Resoconto tavolo riuso. Ferrara 11/11/16

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PRIMO INCONTRO TAVOLO NAZIONALE RIUSO DI SPAZI E BENI INUTILIZZATI: COERENZA QUADRO NORMATIVO E AMMINISTRATIVO, E MODELLI DI INTERVENTO PRATICABILI Ferrara, 11 novembre 2016 Sala Alfonso I D’Este, Castello Estense, Ferrara a cura di Cittadinanzattiva in collaborazione con èFerrara Urban Center – Comune di Ferrara con i contributi di Regione Emilia-Romagna, legge 3/2010 Indice: Premessa Finalità e metodologie Partecipanti Tavolo Riuso Temporaneo Riuso temporaneo – fase 1 Riuso temporaneo – fase 2 Tavolo Riuso Continuativo Riuso continuativo – fase 1 Riuso continuativo – fase 2 Plenaria finale Sintesi Tavolo Riuso Temporaneo Sintesi Tavolo Riuso Continuativo Confronto e valutazioni in plenaria

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PRIMO INCONTRO TAVOLO NAZIONALE RIUSO DI SPAZI E BENI INUTILIZZATI:

COERENZA QUADRO NORMATIVO E AMMINISTRATIVO, E MODELLI DI INTERVENTO PRATICABILI

Ferrara, 11 novembre 2016

Sala Alfonso I D’Este, Castello Estense, Ferrara

a cura di Cittadinanzattiva

in collaborazione con

èFerrara Urban Center – Comune di Ferrara

con i contributi di Regione Emilia-Romagna, legge 3/2010

Indice: Premessa Finalità e metodologie Partecipanti Tavolo Riuso Temporaneo

Riuso temporaneo – fase 1 Riuso temporaneo – fase 2

Tavolo Riuso Continuativo

Riuso continuativo – fase 1 Riuso continuativo – fase 2

Plenaria finale Sintesi Tavolo Riuso Temporaneo

Sintesi Tavolo Riuso Continuativo Confronto e valutazioni in plenaria

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PREMESSA Finalità e metodologie

L’incontro di venerdì 11 novembre 2016 “Riuso di spazi e beni inutilizzati, coerenza quadro normativo e amministrativo, modelli di intervento replicabili” si inserisce all’interno di un processo coordinato e sviluppato da Cittadinanzattiva con una rete di realtà nazionali, e nasce in continuità con un precedente workshop tenutosi a Roma lo scorso 5 aprile , dal titolo “Il recupero dei beni pubblici inutilizzati e la valorizzazione del territorio: l’art.24 come opportunità per una gestione partecipata attraverso la sussidiarietà circolare”. Il Comune di Ferrara decide di ospitare il tavolo nazionale come momento formativo del processo partecipativo “Officina dei Saperi” finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e sviluppato da éFerrara Urban Center. L’organizzazione della giornata prevede la divisione dei partecipanti in due gruppi di lavoro. La prima fase dei lavori si concentra sui provvedimenti normativi a partire da un caso concreto di riuso, la seconda fase si concentrerà su possibili modelli territoriali. A chiudere l’incontro la restituzione in plenaria delle riflessioni dei due gruppi e le conclusioni a cura di Cittadinanzattiva.

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Partecipanti RETE NAZIONALE

1) Werther Albertazzi (Ass. Planimetrie Culturali), 2) Emma Amiconi (Direttore Fondazione Fondaca), 3) Luca Canessa (Segretario Comunale Alghero), 4) Andrea Carnoli (Ass. Planimetrie Culturali) 5) Valentina Condò (Relazioni Istituzionali, Cittadinanzattiva) 6) Anna Rita Cosso (Vice Presidente Cittadinanzattiva) 7) Margherita D’Andrea (Avvocato – Napoli) 8) Annibale D’Elia (Esperto politiche pubbliche) 9) Isabella Inti (Ass. Tempo riuso) 10) Annalisa Mandorino (Vice Segretario generale Cittadinanzattiva) 11) Giuseppe Micciarelli (Ricercatore, Università di Salerno) 12) Alfonso Raus (Esperto processi partecipativi, Cittadinanzattiva) 13) Donatella Venti (Coord. Comm. Governance e Diritti cittadini, INU)

COMUNE DI FERRARA 14) Antonio Barillari (Dirigente Ufficio di Piano) 15) Ilenia Crema (Urban Center) 16) Anna Rosa Fava (Portavoce del Sindaco, Urban Center) 17) Roberta Fusari (Assessore Partecipazione e Rigenerazione Urbana) 18) Dumitru Grubii (Fotografo) 19) Dario Lo Mastro (Ufficio Patrimonio) 20) Davide Manfredini (Ufficio Progettazione Urbana) 21) Silvia Mazzanti (Ufficio di Piano) 22) Chiara Porretta (Urban Center) 23) Stefano Stortone (Esperto Bilancio Partecipativo)

RETE LOCALE 24) Riccardo Annicchiarico (Laureando, Tesi sul riuso temporaneo) 25) Fabio Avolio (Centro Sociale “La Resistenza”) 26) Dario Domante (progetto Alc.Este Bulding communities) 27) Sergio Fortini (Coop. città della Cultura | Cultura della città) 28) Riccardo Gemmo (Ass. ilturco) 29) Maria Giovanna Govoni (Consorzio Wunderkammer) 30) Luca Lanzoni (Coop. città della Cultura | Cultura della città) 31) Andrea Malaguti (Ass. ilturco) 32) Maria Vittoria Mastella (prog. Alc.Este Bulding communities) 33) Giulia Nascimbeni (Ass. ilturco) 34) Marco Negri (Factory Grisù, consorzio di imprese) 35) Francesca Paron (Dirigente Emilia Romagna – partecipazione) 36) Marco Polastri (Ass. ilturco) 37) Marcella Zappaterra (Consigliere Regione Emilia-Romagna) Giovanni Ginocchini (Urban Center Bologna) [assente] Manfredi Patitucci (Ass. Basso Profilo) [assente]

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TAVOLO SUL RIUSO TEMPORANEO Caso studio:

Associazione Planimetrie Culturali Relatori del caso studio:

Werther Albertazzi e Andrea Carnoli Facilitatore

Alfonso Raus

Partecipanti: Werther Albertazzi, Riccardo Annichiarico, Antonio Barillari, Andrea Carnoli, Anna Rita Cosso, Anna Rosa Fava, Roberta Fusari, Isabella Inti, Luca Lanzoni, Annalisa Mandorino, Davide Manfredini, Silvia Mazzanti

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Riuso temporaneo - FASE 1

Presentazione dei casi studio di Planimetrie Culturali a Bologna

Planimetrie culturali http://www.planimetr iecultural i.org

Senza filtro

In un immobile di 12.000 mq si sono insediate più di venti associazioni, prevalentemente legate al volontariato e al sociale (servizi di welfare sostitutivo). L'immobile, di proprietà privata, è stato concesso in comodato d'uso gratuito con contratti della durata di due anni, poi rinnovati. Il valore aggiunto dell'operazione consiste nelle contaminazioni reciproche instauratesi tra i soggetti, a dimostrare che la dimensione spaziale (il contenitore) non è l'obiettivo in sé ma un acceleratore, e che il bene comune è il sistema di relazioni e servizi generato. A garanzia del soggetto proprietario, con il contratto l'associazione Planimetrie Culturali si assume ogni onere burocratico (e responsabilità connesse) e si occupa della predisposizione degli spazi e dell'individuazione dei soggetti da insediare.

Centro Commerciale Minganti

Il progetto nasce dall’ esigenza di una multinazionale di rilanciare un centro commerciale in crisi, situato in un quartiere multietnico con una rete di commercio di vicinato consolidata. Planimetrie Culturali è stata contattata dal gestore al fine di studiare meccanismi per “accattivarsi” il vicinato. La proposta ha previsto la realizzazione di un babe skate park gratuito, attraverso l'unione di spazi commerciali vuoti adiacenti. La creazione di un luogo di aggregazione ha portato a ricadute positive dal punto di vista economico per i negozi aperti. Dopo due anni, la nuova proprietà ha interrotto l'attività.

Abitazione privata abbandonata (progetto in corso)

Il progetto nasce dall’esigenza per la proprietà di trovare un custode ed evitare problemi con la Questura. Si è così stipulato un contratto di comodato ad uso abitativo gratuito della durata di tre anni. È un progetto di inclusione sociale temporanea che crea uno strumento di ammortizzazione sociale per consentire a soggetti in difficoltà di beneficiare di tre anni di tempo per riattivarsi.

Presentazione di alcune esperienze a cura di Temporiuso

Magazzini Generali

Fabbricato all'interno delle aree Falck, di 3000 mq su due piani, ristrutturato e in parte in uso.

AZIONE: Evento di riapertura alla città dell'area dopo 30 anni di inaccessibilità (Archeo BikeTour). Iniziativa di grande valore simbolico e impatto emotivo. Il valore dell’azione è anche meta progettuale perché ha delineato nuove vocazioni per l’area.

AZIONE: Redazione di un piano economico per l'intervento all'interno del fabbricato, che valutasse i costi di manutenzione e gestione. Il piano è stato messo a bando per la selezione dei soggetti da insediare, attivi nel campo del design e della moda. Questi soggetti hanno stipulato una sorta di patto di scambio che prevede la restituzione di servizi alla città una volta al mese.

Ex aeroporto Tempelhof a Berlino AZIONE: Apertura progressiva dell'area, trasformata in parco riducendo al massimo gli interventi: messa in sicurezza, arredo urbano, grafica su asfalto preesistente. Centralità del fattore Tempo.

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TAVOLO SUL RIUSO CONTINUATIVO

Caso studio: ex Asilo Filangieri, Napoli

Relatori del caso studio: Margherita D’Andrea e Giuseppe Micciarelli

Facilitatrice:

Donatella Venti Partecipanti:

Emma Amiconi, Fabio Avolio, Valentina Condò, Ilenia Creama, Margherita D’Andrea, Annibale D’Elia, Dario Domante, Sergio Fortini, Riccardo Gemmo, Dario Lo Mastro, Andrea Malaguti, Maria Vittoria Mastella, Giuseppe Micciarelli, Giulia Nascimbeni, Marco Negri, Francesca Paron, Chiara Porretta, Marco Polastri, Stefano Stortone, Marcella Zappaterra. Zappaterra Marcella

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Riuso continuativo - FASE 1

Presentazione del caso studio dell’ ex Asilo Filangieri di Napoli a cura di Giuseppe Micciarelli (ricercatore) e Margherita D’Andrea (avvocato)

L’ ex Asilo Filangieri è un palazzo del 1500 nel cuore del centro storico di Napoli, occupato nel marzo del 2012 da un gruppo di lavoratori dell’arte, della cultura e dello spettacolo, ed oggi gestito da una comunità aperta ed eterogenea, che ha elaborato in via autonoma una regolamentazione del bene pubblico, ispirandosi e trasformando l’antico istituto giuridico dell’uso civico. La “Dichiarazione di uso civico e collettivo urbano” (vedi allegato) è finalizzata a garantire sia l’attraversamento e la fruizione dello spazio, da parte di tutti gli abitanti della città e, in particolare, i lavoratori dell’arte della cultura e dello spettacolo che rappresentano “la comunità di riferimento” individuata del bene.

Il principio portante non è solo garantire il diritto di accesso, ma anche quello più importante, e complesso, di co-decisione sulla destinazione degli spazi e la gestione delle attività, realizzando un complesso di norme volte a strutturare la partecipazione collettiva in modalità assembleare.

Alla fine di un lungo iter, amministrativo, politico e di studio, con la delibera di Giunta n. 898 del 29 dicembre 2015 (vedi allegato), il Comune di Napoli ha recepito la Dichiarazione de L’Asilo, scritta ed elaborata dagli attivisti, all’interno del quadro delle proprie disposizioni giuridiche, allegandola all’atto amministrativo emanato, in quanto espressione piena del concetto di “redditività civica”1 connessa alla realizzazione della mole di attività compiute all’interno del bene comune, attraverso sette tavoli di lavoro aperti e partecipati.

In altre parole:

“…le risorse economiche che la pubblica amministrazione spende per il mantenimento del bene sono inferiori rispetto a quelle che spenderebbe se volesse realizzare direttamente gli eventi

culturali programmati”.

Si sperimenta dunque un modello di gestione diretta del bene che trasforma i fruitori dell’arte in soggetti attivi nel governo dello spazio. Per arrivare a questo risultato, è stata necessaria l’elaborazione di una nuova “ratio” per l’utilizzo e la gestione di un immobile pubblico perché i meccanismi esistenti sembravano non essere adeguati. Ad oggi infatti, se è possibile sintetizzare, esistono due grandi famiglie di normative di riferimento, per l’uso di un immobile pubblico:

a) Le assegnazioni e gli affidamenti di immobili anche con fitti agevolati, ambito fortemente messo in discussione sia dalle finanze pubbliche sia perché questi affitti sono sempre più spesso vicini ai valori di mercato;

b) I cd. Patti tra pubblica amministrazione e cittadinanza.

Entrambe devono fare i conti con gli obblighi di corretta gestione dei bilanci dei comuni, che si traducono nella messa a reddito dei beni pubblici, alienazioni e cartolarizzazioni.

Le esperienze di cittadinanza che nascono dal conflitto sociale, come può essere ad esempio l’occupazione di un immobile abbandonato, per ragioni politiche e amministrative hanno difficoltà a muoversi all’interno di un simile quadro costituito, che contestano ab origine. Nel caso dell’Asilo di Napoli alla riappropriazione del bene, sottratto alla gestione chiusa e fallimentare della fondazione Forum delle Culture, è seguita la scelta, da parte degli originari occupanti, di perseguire l’obiettivo della restituzione al territorio cittadino di un luogo che promuovesse la libera espressione della cultura, e fornisse spazi attrezzati, al fine anche di diminuire le difficoltà connesse al lavoro specifico nel settore dell’arte e della cultura.

La messa in comune dei mezzi e strumenti di produzione è una scelta politica innanzitutto, ma anche economica e relazionale. In altre parole, non si è trattato di un gruppo di persone, un collettivo, che ha occupato uno spazio allo scopo, che può essere anche meritorio, di realizzare un

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certo tipo di attività sociali e culturali; l’obiettivo politico è invece quello di sviluppare sistemi di condivisione, cooperazione e mutualismo.

Ma, una simile formula è per certi versi ostacolata dalle normative esistenti, che nel caso di soggetti collettivi li obbliga ad essere chiaramente individuabili come associazioni e società, a scapito di gruppi informali e soprattutto del ricambio costante degli stessi e della nascita di un sentimento, in senso lato, comunitario dell’uso degli spazi comuni.

In casi analoghi, quando ci sono amministratori che capiscono il senso di queste esperienze di solito il massimo che si riesce a fare è una Convenzione o un’assegnazione, con la quale i soggetti concessionari sono costretti a creare un’Associazione, assumersi oneri di gestione ordinaria e straordinaria incompatibili con attività sociali e non vincolate al versamento di quote o denaro. Dietro simili accordi inoltre corre il rischio di deresponsabilizzazione del pubblico, e di nascondere accordi di tipo clientelare o collegati soltanto da un Patto Politico o clientelare.

Anche per questi motivi, la comunità dell’Asilo di Napoli ha immaginato di costruire delle soluzioni sul terreno giuridico, arrivando ad elaborare un nuovo istituto, mutuandolo da uno antico: tutto a partire da una rivendicazione, da una prassi concreta, e con un successivo dialogo instaurato con la pubblica amministrazione. Un processo di teoria (scientifica e artistica) ed insieme pratica. Un discorso legato anche alla teoria dei beni comuni, definito dalla delibera come “emergente”, nel senso di implementare la definizione proposta dalla Commissione Rodotà, per includervi la partecipazione diretta dei cittadini al governo di questi beni come elemento qualificante della categoria.

Così, il Comune di Napoli con l’Amministrazione De Magistris, dopo un lungo processo è riuscito a riconoscere questa forma definita di “auto-normazione civica” elaborata, in tavoli di scrittura pubblica della comunità dell’Asilo, costruendo nel tempo, di delibera in delibera (almeno cinque delibere), un processo decisionale arricchito e sostenuto da dossier che esplicitano nel concreto l’elenco delle attività e il numero di cittadini raggiunti.

Importante sottolineare ancora una volta come la partecipazione a tutte le attività, dai laboratori, alle residenze artistiche ai vari eventi sia sempre aperta a tutti, e che ognuno contribuisce secondo la logica del dono, e chiunque può parteciparvi gratuitamente.

Per l’organizzazione delle attività sono sviluppate due Assemblee: L’ Assemblea di gestione e l’Assemblea di indirizzo:

- L’ Assemblea di gestione si tiene ogni lunedì per raccogliere le proposte di tutti i partecipanti, è un’assemblea pubblica. Le proposte non vengono valutate nei contenuti – pur nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nella Dichiarazione, tra cui l’uguaglianza, l’antifascismo e antirazzismo, l’antisessismo - ma ascoltate e messe in relazione, all’interno dei tavoli tematici, con altre proposte, in modo da generare un arricchimento in termini individuali e collettivi. In questo senso, la valutazione è di tipo logistico- organizzativo, legata alla gestione pratica dello spazio, il quale non viene quindi “affittato”, ma utilizzato in maniera condivisa, anche nella creazione delle attività. In ultimo, per garantire l’eterogeneità, l’Asilo non ospita incontri interni promossi da partiti politici.

- L’ Assemblea di indirizzo è quella che coinvolge le persone che, in base ad un criterio legato soltanto al dato meramente temporale del loro accesso, si occupano di amalgamare il processo nella sua interezza, coordinando le attività logistiche, di comunicazione e di programmazione. È l’Assemblea che definisce l’indirizzo che l’Asilo assume. L’Asilo ha un indirizzo politico ma non partitico, inteso cioè solo nel senso di promuovere l’idea di una condivisione e cogestione orizzontale e non gerarchica degli spazi, nel quadro di principi molto larghi che devono essere condivisi come l’antifascismo, l’anti sessismo e l’antirazzismo. Il collettivo che promosse l’azione iniziale si è sciolto e si è trasformato in comunità che promuove forme di partecipazione diretta, in un contesto di crisi del principio della delega. La dichiarazione di uso civico regola appunto questa forma di partecipazione attraverso un complesso sistema di regole che tenta di realizzare un uso comune che rappresenta uno spaccato paradigmatico della sfida democratica.

Infine, i tavoli di lavoro sono il cuore degli organi di autogoverno, perché il loro compito è quello di permettere la discussione dettagliata delle attività. Ad oggi sono sette: autogoverno, infrasuoni, arti della scena, biblioteca, tavolo sociale, tavolo cinema, logistica. Nascono soprattutto con la finalità di condividere le esperienze di persone che condividono lo stesso lavoro, e che normalmente nel settore culturale sarebbero spinti a considerarsi come concorrenti.

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In conclusione, l’occupazione dello spazio aveva nelle finalità del gruppo iniziale un valore simbolico, sarebbe dovuto durare soltanto tre giorni. Questi giorni sono ora diventati quasi cinque anni…

Il problema reale che si è dovuto affrontare in questi anni non è stato tanto quello della legittimazione politica, riconosciuta da un attraversamento costante di attività e persone. In questo senso, la legittimità dell’azione è nel suo essere pubblica, e il suo valore è proporzionale al numero delle persone coinvolte, una vera e propria forma di gestione civica e collettiva di un bene.

La cosa più difficile è stata quella di sperimentare delle modalità di gestione ed organizzazione non solo nella prassi, ma anche nel mondo del diritto, in modo che questo uso fosse riconosciuto per quello che effettivamente è: una cosa molto diversa dall’assegnazione esclusiva ad un soggetto, ma il regolamento d’uso2 per un insieme ampio e potenzialmente sempre aperto di persone.

Note: 1_ E nello specifico, dalla medesima Relazione Tecnica “… La Civica Amministrazione per garantire apertura e fruibilità della struttura in argomento spende ogni anno in media circa 315.000,00 euro nell’attuale assetto organizzativo. A questa cifra occorre aggiungere i costi di manutenzione dei numerosi impianti tecnologici di cui è dotata la struttura e che possono essere quantificati in circa 10.000,00 euro l’anno. Occorre premettere che i costi emersi al termine dell’analisi sono risultati decisamente inferiori (in ragione di tre quarti) a quelli sostenuti dalla Civica Amministrazione in situazioni analoghe. Occorre considerare che la Civica Amministrazione non sostenga i costi per approvvigionare la struttura medesima dalle attrezzature occorrenti a realizzare a realizzare la programmazione delle attività che invece, sono fornite direttamente dalla comunità. Né tantomeno la Civica Amministrazione sostiene i costi relativi all’apporto di figure professionali specifiche che tra l’altro, allo stato, non sarebbero neanche reperibili tra i dipendenti, limitandosi a garantire apporti manutentivi (ordinari e straordinari), fornitura di consumabili, pulizie e nettezza, utenze, sorveglianza. Con il presente provvedimento, d’altra parte, la Civica Amministrazione lascia inalterato l’impegno economico sostenuto sino ad oggi per la struttura. Se insieme a ciò si considerano tutti gli elementi emersi dall’analisi pocanzi svolta, i costi sostenuti per garantire l’apertura e la fruizione appaiono pienamente compensati da una redditività civica rilevante. …”

Dott. Fabio Pascapè - Comune di Napoli - Dirigente Servizio Patrimonio e Responsabile Unità di Progetto Beni Comuni - Relazione Tecnica allegata alla Delibera n° 893 del 29/12/2015

2_Dal Documento “Cos’è l’Asilo – ottobre 2016” “…Il regolamento, scritto collettivamente durante un tavolo di lavoro pubblico al quale hanno partecipato, oltre agli abitanti dell'Asilo, numerosi studiosi e giuristi, è lo strumento attraverso il quale diamo veste a questa nuova forma di autogoverno. Ispirandosi a un’interpretazione estensiva degli usi civici - un’antica istituzione che ha garantito nel tempo l’uso collettivo da parte di determinate comunità di alcuni beni, quali boschi, fiumi, mulini, frantoi – esso intende elaborare un modello di gestione dei beni pubblici che ne faccia rivivere la funzione sociale, garantendo l’autogoverno, l’accessibilità, l’imparzialità e l’inclusività nell’uso degli spazi e degli strumenti di produzione, mediante pratiche decisionali condivise…

Presentazione del caso Factory Grisù, Ferrara Factory Grisù, Ferrara

Con l’esperienza di Factory Grisù a Ferrara si è cercato di costruire un percorso pubblico-privato per rigenerare un immobile in disuso e per permettere la crescita di imprese, che non avevano una sede, in una logica di integrazione e sviluppo del quartiere. La soluzione trovata è stata quella del Contratto di comodato d’uso non oneroso con le imprese. Il Contratto di comodato d’uso ha funzionato meglio della Convenzione. Da quel contratto iniziale si è avviato un percorso virtuoso, i finanziamenti regionali hanno permesso di recuperare l’edificio, sono stati fatti degli interventi di miglioramento per permettere l’accessibilità ad esempio, o la messa in sicurezza sismica. Per la scelta delle imprese si è passati attraverso un bando per manifestazione d’interesse, altre imprese interessate non c’erano perché lo spazio era in pessime condizioni. Ad oggi, il consorzio di imprese è un consorzio aperto e apre delle call per altre aziende che possono aggiungersi, l’obiettivo è proprio quello di favorire una rotazione delle imprese.

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CONCLUSIONI – PLENARIA FINALE

RIUSO CONTINUATIVO – SINTESI A cura di Donatella Venti

Siamo partiti dai casi ma ci siamo ancorati a principi generali. Le buone pratiche analizzate riguardano due grandi contenitori in contesti urbani pubblici. Non abbiamo analizzato contesti e comunità rurali.

Premessa e condizione:

E’ fondante avere un CONTESTO CULTURALE favorevole: è fondamentale agire innanzitutto in termini di processo culturale.

Elemento di analisi: Come valutare la bontà di quello che si fà e come questo è fondante per i processi?

Problema emerso:

La responsabilità dei soggetti pubblici e privati, nel momento in cui la legge ostacola.

Riflessioni: a) Verità : le operazioni di affidamento devono essere lineari b) Processi aperti: non importa che quel processo continui per sempre, ciò che è importante è la

sua riproducibilità. c) Riconoscersi: tutti nell’idea progettuale d) Oggettivazione dei criteri: è necessario superare i discorsi sulle griglie di valutazione, la

valutazione deve essere nel processo, in itinere, sul come e) Le buone pratiche sono differenti: da un lato i processi avviati dalla comunità, dall’altro

quelli avviati la p.a.: sono due processi completamente diversi. Dato che le p.a. sempre di più avranno scarsità di risorse, il ruolo dell’ente pubblico è quello di accompagnare i processi.

f) La visione di città futura: è un modo nuovo di costruire la città. g) Uscire dalla bulimia della rigenerazione: lasciare che ci siano dei contenitori non rigenerati ti

permette di avere un processo che si sviluppa nel futuro. h) Responsabilità pubblica dei beni privati: non è detto che il bene di uso comune sia quello

pubblico, c’è da affrontare anche il tema della responsabilità pubblica di chi possiede un bene privato.

i) L’importanza della governance è contrastare l’uso privatistico del bene pubblico j) Agency territoriale: ce n’è bisogno? Non abbiamo risposto. Abbiamo immaginato un processo

legittimato di ascolto permanente dei vari processi di gestione, un processo di nel quale devono essere necessariamente presenti i tecnici e che sia in grado di costruire nuove soluzioni rispetto alle norme e procedure esistenti.

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RIUSO TEMPORANEO – SINTESI A cura di Alfonso Raus

Al centro c’è il territorio, la popolazione, non tanto la ristrutturazione in se del bene. C’è necessità di conoscenza continua del territorio. Stiamo lavorando molto in un clima di deroga: è necessario che l’impianto legislativo agevoli queste prassi. Ci sono tre aspetti (IMU, ONERI CAMBIO USO; CERTIFICAZIONE SICUREZZA). La necessità di interagire con chi si occupa di queste cose, non solo a livello regionale …. MA coinvolgere anche ASL; VIGILI DEL FUOCO … : questi sono i problemi da risolvere subito. E’ necessario pensare a degli strumenti dinamici di intervento Per l’individuazione di possibili TIPOLOGIE PER IL RIUSO abbiamo pensato di inserire delle condizioni, dei criteri:

- tener conto di: scale di intervento

- lettura e conoscenza del territorio come un processo continuo, sempre attivo. È necessario cioè lo sviluppo di azioni di osservazione civica e partecipata sulla città e sul territorio, valorizzare reti locali come una sorta di “antenne aperte”, come nodi critici funzionali ad una riflessività locale su bisogni, istanze, opportunità, proposte… per la crescita. La p.a. non può farlo da sola: è fondamentale pensare ad un’azione multiattoriale, con una strategia che valorizzi al massimo quello che c’è, e che sia in grado di accompagnare nel tempo i vari processi che si attivano. E’ necessario capire come queste strategie di accompagnamento possono essere favorite e sostenute, in particolare, dalla PA.

- Sui livelli di governance: mettere in relazione un intervento puntuale con le articolazioni verticali: come funziona questo anello nei territori? Come, cioè, entrano in relazione le diverse programmazioni territoriali ed urbane, in modo tale che i processi di riuso e rigenerazione siano all’interno di un approccio sistemico e in una logica di coerenza tra i vari livelli, appunto ma anche con le politiche pubbliche? Si possono pensare istituti innovativi come distretti locali?

- AGENCY: ci sono esperienze di agenzie intermedie [che però abbiamo un potere di intervento immediato] vanno pensati, forse, istituti sperimentali, sicuramente misti, con la capacità di leggere e valorizzare gli attori del territorio e le dinamiche espresse e latenti presenti, che possono determinare dinamiche di governance partecipata. Funzionano, sembra, molto poco le aggregazioni di associazioni. In alcuni casi alcune organizzazioni hanno fatto da intermediari, da “ponte” con soggetti pubblici o privati, così come entità, come fondazioni, gli stessi Comuni, o Regioni (come la Puglia) si sono costituiti come promotori di agency, cioè di contesti che favoriscono il potenziale e poi lo sviluppo di azioni di riuso.

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CONFRONTO E VALUTAZIONI IN PLENARIA - SINTESI

Le politiche sui beni comuni e possibili criteri dell’azione di riuso Favorire una responsabilità e un ruolo politico del tavolo per la presa in carico di un conflitto in atto nel nostro Paese sui beni comuni: a chi appartengono, come li si utilizza, come si gestiscono le situazioni di emergenza, di abbandono, di degrado. Condividere un punto di vista e un linguaggio comune tra amministrazioni e cittadini Il “Favorire” dell’art. 118 u.c. della Costituzione qualifica il ruolo delle istituzioni e delle amministrazioni come il ruolo di chi sostiene e facilita, non tanto di chi attiva e regolamenta Nella valutazione delle iniziative devono contare prioritariamente quelle che costruiscono interesse generale valorizzando quanto nel territorio c’è già, senza escludere l’elemento economico ed imprenditivo delle forme di riuso. Affermare, quindi, il primato delle attività che si promuovono piuttosto che dei soggetti. Rendere praticabile il concetto di redditività civica delle pratiche di riuso per finalità di interesse generale e di utilità collettiva Evitare attraverso la logica delle agevolazioni e sgravi, di entrare in competizione, per alcune tipologie di attività/servizi, con altri attori economici già operanti

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Processo culturale, ascolto e accompagnamento Porsi la necessità della formazione del personale all’interno della pubblica amministrazione, contestualmente alla integrazione di competenze di persone esterne alla p.a., per operare in maniera integrata con gli uffici pubblici. Capire come concretamente il soggetto pubblico può agevolare queste pratiche Proporre una ricognizione delle pratiche per poi individuare gli ostacoli della normativa. Organizzare campagne di ascolto per coinvolgere pratiche autentiche di partecipazione. Immaginare, quindi, percorso interattivo di tante realtà diverse che proiettano la loro azione su un sistema che le metta in relazione sempre di più in una logica di riflessività. Disseminazione di contenuti di base condivisi (come ad esempio il concetto di uso civico e collettivo …) Campagna di comunicazione e sensibilizzazione sul Riuso Attivazione di Laboratori pratici, come occasione per condividere know how e praticare sperimentazioni Agire sulle Leggi e sull’agenda politica nazionale

L’esigenza e anche la responsabilità, è quella di porre il tema del riuso al centro delle politiche nazionali, anche attraverso una campagna di comunicazione. Attraverso un percorso aperto possiamo davvero arrivare ad una eventuale proposta di normazione nazionale. Bisogna evitare che sia solo un gruppo ristretto a farlo, è necessario attivare un percorso aperto e inclusivo

Una linea vede come opportuna la promozione di una proposta di legge nazionale sul riuso, per affermare la necessità di recuperare il patrimonio abbandonato, esercitando un’azione di inserimento nell’agenda politica nazionale. Un’altra chiede di interrogarsi sull’effettiva valenza di una legge nazionale, rispetto al sistema giuridico-amministrativo esistente. Può costituire un ostacolo una normazione del genere? Agire sulle leggi regionali potrebbe essere forse più concreto. Proposta di realizzare un Convegno nazionale per agire sulla legge regionale urbanistica e sulla legge regionale 3/2010 partecipazione (Emilia-Romagna). (Che margini concreti di azione ci sono?) Servono degli assi di finanziamento sul riuso con i quali agire sui contesti culturali con progetti di formazione o campagne di sensibilizzazione

Agire sulla dimensione attuativa della legge (regionale o nazionale). Contribuire alla definizione di linee guida nella implementazione delle norme e seguirne l’attuazione e il monitoraggio in progress. Sul tavolo nazionale

continuare a promuovere questo percorso di confronto a tappe, in modo itinerante, con la possibilità di incrociare e valorizzare, anche, di volta in volta le dinamiche e le espressioni dei vari territori che saranno interessati .