Relazione tecnica dei processi produttivi

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Divisione Generazione ed Energy Management Unità di Business della Spezia Relazione Tecnica dei Processi Produttivi 1 Allegato B18 Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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Allegato B18

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a255847
Timbro
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INDICE 1 Il sito e la storia della Centrale Eugenio Montale della Spezia 4 2 Relazione del processo produttivo 8 3 Descrizione del ciclo produttivo 9 3.1 Unità termoelettriche 1 – 2 (fase 1-2) 10 3.2 Turbina a gas 13 3.3 Compressore 16 3.4 Alternatore 17 3.5 Trasformatore del turbogas 18 3.6 Generatore di vapore a recupero (GVR) 18 3.7 Turbina a vapore 18 3.8 Trasformatore del GVR 19

3.9 Unità Termoelettrica 3 (fase 3) 19 3.10 Caldaia sezione 3 23 3.11 Turbina 24 3.12 Condensatore 24 3.13 Alternatore 24 3.14 Trasformatore 24 3.15 Mulini 25 3.16 Bruciatori a bassa produzione di ossidi di azoto 25 3.17 Denitrificatore DeNOx 25

3.18 Precipitatore elettrostatico P. E 26 3.19 Desolforatore DeSOx 27 3.20 Cristallizzatore 29

4 Attività tecnicamente connesse alle fasi 1-2-3 30 a) AC1 Approvvigionamento combustibili gassosi, stazione di decompressione e rete di distribuzione del gas naturale 30 b) AC2 Approvvigionamento, stoccaggio e movimentazione combustibili liquidi 30 c) AC3 Caldaia ausiliaria 31 d) AC4 Gruppo elettrogeno di emergenza. 31 e) AC5 Impianto antincendio e motopompa 31

f) AC6 Laboratorio Chimico 36 g) AC7 Impianto osmosi inversa 36 h) AC8 Impianto trattamento acque reflue 38 i) AC9 Approvvigionamento, stoccaggio e movimentazione carbone 40 l) AC10 Attività di manutenzione 40 m) AC11 Gestione ceneri e gessi 42 n) AC12 Utilizzo acqua di mare per condensazione 43

5 La produzione della centrale 44 6 La manutenzione 45 7 Vita residua 45 8 Aspetti ambientali (estratto dalla Dichiarazione ambientale) 45

8.1 Gli aspetti ambientali significativi 48 8.2 Aspetti ambientali indiretti 49 9 Emissioni nell’aria 50

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9.1 Sistemi di abbattimento 51 9.2 Sistemi di controllo delle emissioni atmosferiche 52 9.3 Rete di Rilevamento della Qualità dell’Aria (RRQA) 53

10 Scarico nelle acque superficiali 56 10.1 Sistemi di controllo degli scarichi nelle acque superficiali 56 10.2 Scarico acque di raffreddamento 58 11 La gestione dei rifiuti 60 11.1 Produzione, recupero e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi 60 11.2 Produzione, recupero e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi 62 11.3 Composizione ceneri leggere e gesso 62 11.4 Prevenzione nella dispersione delle fibre negli impianti 63 12 Uso e contaminazione del terreno 64 12.1 Sversamenti e dispersioni di sostanze (oli minerali) 66 12.2 Contaminazione del suolo da versamenti e perdite di OCD e gasolio 66 12.3 Sistemi di prevenzione e controllo 67 13 Uso di combustibili 67 14 Il rendimento energetico 68 14.1 Uso dell’acqua 70 14.2 Uso delle sostanze 70 14.3 Utilizzo di reagenti per la depurazione dei fumi 71 14.4 Utilizzo di reagenti per il trattamento e depurazione delle acque 72 14.5 Materiali e sostanze per il funzionamento dei macchinari e delle apparecchiature 73 14.6 Oli minerali e contenenti PCB 74 14.7 Sistemi di prevenzione e controllo 74 14.8 Sostanze gassose 75 14.9 Questioni locali 75 14.10 Gestione della raccolta interna dei rifiuti 75 15 Emissioni di gas, vapori, polveri, odori molesti 76 16 Emissione sonore verso l’esterno 76 16.1 Rumore e vibrazioni in ambiente di lavoro, incidenza sui flussi di traffico 78 17 Impatto visivo 79 18 Campi elettrici e magnetici a bassa frequenza 80

19 Impatti conseguenti a incidenti e situazioni di emergenza 81 20 Incendi 82 21 Impatti biologici e naturalistici (biodiversità ed altre) 83 22 Emissioni di onde elettromagnetiche da impianti di telecomunicazione 83 23 Contaminazione del suolo e delle acque 84 24 Salute e sicurezza 84 25 Obiettivi e programma ambientale 85 Appendice 92

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1 Il sito e la storia della centrale Eugenio Montale della Spezia

L’Unità di Business della Spezia è costituita da tre sezioni termoelettriche per una

potenza elettrica lorda complessiva di 1.280.000 KW.

Le sezioni 1 e 2, a ciclo combinato alimentate a gas naturale, hanno ciascuna una

potenza elettrica di 340.000 KW, sono entrate in servizio rispettivamente il 1 dicembre

1999 e il 12 maggio 2000. Entrambe le sezioni sono state messe a regime, ai sensi

dall’articolo 8 del DPR203/88, il 3 febbraio 2001.

Il gas naturale è fornito dalla SNAM tramite gasdotto che termina in centrale con una

stazione di riduzione della pressione. Oltre alle apparecchiature di riduzione della

pressione e di riscaldamento del gas, nella stazione di decompressione trovano posto i

contatori di misura del gas consumato. L’impianto di riscaldamento serve a compensare il

calore assorbito dal gas in espansione.

La sezione 3 (policombustibile), a seguito dei lavori di adeguamento ambientale, è

rientrata in servizio il 1 novembre 2000 ed è stata messa a regime il 27 settembre 2001.

Ha una potenza elettrica di 600.000 KW. Nelle fasi di normale esercizio il combustibile

utilizzato prevalentemente è il carbone; l’olio combustibile è utilizzato come combustibile

ausiliario solo per periodi transitori; il gas naturale è utilizzato come combustibile

ausiliario per periodi transitori e nelle fasi di avviamento. Il gasolio è utilizzato come

combustibile di prima accensione. E’ dotata di sistemi di abbattimento di polveri, ossidi

azoto e biossido di zolfo.

Ogni sezione è dotata di sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni.

La preesistente unità 4, da 600.000 KW, inattiva dal 30 settembre 1999, è attualmente in

demolizione.

Il carbone è rifornito da navi carboniere che attraccano ad un pontile situato nel porto

della Spezia, in un’area in concessione ad Enel. Dalle navi, mediante due scaricatori

concepiti per minimizzare le dispersioni di polveri, il carbone viene posato direttamente

su nastro e trasportato ai due parchi di stoccaggio asserviti all’impianto, carbonile Val

Fornola e carbonile Val Bosca. La capacità di stoccaggio complessiva è di circa 450.000

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t. I parchi carbone sono stati realizzati su avvallamenti naturali il cui fondo è di natura

argillosa e le cui pareti sono state coperte da lastre di cemento. I nastri trasporto

carbone, dal porto ai depositi e dai depositi verso la sezione 3 dell’impianto, hanno una

lunghezza complessiva di circa 2200 metri e una capacità di trasporto di 1100 t/h. I nastri

sono allocati all’interno di «tunnel» completamente chiusi, per prevenire la diffusione

delle polveri e possibili sporcamenti lungo il percorso. I nastri sono collegati da otto torri

di smistamento e di rinvio, anch’esse dotate di sistemi per prevenire la dispersioni di

polveri; per evitare completamente la dispersione di polveri di carbone, alcune torri, poste

in prossimità dei confini dell’impianto, sono completamente chiuse.

L’olio combustibile denso viene scaricato dalle navi petroliere attraccate al pontile (posto

in area demaniale all’interno del porto) mediante le pompe di bordo (con una portata di

1.000 t/h ) e trasferito, senza stoccaggio in zona portuale, al deposito costiero della

centrale costituito da quattro serbatoi, due della capacità di 50.000 m3 e due di 30.000

m3.

L’area portuale in cui si effettua la discarica dell’OCD è dotata di sistemi di contenimento

atti a fronteggiare eventuali versamenti di combustibile in modo da prevenire gli

inquinamenti del sottosuolo e delle acque marne.

L’oleodotto di trasferimento, collocato in gran parte lungo lo stesso percorso del nastro

carbone, ha uno sviluppo complessivo di circa 3 km., è costituito da due tubazioni del

diametro di 12 e 16 pollici, adeguatamente coibentate e riscaldate. Le tubazioni hanno

una disposizione prevalentemente superficiale a vista, i tratti interrati sono stati

completamente inseriti in cunicoli di protezione ispezionabili.

Il gasolio è rifornito per mezzo di autocisterne e stoccato in un serbatoio della capacità di

300 m3.

La stazione elettrica, le linee di collegamento alla centrale e le linee di trasmissione

dell’energia ad alta tensione (220 e 380 KW) non appartengono ad Enel S.p.A., ma alla

Società TERNA S.p.A..

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La centrale della Spezia è ubicata in prossimità del porto della città omonima e sorge su

un’area di circa 72 ha a est della città; fu costruita dalla Società Edisonvolta, autorizzata

alla costruzione del primo gruppo con decreto del 26 gennaio 1960.

Al primo gruppo di produzione a carbone da 310 MW, entrato in servizio il 28 agosto

1962, seguirono altri tre gruppi a carbone per complessivi 1835 MW. Le unità 3 e 4, sia

per la loro potenza (600 MW cad.), che per il ciclo di vapore adottato, costituirono una

novità assoluta per l’Italia, tanto da costituire al tempo la maggiore centrale d’Europa.

A seguito della legge del 6 dicembre 1962, che istituiva l’Ente Nazionale per l’Energia

Elettrica, la centrale passò da Edisonvolta a ENEL. Con l’entrata in servizio del 4°

gruppo, avvenuta nel 1968, la produzione annua di energia è stata mediamente pari al

5% della produzione nazionale.

Con decreto del 29 gennaio 1997, il Ministero dell’Industria definiva un nuovo assetto

della centrale, autorizzando lavori di adeguamento ambientale consistenti nella

sostituzione delle precedenti unità 1 e 2 con gruppi di generazione a ciclo combinato,

alimentati a metano ad alto rendimento, e nella realizzazione di un impianto di

desolforazione e di denitrificazione che consentisse l’esercizio di un solo gruppo

termoelettrico tradizionale da 600 MW policombustibile. In conseguenza del decreto, la

sezione 4 cessò di funzionare il 30 settembre 1999.

I comandi e le apparecchiature di controllo sono installati in due sale di controllo,

dedicate rispettivamente una per le sezioni 1 e 2 (turbogas-cicli combinati) e l’altra per la

sezione 3 a carbone, dalle quali si effettuano tutte le operazioni relative alla parte termica

ed elettrica dei gruppi.

Il sito produttivo è registrato EMAS in data 13-8-2005 con numero di registrazione I-

000376 ai sensi del regolamento comunitario 761/2001 ed è certificato ISO 14001 dal 29-

5-2003.

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Planimetria dell’impianto

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2 Relazione del processo produttivo Un’unità termoelettrica è composta da una parte termica ed una elettrica. La parte

termica utilizza l’energia dei combustibili fossili per generare un fluido ad alta

temperatura ed alta pressione: il fluido può essere vapor d’acqua surriscaldato o

direttamente i fumi prodotti dalla combustione. Il fluido così generato attraversa la turbina

che è una macchina capace di trasformare l’energia termica contenuta nel fluido in

energia meccanica di rotazione. Le turbine possono essere pertanto costruite per

funzionare con vapore o con i gas della combustione. La parte elettrica è essenzialmente

costituita dall’alternatore che è una macchina capace di trasformare energia meccanica

in energia elettrica. Turbina ed alternatore hanno entrambi una parte fissa ed una parte

mobile rotante (dette rotori). I due rotori sono rigidamente collegati, cosicché il rotore

della turbina, azionata dal fluido che lo attraversa, fornisce l’energia meccanica

necessaria al rotore dell’alternatore per ottenere l’energia elettrica.

I principali elementi che caratterizzano una unità termoelettrica sono il fluido utilizzato, i

tipi di combustibili utilizzati, la potenza erogabile con continuità dall’alternatore (detta

potenza lorda efficiente).

La centrale Eugenio Montale è attualmente in grado di erogare una potenza elettrica

lorda complessiva di 1.280.000 kW utilizzando le seguenti unità:

Unità 1, ciclo combinato da 340.000 kW alimentato con gas naturale;

Unità 2, ciclo combinato da 340.000 kW alimentato con gas naturale;

Unità 3, impianto a vapore da 600.000 kW alimentato prevalentemente a carbone.

I camini della centrale hanno le seguenti caratteristiche:

Camino gruppo 1 (altezza: m 90; diametro all’uscita: m 6)

Camino gruppo 2 (altezza: m 90; diametro all’uscita: m 6)

Camino gruppo 3 (altezza: m 220; diametro all’uscita: m 6,2)

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Sia il carbone che l’olio combustibile denso (successivamente detto OCD) provengono

da diverse fonti di approvvigionamento estero; il contenuto di zolfo è normalmente

compreso nell’intevallo 0,5÷0,8 % per il carbone e 0,2÷1.0 % per l’OCD.

Per verificare il rispetto dei valori di emissione autorizzati sono installati analizzatori in

continuo inseriti in un sistema di monitoraggio capace di acquisire, registrare e

trasmettere le misure secondo le disposizioni tecniche previste dal DM 21/12/95. Le

modalità di gestione del sistema di monitoraggio, stabilite di concerto con l’Amm.ne

Provinciale della Spezia, sono definite in un “Manuale di Gestione del sistema di

monitoraggio delle emissioni”. L’Ente ha quindi il pieno controllo sui valori misurati e sulle

relative elaborazioni e su tutte le operazioni di manutenzione e taratura.

Sulla base delle registrazioni del sistema di monitoraggio e delle verifiche effettuate

dall’Ente di controllo è stato documentato che nessuno dei valori limite risulta ad oggi

superato.

Nel caso di malfunzionamenti degli impianti di abbattimento si applicano le procedure

comunicate agli Enti competenti in data 23/11/2001.

3 Descrizione del ciclo produttivo Si premette che la descrizione seguente è da intendersi in riferimento all’allegato 25

“schema a blocchi delle fasi e delle attività tecnicamente connesse”.

In particolare si ha che:

Fase 1: generazione energia elettrica gruppo 1

Fase 2: generazione energia elettrica gruppo 2

Fase 3: generazione energia elettrica gruppo 3

E inoltre:

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AC1 Approvvigionamento combustibili gassosi, stazione di decompressione e rete di

distribuzione del gas naturale;

AC2 Approvvigionamento, stoccaggio e movimentazione combustibili liquidi;

AC3 Caldaia ausiliaria;

AC4 Gruppo elettrogeno di emergenza;

AC5 Impianto antincendio;

AC6 Laboratorio Chimico;

AC7 Impianto osmosi inversa;

AC8 Impianto trattamento acque reflue;

AC9 Approvvigionamento, stoccaggio e movimentazione carbone;

AC10 Attività di manutenzione;

AC11 Gestione ceneri e gessi;

AC12 Utilizzo acqua di mare per condensazione.

3.1 Unità Termoelettriche 1 – 2 (fase 1 – 2) Le sezioni 1 e 2 della centrale della Spezia sono unità in ciclo combinato della potenza al

Carico Nominale Continuo di 340 MW elettrici cadauna, di cui 225 MW prodotti dal

turbogas e 115 MW prodotti dalla turbina a vapore alimentata dal vapore prodotto dal

GVR in cui vengono convogliati i gas di scarico dal turbogas.

Il rendimento dell’impianto al CNC è del 54%. La turbina a gas è del tipo FIAT 701F, il

combustibile utilizzato è esclusivamente gas naturale (metano).

L’unità turbogas è costituita in sequenza, da compressore, camera di combustione,

turbina e alternatore. A valle della turbina a gas è installato un Generatore di Vapore a

Recupero (GVR), in altre parole una caldaia che, sfruttando il calore residuo dei gas di

scarico (circa 615 °C all’ingresso), produce vapore surriscaldato che si immette nella

turbina a vapore. All’interno della turbina avviene la trasformazione dell’energia termica

del fluido in energia meccanica. Alla turbina è collegato l’alternatore dove avviene l’ultima

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trasformazione dell’energia meccanica in energia elettrica che, tramite un trasformatore

viene innalzata alla tensione di 380 KV.

I gas della combustione escono dal GVR alla temperatura di 100 ÷ 110°C e sono

immessi al camino attraverso un silenziatore di tipo meccanico. L’impianto non è

dotato di sistemi aggiuntivi di abbattimento degli inquinanti aerodispersi presenti nei fumi

in quanto il sistema di combustione del turbogas stesso è progettato per ridurli al minimo

ed al di sotto dei limiti di legge.

Si riporta di seguito lo schema del ciclo:

Descrizione dei principali componenti dei gruppi 1 – 2 Turbogruppo

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Costruttore FiatAvio

Tipo di turbogas 701F

Potenza nominale turbogas 255 MW

Pressione di riferimento 1013 mbar

Temperatura aria ambiente 15 °C

Umidità relativa 60 %

Combustibile impiegato gas naturale

Potere calorifico del gas naturale 36.000 KJ/Nm3

46.753 KJ/Kg

Temperatura del gas naturale 30 °C

Perdite di carico totale in aspirazione 100 mmH2O

Perdite di carico statica alla flangia GVR 300 mmH2O

Temperatura acqua servizi in ciclo chiuso 30 °C

Turbina 701F

Temperatura gas ingresso turbina 1367 °C

Pressione gas ingresso turbina 1536 KPa

Portata gas ingresso turbina 504 Kg/s

Pressione gas allo scarico turbina 105.3 Kpa

Temperatura gas allo scarico della turbina 564.5 °C

Potenza fornita 481.5 MW

Compressore

Costruttore FiatAvio

Portata aria mandata 522.3 Kg/s

Temperatura aria mandata 382.3 °C

Pressione aria mandata 1.396 Kpa

Potenza assorbita 209.53 MW

Numero di spillamenti 4

Alternatore

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Costruttore ABB SADELMI

Potenza max 285.8 MVA

Tensione ai morsetti 20.000 V

Corrente 8250 A

Frequenza 50 Hz

Fattore di potenza 0,9

Velocità di rotazione 3.000 giri/min

Velocità di fuga 3.600 giri/min

Momento d’inerzia 8.5 tm2

Rapporto di c.c. 0.50

Trasformatore principale

Costruttore ABB

Potenza nominale 300 MVA

Tensione nominale 15/400 KV

Collegamenti Stella/triangolo

3.2 Turbina a gas La turbina a gas 701F e formata da un compressore assiale a 17 stadi ad alta efficienza,

un sistema di combustione equipaggiato con 20 tubi di fiamma disposti in posizione

circolare attorno all’asse della macchina e da una turbina a quattro stadi del tipo a

reazione. L’aria è aspirata attraverso il collettore di aspirazione e la voluta di ingresso

compressore, dove viene compressa e spinta nel corpo combustore e quindi attraverso i

tubi fiamma. L’aria nel compressore fluisce in direzione assiale attraverso una serie di

palette rotanti e raddrizzatori fissi. Mentre l’aria attraversa ciascun stadio, pressione e

temperatura aumentano fino a raggiungere il massimo livello alla fine del compressore a

valle del raddrizzatore di uscita (OGV) e del diffusore compressore.

La miscela (gas-aria) ad alta temperatura e pressione viene inviata in turbina. Nel

processo di espansione la turbina converte l’energia del gas, sotto forma di pressione e

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temperatura, in energia meccanica di rotazione. Parte della potenza sviluppata dalla

turbina è usata per azionare il compressore, la parte rimanente è disponibile per azionare

il generatore.

La turbina a gas è una macchina termica composta da una struttura fissa e da una parte

rotante.

La parte fissa comprende la voluta d’ingresso, il corpo compressore, il corpo

compressore-combustore, il corpo turbina, il diffusore di scarico ed il collettore di scarico.

La parte mobile rotante è rappresentata dal rotore il quale si suddivide in albero

compressore, albero intermedio e albero turbina.

Struttura Fissa

3) Voluta d’ingresso compressore:

fornisce un passaggio agevole per l’aria diretta verso il compressore che ospita il

cuscinetto reggispinta ed il cuscinetto portante anteriore. Essa contiene l’IGV, prima

schiera di pale statoriche del compressore assiale ad assetto variabile. Sono distributrici

di flusso che dirigono l’aria verso il primo stadio di pale rotanti.

(IGV è un sistema a geometria variabile è utilizzato per modulare la portata d’aria in

ingresso al compressore)

b) corpo compressore:

si trovano allocati i raddrizzatori compressore dal 1° all’11° stadio e sono ricavate 2

camere che raccolgono l’aria spillata dal 6° e 11° stadio per raffreddamento e

pressurizzazione (effetto tenuta) rispettivamente del 3° e 4° stadio statorico turbina. Un

certo ammontare della portata di aria del compressore viene estratta durante le

sequenze di avviamento e di arresto.

c) corpo compressore-combustore:

all’interno sono alloggiati i raddrizzatori compressore dal 12° al 17° stadio ed è ricavata

una camera che raccoglie aria spillata dal 14° stadio per il raffreddamento del 2° sradio

statorico turbina. Il compressore termina con un diffusore che convoglia l’aria compressa

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in una zona combustione dove sono alloggiati, circonferenzialmente attorno all’asse della

macchina, i tubi fiamma.

d) Corpo turbina:

è accoppiato tramite bulloni con il corpo compressore ed è provvisto di collegamenti per

l’aria di raffreddamento spillata dal compressore ed inviata nelle cavità tra

portadistributori e corpo turbina. Il controllo delle temperature della cavità dei dischi 2, 3,

4 è realizzato mediante termocoppie che passano attraverso il corpo turbina e i settori

distributori. Il corpo combustore ha alla base delle flange da cui viene estratta l’aria di

raffreddamento rotore. Da un drenaggio sito nella parte bassa della camera di

combustione viene rimosso il combustibile liquido incombusto. All’avviamento della

turbina a gas il drenaggio viene aperto; dopo l’accensione, la pressione all’interno della

camera di combustione aumenta fino ad un valore in cui si chiude il drenaggio. In caso di

mancato avviamento, il drenaggio rimane aperto per scaricare il combustibile liquido.

e) Diffusore di scarico:

a valle della sezione turbina, i gas di combusti entrano nel diffusore di scarico, la sezione

finale della turbomacchina in cui ha luogo il recupero dell’energia cinetica in pressione.

La sezione diffusore comprende un corpo interno ed uno esterno che definiscono un

condotto divergente che convoglia i gas caldi verso il collettore di scarico. Il cono esterno

previene il surriscaldamento del corpo esterno, il cono interno protegge l’alloggiamento

del cuscinetto dal gas caldo.

Venti (20) termocoppie sono inserite in tubi guida installati nella zona terminale del corpo

diffusore per controllarne la temperatura.(blade path).

f) Collettore di scarico:

costituisce un’appendice del diffusore di scarico, dove i gas combusti terminano la loro

espansione prima di essere convogliati al camino a alla caldaia.

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E’ costituito essenzialmente da un involucro esterno e da uno interno. Il cilindro interno è

supportato da due razze radiali dove hanno anche la funzione di mettere in

comunicazione con l’atmosfera la zona del supporto cuscinetto lato turbina e contenere

le tubazioni e le linee dirette alla zona cuscinetto.

Parte Rotante

Rotore:

consiste in un rotore compressore palettato, un albero intermedio ed un altro rotore

palettato di turbina, accoppiati mediante bulloni, il tutto supportato da due cuscinetti

radiali. Inoltre la sua posizione assiale è assicurata da un cuscinetto reggispinta

posizionato all’ingresso della macchina.

3.3 Compressore Il compressore è di tipo assiale ed ha un rendimento dell’86,7%.

La voluta di ingresso compressore, il corpo compressore, il corpo esterno combustore, il

corpo turbina e il corpo del diffusore di scarico, sono imbullonati l’uno all’altro in piani

verticali; ciascun corpo è inoltre diviso in due parti, imbullonate tra loro, in corrispondenza

del piano orizzontale passante per l’asse della macchina, onde agevolare l’ispezione e la

manutenzione.

La voluta di aspirazione ha il compito di collegare il collettore di aspirazione e la camera

filtri con il compressore.

Il corpo compressore consta di tre parti essenziali:

la prima parte costituisce la voluta di ingresso, nella quale è ricavato il supporto dei

cuscinetti (portante e reggispinta) e dove sono alloggiate le palette di entrata ad assetto

variabile;

La seconda parte include i raddrizzatori dal 1° all’11° stadio, le zampe di supporto e le

camere anulari di scarico aria all’avviamento;

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La terza parte include i raddrizzatori dal 12° al 17° stadio e la camera di spillamento

dell’aria di raffreddamento turbina.

3.4 Alternatore

L’alternatore dimensionato per erogare una potenza apparente di 285.8 MVA, ai valori

nominali di tensione e corrente di statore, 20 KV e 8250 A di fase, una potenza attiva di

257.22 MW e una potenza reattiva nominale di 124.57 MVA a cos φ 0,9 ritardo.

L’alternatore è raffreddato ad aria in ciclo chiuso mossa da due ventilatori coassiali al

rotore che asporta le perdite nel ferro e nel rame, di statore e di rotore, durante il

funzionamento. L’aria attraversando apposite canalizzazioni nella carcassa, nello statore

e nel rotore, cede il calore accumulato a quattro refrigeranti aria-acqua posti nel

basamento della macchina. L’isolamento è realizzato con materiali della classe F (max

temp. 155 °C) al fine di mantenere le temperature delle parti attive inferiori a 130 °C con

l’acqua di raffreddamento a 35 °C .

L’eccitazione è fornita da una eccitatrice statica tramite anelli collettori sistemati

all’esterno della carcassa e raffreddati ad aria in ciclo aperto. La tensione di eccitazione e

la corrente di eccitazione, alla potenza apparente nominale, sono pari a 341 V e 1411 A,

la corrente di eccitazione a vuoto vale 576A.

In modalità “avviatore” l’alternatore è alimentato nel modo seguente:

Lo statore da una terna trifase di tensioni variabili come valore di frequenza;

Il rotore dal circuito di eccitazione.

La velocità della macchina è variata insieme ai parametri elettrici per consentire al TG di

portarsi da 3 g/1’ sino a 2000 g/1’ con la corretta sequenza di rullaggio.

A 2000 g/1’ l’avviatore statico viene eluso mentre il rotore rimane allineato al 90% della

corrente di eccitazione per il funzionamento a vuoto, pronto per la successiva manovra di

sincronizzazione con la rete elettrica.

Gli alternatori utilizzati sulla turbina a vapore sono di costruzione Marelli con gli

avvolgimenti statorici e rotorici refrigerati in atmosfera di idrogeno.

3.5 Trasformatore del turbogas

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

18

Trasforma l’energia elettrica prodotta a 15 KV dall’alternatore, elevandola ad una

tensione di 380 KV per assicurare il contenimento delle perdite lungo le linee di trasporto

fino ai punti di utilizzo. E’ collegato tramite una stazione elettrica alla rete di trasmissione

nazionale

3.6 Generatore di vapore a recupero (GVR)

I generatori di vapore a recupero, sono di tipo verticale, alimentati dai gas di scarico dei

turbogas, senza alcun apporto di calore aggiuntivo e producono vapore su tre livelli di

pressione. I generatori di vapore a recupero, installati all’aperto, sono coibentati e rivestiti

di lamierino. I fasci tuberi sono composti da tubi alettati in parte in acciaio inox in parte in

acciaio al carbonio per una superficie complessiva di 181.000 m2. Il vapore prodotto

viene raccolto nei tre corpi cilindrici di bassa, media e alta pressione posti sulla sommità

del generatore di vapore.

3.7 Turbina a vapore

Le turbine a vapore sono del tipo assiale a reazione costituite da due corpi, uno ad alta e

media pressione a flussi contrapposti, l’altro di bassa pressione ad ammissione centrale

riflusso, con scarichi delle due estremità al condensatore, posto sulla parte inferiore della

turbina stessa.

3.8 Trasformatore del GVR

Trasforma l’energia elettrica prodotta a 15 KV dall’alternatore, elevandola ad una

tensione di 380 KV per assicurare il contenimento delle perdite lungo le linee di trasporto

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

19

fino ai punti di utilizzo. E’ collegato tramite una stazione elettrica alla rete di trasmissione

nazionale

3.9 Unità Termoelettriche 3 (fase 3)

La sezione 3 è un impianto termoelettrico a ciclo termodinamico aperto con caldaia ad

un solo attraversamento a pressione sopracritica, con surriscaldamento e doppio

risurriscaldamento per aumentare il rendimento del processo. L’acqua di alimento

demineralizzata viene pompata nel generatore di vapore (caldaia) dove, ad opera del

calore prodotto dal combustibile, si riscalda fino a portarsi allo stato di vapore

surriscaldato.

Il vapore così ottenuto viene trasferito alla turbina di alta pressione dove l’energia termica

è trasformata in energia meccanica. In uscita dalla turbina di alta pressione il vapore

viene reimmesso in caldaia per essere surriscaldato nuovamente e inviato alla turbina di

bassa pressione. Una volta attraversata la turbina di bassa pressione lo stesso viene

condensato, e la condensa rinviata tramite apposite pompe al generatore di vapore per

un nuovo ciclo. La condensazione viene effettuata mediante scambio termico, tramite il

condensatore, con l’acqua di mare.

Analogamente ai gruppi 1 e 2, la turbina e accoppiata direttamente all’alternatore dove

l’energia meccanica si trasforma in energia elettrica che viene così immessa, previo

elevazione di tensione a 380 KV ad opera di un trasformatore, sulla rete nazionale di

trasmissione.

I fumi, rilasciato il loro calore nel generatore di vapore, vengono inviati al camino dopo

aver subito un processo chimico e fisico di depurazione in tre consecutivi impianti di

abbattimento: denitrificatore (catalitico ad ammoniaca), depolverizzatore (precipitatori

elettrostatici), desolforatore (ad umido tipo calcare gesso), per l’abbattimento

rispettivamente degli ossidi di azoto (NOx), delle polveri e del biossido di zolfo (SO2)..

Si riporta di seguito lo schema del ciclo

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20

Descrizione dei principali componenti della sezione 3

Caldaia

Costruttore Babcock & Wilcox

Tipo circolazione Forzata

Pressione di timbro 272 ate

Temperatura ing. ECO 288 °C

Temperatura vapore SH 538 °C

Temperatura vapore 1° RH 552 °C

Temperatura vapore 2° RH 565 °C

Pressione vapore SH 245 bar

Pressione vapore 1° RH 70 bar

Pressione vapore 2° RH 22 bar

Portata vapore SH 1860 t/h

Portata vapore 1° RH 1232 t/h

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Portata vapore 2° RH 1217 t/h

Capacità totale 530 m3

Superficie scambio totale 52700 m2

Volume camera combustione 10000 m3

Numero bruciatori carbone 36

Numero bruciatori OCD 30

Numero bruciatori a metano 6

Numero mulini 4

Tipo mulini MPS

Abbattimento polveri Elettrofiltro

Abbattimento NOx DeNOx

Abbattimento SO2 DeSOx

Turbina a vapore

Costruttore Franco Tosi

Tipo reazione

Potenza nominale 600 MW

Velocità 3000 giri/min.

Pressione vapore ammissione 242 bar

Temperatura vapore ammissione 538 °C

Numero di stadi 60

Pressione scarico turbina BP 38 mmHg

Altezza ultima paletta BP 850 mm

Condensatore

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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Costruttore Franco Tosi

Tipo superficie

Numero passaggi 1

Numero sezioni 4

Sistema vuoto pompe/eiettori

Pressione 0.05 ata

Portata acqua mare 18 m3/sec.

Materiale tubi alluminio brass

Superficie totale scambio 30380 m2

Alternatore

Costruttore Marelli

Potenza apparente 370 MVA

Potenza attiva 320 MW

Tensione morsetti 20 KV

Corrente 10680 A

Fattore di potenza 0,85

Numero poli 2

Corrente di eccitazione 2670 A

Tensione di eccitazione 375 V

Pressione H2 3 bar

Trasformatore

Costruttore IEL

Potenza nominale 370 MVA

Tipo di raffreddamento olio/aria forzata

Tensione primaria 20 KV

Tensione secondaria 400 KV

3.10 Caldaia sezione 3

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

23

Il generatore è del tipo Benson e trasforma l’energia chimica del combustibile in energia

termica del vapore. Il generatore di vapore di costruzione B&W è a circolazione forzata

funzionante a pressione ipercritica a doppio risurriscaldamento del vapore e con camera

di combustione in depressione. Può bruciare fino a 200 t/h di carbone e nella fasi di

avviamento si può utilizzare il metano.

L’acqua di alimento viene immessa ai due lati del collettore entrata Eco dopo aver

attraversato il ciclo rigenerativo. L’acqua, spinta dalla pompa alimento attraverso una

tubazione costituita da 256 serpentine che formano tre banchi orizzontali raggiunge così i

due collettori dell’Eco.

La caldaia è dotata di 36 bruciatori a carbone, 30 bruciatori a OCD e 6 bruciatori a

metano; è in fase di ultimazione l’installazione di ulteriori sei bruciatori a metano.

L’aria necessaria alla combustione viene inviata in caldaia tramite due ventilatori e

riscaldata da tre riscaldatori rigenerativi aria-gas tipo Ljungstrom, installati sulla mandata

dei ventilatori stessi. I gas ripresi da due aspiratori vengono inviati al camino alla

temperatura di circa 105°C, dopo aver subito un processo chimico e fisico di depurazione

negli impianti di denitrificazione, depolverizzione e desolforazione.

All’interno della caldaia i tubi che formano gli schermi della camera di combustione sono

divisi in più passi con miscelazione intermedia dell’acqua, onde uniformare la

temperatura del metallo dei tubi stessi ed evitare sollecitazioni meccaniche derivanti da

differente allungamento per dilatazione termica.

Per contenere la produzione degli ossidi di azoto, al fine di rispettare il valore limite di

emissione di 200 mg/Nm3 (valore medio mensile riferito ai fumi secchi normalizzati con

un tenore di ossigeno del 6%), i bruciatori precedentemente installati sono stati sostituiti

con bruciatori a bassa produzione di NOx.

Il sistema di combustione è attualmente costituito da un complesso di bruciatori che

garantisce un valore di NOx all’uscita caldaia inferiore ai 900 mg/Nm3 ed un valore di

incombusti nelle ceneri leggere inferiore al 7%, nel funzionamento a carbone. Le

modifiche hanno comportato un necessario adeguamento tecnologico e miglioramento

dell’efficienza nei mulini carbone.

3.11 Turbina

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24

Le turbine sono del tipo a reazione, trasformano l’energia termica del vapore in energia

meccanica sull’asse. La turbina è del tipo cross compound a tre livelli di pressione con 7

spillamenti e 4 scarichi. Il primo spillamento è posto sullo scarico del corpo a pressione

ipercritica. Il secondo e terzo spillamento sono presi dalla turbina ausiliaria ed i restanti

dalla turbina di bassa pressione. La turbina ipercritica è alimentata da vapore SH

(surriscaldato); lo scarico della turbina ipercritica torna in caldaia e alimenta la turbina di

alta pressione con vapore 1°RH (1° risurriscaldato). Infine, dopo essere ritornato in

caldaia, alimenta le turbine di media pressione con vapore 2°RH (2° risurriscaldato) il cui

scarico confluisce nelle turbine di bassa pressione che lo scaricano al condensatore.

3.12 Condensatore

Il condensatore trasforma il vapore scaricato dalla turbina in acqua per poterla reinserire

in ciclo attraverso delle pompe. Il condensatore ha la funzione di condensare il vapore in

uscita dalla turbina di bassa pressione, utilizzando un fascio tubiero attraversato da

acqua di mare. Il condensatore è mantenuto in depressione a 0.05 ata.

3.13 Alternatore

Trasforma l’energia meccanica sull’asse in energia elettrica. La sezione 3 è dotata di due

macchine (una per asse) con potenza unitaria di 370 MVA che ruotano a 3000 g/Min.

La tensione nominale è di 20 KV, il sistema di eccitazione è costituito da tiristori.

Sono raffreddati a idrogeno del tipo “inner cooled” vale a dire con circolazione

refrigerante anche all’interno dei conduttori di rotore e statore, per una più efficace

asportazione del calore prodotto per effetto Joule.

La circolazione dell’idrogeno viene effettuata a mezzo di due ventilatori assiali multistadio

fissati alle estremità del rotore lato turbina di BP.

3.14 Trasformatore

Trasforma l’energia elettrica prodotta a 20 KV dall’alternatore, elevandola ad una

tensione di 380 KV per assicurare il contenimento delle perdite lungo le linee di trasporto.

E’ collegato tramite elettrodotto alla vicina stazione elettrica da cui l’energia elettrica è

immessa nella rete di trasmissione nazionale.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

25

3.15 Mulini

La caldaia è dotata di n° 6 mulini marca Babcock modello MPS 89 K . La potenzialità di

ciascuno è di 45 t/h.

3.16 Bruciatori a bassa produzione di ossidi di azoto

Oltre all’abbattimento finale i valori di emissione di NOx sono controllati anche

mantenendo ai livelli più bassi possibile le quantità che si formano in caldaia. Ciò si

ottiene gestendo correttamente un particolare sistema di bruciatori installato in occasione

degli interventi di adeguamento ambientale, si tratta dei cosiddetti bruciatori lowNOx che

mantenendo relativamente basse le temperature di fiamma contengono la formazione

degli ossidi di azoto

3.17 Denitrificatore DeNOx

Il sistema di denitrificazione dei fumi adottato è quello a riduzione catalitica selettiva

(SCR) del tipo “High-dust”, basato sulla reazione tra i fumi in ingresso e l’ammoniaca

iniettata.

L’impianto di denitrificazione catalitica è suddiviso in tre sistemi:

sistema di denitrificazione (reattore –catalizzatore SCR)

sistema di caricamento e stoccaggio dell’ammoniaca in soluzione acquosa

sistema di vaporizzazione dell’ammoniaca.

Nel loro percorso i gas uscenti dal generatore di vapore vengono inviati e trattati

nell’unico reattore, dove avviene la reazione di denitrificazione. L’ammoniaca, ottenuta

dalla evaporazione completa di una soluzione acquosa al 24 %, viene iniettata nei fumi a

monte del catalizzatore previa miscelazione con aria riscaldata. Il quantitativo di NH3

viene dosato in funzione degli NOx in ingresso in modo da ottenere l’abbattimento

desiderato (valore < al limite di legge). Gli NOx contenuti nei fumi reagiscono con

l’ammoniaca, in presenza del catalizzatore, riducendosi ad azoto molecolare e vapor

d’acqua. La reazione avviene in maniera praticamente completa nell’intervallo di

temperature tra 300 e 350°C.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

26

L’intero sistema è comandato, supervisionato e regolato dalla sala manovre principale Il

rendimento dell’impianto è del 80%.

Il sistema di regolazione e controllo assicura il mantenimento del rapporto molare

NH3/NOx più corretto in funzione del carico e delle prestazioni desiderate (efficienza di

rimozione NOx, rilascio di NH3).

Gli NOx sono misurati in continuo in uscita dal reattore, permettendo di adeguare la

richiesta di iniezione di ammoniaca attraverso il sistema di regolazione che controlla la

corretta temperatura del gas per garantire l’efficienza della reazione.

L’efficienza del sistema è controllata con misura in continuo della concentrazione di NOx

in uscita e dell’eventuale trascinamento di NH3.

Periodicamente vengono prelevati campioni del catalizzatore per verificarne lo stato di

invecchiamento e garantirne il corretto funzionamento.

3.18 Precipitatore elettrostatico P. E.

Il P.E. è un sistema che permette di depurare i fumi dalle ceneri volanti derivanti dalla

combustione del carbone. Può essere esercito anche in fase di combustione mista olio

combustibile e carbone.

Il precipitatore installato precedentemente al decreto di ambientalizzazione è stato

potenziato con un ulteriore campo di captazione e sono state apportate delle modifiche

volte a migliorarne sia l’efficienza di captazione del particolato sia l’affidabilità.

L’apparecchiatura è stata dotata di un nuovo sistema di automazione che permette un

controllo del funzionamento sia a livello locale che dalla sala Manovra; permette inoltre di

memorizzare più di una sequenza di battitura (pulizia) e di livelli di energizzazione

attivabili in relazione al tipo di carbone utilizzato.

Le misure in continuo permettono di verificare il valore della concentrazione di polveri in

uscita dal P.E., che comunque deve essere inferiore a 300 mg/Nm3, con combustione al

100% di carbone, anche nel caso di 2 semisezioni fuori servizio. L’introduzione

dell’alimentazione di tipo impulsivo ha consentito di aumentare la tensione di picco

rispetto alla tensione degli alimentatori convenzionali, con il duplice scopo di aumentare

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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l’efficienza e nel contempo ridurre il valore medio rispetto al convenzionale,

raggiungendo anche lo scopo di ridurre i consumi.

La capacità di abbattimento del P.E. è superiore al 99 %.

3.19 Desolforatore DeSOx

Il sistema di desolforazione adottato è del tipo “calcare-gesso” ad umido ed ha lo scopo

principale di ridurre la concentrazione dell’SO2 nei fumi provenienti dalla combustione del

carbone; oltre alla riduzione degli ossidi di zolfo, il desolforatore è in grado di ridurre

anche il particolato solido ancora presente nei fumi ed i gas acidi quali HCl ed HF.

L’impianto di desolforazione utilizza come reagente il calcare in sospensione d’acqua; il

sistema, in alternativa, può impiegare la calce idrata; attualmente, dopo una fase di

sperimentazione, si utilizza un particolare tipo di calcare, denominato marmettola, che

deriva dalla lavorazione del marmo.

L’area dedicata all’assorbimento dell’SO2 è ubicata nella parte retrostante il gruppo 4

(dismesso) della centrale, lato camino. In tale area è possibile individuare l’assorbitore

con il relativo edificio servizi ed il circuito di convogliamento e ripresa dei fumi.

1. Area dei gas (configurazione a doppia linea)

L’impianto di desolforazione è articolato su due linee di adduzione dei fumi grezzi e

ripresa dei fumi desolforati, ciascuna con potenzialità pari al 50%, che fanno capo ad un

unico assorbitore.

2. Area assorbimento (configurazione unilinea)

La linea di assorbimento tratta l’intera portata dei fumi provenienti da due scambiatori di

calore rigenerativi (GGH), tramite due condotti indipendenti, che li convogliano in

un’unica bocca d’ingresso all’assorbitore.

All’interno dell’assorbitore il gas viene desolforato e quindi, attraverso due bocche di

uscita distinte, viene riconvogliato ai GGH con l’ausilio di due ventilatori.

Il gas da desolforare percorre con moto ascensionale il cilindro (avente un diametro di 17

m), e viene in contatto con lo slurry (sospensione) di calcare finemente spruzzato

attraverso dei banchi di spruzzamento. Il gas in ingresso subisce una prima saturazione

con lo slurry recuperato dal fondo dell’assorbitore (loop inferiore) e risale con moto

ascensionale fino ai due banchi del loop superiore, dove è interposta una vasca che

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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raccoglie lo slurry e lo recapita al serbatoio alimento calcare. Quando il gas lascia l’ultimo

banco di spruzzaggio il processo di rimozione della SO2 risulta completato

L’assorbitore è costruito secondo la tecnologia dual-loop a umido che impiega calcare

come reagente e produce gesso con umidità residua del 10% e purezza minima

dell’85%. Il sistema è inoltre in grado di combinare una buona efficienza di rimozione

(circa l’80%) con elevato utilizzo del calcare, impiegando due zone distinte di trattamento

con differente pH e contenuto di cloruri degli slurries.

Il gas pulito è infine costretto a passare attraverso un sistema a due stadi per

l’eliminazione delle goccioline trascinate nel gas medesimo (demister). Ciascun demister

è dotato di sistema di lavaggio ad acqua che viene spruzzata periodicamente sulla

superficie del separatore al fine di rimuovere ogni tipo di deposito che possa ostruire il

passaggio dei gas o costituire potenziale base di aggregazione per la crescita delle

incrostazioni; la frequenza dei lavaggi è gestita automaticamente dal sistema di controllo

e l’acqua di lavaggio viene raccolta nel serbatoio di alimento del calcare dove si mescola

allo slurry ricircolante nel loop superiore.

Il gas trattato lascia l’assorbitore saturo di umidità alla temperatura di circa 60 °C con una

concentrazione di SO2, al massimo carico continuo, inferiore a 380 mg/Nm3 (riferiti al

gas secco e con O2 pari al 6%). I gas desolforati uscenti dal desolforatore vengono

ripresi e riscaldati prima dell’invio al camino mediante i due scambiatori di calore

rigenerativi (GGH).

3. Zona assorbimento: Area edifici servizi.

Nell’area sono ubicate tutte le macchine che servono al corretto funzionamento del

sistema di assorbimento, come le pompe ricircolo slurry (n.3 +1 di riserva), pompe di

estrazione sospensione gesso (n.2), pompe acqua industriale che alimentano il sistema

di lavaggio dei demister (n.2), pompe acqua mare, pompe ricovero sospensioni, pompe

recupero drenaggi e compressori ossidazione che insufflano aria sul fondo

dell’assorbitore.

4. Zona filtrazione- stoccaggio gesso

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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Il sistema di disidratazione del gesso e del successivo stoccaggio in un capannone

coperto sono localizzati in area decentrata rispetto all’assorbitopre, a lato del sistema di

preparazione della sospensione del calcare.

Dalla sospensione di gesso proveniente dal fondo dell’assorbitore, l’acqua viene

separata per mezzo di centrifughe. Dalle centrifughe, mediante un nastro fisso di ripresa

ed uno mobile, il gesso viene trasportato nell’adiacente capannone di stoccaggio del

volume di 10000 m3; le acque di filtrazione in uscita dalla centrifuga vengono convogliati

per gravità nei due serbatoi ubicati al piano terra dell’edificio e, in funzione di determinati

parametri, ricircolate all’assorbitore o inviate al trattamento spurghi.

3.20 Cristallizzatore

Il cristallizzatore inserito nel ciclo produttivo ha lo scopo di ridurre l’impatto dovuto ai reflui

della centrale e di massimizzare il recupero della risorsa idrica utilizzata.

L’impianto di evaporazione-cristallizzazione dotato di pretrattamento con sistema di

raccolta del sale prodotto e l’impiantistica per il ritorno, a fine di recupero, delle correnti

d’acque trattate dal DeSOX.

Lo spurgo del DeSox viene raccolto in un serbatoio e successivamente inviato al

pretrattamento.

L’acqua pretrattata viene inviata al sistema di evaporazione-cristallizzazione, della

capacità di 15 m3/h, composto da un evaporatore di pari capacità e da un cristallizzatore

da 2-3 m3/h.

Per la separazione dei solidi prodotti sono previsti due filtri a pressa che tramite scivoli

recapitano in sottostanti cassoni scarrabili, utilizzati per raccogliere i residui da portare al

destino finale.

Con l’installazione del cristallizzatore si prevede di ridurre di circa 200.000 m3 sia il

volume annuale d’acqua scaricata dall’ITAR sia di quello prelevato da fonte idrica

esterna. Inoltre il recupero nel DeSox del proprio spurgo trattato dovrebbe anche

consentire una migliore qualità in termini di salinità dell’affluente dell’ITAR ed un suo

maggiore recupero come acqua industriale di centrale.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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La relazione tecnica descrittiva dell’impianto è riportata nell’allegato A.19, la planimetria

di impianto è riportata nell’allegato B21_5 al quale si rimanda. (L’impianto è attualmente

in fase di costruzione).

4 Attività tecnicamente connesse alle fasi 1-2-3

Il processo di produzione è integrato da impianti, dispositivi ed apparecchiature ausiliarie

che ne assicurano il corretto funzionamento

Nella centrale della Spezia sono state individuate le seguenti attività tecnicamente

connesse.

a) AC1 Approvvigionamento combustibili gassosi, stazione di

decompressione e rete di distribuzione del gas naturale

Il gas naturale proviene dalla rete di distribuzione SNAM, collegata all’impianto tramite un

apposito gasdotto che termina in centrale con una stazione di riduzione della pressione.

Nella stazione gas trovano posto gli apparati di riduzione della pressione costituiti da una

valvola di autoregolazione della pressione a valle tarata su 23 bar, un separatore di

condensa con apposito serbatoio di raccolta, un riscaldatore che serve a compensare il

calore assorbito dal gas in espansione ed un filtro meccanico. Oltre alle apparecchiature

di riduzione della pressione e di riscaldamento del gas, nella stazione di decompressione

trovano posto i contatori di misura del gas consumato, regolarmente tarati e controllati.

b) AC2 Approvvigionamento, stoccaggio e movimentazione

combustibili liquidi

a) Scarico stoccaggio e movimentazione olio combustibile

L’olio combustibile necessario al fabbisogno dell’impianto viene rifornito via mare

mediante petroliere e trasferito, senza stoccaggio in zona portuale, al deposito della

centrale costituito da quattro serbatoi, due da 50.000 m3 e due da 30.000 m3.

Le aree portuale in cui si effettua la discarica dell’OCD sono dotate di sistemi di

contenimento atti a fronteggiare eventuali versamenti di combustibile in modo da

prevenire gli inquinamenti del sottosuolo e delle acque portuali.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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L’oleodotto di trasferimento, collocato in gran parte lungo lo stesso percorso del nastro

carbone, ha uno sviluppo complessivo di circa 3 km., ha diametri di 12 e 16 pollici ed è

adeguatamente coibentato e riscaldato. Le tubazioni hanno una disposizione

prevalentemente superficiale a vista, i tratti interrati sono stati completamente inseriti in

cunicoli di protezione ispezionabili. La possibilità di ispezionare i tratti interrati di

oleodotto e l’adozione di procedure di sorveglianza hanno praticamente annullato il

rischio di contaminazione del suolo.

Anche i serbatoi di stoccaggio sono provvisti di bacino di contenimento.

b) scarico, stoccaggio e movimentazione del gasolio

Il gasolio destinato alla produzione di energia viene utilizzato solo nelle caldaie ausiliarie

e per alimentare le cosiddette torce pilota della terza unità. Il gasolio necessario è

approvvigionato tramite autobotti ed è stoccato in un serbatoio della capacità di 300 m3.

Il sistema di discarica delle autobotti è dotato di tutte le necessarie misure di sicurezza e

di prevenzione dell’inquinamento del suolo.

c) AC3 Caldaia ausiliaria

I due generatori di vapore sono di costruzione Metallurgica Bergamasca.

Il generatore è alimentato ad acqua ed ha il corpo principale ad una pressione di 19,6

bar, la temperatura di esercizio è di 209° C e una capacità di 20.650 litri.

Il surriscaldamento ha una pressione di 19,6 bar una temperatura di esercizio di 280° C e

una capacità di 350 litri.

d) AC4 Gruppo elettrogeno di emergenza

I gruppi elettrogeni sono costituiti da un motore di emergenza diesel accoppiato

rigidamente con l’alternatore trifase provvisto di stabilizzatore di tensione.

Hanno la possibilità in caso di blackout di fornire l’alimentazione per le apparecchiature e

i sistemi di comando e controllo dei gruppi 1, 2 e 3 e servizi generali. I motori diesel sono

di costruzione Isotta Fraschini con una potenza di 1500 KVA ed una tensione trifase da

5KV.

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Divisione Generazione ed Energy Management Unità di Business della Spezia

Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

32

e) AC5 Impianto antincendio e motopompa

L’impianto è soggetto al Certificato di Prevenzione Incendi e dispone di tutti i presidi

antincendio richiesti.

Nell’ambito della Valutazione dei Rischi, ai sensi del D.Lgs.626/94, preliminarmente alla

stesura del Piano di Emergenza Interno (PEI), è stata effettuata la valutazione del rischio

incendio, ai sensi del DM 10 marzo 1998. Sono indicate le misure adottate al fine di

ridurre la probabilità di insorgenza degli incendi, le misure relative alle vie di esodo, ai

sistemi di rilevazione e alle attrezzature

Tutte le aree e i locali di centrale sono asserviti da sistemi di estinzione incendi (estintori

a polvere, estintori a CO2, manichette, idranti a colonna), i macchinari principali sono

protetti da impianto automatico di rilevazione incendi con elemento termosensibile e

segnalazione nelle Sale Manovre ed impianto automatico fisso di spegnimento ad acqua

frazionata.

Nei locali con apparecchiature elettriche sono installati impianti di rilevazione fumi con

centrale di controllo posta nelle Sale Manovre.

Oltre all’impianto antincendio collegato alla rete idrica, vi sono anche postazioni fisse a

CO2 , a polvere e Twin Agent.

Gli impianti antincendio collegati alla rete idrica sono costituiti da:

⇒ Rilevatori (tarati a 68° C)

⇒ Valvola a diluvio

⇒ Ugelli di nebulizzazione

⇒ Pressostati anomalia/intervento

⇒ Pressostati impianto intervenuto

Le zone coperte dall’impianto antincendio sono:

Impianti/Edifici Area di Produzione

• Sezione turbogas SP1

• Sezione turbogas SP2

• Stazione decompressione metano

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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• Fosse idrogeno e deposito con bombole di acetilene e propano

• Tubazioni di adduzione gas alle unità 1-2-3

• Depositi di liquidi infiammabili (serbatoi olio combustibile, gasolio e stazione di

caricamento autobotti)

• Depositi di olio lubrificante, olio turbina e olio dielettrico

• Gruppi elettrogeni

• Caldaie ausiliarie per produzione vapore

• Edificio servizi ausiliari Unità 1 e 2

• Edificio servizi ausiliari Unità 3

• Trasformatori

• Sala macchine

• Generatori di vapore

• Pompe nafta e gasolio gr. 3

• Impianto di desolforazione

• Impianto di denitrificazione catalitica

• Precipitatore elettrostatico

• Edificio compressori Gr. 1-2

• Edificio compressori Gr. 3-4

• Impianto movimentazione e stoccaggio calcare e ceneri da carbone

• Impianto movimentazione e stoccaggio ceneri da olio

• Impianto movimentazione e stoccaggio gesso

• Impianto stoccaggio ammoniaca

• Impianto osmosi

• Impianto ITAR TSD

• Deposito bombole CO2

Edifici servizi

• Laboratorio chimico

• Deposito bombole gas laboratorio chimico

• edificio servizi

• edificio portineria , spogliatoi e infermeria

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

34

• edificio mensa

• Vani ascensori

• edificio area operativa tecnica (ex officina STC)

• edificio officina pezzi pesanti

• edificio deposito muletti

• edificio magazzino ex ponteggiatori

• edificio magazzini A , B , T2 e T3

I carbonili Val Fornola (carbonile n° 1) e Val Bosca (carbonile n° 2) dispongono ciascuno

di un impianto antincendio costituito da una tubazione da 8” con 12 bocche antincendio

UNI 70 (con relative manichette e lance).

Stazione di pompaggio antincendio

È posizionata all’estremità Est della Centrale ed è costituita da:

• pompa con motore diesel con portata nominale di 1.500 m3/h e prevalenza di 110

m di colonna d’acqua;

• pompa con motore elettrico con portata nominale di 1.500 m3/h e prevalenza di

110 m di colonna d’acqua;

• pompa con motore diesel con portata nominale di 780 m3/h e prevalenza di 90 m

di colonna d’acqua;

• pompa con motore elettrico con portata nominale di 780 m3/h e prevalenza di 90

m di colonna d’acqua;

• pompa di pressurizzazione della rete idranti

Per ciascuna delle pompe con motore diesel è presente un serbatoio di stoccaggio

gasolio. I serbatoi, dotati di bacino di contenimento, sono separati, rispetto alle pompe e

all’altro serbatoio, da muri tagliafuoco.

I sistemi posti a protezione della stazione di pompaggio sono:

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

35

• impianto di spegnimento ad acqua frazionata posto a protezione di ciascuna

motopompa;

• impianto di spegnimento ad acqua frazionata posto a protezione di ciascun

serbatoio gasolio;

• impianto di rilevazione a cavo termosensibile per ciascuna motopompa e per

ciascun serbatoio.

Le pompe aspirano dai due vicini serbatoi di acqua industriale. In ciascun serbatoio viene

mantenuta una riserva intangibile per scopo antincendio non inferiore a 1.500 m3.

Stazione di stoccaggio liquido schiumogeno

La stazione di stoccaggio liquido schiumogeno é installata vicino all’autoclave di

pressurizzazione rete idrica antincendio ed ai serbatoi di stoccaggio riserva idrica.

Si compone di due serbatoi da 8 m3 cadauno, da una pompa di caricamento

schiumogeno nei serbatoi e da due pompe, una con motore elettrico ed una con motore

diesel, per l’iniezione dello schiumogeno nelle linee di alimentazione degli impianti a

schiuma.

La centrale dispone inoltre di una ulteriore scorta di schiumogeno contenuto in 46 fusti da

200 litri cadauno.

L’impianto antincendio del Terminal, è costituito da:

a) Rete idrica dall’acquedotto cittadino che alimenta l’impianto ad acqua frazionata a

protezione dei trasformatori dei servizi ausiliari, del deposito lubrificanti e della sala

pompe.

b) Rete idrica alimentata con acqua di mare mediante una stazione di pompaggio

costituita da un’elettropompa ed una motopompa di riserva.

Questa rete alimenta:

1) direttamente con acqua di mare il tratto in tunnel del nastro n° 3

Page 36: Relazione tecnica dei processi produttivi

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

36

2) direttamente con acqua di mare o con una miscela acqua-schiuma il

collettore Ø 8” dell’impianto antincendio posto a protezione del pontile

d’attracco delle navi (lungo 256 metri dalla radice del terminal).

La stazione di pompaggio è costituita da una elettropompa e da una motopompa di

riserva ciascuna avente una portata di 240 m3/h ed una prevalenza di 95 mH2O.

Il tratto in tunnel del nastro n° 3, è provvisto di impianto pneumatico di rivelazione incendi

con rivelatori termosensibili a bulbo di quarzo del tipo a risposta rapida e impianto fisso di

protezione ad acqua frazionata

L’impianto antincendio del pontile di attracco navi può essere alimentato direttamente

con acqua di mare o con una miscela acqua – schiuma ed è costituito da un collettore

antincendio Ø 8” che alimenta:

• n° 10 monitori idroschiuma autoscillanti posizionati lungo lo sviluppo del pontile (5

monitori per lato);

• n° 3 impianti con ugelli schiuma a protezione delle postazioni valvolate degli oleodotti

• n° 9 cassette contenenti ognuna tubazione flessibile e lancia sia UNI 45 che UNI 70

• n° 6 cassette contenenti ognuna tubazione flessibile e lancia schiuma UNI 45

f) AC6 Laboratorio Chimico

Il personale del laboratorio chimico svolge i controlli analitici d’impianto ed in particolare

le verifiche sugli scarichi idrici secondo procedure del sistema di gestione ambientale.

Si occupa inoltre delle problematiche chimiche, di controllo del processo e dei

combustibili.

g) AC7 Impianto osmosi inversa

L’impianto ad osmosi inversa, utilizzando acqua di mare, attraverso membrane

semipermeabili, produce acqua industriale a basso tenore di sali restituendo a mare

acqua con una salinità di circa 1,7 volte più elevata di quella prelevata.

Le acque di controlavaggio del sistema di pretrattamento, costituito da filtri a sabbia, e gli

episodici lavaggi chimici delle membrane semipermeabili sono inviati all’impianto di

trattamento ITAR-TSD integrato.

Page 37: Relazione tecnica dei processi produttivi

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

37

La portata dell’acqua di mare per alimentare l’impianto di osmosi può arrivare a circa 500

m3, per una produzione massima di acqua industriale di circa 150 m³/h (tre linee da

50m³/h); la salamoia la restante quota è rilasciata direttamente nel canale di restituzione

dell’acqua di mare condensatrice

h) AC8 Impianto trattamento acque reflue

L’impianto di trattamento acque reflue di centrale è composto dalle seguenti sezioni:

• Sezione di trattamento chimico-fisico (ITAR-TSD)

• Sezione di trattamento acque oleose (ITAO)

• Sezione di trattamento acque biologiche (ITAB)

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

38

Ogni sezione tratta in maniera specifica il refluo, opportunamente convogliato da una rete

di raccolta dedicata.

All’impianto di trattamento ITAR-TSD vengono collettate le acque acide-alcaline.

L’impianto attuale, che amplia quello precedente l’installazione del desolforatore, è

costituito da due serbatoi di accumulo, vasche, sistemi di misura e dosaggio reagenti.

Le fasi di trattamento si possono distinguere in:

• accumulo

• precipitazione del fango (primaria e secondaria)

• sedimentazione del fango (primaria e secondaria)

• ossidazione chimica

• correzione del pH.

Nello stadio di precipitazione e sedimentazione primaria, il refluo viene alcalinizzato con

latte di calce, addizionando poliettrolita e solfuro sodico od equivalente, per facilitare la

precipitazione sotto forma di solfuri dei metalli e non metalli.

L’aggiunta di cloruro ferroso per la precipitazione del solfuro in eccesso completa questo

stadio di trattamento.

La sedimentazione dei prodotti di reazione (idrossidi e solfuri metallici) e dei sospesi

avviene in un chiarificatore a valle a ricircolo dei fanghi.

Nel secondo stadio di trattamento l’effluente proveniente dal primo , viene addizionato

con cloruro ferrino, polielettrolita e idrossido di sodio in soluzione, in modo da ottenere la

coprecipitazione di idrossido ferrino e completare l’abbattimento di altri eventuali

inquinanti sfuggiti al primo stadio.

Un sistema di sedimentazione a pacchi lamellari sovrapposti e contrapposti al flusso in

trattamento “tipo Pinkerwood” permette la separazione delle sostanze in sospensione.

I fanghi ottenuti dal primo e dal secondo stadio di sedimentazione vengono inviati ad un

ispessitore e successivamente ad una batteria di filtri pressa.

Il trattamento viene, infine, completato con l’additivazione di acqua ossigenata per

l’abbattimento dell’eventuale COD residuo e correttore finale del pH.

Le portate di acque acide –alcaline trattate dall’impianto restano tendenzialmente

inalterate rispetto all’assetto ante ambientalizzazione (90-150) mc/h

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

39

All’impianto di trattamento acque oleose (ITAO) affluiscono tutte le acque potenzialmente

inquinabili da oli, queste vengono collettate tramite una rete fognaria dedicata in

collettore perimetrale principale; questo afferisce direttamente alla vasca di calma posta

in testa alla sezione di trattamento delle acque inquinabili da oli.

L’olio, eventualmente presente, è recuperato mediante opportuni dispositivi automatici

galleggianti “Disc-Oil”e trasferito in un serbatoio dedicato e recuperato, mentre l’acqua a

valle di una serie di guardie idrauliche è pompata in due vasche di disoleazione, “API

SEPARATOR”, della capacità di trattamento di 150 mc/h cadauna.

In queste vasche avviene una successiva separazione per diversità di peso specifico tra

l’olio ed acqua; la miscela di olio-acqua che si forma in superficie in coda alle API viene

sospinta da un carro-ponte schiumatore-raschiatore e raccolta in un’apposita cabaletta.

L’olo schiumato è inviato al recupero. Per il recupero di queste acque, come acqua

industriale, è stato inserito uno stadio di filtrazione su sabbia a granulometria controllata

e carbone attivo. Le eventuali eccedenze, non recuperabili, vengono deviate al canale di

restituzione se le caratteristiche fisico–chimiche rispettano i valori dei parametri

legislativi, altrimenti vengono inviate in testa all’impianto di trattamento ITAR-TSD.

Gli scarichi delle vasche olandesi confluiscono nel collettore Nord( Tombone) la cui

gestione è di Enel che si impegna a mantenere il livello ad una quota inferiore a quelle

delle trappole olandesi onde impedire eventuali spandimenti di olio all’interno dei bacini di

contenimento, secondo una procedura che dovrà essere messa a punto tra le parti.

L’impianto di trattamento acque biologiche (ITAB) raccoglie tutte le acque di tipo

sanitario, è composto da uno strigliatore/sminuzzatore, una vasca di ossidazione totale a

fanghi attivi ed un trattamento di coda mediante debatterizzazione con lampada ad UV,

con una portata media di trattamento pari a %-6 mc/h. le acque, dopo depurazione, sono

normalmente inviate al recupero o all’impianto ITAR-TSD.

Ulteriori acque sanitarie vengono prodotte presso il terminal ENEL al molo di v.le

S.Bartolomeo.

Questi reflui sono trattati localmente mediante fosse settiche tipo IMHOFF e filtro finale a

biodischi rotanti del tipo a flora batterica adesa. Prima dello scarico a mare il refluo è

sterilizzato con debatterizzatore a lampade UV

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

40

i) AC9 Approvvigionamento, stoccaggio e movimentazione carbone

Si tratta di carbone estero proveniente da diverse regioni del mondo. Il carbone viene

scaricato nel porto della Spezia, da navi attraccate su di un molo dedicato alle attività

Enel. Dalle navi, mediante due scaricatori concepiti per minimizzare le dispersioni di

polveri, il carbone viene posato direttamente su nastro e trasportato verso i due parchi di

stoccaggio asserviti all’impianto, uno in Val Fornola e uno in Val Bosca. La capacità di

stoccaggio complessiva è di circa 450.000 t.

I parchi carbone sono stati realizzati su avvallamenti naturali il cui fondo è di natura

argillosa e le cui pareti sono state coperte da lastre di cemento. I nastri trasporto

carbone, dal porto ai depositi e dai depositi verso la sezione 3 dell’impianto, hanno una

lunghezza complessiva di circa 2200 metri e una capacità di trasporto di 1100 t/h. I nastri

sono allocati all’interno di «tunnel» completamente chiusi, per prevenire la diffusione

delle polveri e possibili sporcamenti lungo il percorso. I nastri sono collegati da otto torri

di smistamento e di rinvio, anch’esse dotate di sistemi per prevenire la dispersioni di

polveri; per evitare completamente la dispersione di polveri di carbone, alcune torri, poste

in prossimità dei confini dell’impianto, sono completamente chiuse.

l) AC10 Attività di manutenzione

Tutte le attività di manutenzione svolte in centrale sono coordinate da un capo sezione

manutenzione che sovrintende a tutte le attività operative di natura meccanica, civile,

elettrica e di regolazione svolte dal personale Enel inserito nelle rispettive linee

specialistiche o dalle ditte in appalto.

Egli coordina, inoltre, le attività svolte dalla linea programmazione per la gestione dei

programmi di manutenzione e delle richieste di lavoro inerenti agli interventi in

accidentale per tutte le unità operative dell’impianto.

Sotto il profilo ambientale le responsabilità del capo sezione sono:

l’assegnazione delle priorità agli interventi manutentivi secondo la procedura SAP,

che tiene anche conto delle urgenze in relazione a possibili effetti ambientali;

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

41

la valutazione, in collaborazione con il personale di esercizio della validità e la

frequenza degli interventi a programma per assicurare l’efficienza ambientale dei

macchinari e delle apparecchiature;

l’assicurazione, la disponibilità e la validità delle misure e dei dati elaborati dai

sistemi automatici riguardanti i parametri chimico fisici del processo che sono

importanti per l’ambiente e dei sistemi di monitoraggio degli effetti ambientali.

In caso di modifiche impiantistiche progettate a livello di impianto egli valuta le incidenze

ambientali in collaborazione con la sezione Esercizio e fissa di concerto con la Direzione

gli obiettivi da raggiungere con il progetto;

In caso di attività affidate a terzi (società esterne o interne al Gruppo Enel) valuta con il

capo sezione esercizio, le possibili interazioni con l’ambiente ed evidenzia l’opportunità di

seguire specifiche procedure atte a minimizzare l’incidenza ambientale .

Il personale della sezione manutenzione, ognuno per le parti di propria competenza, è

regolarmente formato sugli obiettivi ambientali aziendali e sulle procedure operative (es.

gestione dei rifiuti), conformemente a quanto prescritto dal sistema di gestione

ambientale.

Specificatamente alla gestione dei rifiuti, questa è gestita da personale di manutenzione

a cui è affidato il controllo della fase di formazione dei rifiuti, tanto per i rifiuti generati da

attività svolte direttamente dai reparti, quanto per i rifiuti generati da terzi nell’ambito delle

attività effettuate presso gli impianti di competenza.

Nel caso di attività affidate a terzi si considera di norma produttore dei rifiuti (salvo

pattuizioni diverse ed indipendentemente da chi si assume l’onere economico dello

smaltimento):

⇒ l’appaltatore, quando è la sua attività professionale ad originare i rifiuti (es.

manutenzione aree verdi);

⇒ la Centrale, quando non è direttamente l’attività professionale dell’appaltatore a

generare il rifiuto, bensì la produzione del rifiuto è l’oggetto dell’attività appaltata

(es. smaltimento di macchinari obsoleti).

I rifiuti prodotti nelle aree in gestione a UMC (Unità Movimentazione Combustibili), si

considerano derivanti da attività della Centrale e quindi gestiti con le stesse modalità.

Page 42: Relazione tecnica dei processi produttivi

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

42

m) AC11 Gestione ceneri e gessi

Circa l’80% delle ceneri prodotte dalla combustione del carbone vengono captate dagli

elettrofiltri inseriti prima delle ciminiera per depolverizzare i fumi, la parte restante si

deposita direttamente sul fondo della camera di combustione. Le ceneri estratte

pneumaticamente dagli elettrofiltri e dalla caldaia si raccolgono in appositi silos.

Le operazioni di estrazione, raccolta e caricamento delle ceneri su mezzi idonei per il

trasporto dei materiali polverulenti, viene realizzato automaticamente mediante circuiti

pneumatici realizzati in modo da prevenire dispersioni di polveri.

Le ceneri da carbone così raccolte costituiscono rifiuti non pericolosi che possono essere

utilizzate nei cementifici o per la preparazione di conglomerati cementizi. Il recupero di

questi rifiuti può essere effettuato secondo le procedure semplificate previste dal Dlgs

22/97 (il c.d. decreto Ronchi) nel rispetto delle condizioni tecniche stabilite del Decreto

Ministeriale del 5 febbraio 1998, vale a dire che l’attività di recupero può essere messa in

atto sulla base di una semplice comunicazione da parte del soggetto che effettua l’attività

di recupero alla Provincia territorialmente competente. Le condizioni tecniche stabilite

prevedono un limite sul contenuto di particelle carboniose (incombusti). Nel caso venga

superato tale limite le ceneri devono essere smaltite in discarica. Negli ultimi anni tutte le

ceneri prodotte sono state avviate al recupero.

L’adeguamento ambientale della Sezione 3 ha inoltre comportato l’installazione di

un impianto di desolforazione dei fumi per l’abbattimento delle emissioni di

biossido di zolfo (SO2) (impianto DeSOx).

Tale impianto utilizza come unico reagente il calcare (CaCO3), proveniente dagli

impianti di lavorazione del marmo (marmettola) o da cava, opportunamente

miscelato con acqua industriale.

I fumi ad elevato contenuto di biossido di zolfo vengono alimentati al reattore di

desolforazione dove vengono in contatto gesso biidrato (CaSO4·2H2O).

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

43

con aria e con una soluzione acquosa di calcare (CaCO3), la reazione chimica

che avviene porta alla formazione di gesso bi-idrato (CaSO4·2H2O). Il gesso bi-

idrato (CaSO4·2H2O), opportunamente filtrato e disidratato da apposite

centrifughe, viene messo a parco in un capannone di stoccaggio dedicato.

Il gesso risultante dalla desolforazione dei fumi è destinato principalmente al

recupero di materia. In particolare viene utilizzato dai cementifici per essere

aggiunto al clinker oppure utilizzato per la produzione di prodotti per l'edilizia. viene trasportato verso il capannone di stoccaggio mediante nastro fisso che, a

sua volta, lo deposita su un nastro mobile (shuttle) interno al capannone per il

deposito a terra.

Il gesso prodotto dalla reazione fra calcare, biossido di zolfo e ossigeno

atmosferico, viene prelevato dalla base del reattore di desolforazione (quencher)

e pompato alla sezione di filtrazione centrifuga.

Il gesso filtrato in uscita dalle centrifughe

L’evacuazione del gesso dal capannone di stoccaggio avviene mediante carico su

autocarri con pala meccanica con benna in apposita zona interna al capannone

stesso.

Per evitare eventuali polverosità, all'interno del capannone è presente un impianto

splinker per la bagnatura del gesso depositato a terra con spray d’acqua e

all'esterno è disponibile una stazione di lavaggio degli automezzi con acqua in

pressione; inoltre il materiale è caricato su cassoni che vengono chiusi con telone

plastico retraibile impermeabile.

La produzione annuale di gesso ammonta a circa 35.000 – 40.000 tonnellate.

n) AC12 Utilizzo acqua di mare per condensazione

L’acqua di mare, per la condensazione del vapore ed il raffreddamento di altre

apparecchiature ausiliarie, viene prelevata attraverso l’opera di presa subendo nel

passaggio nei condensatori un innalzamento di temperatura.

Page 44: Relazione tecnica dei processi produttivi

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

44

L’acqua di mare, alla presa, è additivata , se necessario, con ipoclorito di sodio in

soluzione al fine di limitare il deposito nei canali e nei condensatori del “fouling-marino“.

Il dosaggio di ipoclorito è determinato dalla portata di acqua di mare e dalla “domanda di

cloro“preliminarmente effettuata sull’acqua in ingresso nonché al valore misurato di cloro

residuo allo scarico.

L’acqua prelevata viene preventivamente filtrata attraverso un sistema di griglie; le prime,

poste all’opera di presa, con funzione anti-uomo; le seconde, a maglia più fine, a monte

delle pompe acqua condensatrice, con funzione di rimozione di corpi ed oggetti estranei

presenti nell’acqua di mare. Le sostanze sgrigliate vengono rimosse e smaltite mentre

l’acqua di mare per il lavaggio griglie viene restituita direttamente attraverso il canale di

scarico.

La quantità d’acqua di raffreddamento, dei gruppi 1, 2 e 3, in seguito all’adeguamento

ambientale, si riduce passando dai 60m³/sec ai 40m³/sec circa.

Acqua di mare per servizi vari

Oltre che per la condensazione e per il raffreddamento in altri scambiatori, l’acqua di

mare viene utilizzata per l’impianto ad osmosi inversa (produzione acqua industriale) e

per il reintegro dell’acqua di circolazione nello scrubber del DE-SOx.

5 La produzione della centrale

L’impianto Eugenio Montale è dedicato alla sola produzione di energia elettrica mediante

l’esercizio di una unità termoelettrica convenzionale prevalentemente alimentata a

carbone e di due unità a ciclo combinato alimentate a gas naturale .

I dati sotto riportati rappresentano il funzionamento realizzato negli ultimi 4 anni

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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Energia in miliardi di kWh

6,06,97,3

4,5

2002 2003 2004 2005

Energia prodotta dall’impianto ed immessa nella rete elettrica nazionale di trasporto negli anni 2002 – 2004.

Sulla unità 3 alimentata a carbone, in alcune fasi di esercizio, in particolare durante gli

avviamenti, si utilizzano anche olio combustibile, metano e gasolio. Il contributo

percentuale di ciascun combustibile al fabbisogno complessivo di calore è mostrato nel

grafico

0102030405060708090

100% di calore

0

200.000

400.000

600.000

800.000

1.000.000

1.200.000

1.400.000

Fabb

isog

no d

i cal

ore

in te

p

% da gasolio 0,04 0,07 0,05 0,16

% da gas naturale 55,09 46,90 38,50 34,16

% da carbone 42,37 50,39 59,65 63,74

% da olio 2,50 2,64 1,79 1,95

Calore utilizzato (tep) 1.378.368 1.356.742 1.225.265 952.419

2002 2003 2004 2005

Combustibili utilizzati per la copertura del fabbisogno di calore espresso in tep.(L’abbreviazione tep sta per tonnellate equivalenti di petrolio che è una misura convenzionale delle quantità di calore: un tep equivale a 10 milioni di kCal ).

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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6 La manutenzione La manutenzione generale di ogni unità termoelettrica è programmata con cadenza

triennale con fermate di durata media. La manutenzione minore viene eseguita con unità

in servizio sfruttando la ridondanza dei macchinari principali.

7 Vita residua La scadenza della concessione demaniale è attualmente fissata al 31/12/2010.

8 Aspetti ambientali (estratto dalla Dichiarazione ambientale)

Gli aspetti ambientali sono gli elementi del processo produttivo che possono interagire

con l’ambiente.

Tra tutte le molteplici interazioni ambientali che il processo produttivo ed i servizi ad esso

funzionali presentano, occorre definire quelle cui sono connessi impatti ambientali

significativi. Agli elementi suscettibili di produrre impatti significativi bisogna applicare un

corretto sistema di gestione, ossia attività sistematiche di sorveglianza, misure tecniche e

gestionali appropriate, obiettivi di miglioramento in linea con la Politica e le strategie

aziendali in materia d’ambiente. Ciò allo scopo di prevenire, o quantomeno ridurre, gli

impatti negativi e di accrescere gli impatti positivi.

Il processo di individuazione degli aspetti ambientali deve includere quindi una

valutazione della significatività degli aspetti stessi, in relazione agli impatti provocati. Il

criterio adottato per valutare la significatività degli aspetti è fondato sugli orientamenti

espressi dalla Commissione delle Comunità Europee attraverso la Raccomandazione

2001/680/CE del 7 settembre 2001 relativa all’attuazione del regolamento (CE) n.

761/2001: quest’ultima suggerisce di considerare i seguenti termini di valutazione:

l’esistenza e i requisiti di una legislazione pertinente

il potenziale danno ambientale e la fragilità dell’ambiente

l’importanza per le parti interessate e per i dipendenti dell’organizzazione

la dimensione e la frequenza degli aspetti.

Per effettuare un’analisi corretta l’organizzazione ha considerato nella stesura dell’Analisi

Ambientale iniziale tutte le attività passate, presenti e programmate.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

47

Il quadro degli aspetti ambientali descritto in questa Dichiarazione rappresenta, quindi il

risultato dell’Analisi Ambientale Iniziale. Nello studio sono state considerate le categorie

di aspetti proposte dal Regolamento EMAS, che sono:

Emissioni nell’aria

Scarichi nelle acque superficiali

Produzione, riciclaggio, riutilizzo e smaltimento dei rifiuti

Uso e contaminazione del terreno

Uso di materiali e risorse naturali

Questioni locali (rumore, vibrazioni,odore, polvere, impatto visivo, ecc.)

Impatti conseguenti a incidenti e situazioni di emergenza

Impatti biologici e naturalistici

Una procedura del SGA aziendale definisce i criteri per l’individuazione e valutazione

della significatività degli aspetti, al fine di predisporre e a mantenere costantemente

aggiornato il “Registro degli aspetti e degli impatti ambientali”, cioè un elenco esaustivo

degli elementi del processo produttivo e delle attività e dei servizi connessi che

presentano un impatto ambientale, in modo da applicare ad essi un corretto sistema di

gestione; ciò significa, per ciascun aspetto ritenuto significativo:

esaminarne la possibilità di interventi migliorativi in fase di definizione degli obiettivi e dei

programmi ambientali;

assicurare il rispetto di specifiche disposizione di legge o aziendali;

controllare gli impatti connessi, adottando, ove necessario, procedure ed istruzioni

operative;

Identificare, caratterizzare e valutare gli aspetti ambientali diretti e indiretti del sito in linea

con i criteri stabiliti in procedura;

rilevare e registrare regolarmente i parametri chimico fisici caratteristici;

definire i possibili indicatori di prestazione per valutare le variazioni positive o negative;

registrare il punto di vista delle parti interessate.

La metodologia adottata viene riportata nella scheda di approfondimento n. 3 insieme alle

tabelle A e B.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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Alla luce del predetto regolamento comunitario, dopo aver identificato e valutato gli

aspetti ambientali, è stata anche operata la prevista distinzione tra gli aspetti ambientali

diretti e gli aspetti ambientali indiretti come spiegato a pagina 52.

Il quadro degli aspetti ambientali significativi sono riassunti nella Tabella seguente.

Gli aspetti sono aggregati secondo le categorie proposte dal regolamento CE n.

761/2001.

8.1 Gli aspetti ambientali significativi Si riporta in appendice il criterio di valutazione della significatività.

CATEGORIA DESCRIZIONE Emissioni di SO2, NOx, prodotti dalla combustione di carbone contribuiscono alla formazione delle piogge acide. CO e polveri contribuiscono all’inquinamento. Emissioni di NOx, prodotti dalla combustione del metano nei cicli combinati Immissioni di polveri contribuiscono alla diffusione degli inquinanti in prossimità del suolo.

Emissioni nell’aria.

Emissioni di CO2 contribuisce al fenomeno dell’effetto serra Rilascio di energia termica attraverso le acque di raffreddamento del ciclo Scarico a mare delle acque reflue previo trattamento dell’impianto di depurazione (ITAR) Scarichi nelle acque superficiali. Trattamento con ipoclorito di sodio delle acque di raffreddamento del ciclo Produzione di rifiuti non pericolosi destinati allo smaltimento in discarica

Produzione di rifiuti pericolosi destinati al recupero Produzione, riciclaggio riutilizzo e smaltimento rifiuti. Produzione di rifiuti pericolosi destinati allo smaltimento in

discarica Attività pregresse che possono aver inquinato aree all’interno del sito Uso e contaminazione del terreno. Prevenzione degli sversamenti e dispersioni di sostanze

Consumo dell’acqua dolce per uso industriale

Consumo di sostanze pericolose

Uso di materiali e risorse naturali (incluso combustibili ed energia).

Consumo di combustibili fossili (olio e carbone)

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

49

Consumo di energia elettrica per servizi ausiliari di centrale Emissioni sonore dovute all’esercizio dei macchinari all’esterno della centrale Polverosità diffusa nell’ambiente circostante durante la movimentazione e lo stoccaggio del carbone. Movimentazione e stoccaggio di materiali polverulenti, evacuazione delle ceneri e incidenza dei flussi di traffico Campi elettrici e magnetici a bassa frequenza lungo le linee di trasporto energia elettrica (a bassa frequenza) Aspetto indiretto Movimentazione e stoccaggio di sostanze e combustibili liquidi

Questioni locali (rumore,vibrazioni, odore, polvere, impatto visivo, trasporti, ed altre).

Impatti visivi dovuti agli impianti

Rischio di autocombustione del carbone stoccato a parco.

Incendi del macchinario elettrico (emissione dei fumi) Impatti conseguenti a incidenti e situazioni di emergenza; Approvvigionamento dei combustibili liquidi nell’area del

porto (possibile contaminazione delle acque superficiali per perdite di OCD)

Impatti biologici e naturalistici (biodiversità e altre). Potenziale impatto biologico dovuto allo scarico termico.

8.2 Aspetti ambientali indiretti

Dopo aver identificato gli aspetti ambientali è stata operata, in accordo con la

raccomandazione comunitaria già citata la prevista distinzione tra gli aspetti ambientali

diretti e aspetti ambientali indiretti, determinando il grado di controllo e gli aspetti sui quali

l’azienda può esercitare un’influenza. Se l’azienda non ha un controllo diretto Totale

sull’aspetto, allora questo viene considerato indiretto. Il controllo gestionale viene definito

Parziale.

In una prima fase gli aspetti indiretti, così individuati possono essere analizzati

prescindendo da quale sia il soggetto che lo controlla sotto il profilo gestionale e dal

livello di controllo esercitato, attribuendo l’indice di rilevanza come da IS SGA 431/2 indici

di rilevanza.

Successivamente, in funzione dell’influenza che l’azienda è in grado di esercitare rispetto

a tale attività, si valuta se:

1. L’azienda è in grado di coordinare e sorvegliare con proprio personale tale

attività.

Si identificano due casi:

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

50

1a. Se i contratti o capitolati d’appalto includono richieste relative all’aspetto in questione

e sui soggetti esterni, che sono i diretti responsabili dell’attività, vengono regolarmente

effettuati controlli sistematici, il grado di controllo è Alto.

1b. Se il contratto esiste ma non include richieste particolari sull’aspetto in questione e i

controlli effettuati sono sporadici, il grado di controllo è Medio.

2. L’azienda non può controllare l’aspetto con il proprio personale; i

comportamenti dei soggetti terzi sono solo influenzabili da parte dell’azienda.

I casi si distinguono in:

2a. Se l’azienda attua azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento di terzi per una

corretta gestione dell’aspetto e si richiedono dati e informazioni necessari al rispetto della

normativa, il grado di controllo è Medio.

2 b. Se l’azienda, pur attuando azioni di sensibilizzazione non riesce ad ottenere dati e

informazioni utili alla valutazione della significatività dell’aspetto, il grado di controllo è

Basso.

Se l’azienda non può controllare né influenzare l’aspetto; le attività le operazioni ed i

servizi di terzi caratterizzati da prestazioni ambientali scadenti o da rischi ambientali o da

impatti per lo più remoti rispetto al sito produttivo, non sono né controllabili attraverso

vincoli contrattuali, né influenzabili mediante azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento

di terzi ed inoltre non si possono attuare scelte organizzative, tecnologiche e commerciali

diverse che siano economicamente sostenibili allora il grado di controllo è nullo.

9 Emissioni nell’aria

I fumi prodotti dalla combustione dei combustibili fossili (carbone, olio e gas naturale)

contengono anidride carbonica (CO2) ed altre sostanze inquinanti. Le principali sostanze

inquinanti che derivano dalla combustione del carbone e dell’olio combustibile denso

sono: il biossido di zolfo (o anidride solforosa SO2), gli ossidi di azoto (NOx), il monossido

di carbonio (CO) e polveri . Le principali sostanze inquinanti prodotte dalla combustione

del gas naturale sono sostanzialmente limitabili agli ossidi di azoto ed al monossido di

carbonio.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

51

L’anidride carbonica (CO2) deriva dal carbonio del combustibile, che è l’elemento chimico

principale di tutti i combustibili fossili, il biossido di zolfo deriva dallo zolfo contenuto nel

carbone e nell’olio combustibile pertanto è presente solo sui fumi della terza unità. Gli

ossidi di azoto derivano dalla combinazione con l’ossigeno contenuto nell’aria, dell’azoto

di natura organica presente nei combustibili solidi e liquidi e dell’azoto molecolare (N2)

contenuto nell’aria che si spezza in azoto atomico (N) a causa della temperatura della

fiamma. La quantità di ossidi presenti dei fumi dipende quindi essenzialmente dalla

temperatura raggiunta dalle fiamme durante la combustione. Le polveri provengono

principalmente dalle sostanze minerali presenti nel combustibile (ceneri) e da in piccola

parte da particelle incombuste del combustile.

Sulle unità 1 e 2 a ciclo combinato polveri ed SO2 sono assenti ed il disegno della

camera di combustione dei turbogas consente di contenere la temperatura al di sotto di

valori critici per la formazione di NOx tanto che i valori di emissione già sullo scarico delle

macchine risultano inferiori al valore limite autorizzato

9.1 Sistemi di abbattimento

L’Unità di Business Termoelettrica della Spezia, in coerenza con il complessivo sforzo

intrapreso da Enel Produzione S.p.A. e da tutto il Gruppo Enel, è da tempo impegnata

nell’attuazione di misure adatte al contenimento delle principali emissioni causate dai

processi di combustione attuati nella generazione di energia elettrica con l’utilizzo di

combustibili fossili. In tutti i gruppi di produzione è installato un sistema di combustione a

bassa produzione di NOx mediante l’utilizzo di nuovi bruciatori. Gli NOX vengono espressi

come NO2 equivalente.

Al fine del rilascio dell'autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra come previsto

dall'articolo 1 del decreto legge de 12 novembre 2004, n° 273, sono state inoltrate al

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio le domande per gli impianti di Enel

Produzione S.p.A. L’impianto della Spezia è stato autorizzato ad emettere gas serra con

Decreto DEC/RAS/2179/2004 autorizzazione n° 108.

La CO2 prodotta dalla combustione è stata calcolata fino al mese di dicembre 2005,

applicando ai consumi dei vari combustibili i fattori di emissione raccomandati dalle Linee

Guida 1996 dell’IPCC (International Panel on Climate Change) per gli inventari nazionali

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

52

dei gas serra e già impiegati in Italia per la seconda comunicazione nazionale sulle

emissioni di gas serra. Il calcolo che ne deriva considera il carbonio combusto – che,

tuttavia, come appena indicato, è assunto inferiore al 100% – completamente ossidato a

CO2.

9.2 Sistemi di controllo delle emissioni atmosferiche

I Sistemi di controllo delle emissioni si sono evoluti nel corso degli anni, passando

progressivamente dagli strumenti dedicati al semplice monitoraggio della combustione

all’adozione di strumentazioni più complesse, installate per il controllo e la registrazione

in continuo delle emissioni.

Oltre alle concentrazioni degli inquinanti di interesse (SO2, NOx, polveri, CO) vengono

misurate le concentrazioni di ossigeno, la temperatura e la pressione dei fumi.

La Centrale Termoelettrica della Spezia adotta peraltro ogni azione utile per ottimizzare

la combustione e ridurre le emissioni, anche durante i transitori di avviamento e fermata

attività.

Con periodicità prestabilita vengono effettuate su tutti i gruppi delle campagne di misura,

a cura di strutture qualificate e certificate ed in presenza di tecnici ARPAL, sui

microinquinanti nei fumi; inoltre, come prescritto nel manuale del sistema di monitoraggio

della emissioni, si effettua la taratura della strumentazione (curve di correlazione

dell’opacimetro e accuratezza relativa degli analizzatori gas). L’esito dei rilievi e delle

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

53

tarature viene registrato. La normativa vigente impone il rispetto di limiti alle emissioni

espressi come media mensile, non sono mai stati registrati superamenti dei limiti.

I limiti per i macroinquinanti applicabili alla centrale della Spezia sono di seguito riportati:

I valori per le sezioni 1 e 2 sono

riferiti ad un tenore di ossigeno

nei fumi pari al 15%..

I valori per la sezione 3 sono

riferiti ad un tenore di ossigeno

nei fumi pari al 6% per la

combustione a carbone e al 3%

per gli altri combustibili.

Non si sono mai verificati

superamenti dei limiti

9.3 Rete di Rilevamento della Qualità dell’Aria (RRQA)

Una minima parte delle emissioni dai camini, in particolari condizioni meteoclimatiche

avverse, può diffondere verso il suolo influenzando così la qualità dell’aria. Sulla qualità

dell’aria incide naturalmente il contributo di tutte le sorgenti incluso il traffico veicolare ed

il riscaldamento domestico. Per monitorare l’impatto dovuto a tutte le sorgenti è stata

realizzata una rete di rilevamento delle immissioni che consente di valutare

complessivamente lo stato di qualità dell’aria nel territorio spezzino L’attuale rete di

rilevamento nasce infatti dalla integrazione delle due preesistenti reti di monitoraggio:

una gestita dall’Enel finalizzata a valutare gli effetti delle eventuali ricadute dai camini

della centrale, l’altra gestita dalla Provincia e finalizzata al monitoraggio generale della

qualità dell’aria prevalentemente in ambito urbano. L’integrazione è stata realizzata sulla

I valori limite da rispettare per le sezioni a 1 e 2 a ciclo combinato

Valore medio mensile <= 60 mg/Nm3 NOx Il 95% di tutti i valori medi di 48 ore dell’anno < 66 mg/Nm3.

CO Valore medio mensile <= 60 mg/Nm3 I valori limite da rispettare per la sezione 3

Valore medio mensile <= 400 mg/Nm3 SO2 Il 97% di tutti i valori medi di 48 ore < 440 mg/Nm3 valore medio mensile <= 200 mg/Nm3 NOx 95% di tutti i valori medi di 48 ore dell’anno < 220 mg/Nm3 valore medio mensile <= 50 mg/Nm3 Polveri 97% di tutti i valori medi di 48 ore dell’anno < 55 mg/Nm3

CO valore medio mensile <= 150 mg/Nm3

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

54

base di una Convenzione stipulata il 15 febbraio 2001 tra Enel Produzione, Provincia e

Comune della Spezia e ARPA Ligure.

La rete integrata è costituita da 15 postazioni localizzate come rappresentato in figura ed

equipaggiate come nella successiva tabella. Le cinque postazioni di tipo chimico

precedentemente facenti parte della rete Enel, già in funzione dal 1994, sono

equipaggiate per il rilevamento continuo della concentrazione al suolo di SO2, di NO2,

vale a dire degli inquinanti tipici originati da impianti di combustione. Le modifiche

tecniche necessarie per realizzare la rete integrata, gestita attualmente dall’ARPAL per

conto della Provincia della Spezia sono stata messe in atto principalmente negli anni

2001 e 2002.

Ubicazione delle postazioni per il rilevamento della qualità dell’aria

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55

Nella successiva tabella è riportata sinteticamente la configurazione attuale della rete di rilevamento della qualità dell’aria della Provincia della Spezia. Configurazione della nuova rete per il rilevamento della qualità dell’aria

POSTAZIONE PARAMETRI RILEVATI

N° SITO FINALITA' PREVALENTE SO

2

NO

2 - N

Ox

PM

10

CO

O3

BTX

ME

TEO

1 Follo Sottorete centrale ENEL ■ ■ 2 Bolano Sottorete centrale ENEL ■ ■ 3 S. Venerio Sottorete centrale ENEL ■ ■ 4 Le Grazie Sottorete centrale ENEL ■ ■ 5 Monte Beverone Sottorete centrale ENEL ■

6 Pitelli Stazione rurale per monitoraggio del territorio posto a Sud Sud-Est dell'impianto ENEL e centro urbano della Spezia ■ ■

7 La Spezia

Fossamastra Stazione in area portuale per monitoraggio contributo da traffico navale ■ ■ ■

8 La Spezia Parco Maggiolina

Stazione di riferimento in area urbana non direttamente interessata da sorgenti locali ■ ■ ■ ■ ■ ✰

9 La Spezia Via Spallanzani

Stazione in area urbana in prossimità di galleria a traffico intenso ■ ■ ■ ✰

10 La Spezia Viale Amendola

Stazione in area urbana ■ ✰ ■ ✪

11 La Spezia Via S. Cipriano

Stazione in area urbana in prossimità dell'ospedale civile ■ ✪ ■ ✰

12 La Spezia Chiappa

Stazione in area suburbana-periferica destinata alla misura di inquinanti fotochimici ■ ■

13 Sarzana Stazione destinata al monitoraggio dell'inquinamento

urbano e di altre sorgenti potenzialmente influenzanti presenti nel comprensorio

■ ■ ✰ ✰ ✪

14 S. Stefano Stazione destinata al monitoraggio prevalente dell'inquinamento da traffico e di altre sorgenti potenzialmente influenzanti presenti nel comprensorio

■ ■ ✰ ✪ ✰

15

La Spezia Palazzo Comunale

Stazione meteo in area urbana ■

LEGENDA: ■ Strumentazione in dotazione permanente ✪ - ✰ Predisposizione per l'inserimento dello strumento

✪ Ubicazione iniziale dello strumento ✰ Predisposizione per trasferimento strumento da altra postazione

I dati della qualità dell’aria, rilevati dalla rete integrata provinciale, sono attualmente acquisiti e controllati dall’ARPAL. La centrale provvede al controllo e alla manutenzione della strumentazione installata.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

56

10 Scarichi nelle acque superficiali

Le acque reflue sono raccolte e convogliate in sistemi fognari distinti per tipologia di

refluo; prima del rilascio, ciascuna tipologia di acqua subisce un trattamento di

depurazione appropriato. L’intero sistema raccolta, trattamento e scarico è oggetto di

un’autorizzazione rilasciata nell’ottobre 2001 dalla Provincia della Spezia ai sensi del

D.Lgs. 152/99 e rinnovata l’11 maggio 2006.

La configurazione prevede:

- Il recapito in mare delle acque di raffreddamento in cui confluiscono anche le acque

depurate provenienti dall’impianto trattamento acque reflue, le acque depurate

provenienti dall’impianto di disoleazione, le eventuali acque di drenaggio provenienti

degli ex bacini di lagunaggio delle ceneri.

- Il recapito nel torrente Fossamastra, in tre differenti punti, delle acque piovane

drenate dai carbonili Val Fornola e Val Bosca, (scarico attivabile solo in caso di

eventi meteorici eccezionali).

Le acque reflue di natura domestiche sono inviate al depuratore cittadino

10.1 Sistemi di controllo degli scarichi nelle acque superficiali

Gli scarichi sono adeguatamente controllati dal laboratorio chimico della Centrale per

assicurare il rispetto dei valori limite della tab.3 dell’allegato 5 del D.Lgs. 152/99, come

prescritto dalla vigente autorizzazione. Le metodiche analitiche utilizzate sono quelle

stabilite ai sensi del predetto Decreto. Sono anche previste misure in continuo per i

parametri che possono presentare una elevata variabilità, in particolare si misura in

continuo: la temperatura ed il contenuto di cloro attivo nelle acque di raffreddamento; il

pH, la torbidità e la conducibilità nelle acque industriali depurate, la presenza di

idrocarburi sulle acque in uscita dall’impianto di disoleazione (vasche API)

La gestione tecnica dei sistemi di trattamento degli scarichi e le modalità di controllo dei

parametri prima dello scarico, incluso le modalità di taratura della strumentazione, sono

governati da precise istruzioni operative adottate nell’ambito del sistema di gestione

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

57

ambientale e quindi la loro corretta applicazione è oggetto di verifiche nel corso degli

audit.

Nella tabella seguente sono riportate le concentrazioni medie annue e i quantitativi annui

totali delle sostanze scaricate dall’impianto di trattamento integrato negli anni 2002, 2003,

2004 e 2005. I valori delle quantità medie annue sono stati calcolati in base alle portate e

alle concentrazioni delle sostanze presenti negli scarichi stessi. Concentrazioni e dati quantitativi delle sostanze scaricate dopo la depurazione nell’ITAR

Valori rilevati Valori limite di

legge 2002 2003 2004 2005 Parametri fisici e chimici mg/l mg/l Kg / anno mg/l Kg / anno mg/l Kg / anno mg/l Kg / anno

Solidi sospesi totali 80 2,800 1.166,00 7,752 3.049,78 5,424 1.703,74 10,960 2.201,68 C.O.D. 160 18,500 7.703,00 60,493 23.799,58 54,107 16.994,99 41,563 8.348,93 Alluminio 1 0,150 62,50 0,122 47,99 0,089 28,03 0,107 21,44 Arsenico 0,5 0,002 0,80 0,000 0,12 0,000 0,00 0,000 0,00 Cadmio 0,02 0,002 0,80 0,000 0,12 0,000 0,10 0,002 0,35 Cromo VI 0,2 0,.001 0,40 0,001 0,36 0,000 0,00 0,000 0,00 Cromo tot. 2 0,002 0,80 0,001 0,48 0,000 0,00 0,000 0,00 Ferro 2 0,001 4,20 0,009 3,46 0,074 23,38 0,045 9,07 Mercurio 0,005 0,000 0,00 0,000 0,00 0,000 0,00 0,000 0,00 Nichel 2 0,010 4,20 0,015 5,92 0,015 4,84 0,002 0,35 Piombo 0,2 0,002 0,80 0,002 0,84 0,023 7,19 0,002 0,35 Rame 0,1 0,017 7,10 0,008 2,99 0,062 19,36 0,021 4,17 Zinco 0,5 0,022 9,20 0,067 26,36 0,139 43,68 0,074 14,83 Azoto ammoniacale 15 1,800 750,00 0,951 374,22 1,766 554,64 1,151 231,25 Azoto nitroso 0,6 0,022 9,20 0,009 3,61 0,000 0,00 0,086 17,26 Solfiti 1 0,020 8,30 0,024 9,26 0,000 0,00 0,000 0,00 Idrocarburi totali 5 0,024 10,00 0,100 39,52 0,128 40,36 0,076 15,36 Manganese 2 0,025 10,40 0,040 15,69 0,101 31,61 0,029 5,82 Cloro attivo 0,2 0,022 9,20 0,000 0,00 0,000 0,00 0,000 0,00 Fluoruri 6 3,100 1.291,00 2,612 1.027,64 2,424 761,35 2,979 598,00 pH 5,5–9,5 7,7 7,7 7,8 7,7

La determinazione dei valori allo scarico avviene mensilmente. Per alcuni parametri

soggetti a variabilità i controlli avvengono con maggiore frequenza, anche giornaliera.

Le concentrazioni misurate per le sostanze che hanno quantitativi annuali di scarico nulli,

risultano sempre inferiori ai limiti di rilevabilità dei metodi analitici utilizzati, che sono

quelli previsti dalle disposizioni di legge. Per alcuni metalli i valori determinati sono

risultati ai limiti della determinabilità analitica e pertanto hanno scarso significato

statistico.

Page 58: Relazione tecnica dei processi produttivi

Divisione Generazione ed Energy Management Unità di Business della Spezia

Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

58

10.2 Scarico acque di raffreddamento

Queste acque sono recapitate nella rada del golfo della Spezia attraverso un canale di

restituzione coperto e dotato di diffusore finale. La temperatura di scarico, misurata in

continuo in prossimità del diffusore finale, non deve superare i 35°C. Nel caso di

superamento del valore di attenzione di 34.5°C, si procede a ridurre la potenza erogata

in modo ridurre la quantità di calore da dissipare e quindi la temperatura delle acque

scaricate. Le acque per il raffreddamento degli impianti (condensatori, olio delle turbine,

dei trasformatori e dei macchinari ausiliari) vengono restituite integralmente, mantenendo

le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua di mare in ingresso, ad eccezione della

temperatura che subisce un incremento. Al fine di evitare incrostazioni nei macchinari,

nell’acqua di mare in ingresso viene effettuata preventivamente una debole clorazione

dosando opportunamente ipoclorito di sodio, rispettando il limite imposto dalla tab.3 del

D.Lgs.152/99.; Oltre al rispetto del limite assoluto di temperatura sul punto di scarico,

occorre assicurare che, su un arco tracciato idealmente a 1000 m dal punto di scarico,

l’incremento di temperatura rispetto ad un punto indisturbato dallo scarico stesso non sia

superiore a 3°C. Per la verifica di questa limitazione è stato installato un sistema di

monitoraggio con sensori di temperatura disposti in due postazioni fisse nella rada che

radiotrasmettono i segnali di misura in tempo reale ad un centro di raccolta situato in

centrale.

Prevalentemente nei periodi caldi l’acqua di mare è additivata con ipoclorito di sodio per

limitare la formazione del “fouling-marino” nei canali e nei condensatori

Nel periodo primaverile-estivo, in cui si effettuano dosaggi maggiori, il valore medio è pari

a 0,05 mg/l. Il limite del cloro attivo libero pari a 0,2 mg/l, è ampiamente rispettato.

Semestralmente vengono effettuate delle campagne di misura per la verifica della

differenza di temperature tra il punto di scarico e un arco di punti a 1000 m, che deve

essere inferiore a 3°C. Le acque di raffreddamento sono gestite secondo una procedura

operativa del sistema e prescrizioni di esercizio, volte a garantire il rispetto dei limiti sulla

temperatura allo scarico.

Page 59: Relazione tecnica dei processi produttivi

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

59

Nella tabella seguente sono riportati i valori medi mensili e le medie annuali degli ultimi

anni.

Nel grafico sono mostrate le quantità scaricate ed il relativo indicatore specifico in

litri/KWh.

0

200

400

600

800

1.000

1.200milioni di m3

0

20

40

60

80

100

120

140

160

Acqu

e di

raffr

edda

men

to in

litri

/kW

h

Milioni di m3 scaricati 998,62 978,87 824,06 652,15

litri/kWh 137 141 138 144

2002 2003 2004 2005

Scarichi delle acque marine di raffreddamento

Temperatura media mensile e annuale allo scarico termico Temperatura °C 2002 2003 2004 2005 Gennaio 18 19 20 15

Febbraio 19 17 19 16

Marzo 20 18 20 17

Aprile 23 19 21 18

Maggio 24 24 23 27

Giugno 27 27 27 28

Luglio 32 34 29 31

Agosto 32 31 31 31

Settembre 30 30 31 31

Ottobre 28 27 28 27

Novembre 25 23 24 25

Dicembre 22 21 20 22 Media annuale 25 24 24 24

Page 60: Relazione tecnica dei processi produttivi

Divisione Generazione ed Energy Management Unità di Business della Spezia

Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

60

11 La gestione dei rifiuti

Prima di essere conferiti a soggetti autorizzati per lo smaltimento o il recupero, i rifiuti

vengono temporaneamente depositati in aree appositamente attrezzate all’interno

dell’impianto. Il Decreto legislativo 22/97 stabilisce in modo rigoroso i quantitativi massimi

che possono essere depositati e i tempi di permanenza possibili.

I rifiuti sono depositati in aree delimitate e in modo controllato prevenendo qualsiasi

rischio per l’uomo e per l’ambiente. Il personale identifica la tipologia del rifiuto nel

momento della produzione, attribuendogli il codice CER e provvede alla separazione

fisica dei rifiuti pericolosi da quelli non pericolosi; i depositi per rifiuti pericolosi sono dotati

di pavimentazione idonea a prevenire versamenti liquidi, mentre i rifiuti non pericolosi,

per esempio il legno da imballaggi, sono stoccati in appositi contenitori scarrabili. La

gestione interna dei rifiuti è pertanto un aspetto ambientale significativo che viene gestito

con procedura operativa ed effettuando controlli periodici sui depositi.

11.1 Produzione, recupero e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi

Le quantità complessive

di rifiuti prodotti

nell’impianto sono

riassunti nel grafico

seguente unitamente

all’indicatore produzione

specifica espresso in

g/kWh.

La produzione è ingente

ma la maggior parte dei

rifiuti prodotti viene

recuperata, quelli non

pericolosi utilizzando le procedure semplificate previste dal DLgs. 22/97, quelli pericolosi

conferendoli ai consorzi obbligatori (oli usati e batterie).

0

50.000

100.000

150.000Tonnellate

0,000

0,010

0,020

0,030

0,040

0,050

Prod

uzio

ne s

peci

fica

in g

/ kW

h

Pericolosi 231 1.086 794 59

Non pericolosi 124.431 127.176 141.350 111.585

kg/kWh 0,017 0,019 0,024 0,025

2002 2003 2004 2005

Rifiuti prodotti

Page 61: Relazione tecnica dei processi produttivi

Divisione Generazione ed Energy Management Unità di Business della Spezia

Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

61

Per massimizzare la

percentuale di recupero è

necessario contemperare i

ritmi di produzione con le

capacità di utilizzazione da

parte dei soggetti che

possono operare il recupero.

A tale scopo è utile

accumulare in centrale

adeguati quantitativi dei rifiuti

da inviare al recupero.

Questo tipo di gestione può

essere effettuata solo in

base ad una specifica

autorizzazione che disciplina i quantitativi massimi accumulabili e le modalità di deposito,

in modo da assicurare un elevato grado di protezione delle persone e dell’ambiente.

La centrale della Spezia, con autorizzazione rilasciata dalla Provincia della Spezia in data

15/04/2003, è autorizzata ai sensi dell’art. 28 del DLgs 22/97, al deposito preliminare,

finalizzato alle operazioni di smaltimento o di recupero, delle seguenti tipologie di rifiuti

non pericolosi:

cenere leggera da carbone, per una capacità fino a 9500 m3

cenere pesante da carbone, per una capacità fino a 220 m3

fanghi da ITAR/TSD, per una capacità fino a 550 m3

Inoltre, con nulla osta del Comune della Spezia del 22/05/2001, è autorizzata ai sensi

dell’art. 33 del DLgs 22/97, alle operazioni di messa in riserva dei gessi provenienti

dall’impianto di desolforazione, fino alla capacità di 10000 m3.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100% sul totale

recuperati 98,78 97,59 99,26 99,62

non recuperati 1,22 2,41 0,74 0,38

2002 2003 2004 2005

Percentuale di recupero dei rifiuti

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62

11.2 Produzione, recupero e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi

La maggior parte dei rifiuti non pericolosi è costituita da ceneri provenienti dalla

combustione, che vengono inviate a recupero al 100%. Il contenuto delle ceneri nel

carbone varia dal 5% al 15 % in peso. Le ceneri leggere costituiscono la maggior parte

delle ceneri e sono raccolte in appositi silos.

Anche le ceneri pesanti, la cui produzione si è ridotta grazie alle modifiche introdotte

nel ciclo produttivo, sono totalmente avviate a recupero.

11.3 Composizione ceneri leggere e gesso

La tabella riporta la composizione rappresentativa di un campione di ceneri leggere.

L’analisi viene eseguita da un laboratorio specializzato ed autorizzato esterno all’UB

della Spezia.

Composizione Ceneri Leggere

(composizione media in peso) Silice Come SiO2 48%

Alluminio Come Al2O3 28 %

Ferro Come Fe2O3 8 %

Calcio Come CaO 5%

Magnesio Come MgO 2%

Zolfo Come SO3 1%

Incombusti Come C 5 %

Altri Ossidi (Na, K, P, Ti,Mn) 3%

Le ceneri da carbone costituiscono rifiuti non pericolosi che possono essere utilizzate

nei cementifici o per la preparazione di conglomerati cementizi. Il recupero di questi

rifiuti può essere effettuato secondo le procedure semplificate previste dal Dlgs 22/97

(il c.d. decreto Ronchi) nel rispetto delle condizioni tecniche stabilite del Decreto

Ministeriale del 5 febbraio 1998, vale a dire che l’attività di recupero può essere messa

in atto sulla base di una semplice comunicazione da parte del soggetto che effettua

l’attività di recupero alla Provincia territorialmente competente. Le condizioni tecniche

stabilite prevedono un limite sul contenuto di particelle carboniose (incombusti). Nel

caso venga superato tale limite le ceneri devono essere smaltite in discarica. Negli

ultimi anni tutte le ceneri prodotte sono state avviate al recupero.

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63

Le ceneri sono state sottoposte anche ad indagini sulla eventuale presenza di

radioattività, con risultati negativi, come attestano i risultati della campagna di misure

effettuata a cura dell’ARPA Liguria.

Il gesso risultante dalla desolforazione dei fumi è destinato principalmente al recupero di

materia. In particolare viene utilizzato dai cementifici per essere aggiunto al clinker

oppure utilizzato per la produzione di prodotti per l'edilizia.

Composizione Gesso chimico da desolforazione

Formula molecolare CaSO4*2H2O Con presenza di magnesio,

ferro ed altri elementi in traccie

Massa volumica 1,1 Kg/dm3

Solubilità in acqua Bassa, 2 g/l

Proprietà fisiche e chimiche Stato fisico

pH

Solido non polverulento

5 10

Punto di infiammabilità Prodotto non infiammabile

11.4 Prevenzione della dispersione delle fibre negli impianti L’assenza di dispersioni di fibre di amianto da materiali impiegati su parti di impianto in

esercizio viene preventivamente assicurata tramite il monitoraggio periodico dello stato di

conservazione delle coibentazioni. Si applica una procedura opportunamente validata.

L’applicazione di tale procedura fornisce il valore di un indice che da indicazioni sullo

stato di conservazione della coibentazione stessa e che, quindi, permette di individuare

preventivamente la possibilità di dispersione di fibre nell’ambiente; ciò consente di

programmare l’azione più idonea a prevenire la dispersione mediante rimozione o

incapsulamento della parte interessata.

Il fatto di aver contrassegnato le parti di impianto interessate dalla presenza di amianto

unitamente alle azioni di formazione ed informazione del personale, consente di

applicare correttamente le procedure aziendali e di riconoscere immediatamente

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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situazioni di emergenza che si configurano a seguito di rotture incidentali di parti di

coibentazioni.

12 Uso e contaminazione del terreno

All’inizio degli anni 60, secondo il progetto presentato dalla Società Edison-Volta per la

realizzazione della centrale e dei relativi impianti ausiliari, furono costruiti due bacini per il

deposito delle ceneri. Essi sono situati in località Pian di Pitelli su di un’area recintata di

circa 9 ettari di proprietà Enel collocata nei territori comunali di La Spezia e di Arcola.

I bacini furono ottenuti dallo sbarramento di una depressione valliva naturale mediante la

costruzione di tre argini aventi altezze di 22, 12 e 14 metri e il totale utile di invaso è di

circa 850.000 m3. Negli anni ’70, a seguito di una prescrizione del Servizio Dighe, il

complesso delle opere è stato oggetto di lavori di consolidamento ed

impermeabilizzazione. Gli sbarramenti furono definitivamente collaudati il 31.10.1979 ai

sensi del DPR n. 1363/59 e da allora eserciti sotto il controllo del Servizio stesso.

Inizialmente tutte le ceneri prodotte venivano convogliate nei bacini con un sistema di

trasporto idraulico ad acqua di mare. Dal 1990 sono state inviate nei bacini solo le ceneri

pesanti (circa il 20% della produzione), in quanto da tale anno, le ceneri leggere sono

state estratte con aria ed inviate direttamente al recupero.

Dal 1983 al 1991 sono stati operati svuotamenti periodici dei bacini asportando una

quantità complessiva di circa 1.400.000 tonnellate che per l’80% circa sono stati

riutilizzati per la formazione di terrapieni, il restante 20% è stato invece smaltito in

discarica.

L’utilizzazione dei bacini è terminata nel 1999 in seguito alla fermata della sezione 4 e

all’adozione del sistema di estrazione a secco anche per le ceneri pesanti prodotte dalla

sezione 3. Nel mese di agosto 1999 è stato pertanto presentato alla Provincia della

Spezia un progetto per il risanamento dell’area dei bacini. Con l’emanazione del D.M.

10/01/2000, i bacini sono stati inseriti nel perimetro del sito di interesse nazionale

PITELLI”. Il Decreto è stato emanato ai sensi della legge n.426/98 “Nuovi interventi in

campo ambientale” che disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti

inquinanti. In conformità a tali disposizioni di legge l’Enel ha presentato al Ministero, il

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progetto preliminare di messa in sicurezza e ripristino dei bacini ceneri. L’iter

autorizzativo per l’esecuzione degli interventi è tuttora in corso.

Nella centrale, inoltre, è in atto un’attività di bonifica del sottosuolo in prossimità di un

serbatoio di olio combustibile da 50000 m3. Nel 1999, dopo aver constatato che il terreno

del bacino di contenimento del serbatoio era contaminato da OCD a causa di perdite di

piccola entità verificatesi nel corso degli anni, il serbatoio è stato messo fuori servizio ed

è stata effettuata la prevista comunicazione alle Autorità competenti ai sensi dell’art. 9,

comma 1 del DM 471/99. Dopo le indagini di caratterizzazione del suolo effettuate nel

2000, è iniziata la bonifica applicando una particolare tecnica denominata “bioventing”.

La tecnica consiste nella insufflazione di aria compressa a quote opportune attraverso

pozzi finestrati. L’ossigeno accelera i processi di digestione aerobica degli idrocarburi da

parte dei batteri indigeni del terreno. Attualmente il serbatoio è stato ripristinato ed è in

uso. L’avanzamento del processo di depurazione del suolo è monitorato mediante

l’analisi delle acque sotterranee e test respirometrici dei gas interstiziali. In base ai

risultati ottenuti, si è potuta constatare la progressiva diminuzione delle sostanze

organiche volatili (idrocarburi) e dell’anidride carbonica interstiziale.

La Centrale ha inoltre provveduto ad effettuare la caratterizzazione dell’intero sito. Per

tale attività, tra l’altro, sono stati analizzati oltre 600 campioni di terreno in due successive

campagne di indagine e un centinaio di campioni di acque di falda.

La prima campagna si è svolta nell’anno 2004 e i risultati sono stati presentati ed

accettati dal Ministero dell’Ambiente che ha richiesto ulteriori indagini che sono state

effettuate e sono attualmente in attesa di validazione da parte dell’Ente di controllo.

I risultati definitivi saranno presentati entro il corrente anno alla Conferenza dei Servizi

istituita presso il Ministero dell’Ambiente. Dalle indagini già effettuate si evince che lo

stato del sottosuolo della centrale si presenta in condizioni generalmente buone con

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limitate eccedenze, sia in termini di numero che di concentrazione, di alcuni parametri.

Sono stati infatti rilevati solo due campioni contenenti arsenico in concentrazione di poco

superiore al limite (elemento peraltro diffuso nel sottosuolo della zona) e un campione

superficiale contenente idrocarburi, rappresentativo di un’area specifica e limitata.

E’ in corso di elaborazione la proposta di messa in sicurezza del sito.

12.1 Sversamenti e dispersioni di sostanze (oli minerali)

Le sostanze che in concreto possono dare origine in condizioni non normali e in caso di

incidenti ad inquinamenti del suolo sono gli oli lubrificanti ed isolanti. All'interno delle sale

macchine, le piccole perdite dai comandi oleodinamici o dai sistemi di lubrificazione del

macchinario e gli eventuali versamenti durante le attività di manutenzione, interessano

superfici pavimentate e pertanto possono essere facilmente bonificate. L’adozione di

misure tecniche e gestionali preventive ed una opportuna azione di sensibilizzazione del

personale consentono di controllare completamente questo aspetto e di prevenire la

contaminazione del suolo.

L’olio nuovo, contenuto in fusti o in serbatoi, è stoccato in locali appositamente adibiti che

non consentono la dispersione sul suolo. I trasformatori che contengono olio sono

disposti su vasche di contenimento che in caso di rottura dell’involucro possono

contenere tutto l’olio della macchina. Le apparecchiature e i macchinari che vengono

raffreddati con l’acqua di mare sono tutti a doppio circuito, vale a dire che l’acqua di

refrigerazione effluente attraversa uno scambiatore che non raffredda direttamente l’olio

ma un secondo circuito contenente acqua.

12.2 Contaminazione del suolo da versamenti e perdite di OCD e gasolio

La possibilità che vi siano perdite durante il trasferimento dell’olio combustibile denso,

attraverso tratti di oleodotto è minima, in quanto si attuano sistemi di sorveglianza e

ispezioni sullo spessore delle tubazioni e dei depositi.

Per le emergenze conseguenti ad eventuali versamenti accidentali in ambito portuale la

Capitaneria di Porto ha il “Piano operativo antinquinamento del mare causati da

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67

idrocarburi o da altre sostanze nocive”. Anche per questo piano il personale ha sostenuto

un’adeguata azione formativa.

12.3 Sistemi di prevenzione e controllo

L’accadimento di sversamenti può avvenire durante le fasi di carico e scarico delle

sostanze, che comunque sono provviste di dispositivi di intercettazione nel caso di

perdite o rotture. Nei casi di emergenza in cui si può verificare una potenziale

contaminazione del suolo si adotteranno le misure necessarie ad eventuali bonifiche e

ripristini delle aree coinvolte, così come previsto dalle procedure operative e dal Piano di

emergenza interno.

Per quanto riguarda i depositi di oli minerali, negli ultimi dieci anni sono stati sostituiti sia

li fondo che il tetto del serbatoio da 50.000 m3 n 3 ed è in corso la bonifica del bacino di

contenimento dello stesso serbatoio.

Le perdite interessano di norma superfici pavimentate, l’OCD raffreddandosi si rapprende

rapidamente pertanto nel caso di piccole perdite o di fuoriuscite dalle tubazioni durante le

manutenzioni è possibile ripulire le zone interessate con appositi materiali assorbenti.

Inoltre le misure di controllo e sorveglianza sono efficaci sistemi di verifica preventiva

dello stato di conservazione delle aree adibite allo stoccaggio delle sostanze pericolose e

dei rifiuti. I serbatoi presenti nell’area di impianto vengono censiti e classificati in base al

loro contenuto.

13 Uso di combustibili

I combustibili utilizzati, come fonte di energia per la produzione termoelettrica sono il

carbone, l’olio combustibile denso, il gas naturale ed il gasolio.

In proposito si ritengono utili le precisazioni seguenti.

Il consumo di olio combustibile è ripartito in base al tenore di zolfo (ATZ = alto: >2,5%;

MTZ = medio: >1,3% e ≤2,5%; BTZ = basso: >0,5% e ≤1,3%; STZ = bassissimo: ≤0,5%).

L’olio combustibile utilizzato nella centrale termoelettrica della Spezia è classificato come

BTZ (basso tenore di zolfo). In seguito al graduale aumento del consumo di carbone,

l’impiego dell’OCD è andato negli anni riducendosi. Il gasolio, in quanto combustibile di

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costo elevato, ha impiego eccezionale. Il tenore massimo di zolfo nel gasolio per

produzione di energia elettrica è stabilito per legge nello 0,2%. Le principali attività sono

ricezione, messa a parco, ripresa da parco e rifornimento del carbone per l’unità 3; inoltre

ricezione, stoccaggio e rifornimento ai serbatoi di servizio dell’olio combustibile denso e

stoccaggio del gasolio di avviamento.

Il gas naturale proviene dalla rete di distribuzione SNAM, collegata all’impianto tramite un

apposito gasdotto che termina in centrale con una stazione di riduzione della pressione.

14 Il rendimento energetico

E’ noto che il calore è la forma di energia meno pregiata, ciò comporta, ad esempio, che

mentre è sempre possibile trasformare totalmente in calore 1 kWh di energia elettrica,

ottenendo 860 kcal, non sarà mai possibile ottenere da 860 kcal, 1 kWh di energia

elettrica. In altre parole disponendo di una certa quantità di calore non è possibile in

nessun modo trasformarlo tutto in energia elettrica, ma è possibile solo trasformarne una

parte. La misura di quanto calore sia possibile trasformare in energia elettrica attraverso

un impianto termoelettrico è fornita dal rendimento energetico dell’impianto che

rappresenta semplicemente la percentuale di calore trasformata in energia elettrica ed

immessa in rete, rispetto al calore ottenuto dal combustibile bruciato. Nelle applicazioni

industriali i valori di rendimento più elevati si attestano intorno al 60 %.

Il rendimento è tanto più alto quanto più alta è la temperatura del fluido in ingresso alla

turbina, pertanto varia notevolmente in relazione al tipo di impianto ed alle tecnologie

usate dai costruttori. I valori di rendimento più alti si raggiungono con i cicli combinati,

mentre con gli impianti a vapore tradizionale possono essere raggiunti valori inferiori.

Nella centrale della Spezia il rendimento massimo delle due sezioni a ciclo combinato è

infatti circa pari al 55 %, quello della sezione 3, che opera con un ciclo a vapore di tipo

tradizionale, è circa pari al 39 %. La maggior parte del calore non trasformato deve

essere smaltito attraverso le acque di raffreddamento condizioni di funzionamento reale il

rendimento può essere più basso di quello ottimale per una serie di ragioni tra le quali

devono essere considerate anche quelle ambientali: la temperatura dell’aria, la pressione

atmosferica, la temperatura dell’acqua di mare. L’aumento della temperatura dell’acqua

di mare è una causa importante di perdita di rendimento; tanto più è bassa la

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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temperatura dell’acqua di raffreddamento in uscita dall’impianto tanto più alto sarà il

rendimento. Naturalmente incidono in maniera sensibile sul rendimento gli autoconsumi

elettrici per l’alimentazione dei macchinari e dei servizi d’impianto, la qualità della

combustione, le condizioni di degrado dei macchinari. Rispetto al valore ottimale, in

assenza di guasti significativi del macchinario, il rendimento può ridursi di qualche

frazione di punto percentuale. Mantenere alto il rendimento è un impegno continuo di

tutto il personale. Un basso scostamento del rendimento dal valore ottimale è uno dei

fattori di eccellenza che caratterizzano la conduzione di un impianto termoelettrico. La

perdita di una frazione di punto percentuale del rendimento rappresenta sempre una

perdita economica rilevante.

Il rendimento complessivo d’impianto, calcolato considerando l’energia elettrica immessa

in rete ed il calore totale ottenuto dai combustibili bruciati, è mostrato nel grafico 16. Le

variazioni di rendimento sono essenzialmente dovute alla modalità di utilizzazione delle

unità in relazione alle esigenze della rete elettrica nazionale, negli ultimi anni, spesso,

sono state richieste erogazioni di potenza inferiori a quella nominale, ciò comporta un

funzionamento con rendimenti più bassi rispetto al valore ottimale.

L’indicatore del consumo specifico è un numero inversamente proporzionale al

rendimento (Consumo specifico = 100* 860/ rendimento)

Nella pratica di esercizio si usa il consumo specifico per tenere sotto controllo il

rendimento energetico semplicemente perché e di uso più facile in quanto gli scostamenti

sono rappresentati da numeri interi e, sapendo il costo delle calorie acquistate con il

combustibile, il conteggio economico delle perdite è immediato. Attraverso un complesso

sistema di misura dei parametri di processo (pressioni, temperature, portate)

direttamente acquisiti da un elaboratore elettronico capace di calcolare il consumo

specifico istantaneo e l’incidenza di ciascuna causa di scostamento, l’operatore ha

informazioni in tempo reale per apportare le correzioni opportune all’assetto d’impianto e

per richiedere tempestivamente eventuali necessari interventi di manutenzione.

Mantenere basso il consumo specifico significa utilizzare meno combustile per immettere

in rete la stessa quantità di energia, quindi significa avere un miglior ritorno economico e

minori emissioni inquinanti.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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La diminuzione negli anni del rendimento complessivo della centrale è dovuta al

progressivo aumento percentuale dell’utilizzo della sezione a carbone che ha un

rendimento inferiore rispetto a quello dei cicli combinati.

14.1 Uso dell’acqua

L’impianto usa acqua di mare prelevata dal golfo per il raffreddamento e per la

produzione di acqua dissalata mediante impianti ad osmosi inversa. La quantità di acqua

marina utilizzata per il raffreddamento corrisponde a quella scaricata. L’impianto ad

osmosi inversa è in grado di produrre fino a 150 m3/h di acqua dissalata.

Nonostante la produzione di acqua dissalata per la copertura del fabbisogno di acqua

dolce si ricorre al prelievo di acqua dall’acquedotto consortile intercomunale e

all’emungimento di acqua di falda mediante quattro pozzi situati a est dell’area

d’impianto. I pozzi sono stati regolarmente denunciati secondo le pertinenti disposizioni

del Dlgs. 12/07/1993, n.275 e della successiva legge 36/94 (legge Galli). L’acqua emunta

viene contabilizzata mediante appositi contatori e si procede periodicamente a

controllarne la qualità.

L’acqua dolce occorre per produrre il vapore, per i lavaggi industriali, per attivare il

processo di desolforazione, per i servizi antincendio, e in misura minore, per i servizi

generali. Sul consumo di acqua pertanto incide in maniera sensibile il funzionamento

della terza unità a causa del desolforatore.

Una parte del fabbisogno viene coperta anche attraverso il recupero quasi totale delle

acque reflue utilizzate dopo il trattamento di depurazione. Si tratta sia delle acque trattate

dall’impianto di disoleatura che dall’impianto chimico.

Grazie alle importanti attività intraprese nel campo del risparmio idrico, il valore specifico

del consumo di acqua di falda si è ridotto considerevolmente nel corso degli anni,

nonostante la maggior percentuale di utilizzo della sezione 3 che, a parità di produzione,

consuma quantitativi notevolmente maggiori di acqua.

14.2 Uso di sostanze Qualità e quantità delle sostanze e dei materiali utilizzati non richiedono le misure

gestionali previste dall'applicazione del decreto legislativo 334/1999 " controllo dei

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pericoli di incidenti rilevanti" (la cosiddetta legge SEVESO) e dei provvedimenti di

aggiornamento successivi. Tuttavia l’utilizzo di materiali sostanze è tenuto sotto controllo

mediante inventario e la gestione delle “Schede di Sicurezza” predisposte dai produttori

secondo precise disposizioni di legge. Attraverso l’adozione di una apposita procedura si

tende, quando possibile, ad evitare l’acquisto di nuove sostanze e materiali pericolosi per

l’uomo e per l’ambiente e ad eliminare o ridurre l’impiego di quelle già in uso. Per tutte le

fasi di gestione delle sostanze, - vale a dire approvvigionamento, stoccaggio e

movimentazione interna, impiego finale -, la procedura stabilisce anche modalità

operative volte a garantire la prevenzione degli incidenti e la salute e la sicurezza dei

lavoratori, nonché i criteri comportamentali per fronteggiare le situazioni di emergenza

che possono conseguire a versamenti e dispersioni accidentali.

Tutti i serbatoi di stoccaggio di sostanze liquide sono disposti entro bacini o vasche di

contenimento, i cui sistemi di drenaggio convogliano eventuali perdite e le acque

meteoriche di dilavamento verso l’impianto di trattamento delle acque reflue. Eventuali

perdite non hanno quindi alcun effetto ambientale interno e tanto meno esterno. Le

sostanze polverulente sono contenute entro silos dotati di sistemi filtranti, capaci di

trattenere emissioni significative di polveri

14.3 Utilizzo di reagenti per la depurazione dei fumi

L’abbattimento dell’anidride solforosa richiede calcare finemente polverizzato che dopo la

reazione si trasforma in gesso che, come già detto, è direttamente utilizzabile per la

produzione di cemento o di manufatti per l’edilizia. In seguito al felice esito di un progetto

innovativo di miglioramento ambientale, il calcare in polvere è stato completamente

sostituito dalla marmettola, che è un sottoprodotto della lavorazione del marmo. Per

questo progetto, ideato e realizzato nella Centrale della Spezia, Enel ha ricevuto un

importante riconoscimento da Legambiente e Regione Lombardia.

Per l’abbattimento degli ossidi di azoto si utilizza l’ammoniaca, che reagendo in presenza

di catalizzatore con gli ossidi di azoto forma azoto molecolare ed acqua.

L’ammoniaca usata, approvvigionata tramite autobotti, è contenuta in una soluzione

acquosa con concentrazione inferiore al 25%. Ciò consente di impedire fughe di

ammoniaca; la zona di scarico delle autobotti è idonea per far fronte ad eventuali fughe,

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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una apposita istruzione operativa regola la fase di scarico. L’area di stoccaggio

dell’ammoniaca è costituita da due serbatoi della capacità di 500 m³ ciascuno, mantenuti

in cappa d’azoto; è monitorata con sensori che rilevano eventuali fughe di ammoniaca ed

è dotata di efficienti reti di spruzzatori d’acqua, per l’eventuale abbattimento.

14.4 Utilizzo di reagenti per il trattamento e depurazione delle acque

Per il controllo dei fenomeni corrosivi è necessario condizionare chimicamente le acque

che circolano all'interno delle tubazioni ed apparecchiature che compongono il ciclo

termico di produzione. In passato si utilizzava a tale scopo l'idrazina (quale forte

riducente), oggi il trattamento attuato è diverso, si usa ossigeno sulla sezione 3 e

carboidrazide sulle sezioni 1 e 2, che presenta caratteristiche di pericolosità

notevolmente minori. Le quantità di carboidrazide utilizzate annualmente non sono

significative (alcune decine di kg).

Per limitare la formazione del "fouling-marino" nei condensatori e nei canali di prelievo e

restituzione dell'acqua di mare di raffreddamento si utilizza come già detto ipoclorito di

sodio. I reagenti usati per il trattamento di depurazione delle acque di processo sono, in

maniera preponderante, l'acido cloridrico, la soda caustica e la calce, ed in misura

notevolmente minore il solfuro di sodio, il cloruro ferrico e ferroso e materiale

polielettrolita.

L'incremento di consumo specifico di reagenti per il trattamento acque registrato negli

anni 2003 e 2004, è dovuto essenzialmente alle attività di manutenzione straordinaria

sull'unità 3. Con l’unità ferma permane la necessità di trattamento delle acque ma

diminuisce la produzione complessiva di energia dell'impianto, ne consegue l’aumento

del rapporto g/kWh. Questo indicatore non è in generale direttamente utilizzabile per la

valutazione delle prestazioni ambientali.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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14.5 Materiali e sostanze per il funzionamento dei macchinari e delle

apparecchiature

Per il funzionamento dei macchinari e delle apparecchiature sono necessarie diverse

sostanze gassose ( gas compressi).

L’idrogeno è impiegato come fluido di raffreddamento dei turboalternatori a vapore delle

tre sezioni. Esso viene stoccato in quattro pacchi bombole (uno in tampone e gli altri tre

di riserva) della capacità di 200 Nm3 di gas ciascuno (25 bombole da 40 litri) poste in una

fossa definita "fossa idrogeno". La fossa è dotata di tetto mobile (copertura scorrevole

antiesplosione), di un dispositivo per l’allagamento della fossa stessa e di un sistema di

nebulizzatori d’acqua con finalità antincendio, secondo la normativa vigente.

Per evitare il mescolamento dell’idrogeno con l’aria, che può dare luogo ad una miscela

esplosiva, durante le fasi di riempimento e svuotamento del circuito idrogeno del

turboalternatore si usa come gas di lavaggio l’anidride carbonica (CO2). Lo stesso gas è

usato nei sistemi antincendio.

L’azoto gassoso, contenuto in bombole, è impiegato per l’eventuale conservazione a

secco della caldaia.

Per lo stoccaggio dell’ammoniaca è necessario mantenere al di sopra del pelo libero

della soluzione azoto in pressione, a tale scopo si utilizza azoto liquido contenuto in un

serbatoio “tipo Dewar” da 3210 litri.

Come gas dielettrico in molteplici apparecchiature elettriche si usa l’esafluoruro di zolfo:

si tratta di un gas che provoca effetto serra in modo più intenso dell’anidride carbonica.

Le quantità emesse sono comunque molto ridotte. Gli interruttori in esafluoruro di zolfo

sono mantenuti da apposite ditte specializzate. Il quantitativo totale presente è circa 8t.

Il reintegro è effettuato con l’utilizzo di bombole da 40 kg ed il recupero del gas, effettuato

durante le manutenzioni per impedirne la diffusione in atmosfera, può essere seguito dal

riutilizzo, in loco o da parte della ditta che effettua la manutenzione.

L’aumento del consumo di SF6 nel 2005 è dovuto ad un guasto che ha interessato una

parte di impianto in comune ai due cicli combinati non riparabile in servizio. Si è quindi

dovuto attendere l’autorizzazione all’arresto degli impianti da parte del Gestore Unico

della Rete Elettrica.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

74

14.6 Oli minerali e contenenti PCB

In occasione di attività di manutenzione, per sopperire al degrado delle caratteristiche

fisiche e chimiche, può essere necessaria la sostituzione dell’olio nei macchinari. Parte

dell’olio sostituito può essere riutilizzato, previa decantazione.

Gli olii sono contenuti come scorta entro depositi specificatamente costruiti ed autorizzati

dagli Enti preposti.

I PCB (policlorobifenili), sono sostanze chimiche clorurate che, per le loro caratteristiche

dielettriche e di resistenza alla combustione, sono state utilizzate in passato per ottenere

oli dielettrici di alta qualità da impiegare in trasformatori ed altre apparecchiature

elettriche. Attualmente, a causa delle caratteristiche di pericolosità per l'uomo e per

l'ambiente, l'uso di PCB è vietato e la gestione delle apparecchiature e dei trasformatori

già in esercizio, contenenti olio a base di PCB o comunque contaminati da tali sostanze

in misura superiore a 50 parti per milione (ppm), è oggetto di una specifica disciplina

emanata in applicazione di Direttive europee ( DPR n. 216 del 24 maggio 1988 per

l'attuazione della direttiva CEE n. 769/76, DM 29.07.94 ed altri provvedimenti successivi).

A seguito dell'emanazione di tale DPR furono censiti e denunciati alle Provincia, nel

luglio 1992, 76 apparecchi contaminati per un contenuto totale di olio pari a 73.764 kg. In

occasione del rinnovamento impianti a partire dal 1992 è stata programmata la totale

eliminazione di tutte le apparecchiature contaminate. Il programma si è concluso nel

2003 con la totale eliminazione del PCB. Le apparecchiature rimosse sono state conferite

a ditte autorizzate secondo le disposizioni di legge vigenti.

14.7 Sistemi di prevenzione e controllo

Le sostanze pericolose vengono gestite con apposite procedure e istruzioni operative,

che definiscono le modalità di acquisto, di scarico delle sostanze da autobotti, di deposito

e stoccaggio, uso e movimentazione dei contenitori, intervento in caso di eventuali

emergenze a seguito di sversamenti accidentali. Ogni sostanza è corredata dalla scheda

di sicurezza conforme alle disposizioni legislative vigenti che riporta le indicazioni

necessarie ad una corretta gestione della sostanza.

In piccole quantità i materiali (fusti di olio e grasso) possono essere stoccati in aree

idonee presso i vari reparti (combustibile e meccanico) per l’immediato utilizzo.

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14.8 Sostanze gassose

L’idrogeno è impiegato come fluido di raffreddamento degli alternatori. Le bombole

dell’idrogeno sono sistemate, in una fossa posta all’esterno del fabbricato di centrale. In

caso di incendio, la fossa può essere completamente allagata tramite una tubazione

dell’impianto antincendio. L’anidride carbonica viene impiegata come gas inerte di

“spiazzamento” dell’idrogeno nelle fasi di riempimento e svuotamento dell’alternatore ed

è inoltre presente come estinguente in molti estintori, sia fissi sia mobili. L’acetilene,

l’argon, il propano, l’ossigeno sono gas utilizzati nell’officina meccanica in modiche

quantità. Alcuni gas puri vengono utilizzati per le analisi di laboratorio.

L’esafloruro di zolfo è un gas annoverato tra quelli che contribuiscono all’effetto serra. E’

utilizzato, per le sue elevate proprietà dielettriche, in numerose apparecchiature sigillate

(interruttori, quadri elettrici, ecc.). I reintegri non sono significativi e la manutenzione di

queste apparecchiature, effettuata durante le fermate programmate, è svolta da ditta

specializzata, secondo una procedura che ne consente il recupero.

La sostituzione dell’esafloruro di zolfo con altri gas isolanti non è attualmente praticabile

per gli altissimi costi implicati, pertanto sul mercato non sono disponibili apparecchiature

alternative.

14.9 Questioni locali

Le questioni locali riguardano impatti che nascono da specifiche caratteristiche del

processo produttivo o da peculiarità ambientali delle aree circostanti il sito.

14.10 Gestione della raccolta interna dei rifiuti

Per conformarsi alle disposizioni di legge occorre assicurare l’assenza di rischi per

l’ambiente (suolo acque), e per le persone in tutte le fasi di gestione dei rifiuti. E’

necessario pertanto prevenire i possibili versamenti accidentali di inquinanti, la

dispersione di polveri e di materiali in fibre, l’emissione di vapori nocivi, attraverso

un’accurata gestione delle operazioni di raccolta e deposito dei rifiuti.

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15 Emissioni di gas, vapori, polveri, odori molesti.

Nel linguaggio aziendale qualsiasi effluente che non proviene dalla combustione nelle

caldaie principali è definita come “emissione secondaria”.

L’impatto considerato per queste emissioni è il contributo additivo agli impatti dovuti alle

emissioni dai camini principali, con eventuali effetti di disturbo localizzati nelle immediate

vicinanze dell’impianto.

Sono state prese in esame tutte le possibili sorgenti considerando i macchinari e le

attività principali di manutenzione ed è stato definito un censimento dei possibili punti di

emissioni per i quali è prevista una campagna di misure che sarà effettuata da un

laboratorio certificato.

Le emissioni da macchinario di processo riguardano le prove di avviamento periodiche

dei gruppi elettrogeni dislocati nella centrale. Il funzionamento reale è naturalmente un

caso del tutto eccezionale. I punti di emissione dai fabbricati e dalle strutture di servizio

sono costituiti da sfiati e da ricambi d’aria dagli ambienti di lavoro (officine), nonché dagli

impianti di riscaldamento. La qualità dell’aria all’interno dei locali è controllata nell’ambito

delle attività per l’igiene e la sicurezza degli ambienti di lavoro. L’inquinamento

atmosferico dovuto a questa tipologia di emissioni rappresenta complessivamente un

aspetto non significativo.

16 Emissioni sonore verso l’esterno

Gli impianti della centrale Eugenio Montale sorgono sui territori dei comuni di La Spezia e

di Arcola (SP). Questi comuni, rispettivamente nel mese di ottobre 1997 e nel mese di

maggio 2000, hanno provveduto alla classificazione acustica del territorio secondo il

DPCM 14 novembre 1997 (decreto applicativo della legge quadro sull’inquinamento

acustico n.447 del 1995 Il Comune della Spezia, nel classificare acusticamente il proprio

territorio, deve tener conto della situazione preesistente ed assicurare che non si

realizzino salti di classe, vale a dire, che tra una zona di classe VI ed una zona di classe I

devono essere necessariamente interposte zone di classe II,III, IV e V.

I valori limite di rumore per ciascuna classe sono distinti in limiti di emissione e limiti di

immissione. Per emissione si intende il rumore generato da una sorgente misurato in

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prossimità della sorgente stessa in spazi frequentati da persone e comunità. Nel caso di

un impianto perimetrato i limiti fissati per le emissioni devono essere verificati sul confine

in spazi frequentabili. Per immissione si intende il rumore generato da una o più sorgenti

in un ambiente abitativo o in un ambiente esterno e frequentato da persone e comunità.

Tutta la zona circostante la centrale è industrializzata tuttavia il comune della Spezia ha

ritenuto di dover proteggere acusticamente due aree circoscritte classificandole in classe

I (aree particolarmente protette). Si tratta del monte Valdilocchi collocato nella zona Sud

Est dell’impianto e di un isolato situato nella zona retroportuale, non visibile sulla figura,

costituito essenzialmente dalla Chiesa di Fossamastra e dalla scuola Don Mario

Scarpato.

Le pertinenze Enel in ambito portuale, i parchi carbone di Val Bosca e Val Fornola e gran

parte delle aree interne al confine della proprietà dell’Enel, sono state classificate in

classe VI (aree esclusivamente industriali). Le aree in classe VI sul lato Est dell’impianto

sono relative ai complessi industriali OTO Melara e S. Giorgio.

Le parti della proprietà Enel non classificate in classe VI cadono lungo il confine Sud in

comune di La Spezia, e lungo il confine ovest in comune di Arcola, queste aree sono

state in gran parte assegnate alla classe V ( aree prevalentemente industriali). Una

situazione particolare si è concretizzata a Sud Est dell’impianto in prossimità del

carbonile di Val Bosca , dove le classi intermedie tra la VI^ e la I^ sono molto ristrette ed

il confine dell’impianto Enel, nei confronti della propagazione sonora, praticamente

coincide con il confine dell’area in classe I.

Per valutare l’impatto acustico delle centrali termoelettriche l’Enel adotta un modello

matematico. Le isofoniche sono linee ipotetiche che collegano punti della mappa che

hanno lo stesso valore di rumore, esse descrivono appieno l’impatto acustico e

consentono di stabilire se l’impatto stesso è compatibile con la classificazione acustica

del territorio.

L’insieme delle misure e delle informazioni ricavabili dal modello hanno consentito di

stabilire che in tutte le aree circostanti la centrale sono rispettati sia i valori limite di

emissione sia i valori limiti di immissione, ad eccezione della già citata zona a Sud Est

dove l’impianto confina con l’area di classe I.

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La situazione acustica sopra descritta è stata esaminata con l’Ufficio Ambiente ed Igiene

Urbana del Comune della Spezia. Il Comune infatti, oltre che per la classificazione

acustica del territorio è competente anche per la definizione di eventuali piani di

risanamento acustico.

16.1 Rumore e vibrazioni in ambiente di lavoro, incidenza sui flussi di

traffico

Sono state prese in considerazione anche queste tipologie di impatto concludendo con

una valutazione di non significatività.

I rischi derivanti dall’esposizione al rumore dei lavoratori sono affrontati nel rispetto del

Decreto Legislativo 15 Agosto 1991, n° 277, adottando tutti gli accorgimenti necessari

alla limitazione dei tempi di esposizione e impiegando gli opportuni dispositivi di

protezione individuali.

In ottemperanza al D.Lgs. 277 del 15/8/1991, e della legge 626/94, l’UB della Spezia ha

svolto un programma di misurazioni dei livelli di rumore presso gli ambienti di lavoro

all’interno degli impianti. Il lavoro di mappatura è stato compiuto sulla base di griglie di sei

metri di lato in tutto il sito industriale e, sulla base delle misure effettuate, è stato redatto

un documento finale, costituito dalla Planimetria e dagli Elenchi delle aree di lavoro con

livelli di rumore associati.

In seguito a tale mappatura sono state individuate le aree critiche, il personale esposto

(distinto per gruppi omogenei) ed i possibili interventi di protezione. In particolare si sono

svolte le seguenti attività:

Affissione di apposita segnaletica delle aree individuate con livelli di rumore

superiori a 90 dB(A)

Individuazione del personale esposto

Formazione alla prevenzione per il personale

Visite mediche periodiche di controllo per il personale.

17 Impatto visivo

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L’incidenza dovuta alla presenza della centrale sul paesaggio e sul territorio sono

analizzate dallo “Studio di valutazione dell’impatto territoriale e paesaggistico della

centrale ENEL della Spezia” (1990), redatto con riferimento alla morfologia del costruito,

così come si presentava prima dell’inizio dei lavori di adeguamento ambientale. Lo studio

compara l’impatto complessivo dei fenomeni di antropizzazione, con gli effetti indotti sul

paesaggio dall’introduzione dell’impianto. Lo studio si conclude constatando che il

paesaggio nel suo insieme si è trasformato, con l’avvento di un paesaggio quasi

totalmente urbano. In tale contesto il complesso di edifici della centrale risulta essere una

polarità localmente importante, ma limitata ad un settore della città, pertanto anche nei

confronti del territorio, si ha una portata di polo visuale parziale. Lo studio elabora anche

un algoritmo numerico che attribuisce a questo impatto un valore di 1,38% che

costituisce un rapporto assai modesto nei confronti dello sviluppo urbano totale. In merito

alla evoluzione dell’impatto visivo della centrale sul paesaggio a seguito degli interventi di

adeguamento ambientale, è importante sottolineare che la volumetria edificata

complessiva non ha subito sostanziali variazioni, poiché sono state realizzate nuove parti

di impianto e demolite altre parti esistenti. Tuttavia un importante miglioramento

dell’impatto visivo sul paesaggio, si è verificato dalle attività svolte, come la demolizione

della ciminiera della sezione 3, la riduzione delle linee elettriche che collegano l’impianto

alla stazione elettrica esterna, la realizzazione di schermature, mediante piantumazione,

da interporre tra la centrale ed i poli abitativi più esposti. Un ulteriore miglioramento

deriverà dalle attività future inserite nel progetto di arredo vegetazionale e mitigazione

visiva della centrale. Questo progetto, concordato con il Comune della Spezia, prevede

sia la messa a dimora di piante in alcuni tratti del perimetro dell’impianto, che la

copertura con pannelli del carbodotto nella zona in cui attraversa la nuova sede stradale

a Fossamastra.

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18 Campi elettrici e magnetici a bassa frequenza Il funzionamento di macchine e di apparecchiature elettriche a corrente alternata ad una

frequenza di 50 oscillazioni al secondo (50 Hz), come è quella usata nelle applicazioni

industriali e domestiche, genera campi elettrici e campi magnetici: queste perturbazioni

rimangono confinate nell’intorno delle apparecchiature elettriche e lungo le linee di

trasmissione. Queste perturbazioni non hanno capacità ionizzanti e pertanto entro i valori

di esposizione raccomandati – intensità e tempi - non sono in grado di produrre effetti

biologici.

La disciplina generale per la protezione dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici è

contenuta nella legge quadro 36 del 22 febbraio 2001. Questa legge ha dato origine ai

due decreti applicativi, di seguito citati, che sono volti alla protezione della popolazione,

invece, per la protezione dei lavoratori e delle lavoratrici, la norma è ancora in

evoluzione.

Per le installazioni elettriche a frequenza di rete i limiti di esposizione previsti dal DPCM

8-7-2003 (Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 agosto 2003, n. 200) sono 100 µT (micro Tesla)

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per l'induzione magnetica e 5 KV/m (chilovolt per metro) per il campo elettrico. Inoltre è

stato fissato il valore di attenzione di 10 µT a titolo di misura di cautela per la protezione

da possibili effetti a lungo termine, eventualmente connessi con l'esposizione ai campi

magnetici, nelle aree gioco per l'infanzia, in ambienti abitativi, in ambienti scolastici e nei

luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere. Questo valore deve

essere raggiunto anche con interventi di risanamento nei tempi e nei modi che saranno

previsti per legge.

I valori di campo elettrico al suolo dipendono essenzialmente dalla geometria delle

installazioni (distanze dal suolo) e dal valore di tensione, l’induzione magnetica dalle

intensità della corrente che attraversa i conduttori: entrambi i parametri si riducono

sensibilmente con la distanza dai conduttori. Una campagna di misure effettuate nel 2002

mostra che all’interno dell’impianto, valori superiori ai suddetti limiti applicabili alla

popolazione in generale, vengono superati solo un numero ristretto di punti a ridosso del

macchinario elettrico di maggiore potenza o delle parti ad alta tensione più vicine al suolo

(quattro punti, 2 con valori di campo magnetico di circa 300 µT e 2 con valori nell’intorno

di 100 µT) . Si tratta di punti cadenti in aree segnalate dove il personale non staziona e

non passa se non per motivi occasionali. L’esposizione ai campi elettrici e magnetici

dovuto alle installazione elettriche di centrale è quindi un aspetto non significativo

potendosi escludere l’esposizione di popolazione residente e l’esposizione dei lavoratori,

in attesa di norme specifiche, è attualmente comparabile a quella ammessa per la

popolazione in generale.

19 Impatti conseguenti a incidenti e situazioni di emergenza

Sono stati esaminati gli incidenti prevedibili in concreto sulla base della pluriennale

esperienza nel sito e di possibili analogie con altri impianti. Come già detto l’impianto non

rientra nell'ambito di applicazione D. L.vo 334/1999 “controllo dei pericoli di incidenti

rilevanti " nota come legge SEVESO. Tuttavia la centrale si è dotata di una procedura

gestionale volta alla preparazione della risposta ad eventuali incidenti anche sulla base

delle esperienze occorse e sulla base della quale si preparano procedure ed istruzioni

per affrontare casi specifici.

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Gli incidenti presi in considerazione sono: gli incendi, compreso la possibile

autocombustione del carbone stoccato nei parchi; i versamenti di olio combustibile nelle

fasi di scarico e movimentazione, le perdite di olio dai trasformatori elettrici in caso di

rottura degli involucri esterni di contenimento. Sono state valutate le condizioni di

emergenza connessi a tale tipo di incidenti. Le azioni da porre in atto per affrontare tali

situazioni sono state codificate nel piano di emergenza interno (PEI) in conformità alla

normativa sulla sicurezza degli ambienti di lavoro. Risultano pertanto definiti i criteri

comportamentali, le responsabilità ed il personale specificamente incaricato per le azioni

da svolgere.

Le procedure di emergenza da applicare in ambito portuale sono state definite dalla

Capitaneria di Porto della Spezia in due documenti: il “Piano antincendio del porto

mercantile di La Spezia“ e il “Piano operativo antinquinamento del mare causati da

idrocarburi o da altre sostanze nocive”. Rispetto a questi due piani, inoltre, il personale

della Centrale è stato formato ed addestrato, secondo le norme vigenti e in

collaborazione con i VVFF per interventi in caso di incendio in ogni area del sito.

20 Incendi

Secondo la normativa di settore la centrale termoelettrica è un impianto ritenuto a rischio

d’incendio si dispone quindi dei necessari documenti di valutazione del rischio e del

Certificato di Prevenzione Incendi.

I trasformatori di macchina sono tutti dotati di sistemi antincendio fissi ad intervento

automatico, che consentono di spegnere ogni principio di incendio. I sistemi antincendio

come previsti dal CPI sono regolarmente controllati e mantenuti in perfetta efficienza. Il

rischio di autocombustione del carbone è limitato attuando particolari tecniche di

compattazione del carbone stoccato, nel caso di inneschi di questo fenomeno si

interviene attraverso una apposita rete di idranti.

Per fronteggiare gli incendi è sempre presente una squadra di emergenza antincendio

composta da personale appositamente addestrato e munito di attestato di idoneità

rilasciato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco della Spezia.

In ambito portuale la Capitaneria di Porto della Spezia ha definito il “Piano antincendio

del porto mercantile di La Spezia“. Il personale Enel è stato debitamente addestrato per

l’applicazione di questo piano in collaborazione con i Vigili del fuoco.

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21 Impatti biologici e naturalistici (biodiversità ed altre)

Lo scarico delle acque di raffreddamento comporta una perturbazione termica intorno

all’opera di scarico collocata all’interno della rada portuale. La necessità di clorare le

acque in alcuni periodi dell’anno per controllare il foouling marino comporta la presenza

di cloro attivo residuale nelle acque marine rilasciate.

Un approfondito monitoraggio ambientale delle acque della rada della Spezia è stato

effettuato (ai sensi dell’art.3, comma 2, della Legge 502/93) dal Presidio Multizonale di

Prevenzione ASL della Spezia in collaborazione con l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul

Cancro - IST di Genova, l’ENEA-CRAM e l’Università di Genova. Il programma di

monitoraggio ha interessato due anni, 1994 e 1995, durante i quali sono state svolte

ricerche sulle eventuali conseguenze dello scarico nella biofauna marina. Dalla relazione

di sintesi è emerso che il golfo della Spezia è soggetto a fenomeni di inquinamento

derivanti sia da attività portuali e industriali che da reflui civili e che lo scarico della

Centrale non provoca alterazioni significative e permanenti dell’ambiente marino

circostante.

Inoltre è emerso che gli incrementi di temperatura indotti nella rada non sono tali da

contribuire ad instaurare condizioni eutrofiche, neppure nella parte più confinata del

golfo; le acque del golfo sono infatti soggette ad un considerevole ricambio naturale e il

gradiente termico generato dalle attività della Centrale favorisce la circolazione delle

acque, accelerando tale ricambio.

Lo studio si riferisce alla Centrale nell’assetto precedente all’adeguamento ambientale e

si può considerare cautelativo per l’assetto attuale. Attualmente i valori dei parametri

imputabili all’esercizio della Centrale risultano compatibili con l’ecosistema.

22 Emissione di onde elettromagnetiche da impianti di

telecomunicazione

L’esercizio di antenne trasmittenti nelle telecomunicazioni comporta l’emissione di campi

elettromagnetici ad alta frequenza (milioni di oscillazioni al secondo) che sono invece

capaci di viaggiare nello spazio. Entrambe le perturbazioni non hanno capacità ionizzanti

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e pertanto entro i valori di esposizione raccomandati – intensità e tempi - non sono in

grado di produrre effetti biologici immediati.

Nel sito della centrale della Spezia è stato installato un ponte radio telefonico; in base

alle risultanze delle indagini effettuate, con misure di inquinamento elettromagnetico, si

evidenzia che non esistono punti sensibili esposti ad un campo uguale o superiore a 6

V/m in ambienti dove vi sia una permanenza superiore alle 4 ore, né punti in cui il campo

raggiunge i 20 V/m. Si dichiara inoltre che vengono rispettati i limiti imposti dalla

normativa regionale inerenti la distanza di edifici e loro pertinenze dal centro elettrico

dell’antenna ed in particolare la legge regionale n. 11/00 per cui in un raggio di 50 m dal

centro dell’antenna limitatamente al cono di emissione d’impianto.

23 Contaminazione del suolo e delle acque

L’aspetto relativo al trasporto carbone è stato valutato rispetto ai fenomeni di polverosità

ed eventuali sporcamenti delle aree in cui avviene il trasporto.

L’operazione di scarico di OCD è effettuata dall’Unità movimento combustibili interna ad

Enel che presidia le operazioni e attua controlli sulle attività e sulle attrezzature e

mantiene attivo un piano di emergenza concordato anche con l’autorità portuale.

24 Salute e sicurezza La sicurezza e la tutela della salute negli ambienti di lavoro rappresentano, insieme alla

tutela dell’ambiente naturale, temi di interesse prioritario per Enel.

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Sicurezza dei luoghi di lavoro

Negli anni considerati non si sono verificati incidenti con conseguenze mortali. In seguito

ad attività di formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro si riscontra nell’ultimo

decennio una netta diminuzione degli incidenti. Negli ultimi tre anni l’andamento del tasso

di frequenza è mediamente costante, con la tendenza a diminuire per allinearsi a quello

di settore.

Il tasso di frequenza rappresenta il numero di infortuni per milione di ore lavorate.

25 Obiettivi e programma ambientale L'Unità di Business della Spezia adottando un proprio documento di politica ambientale

ha definito la linea d’azione che intende seguire per perseguire il miglioramento continuo

delle proprie prestazioni ambientali. Tenendo conto degli obiettivi aziendali generali e

della predetta linea d’azione, la Direzione d’impianto ha fissato gli obiettivi ambientali di

seguito descritti. Sono stati conseguentemente approvati gli interventi che consentono di

0

10

20

30

40

50

tass

o di

freq

uenz

a

tasso di frequenza 18 5 13 17 26 27,2 23,1 19,2 12,0 0,0

tasso di frequenza disettore

14 13 13 13 13 * 20,0* 13,9* 12,4 * 9,7 * 5,9

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

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raggiungere gli obiettivi fissati o di raggiungere traguardi intermedi per obiettivi di portata

pluriennale.

Gli interventi approvati sono stati inseriti nel programma ambientale di seguito descritto

che copre il periodo 2005 – 2008. L’attuazione del programma ambientale è oggetto di verifica continua e viene aggiornato

con periodicità almeno annuale, anche sulla base dei risultati degli audit interni e delle

attività di sorveglianza da parte dell’Ente di certificazione.

OBIETTIVI AMBIENTALI

Emissioni atmosferiche

• Controllo e ottimizzazione del funzionamento dei sistemi di

abbattimento e dei processi di combustione.

La Centrale si impegna per ottenere il massimo abbattimento possibile degli

inquinanti, garantendo il rispetto della normativa in regime ordinario di

funzionamento e applicando le migliori tecnologie possibili anche nelle fasi di

avviamento e arresto; si impegna ad aumentare del 10% l’efficienza dei sistemi

di abbattimento degli ossidi di azoto nella sezione 3, passando dal valore attuale

del 63% al valore di abbattimento pari al 70%; si impegna a migliorare la

strumentazione utilizzata per il controllo delle emissioni sostituendo l’attuale

analizzatore di polveri con uno strumento di nuova generazione con maggiore

sensibilità.

• Prevenzione e riduzione delle emissioni gassose o polverulente da punti

diversi dai camini principali

La verifica analitica di tutti i punti di emissione non principali, ha dimostrato la non

significatività di tale aspetto. Permane l’attività di controllo delle emissioni di

polveri dai sili di deposito delle ceneri e il monitoraggio delle possibili fonti di

emissioni diffuse. Saranno attuati nuovi interventi per ridurre la possibilità di

emissioni di polveri dal parco carbone .

• Contribuire ad un efficace monitoraggio della qualità dell’aria nella città

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di La Spezia in collaborazione con la Provincia e il Comune di Spezia.

E’ stata completata la riconfigurazione della Rete di rilevamento della qualità

dell’aria nel comprensorio della Spezia; la Centrale, in collaborazione con ARPAL

e in accordo con le Autorità regionali e provinciali, opererà per la migliore

gestione della rete stessa, applicando procedure atte a garantire un’alta

disponibilità e qualità dei dati e provvedendo al mantenimento e miglioramento

delle apparecchiature. Sarà inoltre caratterizzato il contributo della Centrale alle

immissioni di polveri attraverso un’indagine che permetta la definizione di un

modello di ricaduta delle polveri.

Acque superficiali

• Controllo e riduzione del carico degli inquinanti nelle acque superficiali.

La diminuzione dell’uso dell’olio combustibile, conseguente all’aumento di quello

del gas naturale e del carbone nell’attuale assetto produttivo, ha ridotto il carico

di inquinanti nell’impianto di trattamento acque oleose, favorendo la possibilità di

recupero dell’acqua.

Il potenziamento dell’impianto stesso ha consentito di aumentare sensibilmente

la quantità recuperata contribuendo a ridurre il carico di inquinanti scaricati oltre

a diminuire il fabbisogno idrico. Obiettivo della Centrale è una ulteriore riduzione

dei quantitativi di acqua scaricati e del carico inquinante. La Centrale ha già

messo in atto una serie di misure preventive per evitare la dispersione di

inquinanti in mare, come la pulizia del collettore di raccolta oli, un’indagine

conoscitiva della rete fognaria, e costanti azioni di sorveglianza dei canali che

circondano il sito.

La Centrale si impegna a ridurre la possibilità di dispersione di polveri di carbone

in mare nell’area portuale mediante un nuovo sistema di raccolta delle acque

piovane del pontile di scarico delle navi.

Per azzerare gli scarichi liquidi derivanti dal processo di desolforazione dei fumi,

sarà installato un impianto di evaporazione e cristallizzazione degli spurghi che

consentirà di distillare l’acqua e separare tutte le sostanze solide presenti. Si

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prevede per il 2008 di ridurre le sostanze scaricate almeno al 50% del valore del

2005.

Con la realizzazione di tale impianto, che consentirà il recupero completo delle

acque reflue, il carico inquinante degli scarichi idrici sarà praticamente azzerato.

Uso e contaminazione del suolo

• Risanamento dei suoli inquinati

Il sito della centrale della Spezia, compresa l’area occupata dai bacini delle

ceneri, è stato inserito all’interno dell’“Area di Pitelli”, classificata dal Ministero

dell’Ambiente “area di rilevanza nazionale”.

La Centrale ha già effettuato le indagini per la caratterizzazione dell’intero sito

secondo un piano precedentemente autorizzato dal Ministero: tali indagini hanno

evidenziato il complessivo buono stato del sottosuolo. Ulteriori analisi sono in

corso a seguito della richiesta di indagini integrative da parte del Ministero.

Il Ministero, peraltro, ha già approvato un progetto per la messa in sicurezza

permanente e il recupero ambientale dell’area dei bacini ceneri.

Precedentemente il ministero aveva approvato un progetto, attualmente in corso,

per la bonifica del terreno sottostante a una parte limitata del deposito dell’olio

combustibile, mediante l’innovativa tecnica del bioventing. La bonifica si è resa

necessaria a seguito delle indagini di caratterizzazione che avevano evidenziato

in quell’area la presenza di idrocarburi.

Le eventuali azioni di risanamento dell’intero sito saranno definite

successivamente a seguito delle decisioni deliberate in sede di Conferenza dei

Servizi Ministeriale conseguentemente al completamento delle indagini

integrative.

• Prevenzione inquinamento del suolo e sottosuolo

La progressiva riduzione dell’uso dell’olio combustibile denso, gli interventi

effettuati per rendere ispezionabile l’oleodotto nell’intero percorso hanno già

determinato una ulteriore riduzione del potenziale inquinamento da olio

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combustibile. La demolizione del gruppo 4 e il risanamento dell’area porteranno

un ulteriore miglioramento del suolo.

• Riqualificazione delle aree di proprietà Enel Produzione prossime

all’impianto per destinarli ad usi sociali.

Il progetto di cessione delle aree, stabilito con il Comune della Spezia per

favorire lo sviluppo in alcune aree da adibire ad altro uso, è stato completato ad

esclusione dell’area dei bacini ceneri. Ciò ha determinato la diminuzione dell’area

utilizzata per produzione di energia elettrica. Per l’area dei bacini ceneri, non

utilizzabile a fini industriali a differenza di quanto ipotizzato, è stato predisposto

un progetto preliminare di messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale

mediante l’inserimento paesaggistico nell’ambiente circostante. In alternativa ai

bacini ceneri saranno cedute altre aree, attualmente utilizzate per l’attività della

Centrale, per complessivi 150 000 m2; ciò avverrà a seguito della stipula di una

nuova convenzione con il Comune. Si prevede, tra l’altro, la dismissione del

carbonile di Val Fornola.

Uso di materiali e sostanze

• Progressiva eliminazione o riduzione delle sostanze nocive e delle

materie prime impiegate.

In seguito alla trasformazione di due gruppi a ciclo combinato e

l’ambientalizzazione del terzo si è proceduto ad una eliminazione progressiva di

materiale contenente amianto, attualmente confinato in alcune tubazioni

dell’oleodotto, che si concluderà con la demolizione del quarto gruppo. E’ stata

completata, in anticipo sui termini di legge, l’eliminazione delle apparecchiature

contenenti PCB. L’impegno della Centrale è quello di favorire l’utilizzo di

materiale, la cui produzione abbia un impatto ambientale ridotto. L’uso del

calcare è stato completamente sostituito con quello della marmettola; il riutilizzo

di tale scarto di lavorazione ne ha ridotto il quantitativo messo a discarica;

contestualmente è diminuito il prelievo del calcare da cava.

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Gli interventi previsti per il miglior utilizzo delle acque comporteranno anche una

ulteriore diminuzione complessiva dei reagenti chimici utilizzati, in continuità con

quanto significativamente già avvenuto.

L’esame sistematico delle sostanze utilizzate e di quelle di nuovo impiego ha

consentito di diminuire notevolmente il numero di sostanze pericolose presenti.

Tale esame sarà protratto con l’obiettivo di ridurre al più basso livello possibile gli

impatti derivanti dall’uso di sostanze pericolose. In questa ottica è stata

programmata l’eliminazione dell’impianto di stoccaggio dell’ammoniaca usata per

condizionare le acque del ciclo termico, utilizzando, anche per tale scopo, quella

stoccata nell’impianto asservito al denitrificatore.

Uso di risorse naturali

• Riduzione dell’approvvigionamento di acqua da acquedotti e pozzi.

L’obiettivo della Centrale è quello di ridurre l’utilizzo delle acque di falda

utilizzate, in particolare di quella più pregiata prelevata dall’acquedotto

limitandone l’utilizzo ai soli usi civili. A tale obiettivo si potrà pervenire

ottimizzando il funzionamento degli impianti di trattamento delle acque reflue,

aumentandone progressivamente i quantitativi recuperati tendendo al loro

completo recupero. Saranno pertanto verificate tutte le possibilità di riutilizzare

completamente le acque di scarico depurate, anche mediante l’uso dell’impianto

di osmosi inversa, consentendo così una maggior produzione di acqua

industriale da destinare al processo, alternativa al prelievo dall’acquedotto.

Saranno ricercate ed eliminate le perdite delle tubazioni interrate.

Inoltre sarà valutata la possibilità di alimentare il desolforatore con acqua

proveniente dal depuratore cittadino; Il raggiungimento di questo traguardo,

subordinato però alla verifica delle caratteristiche chimiche dell’acqua da

utilizzare, potrebbe portare ad una drastica diminuzione dei prelievi di acque di

falda.

Le attività già effettuate hanno permesso, la riduzione del consumo specifico

delle acque di falda, in funzione della produzione di energia elettrica, del 20% dal

2003 al 2005; al completamento dei programmi sopra descritti, si prevede

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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un’ulteriore diminuzione di circa il 20% dei consumi complessivi di acque dolci di

falda.

Produzione e smaltimento di rifiuti

• Riduzione della produzione e maggior riutilizzo dei rifiuti.

La trasformazione dei cicli della centrale ha portato ad una riduzione di alcune

tipologie di rifiuti. La produzione di nuovi rifiuti come gesso e fanghi ha trovato

completa collocazione nel mercato dei cementifici per il recupero, come già

precedentemente attuato per le ceneri. Oltre a mantenere il completo riutilizzo di

tali rifiuti, l’obiettivo che si intende perseguire, è, quando possibile, ridurre la

produzione degli altri rifiuti e aumentarne la possibilità di riutilizzo attraverso una

accorta gestione della fase di raccolta e differenziazione, in particolare degli

imballaggi. Tale differenziazione ha già permesso il conferimento di alcuni rifiuti

differenziati (carta e pile) al servizio comunale e l’incremento degli imballaggi

inviati a recupero.

Impatto visivo

• Riduzione dell’impatto visivo delle opere esistenti attraverso misure di

mitigazione.

La riduzione dell’impatto visivo prevede la demolizione della sezione 4 e una

serie di interventi di mitigazione complessiva dell’impianto, in particolare per

quanto riguarda il carbonodotto, da realizzare anche mediante un progetto di

arredo vegetazionale in prossimità delle percorrenze stradali limitrofe.

Emissioni sonore

• Contenimento delle emissioni sonore all’interno ed all’esterno dello

stabilimento.

Il nuovo assetto impiantistico è stato realizzato con macchine aventi limiti di

rumore (non superiori a 85 dBA), e sono stati effettuati interventi di

insonorizzazione, alcuni dei quali sono previsti a breve scadenza; ciò permette di

ridurre complessivamente i livelli equivalenti interni e delle emissioni verso

l’esterno che rispettano i limiti pertinenti alla zonizzazione operata dal Comune

della Spezia; la campagna di misure interna ed esterna, effettuata con tutti gli

impianti a regime, ha verificato il rispetto dei limiti di emissione sonora.

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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Gestione delle risorse energetiche

• Raggiungimento della massima efficienza energetica.

Obiettivo della Centrale è massimizzare l’efficienza energetica. intervenendo in

tutte le aree. Particolare attenzione sarà posta nel consumo di combustibili,

ottimizzando il rendimento energetico dei gruppi di produzione; in tal senso sono

state effettuate modifiche sui sistemi di combustione dei turbogas. Sull’unità 3,

oltre alle attività già completate, saranno effettuati interventi per i miglioramento

del vuoto al condensatore, con conseguente diminuzione del consumo specifico.

Non è stato possibile rilevare i miglioramenti derivanti dalle attività già effettuate

a causa di anomalie intervenute nel funzionamento della turbina.

Appendice

Identificazione e valutazione degli aspetti ambientali

Gli aspetti ambientali connessi all’attività svolta nella centrale Eugenio Montale sono

stati identificati attraverso un’esauriente analisi ambientale iniziale. Il numero degli aspetti

così individuati e la valutazione di significatività, può però mutare nel tempo in relazione a

modifiche del processo produttivo, a nuove disposizioni di legge, a nuove conoscenze in

merito agli effetti, a nuove direttive aziendali e ad altri fattori, non ultimi le osservazioni i

suggerimenti, il concretizzarsi di un diverso grado di sensibilità delle parti interessate o il

raggiungimento di traguardi ambientali prefissati. Per considerare queste possibili

variazioni, il sistema di gestione include una procedura di valutazione che porta ad

aggiornare le informazioni in un apposito registro degli aspetti ambientali. Le eventuali

variazioni saranno puntualmente comunicate attraverso le dichiarazioni ambientali

successive a questa.

Sono presi in esame gli impatti ambientali derivanti dallo svolgimento di tutte le attività

passate, attuali e previste, considerando le condizioni di esercizio normali, le situazioni

non normali e le situazioni di emergenza conseguenti a possibili incidenti.

Per condizioni operative normali si intendono quelle condizioni previste in fase

progettuale e riscontrate in esercizio che determinano il rendimento ottimale di una

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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attività anche sotto il profilo ambientale. Le condizioni operative non normali sono quelle

previste in fase progettuale che determinano un funzionamento non ottimale di un’attività,

pur nel rispetto delle norme di sicurezza per l’impianto e per le persone, che senza

interventi correttivi possono portare ad un aumento dell’impatto ambientale. Le condizioni

di emergenza sono situazioni legate ad un incidente che porti ad interazioni con

l’ambiente oppure ad un avvenimento di rilievo, interno all’impianto, connesso ad uno

sviluppo controllato di un’attività che può comportare interazioni con l’ambiente.

Sono stati innanzitutto individuati gli aspetti ambientali pertinenti all’attività svolta nel sito,

attraverso lo studio di ogni interazione esistente tra componenti funzionali (trasformatori,

combustori, scambiatori, serbatoi) e gli aspetti ambientali (emissioni in atmosfera,

scarichi idrici, rifiuti, contaminazione del terreno). In particolare si è prestata attenzione a

includere nel lavoro di identificazione i collegamenti esistenti tra diversi comparti

ambientali a seguito di modifiche impiantistiche (come ad esempio nel caso

dell’introduzione del DeSOx che ha ridotto le emissioni di SO2, generando un

contemporaneo incremento di fanghi e consumo di additivi ed acqua). Il nuovo

Regolamento introduce la distinzione fra aspetti ambientali diretti e indiretti per poter

articolare meglio e completare il quadro degli impatti ambientali che possono derivare

dall’attività in essere. La Centrale per distinguere gli aspetti ambientali diretti da quelli

indiretti, ha applicato il concetto di controllo gestionale. Si definiscono infatti, aspetti

ambientali diretti quegli aspetti sotto il controllo gestionale totale della Centrale e aspetti

ambientali indiretti, quelli su cui può non avere un controllo gestionale totale, cioè

parziale, per esempio quelli derivanti da attività terziarizzate o affidate a diverse società

del Gruppo Enel.

Valutazione degli aspetti ambientali

I termini di valutazione prospettati dalla Commissione delle Comunità Europee attraverso

la Raccomandazione 2001/680/CE del 7 settembre 2001 relativa all’attuazione del

regolamento (CE) n.761/2001, sono:

1. l’esistenza e i requisiti di una legislazione pertinente

2. il potenziale danno ambientale e la fragilità dell’ambiente

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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3. l’importanza per le parti interessate e per i dipendenti dell’organizzazione

4. la dimensione e la frequenza degli aspetti

Il criterio adottato porta ad associare agli aspetti identificati i tre termini di valutazione

definiti, tramite le cinque condizioni riportate nella tabella A. Per valutare una “misura”

della dimensione e della frequenza degli aspetti, è stato adottato l’indice di rilevanza dei

fattori di impatto (IR. L’Indice di Rilevanza (IR) di un fattore di impatto è un codice

numerico a due posizioni, la prima riferita alla rilevanza qualitativa (quindi alla gravità del

fattore), la seconda alla rilevanza quantitativa (vale a dire alla frequenza ed all’entità del

fattore). Le cifre utilizzate per entrambe le posizioni sono “0”, ”1”, “2” in ordine crescente

di rilevanza combinate secondo lo schema concettuale di tabella B.

Tabella A CONDIZIONI GENERALI PER DEFINIRE LA NECESSITÀ DI UN LIVELLO DI ATTENZIONE DA

PARTE DELL’ORGANIZZAZIONE NEI CONFRONTI DELL’ASPETTO AMBIENTALE.

Termini di valutazione Condizioni da verificare

Esistenza e requisiti di una

legislazione pertinente 1

L'aspetto o l'impatto generato è oggetto di prescrizioni autorizzative, di

disposizioni di legge vigenti, oppure di prevedibili evoluzioni normative?

Potenziale danno ambientale

e fragilità dell’ambiente 2 L'impatto genera conseguenze ambientali oggettivamente rilevabili ?

3 L'impatto genera o può generare conseguenze economiche rilevanti?

4

L'impatto riguarda obiettivi strategici della politica ambientale

aziendale? (Tenuto conto della politica aziendale, sia nei confronti

dell’ambiente in generale, sia nei confronti della salvaguardia

dell’igiene e della sicurezza degli ambienti di lavoro, ricadono

affermativamente in questo caso gli impatti che presentano un indice

di rilevanza IR 21 o 22 )

Importanza per le parti

interessate e per i dipendenti

dell’organizzazione

5 L'impatto è oggetto di sensibilità locale?

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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TABELLA B

Esempio:

• Se un rifiuto pericoloso prodotto viene avviato al recupero in quantità superiori al

90% e la quota non recuperata è inferiore a 100 kg/anno, IR=20.

Per ogni tipologia di impatto le soglie che determinano l'indice quantitativo ed i criteri di

assegnazione dell'indice qualitativo sono stabiliti da una dettagliata istruzione operativa;

ciò consente di attribuire l'indice in modo oggettivo o quantomeno riproducibile.

Per valutare la dimensione e la frequenza degli impatti è stato definito un Indice di

Rilevanza (IR) che prende in conto la rilevanza qualitativa, intesa come gravità, e la

rilevanza quantitativa dei fattori di impatto. L'indice è di tipo numerico a due posizioni (ad

esempio 02, 10, 22) ed è costruito secondo lo schema concettuale illustrato nella

precedente tabella B.

Ciascuna delle due posizioni dell’indice può assumere i valori 0, 1, 2: cosicché, 22

rappresenta un impatto che ha la massima rilevanza sia sotto il profilo qualitativo sia

sotto quello quantitativo, 11 rappresenta un impatto medio, 02 può rappresentare un

impatto non associato ad agenti nocivi per l’uomo e per l’ambiente, ma che può avere un

riflesso ambientale a causa della rilevanza quantitativa: è il caso, ad esempio, dello

scarico delle acque di raffreddamento rilasciate in mare che può modificare la

temperatura delle acque. Viceversa, un indice 20 può rappresentare ad esempio il

rilascio di sostanze nocive per l’ambiente ma in quantità limitate tali da non produrre

conseguenze rilevabili: in questo caso la valutazione di significatività comporta l’impegno

a ricercare e ove possibile ad impiegare sostanze alternative meno inquinanti.

INDICE DI RILEVANZA DEI FATTORI DI IMPATTO (IR)

INDICE QUALITATIVO 00 01 02

10 11 12

20 21 22

Area di attribuzione della significatività

(Gravità connessa al fattore d'impatto)

INDICE QUANTITATIVO (Entità e frequenza associate

al fattore)

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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L’indice viene determinato in modo oggettivo e riproducibile. In questa scheda è anche

spiegato il modello concettuale seguito per la identificazione degli aspetti ambientali e le

modalità di applicazione dei criteri generali sopra esposti. Il criterio di valutazione

adottato è di seguito riportato:

CRITERIO PER DETERMINARE LA SIGNIFICATIVITÀ DI UN ASPETTO AMBIENTALE

Alta, quando l’IR è pari a 22 e si verifica almeno una delle condizioni riportate in tab.A;

Media, quando IR> 11 e nel contempo si verifica più di una delle condizioni generali di

tabella A.

Bassa, quando l’IR è pari a 02 o 11 ed è oggetto di sensibilità locale, oppure riguarda

obiettivi strategici dell’azienda, o può provocare danni ambientali.

ln tutti gli altri casi l'aspetto è Non Significativo (NS).

Per gli aspetti significativi occorre adottare nell’ambito del sistema di gestione concrete

misure di controllo. Per tutti gli aspetti identificati occorre comunque adottare le misure

necessarie per rispettare le prescrizioni legali anche di natura formale.

Come per l’assegnazione dell’indice di rilevanza, anche per l’esame delle condizioni della

Tabella A, chi effettua la valutazione è guidato da una dettagliata istruzione, si realizza

così una valutazione oggettiva, per quanto possibile, ma sicuramente riproducibile. Gli

aspetti ambientali esaminati sono infatti riportati su un apposito registro che contiene

tutte le informazioni necessarie per comprendere la valutazione fatta. Il registro

costituisce il documento di riferimento per la definizione degli obiettivi e dei traguardi di

miglioramento, nonché per definire le procedure per la gestione e la sorveglianza dei

diversi impatti.

Aspetti Indiretti Dopo aver identificato gli aspetti ambientali è stata operata, in accordo con la

raccomandazione comunitaria già citata la prevista distinzione tra gli aspetti ambientali

diretti e aspetti ambientali indiretti, determinando il grado di controllo e gli aspetti sui quali

l’azienda può esercitare un’influenza. Se l’azienda non ha un controllo diretto Totale

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Relazione Tecnica dei Processi Produttivi

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sull’aspetto, allora questo viene considerato indiretto. Il controllo gestionale viene definito

Parziale.

In una prima fase gli aspetti indiretti, così individuati possono essere analizzati

prescindendo da quale sia il soggetto che lo controlla sotto il profilo gestionale e dal

livello di controllo esercitato, attribuendo l’indice di rilevanza come da IS SGA 431/2 indici

di rilevanza.

Successivamente, in funzione dell’influenza che l’azienda è in grado di esercitare rispetto

a tale attività, si valuta se:

3. L’azienda è in grado di coordinare e sorvegliare con proprio personale tale

attività.

Si identificano due casi:

1a. Se i contratti o capitolati d’appalto includono richieste relative all’aspetto in questione

e sui soggetti esterni, che sono i diretti responsabili dell’attività, vengono regolarmente

effettuati controlli sistematici, il grado di controllo è Alto.

1b. Se il contratto esiste ma non include richieste particolari sull’aspetto in questione e i

controlli effettuati sono sporadici, il grado di controllo è Medio.

4. L’azienda non può controllare l’aspetto con il proprio personale; i

comportamenti dei soggetti terzi sono solo influenzabili da parte dell’azienda.

I casi si distinguono in:

2a. Se l’azienda attua azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento di terzi per una

corretta gestione dell’aspetto e si richiedono dati e informazioni necessari al rispetto della

normativa, il grado di controllo è Medio.

2 b. Se l’azienda, pur attuando azioni di sensibilizzazione non riesce ad ottenere dati e

informazioni utili alla valutazione della significatività dell’aspetto, il grado di controllo è

Basso.

Se l’azienda non può controllare né influenzare l’aspetto; le attività le operazioni ed i

servizi di terzi caratterizzati da prestazioni ambientali scadenti o da rischi ambientali o da

impatti per lo più remoti rispetto al sito produttivo, non sono né controllabili attraverso

vincoli contrattuali, né influenzabili mediante azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento

di terzi ed inoltre non si possono attuare scelte organizzative, tecnologiche e commerciali

diverse che siano economicamente sostenibili allora il grado di controllo è nullo.

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CRITERIO PER DETERMINARE LA SIGNIFICATIVITÀ DI UN ASPETTO AMBIENTALE

INDIRETTO

Media, se il grado di controllo è o medio o basso e l’Indice di Rilevanza è uguale o

superiore a 21.

Bassa, se il grado di controllo è o medio o basso e l’Indice di rilevanza è uguale a 11.

ln tutti gli altri casi l'aspetto è Non Significativo (NS).

Definizione e verifica del campo acustico dell’impianto

Emissioni ed immissioni

Per emissione si intende il rumore

generato da una sorgente misurato in

prossimità della sorgente stessa in

spazi frequentati da persone e

comunità. Nel caso di un impianto

perimetrato i limiti fissati per le

emissioni devono essere verificati sul

confine in spazi frequentabili. Per

immissione si intende il rumore

generato da una o più sorgenti in un

ambiente abitativo o in un ambiente

esterno frequentato da persone e comunità. I valori limite di immissione di una classe

sono maggiori del limite di emissione proprio per tener conto del fatto che più sorgenti

sonore possano contemporaneamente contribuire ad innalzare il livello sonoro in

prossimità di abitazioni o ricettori sensibili all’aperto.

Modello matematico per la definizione del campo acustico

Per valutare l’impatto acustico degli impianti termoelettrici l’Enel ha commissionato al

CIRIAF (Centro Interuniversitario per la Ricerca sugli Inquinamenti da Agenti Fisici –

Classi di destinazione d’uso e valori limite di rumore in dB (A)

Emissioni

massime

Immissioni

massime

giorno notte giorno notte

I aree particolarmente protette 45 35 50 40

II aree prevalentemente residenziali 50 40 55 45

III aree di tipo misto 55 45 60 50

IV aree di intensa attività umana 60 50 65 55

V aree prevalentemente industriali 65 55 70 60

VI aree esclusivamente industriali 65 65 70 70

Note: il periodo diurno va dalle ore 6 alle 22, il notturno alle 22 alle 6,

dB(A) = Decibel A, vedi anche glossario

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Università di Perugia) la predisposizione di un modello matematico che consentisse di

discriminare le immissioni dell’impianto in situazioni acusticamente complesse a causa

della presenza di molte sorgenti e di valutare le modifiche all’impatto acustico in

occasione di rifacimenti impiantistici. Il modello è stato utilizzato e verificato in più

impianti, tanto che Ministero dell’Ambiente lo ha approvato quale strumento di

valutazione dell’impatto acustico dei progetti di modifica degli impianti termoelettrici

sottoposti ad autorizzazione. Il modello è stato sviluppato ed inizialmente validato proprio

nella centrale della Spezia.

L’applicazione del modello richiede la misura dei livelli e delle potenze sonore in

corrispondenza delle principali sorgenti dell’impianto. I dati rilevati costituiscono i dati di

input del modello. Nel caso specifico la caratterizzazione delle sorgenti ha richiesto

misure su 27 punti interni alle aree d’impianto. Per verificare i risultati del modello

(verifica di calibrazione) è sufficiente confrontare su un numero limitato di punti

opportunamente scelti i valori previsti dal modello con valori misurati realmente.

L’applicazione del modello, con riferimento alla situazione impiantistica consolidatasi

dopo gli interventi di adeguamento ambientale, consente di verificare la compatibilità

dell’impatto acustico dell’impianto con la classificazione acustica del territorio sopra

illustrata.

Verifica dei limiti di rumore

Un modo semplice per impostare la verifica di compatibilità dell’impatto acustico della

centrale rispetto alla classificazione acustica del territorio, è quello di sovrapporre le

isofoniche calcolate dal modello, alla mappa che riassume la classificazione acustica del

territorio, come fatto nella Figura 23. Da tale sovrapposizione risulta che, fatta eccezione

per l’area a sud Est dell’impianto (aree interna alla circonferenza gialla sulla figura), sono

rispettati sia i valori di emissione sia i valori di immissione. I valori di emissione vanno

individuati in corrispondenza delle intersezioni delle isofoniche con il perimetro

d’impianto, i valori di immissione, da confrontare con i limiti di zona, devono essere

individuati in prossimità di luoghi abitati o frequentati da persone e comunità. I valori

limite di immissione sono ovunque rispettati.

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Il rispetto dei limiti di immissione assoluta esonera l’impianto dalla verifica del livello di

immissione differenziale, vale a dire dalla valutazione della variazione del rumore

all’interno degli ambienti abitativi dovuta all’emissione dell’impianto rispetto alla

situazione di impianto fermo.