
6. Molto di frequente i fotografi realizzavano dei duplicati negativi su carta da immagini preesistenti. Es. da un negativo al collodio si realizzava una stampa che una volta asciutta veniva di nuovo stampata a contatto su un altro foglio di carta albuminata: l’immagine negativa su carta, cosìrealizzata, veniva poi cerata come un calotipo. I negativi duplicati si riconoscono perché presentano un contrasto molto inferiore a quello di un calotipo.
COMERICONOSCERLI
Calotipi, 1840-1855/60
Da Scaramella, 2003 TAV VIII
Collodio umido, 1851-1880 ca
PERIODO
CONTESTO D’USO
PARTICOLARITA’
Molto diffusa nel XIX secolo, utilizzata anche per la produzione
di positivi diretti come l’ambrotipia.
Buona sensibilità e grande qualità d’immagine.
Non fu più utilizzato con l’avvento della gelatina intorno al 1880 se
non per applicazioni particolari in fotomeccanica.
1851 - 1880 ca
L’idea di utilizzare il collodio per scopi fotografici venne allo
scultore scozzese F. Scott Archer.
ORIGINE
La lastra di vetro, pulita, veniva ricoperta di
uno strato di collodio umido addizionato di sali
alcalini.
Veniva poi immersa in una soluzione di
nitrato d’argento che rendeva la lastra
sensibile alla luce.
La ripresa e il trattamento avvenivano prima
che la lastra si asciugasse (da qui collodio
umido).
Collodio umido, 1851-1880 ca: realizzazione
Cosa è il collodio?Il collodio è un liquido incolore e colloso ottenuto sciogliendo il nitrato di cellulosa (acido nitrico + cellulosa) in una miscela di alcool ed etere.
Lastra di vetro
Collodio umido con Sali alcalini
Nitrato d’argento
Utilizzo in macchina da presa ancora umida
1. L’immagine di una lastra al collodio umido presenta una
colorazione grigio-avorio diversamente dalle lastre asciutte
alla gelatina-argento che presentano un tipico effetto dello
‘specchio d’argento’.
COMERICONOSCERLI
Collodio umido, 1851-1880 ca
Da Scaramella, 2003 TAV XVII
2. Caratteristica tipica del collodio è quella di presentare delle
irregolarità sullo strato dell’immagine.
Le lastre, infatti, venivano preparate manualmente: il
collodio liquido veniva versato sulla lastra e steso inclinando la
lastra verso tutte le direzioni.
Anche per questo le lastre possono
presentare bordi irregolari e di
diverso spessore.
COMERICONOSCERLI
Collodio umido, 1851-1880 ca
Da Scaramella, 2003 TAV XX
3. Altra caratteristica è l’identificazione dell’angolo utilizzato dal
fotografo per sorreggere la lastra: questo angolo può essere
senza collodio o addirittura recare l’impronta digitale dell’autore.
COMERICONOSCERLI
Collodio umido, 1851-1880 ca
Da Scaramella, 2003 TAV XX
4. Caratteristiche sono anche le screpolature (anche molto
ampie) dovute alle condizioni climatiche di conservazione e ai
solventi utilizzati (alcool ed etere). Le screpolature non sono
mai accompagnate da distacchi dello strato del vetro
(tipico delle lastre alla gelatina).
COMERICONOSCERLI
Collodio umido, 1851-1880 ca
Da Scaramella, 2003 TAV XX
Ambrotipia
PERIODO
ORIGINE Dal greco ambros: eterno. L’invenzione è attribuita a J.A. Cutting nel 1854.
PARTICOLARITA’
Fine Ottocento fino a tutto il Novecento
L’ambrotipo veniva montato sotto vetro o in astucci come i dagherrotipi. È un positivo ottenuto direttamente dal negativo al collodio umido.
Da Scaramella, 2003 TAV XXIII
REALIZZAZIONE Poiché l’immagine negativa ottenuta con il collodio umido era di
colore grigio si capì che era sufficiente poggiarla su un fondo
più scuro per poterla osservare in positivo.
Si pone quindi un negativo al collodio sottoesposto
contro un fondo nero di velluto o lo si verniciava di nero.
In tal modo dal negativo appare un positivo.
Ambrotipia
Da Gilardi, 2002 p. 338
La parte negativa è la lastra di vetro esposta e trasparente.La parte positiva si mostra tale in quanto ricoperta da un foglio nero sul dorso.
Negativo al collodioLastra di vetro
Negativo al collodioLastra di vetro
1. Un ambrotipo è meno brillante di un dagherrotipo,
l’immagine è spesso piuttosto opaca e comunque la si
inclini appare positiva.
COMERICONOSCERLI
Ambrotipia
Da Scaramella, 2003 TAV XXIII
2. Osservando le zone scure dell’immagine si intravede ilfondo della montatura.
COMERICONOSCERLI
Ambrotipia
Da Scaramella, 2003 TAV XXII
3. Se il nero è ottenuto verniciando la lastra non èinfrequente vedere delle screpolature nello strato di vernice.
COMERICONOSCERLI
Ambrotipia
Da Scaramella, 2003 TAV XXI
Ferrotipia
PERIODO
ORIGINE
CONTESTO D’USO
L’invenzione si attribuisce a due americani (Martin e Monckhoven).
PARTICOLARITA’
Usata anche dai fotografi ambulanti per produrre ritratti di bassa qualità: l’immagine era scadente e senza rilievo. Era accettabile solo per la rassomiglianza dell’effige.
- Variante pratica ed economica dell’ambrotipo.
- Entrò in uso dopo il 1860 ma ebbe una grandiosa diffusione circa
dieci anni dopo quando furono prodotte industrialmente
lastrine belle e pronte verniciate.
- Si tratta di una produzione molto fragile: se la lastra si piega
lo strato si spacca > per questa ragione l’enorme produzione ha
comunque lasciato pochi cimeli.
Fine Ottocento fino a tutto il Novecento
REALIZZAZIONE La lastrina di ferro veniva laccata di nero e
successivamente stesa di collodio. Il supporto
stesso, quindi, forniva il fondo scuro che per contrasto
consentiva di osservare l’immagine in positivo.
Ferrotipia
Da Gilardi, 2000 p. 372
Lastra di ferro
Collodio
1. Le lastrine di ferro (ferrotipi) potevano essere raccolte in album
oppure consegnate in montature di cartone recanti, spesso, il
nome e l’indirizzo del fotografo.
COMERICONOSCERLI
Ferrotipia
Da Scaramella, 2003 TAV XXIV
2. Il formato era variabile ma raramente superava il 13x18.
Spesso si trovano album composti da un grande numero di
ferrotipi di dimensione
molto piccola che
ritraggono i
componenti della
famiglia, gli amici …
COMERICONOSCERLI
Ferrotipia
Da Scaramella, 2003 TAV XXIV
3. Eccezionalmente si trovano ferrotipi molto grandi
(21x27 – 24x30).
4. A volte si trovano anche ferrotipi montati sotto vetro come
gli ambrotipi e i dagherrotipi. Poiché a vista è difficile
riconoscerli è sufficiente appoggiare sul retro una piccola
calamita sul fronte della montatura: se la calamita aderisce
all’originale si tratta di un ferrotipo montato sotto vetro.
COMERICONOSCERLI
Ferrotipia
Da Gilardi, 2000 p. 372
Procedimento alla gelatina Sali d’argento
PERIODO
ORIGINE
CONTESTOD’USO
I primi esperimenti si devono a Richard Leach Maddox.
PARTICOLARITA’
Questo procedimento rese possibile una capillare diffusione della fotografia a livello sociale, determinò la nascita delle prime grandi industrie fotografiche e rese possibile l’invenzione della cinematografia (1895).
Procedimento noto anche come Gelatina al Bromuro d’argento o ‘lastre secche’ o ‘asciutte’ per distinguerle dal collodio umido.
Presenta il vantaggio della conservabilità (rispetto alle lastre al collodio umido) e di maggiore sensibilità alla luce.
Introdotto lungo gli anni settanta dell’Ottocento
REALIZZAZIONE Una soluzione calda di gelatina viene addizionata di Sali alcalini, cloruro di sodio e bromuro di potassio.Si aggiunge il nitrato di argento rendendo la soluzione sensibile alla luce.Si forma così la nota ‘emulsione’ che può essere stesa sul supporto (carta, vetro o pellicola) e fatta essiccare.
Procedimento alla gelatina Sali d’argento
B.N.M.; N 5438 - Fondo Balelli - Carlo BalelliPellicola piana; b/n; 130 x 180 mmMacerata. Via XX Settembre (oggi Via Gramsci).Passaggio di Mussolini davanti al negozio Balelli24 settembre 1936; Lastra di vetro alla gelatina bromuro d'argento b/n; 130 x 180 mm.
Soluzionedi gelatina
Sali alcalini, Cloruro di sodio,Bromuro di potassio
Nitrato d’argento
Emulsione
Supporto(carta, vetro, pellicola)
1. Le lastre alla gelatina si riconoscono dal colore grigio-neutro
dell’immagine negativa.
2. Sono quasi sempre preparate con procedimenti industriali,
così lo strato di emulsione non presenta irregolarità di
stesa e i bordi sono ben tagliati e regolari nella forma e nello
spessore.
COMERICONOSCERLI
Procedimento alla gelatina Sali d’argento
Da Scaramella, 2003 TAV LVIII
3. Caratteristica è la presenza del cosiddetto ‘specchio
d’argento’, cioè la lucentezza visibile sull’emulsione.
Lo specchio d’argento può essere diffuso su tutta la superficie o,
più spesso, è concentrato lungo i bordi della lastra, più soggetta
agli agenti atmosferici.
COMERICONOSCERLI
Procedimento alla gelatina Sali d’argento
Da Scaramella, 2003 TAV LVIII
4. A volte il colore dell’immagine negativa può non essere grigio-
neutro ma giallo-marrone e viene confuso con il collodio.
Questo perché veniva utilizzato per lo sviluppo l’acido pirogallico
(che ha la caratteristica di fornire immagini giallo-marroni).
5. Le lastre alla gelatina possono essere difficilmente distinguibili se
l’immagine ha subito dei processi di deterioramento che ne
hanno trasformato il colore. In questi casi ricordare sempre
che le lastre al collodio hanno una colorazione e una opacità
tipica. In mancanza di indizi certi (quali i bordi netti o imprecisi,
lo strato regolare o meno, lo specchio d’argento) si può fare una
prova empirica: si versa una goccia di acqua distillata su un
angolo della lastra (lato emulsione). Se dopo qualche minuto si
presenta un rigonfiamento si tratta di gelatina, altrimenti se non
vi è nessuna modifica è collodio.
COMERICONOSCERLI
Procedimento alla gelatina Sali d’argento
6. Spesso le lastre alla gelatina possono presentare delle
fessurazioni molto irregolari accompagnate da un distacco
della gelatina dal vetro.
Questo è dovuto sia al fatto che il legame molecolare fra
gelatina e vetro è molto debole sia agli ambienti di
conservazione soggetti a sbalzi di umidità e temperatura.
COMERICONOSCERLI
Procedimento alla gelatina Sali d’argento
Da Scaramella, 2003 TAV LVIII
7. A volte è possibile trovare negativi alla gelatina con una
colorazione rossiccia: questo è dovuto ai metodi di
desensibilizzazione utilizzati.
La desensibilizzazione aveva lo scopo di rendere la lastra meno
sensibile alla luce di modo che lo sviluppo potesse essere
controllato più facilmente a vista con una luce poco chiara.
COMERICONOSCERLI
Procedimento alla gelatina Sali d’argento
Abbiamo parlato di
Riconoscimento dei procedimenti di ripresa
Dagherrotipo ν
Calotipo ν
Collodio umido ν
Ambrotipo ν
Ferrotipo ν
Gelatina ai Sali d’argento ν
Parleremo di: Riconoscimento delle tecniche di stampa
Procedimenti a uno strato
Carta salata
Cianotipia
Stampa al platino e al palladio
Procedimenti a due strati
Carta albuminata
Tecnica di stampa al carbone (o ai pigmenti)
Stampa alla gomma
Procedimenti agli inchiostri grassi
Resinotipia
Procedimenti a tre strati
Carte alla gelatina e sviluppo
Carte alla gelatina e al collodio ad annerimento diretto
Tecniche fotomeccaniche
Collotipia
Fotoincisione
Woodburytipia
Riconoscimento delle tecniche di stampa
Ogni fotografo tende a personalizzareil proprio modo di stampare.
La ripresa crea un negativo mentre la stampa deve consegnare un prodotto finito al cliente finale, quindi deve tener conto del gusto estetico o delle esigenze del cliente. Questo implica che per esigenze estetiche alcune stampe venivano modificate per essere simili a quelle al momento più in voga.
Riconoscere le tecniche di stampa è più difficile rispetto a riconoscere le tecniche di ripresa. Perchè?
Per riconoscere la tecnica fotografica occorre verificare:
– numero degli strati
– tipologia degli strati
– aspetto superficiale
– montaggio
– caratteristiche del degrado
Riconoscimento delle tecniche di stampaDistinguiamo le diverse tecniche in funzione degli strati che costituiscono l’immagine:
procedimenti a1 strato
L’immagine è immersa tra le fibre. Il supporto viene sensibilizzato direttamente.
Es. Carta Salata, Cianotipo, Kallytipi, Platinotipi
procedimenti a2 strati
L’immagine galleggia sulla superficie della carta ed è ben visibile lo strato di legante.
Es. Carte albuminata, Processi al carbone o alla gomma
Il supporto primario non èvisibile, le fibre della carta sono coperte dallo strato baritato. La texture è liscia, l’immagine èsuperficiale e ben contrastata.
Es. Gelatina a sviluppo (bromuro d’argento)
procedimenti a3 strati
Quali sono i procedimenti a uno strato?
CARTA SALATA, 1839-1850/60
CIANOTIPIA, 1839-1920 ca
STAMPA AL PLATINO
E AL PALLADIO, 1873-1920 ca
Procedimento argentico
Procedimento ai sali ferrici
Procedimento ai sali ferrici
KALLYTIPIA, fine 1880
Procedimento ferro - argentico
Procedimento a uno strato: carta salata, 1839-1850/60
COME SI OTTIENE Si tratta la carta con una soluzione di cloruro di
sodio immergendola nella soluzione salina o
facendola galleggiare sulla superficie del liquido.
Una volta asciutta la carta viene trattata con
nitrato d’argento o tramite un pennello o per
galleggiamento (mai immersione).
Primo procedimento di stampa argentica.
Carta
Cloruro di sodio
Nitrato d’argento
Procedimento a uno strato: carta salata, 1839-1850/60
COMERICONOSCERLA
1. L’immagine è poggiata sulle fibre.
2. Il colore originaledella carta è bruno-rosso.
Da Scaramella, 2003 TAV XIV
Procedimento a uno strato: carta salata, 1839-1850/60
COMERICONOSCERLA
4. Spesso il colore originale si è alterato divenendo marrone
più o meno chiaro o addirittura giallastro. Questo a causa
della solforazione e dell’ossidazione dell’argento.
Da Scaramella, 2003 TAV XII
Procedimento a uno strato: carta salata, 1839-1850/60
COMERICONOSCERLA
5. Il cambiamento di colore è a volte accompagnato da un
indebolimento delle parti più chiare dell’immagine.
6. Non è presente in genere lo specchio d’argento (a differenza di
molti altri procedimenti argentici).
Da Scaramella, 2003 TAV XII
Procedimento a uno strato: carta salata, 1839-1850/60
COMERICONOSCERLA
7. Se una carta salata ha una colorazione rosa o lilla vuol dire
che non è stata trattata con iposolfito (ma con cloruro di sodio)
e quindi va protetta dalla luce perché sono ancora presenti i
Sali d’argento.
8. Le carte salate molto raramente venivano virate all’oro, molto
più spesso il viraggio era realizzato con iposolfito che
produce tonalità marroni o seppia.
Procedimento a uno strato: carta salata, 1839-1850/60
COMERICONOSCERLA
9. Le stampe erano realizzate su carte di grammatura sufficientemente elevata e, a volte, non erano incollate su cartone.
Ciascun fotografo sceglieva la carta che più preferiva anche perché il procedimento di produzione era artigianale.
Da Scaramella, 2003 TAV XIII
Procedimento a uno strato: cianotipia, 1839-1920 ca
COME SI OTTIENE La carta viene preparata (inizialmente a mano) spalmando la superficie con una soluzione a base di citrato ferrico-ammoniacale e ferrocianuro di potassio che con l’esposizione alla luce assumeva il caratteristico colore blu.
Procedimento ai Sali ferrici inventato da Sir Herschel.Insieme alla carta salata è uno dei più antichi procedimenti di stampa.
Carta
Citrato ferrico-ammoniacaleFerrocianuro di potassio
Da Scaramella, 2003 TAV X
Procedimento a uno strato: cianotipia, 1839-1920 ca
COME AVVIENE LA STAMPA
La stampa avveniva per contatto con la luce solare e per la
scarsa sensibilità necessitava di un periodo di esposizione
molto lungo.
Un semplice lavaggio in acqua faceva
comparire l’immagine ed eliminava i
composti chimici residui mentre il
colore finale appariva a stampa
asciutta.
Da Scaramella, 2003 TAV X
Procedimento a uno strato: cianotipia, 1839-1920 ca
COMERICONOSCERLA
1. Anzitutto la cianotipia si riconosce per il colore blu intenso.
2. Inoltre, essendo un procedimento a uno strato, l’immagine si
forma sulle fibre di cellulosa che quindi sono ben visibili.
Da Scaramella, 2003 TAV XI
P. a uno strato: stampa al platino e al palladio, 1873-1920 ca
COME SI OTTIENE si preparava una soluzione contenente
Sali ferrici e cloruro doppio di platino e
potassio
al composto si univano numerose altre
sostanze per ottenere colori particolari
la carta veniva immersa in tale soluzione e
una volta asciutta era pronta per l’uso
la carta doveva essere usata nel giro di
poco tempo altrimenti si rovinava (in
presenza di umidità durava solo poche ore).
Il brevetto del procedimento si deve a Willis,anche se il procedimento stesso si base sulle ricerche di Sir Herschel sui Sali ferrici.
La platinotipia è una delle più famosee raffinate tecniche di tutti i tempi.
Carta
Sali ferrici + Cloruro di platino e potassio
Sostanze varie per colorare
Soluzione
+
COME AVVIENE LA STAMPA
Dopo l’esposizione alla luce la stampa veniva immersa in una soluzione concentrata di ossalato di potassio: il sale ferroso, che si forma alla luce, riduceva il cloruro di platino in platino metallico nero.
Successivamente venivano eliminati i sali di ferro e di platino residui e seguiva un lavaggio.
P. a uno strato: stampa al platino e al palladio, 1873-1920 ca
COME DISTINGUEREUNA STAMPA AL PALLADIO DA UNA AL PLATINO
Distinguere una stampa al platino da una al palladio è
molto difficile anche perché nella preparazione della
carta i due metalli erano mescolati insieme.
Un elemento di differenziazione (quasi sicuro) è la
datazione: il palladio fu utilizzato dopo la guerra quando
il prezzo del platino era molto alto.
COME DISTINGUEREUNA STAMPA AL PALLADIO DA UNA AL PLATINO
Un elemento di differenziazione (molto aleatorio)può essere il colore:
più neutro o freddo la stampa al platino,
P. a uno strato: stampa al platino e al palladio, 1873-1920 ca
più caldo la stampa al palladio.
Da Scaramella, 2003 TAV XCVI e CIII
COME RICONOSCERLE
1. Le fibre della carta facilmente visibili (trattandosi di un procedimento a uno strato).
P. a uno strato: stampa al platino e al palladio, 1873-1920 ca
Da Scaramella, 2003 TAV XCVII e XCVIII
COME RICONOSCERLE
2. L’immagine presenta una grande ricchezza di toni e un’ampia gamma di sfumature.
P. a uno strato: stampa al platino e al palladio, 1873-1920 ca
Da Scaramella, 2003 TAV CII
3. In genere non è presente alcun segno di sbiadimento (neanche nelle zone più chiare).
Da Scaramella, 2003 TAV XCIX
COME RICONOSCERLE
4. Il colore è nero neutro freddo con lievi intonazioni calde o
fredde (a seconda della preparazione e del trattamento
chimico. Se la carta veniva incollata con amido il colore era
caldo, se si usava gelatina il colore era freddo).
P. a uno strato: stampa al platino e al palladio, 1873-1920 ca
Da Scaramella, 2003 TAV XCVII
COME RICONOSCERLE
5. Spesso veniva variato il colore utilizzando i viraggi. Tipico delle platinotipie è il viraggio all’uranio che produce tonalitàdal rosso al verde. Altro viraggio molto in voga era quello all’oro.
6. La carta generalmente è a trama sottile ma non mancano stampe realizzate con carte più spesse.
7. Non è mai presente lo specchio d’argento.
P. a uno strato: stampa al platino e al palladio, 1873-1920 ca
Da Scaramella, 2003 TAV CI
COME RICONOSCERLE
8. Caratteristica unica del platino è quella di lasciare
un’impronta dell’immagine nel caso sia stata conservata
a stretto contatto con un foglio o un’altra stampa.
Questo è dovuto alle proprietà del platino metallico
che catalizza alcune
operazioni sulla carta
operando una sorta
di trasferimento di
immagine.
P. a uno strato: stampa al platino e al palladio, 1873-1920 ca
Da Scaramella, 2003 TAV XCIX
P. a uno strato: kallytipia, fine 1880
COME SI OTTIENE Si preparava una soluzione contenente sali ferrici, cloruro di potassio e nitrato d’argento.
Si basa sulle medesima fotochimica della platinotipia con la differenza che
utilizza il nitrato d’argento al posto del costoso cloruro di platino.
Carta
Sali ferrici + Cloruro di potassio
Nitrato d’argento
Soluzione
+
P. a uno strato: kallytipia, fine 1880
CARATTERISTICHE 1. Venivano utilizzate varie formule per ottenere una
vasta gamma di colori (seppia, bruno intenso, nero
deciso).
2. La variante più famosa è quella che forniva immagini
di colore bruno-seppia ma molto spesso veniva
anche variata all’oro.
Da Scaramella, 2003 TAV CIV
Procedimenti a due strati
Procedimento nel quale l’immagine inizia a distaccarsi dal supporto
formandosi in uno strato superiore alle fibre cartacee.
L’immagine galleggia sulla superficie della carta ed è ben visibile lo strato di
legante.
Quali sono i procedimenti a due strati?
CARTA ALBUMINATA, 1855 ca -1890 ed oltre
TECNICA DI STAMPA AL CARBONE O AI PIGMENTI, circa 1860 -1940
STAMPA ALLA GOMMA
Procedimento argentico
Procedimento al bicromato
Procedimento al bicromato
PROCEDIMENTO AGLI INCHIOSTRI GRASSI
Procedimento al bicromato
RESINOTIPIA
Procedimento al bicromato
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
COME SI OTTIENE È una semplice modifica della carta salata.
Si tratta la carta con una soluzione di
cloruro di sodio immergendola nella
soluzione salina o facendola galleggiare
sulla superficie del liquido.
La differenza rispetto alla carta salata è
che la soluzione non contiene acqua ma
albumina.
Una volta asciutta la carta viene trattata
con nitrato d’argento o tramite un
pennello o per galleggiamento (mai
immersione).
Procedimento di stampa argentica più diffuso nel XIX secolo.
Carta
Cloruro di sodio (non in acqua ma in albumina)
Nitrato d’argento
La semplice aggiunta dell’albumina (che sostituisce l’acqua) fu una piccola rivoluzione.
Questo per la natura dei due elementi:l’acqua penetra nelle fibre della cartal’albumina, invece, resta in superficie.
CARATTERISTICHE
L’aggiunta dell’albumina consente di distinguereil supporto cartaceo dallo strato di formazione dell’immagine.
A una osservazione ingrandita si vedrà che l’immagine poggia sulle fibre di cellulosa ma non è assorbita dalle fibre stesse.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
COME RICONOSCERLA
1. Anzitutto la carta albuminata si riconosce dal fatto che la carta
è sempre visibile e la differenza fra lo strato d’immagine e la
carta appare chiaramente.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XLII
COME RICONOSCERLA
2. La superficie della stampa è lucida, a causa della presenza
dell’albumina.
Si trovano anche stampe matt (ottenute
diluendo l’albumina con acqua e aggiungendo
amido).
La lucidità della superficie ha come effetto
quello di fornire immagini molto più brillanti
di quelle su carta salata.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XXXIVAlbumina di Felice Beato
COME RICONOSCERLA
3. Altra caratteristica tipica dell’albumina è il supporto cartaceo compatto e molto sottile.
Le industrie cartarie che producevano la giusta carteerano pochissime, fra le piùfamose era l’industria Rives.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XXV
COME RICONOSCERLA
4. Le stampe erano montate su cartoni, spesso decorati e
indicanti il nome del fotografo. Se non montate tendono a
incurvarsi e ad arrotolarsi su se stesse.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XXX
COME RICONOSCERLA
5. Altro elemento rivelatore, peculiare dell’albumina, è la presenza di sottili screpolature.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XL
COME RICONOSCERLA
6. Le screpolature derivano da una perdita di elasticità
dell’albumina che tende a incurvarsi non adattandosi alla
rigidità del supporto. Si tratta di fessure sottili parallele che
a volte si incrociano fra loro.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XLI
COMERICONOSCERLA
7. Il colore della stampa può essere molto variabile.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XXIX
COME RICONOSCERLA
8. Le stampe erano comunque quasi sempre virate all’oro.
Il viraggio all’oro conferiva una serie
di gradazioni cromatiche dal rosso- arancio al
bruno porpora fino al violetto intenso.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003TAV XXVIII e XXXII
COME RICONOSCERLA
9. Altro elemento caratteristico è la tendenza all’ingiallimento.
Per contrastare l’ingiallimento si aggiungono all’albumina
piccole quantità di colore blu o rosa porpora.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XXXVI
COME RICONOSCERLA
10. L’ingiallimento è intrinseco al procedimento stesso:
l’albumina reagendo con il nitrato d’argento forma albuminato
d’argento che non può essere rimosso con il fissaggio.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003TAV XXXVII
COME RICONOSCERLA
10. Ultima caratteristica è la relativa instabilità, dovuta alla
vulnerabilità dell’argento fotolitico.
Nell’immagine è visibile un comune degrado: si
tratta di punti bianchi dovuti al fatto che
l’argento è stato corroso da impurità presenti sul
cartone di montaggio.
Procedimento a due strati: carta albuminata, 1855 -1890
Da Scaramella, 2003 TAV XXXIX
Pr. a due strati: stampa al carbone (o ai pigmenti), 1860-1940
COME SI OTTIENESu un foglio di carta viene steso uno strato di gelatina abbastanza spesso.Poiché la gelatina è incolore, veniva colorata mescolandovi nerofumo (da qui il nome di procedimento al carbone).
Il foglio veniva sensibilizzato in una soluzione di bicromato e lasciato asciugare.L’esposizione avveniva per contatto.
Dopo l’esposizione ovviamente non appariva nulla, ma la luce aveva insolubilizzato la gelatina in maniera proporzionale alla trasparenza del negativo.Bastava immergere il foglio in acqua calda per far si che:
- la gelatina non insolubilizzata si scioglieva- la gelatina insolubilizzata restava aderente
al foglio facendo comparire l’immagine.
Il procedimento si basa sulla fotochimica dei composti al cromo.
Carta
Gelatina coloratacon nerofumo
Bicromato
ESPOSIZIONE PER CONTATTO
Immersione in acqua calda
COME RICONOSCERLA
1. Anzitutto diciamo che la stampa al carbone è tra i
procedimenti più stabili che esistano, quindi non vedremo
mai segni di sbiadimento.
Pr. a due strati: stampa al carbone (o ai pigmenti), 1860-1940
Da Scaramella, 2003 TAV LXXIX
COME RICONOSCERLA
2. La stampa al carbone può essere caratterizzata da vari colori.
I preferiti, però, furono i colori bruni, blu profondi o neri più o
meno neutri.
Pr. a due strati: stampa al carbone (o ai pigmenti), 1860-1940
Da Scaramella, 2003 TAV LXXXIV
COME RICONOSCERLA
3. In genere possiamo osservare una maggiore lucidità nelle
ombre che nelle zone
chiare.
Questo perché le
ombre sono
caratterizzate da un
elevato spessore
di gelatina
insolubilizzata.
Pr. a due strati: stampa al carbone (o ai pigmenti), 1860-1940
Da Scaramella, 2003TAV LXXXII e LXXXIII
COME RICONOSCERLA
4. La grande presenza di gelatina nelle zone scure dell’immagine
può provocare una contrazione delle fibre del supporto che
apparirà come un bassorilievo.
Pr. a due strati: stampa al carbone (o ai pigmenti), 1860-1940
Da Scaramella, 2003 TAV LXXX e LXXXI
recto verso
COME RICONOSCERLA
5. Le fibre della carta saranno ben visibili nelle zone chiare e
molto meno nelle zone scure (in quanto ricoperte da uno spesso
strato di gelatina).
Pr. a due strati: stampa al carbone (o ai pigmenti), 1860-1940
Da Scaramella, 2003 TAV LXXXIX
COME RICONOSCERLA
6. I pigmenti (nelle stampe più antiche) potevano essere
composti da particelle irregolari più grandi della media.
Queste particelle sono osservabili
nelle zone di confine tra zone
scure e zone chiare.
Pr. a due strati: stampa al carbone (o ai pigmenti), 1860-1940
Da Scaramella, 2003 TAV LXXXIII
COME RICONOSCERLA
7. Poiché durante lo sviluppo l’immagine veniva trasportata,
potevano crearsi dei danni all’immagine. Per questo motivo è
possibile vedere a volte dei piccoli distacchi dello strato che
mostrano la superficie del supporto.
8. A volte possono essere presenti delle screpolature, nelle zone
più scure, dovute alla variazioni delle condizioni di
conservazione.
Pr. a due strati: stampa al carbone (o ai pigmenti), 1860-1940
Da Scaramella, 2003 TAV LXXXIX
Pr. a due strati: stampa alla gomma
COME SI OTTIENE
Su un foglio di carta viene steso con
l’aiuto di un pennello uno strato di
soluzione di gomma arabica colorata e
addizionata di bicromato.
La stampa esposta veniva sviluppata
semplicemente immergendola in acqua a
temperatura ambiente.
Il procedimento si basa sulla stessa fotochimica del procedimento al carbone con la differenza che si utilizza la gomma arabica.
Carta
Gomma arabica colorata
Bicromato
ESPOSIZIONE PER CONTATTO
Immersione in acqua
COME RICONOSCERLA
1. Distinguere la stampa alla gomma dalla stampa al
carbone è molto difficile. La carta alla gomma viene
fabbricata da diverse industrie e spesso è lo stesso fotografo
che la produce. Quindi i risultati sono diversissimi.
2. L’immagine è costituita da uno strato di gomma colorata
più spesso nelle ombre e più sottile nelle zone chiare.
Pr. a due strati: stampa alla gomma
COME RICONOSCERLA
3. Caratteristica della stampa alla gomma è che l’immagine èmeno definita di quella al carbone.
4. L’effetto è spesso granoso:- per via della carta impiegata- perché la gomma tende a produrre questo risultato in acqua.
5. L’effetto granulosità veniva minimizzato utilizzando diversi tipi di carta.
6. Una stampa alla gomma può essere policroma:il fotografo poteva infatti effettuare una stampa multipla stendendo strati di gomma di colore diverso sulla medesima immagine.
7. Come nella stampa al carbone, possono essere presenti delle screpolature nelle zone più scure.
Pr. a due strati: stampa alla gomma
Pr. a due strati: procedimento agli inchiostri grassi
COME SI OTTIENE La tecnica agli inchiostri grassi si basa sul fatto che il colloide durante lo sviluppo non assorbe acqua ma può legarsi a sostanze grasse.
Il primo procedimento fu quello all’olio.Il foglio di carta gelatinato e sensibilizzato con bicromato veniva stampato a contatto e poi immerso in acqua.A questo punto non era visibile nessuna immagine, ma si formava un’immagine in rilievo: le zone non esposte alla luce si rigonfiavano notevolmente assorbendo acqua. La stampa era pronta per l’inchiostrazione.L’inchiostro veniva spalmato con un rullo oppure mediante pennelli e aderiva nelle zone esposte e indurite mentre veniva respinto dalle zone non esposte cariche di acqua.
Il procedimento si basa sulla stessa fotochimica del procedimento al carbone (fotochimica del bicromato).
Carta
Gelatina Bicromato
ESPOSIZIONE PER CONTATTO
Immersione in acqua
Inchiostrazione a olio
COME RICONOSCERLA
1. La superficie di una stampa all’olio presenta sempre uno strato
evidente di gelatina, strato che ha uno spessore uniforme sia
nelle zone chiare che nelle zone scure.
Pr. a due strati: procedimento agli inchiostri grassi
Da Scaramella, 2003 TAV XCII
2. Le fibre della carta sono in genere visibili al di sotto dell’immagine.
Da Scaramella, 2003 TAV XCIII
COME RICONOSCERLA
3. In genere risultano visibili le tracce lasciate dai pennelli. Ricordiamo che le stampe realizzate con pennello erano degli originali irripetibili.
Pr. a due strati: procedimento agli inchiostri grassi
Da Scaramella, 2003 TAV XCV
COME RICONOSCERLA
4. I bianchi spesso non sono puri ma con tracce di inchiostro.
L’effetto poteva essere voluto o dovuto al fatto che la gelatina
bagnata ritiene una parte d’inchiostro.
L’inchiostro era di
tipo litografico
ed era addizionato
con solventi come
olio di lino
o trementina.
Pr. a due strati: procedimento agli inchiostri grassi
Da Scaramella, 2003 TAV XCIV
Procedimento a due strati: resinotipia
COME SI OTTIENE Il foglio di carta gelatinata e sensibilizzato al bicromato non veniva esposto a contatto di un negativo ma di un positivo trasparente (realizzato stampando il negativo originale anche su carta fotografica sottile).
In questo modo si ottiene un’immagine a rilievo che era insolubile nelle zone chiare e solubile (quindi in grado di assorbire acqua e rigonfiarsi) nelle zone scure.A questo punto il foglio veniva spolverato con il pigmento in polvere. Il pigmento veniva trattenuto dalla gelatina solubile e molto meno dalla gelatina insolubile.
Procedimento introdotto negli anni Venti da Namias.
COME RICONOSCERLA
1. La superficie di una resinotipia presenta sempre uno strato evidente di gelatina.
2. Le fibre della carta sono in genere visibili al di sotto dell’immagine.
3. A volte le zone bianche possono apparire velate di particelle al pigmento.
4. Le resinotipie possono essere di qualunque colore.
Procedimento a due strati: resinotipia
Procedimenti a tre strati
Le fibre della carta vengono ricoperte da uno strato di gelatina e solfato di bario. Lo strato di barite ha la funzione di preparare
un sottostrato all’emulsione.
È un po’ come quando in edilizia si usa l’intonaco che fornisce una superficie liscia alla pittura che dovrà essere stesa.
Il supporto primario non è visibile, le fibre della carta sono coperte dallo strato baritato. La texture è liscia, l’immagine è superficiale e ben contrastata.
Da Scaramella, 2003 TAV LV
Procedimenti a tre strati
poiché l’emulsione non poggia direttamente sulle fibre di cellulosa, la
carta può essere di qualsiasi qualità
poiché lo strato di barite è bianco, l’immagine risultava molto
brillante
poiché i leganti potevano essere sostituiti (per es. al posto della gelatina
si usava la caseina o albumina; oppure al posto del solfato di bario si
usava l’ossido di zinco) e poiché lo strato di barite poteva essere
facilmente colorato, il procedimento permetteva di creare nuovi
materiali con un agevole controllo.
Vantaggi delle carte baritate
Procedimenti a tre strati
le carte baritate vennero utilizzate a partire dagli anni Ottanta del XIX secolo
in questo periodo si assiste a una moltiplicazione dei procedimenti di stampa che complica il riconoscimento e la datazione dei documenti fotografici
Utilizzo delle carte baritate
Quali sono i procedimenti a tre strati?
CARTE ALLA GELATINA A SVILUPPO non baritate, dal 1885
CARTE ALLA GELATINA ED AL COLLODIO AD ANNERIMENTO DIRETTO, dai primi anni 80 del XIX secolo
Le carte a sviluppo sostituirono lentamentequelli ad annerimento diretto.
All’inizio si affiancarono e la sostituzione avvenne nei primi decenni del Novecento.
CARTE ALLA GELATINA A SVILUPPO baritate
COME RICONOSCERLA
1. Poiché all’inizio non venivano utilizzate le carte baritate, riconoscere le prime carte a sviluppo non baritate può essere molto difficile.
2. A un primo esame il colore dell’immagine è grigio più o meno neutro.
Pr. a tre strati: carte alla gelatina a sviluppo non baritate
Da Scaramella, 2003 TAV LVI
COME RICONOSCERLA
3. Osservando con una lente di ingrandimento sono visibili le fibre della carta, ricoperte da uno strato di gelatina.
Pr. a tre strati: carte alla gelatina a sviluppo non baritate
Da Scaramella, 2003TAV LXIII
COME RICONOSCERLA
4. È facilmente presente lo specchio d’argento.
5. La superficie può essere lucida od opaca a seconda della preparazione.
Pr. a tre strati: carte alla gelatina a sviluppo non baritate
Da Scaramella, 2003TAV LXIV
COME RICONOSCERLA
1. Anzitutto il colore è grigio neutro.
2. Non si riscontrano le fibre della carta.
Pr. a tre strati: carte alla gelatina a sviluppo baritate
Da Scaramella, 2003 TAV LIV e LV
COME RICONOSCERLA
3. Lo strato sottostante l’immagine appare completamente liscio e levigato.
4. Molto spesso è presente lo specchio d’argento, soprattutto nelle zone più scure dell’immagine e lungo i margini.
Pr. a tre strati: carte alla gelatina a sviluppo baritate
Da Scaramella, 2003 TAV LIII
COME RICONOSCERLA
5. Un’alterazione spesso presente è un ingiallimento
delle zone più chiare.
6. Negli anni è stata introdotta una variante che
prevede la sostituzione del supporto cartaceo con
quello plastificato.
Se a vista non si riesce a distinguerli, è sufficiente
versare una piccola goccia d’acqua su un angolo del
verso e dopo qualche secondo asciugare con
tampone. Se la parte è completamente asciutta si
tratta di un supporto plastificato.
Pr. a tre strati: carte alla gelatina a sviluppo baritate
Da Scaramella, 2003 TAV LII
COME RICONOSCERLA
1. Distinguere una carta alla gelatina da una al collodio può
presentare notevoli difficoltà.
2. Se sulla stampa sono presenti microscopiche crepe è
probabile che si tratti di collodio.
3. Le carte alla gelatina presentano più facilmente lo
specchio d’argento, mentre quelle al collodio presentano
una certa iridescenza.
4. Per riconoscere una stampa alla gelatina da una al collodio si
può anche versare una goccia d’acqua: se la parte si rigonfia
si tratta di gelatina. Oppure si può versare dell’alcool etilico: in
questo caso, se si gonfia si tratta di collodio.
5. Le prime carte ad emulsione ad annerimento diretto erano lucide.
6. Negli anni successivi furono prodotte anche stampe matt.
Pr. a tre strati:carte alla gelatina e al collodio ad annerimento diretto
COME RICONOSCERLA
7. La carta al collodio matt divenne una sorta di standard per la ritrattistica di alta qualità.
8. Grazie alle caratteristiche del collodio la finitura era molto elegante e per il suo trattamento fu adottato un doppio
viraggio: all’oro e al platino.
Pr. a tre strati: carte alla gelatina e al collodio ad annerimento diretto
Da Scaramella, 2003 TAV LXII
Tecniche fotomeccaniche
Dal punto di vista tecnico una vera foto è molto diversa da una fotomeccanica.
La foto vera è su un supporto che è stato sensibile alla luce la cui azione ha provocato la formazione dell’immagine.
Quella fotomeccanica è su un supporto che non è mai stato fotosensibile ed ècostituita, in genere, da inchiostro.
Spesso all’interno di raccolte di foto possono trovarsi riproduzioni fotomeccaniche.
Riconoscere le vere foto da quelle fotomeccaniche è importante per attuare un corretto restauro e conservazione.
Tecniche fotomeccaniche
In tutti i procedimenti fotomeccanici, infatti, l’immagine appare formata da piccoli punti: questo è indispensabile per consentire alla matrice di stampa di
trattenere l’inchiostro.
Per riconoscere le tecniche fotomeccaniche è importante dotarsi di una lente di ingrandimento.
I più comuni fra questi punti sono quelli osservabili su qualunque immagine prodotta su un libro o su un giornale: questi punti sono prodotti dal retino per mezzatinta e sono
distribuiti in modo regolare.
Quali sono i procedimenti fotomeccanici?
COLLOTIPIA
WOODBURYTIPIA (fotogliptia)
FOTOINCISIONE
COME RICONOSCERLA
1. È il procedimento più inconfondibile e quindi facile da
riconoscere.
2. La superficie della stampa può essere sia matt sia più o meno
lucida, in quanto per la tiratura poteva essere
utlizzata sia carta normale sia patinata.
Pr. fotomeccanici: collotipia
Da Scaramella, 2003 TAV LXIX
COME RICONOSCERLA
3. Esaminando la stampa con un ingrandimento si può notare che i
punti della trama hanno una caratteristica forma
vermicolare.
Pr. fotomeccanici: collotipia
Da Scaramella, 2003 TAV LXX
COME RICONOSCERLA
1. La carta è quella utilizzata per l’incisione.
2. La superficie è matt.
3. Le fibre della carta sono ben visibili.
Pr. fotomeccanici: fotoincisione
Da Scaramella, 2003 TAV LXXI
COME RICONOSCERLA
4. Lungo i bordi dell’immagine è presente il cosiddetto
schiaccio: un gradino più o meno pronunciato causato dai
bordi della lastra di rame. Può essere assente se la stampa è
stata ritagliata successivamente.
Pr. fotomeccanici: fotoincisione
Da Scaramella, 2003 TAV LXXII
COME RICONOSCERLA
5. La trama è caratteristica: regolare ma disordinata: essa è il
risultato della granitura ottenuta facendo cadere la polvere
sottile di asfalto sulla lastra.
6. La fotoincisione può essere grossolana o anche estremamente
fine.
Pr. fotomeccanici: fotoincisione
Da Scaramella, 2003 TAV LXXII e LXXIII
COME RICONOSCERLA
7. La trama delle fotoincisioni, ingrandita, può presentare bordi
abbastanza netti ed altre volte più sfumati:
questo è in relazione al tipo di carta utilizzato
per la stampa e allo stato di usura della lastra.
8. Se è presente una struttura geometricamente
regolare, la granitura è ottenuta per mezzo di un
retino tipografico.
Pr. fotomeccanici: fotoincisione
Da Scaramella, 2003 TAV LXXIII
COME RICONOSCERLA
1. Il procedimento è una derivazione fotomeccanica del procedimento a carbone.Anche per questo distinguere la stampa al carbone da una woodburytipia è molto difficile, a volte impossibile perché il risultato è identico.
2. Sola caratteristica che può escludere che si tratti di una woodburytipia è il formato.
Pr. fotomeccanici: woodburytipia
Da Scaramella, 2003 TAV LXXVI
COME RICONOSCERLA
4. Per la realizzazione di una woodburytipia era necessaria la
realizzazione di una matrice metallica ottenuta comprimendo la
stampa al carbone originale contro la matrice stessa per
ottenerne un calco. Poiché il lavoro richiedeva una pressione
enorme, non era possibile ottenere matrici di formato
superiore a 28x36 cm.
Pr. fotomeccanici: woodburytipia
Altri elementi di riconoscimento
Se le stampe sono illustrazioni di libri è sembrano stampe al carbone è molto probabile che siano woodburytipie, questo perché le stampe al carbone erano molto care.
Presentano un’immagine in rilievo più spinta di quelle al carbone.
Mancanza di nitidezza nei particolari più chiari dell’immagine.
La carta utilizzata, proprio perché doveva essere pressata, era sottile.