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Elaborato dalla Fondazione GIMBE senza alcun supporto istituzionale o commerciale Gennaio 2019 Report Osservatorio GIMBE 1/2019 La sanità integrativa

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Elaborato dalla Fondazione GIMBE senza alcun supporto istituzionale o commerciale

Gennaio 2019

Report Osservatorio GIMBE 1/2019

La sanità integrativa

AUTORI

Nino Cartabellotta, Roberto Luceri, Elena Cottafava, Marco Mosti

CITAZIONE

Fondazione GIMBE. La sanità integrativa. Bologna, gennaio 2019. Disponibile a:

www.gimbe.org/sanita-integrativa Ultimo accesso: giorno mese anno.

FONTI DI FINANZIAMENTO

Il presente report è stato elaborato dalla Fondazione GIMBE senza alcun supporto istituzionale o

commerciale.

DISCLOSURE

La Fondazione GIMBE è una organizzazione no-profit che svolge attività di formazione e ricerca sugli

argomenti trattati nel report.

© Fondazione GIMBE, gennaio 2019.

Questo è un documento open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente

l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a

condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

1 La sanità integrativa

Indice

Premessa .......................................................................................................................................2

1. L’espansione del secondo pilastro .......................................................................................3

2. L’ecosistema dei terzi paganti .......................................................................................... 11

2.1. Coperture offerte dai terzi paganti ................................................................................... 12

2.2. Classificazione dei terzi paganti ....................................................................................... 13

2.3. Spesa sanitaria dei terzi paganti ....................................................................................... 23

3. Gli effetti collaterali del secondo pilastro ........................................................................ 28

4. Proposte per un riordino normativo ................................................................................ 34

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Premessa

Negli ultimi anni, parallelamente al definanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN),

abbiamo assistito ad una crescente convergenza d’interessi per fondi sanitari, assicurazioni e

varie forme di welfare aziendale. In particolare, convegni e incontri dedicati a tematiche

socio-sanitarie, testate giornalistiche e varie pubblicazioni di prestigiose Università e Istituti

di ricerca sociale sembrano concordare che per garantire la sostenibilità del SSN e dell’intero

sistema di welfare l’unica soluzione è l’espansione del cosiddetto secondo pilastro. Anche in

occasione di eventi organizzati o patrocinati da istituzioni pubbliche, gli esponenti del

mondo assicurativo (in evidente, seppur legittima, posizione di conflitto di interessi)

promuovono liberamente il secondo pilastro, alimentando un “pensiero unico”: ovvero che il

secondo pilastro è uno strumento indispensabile per salvare il SSN, efficace e privo di “effetti

collaterali” 1.

In controtendenza a questo clima di contagioso entusiasmo, la Fondazione GIMBE - nel 3°

Rapporto sulla sostenibilità del SSN2 e in successive pubblicazioni3 - ha incluso l’espansione

del secondo pilastro tra le macro-determinanti della crisi di sostenibilità del SSN, insieme al

definanziamento pubblico, all’eccessivo ampliamento del “paniere” dei LEA e a sprechi e

inefficienze. Numerose le critiche da parte di alcuni portatori di interesse, che hanno tacciato

la Fondazione GIMBE di pregiudizio ideologico nei confronti della sanità integrativa. In realtà,

quella della Fondazione GIMBE non è certo una voce solitaria, visto che recentemente

numerose pubblicazioni, documenti istituzionali e position paper hanno identificato la sanità

integrativa come criticità per il SSN4,5,6,7,8,9,10.

Obiettivo del presente report è diffondere la consapevolezza politica, professionale e sociale

che, in ragione di una normativa frammentata e incompleta, la sanità integrativa è

progressivamente diventata sostitutiva, permettendo all’intermediazione finanziaria e

assicurativa di utilizzare detrazioni fiscali per incrementare i profitti, aumentando iniquità e

diseguaglianze, oltre che di alimentare il consumismo sanitario e la medicalizzazione della

società incrementando i rischi per la salute delle persone.

1 Geddes M. Tutti pazzi per il Secondo Pilastro. Salute Internazionale, 6 dicembre 2017. Disponibile a: www.saluteinternazionale.info/2017/12/tutti-pazzi-per-il-secondo-pilastro. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 2 3° Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Fondazione GIMBE: Bologna, giugno 2018. Disponibile a: www.rapportogimbe.it/2018. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 3 Cartabellotta A. Il Servizio Sanitario Nazionale compie 40 anni: lunga vita al Servizio Sanitario Nazionale! Fondazione GIMBE. 23 dicembre 2018. Disponibile a: www.gimbe.org/SSN40. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 4 Documento approvato dalla 12a Commissione permanente, nella seduta del 10 gennaio 2018, a conclusione dell'indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità. Pag. 86-95. Disponibile a: www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/docnonleg/35564.htm. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 5 Piperno A. La previdenza sanitaria integrativa: configurazione, dimensione, effetti e implicazioni di policy. Giugno 2017. Disponibile a: www.sanita24.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANO_SANITA/Online/_Oggetti_Correlati/Documenti/2017/10/07/piperno.pdf?uuid=AE3xgVgC. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 6 Geddes da Filicaia M. La salute sostenibile. Perché possiamo permetterci un Servizio sanitario equo ed efficace. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, marzo 2018. 7 Rete Sostenibilità e Salute. Appello della Rete Sostenibilità e Salute. I Fondi Sanitari “integrativi” e sostitutivi minacciano la salute del Servizio Sanitario Nazionale. Disponibile a: www.sostenibilitaesalute.org/appello-della-rete-sostenibilita-e-salute-i-fondi-sanitari-integrativi-e-sostitutivi-minacciano-la-salute-del-servizio-sanitario-nazionale. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 8 Campedelli M. La governance dei fondi sanitari integrativi. Un ruolo per le Regioni? Franco Angeli Edizioni, 2018. 9 Barbato A, Dirindin N, Frateschi M, et al. Via le agevolazioni fiscali per la spesa privata sostitutiva dei Lea. Quotidiano Sanità, 27 novembre. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=6840. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 10 Dirindin N. È tutta salute: In difesa della sanità pubblica. Torino: Edizioni Gruppo Abele, 2018.

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1. L’espansione del secondo pilastro

Le restrizioni finanziarie imposte alla sanità pubblica negli ultimi 10 anni, se da un lato

hanno contribuito al risanamento della finanza pubblica e all’aumento dell’efficienza nel SSN,

dall’altro hanno indebolito il sistema di offerta di servizi e prestazioni sanitarie, aumentando

le difficoltà di accesso alle cure e amplificando le diseguaglianze. In questo contesto,

l’aumento della spesa out-of-pocket e il fenomeno della rinuncia a prestazioni sanitarie sono

stati opportunisticamente utilizzati per promuovere forme alternative di copertura sanitaria.

La necessità di affidarsi al secondo pilastro per garantire la sostenibilità del SSN si è così

progressivamente affermata per l’interazione di vari fattori:

Complessità della terminologia. Attorno al semplice concetto di sanità integrativa oggi

ruota una terminologia articolata e complessa (box 1), che da un lato rende sempre più

difficile la comprensione di un tema già ostico, dall’altro ne facilita inevitabilmente

l’espansione, agevolando le strategie di comunicazione degli operatori di settore perché

non tutti i decisori (politici, organizzazioni sindacali e di categoria, datori di lavoro), né

tantomeno i media, “imbeccati” da catastrofici dati di rinunce alle cure e indebitamenti,

sono in grado di valutare oggettivamente vantaggi e svantaggi della sanità integrativa.

Box 1. Glossario

Assicurazioni. Identificano la componente profit dei terzi paganti.

Fondi sanitari. Identificano la componente no-profit dei terzi paganti: oltre ai fondi sanitari

propriamente detti, includono società di mutuo soccorso, casse, enti.

Sanità integrativa. Nel linguaggio comune l’espressione viene spesso utilizzata in maniera

impropria come sinonimo di spesa intermediata, nonostante le differenze che esistono tra

fondi sanitari e polizze assicurative, rispettivamente secondo e terzo pilastro secondo il D.lgs

502/1992.

Secondo pilastro. Identifica formalmente la sanità collettiva integrativa erogata, ai sensi del

D.lgs 502/1992, tramite i fondi sanitari; oggi nel linguaggio comune il termine identifica

qualsiasi forma di copertura da terzi paganti.

Spesa intermediata. Spesa sanitaria privata non sostenuta direttamente dai cittadini, ma

intermediata da un terzo pagante (fondo, assicurazione, etc.).

Terzi paganti. Soggetti pubblici e privati (no-profit e commerciali) che offrono coperture di

beni e servizi sanitari, oltre all’offerta pubblica garantita dal SSN.

Terzo pilastro. Sanità individuale erogata, ai sensi del D.lgs 502/1992, tramite polizze

assicurative.

Welfare aziendale. Include varie iniziative con cui i datori di lavoro offrono benefit economici e/o prestazioni a dipendenti e loro familiari, tra cui beni e servizi sanitari sostitutivi, aggiuntivi o complementari rispetto a quanto già offerto dal SSN.

Frammentazione della normativa. Nel corso di oltre 25 anni la stratificazione di leggi e

decreti sulla sanità integrativa ha generato un impianto legislativo incompleto e

frammentato determinando una totale deregulation del settore (box 2).

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Box 2. Sanità integrativa: riferimenti normativi

L. 833/1978. Prevede la possibilità di integrare le prestazioni erogate dal servizio pubblico

tramite il ricorso ad assicurazioni private o a forme di mutualità volontaria.

D.lgs 502/1992. Introduce la categoria dei fondi sanitari integrativi, individuando 3 pilastri

per il SSN:

a) la sanità pubblica basata sul principio dell’universalità, dell’eguaglianza e della solidarietà;

b) la sanità collettiva integrativa, tramite i fondi sanitari integrativi;

c) la sanità individuale, attraverso polizze assicurative individuali.

DL 229/1999. Delinea in maniera più netta le caratteristiche dei fondi integrativi, il cui fine

viene indicato come quello di preservare le caratteristiche di solidarietà ed universalismo

della sanità pubblica e, al tempo stesso, di incoraggiare la copertura di quei servizi che non

rientrano nei LEA in tutto o in parte (ticket). Rilevando in modo chiaro il concetto di

“integratività”, che pone i fondi come “subordinati al SSN”, il decreto concede esclusivamente

a tali fondi le agevolazioni fiscali poi sancite dal DL n. 41 del 2000 che modifica il testo unico

delle imposte sui redditi di cui al DPR n. 917 del 1986.

DM 31 marzo 2008 (cd. decreto Turco). Supera l’iniziale distinzione tra fondi doc

(rispondenti ai requisiti di cui all’art. 9 del DL 502/1992) e fondi non doc (tutti gli altri fondi

sanitari) introdotta dal DL 41/2000 che prevedeva che i fondi non doc, ovvero casse e fondi

che offrono coperture sanitarie di tipo sostitutivo, subissero una graduale riduzione del

beneficio fiscale in caso di mancato adeguamento ai requisiti previsti dal D.lgs 502/1992.

Istituisce inoltre l’anagrafe dei fondi sanitari integrativi presso il Ministero della Salute.

DM 27 ottobre 2009 (cd. decreto Sacconi). Modifica il DM 31 marzo 2008 e definisce

procedure e modalità del funzionamento dell’anagrafe dei fondi integrativi.

Legge di Stabilità 2016. Consente di trasformare i premi di risultato anche in contribuzione a

forme di sanità integrativa senza l’applicazione di alcuna imposta entro limite di €

2.000/anno, aumentato a € 2.500 euro/anno in caso di coinvolgimento paritetico dei

lavoratori, per i dipendenti con reddito lordo annuo sino a € 50.000.

Legge di Bilancio 2017. Aumenta i limiti dei premi fissati dalla Legge di Stabilità 2016 da €

2000/anno a € 3.000/anno e da € 2.500/anno a € 4.000/anno ed estende la platea di

beneficiari incrementando la soglia di reddito lordo annuo a € 80.000.

Tale deregulation ha generato alcune situazioni paradossali. Innanzitutto per godere delle

agevolazioni fiscali i fondi sanitari integrativi sono tenuti a destinare solo il 20% delle risorse

impegnate a prestazioni integrative, rispetto a quelle già incluse nei LEA; in altre parole la

normativa garantisce agevolazioni fiscali ai fondi che impegnano sino all’80% delle risorse in

prestazioni sostitutive. In secondo luogo, i fondi sanitari integrativi, formalmente enti no-

profit, per problemi di solvibilità possono “ri-assicurarsi” con una o più compagnie

assicurative che spesso rivestono anche il ruolo di gestori dei fondi; infatti le relazioni tra

fondi sanitari e compagnie assicurative sono in continuo aumento: se nel 2013, secondo

l’ANIA, il 55% dei fondi erogava le sue prestazioni attraverso una convenzione con una

compagnia d’assicurazione e il 45% risultava autoassicurato11, secondo l’VIII Rapporto RBM-

11 Fondi sanitari, la necessità di un riordino. Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici (ANIA). Maggio 2015: pag. 2. Disponibile a: www.ania.it/export/sites/default/it/pubblicazioni/Dossier-e-position-paper/Fondi-sanitari-La-necessita-di-un-riordino-Position-Paper-23.06.2015.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

5 La sanità integrativa

Salute-Censis12 nel 2017 quasi l’85% dei fondi sanitari risulta gestito tramite il settore

assicurativo. Infine, con la diffusione del welfare aziendale le imprese beneficiano di

agevolazioni fiscali che contribuiscono indirettamente ad alimentare il business delle

compagnie assicurative che assicurano e gestiscono i fondi sanitari.

In altri termini nell’attuale quadro normativo i fondi sanitari integrativi, divenendo

prevalentemente sostitutivi, da un lato hanno progressivamente perduto quella

caratteristica di complementarietà al SSN che attribuiva loro una meritorietà in termini di

agevolazioni fiscali, dall’altro hanno permesso alle compagnie assicurative di operare, in

qualità di “assicuratori” e gestori dei fondi sanitari, in un contesto creato per enti no-profit.

Scarsa trasparenza. Le dinamiche sui fondi sanitari e le modalità con cui operano

rimangono di fatto sconosciute perché l’anagrafe dei Fondi Sanitari Integrativi istituita

presso il Ministero della Salute non è pubblicamente accessibile.

Carenza di sistemi di controllo. Come rilevato nel dicembre 2015 dalla senatrice

Donella Mattesini in Commissione Igiene e Sanità al Senato 13 , la causa della

sovrapposizione tra prestazioni coperte dai fondi e incluse nei LEA risiede nel fatto che

non esiste controllo, né regime sanzionatorio, per la mancanza di alcuni decreti attuativi.

In particolare, il comma 8 dell’art. 9 della L. 502/1992 prevedeva un regolamento per

disciplinare l’ordinamento dei fondi integrativi rispetto a: modalità di costituzione e di

scioglimento, composizione degli organi di amministrazione e controllo, forme e

modalità di contribuzione, soggetti destinatari dell’assistenza, trattamento e garanzie

riservate al singolo sottoscrittore e al suo nucleo familiare, cause di decadenza della

qualificazione di fondo integrativo del SSN. Inoltre, non esiste una vera autority di

vigilanza dei fondi sanitari visto che, al di là di semplici attività amministrative (richiesta

d’iscrizione all’anagrafe, variazioni di organigramma, dati di bilancio), il Ministero della

Salute non esercita alcuna verifica né certificazione istituzionale sui dati periodicamente

trasmessi dai fondi.

Evoluzione delle relazioni sindacali e industriali. Nel corso degli ultimi anni sono

intervenuti numerosi cambiamenti: dalla moderazione salariale ai mutamenti nelle

modalità di contrattazione, alle nuove forme di agevolazione fiscale. In particolare, il

nuovo impianto normativo del welfare aziendale ha fatto leva su rilevanti incentivi fiscali

per promuove gli investimenti delle imprese finalizzati al benessere dei lavoratori e delle

loro famiglie: in questo contesto, la sanità integrativa è una delle aree che ha

maggiormente catalizzato l’interesse di imprese e sindacati per offrire beni e servizi

sanitari sostitutivi, aggiuntivi o complementari rispetto a quanto già offerto dal SSN.

Strategie di marketing. L’intermediazione finanziaria e assicurativa, spinta dalle

necessità di un mercato di prestazioni sanitarie messo in crisi dalla riduzione del

finanziamento pubblico, porta avanti una martellante campagna mediatica basata su

criticità consequenziali solo in apparenza: riduzione del finanziamento pubblico,

aumento della spesa out-of-pocket, difficoltà di accesso ai servizi sanitari e rinuncia alle

cure. Secondo i sostenitori di questa strategia di marketing la relazione tra queste

12 VIII Rapporto RBM-Censis sulla Sanità Pubblica, Privata e Intermediata. Giugno 2018, pag. 43. Disponibile a: www.welfareday.it/pdf/VIII_Rapporto_RBM-Censis_SANITA_def.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019 13 Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02420. Pubblicato il 3 dicembre 2015, nella seduta n. 548. Disponibile a: www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=00952093&parse=si&toc=no. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

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criticità, in realtà assolutamente non lineare, ha una chiave interpretativa che porta

verso una soluzione univoca: potenziare il secondo pilastro per salvare il SSN facendo

leva su slogan allarmistici molto efficaci, quali «12,2 milioni di italiani hanno rinunciato o

rinviato prestazioni sanitarie»14 e «più di un italiano su quattro non sa come far fronte

alle spese necessarie per curarsi e subisce danni economici per pagare di tasca propria le

spese sanitarie»14 (figura 1).

Figura 1. Assioma della strategia di marketing del secondo pilastro

Ecco che allora, per confutare la tesi dei proponenti, è necessario intraprendere il percorso

inverso, analizzando la veridicità dei singoli fattori per valutare se davvero il prodotto di

questa equazione è solo uno: ovvero che il SSN può essere messo in sicurezza esclusivamente

potenziando il secondo pilastro.

Riduzione del finanziamento pubblico. Nel periodo 2012-2015 varie manovre

finanziarie hanno sottratto al SSN circa € 25 miliardi e nel periodo 2015-2019

l’attuazione degli obiettivi di finanza pubblica ha determinato, rispetto ai livelli

programmati, una riduzione cumulativa del finanziamento del SSN di € 12,11 miliardi. Il

rapporto spesa sanitaria/PIL è stato progressivamente ridotto sino a toccare i minimi

storici con il DEF 2018: 6,6% nel 2018, 6,4% nel 2019, 6,3% nel 2020 e nel 2021. La Nota

di Aggiornamento del DEF 2018, rispetto all’annunciata inversione di tendenza del

rapporto spesa sanitaria/PIL, ha effettuato solo un impercettibile lifting (+0,1% negli

anni 2020 e 2021).

Aumento della spesa out-of-pocket. Secondo le stime riportate dal 3° Rapporto GIMBE

per l’anno 2016 la spesa sanitaria privata ammonta a € 45,431 miliardi di cui quasi l’88%

14 In Italia ormai la sanità non è più per tutti. Comunicato stampa Censis-RBM Assicurazione Salute, 7 giugno 2017. Disponibile a: www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121116. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

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è out-of-pocket, ovvero quasi € 40 miliardi sono a carico delle famiglie con una spesa

pro-capite di € 657,38, superiore alla media OCSE (figura 2).

Figura 2. Composizione percentuale della spesa sanitaria (anno 2016)

A fronte di questo dato inconfutabile, è fondamentale precisare alcuni aspetti, al fine di

prevenirne utilizzi strumentali. Innanzitutto, non esiste alcun allarme sull’incremento

della spesa out-of-pocket che rimane stabile intorno al 18% dal periodo pre-crisi (2000-

2008) al periodo della crisi (2009-2016). In secondo luogo, nel 2016 € 3.362 milioni

sono stati “restituiti” ai cittadini dallo Stato sotto forma di detrazioni fiscali. Infine, lo

“spacchettamento” della spesa delle famiglie (box 3) confuta l’ipotesi che sia impiegata

esclusivamente a fronteggiare le minori tutele pubbliche: il 40-50% della spesa out-of-

pocket, infatti, non è destinata a beni e servizi indispensabili a migliorare lo stato di

salute, bensì soddisfa bisogni indotti dalla medicalizzazione della società e condizionati

da consumismo, pseudo-diagnosi e preferenze individuali. La controprova viene fornita

dal fatto che la spesa out-of-pocket regionale è proporzionale al reddito pro-capite e alla

qualità dell’offerta pubblica15: in altre parole, le famiglie spendono di più nelle Regioni

del nord dove l’offerta dei servizi sanitari pubblici è adeguata, mentre quelle del sud si

attestano tutte sotto la media, nonostante una peggiore qualità dei servizi.

15 Del Vecchio M, Fenech L, Rappini V. I consumi privati in sanità. In: Cergas-SDA Bocconi. Rapporto OASI 2017: pag. 348. EGEA, dicembre 2017.

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Box 3. Composizione della spesa out-of-pocket (anno 2016)

€ 1.310 milioni: farmaci di fascia A, virtualmente a carico del SSN, che i cittadini scelgono di

acquistare senza ricetta.

€ 1.500 milioni: compartecipazione della spesa per i farmaci, di cui € 1 miliardo per

acquistare farmaci brand al posto degli equivalenti.

€ 5.900 milioni: prodotti omeopatici, erboristici, integratori, nutrizionali, parafarmaci, etc.

€ 5.215 milioni: farmaci di fascia C e di automedicazione, buona parte dei quali di efficacia

non dimostrata.

€ 11.000 milioni (comprensivi di € 1.300 milioni di ticket): visite specialistiche ed esami

diagnostici di laboratorio e strumentali, di cui una variabile percentuale del 30-50% secondo

stime internazionali è inappropriata16.

€ 8.500 milioni: cure odontoiatriche.

€ 5.255 milioni: per l’assistenza ospedaliera, di cui oltre € 3.000 milioni per la long-term-care.

€ 1.000 milioni per protesi e ausili.

Difficoltà di accesso ai servizi sanitari e rinuncia alle cure. I persuasivi slogan sulle

difficoltà di accesso alle cure derivano da una mera proiezione in valori assoluti dei

risultati di un’indagine campionaria su 1.000 cittadini ai quali è stato chiesto se, nel corso

dell’anno, avessero rinunciato o rinviato ad almeno una prestazione sanitaria senza però

specificarne tipologia ed effettiva urgenza17. In realtà, secondo l’indagine europea sul

reddito e le condizioni di vita delle famiglie (EU-SILC)18 gli italiani che hanno rinunciato a

una o più prestazioni sanitarie sono meno di 5 milioni, un dato in linea con altri paesi

europei. Inoltre, dall’indagine multiscopo ISTAT sulla salute19, condotta su un campione

di circa 60.000 famiglie, risulta che la frequenza delle rinunce è proporzionale al numero

di prestazioni, ovvero chi rinuncia a una prestazione ha già fruito di altre. Ecco che allora

il roboante «12,2 milioni di italiani rinunciano alle cure» si trasforma in un meno

sensazionalistico «meno di 5 milioni di italiani hanno rinunciato ad almeno una

prestazione sanitaria». Peraltro, non conoscendo la tipologia, l’urgenza e l’appropriatezza

delle prestazioni non fruite, il potenziale impatto sulla salute di queste rinunce è ignoto.

Analogamente, nell’indagine ISTAT EU-SILC alla domanda «Negli ultimi 12 mesi, ci sono

stati periodi in cui non aveva i soldi per pagare le spese per malattie?» hanno risposto

positivamente solo il 10,5% degli italiani, una percentuale certamente rilevante, ma

meno preoccupante di “più di un italiano su quattro”.

Questa analisi dimostra che l’assioma portante che punta sull’inderogabile rafforzamento del

secondo pilastro nasce da una sapiente combinazione di dati reali (definanziamento),

interpretazione opportunistica di un fenomeno di mercato (aumento della spesa out-of-

pocket) e dati ottenuti da studi metodologicamente inadeguati e finanziati da una compagnia

assicurativa, ma talmente legittimati dalla divulgazione pubblica da prendere il sopravvento

16 Brownlee S, Chalkidou K, Doust J, et al. Evidence for overuse of medical services around the world. Lancet. 2017;390:156-168. 17 VII Rapporto RBM-Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata. Luglio 2017: pag. 154-155. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2421529.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 18 Istituto Nazionale di Statistica. Indagine sul reddito e le condizioni di vita (EU-SILC). Disponibile a: www.istat.it/it/archivio/5663. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 19 Istituto Nazionale di Statistica. Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari. Disponibile a: www.istat.it/it/archivio/7740. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

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anche sui dati ufficiali dell’ISTAT, che al contrario derivano da ricerche rigorose e trasparenti,

oltre che armonizzate a livello europeo. A riprova di ciò, i catastrofici dati del VII Rapporto

RBM-Censis sono stati immediatamente smentiti da autorevoli ricercatori 20 e

successivamente dallo stesso Ministero della Salute, nonostante il patrocinio concesso (!),

con la nota del 31 luglio 201721.

Anche nel 2018 il rapporto RBM Salute-Censis ripropone dati sempre più catastrofici: per

pagare le spese per la salute 7 milioni di italiani nel 2017 “si sarebbero indebitati” e 2,8

milioni “avrebbero dovuto usare” il ricavato della vendita di una casa o svincolare

risparmi22,23. Gli inquietanti dati pubblicati dal Censis proiettano nuovamente su oltre 60

milioni di persone i risultati di un’indagine commissionata da RBM Salute e realizzata

tramite un questionario strutturato somministrato ad un campione rappresentativo di 1.000

adulti maggiorenni residenti in Italia. Numerose le criticità metodologiche24: innanzitutto,

non si conoscono le domande del questionario; in secondo luogo, le tecniche per selezionare

gli intervistati non permettono di escludere un “campionamento di convenienza”; ancora,

non vengono riportati margini di variabilità sulle stime ottenute; infine, il margine di errore

del ±3,1% riferito all’intero campione risulta di gran lunga più elevato per ciascuno dei

sottogruppi ottenuti all’interno delle variabili di stratificazione: classe di età, genere, area

geografica di residenza, ampiezza demografica del comune di residenza.

In questo caso non è arrivata però alcuna smentita ufficiale, sia perché la Ministra della

Salute si era insediata da pochi giorni, sia perché per il periodo di riferimento non risultano

analoghe indagini ISTAT o di altre istituzioni. In ogni caso, è esploso un coro unanime di

critiche dal mondo scientifico e sanitario su questo collaudato sodalizio RBM Salute-

Censis25,26,27,28,29, in cui il prestigioso istituto di ricerca produce ogni anno dati tanto

allarmanti quanto discutibili e la compagnia assicurativa li utilizza per alimentare il

“pensiero unico”. Nel VIII Rapporto Censis-RBM Salute si legge infatti che bisogna restituire

«una dimensione sociale alla spesa sanitaria privata attraverso una intermediazione

20 Costa G, Cislaghi C, Rosano A. Quanti italiani rinunciano davvero alle cure? Scienza in Rete, 9 giugno 2017. Disponibile a: www.scienzainrete.it/articolo/quanti-italiani-rinunciano-davvero-alle-cure/giuseppe-costa-cesare-cislaghi-aldo-rosano. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 21 Ministero della Salute. Comunicato n. 75 del 31 luglio 2017. I dati Istat contraddicono il Censis. Disponibile a: www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_4_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=salastampa&p=comunicatistampa&id=4921. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 22 Censis. Cresce il rancore per la sanità, prova d’esame per il governo del cambiamento. Roma, 6 giugno 2018. Disponibile a: www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121161. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 23 VIII Rapporto RBM-Censis sulla Sanità Pubblica, Privata e Intermediata. Giugno 2018. Disponibile a: www.welfareday.it/pdf/VIII_Rapporto_RBM-Censis_SANITA_def.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019 24 Cartabellotta A. Spesa sanitaria delle famiglie a 40 mld, Fondazione GIMBE: «Il dato CENSIS è reale ma l'allarme non c'è». Sanità 24, 115 gennaio 2019. Disponibile a: www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2018-06-11/spesa-sanitaria-famiglie-40-mld-fondazione-gimbe-il-e-reale-ma-allarme-non-c-e-113322.php?uuid=AEtAo73E. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 25 Geddes da Filicaia M. L’immagine del Censis. Quotidiano Sanità, 8 luglio 2018. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=63684. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 26 Geddes da Filicaia M Welfare Day. Ma dai… SaluteInternazionale, 115 gennaio 2019. Disponibile a: www.saluteinternazionale.info/2018/06/welfare-day-ma-dai. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 27 Bocci M. Quando il Censis gioca sui numeri della sanità. La Repubblica, 7 giugno 2018. http://bocci.blogautore.repubblica.it/2018/06/07/quando-il-censis-gioca-sui-numeri-della-sanita Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 28 Aceti T. Spesa sanitaria privata a 40 mld: «Non si strumentalizzino i dati per mandare in soffitta il Ssn». Sanità 24, 8 giugno 2018. Disponibile a: www.sanita24.ilsole24ore.com/art/aziende-e-regioni/2018-06-08/spesa-sanitaria-privata-40-mld-aceti-tdm-non-si-strumentalizzino-dati-mandare-soffitta-ssn-131253.php?uuid=AEZyGn2E. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 29 Sanità, mentre è boom della spesa privata (e si taglia la spesa pubblica) arriva la stravagante (e pericolosa) ricetta da Censis e RBM Salute: più spazio alle assicurazioni e ai fondi privati. SOS Sanità, 8 giugno 2018. Disponibile a: www.sossanita.org/archives/2636. Ultimo accesso 15 gennaio 2019.

10 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

strutturata da parte del settore assicurativo e dei fondi sanitari integrativi. Bisogna superare

posizioni di retroguardia e attivare subito […] un secondo pilastro anche in sanità che renda

disponibile su base universale […] le soluzioni che attualmente molte aziende riservano ai

propri dipendenti». Peraltro, visto l’affacciarsi del nuovo Esecutivo, la strategia di

persuasione collettiva si spinge oltre, “personalizzando” i risultati dell’indagine, da cui

emergerebbe un «maggior rancore degli elettori di 5 Stelle e Lega nei confronti della sanità»,

considerata il «cantiere con cui gli italiani metteranno alla prova il passaggio dal rancore alla

speranza del cambiamento».

Sulla scia del Contratto per il Governo del Cambiamento, RBM Salute ha addirittura formulato

la proposta del “reddito di salute”, ovvero un sostegno economico mirato per le spese sanitarie

pagate di tasca propria dagli italiani30, visto che «sulla base delle simulazioni condotte, la scelta

di sottoscrivere una polizza sanitaria o di aderire ad un fondo integrativo risulta decisamente

più conveniente per il cittadino rispetto al pagamento di tasca propria delle cure private». Tale

proposta, ovvero di sostituire in maniera efficace ed efficiente la spesa out of pocket con

polizze e fondi sanitari è basata su tre presupposti completamente falsi31:

fondi sanitari integrativi e polizze assicurative includono in larga misura le prestazioni

che il cittadino paga di tasca propria;

la popolazione generale, che consuma farmaci, presidi e prestazioni in out of pocket,

coincide con quella coperta da fondi sanitari integrativi e polizze assicurative, e quindi i

consumi della popolazione generale sono rappresentativi di quelli dell’altra;

l’iscrizione ai fondi sanitari o la copertura assicurativa riducono i consumi prima

sostenuti tramite la spesa out-of-pocket.

Peraltro, le modalità con le quali agisce in prevalenza l’espansione del secondo pilastro

rischiano di compromettere oltre che la sostenibilità della sanità pubblica, anche la salute

delle persone32. Infatti, facendo leva sui timori di doversi pagare sempre più di tasca propria

le cure, viene proposta come soluzione di aderire a un fondo sanitario integrativo che

beneficia di agevolazioni fiscali. Quindi, vengono offerti agli iscritti servizi diagnostici

“preventivi” che in larga misura fanno emergere malattie che non si sarebbero mai

manifestate e tutti gli ulteriori test diagnostici e interventi terapeutici conseguenti, in larga

parte dannosi, tornano ad essere pagati con i soldi di tutti. Di conseguenza, il SSN è “costretto”

a sprecare ulteriore denaro pubblico per interventi sanitari inappropriati o dannosi.

30 “Reddito di Salute”. Da Fare Futuro e RBM Salute la proposta di una sanità integrativa come per le pensioni. Quotidiano Sanità, 7 dicembre 2018. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=68839. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 31 Geddes Da Filicaia M. Reddito di salute! Una proposta “indecente”? SaluteInternazionale, 19 settembre 2018. Disponibile a: www.saluteinternazionale.info/2018/09/reddito-di-salute-una-proposta-indecente. Ultimo accesso: 15 gennaio 2018. 32 Satolli R. Dagli amici del SSN mi guardi Iddio. Scienza in Rete, 5 aprile 2018. Disponibile a: www.scienzainrete.it/articolo/dagli-amici-del-ssn-mi-guardi-iddio/roberto-satolli/2018-04-05. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

11 La sanità integrativa

2. L’ecosistema dei terzi paganti

Il termine terzi paganti è l’unico che, in maniera omnicomprensiva, include tutti i soggetti (pubblici

o privati, profit o no-profit, fondi o assicurazioni) che offrono coperture e garanzie di beni e servizi

sanitari, affiancando l’assicurazione pubblica offerta dal SSN a tutte le persone dopo l’istituzione

della L. 833/1978. Dal punto di vista giuridico-istituzionale l’ecosistema dei terzi paganti in sanità è

variamente popolato: fondi sanitari, casse mutue, società di mutuo soccorso, assicurazioni sanitarie

individuali e collettive ai quali si aggiungono i rimborsi diretti erogati dai datori di lavoro.

Come descritto da Piperno33, la complessità del sistema è tale che i 60 milioni di cittadini

italiani “assicurati” con il pilastro pubblico, possono essere suddivisi in almeno 16 categorie

in relazione a tre variabili che condizionano la spesa privata:

avere/non avere una “seconda assicurazione” privata sotto qualsiasi forma: fondo

sanitario, polizza assicurativa individuale, benefit da welfare aziendale;

effettuare, o meno, spesa out-of pocket;

godere, o meno, di detrazione fiscali sulla spesa sanitaria (escludendo il caso degli oneri

deducibili per semplificare il quadro).

Accanto alla varietà dei soggetti, esistono differenze relative a regole, incentivi fiscali, modelli

gestionali e operativi (box 4), ma il denominatore comune dei terzi paganti è l’identità della loro

funzione, sostenuta da risorse private o da risorse pubbliche sotto forma di agevolazioni fiscali.

Box 4. L’ecosistema dei “terzi paganti”

Tipologia di soggetti

Fondi sanitari

o Tipo A (doc)

o Tipo B (non doc)

Autoassicurati

Assicurati da una compagnia esterna

Polizze assicurative (rami danni e vita)

o Individuali

o Collettive

Modelli di rimborso

Diretto: il terzo pagante paga direttamente l’erogatore della prestazione e nulla è dovuto

dall’iscritto/assicurato

Indiretta: l’iscritto/assicurato paga l’erogatore e richiede al terzo pagante il rimborso (totale o

parziale) secondo quanto previsto dal regolamento, statuto o contratto

Modelli di gestione (fondi sanitari)

Fondo autogestito

Fondo autogestito con servizi amministrativi esterni

Fondo affidato in gestione ad una o più compagnie assicurative

33 Piperno A. La previdenza sanitaria integrativa: configurazione, dimensione, effetti e implicazioni di policy. Giugno 2017. Disponibile a: www.sanita24.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANO_SANITA/Online/_Oggetti_Correlati/Documenti/2017/10/07/piperno.pdf?uuid=AE3xgVgC. Ultimo accesso 15 gennaio 2019.

12 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

Se consistenti evidenze dimostrano che la presenza di terzi paganti si associa ad un aumento

dei consumi e della spesa sanitaria, è indispensabile valutarne benefici e rischi in relazione al

loro posizionamento rispetto alle tutele già esistenti. In particolare, nei paesi che, come

l’Italia, prevedono un SSN pubblico, l’impatto del secondo pilastro deve essere valutato

nell’alveo del primo che è disponibile per tutti e non permette l’opting out, ovvero la

possibilità di “tirarsi fuori” dalla copertura sanitaria pubblica. Ecco perché, prima di entrare

nel merito della classificazione dei terzi paganti è fondamentale analizzare le coperture da

loro offerte rispetto a quelle già previste dal SSN.

2.1. Coperture offerte dai terzi paganti

Rispetto alla tipologia di beni e servizi che possono essere coperti dai terzi paganti, il

presente report fa riferimento alla classificazione di Piperno, elaborata nel 199734 e ripresa

integralmente nel 201735, che identifica tre tipologie di coperture:

Sostitutiva: copre servizi e prestazioni già incluse nei LEA, spesso a condizioni

migliorative per il cittadino (es. tempi di attesa inferiori); anche se in linea teorica

potrebbe sostituirsi interamente all’offerta pubblica, tale copertura riguarda solo alcuni

servizi, generalmente molto vantaggiosi per l’erogatore (es. diagnostica e specialistica

ambulatoriale).

Aggiuntiva: integra la copertura pubblica colmando il gap “differenziale” tra le

prestazioni garantite dal SSN e la quota a carico del cittadino, come la compartecipazione

alla spesa (ticket) o le integrazioni relative ad aspetti accessori (es. camere a pagamento).

Complementare: copre prestazioni escluse dai LEA (es. odontoiatria, long-term-care).

Pur con qualche differenza terminologica, tale classificazione è allineata a quella dell’OCSE

(tabella 1) che prevede anche una quarta tipologia non applicabile nel nostro Paese36: ovvero

la copertura sanitaria privata nei paesi in cui non esiste un servizio sanitario pubblico,

oppure esiste ma i cittadini hanno il diritto di esercitarne l’opting out (es. Germania),

evitando di pagare le imposte per il sistema sanitario pubblico e utilizzando esclusivamente

la copertura di un terzo pagante.

Oggetto della copertura Piperno OCSE

Prestazioni incluse nei LEA Sostitutiva Duplicativa

Quote differenziali* Aggiuntiva Complementare

Prestazioni escluse dai LEA Complementare Supplementare

*Ticket, integrazioni su aspetti accessori

Tabella 1. Classificazione delle coperture offerte dai terzi paganti

34 Piperno A. Mercati assicurativi e istituzioni: la previdenza sanitaria integrativa. Bologna: Il Mulino, 1997. 35 Piperno A. La previdenza sanitaria integrativa: configurazione, dimensione, effetti e implicazioni di policy. Giugno 2017. Disponibile a: www.sanita24.ilsole24ore.com/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANO_SANITA/Online/_Oggetti_Correlati/Documenti/2017/10/07/piperno.pdf?uuid=AE3xgVgC. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 36 Colombo F, Tapay N. Private Health Insurance in OECD Countries: The Benefits and Costs for Individuals and Health Systems. OECD Health Working Papers n. 15: Paris, 2004.

13 La sanità integrativa

Anche le compagnie assicurative hanno elaborato una classificazione delle prestazioni

coperte: il Joint Actuarial Team di RBM Salute e Munich Health, in collaborazione con il

Censis, hanno recentemente analizzato le prestazioni contenute nella Classificazione delle

Garanzie previste dai Nomenclatori dei Fondi Campione e dettaglio Sinistri, classificandole in

tre categorie37:

Integrative: rientrano nella soglia delle risorse vincolate ex DM 27 ottobre 2009.

Complementari: non rientrano nella soglia delle risorse vincolate ex DM 27 ottobre

2009 o non sono state individuate dallo stesso DM.

Sostitutive: vengono fornite in alternativa a quelle già erogate dal SSN nell’ambito dei LEA.

Senza entrare nel dettaglio delle differenze tra le due classificazioni, il termine “prestazione

sostitutiva” identifica per entrambe una prestazione già inclusa nei LEA, confermando che oggi

il termine di “sanità integrativa” è anacronistico e fuorviante nell’ambito del dibattito sul ruolo

del secondo pilastro. Infatti, secondo i dati forniti dagli stessi operatori di settore38, nel 2016 il

60,5% delle prestazioni erogate dai fondi sanitari sono state sostitutive, ma hanno usufruito

dei benefici fiscali previsti dalla normativa. In altri termini, non solo il secondo pilastro può

coprire prestazioni già incluse nei LEA sino all’80% delle risorse impiegate dai fondi sanitari,

ma beneficia di agevolazioni fiscali che dirottano risorse pubbliche verso erogatori privati,

concretizzando un vero e proprio cortocircuito del SSN (§ 3).

2.2. Classificazione dei terzi paganti

Una prima, generica, classificazione dei terzi paganti è quella che distingue enti no-profit

(fondi sanitari, società di mutuo soccorso, casse mutue) ed organizzazioni profit (compagnie

assicurative). Rispetto alla tipologia di prodotto, i fondi sanitari sono forme mutualistiche

che si distinguono dalle polizze assicurative per l’assenza di criteri di “selezione all’entrata”,

di discriminazione del contributo in ragione dell’età o di altri fattori e, sulla carta, di non

concorrenza con le prestazioni a carico del SSN. Inoltre, i fondi sanitari godono di specifiche

agevolazioni fiscali: deducibilità dei contributi sino a € 3.615,20 e detrazione della quota

parte delle spese sanitarie a proprio carico (tabella 2).

37 RBM Salute, Munich Health, in collaborazione con CENSIS. I Fondi Sanitari tra integrazione, sostituzione e complementarietà. Dicembre 2015. 38 VII Rapporto RBM Censis. Il futuro del Sistema Sanitario in Italia tra universalismo, nuovi bisogni di cura e sostenibilità. Roma, luglio 2017. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2421529.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

14 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

Fondi sanitari integrativi Polizze assicurative

Scopo di lucro NO SÌ

Rapporto con

l’assistito Statuto/Regolamento Contratto

Costi Contributo fisso Premio variabile in relazione a

diversi elementi

Selezione dei rischi NO SÌ

Copertura malattie

pregresse SÌ NO

Possibilità di recesso NO SÌ

Agevolazioni fiscali

Deducibilità contributi sino a €

3.615,20

Detrazione della quota parte delle

spese sanitarie a proprio carico

Detrazione al 19% delle spese

sanitarie rimborsate per effetto di

polizze il cui premio non dà diritto

a detrazione

Tabella 2. Principali differenze tra fondi sanitari integrativi e polizze assicurative

2.2.1. Fondi sanitari

I fondi sanitari sono una realtà molto complessa, composta da centinaia di soggetti (fondi,

casse, enti) molto eterogenei quanto a coperture, premi, modalità di gestione delle attività,

erogazione delle prestazioni, etc. e spesso variamente collegati fra loro.

Come già riportato (box 2), la normativa stratificatasi negli anni ha delineato una funzione

dei fondi prevalentemente sostitutiva, piuttosto che integrativa, a parità di riconoscimento e

agevolazioni fiscali. Infatti, all’Anagrafe del Ministero della Salute – anacronisticamente

denominata “dei fondi sanitari integrativi” – possono iscriversi:

Fondi sanitari integrativi del SSN (fondi doc o di tipo A), istituiti o adeguati ai sensi

dell’art. 9 del DL 502/92 e successive modificazioni, così denominati perché deputati a

potenziare le prestazioni non coperte dal SSN.

Enti, casse e società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale

(fondi non doc o di tipo B), di cui all’art. 51 comma 2, lettera a) del DPR 917/1986, che

hanno una maggiore libertà d’azione in termini di prestazioni e servizi coperti.

Con i decreti Turco e Sacconi tali differenze sono state sostanzialmente annullate perché, al

fine di usufruire dei benefici fiscali, tutti i soggetti iscritti all’Anagrafe sono tenuti ad erogare

prestazioni integrative (di assistenza odontoiatrica e per la non autosufficienza) in misura

non inferiore al 20% delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni. Pertanto, se

la terminologia continua a fare riferimento alla natura “integrativa” dei fondi sanitari,

legittimando la percezione pubblica che il loro obiettivo sia quello di integrare le coperture

15 La sanità integrativa

del SSN senza alcuna concorrenza, di fatto a tutti i fondi sanitari è concesso di esercitare una

funzione sostitutiva sino all’80% delle coperture mantenendo i benefici fiscali.

Considerato che l’unica fonte ufficiale è l’anagrafe dei fondi sanitari integrativi istituita

presso il Ministero della Salute, purtroppo non consultabile pubblicamente dal sito web39, le

informazioni disponibili sui fondi sanitari provengono da una pluralità di fonti, spesso

parziali o settoriali, quali presentazioni in convegni, audizioni parlamentari o elaborazioni di

altri enti. In particolare, per l’anno 2016 i dati del Sistema Informativo Anagrafe Fondi fanno

riferimento all’elaborazione del Centro Studi di Itinerari Previdenziali40 che documenta

l’esistenza di 323 fondi sanitari registrati, di cui 9 di tipo A (doc) e 314 di tipo B (non doc) per

un totale di 10.616.847 iscritti che per la prima volta includono anche pensionati e loro

familiari (tabella 3).

Categoria Iscritti (%)

Lavoratori dipendenti 6.680.504 (62,9%)

Lavoratori non dipendenti 1.074.038 (10,8%)

Familiari lavoratori dipendenti 1.908.962 (18,0%)

Familiari lavoratori non dipendenti 251.955 (2,4%)

Pensionati 527.716 (5,0%)

Familiari pensionati 173.672 (1,6%)

TOTALE 10.616.847

Tabella 3. Iscritti ai fondi sanitari per categoria (anno 2016)

Complessivamente, il 73% degli iscritti sono lavoratori, il 5% pensionati e il 22% familiari di

lavoratori o pensionati (figura 3). Nel 2016 le risorse impegnate dai fondi sanitari per i

rimborsi ammontano a € 2,33 miliardi, per la quasi totalità riferiti ai fondi non doc.

39 Ministero della Salute. Anagrafe fondi sanitari integrativi. Disponibile a: www.salute.gov.it/portale/ministro/p4_8_0.jsp?label=servizionline&idMat=FS&idAmb=AFSI&idSrv=01&flag=P. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

40 Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali (a cura di). Rapporto n.5 anno 2018. Il bilancio del sistema previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2016. Disponibile a: www.itinerariprevidenziali.it/site/home/biblioteca/pubblicazioni/quinto-rapporto-bilancio-del-sistema-previdenziale-italiano.html. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

16 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

Figura 3. Iscritti ai fondi sanitari per categoria (anno 2016)

I dati documentano un trend 2010-2016 in progressivo aumento del numero di fondi

relativo prevalentemente a carico del tipo B (da 208 a 314), visto che quelli di tipo A si sono

progressivamente ridotti da 47 a 9 (figura 4).

Figura 4. Numero fondi sanitari (2010-2016)

All’aumento del numero dei fondi nel periodo 2010-2016 corrisponde un incremento sia del

numero di iscritti (da 3.312.474 a 10.616.847) sia dell’ammontare generale delle risorse

impegnate (da € 1,61 a 2,33 miliardi) (figura 5).

73%

22%

5%

Lavoratori Familiari Pensionati

0

50

100

150

200

250

300

350

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Tipo B Tipo A

17 La sanità integrativa

Figura 5. Numero iscritti ai fondi sanitari e risorse impegnate (2010-2016)

Se per usufruire dei vantaggi fiscali i fondi sanitari devono destinare per legge almeno il 20%

del totale delle risorse a prestazioni vincolate (extra-LEA), la figura 6 dimostra che nel

periodo 2010-2016 a fronte di un consistente incremento dell’ammontare delle risorse totali

impegnate dai fondi, la percentuale di quelle destinate a prestazioni extra-LEA rimane stabile

intorno al 30%.

Figura 6. Totale risorse impegnate dai fondi sanitari e percentuale destinata a prestazioni extra LEA

(2010-2016)

0

2

4

6

8

10

12

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

2,5

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Risorse impegnate N° iscritti

0%

20%

40%

60%

80%

100%

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Risorse impegnate % Risorse vincolate

Mil

iard

i di

Mil

iard

i di

€ M

ilion

i di iscritti

18 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

Un altro dato di particolare rilievo documenta che l’aumento percentuale annuo delle risorse

impegnate dai fondi non cresce parallelamente a quello degli iscritti (figura 7). In particolare,

se nel periodo 2010-2016 l’incremento percentuale medio degli iscritti ai fondi è stato del

22,3% annuo, le risorse impegnate sono aumentate in media dello 6,4% per anno.

Figura 7. Trend aumento percentuale annuo dell’ammontare generale e del numero degli iscritti

Di conseguenza nello stesso periodo, l’ammontare generale e quello parziale vincolato a

prestazioni extra-LEA che i fondi destinano a ciascun iscritto sono in progressiva riduzione

(figura 8).

Figura 8. Trend 2010-2016 dell’ammontare generale impegnato dai fondi sanitari per iscritto

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

2011 2012 2013 2014 2015 2016

Ammontare generale Numero iscritti

€487,35

€338,28

€328,11

€305,42

€288,22

€245,07

€219,44

€148,51

€104,24

€103,43

€99,92

€91,07

€75,82

€71,00

€-

€100

€200

€300

€400

€500

€600

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Ammontare generale per iscritto Ammontare parziale per iscritto

19 La sanità integrativa

Infine, i dati presentati dal Ministero della Salute in occasione di un recente meeting41 hanno

permesso ulteriori elaborazioni e deduzioni in merito alla destinazione delle risorse da parte

dei fondi sanitari integrativi. Nell’anno fiscale 2015, i 297 fondi di tipo B hanno destinato la

maggior parte di risorse a prestazioni incluse nei LEA, svolgendo così una funzione

prevalentemente sostitutiva, piuttosto che integrativa (figura 9). Tre dati di particolare

rilevanza: innanzitutto, i fondi con funzione esclusivamente integrativa sono solo 6 (2%); in

secondo luogo, solo 10 fondi (3%) hanno destinato una percentuale ≤80% a prestazioni

extra-LEA; infine, quasi il 70% dei fondi ha destinato a prestazioni sostitutive il 61-79% delle

risorse impegnate.

Figura 9. Risorse destinate a prestazioni non vincolate (extra-LEA) sul totale delle risorse impiegate dai

fondi sanitari integrativi di tipo B nell’anno fiscale 2015

Da queste analisi rimangono insoluti tre quesiti fondamentali ai quali - nonostante le

numerose ricerche effettuate e le richieste (inevase) di ulteriori dati alle Istituzioni - il

presente report non è in grado di rispondere:

Qual è l’entità del mancato gettito per l’erario connesso alle agevolazioni fiscali

riconosciute ai fondi sanitari?

A quanto ammonta complessivamente il fondo di garanzia dei fondi sanitari integrativi?

Se i dati documentano una progressiva riduzione della quota pro-capite impegnata dai

fondi sanitari e attestano indirettamente maggiori avanzi di gestione che gli enti no-

profit dovrebbero destinare al fondo di garanzia, per quale ragione i fondi sanitari che si

ri-assicurano per problemi di solvibilità sono in continua ascesa?

41 Bellentani MD. In: Diritto alla salute ed equità di accesso alle cure: il ruolo dei fondi integrativi e delle mutue. Forum Risk Management, Firenze: 29 novembre 2018

6 3 14

64

206

4

0%

1-20%

21-40%

41-60%

61-79%

80%

20 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

2.2.2. Polizze assicurative

Le compagnie assicurative sono soggetti commerciali che operano tramite la vendita di

prodotti riconducibili a polizze malattia, individuali o collettive e a polizze di long-term care,

dove l’assicurazione può assumere la forma di un’assicurazione vita, che in caso di non

autosufficienza garantisce all’assicurato una rendita. La copertura prevalente del mercato

assicurativo riguarda prevalentemente beni e servizi di natura sostitutiva, ovvero

prestazioni già incluse nella copertura del SSN. Le imprese, infatti, vendono polizze a

copertura completa che riguardano i ricoveri ospedalieri e tutte le altre prestazioni non

residenziali connesse al ricovero. Talvolta le coperture si specializzano per patologia e in

alcuni casi coprono anche le prestazioni odontoiatriche, a fronte di un incremento del premio.

Sotto il profilo operativo, le compagnie assicurative generalmente rimborsano il costo

sostenuto dal soggetto assicurato, in misura parziale o totale secondo tipo di contratto e di

premio pagato. Tuttavia, non mancano i casi di assistenza diretta, in cui la compagnia

assicurativa veicola l’assicurato in strutture sanitarie convenzionate per l’erogazione delle

prestazioni. Tranne casi in cui copertura e livello di rimborso sono completi e totali, rimane a

carico dell’assicurato una franchigia che si configura come un out-of-pocket residuo.

Le imprese di assicurazione tendono da un lato a facilitare il rapporto con l’utente e dall’altro

a contenere i rischi economici conseguenti a squilibri tra sinistri e premi. Il principio

generale è quello di assicurare rischi di malattia relativi ad accadimenti incerti: più raro è

l’accadimento minore è di norma il rischio e viceversa. Ecco perché le polizze escludono le

malattie pregresse alla stipula del contratto e sono assai limitative rispetto alla copertura di

prestazioni con rischio di accadimento elevato. In questi casi, le coperture sanitarie, se

offerte, si collocano nell’alveo dell’assicurazione vita e vengono attuate con rendite

monetarie, piuttosto che tramite rimborsi delle spese sostenute.

In generale il mercato delle polizze individuali in Italia non è mai decollato per varie ragioni:

scarsa propensione all’acquisto di una polizza individuale da parte degli italiani,

consapevoli che la maggior parte dei rischi sono ancora tutelati dal sistema pubblico;

onerosità delle polizze a fronte delle tutele offerte, anche per la selezione dei rischi;

possibilità di iscrizione ai fondi sanitari;

possibilità di detrazione fiscale delle spese sanitarie out-of-pocket;

nessuna ulteriore agevolazione fiscale per gli assicurati, eccetto la detrazione al 19% per

le spese rimborsate dalla compagnia.

Per tali ragioni, le compagnie assicurative hanno spostato il proprio business verso la “ri-

assicurazione” dei fondi sanitari visto che le polizze individuali non godono degli stessi

benefici fiscali dei fondi integrativi. In particolare, oltre al fatto che i premi non sono

detraibili dal reddito imponibile, sono anche assoggettati all’imposta del 2,5%. Solo i premi

dei contratti di copertura della long-term-care beneficiano della detrazione d’imposta del 19%

fino a un importo annuo di € 1.291,14. Anche per le polizze assicurative non si dispone di

alcuna stima attendibile del mancato gettito per l’erario connesso alle agevolazioni fiscali, in

ogni caso residuale rispetto a quello dei fondi sanitari.

21 La sanità integrativa

2.2.3. Welfare aziendale

Negli ultimi anni il welfare aziendale è stato regolato da un nuovo impianto normativo,

modellato dalla Legge di Stabilità 2016 e successivamente rafforzato dalle Leggi di Bilancio

2017 e 2018 che, grazie a rilevanti incentivi fiscali, hanno promosso gli investimenti delle

imprese per sostenere il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie. La nuova normativa

ha delineato nel welfare aziendale un sistema premiante con tre caratteristiche

fondamentali42:

opportunità di convertire i premi aziendali di risultato in servizi di welfare, rafforzando

gli incentivi già previsti per la componente variabile delle retribuzioni;

totale esenzione da imposizione fiscale e contributiva dei premi aziendali erogati sotto

forma di servizi di welfare;

abolizione delle barriere tra welfare volontario delle imprese e welfare negoziale,

considerato che la legge ha equiparato le fonti istitutive: contrattazione collettiva

nazionale, contratti integrativi aziendali e territoriali, regolamenti aziendali, iniziativa

unilaterale delle imprese.

Dal punto di vista delle opportunità, il welfare aziendale include diverse iniziative che il

Welfare Index PMI classifica in 12 aree (box 5).

Box 5. Aree del welfare aziendale

1. Previdenza integrativa

2. Servizi di assistenza

3. Conciliazione vita e lavoro, sostegno ai genitori

4. Formazione per i dipendenti

5. Cultura e tempo libero

6. Sicurezza e prevenzione degli incidenti

7. Sanità integrativa

8. Polizze assicurative

9. Sostegno economico ai dipendenti

10. Sostegno all’istruzione di figli e familiari

11. Sostegno ai soggetti deboli e integrazione sociale

12. Welfare allargato alla comunità

Nell’ampio range delle iniziative incentivate, la sanità integrativa è una delle aree che ha

maggiormente catalizzato l’interesse di imprese e sindacati, anche in virtù di una

straordinaria convergenza tra le nuove agevolazioni fiscali, il fertile terreno già predisposto

dalla normativa frammentata sulla sanità integrativa e le ambizioni di espansione

dell’intermediazione finanziaria e assicurativa.

Il datore di lavoro può utilizzare diverse modalità per attuare il welfare aziendale: pagare

direttamente o rimborsare le spese sanitare a lavoratori e familiari, iscrivere a sue spese il

42 Generali Italia (in collaborazione con Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni). Welfare Index PMI-Rapporto 2018. Disponibile a: www.welfareindexpmi.it/rapporto-welfare-index-pmi-2018. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

22 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

dipendente/familiare ad un terzo pagante profit o no-profit, creare ex novo un fondo o una

cassa, autogestiti oppure affidati ad una gestione esterna. Il welfare aziendale rappresenta

dunque un contenitore che, utilizzando le varie opportunità offerte dai terzi paganti, propone

ai dipendenti e ai loro familiari beni e servizi sanitari che possono essere sostitutivi,

aggiuntivi o complementari rispetto a quanto già offerto dal SSN.

Tuttavia, secondo una prospettiva di tutela del SSN, se l’obiettivo del welfare aziendale è

quello di affiancare l’offerta pubblica, le tipologie di servizi e prestazioni sanitarie finiscono

spesso per duplicare quanto già incluso nei LEA, con il benestare delle organizzazioni

sindacali che da difensori delle tutele pubbliche si sono trasformati (in)consapevolmente in

“compagni di viaggio” dei fautori della privatizzazione43. In particolare, i sindacati hanno

accettato l’offerta di convertire un aumento salariale in prestazioni di welfare contrattuale,

senza considerare che i vantaggi più consistenti sono per i datori di lavoro che possono

azzerare il cuneo fiscale sulle somme erogate ai lavoratori e dedurre le spese dal reddito

d’impresa. Per il lavoratore, invece, l’agevolazione è solo apparente per tre ragioni:

innanzitutto con un aumento salariale, oltre a disporre di una maggiore liquidità, godrebbe

di maggiori oneri riflessi tramite liquidazione e pensione contribuendo parallelamente ad un

maggior gettito fiscale per la finanza pubblica ; in secondo luogo, aderendo ad un fondo

sanitario (al prezzo di un mancato aumento salariale) il lavoratore molto finisce per pagare

due volte per le stesse prestazioni, perché continuerà a sostenere con la fiscalità generale il

diritto a ricevere l’assistenza sanitaria pubblica; infine, della somma versata al fondo il 40-50%

non può tradursi in servizi perché variamente assorbito da gestione amministrativa, fondo di

garanzia o oneri di ri-assicurazione e da eventuali utili della compagnia assicurativa.

Vero è che qualche sindacato si è già posto il problema, sostenendo che «è decisivo affrontare

e governare il fenomeno del welfare contrattuale, nello specifico dei fondi sanitari, andando a

definire, in questo mutato contesto, una idea di sussidiarietà con l’obiettivo di consolidare il

sistema universalistico; nella consapevolezza che questo risulta un terreno dove più

facilmente si possono realizzare ingiustizie ed un possibile aumento delle diseguaglianze

all’interno del mondo del lavoro, fuori di esso e tra aree forti e deboli del paese»44. Tuttavia, i

maggiori sindacati continuano a firmare contratti che prevedono il welfare aziendale

nonostante sia già stato etichettato come “welfare contrattuale a partecipazione statale”45,

visto che questi strumenti godono dal 2008 di una detassazione e dal 2016 di una

decontribuzione, con un risultato finale che è sotto gli occhi di tutti: meno tutele pubbliche e

più risposte private.

43 Benci L. Sanità, lo studio “interessato” sui milioni di persone che rinunciano alle cure. Il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2017. Disponibile a: www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/15/sanita-lo-studio-interessato-sui-milioni-di-persone-che-rinunciano-alle-cure/3858101. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 44 Cecconi S. Nardone D. Sui Fondi Sanitari (di origine contrattuale). 30 giugno 2017. Disponibile a: www.cgil.it/admin_nv47t8g34/wp-content/uploads/2017/07/SUI-FONDI-SANITARI-05_07_2017.pdf. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 45 Martini F. In: Leonardi F. Il business nascosto della sanità integrativa. Left, 28 maggio 2018. Disponibile a: www.left.it/2018/05/20/il-business-nascosto-della-sanita-integrativa. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

23 La sanità integrativa

2.3. Spesa sanitaria dei terzi paganti

Identificare l’entità della spesa effettuata dai terzi paganti, ovvero la spesa sanitaria privata

intermediata, è un’impresa molto ardua, a causa di variabili e criticità che condizionano la

tracciabilità dei flussi economici46:

L’analisi può essere effettuata secondo i premi incassati (da fondi sanitari e assicurazioni)

oppure secondo i rimborsi effettuati.

I rimborsi possono essere gestiti dai terzi paganti con due modalità che possono

determinare variabili sovrapposizioni tra spesa intermediata e spesa delle famiglie:

o rimborso diretto all’erogatore e conseguente esclusione degli importi dalla spesa

out-of-pocket;

o rimborso (totale o parziale) all’assicurato/iscritto al fondo (che anticipa la spesa

all’erogatore) e conseguente inclusione degli importi nella spesa out-of-pocket.

Le stime sulla spesa privata riportate da varie istituzioni includono sempre la spesa out-

of-pocket, ma prendono in considerazione le varie tipologie di spesa intermediata in

maniera variabile e con metodi differenti:

o ISTAT-SHA47 che alimenta il database dell’OCSE48 include assicurazioni sanitarie

volontarie (HF.2.1), istituzioni senza scopo di lucro (HF.2.2) e imprese (HF.2.3),

ma non contabilizza i fondi sanitari integrativi;

o dai dati di ISTAT-COICOP49 e della Corte dei Conti50 non è possibile scorporare le

spese sanitarie successivamente rimborsate da terzi paganti, né identificare

quelle da loro direttamente sostenute;

o l’Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità della Bocconi46 include i rimborsi

delle assicurazioni, senza tuttavia scorporarli.

Ciò premesso, riprendendo la metodologia utilizzata nel 3° Rapporto GIMBE, l’entità della

spesa intermediata è stata stimata utilizzando i seguenti criteri:

La stima è stata effettuata dal lato dei premi versati e non dei rimborsi erogati per due

ragioni fondamentali. Anzitutto, per essere comparabile con la spesa pubblica e quella

out-of-pocket, anche la spesa intermediata deve essere riferita a quella sostenuta dai

cittadini o dalle imprese; inoltre, i rimborsi erogati rappresentano solo un indicatore

indiretto e rischiano di sottostimare l’entità della spesa intermediata perché non

includono costi amministrativi ed eventuali utili dei terzi paganti. La seconda ragione è

squisitamente pratica, vista la reale impossibilità a identificare l’entità dei rimborsi

erogati, condizionati sia dalla duplice modalità di rimborso (diretto e indiretto), sia

dall’entità (parziale o totale).

46 Del Vecchio M, Fenech L, Rappini V. I consumi privati in sanità. In: Cergas-SDA Bocconi. Rapporto OASI 2017. EGEA, dicembre 2017. 47 ISTAT. Il sistema dei conti della sanità per l’Italia: anni 2012-2016. Disponibile a: www.istat.it/it/files//2017/07/CS-Sistema-dei-conti-della-sanit%C3%A0-anni-2012-2016.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 48 OECD Health Statistics 2018. Last update 8 November 2018. Disponibile a: www.oecd.org/els/health-systems/health-data.htm. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 49 ISTAT. Spesa per consumi finali delle famiglie per voce di spesa (Coicop 3 cifre) e durata. Sanità. Disponibile a: http://dati.istat.it/index.aspx?queryid=12005. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 50 Corte dei Conti. Rapporto 2017 sul coordinamento della finanza pubblica. Roma, 5 aprile 2017, pag. 356. Disponibile a: www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sezioni_riunite/sezioni_riunite_in_sede_di_controllo/2017/volume_rapporto_coordinamento_fp_2017_2.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

24 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

Il riferimento primario dell’analisi sono i dati ISTAT-SHA integrati con quelli

amministrativi dei terzi paganti, di fatto la fonte più affidabile per stimare l’entità della

spesa intermediata dal lato dei premi incassati.

Si è ipotizzato, in linea con altri enti51, che la totalità delle polizze assicurative collettive si

identifichi con la “ri-assicurazione” dei fondi sanitari, tenendo conto delle maggiori

agevolazioni fiscali a vantaggio dei fondi rispetto a quelle direttamente previste per le

polizze collettive.

Fondi sanitari. Per l’anno 2016 l’Anagrafe Fondi del Ministero della Salute documenta 323

fondi sanitari registrati per un totale di 10.616.847 iscritti. Tuttavia, non è disponibile il dato

economico riferito ai contributi versati dagli iscritti, ma solo l’ammontare delle risorse

impegnate (rimborsi) che nel 2016 sono pari a € 2,33 miliardi. Per tale ragione sono stati

presi in considerazione i dati del VII Rapporto RBM Salute-CENSIS, dove si legge che «la

spesa intermediata nel 2016 ha raggiunto i 5 miliardi di euro» e che «si tratta mediamente di

un contributo di € 77 per ciascun cittadino»52, due affermazioni che non concordano tra loro

visto che la popolazione residente al 31 dicembre 2016 è di 60.589.445 abitanti (dati ISTAT).

Inoltre, utilizzando una classificazione dei terzi paganti finalizzata ad enfatizzare il ruolo

complessivo dell’intermediazione assicurativa, viene riportato che «poco meno del 70% di

tale contributo è stato garantito da compagnie assicurative»52.

In assenza dei valori assoluti relativi alle 4 categorie di terzi paganti e considerata la

discordanza di cui sopra, la cifra di € 5 miliardi è stata ritenuta sovrastimata, rispetto ai dati

OCSE, e preso a riferimento il contributo medio di € 77 pro-capite corrispondente a € 4,665

miliardi.

Polizze assicurative. Secondo l’ANIA, circa 1,7 milioni di famiglie italiane sono coperte da

una polizza a cui si aggiungono circa 3 milioni di persone che aderiscono a fondi integrativi

“assicurati”53. Nel 2016 i premi raccolti per polizze assicurative relative al ramo malattia

(danni + vita) ammontano a € 2,493 miliardi, di cui € 593 milioni per polizze individuali e €

1.900 milioni per quelle collettive che, come già premesso, si stima siano interamente

destinati alla “ri-assicurazione” di fondi sanitari. Il dato ANIA 201653 è stato utilizzato per

aggiornare la stima di ISTAT-SHA per le assicurazioni sanitarie volontarie (HF.2.1) di € 2,211

miliardi relativa all’anno 2015.

Altro. Questa categoria include altre componenti della spesa sanitaria privata considerate da

ISTAT-SHA, ovvero:

€ 576 milioni da Istituzioni senza scopo di lucro (HF.2.2), definiti come “accordi e

programmi di finanziamento non obbligatori con diritto a prestazioni a carattere non

contributivo basati su donazioni/trasferimenti provenienti dalla cittadinanza, dalle

51 13° Rapporto Sanità. C.R.E.A. Sanità. Roma, 14 dicembre 2017. Disponibile a: www.creasanita.it/13volume_dwn/dwn_flild/Rapporto_Sanita_2017.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 52 VII Rapporto RBM-Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata. Luglio 2017: pag. 16-17. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2421529.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 53 ANIA Trends Infortuni e Malattia. Portafoglio diretto italiano – Dati al 31 dicembre 2016. Giugno 2017. Disponibile a: www.ania.it/export/sites/default/it/pubblicazioni/COLLANE-PERIODICHE/ANIA-Trends/ANIA-Trends-Infortuni-e-Malattia/2016/Newsletter-Infortuni-e-Malattia_Anno-2016.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

25 La sanità integrativa

amministrazioni pubbliche o da imprese”. Va ribadito che i fondi sanitari, nonostante la

natura no-profit, non sono inclusi nei conti ISTAT-SHA.

€ 601 milioni da imprese (HF.2.3), definiti come “accordi mediante i quali le imprese

forniscono direttamente, oppure finanziano, i servizi sanitari per i propri dipendenti

senza il coinvolgimento di un regime previdenziale per la promozione della salute nei

luoghi di lavoro”.

Ribadendo i limiti relativi ad affidabilità di fonti e dati e alla possibile sovrapposizione di

alcune cifre, per l’anno 2016 si stima una spesa intermediata di € 5.600,8 milioni (12,3%

della spesa privata), sostenuta da varie tipologie di terzi paganti (figura 10): € 3.830,8

milioni da fondi sanitari e polizze collettive, € 593 milioni da polizze assicurative individuali,

€ 576 milioni da istituzioni senza scopo di lucro (HF.2.2.) e € 601 milioni da imprese

(HF.2.3.).

Figura 10. Composizione della spesa intermediata (anno 2016)

2.4. Trend spesa sanitaria privata 2000-2016 e confronti internazionali

L’unica fonte che riporta i dati per la spesa pubblica e privata, scorporata in intermediata e

out-of-pocket, è il database dell’OCSE54 (figura 11), da cui si evince che:

La curva della spesa pubblica si è appiattita dopo il 2008: l’incremento percentuale del

47,7% nel periodo 2000-2008 è precipitato al 7,9% nel periodo 2009-2016.

L’appiattimento della curva del finanziamento pubblico non ha determinato alcun

impennamento della spesa out-of-pocket, che nei periodi corrispondenti ha mantenuto lo

stesso incremento percentuale: 18,4% dal 2000 al 2008 e 18% dal 2009 al 2016.

54 OECD Health Statistics 2017. Last update 10 November 2017. Disponibile a: www.oecd.org/els/health-systems/health-data.htm. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

68,4%

10,6%

10,3%

10,7%

Fondi sanitari

Polizze assicurativeindividuali

Istituzioni senza scopo dilucro

Imprese

26 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

La crescita percentuale della spesa intermediata in 15 anni è quasi triplicata: dal 50,5%

del periodo 2000-2008 al 142% negli anni 2009-2016, un dato percentualmente

eclatante, ma poco significativo visto il basso valore assoluto.

Figura 11. Trend spesa sanitaria pro-capite 2000-2016

Inoltre, i dati OCSE documentano che l’Italia è agli ultimi posti sia per valore assoluto della

spesa privata intermediata pro-capite ($ 76 pro-capite vs $ 340 della media OCSE con USA e

$ 239 senza USA) (figura 12), sia in termini di percentuale della spesa intermediata sul totale

della spesa privata (9,1% vs 32,7% della media OCSE con USA e 25,7% senza USA) (figura 13).

Figura 12. Spesa pro-capite intermediata nei paesi OCSE (anno 2016 o più recente disponibile)

$0

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$1.000

$1.500

$2.000

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Pubblica Intermediata Out-of-pocket

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Il grafico esclude il dato relativo agli USA ($ 3.761)

27 La sanità integrativa

Figura 13. Ripartizione percentuale della spesa privata nei paesi OCSE (anno 2016 o più recente)

Questi dati rappresentano un inevitabile “cavallo di battaglia” dei fautori dell’espansione del

secondo pilastro, che fanno leva sul fatto che in Italia quasi il 90% della spesa sanitaria

privata è a carico dei cittadini. Tuttavia, l’entità della spesa intermediata nel database OCSE

risulta sottostimata perchè i dati, che derivano da ISTAT-SHA, non includono per definizione

la spesa intermediata dai fondi sanitari.

0%

10%

20%

30%

40%

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28 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

3. Gli effetti collaterali del secondo pilastro

A fronte di una disarmante e acritica accettazione dell’espansione del secondo pilastro quale

irrinunciabile “integrazione” del finanziamento pubblico per garantire la sostenibilità del

SSN il presente report analizza i possibili “effetti collaterali”, che rischiano di assegnare al

secondo pilastro una funzione di affondamento del SSN, piuttosto che di salvataggio55,56,57.

Rischi di privatizzazione. Affondano le origini nella estrema semplificazione del dibattito

“pubblico vs privato” in sanità, troppo spesso affrontato in maniera unidimensionale. In

particolare, se economisti e policy-maker prestano particolare attenzione alla provenienza

delle risorse (spesa pubblica vs spesa privata), management, professionisti e cittadini fanno

più spesso riferimento alla natura dell’erogatore (pubblico vs privato). In realtà, come già

documentato da Del Vecchio et coll.58, incrociando la tipologia di spesa con quella dell’offerta

si generano 4 circuiti di finanziamento/erogazione dell’assistenza sanitaria (figura 14).

Figura 14. I circuiti di finanziamento/erogazione dell’assistenza sanitaria (modificata da58)

Tali circuiti sono inevitabilmente molto più complessi perché beni e servizi della spesa privata

possono essere sostenuti direttamente dai cittadini (out-of-pocket), oppure intermediati da

una pluralità di terzi paganti i cui ambiti di azione, modalità operative e impatto fiscale sono

molto eterogenei. Inoltre, ciascuno dei 4 circuiti è influenzato da una molteplicità di

stakeholder con interessi non sempre convergenti, tali da rendere particolarmente complesso

analizzare dinamiche ed outcome clinici, economici e sociali. Mettendo da parte tali

complessità, è assolutamente certo che il circuito 4 concretizza un vero e proprio “cortocircuito”

del SSN, indirettamente finanziato anche da risorse pubbliche tramite agevolazioni fiscali.

55 Cartabellotta A. Secondo pilastro: il “bugiardino” degli effetti collaterali. Sanità 24, 29 giugno 2018. Disponibile a: www.sanita24.ilsole24ore.com/art/aziende-e-regioni/2018-06-29/secondo-pilastro-bugiardino-effetti-collaterali-115057.php?uuid=AE58HXEF. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 56 Cartabellotta A. Secondo pilastro: salvataggio o naufragio del Servizio sanitario nazionale? Sanità 24, 27 aprile 2018. Disponibile a: www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2018-04-27/secondo-pilastro-salvataggio-o-naufragio-servizio-sanitario-nazionale-102543.php?uuid=AEeYSdfE. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 57 Oliveti A. Secondo Pilastro. Siamo sicuri che sia effettivamente necessario? Quotidiano Sanità, 9 maggio 2018. Disponibile a:

www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=61577. Ultimo accesso 15 gennaio 2019.

58 Del Vecchio M, Fenech L, Rappini V. I consumi privati in sanità. In: CERGAS-SDA Bocconi. Rapporto OASI 2017: pag. 323-360.

29 La sanità integrativa

Pertanto il rischio di privatizzazione del SSN non rappresenta l’esito inevitabile di un “piano

occulto” di smantellamento della sanità pubblica, ma consegue all’interazione di vari

fenomeni concomitanti: (inevitabile) riduzione del finanziamento pubblico, (legittimo)

ingresso di capitali privati in sanità, standard di accreditamento degli erogatori privati gestiti

dalle Regioni e di conseguenza troppo eterogenei, normativa eccessivamente frammentata e

“flessibile” sul ruolo dei terzi paganti in sanità, sistemi di rimborso a prestazione,

appiattimento di carriera e della remunerazione dei professionisti sanitari che tendono a

spostarsi nel privato, modalità di gestione della libera professione, etc.

Rischi per la sostenibilità del SSN. Innanzitutto, è paradossale che in un periodo segnato

dal progressivo definanziamento del SSN si preferisca destinare risorse pubbliche alle

agevolazioni fiscali dei fondi sanitari, invece che aumentare le risorse per la sanità pubblica:

infatti, l’entità del beneficio fiscale pro-capite previsto per i fondi sanitari (€ 3.615,20) sfiora

il doppio della spesa sanitaria pubblica pro-capite nel 2016 (€ 1.925,00). In secondo luogo, la

diffusione dei fondi integrativi indebolisce progressivamente la difesa civica del diritto alla

tutela della salute, perché oggi chi non è soddisfatto del sistema pubblico e dispone di

un’opzione privata che gli offre tutto quanto già incluso nei LEA non ha alcun motivo per

rivendicare un diritto anche a nome degli altri.

Rischi per l’equità. Le agevolazioni fiscali previste dalla normativa esistente (tax

expenditure) sono una spesa fiscale sostenuta da tutti i contribuenti; di conseguenza gli

iscritti ai fondi sanitari, oltre a fruire di maggiori prestazioni, scaricano parte dei costi sui

non iscritti, segmentando il diritto alla tutela della salute e generando iniquità e

diseguaglianze. Infatti a beneficiare maggiormente dei fondi sanitari integrativi sono59,60,61:

le persone che hanno un lavoro stabile;

i lavoratori dipendenti, rispetto a quelli autonomi;

le categorie di lavoratori con maggiori capacità negoziali e interessati a contrattare

integrazioni salariali sotto forma di fringe benefit, rispetto ai lavoratori privi di tali requisiti;

i lavoratori con redditi più elevati, in quanto il valore della deduzione aumenta

proporzionalmente all’aliquota marginale;

i residenti in alcune aree del Paese, perché gli iscritti ai fondi sanitari non sono

uniformemente distribuiti sul territorio nazionale: 38,9% nel Nord-Ovest, 14,9% nel

Nord-Est, 33,4% nel Centro, 12,8% nel Sud e isole62.

Per tali ragioni, le agevolazioni fiscali concesse ai fondi sanitari e al welfare aziendale non

sono affatto una win-win solution, ma concretizzano un’illusione di defiscalizzazione che

genera diseguaglianze. Infatti, vero è che la copertura sanitaria costa all’impresa meno

59 Rete Sostenibilità e Salute. I Fondi Sanitari integrativi e sostitutivi e le Assicurazioni Sanitarie. Bologna, 28 ottobre 2017. Disponibile a: www.medicinademocratica.org/wp/wp-content/uploads/2017/11/Documento.-I-Fondi-Sanitari-integrativi-e-sostitutivi-e-le-Assicurazioni-Sanitarie-5.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 60 Documento conclusivo 12a Commissione permanente “Indagine conoscitiva su sostenibilità SSN”. Roma, 10 gennaio 2018. Disponibile a: www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/1066489.pdf. Ultimo accesso: 1 gennaio 2018. 61 Granaglia E. Il welfare aziendale e la sanità complementare. Alcuni costi nascosti. Rivista delle Politiche Sociali 2017 (2):37-46. Disponibile a: www.ediesseonline.it/files/Rps%202%202017_Il%20welfare%20aziendale%20e%20la%20sanit%C3%A0%20complementare_Granaglia_free%20text.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 62 13° Rapporto Sanità. C.R.E.A. Sanità. Roma, 14 dicembre 2017: pag. 115. Disponibile a: www.creasanita.it/13volume_dwn/dwn_flild/Rapporto_Sanita_2017.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

30 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

rispetto ad un aumento in busta paga, ed è altrettanto vero che così si riduce la quota di

imposte a carico del lavoratore; tuttavia, le agevolazioni fiscali rappresentano un costo per la

finanza pubblica, generando un effetto di redistribuzione negativa su chi non è iscritto ai

fondi sanitari. In altre parole tali agevolazioni, oltre a non espandere le tutele, non

permettono ai gruppi più svantaggiati della popolazione di superare le reali difficoltà di

accesso alle cure, conseguenti alle inefficienze del pubblico (es. lunghezza delle liste di attesa,

ticket elevati), con conseguenti gravi “effetti collaterali” sull’equità di accesso alle cure.

In questo contesto, un ulteriore elemento di diseguaglianze rischia di essere introdotto con il

regionalismo differenziato63, grazie al quale alcune Regioni aspirano ad una maggiore

autonomia legislativa, amministrativa e organizzativa in materia di istituzione e gestione di

fondi sanitari integrativi64, creando “gabbie contrattuali territoriali” 65 per un sistema di

welfare aziendale già estremamente complesso.

Rischio di aumento della spesa sanitaria. I promotori del secondo pilastro fanno leva sulla

loro presunta capacità di determinare una maggiore efficienza della spesa intermediata

rispetto a quella out-of-pocket. In particolare, questo risultato conseguirebbe alla loro

maggiore capacità, rispetto ai singoli soggetti, di aggregare la domanda di prestazioni

sanitarie aumentando l’efficienza nella loro acquisizione. A fronte di questo presunto

vantaggio, i fondi sanitari devono gestire innumerevoli transazioni con organizzazioni e

professionisti sanitari, aumentando l’impatto dei costi amministrativi e riducendo il value for

money. Infatti, ciascun fondo deve negoziare, stipulare e rinnovare contratti, documentare le

prestazioni coperte, tener conto di regolamenti e disposizioni, sottoporsi a specifici controlli,

etc. In tal senso l’esempio più illuminante è quello degli USA dove la spesa sanitaria è di gran

lunga la più elevata al mondo: i costi amministrativi generati dagli innumerevoli erogatori di

prestazioni e assicurazioni superano il 25% della spesa totale66 e chi sostiene una riforma

single payer stima un risparmio di oltre 500 miliardi di dollari67. Anche un recente confronto

tra 11 sistemi sanitari68 dimostra che nei paesi dove vigono sistemi assicurativi (USA,

Svizzera), rispetto a quelli che dispongono di sistemi sanitari pubblici, i costi amministrativi

sono molto più elevati e i medici devono dedicare molto più tempo ad attività amministrative.

L’ANIA, in riferimento al ramo malattia, riporta che in Italia le spese di gestione (expense

ratio) risultano pari al 25% circa dei premi contabilizzati, confermando gli elevati costi di

gestione delle coperture assicurative che nel nostro Paese sono anche in lieve aumento.

La tesi dei proponenti è, pertanto, facilmente confutabile sia perché i costi amministrativi

dell’intermediazione sono molto elevati, sia perché la presunta maggiore efficienza (non

dimostrata, né quantificata) è ulteriormente ridotta dalla necessità di mantenere un fondo di

63 Cartabellotta A. Così il «regionalismo differenziato» mette a rischio l’universalismo del Ssn. Sanità 24, 28 settembre 2018. Disponibile a: www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2018-09-28/riforme-regionalismo-differenziato-mina-l-universalismo-servizio-sanitario-143908.php?uuid=AEmVezAG. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 64 Florianello F. Regionalismo differenziato e Fondi Sanitari. Relazioni pericolose? Quotidiano Sanità, 16 novembre 2018. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=67985. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 65 Geddes da Filicaia M. Regionalismo differenziato. Manca un vero dibattito. Quotidiano Sanità, 6 novembre 2018. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=67548. Ultimo accesso: 15 gennaio 2018. 66 Himmelstein DU, Jun M, Busse R, et al. A comparison of hospital administrative costs in eight nations: US costs exceed all others by far. Health Aff (Millwood) 2014;33:1586-94. 67 Woolhandler S, Himmelstein DU. Single-payer reform: the only way to fulfill the President's pledge of more coverage, better benefits, and lower costs. Ann Intern Med 2017;166:587-588. 68 Papanicolas I, Woskie LR, Jha AK. Health Care Spending in the United States and Other High-Income Countries. JAMA 2018; 319:1024-1039.

31 La sanità integrativa

garanzia, pari a circa 1/3 della raccolta che, per i problemi di solvibilità già descritti, porta i fondi

a “ri-assicurarsi” con solide compagnie assicurative previa cessione di una percentuale dei premi.

Di conseguenza, una percentuale del 40-50% dei premi versati non può tradursi in servizi per gli

iscritti perché viene eroso dalla sommatoria di costi amministrativi, mantenimento del fondo di

garanzia (o oneri di riassicurazione) e da eventuali utili delle compagnie assicurative.

In definitiva, evidenze e dati dimostrano che i terzi paganti, sotto qualsiasi forma, aumentano la

spesa privata totale, non riducendo la spesa out-of-pocket e determinando complessivamente un

saldo negativo sui bilanci delle famiglie. Infine, in quanto induttori di prestazioni inappropriate

finiscono per aumentare la spesa sanitaria pubblica necessaria per gestire fenomeni di sovra-

diagnosi e di sovra-trattamento. In altre parole, nonostante gli slogan continuamente

sbandierati69, il secondo pilastro non fa risparmiare né lo Stato, né le famiglie70.

Rischio di sovra-utilizzo di prestazioni sanitarie. Nel mercato della salute l’aumento

dell’offerta induce un aumento della domanda per tre ragioni fondamentali: pagamento a

prestazione (dell’erogatore e/o del professionista), medicalizzazione della società e limitata

presenza di meccanismi di verifica e miglioramento dell’appropriatezza. I cosiddetti “piani di

prevenzione” messi a punto dal secondo pilastro, ad esempio, sono ampiamente sostitutivi,

spesso accessibili senza prescrizione medica e caratterizzati da un tale livello di

inappropriatezza che sfocia nel puro consumismo sanitario71. La tabella 4 dimostra in

maniera inequivocabile che la tipologia di indagini diagnostiche e, soprattutto la loro

frequenza, non sono affatto basati sulle evidenze scientifiche, ma hanno il solo obiettivo di

aumentare il numero di prestazioni che gli iscritti possono eseguire, peraltro quasi

esclusivamente presso strutture private convenzionate (figura 14, circuito 4).

Prestazione “Piano prevenzione”

fondi sanitari

Screening LEA e

giudizio clinico

Mammografia 45 13

Pap-test 45 14

Sangue occulto nelle feci 35 13

PSA 36 0-1

Ecografia transrettale 36 0-1

Doppler tronchi-sovra-aortici 16 0-1

Visita cardiologica 16 0-1

Tabella 4. Frequenza di indagini diagnostiche a scopo preventivo nel corso della vita.

“Piano prevenzione” dei fondi sanitari vs offerta SSN (da72)

69 Vecchietti M. Con la sanità integrativa lo Stato risparmia. Quotidiano Sanità, 23 novembre 2018. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=68295. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 70 Geddes da Filicaia M. Lo Stato risparmia con la sanità integrativa? Non è detto, certo è che il cittadino pagherebbe di più. Quotidiano Sanità, 25 novembre 2018. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=68326. Ultimo accesso 15 gennaio 2019. 71 Rete Sostenibilità e Salute. I Fondi Sanitari integrativi e sostitutivi e le Assicurazioni Sanitarie. Disponibile a: www.medicinademocratica.org/wp/wp-content/uploads/2017/11/Documento.-I-Fondi-Sanitari-integrativi-e-sostitutivi-e-le-Assicurazioni-Sanitarie-5.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 72 Geddes da Filicaia M. La salute sostenibile. Perché possiamo permetterci un Servizio sanitario equo ed efficace. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, marzo 2018: pag 72.

32 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

A dispetto del nome con cui vengono proposti, tali “pacchetti preventivi” presentano

numerosi effetti collaterali per i cittadini e per il SSN:

espansione incontrollata di test diagnostici inappropriati, peraltro già ampiamente

sovra-utilizzati nel sistema pubblico;

aumento dei fenomeni di sovra-diagnosi e sovra-trattamento, proporzionali alla

frequenza dei test e alla loro inappropriatezza, che aumentano i costi per il SSN e i rischi

per i pazienti, senza alcun beneficio clinico;

aumento della domanda di servizi e prestazioni sanitarie e della medicalizzazione della

società;

interferenza con le policy di appropriatezza prescrittiva incluse nel DPCM sui LEA e

implementate dalle Regioni, con iniziative culturali finalizzate a contenere l’eccesso di

prestazioni inappropriate e con la relazione medico-paziente;

contraddizione con le raccomandazioni di linee guida elaborate ai sensi dell’art. 5 della L.

24/2017 e potenziale incremento dei contenziosi medico-legali;

violazione di numerosi articoli del codice deontologico73.

Ecco perché i “pacchetti preventivi”, formidabile strumento di marketing e fonte di business

per il mercato della salute, contribuiscono a minare la sostenibilità della sanità pubblica e

presentano un profilo rischi/benefici sfavorevole per la salute delle persone.

Rischio di frammentazione dei percorsi assistenziali. I tentativi che faticosamente si

stanno mettendo in atto per uniformare i PDTA e garantire la continuità clinico-assistenziale

tra setting differenti – secondo criteri di appropriatezza clinica e organizzativa – rischiano di

essere compromessi dall’espansione del secondo pilastro. In particolare, se inizia a farsi

largo il concetto di value-based healthcare per rimborsare l’esito del percorso e non la

singola prestazione, se la Legge di Bilancio 2018 ha previsto il monitoraggio integrato dei

PDTA con l’obiettivo di superare logiche di finanziamento a silos, se il Piano nazionale per la

cronicità ha posto le basi per una presa in carico univoca dei pazienti con malattie croniche

grazie a PDTA regionali, l’inserimento di erogatori di prestazioni esclusi dalle reti clinico-

assistenziali rischia di determinare, oltre a duplicazione degli interventi sanitari, una

frammentazione della continuità assistenziale. Infatti, mentre le iniziative istituzionali

mirano a integrare le reti attraverso una responsabilizzazione dei vari attori del sistema

(Regioni, Aziende sanitarie, medici, professionisti sanitari, pazienti), i servizi offerti dai fondi

sanitari rimangono confinati nella relazione tra gestore e cliente che, escludendo anche la

figura del medico prescrittore, concretizzano il già citato cortocircuito del SSN. Per tali

ragioni, l’introduzione di un ulteriore soggetto – sganciato dai PDTA, con obiettivi di profitto

legati alla quantità e non all’appropriatezza delle prestazioni – non può che aumentare le

difficoltà già esistenti per integrare setting diversi nell’implementazione dei PDTA.

Rischio di compromettere la competizione tra i fondi sanitari. La normativa vigente

attualmente offre gli stessi benefici fiscali a fondi sanitari che si collocano ai due estremi

della gaussiana in termini di probabilità di effetti avversi. Da un lato quelli autogestiti e non

ri-assicurati che erogano quasi esclusivamente prestazioni integrative, dall’altro quelli ri-

73 Miranda NS. Sanità cosiddetta “integrativa” e codice deontologico. Quotidiano Sanità, 25 giugno 2018. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=63201. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

33 La sanità integrativa

assicurati e gestiti da solide compagnie assicurative che erogano prevalentemente

prestazioni sostitutive. In un sistema sostanzialmente privo di controlli, questo

appiattimento normativo e fiscale impedisce una sana competizione tra i fondi sanitari e

compromette la credibilità dell’intera categoria, visto che di fatto il ruolo sociale dei fondi

sanitari oggi è garantito esclusivamente dall’onestà intellettuale e operativa di chi li gestisce.

In conclusione, i fondi sanitari offrono solo vantaggi marginali ai lavoratori dipendenti con il

rimborso di alcune spese, peraltro ampiamente ripagate dalla rinuncia ad una quota di

pensione e di TFR. A legislazione vigente chi beneficia sicuramente dei fondi sanitari sono le

imprese (che risparmiano sul costo del lavoro), l’intermediazione finanziaria e assicurativa

(che aumenta i propri profitti) e gli erogatori privati di prestazioni sanitarie (che possono

contare su un notevole incremento della domanda di prestazioni). Per il SSN sul piano del

finanziamento, del potenziamento e dell’equità i fondi sanitari non determinano alcun

beneficio, ma solo effetti avversi. Cittadini e pazienti, ingenuamente soddisfatti di “saltare la

fila” ottenendo in tempi brevi innumerevoli prestazioni inappropriate in ambienti

confortevoli, devono ancora prendere consapevolezza, insieme ai medici, dei rischi che i

fenomeni di sovra-diagnosi e sovra-trattamento determinano sulla propria salute.

34 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

4. Proposte per un riordino normativo

Le analisi del presente report confermano che oggi la sanità integrativa è un sistema

caratterizzato da un’estrema deregulation che contribuisce a minare la sostenibilità del SSN.

Infatti, mentre il dibattito si avvita spesso su singole criticità, nel contesto di un imponente

definanziamento del SSN l’intermediazione finanziaria e assicurativa si è abilmente insinuata

tra le crepe di una normativa frammentata e incompleta e cavalcando l’onda del welfare

aziendale, genera profitti utilizzando anche il denaro pubblico sotto forma di detrazioni

fiscali74 per fornire, tramite i fondi sanitari integrativi, prestazioni prevalentemente sostitutive

che alimentano il consumismo sanitario75 e rischiano di danneggiare la salute delle persone.

L’assalto all’universalismo76 in Italia si sta dunque concretizzando attraverso un meccanismo

molto insidioso: da un lato il mix tra interminabili tempi di attesa e ticket esosi sposta una

percentuale sempre più elevata di persone verso il privato, in particolare per le prestazioni

specialistiche e diagnostiche, la cui domanda è facilmente manipolabile e misurabile in termini

quantitativi, molto meno in termini di qualità e appropriatezza77. Dall’altro, si sta facendo largo

la percezione sociale che il ruolo del SSN è quello di produrre prestazioni sanitarie e, quando

non sarà in grado di produrle a sufficienza, la produzione sarà assicurata tempestivamente da

qualche altra “macchina”75. In questo contesto, gli erogatori privati hanno già intercettato i

bisogni del cittadino-consumatore e i finanziatori privati (assicurazioni) promuovono il

secondo pilastro puntando soprattutto sui “pacchetti prevenzione” che da un lato alimentano

consumismo sanitario e medicalizzano la società e dall’altro aumentano la soddisfazione di

cittadini inconsapevoli di costi e rischi. Dal canto loro, le agevolazioni fiscali di cui godono i

fondi sanitari integrativi, in costante aumento per il loro inserimento nei contratti di lavoro,

sottraggono denaro pubblico alla fiscalità generale e indirettamente al SSN.

Ecco perché, nell’ambito della campagna #salviamoSSN, la Fondazione GIMBE ormai da anni

invoca la necessità di un confronto politico finalizzato ad un riordino normativo della sanità

integrativa, idealmente un Testo Unico in grado di:

restituire alla sanità integrativa il suo ruolo originale, ovvero quello di coprire

prevalentemente/esclusivamente prestazioni non incluse nei LEA;

evitare che il denaro pubblico, sotto forma di incentivi fiscali, venga utilizzato per

alimentare i profitti dell’intermediazione finanziaria e assicurativa;

tutelare cittadini e pazienti da derive consumistiche;

garantire a tutti gli operatori del settore le condizioni per una sana competizione;

assicurare una governance nazionale, oggi minacciata dal regionalismo differenziato.

74 Leonardi F. Il business nascosto della sanità integrativa. Left, 28 maggio 2018. Disponibile a: www.left.it/2018/05/20/il-business-nascosto-della-sanita-integrativa. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 75 Satolli R. Dagli amici del SSN mi guardi Iddio. Scienza in Rete, 5 aprile 2018. Disponibile a: www.scienzainrete.it/articolo/dagli-amici-del-ssn-mi-guardi-iddio/roberto-satolli/2018-04-05. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 76 McKee M, Stuckler D. The assault on universalism. BMJ 2011; 343:1314-17. 77 Maciocco G. Lettera aperta al Ministro della salute Giulia Grillo. SaluteInternazionale, 19 dicembre 2018. Disponibile a: www.saluteinternazionale.info/2018/12/lettera-aperta-al-ministro-della-salute-giulia-grillo. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

35 La sanità integrativa

In tal senso, la Fondazione GIMBE formula nel presente report alcune proposte, in parte già

presentate in occasione dell’audizione parlamentare per la Legge di Bilancio 201878 e diffuse

tramite autorevoli organi di stampa79:

“sfoltire” adeguatamente i LEA secondo un metodo evidence & value-based per tre ragioni:

innanzitutto, oggi il finanziamento pubblico non è sufficiente a garantire in maniera

uniforme su tutto il territorio nazionale un “paniere” LEA così ampio che necessita

pertanto di un robusto delisting; in secondo luogo, i LEA includono oggi troppe prestazioni

dal value basso o addirittura negativo80; infine, l’ipotetico “campo d’azione” della sanità

integrativa è attualmente troppo limitato, generando così improprie “invasioni di campo”;

definire le prestazioni LEA ed extra-LEA che possono/non possono essere coperte dai

fondi sanitari integrativi;

rimodulare i criteri di detrazione fiscale innalzando la quota di risorse vincolate a

prestazioni extra-LEA (attualmente fissata al 20%) almeno all’80%, o in alternativa

consentire la detrazione fiscale solo per le prestazioni extra-LEA;

rendere accessibile a tutti i cittadini l’anagrafe dei fondi sanitari integrativi, con

l'obiettivo di favorire il controllo diffuso sull'operato delle Istituzioni e sull’utilizzo delle

risorse pubbliche; tale accesso, idealmente, dovrebbe essere fornito tramite il sistema

degli OpenData , già sviluppato dal Ministero della Salute81;

definire un regolamento per disciplinare l’ordinamento dei fondi sanitari espandendo ed

aggiornando quanto già previsto dal comma 8 dell’art. 9 della L. 502/1992;

varare un sistema di accreditamento pubblico delle compagnie assicurative che possono

operare in sanità, identificando requisiti validi su tutto il territorio nazionale;

regolamentare i rapporti tra compagnie assicurative (profit) e fondi sanitari integrativi

(no-profit) con l’obiettivo primario di prevenire che gli incentivi fiscali alimentino i

profitti dell’intermediazione finanziaria e assicurativa;

regolamentare il rapporto tra finanziatori privati ed erogatori privati accreditati, al fine

di evitare pericolose alleanze con conseguenti derive consumistiche nell’offerta di

prestazioni sanitarie e, al tempo stesso incrementare l’erogazione di prestazioni

finanziate dai terzi paganti da parte delle strutture pubbliche (figura 14, circuito 3);

regolamentare le campagne pubblicitarie di fondi sanitari e assicurazioni per evitare la

diffusione di messaggi consumistici che fanno spesso leva sulle criticità di accesso del

servizio pubblico o su “pacchetti prevenzione” che soddisfano il cittadino-consumatore,

ma alimentano inappropriatezza, medicalizzazione della società, oltre a fenomeni di

sovra-diagnosi e sovra-trattamento;

avviare una campagna istituzionale informativa sulla sanità integrativa per consentire ai

cittadini di conoscere opportunità (e svantaggi) della sanità integrativa;

78 Senato della Repubblica. 12a Commissione Igiene e Sanità. Audizione della Fondazione GIMBE in vista dell’esame, in sede consultiva, del Disegno di Legge di Bilancio 2018. Disponibile a: www.gimbe.org/cosa_facciamo/2017-ssn_legge_bilancio2018/Audizione_GIMBE2017.pdf. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 79 Magnano R. Cartabellotta (GIMBE): «Sanità integrativa, regole da rifare». Il Sole 24 Ore, 4 febbraio 2018. Disponibile a: www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-02-03/cartabellotta-gimbe-sanita-integrativa-regole-rifare--195831.shtml?uuid=AEvMJ2tD. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 80 2° Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Fondazione GIMBE: Bologna, giugno 2017: pag 55-57. Disponibile a: www.rapportogimbe.it/2017 . Ultimo accesso: 15 gennaio 2019. 81 Ministero della Salute. Open Data. Disponibile a: www.dati.salute.gov.it. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

36 Report Osservatorio GIMBE n. 1/2019

escludere in maniera perentoria che la gestione dei fondi sanitari integrativi possa essere

trasferita alle Regioni, nell’ambito delle maggiori autonomie previste dal regionalismo

differenziato;

coinvolgere l’imprenditoria sociale, cogliendo tutte le opportunità offerte dalla riforma

del terzo settore82.

Il presente report vede la luce quando finalmente, dopo anni di silenzio politico sul tema, la

Commissione Affari Sociali della Camera ha aperto uno spiraglio con l’avvio di un’indagine

conoscitiva sulla sanità integrativa. Infatti, lo scorso 17 dicembre la Presidente Maria Lucia

Lorefice ha annunciato «un ampio ciclo di audizioni, per attuare una ricognizione

complessiva della sanità integrativa, alla luce dei 40 anni dall’istituzione del SSN. I fondi

sanitari integrativi, sono stati previsti dalla legge per potenziare l’erogazione di trattamenti e

prestazioni non compresi nei LEA. Pertanto non dovrebbero sostituirsi al primo pilastro del

nostro sistema pubblico di salute che è il SSN, basato sui principi di universalità, equità e

solidarietà, come diretta attuazione dell’articolo 32 della Costituzione»83.

82 DdL n. 2617 approvato dalla Camera dei Deputati in via definitiva il 25 maggio 2016. 83 Fondi integrativi. Lorefice (M5S): “Da gennaio indagine parlamentare. Non devono diventare sostitutivi”. Quotidiano Sanità, 19 dicembre. Disponibile a: www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=69283. Ultimo accesso: 15 gennaio 2019.

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