Report World Café Fabbrichiamo Cultura

48

description

Il Report del World Cafè “Fabbrichiamo cultura” nasce come fotografia dell’evento partecipativo, organizzato in occasione dell'inaugurazione della Fabbrica del Cinema (Carbonia). È anche un documento di empowerment collettivo, grazie alla sua divisione per cluster tematici fedeli alla viva voce dei partecipanti (Marketing territoriale e Sviluppo locale; Narrazione e Comunicazione; Cultura, Competenze, Innovazione e Impresa; Partecipazione, Rete e Solidarietà), corroborati dai contributi di alcuni dei massimi esperti italiani e non; per incoraggiare coloro che ogni giorno operano per la cultura e lo sviluppo del Sulcis Iglesiente a riconoscere quanto i loro percorsi non solo siano corretti e coerenti, ma possano rappresentare anche quei modelli ai quali guardare e con i quali confrontarsi, quando si vogliano cercare soluzioni.

Transcript of Report World Café Fabbrichiamo Cultura

Page 1: Report World Café Fabbrichiamo Cultura
Page 2: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

Comune di Carbonia

Comune di Carbonia

Comune di Iglesias

GESTIONE COMMISSARIALEEX PROVINCIA DI CARBONIA IGLESIAS

Legge regionale �8.06.�013, n. 15 “Disposizioni di riordino delle province”D.P.G.R. n. 90 del 0�/07/�013

PARTNER:

CON IL SOSTEGNO DI: IN COLLABORAZIONE CON:

Realizzazione grafica: Antonio Figus per la Società Umanitaria C.S.C. Carbonia-Iglesias

Page 3: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

3

Introduzione ............................................................................................................. 4

“Fabbrichiamo cultura” - Fenomenologia di un World Cafè ..................................... 6

Una fotografia dei partecipanti ............................................................................... 10

Formulare domande importanti .............................................................................. 1�

La plenaria ............................................................................................................ 14

Cluster #1 - Marketing territoriale e Sviluppo locale .............................................. 15

Cluster #2 - Narrazione e Comunicazione ............................................................... �0

Cluster #3 - Cultura, Competenze, Innovazione e Impresa ...................................... �6

Cluster #4 - Partecipazione, Rete e Solidarietà ...................................................... 34

Best Practices e letture dall’Italia e dal mondo ...................................................... 40

Conclusioni .............................................................................................................. 43

Appendice 1 - Comunicazione .................................................................................. 44

Bibliografia e sitografia ........................................................................................... 46

#REPORTIME

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

Page 4: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

4

Introduzione

Il presente Report è stato pensato per essere testimonianza e fotografia; documento scientifico e strumento di empowerment.

Testimonianza e fotografia perché è doveroso restituire ai co- protagonisti del World Cafè “Fabbrichiamo cultura” quel che appartiene loro: una vivida intelligenza collettiva, fatta di idee, memorie, proiezioni, immagini che l’evento aveva solo aiutato a far riemergere, in una versione composita e insieme sistemica. I lettori avranno quindi modo di ricordare, ove presenti o di conoscere ove non presenti, quel che successe quella mattina del �0 dicembre �015 presso i locali della Ex Direzione della Miniera di Serbariu, a Carbonia; sempre con una visione critica che possa essere appunto fotografia fedele, senza ritocchi, perché si possa crescere e migliorare.Documento scientifico e strumento di empowerment perché tutti, a partire dai partecipanti al World Cafè, possano rinnovare la fiducia nel proprio agire quotidiano; rileggendo quanta lungimiranza e capacità analitica possa ritrovarsi nelle azioni di chi, tra passato e presente, ha fatto parte della storia della cultura e quindi anche dello sviluppo locale nel Sulcis Iglesiente. Quello che le persone hanno detto durante le sessioni del World Cafè infatti, ha valore e senso anche e soprattutto al di là della contingenza di un evento. Specie se avvalorate da un apporto scientifico, le dichiarazioni dei partecipanti, possono assumere rinnovato vigore, in una reciprocità, tra ciò che deriva dall’ ascolto di chi produce e agisce esperienza e quel che si legge sui libri, ma non è obsoleto, anzi diventa sostegno importante, specie per l’opinione pubblica e le istituzioni, che per altro co- abitano lo stesso territorio. Un territorio fisico, definito, che potrebbe divenire ancora una volta anche territorio della memoria demistificata, dell’autenticità e della progettualità, dove questa possa farsi realtà attraverso un ascolto attivo profondo e sporcandosi dei problemi - non solo dei bisogni - dei suoi protagonisti. I lettori troveranno un capitolo di apertura, che introdurrà in linea generica alle pratiche partecipative, fino a giustificare la scelta del World Cafè tra migliaia di strumenti, per poi giungere a una parte insieme descrittiva e critica del caso specifico. Seguirà una serie di capitoli, divisi per cluster, ossia gruppi di argomenti ascrivibili a una stessa strategia, alla stessa semantica di idee e immagini: Marketing territoriale e Sviluppo locale; Narrazione e Comunicazione; Cultura, Competenze, Innovazione e Impresa; Partecipazione, Rete e Solidarietà. Ogni cluster sarà composto da un succedersi continuo di “viva voce” dei partecipanti al World Cafè (come se si ascoltasse l’intervento dal vivo, quindi senza che sul testo si sia mediato con alcuna correzione/ adattamento dal parlato allo scritto) e la teoria pertinente ogni singolo tema; seguendo il ragionamento di cui alle prime righe di questa introduzione.Nella pagina a seguire, il lettore avrà a disposizione un piccolo compendio grafico dei contenuti, per agevolare la lettura o focalizzarsi sulle specifiche tematiche. Questo Report vorrebbe essere come una pagina bianca: le parole che vi troverete scritte non sono le pennellate già date, ma i pennelli con i quali dipingere il futuro che verrà, sono le note di una musica che ispira prima di immaginare l’opera.Un documento in divenire, non un approdo ma una partenza; figlio di tutti, anche di chi non c’era, non poteva esserci e ci sarà.

Page 5: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

5

Page 6: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

6

“FABBRICHIAMO CULTURA”.FENOMENOLOGIA DI UN WORLD CAFÈ

Dopo anni di vigile attesa e attento lavoro, è stata inaugurata “La fabbrica del cinema”; spazio locato presso la Miniera di Serbariu, nella palazzina della Ex Direzione Amministra-tiva, luogo carico di proiezioni della memoria di un intero territorio e quindi altamente sim-

bolico. Tanto importante è il progetto, tanto lo sono i partner che hanno affiancato il Centro Servizi Culturali di Carbonia–Iglesias, durante il percorso che ha portato alla sua inaugurazione, quali l’amministrazione provinciale di Carbonia-Iglesias e la Gestione Commissariale della Ex Provincia di Carbonia Iglesias; le amministrazioni comunali di Carbonia e Iglesias; il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna e l’Agenzia Regionale per il Lavoro.

Se si afferma che il progetto abbia insito in sé un potenziale elevato per lo sviluppo locale del territorio, grazie al suo scopo principale di promozione di relazioni, tra l’edificio valorizzato - la Ex Direzione Amministrativa - e i cittadini, attraverso visite, eventi e manifestazioni culturali (rassegne, mostre, esposizioni, ecc.), attività amministrative o di produzione di beni e servizi e at-tività formative, ecco che nasce la consapevolezza, da parte di coloro che del progetto sono stati i primi promotori - il Centro Servizi Culturali - di dovere coinvolgere fin dai primordi de “La fabbrica del cinema” le molteplici voci del territorio del Sulcis Iglesiente, oltre che i partner di cui sopra, a partire da una ragionata e attenta analisi di tutte le potenzialità esprimibili da e con il museo per le Istituzioni territoriali tutte e per quei privati o quella parte di società civile che da sempre operano, ognuno con focus diversi, per la valorizzazione dell’area in questione.

L’intenzione doveva essere quindi quella di riuscire a coinvolgere in un momento inaugurale comune, in previsione di costruirne poi altri e altri ancora, tutti i soggetti di cui sopra, tentando però un ulteriore sforzo:

- coinvolgerli in quanto persone, protagoniste del Sulcis Iglesiente, per smuoverne l’intelligenza collettiva; per ragionare sulle potenzialità de “La Fabbrica del cinema” e, ancor prima, del territo-rio tutto - con particolare riguardo per le tematiche culturali - ma senza le imposizioni tipiche di momenti convegnistici spesso fin troppo definiti, dove non vi è spazio per la co-costruzione.

L’evento collettivo di apertura delle giornate inaugurali è stato quindi, non a caso, caratterizzato dall’uso di una particolare tecnica partecipativa. Le tecniche tra le quali potenzialmente sarebbe sarebbe stato possibile scegliere quella adatta al territorio del Sulcis Iglesiente e ai partecipanti, erano numerose e la scelta, che potrebbe sembrare scontata, ossia “una tecnica vale l’altra” non è stata invece da sottovalutare, come momento cruciale. Se infatti generalmente, ad oggi, le pratiche partecipative, sono sempre più ricercate dalle Pubbliche Amministrazioni, come em-blema di buona governance, è anche vero che spesso queste agiscano con finalità di facciata e ciò, normalmente, porta alla scelta indiscriminata della tecnica da impiegare. Enti di vario tipo e grado millantano tra le proprie scelte programmatiche e operative le più disparate tecniche, spesso provocando che il cittadino/utente non si renda conto di stare maneggiando pratiche a volte poco adatte al contesto e certamente non le uniche a disposizione. Il lavoro del buon facili-tatore infatti, non consiste tanto nel saper proporre, per ogni contesto, la medesima soluzione,

Page 7: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

7

ma nell’analizzare attentamente la situazione, le richieste della eventuale committenza, per poi scegliere lo strumento più adatto al proprio pubblico, alle esigenze finali, alla sensibilità del tipo di partecipanti da coinvolgere e in questa operazione – e annesso ragionamento teorico – proba-bilmente è insito molto del compito delle pratiche partecipative. Sarà sempre necessario, infatti, ponderare una decisione strategica, considerando i seguenti fattori: la tipologia del soggetto da consultare; l’onerosità della realizzazione, specie in termini di tempo e costi; l’attendibilità/validità delle informazioni attese e l’utilità/esaustività dei risultati.

I lettori potranno ora cominciare ad avere più consapevolezza, rispetto a questo caso specifico, su come il World Cafè, potesse essere uno tra gli strumenti più adatti; questa pratica conversazionale permette infatti di lavorare con un minimo di dodici partecipanti e un massimo di milleduecento, stimolando il movimento dialogico delle idee, il fermento di un sapere spontaneo e collettivo.È possibile impiegare un World Cafè, strumento in generale tra i più flessibili e adattabili, per:

- raccogliere spunti di riflessione, condividere conoscenze, stimolare idee innovative utili ad affrontare questioni concrete ed importanti;

- condurre un’analisi approfondita delle principali sfide ed opportunità strategiche;- coinvolgere persone, che magari si incontrano per la prima volta, in una conversazione autentica;- approfondire e far sentire propri i risultati di un lavoro di gruppo;- promuovere un dialogo significativo tra qualcuno che parla e il suo pubblico;

Si sottolinea che il World Cafè non ha ragione di esistere se: si sia orientati ad una soluzione o ad una risposta “specifica”; si vogliano semplicemente informare i partecipanti di qualcosa e non si è interessati a conoscere cosa ne pensano e si debba sviluppare un piano operativo e assegnare dei “compiti”.

Il World Cafè, nel dettaglio, prevede che quattro o cinque partecipanti siedano intorno a piccoli tavoli, rotondi o quadrati (non è consigliato, perché vi sia un buon livello conversazionale, ab-bassare il numero di commensali a tre unità o aumentarlo a sei o più). Le conversazioni durano solitamente dai venti ai trenta minuti, per poi invitare i partecipanti a cambiare di tavolo, mescol-andosi e permettendo così la cross-pollination; per un numero di round che solitamente è di tre, ma è variabile. Le conversazioni vengono animate da delle domande, precedentemente studiate dalla facilitatrice e dagli organizzatori; queste sono parte molto rilevante per l’ottimale riuscita dell’incontro, perché sintomo della buona conoscenza dell’ordine di idee dei partecipanti e per-ché permettono di focalizzare subito l’attenzione di questi sulle questioni realmente rilevanti. Del resto un buon World Cafè non è tale senza che l’attenzione degli invitati venga richiamata con un tema che stia veramente a cuore ad ognuno di essi, capace di attivare, una volta aperti i giochi, il fermento di una intelligenza che da individuale divenga collettiva. Restano fermi allo stesso tavolo i “referenti”, coloro che, durante la prima sessione, sono stati scelti dai compagni di tavolo, per accogliere i partecipanti in arrivo da un altro gruppo, favorendo l’amalgama dei ragionamenti; ad essi anche il compito, annunciato fin da subito, di dovere raccogliere, eser-citando un ascolto attivo e profondo, le parole dei co- protagonisti, perché vengano restituite alla platea.

Page 8: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

8

1 Per l’occasione il buffet è stato pensato in tre fasi (dalla colazione, a una pausa intermedia, al pranzo) dalla facilitatrice e da colui, Ivo Palazzari, che ne ha poi curato allestimento e forniture, seguendo il più possibile un discorso coerente di territorialità e sostenibilità.

Un aspetto fondamentale in un World Cafè consiste nell’allestimento di un ambiente rilassante, comodo, accogliente, che possa favorire il flusso delle conversazioni informali, dei pensieri, della conoscenza. Molto dipende dalle capacità del “facilitatore di persone e spazi”, che deve riporre su questo aspetto particolare premura e attenzione. È auspicabile utilizzare fogli e cartelloni, grandi post it e pennarelli colorati, sparpagliati su ogni tavolo, sopra tovaglie, addobbate con fiori e candele, sulle quali sia possibile scrivere, lasciare appuntate le idee migliori, fissare concetti con disegni, scarabocchi, parole chiave. Tutti i partecipanti, durante lo svolgimento di tutte le sessioni, possono usufruire di cibo e bevande1; non esiste infatti un buon World Cafè senza questi fondamentali elementi conviviali.

Alla fine dei tre o più round previsti, i partecipanti assistono a una sessione plenaria, in gergo tecnico town meeting, entro la quale si procede con la visualizzazione, magari con l’aiuto di un disegnatore, delle idee e dei pensieri maturati nei vari tavoli e riportati dai referenti. Si faccia attenzione a non confondere questo momento con una mera restituzione dei lavori, quanto a un nuovo momento di riflessione e impollinazione comune.

A questi aspetti generici e di base, il facilitatore, che in questa pratica svolge un ruolo più di regia preparatoria - come si avrà modo di evincere ancor meglio quando si approfondirà la tematica delle domande nel World Cafè - può coadiuvare diversi strumenti accessori: nel caso di “Fabbrichiamo cultura” molta è stata l’attenzione prestata alla comunicazione, seppur, se ne scriverà più avanti, non sia stato possibile seguire fedelmente la strategia predisposta. Da segnalare come peculiarità, definibile a posteriori come vincente, sono state le “cartoline del World Cafè” che, nelle versioni digitale prima e cartacea poi, sono state strumento di animazione e attivazione della curiosità per avvicinarsi a una pratica altrimenti sconosciuta nella maggior parte dei casi (durante il primo contatto con i partecipanti desiderabili) e hanno permesso che l’evento venisse svolto con una maggiore fluidità e dinamicità. Le cartoline, redatte dalla facilitatrice secondo un tono e un linguaggio fruibili da tutta la platea dei partecipanti, sono state prodotte nei colori dell’identità visiva coordinata dell’evento (propria di tutto il materiale connesso) e, nel concept grafico, sono state disegnate da una designer sulcitana, Erica Floris, seguendo la convinzione che sia importante onorare e fare risaltare le professionalità e competenze creative del territorio.

Page 9: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

9

Page 10: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

10

Una fotografia dei partecipanti Il carattere processuale del World Cafè e, ancor più importante, le motivazioni della sua ideazione, hanno portato ad interrogarsi sulla natura dei potenziali invitati all’evento; considerando questi ultimi alla stregua (o quasi) di stakeholder di progetto, se si ammette, tra le principali funzioni de “La fabbrica del cinema”, quella di importante catalizzatore per il territorio del Sulcis Iglesiente ed il suo sviluppo locale.

Non sono stati chiamati a partecipare semplici invitati/udi-tori, ma dei potenziali “compagni di viaggio”�/ clienti/ partner, con i quali condividere una molteplicità di vedute per riuscire a conoscere bene ciò su cui si è de-ciso di lavorare […] per ottenere un cambiamento durevole”3.

In questo, come in molti altri casi empirici, è stato necessario operare secondo una buona dose di sog-gettività; del resto considerare di includere tutti gli attori del ter-ritorio sarebbe stato poco fattibile per un serie di motivi, tra questi la natura sperimentale, in un contesto come quello del Sulcis Iglesiente, della iniziativa del World Cafè e, in prima istanza, l’organizzazione logistica (su questi punti si avrà modo di tornare a breve, secondo un ulteriore aspetto pratico, legato alla natura dell’evento).

Si è comunque tenuto concettualmente conto dei prin-cipi dell’analisi degli stakeholder, partendo da tre parole fondamentali per inquadrare4 un attore chiave: la conoscenza del contesto da modificare/sul quale operare/esistere e coesistere; la posta in gioco, altrimenti definibile come interesse, vantaggio, che è uno degli ingredienti più strategici di una alchimia progettuale, perché permette di imbastire una negoziazione con gli attori chiave ed equivale al momento nel quale avviene la dichiarazione di intenti e, al contempo, lo scambio di promesse; la disponibilità, ossia la voglia di ciascuna organizzazione coinvolta di contribuire alla riuscita degli intenti (anche rispetto a questa voce, diventa cruciale un approccio partecipativo).

L’infografica, propria di un linguaggio comunicativo di evidente espressività e permeabilità e per questo sempre più veicolato in molti settori, viene qui presentata ai lettori, per restituire una im-magine sistemica e insieme composita della popolazione del World Cafè, cogliendo l’occasione per fare alcune considerazioni e ottenere preziosi consigli, attraverso una visione volutamente

Page 11: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

11

critica e aperta; proprio perché da questa occasione si possano trarre lezioni realmente collettive.

I numeri cui si fa riferimento sono fedeli alla realtà o approssimati per difetto, ad esempio quando si indica il numero di “persone coin-volte” si intendono tutti coloro i quali (esclusi gli operatori interni5, sulla ventina, anche essi comunque compartecipi di una pratica nuova come quella del World Cafè) sono stati contattati e informati durante la fase divulgativa dell’invito all’evento.

Guardando alla fotografia di cui sopra, è evidente che la maggior parte delle realtà presenti corrispondessero a organizzazioni, molte di natura culturale; questo aspetto potrebbe essere letto sotto al-meno due differenti prospettive:

- se si assume che il World Cafè dovesse avere (e insieme avesse) una valenza territoriale ampia, legata allo sviluppo lo-cale del Sulcis Iglesiente a livello olistico, allora si potrebbe dire che la prevalenza di simili realtà non abbia reso possibile un equilibrio di prospettive;

- se si considera che un World Cafè, specie questo, dal titolo “Fab-brichiamo cultura”, come descritto anche in precedenza, dovesse tenere conto di una tipologia piuttosto omogenea di partecipanti, perché essi potessero avere veramente a cuore la tematica scelta, allora si comprenderà meglio la composizione della platea.

2 (Stroppiana, 2009, pag. 39)3 (ibidem, pp. 41- 42)4 (ibidem, pag.43)5 Il team era composto da diversi operatori: per la ripresa A/V Riccardo Podda, Roberta Crepaldi, Francesca Mascia, Simone Cabitza e la Cooperativa Progetto SCILA Servizi Audiovisivi, ai quali si devono le preziose registrazioni senza cui non sarebbe stato possibile realizzare il presente Report; per la fotografia Fabio Dongu e Marco Corrias le cui belle foto testimoniano alcuni attimi salienti; un team in sala, formatosi per l’occasione (Monica Sabeddu, Benedetta Deriu, Alice Cardia, Alessandro Zoboli e Ivan Fulgheri) che ha saputo coadiuvare con maestria il lavoro della facilitatrice, assicurando un clima costantemente rassicurante, rilassato, amichevole e stimolante.

Page 12: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

1�

Si ribadisca poi l’assenza, ad esempio di una componente più nutrita di esponenti della società civile, ossia di persone, non facenti necessariamente parte di enti, organizzazioni e imprese, che avrebbero dato più vigore alle discussioni ai tavoli; come anche di ulteriori soggetti istituzionali, prime fra tutte le scuole (un cui campione era stato invitato, evidentemente non con il dovuto vigore comunicativo), come hanno rivendicato anche i partecipanti al World Cafè:

“ci sembrava almeno di notare che qui la scuola, per esempio, che dovrebbe essere un elemento di interpretazione e di vivere questa cosa, ci sembra sia un pochettino assente, non rappresentata, visto che ciascuno di noi qui rappresenta una associazione culturale etc., poi tanti sono insegnanti, però qui sono presenti come rappresentanti di altro, la scuola ci sembra sia poco rappresentata”.

Sarà necessario porre attenzione alla comunicazione6 in quanto elemento realmente fondamentale, per la riuscita di qualsiasi momento partecipativo e, a maggior ragione di un World Cafè come “Fabbrichiamo cultura”: variabili di cui si è scritto in precedenza, quali l’oberosità, per il personale addetto, di sostenere anche i vari aspetti organizzativi legati al World Cafè - solo uno fra i tanti momenti che inauguravano lo spazio “Ex-Dì” - non permisero di seguire la strategia comunicazionale multilivello prevista, per lo meno non secondo le tempistiche designate, né con tutti gli strumenti ideati; ma la resilienza alle condizioni avverse e la rimodulazione della stessa strategia, sono anche essi da considerare come elementi vincenti, comunque tipici dei mestieri del designing di eventi, quanto della comunicazione pura; laddove risulti quasi sempre necessario, passando anche per la comunicazione interna e organizzativa, rivedere i propri piani, puntando comunque a efficienza e ottimizzazione dei risultati.

Non si presentano in questa sede né l’elenco dei partecipanti presenti (del quale comunque si può fare richiesta rivolgendosi al personale del Centro Servizi) né di quelli “coinvolti” ma assenti; specie perché si pensa che questi saranno anche essi compresenti nelle fasi successive, aperte con la prima iniziativa; sempre facendo fede a una azione comunicazionale che, ora più che mai, dovrà essere mirata e articolata e anche perché i momenti partecipativi presuppongono che la porta resti sempre aperta, per arrivare, andare, cogliere ispirazione e, certo si spererebbe, anche tornare, sempre in una ottica di costante impollinazione e co-designing dove è proprio la compartecipazione senza prevaricazione a potere essere forza propulsiva e attivatrice.

Formulare domande importantiLe domande sono un aspetto cruciale, anche esso più che funzionale per la buona riuscita di un World Cafè e anzi, esse restituiscono il senso di questo; è stato quindi necessario che facilitatore e committenza, nel caso specifico, impiegassero diverso tempo per la loro formulazione, avendo riguardo di un approfondito studio del contesto e dei potenziali protagonisti, ricordando che questi sarebbero stati portati a partecipare se desiderosi di offrire un particolare apporto, se compartecipi dell’autenticità degli intenti dell’iniziativa e se le domande avessero riguardato argomenti che stessero realmente a cuore a chi avrebbe partecipato (anche in questo caso torna strategico sottolineare l’importanza di una buona comunicazione).

6 Sul tema si faccia riferimento all’appendice dedicata

Page 13: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

13

In questa occasione è stato complicato (perché bisognava circoscrivere il numero di partecipanti) e, al contempo forse semplice, data la posta in gioco (lo sviluppo locale di un comune territorio) rintracciare un argomento che costituisse un forte legante tra tipologie diverse di soggetti, persone.

La domanda ideale, in un World Cafè, in generale, dovrebbe: essere stimolante; essere semplice e chiara; infondere energia; invitare all’approfondimento e all’analisi e non portare a soluzioni; palesare cose altrimenti date per scontate; aprire a nuove possibilità di ragionamento, alla creatività; invitare a focalizzarsi su ciò che veramente conta; essere possibilmente aperta.

Il design delle domande, i lettori lo avranno evinto, è quindi, per il facilitatore, uno di quei momenti di regia citati in precedenza (non numerosi e in alcun modo prevaricanti – o almeno così dovrebbe essere – in un World Cafè), per permettere all’intelligenza collettiva di emergere con maggiore facilità e limpidezza.

Le tre domande pensate per “Fabbrichiamo cultura” hanno seguito tre momenti riflessivi, immaginifici e propositivi; come si potrà leggere nelle “cartoline” di cui sotto, impiegate durante il World Cafè, per dinamicizzare e rendere più fruibili le relative sessioni:

Le frasi che compongono ciascuna domanda sono state volutamente volte alla prima persona plurale, perché miravano a trasmettere e stimo-lare un senso di compartecipazione e toccare quel lato emozionale sempre molto importante nei processi partecipativi che non solo aspirino a essere reali ma vogliano anche divenire tali.

La prima domanda è stata pensata per essere effettivamente quella di apertura, che permettesse ai partecipanti di cominciare a credere nell’autenticità dello scopo comune,

ossia quello di riunire persone accomunate da un qualcosa per loro molto rilevante, come lo sviluppo del territorio, con particolare attenzione all’aspetto culturale, essendo queste persone le artefici della cultura che fu e che è nel Sulcis Iglesiente. Se era vero che diversi dei partecipanti si conoscessero già, era necessario ricordare loro quanto fosse vero e importante esserne consapevoli in quella

Page 14: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

14

occasione, come era fondamentale permettere che emergessero le memorie nel complesso, anche di coloro che non si conoscevano; perché si venisse a creare quel sostrato capace di sorreggere ogni aspetto immaginifico, ogni proiezione o anche divagazione critica che nel presente sarebbe stata compiuta. La seconda e la terza domanda insieme, hanno permesso di guardare al presente e al futuro senza mancare di analizzare, di ciascuna idea, i punti di debolezza oltre a quelli di forza, le minacce oltre alle opportunità; cercando comunque di volgere ogni ragionamento sempre al positivo, in una ottica di trasformazione delle energie, dei conflitti. Per altro, una domanda come la terza, ha fatto sì che, anche solo in potenza, le parole dei partecipanti, le opinioni, le idee strutturate, potessero divenire “dichiarazione”, “manifesto”; considerare le criticità, senza abbandonarsi solo e spassionatamente alle positività, permette di rendere un lavoro più “scientifico” e quindi legittimabile.

La plenariaLa plenaria o town meeting, come descritta in precedenza, è la fase che segue quella delle domande, che seppure “finale” a livello temporale, resta aperta a ulteriori stimoli da parte della platea riunita dei protagonisti.

La plenaria, nel caso specifico, è stata un momento articolato, distensivo, anche intenso, che ha permesso che i partecipanti potessero sentire emergere realmente la loro intelligenza collettiva. La facilitatrice, che aveva preventivato, come per tutti gli altri momenti, un lasso di tempo preciso per lo svolgimento di questa fase, per il trasporto emotivo e l’interesse dimostrato dai protagonisti durante le precedenti sessioni, decise che ciascun referente potesse riportare per intero e senza interruzioni i risultati dei lavori ai tavoli, dilatando i tempi previsti per la sessione.

Le varie dichiarazioni, come preannunciato in fase introduttiva, sono state riunite seguendo una logica per argomenti, definiti come cluster, pensati per agevolare una comprensione olistica dei temi, numerosi e sfumati, toccati dai partecipanti. I lettori potranno così confrontarsi con la “viva voce” dei partecipanti7 e, insieme, potranno leggere quegli stessi argomenti da un punto di vista teorico, che possa offrire una visione metodologica e strumentale degli stessi, a motivarne la validità scientifico- logica e, si spera, a incoraggiare possibili azioni attuative, magari implementate nell’ottica della coalition building, argomento sul quale si avrà modo di tornare a scrivere.

Page 15: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

15

Cluster #1 - Marketing territoriale e Sviluppo localePer leggere e interpretare le tematiche relative al “Cluster #1”, non bisognerà dare per scontato cosa significhi “programmare lo sviluppo economico di un’aerea territoriale”, questione che “esige” oggi una riflessione profonda non solo sulla metodologia di analisi da applicare, ma anche e soprattutto sugli obiettivi stessi di programmazione, che non possono prescindere dallo scenario economico più generale. Creare sviluppo significa:

- raccogliere le istanze del territorio;- trasformare le istanze in progetti finanziabili;- individuare le fonti di finanziamento.

Il ruolo del marketing territoriale, soprattutto in termini di area vasta, obbliga a immettere qualità nel modello di sviluppo, che va improntato sulla co-pianificazione dei servizi e degli investimenti per i cittadini e le imprese, da intendere come patrimonio sociale e economico, ma permette anche di indirizzare la capacità progettuale al servizio del sistema produttivo, che si sviluppa con efficacia solo se inquadrato in una programmazione che crei opportune basi per la crescita e lo sviluppo del territorio nel suo complesso8”.

La programmazione del resto è un aspetto calzante anche per i protagonisti del World Cafè che, parlandone in special modo in relazione alla cultura - ma non solo - la reputano un elemento fondamentale, come afferma uno dei referenti ai tavoli:

“col terzo tavolo abbiamo parlato del rapporto cultura - economia e quello che è venuto fuori, sicuramente, tra le tante cose - che mi sta a cuore e credo che occasioni di questo tipo lo possono dimostrare o comunque invogliare - tutti gli operatori culturali, che si possano riunire, anche in una situazione molto simile a questa e offrire una programmazione pluriennale alle amministrazioni, quindi quinquennale ad esempio e fare sì che la produzione culturale di eventi possa rientrare in una agenda politica che sia una iniziativa d’obbligo, un percorso d’obbligo e mettere le associazioni nello stesso tavolo o permettere sicuramente un coordinamento dell’attività, un modo anche di lavorare assieme, di venirsi incontro, di non calpestarsi i piedi, di fare le cose assieme”.

C’è la volontà non di “progettare” ma di “pianificare”, anzi di “co-pianificare”, passando dal goverment alla governance, per “indirizzare ergonomicamente e vettorialmente le risorse per promuovere il prodotto territorio; e tanto più ci si approssima a ciò, tanto maggiori saranno gli indotti positivi per ognuno”9.

7 Si sottolinea che le parti relative alle citazioni dei protagonisti del World Cafè, verranno riportate in maniera assolutamente fedele alla versione originale, senza correzioni che in questo caso equivar-rebbero a storpiature, che potrebbero rendere meno autentica la testimonianza. Facendone richies-ta agli indirizzi e-mail indicati nel presente Report (si veda alla fine) si potranno avere le trascrizioni complete dei vari interventi avvenuti in plenaria, in una ottica di piena trasparenza, compartecipazi-one e condivisione.8 (Zucchetti, 2008, p.4)9 (Polci, 2012, pag. 2)

CLU

STER

#1

Page 16: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

16

Dunque serve sviluppare relazionalità già nel momento di analisi delle risorse del territorio: sarebbe sempre auspicabile operare il confronto diretto, corroborato da reali intenzioni di ascolto attivo, con i diversi attori, nessuno escluso.

“Passare dalla progettazione dello spazio alla pianificazione del territorio vuol dire passare da una visione falsamente oggettiva, che riduce in modo arbitrario la complessità, ad una visione più realistica che, invece di escludere le differenze, le contraddizioni ed i conflitti, ne tiene conto e, anzi, li pone al centro dell’analisi e delle misure da prendere. Vuol dire anche passare da un progetto che si occupa di definire gli oggetti nello spazio, ad un progetto che si pone l’obiettivo di rispondere alle esigenze degli attori territoriali attraverso il governo, la pianificazione del territorio. Il territorio quindi, non si pone più esclusivamente come oggetto fisico empiricamente osservabile

10 (Zucchetti, 2008, p.4 )

Page 17: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

17

a supporto delle attività, ma diventa la vera risorsa per lo sviluppo da leggere come esito di un processo di territorializzazione dello spazio, intendendo con ciò il processo di sedimentazione dell’azione e dell’interazione della collettività sul territorio”10.

Parrebbe che i partecipanti al World Cafè sposino questa concezione di sviluppo, da leggere entro una idea di processo del marketing territoriale (si è parlato di interazione, sedimentazione dell’azione, osservazione), che solo seguendo i tempi lenti dell’ascolto e del confronto, potrà portare alle azioni di medio-lungo termine e alla scoperta del valore aggiunto del territorio cui una strategia di marketing territoriale dovrebbe tendere.

Ma, ai fini di una migliore analisi critica, parrebbe utile, prima ancora di enumerare le componenti necessarie per una buona raccolta delle istanze del territorio, definirlo

“come un’area omogenea, con caratteri propri, delimitata e separata rispetto a un sistema più vasto, sia dal punto di vista fisico (talvolta dal punto di vista amministrativo), sia da quello sociale: confini fisici, sistemi naturali, ambientali, regioni storiche, confini linguistici, confini amministrativi, caratteri specifici (popolazioni, densità, occupazione). Questo livello caratterizzato dai confini esiste perché spesso, ma non sempre, oggetto di politiche e interventi, oggetto di ricerca e progetto, secondo le variabili che interessano il ricercatore o il policy maker, le politiche (europee, nazionali e regionali): regione storica, comunità montane, GAL, ATO, comuni, distretto, STL, parco naturale, giacimento eno-gastronomico ecc.”11.

Questa necessità di definizione del territorio, come prima azione da compiere, del resto è stata naturale per i partecipanti al World Cafè:

“siamo partiti dal cercare di dare una fotografia del nostro territorio, notando che nel nostro ter-ritorio, il Sulcis Iglesiente esistono il Sulcis e l’Iglesiente che ci sembrano un pochettino diversi, nel senso che il Sulcis ha avuto sempre una vocazione agricola soprattutto, la vocazione mineraria è arrivata in tempi recenti - e poi anche finita ma è un altro discorso - mentre l’Iglesiente ha una vocazione mineraria antica e anche lì è finita questa cultura mineraria e però siamo in una impasse sia da una parte che dall’altra anche se nel Sulcis una cultura agricola in qualche modo esiste ancora, anche se ci sono un po’ di problemi” e ancora:

“il territorio io lo intendo compreso di tutti i paesi che fanno corona a Carbonia e che molto spesso sono stati anche il volano, perché Carbonia stesse un po’ meglio […] Paesi per i quali certo Carbonia era un punto di riferimento, un punto di riferimento perché comunque Carbonia era il luogo della miniera e chi riusciva ad entrarci aveva comunque ogni mese il suo salario, i suoi soldi, a differenza di altri che dovevano magari faticare nei paesi. Carbonia punto di riferimento dei nostri paesi, ma i nostri paesi punto di riferimento anche per la città, perché c’è una restituzione alla città nel rapporto tra la città stessa e i paesi e le campagne dove la gente dei paesi lavora, nel senso proprio dello scambio e dell’aiutarsi nei momenti critici”.

11 (Meloni e Farinella, 2013, pp. 45-46)

CLU

STER

#1

Page 18: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

18

Entro i confini che si scelga di prediligere per un’area, vi è, in potenza, il suo capitale territoriale che, nella sua massima espressione, potrebbe condurre alla scoperta del valore aggiunto del territorio, raggiungibile, in forma non estemporanea, ma nel medio-lungo periodo, attraverso la ricerca processuale di una messa a sistema di tutte le componenti che, secondo il marketing territoriale sono:

- Fattori strutturali1�. Reti che agevolano il trasferimento di merci e persone e lo scambio delle informazioni (strade, autostrade, porti, intermodale, aeroporti, rete telefonica ecc.).

- Fattori funzionali. Attività e servizi di prestigio che accrescono le opportunità di sviluppo delle attività di base locali e che fungono da polo di attrazione per quelle internazionali (finanza, R&S, cultura, amministrazione efficiente).

- Fattori territoriali. La presenza di un assetto territoriale equilibrato e di adeguate opportunità di localizzazione, distribuzione delle funzioni fra centro e periferia, valorizzazione delle aree disponibili, qualità ambientale.

- Fattori economici. Elevata qualità e consistenza dei flussi relazionali a doppio senso fra gli operatori economici presenti sul territorio e quelli esterni, tanto sul piano commerciale, quanto su quello produttivo tecnologico (attività e reti di collaborazione e cooperazione internazionale, presenza di attività esterne).

- Fattori demografici. Presenza crescente e numericamente consistente di popolazioni straniere (ad accompagnare altri quali natalità, mortalità ed emigrazione).

- Fattori culturali. Legati alle tradizioni del luogo ed alla formazione dei suoi abitanti.Una visione olistica, che guardi ai territori nel territorio, alle culture e non alla cultura e sia capace di una consapevolezza che veda compresenti sintesi e crasi, sembrerebbe possa essere parte delle soluzioni offerte sia dalla teoria del marketing territoriale e dello sviluppo locale, quanto dei partecipanti al World Cafè; ad esempio quando questi, oltre a quello che già in precedenza si è citato, lamentano la costante della “monocultura”:

“la città viene comunicata solo attraverso questo tema, quindi viene fuori dalla città di Carbonia, anzi dal Sulcis Iglesiente, viene comunicata questa monocultura e quindi da qui la necessità di uscire da questo stato e quindi di venir fuori dalla monocultura”;

Page 19: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

19

la quale spesso porta allo stallo in quella dimensione, purtroppo non solo semantica, della “crisi” che, se di norma viene citata come capro espiatorio assoluto per il malessere del Sulcis Iglesiente, è stata in questo caso considerata dai partecipanti, come si vedrà in questo esempio, con la consapevolezza di chi conosce la causa e desidera continuare a investigarla, ma solo per trovare una soluzione proattiva:

“abbiamo detto che la mission non è ancora definita in questo territorio perché la crisi ha creato tutta una serie di incertezze, per cui in sostanza ci troviamo ancora un po’ persi nelle soluzioni, però fermamente tutti convinti che si possa salvare il paesaggio industriale e minerario cercando di valorizzare le sue competenze, innanzitutto creando appunto rete”.

Potrebbe valere la pena, in questo frangente, parlare del ciclo di vita di un territorio. Proprio come un prodotto, secondo un’analisi di marketing, passa per fasi vitali distinte, così avviene per un territorio. Le fasi sono:

- depressione - creazione;- sviluppo - ampliamento;- maturità - ristrutturazione;- declino - rilocalizzazione.

La fase probabilmente più interessante da presentare ai lettori, parrebbe essere quella di declino - rilocalizzazione, nella quale: “le caratteristiche del territorio sono diventate ormai obsolete e non possono più essere usate per attrarre imprese. In questo caso, si parla di processo di de-industrializzazione. L’area non è più attrattiva ed occorre si proceda ad una nuova industrializzazione. Ci troviamo nella fase involutiva in cui la segregazione progressiva porterà alla dissoluzione dell’area e alla nascita di nuove aree. Qui il ruolo del marketing territoriale di rappresentare l’idea di sviluppo del divenire del territorio diventerà fondamentale per riconvertire le diseconomie in economie territoriali […]. Per sostenere ed intensificare il sistema di interazione e integrazione tra i diversi settori economici, l’attività di marketing si dovrà focalizzare nel creare le condizioni ambientali affinché ogni Associazione o imprenditore collabori all’interno, in modo settoriale e trasversale tra le differenti attività economiche, per competere all’esterno […] Il marketing applicato a un territorio deve essere, quindi, inteso come un processo che consente agli enti locali di coordinare quelle opportunità che il territorio, nella sua unicità, offre”13.

I fattori (strutturali, funzionali, territoriali, economici, demografici, culturali e territoriali) citati in uno dei passi precedenti e da considerare complessivamente, permetterebbero di creare un sistema entro un territorio spazialmente e temporalmente definito, ma perché questo passaggio possa essere realmente efficace, ai fini di una pianificazione di marketing territoriale ottimale, si dovrebbero compiere alcune fondamentali azioni a questa compresenti, quali:

- riconoscere consapevolmente il sistema di fattori come tale; - coltivare una strategia coesiva che giustifichi e accompagni il sistema.

12 (Zucchetti, 2008, pp.16-17)13 (Zucchetti, 2009, pp.19-20)

CLU

STER

#1

Page 20: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

�0

Cluster #2 - Narrazione e ComunicazioneSecondo un’analisi del prodotto territorio attraverso il marketing territoriale compiuta da Sandro Polci, potrebbe essere interessante soffermarsi su “un ulteriore spunto di riflessione: la differenziazione, cioè, tra dimensione reale del prodotto territorio, e dimensione percettiva. Con dimensione reale si intende quell’insieme di fattori realmente riscontrabili (empirici) come parte integrante del prodotto […]. Con dimensione percettiva si intende l’incontro tra l’immagine reale del territorio e la percezione del singolo turista o di una collettività. Tale suddivisione è fondamentale per ogni progetto di marketing turistico. La comunicazione gioca un ruolo fondamentale in entrambe le dimensioni, anche se nella seconda ogni cosa diventa meno controllabile, più sfuggente. Eppure la dimensione percettiva è di elevato impatto”14.

Nell’ambito del presente elaborato, la comunicazione avrà un ruolo centrale e strategico, specie nella veste di processo, perché legittimato dalle parole dei partecipanti al World Cafè:

“dalla città di Carbonia, anzi dal Sulcis Iglesiente, viene comunicata questa monocultura e quindi da qui la necessità di uscire da questo stato e quindi di venir fuori dalla monocultura attraverso i nuovi media, attraverso i media cinematografici e audiovisivi, seguendo due strade: creando un immaginario diverso per il futuro; quindi in qualche modo comunicare che ci può essere altro, facendolo vedere e testimoniare meglio l’esistente e la realtà attraverso punti di vista per uscire da una mono-narrazione; quindi utilizzare formati diversi da quelli che vengono utilizzati attualmente, quindi non solo con il documentario, ma per esempio serie web, insomma cose di questo tipo; quindi il cinema non solo come strumento di narrazione ma come sviluppo economico” e ancora:

“un’altra questione che è emersa e che è emersa in più tavoli, è quello di chiedere agli artisti e ai registi e a chi fa... alla fine l’artista è colui che rappresenta la realtà secondo il suo punto di vista però è anche colui che la trasmette, oltre che al territorio dove vive, anche a chi sta fuori dal territorio; quindi probabilmente ci sarebbe anche il bisogno di un cambiamento di rotta da questo punto di vista, cioè ok mostrare gli aspetti più critici della realtà, però cercare di fare una visione positiva delle poche cose belle che ci sono nel nostro territorio e cercare di pubblicizzarle, ma non pubblicizzarle perché ce lo chiede un ente, pubblicizzarle perché sono un esempio positivo di quello che ci succede intorno”.

Teoria e empiria quindi si fondono ancora, nella affermazione che non si possa pervenire allo sviluppo della percezione di un singolo turista o di una collettività, senza prima aver operato una comunicazione a più livelli e processuale per l’appunto, già nella fase della raccolta delle notizie sui diversi fattori propri di un territorio, coincidenti con la dimensione reale. Se non si tende alla strategia dalla base, sarà inutile sperare poi nella buona riuscita di una qualunque forma di pro-gettualità, specie se a medio- lungo termine. E’ necessario puntare su “una struttura reticolare: una rete isotropa e liberamente percorribile. È così possibile creare un valore aggiunto notevole, decisamente superiore alla somma delle singole parti, costruendo un sistema organizzativo e promozionale che, pur conservando le singole specificità, mette in comune una strategia”15.

Del resto “la comunicazione avviene laddove l’emittente tiene conto della necessità di superare

Page 21: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

�1

l’egocentrismo per adottare la prospettiva degli altri”16 ed è necessaria al fine di poter attuare un processo collaborativo, che porti i diversi soggetti a pensare, gradualmente, a un’aerea di lavoro comune, spinti dalla fiducia, sia reciproca che per il processo in corso; attraverso la collaborazione si può arrivare all’integrazione caratteristica dei gruppi di lavoro.

Una rete di stakeholder territoriali, come sarà possibile notare al capitolo dedicato17 è presente nei racconti, i desideri e le proiezioni dei partecipanti al World Cafè e passa anche dall’esercizio della comunicazione, dalla ricerca di questo; la negoziazione è fondamentale per la collaborazione e “si traduce nell’identificare il proprio punto di vista, nel confrontarlo con gli altri, considerando che quello del gruppo di lavoro deve essere costruito, e nel coniugare il punto di vista degli altri con il proprio secondo la logica dell’e, non la logica dell’o. Negoziare vuol dire allargare il campo delle pos-sibilità, delle alternative, tenendo conto del fatto che si può arrivare a una definizione complessa solo articolando le differenze (questo e quello sono veri) e non eliminandole (è vero questo o quello)”18.

In un territorio complesso, come quello del Sulcis Iglesiente, bisogna agire fenomenologica-mente, aprendosi a un tipo di ascolto attivo, praticando il deuteroapprendimento, cioè cercando i “mondi possibili”19 che Marianella Sclavi definisce come il savoir faire “in cui hanno un ruolo centrale i paradossi, la circolarità della comunicazione, la polifonia, la comprensione dialogica, l’arte di ascoltare. Flessibilità, umorismo, coinvolgimento e distacco, ascolto attivo: un ambiente complesso in cui mancano queste competenze di base diventa “manicomiale”, produce nevrosi e psicosi, schimogenesi (escalation dei conflitti), il cambiamento diviene turbolento, incontrollabile. La cecità e mancanza di sensibilità ai contesti, l’incapacità di apprezzare “la pertinenza dei contesti ai significati” in un ambiente complesso, è mortale”�0.

Del resto, secondo Pierpaolo Donati, al cambiamento della società, alla sua morfogenesi, si per-viene solo grazie alle relazioni, dove “si realizzano oppure no, in vari modi e gradi, le compatibilità, le contraddizioni, le complementarità fra gli elementi che compongono la relazione”�1. Attraverso momenti come quelli del World Cafè si è cercato di ottenere dei feedback positivi, altrimenti detti, sempre da Donati, feedback relazionali.

“È da tempo riconosciuto da tutti gli studiosi che si interessano allo sviluppo locale che le strategie su cui esso si basano (o si dovrebbe basare), così come tutte le azioni di marketing territoriale – che delle politiche di sviluppo locale rappresentano una delle funzioni principali – su un pensiero integrato, una “visione” condivisa”��.

“una comunicazione-come-processo contrapposta ad una comunicazione-come-prodotto […] E’ il processo innescato dalla pratica comunicativa ad essere sociale, più che l’intento o la

14 (Polci, 2012, p.3) 15 (ivi, p.4) 16 (ibidem, p.97) 17 Si faccia riferimento al capitolo “Cluster #4 - Partecipazione, rete e solidarietà”18 (Quaglino, op.cit., p.28) 19 (Sclavi, 2003, pag.11)20 (ibidem, p.16) 21 (Donati, 2013, p. 119)22 (Caramis, Rega, 2012, p.297)

CLU

STER

#2

Page 22: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

��

sua finalità. Solo se riesce ad instaurare tale socialità o a potenziarne una già esistente può dirsi pienamente sociale”�3.

Comunicarsi all’interno e all’esterno, percepirsi e venire percepiti; per imparare a conoscersi e quindi a presentarsi, dicono anche e soprattutto i partecipanti al World Cafè:

“forse... è venuto fuori nelle discussioni che il Sulcis e i sulcitani non abbiamo preso bene bene coscienza di noi stessi, che non ci siamo studiati abbastanza, il problema nostro è che non ci siamo scritti abbastanza, non abbiamo scritto quasi nulla, non sappiamo cose ed è un peccato questo!”.

Comunicarsi significa compiere una articolata azione narrativa, perché vi è:

“la necessità di una riscrittura di una narrazione del territorio, una scrittura che però cerchi di evitare di cadere in una visione epica di certi momenti che ci son stati, storici; perché le visioni epiche spesso non sono altro che frutto di una memoria condivisa, forse forzatamente, forse no e quindi è necessario fare una sorta di ricognizione in tutto il Sulcis Iglesiente per recuperare tutte le memorie che sono ancora disponibili. Si parla di memorie di tipo ambientale, di tipo antropologico, di tipo storico, del mondo del lavoro e quindi usarle, metterle insieme per ricreare questa nuova narrazione, che potrebbe essere un punto di partenza per una nuova visione o una visione verso nuove antenne di sviluppo economico non integrativo ma alternativo, del territorio; perché una delle cose che molto spesso è capitata e capita quando si discute sulle prospettive di sviluppo è che ci sono delle proposte che sembrano o vengono viste quasi in antitesi l’una con l’altra, mentre invece è proprio quello che va evitato” e quindi anche la “necessità di fare una riflessione antropologica su di noi”.

I partecipanti al World Cafè hanno dimostrato di possedere un elevato tasso di consapevolezza sulla valenza del marketing esperienziale e per questo, hanno affiancato ai discorsi sulla comunicazione e la narrazione, gli aspetti imprenditoriali e, ad esempio, ancor più specificamente, turistici.

Si ricordi quello che è stato evidenziato in precedenza; per agire efficacemente entro una strategia di marketing territoriale, si dovrebbe compiere un movimento tridimensionale dell’attore/agente�4 tra:

- creare un sistema di fattori entro un territorio spazialmente e temporalmente definito;- riconoscere consapevolmente il sistema come tale; - coltivare una strategia coesiva che giustifichi e accompagni il sistema.

L’introspezione riflessiva di cui i partecipanti del World Cafè sentono un forte bisogno deve essere riconosciuta come passaggio addirittura propedeutico agli altri, per essere capaci di agire, si è detto, come gruppo di lavoro e quindi, magari, come comunità e per poter sistematizzare i fattori propri di un territorio, le competenze e le professionalità; sugli ultimi due aspetti ora citati si avrà

23 (Binotto, 2010, pp.106-107)24 Secondo Pierpaolo Donati “parliamo di attore sociale quando spieghiamo i comportamenti di un soggetto (individuale o collettivo) dal punto di vista del ruolo che occupa o che sceglie di recitare in una struttura sociale […] Parliamo di agente sociale quando consideriamo il soggetto dal punto di vista della sua libertà di azione, nel senso che, pur trovandosi in un contesto di interdipendenza, si stacca dal ruolo e si rende sensibile alle interazioni con gli altri (Donati, 2013, p.17)

Page 23: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

�3

modo di tornare nel capito a seguire, mentre sarà ora interessante affrontare il tema strategico del marketing del turismo, anche esso, affrontato con fervore dai partecipanti:

“ecco poi un elemento che abbiamo cercato di affrontare, parlando di futuro, di possibile sviluppo, abbiamo cercato di analizzare la vocazione turistica dicendo che - noi avevamo al nostro tavolo una esperta in turismo, che tra l’altro è la giovane sindaca di Villamassargia - la vocazione turistica dovrebbe essere affrontata soprattutto nel senso di creare non un turismo di massa tipo Costa Smeralda, ma un micro-turismo che sia così l’albergo diffuso, quindi una cosa che si sposi con la gente del posto, la sua cultura e l’ambiente che contraddistingue il nostro territorio”;

e ancora: “un altro dato che è emerso, proprio in virtù del fatto che c’è questa necessità di recupero, di ricerca, sotto tutti i punti di vista nel territorio è la questione che uno dei motivi principali per cui non si hanno visioni integrative per quanto riguarda lo sviluppo è la mancanza di conoscenza del territorio; io sento molte persone, ma anche non certamente solo di medio livello culturale, ma anche di alto livello culturale, anche recentemente parlare di turismo come di due ombrelli da mettere sulla spiaggia; questa è una visione molto qualificata e che è l’idea che non si vada a ricercare e approfondire la conoscenza del territorio che invece ha molto da offrire, in molti ambiti”.

Lo scenario del marketing del turismo è in effetti ad oggi molto cambiato - non sbagliano quindi i partecipanti al World Cafè - così come, di conseguenza, si è modificato il paradigma di riferimento: si è passati dal focus sul prodotto al focus sul viaggiatore, specie per via del contesto entro il quale si muovono ad oggi la maggior parte delle connessioni, sia emotive che cognitive. Su internet lo scenario si è aperto su un nuovo ambiente competitivo e ne è la dimostrazione la cosiddetta “coda lunga”, ossia un insieme di micro- mercati che dilatano, specie nella diversificazione, la diffusione di elementi informativi. Il consumatore, che da tempo in realtà si usa definire prosumer, è l’artefice consapevole delle proprie scelte, che gli si presentano davanti numerose; attirarlo e convincerlo non è già da tempo cosa scontata.

Servono nuovi criteri per nuovi paradigmi, ad esempio è necessario che la destinazione turistica venga raccontata tenendo presente la necessità di aggiornamento costante delle informazioni, che vadano di pari passo con i ritmi di internet, avendo sempre bene a mente le necessità del consumatore, del proprio segmento target, divenendo credibili e autorevoli e ricercando una visibilità che non può provenire che da una personalizzazione dell’offerta elevata. In questo senso una utile metodologia potrebbe essere il Tourism Experience Design, messo a punto da Andrea Rossi e Maurizio Goetz, disegnata su esigenze attuali e i cui concetti base sono, basandosi su innovazione e creatività insieme a metodo e struttura�5:

- identificare e analizzare le componenti dell’offerta turistica attuale e della vocazione turistica; - analizzare l’offerta della concorrenza e il posizionamento rispetto a essa; - analizzare, ma soprattutto comprendere, i turisti, nell’ottica della long tail, ossia approfondendo

e ampliando i segmenti in nuovi sotto segmenti e nicchie (globali), con i loro specifici bisogni, desideri e motivazioni, espressi e inespressi, attuali e potenziali;

25 (Rossi, Goetz, 2011, pag.71)

CLU

STER

#2

Page 24: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

�4

- analizzare nel dettaglio il ciclo di esperienza estesa, ossia il processo che inizia quando il turista sta incominciando a valutare i propri obiettivi e motivazioni, prosegue nel viaggio vero e proprio e si estende al termine della vacanza, quando strategie esperienziali, sulla base dell’offerta attuale, della pressione competitiva si attivano il momento del ricordo, della condivisione e del passaparola;

- progettare, sulla base delle strategie esperienziali identificate, tutti gli aspetti del ciclo di esperienza estesa, scendendo nel dettaglio opportuno e lavorando sui punti di contatto (o “punti di esperienza”) di maggiore rilevanza e impatto.

Certamente in quest’ottica lo storytelling diviene elemento strategico perché il racconto è capace, sin dalle “Mille e una notte”, di far sognare, desiderare e far proiettare in dimensioni altre chi ascolta o legge. Il potere di anticipazione della storia è in definitiva ciò che rende così speciale questo elemento, in grado quindi di fornire maggiori e moderne possibilità di ag-ganciare il cliente, offrendogli autenticità e emozioni, sia che si tratti di racconti che rimandano allo stare con gli altri che allo stare con sé stessi. Le storie con-notano un luogo, così come il luogo connota le storie e su questa reciprocità sarà necessario operare; non a caso gli elementi per la profilazione del viaggiatore cambiano, ponendo l’accento su questioni distinte: se prima le domande importanti non sarebbero mai state: “quali esperienze vuole vivere il soggetto X ?” “come creare i giusti con-tenuti per attirarne l’attenzione?”, ad oggi queste risultano fondamentali. Si aggiunga poi, sempre sommariamente, che sono diverse le tipologie di racconto esperienziale cui si può fare riferimento; questi possono essere infatti: del luogo, dell’esperienza del luogo, dell’esperienza sul luogo.

I partecipanti del World Cafè, che hanno espresso il desiderio di acquisire competenze e rinnovata consapevolezza sul potenziale raccontabile del territorio, sanno bene che i racconti potrebbero evocare o rievocare le quasi infinite possibilità di accrescere l’appeal del territorio e sistematizzare ulteriormente un patrimonio come quello minerario o quello legato alla pastorizia, all’archeologia, alla enogastronomia e non solo, con scenari che ben si presterebbero.

Sono in effetti tanti gli scenari da imparare a conoscere, fino in fondo, per trarne una ispirazione capace di trasformarsi in reale motivazione e reale intenzione, d’acquisto, di viaggio ma anche interna al territorio, perché dello strumento narrativo ne facciano uso o la comunità in un atto di self- empow-erment o le imprese per meglio proporre il proprio prodotto che, nel Sulcis Iglesiente è quasi sempre connesso al territorio e quindi di questo potrebbe veicolare il messaggio, nelle sue essenze.

Page 25: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

�5

Ecco perché i partecipanti al World Cafè sono consapevoli che non ci si possa scordare delle peculiarità, non si possa scadere in una ingiusta omologazione non solo storica e sociale e territo-riale (se ne è già parlato al capitolo precedente, ris-petto alla coesistenza dei piccoli centri con le città e nei termini di monocultura), ma anche della cultura economica, perché si tratterebbe di una azione del-eteria ai fini della implementazione di reali azioni di marketing territoriale e sviluppo locale:

“non si parla dei primi cosiddetti imprenditori. Io mi ricordo di quelli che andavano a portare la gente a Portopino con un pullman che aveva anche un rimorchio e mi ricordo - pensate di quanto tempo stiamo parlando - di quelli che andavano ad Olbia per trasportare gente con un pullman da una parte all’altra già in quegli anni. Forse bisognerebbe scriverle queste cose... al mio tavolo è capitata una ragazza che adesso non c’è, nipote di qualcuno che si è comunque adoperato per fare negozio, per lavorare a Carbonia e ce ne sono stati tanti, pic-coli imprenditori dei quali non si parla, che non hanno magari avuto tanta fortuna, che però hanno costruito comunque un tessuto in questa città e un

qualche cosa che poi è stata utilizzata anche nei nostri paesi; io mi ricordo quando venivano a vendere camion di cose nelle piazze dei nostri paesi”.

Le storie, piccole, grandi, reali, fittizie, descrittive; sono quella parte di innovazione analogica, legata alla tecnologia, su cui l’uomo continuerà ad avere ancora a lungo il primato e su cui varrà la pena non solo riflettere, ma anche formarsi; nei termini appunto di quel suo valore strumen-tale prestato tanto al turismo quando alle imprese. L’economia del presente e del futuro passa dall’esperienza (si pensi alla sharing economy) e l’esperienza passa dal racconto, dalla pluralità delle narrazioni, dalle diverse voci narranti. Produrre artigianalmente storie e modularle sartorial-mente secondo lo strumento on-line e off-line attraverso cui veicolare la propria offerta, a questa e altre cruciali dimensioni, come la riorganizzazione creativa e insieme critica e innovativa delle competenze, hanno saputo guardare i partecipanti al World Cafè.

CLU

STER

#2

Page 26: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

�6

Cluster #3 - Cultura, Competenze, Innovazione e ImpresaNon vi è dubbio che, nella consapevolezza dei parteci-panti al World Cafè di dover compiere una ricognizione sulle memorie del Sulcis Iglesiente, vi sia anche quella dell’importanza vitale della cultura in tutte le sue de-clinazioni, quale energia motrice imprescindibile e stra-tegica; lo confermerebbe anche la teoria:

“lo sviluppo locale è un processo di apprendimento. Il cambiamento che si prefigura è infatti prima di ogni altra cosa un cambiamento di mentalità, un cambia-mento degli schemi cognitivi della comunità. Lo svi-luppo locale è infatti lotta intellettuale agli apriori, ai pregiudizi, alle fatalità, non in quanto scelta ideologica o politica, ma per il fatto che “tecnicamente” è a questo livello che si situa gran parte dei fattori di “blocco della crescita” della comunità”�6.

Ed ecco un vivo esempio dai partecipanti, sulla fatalità da mistificare grazie alla creatività e sui vecchi saperi, in una commistione circolare e naturale di vecchio e nuovo:

“mi pare che dalle riflessioni comuni che abbiamo fatto, l’esperienza del passato (l’esperienza mineraria e l’esperienza dell’industrializzazione a Portovesme) sia stata considerata anche in alcuni dei suoi aspetti negativi, soprattutto per quanto riguarda la dipendenza delle persone, la sfiducia nelle proprie potenzialità, per cui noi nel gruppo abbiamo pensato che sia necessario, per avviare un cam-biamento verso un nuovo modo di vivere nel territorio, che sia necessario un risveglio delle potenzialità crea-tive delle persone ed inoltre il morire di sviluppo legato all’industrializzazione, praticamente non sono stati de-cisi concretamente da noi, sono stati in parte importati dall’esterno, per cui tante delle possibilità, delle poten-zialità della nostra cultura, legate al territorio, sono state piano piano dimenticate; tanti mestieri sono stati ab-bandonati: la pesca, l’artigianato, l’agricoltura; per cui noi abbiamo pensato che sia necessario ricollegarsi, riconnettersi alle tradizioni, ai saperi pre- industriali, per riscoprire la nostra identità e da lì ripartire”.

26 (Caldarini, 2008, pag. 250)

Page 27: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

�7

Volendo dare dell’aspetto pedagogico della cultura una versione ancor più romantica, si potrebbe citare Paulo Freire:

“l’educazione che i leader della rivoluzione dovrebbero realizzare viene a es-sere una “co-intenzionalità”. Educatore ed educandi (leader e masse), nella “co-intenzionalità” di fronte a ciò che è reale, si ritrovano in un compito in cui ambedue sono soggetti; essi lo rivelano e lo conoscono criticamente, ma so-prattutto lo ricreano. Quando giungono, nell’azione e nella riflessione comuni, a legare questo sapere alla realtà, se ne scoprono ri-creatori permanenti. In questo modo la presenza degli oppressi nella ricerca della loro liberazione, più che una pseudo-partecipazione, arriva a essere ciò che deve realmente essere: un impegno”�7.

Il paragone con Freire potrebbe sembrare certo azzardato, ma sicuramente rende l’idea del tipo di reciprocità verso la quale si dovrebbe tendere e che i partecipanti al World Cafè ricercano. Diventare “ri-creatori permanenti” della propria realtà dovrebbe essere l’approccio mirato costante della comunità, rispetto al proprio territorio che è quello del qui e ora, dell’autenticità del realismo.

L’identità si deve ricercare nell’ hic et nunc, nel realismo del territorio esperito dai suoi abitanti, smarcatosi sia da una concezione Kantiana di comunità estetica, che possa distrarre dall’obiettivo attraverso l’uso di idoli (quali in questo caso le ombre di soluzioni a presa rapida, slogan mistificatori per uno sviluppo locale annacquato), sia dalla trappola ancora più insidiosa, perché richiama alla concretezza e all’austerità, tanto di moda, della comunità etica, che

idealizza l’integrazione tra i suoi membri e allontana anche essa dal realismo invece necessario.

“Forse il termine utile su cui oggi riflettere è autenticità, cioè l’accettazione del reale da cui muovere per ridisegnare il proprio destino e quello di un territorio, comunque ad alta densità genuina e vitale. E proprio un sano realismo farà riscoprire l’antico fare del contadino, parsimonioso nell’uso delle risorse scarse e capace di istintiva tutela “per sua natura”�8.

CLU

STER

#3

27 (Freire, 2011, pag.56)28 (Polci, 2010, pag.12)

Page 28: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

�8

I partecipanti al World Cafè, non a caso, si pronunciano sui questi temi a più riprese, evidenziando diversi degli aspetti toccati nelle righe di cui sopra, tra cui il tema dell’autenticità:

“siamo davanti a un cambiamento epocale, nel senso che le cose sulle quali abbiamo basato il nostro sviluppo economico e sociale, sul quale la mia generazione è cresciuta è finito; è evidente che per affrontare il cambiamento che genera ansia e paura occorre una maggiore consapevolezza di quelle che sono le nostre radici e quindi quella che è la nostra identità; perché solo se si è forti della propria identità, si riesce ad affrontare decentemente, con una certa sicurezza, quel che ci può venire dal confronto con l’altro, da quel che ci vuol dire di buono, dal mondo e in questo senso pensiamo che sia fondamentale l’opera che può svolgere il polo culturale”

e ancora, il tema di uno sviluppo locale che non ascolta attivamente e profondamente il territorio:

“abbiamo pensato che sia fondamentale credere nelle proprie potenzialità, ma credere anche nel-la cooperazione e nella creazione dei legami territoriali, in modo concreto, con progetti che siano partecipativi […] Abbiamo anche valutato che alcuni dei progetti di sviluppo che attualmente si vogliono portare avanti nel territorio, sono sullo stile di quelli della dipendenza dall’esterno, da bisogni che non corrispondono a bisogni fondamentali della nostra popolazione, come per esem-pio la produzione di super energia, di cui non abbiamo bisogno, perché siamo autosufficienti, per cui abbiamo pensato che le esperienze di sviluppo debbano tener conto anche degli errori che abbiamo fatto nel passato. Abbiamo poi affrontato il tema della riconversione di alcuni progetti at-tualmente presenti nel territorio, che vengono considerati progetti di sviluppo ma che non lo sono, come per esempio la fabbrica delle bombe a Domusnovas o la nuova centrale a carbone che si vuole costruire nel Sulcis. Per affrontare questi resti di riconversione abbiamo detto che occorre un passaggio culturale fondamentale, che ci vede impegnati innanzitutto in una visione di una umanità da condividere, di una convivenza umana o reciproca; siamo comunque una sola famiglia umana, anche se abitiamo in Sardegna; questo comunque presuppone che ci sia la volontà e il coraggio di rischiare e di fare nuove esperienze”;

La cultura è essa stessa apprendimento: “un’economia basata sempre più sulla conoscenza, sulle informazioni, sul capitale umano (i saperi), stimola la capacità di innovazione. E le esternalità positive che si generano da questo circolo virtuoso hanno ricadute su tutti i settori economici e sociali […] Nel nostro paese stenta a consolidarsi l’idea che il patrimonio culturale possa favorire una generale crescita del vivere e del lavorare”�9.

Certamente, sempre in questo ambito non si potrebbe non parlare delle competenze, come di quelle proprietà, da allenare, per la messa a sistema di un sapere funzionale a svolgere una serie di ruoli importanti per la sopravvivenza prima e la vita poi, di una comunità. Il richiamo alle competenze è arrivato a più riprese, praticamente da tutti i soggetti coinvolti, che evidentemente ne vedrebbero la riorganizzazione come un altro elemento di congiuntura tra la vecchia comunità

29 (Polci, 2010, pag. 19)

Page 29: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

�9

statica e la comunità in trasformazione, dinamica. Un tipo di comunità del genere impiega le competenze per rafforzare l’innovazione, passando dalla riorganizzazione delle proprie risorse. La tanto millantata Social Innovation del resto - cui dare in questa sede una definizione “accademica” sarebbe ininfluente, tanto è vasto il suo campo d’azione potenziale e tante le visioni che si colti-vano al riguardo – non è forse altro, a tirar le somme, che la capacità di trasformare, di ragionare su quello che si ha dandogli nuova linfa e ri-coniugando le parti in un tutto nuovamente funzionale, disegnato sulle esigenze, sostenibili, del presente.

Il discorso generalizzato sulla messa a sistema delle competenze, riporta alla mente anche il patrimonio che deriva dalla qualità come driver per la competitività e quale sinonimo di legalità, attenzione ai valori sociali e innovazione orientata alla sostenibilità ambientale; elemento misura-bile con lo strumento del “Prodotto Interno Qualità”30 redatto da Unioncamere con Symbola , ma anche con lo strumento del BES31, ideato dall’Istat., che non parrebbero da sottovalutare, quando si voglia avvalorare anche quantitativamente, la necessità di continuare a percorrere le strade della lentezza, delle maestranze artigiane, delle Piccole Medie Imprese, a conduzione familiare o cooperative, che resistono sposando la qualità.

Per un territorio che ricerchi lo sviluppo locale, vi sono alcuni punti importanti da seguire:- percorrere la strada della coesione e della sinergia degli intenti;- la coesione rende i soggetti facenti parte di uno o più sistemi in rete, più forti e quindi competitivi;- coesione è quindi competizione3�;- la sistematizzazione razionale delle risorse cui prestare attenzione per lo sviluppo del ter-

ritorio porta inevitabilmente alla qualità;- la qualità è una caratteristica capace di rendere distintivi i prodotti, in un mercato sempre più orientato alla nicchia.

La qualità, per chi ne sposa il credo, è anche elemento connotativo di un territorio intero e delle sue peculiarità positive; non a caso questa consapevolezza, insita ad esempio proprio nella Can-tina di Santadi - tra le realtà imprenditoriali più riconosciute a livello locale e internazionale - le viene riconosciuta in quanto portatrice di un ruolo maestro nel contesto della rinascita territoriale e così se ne è parlato nel World Cafè:

“al secondo tavolo abbiamo avuto poi l’incontro con le cantine di Santadi, sempre in un piccolo paese, proiettato nel mondo; è interessante vedere questa cosa, realizzarla in un territorio… la Cantina di Santadi proiettata nel mondo, questo può essere di buon auspicio, di buona speranza”.

CLU

STER

#3

30 (Prodotto Interno Qualità 2011, Roma, 2012, Unioncamere)31 Il BES è un brillante tentativo di individuare gli elementi costitutivi del benessere nei territori italiani, andando al di là del PIL, che è appunto indispensabile integrare con indicatori di carattere economico, ambientale e sociale che rendano esaustiva la valutazione sullo stato e sul progresso di una società. La maggiore affinità di approccio analitico tra la presente tesi e il BES sta nella dichiarazione di intenti di voler “rendere il paese maggiormente conscio dei propri punti di forza e delle difficoltà da superare per migliorare la qualità della vita dei cittadini, attuali e futuri, ponendo tale concetto alla base delle politiche pubbliche e delle scelte individuali. Gli indicatori del BES sono 12: ambiente, benessere economico, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, relazioni sociali, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione, qualità dei servizi, politica e istituzioni, salute e sicurezza personale.32 Recitano così vari report di Symbola

Page 30: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

30

Se la qualità è un elemento che si basa su componenti intrinseche e quindi si potrebbe supporre che non sia necessario alcun lavoro per la sua esplicitazione, non vi potrebbe essere supposizione più errata: le componenti della qualità vanno ricercate e la messa a sistema avviene non casualmente ma facendo affidamento a degli atti formativi della comunità in toto, che si deve rendere consapevole delle proprie specificità e unicità, ma anche degli abitanti, che devono essere in grado – e qui si tornerà al discorso delle competenze – di gestire le singole componenti per restituirne una prospettiva corale, spendibile nei termini di una offerta turistica prima interna e poi esterna che sia all’altezza dello standard qualitativo cui si vorrà fare riferimento.

La fotografia del territorio che si restituirebbe sarebbe quella di un territorio dai confini precisi, ma al contempo aperti alle comunicazioni con l’esterno, che si caratterizzi per essere coeso, competitivo, portatore di una o più tipologie qualitative, coniugate ad uno standard qualitativo altrettanto elevato, che abbia sposato un sistema interno votato alla sussidiarietà circolare, che sia in grado di:

“mettere in interazione strategica i tre vertici del triangolo magico, cioè le tre sfere di cui si compone l’intera società: la sfera dell’ente pubblico (stato, regioni, comuni, enti parastatali, ecc.), la sfera delle imprese, ovvero la business community e la sfera della società civile organizzata, (volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative sociali, organizzazioni non governative, fondazioni). Ebbene, l’idea della sussidiarietà circolare è tutta qui: le tre sfere devono poter trovare modi di interazione sistematica (cioè non estemporanea) sia nel momento in cui si progettano gli interventi che si ritiene di porre in campo sia per assicurarne la gestione”33.

Quale luogo fisico e insieme ideale migliore, per gli intenti strategici di cui sopra, di un polo culturale, portatore di parte del genius loci di tutto un territorio?

Di questo sono convinti i partecipanti al World Cafè che, in merito, si sono largamente espressi, probabilmente vedendo in una occasione simile una reale soluzione, capace di interfacciarsi con il Sulcis Iglesiente tutto, con il resto della Sardegna, dell’Italia e non solo:

33 Si faccia riferimento al testo consultabile al sito web http://ordosocialis.de/pdf/Zamagni/DAL%20WELFARE%20DELLA%20DELEGA%20AL%20WELFARE%20DELLA%20PARTECIPAZIONE.pdf

Page 31: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

31

“un polo culturale del territorio, non solo di Car-bonia, se diventasse solo di Carbonia sarebbe già monco, è un polo che deve operare nel territo-rio ed è un polo che deve avere valenza sarda, non perché possa necessariamente comprendere tutta la Sardegna ma perché, evidentemente, ha rilevanza regionale”.

Verranno proposte a seguire, sempre riportate fedelmente, una serie di dichiarazioni immaginifiche e insieme frutto di fitti ragionamenti, relative a un possibile polo culturale (pensato evidentemente come a una emanazione- prosecuzione dello spazio “Ex-dì” che, ai tempi del World Cafè, lo si ricorda nuovamente, era stato appena inaugurato). La scelta di procedere con questa enumerazione di frasi, a dif-ferenza dei casi espositivi nei capitoli precedenti e in quelli a seguire, non è stata pensata per togliere, ma semmai per offrire, lasciando emergere con ancor più forza che nel resto del testo, la libertà esposi-tiva e rappresentativa dell’intelligenza collettiva dei partecipanti all’evento:

“hai dei contenitori, ma i contenuti da chi te li fai dare? Serve una mappatura delle competenze del nostro territorio e le risorse più interessanti – e questo riguarda tutto il mondo – sono le professioni così dette della creatività; perché anche l’impresa, anche quella piccola, ha bisogno continuamente dell’innovazione, se l’impresa non si innova continuamente rischia di finire fuori mercato, può anche sfruttare un filone economico che va avanti per dieci, venti anni, prima o poi cambia lo scenario, i mercati di riferimento; quindi l’innovazione deve essere una iniezione costante e dal mondo della creatività può arrivare lo stimolo all’innovazione. Quindi un luogo dove si può creare nuova impresa e dove fare incontrare queste competenze. Si è parlato nel concreto, soprattutto da parte del comune di Carbonia, di fare un luogo di co-working, un luogo dove competenze professionali

CLU

STER

#3

Page 32: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

3�

del mondo soprattutto della creatività lavorano per conto loro ma ci sono i momenti di pausa, semplicemente magari anche solo il caffè, dove il regista magari parla con il fotografo o con un grafico e semplicemente prendendo un caffè nasce poi un nuovo progetto; da lì nascono quelle che vengono anche sostenute in questo momento, le cosiddette startup, piccolissime imprese che si basano su una grande idea, creativa e innovativa”;

“si è parlato anche di una città della cultura, per riempire tutti questi contenitori, di idee e di professionalità, tutta questa disponibilità in qualche modo deve essere sfruttata. E’ necessario quindi un intervento dei privati, allo stesso modo si è pensato che, come può essere considerato un miracolo museale il Museo del Carbone, anche la Fabbrica del cinema lo potrà diventare, la sostenibilità si ottiene attraverso attori privati, le amministrazioni, al di là di ogni appartenenza politica. Questo sito potrebbe diventare un luogo di incontro e promozione dell’arte, sempre che si definisca cosa è l’arte cercando di conciliare la divisione un po’ globale e partire anche dal locale, senza cadere nella creazione di fiere dell’arte. E’ necessario un confronto, è un percorso obbligato appunto, di tutti i soggetti che operano”;“la seconda domanda “immaginiamo”... quello che noi abbiamo immaginato per il polo culturale è il fatto che partendo da un punto di forza come può essere il museo del carbone, che è un ottimo, un eccellente esempio di attività museale che comunque attrae visitatori e turisti nazionali e internazionali, trovare un sistema di avvicinare invece le persone che vivono il territorio alla Grande Miniera di Serbariu; avvicinare giovani e famiglie perché ci sia proprio qualcosa di interessante per loro, quindi delle attività proprie o comunque uno spazio che è fruibile per servizi e attività presenti. Quindi sulla base di questo obiettivo che è appunto quello di avvicinare al territorio il polo culturale, abbiamo riflettuto su come si può raggiungere questo obiettivo”;

“col terzo tavolo abbiamo parlato del rapporto cultura- economia e quello che è venuto fuori, sicuramente, tra le tante cose, che mi sta a cuore e credo che occasioni di questo tipo lo possono dimostrare o comunque invogliare, tutti gli operatori culturali, che si possano riunire, anche in una situazione molto simile a questa e offrire una programmazione pluriennale alle amministrazioni, quindi quinquennale ad esempio e fare sì che la produzione culturale di eventi possa rientrare in una agenda politica che sia una iniziativa d’obbligo, un percorso d’obbligo e mettere le associazioni nello stesso tavolo o permettere sicuramente un coordinamento dell’attività, un modo anche di lavorare assieme, di venirsi incontro, di non calpestarsi i piedi, di fare le cose assieme. E’ necessario che ci sia un giusto equilibrio tra progetto culturale e progetto economico e quindi che sia auto-sostenibile ma che faccia anche economia, che sia un incubatore di idee, di progetti e di prodotti da vendere; solo così si possono toccare con mano delle ricadute sul territorio, quindi attraverso gli investimenti, la formazione di professionalità, di figure professionali che rimangano nel territorio, che non siano formate per realizzarsi all’estero, cercare di andare oltre l’apparente conciliabilità tra l’attività commerciale e l’intrattenimento culturale. Un’altra sensazione che è venuta fuori per chi conosce questo sito, per chi lo vive da poco è una sensazione di straniamento: questo posto rimane ancora

Page 33: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

33

molto metafisico, la dimensione umana è ancora purtroppo, come dire, un po’ cancellata: è necessario quindi sviluppare, creare quella densità che permette lo scambio, che permette una diversità di proposta, non necessariamente culturale raffinata ma anche di intrattenimento, di svago. Quindi sognamo un posto che può offrire tutte queste cose, che diffonda e crei densità di popolazione e di proposte, quindi questo anche per andare incontro a quello che è stato detto prima, andare oltre la monocultura”;

“per finire, per questa sintesi di discussione che c’è stata, si è pensato a questo polo culturale, al ruolo che può avere questo polo culturale, in merito a possibili sviluppi economici o comunque anche culturali; questo polo potrebbe diventare un nodo, un elemento coagulante di queste conoscenze e che diventi quasi una sorta di... chiamiamolo contenitore, anche se non è la parola esatta, dove tutti possono venire ad acquisire informazioni e discuterne per poter fare una programmazione seria del territorio, non ostruendo nessun ambito e quindi nell’ambito culturale in senso stretto, anche se nel termine di cultura ci è passa tanta cosa, forse troppa e quindi fare emergere quelli che sono gli elementi in un certo senso... chiedere competenze per poterle sviluppare. Questo discorso, che diventa un discorso collettivo, perché è vero che siamo in un periodo di crisi, però non sempre le crisi portano solamente danni, a volte ci mettono anche in condizioni di vedere e di fare emergere le persone con le loro competenze per poter lavorare insieme e proporre un’idea di sviluppo”;

“innanzitutto creando appunto rete, quindi riparlando di quello che era il valore nel passato, valorizzando, tramite il polo culturale, la possibilità di fare maggiore associazionismo, quindi interfacciarsi gli uni con gli altri, poter scambiare opinioni e condividere idee, quindi come ha detto qualcuno che ci ha anticipato, vedere in sostanza il polo culturale come un incubatore di idee, con la sua giusta componente diversificata, quindi cercando di mettere in piedi idee che veramente guardino al futuro, ma non solo collegandosi a quelle che sono le scelte territoriali, i nostri modi di pensare, ma anzi con una dimensione più internazionale, quindi aprendosi a quelle che sono le eccellenze del mondo, creando degli spazi di scambio culturale vero e proprio, quindi un centro che parte dalla fase documentale e si arricchisce per progettare, riflettere, ripensare un nuovo futuro. Ovviamente la monocultura operaia non andrebbe in questa direzione, però abbiamo detto anche che abbiamo tutto un bagaglio culturale di competenze che non andrebbe assolutamente a morire”;

“esempi di attività che si possono svolgere nel polo culturale: la valorizzazione, da un punto di vista imprenditoriale - poi si è parlato del co-working in miniera - e la passibilità di offrire degli spazi agli artisti, all’interno proprio della zona mineraria, della zona del polo culturale”;

Un hub innovativo, creativo, ri-creativo, recettivo, coadiuvante, competente, integrante, bril-lante, territoriale e insieme internazionale: questo lo spazio in definitiva pensato dai partecipanti al World Cafè.

CLU

STER

#3

Page 34: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

34

Cluster #4 - Partecipazione, rete e solidarietàLe letture presentate fino a qui ai lettori, hanno costantemente messo in primo piano un aspetto: la partecipazione, la necessità di fare rete; si è parlato anche di comunità.

Certo è che i partecipanti al World Cafè hanno considerato centrali questi aspetti, come se vi vedessero un luogo ideale (poi anche pratico) di incontro tra il marketing territoriale e il cosiddetto community organizing e la coalition building; che permettono di fare accrescere il grado di con-sapevolezza interno di una comunità, entro la sua stessa area ma anche al di là dei confini, verso i possibili target di riferimento, ad esempio i turisti, gli investitori e i nuovi residenti.

Andrea Volterrani, parlando di comunicazione nei territori complessi, dichiara, non a caso, che sia necessario “riconoscere la diversità per realizzare strategie di condivisione della/e comunità, accrescendo la consapevolezza della propria forza e della propria conoscenza per modificare gli ambienti e i contesti nei quali ogni individuo opera”.

Tra le pratiche, fortemente impregnate di processualità comunicazionale, che si possono attuare in questo senso, vi sono community organizing e coalition building, alla ricerca di “un modello di costruzione della società lo-cale, quello appunto dello sviluppo, improntato alla conservazione e valoriz-zazione della dotazione di: beni comuni […], beni pubblici; di bene comune […] E ovviamente di capitale sociale […]Un insieme di risorse rilevabile nelle pratiche della quotidianità e rilevatrici dell’intensità relazionale”34; come per altro intuiscono i partecipanti al World Cafè che dichiarano:

“abbiamo bisogno di processi collettivi partecipati, di partire da ciò che abbiamo per riconsolidare l’esistente; tutto questo unendo tutti gli opera-tori del territorio e scegliere di fare delle cose piuttosto che altre perché quelle altre non si possono più fare perché il pianeta ci sta comunicando che non si possono più fare” e ancora:

“è necessario che tutto ciò che è presente, le varie associazioni, le varie organizzazioni in qualche modo si organizzino o vengano organizzate in qualche modo, in una rete; una rete che comunque ha bisogno di supporti, come infrastrutture, trasporti, siti, strumenti di questo genere. Insomma creare questo centro cul-turale che può aiutare il territorio a creare la rete, ma anche creare delle strade alternative a quelle che già ci sono, sono già sperimentate e sono andate male sostanzialmente”.

Secondo “The Community Tool Box”, uno strumento pubblico e gratuito messo a punto dall’Università del Kansas, la Coalition building lavora mettendo insieme gruppi diversi di indi-vidui e organizzazioni, per il raggiungimento di un obiettivo.

Un Community organizer nota il potenziale presente in una comunità “malata” e costruisce una coalizione per massimizzare il potere dei membri della comunità, cercando di rafforzare in

(Zucchetti, 2008, pag.22)

Page 35: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

35

loro l’idea di essere in grado di occuparsene senza l’aiuto di terze persone; infatti egli lavora su una proposta solo per espandere la base partecipativa, mantenere alto l’interesse e la posta in gioco.

Nel particolare una coalizione può essere costruita per rendere più efficaci e efficienti i servizi e sistemizzarli per la comunità stessa; aumentare la comunicazione tra i gruppi che costituiscono la comunità e rompere gli stereotipi che potrebbero dividerli; creare empowerment tra i membri dei diversi gruppi, che possano così muoversi autonomamente e creare mutamento sociale. Fare coalition building richiede però molti sforzi e lavoro, per cui sarà bene metterla in atto solo in casi ben ponderati, ad esempio quando un gruppo desideri creare cambiamento in senso ampio, che possa essere significativo per la comunità.

Una coalizione rappresenta in definitiva un momento importante di crescita gruppale e individuale del singolo, per lo sviluppo della capacità di “stare dentro” un gruppo, passando dalla spontaneità del condividere magari lo stesso territorio o poco più (come un lontanissimo passato), alla efficacia in un gruppo di lavoro, entro un percorso che vada dai bisogni dell’individuo (interazione - membership), al soddisfacimento dei bisogni di equilibrio (interdipendenza - leadership), fino ai bisogni del gruppo (interdipendenza - groupship); come descrive il Quaglino,

sottolineando l’importanza di quest’ultima per l’approdo all’integrazione, ossia “la virtualizzazione del rapporto tra uguaglianze e differenze, l’equilibrio tra la soddisfazione dei bisogni individuali e dei bisogni del gruppo, la formazione di un soggetto sociale autonomo che si attribuisce significato e che restituisce energia e risultati all’ambiente nel quale si è costituito”35.

Si potrebbe quindi parlare di “trasformazione”, termine importante nella risoluzione dei conflitti e nella coalition building: tra le componenti essenziali per un Gruppo di lavoro efficace (leadership, ruoli, clima, metodo, obiettivi) vi è anche la comunicazione: il gruppo è prima di tutto “territorio comunicazionale” (Quaglino et al. 199�, pag.141), dove la comunicazione è interattiva, perché si sviluppa entro le cornici del linguaggio che ciascun

individuo che interagisca vorrà apporre ed è in questo senso estremamente legata a un livello presente, ma al contempo, essa è connessa saldamente anche al futuro, nella sua dimensione trasformativa, perché luogo di scambio e elaborazione dei messaggi (come in continuo cambiamento è del resto un codice linguistico in senso generale e anche il linguaggio adottato dal gruppo). Durante l’interazione un gruppo dialogante pone in essere un contratto, favorendo il passaggio di un flusso di informazioni che, recepite e rese efficaci se in possesso di alcune caratteristiche (comunicazione finalizzata, pragmatica, trasparente, situazionale) potranno eventualmente portare al cambiamento creativo.

I partecipanti del World Cafè, non a caso, riconoscono il valore strategico della trasformazione

CLU

STER

#4

35 (Quaglino et al. 1992, pag.27)

Page 36: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

36

che passa dal conflitto, dalla comunicazione e dallo scambio, quando ad esempio parlano del necessario confronto tra giovani e anziani:

“un secondo aspetto che abbiamo cercato di affrontare è quello del ruolo dei giovani e anche degli anziani in rapporto ai giovani; allora il primo aspetto ci sembra che quelli che hanno maggiore esperienza dovrebbero essere nei confronti dei giovani meno giudicanti e più trasmettitori di questa esperienza e dei saperi e affrontando il rischio di un dialogo e anche di un conflitto, ma comunque cercando di mettersi in rapporto con i giovani non soltanto giudicare un po’ sprezzantemente (noi spesso li giudichiamo pensando che non vogliano fare niente)”.

I partecipanti sono in generale consapevoli che solo muovendosi nella conoscenza del territorio, soffermandosi sul senso di comunità, tentando di riavvicinarsi al suo significato profondo, gli abitanti tutti del Sulcis Iglesiente potrebbero tornare a sentirsi una comunità; specie se l’introspezione passa da una memoria maestra, che parla di solidarietà come dello spirito fondativo, dal quale imparare a tornare e da non abbandonare, da comunicare e attraverso cui esprimersi:

“passato e memoria: il Sulcis attraverso i minatori (poi dico cosa intendo per minatori) è stato fucina di solidarietà ed ha diffuso nel territorio, in Sardegna e non solo in Sardegna, la consapevolezza che non ci si salva da soli; in miniera si diceva, si entra dicendo “io” e si esce dicendo “noi”. Quando parlo di minatori intendo quel che è successo dal ‘900 a partire da quella figura luminosa che è stato Cavallera, fino agli anni ‘70-’80, questa è la memoria di cui parlano, ci riferiamo ai minatori”;

“siamo partiti da Carbonia città di fondazione, come mi sembra di aver capito che hanno fatto più o meno tutti, però valorizzando qualcosa che mi pare sia diverso rispetto a quello che hanno valoriz-zato altri e cioè chi ha iniziato a raccontare ha parlato della Casa dell’Istituto, quindi di una visione di housing sociale che oggi in sostanza manca, quelli che erano i comitati di quartiere che badavano soprattutto alla collaborazione tra gli abitanti del quartiere stesso e a quella che era la cura del verde urbano e del patrimonio umano che stava alla base di chi possedeva queste case dell’Istituto e quindi abitava questi quartieri. Da questo momento siamo passati a qualcosa che strettamente si collegava all’housing sociale e quindi al fatto di riuscire a costruire una rete; quello che oggi in sostanza ci riporta a vedere il passato come un qualcosa di nostalgico è quello che in sostanza ci manca; cioè un individualismo molto spinto in cui manca la capacità di collaborare, anche all’interno della stessa cittadina, figuriamoci all’interno dello stesso territorio e che ci impedisce in un certo senso di avere quelli spazi, ma soprattutto di partecipare a quegli spazi come si faceva nel passato; quindi abbiamo parlato delle case dell’Istituto, dei comitati di quartiere, di quelli che erano gli spazi per costruire una rete cittadina in primis e territoriale poi, di quelli che erano gli spazi tra cui dopo-

Page 37: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

37

lavoro, quindi tutto ciò che riguardava gli operai che uscivano dalle miniere, poi successivamente anche i lavoratori del polo industriale e quindi la capacità di sapere avere una partecipazione attiva a quelli che erano anche i processi della politica, quindi la capacità di non dare deleghe in bianco a chi rappresentava ma di avere continuativamente una partecipazione”;

“nel nostro tavolo siamo partiti prima di tutto anche noi da una fotografia di ciò che è stato, partendo dalla fondazione di Carbonia, ci siamo raccontati di come inizialmente la cultura inizialmente a Carbonia era molto differenziata in quanto Carbonia si è creata con l’arrivo di persone da tutte le parti d’Italia, quindi ognuno portava un po’ del proprio e però si è creato in tutto questo una cultura della solidarietà, soprattutto tra i quartieri, molto forte; l’altro aspetto è che però la città era in qualche modo divisa per ceti sociali, la costruzione della città stessa era fatta in modo che fosse così, dato che doveva notare come gli operai vivessero da una parte, la dirigenza vivesse da un’altra parte della città e non dovevano neanche prendere la stessa strada per andare a lavoro, ma in questo caso la miniera diventava un punto di incontro, cioè era il punto in cui erano obbligati a stare insieme. La discussione avveniva all’interno delle sedi di partito e si cominciava a creare comunque un fermento culturale dato che era stata costruita una biblioteca nel centro della città, contestualmente è nato il primo circolo del cinema e il primo circolo letterale e tutto questo frequentato da persone provenienti dall’ambiente di sinistra e in ogni caso la crisi della miniera è iniziata presto a Carbonia, già negli anni 50 iniziano i primi licenziamenti, però la città resiste proprio perché in tutto questo senso è riuscita a fondarsi come città, quindi c’era del fermento culturale e diventa soprattutto un punto di riferimento per tutto il territorio”.

Le pratiche partecipative di cui hanno parlato i protagonisti del World Cafè “acquisiscono senso soltanto all’interno di una comunità locale di riferimento e quindi in una rete di interazioni sociali territorialmente contestualizzate”36; se quindi l’intento di chi le mette in pratica vorrebbe essere quello dello sviluppo locale, allora sarà necessario che queste facciano parte a un determinato processo e che coloro che le attuano facciano parte di una comunità, un organico, un gruppo.

Che gli abitanti del Sulcis Iglesiente, un giorno possano andare oltre gli accenni di senso di comunità, pervenendo a una idea consapevole di comunità locale, è un importante auspicio, spe-cie perché questa consentirebbe l’attivazione di dinamiche relazionali per conservare e rigenerare il capitale sociale, da intendere come l’insieme di beni relazionali prodotti dai processi inclusivi, quindi proprio di quelle pratiche partecipative di cui si è parlato poco sopra e che consentireb-bero, se inscritte all’interno di un tipo di comunità del genere, di valorizzare esperienze, cono-scenze, informazioni, tali da rendere possibile il raggiungimento di scopi altrimenti non perseguibili a livello individuale. La comunità locale è lo spazio nel quale potenzialmente possono dispiegarsi programmi di sviluppo locale, per la messa a sistema e poi a valore di tutti i saperi d’uso; alla ricerca del senso compiuto di azioni di capacitazione, che guardi all’abilità di fare cose, entro cui l’empowerment gioca un importante ruolo.

Pervenire a simili risultati, anche solo nelle intenzioni, dovrebbe richiedere un grande sforzo in termini di impegno (committment), legato alla posta in gioco e alla capacità di suscitare interesse

CLU

STER

#4

36 (Dalbergo, Moini, 2006)

Page 38: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

38

e questo è possibile solo grazie all’ascolto attivo, il quale permetterebbe di valutare le istanze degli attori/agenti protagonisti, agevolando il disegno di reti sinergiche e di gruppi di lavoro che tentino di operare la trasformazione.

Del resto, lo sviluppo locale, si basa sulle capacità manifeste e latenti di una comunità in grado di valorizzare la disponibilità di fattori naturali, lavoro, capitale finanziario e infrastrutture.

Il World Cafè, alla luce di tutte le affermazioni dei suoi partecipanti, almeno quelle fino ad ora pre-sentate ai lettori, si potrebbe affermare abbia effettivamente compiuto un tentativo di approdo allo sviluppo locale; specie se si guarda, per verificarlo, a quelle che sono rintracciabili come le attività proprie della cosiddetta “animazione territoriale” (che integra lo sviluppo locale); questa infatti prevede di coinvolgere gli stakeholder in programmi e azioni di interesse per le realtà locali attraverso:

- la ricerca- azione;- il sostegno per la costruzione di reti, come si è già evidenziato; - l’implementazione di tecniche partecipative per lo sviluppo di idee, progetti etc.

Tutte queste azioni, si ribadisce, rientrano nei tentativi di valorizzazione del capitale sociale; con la ferma idea di stare mettendo in moto veri e propri meccanismi di empowerment comunitario.

Varrebbe la pena di scrivere qualcosa in più sulla ricerca- azione, che deve le sue origini teoriche a Kurt Lewin (1951) e “è un tipo di ricerca in cui, per studiare un fenomeno, o un problema sociale, si crea un setting in cui le persone che hanno in qualche modo a che fare con quel fenomeno (lo rappresentano, lo subiscono, lo influenzano, ecc.) sono chiamate a discutere collettivamente della sua definizione, successivamente a raccogliere dei dati per analizzarlo, e infine utilizzare quei dati per modificare la propria conoscenza pregressa e proporre delle azioni che vadano ad incidere su quel fenomeno”37; la sua finalità generale “è quella di innescare processi di trasformazione del sistema persona- ambiente; in secondo luogo, per l’adozione di un paradigma riflessivo, che include la soggettività del ricercatore nel processo della ricerca e che quindi permette una riflessione sugli strumenti tecnici e concettuali che si utilizzano”38.

Si potrebbe pensare quindi a una comparazione con il World Cafè “Fabbrichiamo cultura”, che parrebbe abbia permesso l’innesto di principi di empowerment collettivo e abbia favorito quella comunicazione bidirezionale che prepari il terreno alla trasformazione, da intendere come la ricapacit-azione degli elementi già presenti nel territorio, richiamando la coesione, il desiderio di sinergia.

La processualità deve attecchire, spesso, in terreni costellati da organizzazioni “ripiegate in sé stesse” come spiega Fabrizio Maimone, descrivendo la presenza di:

“strutture a “silos”, formare da sotto- sistemi semi- autonomi, poco comunicanti tra di loro e scarsamente integrati, in termini operativi e di condivisione della conoscenza. Il silo è una risposta spontanea (quindi, un fenomeno emergente) alla complessità organizzativa: chi ne fa parte trova nel piccolo mondo rappresentato dal silo stesso un confine “artificiale” e un riparo “sicuro” dal mare periglioso della complessità […] Il fenomeno dei silos organizzativi limita fortemente la cross- fertilization, lo scambio”39.

37 (Mannarini, 2009, pp. 824,825) 38 (Mannarini, ibidem, p. 831) 39 (Maimone, 2010, pp. 43-44)

Page 39: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

39

Ciò che si potrebbe definire come controparte dei silos organizzativi, sono le comunità di pratica, che vedono i singoli intraprendere senza paura un percorso verso la conoscenza condivisa e la partecipazione, per apprendere il nuovo e migliorare l’esistente e che per questo non temono ne-anche l’impollinazione con altre comunità simili. I paragoni parrebbe che sorgano spontanei: i silos sembrerebbero comparabili con i gruppi in integrazione (attenzione, interna e non anche esterna) che abitino un territorio, mentre le comunità di pratica rappresenterebbero quei gruppi che abbiano raggiunto anche l’integrazione con l’esterno, guidati da un processo comunicazionale dagli stand-ard elevati. Wenger (�005), dichiara40 che una comunità di pratica per funzionare deve soddisfare:

- una forte sponsorship (committment del top management);- un sostegno di carattere relazionale, emotivo e metodologico da parte di uno o più facilitatori;- un supporto di carattere logistico e organizzativo.

Sono proprio i partecipanti del World Cafè a sottolineare l’importanza strategica di questa combinazione:

“la parola di cui si è parlato tanto e è stata pronunciata diverse volte durante questa plenaria, è stata appunto il fare rete, quindi la rete è alla base di un luogo culturale, ma dello sviluppo di qualunque tipo di attività, qualunque azione che si voglia fare sul territorio; sono delle azioni cosiddette “bottom up”; l’esempio di oggi è un’azione “bottom up”, dove gli operatori culturali vengono chiamati per dare delle informazioni e si spera poi che ci sia un’amministrazione comunale che sia in grado di cogliere quelle che sono le indicazioni per dar sfogo a questi interventi. Quindi anche per lo sviluppo di un polo culturale partire da diversi interventi bottom up, quindi fare degli incontri, dove gli stessi operatori vengono chiamati a raccontare quelle che sono effettivamente delle esigenze dal basso e poi una amministrazione comunale che sia in grado di tradurre queste esigenze in far diventare dei punti di debolezza - perché nascono dai punti di debolezza - per poi svilupparli nel futuro”.

Queste funzioni, combacianti idealmente con le regole, presentate poco sopra, per la buona riuscita di una comunità di pratica, ripropongono la figura del facilitatore- comunicatore, incarnandola in quella del new comer che suggerisce ai soggetti collaboratori, stakeholder del territorio, la strada verso l’opportunità, verso il superamento della contingenza presente, attraverso un lavoro, si è ribadito più volte, di empowerment (Zimmerman, 1988) che attivi gli schemi emotivi degli individui nei gruppi, attraverso:

- attribuzione al sé dei risultati e degli effetti del proprio agire- percezione di autoefficacia- percezione di competenza- tendenza motivazionale all’azione- tendenza alla speranza.

Un facilitatore che, nuovo o in maniera nuova arriva a stimolare una comunità latente, semi- dormiente; esclusivamente in una ottica di coalition building, che le permetta, attraverso un primo movimento dialogico, proattivo e propositivo, di ri- presentarsi a sé stessa, di ri- manifestarsi tra essere e agire.

40 Riferimento su (Maimone, ibidem, pag.46)

CLU

STER

#4

Page 40: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

40

Best Practices e letture dall’Italia e dal mondoDurante la sessione plenaria del World Cafè si è potuto evincere come per molti partecipanti fosse strategico parlare anche della necessità di guardare alle buone pratiche, che consentissero, oltre che il confronto, la crescita di consapevolezza sulle strategie adottabili:

“la terza domanda: riuscire a destinare questo spazio, oltre che a un incubatore di idee, anche alla fruizione di idee e suggerimenti da parte di chi ha un’eccellenza nella valutazione di progetti per riuscire a definire diversa progettualità e quindi riuscire ad avere una reale volontà di tendere al cambiamento, progettando qualcosa che abbia una visione globale di rete del territorio; non qualcosa che sia applicabile solo con il nostro territorio, ma che partendo dal nostro territorio segua esempi più virtuosi. Abbiamo fatto anche un esempio, abbiamo detto che ci sono alcune cittadine del nord Europa, una che ci è venuta in mente è stata Malmö, nella discussione, in cui c’erano dei grossissimi poli dell’industria metalmeccanica, anche lì poli della monocultura, in cui c’è stata la capacità appunto, tramite anche il saper fare rete con qualcuno che avesse eccellenze sviluppate a livello internazionale, nell’ambito dell’innovazione tecnologica e quindi della capacità di riuscire, come ha detto qualcuno che mi ha anticipato, di riuscire a creare una nuova rete di imprenditoria, che sia però al passo con i tempi e quindi non qualcosa che venga finanziato a progetto ma qualcosa che abbia una visione appunto a lungo termine e che riesca a interfacciarsi con quelle che sono tutte le attività che devono essere tenute in piedi nel nostro territorio, quindi infrastrutturazione in primis, poi valorizzazione del turismo enogastronomico, ma senza buttar via tutte quelle che sono le nostre competenze e un bagaglio anche delle gestioni industriali del nostro territorio” e ancora:

“recepire, nella stessa logica appunto, quanto di buono viene dal mondo, sia in questo settore, sia in genere, per quel che riguarda anche le possibilità di sviluppo di questo territorio e rispetto al polo, conoscere le cose di cui parliamo e saperle raccontare, a noi e agli altri, perché senza questo non andiamo davvero da nessuna parte. Uscire dal consolidato e che il polo diventi un polo che prende dal territorio le risorse migliori, l’esperienza, la memoria, ma che è anche capace, è fondamentale, di riverberare sul territorio e di diffondere nel territorio quel che si elabora qui dentro. Avere una visione articolata, di insieme, dello sviluppo possibile, che evidentemente non può e non deve essere più monoculturale”.

Il presente capitolo vorrebbe essere una finestra - certamente non esaustiva ma, si spera, di ispirazione - su un mondo solo geograficamente lontano, ma sempre più prossimo concettualmente. Posto che ogni realtà debba basarsi, per il suo sviluppo, su una analisi di contesto territorializzata, circoscritta e che quindi non si possa mai trasporre una buona pratica di successo tale e quale, sperando in una sua totale o a volte anche solo parziale riuscita; si può sperare che una immagine composita del “mondo fuori” possa combinarsi con le esigenze di un presente che nel Sulcis Iglesiente vorrebbe diventare futuro innovativo, proattivo, resiliente.

Page 41: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

41

Spazi riqualificati e non, co- working, labfabs, startup incubatorsOgni voce verrà presentata usando i tag, tipici delle piattaforme di blogging.

Manifatture Knos, Puglia - www.manifattureknos.org/knos/storia.php Tag: riqualificazione, esperimento culturale, bene comune, partecipazione spontanea, progettazione partecipata, centro internazionale ricerca, formazione, produzione culturale, autonomia artistica e organizzativa, cinema, teatro, danza, musica, editoria, infanzia, arti applicate, design, arte contemporanea

Hamilton House, Bristol, UK - www.hamiltonhouse.org/whos-here/ Tag: community, spazio riqualificato, collaborazione, condivisione, apprendimento, facilitazione, pittori, designers, illustrator, stilisti, gruppi ambientalisti, charities, imprese sociali, agenzie musicali, organizzatori festival, stazioni radio, animatori, produttori musicali, produttori cinematografici, burattinai, artisti strada, record labels, terapisti alternativi, gioiellieri, fotografi, scrittori, architetti, consulenti carriera

Meltingpro, Roma - http://meltingpro.org/chi-siamo/ Tag: progettazione, formazione, narrazione, europrogettazione, digital storytelling, imprenditorialità creativa, Audience Development

Kalatà, Piemonte - www.kalata.it/#servizi Tag: progettazione, comunicazione culturale, prodotti culturali, Audience Development, sviluppo economico territorio, cooperativa, impresa sociale

Fiescore, Trento - http://fiescore.squarespace.com/about/ Tag: culture based thinking, settori creatività, imprese, progetti transettoriali, progetti transdisciplinari, sperimentazione format culturali, innovazione, recupero spazio, sostenibilità, strumento aggregazione, imprenditorialità, imprese creative

Industria scenica, Milano - www.industriascenica.com/ Tag: programmazione, matching tra pubblico e privato, arti performative, sociale, formazione, sviluppo personale, sviluppo ricreativo singolo e comunità, collaborazione Enti Pubblici e Privati, settore culture, settore sociale, promozione territorio, empowerment comunitario, Azioni sociali e culturali, gestione iniziative, gestione servizi, gestione prodotti, gestione progetti educativi e artistici

Ex Fadda, Puglia - www.exfadda.it/chi-siamo/Tag: community, riqualifica spazio, cordata organizzazioni locali campi comunicazione e cultura e sociale, contenitore culturale, sviluppo territorio

MAST - Manifattura di arti, sperimentazione e tecnologia, Bologna - www.mast.org/chi-siamo Tag: sviluppo creatività e imprenditorialità, ponte con comunità, fondazione, istituzione internazionale, cultura, filantropia, tecnologia, arte, innovazione, giovani generazioni, istituzioni, sostegno crescita economica e sociale, sviluppo idee, identità

Page 42: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

4�

Impact hub Roma, Impact hub Rovereto, Impact hub Siracusa, Impact Hub Firenze etc, Impact Hub Milano, Impact Hub Madrid etc. (ogni testimonianza è peculiare, in quanto territorializzata) - www.hubroma.net/; https://rovereto.impacthub.net/; http://siracusa.impacthub.net/; https://florence.impacthub.net/; http://milan.impacthub.net/; http://madrid.impacthub.net/ Tag: Co-working, Social Innovation, Start up incubator& accelerator, fablab, organizzazione eventi, laboratory, arte, creatività, competenze, professionisti

Anticafè, Roma - www.anticafe.eu/roma/ Tag: Co-working, pagamento orario

Fablabs - www.fablabs.io/Tag: makers, artisti, co-working, creatività, competenze

Fondazioni, articoli, saggi, bandi Fondazione Fitzcarraldo - Anche partner Fondazione Unipolis, promotrice bando Culturability www.fitzcarraldo.it/en/

Fondazione Symbola - Celeberrimo Report “Io sono Cultura” e molti altri contributi, quali il P.I. “Prodotto Interno Qualità http://www.symbola.net/

Avanzi - Make a cube – Anche partner Fondazione Unipolis, promotrice bando Culturability, si vedano lo “Spazio A” che Avanzi condivide con diverse realtà innovative, a Milano e “Esterni” partner di Avanzi per Spazio A - Ex Ansaldo http://makeacube.com/; www.avanzi.org/cultura/una-fabbrica-culturale-allex-ansaldo; www.esterni.org/ita/progetti/competenze.php

Che fare - bando, fucina di esempi progettuali innovativi - quelli passati - e documenti utili su progettazione culturale https://bando.che-fare.com/; www.che-fare.com/coworking-fablab/; www.che-fare.com/almanacco/approfondimenti/; https://bando.che-fare.com/vademecum/

Business Model Canvas – Fonte imprescindibile per la progettazione culturale e non solo www.businessmodelcanvas.it/bmc/business-model-canvas.html

Culturability - Bando a fondo perduto per riqualificazione degli spazi, con soluzioni creative e innovative legate alla cultura http://culturability.org/

Fondazione Cariplo - Tantissimi i bandi, tra cui quello sul Welfarewww.fondazionecariplo.it/static/upload/fc_/fc_bando_welfare_web�/fc_bando_welfare_web�.pdfwww.fondazionecariplo.it/static/upload/fc_/fc_bando_welfare_web�/fc_bando_welfare_web�.pdfwww.fondazionecariplo.it/it/news/servizi/bando-welfare-di-comunita-terza-edizione.html

Fondazione con il Sud - Tra i progetti rilevanti quello sulle “Fondazioni di comunità” o quello dei “Progetti esemplari”www.fondazioneconilsud.it/; www.fondazioneconilsud.it/bandi-e-iniziative/leggi/�01�-0�-�0/fondazioni-di-comunita/; www.fondazioneconilsud.it/progetti-esemplari/in-corso/;

Quaderni di economia sociale - Restituiscono una fotografia aggiornata e lungimirante sull’economia no profit; redatti dalla Fondazione con il sud, con la partecipazione di Banca prossima www.sr-m.it/p/quaderni-di-economia-sociale-1-�016/

Page 43: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

43

Iris Network Istituti di Ricerca sull’Impresa Sociale - Un centro studi d’eccellenza tra i più accreditati del settore, si veda, ad esempio, il recente articolo su rigenerazione degli spazi, impresa sociale e sviluppo localehttp://irisnetwork.it/; http://irisnetwork.it/wp-content/uploads/�015/09/SB-sacchetti.pdf

Ted - per trovare ispirazione e aprire la mentehttps://www.ted.com/

Novoed - Piattaforma per l’apprendimento online di alta qualità per chi lavora nel sociale e non solo; mette in contatto studenti da tutto il mondo veicolando corsi da importanti realtà formative internazionali, sia gratuiti che a pagamento https://novoed.com/

Centotrecento - Solidarietà di quartiere, Bologna www.centotrecento.it/

Social Street - Solidarietà di quartiere, Bologna www.socialstreet.it/

Labgov - Beni comuni www.labgov.it/

Rapporti sulla cultura in Italia e EuropaIo sono cultura - Redatto da Fondazione Symbola www.symbola.net/html/article/iosonocultura_ricerca�015

Il libro bianco sulla creatività, Italia www.beniculturali.it/mibac/export/UfficioStudi/sito-UfficioStudi/Contenuti/Pubblicazioni/Volumi/Volumi-pubblicati/visualizza_asset.html_1410871104.html

Il libro verde - Le industrie culturali e creative, Europa http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:�010:0183:FIN:IT:PDF

Facilitazione – per un primo approccio Genius Loci - pagina web curata da un illustre facilitatore italiano, presenta un utile compendio di tecniche base/ impiegate con maggior frequenza e preziosi indicazioni bibliografiche del genere)http://www.loci.it/

Page 44: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

44

ConclusioniIl World Cafè “Fabbrichiamo cultura”, nel suo svolgimento, ha intessuto trame sartoriali composite, ha regalato la possibilità di percepirsi ancora comunità solidale, leale, potente.Non che nella memoria, come nell’oggi, quel seme di comunità non fosse presente, anzi, i partecipanti all’evento erano lì proprio ad esercitare questa testimonianza, quella dei fatti di tutti i giorni, azioni non conclamate ma d’impatto di piccole organizzazioni e di vigili istituzioni (questa era la platea del World Cafè); ma si deve ammettere che spesso il senso di comunità sia rimasto in bilico, latente, timido o irrigidito. La plenaria lo ha affermato più volte: la partecipazione reale, non fittizia, può fare la differenza; può restituire le radici profonde alle persone, mentre dà loro rami (idee) che tendono verso l’alto. Un solo World Cafè, certo non potrà far troppo, ma può offrirsi come uno fra gli strumenti utili, come mezzo, per fare fluire visioni singole in visioni collettive; per pensarsi in ascolto profondo e costante di coloro che co- abitano un territorio, per interpretarne meglio e con maggiore lucidità le reali esigenze: un Sulcis Iglesiente che vive un momento storico nel quale la ricetta salvifica dell’economia non sembrerebbe passare più dall’industria pesante, quanto dalle Piccole Medie Imprese della qualità, da incoraggiare e sostenere; dalla ricerca di sussidiarietà circolare che veda dialogare e essere interdipendenti settore pubblico, privati e no profit, in una sinergia programmatica a medio- lungo termine, che punti sulla cultura in un senso macroeconomico (ossia reggente di tanti altri settori) e lavori sulle competenze, specie quelle creative, propulsive di nuovi modi di lettura e comunicazione dell’esistente, per trasformare le energie già presenti in qualcosa di innovativo, capace di produrre impatto reale. ll territorio come narrazione del sé e ricerca- azione, per ritrovare e poi raccontare, dentro e fuori, una solidarietà che sia di nuovo tratto distintivo e propulsivo.Un ritratto del Sulcis Iglesiente è stato abbozzato, quel �0 dicembre, ma il valore del World Cafè sta nel riverbero dei giorni a seguire, in quelle azioni di empowerment che si sono compiute e, si spera si compiranno; lo stesso Report è una di queste. Cosa si potrebbe fare, senza far passare tanti mesi, ora che le basi sono state poste? Attivare gruppi di lavoro per continuare a investigare i cluster tematici individuati, compiendo una azione di ricerca- azione, con nuovi incontri partecipativi, esplorando diversi strumenti e pensando a un calendario con una cadenza ad esempio bimestrale; da coadiuvare impiegando i mezzi online in maniera graduale, a seconda degli obiettivi da raggiungere (pagina Facebook, Google Drive, Piattaforme collaborative).Cominciare - quale conseguenza della prima azione - a pensarsi come comunità di pratica, capace di compiere azioni collettive, come la partecipazione a bandi ai quali concorrere per compiere azioni reali di sviluppo locale (si vedano, nel periodo primavera �016, i bandi Culturability di Unipolis e Welfare di Cariplo); non tanto con intento di successo, quanto per compiere insieme percorsi reali e non fittizi di empowerment.

Page 45: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

45

Ciao!ti scriviamo per raccontarti una storia, che è un po’ anche la tua storia, quella di chi, ogni giorno, lavora, immagina e pensa cultura, per lo sviluppo del territorio del Sulcis Iglesiente.È una storia lunga, lunghissima, fatta di tasselli, di momenti importanti, motivanti, a volte anche difficili; è la storia di tutte le voci che abbiamo ascoltato e custodito nel tempo, quella di tutti i film, i concerti, gli incontri che, insieme o separati, ma pur sempre per il nostro territorio, abbiamo vissuto. E’ la storia di un epilogo, che è anche un prologo, è la storia di energie che si incontrano e si trasformano; è una storia che vogliamo resti corale, con ancor più forza. Ti stiamo raccontando di “Ex-Dì - La fabbrica del cinema”, che dopo 10 anni di operosa attesa, verrà inaugurata nelle giornate tra il 18 e il �0 dicembre, presso la Ex Direzione della fu Miniera di Serbariu; dove già sedimentano le memorie di molti di noi e dove speriamo di creare nuovi ricordi, fermenti di una vita culturale disegnata insieme, condivisa. Vorremmo chiederti di continuare a scrivere con noi le pagine culturali del Sulcis Iglesiente, perché lo conosci, sei uno dei suoi abitanti, sei parte di coloro che possono ricordarlo e meglio immaginarlo e per questo abbiamo pensato a un momento speciale, tra quelli inaugurali: un World Cafè. Cos’è un World Cafè? Un metodo semplice ed efficace, per dare vita a conversazioni informali, vivaci e costruttive, su questioni importanti e concrete che riguardano la vita di una comunità locale, come la nostra. Il �0 dicembre, dalle 09.30 alle 13.00, presso i locali di Ex-Dì, nella Grande Miniera di Serbariu – piazza Sergio Usai, tu e gli altri protagonisti verrete accolti nel luogo che del nuovo spazio sarà sala cinematografica e per la piccola convegnistica.Verrai abbracciato da un ambiente caldo, colorato, confortevole, perché vogliamo che tu possa rilassarti; siederai in piccoli tavoli, nei quali si attiveranno le conversazioni, accompagnate dalla colazione e dal buffet a base di prodotti locali e probabilmente avrai modo di parlare di questioni davvero rilevanti per te e i tuoi commensali, perché abbiamo ragionato molto sugli argomenti dei quali parleremo e li abbiamo disegnati perché ti stiano a cuore e ti portino a pensare creativamente a questioni che, solitamente, condividi con la tua cerchia ristretta o in convegni più istituzionali di quello che ci vedrà compartecipi.Avrai modo di parlare con tutti, perché condividerai, argomento dopo argomento, il tavolo con gli altri partecipanti.Speriamo di averti convinto a passare una mattina speciale con noi, lo sappiamo, sarà domenica, ma pensiamo che questo nuovo polo culturale abbia bisogno di te e che, come in una officina collettiva, se vorremo, insieme, potremo cominciare a proiettarvi, dentro e fuori, il futuro del territorio, quella sua parte creativa, critica, dinamica, partecipativa. Ti scriveremo ancora, per darti qualche notizia in più sull’avventura del World Cafè, che da oggi condividiamo; per ora, troverai le principali notizie nel nostro manifesto, qui sotto, accompagnate da una breve descrizione de “La Fabbrica del Cinema”.

Ti ringraziamo tanto per la tua attenzione,un caro saluto.Lo staff…

Appendice 1 Comunicazione A seguire, un esempio della comunicazione multi- target e multi- livello messa in atto per il World Cafè; si tratta della versione informale e generalizzata della lettera di invito al World Cafè, dal tono caldo, con cui si voleva fare leva sulla sfera emozionale del destinatario. La comunicazione è stata predisposta: faccia a faccia, al telefono, cartacea, via mail; in tono informale personalizzato41 e non, in tono formale personalizzato; modulata in una unica soluzione o in più rimandi. Qualunque strumento, tono e linguaggio si decidesse di utilizzare per uno o più target, la principale regola restava una visione olistica, mirata alla strategia e resiliente.

41 Per personalizzazione si intende l’utilizzo, nell’incipit, del nominativo del destinatario.

Page 46: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

#REPORTIME

46

Bibliografia Carlo Caldarini, La comunità competente. Lo sviluppo locale come processo di apprendimento collettivo. Teorie e esperienze, Ediesse, Roma, �008

Benedetto Meloni (a cura di), Domenica Farinella (a cura di), Sviluppo rurale alla prova. Dal territorio alle politiche, Rosenberg & Sellier, Torino, �013

Sandro Polci, I piccoli comuni. Dal disagio insediativo al buon vivere italiano. 1996-�006, La Biblioteca del Cigno, Collana Gli alberi, Morciano di Romagna, �010

Terri Mannarini, La cittadinanza attiva. Psicologia sociale della partecipazione pubblica, il Mulino, Collana Ricerca, Bologna, �009

Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, Bruno Mondadori, �003

Walter Sancassiani, Elena Frascaroli, Focus Lab, Partecipare e decidere. Insieme è meglio. Una guida per amministratori e tecnici, “Quaderni della partecipazione”, Centro Stampa Regione Emilia – Romagna, novembre �009

Giulio Moini, La diffusione della partecipazione: un’analisi sistemica, Materiale didattico Master in “Il facilitatore: una nuova figura per lo sviluppo di comunità”, CEIDA, Roma, �014

Giulio Moini, Le politiche partecipative nel contesto delle politiche neoliberiste, Materiale didattico Master in “Il facilitatore: una nuova figura per lo sviluppo di comunità”, CEIDA, Roma, �014

Andrea Volterrani, La comunicazione organizzativa come narrazione collettiva, Università degli studi di Roma Tor Vergata, Roma, �014

Andrea Volterrani (a cura di), Raccontare il volontariato, CESVOT, Collana i Quaderni, Firenze, �006

Alessandro Caramis, Rossella Rega (a cura di), Conflitti insostenibili. Media, società civile e politiche nelle controversie ambientali

Marco Binotto, Comunicazione sociale �.0. Reti, non profit, partecipazione, Nuova cultura, Roma, �010

Fabrizio Maimone, La comunicazione organizzativa. Comunicazione, relazioni e comportamenti organizzativi nelle imprese, nella PA e nel no profit, Franco Angeli, Collana Management, Milano, �010

Andrea Rossi, Maurizio Goetz, Creare offerte turisticge vincenti con Tourist Experience Design®, Ulrico Hoepli Editore, Milano, �011

Andrea Stroppiana, Progettare in contesti difficili. Una nuova lettura del Quadro Logico, Franco Angeli, Collana Management Tools, �009

Paulo Freire, La pedagogia degli oppressi, Edizioni Gruppo Abele, Collana Le staffette, 1968, Torino

Gian Piero Quaglino, Gruppi di lavoro, lavoro di gruppo, Raffaello Cortina Editore, collana individuo Gruppo Organizzazione, Milano, �009

Pierpaolo Donati, Sociologia della relazione, il Mulino, Collana Itinerari, Bologna, �013

Page 47: Report World Café Fabbrichiamo Cultura

WORLD CAFÈ - FABBRICHIAMO CULTURA

47

Page 48: Report World Café Fabbrichiamo Cultura