Respice Stellam giugno 2011
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Transcript of Respice Stellam giugno 2011



III
La Comunità Grembo che genera alla Fede
Iniziazione Cristiana
E’ affermato che gli sposi, in virtù del sacramento
del matrimonio partecipano al mistero di unità e di
fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa.
E proprio per questo il Signore affida ai coniugi cri-
stiani una missione per la Chiesa e per il mondo, ar-
ricchendoli di doni particolari.
Per cui i genitori sono i primi responsabili di quel
lieto annuncio di cui poi, chi è beneficiario, porterà
in sé il seme per tutta la vita.
Ne deriva l’esigenza di attivare una adeguata pasto-
rale per aiutare i coniugi a rendersi consapevoli di
questo loro compito così importante.
Emerge così l’ORIGINALITA’ con cui la fami-
glia esprime e attua la co-
municazione del Vangelo e
cioè in forme e modi specifi-
camente familiari, con il lin-
guaggio che è proprio della
vita di famiglia, nei luoghi
della vita della famiglia, con
quelle relazioni d’amore (co-
niugali, genitoriali, fraterne,
filiali, di accoglienza, di ospi-
talità, di solidarietà) che costituiscono la famiglia.
L’iniziazione cristiana non deve ridursi alla sfera
individuale dei soggetti, a istruzione o a pratica re-
ligiosa, ma deve coinvolgere il vissuto del ragazzo,
il suo ambiente familiare, scolastico e ecclesiale.
La famiglia come la Chiesa deve essere uno spa-
zio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Van-
gelo si irradia. Dunque nell’intimo di una famiglia,
cosciente di questa missione, tutti i componenti
evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non
soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono
ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente
vissuto.
“E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di
molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è in-
serita.”
E’ necessario il LINGUAGGIO DELLA VITA.
La Famiglia è ambiente di dialogo e dunque di co-
municazione del vissuto fatto di attese, sentimenti,
fatiche, emozioni, scelte…Questa comunicazione
dovrebbe toccare anche la stessa fede. Comuni-
care l’esperienza di fede non è come fare una le-
zione, è piuttosto narrare ciò che si vive.
Così la narrazione dei genitori sarà tanto più efficace
se occasionata da domande sorte nel cuore dei figli
osservando le scelte e i comportamenti di papà e
mamma.
Diventa allora necessario per ogni parrocchia dar
inizio a un coinvolgimento attivo dei genitori e
creare per loro un percorso di fede. Non è sufficiente
invitare semplicemente i genitori a qualche riunione
di tipo organizzativo o a qualche conferenza e nem-
meno a quella serie di incontri
che si tengono in preparazione
a qualche sacramento dei figli.
Si tratta invece di accompa-
gnarli passo per passo a ri-
spondere all’amore di Dio con
l’animo che pone Dio al primo
posto, con l’animo che si è la-
sciato accendere dall’annuncio
del Vangelo e che cerca gratui-
tamente giorno per giorno di metterlo in pratica e
con l’animo disposto a comunicare agli altri l’espe-
rienza vissuta.
Il bene va fatto circolare. La lampada va messa
sopra perché illumini tutti coloro che sono in casa.
La fede è un dono e la risposta di ogni persona
deve essere assolutamente libera. Tuttavia i geni-
tori che la accetteranno, contribuiranno a costruire
una comunità cristiana che sia “famiglia di fami-
glie”, “grembo che genera alla fede” e che potrà di-
ventare un riferimento anche per i figli di coloro che
scelgono di non parteciparvi esplicitamente.
In tal modo è pensabile che anche chi rimane sem-
plicemente un “osservatore esterno”, possa diven-
tare in qualche modo interessato fino a esprimere
una qualche richiesta di coinvolgimento.
Questo cammino di fede è la novità più profonda
della iniziazione cristiana.
“La famiglia è l’ambiente educativo e di trasmissione della fede per eccellenza : spetta dunque
anzitutto alle famiglie comunicare i primi elementi della fede ai propri figli, sin da bambini”.
Famiglia diventa ciò che sei! Famiglia credi in ciò che sei!
Don Franco

IV
Il personaggio
Questo mese presentiamo una persona che molti lettori avranno sicuramente incontrato: don Gino Salmaso.
Ad appena 61 anni, l’8 aprile 2011 ha chiuso gli occhi a questa vita terrena, assistito da familiari ed
amici, dopo due giorni di agonia. Si è concluso così un lungo calvario, cominciato nel 2007 con un’ope-
razione dopo la quale il male sembrava essere stato debellato; si è invece ripresentato poco più di un anno
fa. Malgrado tante sofferenze, don Gino ha portato avanti il suo servizio, finchè le forze glielo hanno per-
messo, rendendosi disponibile ad accogliere le confessioni dei suoi numerosi penitenti.
Era nato a Brugine nel 1949 da Domenico e Barzon Maria, nono di undici figli, in una famiglia di profonde
radici cristiane che ha dato alla chiesa anche un altro figlio, don Giancarlo. Ordinato prete da mons. Giro-
lamo Bordignon nel 1974, inizialmente ha prestato servizio come cooperatore presso le parrocchie di
Santa Sofia e del Sacro Cuore in Padova, poi ha lavorato per sei anni accanto a mons. Michieli a Piove di
Sacco.
Ecco come Massimo Rodella lo ricorda:
“Carissimo don Gino,
sono passati molti anni dalla tua esperienza a Piove di Sacco. Allora eri un ragazzo, un sacerdote che af-
frontava le prime difficoltà nella realtà di una parrocchia importante ed impegnativa. Per tutti noi ragazzi
del patronato sei stato una guida, un precet-
tore, un maestro spesso esigente, ma riuscivi
sempre a colpire nel segno e a comprendere
le persone. Molte tue iniziative hanno dato
vigore alle varie attività giovanili e soprat-
tutto grazie alla tua volontà il patronato è di-
venuto il centro della Parrocchia, tutti i giorni
della settimana.
Ricorderemo sempre le tue notti di preghiera
nel duomo illuminato a candela. Ricorde-
remo sempre la tua incredibile spiritualità.
Ricorderemo sempre la capacità e l’espe-
rienza nel preparare la messa e l’Eucarestia.
Oggi, don Gino, non ci sei più, hai intrapreso
il viaggio più lungo, molto più lungo di quel
viaggio che hai affrontato per recarti, quasi in esilio, all’Isola d’Elba, forse senza un motivo, forse senza
la nostra comprensione e riconoscenza.
I nostri vecchi dicevano sempre che chi semina bene avrà un buon raccolto. Per questo, don Gino, ti rin-
graziano in quanto hai valorizzato la nostra adolescenza e ci hai insegnato il valore della spiritualità.
Quando una persona è lontana, ci si aggrappa a tutti i ricordi per sentirla vicina. Questa lontananza forzata
sarà per tutti noi ragazzi del patronato un motivo per abbracciarti e per non dimenticarti.”
Nel 1985 don Gino è stato nominato parroco di Rubbio, sull’altopiano di Asiago, dove ha iniziato la serie
di convegni mariani che radunavano migliaia di persone da tutto il Veneto nel piccolo centro di montagna.
Nel 1992 ha assunto il ministero di parroco a Santa Maria Assunta di Capoliveri, all’Isola d’Elba, nella
diocesi di Massa Marittima, con il vescovo Angelo Comastri, ora cardinale. Qui don Gino ha sperimentato
una realtà molto diversa da quella padovana e ha continuato ad esercitare la sua missione di pastore so-
prattutto nell’adorazione del Santissimo Sacramento, nella devozione alla Madonna, nella disponibilità
alle confessioni.
Maura Puccini di Capoliveri ha voluto trasmetterci una sua testimonianza sul ministero esercitato da don
Gino fino al 1999:
Don Gino Salmaso

V
“Quando il caro don Gino Salmaso arrivò, nel giugno del 1992, nel piccolo paese di Capoliveri
all’Isola d’Elba, sembrò a tutti che non sarebbe rimasto a lungo; la nostra Parrocchia versava in
una situazione spirituale molto penosa a causa dell’avvicendarsi di alcuni Sacerdoti, l’ultimo dei
quali era rimasto in carica solo un anno. Il clima era piuttosto ostile e diffidente e la stagione
estiva ormai iniziata, che aveva come ogni anno falcidiato la presenza dei Parrocchiani in Chiesa, non
faceva presagire niente di buono. Sapevamo che il nuovo Parroco era “in prestito” a tempo determinato
dalla Diocesi di Padova e lui stesso riferirà dopo qualche tempo che l’obbedienza in quel frangente gli
aveva procurato particolare sofferenza e smarrimento, mitigati dal solo pensiero che l’esperienza sarebbe
stata di breve durata e condivisa con il fratello don Giancarlo, che lo seguì, sempre per gentile concessione,
a settembre dello stesso anno.
Invece per grazia di Dio la sua presenza perdurò per ben sette anni, 7 indimenticabili anni, destinati a se-
gnare per sempre il cammino spirituale di molti.
Che don Gino Salmaso non fosse un sacerdote comune, lo si capì subito: era evidente già dalla lunga
tonaca che non lasciava mai, nemmeno in pieno agosto, ma anche dal viso scarno da asceta, dagli occhi
vividi e acuti, capaci di suscitare, in chi lo guardava, sincera riverenza e profondo rispetto.
Entrò nelle nostre famiglie e nelle nostre vite in punta di piedi, ma con lo zelo del pastore cui stanno a
cuore le pecore che gli sono affidate, scardinando con sagacia e costanza la tiepidezza stanca di una fede
sbandierata, ma mai vissuta nella profondità del cuore. Ricorse a tre infallibili armi per accendere le anime
incatenate da legami troppo terreni: l’adorazione Eucaristica più volte alla settimana e per ventiquattro
ore, con turni notturni, il primo venerdì di ogni mese; il Cenacolo Mariano in Chiesa e nelle famiglie e un
costante richiamo alla Confessione frequente.
I suoi sermoni poi erano un campionario di eccellenza per incisività e semplicità; mai banali e retorici,
avevano il potere di penetrare fin nel profondo come “una lama a doppio taglio”; non parlava molto, solo
otto minuti, come svelerà a qualcuno persino cronometrati, per non stancare l’uditorio, ma soprattutto per
non catalizzare l’attenzione su di sé a scapito della centralità nella Funzione della presenza di Cristo, nella
Parola e nell’Eucarestia, che a suo dire era l’unica Presenza da cui non si potevano distogliere il pensiero
e il cuore. La predica, frutto di una lunga preparazione e di non poche sofferenze, come aveva svelato, era
scevra di spiegazioni teologiche e di panegirici saccenti; era ricca, al contrario, di verità evangeliche,
spesso mutuate da esempi e aneddoti, nonché da episodi di fede eroica. Nessuno usciva dalla S. Messa
senza rimanere in qualche modo colpito o addirittura scosso dalle parole di don Gino. Egli era capace di
scuoterci dal torpore e ci interrogava senza mezzi termini su quale strada eravamo disposti ad intrapren-
dere, se quella larga e comoda che solo apparentemente conduce alla felicità, oppure la via stretta e tortuosa
che è in definitiva la sequela di Cristo, l’unica finalizzata alla salvezza dell’anima. Era una domanda cru-
ciale e drammatica, alla quale diventava fondamentale rispondere subito senza indugi perché la conquista
del Regno di Dio è una questione urgente e non procrastinabile.
Lo zelo per le anime e la sete di salvarle lo assillavano tanto e amava ripetere a tutti il valore salvifico
della sofferenza offerta per le anime dei peccatori; esortava apertamente ad offrire senza lamentarsi, seb-
bene poi, con la sensibilità di un padre, non tralasciasse mai di andare a trovare o di sostenere anche ma-
terialmente chi soffriva.
La sua autorevolezza di padre e pastore di anime si impose ogni giorno di più, tanto da attirare numerosi
fedeli anche di altre parrocchie dell’Elba e le funzioni erano seguite da un numero sempre crescente di
anime ferventi.
Che l’Eucarestia fosse per lui tutto, lo si percepiva in modo lampante da come sostava in preghiera e in
grande raccoglimento durante la Consacrazione e dopo la Comunione, tanto che anche i fedeli si abitua-
rono, non senza fatica, ad un lungo e silenzioso ringraziamento in ginocchio. Gesù era il centro dei suoi
pensieri e lo scopo di ogni suo agire: era commovente scoprirlo da solo nella Chiesa deserta, in ginocchio
davanti al tabernacolo, con la testa tra le mani…Disse poi che in quei momenti cercava di riparare alla tie-
pidezza che purtroppo tanti avevano nei confronti di Gesù, offrendogli tutto il suo amore e la sua
Il personaggio

VI
compagnia. Amava con l’amore tenero di un bambino la Madonna che chiamava Mamma e ci in-
vitava costantemente ad affidarci a Lei, come fa un piccolo bimbo fra le braccia della madre, con
fiducioso abbandono. Gli impenitenti e gli atei morenti avevano un bel daffare per “toglierselo di
torno”: li circuiva con ogni stratagemma e non si dava per vinto se non faceva pronunciare loro al-
meno un’Ave Maria. Solo allora diceva soddisfatto:”Li ho salvati dall’Inferno!”
L’eredità che ci ha lasciato, dopo il ritorno nella sua amata Diocesi, nel ’99, è incalcolabile in termini di
ricchezza spirituale; solo Dio può conoscerne l’enorme valore; possiamo solo indegnamente intravvedere
i frutti nel cammino spirituale di molti di noi che, dal suo esempio e dal suo insegnamento, ritengono
ormai indispensabili, come l’aria, la preghiera e la recita quotidiana del Santo Rosario in Chiesa e nelle
famiglie, la frequenza ai Sacramenti e l’affidamento alla Divina Misericordia e al Cuore Immacolato di
Maria.
Don Gino è stato per Capoliveri uno straordinario dono del Cielo, immeritato come tutti i doni di Dio e
forse solo oggi, dopo la sua morte, ne cominciamo a comprendere la portata.
Allora, quando fu richiamato dal suo Vescovo, seppur smarriti e orfani, sentimmo in noi spuntare una cer-
tezza: quella di dover condividere, per amore degli altri fratelli in Cristo, la grazia di Dio, che per anto-
nomasia è gratuita e non si sottopone mai ai mutevoli desideri umani. Con la morte nel cuore lo
accompagnammo con le nostre preghiere ad obbedire ancora una volta alla Volontà di Dio.
Non fu un addio perché anche da lontano amava seguire le sue pecorelle alle quali rimase legato fino alla
fine come un padre con i propri figli e guidava
molti di noi spiritualmente con tanti scritti: ci
esortava a continuare nella preghiera e nella pe-
nitenza, ci incoraggiava a rialzarci dopo le ca-
dute e, come ci disse più volte, ci presentava
direttamente a Dio nell’offerta quotidiana della
S. Messa per fortificarci.
Ora dal Cielo accanto alla Mamma Celeste con-
tinua a seguire e ad intercedere per ognuno dei
suoi tanti figli spirituali sparsi tra la Toscana e il
Veneto e questo pensiero è per noi, che lo ab-
biamo conosciuto ed amato, grande fonte di spe-
ranza e di pace.”
Nel 1999 don Gino è tornato il Diocesi come parroco di Caltana, dove ha svolto il suo ministero per tre
anni. In seguito e fino agli ultimi giorni della sua vita ha svolto l’incarico di rettore della nuova chiesa
Madre di Dio, all’Opera Immacolata Concezione alla Mandria con il compito anche dell’assistenza spiri-
tuale degli ospiti e della comunità delle religiose.
L’esistenza di don Gino è stata caratterizzata dal voto dell’obbedienza, espresso tra le mani del Vescovo il
giorno della sua ordinazione, che lui non ha mai contraddetto, nonostante grandi sofferenze che hanno mi-
nato il suo, pur ascetico fisico. Umile, fedele ed obbediente, si è sempre lasciato accompagnare per mano
da Maria Santissima, che ha tanto amato e fatto amare dalla folta schiera dei suoi fedeli, come responsabile
del Movimento Sacerdotale Mariano del Veneto. La Madonna non gli ha concesso il miracolo della gua-
rigione, ma gli ha dato la grazia di accettare con spirito di fede e di offrire per la Chiesa tutte le sofferenze.
Il punto di forza di don Gino, oltre al Rosario, era l’Eucarestia perché egli di fronte a quel “ divino pri-
gioniero d’amore” esprimeva la parte migliore di se stesso, con un inno incessante di lode e di riparazione
e da qui traeva la sua serenità e la forza del suo incessante operare, nonostante la malattia lo prostrasse.
Grazie don Gino per l’esempio che ci hai donato e per i tuoi insegnamenti!
Ricordati di noi tutti dal cielo.
Il personaggio
Paola

VII
“Studiate il catechismo con passione e perseveranza! Sacrificate il vostro tempo
per esso! Studiatelo nel silenzio della vostra camera, leggetelo in due, se siete
amici, formate gruppi e reti di studio, scambiatevi idee su Internet. Rimanete ad
ogni modo in dialogo sulla vostra fede! Dovete conoscere quello che credete; do-
vete conoscere la vostra fede con la stessa precisione con cui uno specialista di
informatica conosce il sistema operativo di un computer; dovete conoscerla come
un musicista conosce il suo pezzo; sì, dovete essere ben più profondamente radicati nella fede della gene-
razione dei vostri genitori, per poter resistere con forza e decisione alle sfide e alle tentazioni di questo
tempo.”
(Benedetto XVI dalla Premessa)
Maria nello YouCatNel nuovo catechismo della Chiesa cattolica dedicato ai giovani di oggi, si parla di Maria, madre di tutti
noi. E’ sorprendente vedere come vengano proposti interrogativi e risposte concreti che vanno a colmare
quei dubbi, quelle perplessità che anche il giovane cristiano moderno si pone!
Di seguito vi propongo tre punti su Maria presenti nello YouCat:
Perché Maria è anche nostra madre?
Maria è nostra madre perché Cristo, il Signore, ce la
affidò come madre.
«Donna, ecco tuo figlio… Ecco tua madre» (Gv 19, 26a
– 27b). Queste parole, che Gesù pronunciò sulla croce
rivolto a Giovanni, sono sempre state intese dalla Chiesa
come un affidamento di tutta la Chiesa a Maria. A que-
sto modo Maria è anche nostra madre; possiamo quindi
invocarla e chiederle intercessione presso Dio.
Che cosa possiamo imparare dal
modo di pregare di Maria?
Imparare a pregare da Maria si-
gnifica concordare con la sua pre-
ghiera: «Avvenga di me secondo la
tua parola» (Lc 1,38); la preghiera
è in fondo una donazione che ri-
sponde all’amore di Dio; quando
diciamo di sì come Maria, Dio ha
la possibilità di vivere in noi la sua
vita.
Maria può veramente aiutarci?
Sì. Che Maria ci aiuti è cosa sperimentata fin dall’inizio della Chiesa e milioni di cristiani lo at-
testano.
In quanto madre di Gesù Maria è anche nostra madre; le buone madri intervengono sempre per i loro
figli; […] poiché il suo amore nei nostri confronti non viene mai meno, possiamo essere certi che lei
interverrà in nostro favore nei due momenti più importanti della nostra vita: «adesso e nell’ora della
nostra morte».
“Nel cielo abbiamo una madre… essendo in Dio e con Dio, è vicina ad ognuno di noi, conosce il nostro
cuore, può sentire le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data proprio come
“madre”, alla quale possiamo rivolgerci ogni momento”. (Papa Benedetto, 15.08.2005)
Seguiamo l’esempio di Maria, che ha saputo far proprio il Vangelo; impariamo a pregarla ed ascoltarla
come ci ha suggerito suo figlio Gesù!
La pagina dei Giovani
YOUCAT (YOUTH CATECHISM)
Per conoscere e vivere la fede della Chiesa
Erica

VIII
Rievocare, verbo latino che letteralmente significa richiamare alla memoria altrui e propria; chi rievoca
ha lo scopo di portare all’attenzione del momento un avvenimento più o meno recente, con lo scopo di
farne memoria perché non venga sepolto dall’inesorabile trascorrere degli anni che portando altri fatti,
altri avvenimenti fanno depositare una patina di polvere su quello che è stato.
Il Santuario Madonna delle Grazie si è reso testimone di molti avvenimenti che lo riguardano, in quasi
cinquecento anni di storia che lo vedono essere il Santuario Mariano per eccellenza nel territorio della
Saccisica, ed è per questo che un gruppo di Attori improvvisati sotto l’esperta guida della regista Ornella
Marin Ranzato hanno pensato di far rivivere e
quindi rievocare fatti storici avvenuti con cer-
tezza negli anni trascorsi, portarli in scena, e far
memoria popolare della Storia del Santuario Ma-
donna delle Grazie. Questo è cominciato cinque
anni orsono(2007), e rispettivamente sono andati
in scena il momento storico in cui il Papa Inno-
cenzo VIII,il 24 novembre 1484, dette decreto
per far costruire la chiesa a seguito di un evento
miracoloso che vede Maria parlare per bocca di
un neonato, per porre termine a una lite fra due
fratelli per il possesso del quadro del Bellini.
Nel 2008 andò in scena la vendita all’incanto del
santuario al nobile veneziano Querini e il suo salvataggio per mezzo di una confraternita appositamente
costituita; segno della devozione dei fedeli che non volevano veder chiuso il luogo sacro per pregare
Maria.
Nel 2009 si rappresentò la peste che colpì il Piovese e il voto fatto dai notabili del tempo e da tutta la
popolazione, il 6 maggio 1631 voto che portò a un bassissimo numero di morti rispetto alle popolazioni
limitrofe, segno che in momenti in cui il male imperversa e non si trovano soluzioni ricorrendo alla Ver-
gine non si rimane inascoltati.
Il 2010 vide in scena l’alluvione straordinaria che colpì nel 1847 il piovese, momento che trovò il San-
tuario invaso dall’acqua, e subito si pensò di
Salvare l’immagine di Maria; con una pro-
cessione di Barche fu portata in duomo e vi
rimase per circa due mesi, finchè le acque
non si ritirarono e il Santuario fu nuova-
mente aperto ai fedeli.
Quest’anno 2011 l’avvenimento che è stato
portato in scena riguarda L’INCORONA-
ZIONE DELLA VERGINE MARIA A
REGINA DELLA SACCISICA.
Avvenne il primo Giugno 1947 quindi storia
abbastanza recente. Molte persone che vi
hanno assistito allora da piccolissime, hanno
potuto veder rievocata e quindi portata alla luce una storia che la polvere aveva nascosto ma che subito è
risultata vivida nei ricordi.
La seconda guerra mondiale ha segnato profondamente la vita e la mentalità dei nostri nonni, è difficile
a volte far capire ai giovani come si sono formati gli anziani, quali situazioni difficili hanno dovuto af-
Rievocazione Storica 2011:
Incoronazione di Maria a Regina della Saccisica
Dal Santuario

IX
frontare nella loro giovinezza, questo è uno dei temi affrontato con la rievocazione di quest’anno.
Siamo nel 1943, il conflitto mondiale imperversa, la popolazione cerca di sopravvivere come può
alla violenza della guerra, ne troviamo racconti nel libro di Danila Carraro De Lazzari dal quale
abbiamo estrapolato alcune scene che gli attori hanno fatto rivivere. Ma seppur i tempi siano
drammatici i Piovesi spronati dalla forza di volontà di Monsignor Enrico Migliorin allora arciprete del
Duomo di Piove di Sacco, danno inizio a una raccolta di piccoli monili d’oro per le grazie ricevute.Sono
pronti a onorare la solenne promessa della parrocchia di Piove di Sacco al cuore immacolato di Maria
PER OTTENERE GRAZIE SPECIALI NEI PRESENTI TRISTISSIMI MOMENTI. La solenne pro-
messa fatta dal Migliorin il 16 maggio del 1943 prevedeva l’incoronazione della Madonna delle Grazie
con una corona d’oro, “la più bella che avessimo potuto offrirle”.
Siamo quindi giunti nel 1947 la guerra termina e i disagi della popolazione sono ancora visibili ma
Piove volle ugualmente assolvere la promessa fatta ponendo sul capo della Madonna delle Grazie una
corona d’oro massiccio con 450 gemme preziose. Alla cerimonia parteciparono circa 50mila fedeli pro-
venienti da ogni parte della Saccisica. Fu incoronata dal Vescovo Carlo Agostini in quella che a tutt’oggi
si chiama piazza dell’Incoronata.
Tutto questo è andato in scena il 29 maggio 2011 nel Santuario della Madonna delle Grazie, gli attori
volontari erano una trentina e hanno rievocato episodi di guerra. Supportati da numerose comparse,
hanno fatto rivivere il momento dell’incoronazione e la processione che ne seguì.
Il momento solenne dell’incoronazione è stato davvero emozionante il “Coro Madonna delle Grazie”
intona i canti (originali dell’epoca) e gli spettatori si uniscono con gioia al canto, quasi fosse stato il
vero momento, L’altare si riempie di stendardi e il canto esplode come allora, le persone anziane conti-
nuano a ripetere: ” così, proprio così è stato”. Questa frase ci ha fatto capire che avevamo fatto “centro”
abbiamo rispettato l’avvenimento storico.
Un altro tassello di storia del Santuario è venuto alla luce per chi non lo conosceva. Alla prossima e un
grazie a tutti i volontari,(attori finti frati e prelati, popolane, sarte scenografi, collaboratori) all’Associa-
zione Madonna delle Grazie e al CTG artefici dell’iniziativa.
Nel nostro Santuario si ritrova mensilmente un gruppo di suore del nostro territorio.
Sono le suore che troviamo nelle scuole materne, che
sono presenti negli ospedali, nelle case di riposo, che
ci aiutano a pregare, che visitano gli ammalati, che
collaborano con i parroci nelle attività pastorali, che
sono catechiste.
Molti di noi non possono dimenticare le nostre espe-
rienze d'infanzia segnate da tanto bene ricevuto dalle
nostre care suore.
Nella spiritualità classica un posto di notevole valore
occupa il momento di ritiro spirituale.
Le consacrate vivono questa scadenza mensile per
un approfondimento spirituale guidate da un sacer-
dote per interiorizzare e riflettere.
Raccolte nel silenzio del Santuario, casa di Maria, ritrovano la forza di superare le difficoltà nel nome di
Gesù, secondo il carisma dei loro fondatori, per guardare avanti, nel segno della speranza per tutti.
Patrizia
Mara
Le Suore in visita al Santuario

X
Cronache
La cittadinanza da pochi giorni ha concluso i festeggiamenti per il 50° anniversario di sacerdozio di Mons.
G. Facchin e la Comunità delle Grazie sente il desiderio di esprimere alcune considerazioni, riassumere
piacevoli situazioni con Lui condivise, ringraziarlo, ed allo stesso tempo divulgare alcuni preziosi consigli
ricevuti dal nostro vicario.
Lo scorso anno, nel periodo di assenza dalla parrocchia di Don Franco, abbiamo avuto numerosi incontri
con Don G. Facchin, momenti importanti per conoscersi e confrontarsi. Nelle varie riunioni dei Consigli
Pastorale e degli Affari Economici, dallo stesso presiedute, nei periodici incontri preparatori alla Missione
Cittadina e pure agli incontri vicariali. Buona parte delle persone che non lo conoscevano hanno potuto
apprezzare le indubbie capacità di Pastore, la Sua semplicità e fermezza, la capacità di sintesi e schiettezza
espositiva, nei concetti e nella loro trasposizione nel vissuto quotidiano. Una persona forte, sempre in
ascolto e disponibile al dialogo; affrontato con attenzione e, certo grazie anche all’esperienza di Vita degli
anni passati in Missione, al temine degli incontri non mancano mai le Sue analisi finali cariche sì di Fede
ma soprattutto impregnate di ottimismo e Fiducia nello spirito
di Comunità.
Un Pastore, Mons. Facchin, eclettico. Diverse le esperienze,
non solo canoniche o religiose, intraprese in ambiti diversi,
che hanno possibile nel Duomo e nelle Parrocchie della Mis-
sione Cittadina una collaborazione diffusa ed una circola-
zione di idee e talenti diversi. Certo è lo spirito della Missione
Cittadina, preti e laici che lavorano e portano la Parola di Dio
al prossimo ma lavorare in Comunità non è facile ed ogni pro-
getto va seguito passo dopo passo.
Il buon Pastore è colui che lascia esprimere le capacità, mo-
tiva i volontari, coinvolge i giovani, arricchisce i gruppi, re-
sponsabilizza le Famiglie: segue da lontano, apparentemente.
Nel concreto il Pastore favorisce la fioritura del Bene, tra i
fedeli, all’interno delle Comunità cristiane.
Si è potuto percepire, con Mons. G. Facchin, una pastorale di
grande e rinnovato respiro. Gli obiettivi della Chiesa non sono
sempre ben chiari a chi non ha una Fede profonda ma quando le esperienze di Vita, le testimonianze ed i
messaggi genuini vanno nella giusta direzione e la progettualità é il Bene Comune allora si è nel giusto
sentiero.
Noi, Parrocchia Madonna delle Grazie, ci auguriamo di poter continuare a collaborare con le Parrocchie
del territorio, in viaggio verso una Comunità unita, con le nostre evidenti incomprensioni ma nei propositi
e negli obiettivi piano, piano lasceremo cadere i pesi dell’egoismo e dell’orgoglio per caricarci dei giusti
intenti per desiderare e realizzare il Bene e l’Amore verso il prossimo.
Ringraziamo Mons. G. Facchin per la Sua profonda umanità, esprimiamo grande stima per la Fede che ci
ha trasmesso, ancora una volta, e chiediamo allo Spirito Santo di rimanere a nostro fianco per darci forza
e coraggio nel progetto futuro della nostra Comunità.
UN DONO ACCOLTO E VISSUTO IN 50 ANNI
COME PASTORE
Manlio
