Re/Search Milano

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RE-SEARCH MILANO Agenzia X Edizioni (2015) Illuminare con il raggio Una corsa poetica, di Paolo Cerruto (Tempi diVersi) Ecco le quindici poesie citate nel testo “Una corsa poetica” sulla guida Re-search Milano, edita da Agenzia X. Il percorso parte dal totem di Tempi diVersi ai giardini Fausto e Iaio, in piazza Durante, a Milano. Sul totem troverete affisse queste quindici poesie. Buon viaggio! #1 Via Teodosio, FRANCO LOI E in via Teodosio nella notte si strascica dietro i miei ricordi, i miei frementi pensieri, i segni come quel brontolìo temporalesco della città sospesa sul precipizio essi vanno e vengono e tra i cieli lontani si perdono, e da via Ponzio, come una luce che viene dal mare, ritornano a me tra una stringata-di-lesina d’uomini, di lune, di voci, e bagasce e scheletri che è un sognarsi insolito di mondi d’incubo. E la chiave gira-stride, la serratura raschia. Tu, via Teodosio, Wildt, tempo che respira, quale affanno di pensier, che grida d’aiuto della vita! C’è un grembiule di cielo e un diavolerio di genti che paiono germinare dalle scorze del mondo, e l’essere in estasi da solitario tra me, la porta e quel tremito che è in me. Ora fosca dell’imbrunire, ora mia bruciata, oh tu, minuto che fa rime-pazzie dentro di me, pareva che la notte mai dovesse finire ed è stato forse un sogno troppo rapido a morire… Morire? Ma cosa vuol dire? Un bersi la vita a sorsi? uno sgranare-il-rosario d’essere presente e guardarsi, e, insieme, sapere di esserci e di non esserci forse stati o non esserci più? o è come una favola narrata dalla balia che i genitori raccontano e non si ricorda più? Forse morire è come un uomo malaticcio per il quale ogni giorno è grazie al giorno che viene, e forse quello spavento che passa ed è durevole, sembra che sparisca ma è l’ombra di noi stessi… Così quel cielo, così la via Teodosio, e io, la chiave e quel convegno d’impiastri, di disgraziati, di malerbe-gracili-fuscelli, di vagabondi, di guaiti e di cerini, e un rantolare che al chiaro delle lune mi incatenava alla vita del mondo.

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Mappa di una città a pezzi, l’incredibile guida alla Milano più sconosciuta e vivace ma puntualmente ignorata dalla segnaletica ufficiale.

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RE-SEARCH MILANO Agenzia X Edizioni (2015)

Illuminare con il raggio

Una corsa poetica, di Paolo Cerruto (Tempi diVersi)

Ecco le quindici poesie citate nel testo “Una corsa poetica” sulla guida Re-search Milano, edita da Agenzia X. Il percorso parte dal totem di Tempi diVersi ai giardini Fausto e Iaio, in piazza

Durante, a Milano. Sul totem troverete affisse queste quindici poesie. Buon viaggio! #1 Via Teodosio, FRANCO LOI E in via Teodosio nella notte si strascica dietro i miei ricordi, i miei frementi pensieri, i segni come quel brontolìo temporalesco della città sospesa sul precipizio essi vanno e vengono e tra i cieli lontani si perdono, e da via Ponzio, come una luce che viene dal mare, ritornano a me tra una stringata-di-lesina d’uomini, di lune, di voci, e bagasce e scheletri che è un sognarsi insolito di mondi d’incubo. E la chiave gira-stride, la serratura raschia. Tu, via Teodosio, Wildt, tempo che respira, quale affanno di pensier, che grida d’aiuto della vita! C’è un grembiule di cielo e un diavolerio di genti che paiono germinare dalle scorze del mondo, e l’essere in estasi da solitario tra me, la porta e quel tremito che è in me. Ora fosca dell’imbrunire, ora mia bruciata, oh tu, minuto che fa rime-pazzie dentro di me, pareva che la notte mai dovesse finire ed è stato forse un sogno troppo rapido a morire… Morire? Ma cosa vuol dire? Un bersi la vita a sorsi? uno sgranare-il-rosario d’essere presente e guardarsi, e, insieme, sapere di esserci e di non esserci forse stati o non esserci più? o è come una favola narrata dalla balia che i genitori raccontano e non si ricorda più? Forse morire è come un uomo malaticcio per il quale ogni giorno è grazie al giorno che viene, e forse quello spavento che passa ed è durevole, sembra che sparisca ma è l’ombra di noi stessi… Così quel cielo, così la via Teodosio, e io, la chiave e quel convegno d’impiastri, di disgraziati, di malerbe-gracili-fuscelli, di vagabondi, di guaiti e di cerini, e un rantolare che al chiaro delle lune mi incatenava alla vita del mondo.

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#2 Da “El gatt del sur Pinin”, DELIO TESSA

Pensa e opera, guarda e ascolta, tanto si vive e tanto si impara; io, se nasco un’altra volta, nasco un gatto di portinaia! Per esempio, in via Rugabella, nacque il gatto del signor Pinin… cartoccetti di coratella, polpa e fegato, berrettino del padrone per dormirci sopra… pisolini del dopo pranzo, e così avanti finché vien l’ora di chiudere il portone di strada! […] Ah quegli occhi da straniero che mi guardano, quel campanellino appeso che non suona mai, quello stare sempre lì sul tavolino, quel non muoversi mai, ché i muratori lo hanno spaventato e lui non esce più di casa, neanche miagola, perché lui io non l’ho sentito mai miagolare, e… quel niente, quel vero niente… quanto a lui, sera e mattina niente fa, capisci, niente! (…)

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#3 Da “La ragazza Carla”, ELIO PAGLIARANI (…)E questo cielo contemporaneo in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto questo cielo colore di lamiera sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa sopra tutti i tranvieri ai capolinea non prolunga all'infinito i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli coperti di lamiera? È nostro questo cielo d'acciaio che non finge Eden e non concede smarrimenti, è nostro ed è morale il cielo che non promette scampo dalla terra, proprio perché sulla terra non c'è scampo da noi nella vita.

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#4 Zingari, PAOLO BUZZI Forse è la vita vera. Il carro dipinto, i cavalli selvatici e docili, ebbri di vento, le belle figlie in cenci, la mensa a bivacco furtiva sotto gli astri, la strada bianca del mondo. Io tornerò nella prigione potente dove comando e sono comandato: io sfrenerò, di rabbia, i miei puledri ideali sulla pista del sogno, a cuore morto, a stanca sera: e per l'amore mendicherò la mendicante mia a qualche buio di strada. Io pago la carne con mano che sembra chiedere anzi donare elemosina. E la mia via è una rete di fogne dove altro non luce che l'occhio del sorcio. O Zingari, scoiatemi vivo, allo spiedo arrostitemi fra due tronchi di selva! Sono un poverissimo figlio di civili che adora la barbarie.

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#5 Immagini di Milano, FRANCO FORTINI A Milano i tetti sono di tartaro e ruggine ma dirigibili d’argento i palazzi di vetrocemento fra storti fiumi luccicano. Sempre pare che ci sia il mare in fondo ai tetti e alle antenne, ma invece è l’autunno dai laghi coi suoi vari nuvoli vaghi.

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#6 Tranviere metafisico, LUCIANO ERBA Ritorna a volte il sogno in cui mi avviene di manovrare un tram senza rotaie tra campi di patate e fichi verdi nel coltivato le ruote non sprofondano schivo spaventapasseri e capanni vado incontro a settembre, verso ottobre i passeggeri sono i miei defunti. Al risveglio rispunta il dubbio antico se questa vita non sia evento del caso e il nostro solo un povero monologo di domande e risposte fatte in casa.(…)

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#7 Risanamento, GIOVANNI RABONI Di tutto questo non c’è più niente (o forse qualcosa s’indovina, c’è ancora qualche strada acciottolata a mezzo, un’osteria). Qui, diceva mio padre, conveniva venirci col coltello … Eh sì, il Naviglio e a due passi, la nebbia era più forte prima che lo coprissero … Ma quello che hanno fatto, distruggere le case, distruggere quartieri, qui e altrove, a cosa serve? Il male non era lì dentro, nelle scale, nei cortili, nei ballatoi, lì semmai c’era umido da prendersi un malanno. Se mio padre fosse vivo, chiederei anche a lui: ti sembra che serva? e il modo? A me sembra che il male non è mai nelle cose, gli direi.

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#8 Preghiera alla poesia, ANTONIA POZZI Oh, tu bene mi pesi l’anima, poesia: tu sai se io manco e mi perdo, tu che allora ti neghi e taci. Poesia, mi confesso con te che sei la mia voce profonda: tu lo sai, tu lo sai che ho tradito, ho camminato sul prato d’oro che fu mio cuore, ho rotto l’erba, rovinata la terra – poesia – quella terra dove tu mi dicesti il più dolce di tutti i tuoi canti, dove un mattino per la prima volta vidi volar nel sereno l’allodola e con gli occhi cercai di salire – Poesia, poesia che rimani il mio profondo rimorso, oh aiutami tu a ritrovare il mio alto paese abbandonato – Poesia che ti doni soltanto a chi con occhi di pianto si cerca – oh rifammi tu degna di te, poesia che mi guardi.

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#9 Sono un cantanoie, ALBERTO DUBITO Svuoto i cassetti e piego i miei scritti come origami non sono mai stato bravo a fare le valigie vedo codici a barre pure nelle strisce pedonali a milano tra strade grigie palazzi del colore delle strade e il cielo del colore dei palazzi Tutti uguali, magari diventeremo sterili portando nelle tasche i cellulari vivo veloce abbracciato a una musica consolatrice rientro tardi e metto abiti con riflessioni in carta dimenticate dentro la lavatrice ricorda: l’acqua non perdona facilmente l’inchiostro svanisce per la pioggia o per errori analoghi ho perso anche di peggio ipotesi che non leggerò mai sul mio leggio per consolarmi appoggio l’orecchio sull’asfalto e ascolto il rombo dei forse e della metro nei tunnel come vuoti d’aria dentro le arterie non ho soluzioni per un mondo ideale punto a tentare di correggerne le traiettorie ma ’sto giro non prendermi troppo sul serio io sono solo un cantanoie Non ho calma e le cuffie a palla un passante mi ferma non sento ma è facile intuire quel che dice gli porgo d’accendere.

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#10 Da “Revolverate”, GIAN PIETRO LUCINI (…) Gente-per-bene, domani Saran tutte le strade sbarrate, ingombre di cadaveri; vostri cadaveri affratellati; sian tutte queste carogne sociali che abbattei con piacer, l’una sull’altra, con giuste e numerate revolverate.

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#11 Milano, PAOLO AGRATI Il semaforo è rosso per darti dei baci come le aiole di sosta in tangenziale. Come l’ascensore quando si prende o quando tarda ad arrivare. Sono fatte per baciarti le tettoie quando piove la fila agli uffici alla posta l’acqua che bolle in attesa della pasta le scale mobili alla Centrale la porta del treno che parte. Il ritardo del cameriere con le cose da bere il bimbo che al ristorante si gira dall’altra parte, finalmente. La sedia il divano lo sgabello la terrazza di ringhiera la Bovisa, la Scighera. è per baciarti che non riesco a trovare una moneta per il carrello dell’Esselunga. Dell’Unes. Della Coop. Del Pam. Dell’Upim. Della Standa. è per consumarti le labbra la coda infinita della mattina in piazzale Loreto e in via Leoncavallo il sedile di qualsiasi auto la panchina del parco il prato l’Arco della Pace. è per baciarti la novanta che non arriva la novanta che arriva la linea quattro quando mai la finiranno tutti i tram gli angoli della rotonda della Besana. Le vetrine dei negozi quando mi trascini in Buenos Aires tra le barbe degli hipsters. Gli scalini del Duomo il portico della Rinascente e corso Como? Corso Como anche no. Però tutte le mattonelle del pavé i sushi aperti di recente ovunque. Il ciel pieno di stelle del planetario quando me ne sbatto di Plutone e di Caronte e nel buio ti prendo la mano. Non è mai stata così bella, da quando è fatta per baciarti, Milano.

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#12 Lasciatemi divertire, ALDO PALAZZESCHI

Tri, tri tri Fru fru fru, uhi uhi uhi, ihu ihu, ihu. Il poeta si diverte, pazzamente, smisuratamente. Non lo state a insolentire, lasciatelo divertire poveretto, queste piccole corbellerie sono il suo diletto. Cucù rurù, rurù cucù, cuccuccurucù! Cosa sono queste indecenze? Queste strofe bisbetiche? Licenze, licenze, licenze poetiche, Sono la mia passione. Farafarafarafa, Tarataratarata, Paraparaparapa, Laralaralarala! Sapete cosa sono? Sono robe avanzate, non sono grullerie, sono la... spazzatura delle altre poesie, Bubububu, fufufufu, Friù! Friù! Se d’un qualunque nesso son prive, perché le scrive quel fesso? Bilobilobiobilobilo blum! Filofilofilofilofilo flum!

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#13 Zoo, LUIGI CANNILLO Notte, l’ora del continuo addio le terre e le specie che traversammo Reduce dai quartieri del nostro primo impero mi smarcavo ombra alle gabbie I barriti le ali strappano il silenzio celebrano al buio dietro le sbarre rovesciati la passione e il cielo Io e gli animali vicini che le unghie le fauci minacciassero la carne e consegnarmi incolume al destino Libere le belve finalmente in sogno, rullarono per anni sui bastioni assaltando il sonno e il passeggio rivoltato in pasto e sangue noi a implorare pietà da quell’assedio Restano sbarre divelte ferme le ronde tacciono per sempre i ruggiti Ma ancora soffia sul parco un invisibile monsone l’odore del pelo e della carne.

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#14 Il mercato, SERGIO SOLMI Entro la densa lente dell’estate, nel mattino disteso che già squarciano lunghi, assonnati e sviscerati i gridi degli ambulanti, - oh, i bei colori! Giallo di peperoni, oscure melanzane, insalate svarianti dal più tenero verde all’azzurro, rosee carote, e vesti accese delle donne, e muri scabri e preziosi, gonfi ippocastani, acque d’argento e di mercurio, e in alto il cielo caldo e puro e torreggiante di tondi cirri, o bel compatto mondo. Lieto ne testimonia, sul pianeta Terra, nella città Milano, mentre vaga, di sé dimentico e di tutto, lungo le calme vie che si ridestano, - oggi, addì ventisette Luglio mille novecento cinquanta - un milanese.

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#15 Le scarpe, PAOLO CERRUTO le scarpe, primi anestetici dal suolo quindi l’asfalto i tubi le fogne e gli altri strati terresti che ho studiato male giù __ fino al nucleo che suona la vibrazione cosmica di fondo coperta dalle città che fondiamo dai palazzi di vetro più trasparenti di noi dormienti gli uni sopra gl’altri lungo i piani che azzerano il cielo