REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI … · Dott. Francesco Mannino...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA Terza Sezione Civile in funzione di Sezione specializzata in materia d’impresa così composto: Dott. Francesco Mannino presidente Dott. Stefano Cardinali giudice Dott.ssa Clelia Buonocore giudice rel. riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado, iscritta al n. 11991 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2015 e vertente TRA PARAVIA ASCENSORI S.p.A. in liquidazione, con sede legale in Napoli, alla Via Caracciolo n. 11 (C.F. 00170830657), in persona del liquidatore e legale rappresentante p.t., Dott. Francesco Pellone, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Eleonora Duse n. 35, presso lo studio dell’Avv. Francesco Pappalardo, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Michele Chianese e Francesco Cantalupo per mandato a margine dell’atto di citazione. Attrice E PARAVIA SALVATORE, nato a Salerno il 17.02.1967 (C.F. PRV SVT 67B17 H703S), elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Crescenzio n. 9, presso lo studio dell’Avv. Emiliano Amato, rappresentato e difeso dall’Avv. Firmato Da: MANNINO FRANCESCO Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 23cc5092be88919293c5ec83bdc6f5a2 - Firmato Da: BUONOCORE CLELIA Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 820f7 Sentenza n. 7621/2017 pubbl. il 14/04/2017 RG n. 11991/2015 Repert. n. 7957/2017 del 14/04/2017 http://bit.ly/2CiHKNq

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

Terza Sezione Civile

in funzione di

Sezione specializzata in materia d’impresa

così composto:

Dott. Francesco Mannino presidente

Dott. Stefano Cardinali giudice

Dott.ssa Clelia Buonocore giudice rel.

riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in primo grado, iscritta al n. 11991 del ruolo generale per gli

affari contenziosi dell’anno 2015 e vertente

TRA

PARAVIA ASCENSORI S.p.A. in liquidazione, con sede legale in Napoli,

alla Via Caracciolo n. 11 (C.F. 00170830657), in persona del liquidatore e legale

rappresentante p.t., Dott. Francesco Pellone, elettivamente domiciliata in Roma,

alla Via Eleonora Duse n. 35, presso lo studio dell’Avv. Francesco Pappalardo,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Michele Chianese e Francesco Cantalupo per

mandato a margine dell’atto di citazione.

Attrice

E

PARAVIA SALVATORE, nato a Salerno il 17.02.1967 (C.F. PRV SVT

67B17 H703S), elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Crescenzio n. 9,

presso lo studio dell’Avv. Emiliano Amato, rappresentato e difeso dall’Avv.

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Wladimiro Manzione per mandato in calce alla comparsa di costituzione e

risposta.

NONCHE'

PERLA 2006 s.r.l., con sede legale in Roma (C.F. 10135411006), in persona

del legale rappresentante p.t., Maria La Rosa, elettivamente domiciliata in Roma,

alla Via F. La Francesca n. 67, presso lo studio dell’Avv. Nicola Sileo, che la

rappresenta e difende per mandato in calce alla comparsa di costituzione e

risposta.

Convenuti

E

LA ROSA MARIA, nata a Catania il 17.02.1974 (C.F. LRS MRA 74B57

C351G), residente in Roma, alla Via F. Crispi n. 20.

Convenuta contumace

CONCLUSIONI:

per la Paravia Ascensori S.p.A.: “Voglia il Tribunale, gradatamente, A)

accertare e dichiarare la nullità, per simulazione assoluta, dell’atto per Notar

Raniero Varzi del 7 giugno 2010 (rep. 61456) avente ad oggetto la cessione, da

Paravia Salvatore alla Perla 2006 s.r.l., della partecipazione azionaria nella

Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, meglio descritta in atti. B) Accertare e

dichiarare la nullità, per simulazione relativa, del medesimo atto per Notar

Raniero Varzi del 7 giugno 2010 (rep. 61456), in quanto dissimula una donazione

priva dei requisiti di forma prescritti dalla legge. C) Accertare e dichiarare la

nullità dell’atto con il quale Paravia Salvatore ha ceduto alla moglie La Rosa

Maria i diritti derivanti dalla liquidazione della partecipazione azionaria nella

Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, originariamente nella titolarità del

medesimo Paravia Salvatore, e/o della donazione della provvista di euro

3.372.863,00, “comparsa” nel bilancio della Perla 2006 s.r.l. al 31.12.2010, se ed

in quanto fornita dallo stesso Paravia Salvatore a La Rosa Maria per compiere

l’operazione di finanziamento soci alla Perla 2006 s.r.l., trattandosi, in entrambi i

casi, di donazione priva dei requisiti di forma di cui all’art. 782 c.c.. D) Revocare

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e dichiarare inefficaci, ex art. 2901 c.c., nei confronti della Paravia Ascensori

S.p.A. in liquidazione, tutti gli atti sopra menzionati, compiuti in frode alla società

odierna attrice. E) Accertare e dichiarare che, per effetto di quanto sopra, la

partecipazione azionaria nella Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, oggetto di

causa, è ed è sempre rimasta nella titolarità di Paravia Salvatore ed è, pertanto,

assoggettabile ad esecuzione forzata da parte dell’odierna attrice per il

soddisfacimento del suo credito. F) Condannare la Perla 2006 s.r.l. a restituire a

Paravia Salvatore i titoli rappresentativi della partecipazione azionaria nella

Paravia Ascensori S.p.A. (ora in liquidazione), come descritti nell’atto per Notar

Varzi del 7 giugno 2010 e, segnatamente, a) titolo nominativo n. 32B, emesso il 3

maggio 2010, rappresentativo del diritto di nuda proprietà di nn. 3.322 azioni, del

valore unitario di euro 1,47 e valore nominale complessivo di euro 4.883,34; b)

titolo nominativo n. 17, emesso il 06.03.2009, rappresentativo di nn. 52.378 azioni

del valore nominale complessivo di euro 76.995,66; c) titolo nominativo n. 3,

emesso il 18.10.2004, rappresentativo di nn. 174.988 azioni del valore nominale

complessivo di euro 257.232,36. G) Adottare ogni altro provvedimento

presupposto, connesso e/o consequenziale all’accoglimento delle domande

spiegate. H) In caso di vendita a terzi della partecipazione per cui è causa,

condannare i convenuti – in solido tra loro o “chi di dovere” – al pagamento, in

favore della Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, del relativo valore di

mercato, come precisato in corso di causa. Con vittoria di spese di lite, da porre a

carico solidale delle parti o su “chi di dovere”;

per Paravia Salvatore: “Voglia, il Tribunale, 1) dichiarare la nullità dell’atto di

citazione. 2) Dichiarare inammissibile l’azione proposta dalla Paravia Ascensori

S.p.A. in liquidazione, anche in ragione della incompetenza per materia della

Sezione Specializzata in materia d’impresa adita. 3) Rigettare le domande di

simulazione e di revocatoria proposte dalla società attrice. Con vittoria di spese di

lite, da distrarre in favore dell’Avv. Wladimiro Manzione, in quanto antistatario”;

per la Perla 2006 s.r.l.: “Voglia il Tribunale dichiarare inammissibile l’azione

e, comunque, rigettare nel merito le domande proposte dalla Paravia Ascensori

S.p.A. in liquidazione nei confronti della Perla 2006 s.r.l.. Accertare e dichiarare

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la estraneità della Perla 2006 s.r.l. ai fatti sottesi alle domande di cui al punto C)

delle conclusioni di parte attrice. Ordinare, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., la

cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive, contenute a pag. 3 della

memoria istruttoria di parte attrice del 22.07.2015, con conseguente condanna

della Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione al risarcimento dei danni, anche

non patrimoniali, con quantificazione equitativa, oltre interessi e rivalutazione.

Con vittoria di spese di lite, da distrarre in favore dell’Avv. Nicola Sileo, in

quanto antistatario.”

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato la Paravia Ascensori S.p.A. in

liquidazione deduceva che

Paravia Salvatore aveva rivestito la carica di Amministratore Delegato

della Paravia Ascensori S.p.A. (poi in liquidazione) nel periodo compreso tra il

2005 ed il 2009;

nell’anno 2009 il Presidente del Consiglio di Amministrazione aveva

appreso che, nelle more, il predetto Paravia Salvatore aveva costituito la Paravia

Sollevatori s.r.l., esercente attività in concorrenza con quella proprie di essa

attrice;

all’esito di ciò, nel corso di una riunione informale degli azionisti, si era

concordato di richiedere a Paravia Salvatore di rassegnare le dimissioni dalla

carica di Amministratore Delegato oltre che di Responsabile Tecnico della

Paravia Ascensori S.p.A. (poi in liquidazione);

a seguito delle dimissioni di Paravia Salvatore dalle cariche rivestite,

rassegnate il 22 e 23 settembre 2009, erano state avviate delle verifiche

sull’attività gestoria espletata dallo Stesso;

nel corso di tali verifiche era emerso che Paravia Salvatore aveva utilizzato

ingenti somme di pertinenza della società per spese personali ed aveva prelevato

dalle casse della società l’importo di euro 160.000,00 contabilizzando

l’operazione quale prestito ma omettendo la restituzione di quanto prelevato;

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per tale ragione la Paravia Ascensori S.p.A. (poi in liquidazione), dando

seguito a quanto deliberato dal Collegio sindacale, aveva promosso, innanzi al

Tribunale di Salerno, azione di responsabilità nei confronti di Paravia Salvatore,

richiedendo la complessiva somma di euro 1.033.000,00 oggetto di illegittime

distrazioni e sottrazioni, oltre ulteriori importi a titolo di ristoro dei danni.

Ciò premesso la Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione lamentava che,

all’evidente fine di sottrarre il proprio patrimonio alle azioni esecutive, Paravia

Salvatore aveva disposto dei beni di sua proprietà con atti evidentemente simulati

o, comunque, passibili di revocatoria ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2901

c.c.; lamentava, in particolare, che, con atto per Notar Varzi del 7 giugno 2010, il

Predetto aveva trasferito l’intera partecipazione azionaria, detenuta in essa attrice,

alla Perla 2006 s.r.l., società costituita di recente con un capitale sociale esiguo, e

riconducibile al medesimo Paravia Salvatore nonché alla moglie dello Stesso, La

Rosa Maria.

Indi, l’attrice, nell’illustrare diffusamente le ragioni a fondamento delle sue

domande, rassegnava le conclusioni riportate in epigrafe.

Instaurato il contraddittorio, La Rosa Maria riteneva di non costituirsi.

Si costituiva, invece, Paravia Salvatore il quale, in via preliminare, eccepiva

l’inammissibilità ed improponibilità delle domande e, comunque, la

carenza di interesse ad agire in capo alla Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione,

atteso che la Stessa non aveva crediti nei suoi confronti;

la nullità dell’atto di citazione, per contraddittorietà delle ragioni di fatto e

di diritto ivi esposte e per indeterminatezza dell’oggetto della domanda;

l’incompetenza della Sezione specializzata adita con riferimento alle

domande volte ad ottenere la declaratoria della nullità o della inefficacia relativa

ex art. 2901 c.c. di un preteso trasferimento di somme da parte di esso convenuto

in favore della moglie La Rosa Maria.

Paravia Salvatore contestava, poi, nel merito le prospettazioni e domande di

parte attrice, rassegnando le conclusioni richiamate in premessa.

All’esito della notifica dell’atto di citazione si costituiva anche la Perla 2006

s.r.l. la quale, premessa la propria estraneità alle vicende afferenti gli atti

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intercorsi tra Paravia Salvatore e La Rosa Maria, eccepiva l’infondatezza delle

domande indirizzate nei suoi confronti, rassegnando le conclusioni riportate in

premessa.

Acquisita documentazione conferente ed omessa ogni ulteriore attività

istruttoria, la causa veniva trattenuta in decisione, con la concessione dei termini

di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle

memorie di replica.

*****************************

Ritiene il Tribunale che si palesi immeritevole di seguito l’eccezione

preliminare sollevata da Paravia Salvatore e volta a far valere l’incompetenza

funzionale dell’intestata Sezione specializzata in materia d’impresa, quantomeno

con riferimento alle domande di cui alla lettera C) delle conclusioni di parte

attrice, come riportate in epigrafe.

Ed infatti è certo noto che l’art. 2 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 – convertito

con modificazioni nella L. 24 marzo 2012, n. 27 – nel prevedere che le neoistituite

sezioni specializzate in materia d’impresa sono “competenti, relativamente alle

società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI del codice civile […]

per le cause e i procedimenti b) relativi al trasferimento delle partecipazioni

sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i

diritti inerenti”, al comma 3 così testualmente recita: “Le sezioni specializzate

sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di

connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2”.

E’, dunque, per mera completezza di argomentazione che si rammenta che,

secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale – che si ritiene di condividere

- la ripartizione delle funzioni tra le sezioni ordinarie e le sezioni specializzate

istituite presso il medesimo tribunale non implica l’insorgenza di una questione di

competenza, attenendo, piuttosto, alla distribuzione interna degli affari

giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio (in tal senso, ex plurimis, Cass. Civ.,

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Sez. VI, 23 maggio 2014, n. 11448; Cass. Civ., Sez. VI, 20 settembre 2013, n.

21668).

Va parimenti disattesa l’ulteriore eccezione di parte convenuta, volta a far

valere la nullità dell’atto di citazione e, comunque, l’inammissibilità ed

improcedibilità delle domande proposte dalla Paravia Ascensori S.p.A. in

liquidazione, anche in ragione della contraddittorietà delle prospettazioni in fatto

ed in diritto poste a fondamento delle stesse.

In proposito va rammentato che l’art. 164 c.p.c. ricollega la sanzione della

nullità dell’atto di citazione solo alla assoluta indeterminatezza o omessa

indicazione della cosa oggetto della domanda, ovvero alla mancata esposizione

dei fatti costituenti le ragioni della medesima domanda.

In particolare, con specifico riferimento al requisito della causa petendi l’art.

164 c.p.c. contempla la sanzione della nullità nelle sole ipotesi in cui nell’atto di

citazione manchi del tutto l’esposizione dei fatti costituenti le ragioni della

domanda; maggior rigore è, invece, previsto in relazione al petitum, atteso che, a

mente dell’art. 164 c.p.c., non è sufficiente che esso sia comunque indicato, anche

in modo confuso o equivoco, occorrendo, piuttosto, un grado minimo di certezza

nell’individuazione della cosa oggetto della domanda, per modo che va dichiarato

nullo anche l’atto di citazione che risulti sul punto "assolutamente" incerto.

Va, tuttavia, rammentato che - come precisato anche dalle Sezioni Unite della

Corte di Cassazione nella pronuncia sopra richiamata – “la nullità della citazione,

ai sensi dell'art. 164, comma 4, c.p.c., può essere dichiarata soltanto allorché

l'incertezza investa l'intero contenuto dell'atto, mentre, allorché sia possibile

individuare una o più domande sufficientemente identificate nei loro elementi

essenziali, l'eventuale difetto di determinazione di altre domande, malamente

formulate nel medesimo atto, comporta l'improponibilità solo di quelle, e non

anche la nullità della citazione nella sua interezza” (Cass. Civ., Sez, Unite, 22

maggio 2012, n. 8077).

Inoltre, la nullità della citazione per omessa determinazione dell'oggetto della

domanda non ricorre allorquando l’individuazione del petitum – inteso, sotto il

profilo formale, quale provvedimento giurisdizionale richiesto, e, nell'aspetto

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sostanziale, come bene della vita di cui si domanda il riconoscimento - sia

comunque possibile attraverso un esame complessivo dell'atto introduttivo del

giudizio, non limitato alla parte di esso destinata a contenere le conclusioni, ma

esteso anche alla parte espositiva.

Non par superfluo rammentare, poi, che esulano del tutto dal vaglio afferente la

validità dell’atto di citazione e la sua idoneità a veicolare idoneamente la editio

actionis – attenendo, piuttosto, alle valutazioni di merito - le considerazioni

concernenti la fondatezza della pretesa azionata in relazione alle circostanze di

fatto poste a base della stessa.

Quanto, poi, al requisito di cui al combinato disposto dell’art. 163, n. 4, e 164,

IV co., c.p.c., va rammentato che, ai fini della valida introduzione del giudizio è

sufficiente che l'atto di citazione enunci un nucleo di fatti su cui l'attore basa la

sua pretesa, ed in relazione al quale il convenuto deve esser posto in grado di

approntare la propria difesa ed il giudice di individuare i temi del processo.

In particolare, non può condurre alla declaratoria della nullità dell’atto di

citazione la circostanza che lo stesso, unitamente all’enunciazione di fatti specifici

a fondamento della domanda, contenga anche l’allegazione di vicende non

pertinenti o, ancora, prospettazioni ulteriori formulate in termini vaghi; invero,

quod abundat non vitiat.

D’altro canto, l'idoneità dei fatti esposti a fondare le domande in concreto

formulate riguarda il merito della controversia e non la validità della domanda

sotto il profilo processuale.

Fatte tali considerazioni di ordine generale e passando all’esame della

fattispecie concreta, va rilevato che la mera lettura dell’atto di citazione rende

palese come lo stesso - ben lungi dal presentare i profili di indeterminatezza ed

incertezza assoluta che, soli, potrebbero condurre alla declaratoria della nullità -

contenga, in realtà, una adeguata enunciazione del petitum e l’esposizione delle

ragioni di fatto e di diritto a fondamento delle pretese azionate.

Del resto è significativa la circostanza che i convenuti abbiano preso posizione

sulle varie deduzioni e richieste di parte attrice, dando mostra di aver ben

compreso la portata delle allegazioni e domande di cui all’atto di citazione.

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Neppure può condurre alla declaratoria della nullità dell’atto di citazione o

della inammissibilità delle domande formulate dalla Paravia Ascensori S.p.A. in

liquidazione la circostanza che detta società abbia contestualmente proposto

azione di simulazione (assoluta o relativa, con deduzione della nullità, per difetto

di forma, dell’atto dissimulato) ed azione di inefficacia ex art. 2901 c.c. (che,

come noto, presuppone la validità dell’atto di disposizione oggetto di revocatoria).

Ed infatti, come più volte evidenziato dalla Suprema Corte – con indirizzo

condiviso e fatto proprio anche dall’intestato Tribunale – “l'azione di simulazione

(assoluta o relativa) e quella revocatoria, pur diverse per contenuto e finalità,

possono essere proposte entrambe nello stesso giudizio in forma alternativa tra

loro o, anche, eventualmente in via subordinata l'una all'altra, senza che la

possibilità di esercizio dell'una precluda la proposizione dell'altra. L'unica

differenza tra la formulazione delle due domande in via alternativa, piuttosto che

in via subordinata una all'altra, risiede esclusivamente nella circostanza che, nel

primo caso, è l'attore a rimettere al potere discrezionale del giudice la

valutazione delle pretese fatte valere sotto una "species iuris" piuttosto che l'altra,

mentre nella seconda ipotesi si richiede, espressamente, che il giudice prima

valuti la possibilità di accogliere una domanda e, solo nell'eventualità in cui

questa risulti infondata (o, comunque, da rigettare), esamini l'ulteriore richiesta”

(in tal senso, ex plurimis, Cass. Civ., Sez. III, 19 ottobre 2016, n. 21083).

Disattese le eccezioni preliminari di cui sopra, prima di procedere all’esame del

merito va rimarcato che la società attrice ha dato mostra di voler far valere in via

principale la simulazione assoluta o relativa degli atti di disposizione in

contestazione, e solo in via gradata l’inefficacia relativa degli stessi, ex art. 2901

c.c.; e tanto si ricava dalla circostanza che già nell’atto di citazione, nel rassegnare

le proprie conclusioni, ha chiesto di provvedere “gradatamente” in ordine alle

varie domande, come elencate e proposte.

Tanto comporta, dunque, la necessità che le stesse siano vagliate secondo

l’ordine di graduazione indicato dall’istante, dovendosi procedere all’esame delle

istanze subordinate solo in caso di rigetto di quelle formulate in via prioritaria.

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Sempre in apertura di motivazione, va evidenziato che ai fini della decisione

saranno utilizzati – nei limiti della effettiva rilevanza - tutti i documenti prodotti

dalle parti costituite e, segnatamente, sia quelli depositati dall’attrice in allegato

all’atto di citazione, sia quelli prodotti da Paravia Salvatore e dalla Perla 2006

s.r.l. unitamente alle memorie istruttorie ex art. 183, VI co., n. 2, c.p.c..

Invero, con riferimento al primo profilo va osservato che, ad escludere

l’utilizzabilità, ai fini della decisione, dei documenti prodotti in copia dall’attrice

non può rilevare il disconoscimento effettuato, in termini del tutto generici, da

entrambi i convenuti costituiti.

Segnatamente, i convenuti hanno operato il cennato disconoscimento con

riferimento – sostanzialmente – a tutti i documenti (della più varia natura) allegati

in copia all’atto di citazione della Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione,

motivando tale disconoscimento con l’affermazione che le fotocopie sono

passibili di “manomissione”.

Senonché, un disconoscimento di tal fatta è all’evidenza del tutto irrituale e

privo di rilievo, essendo ben noto che – come evidenziato da consolidata

giurisprudenza di legittimità e di merito – “la contestazione della conformità

all'originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di

stile e generiche ma deve essere effettuata, a pena di inefficacia, in modo chiaro e

circostanziato, attraverso l'indicazione specifica sia del documento che si intende

contestare sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall'originale” (in tal

senso, ex plurimis, Cass. Civ., Sez. III, 12 aprile 2016, n. 7105).

Quanto, poi, alle doglianze di parte attrice – la quale ha chiesto lo “stralcio”

delle memorie ex art. 183, VI co., n. 2, c.p.c. di parte convenuta, nonché della

documentazione prodotta in allegato a tali memorie – va rammentato che è ormai

del tutto pacifico in giurisprudenza l’indirizzo secondo cui nel termine richiesto

ed accordato per le allegazioni istruttorie la parte possa utilmente produrre non

solo i documenti formatisi nella pendenza del giudizio ma anche quelli già

disponibili e che, tuttavia, la medesima parte non abbia inteso depositare al

momento della costituzione; invero, anche per la produzione dei documenti

(ancorché preesistenti all’avvio del giudizio) il maturare delle preclusioni

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istruttorie è connesso solo al vano decorso del termine di cui al citato art. 183, VI

co., n. 2, c.p.c., ovvero, limitatamente ai documenti in prova contraria, al decorso

del termine successivo di cui all’art. 183, VI co., n. 3, c.p.c..

Infine – atteso il tenore delle deduzioni svolte dall’attrice - par d’uopo

rammentare che nel sistema processuale vigente deve risolutamente escludersi che

possano trarsi argomenti di prova dalla scelta della parte di non costituirsi; onde,

nel caso di specie, non può valere certo a fondare il convincimento del Tribunale

circa la fondatezza delle prospettazioni e domande della Paravia Ascensori S.p.A.

in liquidazione la circostanza che La Rosa Maria abbia ritenuto di non costituirsi

in proprio ma solo in rappresentanza della Perla 2006 s.r.l..

Passando, ora, all’esame del merito ritiene il Tribunale che le complessive

emergenze in atti non consentano di pervenire all’accoglimento della domanda

formulata in via principale dall’attrice e volta ad ottenere l’accertamento della

nullità, per simulazione assoluta, del contratto di cui all’atto per Notar Raniero

Varzi del 7 giugno 2010 (rep. 61456) avente ad oggetto la cessione, da Paravia

Salvatore alla Perla 2006 s.r.l., della partecipazione azionaria già detenuta dal

disponente nella Paravia Ascensori S.p.A. (poi in liquidazione).

Come certo noto, la simulazione assoluta ricorre allorquando risulti che le parti

abbiano inteso creare solo l’apparenza del contratto, senza volere il prodursi degli

effetti dello stesso. Segnatamente, ai fini dell’esistenza della simulazione assoluta

è necessario accertare che i contraenti, oltre a non avere la specifica volontà

dichiarata nell’atto, non ne avessero nessun’altra; resta, invece, del tutto

irrilevante la causa del comportamento delle parti.

Va, poi, rammentato che il contratto simulato – lecito od illecito che sia il

motivo della simulazione assoluta – è indefettibilmente nullo, per anomalia della

causa rispetto allo schema tipico che ne giustifica il riconoscimento normativo;

peraltro, la simulazione assoluta, costituendo motivo di nullità del negozio per

difetto di causa, è rilevabile anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c., ed inoltre

l’azione volta a farla valere è imprescrittibile.

Deve, altresì, rilevarsi che mentre per i contraenti – salva l’ipotesi in cui

intendano far valere l’illiceità del contratto dissimulato - operano specifici limiti

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in ordine ai mezzi concretamente fruibili per provare la simulazione, i creditori

delle parti ed i terzi possono, invece, fornire la prova della simulazione con ogni

mezzo e, quindi, anche per testi o per presunzioni; e ciò pure quando per il

negozio simulato sia richiesta la forma scritta ad substantiam ovvero ad

probationem.

Ed a tale ultimo proposito va rammentato che – come del resto evidenziato

dalla stessa parte attrice – con riferimento alla compravendita costituiscono

elementi sintomatici della volontà delle parti di creare la mera apparenza di un

negozio, l’esiguità del corrispettivo posto a carico dell’acquirente, la circostanza

che nel contratto sia contemplato il differimento del pagamento del prezzo senza

previsione di alcuna garanzia e, anche, la retentio possessionis ad opera

dell’apparente alienante e, dunque, la constatazione che lo stesso abbia mantenuto

la disponibilità del bene apparentemente trasferito.

Resta naturalmente fermo che l’utile esercizio, da parte dei creditori o dei terzi,

dell’azione volta a far valere la simulazione assoluta, esige l’accertamento della

titolarità, in capo agli istanti, dell’interesse ad agire.

Segnatamente, in forza del disposto dell’art. 1415, II co., c.c. legittimati a far

valere la simulazione sono solo quei terzi i cui diritti siano pregiudicati

dall’accordo simulatorio. Analogamente, secondo le previsioni dell’art. 1416, II

co., c.c., la legittimazione all’esercizio dell’azione di simulazione sussiste in capo

a coloro che siano creditori delle parti del negozio simulato e che risultino, altresì,

pregiudicati dalla simulazione.

A tale ultimo proposito – attese le contestazioni svolte dai convenuti - par

d’uopo ulteriormente precisare che legittimato ad esercitare l’azione di

simulazione è anche il titolare di un credito ancora illiquido e non esigibile;

inoltre, la domanda di simulazione proposta da chi si dichiari legittimato in quanto

creditore del simulato alienante esige non solo l’allegazione, come fatto di

legittimazione, di uno specifico credito ma anche la dimostrazione del pregiudizio

che, al soddisfacimento dello stesso, può derivare dal negozio simulato.

Inoltre - sempre in ragione del tenore delle eccezioni e contestazioni svolte dai

convenuti - va rimarcato che nell’ipotesi di simulazione assoluta l’interesse ad

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agire dei creditori è giustificato dall’esigenza di impedire ogni fittizia alterazione

patrimoniale, onde per la proponibilità dell’azione non è richiesta l’attualità del

danno ma è sufficiente la semplice possibilità del pregiudizio.

Ed a tal proposito la Suprema Corte ha avuto modo di precisare, più volte, che

“con riguardo all'azione di simulazione proposta dal creditore del simulato

alienante, a norma dell'art. 1416 comma 2 c.c., il pregiudizio del creditore stesso,

ravvisabile in presenza di una diminuzione quantitativa o variazione qualitativa

del patrimonio del debitore, che renda più incerto, difficile, o comunque oneroso

il soddisfacimento, integra condizione di detta azione e, pertanto, deve essere

provato dall'istante e va riscontrato con riferimento al momento della decisione”

(in tal senso, ex plurimis, Sez. I, 5 marzo 2008, n. 5961; Cass. Civ., Sez. II, 18

febbraio 1991, n. 1690).

Precisato quanto innanzi, con riferimento all’azione di simulazione esercitata

dall’odierna attrice va osservato che sussistono indubbiamente i presupposti di

legittimazione e le condizioni di proponibilità di cui al secondo comma dell’art.

1416 c.c..

Invero - come di seguito sarà meglio evidenziato – la documentazione versata

in atti ben consente di ritenere che la Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione

vanti ragioni di credito nei confronti di Paravia Salvatore (indicato come simulato

alienante); inoltre il negozio asseritamente simulato, con cui sarebbe stata creata

l’apparenza del trasferimento, alla Perla 2006 s.r.l., della partecipazione sociale

già detenuta da Paravia Salvatore nella Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione,

può senz’altro riguardarsi come pregiudizievole per la creditrice odierna istante,

rendendo incerto e, comunque, più oneroso e difficile il soddisfacimento del

credito di pertinenza.

Senonché a parere del Tribunale, le circostanze allegate dall’attrice come

elementi sintomatici della lamentata simulazione assoluta non sono univocamente

significative della volontà delle parti convenute di creare solo l’apparenza della

conclusa cessione di quote sociali.

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Ed anzi risulta documentato che l’atto di cessione in contestazione ha

effettivamente prodotto il suo effetto tipico, ovvero il trasferimento, in capo alla

Perla 2006 s.r.l., dei diritti ed obblighi connessi alla veste e qualità di azionista.

Basti considerare che, per quanto inferibile dalla documentazione allegata

- in esecuzione del contratto di compravendita di cui sopra, Paravia

Salvatore ha “girato” in favore della Perla 2006 s.r.l. i titoli rappresentativi delle

azioni o della nuda proprietà su azioni della Paravia Ascensori S.p.A. in

liquidazione;

- indi, il medesimo Paravia Salvatore ha consegnato alla società cessionaria

i cennati titoli rappresentativi della partecipazione azionaria in contestazione;

- sulla scorta di ciò la medesima odierna attrice ha iscritto la Perla 2006 s.r.l.

nel libro soci;

- per effetto delle “vicende ed adempimenti” di cui sopra la Perla 2006 s.r.l.

ha acquisito la legittimazione – in luogo del cedente Paravia Salvatore –

all’esercizio dei diritti sociali;

- nella acquisita veste di azionista, la Perla 2006 s.r.l. risulta aver

presenziato all’assemblea della Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione per

l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio al 31.12.2010 e - per quanto

sostanzialmente incontestato – ha anche eseguito un “finanziamento soci” per il

complessivo importo di euro 546.488,82.

In definitiva, dunque, non solo l’attrice non ha neppure specificamente dedotto

che, nonostante l’atto di cessione, Paravia Salvatore abbia mantenuto la effettiva

titolarità della partecipazione azionaria in contestazione, ma, anzi, risulta

ampiamente dagli atti che il contratto asseritamente simulato ha realmente

prodotto gli effetti suoi propri con il trasferimento, in capo alla società

cessionaria, della titolarità della partecipazione ceduta e dell’esercizio dei diritti,

poteri ed oneri connessi.

Ritiene, poi, il Tribunale che, alla luce delle complessive emergenze

documentali, vada disattesa anche l’ulteriore domanda di parte attrice volta a far

valere la simulazione relativa del contratto di cessione di cui atto all’atto per

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Notar Raniero Varzi del 7 giugno 2010 (rep. 61456), dacché dissimulante una

donazione, e la nullità, per vizio di forma, dell’atto di liberalità dissimulato.

A fondamento di tale domanda la Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione ha

dedotto che il corrispettivo della partecipazione azionaria, come indicato nel

contratto stipulato in data 7 giugno 2010, non era mai stato corrisposto dalla

cessionaria né in alcun modo richiesto e preteso dal cedente, onde tale atto di

disposizione doveva riguardarsi come donazione, nulla dacché priva dei requisiti

di forma previsti e prescritti dall’art. 782 c.c..

Ciò posto, va in primo luogo evidenziato che, perché possa ravvisarsi la

simulazione relativa di un contratto di compravendita, dissimulante una

donazione, non è sufficiente la mera allegazione dell’omesso pagamento del

prezzo, occorrendo, invece, dedurre e dimostrare che le parti contraenti abbiano

inteso creare la mera apparenza di un contratto a titolo oneroso, volendo, invece,

gli effetti di una attribuzione del bene trasferito a titolo di liberalità.

Invero, la causa e la natura di un contratto vanno individuate avendo riguardo

al regolamento contrattuale posto dalle parti; onde integra senz’altro una vendita e

non una donazione l’accordo con cui sia previsto il trasferimento della titolarità di

un bene dietro pagamento di un corrispettivo, restando irrilevante, ai fini della

qualificazione del negozio, la circostanza che l’acquirente non adempia

all’obbligo di versamento del corrispettivo.

Ad ogni buon conto, anche a voler enucleare, dalle prospettazioni svolte dalla

odierna attrice, l’assunto che, nella fattispecie concreta, le parti contraenti

avessero inteso “creare” la mera apparenza di un contratto di compravendita,

volendo concludere, in realtà, una donazione (ed avendo, quindi, escluso ab

origine l’effettiva debenza del prezzo indicato e solo apparentemente concordato

come dovuto), deve comunque pervenirsi al rigetto della domanda.

Ed infatti, dalla documentazione versata in atti è inferibile che la Perla 2006

s.r.l., a fronte di un corrispettivo della partecipazione azionaria indicato in

contratto in complessivi euro 1.201.403,97, ha consegnato a Paravia Salvatore tre

assegni bancari, dell’importo di euro 400.000,00 ciascuno, tratti sul conto corrente

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intrattenuto dalla medesima società convenuta presso la Banca di Salerno soc.

coop..

Risulta, altresì, documentato che i cennati tre assegni bancari non trasferibili,

distinti dai nn. 2100689561, 2100689562 e 2100689564 - ed emessi dalla Perla

2006 s.r.l. all’ordine di Paravia Salvatore rispettivamente alle date del 17.09.2010,

22.09.2010 e 24.09.2010 - sono stati regolarmente incassati; e tanto si ricava non

solo dal cd. “elenco movimenti dal 17.09.2010 al 24.09.2010” relativo al conto

corrente intestato alla Perla 2006 s.r.l. (elenco movimenti prodotto dall’attrice

come allegato n. 46), ma anche dalla dichiarazione a firma del Direttore Generale

della Banca di Salerno soc. coop., che dà conto dell’avvenuto accredito, degli

importi di cui ai cennati assegni, sul conto corrente n. 0.30104990 intestato a

Paravia Salvatore (cfr. missiva con allegate distinte di versamento prodotte dal

convenuto come allegato n. 5).

Va, infine, osservato che dalla documentazione in atti – e, segnatamente, dal

raffronto tra le risultanze del citato “elenco movimenti” prodotto dall’attrice quale

allegato n. 46 ed i dati inferibili dall’elenco movimenti dal 01.09.2010 al

30.09.2010 relativo a conto corrente intestato a La Rosa Maria presso la Banca di

Salerno soc. coop., prodotto dalla società convenuta – è inferibile che la provvista

utilizzata dalla Perla 2006 s.r.l. per effettuare i cennati pagamenti in favore di

Paravia Salvatore veniva fornita dalla socia La Rosa Maria, evidentemente a titolo

di finanziamento soci.

Ebbene, a fronte dei cennati elementi documentali – le cui inequivoche e

convergenti risultanze rendono evidentemente superflue le ulteriori indagini

sollecitate dalla Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, con finalità meramente

esplorative – non può che ritenersi immeritevole di seguito anche l’assunto

dell’attrice afferente la simulazione relativa dell’atto per Notar Varzi del 7 giugno

2010, e la nullità, per vizio di forma, della donazione asseritamente dissimulata.

Ritiene, poi, il Tribunale che si palesino del tutti immeritevoli di seguito le

domande con cui la Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione ha chiesto di

“accertare e dichiarare la nullità dell’atto con il quale Paravia Salvatore ha

ceduto alla moglie La Rosa Maria i diritti derivanti dalla liquidazione della

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partecipazione azionaria nella Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione,

originariamente nella titolarità del medesimo Paravia Salvatore, e/o della

donazione della provvista di euro 3.372.863,00, “comparsa” nel bilancio della

Perla 2006 s.r.l. al 31.12.2010, se ed in quanto fornita dallo stesso Paravia

Salvatore a La Rosa Maria per compiere l’operazione di finanziamento soci alla

Perla 2006 s.r.l., trattandosi, in entrambi i casi, di donazione priva dei requisiti di

forma di cui all’art. 782 c.c.”.

Invero, con riferimento alla prima delle richieste contenute nel cennato capo

delle conclusioni non può non rilevarsi che neppure esiste un “atto” con il quale

Paravia Salvatore abbia disposto, in favore di La Rosa Maria, dei diritti derivanti

dalla liquidazione della partecipazione azionaria precedentemente detenuta dalla

Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione; men che mai risulta, poi, che La Rosa

Maria abbia acquistato, in proprio, i cennati diritti.

Ed invece, è certo che, per effetto dell’atto di compravendita per Notar Varzi

del 7 giugno 2010, la titolarità della partecipazione sociale in contestazione ed i

correlati diritti – in essi compresi quelli derivanti dalla liquidazione – sono stati

acquistati dalla Perla 2006 s.r.l., onde i benefici patrimoniali in capo a La Rosa

Maria restano meramente eventuali e riflessi e, comunque, costituiscono il portato

della sua qualità di socia e finanziatrice della predetta società, e non certo l’effetto

di un atto di disposizione di Paravia Salvatore passibile di “impugnazione” da

parte dei creditori di quest’Ultimo.

E’, dunque, per mera completezza di argomentazione che si rammenta che, a

differenza di quanto accade per la donazione diretta, nella donazione indiretta

l'atto di liberalità viene realizzato ponendo in essere un negozio tipico diverso da

quello previsto dall'art. 782 c.c. Per tale ragione, con riferimento alla donazione

indiretta, non è richiesta la forma dell'atto pubblico, essendo sufficiente il rispetto

delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di

liberalità.

Va, poi, osservato che le stesse prospettazioni di parte attrice escludono in

radice la sussistenza dei presupposti per la declaratoria della nullità o della

inefficacia relativa, ex art. 2901 c.c., di un ipotetico atto con il quale Paravia

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Salvatore avrebbe donato a La Rosa Maria la provvista necessaria per il

finanziamento da quest’Ultima eseguito in favore della Perla 2006 s.r.l..

Invero, la Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, pur avendo formulato la

domanda di cui sora, ha poi asserito che il finanziamento soci per complessivi

euro 3.372.863,00 - risultante dal bilancio della Perla 2006 s.r.l. come effettuato

da La Rosa Maria - costituirebbe, in realtà, portato di un mero artificio contabile,

non avendo la Predetta mai versato nelle casse della Perla 2006 s.r.l. la somma

appostata nel bilancio relativo all’esercizio 2010 tra i debiti per finanziamento

soci.

Ebbene, a fronte di tali prospettazioni – che escludono in radice anche la

sussistenza di un atto di disposizione di somme di denaro da parte di Paravia

Salvatore in favore della moglie – neppure è dato ravvisare i presupposti di

legittimazione e le condizioni di ammissibilità delle domande della Paravia

Ascensori S.p.A. in liquidazione (che, in qualità di creditrice di Paravia Salvatore,

può far valere la nullità o l’inefficacia relativa dei soli atti di disposizione posti in

essere dal suo debitore) .

Ad ogni buon conto non par superfluo evidenziare che mentre l’odierna attrice

ha sostanzialmente escluso l’effettiva erogazione di somme a titolo di

finanziamento in favore della Perla 2006 s.r.l., allegando come meramente

ipotetica la circostanza che la provvista per eventuali finanziamenti soci sia stata

fornita a La Rosa Maria da Paravia Salvatore, risulta, invece, documentato che,

almeno l’importo di euro 1.200.000,00, utilizzato dalla Perla 2006 s.r.l. per il

pagamento del prezzo della partecipazione sociale in contestazione, è pervenuto a

detta società dal versamento di assegni bancari tratti su conto corrente intestato

proprio alla “socia finanziatrice” La Rosa Maria.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte vanno disattese anche le domande

volte ad ottenere la declaratoria della inefficacia relativa, ex art. 2901 c.c.,

“dell’atto con il quale Paravia Salvatore” avrebbe “ceduto alla moglie La Rosa

Maria i diritti derivanti dalla liquidazione della partecipazione azionaria nella

Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, originariamente nella titolarità del

medesimo Paravia Salvatore, e/o della donazione della provvista di euro

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3.372.863,00, “comparsa” nel bilancio della Perla 2006 s.r.l. al 31.12.2010, se

ed in quanto fornita dallo stesso Paravia Salvatore a La Rosa Maria per

compiere l’operazione di finanziamento soci alla Perla 2006 s.r.l.”.

Ritiene, invece, il Tribunale che, alla luce delle complessive emergenze in atti,

si palesi fondata la domanda di parte attrice volta ad ottenere la declaratoria della

inefficacia relativa, ex art. 2901 c.c., del contratto di compravendita per Notar

Varzi del 7 giugno 2010, con cui Paravia Salvatore ha ceduto a titolo oneroso, alla

Perla 2006 s.r.l., la nuda proprietà e la titolarità di azioni della Paravia Ascensori

S.p.A. in liquidazione.

Prima di procedere al vaglio delle emergenze del caso concreto, par d’uopo

premettere brevi cenni in merito all’azione revocatoria ordinaria che, come noto,

ha carattere personale e giova solo al creditore che la esercita.

Orbene, il rimedio contemplato dall’art. 2901 c.c. ha la funzione di ricostituire

la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore, quante

volte la consistenza di tale patrimonio, per effetto di uno o più atti di disposizione

posti in essere dal debitore medesimo, si sia ridotta in maniera tale da pregiudicare

le concrete possibilità di agevole soddisfacimento del credito. Pertanto, proprio in

ragione della funzione “meramente conservativa” dell’azione revocatoria, l’utile

esperimento del rimedio di cui all’art. 2901 c.c. non travolge né rende invalido

l’atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma, semplicemente, determina

l’inefficacia dello stesso in favore del solo creditore che abbia agito in

revocatoria, sì da consentire a quest’Ultimo di soddisfare le proprie ragioni di

credito sottoponendo ad esecuzione forzata il bene oggetto dell’atto revocato.

Attesa la funzione rivestita dall’azione revocatoria, condizione per la relativa

proponibilità è che colui che esperisce il rimedio di cui all’art. 2901 c.c. sia

titolare di ragioni di credito nei confronti dell’autore dell’atto di disposizione.

E, con riferimento a tale requisito, non par superfluo rammentare che dal dato

letterale dell’art. 2901 c.c. – e, segnatamente, dalla previsione secondo cui il

creditore può agire in revocatoria “anche se il credito è soggetto a condizione o a

termine" – nonché dal sistema complessivo approntato dal Codice civile vigente a

garanzia dell’effettività delle ragioni di credito, la consolidata giurisprudenza di

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legittimità e di merito ha tratto argomenti per ritenere che l’azione revocatoria

possa essere esperita anche per la tutela preventiva e cautelare di un credito che

non sia già certo, liquido, esigibile ed accertato giudizialmente.

In particolare è stato evidenziato – con argomentazioni che questo Tribunale

ritiene di condividere e fare proprie – che il rimedio di cui all’art. 2901 c.c. ben

può essere esperito per garantire il successivo, utile soddisfacimento del cd.

"credito litigioso", ovvero delle ragioni di credito contestate ed il cui accertamento

sia ancora sub iudice; e ciò tanto nel caso in cui la pretesa, pur controversa, abbia

fonte negoziale, quanto nell’ipotesi in cui il credito tragga origine non da un

negozio, ma da un fatto illecito, contrattuale o extracontrattuale, dedotto in

giudizio a sostegno di una domanda risarcitoria (in tal senso, ex plurimis, Cass.

Civ., SS. UU., 18 maggio 2004, n. 9440; conf., Cass. Civ., 2 aprile 2004, n. 6511;

Cass. Civ., 14 novembre 2001, n. 14166; Cass. Civ., 24 febbraio 2000, n. 2164;

Cass. Civ., 18 febbraio 1998, n. 1712; Cass. Civ., 2 settembre 1996, n. 8013) .

Invero, il riferimento al credito condizionato o a termine, trasfuso nel disposto

dell’art. 2901 c.c., consente di ritenere che il legislatore non abbia inteso tutelare

soltanto la posizione di chi sia in atto titolare di un credito esigibile, la cui

fattispecie costitutiva si sia già compiutamente perfezionata, ma si sia ispirato ad

una ratio più ampia, rispondente alla fondamentale esigenza di offrire tutela al

soggetto rispetto al quale si sia realizzata una situazione di fatto in presenza della

quale la concreta ed effettiva rilevanza, come fonte di garanzia patrimoniale, del

patrimonio di altro soggetto, dipenda, ormai, soltanto dal sopravvenire di ulteriori

vicende, estranee alla sua sfera di controllo e di ingerenza.

D’altro canto, la diversa disciplina che il Codice civile vigente ha assegnato

all'azione revocatoria con l'art. 2901 c.c., rispetto alla formulazione dell'art. 1235

del Codice del 1865, ben si inquadra nell'indirizzo normativo del legislatore del

1942, che ha voluto rafforzare la posizione del creditore, intervenendo sulla

responsabilità per inadempimento (art. 1218 c.c.), sulla solidarietà passiva

presunta per legge (art. 1294 c.c.) ed, infine, proprio sulla revocatoria ordinaria,

modificando la precedente disciplina in due punti fondamentali, ritenendo, da un

lato, condizione necessaria e sufficiente, per l'esercizio dell'azione revocatoria, la

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mera scientia fraudis, e non più la prava intenzione in frode del creditore, e

legittimando, da altro lato, anche i creditori meramente eventuali e potenziali,

come quelli titolari di un credito soggetto a condizione, che egualmente hanno

interesse a vedere non intaccata la garanzia patrimoniale generica di cui all’art.

2740 c.c..

Peraltro, la nozione lata di credito accolta dall’art. 2901 c.c. - comprensiva

della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di

certezza, liquidità ed esigibilità - è coerente con la pacifica funzione dell'azione

revocatoria, che non ha scopi restauratori, né nei confronti del debitore né in

favore del creditore istante, ma tende unicamente a restituire la garanzia generica

assicurata a tutti i creditori, e quindi anche a quelli meramente eventuali, ivi

compresi i titolari di crediti nascenti da fatti illeciti, la cui sussistenza o

consistenza sia ancora al vaglio dal giudice di merito.

D’altro canto, la diversa disciplina che il Codice civile vigente ha assegnato

all'azione revocatoria con l'art. 2901 c.c., rispetto alla formulazione dell'art. 1235

del codice del 1865, ben si inquadra nell'indirizzo normativo del legislatore del

1942, che ha voluto rafforzare la posizione del creditore, intervenendo sulla

responsabilità per inadempimento (art. 1218 c.c.), sulla solidarietà passiva

presunta per legge (art. 1294 c.c.) ed, infine, proprio sulla revocatoria ordinaria,

modificando la precedente disciplina in due punti fondamentali, ritenendo, da un

lato, condizione necessaria e sufficiente, per l'esercizio dell'azione revocatoria, la

mera scientia damni, e non più la prava intenzione in frode del creditore, e

legittimando, da altro lato, anche i creditori meramente eventuali e potenziali,

come quelli titolari di un credito soggetto a condizione, che egualmente hanno

interesse a vedere non intaccata la garanzia patrimoniale generica di cui all’art.

2740 c.c..

Peraltro, la nozione lata di credito accolta dall’art. 2901 c.c. - comprensiva

della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di

certezza, liquidità ed esigibilità - è coerente con la pacifica funzione dell'azione

revocatoria, che non ha scopi restauratori, né nei confronti del debitore né in

favore del creditore istante, ma tende unicamente a restituire la garanzia generica

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assicurata a tutti i creditori, e quindi anche a quelli meramente eventuali, ivi

compresi i titolari di crediti nascenti da fatti illeciti, la cui sussistenza o

consistenza sia ancora al vaglio dal giudice di merito.

Resta naturalmente fermo che le ragioni di credito tutelabili con il rimedio di

cui all’art. 2901 c.c. sono solo quelle che riposano su un titolo che, seppur

successivo all’atto di disposizione che si vuole revocato, sia antecedente

all’esercizio dell’azione revocatoria.

Ulteriore presupposto per l’utile esercizio dell’azione revocatoria ordinaria è il

cd. eventus damni, il quale va apprezzato con riferimento al momento in cui è

stato posto in essere l’atto di disposizione, e può ritenersi sussistente non solo

allorquando il suddetto atto di disposizione abbia determinato l’assoluta

insolvenza del debitore ma anche quando, per effetto dello stesso, si sia prodotta

una maggiore difficoltà o incertezza nella esazione del credito.

Segnatamente la Suprema Corte, con specifico riferimento all’eventus damni,

ha più volte evidenziato che, anche nel caso in cui sia ancora pendente la

controversia sul credito alla cui garanzia è preordinato l’esperimento del rimedio

di cui all’art. 2901, l’effetto pregiudizievole per il potenziale creditore non esige

l’accertamento dello stato di insolvenza del debitore, essendo sufficiente, al

contrario, che l’atto di disposizione compiuto dal debitore medesimo,

depauperando in modo significativo il suo patrimonio, produca pericolo o

incertezza per la futura realizzazione del diritto del creditore, in termini di

possibile infruttuosità dell’eventuale azione esecutiva o anche, semplicemente, di

maggiore difficoltà ed incertezza nella realizzazione del credito (in tal senso, ex

plurimis, Cass. Civ., Sez. III, 17 ottobre 2001, n. 12678; conf. Cass. Civ., Sez. III,

5 giugno 2000, n. 7452).

Peraltro, sul pacifico assunto secondo cui, ai fini della revocabilità di un atto di

disposizione compiuto dal debitore, non è necessario che da esso sia derivata la

totale compromissione della consistenza del patrimonio dell’obbligato ma è

sufficiente che, per effetto di un tale atto, il soddisfacimento del credito sia

esposto al pericolo di maggiore incertezza o difficoltà, la giurisprudenza di

legittimità ha evidenziato che l’onere di provare l’insussistenza di un tale pericolo

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– in ragione dell’esistenza di ampie residualità patrimoniali – grava sul soggetto

convenuto con l’azione revocatoria, che eccepisca la mancanza, per questo

motivo, dell’eventus damni (Cass. Civ., Sent. n. 15527/2004; conf. Cass. Civ.,

Sent. n. 11471/2003).

Va rammentato, infine, che l’utile esercizio dell’azione revocatoria è

condizionato all’accertamento del requisito soggettivo, la cui prova, come noto,

concernendo un presupposto del rimedio di cui all’art. 2901 c.c., grava sull’attore

in revocatoria ma può anche essere fornita attraverso presunzioni.

Orbene, dal dettato letterale dell’art. 2901 c.c. discende, all’evidenza, che il

cennato requisito soggettivo è destinato ad assumere consistenza diversa a

seconda che si versi in ipotesi di atto di disposizione compiuto successivamente

alla nascita del credito ovvero si sia in presenza di domanda di revocatoria

concernente un atto posto in essere anteriormente al sorgere del credito. Ed,

invero, nel primo caso, ai fini della declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c., è

necessario e sufficiente, sotto il profilo soggettivo, l’accertamento della ricorrenza

della cd. scientia damni, ovvero della consapevolezza – in termini di effettiva

conoscenza o, anche, di agevole conoscibilità – di arrecare, con l’atto di

disposizione in discussione, un pregiudizio agli interessi del creditore, senza che

assuma rilievo, invece, la specifica intenzione del debitore di ledere la garanzia

patrimoniale generica del creditore.

Per converso, nell’ipotesi di azione revocatoria avente ad oggetto un negozio

dispositivo anteriore al sorgere del credito, l’elemento soggettivo, la cui ricorrenza

è indefettibilmente richiesta, si palesa composito, occorrendo accertare, da un

canto, che l’autore dell’atto, alla data della sua stipulazione, era intenzionato a

contrarre debiti ovvero era consapevole che in futuro sarebbe sorta una sua

obbligazione, e, dall’altro canto, che tale soggetto abbia compiuto l’atto

dispositivo proprio in vista della futura assunzione di obbligazioni, ed allo scopo

di precludere o rendere più difficile al creditore l’attuazione coattiva del suo

diritto (cd. consilium fraudis).

Posta l’indicata diversa intensità dell’elemento soggettivo richiesto dall’art.

2901 c.c., a seconda che l’atto da revocare sia successivo o anteriore al sorgere del

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credito da tutelare, appare fondamentale osservare che il discrimen tra l’una e

l’altra ipotesi non è dato dall’accertamento giudiziale delle ragioni creditorie bensì

dal momento in cui viene ad esistenza la fonte costitutiva del credito e, quindi, il

negozio ovvero l’illecito contrattuale o extracontrattuale generatore della pretesa.

In tal senso si è espressa la giurisprudenza, anche risalente, evidenziando che

l’anteriorità o meno del credito rispetto all’atto impugnato va riguardata sotto il

profilo del credito nella sua essenza e non pure nel suo accertamento giudiziale,

sicché essa può ritenersi sussistente anche se e quando l’accertamento del credito

avvenga con sentenza posteriore all’atto impugnato. (Cass. Civ., 25 novembre

1985, n. 5824; Cass. Civ., 8 maggio 1984, n. 2801; Corte Appello Milano, 27

ottobre 1967).

Resta, poi, fermo che, diversamente da quanto previsto per gli atti a titolo

gratuito, la revocatoria degli atti a titolo oneroso postula l’accertamento

dell’elemento soggettivo anche a carico del terzo beneficiario; requisito

soggettivo che può dirsi integrato dalla mera conoscenza del pregiudizio arrecato

alle ragioni del creditore (cd. scientia damni) ove l’atto di disposizione sia

successivo alla nascita del credito, richiedendosi, invece, la partecipazione alla

dolosa preordinazione dell’alienante e, quindi, la consapevolezza e condivisione

della specifica intenzione di pregiudicare la garanzia del futuro credito (cd.

partecipatio fraudis) nel caso di atto di disposizione posto in essere prima del

sorgere del credito.

Dalle considerazioni di cui innanzi discende, dunque, che, ai fini dell’utile

esercizio dell’azione revocatoria, l’istante deve provare la titolarità del credito per

la cui tutela è esperito il rimedio di cui all’art. 2901 c.c., nonché il cd. eventus

damni, da intendersi come lesione della garanzia patrimoniale generica per effetto

dell’atto di disposizione posto in essere dal debitore, ed, infine, il requisito

soggettivo (nei termini innanzi specificati).

E’, invece, sul convenuto in revocatoria che grava l’onere di provare la

persistente titolarità di un patrimonio ben atto a soddisfare le ragioni di credito

poste a base della domanda ex art. 2901 c.c..

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Repert. n. 7957/2017 del 14/04/2017

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Fatte tali considerazioni di ordine generale e passando all’esame della

fattispecie all’attenzione, va osservato che – per quanto inferibile dalla

documentazione in atti - l’attrice vanta, nei confronti di Paravia Salvatore, ragioni

di credito in dipendenza delle condotte di distrazione ed appropriazione allo

Stesso addebitate allorquando rivestiva la carica di Amministratore Delegato della

Paravia Ascensori S.p.A. (ora in liquidazione).

In particolare, le pretese restitutorie e risarcitorie azionate dalla odierna attrice

nei confronti di Paravia Salvatore appaiono confortate anche dagli esiti della

C.T.U. espletata nel procedimento promosso innanzi al Tribunale di Salerno ed

avente ad oggetto la cennata azione di responsabilità.

D’altro canto è certo noto che – come evidenziato dalla Suprema Corte – “ai

fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria non è necessario al

creditore essere titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, bastando una

semplice aspettativa che non si riveli prima facie pretestuosa e che possa

valutarsi come probabile, anche se non definitivamente accertata” (in tal senso,

ex plurimis, Cass., 18 luglio 2008, n. 20002).

Ritiene, poi, il Tribunale che l’atto di disposizione in contestazione, posto in

essere nel giugno 2010, risultava e risulta indubbiamente lesivo delle ragioni di

credito della Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione.

Ed alla conclusione di cui sopra è dato pervenire innanzitutto ove si consideri

che, con l’atto di cessione in contestazione, Paravia Salvatore si è spogliato di

titoli azionari di rilevante valore - e che, in quanto rappresentativi di

partecipazioni al capitale della medesima Paravia Ascensori S.p.A. in

liquidazione, erano da quest’Ultima facilmente individuabili ed assoggettabili

all’esecuzione forzata - dietro versamento di una somma di denaro che, come

noto, può essere agevolmente occultata e variamente sottratta alle iniziative

esecutive dei creditori.

Ai fini dell’apprezzamento del requisito dell’eventus damni rileva, poi,

l’ulteriore considerazione che Paravia Salvatore, prima della stipula dell’atto di

cessione in contestazione, aveva già trasferito alla moglie La Rosa Maria la nuda

proprietà – per l’intero o pro quota - degli immobili di sua pertinenza di maggior

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consistenza e valore, per modo che, nel giugno 2010, era ormai privo di un

patrimonio immobiliare di valore significativo o agevolmente aggredibile, tale da

assolvere adeguatamente alla funzione di garanzia di cui all’art. 2740 c.c.; ed a

tale ultimo proposito non par superfluo rimarcare che se è vero che anche il diritto

di usufrutto può essere sottoposto a pignoramento, è parimenti indubitabile la

oggettiva difficoltà di realizzo, anche in sede di esecuzione forzata, di siffatto

diritto reale limitato.

In definitiva, dunque, dalla documentazione prodotta dall’attrice e dalle

specifiche allegazioni svolte in atti è inferibile che, per effetto dell’atto di cessione

di partecipazioni azionarie oggetto di causa, è stata significativamente modificata

la natura e consistenza del patrimonio di Paravia Salvatore rendendo meno

agevole è più incerta la concreta possibilità di soddisfacimento delle ragioni di

credito della Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione.

Del resto è ben noto che, in tema di azione revocatoria, per la sussistenza del

cd. eventus damni, non è richiesta la totale compromissione della consistenza del

patrimonio del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più

incerto o difficile il soddisfacimento del credito, anche in forza della mera

modificazione qualitativa del patrimonio del debitore (cfr. Cass. 7767/2007).

Quanto, poi, all’elemento soggettivo, va osservato che è indubitabile la piena

consapevolezza, in capo al “debitore disponente”, della portata lesiva dell’atto di

cessione all’attenzione, ove si consideri, tra l’altro, che – per quanto inferibile

dalla documentazione in atti - lo stesso è intervenuto nel contesto di un complesso

di atti mediante i quali Paravia Salvatore, in breve tempo, si è spogliato della gran

parte dei beni e diritti più rilevanti per la funzione di garanzia ex art. 2740 c.c.;

inoltre significativa, ai fini dell’apprezzamento dell’elemento soggettivo indicato,

è la circostanza che Paravia Salvatore abbia posto in essere l’atto di disposizione

di cui si discute – unitamente ad altri, precedenti o successivi – proprio

allorquando la Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione si accingeva ad esercitare

l’azione di responsabilità a suo carico dopo averlo “invitato” a rassegnare le

dimissioni dalla carica di Amministratore Delegato ed appurato, mediante

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verifiche interne, condotte della Stesso foriere di danno a carico del patrimonio

sociale.

Va, infine, evidenziato che è ben dato ritenere che anche la terza cessionaria

della partecipazione azionaria in contestazione avesse consapevolezza del

pregiudizio che detto atto arrecava alle ragioni dei creditori del cedente ed, in

particolare, alla Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione.

Ed infatti, posto che, per le persone giuridiche e gli enti, l’apprezzamento del

citato elemento soggettivo va operato avendo riguardo alle persone fisiche munite

dei poteri di rappresentanza, nel caso di specie non può non considerarsi che – per

quanto inferibile dalla visura camerale in atti – alla data di stipula del contratto di

cessione per cui è causa lo stesso Paravia Salvatore rivestiva la carica di

Presidente del Consiglio di Amministrazione della Perla 2006 s.r.l.; organo

gestorio collegiale nel quale “sedevano”, poi, La Rosa Maria e Cerenza Giovanna,

rispettivamente moglie e madre del cedente.

In particolare, alla stipula dell’atto per Notar Varzi interveniva, in

rappresentanza della Perla 2006 s.r.l. e nella qualità di Amministratore Delegato,

La Rosa Maria la quale, in ragione del vincolo che la legava e lega a Paravia

Salvatore, era certamente a conoscenza tanto delle “vicende occorse” a

quest’Ultimo in qualità di Amministratore Delegato della Paravia Ascensori

S.p.A. in liquidazione, quanto della reale consistenza del patrimonio del predetto

Paravia Salvatore nonché del fatto che lo Stesso aveva in precedenza già disposto

variamente dei diritti sul patrimonio immobiliare (con atti in favore, proprio, di La

Rosa Maria).

In definitiva, dunque, in parziale accoglimento dell’azione ex art. 2901 c.c. va

dichiarata l’inefficacia relativa, nei confronti della Paravia Ascensori S.p.A. in

liquidazione, dell’atto per Notar Raniero Varzi del 7 giugno 2010 (rep. 61456;

racc. 10.637) con il quale Paravia Salvatore ha trasferito alla Perla 2006 s.r.l., a) il

diritto di nuda proprietà relativa a nn. 3.322 azioni della Paravia Ascensori S.p.A.

(ora in liquidazione) del valore nominale di euro 1,47 ciascuna, per un totale di

nominali 4.883,34, rappresentato dal titolo nominativo n. 32B emesso in data

03.05.2010; b) nn. 52.378 azioni della Paravia Ascensori S.p.A. (ora in

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liquidazione), del valore nominale di euro 1,47 ciascuna per un totale di nominali

euro 76.995,66, rappresentate dal titolo nominativo n. 17 emesso in data

06.03.2009; c) nn. 174.988 azioni della Paravia Ascensori S.p.A. (ora in

liquidazione), del valore nominale di euro 1,47 ciascuna per un totale di nominali

euro 257.232,36, rappresentate dal titolo nominativo n. 3 emesso in data

18.10.2004.

Va, infine, osservato che la assoggettabilità ad esecuzione forzata, da parte del

creditore che abbia vittoriosamente esercitato l’azione revocatoria, del bene

oggetto di atto di disposizione del debitore è effetto naturale della pronuncia ex

art. 2901 c.c., non occorrendo a tal fine apposita statuizione.

Per converso, va disattesa la domanda di parte attrice volta ad ottenere la

restituzione, in favore di Paravia Salvatore, dei titoli rappresentativi della

partecipazione azionaria in contestazione, essendo noto che l’azione revocatoria

comporta le mera inefficacia relativa dell’atto di disposizione.

Va, parimenti, disattesa la domanda della Perla 2006 s.r.l. volta ad ottenere

l’ordine di cancellazione di espressioni offensive adoperate dalla parte attrice

negli scritti processuali nonché la condanna della Paravia Ascensori S.p.A. in

liquidazione al risarcimento dei danni.

In proposito par d’uopo rammentare che la sussistenza dei presupposti per il

risarcimento dei danni ex art. 89 c.p.c. va esclusa allorquando le espressioni in

contestazione non siano dettate da un incomposto e “gratuito” intento

dispregiativo ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la

materia controversa, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione

negativa del comportamento e delle prospettazioni della controparte, la scarsa

attendibilità delle tesi ed affermazioni di quest’ultima (in tal senso, ex plurimis,

Cass. Civ., Sez. III, 6 dicembre 2011, n. 26195; Cass. Civ., Sez. III, 5 maggio

2009, n. 10288; Cass. Civ., Sez. I, 20 gennaio 2004, n. 805)

Ciò posto, con riferimento alla fattispecie concreta non può non rilevarsi che le

espressioni oggetto di doglianza, ben lungi dall’avere mera finalità “offensiva”,

risultano all’evidenza strumentali alle deduzioni e difese di parte attrice.

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Ritiene, infine, il Tribunale che, nei rapporti tra la Paravia Ascensori S.p.A. in

liquidazione, da una parte, e la Perla 2006 s.r.l. e Paravia Salvatore, anche in

considerazione della parziale soccombenza della parte attrice, sussistano giusti

motivi per disporre la parziale compensazione - in ragione della metà - delle spese

processuali che, per la restante metà, vanno poste a carico solidale dei convenuti

costituiti, nella misura liquidata in dispositivo tenendo conto della natura e del

valore della causa, del numero e del rilievo delle questioni affrontate, nonché delle

attività difensive espletate, e facendo applicazione delle previsioni di cui al D.M.

n. 55/2014.

Le spese processuali anticipate dall’attrice vanno, invece, dichiarate irripetibili

nei confronti della convenuta contumace La Rosa Maria, essendo state rigettate

tutte le domande proposte contro quest’Ultima, in proprio.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, come sopra composto, definitivamente pronunciando nel

procedimento iscritto al N. 11991/2015 R.G., così provvede:

- Dichiara inefficace, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2901 c.c., nei

confronti della Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, l’atto per Notar Raniero

Varzi del 7 giugno 2010 (rep. 61456; racc. 10.637) con il quale Paravia Salvatore

ha trasferito alla Perla 2006 s.r.l. a) il diritto di nuda proprietà relativa a nn. 3.322

azioni della Paravia Ascensori S.p.A. (ora in liquidazione) del valore nominale di

euro 1,47 ciascuna per un totale di nominali 4.883,34, rappresentato dal titolo

nominativo n. 32B emesso in data 03.05.2010; b) nn. 52.378 azioni della Paravia

Ascensori S.p.A. (ora in liquidazione), del valore nominale di euro 1,47 ciascuna

per un totale di nominali euro 76.995,66, rappresentate dal titolo nominativo n. 17

emesso in data 06.03.2009; c) nn. 174.988 azioni della Paravia Ascensori S.p.A.

(ora in liquidazione), del valore nominale di euro 1,47 ciascuna per un totale di

nominali euro 257.232,36, rappresentate dal titolo nominativo n. 3 emesso in data

18.10.2004.

- Rigetta ogni ulteriore e diversa domanda formulata dalla Paravia

Ascensori S.p.A. in liquidazione.

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- Rigetta le istanze ex art. 89 c.p.c., formulate dalla Perla 2006 s.r.l..

- Compensa le spese di lite in ragione della metà e condanna Paravia

Salvatore e la Perla 2006 s.r.l., in solido tra loro, alla rifusione, in favore della

Paravia Ascensori S.p.A. in liquidazione, della restante metà delle spese

processuali, che liquida (quanto alla parte dovuta in rifusione) in complessivi euro

11.710,00 - di cui euro 1.710,00 per spese vive ed euro 10.000,00 per compensi

professionali – oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

- Dichiara irripetibili, nei confronti della convenuta contumace, le spese

processuali.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016, nella Camera di Consiglio della

Terza Sezione Civile del Tribunale.

Il Giudice estensore Il Presidente

Clelia Buonocore Francesco Mannino

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