Relazioni Narratologiche fra Suono e Immagine
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Carlo Serra
Estetica Musicale
1 Cosa vuol dire forme complementari?
In che modo unimmagine si collega al suono? Vi sono almeno due vie, per rispondere alla
domanda, che trovano il proprio fondamento nei decorsi percettivi che sostengono il costituirsi della
nostra esperienza del mondo.
Cammino lungo il corridoio di casa mia, e ascolto il rumore dei miei passi, che accompagnano ilcontinuo modificarsi del mio punto di vista nella scena percettiva, un susseguirsi di immagini che,
passo dopo passo, si susseguono, secondo unarticolazione causale. In quel momento mi accorgo
del segnale di unambulanza, che sta passando: esso si rende via via pi intenso, mentre il mezzo
corre sotto casa mia: lintensificarsi di un suono, come indice dellincombere di una cosa che ancora
non vedo, un gradiente di senso, che guida lorganizzazione del nostro vivere nel mondo. Cos,
nellattenuarsi di quel suono, avverto anche il venir meno delloggetto, il suo allontanarsi.
Si tratta di due esempi diversi, ma che rendono palpabile un primo nesso suono cosa, in cui
lintegrazione suono immagine, il correlarsi dei loro indici, diventa gradiente essenziale
nellarticolazione del rapporto con lambiente. Nellarricchimento latente che lega le due formepercettive, si svela una tendenza, tutta interna alla configurazione del senso dellesperienza, tesa
ricostruire un terreno comune, fra due regioni distinte della ricezione, saldamente intrecciate sul
piano di decorsi ordinati attraverso cui ci costruiamo unidea delle regole che organizzano il mondo
che ci circonda:nel tessuto costitutivo della nostra esperienza le modificazioni dellintensit sonora
e lo svilupparsi di serie dimmagini che si susseguono secondo un rapporto di implicazione
reciproca sono fuse tra loro, e cos , allallontanarsi dellambulanza, corrisponder un progressivo
affievolirsi del suono della sirena.
Per separare tali forme integrative, dobbiamo ricorrere ad autentiche finzioni filosofiche: proviamo
ad immaginare una passeggiata, nello spazio che ci circonda senza quel frinire di eventi sonori che
ci parlano del mondo, a qualunque latitudine, essa sembra irreale, un percorso in un mondo morto, o
gi totalmente sprofondato in una fantasia onirica. Lo sciame di suoni che ci circondano ci parlano
della presenza delle cose, dellaccadere degli eventi, e del loro incombere sulla vita di coscienza,
del loro affacciarsi nel tessuto della nostra vita quotidiana, ma il gioco offerto dalle virtualit messe
in gioco da esperimenti immaginari apre certamente la via ad una serie di speculazioni sulle
possibilit espressive legate allinterazione di suono e immagine.
Attestandoci su queste forme di correlazione implicita, potremmo pensare al rapporto suono
immagine in una poetica della rappresentazione di tipo realistico: la necessit di una
complementarit fra suono e immagine obbedirebbe cos ad un intento di tipo mimetico, di
ricostruzione delle condizioni dellesperienza allinterno della fruizione artistica E certamente il
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tema accompagna la storia del teatro fin dallinizio ( si pensi allacustica del teatro greco, alla sua
capacit di far risuonare la voce dellattore in maschera nellampio spazio che circonda la scena) ed
emerge anche allinterno di quel complesso passaggio della storia del cinema che va dal muto
allaudiovisivo: queste ovvie constatazioni di tipo mimetico tendono gi a far inclinare il discorso
in senso naturalistico, andando a vedere come il piano virtuale della rappresentazione ingloba
complementarit percettive, che riproducono le costituzioni di senso che costellano il farsi
dellesperienza.
Il tema apre immediatamente sullevocazione delle sfere concettuali che legano la natura
allimitazione, una delle linfe pi vive nellevoluzione dei pensieri suo nessi suono immagine:
conviene tuttavia ricordare che gli intenti espressivi di unopera darte non possono collassare
completamente sul piano del realismo o della forma mimetica. Il saldarsi di quei nuclei originari
dellesperienza pu, al contrario indebolirsi o sciogliersi, quando teatro o cinema ricorrono alla
dimensione acustica, e al suono variamente inteso, per la drammatizzazione di azioni.
Non si tratta di ripetere lovviet del rovesciamento, secondo cui linquadramento sonoro
dellimmagine apre su registri emotivi che modificano completamente il senso dellimmagine
stessa, ma di comprendere che il movimento temporale del suono attribuisce un proprio spessore
allimmagine, ne filtra la ricezione anche in termini temporali, ne modifica il respiro interno. E un
problema diverso, molto pi sfumato di quanto non si faccia immaginare il semplice rovesciamento
dei climax emotivi, legati al fatto che una scena tragica, accompagnata da una musica sguaiata,
possa farci sorridere. Dovremmo parlare dellemergenza di un tema espressivo del suono, che
stringe in s il ritmo del montaggio, il taglio della sequenza, il colore timbrico della fonte,
lintensit con viene proposta, una serie indefinita di variabili piuttosto complesse, che si fanno
avanti tutte assieme e ci conducono nellazione attraverso le interferenze delle loro colorazioni. Celo spiega bene un esempio tratto da Michel Chion:
Sullo schermo si succedono immagini brutali [] Scene traumatizzanti di animali sacrificati. Unamano inchiodata. Poi: un obitorio in cui scorre il tempo quotidiano; nellobitorio, un bambino chesembra inizialmente un corpo come gli altri, e che invece si agita, vive, legge un libro accosta una
mano alla superficie dello schermo []
Stop!
Riavvolgiamo il film di Bergman fino allinizio e cos semplicemente eliminiamo il suono, per
provare a rivedere il film dimenticando quanto abbiamo visto in precedenza. Ci che vediamo
tuttaltro.
Il piano della mano inchiodata, tanto per cominciare:nel silenzio scopriamo che si trattava di tre
piani distinti, mentre ne avevamo visto soltanto uno perch si legavano grazie al suono. E
soprattutto, privata del rumore, la mano inchiodata astratta. Sonorizzata essa terrificante,
reale. Le immagini dellobitorio: senza il suono che le legava (uno sgocciolio dacqua), scopriamoin esse una serie di fotografie fisse, di pezzi di corpi umani isolati gli uni dagli altri, privati di
spazio e di tempo []. Tutta la sequenza ha perso il proprio ritmo e la propria unit1.
1Michel Chion (2001) , Laudiovisione. Suono e immagine nel cinema tr. it Dario Buzzolan, Lindau, Torino, pp.13
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Linizio di Persona di Ingmar Bergman illumina in modo incisivo il tema delle proiezioni del suono
sullimmagine, tenendoci lontano dai tratti realistici, a cui sembravano portarci le correlazioni da
cui abbiamo preso le mosse.
Le sequenze hanno un evidente colore onirico, mentre i nessi di continuit fra le scompaginate
sequenze iniziali, che ci conducono immediatamente allinterno del dramma della scissione
psichica, cercano ununit del contenuto narrativo, che rimane garantita soltanto dal suono. Lesito
frastornante: la sequenza della mano inchiodata si frantuma in tre tronconi, ma lassenza del suono
confina quel gesto sinistro in unatmosfera astratta.
Qualcosa di diverso accade per le immagini dellobitorio, che senza la continuit dello sgocciolio,
potente immagine di una dispersione, di una mancata coagulazione, del senso si mostrano per
quello che sono, una sinistra serie di fotografie fisse, di frammenti di corpi, che, isolati nello spazio
e nel tempo, rimandano allimmagine di una raggelata catalogazione del funebre. Il venir meno delfilo conduttore del suono, che si proiettava sullordine stravolto dellimmagine, ne fa emergere un
aspetto ancora pi terribile del funebre: lidea di un abbandono dei corpi a se stessi, di una perdita
loro identit personale.
Evidentemente proprio la natura temporale del suono, il fatto che esso implichi, come dice, un po
misteriosamente Chion, uno spostamento anche minimo, unazione, che rende la sintesi cos
significativa: e lo stesso varr per limmobilit, quando un suono viene proposto come fisso, esso
in realt un processo che si ripete, ad anello. Il suono ha una propria dinamica temporale, anche
quando rimane identico a se stesso: un loop che si ripete, o una nota tenuta, che si mantiene identica
a se stessa, non altro che il ripresentarsi di uno stesso elemento, che per essere riconosciuto tale,
deve continuamente riattivare il processo della sua identit nel tempo, un aspetto che molto
diverso dallidentit spaziale.
Ascoltare molto diverso dal continuare a guardare unimmagine, lidentit dellimmagine sotto
ai miei occhi, , in qualche modo, fa tuttuno con il suo essere una cosa posizionata in un luogo
nello spazio. Il suono invece un processo che mi si impone, rispetto a cui sono inizialmente
passivo, un evento che si ripete nello stesso punto del tempo, quindi qualcosa di pi complesso e
fuggente, che non pu essere indicato col dito, come faremmo per un luogo spaziale. Un suono
identico a se stesso risulta continuamente soggetto al movimento che lo costituisce al suo irromperedal nulla. Dovremo tornare su questo punto, gli accenni di Chion sono evidentemente incompleti,
ma per ora ci bastano a comprendere in che senso il suono collochi limmagine o la scena dentro ad
un tessuto temporale, drammatizzandone i contenuti.
Per cominciare a strecciare la confusione che questi aspetti mettono in gioco, dobbiamo produrre
qualche esempio: guardando quattro triangoli identici, allineati uno allaltro, posso leggere la
sequenza come quattro figure uguali tra loro, una a fianco dellaltra, ma posso anche leggerla
come il ripetersi dello stesso elemento quattro volte2. Il senso della configurazione, da una lettura
allaltra, muta completamente il proprio senso: nel prima caso sottolineo la molteplicit delle figure
2Per questo tema vedi Giovanni Piana (1994), Ripetizione, musica, magia. Conversazione attorno a La musica e la
magia di Jules Combarieu,http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~piana/ripetizione/ripetizione.htm
http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~piana/ripetizione/ripetizione.htmhttp://filosofia.dipafilo.unimi.it/~piana/ripetizione/ripetizione.htmhttp://filosofia.dipafilo.unimi.it/~piana/ripetizione/ripetizione.htmhttp://filosofia.dipafilo.unimi.it/~piana/ripetizione/ripetizione.htm -
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nello spazio, nel secondo la ripetizione della stessa figura, il suo darsi allinterno di un ordine, e si
attribuisce alla sequenza, come scrive Piana nel saggio citato, un inizio, una fine o una sua
indefinita prosecuzione. Lidea di ordine, di sequenza rimanda implicitamente al concetto di tempo,
e se quattro suoni uguali tra loro, non si possono dare in un unico sguardo, come accade per gli
oggetti nello spazio, si intender appunto che, in un certo intervallo di tempo, lo stesso suono
accaduto quattro volte. Il passaggio dalluguaglianza allidentit ci pone allinterno di un registro
temporale, ed proprio questo che ci insegna lesempio di Chion: la natura temporale del suono
trascina limmagine, indipendentemente dal registro realistico del taglio narrativo, e questo accade
nel cinema come nel teatro: il riverbero di questa forma logica guida lorganizzarsi del senso della
sequenza delle immagini, che verranno fruite secondo le possibilit interne allordine scandito dai
suoni.
Potremmo forse dirlo cos: ogni immagine una rappresentazione di un oggetto, e questa
rappresentazione accade in un momento dello spazio e in un luogo nel tempo. Ogni immagine
congelata allinterno di questa localizzazione, anche se poi dialoga con tutte le immagini, anchedello stesso oggetto, che la precedono e che la seguono nel tempo: linseguirsi di queste unit, che
si raccolgono assieme attraverso un rapporto di implicazione reciproca e di svolgimento, determina
il senso di una sequenza.
Giocando con limmagine, il suono arricchisce la dinamicit di tutti questi spaccati spazio
temporali, che sono in fondo le rappresentazioni degli oggetti. Ma il suo lavoro non si esaurisce in
questa funzione dinamica: lesempio mette in luce che il suono enfatizza la capacit di narrare, il
taglio proposto dallautore, in questo caso, portano queste due situazioni al limite di rottura, e allora
sar il rumore o il suono musicale a permettere a tutti quei nuclei che non riescono a condensarsi,
ritrovino una loro continuit, profondamente spezzata dal fatto che le sequenze di un sogno, o di un
incubo, non sono consequenziali, vivono la logica discontinua dellimmaginazione, il suo cercare
nessi aldil dellordine regolare delle cose.
Il suono si trova a sottolineare, a esplicitare, a mettere in gioco i contenuti espressivi della
rappresentazione, sigillando levento allinterno di una sfera sonora che lavora su atmosfere,
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colorazioni emotive, suggestioni interpretative: lidea dellevocazione della goccia dacqua, rispetto
alle immagini fisse dellobitorio, colora quel quadro di un colore ancora pi sinistro, pi opaco.
Nellesempio tratto da Persona limmagine sta prima del suono, mentre esso cerca di riplasmarsi
allinterno del regime espressivo messo in moto dallimmagine, e dalle lacune del montaggio che le
assembla: vi un movimento dallimmagine al suono, dalla dimensione della spazialit narrativa a
quella della temporalit musicale. La mano inchiodata, privata dei suoni dellinchiodamento torna
ad essere solo unimmagine astratta, un assemblaggio non riuscito, mentre il commento sonoro ci
permette di attribuire movimento a quella staticit inchiodata, rintracciando un senso che , assieme,
emotivo e direzionale, (i piani si fondono tra di loro). Nel contesto ambiguo del sogno, il commento
sonoro assume la funzione di un indicatore drammaturgico, riempimendo di senso il montaggio
delle immagini, e crea tensione per confonderne i significati.
Al tema imitativo si affianca una riflessione sulla libert del narratologico, e sullarticolazione
possibile dei suoi nessi interni: il suono, semplicemente assume la funzione di un secondo
montaggio, scambia quasi la propria posizione con il flusso delle immagini, e lo fa proprio perquelle tendenze iterative, di cui ci parla lesempio della sequenza del triangolo che si ripete. Mimare
un ordine temporale non una condizione sufficiente a costruire un insieme organico di immagini,
ma suggerisce un ordine possibile, che ha natura emotiva, colorato dalle suggestioni espressive
imposte dalla qualit di suono e rumore.
Siamo partiti dal piano imitativo, e dalla complementarit fra ascolto e visione, ma gi ai primi
passi, il senso di tale relazione si fa complesso, e teso verso nuclei espressivi bivalenti, dove
immagine e suono possono scambiarsi le parti, obbedendo ad esigenze espressive che trovano la
propria giustificazione nella scelta del piano narratologico che organizza limmagine. Potremmo
chiederci se il nascere del problema non si leghi solo alla logica combinatoria fra oggetti spaziali (leimmagini) e strutture temporali (i suoni) e al loro mutar di ruoli, allinterno del racconto
audiovisivo.
Diamo pure una risposta positiva a questa domanda, ma certamente la logica combinatoria non ci
spiega nulla della relazioni espressive, che sostengono questi scambi continui, perch chiaro che il
movimento temporale del suono ha un continuo riverbero nella fruizione affettiva dellimmagine:
su questo terreno che prendono forma quelle esigenze strutturali che permettono quelle
interpolazioni. Adesso comprendiamo anche perch il tema paradossale del rovesciamento di senso,
della musica lieta che scorre sullimmagine tragica, ci possa insegnare pochissimo sulla correlativit
di suono e di immagine: un rovesciamento fra nuclei semantici, o un rovesciamento di componenti
espressive, si limita a farci oscillare fra due poli di una relazione che andrebbe invece indagata nel
suo costituirsi. Questaspetto ha considerevole peso, ad esempio, nella nascita del cinema, e nel
passaggio da muto a sonoro, perch le fibrillazioni espressive di un suono che proviene
dallimmagine, aprono campi di senso che ci portano un passo oltre il piano, sempre presupposto
della complementarit. Non si tratta pi di far aderire il suono allimmagine, ma di farli nascere uno
dallaltro. Il piano dellespressivo prende forma proprio qui:la nostra domanda iniziale, relativa al
significato di forma complementare, ci spinge in direzione del riverberarsi reciproco delle forme
affettive, messe in gioco dallintreccio fra oggetti spaziali, movimento, e strutture temporali.
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2 Estasi e ritualit
La tematica dellespressione trova una esemplificazione assai efficace in Sergej. M. Ejzentein3, che
parla di un vero e proprio sconfinamento dellimmagine nella musica, osservazione preziosa da
parte di un regista che vede nellorganicit della natura il modello della struttura narrativa del
cinema: la narrazione deve diventare incalzante, non pu permettersi pause, il ritmo intenso del
montaggio non pu dar respiro allo spettatore. La funzione della musica va indagata dentro a questo
plesso.
Vi organicit se la struttura del film, le parti che lo compongono, sono in grado di convertirsi
luna nellaltra: una scena tanto pi organica, quanto pi immagine, musica, inquadratura, colore,
convergono dinamicamente una nellaltra, per dare un risultato coerente, in cui ogni parte sembra
uscire da se stessa, per fondersi nellaltra. Il convergere dinamico di tutti i registri espressivi, uno
nellaltro, crea il clima espressivo, la sua capacit di portare lo spettatore dentro di s, in un quadro
di totale metamorfosi delle forme, che rimanda, circolarmente allorganicit del ciclo naturale.
Non il momento di impugnare delle legittime resistenze nei confronti di un parallelismo cos
accentuato, utilizzato in modo geniale dal regista russo, per raccontare gli intrecci costitutivi della
struttura filmica, per saldarne insieme i singoli momenti, in una teoria che mira ad un
rispecchiamento patetico dello spettatore nellevento filmico e nei suoi nessi strutturali, letti comeopera darte totale. E invece interessante osservare che, in una poetica in cui la spontaneit della
natura si fa modello formale, limmagine sconfini nella musica. Lo sconfinamento, il fatto che
immagine e suono si costituiscano assieme in una totalit indifferenziata, in cui le singole parti
superano la propria identit strutturale nellaffermazione di un quadro espressivo non si lega solo al
fatto che il montaggio delle immagini debba obbedire ad una logica emozionale, che ha pi di una
parentela con il ritmo musicale, trova una geniale conferma nellidea che, nel cinema muto sia
proprio il paesaggio, lelemento pi libero del film, che diviene la cassa di risonanza di tale
esigenza espressiva.
Il rapporto fra suono e immagine nel cinema muto trova un doppio nel rapporto che legalimmagine a se stessa, alla sua contestualizzazione, lasciando intendere che tutta la logica
costruttiva del film viva in questo regime di trapasso fra dimensioni vicine, verso quelle pi lontane:
per spiegare il gioco contestuale della musica, la sua forza narrativa, si prendono le mosse da ci
che circonda limmagine, da quello che definiremmo lo sfondo organico, in cui limmagine
cinematografica inserita.
Il paesaggio lelemento pi libero da condizionamenti narrativi, e si mostra particolarmente duttile
per la trasmissione di umori, stati danimo, atmosfere emotive. Lidea di fusione qui prende un
rilievo difficilmente contestabile: lo sfondo della figura, ci che circonda i personaggi, deve
3Sergej. M. Ejzentein, (1988) La musica del paesaggio (1945 1947) in La natura non indifferente, a cura di Paolo
Montani, Marsilio Editori, Padova, pp. 231 e sgg.
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respirare della loro drammaticit, come la musica deve catturare lespressivit dellimmagine , e
riproporne con forza i contenuti. La funzione della musica avr cos il senso di una coloratura
emotiva, e indicalit narrativa delle situazioni, che dovrebbe condurre, nellevoluzione del mezzo
audiovisivo, a una fusione organica di suono e immagine. Natura, sconfinamento, risonanza:
persino nel cinema muta suono musicale, rumore e gradazione dellatmosfera emotiva vengono
evocate, come fusione fra due sfere sensoriali.
Ma vi qualcosa di pi, la funzione della musica non consiste solo nel rafforzare lazione, quanto di
finire di raccontare emozionalmente quanto inesprimibile con altri mezzi4. In questo senso, la
musica insostituibile, perch coglie uno strato segreto dellazione, un piano che la narrazione non
pu esplicitare in altro modo.
La musica si rende indispensabile, perch tocca un piano nascosto, e crea un nuovo orizzonte di
senso, rimodellando attorno a s tutto il piano narrativo. E unosservazione molto meno ovvia di
quanto non potremmo immaginare: se la musica in grado di suggerire quello che la relazione
implicita paesaggio immagine sa solo mostrare come risonanza, vuol dire che, nei precipitati
espressivi della musica che commenta la scena, si apre un piano nascosto, dove vivono latenze e
direzioni di senso, che contengono qualcosa di simile allimmagine, una sorta di traccia, che fatica
ad emergere da sola, ma che orienta il senso della sequenza filmica che sostiene.
Losservazione mostra come sia possibile tracciare un percorso esattamente opposto, in grado di
condurci che dal suono verso limmagine: in particolare, nella tradizione estetica del mondo antico,
nasce un fitto dibattito sulle possibilit rappresentative legata a quella che potremmo chiamare le
propriet psicagogiche della musica, quellinsieme di sollecitazioni emotive prodotte da ritmi e
melodia che conducono lanimo umano verso orizzonti semantici o espressivi, intimamentecollegati alla potenza emotiva della musica.
Lidea di una potenzialit espressiva che guidi e sostenga la fruizione musicale sembra implicare la
possibilit di un aggancio possibile verso la drammatizzazione di unazione visiva, di una danza, o
di un gesto teatrale. Nella prescrittiva greca, ad esempio, il puro gioco di forme in cui si articolano
le strutture sonore, viene spinto ad uscire dalla sua astrattezza, dalla sua lontananza dal mondo, per
creare un canale privilegiato, che illumini il mondo dellesperienza, e dellaffettivit, dallinterno,
secondo larticolazione di una serie di modelli canonici, che vedono la musica animata dalle stesse
proporzioni matematiche che sostengono il movimento dei pianeti o lordinarsi delle relazioni fra
concetti, ma ancora presto per entrare in un contesto cos definito.
Proviamo, per ora, a entrare nelle regioni concettuali, dove prende forma quel rapporto che lega il
suono allimmagine, e, in particolare, il suono alla messa in scena: dovremo intendere questa
relazione, ponendo laccento sul terreno della rappresentazione simbolica. Mirando a questo
modello di relazione dovremmo pensare che suono e gesto teatrale si incontrino nellesplicitazione
di contenuti narrativi latenti, che la musica dovrebbe disambiguare, o portare in evidenza: il suono
lavora sui nuclei affettivi che latitano attorno allimmagine o alla scena.
Tali relazioni assumono particolare trasparenza nei contesti rituali, un campo dove la
trasformazione simbolica dellevento sonoro, pur essendo strettamente sigillato nella dimensione di
4Ivi, p.232.
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una teatralit rituale, risulta pi facilmente avvicinabile: nel rito, infatti, le forme simboliche e la
teatralizzazione del suono devono incontrarsi, per portare lo spettatore allinterno di una comunit
celebrante, per attribuirgli unidentit simbolica, per fargli condividere le forme di significato che il
rito celebra.
Nel nesso musica- rito il musicale fa propria la nozione di mondo, come struttura in cui agire, o da
manipolare: nella ritualit nasce un rapporto magico con la cosa, rapporto che vede il suono
attivare una modificazione delloggetto, attraverso la sua assenza, e la sua sacralizzazione. Le molte
pratiche dello sciamanesimo, dove levocazione del mondo del magico si d attraverso luso di
richiami simbolici di tipo sonoro, ne una buona esemplificazione. In quel contesto , lelemento
sensibile evocato dalla qualit del richiamo, dellimitazione, sta alla presenza dellanimale
simbolico in un senso ampio e frastagliato5: limitazione dellanimale fa tuttuno con levocazione
dello spirito, che lanimale simbolizza, quel suono si fa voce di un mondo invisibile. Limitazione
acustica tutta proiettata verso il valore immaginativo del simbolico.
Illuminando dallinterno la relazione fra suono e immagine in senso magico, il rituale trasfigura
lovvio riferimento, al rapporto suono cosa, che nel suono della cosa la semplice presenza
delloggetto, una sua pura smaterializzazione sonora, che ne presenta ostinatamente lidentit sul
piano acustico, ne drammatizza il senso. La calibratissima imitazione di un verso animale, non
evoca pi la cosa, ma il significato spirituale, e magico, che la cosa assume allinterno di un regime
simbolico, il lato sinistro, nascosto della cosa stessa, mettendo in gioco quei meccanismi
metamorfici, che sembrano accompagnare continuamente lidea di mimesi determinata dalla
interferenza fra suono e immagine: nel momento in cui il suono si sostituisce alla cosa, e cosa viene
evocata come elemento magico, la teatralizzazione del rituale pone laspetto sonoro come unica
traccia della presenza di un mondo magico, ed invisibile.
Il suono va oltre se stesso, perdendo la propria identit referenziale, assumendo senso solo
allinterno di quellintervallo della credenza comune, in cui il verso imitato di un animale diventa la
voce di un demone, in una profonda complicit espressiva, che lega tra loro tutti i partecipanti:si sta
riaffacciando il tema dello sconfinamento, in un senso vicino a quello evocato dal raffinato
strutturalismo metamorfico di Ejzentein: il suono d valore alla cerimonia, ne fissa i recinti
simbolici, la porta dialogare con una dimensione di tipo estatico, non lontana dagli esiti espressivi
prefigurati da La natura non indifferente, e soprattutto lirrompere dellespressivit degli eventi
sonori modifica, con la complicit dei partecipanti, i nessi interni alla realt, proponendone il
rovesciamento magico.
La qualit mimetica ora totalmente assorbita nella transvalutazione simbolica :sembra quasi che
lapertura della dimensione simbolica del rituale partecipi dello sfumarsi delle forme di credenza,
che ne sostengono la condivisione, e che la potenza del suono, gli eventi ritmici scatenati dalle voci
e dai canti degli sciamani, creano un disorientamento ritmico, che muta lo stesso valore visivo della
cerimonia: il suono si fa filtro narrativo, che fonde tra loro strutture diverse in grado di porre in
5Difficile fornire una bibliografia esauriente su questo tema, che da anni interessa gli etnomusicologi: ci limitiamo arimandare alla complessa vicenda della fruizione dello sciamanismo siberiano, di cui il lettore trover ampia rassegna in
Andrei. A. Znamenski, (2003) Shamanism in Siberia. Russian Records of Indigenous Spirituality,Kluver Academic
Publishers, Dordrecht/Boston/London.
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regime di continuit piani della realt e valorizzazioni immaginative, che vengono rafforzate dagli
atteggiamenti di credenza e di complicit dei partecipanti.
Credenza e complicit: a ben guardare lorizzonte simbolico giocato dallinterazione ritualistica fra
suono e immagine non poi cos lontano dal nostro atteggiamento di spettatori quando
partecipiamo ad un evento teatrale: basterebbe pensare, ad esempio, che anche il corpo dellattore
nella tragedia greca, sta per qualcosaltro, per una presenza mitologica, che si incarna in quella
persona e in quella maschera. Lo scambio simbolico nel corpo dellattore permette che qualcosa di
estremamente remoto si formi sotto i nostri occhi e si lasci ascoltare: la radice rituale e politica del
teatro trova il proprio fondamento nellapertura di una correlativit partecipe: fra i mezzi a cui si
ricorre con pi facilit, emerge la drammaturgia sonora, che avvolge i nessi narrativi, suggerendo
aspetti che sulla scena possiamo solo avvertire e non vedere, sottolinea significati che trascendono i
personaggi. Tutto il melodramma lambito da queste ambiguit, che stringono a vario titolo, e con
intensit diverse, ludiche reti di complicit con lo spettatore.
I legami fra complicit, credenza, e acontestualizzazione dei prodotti dell immaginazione, che
vivono naturalmente allinterno della propria forma narrativa, entrano a far parte anche della
grammatica cinematografica: alle volte, nel brulicare dei suoni e dei rumori extrainquadratura, che
ci parlano dellincombere del mondo sulla narrazione, il senso di tali relazioni si rovescia, arrivando
a decontestualizzare limmagine stessa, portandola quasi fuori di s. Torna la dimensione estatica,
che aveva tanto a cuore Ejzentein, la capacit di far collassare tutte le componenti narrative in una
struttura compatta tesa a catturare lo spettatore, che ora corre modo centrifugo, verso le grandi
costituzioni simboliche della visione, o verso il mondo.
Nellultima opera cinematografica di Tarkovskij, Sacrificio (Offret, 1986) si percepiscono suoniche sono gi sullaltro versante della vita, percepiti da un orecchio immateriale, liberati dal nostroconfuso orecchio umano: sono richiami modulati, che risuonano in unaria limpida, lanciati davoci giovani e fresche, e ci riportano lontano, alla nostra infanzia a quellet in cui limmortalit cipareva essere il nostro tempo naturale.
Quei canti, lo spettatore pu udirli, senza accorgersi di averli sentiti. Perch nulla nellimmagine,risponde ad essi o li sottolinea. Essi sono come laldil dellimmagine, ci che si potrebbe scoprirese lo schermo fosse un pendio,e si potesse andare a vedere ci che succede dallaltra parte6.
Il registro partecipato del commento di Chion potrebbe farci indulgere verso una forma diaccondiscendente sufficienza nei confronti di una forma argomentativa non priva di opacit ma, a
ben guardare, il tema pi sottile del registro privato con cui ci viene proposto.
Il suono come immagine di un mondo che sta aldil dellimmagine monodimensionale che vediamo
sullo schermo, si fa polifonia fra tempi esistenziali diversi: esso pu vivere totalmente al di fuori del
visibile, raggiungere una tale forma di precariet, che potrebbe essere ascoltato, ma non
riconosciuto. Lo straniamento rispetto allimmagine, gli attribuisce un tale spessore espressivo, da
creare una tensione verso il perduto, che nel passo di Chion diventa evocazione dellorizzonte
delleterno presente, che caratterizza linfanzia.
6 Michel Chion, op. cit., p.123.
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I suoni che si muovono fuori dallimmagine, ma, che, se ascoltati, decontestualizzano quasi dalla
drammaturgia in atto, creando leffetto di una terza parete, che va superata per andar a vedere cosa
sostiene limmaginario della visione, laccento sulla acontestualit immaginativa che sostiene la
narrazione cinematografica, creano un potentissimo ponte semantico verso le radici simboliche in
cui prende forma lattivit dellimmaginazione. Gli stessi suoni, del resto, potrebbero volgersi
verso linteriorit dei personaggi della storia, come accade per le grida di rondini, che si inseguono
nella colonna sonora del film, e di cui nessuno dei personaggi parla mai, ascoltate solo da noi ,e dal
bambino convalescente7. Quelle grida, si attestano su un luogo di transizione fra virtualit
dellopera e vita vissuta dellascoltatore, sono trame che cercano una soggettivit disposta a giocare
con quelle forme di dislocazione, con messaggi poetici nascosti nelle pieghe della narrazione, che
puntano su regioni di confine del contesto narrativo.
Le fasi di decontestualizzazione del suono, le sue forme tese al limite del paradosso, ma spesso
indispensabili (si pensi alluso della voce nelle narrazioni operate dai personaggi) d iventano cos un
filtro per muoversi attorno ai vari regimi di costituzione dellopera cinematografica. La posta ingioco il senso della localizzazione, spazio temporale dellopera filmica il gioco con cui essa
dialoga direttamente con lo spettatore, aldil e al di qua dellimmagine stessa, che, in molti casi,
coincide con i personaggi stessi e tutto il tessuto di relazioni che costituisce il loro mondo. E forse
il modo pi radicale in cui lirruzione del suono opera nella dimensione dellestasi, dete rminando
un uscire da s che non pi solo spaziale, ma che va a toccare lidentit stessa che circoscrive
lopera allinterno del suo contenitore, portandola ad un dialogo interno con lo spettatore.
Ma tempo di muovere un passo oltre i paradossi mossi dalla riverberazione del suono
sullimmagine filmica, per chiarire meglio il senso del rapporto con la ritualit.
3 La musica come drammaturgia
Vorremmo seguire il prender forma di questi problemi nel mondo antico: il riferimento alla forma
di teatralizzazione, alla possibilit di far emergere attraverso qualcosa, qualcosaltro, come accade
quando una tragedia porta alla luce, nel significato di una vicenda, tutto un sistema di valori etici,
morali, politici, estetici, stilistici, motivazionali o, per usare unespressione aristotelica che si
colloca trasversalmente su tutti questi significati, raccogliendoli in una solo parola, mimetici,
emerger immediatamente, con tutta la sua carica problematica.
Il profondo intreccio fra forme della ritualit e spettacolarizzazione accompagna lo sviluppo della
nozione di musica fin dallorigine della musica greca: non certo un caso se Aristotele nellOttavo
libro della Politica, o Platone nel VII Libro della Repubblica (530c 531d) avvertano la necessit
di circoscrivere le tipologie e gli effetti dei suoni sullanima e che si trovino cos a dover costruire
complesse teorie sulla ricezione e la riarticolazione dellesperienza musicale allinterno degli
spettacoli pubblici, con una caratteristica divaricazione delle tematiche interne struttura degli
oggetti sonori.
7 Ivi, p.124.
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Il rapporto suono azione uno dei temi avvertiti con maggior tormento nella riflessione sul
musicale, in parte per una profonda diffidenza dei filosofi verso le pratiche connesse alla sfera dello
spettacolo, in parte per la polivalenza interna al concetto di mimesi e di ricezione dei modelli
poetici, allinterno della riflessione dei due filosofi.
Se la forma e la struttura del racconto imitano un mondo possibile, attraverso cui il contenuto
poetico della tragedia assume una forma politica di riconoscimento da parte di una comunit che
partecipa alle peripezie delleroe tragico, tutti gli elementi troppo compromessi con il piano della
spettacolarizzazione, creano interferenze che sono dannose alla fruizione dellopera. Cosa significhi
in questo contesto spettacolo presto detto: tutto il piano di azioni, gesti di rafforzo, suoni di
contorno, canti, costumi, che, avvicinando la dimensione poetica del testo a una rappresentazione
forte, esuberante di contenuti sensibili, ne schiacciano il valore ideale: la diffidenza platonica nei
confronti dellidea di una mimesi, di un rappresentazione che guardi al piano imitativo (il tema
dellimitazione dunque il prodotto di una stilizzazione, di una schematizzazione del reale,
particolarmente efficace), dei suoi limiti e dei suoi pregi, va collocata allinterno di questa capacit,di questa produzione di immagini che soggiogano.
Possiamo parlar solo di diffidenza, non di disinteresse, perch i filosofi prendono tutti atto della
forza di quel legame originaria per la comunit greca, tanto che le speculazioni sul teatro, sul suono,
sulle intonazioni della voce, sui contenuti narrativi e mimetici della narrazione diventano snodi
impegnativi in ogni speculazione etico politica, e lasciano le loro tracce sulle riflessioni connesse
alla retorica, alla zoologia, e alla fisiognomica8: al preoccupato riconoscimento della forza
dellimmagine (non disprezzo come spesso si scrive), Aristotele dedicher il nucleo teorico della
Poetica, chiedendosi come sia possibile limitazione, e ricostruendo una serie di considerazioni
antropologiche ed estetiche che vedono nella mimesi un passaggio essenziale per la vita socialedelluomo (impariamo a giocare, a parlare, a far poesia imitando, attraverso processi di
schematizzazione, i cui esiti sono inesorabilmente legati ai modi della nostra caratterialit).
Fin dallinizio della speculazione filosofica sulloggetto teatrale, estetica e antropologia creao un
ponte fortissimo fra di loro, per comprendere in che modo le tendenze istintive delluomo si
connettano al mondo ambiente che lo circonda: nessuno stupore se questo accada anche per la
musica.
Il suono disturba, emoziona, facilita la ricezione di alcune emozioni, e allontana da altre:
nellOttavo Libro della Politica Aristotele propone persino un modello di tipo catartico: emozionicome compassione, paura, entusiasmo, appartengono, in modo diverso a tutti, ma vengono
sensibilmente rafforzate dalla presenza di forme melodiche, in grado di intensificarne, o renderne
meno avvertibili, gli effetti. Accade cos che, muovendoci allinterno di una teoria della ricezione
artistica, ci venga subito incontro un sovrapporsi di piani in cui il complesso gioco di emozioni
messo in gioco, ad esempio, dalla rappresentazione tragica, trova una sponda immediata negli
effetti che un oggetto sofisticato come una melodia rituale sollecita nello spettatore. In particolare,
osserva Aristotele :
8 Per una coloratissima rassegna sul tema, vedi Maurizio Bettini (2008), Voci, Antropologia sonora del mondo antico,
Einaudi, Torino.
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alcuni individui sono portati ad essere scossi da tali moti, ma quando partecipano a quelle
melodie [] ci sembrano curati da queste melodie sacre, come se fossero state date loro curemediche e catarsi.
9.
La melodia cura, fa ritrovare un equilibrio, crea un movimento fra interno ed esterno, riportando gli
individui allinterno di uno stato pi contemplativo, o pi entusiasta. I suoni agiscono, rafforzano
una pratica, ne modificano lo statuto, ma possono anche ricreare una condizione dinamica di
equilibrio.
Vi un sentire assieme alla musica, un movimento dallascoltatore verso la struttura sonora e un
ritorno, dalla struttura sonora allascoltatore10: lidea di una la musica che esprima le emozioni si
radica allinterno di questa complicit, che la vede portare ad espressione, verrebbe voglia di dire
portare ad icona, i moti dellanimo, in una sorta di rispecchiamento fra udire, essere e portare a
rappresentazione. Sembra che la descrizione di Aristotele veda nel carattere di sacralit della
melodia, che purtroppo ci rimane ignota, una sorta di struttura retorica modellata secondo regole
molto precise, in grado di farne riconoscere immediatamente il carattere rasserenante
allascoltatore. La strategia interna del rito, la sua forma narrativa, prevede un turbamento e un
rasserenarsi dellanimo attraverso un rapporto di complicit fra ascolto del suono e trasformazione
psicologica, un passaggio che si consolida allinterno del rito stesso, e che alcuni individui
avvertono pi di altri.
Non unosservazione di poco conto, perch accettare queste forme di complicit implica lidea
che esista un potere persuasivo interno alle strutture melodiche, che d loro la possibilit di far
intendere, a modo proprio, dei contenuti: una costruzione sofisticata come una forma di canto
rituale riesce a modificare dallinterno gli elementi affettivi che stanno dietro alle forme cheorganizzano il piano della ricettivit dei contenuti dellesperienza, di cui ora va ricercato il
fondamento autentico.
Rimane, tuttavia, un punto da chiarire: come accade tutto questo, e che rapporto stringe leffetto
della musica al concetto di immagine? La musica ha dei caratteri, ma come li imita? Per
comprendere questo problema, dobbiamo uscire dallambito delle opere autenticamente
aristoteliche, e volgerci verso gli scritti della sua scuola, in particolare il libro XIX dei Problemi,
che ha come oggetto la musica11
.
NelProblema 27 si apre una discussione sul perch gli oggetti delludito siano gli unici oggetti
sensoriali che contengano ethos, un carattere morale. Perch la musica contiene un carattere etico,
che si offre ai nostri sensi, mentre non lo posseggono odori, sapori o colori. Secondo lautore del
testo la ragione legata al fatto che la musica contiene movimento, un movimento che collega tutti
suoni fra loro. La percezione musicale, spiega Barker, dinamica, un brano musicale si dispiega
nellesecuzione secondo una componente ritmica, e noi ci concentriamo su di esso, come di fornte
ad un unico organismo, che esiste nel suo progressivo movimento da un suono ad un altro, e che
impiega un periodo di tempo, per giungere a compimento .12
. Se ci concentrassimo sulle singole
9 Aristotele, Politica 1342 a 4 12.
10Il tema sviluppato in Halliwel, Op. cit., pp.143 144.11 Per questa sezione, vedi Andrew Barker, Musica, etica e anima nella Politica di Aristotele in Psicomusicologia
nella grecia antica, a cura di Angelo Meriani, Guida, Napoli, 2005, pp. 99 111.12Ivi, p. 109
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note, su ogni singolo evento, perdendo la forma in movimento, perderemmo al musica e
ascolteremmo solo suono: in altre parole, il senso del decorso percettivo a guidarci nella fruizione
musicale, non la parcellizzazione o lisolamento sulla singola immagine. Tali movimenti sono
azioni, e le azioni sono segno di un carattere. Barker insiste correttamente sullidea che lazione sia
qui da pensare in senso mimetico, come un qualcosa di conforme a un modello, secondo quello che
abbiamo gi rilevato nei nostri cenni alla Poetica.
Seguendo lorientamento generale del nostro discorso, diremmo che la melodia imita lo stile di un
carattere, e che tale aspetto non poteva che prender forma allinterno di oggetti temporali come sono
i suoni. Limmagine sonora del carattere sembra essere levocazione di un andamento, di un gesto,
un fatto espressivo che trova il proprio fondamento nella struttura temporale dellazione stessa. E
un paradosso interessante, perch basta guardare la cosa pi da vicino, per comprendere che
landamento ritmico del brano, la sua profilatura espressiva, i criteri dordine che ne guidano lo
sviluppo, sono diventati immagine per pensare un concetto, il concetto di carattere, di ordine, di
stile.
Le osservazioni aristoteliche parlano gi di un piano dellascolto ben orientato, di un contesto in cui
la musica viene somministrata, diciamo cos, in vista di determinati effetti, appoggiandosi sullidea
che lordine interno alla musica sia in grado di suggerire un colore emotivo adeguato al piano
dellemozione. Leffetto catartico il punto di arrivo del rituale stesso, portando alla luce una
regione emotiva particolarmente permeabile al suono, un modo di sentire comune a tutti, ma che
agisce in modo diverso a seconda della configurazione psicologica, e sensibile, dellindividuo. La
catarsi, il passaggio da uno stato emotivo ad un altro, porta a compimento, risolve tutte le tensioni
emotive sollecitate dalla musica in una disposizione psicologica determinata dallascolto. Si
possono selezionare regole per produrre trasformazioni emotive attraverso suoni, costruire melodieche puntino ad un determinato risultato emotivo.
Tali precetti passeranno, attraverso la mediazione della stagione madrigalistica, dove la musica
porta a rappresentazione un affetto psicologico, unemozione, resa con una linea vocale, un
abbellimento o una struttura ritmica, meglio ancora nella fusione di questi tre elementi, nella
rielaborazione della funzione drammaturgica della musica pensata dal luteranismo, alla creazione di
vere e proprie figure retoriche, connesse al rapporto suono testo. Vi un contenuto interno alla
musica, un suo sollecitare un precipitato immaginativo connesso a ritmo, testo e melodia, che
suggerisce un atteggiamento e lo rafforza.
Possiamo manipolare un carattere, se gli individui toccati dalle melodie sacre indulgono in
comportamenti che sembrano entrare in consonanza con lordine dei suoni, con la loro diposizione
musicale, con larchitettura che ne stringe le relazioni: nelle pratiche educative rafforziamo
limmagine con il suono ma questa interferenza apre su un altro lato della medaglia, il cui profilo
lambisce gi le critiche sollevate nella Repubblica platonica, legate ai rischi di unaccentuazione
troppo realistica del mimetico allinterno della tragedia, o della poesia. La forza di tali arti , per
certi aspetti, il loro limite, leccesso di realismo, levocare in modo troppo diretto il piano
dellesperienza, le turbative dellanimo degli dei e degli uomini, interferiscono con un quadro di
riferimento ben consolidato, che permetta una fruizione piena degli aspetti ideali delloggettoartistico.
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Nasce cos un turbamento di fronte allidea di trasformazione, di instabilit, di dispersione nel
quadro dellesperienza ricettiva, di cui buon testimone la stessa preoccupazione aristotelica per cui
le parti della Tragedia debbano diventare forme (Poetica, XII, 1452b), matrici che possano produrre
un racconto che sia al tempo stesso collante in grado di dare unicit di direzione ad episodi diversi,
separati nel tempo, ma connessi in modo tale da dare lillusione di un continuo flusso fra la fine
delluno e linizio dellaltro, fino al totale esaurimento del movimento drammat ico nella chiudersi
dellintreccio, nellesaurirsi delle sue premesse. Il racconto si consolida, il movimento interno delle
sue parti, degli episodi che ne costituiscono la trama, diventa pannello, si consolida in una struttura,
solida e agile al tempo stesso, che si mantiene uguale a se stessa. Non vi spazio per varianti, per
aspetti ambigui: tutto il divenire degli eventi si chiarifica nel prender corpo di una storia, una storia
che per funzionare, devessere priva di lacune interne.13.
In un quadro determinato con tanta limpidezza, il suono, la musica, i canti che accompagnano la
tragedia affondano in un terreno controverso, mettendo in gioco un colorarsi dellesperienza, una
sua esuberanza, che sembra quasi entrare in conflitto con unimpostazione cos spaventatadallindeterminazione semantica: la melodia pu opacizzare un contenuto, pu colorare il senso di
una situazione in modo sbagliato. Il tema sembra essere una sorta di bordone, di riferimento fisso ad
ogni analisi sulle inflessioni del suono, sulla loro capacit di sedurre la mente, se vogliamo seguire
la deriva delle riflessioni espresse nella Politica aristotelica.
Il suono colora lesperienza in molti modi, ne determina la fruizione, e ne pu mutare le potenzialit
immaginative, disturbando il piano della catarsi: da qui lesigenza di strutture normative, che
determinano il nucleo originario di unestetica musicale, elaborata dal mondo greco sin dai tempi
della filosofia pitagorica.
Le ricadute del doppio potere della musica continueranno a farsi avvertire in modo intermittente
nella storia del teatro musicale, e conoscerle permette di cogliere in modo pi chiaro gli snodi
concettuali che conducono da teatro antico a quello moderno: pensando allidea di un suono che
riesce a parlare aldil della parola, che guida limmaginazione dello spettatore dentro allessenza
drammaturgica di un atto, il grande riformatore del teatro dopera moderno, Richard Wagner,
teorizzer, ad esempio, in Musica dellavvenire (1860), il totale assorbimento delle funzioninarratologiche del coro, allinterno dellorchestra. Al centro del suo interesse sta la potenza
evocativa del musicale, lidea che la musica porti dentro di s dei significato drammatici, che sono
gi evento teatrale, come mostra bene un frammento di questo testo sulla III Sinfonia di Beethoven
(1851), in cui Wagner esplicita i caratteri della musica:
Il primo tempo abbraccia come in un punto focale incandescente, tutte le sensazioni di una ricca
natura umana colta nel pi incessante, nel pi frenetico slancio giovanile. Gioia e sofferenza,
piacere e dolore, grazia e mestizia, meditazioni e aspirazioni, languori e frenesie, ardire,
ostinazione e unirrefrenabile coscienza di s si alternano e si intrecciano con tanta forza eimmediatezza che, mentre vibriamo partecipi di tutte queste sensazioni, nessuna riesce a scindersi
13Una preziosa panoramica di questi temi offerta nei primi dieci capitoli di Stephen Halliwell (2009), Lestetica della
mimesis. Testi antichi e problemi moderni, Aesthetica Edizioni, Palermo, 2009.
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in maniera percepibile dalle altre: la nostra partecipazione costretta ad indirizzarsi sempre e
soltanto verso luomo che ci si manifesta capace di ogni sensazione.14
E un passo esemplare, che spiega molte cose: la musica subito tradotta in un plesso di emozioni,
che arrivano con grande immediatezza allascoltatore, ma queste emozioni sono gi, in qualche
modo, aldil della musica stessa, sono nel paesaggio che la circonda, direbbe il regista russo, che di
Wagner fu grande ammiratore. La musica ci fa partecipare a qualcosa, ci guida verso una natura
umana, e questespressione particolarmente pesante, perch indica non tanto una figura
psicologica, ma una dimensione spirituale, un evento della storia, una personalit in cui si condensa
lo spirito di unepoca: vi un forte colore romantico in queste osservazioni, ma questo
romanticismo guarda alluniversalit, e cos nella composizione musicale cogliamo in filigrana un
ritratto eroico dello stesso Beethoven. Limmagine ora tutta dentro alla musica, ma c qualcosa di
ancor pi esuberante nellarticolazione del rapporto suono emozione - significato.
E evidente che Wagner non sta parlando dellavventura del Beethoven storico, ma del mito di
Beethoven, che facciamo nostro immergendoci in una serie di emozioni, meglio ancora nel
precipitato semantico delle emozioni stesse . Non una specificazione di poco conto: lessenza
stessa della cosa, il significato pi profondo dellemozione ad avvicinarci al valore universale di
una figura. E difficile non cogliere, aldil delle colorature accese della prosa wagneriana, una
tensione verso un universale: non il momento psicologico della emozione, ma il condensarsi
monumentale della sua idea. La musica sembra essere sul punto di cogliere delle essenze
immutabili, un aspetto che fa tuttuno con la celebrazione di Beethoven come paradigma stesso
dellidea compositiva. La musica va direttamente allidea, e ce la fa sentire come emozione, anzi
come compartecipazione, secondo lo schema del teatro classico. Al tempo stesso, essa pi di un
personaggio, perch permette una totale compartecipazione emotiva ai significati della azioni, e alleemozioni della rappresentazione, portandone alla luce le motivazioni pi nascoste.. Siamo di fronte
ad un taglio epocale con lidea di un semplice rispecchiamento psicologico tra la musica e
personaggio: se lorchestra coglie il senso delle azioni, e ne inquadra irreversibilmente il significato,
emozionando lascoltatore, questo significa che il teatro musicale ha di mira luniversalit
dellesperienza umana, unessenza che va aldil del piano delle semplici relazioni affettive, per
cogliere dei caratteri universali, in una totale depsicologizzazione dellesperienza teatrale. Lo
spettatore completamente guidato dalla musica, dallo sviluppo ininterrotto di ritmi e melodie,
allinterno della trama dellopera, per coglierne fino in fondo il significato.
Da qui lidea di una fusione fra tutte le arti (musica, poesia, scultura architettura danza ), tenute
assieme sotto legida del musicale, per giungere a un grado talmente forte di condensazione, da
poter precipitare luna nellaltra e sostenersi espressivamente, ognuna facendo proprio il punto di
vista dellaltra, in un modello metamorfico che ha sicuramente influenzato le concezioni strutturali
di Ejzentein.
Lopera darte totale dunque il punto darrivo di una trasfigurazione dellidentit di ogni singola
arte, per poter arrivare alla scena, al momento di perfetta compiutezza in cui immagine e suono
possano riavvicinarci alle fonti del mito, e alle radici ultime della natura. Come scrive Wagner,
soltanto alla scena consentito di radunare in s tutte le propriet e tutti i momenti dellarte
14Richard Wagner La Sinfonia Eroica di Beethoven (1851), in Scritti Scelti, a cura di Dietrich Mack, Ugo Guanda
Parma, 1988,p. 132.
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figurativa nella loro perfetta compiutezza15
. La musica dunque porta a trasfigurazione tutte le arti
che le si sottomettono, per introdurre alla dimensione onirica del mito. Ma ancora una volta la
musica si fa immagine di un carattere, evoca la totalit di un mondo, rappresenta delle idee. Il
cerchio aperto dalla citazione di Ejzentein si chiudema ancora non riusciamo ad individuare cosa
permetta alla musica di guadagnare tanto spessore, da assorbire tutti i sensi latenti delle immagini.
4 Suoni e sintesi immaginative
Abbiamo detto che suono e immagine sono gradiente qualitativi della nostra esperienza del mondo:
la loro interazione ci fa cogliere, ad esempio, gli indici spazio temporali della nostra posizione
rispetto allambiente che ci circonda. Ma non sono la stessa cosa, e potremmo dire che la pi grande
difficolt nel rapporto suono immagine risiede sul piano fenomenologico: il suono un oggettotemporale, un processo che non si fa toccare, e che si sottrae alla visibilit, mentre nel concetto di
immagine vi sempre una dialettica, un modo di articolarsi che passa attraverso le due nozioni
complementari, quella di spazio e di punto di vista; daltra parte che il suono stringa dei nessi di
solidariet con limmagine fatto che esperiamo allinterno del costituirsi della nostra ordinaria
esperienza del mondo.
I nessi drammaturgici fra suono e immagine trovano fondamento nel teatro antico, ma si innestano
nella cultura greca attraverso una singolare forma di sintesi che tende a mettere in collegamento il
mondo della visione con quello del suono, ripristinando una solidariet che passa attraverso il piano
fisico, e quello mitico: quanto accade per il fenomeno acustico delleco, pensato in analogia con ilmovimento di rimbalzo dei raggi ottici, secondo unanalogia che stringe la figura di Eco e Narciso
nel mito, caratteristico.
Torna la domanda che avevamo trovato in Chion: il suono dura, nasce si sviluppa allinterno di un
processo temporale, e nel tempo finisce. Come pu collegarsi al piano delle cose che si toccano e si
vedono?
Aristotele ha una sua risposta sorprendente, in grado di mettere in sofferenza la pur necessaria
distinzione che abbiamo or ora richiamato: parlando della dimensione acustica dei suoni, egli
scrive, nel Secondo Libro del De Anima16
:
Quanto alle differenze fra i corpi sonori (yofou/ntwn), esse si manifestano nel suono in attoe)n tw=
kate)ne/rgeian yofw_. Come infatti senza luce non si vedono i colori, cos senza il suono non si
distinguono lacuto e il grave. Questi termini sono assunti per metafora dagli oggetti del tatto,giacch lacuto muove il senso molto in poco tempo e il grave poco in molto tempo. Non per chelacuto sidentifichi con il veloce e il grave con il lento, ma nel primo caso il movimento si effettuanel modo descritto a causa della velocit, nel secondo a causa della lentezza . [420 B] Tali qualit
15R. Wagner, Opera e Dramma [1851], trad. it. di L. Torchi, Fratelli Bocca, Milano 1939 [Oper und Drama, J.J. Weber,
Leipzig 1852], p. 146.16 Su questo tema, e sulle difficolt di lettura legate a questi passi vedi il provocatorio e stimolante saggio di Myles BurnyeatAristote voit un rouge et entend un Do: combien se passe -t-il de choses? Remarques sur de Anima,II, 7-8, RevuePhilosophique de la France et de ltranger, n.2, Avril Juin 1993, pp. 262 280, oggi reperibile sullAnnuario on line De MusicaXIII, 2009: http://users.unimi.it/~gpiana/dm13/burnyeat/burnyeat.pdf
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del suono sembrano avere unanalogia con lacuto e lottuso percepiti dal tatto. Lacuto, infatti,per cos dire, punge, mentre lottuso spinge (opprimew)qe/w) , poich luno muove il senso in pocotempo e laltro in molto, sicch ne consegue che luno veloce e laltro lento17. .
Il suono passa attraverso il corpo che lo produce, prende forma dal vibrare della cosa, della sua
corposit sensibile, dalla corda di uno strumento musicale, o dalla voce, ma il suo movimento nello
spazio ha degli effetti potenti. Per farcelo capire, il filosofo greco fa cadere laccento18
tanto
sullimmagine, che su processo sonoro: la metafora traduce aspetti qualitativi del processo sonoro.
Il grave e lacuto sono allinterno del processo sonoro, li puoi trovare quando la risonanza si
diffonde, quando il suono in movimento, nel suono in atto. Il piano si sfrangia, proprio quando si
fanno avanti le azioni che acuto e ottuso producono, sul senso:vi un carattere che determina il
colore delle differenti sensazioni, ma questo carattere, osserva Aristotele, non dipende dalla
velocit di propagazione del suono, ma dalla forza dellimpatto sullorecchio.
Il passaggio da forma metaforica al piano del senso, che si radica nella percezione assai
importante: del resto, lo stesso Aristotele nel capitolo Ventiduesimo della Poetica, osserva che la
metafora dovrebbe esser vista come un modo per far chiarezza, per illuminare dallesterno, il senso
interno di qualcosa che chiama per essere esplicitato, come il significato del discorso tragico.
Inquadrare19
unincognita attraverso unuguaglianza di rapporti, di una con genericit, per cui la
vecchiaia va riportata alla paglia, perch la paglia ha con lerba verde una relazione simile a quella
che la vecchiaia ha con la giovinezza. Il problema della Retorica trova in quei passo un chiarimento
essenziale. Veniamo proiettati verso un rapporto fra le cose, meglio ancora fra le cose e i modi del
loro agire, le forme del loro carattere: solo allinterno di una simile tensione dinamica fra processi
e forme, fra contorni e figurazioni, che appoggia tutto il processo di costruzione analogica. Si
punta al concetto, ma per arrivare al concetto ho bisogno di una tensione dinamica che coglie
immagini, che sono, in fondo, immagini di rapporti, forme proporzionali, tese a tradurre gradienti
qualitativi desperienza.
Lazione drammaturgica della musica prende forma proprio in questa regione, dove il suono si fa
struttura simbolica: se il suono si fa cogliere attraverso metafore (suono chiaro, duro, morbido,
luminoso),le metafore conducono dal senso di una percezione acustica verso quella visiva, in una
sintesi che valorizza immaginativamente il contenuto stesso della percezione: per spiegare leffetto
di un suono grave, sono costretto ad evocare limmagine di un qualcosa che opprime, che schiaccia,
o che sostiene. Esso sono interne al fenomeno sonoro, lo accompagnano come unombra.
17 Aristotele, Anima, a cura di Giancarlo Movia, Rusconi, 1996, pp. 160 161.18
Il suono in movimento nellaria come il colore si rende visibile attraverso un mezzo, il diafano: mentre il colore ha come
riferimento la superficie della cosa, il suono si espande attraverso un moto che ne scuote la materialit stessa. E proprio allinterno
della definizione della qualit di un simile movimento, della sue differenti tipologie, che vediamo riemergere il tema dellimmagine.
Tali cenni, nella loro incompletezza, mostrano non solo lambigua ricchezza del rapporto fra movimento e alterazione, ma anche i
nessi immaginativi mossi dalla dimensione analogica fra sensi, che pervade tutti i piani della riflessione sullascolto, prendendo
forma anche nelle relazioni fra eco e riflessione ottica, che varia a seconda della capacit riflettente dei corpi, o ancora, nei rapporti di
intensit e precisione, fra senso ed oggetto. Lesito della straordinaria mobilit fra concetti sar la costruzione di distinzione
qualitativa fra grave e acuto che non avr a che fare con la velocit del suono, ma con la forza dellimpatto sullorgano di senso,
producendo una trasformazione nel modo di intendere il suono, testimoniato appunto dallanalogia fra puntura ed oppressione.
19 Per questa sezione, cfr. Carlo Serra , (2009) Mahler lettore di Nietzsche in AA VV Bollettino Filosofico XXV
Sensazione e immaginazione, a cura di Romeo Bufalo e Pio Colonnello, Aracne, Roma,, pp.222 255.
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Il passo verso la potenza del timbro, come elemento che evoca loggetto o la cosa, brevissimo, e
non ci stupiremo se in un contesto razionalizzante qual quella dei filosofi greci, la pericolosit
degli strumenti musicali si accosti subito ad una riflessione sulla loro voce, sul modo in cui il suono
venga emesso. Lo strumento ad ancia, il suo lasciar emergere la continuit del suono, con il
movimento vorticoso della sua emissione verr pesantemente stigmatizzato, mentre luso dello
strumento a corda, che coglie una posizione fissa dellaltezza, che prende un punto preciso nel
reticolo sonoro, diventer un passo necessario nella formazione del cittadino.
I suoni acuti e gravi pungono, opprimono, sono pesanti o sono leggeri, stringono fin dallinizio una
serie di legami con limmaginazione e con il piano della percezione affrontando una serie di sensi
che emergono dallinterno delle propriet materiali del processo sonoro. E un percorso possibile, e
ancora sufficientemente indeterminato, che trova risonanza, come scrive Giovanni Piana, nei nessi
di solidariet e opposizione fra lo spazio e la cosa, tra il vuoto e il pieno: taluni suoni si dicono
profondi, o anche gravi. Nella gravit, tuttavia, il richiamo sembra essere a cose come sono le
pietre, con il loro peso, solidit, e pienezza. La gravit ci riporta ad una corporeit piena, pesante,e ci rammenta la possibilit della caduta
20..
La cosa pesante, e la pesantezza inclina immaginativamente verso il pensiero della caduta, del
tonfo sordo, del precipitare: il sovrapporsi delle articolazioni di senso si appoggia al carattere di un
processo sonoro, ne esplicita le tensioni dinamiche, riducendone, volta per volta, i contesti,
facendoli esplodere, lambendo unimmagine. Una figurazione, pi che una figura, qualcosa che
preme sul piano del senso della rappresentazione, facendo emergere delle profilature ancora
indeterminate, la cui piena esplicitazione deve rimanere per sottotraccia:che si tratti delle
risonanze gravi di un timpano o di una grancassa, del suono deformato di un basso elettrico o del
timbro della tessitura di un fagotto, la figurazione completa il senso dellevento sonoro, senzaesaurirlo. Per un compositore, una possibilit narrativa attiva, prodotto dalla ricerca di un effetto
estetico legato una determinata sonorit, per un ascoltatore un nesso passivo, che prende forma non
appena cerca di tradurre il flusso sonoro in una mediazione espressiva, e viceversa.
Tendere ad una saturazione totale, arrivare ad unesplicitazione davvero esaustiva del senso,
dicendo, ad esempio, che quella musica porta a rappresentazione esattamente quellimmagine,
limmagine di quella cosa fatta cos e cos, un irrigidimento del tema, che pu entrare in una
poetica della musica o del rumore, come accaduto per le variopinte speculazioni sul concetto di
paesaggio sonoro.
Abbiamo gi accennato al problema degli indici spaziali del suono, evocando limmagine del suono
della sirena che si avvicina. Unanalogia troppo stretta con questo piano dellesperienza sarebbe
deformante, ma limmagine del crescendo orchestrale, del suono che si ingrossa, e si rovescia sullo
spettatore potremmo leggerlo cos, osservando che il processo sonoro, sul piano espressivo, basta a
se stesso, senza uninutile moltiplicazione delpiano del riferimento:
occorre riconoscere che in queste variazioni dintensit rimane appreso, anche nel purofenomeno sonoro, il senso del vicino e del lontano, dellallontanamento e dellavvicinamento.
20Giovanni Piana, Barlumi per una Filosofia della Musica , p. 63. Il testo reperibile presso Spazio Filosofico:
http://www.filosofia.unimi.it/piana/barlumi/barlumi_idx.htm
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8/7/2019 Relazioni Narratologiche fra Suono e Immagine
19/19
Pianissimo, molto lontano, piano, pi vicino, mezzo piano, sempre pi vicino, mezzo forte quasi
vicino, forte vicinissimo, fortissimo, mi sta venendo addosso. Non sappiamo che cosa, n ci
interessa saperlo21
..
In questo movimento sta tutto il senso dellimmagine musicale, quellallusione a un carattere che
veniva posta per vie molto diverse dal pensiero aristotelico: limmagine (lessere investiti dal
suono) una stilizzazione concettuale, che trova il prorpio modello logico nella forma percettiva, e
nella transvalutazione immaginativa. Ascoltare e vedere si richiamano tra loro, per tradurre il senso
di quanto mi sta accadendo: lattacco del suono, il suo farsi sempre pi presente, si esplicita
nellimmagine di un travolgimento, o forse sarebbe meglio dire che si traduce in essa.
Le immagini che vivono nella musica, come mostrano gli esempi tratti da Chion a Wagner, da
Ejzentein al pensiero aristotelico, sono caratterizzate da un simile modello di generalit che le
rende aspecifiche perch nessuna immagine interna al suono pu esplodere nella sua totale
esplicitazione, per usare la bella immagine di Piana22
nella sua Filosofia della Musica.
Il nesso rimane cos possibile, non necessario, ed attorno a questa possibilit che lavora la
sedimentazione fantastica, il senso della costruzione immaginativa, il tessuto di nessi che unisce,
per fare un esempio la densit e la timbrica di un suono, allevocazione materica delle cose. Il suono
guarda verso limmagine, e nellimmagine trova il suo rapporto con il mondo: questo nesso in
qualche modo, necessario, interno alla sua grana, o al senso interno delle sue strutture, come
mostrava bene lesempio aristotelico. Laspetto espressivo permette alla musica di appoggiarsi a un
referente che rimane sempre nascosto, uno strato potenziale che si evoca, proprio mentre
ostinatamente si nasconde. La necessaria ambiguit di tale rapporto spinge la musica di scena verso
quella dimensione estatica, che la fa fondere con limmagine, e tutti gli ambiti che sono ad essacomplementari: spazio, colore, luce, atmosfera: il movimento estatico giace tutto nella sintesi
immaginativa.
21Ibidem, p. 40
22Sul rapporto fra suono immagine, e per lidea che limmagine sonora sia un oggetto inesploso vedi la Voce Simbolo
in Giovanni Piana 1991, Filosofia della musica, Milano, Angelo Guerini e Associati nel 1991. Oggi il volume reperibile in formato digitale presso il Sito Spazio Filosofico:
http://www.filosofia.unimi.it/piana/filosofia_della_musica/fdm_idx.htm
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