REPORT SECONDO TRIMESTRE E PRIMO SEMESTRE III … · individuale e collettiva, Primo Soccorso,...

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1 “CAMMINI DI SALUTE” REPORT SECONDO TRIMESTRE E PRIMO SEMESTRE III ANNO (Febbraio 2015-Luglio 2015) CAMMINI DI SALUTE Associazione di Promozione Sociale Sede: Via Lemie 29c, Torino Mail: [email protected] CF: 97775770015 Convinti che nei percorsi difficili da soli non si vada lontano, auspichiamo che con questa Relazione e nel prosieguo delle attività, si possano trovare anche sostegni intellettuali e contributi d’esperienza che ci aiutino nel percorso, in un’epoca attraversata da mille ragioni di conflitto e resa tanto complicata per la scarsità e l’esauribilità di risorse, là dove, invece, le risorse umane, e la conoscenza come motore della vita, possono essere una fonte autenticamente inesauribile, rinnovabile, incrementabile di opportunità sia per ciascuna persona che a vantaggio del bene comune. Moyens de santé Perspectives des soins pour Migrants vulnérables de nationalité Extraeuropéenne Cammini di salute Prospettive di Cura per Migranti Vulnerabili di nazionalità Extraeuropea Ways of Health Perspectives of Care for Vulnerable Migrants of non-European Nationality

Transcript of REPORT SECONDO TRIMESTRE E PRIMO SEMESTRE III … · individuale e collettiva, Primo Soccorso,...

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“CAMMINI DI SALUTE”

REPORT

SECONDO TRIMESTRE E

PRIMO SEMESTRE III ANNO

(Febbraio 2015-Luglio 2015)

CAMMINI DI SALUTE

Associazione di Promozione Sociale

Sede: Via Lemie 29c, Torino

Mail: [email protected]

CF: 97775770015

Convinti che nei percorsi difficili da soli non si vada lontano, auspichiamo che con questa Relazione e nel prosieguo delle attività, si possano trovare anche sostegni intellettuali e contributi d’esperienza che ci aiutino nel percorso, in un’epoca

attraversata da mille ragioni di conflitto e resa tanto complicata per la scarsità e l’esauribilità di risorse, là dove, invece, le risorse umane, e la conoscenza come motore della vita, possono essere una fonte autenticamente inesauribile,

rinnovabile, incrementabile di opportunità sia per ciascuna persona che a vantaggio del bene comune.

Moyens de santé

Perspectives des soins pour Migrants

vulnérables de nationalité Extraeuropéenne

Cammini di salute

Prospettive di Cura per Migranti

Vulnerabili di nazionalità Extraeuropea

Ways of Health

Perspectives of Care for Vulnerable

Migrants of non-European Nationality

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INDICE

INTRODUZIONE pag. 3 SCHEDA INFORMATIVA pag. 4-6 TRIMESTRALE 2015, quadro generale pag. 7

TABELLE pag. 8-13

Il PROGETTO PEACE FOR TURIN (P4TU) pag. 14 GLOSSARIO pag. 15-18 MAPPE LINGUISTICHE pag. 19-22 IL MODELLO DI CURA PSICOLOGICA pag. 23-24 APPROFONDIMENTO:

LIBIA, UNA, CENTOMILA, O NESSUNA, FORSE pag. 25-29

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INTRODUZIONE Con il terzo anno di “Cammini” il Report trimestrale si è arricchito di un’appendice utile a chi svolge attività rivolta ai Rifugiati, intesi nelle generalità della loro definizione. In particolare sottolineiamo il GLOSSARIO e la parte riguardo alla componente LINGUISTICA. Le persone seguite in continuità medica di cura sono, ad ora, 429 provenienti da 34 nazioni diverse, con oltre 40 diversi idiomi, che crediamo rappresentino un bel numero, considerato che si tratta non di “Migranti” o “Stranieri” in genere, ma dei soli Richiedenti Asilo e Protezione Internazionale. Facciamo notare la “continuità di cura”, dimostrata, ad esempio, dai dati trimestrali, in cui sono giunti all’attenzione sanitaria i titolari delle “cartelle” 19, 20, 22, 29, 31, 37, 41, 45, 46, 56, 70, 72, 77, 80, 82, 86, 92, incontrati all’inizio della nostra esperienza, tra il febbraio e il luglio del 2013. Confrontando i dati “medi” dei primi semestri 2013-2014 con quelli del 2015, si rileva come l’incremento in percentuale delle visite (accessi) nel 2015 è stato del +21.9% (497 accessi contro una media di 407,5), mentre le nuove accoglienze hanno visto un decremento del 35,9% (66 contro 103). Il primo dato evidenzia l’impegno organizzativo (il carico di lavoro) garantito nella già evidenziata continuità dell’assistenza. Nel primo semestre 2015 si è invece registrato un calo delle nuove accoglienze mensili (intorno alle 11 vs. le 15/mese medie dei primi due anni). La diminuzione dei nuovi accessi è in parte spiegabile dalla chiusura dell’ENA (avvenuta nel febbraio 2013), con una situazione di iniziale “emergenza”, a fronte dei nuovi arrivi 2014/15 maggiormente regolamentati, oltre che a una probabile miglior capacità di accoglienza del personale operante presso gli Enti gestori, in grado di filtrare le richieste meno appropriate da un punto di vista sanitario e di offrire un miglior servizio di mediazione e ricezione dei bisogni non medici. Quest’ultimo dato emerge dagli incontri continui col personale degli Enti medesimi da cui risulta un approccio più efficace alle esigenze dei Rifugiati, specie quando orientato a ridurre le valenze puramente assistenzialistiche a favore di quelle proattive e di rinforzo personale, ed un minore “allarmismo” rispetto a disturbi compatibili con situazioni stressanti e di adattamento,peraltro non clinicamente rilevanti. L’associazione ha ad oggi preso in carico, e ancora segue in un ambito di continuità di cura, 429 persone, con un totale di 2326 passaggi complessivi per la sola componente medica. La nostra opera è dedicata in esclusiva ai “Rifugiati” richiedenti Asilo nelle diverse forme possibili, comprendendo l’assistenza medica, psicologica, di accompagnamento all’uso del Servizio Sanitario Nazionale o “di rete”. Alcuni degli elementi che costituiscono la nostra forza sono dati in primis dall’estensione e la completezza dell’offerta, affiancando la competenza medica con quella psicologica, coadiuvata da mediatori e interpreti oltre che da tecnici di altri settori, in una dimensione di accoglienza totale integrata (l’unica cittadina) sempre in un’ottica di continuità di cura e come detto, là dove necessario, di collegialità di intervento. Nel secondo trimestre 2015 sono stati effettuati 76 colloqui psicoterapeutici, 1 audizione in Commissione, 4 accompagnamenti presso la Psichiatria del Servizio Mentale Immigrati, e la presa in carico di 3 nuovi pazienti, per un totale, sul semestre, di 165 colloqui, e di 468 colloqui dal febbraio 2014, data di inizio dell’attività di supporto psicologico. Considerando la totalità degli accessi medico-clinici effettuati dal febbraio 2013 (2133 visite mediche), la quantità di accessi totali, medici e psicologici, è stata di di 2601 passaggi. Un secondo, fondamentale, elemento è dato dalla rendicontazione sociale delle attività, documentando puntualmente l’attività eseguita, il che rende a tutti visibile e misurabile il volume di esercizio. Un terzo elemento, in realtà il primo, è la consapevolezza di un approccio metodologico fondato su criteri di processo, audit, gestione della complessità, che ci permette di affrontare le criticità, rivedere gli elementi non funzionali, procedere verso il miglioramento. Il 2015 si caratterizza, infine, per una maggiore focalizzazione sugli aspetti organizzativi di management non clinico, con particolare attenzione alle esigenze di comunicazione, che porteranno a una revisione del logo, del sito e all’adozione di strumenti idonei a garantire una facile riconoscibilità degli operatori attivi “sul campo”.

E. Chiara Cammini di Salute

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CAMMINI DI SALUTE - SCHEDA INFORMATIVA Aggiornata al 31 luglio 2015

SCOPO, FINALITÀ, PRINCIPI;

STRUMENTI

Cammini di Salute è un'Associazione di Promozione Sociale fondata nel dicembre 2013 avente per fine la solidarietà sociale, umana, civile, culturale; per scopo: l’impegno civile finalizzato alla promozione complessiva della opportunità di sviluppo, crescita, salute, benessere, integrazione, coesione delle persone nella loro dimensione individuale e sociale; per strumenti la cura sanitaria e sociale, la formazione e l’educazione, la facilitazione all’inserimento sociale attivo, la creazioni di reti, relazioni, rapporti fondati su principi di cooperazione, reciprocità, gratuità.

AFFILIAZIONI, ADESIONI

iscritta all'ENDAS (Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale); presente sul Portale Integrazione Migranti (Ministero dell’Interno,

Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali);

iscritta al Registro Associazione del Comune di Torino, delibera n. 2015 00117/001, approvata il 20/01/2015, esecutiva dal 26/01/2;

Citata nella Guida ai servizi Sanitari per Immigrati, Ed. 2014, Regione Piemonte, Laboratorio dei Diritti Fondamentali pp. 21-23-101, settori “1.3 Assistenza Ambulatoriale di Medicina Generale”, “1.4 Assistenza Psichiatrica, Assistenza Psicologica, Terapia Familiare, Counselling”, “Servizi e Associazioni di Volontariato della Città di Torino”;

titolare del Progetto Peace For Turin (P4TU) con il contributo della Città di Torino, determinazione dirigenziale, N. Cronologico 368, approvata il 11 dicembre 2014, in esecuzione alla deliberazione g.c. mecc. n. 2014 6693/19 DEL 9/12/14.

NATURA ECONOMICA

L’Associazione non ha scopo di lucro e si finanzia esclusivamente con il Contributo dei Soci, le donazioni, la partecipazione a Progetti di interesse pubblico.

SOGGETTI COINVOLTI

L’attività dell’Associazione è rivolta sia ai propri Soci che ai non associati, indirizzando ad entrambe tutte le attività previste dallo Statuto, ma ai primi elettivamente quelle formative finalizzate all’adempimento dei compiti associativi, all’istruzione personale, all’accrescimento delle competenze facilitanti l’inserimento occupazionale.

RAPPORTI COL

PERSONALE

L’Associazione non ha personale dipendente ma si avvale esclusivamente dell’attività volontaria dei soci, fatta eccezione per le eventuali competenze spettanti per il compimento di attività progettuali per cui fossero previsti, sulla base del contratto progettuale, contributi “ad personam”per le attività svolte sempre ai fini progettuali.

STATUS DEI

BENEFICIARI

Sono beneficiari delle attività associative i Rifugiati richiedenti Asilo e tutelati dalle Norme di Protezione Internazionale o, in subordine, i soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità e fragilità; le Istituzioni Pubbliche; i soci (come proprio della associazioni di Promozione Sociale). L’Associazione è aperta anche a soggetti in attesa del riconoscimento di status o riconosciuti, con presenza nel direttivo e godimento di poteri decisionali, con gratuità associativa sino all’esercizio di una attività lavorativa, purché aderenti alle finalità ed agli scopi associativi.

AREE DI

INTERVENTO

Sono campi di azione “chiave”: l’Accoglienza, la Mediazione, l’Ascolto, l’Orientamento, la Cura, la Facilitazione, il Rinforzo, la Progettazione, l’Organizzazione, la Gestione, il Monitoraggio, la Valutazione, il Riorientamento, il Miglioramento.

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SETTORI DI INTERVENTO

Sono settori di azione: la presa in carico sanitaria e sociale, la formazione, l’educazione, l’out-reach (contatto attivo extramoenia), l’igiene e la sanità pubblica, l’inserimento nei circuiti istituzionali di mediazione orientata alla cura (Aziende Sanitarie, Municipalità), il peace-building e peace-keeping urbano nella aree o situazioni a rischio collettivo, la sicurezza individuale e collettiva, l’ICT. In particolare l’Associazione si propone come interlocutore intermedio (hub di rete) fra i soggetti istituzionali, che considera i beneficiari finali della propria attività (destinatari), il Terzo Settore (beneficiario intermedio), gli “utenti” diretti (beneficiari iniziali) portatori, in particolare, di una domanda sanitaria a forte valenza sociale e collettiva, ottimizzandone i percorsi di sostegno alla cura, di tutela dei diritti, di osservanza dei doveri.

SETTORI ESCLUSI

L’Associazione, di prevalenti interessi sanitari, non svolge funzioni di accoglienza abitativa, fornitura di beni materiali di conforto o necessità (fornitura pasti, capi di vestiario, tessere telefoniche, altri simili), fatti salvi quelli eventualmente necessari alle attività associative o a fronte di situazioni di emergenza sanitaria (specialmente farmaci o materiali per medicazione e cura).

COMPETENZE DEGLI

OPERATORI

Operano nell’associazione persone appartenenti ai settori: medico, infermieristico, psicologico, della mediazione, dell’interpretariato, informatico e formativo, comprendendo soggetti attivi, studenti dell’ultimo anno delle superiori o universitari, pensionati, migranti rifugiati con competenze accertate, supportati nell’ottenimento di borse lavoro talora in possibile condivisione con altri Enti.

ATTIVITÀ SVOLTE

1. L’associazione ha ad oggi preso in carico, e ancora segue in un ambito di continuità di cura, 429 persone, con un totale di 2326 passaggi complessivi per la sola componente medica, mentre al primo trimestre 2015 il totale dei passaggi per visite mediche e psicologiche era di 2525 (2133 accessi medici, 392 accessi psicologici);

2. produce un report trimestrale e uno annuale finale pubblicato on line; 3. organizza corsi base di educazione/formazione alla cittadinanza relativa

all’osservanza delle Leggi, Norme, Indicazioni, Azioni in materia di Salute individuale e collettiva, Primo Soccorso, Mediazione linguistico culturale e out-reach, corsi avanzati in igiene e sanità pubblica, alimentazione, out-reach e mediazione sanitaria, ricerca e inserimento al lavoro, Primo Soccorso;

4. possiede un proprio sito ed è presente sui social network; 5. sostiene e rinforza associazioni, cooperative, altre realtà del Terzo Settore

nell’accoglienza sanitaria, nell’assistenza primaria, nel counselling orientato al conseguimento del Diritto alla Cura;

6. svolge attività certificativa sanitaria e psicologica per le vittime di persecuzioni, torture o altre forme di violenza connesse a discriminazioni etniche, politiche, religiose, o al coinvolgimento in guerre o altre forme di conflitto a valenza locale;

7. ha effettuato interventi in incontri seminariali o altri momenti formativi (intervento formativo al Corso ECM 2014 “Salute Globale – Salute, Cura e Migrazione”, organizzato dal CCM. Ambito “Buone prassi: il ruolo del privato sociale nella salute dei migranti”, argomento “Persone, culture, sistemi: l’accoglienza sanitaria ai rifugiati in una prospettiva di cure primarie”; confronto pubblico “Stati Generali sull’Asilo, Una Storia dietro ogni numero”, 20 giugno 2014, organizzato da Movimento dei Migranti Rifugiati, Coalizione Internazionale Sans-Papiers Migranti (Italia), USB; partecipazione al Convegno “Guerre e Donne”, Centro Incontri Circoscrizione 1, Via Dego 6, Torino, 21 novembre 2014, Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne 2014, Relazione “La violenza sulle donne nei teatri di crisi”; intervento

6

formativo III Master in Scienze Criminologiche e Victim Support, 7 maggio 2015, “Terrorismo, conflitti asimmetrici, persecuzioni: vittime, carnefici e spettatori”-I.O.V.V. (International Observatory for Victims of Violence);

8. ha attivato una raccolta fondi per sostenere la spesa di un intervento neurochirurgico allo Shifa International Hospital di Islamabad a favore della nipote neonata di un paziente pakistano in condizioni di marcata vulnerabilità psicologica affetta da spina bifida con meningocele.

PROGETTI

Peace For TUrin, progetto di peace building/peace keeping urbano. Azioni finalizzate a favorire co-cittadinanza, sicurezza. ordine pubblico, coesione sociale, sicurezza, igiene e prevenzione, intercettazione e supporto nei confronti di situazioni di “vittimizzazione secondaria”. Ha ricevuto il contributo della Città di Torino per iniziative e progetti di assistenza e sostegno nell'ambito degli interventi a favore di cittadini stranieri nell'anno 2014 ad associazioni ed enti diversi (n. cronologico 368, approvata il 11 dicembre 2014). Progetto Formazione Soci Volontari. Cammini di Salute in considerazione della sua crescita progressiva e della variabilità e criticità delle situazioni a venire ha avviato percorsi formativi per i propri operatori.

CONTATTI [email protected]

WEB www.camminidisalute.org https://www.facebook.com/pages/CAMMINI-DI-SALUTE-Home-Page/156566734441747

SEDE Torino, Via Lemie 29c, 10149 CODICE FISCALE CF: 97775770015

LOGO

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TRIMESTRALE 2015 - QUADRO GENERALE

ACCESSI Mensili e incrementale Trimestrale

NUOVE ACCOGLIENZE Mensili e incrementale Trimestrale

ACCESSI e ACCOGLIENZE PROGRESSIVO TOTALI

ACCESSI e ACCOGLIENZE PROGRESSIVO PARZIALI

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TABELLE

Febbraio-Luglio 2015, Dati Medico Sanitari, integrati Sociali

I TRIM. II TRIM. III TRIM IV TRIM TOT. PERIODO

Passaggi 304 193 497

Media mese 101,3 64.3 82 Accoglienze 46 20 66 Media mese 15,3 6.6 11

Maschi 43 20 63 Femmine 3 0 3

Età Media (annua) 26 Minori 0 0

Domicilio 45 18 63

No domicilio 1 2 3 Non so 0 0 0

Codice F. 45 20 65 No CF 1 0 1

Non so 0 0 0

Es. Ticket 38 15 53 No Es. T. 7 5 12 Non so 1 0 1

Medico Fam. 43 18 61 Non MF. 3 2 5

Non so 0 0 0

Totale accoglienze dall’inizio attività (febbraio 2013) 429

ACCESSI MEDICO SANITARI ACCOGLIENZE MEDICO SANITARIE Media trimestrale 2013-14 Accessi totali

228,6 1829

Media trimestrale 2013-14 Accoglienze totali

45,3 363

Accessi febbraio 2015 103 Accoglienze febbraio 2015 14 Accessi marzo 2015 89 Accoglienze marzo 2015 16 Accessi aprile 2015 112 Accoglienze aprile 2015 16 TOTALE TRIMESTRE 304 TOTALE TRIMESTRE 46 Accessi maggio 2015 77 Accoglienze maggio 2015 5 Accessi giugno 2015 56 Accoglienze giugno 2015 10 Accessi luglio2015 60 Accoglienze luglio 2015 5 TOTALE TRIMESTRE 193 TOTALE TRIMESTRE 20 Accessi agosto 2015 Accoglienze agosto 2015 Accessi settembre 2015 Accoglienze settembre 2015 Accessi ottobre 2015 Accoglienze ottobre 2015 TOTALE TRIMESTRE TOTALE TRIMESTRE Accessi novembre 2015 Accoglienze novembre 2015 Accessi dicembre 2015 Accoglienze dicembre 2015 Accessi gennaio 2016 Accoglienze gennaio 2016 TOTALE TRIMESTRE TOTALE TRIMESTRE TOTALE ANNO 497 TOTALE ANNO 66 TOTALI DAL febbraio 2013 2326 429

STATUS permess. asilo 41

Dublino 3 umanit. 4

rich. asilo pol. 2 non so 9

prot. sussid. 2 STP 1

illimitato politico 1 protez. internaz. 1

rifugiato 1 diniego in ricorso 1

Relativo al momento del primo accesso

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ATTIVITÀ DEL SEMESTRE

Documenti SSN scaduti 19

Assistenza al rinnovo documenti SSN scaduti- esito positivo 17

Cessazione SSN per mancato rinnovo 10

Assistenza al reinserimento SSN- esito positivo 4

Esami necessari 111

Prescrizione terapie 231

Consegna farmaci 60

Prestazioni infermieristiche nr

Elettrocardiogrammi 1

Invio in ospedale 0

Invio visita specialistica 84

Certificazioni mediche per commissioni 15

Altri certificati 8

Psicologo in sede (passaggi complessivi) 165

Invio al volontariato sanitario 0

NAZIONI RAPPRESENTATE DALL’INIZIO 2013 (34) Pakistan 65 Gambia 11 Angola 1 Nigeria 52 Turchia 10 Azerbaijan 1 Mali 44 Guinea R. 9 Tunisia 1 Ghana 28 Camerun 8 Niger 1 Afghanistan 27 Togo 5 Ciad 1 Sudan 24 Marocco 4 Libia 1 Bangladesh 22 Etiopia 4 Rep. Centrafricana 1 Somalia 20 Sierra Leone 4 Palestina/Libano 1 Costa d’Avorio 19 Iran 3 Francia 1 Eritrea 18 Burkina F. 3 Italia 1 Senegal 14 Liberia 3 Congo D. 12 Guinea B. 1

Provenienze 2015

Mali 16 Iran 1

Senegal 10 Sudan 1

Pakistan 9 Sierra Leone 1

Ghana 5 Angola 1

Costa d’Av. 4 Non so 2

Nigeria 4

Guinea R/Con 3

Gambia 3

Somalia 2

Afghanistan 2

Camerun 2

(*) on demand

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Lingue - Idiomi

ns 13

bambarà 7

urdu 6

bambarà francese 4

pular francese 3

sarakole 2

somalo 2

wolof francese 2

twi inglese 2

mandinga wolof 2

pashtun 1

francese inglese 1

mandinga francese 1

pidgin english 1

twi 1

punjabi 1

pulaar 1

farsi 1

mandinga 1

sarakole bambarà 1

urdu pashtun 1

arabo 1

arabo inglese 1

arabo bambarà 1

pashtun inglese 1

ashanti hausa inglese 1

hausa inglese 1

benecity inglese 1

kikongo portoghese 1

djula bambarà 1

ewondo francese i inglese 1

wolof peul 1

soninké bambarà 1

BILEN o BOGOS (ETIOPIA). 2% della popolazione etiope. Territorio: intorno a Keren nella provincia del Senhit. Come lingua nativa è destinato ad essere sostituito dal tigré, dal tigrino e dall'arabo. DARI. Nome ufficiale in Afghanistan della lingua persiana (farsi). Conosciuto come persiano dell'Afghanistan o farsi orientale. È un'abbreviazione di Darbārī, ("corte reale"): un riferimento al linguaggio di corte dei Sasanidi. È lingua ufficiale in Afghanistan, assieme al pashtu. Questa varietà linguistica Afghana è differente dal dari degli Zoroastriani. FULA O FULAH. Macrolingua dell'Africa occidentale. Comprende il fulfulde e il pulaar. HAUSA. Lingua ciadica, gruppo delle lingue afro-asiatiche. Uno degli idiomi più parlati in Africa, soprattutto in Nigeria del Nord e Niger, ma anche in Benin, Burkina Faso, Camerun, Ciad, Congo, Eritrea, Ghana, Sudan, Togo. IGBO O IBO. Popolazione Igbo, Nigeria sudorientale (ex- Biafra). KIKONGO, o LINGUA KONGO. lingua bantu parlata dalle popolazioni Bakongo e Bandundu che vivono nelle foreste tropicali della Repubblica Democratica del Congo, della Repubblica del Congo e dell'Angola. YORUBA. Appartenente alla famiglia delle lingue niger-kordofaniane, è parlata principalmente in Nigeria sud-occidentale e in parti del Benin e del Togo. LINGALA. Parlata dai bangala o batu ya mangala popolazione bantu del nord-est della Repubblica Democratica del Congo. Oggi è una lingua commerciale parlata nella parte nord-occidentale della Repubblica Democratica del Congo (Congo-Kinshasa) ed in gran parte della Repubblica del Congo. oltre che in alcune province dell'Angola e della Repubblica Centrafricana. PASHTUN (anche PATHAN o AFGHANI). Lingua iranica. Gruppo etnico-linguistico che abita in prevalenza l'Afghanistan orientale e meridionale e il Pakistan occidentale, PULAAR. Valle del fiume Senegal, tradizionalmente noto come Futa Tooro, e più a sud e ad est. del Senegal. Presente anche in Gambia, Guinea-Bissau, Mali occidentale e Mauritania. PUNJABI o PANJABI. Lingua del popolo Punjabi e delle regioni del Punjab a cavallo fra India e Pakistan. SARAKOLLÉ (trascritto anche come Sarakolé o Sarakole), detti anche SONINKÉ (*). popolo considerato discendenti degli abitanti dell'antico impero del Ghana. Frontiera nordoccidentale del Mali, fra Nara e Nioro du Sahel, e nelle regioni adiacenti del Senegal e della Mauritania. (*) SONINKE O SONINKÉ. lingua mende parlata dal popolo dei Sarakole in Africa occidentale. URDU. Lingua indoeuropea del gruppo delle lingue indoiraniche (o indoarie). Lingua nazionale del Pakistan e lingua ufficiale dell'amministrazione nazionale indiana - insieme con lo hindi e l'inglese. WOLOF o UOLOF, WALAF, YALLOF. Parlata in Senegal dall'omonima popolazione. Il termine wolof deriva da Lof, regione di provenienza dell'etnia e sede del regno Jolof. Nomi alternativi del Wolof sono: woloff, ouolof, volof, waro-waro.

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QUADRI CLINICI

Grafico completo quadri clinici registrati nel periodo. I quadri “di norma” sono da ritenersi non mutati nel tempo rispetto al primo accesso.

Grafico primi 10 quadri clinici copresenti negli anni 2013-2015, primo semestre.

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ACCESSI - TIPOLOGIA DOMANDA 2015, I semestre

dolori osteoart. localizzati, parestesie 29 (9%)

malessere, parestesie diff.,prurito,dolori diffusi 26 (8%)

gastrite, MRGE,HP+ 26 (8%)

dermatite, dermatosi,discromie cut. non traum., psoriasi,micosi, infez. locali

26 (8%)

alte vie aeree 24 (8%)

colite, algia addome, dissenteria, vomito, stipsi 23 (7%)

odontoiatria 19 (6%)

s. influenzale 15 (5%)

osteo(mio)articolare 15 (5%)

oculistica 10 (3%)

cefalea/emicrania 9 (3%)

trauma lieve chirurgia ambulatoriale 9 (3%)

di norma 8 (3%)

PTSD,lesioni fisiche,ferite guerra (*) 7 (2%)

HBV in atto o pregressa 7 (2%)

urologia non chirurgica 7 (2%)

ORL non chir., disfonie, gh. salivari 6 (2%)

s. emorroidaria, proctite aspecifica 6 (2%)

(*) considerati i soli accessi medici, ed esclusi quelli psicologici, tutti in cura per PTSD.

Alcuni fra i primi quadri clinici negli accessi del I-II-III anno (in evidenza i quadri non ripetuti nel triennioi) 2013 I SEMESTRE 2014 I SEMESTRE 2015 I SEMESTRE

PTSD, lesioni fisiche, ferite guerra 33

(13%) dolori osteoart. localizzati, parestesie

37 (11%) dolori osteoart. localizzati, parestesie

29 (9%)

dermatite, dermatosi,discromie cut. non traum.,psoriasi,micosi,infez. Locali

19 (8%) alte vie aeree 32 (9%) malessere, parestesie diff.,prurito,dolori diffusi

26 (8%)

alte vie aeree 18 (7%) malessere, parestesie diff.,prurito,dolori diffusi

30 (9%) gastrite, MRGE,HP+ 26 (8%)

malassere, parestesie diff.,prurito,dolori diffusi

16 (6%) odontoiatria 27 (8%) dermatite, dermatosi,discromie cut. non traum., psoriasi,micosi, infez. locali

26 (8%)

dolori osteoart. localizzati, parestesie 15 (6%) dermatite, dermatosi, discromie cut. non traum., psoriasi,micosi,infez. locali

25 (7%) alte vie aeree 24 (8%)

gastrite, MRGE,HP+ 9(4%) cefalea/emicrania 24 (7%) colite, algia addome, dissenteria, vomito, stipsi

23 (7%)

osteo(mio)articolare 9(4%) osteo(mio)articolare 22 (6%) odontoiatria 19 (6%)

colite,algia addome 9(4%) oculistica 16 (5%) s. influenzale 15 (5%)

comportamentale 8 (3%) gastrite, MRGE,HP+ 12 (3%) osteo(mio)articolare 15 (5%)

cefalea/emicrania 8 (3%) colite,algia addome,dissenteria e vomito

12 (3%) oculistica 10 (3%)

oculistica 8 (3%) PTSD, lesioni fisiche, ferite guerra

11 (3%) cefalea/emicrania 9 (3%)

chirurgia generale 8 (3%) di norma 8 (2%) trauma lieve chirurgia ambulatoriale

9 (3%)

odontoiatria 7 (3%) dipendenza abuso di sostanze intossicazioni dubbie

8 (2%) di norma 8 (3%)

allergia 6 (2%) traumi gravi o multipli non PTSD o guerra

8 (2%) PTSD,lesioni fisiche,ferite guerra 7 (2%)

urologia non chirurgica 5 (2%) depressione 8 (2%) HBV in atto o pregressa 7 (2%)

depressione 5 (2%) chirurg. ortopedica 6 (2%) urologia non chirurgica 7 (2%)

allergia 4 (1%)

traumi gravi o multipli non PTSD o guerra (*) 4 (1%)

depressione 4 (1%)

insonnia 4 (1%)

comportamentale 4 (1%)

vertigini 3 (1%)

ansia 3 (1%)

chirurgia generale 3 (1%)

disturbi della sfera sessuale 2 (1%)

polmonare non TBC, basse vie aeree, asma 2 (1%)

endo parassitosi (blastocystis h., entamoeba c., giardia) 2 (1%)

ipertensione 1 (>0-1<%)

ferite, piccoli traumi occasionali 1 (>0-1<%)

gravidanza 1 (>0-1<%)

TBC attiva postricovero 1 (>0-1<%)

virali comuni (varicella, rosolia…) 1 (>0-1<%)

TBC rischio o pregresso, ossea, polmonare 1 (>0-1<%)

maltrattamento con lesioni 1 (>0-1<%)

diabete2 1 (>0-1<%)

chirurgia ortopedica 1 (>0-1<%)

dipendenza, abuso di sostanze, intossicazioni dubbie 1 (>0-1<%)

ginecologico non chirurgico 1 (>0-1<%)

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CONFRONTO Media I/II ANNO – I SEMESTRE III ANNO

NUOVE ACCOGLIENZE

ACCESSI

Confrontando i dati del primo semestre 2013-2014 con quelli del 2015, si rileva come l’incremento in percentuale delle visite (accessi) nel 2015 è stato del +21.9% (497 accessi contro una media di 407,5), mentre le nuove accoglienze hanno visto un decremento del 35,9% (66 contro 103). Il primo dato evidenzia l’impegno organizzativo (il carico di lavoro) garantito nella continuità dell’assistenza. Ne è riprova che nel primo semestre hanno richiesto una visita i titolari delle cartelle cliniche 19, 20, 22, 29, 31, 37, 41, 45, 46, 56, 70, 72, 77, 80, 82, 86, 92, incontrati all’inizio della nostra esperienza, tra il febbraio e il luglio del 2013. Nel primo semestre 2015 si è invece registrato un calo delle nuove accoglienze mensili (intorno alle 11 vs. le 15/mese medie dei primi due anni). La diminuzione dei nuovi accessi è in parte spiegabile dalla chiusura dell’ENA (avvenuta nel febbraio 2013), a fronte dei nuovi arrivi 2014/15 maggiormente regolamentati, oltre che a una probabile miglior capacità di accoglienza del personale operante presso gli Enti gestori,in grado di filtrare le richieste meno appropriate da un punto di vista sanitario e di offrire un miglior servizio di mediazione e ricezione dei bisogni non medici. Quest’ultimo dato emerge dagli incontri continui col personale degli Enti medesimi da cui emerge un approccio più efficace alle esigenze dei Rifugiati, specie quando orientato a ridurre le valenze puramente assistenzialistiche a favore di quelle proattive e di rinforzo personale, ed un minore “allarmismo” rispetto a disturbi compatibili con situazioni stressanti e di adattamento,peraltro non clinicamente rilevanti.

GLI ACCESSI … MEDIA TRIMESTRALE PRIMO-SECONDO ANNO: 407,5

accessi totali ACCESSI II TRIMESTRE SECONDO ANNO: 497

Incremento 21,9%

Progressivo Totali

LE NUOVE ACCOGLIENZE … MEDIA TRIMESTRALE PRIMO-SECONDO ANNO: 103 nuove

accoglienze totali NUOVE ACCOGLIENZE I TRIMESTRE SECONDO ANNO: 66

Decremento 35,9%

Per mese

Progressivo Totali

Per mese

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Il PROGETTO PEACE FOR TURIN (P4TU)

Con il contributo della Città di Torino, determinazione dirigenziale, N. Cronologico 368, approvata il 11 dicembre 2014, in esecuzione alla deliberazione g.c. mecc. n. 2014 6693/19 DEL 9/12/14, parzialmente finanziati con fondi ministeriali.

Il Progetto PFT è un progetto di ambito cittadino, sovrazonale, della durata di mesi 6, che ha la sicurezza al centro della vision progettuale. Sicurezza come concetto positivo, rassicurazione, precondizione di opportunità, coesione sociale, godimento dei diritti, adempimento dei doveri. Ma anche come prevenzione, intercettazione, contenimento delle cause poste alla base della marginalità, dell'isolamento, del reclutamento alla criminalità o alla dissidenza illecita. Gli strumenti strategici fondamentali sono quelli propri del peacebuilding e del peacekeeping che prevedano azioni settoriali, coordinate, complesse di costruzione di pace, fondate sulla intermediazione degli interessi, ma per prima cosa sulla facilitazione, attraverso la fornitura di assistenza tecnica, di strumenti utili alla “riconquista”, da parte delle istituzioni, dei territori perduti, abbandonati, dimenticati. Vale a dire, la ricostruzione di percorsi di legittimazione autentica, in cui la “presenza” è il primo gradino, e l’offerta di percorsi di aiuto concreto, il secondo. FINALITÀ. Favorire l’autodeterminazione e l’autogestione nell’esercizio attivo del propri diritti e doveri relativi all’accoglienza. Rafforzare lo stato di diritto, migliorare il rispetto dei diritti umani, promuovere la risoluzione dei conflitti e le tecniche di riconciliazione. SCOPI. FAVORIRE LA CO-CITTADINANZA Un'azione globale di prevenzione e peacebuilding deve porre l'attenzione non tanto sugli attori portatori dell'offerta, ma soprattutto sui destinatari dell'azione, i beneficiari, che devono essere considerati i veri protagonisti del Progetto. Attivi, non passivi. SICUREZZA. ORDINE PUBBLICO, COESIONE SOCIALE Un secondo obiettivo è quello della sicurezza inerente le relazioni. Sia interne ai soggetti target, fra loro differenti per provenienze, culture, ideologie, religioni, abitudini, sia esterne, con il sistema complessivo delle relazioni esistenti nel contesto sociale in cui vivono, partendo dalla Città, di cui la Circoscrizione, i servizi sociali, sanitari e il servizio di polizia municipale di zona costituiscono un diretto terreno di condivisione. SICUREZZA. IGIENE E PREVENZIONE Un terzo obiettivo è la sicurezza inerente gli ambienti e gli stili di vita. PREVENIRE LA VITTIMIZZAZIONE. IL VICTIM SUPPORT Almeno il 30% dei Rifugiati è stato sottoposto nei Paesi di origine, o in transito, a torture o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e come altri siano stati vittime di guerre o condizioni di vita ai limiti della sopravvivenza: l’assenza di un sistema pubblico efficiente, o l’inadeguatezza delle risposte, così come la sottovalutazione degli aspetti vittimologici originari, può causare fenomeni di “vittimizzazione secondaria” con conseguente maggior compromissione della capacità psicologica ad accettare nuove abitudini, ad acquisire fiducia in un nuovo sistema, a costruire condizioni di vita “relazionalmente positive”. OBIETTIVI (•) Formare e rendere operativi in un’esperienza attiva, operatori informali “di strada”, scelti fra Rifugiati formati dal Progetto. Cammini di Salute propone di formare un gruppo non superiore ai 20 soggetti (ideale 15, minimo 10) , di diverso genere e di diversa provenienza geografica, in parte scelti dall’Associazione, in parte proposti i da Terzi e approvati in seguito a un colloquio preliminare. (•) Creare le premesse, e successivamente dare attuazione, a un Patto di Cittadinanza, costruendo insieme una Carta del Valori e dei Principi comuni, e contestualmente individuando o creando gli strumenti disponibili per renderla concretamente agibile. Questa condivisa responsabilizzazione non può prescindere da momenti conoscitivi di Leggi, Norme, Diritti, Doveri. (•) Potenziare gli eventuali coordinamenti spontanei sorti fra Rifugiati e rapportarsi con le Organizzazioni che autenticamente li rappresentano, perché da loro stessi costituite. (•) Dar vita a programmi di "Sorveglianza sanitaria" attuati dagli organismi competenti (primo fra tutti, l'Ufficio di Igiene), creare una rete interna di sorveglianza relativamente all'igiene domestica, alla raccolta dei rifiuti, alla capacità di individuare focolai di rischio, anche solo potenziale, di infezioni o infestazioni. Progettare un punto di informazione attiva relativa ai rischi dell'abuso di sostanze o dei comportamenti sessualmente a rischio. (•) Intercettare, prevenire, circoscrivere i fenomeni di “vittimizzazione secondaria”, supportare le vittime. STRUMENTI Percorso formativo in aula, esperienza attiva, Carta del Valori e dei Principi comuni. PREREQUISITI: fondamentale: status di richiedente asilo o riconosciuto nelle varie forme in atto (umanitaria, rifugiato, etc…) fondamentale: motivazione fondamentale: discreta/buona padronanza della lingua italiana preferibile: scuola media frequentata, o in corso di frequenza, in Italia preferibile: scuola superiore frequentata nel Paese di origine

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GLOSSARIO

(dal XXIII Rapporto Immigrazione 2013, “tra Crisi e Diritti Umani, Caritas e Migrante et al.;I concetti: il rifugiato, la protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria, Avv. Simone Rossi, http://www.comune.torino.it/politichedigenere/bm~doc/protezione_internazionale_concetti.pdf), Glossario UNHCR.

ASILO Forma di protezione riconosciuta da uno Stato sul suo territorio, fondata sul principio del non-refolulement e sui diritti del Rifugiato riconosciuti a livello internazionale o nazionale. È riconosciuto ad una persona che non è in grado di chiedere la protezione dello Stato di cui ha la cittadinanza e/o in cui è residente , in particolare per timore di essere perseguitata per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni pubbliche. In Italia il Diritto d’Asilo non è normato da una legge organica, bensì previsto dalla Costituzione, Art. 10, comma 3 (“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.”). Per il Diritto di Asilo è necessario far riferimento alle disposizioni inerenti lo status di rifugiato. Non è così da intendersi come una concessione alla permanenza e protezione nel territorio dello Stato, quanto come diritto di accesso per ottenere l’ammissione alla procedura di riconoscimento dell’esclusivo status di rifugiato politico (così Cass. 25028/2005). Equivale all’ottenimento del permesso di soggiorno concesso per il tempo necessario all’esame della domanda.

CENTRO DI ACCOGLIENZA (CDA) Garantiscono prima accoglienza allo straniero rintracciato sul territorio nazionale per il tempo necessario alla sua identificazione e all’accertamento sulla regolarità della sua permanenza in Italia.

CENTRO DI ACCOGLIENZA PER RICHIEDENTI ASILO (CARA) Previsti per chi richiede la protezione internazionale, per l’identificazione e l’avvio delle procedure necessarie alla richiesta di qualche forma di protezione.

CENTRI DI PRIMO SOCCORSO E ACCOGLIENZA (CPSA) Accolgono i migranti al momento del loro arrivo in Italia. Vengono fornite le prime cure mediche necessarie, fotosegnalati, possono richiedere la protezione internazionale e poi, a seconda della loro condizione, vengono trasferiti nelle varie tipologie di centri.

CENTRI DI ACCOGLIENZA STRAORDINARI (CAS). Finanziati attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Teoricamente provvisori. Vedasi circolare del Ministero dell’Interno 20 Marzo 2014 con oggetto “Afflussi di cittadini stranieri a seguito di ulteriori sbarchi sulle coste italiane”.

CIE Già centri di permanenza temporanea (CPT). Accolgono chi non fa richiesta di protezione internazionale o non ne ha i requisiti. Istituiti in ottemperanza a quanto disposto all'articolo 12 della legge Turco-Napolitano (L. 40/1998). Scopo: trattenere gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera” nel caso in cui il provvedimento non sia immediatamente eseguibile. Evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentire la materiale esecuzione, da parte delle Forze dell’ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari. Funzione: consentire accertamenti sull’identità di persone trattenute in vista di una possibile espulsione, ovvero di trattenere persone in attesa di un’espulsione certa. I soggetti presenti nei CIE non sono considerati detenuti, e di norma vengono definiti ospiti della struttura. Di fatto sono assimilabili a strutture detentive. Queste strutture, per le quali è fissata per legge una durata massima di permanenza, vengono invece utilizzate anche come centri di accoglienza di lunga durata.

FONDO NAZIONALE PER LE POLITICHE E I SERVIZI DELL’ASILO (FNPSA), Fondo ordinario che prevede specifiche risorse iscritte nel bilancio di previsione del Ministero dell’Interno, donazioni di privati e enti e le assegnazioni annuali dei fondi europei

MIGRANTE (UNHCR) Termine generico. Chi lascia volontariamente il proprio Paese per stabilirsi temporaneamente o definitivamente in un altro. La decisione di migrare può avere ragioni diverse, in genere economiche (ricerca di lavoro, migliori condizioni di vita), o per necessità gravi (rischio di vita).

MIGRANTE IRREGOLARE Chi per qualsiasi ragione entra irregolarmente in un altro Paese. A volte impropriamente definito “clandestino” in quanto non provvisto di validi documenti di viaggio. Molti “clandestini”, in realtà in fuga da guerre e

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persecuzioni, vengono di fatto considerati “irregolari” e meritevoli del possibile riconoscimento del diritto di asilo.

PERMESSO DI SOGGIORNO STATUS DI RIFUGIATO. Permesso di soggiorno quinquennale rinnovabile, senza ulteriore verifica delle condizioni. La domanda per il riconoscimento dello 'status di rifugiato' può essere presentata presso la Polizia di frontiera o presso la Questura. Consente: • l’accesso allo studio; • lo svolgimento di un’attività lavorativa (subordinata o autonoma); • l’accesso al pubblico impiego; • l’iscrizione al servizio sanitario; • Il diritto alle prestazioni assistenziali dell’Inps. N.B. I titolari di permesso per asilo politico possono presentare richiesta del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo. Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato allo straniero titolare di protezione internazionale reca, nella rubrica «annotazioni», la dicitura «protezione internazionale riconosciuta dall’Italia il» e riporta, di seguito, la data in cui la protezione è stata riconosciuta. Il calcolo del periodo di soggiorno (5 anni) per il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è effettuato a partire dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale in base alla quale la protezione internazionale è stata riconosciuta. La domanda viene inviata alla Commissione territoriale competente in materia. La Commissione può: • riconoscere lo status di rifugiato; • riconoscere lo status di protezione sussidiaria; • rigettare la domanda attraverso un provvedimento motivato. È anche possibile che la Commissione, pur non accogliendo la domanda, ritenga che sussistano gravi motivi di carattere umanitario che impediscono allo straniero di rientrare nel suo Paese senza subire danni. In questo caso, la Commissione trasmette gli atti alla Questura territorialmente competente per l'eventuale rilascio di un permesso di soggiorno. Per il titolare di status di rifugiato sono previsti tempi dimezzati per la richiesta della cittadinanza italiana per naturalizzazione. Potrà quindi fare richiesta dopo soli 5 anni di residenza in Italia. PROTEZIONE SUSSIDIARIA. Permesso di soggiorno di durata triennale rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni che hanno consentito il riconoscimento della protezione sussidiaria. Permesso di soggiorno di durata triennale rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni che hanno consentito il riconoscimento della protezione sussidiaria; Viene riconosciuto dalla Commissione territoriale competente in seguito alla presentazione di domanda di protezione internazionale. Consente: • l’accesso allo studio; • lo svolgimento di un’attività lavorativa (subordinata o autonoma), incluso l’accesso al pubblico impiego al

pari di un cittadino dell’ UE, con le modalità e le limitazioni previste per i cittadini comunitari; • l’iscrizione agli albi professionali; • l’accesso al servizio sanitario; • Il diritto alle prestazioni assistenziali dell’Inps I titolari di permesso per protezione sussidiaria possono presentare richiesta del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo. Per i titolari di protezione sussidiaria il termine di cinque anni richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno UE inizierà a decorrere dal momento della presentazione della domanda di riconoscimento. Inoltre il permesso verrà rilasciato anche in assenza della certificazione relativa all’idoneità abitativa e non sarà necessario aver superato il test di conoscenza della lingua italiana. MOTIVI UMANITARI. Permesso di soggiorno di durata annuale rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni che hanno consentito il riconoscimento deI motivi umanitaria. Permesso di soggiorno di durata annuale rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni che hanno consentito il riconoscimento dei motivi umanitari. Nella prassi amministrativa la durata è variabile dai 6 mesi al maggior periodo occorrente per motivi di giustizia, di fatto in genere ai 2 anni. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari può essere rilasciato dal Questore a seguito di raccomandazione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in caso di diniego dello status di protezione internazionale o di revoca o cessazione dello stesso: • qualora ricorrano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o

internazionali dello Stato italiano”; • su richiesta del cittadino straniero, anche in assenza di una richiesta della Commissione, qualora ricorrano

gravi motivi di carattere umanitario, come ribadito dalla sentenza del TAR Lazio dell’8 ottobre 2008 n. 8831 “il Questore, prima di respingere la domanda di rilascio del permesso di soggiorno, è tenuto a svolgere la

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verifica sulla particolare situazione di fatto nella quale versa in richiedente, verificando l’insussistenza di elementi impeditivi all’espulsione o respingimento verso lo Stato di appartenenza”

• in caso di riconoscimento della protezione temporanea ai sensi dell’art. 20 del TU, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione Europea;

• allo straniero inespellibile ai sensi dell’art. 19 del Testo Unico; • altri casi, come per programmi di protezione sociale in favore delle vittime di sfruttamento ex art. 18. In

questi casi il permesso ha caratteristiche differenti.

PROFUGO Termine generico. Indica chi lascia il proprio paese per guerre, persecuzioni, catastrofi naturali.

PROTEZIONE INTERNAZIONALE Nel contesto dell’UE, comprende lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria, quale definito alle lettere d) e f) dell’art. 2 della Direttiva 2004/83/CE.

PROTEZIONE SUSSIDIARIA Protezione concessa al cittadino di un paese terzo o all’apolide che non possieda i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno e non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese. (Art. 2, lett. g), D. Lgs. 251/2007). Concessa a chi richiedendo lo status di rifugiato non possa dimostrare una persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra, ma si ritiene che rischi di subire un danno grave (condanna a morte, tortura, minaccia alla vita in caso di guerra interna o internazionale) nel caso di rientro nel proprio paese.

PROTEZIONE UMANITARIA Questa forma di protezione è stata oggi sostituita dalla Protezione Sussidiaria, con l’eccezione del R.U. Protezione umanitaria (permesso di soggiorno per motivi umanitari), riferimenti legislativi. Art. 5, comma 6, D.Lgs. 286/1998. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno non possono essere adottati se ricorrono “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”; Art. 32 D.Lgs. 25/2008: “Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per l'eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.”

REFOULEMENT (NON-) Principio fondamentale del diritto internazionale dei rifugiati, che vieta agli Stati di far tornare in qualsiasi modo i rifugiati nei paesi o nei territori in cui la loro vita o la loro libertà possano essere messe in pericolo. Il principio (…) è una norma di diritto internazionale consuetudinario ed è quindi vincolante per tutti gli Stati, indipendentemente che essi siano o meno parti contraenti della Convenzione di Ginevra del 1951.

PERSECUZIONE Atti di persecuzione: art. 7, comma 2, D.Lgs. 251/2007. Specifica, in via esemplificativa, la forma che possono assumere gli: a) Atti di violenza fisica o psichica b) Provvedimenti legislativi, amministrativi, giudiziari o di polizia, discriminatori per loro natura o attuati in modo discriminatorio c) Azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie d) Rifiuto di accesso a mezzi di tutela giuridica e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria e) Azioni giudiziarie o sanzioni in conseguenza del rifiuto a prestare servizio militare in un conflitto, quando questo potrebbe comportare la commissione di gravi crimini f) Atti specificamente diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia.

RICHIEDENTE ASILO Chi trovandosi al di fuori del proprio Paese inoltra in un altro Stato domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato. Sino a che la domanda è sotto valutazione da parte delle Autorità competenti si considera “richiedente asilo (asylum-seeker)”.

RIFUGIATO Chi è costretto a lasciare il proprio Paese per conflitti armati o persecuzioni. A differenza del migrante non ha scelta. Convenzione di Ginevra. Chi, a causa di un giustificato timore di essere perseguitato per la sua razza, religione, cittadinanza, opinioni politiche o appartenenza a determinato gruppo sociale, si trova fuori dallo Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio abituale in seguito a tali

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avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi. Nel contesto dell’UE, si riferisce in particolare al cittadino di un paese terzo o all’apolide che, ai sensi dell’articolo 1° della Convenzione di Ginevra, viene ammesso a risiedere in quanto tale nel territorio di uno Stato membro e per il quale l’articolo 12 (Esclusione), della Direttiva 2004/83/CE non si applica.

SFOLLATO In inglese: Internally Displaced Person (IDP). Chi abbandona la propria abitazione per le stesse ragioni di un rifugiato ma senza oltrepassare un confine internazionale. Resta all’interno del proprio Paese. Spesso per catastrofi naturali.

SPRAR rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata per i richiedenti asilo, rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. A livello territoriale gli enti locali, con il supporto del terzo settore, garantiscono interventi di “accoglienza integrata” che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico. I progetti territoriali dello SPRAR sono caratterizzati da un protagonismo attivo, condiviso da grandi città e da piccoli centri, da aree metropolitane e da cittadine di provincia. La realizzazione di progetti SPRAR di dimensioni medio-piccole ideati e attuati a livello locale, con la diretta partecipazione degli attori presenti sul territorio - contribuisce a costruire e a rafforzare una cultura dell'accoglienza presso le comunità cittadine e favorisce la continuità dei percorsi di inserimento socio-economico dei beneficiari. Lo Sprar è stato istituito nel 2002 in seguito a un accordo stipulato dal ministero dell’Interno, dall’ANCI e dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR), che hanno cercato di mettere ordine nei programmi di accoglienza in precedenza gestiti a livello locale. Il ministero dell’Interno emana periodicamente un bando per l’assegnazione dei posti, gli enti locali interessati – con le organizzazioni del terzo settore selezionate a livello locale – partecipano al bando e i progetti vengono approvati se “idonei”. Secondo i dati del ministero dell’Interno i posti finanziati per gli anni 2014-2016 sono 20.744: - strutture per l’accoglienza in contesti “straordinari”: i centri Ena per far fronte alla cosiddetta “emergenza nord-Africa” nel 2011,

TORTURA Qualunque atto che per mezzo di gravi dolori o sofferenze, o fisiche o mentali, sia intenzionalmente inflitto ad una persona per scopi quali ottenere da questa o da terzi informazioni o una confessione, punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o si sospetta che abbia commesso, o intimidire o costringere essa o una terza persona, per una ragione qualsiasi basata su una discriminazione di qualunque tipo, quando tale dolore o sofferenza è inflitta da o su istigazione di o con il consenso o il tacito consenso di un pubblico ufficiale o di altra persona che agisce nell’ambito delle sue funzioni ufficiali. Non indica il dolore o la sofferenza derivante solo da sanzioni legittime, insito in esse o ad esse conseguente (United Nations Convention Against Torture (UNCAT, Articolo 1).

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MAPPE LINGUISTICHE

Lingue parlate in Africa (in grassetto quelle di nostro più frequente riscontro)

Afro-asiatico afar • amárico • árabe • beja • berbere • hadia • hausa • oromo • saho • somali • tigré • tigrínia

Nilo-sahariana acholi • alur • ateso • dinka • fur • kanuri • langu • lendu • lugbara • luo • maasai • masalit • nuer • songai

Niger-Congo

abron • anyin • bambara • bangala • baoulé • bemba • cinianja • comorano • cuanhamo • dagbani • dan • day • diola • dioula • duala • edo • ewe • fang • fante • fon • fula • gogo • gusii • haya •igbo • kikamba • kikuyu • kirundi • kituba • kivunjo • kongo • lingala • lozi • luganda • luhya • lunda • lusoga • macua • mandinka • maninka • masaba • mende • mooré • ndebele • ndebele danorte • ndonga • oshiwambo • quicongo • quimbundo • quiniaruanda • rukiga • runyankole • serer • soto anord • soto sul • soninquê • suaíli • suázi • susu • temne • tiv • tonga • tshiluba •tsonga • tswana • tumbuka • twi • umbundo • venda • wolof • yao • xona • xosa • yoruba • zande • zulu

Khoi-San Hadza • nama • naro • kxoe • Sandawe • ! XoO

Austronesian Malgascio

Indoeuropeo Afrikaans • Tedesco • Spagnolo • Francese • Inglese • Portoghese

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Lingue Afro-Asiatiche

Lingue Nilo-Sahariane

Lingue Niger-Kordofaniane

Carta linguistica dell’Africa Occidentale Carta linguistica di Nigeria, Camerun, Benin

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NOTE (FONTE WIKIPEDIA) Lingue afro-asiatiche: in diverse parti del Nordafrica e dell'Africa Orientale. Lingue appartenenti correlate alle lingue semitiche parlate anche nell'Asia sudoccidentale. Complessivamente note come lingue afro-asiatiche. I principali

sottogruppi sono: le lingue semitiche (Nordafrica e Corno d'Africa), le lingue cuscitiche (Corno d'Africa), le lingue berbere (Nordafrica, Sahara e Sahel) e le lingue ciadiche (Africa Occidentale e Centrale). Le lingue più diffuse della famiglia sono l'arabo (semitica), l'amarico (semitica), l'oromo (cuscitica) e lo hausa (ciadica).

Lingue nilotico-sahariane: più di un centinaio di lingue non del tutto omogenee: la loro classificazione è tuttora controversa. Vi appartengono lingue parlate in Sudan, Etiopia, Uganda, Kenya, Tanzania settentrionale e anche alcune lingue dell'Africa Centrale e Occidentale. I principali sottogruppi sono le lingue komuz, le lingue sahariane, le lingue songhai, le lingue fur, le lingue maban, le lingue centro-sudanesi, le lingue kunama, le lingue berta, e le lingue sudanesi orientali che includono due importanti sottogruppi, le lingue nilotiche e le lingue nubiane. Fra le lingue di questa famiglia ci sono il luo, l'ateker e il masai.

Lingue niger-kordofaniane: il gruppo linguistico più numeroso dell'Africa (e probabilmente del mondo). I tre principali sottogruppi il cosiddetto gruppo Niger-Congo A, il gruppo Niger-Congo B (anche noto come gruppo delle lingue bantu), e le lingue kordofaniane. La classificazione di queste lingue è controversa, e in particolare non tutti i linguisti considerano corretto classificare separatamente le lingue kordofaniane e non (per esempio) le lingue mande. A questo gruppo appartengono tra l'altro le lingue mande, il wolof, il fula, il dogon, le lingue gbe, le lingue bantu (fra cui lo swahili e lo zulu), lo yoruba e l'igbo.

Lingue khoisan: circa 50 idiomi, parlati complessivamente da meno di 200.000 persone fra Namibia, Botswana e Angola. Si considerano appartenenti al gruppo anche due lingue presenti in Tanzania, il sandawe e lo hadza. Anche in questo caso la classificazione del gruppo è tuttora discussa.

Lingue austronesiane: lingue indigene del Madagascar hanno un'origine completamente diversa da quelle diffuse nel continente, a appartengono al ceppo delle lingue austronesiane. Non classificate: una classificazione definitiva delle lingue africane non è ancora stata realizzata, e numerose lingue rimangono difficili da ascrivere ai gruppi citati sopra. Fra le lingue ancora non chiaramente classificate si possono

citare l'ongota, lo shabo, il laal e il jalaa.

Lingue Nigeriane (particolare)

Popolazioni afro asiatiche Nigeria (in giallo distribuzione lingua hausa particolare)

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L’Urdu come lingua ufficiale (in arancione). In giallo l’hindi)

Pakistan

Le lingue iraniche

Afghanistan

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CAMMINI DI SALUTE- IL MODELLO DI CURA PSICOLOGICA

Michela Viscovich Psicologa, psicoterapeuta, sessuologa clinica

I pazienti in carico al servizio di supporto psicologico e psicoterapeutico, offerto da Cammini di Salute, rappresentano una popolazione molto eterogenea per provenienza, età, storia migratoria, condizioni sociali, culturali, economiche nonché di status attuale. Alcuni infatti hanno appena richiesto la protezione internazionale, altri l’hanno già ottenuta (sotto le forme di rifugio politico, protezione sussidiaria o protezione umanitaria), altri hanno ricevuto un diniego e alcuni stanno attendendo l’esito del ricorso. Tutto ciò incide, evidentemente, sulla loro possibilità di accesso al Servizio Sanitario Nazionale, nonché sulle loro opportunità di usufruire dei progetti di accoglienza e accompagnamento previsti dal Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati. Si tratta di una popolazione particolarmente a rischio per lo sviluppo di disturbi psicopatologici (soprattutto PTSD Disturbo da Stress Post-Traumatico, ansia, depressione e somatizzazioni1), non solo per la storia di vita, generalmente costellata da eventi traumatici multipli (gravi deprivazioni materiali; minacce di morte; perdita di persone affettivamente significative; torture; trattamenti inumani e degradanti; persecuzioni politiche, etniche, religiose e sessuali), ma anche per gli effetti di traumatizzazione secondaria legati alle difficoltà migratorie (ritardi nell’iter per il riconoscimento della protezione; difficoltà nel trovare lavoro; isolamento sociale e culturale; precarietà; difficoltà di adattamento; discriminazioni razziali; solitudine; ulteriori deprivazioni materiali). Proprio questa estrema eterogeneità richiede di predisporre sin dall’inizio della presa in carico un inquadramento culturale della diagnosi, che già di per sé rappresenta un atto terapeutico. Il percorso diagnostico richiede di prendere in considerazione cinque dimensioni principali in un’ottica di co-costruzione di senso e significato: 1. L’identità culturale del paziente, ovvero: - il gruppo culturale con cui si identifica, il senso di appartenenza verso la sua cultura d’origine, le informazioni sui genitori e sulla sua famiglia, l’aspetto religioso; - la posizione rispetto alle lingue: la lingua madre e l’italiano (come e quando vengono usate e in che contesti); - la relazione con la cultura d’origine: mantenimento dei legami affettivi con persone rimaste in patria e frequentazione di persone appartenenti al proprio gruppo etnico in Italia; 1. Proprio la presenza di frequenti somatizzazioni tra i richiedenti asilo rende assolutamente fondamentale l’interazione e la collaborazione continua tra specialisti della salute mentale e personale medico e infermieristico, elemento caratterizzante la nostra Associazione. - la relazione con la cultura italiana: attività di svago, comunitarie, relazioni sociali, amicali; esperienza del razzismo. 2. La spiegazione culturale della malattia, ovvero: - denominazione del problema; - significato dei disturbi e gravità percepita in rapporto alla cultura d’origine e alla cultura d’accoglienza; - modelli esplicativi della malattia; - percorso terapeutico: cosa ha tentato, che senso aveva e che senso ha la richiesta attuale. 3. I fattori culturali collegati all’ambiente psicosociale e al livello di funzionamento, ovvero: - fattori di stress (socio-politici, famigliari, relazionali, lavorativi, individuali); - fattori di protezione e di sostegno; - livello di funzionamento e di handicap a casa, al lavoro, nella famiglia nucleare ed estesa, con i pari rumeni, con i pari italiani e con i pari di altre culture. 4. Gli elementi culturali della relazione tra me, in quanto terapeuta, e il paziente, ovvero: - identità culturale mia: lingua parlata, mie esperienze migratorie, conoscenze mie sulla cultura del paziente; - storia delle relazioni tra i nostri rispettivi gruppi culturali; - esistenza di conflitti di valore tra me e il paziente; - possibilità di valutare insieme questi aspetti. 5. La valutazione culturale globale ai fini della diagnosi e del trattamento, ovvero: - la possibilità di riprendere ciascuna categoria e coglierne le implicazioni; - quale ruolo giocano i fattori socio-culturali nella problematica del paziente e nell’esistenza di possibili soluzioni; - quale ruolo ha la storia migratoria del paziente nella problematica portata e nell’esistenza di possibili soluzioni; - l’inquadramento culturale porta a modificare la valutazione della diagnosi, della gravità, del livello di funzionamento, del livello dei fattori di stress e di sostegno sociale, della prognosi, del trattamento da mettere in atto e dell’alleanza terapeutica. Il modello di trattamento che utilizziamo prevede, nella maggioranza dei casi, l’accompagnamento del paziente, attraverso un sostegno psicologico, durante la fase preaudizione (ci riferiamo all’udienza in Commissione Territoriale per la Protezione Internazionale), l’attesa dell’esito e la fase di ricorso in caso di diniego, riservando la psicoterapia vera propria, specificamente rivolta alla rielaborazione delle memorie traumatiche, al momento successivo la notifica dell’ottenimento della protezione internazionale. La scelta è dettata dalla consapevolezza che durante il trattamento con l’EMDR, in particolare, ma anche con altri metodi psicoterapeutici focalizzati sul trauma, l’immagine dell’evento può sbiadirsi, sfocarsi o sparire completamente e il paziente potrebbe non essere in grado di accedere ad un’immagine vivida dell’evento e potrebbe non riuscire più a raccontare l’episodio con l’intensità emozionale che gli è propria. E’ evidente che in un contesto peritale o giuridico, questo rischierebbe di

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compromettere gli esiti delle indagini, per tale ragione, in molti casi si è preferito, di concerto con i pazienti, attendere il termine dell’iter relativo all’accertamento della protezione internazionale prima di procedere con la psicoterapia. Il sostegno psicologico consiste in interventi di psicoeducazione sugli effetti dei traumi psichici, in particolare sull’igiene del sonno che spesso risulta gravemente compromesso; in caso di pazienti ai quali, come più volte è accaduto, è stata comunicata una diagnosi importante, viene offerto un counseling specifico (ad esempio counseling HIV o altre malattie sessualmente trasmissibili). Questa fase di supporto comprende anche la stabilizzazione dei sintomi attraverso la ricerca di una maggiore capacità di regolazione emozionale (fondamentale a questo proposito è la co-costruzione di tecniche di rilassamento e di grounding per il controllo della sintomatologia ansiosa e dissociativa) e, in particolare, di controllo dei sintomi dissociativi e somatici. Quando i pazienti arrivano al servizio prima dell’audizione in Commissione Territoriale è anche possibile supportarli nel padroneggiamento delle emozioni riattivate dalla rievocazione degli eventi traumatici subiti che, spesso, impediscono la costruzione di un racconto coerente, inficiando così l’esito dell’istanza di protezione internazionale. Una volta terminato l’iter per il riconoscimento dello status e, talvolta, anche prima se il livello di sofferenza del paziente non consente di posticipare il trattamento, si procede con la seconda fase della psicoterapia vera e propria. L’obiettivo nella fase iniziale deve essere quello di ottenere condizioni di sicurezza per i pazienti, sia all'interno della relazione terapeutica, sia all'esterno della terapia: - all’interno è fondamentale riuscire a costruire una buona alleanza terapeutica che consenta l'esplorazione condivisa delle memorie traumatiche; è fondamentale anche raggiungere una condizione di sicurezza psicofisiologica, eventualmente in sinergia con tecniche di rilassamento, la focalizzazione di un posto al sicuro dentro di sé, a cui poter accedere soprattutto nei momenti particolarmente stressanti; - all’esterno è necessario cercare di ottenere condizioni di vita meno precarie per stabilizzare i sintomi più invalidanti. E’ fondamentale individuare situazioni che possono esporre i pazienti al pericolo e, conseguentemente, co-costruire abilità utili a limitarne il potenziale autodistruttivo. Azioni apparentemente automatiche come, come ad esempio prestare attenzione ai semafori, possono diventare nei soggetti con disturbo da stress postraumatico molto difficili, se non impossibili, da controllare, a causa dello stato di allerta, continuamente attivato da altri stimoli, spesso interni ma non solo, e derivanti dalle proprie memorie traumatiche. Altrettanto fondamentale è, nella seconda fase della terapia, elaborare i ricordi relativi ai traumi subiti. In ultimo, la terza fase della terapia mira a integrare le funzioni mentali dissociate a causa dei traumi, allo scopo di giungere a una piena e autentica maturazione, cura ed espressione di sé, nonché alla riabilitazione e allo sviluppo delle capacità relazionali. In ogni fase della terapia è importante lavorare per la ricostruzione dell’autostima, della percezione di sé come essere degno e di valore; bisogna cercare di ristabilire l’integrità del paziente e favorire il passaggio dal ruolo di vittima a quello di sopravvissuto, favorendo una corretta elaborazione dei ricordi legati ai traumi e alle violenze. Se vi sono stati abusi sessuali è fondamentale lavorare sulle emozioni per evitare che il paziente identifichi la violenza con l’atto sessuale, provocando un conseguente blocco della sua vita affettiva e sessuale. Una modalità di lavoro che, con questa popolazione, abbiamo trovato particolarmente funzionale per l’elaborazione degli eventi traumatici è l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) un approccio terapeutico dalla validità universalmente riconosciuta e, dunque, utilizzato a prescindere dalla cultura di appartenenza del paziente e del terapeuta. E’ impiegato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico. Esso si è dimostrato utile non solo nel trattamento degli eventi traumatici, ma anche nell’identificazione e installazione delle risorse e consente di focalizzarsi non solo sul passato, ma anche sulle ricadute che gli eventi traumatici hanno sul presente e sul futuro, consentendo di identificare modalità di coping più adattive.

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APPROFONDIMENTO: LIBIA, UNA, CENTOMILA, O NESSUNA, FORSE.

Appendice al testo “TERRORISMO, CONFLITTI ASIMMETRICI, PERSECUZIONI: VITTIME, CARNEFICI E SPETTATORI” IIl Master in Scienze Criminologiche e Victim Support, 7 maggio 2015

I.O.V.V. (International Observatory for Victims of Violence) E. Chiara

Il territorio libico è ripartibile in tre macro aree, la Cirenaica, la Tripolitania e il Fezzan, e in 22 microaree

“distrettuali”, “municipali”, le “sha'biyat”. È diviso fra oltre 150 tribù, le qabila, di cui le più importanti sono quelle Warfala, Zintan, Rojahan, Orfella, Riaina, al Farjane, al Zuwayya, Tuareg. È controllato militarmente, al di là delle forme governative più o meno riconosciute, da circa 1.500 diversi gruppi armati.

Dopo la morte di Gheddafi, nel 2011, è iniziata una guerra fra bande, di fronte all’indifferenza generale. Nell’indifferenza si è assistito all’inefficacia dei due organismi sorti elettivamente nel post-regime, il Congresso Nazionale di Transizione (CNT) e il Congresso Generale Nazionale (GNC) che avrebbero dovuto favorire l’evoluzione democratica sulla base di un percorso costituzionale. Sciolto il GNC, nel 2013 islamisti e nazionalisti si sono divisi in due schieramenti, dando vita ad atti di reciproca ostilità, dall’operazione “Dignità (Karāma)” dell’esercito nazionalista, alla nascita della coalizione islamista, “Alba Libica (Fağr Lībiyā)”. Tobruk-Bengasi e Tripoli le loro roccaforti. Diversi i loro sostenitori: Egitto, Emirati (EAU), Arabia Saudita, ma anche, in modo più sfumato e ambiguo, ONU, UE, alcuni governi occidentali per il governo di Tobruk, Turchia e Qatar, e in modo più sfumato il Sudan, per Alba. Tutto questo dominato da interessi economici, commerciali, finanziari, ma anche di potere politico, considerato il conflitto esistente fra alcuni governi arabi, sostanzialmente anti-islamici, Egitto in testa, e i governi filo islamici, fortemente influenzati dai Fratelli Musulmani.

In questo caos si è presto e facilmente affacciato un terzo attore, lo jihaidismo ispirato all’integralismo alqaidista e del califfato, favorito anche dalle condizioni di crescente povertà delle popolazioni e dalla frammentazione dell’organizzazione dei governi locali, impegnati di più a combattersi che a creare servizi e garantire un minimo di benessere ai loro governati. È solo allora, quando si ha la dirompente comparsa dello jihadismo locale, a Derna, Bengasi, Sirte, Sabrata, Tripoli, che è scattato l’allarme internazionale, favorito anche dagli attentati o dagli atti di disumanità compiuti, come la decapitazione dei ventuno egiziani copti, per mano di entità locali peraltro mai numericamente rilevanti. Intorno a tutto questo una miriade di soggetti di valenza territoriale, posti su sfumature diverse dei tre schieramenti principali, identificabili nella suddivisione in tribù e nelle diverse opportunità offerte dai territori occupati, dalla presenza dei pozzi di petrolio alla possibilità di sviluppare attività criminali remunerative.

Le due grandi aree politiche che si contrappongo sul territorio libico sono comunque quella nazionalista e quella di matrice islamica, a loro volta ricche di differenziazioni interne.

Rispetto alla lettura islamica è bene anche qui distinguere da subito due grandi correnti, la prima quella degli “islamisti non jihadisti”, per cui l’islam costituisce un modello politico che in Libia si riconosce nell’“operazione Alba” (Fajr Lybia o “Libya Dawn”), la seconda deli “islamisti jihadisti” la cui visione estremistica si fonda sull’interpretazione dell’Islam come “jihad” (letteralmente “sforzo sulla via di Dio”) e dell’utilizzo della violenza contro gli infedeli o gli “apostati” che si oppongono alla rigida applicazione della sharia.

Il campo islamista è sorto nel luglio 2014 con l’operazione Alba (Fajr Libia) attuata in risposta all’operazione “nazionalista” e antiislamica Dignità del generale Haftar e sostenuta da Egitto e Emirati Arabi Uniti. Nell’agosto 2014 le milizie di Misurata favorevoli ad Alba libica conquistano il controllo dell’aeroporto internazionale di Tripoli, sottraendolo alle milizie di Zintan alleate di Haftar. Successivamente, nel settembre, sempre le milizie di Misurata-Tripoli impongono il governo “di salvezza nazionale” guidato da Omar al Hassi. Ancora a settembre la Corte suprema di Tripoli definisce “illegittimo” il parlamento di Tobruk, eletto nel giugno 2014 e, per conseguenza, gli islamisti riattivano il GNC (Congresso Nazionale Generale o parlamento di Tripoli), istituito nel luglio 2012, con sede a Tripoli, e si riconoscono nel governo di “salvezza nazionale” presieduto da Omar al Hassi, esponente della Fratellanza musulmana. Al Hassi è stato proposto alla guida dell’esecutivo di Tripoli dalle milizie islamiche di Alba Libica. Le idee forti sono l’islamismo, gli ideali della rivoluzione, in nome dei quali rifiutare ogni compromesso col passato regime (a differenza dei “nazionalisti”) e l’aspirazione democratica (quest’ultima non presente nella componente salafita-jihadista). Le elezioni del 2012 furono vinte dall’Alleanza delle forze nazionali (NFA, Tahalouf al-quwa al-wataniyya) di Mahmud Jibrīl, della tribù dei warfalla, già presidente dell’Ufficio per lo Sviluppo Economico Nazionale sotto Gheddafi sino all’inizio del 2011, poi nominato nel 23 marzo 2011 primo ministro ad interim del governo transitorio dal Congresso Nazionale di

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Transizione (CNT). Per il NFA le elezioni furono un’importante occasione andata persa, con i suoi 39 seggi conquistati contro i 17 del PGC e, non avendo raggiunto l’obiettivo risultato di una transizione democratica, finì con il cedere il passo al resuscitato Partito Della Giustizia e Della Ricostruzione (PGC o JCP), controllato dai Fratelli musulmani. La Fratellanza Musulmana è il gruppo più rappresentativo del fronte non jihadista. Le sue origini risalgono dall’incontro fra docenti del movimento Ihwān (o Ikhwan, Akhwan, in arabo, Fratelli, le cui origini si collocano all’inizio del Novecento ma la cui nascita come Confraternita, Al Ikhwan Al Muslimun, avviene nel 1928 grazie a un insegnante di Ismailiya, Hassan El Banna), e i cui rappresentanti furono varie volte perseguitati dal regime egiziano di Nasser che, pure, ne aveva favorito la nascita in chiave antibritannica. A metà degli anni Cinquanta un gruppo di insegnanti si rifugiò in Libia, incontrando componenti studentesche universitarie locali per essere poi perseguitati dal filonasseriano Gheddafi dopo la rivoluzione del 1969. A seguito di un malriuscito tentativo di ritorno in Libia e di un tentativo di opposizione al regime nel 1987, furono oggetto di altre persecuzioni, incarceramenti, esecuzioni da parte del governo libico. La Fratellanza emerse come uno dei soggetti protagonisti della rivoluzione del 2011 e nel 2012 diede vita a una coalizione islamica moderata, il Partito Giustizia e Ricostruzione (PGC, Hizb Al-Adala Wal-Bina), ritenuto però da molti fortemente ispirato dai Fratelli anche per via del suo leader, Mohammad Sowan, religioso di Misurata, ex prigioniero politico sotto Gheddafi, capo del consiglio della šurā dei Fratelli. La Fratellanza si è così trovata ad essere il bersaglio sia delle forze “anti islamistiche” della coalizione Dignità, sia di quelle islamistiche jihaidiste, che hanno sconfessato e bruciato le opere dei fondatori “storici” dell’Alleanza, Hasan al-Banna e Sayyid Qutb. Un secondo partito di ispirazione islamista è il Movimento Islamico Libico per il Cambiamento (AI-Haraka al-islamiyya) sorto dai resti del Gruppo Combattente Islamico Libico (GICL, LIFG), composto da reduci jihadisti perseguitati dal regime di Gheddafi ed i cui leader, fuggiti in alcuni paesi occidentali, fra cui Stati Uniti e Gran Bretagna, vennero rimpatriati e incarcerati nelle prigioni di Abū Salīm. Qui maturò una nuova visione contraria alla violenza come mezzo di affermazione politica. Dopo la rivoluzione del 2011 alcuni dei suoi leader hanno occupato ruoli governativi di rilievo, dalla difesa interna ed esterna alla mediazione con l’ONU, finalizzata alla risoluzione del conflitto libico.

I gruppi armati militanti nel fronte islamico non jihadista sono le brigate di Misurata (o Unione dei rivoluzionari di Misurata), guidate da Ali Mousa, probabilmente composte da oltre 200 milizie, con un numero complessivo di effettivi che varia dai 36mila ai 40mila uomini, e dotate di ingenti risorse militari, sottratte nel postrivoluzione agli arsenali di Tripoli e di Sirte. Ad esse è affiliata la Libyan Shield (o Scudo libico), una milizia istituita nel 2012 per garantire il controllo e la sicurezza, i cui effettivi sono stimati fra i 6mila e i 12mila uomini, suddivisi in quattro brigate insediate a Misurata la principale, o Libya Central Shield, guidata da Muhammed Musa, e a Bengasi, Khoms e Tripoli. A Bengasi opera il Libya Shield One, islamista non salafita, guidato da Wisam Bin Hamid, presenta forti componenti tribali e conta non più di 1.000 uomini. In ultimo la Libya Revolutionaries Operations Room (LROR), milizia sostenitrice della Fratellanza Musulmana, guidata da Adel al-Tarhouni e composta da alcune centinaia di membri dotati di armi pesanti e molto ben addestrati. Sempre nel campo islamista non salafita vanno considerati (con stanziamento nel territorio di Bengasi) la Brigata martiri 17 febbraio capeggiata da Fawzi Bukatef, presente anche a Sirte. Sostiene un’ideale rivoluzionario radicale e la totale epurazione di ogni legame con il pregresso regime gheddafiano e la Brigata Rafallah al-Sahati guidata da Ismail al-Sallabi e Salahadeen Bin Omran, conta circa 1.000 combattenti ed è attiva anche a Kufra.

Nel campo dell’islamismo oltranzista si riconoscono, invece, gruppi di ispirazione salafita (facente riferimento al fondamentalismo islamico sunnita, che rifiuta la democrazia, la rappresentanza politica e l’occidente, e propugna un’applicazione letterale della legge islamica, la Sharia) favorevoli all’azione violenta ed armata, con localizzazione prevalente in Cirenaica, tra Derna e Bengasi. Questa presenza non è storia nuova, iniziando negli anni Ottanta in una dimensione ideologica alqaidista, ma fortemente radicata e finalizzata alle istanze locali e solo successivamente “internazionalizzatasi” (Ğama‘a al-Islāmiyya al-Muqātila bi-Lībiyā, o LIFG, Libyan Islamic Fighting Group, Gruppo dei combattenti islamici libici, fondata dai mujaheddin libici veterani della guerra tra Unione Sovietica e Afghanistan ne è l’esempio più eclatante). Peraltro i salafiti militano anche nel fronte nazionalista, perseguendo, a differenza del salafismo globale, obiettivi esclusivamente locali.

Gruppi con sede a Bengasi. A Bengasi i gruppi islamisti sono concentrati nel Shura Council of Benghazi Revolutionaries (Consiglio dei rivoluzionari di Bengasi), in cui non sono presenti i soli salafiti, ma anche gruppi islamisti moderati come il Libya Shield One, la Brigata Rafallah al Sahati e la Brigata martiri del 17 febbraio, gruppi islamisti moderati alleatisi ai salafiti per resistere agli attacchi dell’operazione Dignità. La compenente salafita è rappresentata da Ansar al-Sharia Bengasi, salafita, affiliata ad Al Qaeda nel Maghreb Ismico (AQMI): già comandata da Mohamed al-Zahawi, dopo la sua uccisione non ha una leadership nota. Organizza campi di addestramento per jihadisti e smista combattenti stranieri che si dirigono in Siria, Iraq e Afghanistan. È stata coinvolta nell’attacco al consolato statunitense a Bengasi del luglio 2012, nel quale morì il console americano Chris Stevens.

Gruppi con sede a Derna. A Derna operano (1) Ansar al-Sharia Derna affiliata ad AQIM, a differenza dell’omologo di Bengasi, è un gruppo salafita-“jihadista” in virtù dei suoi legami “globali”, sia con Bengasi, sia con basi nelle città costiere della Libia orientale e nel Djebel Akhdar, nel distretto di Derna, sia per il collegamento col terrorismo internazionale, da Alqaida all’Isansar al-Sharia Tunisia. Il comando è affidato a Abū Sufian bin Qumu, già detenuto a Guantanamo. Sono molto attivi nell’organizzare campi di addestramento per i combattenti provenienti da paesi stranieri, i foreign fighters; (2) il Consiglio della Shura della gioventù islamica (Shura Council of Islamic Youth, Majlis Shura Shabab al-Islam), formatosi nell’aprile 2014 è affiliato allo Stato islamico dall’ottobre, è composto da combattenti di Derna e di altri provenienti dal resto della Libia o da stranieri, tunisini, algerini, altri ancora e opera con i mezzi brutali

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ormai classici dell’IS. Al Consiglio ha aderito Ansar al-Sharia Derna, divenendone di fatto, un elemento costitutivo; (3) la Brigata martiri di Abu Salim. comandata da Shâykh Salim Derby; (4) la Brigata al Battār, presente dall’aprile 2014 che conta circa 300 veterani già protagonisti delle battaglie a Dayr az Zor, in Siria, nella conquista di Mosul. Comandata, per diretto affidamento da parte di Al Baghdadi, da Abu Nabil al Anbari (già Wissam Zaid Abdul) ex generale di origini iraqene, con cui Al Baghdadi avrebbe condiviso la prigionia all’interno del carcere americano di Abu Ghraib. Le funzioni giuridico-amministrative sono state invece affidate a un “predicatore coranico” integralista, Mohammed Abdullah alias al-Barā al-Azdī, cui si deve la decapitazione in onore della sharia, dei 21 egiziani copti, a Abū Habīb al-Ğazrāwī, saudita, ed altri. Una parte di questi gruppi ha occupato in prossimità di Derna, una serie di alture non superiori ai 600 metri di altezza, l’Al Jabal al-Akhdar, o Gebel el-Achdar, le “Montagne Verdi”, già colonizzate dagli antichi Greci (Cirene), e più di recente da coloni italiani che impiantarono una rigogliosa agricoltura. In questa zona sorgono i campi di addestramento dei volontari islamisti dal nord africa, che hanno incrementato il numero dei miliziani di Derna a circa 3.000 soggetti.

Nel campo, infine della componente nazionalistica, militano le forze che propongono una transizione più morbida tra il nuovo e il vecchio regime, rifiutandosi di applicare il cosiddetto “isolamento politico”, che impedisce ai funzionari attivi durante l’era di Gheddafi di prestare servizio nelle nuove istituzioni. Lo schieramento è molto variegato dal punto di vista ideologico. Il Majlis (consiglio) di Tobruk è controllato dal partito dell’Alleanza delle forze nazionali (NFA). Con il consenso del Consiglio opera il Governo eletto dal Parlamento (il Majlis al-Nuwaab o Consiglio dei Deputati o House of Representatives) sorto dalle elezioni del 25 giugno 2014 e perciò riconosciuto internazionalmente, e presieduto da ‘Abdullāh al-Tinnī, (Abdullah al-Thani), primo ministro dal settembre 2014. Al-Tinnī ha frequentato e concluso con successo l’Accademia militare di Bengasi, la stessa frequentata da Gheddafi, e sotto il regime del colonnello è stato più volte imprigionato. Tra marzo e aprile 2014 è stato primo ministro ad interim dopo la caduta del governo di Ali Zeidan, di cui era ministro della difesa dall’agosto 2013.

Il parlamento e il governo di Tobruk sono le uniche istituzioni libiche riconosciute dalla comunità internazionale e ha come principali alleati a livello internazionale l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita ma il cui esponente di maggior spicco. In parziale disaccordo con al-Tinnī, è il generale Halīfa Haftar, membro della tribù Firjan, a sua volta nominato capo delle Forze Armate di Tobruk dal presidente del Parlamento, ‘Aqīla Sālih, e che, scatenando nel maggio 2014 l’operazione “Dignità, (Karama)” si è proposto di annientare ogni forza terroristica in un’operazione tutta militare (controterroristica), sostenuta anche da Egiziani, Sauditi e Emirati Arabi Uniti, i cui bersagli sono peraltro non solo gli sparuti gruppi simpatizzanti dell’Is, ma anche le truppe degli “avversari” di Alba libica, anch’essi localmente contrapposti alle bande terroristiche califfali.

L’esercito nazionalista di Haftar si rifà alla tradizione nasseriana del nazionalismo arabo. Incerto il numero complessivo dei combattenti agli ordini di Haftar, che può variare dai 35mila ai 70mila uomini, su cui solo in parte Haftar esercita un controllo diretto (circa 25.000 uomini, tra cui 6-7.000 miliziani) ed è composto da ridotte ma efficienti forze aeree e gruppi di civili di Bengasi (Sahwāt, “Risvegli”), cui vanno aggiunte, ma con margini di forte autonomia, le forze residuali dell’esercito di Gheddafi.

Il nucleo delle forze militari nazionaliste è costituito dall’Esercito nazionale libico, circa 6mila miliziani fedeli al generale Haftar; dalle forze armate regolari libiche, circa 20mila soldati, scarsamente equipaggiati ma in grado di fornire appoggio aereo alle operazioni militari di Haftar e una brigata di carri armati; le brigate speciali Sā‘iqa (lampo), truppe di élite comandate dal colonnello Wanis Abu Khamadah. Oltre a questi soldati, militano nel campo nazionalista gruppi di irregolari, come la brigata Al Qaqa (di base a Zintan), con circa 18mila combattenti molto ben equipaggiati, composta da ex soldati della 32esima brigata, che era posta alle dirette dipendenze di Gheddafi. Verso Ovest, in prossimità o addirittura nel territorio della Tripolitania islamica sono invece presenti la brigata Al Sawaiq (di base a Tripoli) con circa 2mila uomini con armi pesanti, compresi cannoni anti-aerei mobili; le milizie legate ai “suprematisti tribali”, rappresentanti delle tribù cirenaiche, di cui le principali sono le tribù warfalla e warshefana, in parte sotto il comando di Ezzedin Wakwak, in possesso del controllo dell’aeroporto di Benin, mentre le milizie Warfalla di Banī Walīd, sono strettamente collegate alle milizie Zintān, dal nome di una città a 150 chilometri a sud-ovest di Tripoli, fra le quali sono particolarmente importanti le 23 milizie di Al Zintan, guidate da Mukhtar Khalifah Shahub, che contano dai 7 ai 20.000 combattenti e che, dopo la sconfitta subita nella difesa dell’aeroporto di Tripoli, si sono schierate con il parlamento di Tobruk. Le milizie di Zintan sono probabilmente il secondo più forte gruppo armato del paese dopo il gruppo di Misurata.

Con i nazionalisti si battono per l’autonomia della Cirenaica altri diversi gruppi armati. Il più consistente è quello degli indipendentisti cirenaici, al comando di Ibrāhīm Ğadrān, capo delle “guardie petrolifere”, le Petroleum Facilities Guard, già note per aver bloccato, nell’estate nel 2013, i porti petroliferi della Cirenaica, impedendo di fatto l’esportazione del greggio, Sono stimate in circa 20mila uomini, ma solo 2mila sono ben addestrati. Altri attori armati ma

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meno consistenti che si battono per una maggiore autonomia della regione sono l’Army of Cyrenaica e la Cyrenaica Protection Force. Per meglio comprendere la molteplicità e originalità della situazione, è sufficiente far riferimento alla storia dello stesso Ibrāhīm Ğadrān, la cui carriera inizia sotto l’ombra di Gheddafi, per essere però arrestato, insieme ai suoi fratelli, nel 2005 con l’accusa di cospirazione, e incarcerato nella prigione di Abu Salim. Nel 2012 il nuovo governo di Tripoli gli affidò la difesa dei terminali cirenaici di Ras Lanuf e Zuetina. Nell’agosto 2013 bloccò la distribuzione del petrolio proclamandosi leader dei cosiddetti “federalisti” della Cirenaica e condividendone le idee autonomiste, oltre che l’ostilità verso i Fratelli Musulmani accusati.

Una rappresentazione generica dei diversi schieramenti nel quadro geopolitico Libico si deve riconoscere in tre aree geopolitiche piuttosto precise, anche se frammentate al proprio interno.

(1) La prima è presente nell’Est, in Cirenaica (sha'biyat 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7), ai confini con l’Egitto, (Tobruk dista circa 250 km. in meno dal Cairo rispetto a Tripoli), il Sudan, il Ciad e con centri rilevanti la capitale Tobruk, e ancora al-Baydā, Derna e Bengasi.

Il governo di Tobruk è stato il primo bersaglio dei seguaci dell’IS, con l’ottenuta adesione della città Derna, cui hanno seguito altri territori che comprendono le “Colline Verdi” e regioni ad est di Bengasi. Questo primo successo in territorio libico non è casuale, considerato come sia originaria di Derna la più importante componente “straniera” dello Jihadismo alqaidista, successivamente confluito nell’IS. Una parte degli jihadisti combattenti è “di ritorno” dal fronte siro-iraqeno, dove ha costituito la Brigata al Battār. Sempre in Cirenaica sono attive le diverse diramazioni del Libia Shield, di cui (a) una parte è compresa nel Consiglio Rivoluzionario della Shura di Bengasi, e considerata “terrorista” dal “Consiglio dei Deputati”, (b) una parte (centrale) cui partecipa un gran numero di soggetti provenienti dal Distretto di Misurata (Mīşrātah), spesso definita come “Brigata di Misurata”, è stata fortemente coinvolta nella lotta per il possesso dell’Aeroporto Internazionale di Tripoli, ed (c) una parte (occidentale), è al servizio del New General National Congress (new GNC) e legata al leader di Al-Qaeda Abd al-Muhsin Al-Libi, noto anche come Ibrahim Ali Abu Bakr o Ibrahim Tantoush, e considerata anch’essa “terroristica”.

Sempre nel territorio governato dal “Consiglio dei Deputati” si muove la Brigata dei Martiri del 17 Febbraio, di tendenze islamiste, che conta qualche migliaio di uomini e un rilevante arsenale, controllando numerose caserme appartenenti al regime di Gheddafi.

2) Una seconda, all’Ovest in un’area che include la Tripolitania (corrispondente sebbene in modo impreciso alle sha'biyat 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, e talora 16), e confinante con la Tunisia e centri rilevanti la capitale Tripoli, e ancora Misurata, Sirte, Sabrata, Zuwāra, Zāwiya, Zintān, in qualche modo gestito da un “governo di salvezza nazionale” eletto dai resti del New General National Congress, il parlamento eletto nel 2012, presieduta da ‘Umar al-Hāsī, dove si è creata una coalizione comprendente varie forze islamiste fra cui le “brigate di Misurata”, i Fratelli Musulmani e gli jihadisti di Anşār al-šarī‘a (molto influenti a Bengasi) e alcune milizie berbere, definitasi “Alba libica (Fağr Lībiyā)”, e autoproclamatasi “governativa”, anche se non internazionalmente riconosciuta legittima, ma sostenuta da Qatar e Turchia, anche per effetto dei loro storici legami con la Fratellanza.

Le differenze fra i vari gruppi sono peraltro importanti, e non permettono nessun controllo gerarchico del territorio, né politico, né militare, rispondendo talora a leadership esclusivamente “cellulari”, spesso di matrice criminale, anche se nascoste da identità ideologico religiose.

Il territorio occupato da Alba Libica è anche il più “sensibile” per le esigenze politico economiche italiane, considerato che ospita la pressoché totale distribuzione dei pozzi petroliferi dell’Eni nella regione e che è proprio dal

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territorio compreso fra Zuwāra, Sabrata, Zāwiya che salpa la maggior parte di barconi carichi di “migranti”. Le milizie di Alba assommano a quasi 50.000 uomini. A Sirte, invece, è presente una componente islamista il cui leader è un libico, Usama al Karrami, membro del clan di Ismail Karrami, già capo dell’agenzia antidroga di Gheddafi e leader di una milizia gheddafiana.

3) Una terza, compresa fra altri tre diversi territori situati nel Fezzan (approssimativamente le sha'biyat 17, 18, 19, 20, 21, 22 e talora 16), un territorio per lo più desertico esteso per circa 700.000 km², abitato in prevalenza da Tuareg, Tibu e, nel nord, da tribù berbere (gli Imazighen) e geopoliticamente suddiviso in tre parti: una sotto l’influenza delle milizie tuareg, ai confini con l’Algeria e la Tripolitania, una sotto il controllo di varie realtà terroristiche, confinante con Tripolitania, Algeria e Niger, ed una sotto il controllo delle milizie Tibu, confinante con il Niger, il Ciad e la Cirenaica. Il Fezzan riveste un particolare interesse per i francesi, che lo occuparono al termine della Seconda Guerra Mondiale, tra il 1945 e il 1951, anche perché confinante con territori storicamente influenzati dai rapporti con Parigi. Nel Fezzan la situazione è pertanto estremamente fluida, cambiando opportunisticamente ogni tribù alleanze, ma mantenendo il controllo dei traffici, anche illeciti, compreso quello di esseri umani, che si compiono attraverso il suo territorio e garantendo alle multinazionali la sicurezza dei campi petroliferi. In quest’area la tribù semi nomade dei Tebu, riconoscendosi nel campo nazionalista, è guerra contro i Tuareg, per il controllo del deserto di Murzuq, a sud e a ovest dell’oasi di Ubari, ricca di giacimenti petroliferi (i pozzi petroliferi di Sharara, i secondi per importanza in Libia).

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Cammini di Salute

Report II TRIMESTRE

I SEMESTRE 2015

Edizione 31.07.2015