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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DEL SERVIZIO SOCIALE CATTEDRA DI SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI E COMUNICATIVI “La visione della maternità nelle donne immigrate e i suoi effetti socio-culturali” RELATORE: Chiar.mo Prof. Domenico CARZO CANDIDATO Grazia GIANNETTO Matricola: 377120 Anno Accademico 2010 2011

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  • UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA

    FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

    CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DEL SERVIZIO SOCIALE

    CATTEDRA DI

    SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI E COMUNICATIVI

    “La visione della maternità nelle donne immigrate e i suoi effetti

    socio-culturali”

    RELATORE:

    Chiar.mo Prof. Domenico CARZO

    CANDIDATO

    Grazia GIANNETTO

    Matricola: 377120

    Anno Accademico 2010 – 2011

  • Grazia Giannetto Pag. 2

    INDICE

    INTRODUZIONE 3

    CAPITOLO 1. IMMIGRAZIONE FEMMINILE IN ITALIA 15

    1.1 Storia dell’immigrazione femminile in Italia.

    1.2 La normativa. 21

    1.3 Le reti etniche tra solidarietà e reciprocità. 33

    CAPITOLO 2. DONNE STRANIERE E MATERNITA’

    2.1 L’identità femminile: trasformazioni e ricostruzione. 37

    2.2 Gli effetti psicologici sociali e culturali della maternità nelle donne migranti. 42

    2.3 Il rapporto con i servizi. 59

    CAPITOLO 3. LA DONNA STRANIERA TRA STERILITA’ ,GRAVIDANZA

    E MUTAMENTI LEGATI AL GENERE.

    3.1 La sterilità. 70

    3.2 Il gruppo femminile. 82

    3.3 Modificazioni dei ruoli di genere. 89

    CAPITOLO 4. PROGETTO “CRESCERE INSIEME”

    4.1 Introduzione al progetto. 97

    4.2 Analisi dei bisogni. 99

    4.3 Descrizione del progetto Crescere Insieme 101

    CONCLUSIONE 114

    BIBLIOGRAFIA 121

  • Grazia Giannetto Pag. 3

    INTRODUZIONE

    L’immigrazione femminile in Italia è un fenomeno recente

    che coinvolge un numero sempre maggiore di donne e

    richiede alla società italiana una continua capacità di

    innovazione in ambito educativo, socio-sanitario e

    abitativo.

    Nel primo capitolo tratterò il tema dell’immigrazione

    femminile italiana in maniera generale, rifacendomi ai

    percorsi storici e alle condizioni sociali che hanno

    caratterizzato tale fenomeno. Richiamerò l’importanza delle

    reti etniche e le forme di reciprocità ad esse inerenti, per

    spiegare i motivi dell’aumento progressivo della

    popolazione straniera nel nostro paese, considerando il

    fattore della reciprocità etnica come lo strumento di

    integrazione più importante dello straniero una volta

  • Grazia Giannetto Pag. 4

    arrivato nel territorio italiano. Inoltre farò riferimento alla

    leggi in materia di immigrazione accennando le tappe

    storiche che hanno dato vita all’attuale normativa.

    In tutto il territorio italiano si può evincere una notevole

    presenza di extra-comunitari di varie nazionalità e di madri

    straniere molto giovani. Infatti un neonato su cinque in

    Italia è figlio di una madre straniera.

    Secondo l'Istat, nel 2010 oltre 104 mila nascite (18,8% del

    totale), sono attribuibili a madri straniere, di cui il 4,8% con

    partner italiano e il restante 14% con un partner straniero. Il

    contributo alla natalità delle madri di cittadinanza straniera

    si fa sempre più importante. A tal proposito ho voluto

    dedicare il secondo capitolo alle madri e donne straniere in

    maternità, e più in particolare ho voluto spiegare quelli che

    http://adv.edintorni.net/click/?mo=T&ky=neonato+mamma&af=7473&ct=it&rf=http%3A%2F%2Fwww%2Escomunicando%2Eit%2Fnews%2Fistat%2Dnascono%2Dmeno%2Dbambini%2Duna%2Dmamma%2Dsu%2D5%2De%2Dstraniera&re=&ts=1298386560828&hs=c03176c718b4039f324c05184d78fb54

  • Grazia Giannetto Pag. 5

    sono gli effetti psicologici sociali e culturali della maternità

    nelle donne migranti.

    A una maggiore presenza e a un più profondo radicamento

    della popolazione straniera sul territorio corrisponde,

    proporzionalmente, una maggior percentuale di nati da

    madre straniera. Da un’attenta analisi dell’età delle

    partorienti si evince: una maggiore precocità tra le donne

    straniere. Infatti più della metà di queste, ovvero il 55,2%

    ha meno di 30 anni ed il 38,8% tra i trenta e trentanove

    anni. Da tale fenomeno culturale scaturiscono situazioni di

    bisogno, che vedono come protagoniste madri di età

    compresa tra i 14 e i 24 anni. Infatti la madre straniera

    appartenente a questa fascia di età è tagliata fuori da ogni

    attività lavorativa e formativa importante per il suo futuro.

  • Grazia Giannetto Pag. 6

    Il fenomeno di emarginazione da maternità precoce della

    donna straniera è dovuto, anche e soprattutto, all’assenza di

    un progetto d’intervento capace di fornire sostegno socio-

    economico e sostegno all’infanzia, di promuovere

    l’istruzione e di migliorare la qualità della vita di queste

    donne. La difficoltà di conciliare maternità e attività extra-

    familiari porta dunque all’indebolimento del processo di

    integrazione delle madri straniere. Inoltre è fondamentale

    aggiungere che la maternità è un evento sociale

    culturalmente determinato: le modalità con cui una donna

    vive e gestisce la nascita dei propri figli dipendono

    strettamente dal contesto sociale e culturale d’origine.

    Quando un evento tanto importante, non solo nella vita

    della madre ma di tutto il suo gruppo familiare, avviene in

    un contesto estraneo, sono necessarie delle strategie di

  • Grazia Giannetto Pag. 7

    trasformazione delle proprie abitudini e d’adattamento al

    nuovo ambiente. A tal proposito nel secondo capitolo ho

    voluto delineare i processi di trasformazione e ricostruzione

    dell’identità della donna in relazione all’arrivo in un

    contesto socio-culturale nuovo, con tradizioni diverse, e

    soprattutto, con modi diverse di vivere la gravidanza e la

    maternità. Questi processi, però, non comportano

    necessariamente l’abbandono delle proprie conoscenze e

    consuetudini a vantaggio di quelle diffuse nel paese

    d’immigrazione.

    Spesso le donne immigrate elaborano forme di

    comportamento “a metà”, che permettono loro di mantenere

    un legame con il proprio paese di origine, ma anche di

    inserirsi nella società di arrivo. In questo modo,

    l’immigrazione mette la società italiana a confronto con

  • Grazia Giannetto Pag. 8

    nuovi modi di vivere la gravidanza, il parto e i primi mesi

    di vita del neonato e con nuovi modi di rapportarsi ai

    servizi socio-sanitari e educativi. Il rapporto della donna

    straniera con i servizi di sostenimento sanitario psicologico

    e sociale è uno degli argomenti che tratterò ampiamente nel

    secondo capitolo.

    Inoltre in base alle leggi di tutela della maternità, le donne

    immigrate, come le italiane, hanno maggiori garanzie

    rispetto agli uomini. Pertanto, possiamo affermare che, per

    le suddette ragioni, le donne sono più visibili,

    interloquiscono ed interagiscono con i servizi e gli operatori

    sociali e sanitari, compreso il mondo della scuola in cui

    inseriscono i propri figli. Si osserveranno quindi alcuni dati

    generali relativi alla migrazione femminile in Italia e più in

    dettaglio si faranno delle analisi su alcuni indicatori di

  • Grazia Giannetto Pag. 9

    salute riproduttiva (gravidanze, parti, interruzioni volontarie

    di gravidanza, contraccezione, accesso ai servizi socio-

    sanitari), messi a confronto con quelli della popolazione

    femminile italiana. Una ricerca retrospettiva negli ospedali

    messinesi condotta dall’Osservatorio epidemiologico

    siciliano, conferma queste problematiche e i punti salienti

    della ricerca risultano essere:

    la più giovane età delle madri straniere rispetto alle

    residenti (il 28,5% di madri di età inferiore ai 20 anni

    tra le nomadi, il 5,8% tra le europee e lo 0,8% tra le

    messinesi);

    un maggior numero di donne con più di 3 figli (14,6%

    contro 2,6% delle residenti);

    maggiore l’incidenza di basso peso alla nascita (sotto i

    2.500 gr.) in tutti i gruppi etnici con punte più elevate

  • Grazia Giannetto Pag. 10

    tra le nomadi (19,5%), tra le donne provenienti

    dall’Estremo Oriente (11,8%) e dall’Africa Centrale

    (10,7%); tra le residenti l’incidenza è del 5,2%.

    Anche la mortalità nel primo anno di vita è più alta tra i

    bambini figli di donne straniere rispetto alle donne

    messinesi: 21,9 su 1000 nati vivi per i figli di donne

    provenienti dall’Africa centrale, 20,8 per i neonati di madre

    nomade, 19,7 per il Nord Africa e Medio Oriente. Il tasso

    relativo ai figli delle residenti è di 8,3.

    A tal proposito ho ritenuto importante tenere conto non solo

    della gravidanza e degli effetti che questo produce sulla

    condizione psico-sociale della donna, ma anche della

    sterilità. Quest’ultimo fenomeno, di per sé drammatico,

    produce effetti ancora più gravi quando la donna è costretta

    a vivere tale condizione sola e sradicata dal suo entourage

  • Grazia Giannetto Pag. 11

    familiare. Inoltre per alcune popolazioni (soprattutto quelle

    africane) l’impossibilità di avere figli per motivi di salute

    sembra essere la peggiore catastrofe. Ciò comporta

    l’isolamento della donna o la sottomissione della stessa al

    marito. L’argomento della sterilità verrà ampiamente

    trattato nel terzo capitolo, all’interno del quale sottolineerò

    le differenze di genere che caratterizzano la popolazione

    immigrata e italiana in età contemporanea, e l’importanza

    del gruppo femminile come sostegno della donna durante il

    periodo pre-partum e post-partum.

    Nel quarto capitolo ho ritenuto importante descrivere

    l’ideologia di un progetto che ho realizzato durante il

    tirocinio formativo del III° anno, denominato “CRESCERE

    INSIEME”, che preveda una rete di interventi di

  • Grazia Giannetto Pag. 12

    prevenzione, di sostegno e di reintegrazione, volti ad

    ostacolare e/o rimuovere nuove situazioni di bisogno.

    Vorrei da subito distinguere tre termini, che spesso nel

    linguaggio comune vengono fusi e confusi: popolazione

    emigrata, migrante e immigrata. La differenza tra

    popolazione emigrata e immigrata è chiara e si riferisce

    all’uscita di un individuo da un paese e all’entrata di

    quest’ultimo in un altro. L'immigrazione è il trasferimento

    permanente o temporaneo di gruppi di persone in un paese

    diverso da quello di origine; dal punto di vista del luogo di

    destinazione il fenomeno prende il nome di immigrazione,

    da quello di origine si parla di emigrazione. Maggiore

    attenzione richiede invece la parola migrante e le

    modificazioni che nei tempi l’hanno caratterizzata. La

    parola migrante è attestata già dall’Ottocento nella sua

    http://it.wikipedia.org/wiki/Gruppo_socialehttp://it.wikipedia.org/wiki/Paesehttp://it.wikipedia.org/wiki/Emigrazione

  • Grazia Giannetto Pag. 13

    funzione di participio presente del verbo migrare, quindi

    con il significato di 'chi si trasferisce momentaneamente o

    stabilmente dal suo paese d'origine'.

    Il migrante è una persona che si è spostata da un paese

    diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel

    paese da più di un anno (M. Ambrosini 2003)1.

    Altri studiosi, invece, arrivano a indicare con il termine

    “migranti” tutti coloro che lasciano il loro paese d’origine e

    si muovono alla ricerca di migliori condizioni di vita e ha

    sostituito progressivamente i più comuni emigrante e

    immigrato. E’ chiaro che la distinzione non è mai così

    netta, perché un migrante può stabilirsi in un luogo e

    diventare immigrato, e un immigrato modificare i suoi

    progetti e tornare ad essere migrante.

    1 Per un approfondimento sul tema si rimanda a Sociologia delle migrazioni di M.

    Ambrosini (2003).

  • Grazia Giannetto Pag. 14

    Tuttavia anche il termine immigrato rischia, col tempo, di

    risultare inadeguato per persone stabilitesi in un luogo da

    anni, poiché eternizza un evento che si è svolto in un giorno

    o poco più. Ambrosini definisce le migrazioni come

    processi e sistemi di relazione, ma soprattutto come

    costruzioni sociali complesse. L’autore individua

    all’interno del processo migratorio tre attori principali: la

    società di provenienza, i migranti attuali e potenziali, e le

    società riceventi. Cercherò di utilizzare questi termini nelle

    loro giuste accezioni, evitando di attribuire alle persone

    status differenti dal loro per semplice generalizzazione.

  • Grazia Giannetto Pag. 15

    CAPITOLO 1

    “IMMIGRAZIONE FEMMINILE IN ITALIA”

    1.1 Storia dell’immigrazione femminile in Italia.

    A partire dagli anni ’70 due elementi di novità hanno

    caratterizzato i fenomeni migratori in Italia, e cioè, il

    mutato ruolo del nostro paese, che da terra di emigrazione,

    è diventata terra di immigrazione, ed il diverso ruolo delle

    donne che si rivela ben più attivo di quanto non sia stato

    nelle emigrazioni di inizio secolo.2 Diversamente dal

    passato, infatti, le donne non emigrano dai loro paesi perché

    “trainate” dai loro uomini, ma si presentono protagoniste di

    progetti migratori autonomi, entrando per diritto nella

    struttura del mercato del lavoro e acquisendo una relativa

    autonomia di comportamenti.

    2 Sul modello storico italiano di immigrazione cfr. Maurizio Ambrosini (2003).

  • Grazia Giannetto Pag. 16

    Fin dai primi inizi del Novecento il fattore femminile è

    stato determinante per il percorso migratorio in Italia, sia

    perché i flussi femminili sono stati ben più consistenti di

    quelli effettivamente riconosciuti, sia perché il grande

    successo dell’emigrazione maschile dipese in gran parte

    dalle mogli “che aspettano” . La forte domanda di

    domestiche e collaboratrici familiari da parte della

    popolazione italiana ha provocato nel nostro Paese un

    fenomeno molto particolare, ovvero, l’arrivo di donne sole.

    A flussi prettamente maschili, come per esempio quello

    proveniente dal Marocco, si affiancavano dunque flussi

    esclusivamente femminili con identici obiettivi di carattere

    economico-occupazionale.

    Tra i primi “immigrati” in Italia una parte consistente era

    costituita da donne giunte all’inizio degli anni ‘60

  • Grazia Giannetto Pag. 17

    dall’Eritrea e dalla Somalia, spesso al seguito di famiglie

    italiane di ex-coloni rientrate in Italia. Ma l’immigrazione

    femminile dall’Africa orientale non è stata che la prima: ad

    essa sono seguiti numerosi arrivi dal Salvador e dalle

    Filippine, poi, tra la metà degli anni ‘70 e l’inizio degli anni

    ‘80, dal Perù e dall’Ecuador e solo di recente, dopo il 1989,

    dai paesi dell’Est europeo. Per tutti gli anni ‘70 e ‘80

    l’immigrazione femminile rimane però nascosta, sia

    nell’ambito delle statistiche demografiche sia per ciò che

    riguarda la visibilità sociale, da quella maschile, sempre e

    comunque più numerosa e più legata ad occupazioni

    “pubbliche” che non i lavori all’interno delle case. Verso la

    metà degli anni ‘80 le “donne pioniere” cominciano a dare

    spazio anche ad una vita familiare ed affettiva,

    abbandonando il lavoro a tempo pieno e soprattutto

  • Grazia Giannetto Pag. 18

    rendendosi indipendenti a livello abitativo. La loro visibilità

    cresce sempre più ed esse cominciano a manifestare la loro

    presenza e le loro necessità, fino a quel momento ignorate

    dalla società italiana (Tognetti Bordogna, 1991)3.

    In questo primo ventennio (anni ‘70-‘90), dunque, una

    quota, anche se limitata, della popolazione immigrata sul

    territorio italiano è costituita da donne, e si tratta di una

    quota che tenderà sempre più ad aumentare.

    Infatti, lo sguardo della società italiana adesso sarà rivolto

    su un fenomeno nuovo e che sembra destinato a durare a

    lungo.

    La presenza di famiglie con figli va a toccare e a modificare

    ogni ambito della società.

    3 Donne dal mondo. Strategie migratorie al femminile, Edizioni Angelo Guerini

    Associati, Milano, 1991a, pp. 97-116

  • Grazia Giannetto Pag. 19

    L’Italia, soprattutto a causa della sua posizione geografica è

    stata per alcuni anni caratterizzata dalla transitorietà delle

    migrazioni, fungendo da trampolino dal sud del mondo

    verso gli altri paesi europei spesso privilegiati dai migranti

    per questioni linguistiche4.

    Con le immigrazioni legate ad occupazioni stabili, ma

    soprattutto con le immigrazioni familiari, invece, il suo

    ruolo si sta lentamente trasformando e questo presuppone

    un nuovo approccio al fenomeno migratorio da parte della

    società e delle istituzioni. Una permanenza temporanea non

    presuppone per forza un’integrazione con la società di

    arrivo; questa diventa invece una necessità per i progetti di

    lungo periodo.

    4 Per un’analisi della situazione migratoria in Italia si rimanda a Macioti M.I. e

    Pugliese E. (2002), L’esperienza migratoria. Immigrati e rifugiati in Italia, Bari-

    Roma, Laterza.

  • Grazia Giannetto Pag. 20

    Spesso, inoltre, progetti migratori temporanei si

    trasformano (per vari motivi che vanno da quelli economici

    a quelli di salute) in percorsi di insediamento stabile. Le

    caratteristiche della popolazione immigrata in Italia sono

    dunque decisamente mutate in questi quarant’anni e la

    presenza femminile è diventata più numerosa, ma

    soprattutto è diventata più varia, sia per ciò che riguarda le

    aree di provenienza, sia per ciò che riguarda la modalità di

    inserimento.

    Le donne provenienti dai paesi dell’Est europeo

    costituiscono il gruppo femminile più numeroso in assoluto,

    e Polonia ed Ucraina compaiono i paesi a più alta incidenza

    di popolazione femminile. L’inizio dell’ immigrazione

    femminile in Italia è caratterizzato dai primi arrivi di donne

    etiopi, eritree, capoverdiane, e sudamericane giunte grazie

  • Grazia Giannetto Pag. 21

    alla mediazione della Chiesa. Lo sbocco naturale di queste

    donne è stato quello delle collaborazioni familiari, che

    attribuì loro lo status symbol della “collaboratrice

    domestica”. Infatti, tuttora, nonostante comincino a

    profilarsi nuove possibilità di inserimento nel settore dei

    servizi, la quasi totalità delle donne immigrate in Italia

    lavora come colf o badante.

    1.2 La normativa in materia di immigrazione

    Per comprendere meglio quale sia stata l’evoluzione del

    fenomeno migratorio in Italia, vorrei fare un breve excursus

    riguardo alla normativa che regola i flussi immigratori e

    alle modificazioni che essa ha subito nel corso degli anni.

    Negli anni ‘70, quando comincia a manifestarsi il fenomeno

    dell’immigrazione, le norme che regolano l’ingresso e il

  • Grazia Giannetto Pag. 22

    soggiorno dei cittadini stranieri risalgono al 1931, anno in

    cui è stato redatto il Testo unico di leggi di pubblica

    sicurezza.

    La prima vera e propria legge riguardante i lavoratori

    stranieri è la legge n°943 del 1986 che prevede la parità

    assoluta di trattamento e la piena uguaglianza dei diritti tra

    cittadini e stranieri. La parità comporta anche la garanzia

    del diritto all’uso dei servizi sociali e sanitari, al

    mantenimento dell’identità culturale e all’istruzione.

    Tramite questa legge si è provveduto inoltre a regolarizzare

    tutti i cittadini stranieri presenti in Italia al momento

    dell’entrata in vigore della stessa.

    Con la legge n°39 del 1990, o legge Martelli, si

    introducono norme sull’ingresso e il soggiorno in Italia per

    motivi non solo di lavoro, ma anche di studio, di famiglia o

  • Grazia Giannetto Pag. 23

    di cure mediche. Cominciano così i ricongiungimenti

    familiari, che tanta importanza assumeranno negli anni

    successivi nel modificare le caratteristiche socio-

    demografiche della popolazione straniera presente in Italia.

    La legge regolamenta i rilasci, i rinnovi e le revoche dei

    permessi di soggiorno e decreta l’adesione dell’Italia alla

    Convenzione di Ginevra del 1951 riguardo allo status di

    rifugiato. Negli anni successivi vengono attuati vari

    interventi legislativi che non vanno però a modificare, se

    non in piccola parte, la legge n°39. Manca però ancora una

    normativa complessa che regoli la condizione giuridica

    dello straniero in Italia. Così, nel marzo 1998, è presentato

    al parlamento un disegno di legge che regoli

    l’immigrazione; questo disegno diventerà poi la legge n°40,

    detta anche “Turco-Napolitano”. Tale legge prevede la

  • Grazia Giannetto Pag. 24

    riunificazione della normativa sull’immigrazione in un

    Testo unico. Nel 1998 nasce così il Testo unico delle

    disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e

    norme sulla condizione dello straniero in Italia che riunisce

    le disposizioni contenute nella legge 40/1998, nel Testo

    Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza 773/1931, nella

    legge 943/1986 sui lavoratori extracomunitari e nella legge

    335/1995 sulla Riforma del sistema previdenziale. Credo

    sia importante esaminare il Testo unico perché l’attuale

    legge in materia d’immigrazione, la legge n°189, detta

    anche legge Bossi-Fini, ne è solo una modificazione (anche

    se gli articoli modificati sono molto rilevanti). Solo

    conoscendo negli aspetti fondamentali il primo si potrà

    comprendere la normativa vigente. Innanzitutto è definito

    straniero qualsiasi cittadino di paesi non appartenenti

  • Grazia Giannetto Pag. 25

    all’Unione Europea e l’apolide, ossia la persona che nessun

    paese riconosce come proprio cittadino. A tutti gli stranieri,

    regolari e non, sono costituzionalmente riconosciuti i diritti

    della persona umana, ma tutti i restanti diritti e doveri sono,

    nel Testo Unico, rivolti esclusivamente agli stranieri

    regolarmente soggiornanti. Il permesso di ingresso in Italia

    del cittadino straniero è condizionato al possesso di un

    passaporto e di un visto di ingresso, rilasciato secondo

    l’Accordo di Schengen. In ogni caso per l’ottenimento del

    visto bisogna dimostrare la disponibilità di mezzi di

    sussistenza per il periodo di soggiorno in Italia. Il permesso

    di soggiorno è invece il documento che attesta la regolarità

    della presenza in Italia di un cittadino straniero. Esistono

    varie tipologie di permessi di soggiorno, che possono essere

    rilasciati per turismo, per studio, per lavoro subordinato e

  • Grazia Giannetto Pag. 26

    per lavoro autonomo, per inserimento lavorativo, per cure

    mediche e per motivi familiari. Ogni permesso di soggiorno

    ha una durata specifica che va da un minimo di tre mesi, per

    turismo o affari, ad un massimo di tre anni per lavoro

    dipendente o autonomo e per motivi familiari. Il permesso

    può essere poi rinnovato per una durata non superiore al

    doppio di quella stabilita al momento del rilascio. Il rilascio

    o il rinnovo del permesso di soggiorno può essere rifiutato

    in mancanza dei requisiti per l’ingresso e il soggiorno in

    Italia. In tale caso il cittadino straniero ha quindici giorni di

    tempo per presentarsi alla frontiera e lasciare il territorio

    italiano. Esistono poi casi particolari che permettono il

    rilascio del permesso di soggiorno o il suo rinnovo anche in

    mancanza dei requisiti normali.

  • Grazia Giannetto Pag. 27

    Essendo il permesso di soggiorno solo temporaneo, esso

    può essere sostituito con la carta di soggiorno, che è un

    documento a tempo indeterminato. La carta di soggiorno

    può essere richiesta da un cittadino straniero per sé, per il

    coniuge (anche non lavorante) e per i figli minori

    conviventi se ha un permesso di soggiorno regolare da

    almeno cinque anni, se tale permesso consente un numero

    indeterminato di rinnovi e se possiede un reddito sufficiente

    per il sostentamento proprio e dei familiari. Date queste

    basi, vorrei soffermarmi solo su due aspetti della normativa

    riguardante l’immigrazione, ossia quelli più utili ai fini di

    questa ricerca: la regolamentazione dei ricongiungimenti

    familiari e dell’assistenza sanitaria.

    Il diritto a riacquistare e mantenere le proprie relazioni

    familiari è stato dichiarato diritto soggettivo dalla Corte

  • Grazia Giannetto Pag. 28

    Costituzionale; per questo l’ingresso per ricongiungimento

    familiare non rientra nelle quote annuali di ingresso

    stabilite dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Il

    ricongiungimento può essere richiesto da un cittadino

    straniero titolare di carta o permesso di soggiorno non

    inferiore a un anno per motivi di lavoro (ma non

    stagionale), per studio, per asilo o per motivi religiosi.

    L’ingresso è concesso al coniuge (non legalmente

    separato), ai figli minori a carico, sia di un solo coniuge sia

    nati fuori dal matrimonio, purché non coniugati o

    legalmente separati, ai minori adottati o affidati, ai genitori

    a carico e ai parenti entro il terzo grado a carico, inabili al

    lavoro. Chi presenta la domanda di ricongiungimento deve

    dimostrare di avere un reddito annuo derivante da fonte

    lecita pari almeno all’importo annuo dell’assegno sociale,

  • Grazia Giannetto Pag. 29

    cifra che aumenta all’aumentare dei familiari da

    ricongiungere. Bisogna inoltre dimostrare la disponibilità di

    un alloggio che abbia determinati requisiti di idoneità

    igienico - sanitaria.

    Una volta verificati i requisiti le autorità consolari italiane

    all’estero acquisiscono tutta la documentazione che provi i

    rapporti di parentela, matrimonio, minore età o inabilità al

    lavoro. Dopo ciò viene rilasciato il visto di ingresso per

    ricongiungimento familiare ai familiari del richiedente. Una

    volta entrato in Italia per motivi familiari il cittadino

    straniero deve richiedere il permesso di soggiorno entro

    otto giorni dall’ingresso. Il soggiorno per motivi familiari

    può essere inoltre richiesto da chi, essendo regolarmente

    soggiornante da almeno un anno, contrae matrimonio in

  • Grazia Giannetto Pag. 30

    Italia con un cittadino italiano, comunitario e straniero (se

    in possesso dei requisiti).

    Il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare ha

    la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare che

    ha chiesto il ricongiungimento ed è rinnovabile insieme a

    tale permesso. Con questo permesso si può svolgere un

    lavoro autonomo o subordinato e poi richiedere un nuovo

    permesso per l’attività svolta. Sono consentiti inoltre

    l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale, l’iscrizione a

    corsi di studio e di formazione professionale e l’accesso ai

    servizi assistenziali. Per ciò che riguarda l’assistenza

    sanitaria tutti i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti

    devono obbligatoriamente essere iscritti al Servizio

    sanitario nazionale, a parità di trattamento con il cittadino

  • Grazia Giannetto Pag. 31

    italiano sia per il pagamento dei contributi sia per

    l’assistenza sanitaria erogata.

    Al cittadino straniero presente in Italia in posizione

    irregolare è garantito solo il diritto alle cure ambulatoriali e

    ospedaliere urgenti per malattie e infortuni. Alla donna

    straniera irregolare è garantita la tutela sociale della

    gravidanza e della maternità a parità di trattamento con la

    donna italiana. Per tutta la durata della gravidanza e per i

    primi sei mesi dalla nascita del bambino, la donna e il

    marito convivente entrano infatti automaticamente in

    possesso di un permesso di soggiorno per cure mediche

    della durata dettata dalle prescrizioni mediche.

    Grazie alla Convenzione dei diritti del fanciullo è garantita

    la tutela della salute dei minori, gratuitamente se i soggetti

    sono privi di risorse economiche.

  • Grazia Giannetto Pag. 32

    La legge n°189 del 30 luglio 2002 ha modificato alcune

    parti molto importanti del Testo unico sull’immigrazione:

    in quanto segue illustrerò solo quelle che interessano le

    parti del Testo trattate sopra.

    Riguardo al permesso di soggiorno la modifica più

    importante concerne la sua durata: il rinnovo permette un

    nuovo permesso di una durata non superiore a quella

    stabilita inizialmente. L’ottenimento della carta di

    soggiorno è subordinata al fatto di essere soggiornanti sul

    territorio italiano da sei (e non più cinque) anni.

    La nuova legge limita le categorie di familiari per i quali si

    può chiedere il ricongiungimento ai soli figli minori e al

    coniuge. Inoltre è eliminata la possibilità di ricongiungere i

    parenti entro il terzo grado a carico, inabili al lavoro. E’

    stata però aggiunta la possibilità di ricongiungere figli

  • Grazia Giannetto Pag. 33

    anche maggiorenni nel caso non possano oggettivamente

    provvedere al proprio sostentamento a causa dello stato di

    salute che comporti invalidità totale.

    Per ciò che riguarda invece la regolamentazione

    dell’accesso all’assistenza sanitaria la legge Bossi-Fini non

    ha comportato modificazioni, e resta perciò valido quanto

    stabilito dal Testo unico sull’immigrazione.

    1.3 Le reti etniche tra solidarietà e reciprocità.

    Già nel 1994 Waldinger affermava: “in Italia si sono

    formate comunità occupazionali a base etnica, in cui la

    provenienza e l’occupazione tendono a legarsi

    strettamente.” Ciò avviene perché ricorrendo alla nota

    concettualizzazione di Granovetter, i legami forti per gli

    immigrati sono preponderanti, mentre i legami deboli che

  • Grazia Giannetto Pag. 34

    potrebbero aiutare a raggiungere altre destinazioni

    occupazionali sono assai tenui5. Il capitale sociale posto a

    loro disposizione da reticoli familiare, è utile per trovare

    lavoro all’interno delle loro nicchie colonizzate dal gruppo

    di appartenenza, ma inservibile per uscire dai confini

    professionali riservati agli immigrati. A tal proposito

    bisogna distinguere il capitale sociale di solidarietà dal

    capitale sociale di reciprocità. Il primo che si acquisisce

    all’interno della comunità di appartenenza, e che produce

    mutuo sostegno, è abbastanza cospicuo, mentre il secondo ,

    derivante dai rapporti che si formano al di fuori del gruppo

    di appartenenza e utile per perseguire la mobilità sociale, è

    carente (Pizzorno 1999)6.

    5Per l’approfondimento di questo concetto rimando a Granovetter M. (1997), La forza

    dei legami deboli e altri saggi. 6Circa il concetto di capitale sociale rimando a Pizzorno A. (1999), “Perché si paga il

    benzinaio. Nota per una teoria del capitale sociale”, in Stato e Mercato, n. 57.

  • Grazia Giannetto Pag. 35

    Per queste ragioni le reti etniche sono una combinazione di

    fragilità e di forza.

    Le funzioni svolte dalle reti etniche sono diverse e tutte

    rivolte verso un sostegno reciproco dei soggetti che ne

    fanno parte. Si percepisce così la necessità del mondo

    straniero di stringersi attorno a dei confini ben delimitati

    per difendersi dall’indifferenza di una società che non gli

    permette di crescere.

    Le reti etniche agiscono: nell’ambito dell’accoglienza

    logistica dei nuovi arrivati; nell’area della ricerca del lavoro

    in seguito a processi di sponsorizzazione e specializzazione

    etnica in determinati ambiti occupazionali7; e nell’ambito di

    procedure burocratiche ed esigenze quotidiane che gli

    immigrati affrontano, nel paese d’arrivo;

    7 Per un approfondimento sull’argomento cito La discriminazione nel mercato del

    lavoro, Zanfrini L. (2000)

  • Grazia Giannetto Pag. 36

    infine, le reti etniche svolgono una funzione di sostegno

    emotivo e psicologico, sono il suolo del supporto amicale e

    della socializzazione. Per questa via aiutano a reggere lo

    stress della lontananza da casa, della solitudine, della

    difficoltà a comunicare (Maurizio Ambrosini 2003)8.

    Una volta spiegate le funzioni delle reti etniche all’interno

    della società italiana la mia analisi si vuole soffermare

    sull’inserimento delle donne immigrate, non solo in termini

    lavorativi, ma anche e soprattutto in termini di acquisizione

    della cittadinanza non tanto intesa in senso formale, ma

    sostanziale, vale a dire come possibilità di vedere

    soddisfatti i propri bisogni-diritti.

    8 Per l’analisi delle funzioni delle reti etniche, si vedano tra gli altri: Ambrosini

    (1999), “Percorsi migratori tra reti etniche, istituzioni e mercato del lavoro” di La

    Rosa e Zanfrini (2003).

  • Grazia Giannetto Pag. 37

    CAPITOLO2

    “DONNE STRANIERE E MATERNITA’.”

    2.1 L’identità femminile: tradizione e modernità.

    Ogni persona che migra da un paese ad un altro deve

    elaborare un processo di cambiamento che le permetta di

    sostenere il conflitto della partenza e l’impatto con la

    società di arrivo. Si tratta di un processo di

    disorganizzazione e successiva riorganizzazione della

    propria identità. La sua importanza e difficoltà variano a

    seconda delle persone e dei diversi contesti di partenza e di

    arrivo. E’ tuttavia dimostrato che in alcuni casi lo stress

    psicologico dovuto all’abbandono del mondo noto e

    all’interiorizzazione forzata di valori altri possano portare a

    conseguenze patologiche, sia di tipo fisico sia psichico.

  • Grazia Giannetto Pag. 38

    Come si è già sottolineato, per le donne ad una

    trasformazione dell’identità soggettiva si lega anche la

    trasformazione del ruolo nella società e della diversa

    percezione della femminilità nel nuovo contesto sociale. Le

    donne immigrate devono quindi sviluppare delle forme di

    comportamento nuove, che non sono né quelle del paese di

    origine né quelle del paese di arrivo. Devono riuscire a

    reinterpretare il loro ruolo femminile e il loro ruolo nella

    famiglia cercando di coniugare i due modelli e di farli

    convivere.

    Le tensioni e le contraddizioni legate a questo processo di

    cambiamento sono molte: l’aspirazione è di mantenere allo

    stesso tempo la propria identità di donna, l’identità

    nazionale e al tempo stesso conseguire un certo grado di

  • Grazia Giannetto Pag. 39

    emancipazione. Identità e desideri che possono entrare in

    conflitto tra loro.

    In diversi studi sulle migrazioni femminili9, la maggior

    parte delle considerazioni riguardo all’esperienza di vita

    delle donne immigrate è descritta in termini di tradizione e

    modernità. Ciò comporta che alcune donne siano mostrate

    come reticenti al cambiamento, legate alle loro tradizioni;

    altre, invece, come maggiormente attratte dalla nuova vita

    moderna, attrazione che le condurrebbe ad abbandonare in

    toto la tradizione.

    Si tratta di una categorizzazione che non solo si trova negli

    studi sull’argomento, ma che fa parte anche del sentire

    comune riguardo alle donne straniere.

    9 Per un’analisi consiglio Le mani invisibili. La vita e il lavoro delle donne immigrate,

    Ediesse Edizioni, 1994

  • Grazia Giannetto Pag. 40

    Il processo attuato in questa situazione è di negoziazione, di

    continua mediazione tra un modello e l’altro. Non esiste un

    conflitto reale tra tradizione e integrazione proprio perché

    le donne si pongono come naturali mediatrici di possibili

    conflitti. Spesso riescono a modificare la tradizione senza

    perderla, ma facendola convivere con nuovi modelli di

    comportamento e nuovi ruoli assunti nel paese di

    immigrazione. Questa funzione di mediazione è svolta a più

    livelli: come moglie, nel tentativo di accedere ad

    un’autonomia necessaria per la donna ma nuova e

    potenzialmente pericolosa per l’uomo; come madre

    nell’educazione dei figli e nella loro cura, che quasi sempre

    trae ispirazione da modelli diversi che riescono tuttavia a

    convivere10.

    10 Maternità, Schaffer,H.R. (1997)

  • Grazia Giannetto Pag. 41

    Questo processo di continua mediazione avviene dunque

    proprio nella quotidianità, dove le donne immigrate si

    adoperano per essere donne, mogli, madri in un contesto

    nuovo. La scoperta di una nuova vita quotidiana è

    necessaria perché è alla base di qualsiasi successivo

    inserimento in ambito lavorativo o sociale.

    Per una buona parte di queste donne, soprattutto se giunte

    nel paese di accoglienza con la famiglia, il luogo della

    nuova esistenza è privato; i valori dominanti che cercano di

    mantenere sono legati alla casa, al corpo (nutrirsi,

    abbigliarsi, curarsi, ecc.) e ai bambini.

  • Grazia Giannetto Pag. 42

    2.2 Gli effetti psicologici sociali e culturali della

    maternità nelle donne migranti.

    L'evoluzione sociale ha fatto sì che quelle componenti

    specifiche della donna che riguardano la sfera istintiva, oggi

    vengano sacrificate a favore della razionalizzazione che

    l'avvicinano maggiormente al mondo maschile, al fine di

    ottenere una maggiore integrazione socio-culturale.

    L'ambito in cui queste componenti vengono conservate è

    quello relativo alla funzione femminile della riproduzione.

    Questa realtà, spesso pone la donna di fronte a un conflitto

    che deriva dal contrasto tra natura e cultura. Che cosa

    significa? Significa che la gravidanza e il parto per poter

    raggiungere il proprio scopo, costringono la donna a

    regredire al servizio del corpo, questo però contrasta con il

    processo evolutivo dell'individuo.

  • Grazia Giannetto Pag. 43

    Fin dal momento del concepimento si verificano nella

    donna una serie di cambiamenti non solo esterni, ma

    soprattutto interni11.

    È a questo riguardo che la gravidanza può essere

    considerata oltre che una " fase di sviluppo", anche

    un'esperienza di "crisi". La crisi alla quale ci si riferisce

    riguarda la prima gravidanza, in quanto dopo aver

    dimostrato a sé e agli altri la capacità di dare alla luce un

    bambino, questa capacità viene inclusa nella struttura di

    personalità.

    11 “Il parto: un evento biosociale” in AA.VV., Le culture del parto, Feltrinelli,

    Milano, 1985, pp. 3-12

  • Grazia Giannetto Pag. 44

    Lo stato di confusione che a volte si prova durante la

    gravidanza, la riattivazione di dinamiche e fantasie che

    sono appartenute a fasi precedenti del proprio sviluppo, una

    quota di "patologia fisiologica" sono tratti che accomunano,

    anche se con caratteristiche diverse, la gravidanza

    all'adolescenza.

    Durante la pubertà l'adolescente si trova a confrontarsi con

    le proprie pulsioni, che a volte si presentano con una certa

    intensità e violenza, e rielaborare i conflitti ad esse

    connessi, per integrare le nuove esigenze psichiche e

    biologiche alla struttura di personalità. Questo processo

    trasformativo è accompagnato da una sorta di confusione

    relativa alla propria identità, che si deve riassestare e deve

    trovare un maggior senso di stabilità che determina

    l'impronta sulla quale l'individuo si baserà per affrontare le

  • Grazia Giannetto Pag. 45

    successive trasformazioni evolutive della vita. Il corpo che

    muta e di conseguenza anche il proprio ruolo provoca

    spesso una marcata instabilità emotiva. È questo il periodo

    in cui l'emotività e l'inconscio prendono il sopravvento,

    dando luogo a una sorta di "malessere fisiologico" che

    precede l'acquisizione di un nuovo equilibrio. È

    contemporaneamente una "fase evolutiva" e una "crisi

    mutativa" che impone una riorganizzazione delle esperienze

    precedenti.

    Qualcosa di simile accade anche durante i primi mesi di

    gravidanza, quando la donna deve mettere in relazione le

    fantasie con la realtà del feto che cresce in lei (se prima era

    un desiderio, una fantasia avere un figlio, ora è una realtà).

    Divenire madre presuppone un adeguamento della propria

    identità nel passaggio dal ruolo di figlia a quello di

  • Grazia Giannetto Pag. 46

    genitore. Questo processo, che inizia con la gravidanza e

    prosegue con la maternità, necessita di un riassestamento di

    tutte le componenti psichiche che si sono sviluppate durante

    le esperienze precedenti e che hanno caratterizzato la storia

    della donna. Per questo motivo la gravidanza viene definita

    da molti autori come un momento di crisi e confusione, in

    quanto la donna si trova a dover affrontare continui

    aggiustamenti che coinvolgono l'intera personalità, al fine

    di poter costruire un'immagine stabile di sé come madre,

    che prevede la capacità di strutturare uno spazio interno per

    il bambino e per la relazione con lui. È un processo che

    richiede l'integrazione di una nuova immagine di sé,

    attraverso nuove identificazioni, in particolare con la

    propria madre12.

    12 Maternità, Schaffer, H.R. (1997)

  • Grazia Giannetto Pag. 47

    Divenire madre comporta innanzitutto confrontarsi

    emotivamente con la propria madre, a volte ponendosi nei

    suoi confronti in competizione per arrivare a prenderne il

    posto.

    La maternità sancisce la fine del ruolo esclusivo di figlia

    che diviene contemporaneamente genitore e figlia. Ciò può

    suscitare angosce di perdita, piuttosto che sentimenti di

    colpa connessi al desiderio di sostituirsi alla propria madre

    spodestandola, quindi simbolicamente uccidendola. Non

    dimentichiamo che l'attitudine materna, che è rappresentata

    dalla capacità di dare e di rendersi disponibile verso l'altro,

    dipende anche dal rapporto che si è avuto nell'infanzia con

    la propria madre e dalla sua disponibilità nei propri

    confronti.

  • Grazia Giannetto Pag. 48

    Durante i mesi di gestazione, soprattutto dal momento in

    cui si avvertono i primi movimenti fetali, è altrettanto

    importante l'identificazione con il feto e, successivamente

    con il neonato al fine di sviluppare la capacità di accogliere

    il bambino attraverso una progressiva ridistribuzione degli

    investimenti oggettuali e narcisistici.

    Ciò comporta una trasformazione del desiderio narcisistico

    di essere amata che subisce una metamorfosi, cioè viene

    trasferito dal "proprio Io" al "figlio". Questo permette la

    distinzione tra il desiderio di maternità e il desiderio di

    gravidanza. In quest'ultimo, a differenza del primo, dove

    prevale l'investimento sul bambino, vediamo manifestarsi

    soprattutto il bisogno narcisistico di provare a sé stessa che

    il proprio corpo funziona come quello della madre.

  • Grazia Giannetto Pag. 49

    Vivere questo mutamento psicologico al di fuori del proprio

    entourage familiare e sociale significa, per le donne

    migranti, scontrarsi con una nuova visione della maternità,

    che è propria dei paesi occidentali, e che si propone, il più

    delle volte, di sostituirsi a quella proveniente da culture

    differenti. Se l’esperienza della maternità segna il destino di

    tutte le donne a qualsiasi latitudine si trovino, per le

    migranti costituisce un evento ancor più cruciale in quanto

    coinvolge non solo il loro esser donne, ma anche il loro

    essere migranti13. La maternità evidenzia la condizione di

    fragilità, isolamento ed estraneità delle straniere rispetto al

    paese di arrivo.

    13 Favaro G., “Diventare madri nella migrazione”, in Marginalità e società n°28,

    Milano,1994, pp. 87-110

  • Grazia Giannetto Pag. 50

    Infatti se da un lato è forte il desiderio di ancoraggio agli

    schemi sociali propri della società occidentali, dall’altro

    l’essere madre richiama il desiderio di rifugiarsi dentro la

    cultura di origine, per difendersi da quelle pratiche sociali

    occidentali diverse che vanno in contrasto con quelle della

    cultura tradizionale.

    Quindi la donna migrante in gravidanza o con uno o più

    bambini piccoli, è costretta a vivere prevalentemente due

    condizioni: la condizione di ancoraggio, per la necessità di

    mettersi in contatto con la rete dei servizi socio-sanitari e

    scolastici, e attraverso di essi con medici, insegnanti, madri

    e altri bambini; e quella del confronto tra la propria realtà

    d’origine (in merito ai significati e alle pratiche della

    maternità, al valore e alle modalità della trasmissione

    culturale) e quella di destinazione. Quest’ultimo è un

  • Grazia Giannetto Pag. 51

    processo che avviene di continuo durante il periodo pre-

    natale e post-natale e provoca una riformulazione del

    progetto migratorio, se questo era di breve o media durata,

    visto che il processo di socializzazione e scolarizzazione

    del bambino non può essere interrotto bruscamente con il

    ritorno in patria.

    Le prime divergenze culturali che le donne riscontrano

    riguardano il processo della medicalizzazione della

    gravidanza e del parto14. Se per alcune diventa motivo di

    rassicurazione (come nella maggior numero delle donne

    migranti), per altre costituisce motivo ulteriore di

    apprensione.

    14 Cravero A., Il rapporto tra medico italiano e paziente straniero, L’Harmattan Italia, Torino, 2000

  • Grazia Giannetto Pag. 52

    In Etiopia, nonostante vi sia la possibilità per le donne di

    sottoporsi a visite mediche durante la gravidanza, spesso e

    volentieri si partorisce in casa con l’aiuto di una awalat in

    italiano grande mamma, ovvero una levatrice, che si reca

    nell’abitazione della donna per aiutarla durante il parto.

    Se avessi partorito in Nigeria sarei stata come una regina

    (Bebi)15.

    Nei paesi africani è molto diffusa la pratica di cospargere

    d’olii, Sali e spezie il corpo della donna 20 giorni prima e

    20 giorni dopo la nascita del bambino. Durante questi 40

    giorni la donna viene preservata da qualsiasi lavoro, anche

    il meno faticoso.

    15 Voci di donne migranti (2011), pag. 259, Claudia Carabini, Daniela De rosa,

    Cristina Zaremba.

  • Grazia Giannetto Pag. 53

    A differenza della donna-madre italiana che subito dopo

    una settimana da parto si attiva conciliando il tempo

    dedicato alle cure del bambino e quello dedicato ai lavori

    domestici. In Nigeria, come in Egitto e in tutti i paesi

    africani la donna, dopo il parto, deve riposare per ben due

    mesi in un posto speciale dell’abitazione, fatto proprio per

    lei. Le altre donne del villaggio si mobiliteranno per non far

    mancar cibo e assistenza alla madre e al figlio. Una stretta e

    solida rete di solidarietà che avvicina la donna ad una

    visione più naturale della maternità e meno medicalizzata.

    Per molte donne africane ancora molto legate alla cultura di

    origine il parto cesareo è solo un modo per velocizzare i

    tempi e smontare il decorso naturale della gravidanza.

    Mentre per le donne africane meno legate alle pratiche

    tradizionali, forse perché emigrate in Italia da piccole o

  • Grazia Giannetto Pag. 54

    durante il periodo adolescenziale, il parto cesareo risulte un

    metodo preventivo contro complicazioni legate al parto.

    Quest’ultime si sono infatti, ben ancorate agli schemi

    culturali della società occidentale integrando le proprie idee

    con quelle occidentalizzate.

    Le donne peruviane invece fanno notare delle differenze

    radicali relative al rapporto medico paziente. Per queste

    l’ambiente freddo che si respira negli ospedali italiani, non

    aiuta né le donne né i medici durante il parto. Le prime si

    sentono sole e abbandonate, gli ultimi vengono sempre più

    considerati, dalle prime, incompetenti professionalmente.

    Al mio paese fanno funzionare la testa anche se dicono che

    siamo del Terzo Mondo. Là i dottori con i pazienti hanno

    un contatto molto umano16.

    16 Voci di donne migranti (2011), pag. 262, Claudia Carabini, Daniela De rosa,

    Cristina Zaremba.

  • Grazia Giannetto Pag. 55

    Anche le filippine fanno cenno alla pratica del riposo della

    puerpera. Nel loro paese ha la durata di un mese e non

    differisce molto da quella africana.

    Proprio perché espressione della cultura e strumento di

    trasmissione culturale, le pratiche di cura che si rivolgono

    alla coppia madre-bambino e al bambino in quanto tale

    sono molto diverse in relazione alla cultura di riferimento in

    un dato momento storico, nonché in connessione

    all’articolazione in subculture propria di ogni società

    stratificata (habitat urbano o rurale, élite di potere o classi

    povere, osservanti religiosi o laici ecc.).

    Gli etnopediatri classificano le pratiche di cura in due

    diverse tipologie: ad e a .

    Nel primo caso i bambini beneficiano di un contatto

    continuo con il corpo della madre o della donna (sorella,

  • Grazia Giannetto Pag. 56

    zia, nonna, ecc.) che ha cura di loro; nel secondo caso il

    contatto avviene in relazione a determinate funzioni

    (allattamento, coccole ecc.). Il primo modello è detto anche

    “contatto prossimale” ed è tipico delle società pre-

    industriali. Questo implica la tecnica del baby-carrying

    (portare addosso il bambino) che consente una continua

    comunicazione tattile con la madre.

    È anche la tecnica tipica delle donne africane, come quelle

    ghanesi, le quali per tre mesi portano in braccio il bambino,

    dopo lo legano dietro le spalle con un telo grande e lo

    portano in giro.

    A tal proposito Barbara Rogoff (2003)16 sottolinea che i

    fanciulli appartenenti a culture simili a quella ghanese,

    16 La natura culturale dello sviluppo (2003) Barbara Rogoff.

  • Grazia Giannetto Pag. 57

    acquisiscono in tempi maggiormente brevi la percezione del

    mondo esterno.

    Infatti, già dopo i 3 mesi, alternano il rapporto faccia a

    faccia con la madre con quello che imparano ad intrattenere

    con l’ambiente sociale.

    Il modello a basso contatto o “contatto distale” implica

    invece una separazione fisica tra madre e bambino, e un

    contatto quasi esclusivamente visivo e verbale. Ciò avviene

    nei casi in cui il bambino si trova sdraiato in una culla-

    carrozzina e la madre si limita a guardarlo e a parlargli.

    Nello Sri Lanka l’allattamento dura anche fino ai 3 anni

    alternando il latte naturale con il Mellin, e poi piano piano

    la madre inserisce nell’alimentazione del figlio frutta e

    verdura.

  • Grazia Giannetto Pag. 58

    Certamente la migrazione e la lontananza limitano le

    possibilità di trasmissione dei saperi e delle tradizioni da

    una generazione alla successiva, portando alla loro perdita o

    ad una loro trasformazione. Non va dimenticato che molte

    tradizioni, una volta trasformatesi, verranno trasmesse alle

    successive generazioni dando luogo a nuove forme

    culturali. L'aspetto determinante per la maggior parte delle

    donne è lo scarso adattamento a forme relazionali e sociali

    differenti da quelle vissute nel proprio paese.

    Ciò che più viene a mancare nel vivere la maternità è stata

    la presenza di un contesto familiare e sociale intenso e

    sempre presente. Si tratta di forme di socialità che queste

    persone stanno tentando di ricreare nel luogo dove hanno

    deciso di vivere anche se non sempre il contesto locale

    (leggi, spazi, tempi di vita) lo permette.

  • Grazia Giannetto Pag. 59

    Queste nuove forme relazionali, se trasmesse alle

    generazioni successive, potrebbero entrare a far parte di una

    nuova società italiana.

    2.3Il rapporto con i servizi.

    Per una descrizione dettagliata del rapporto che le donne

    immigrate intrattengono con i servizi socio-sanitari

    messinesi, ho ritenuto utile riportare l’intervista che ho

    sottoposto alla dott.ssa Alfonsa Pizzo, Ginecologa del

    reparto di ostetricia del Policlinico di Messina, in occasione

    del decimo anniversario dell’ambulatorio dedicato alle

    donne straniere.

    “Le pazienti sono quelle donne pazienti, che pazientano

    dietro la porta di un ambulatorio. Il personale sanitario

  • Grazia Giannetto Pag. 60

    dell’ambulatorio è costituito da donne, due dottoresse, che

    possono percepire meglio i disturbi delle pazienti.”17

    Le parole della dott.ssa Pizzo ci aiutano a comprendere lo

    spirito sul quale regge il lavoro dell’equipe medica da più

    di 10 anni. L’ambulatorio è aperto ogni mercoledì mattina,

    l’accesso è libero a tutte, e non sono previste visite per

    appuntamenti.

    L’ambulatorio opera in relazione con altre associazioni

    quali: l’Associazione 7000 di Volontariato e l’Associazione

    “Per te donna”. La prima gestisce un centro di consulenza

    familiare rivolto a famiglie straniere multiproblematiche, la

    seconda è nata nel 2002 per offrire sostegno psicologico

    17 Jordan B., “L’autodiagnosi precoce in gravidanza: un’indagine sulla competenza

    non professionale” in Cacciari C., Pizzini F., La donna paziente. Modelli di

    interazione in ostetricia e ginecologia, ed. Unicopli, Milano, 1985a pp. 175-208

  • Grazia Giannetto Pag. 61

    alle donne operate di tumore (in particolare: carcinoma alla

    mammella e carcinoma alla cervice uterina), e per

    promuovere e diffondere la cultura della prevenzione per

    una diagnosi precoce.

    Tale cooperazione è nata i seguito alla realizzazione, da

    parte dell’Associazione 7000, del progetto “Mille Mondi

    Per Crescere”. Il progetto sostiene situazioni a rischio di

    emarginazione e disagio relazionale con particolare

    riferimento al sostegno del rapporto madre-bambino.

    Rivolto alle donne straniere di recente immigrazione con

    difficoltà d’integrazione: esso mira a sostenere, in

    particolare, le gestanti , accompagnandole lungo il periodo

    di gravidanza e il primo anno di vita del nascituro.

    La dott.ssa Pizzo ha intrapreso, durante questi lunghi dieci

    anni di esperienza all’interno di un ambulatorio, un lavoro

  • Grazia Giannetto Pag. 62

    di analisi dello stato di salute delle donne straniere, del

    rapporto che esse hanno con i servizi, del loro modo di

    gestire la gravidanza e dell’approccio con il nuovo modo di

    vedere quest’ultima all’interno del contesto socio-sanitario

    italiano, e più in particolare messinese.

    Dalle sue analisi si evince che le differenze culturali

    incidono pesantemente anche sulla frequenza di sottoporsi a

    visite mediche durante il periodo pre-natale. Le cingalesi,

    ad esempio, provengono da un paese in cui il livello di

    istruzione delle donne è più o meno alto, di conseguenza

    hanno l’abitudine di sottoporsi a continue visite ostetriche

    (Pap-Test; funzionalità tiroidea: ormoni; ecografie ecc.).

    Il 51% delle donne straniere hanno inoltre espresso il loro

    consenso nei confronti del parto cesareo, poiché secondo

    loro è un modo efficace per prevenire le complicazioni

  • Grazia Giannetto Pag. 63

    legate al parto. La categoria etnica che presenta un numero

    maggiore di donne che si sottopongono al taglio cesareo è

    quella delle filippine, a causa della particolare

    conformazione genetica delle ossa del bacino. Inoltre le

    straniere tendono a partorire precocemente poiché la

    maggior parte di esse, assunte in nero e sottoposte spesso a

    continui ricatti e pressioni da parte del datore di lavoro,

    lavorano anche durante la gravidanza fino a quando, spiega

    la dott.ssa Pizzo, non si rompono le membrane, partorendo

    prima del previsto e mettendo in rischio la salute loro e del

    bambino. Tra il 2006 e il 2010 sono stati eseguiti 465 Pap-

    Test su donne straniere prevenendo alcuni casi di malattia

    dovuta al tumore al collo dell’utero. Quest’ultimo però

    risulta essere meno presente nelle straniere rispetto alle

    donne messinesi. Tale differenza è dovuta soprattutto a

  • Grazia Giannetto Pag. 64

    variabili comportamentali legate ai costumi (più monigerati

    nelle straniere rispetto alle italiane) e a stili di vita

    totalmente differenti. Una categoria a rischio è quella delle

    prostitute. La promiscuità sessuale, infatti, aumenta la e

    probabilità di comparsa del tumore all’utero, ed è una delle

    maggiori cause di trasmissione delle malattie infettive

    (epatite B, C), e del virus dell’AIDS (HIV).

    A tal proposito, in collaborazione con le associazioni sopra

    citate, l’ambulatorio si propone di svolgere interventi di

    prevenzione primaria e secondaria quali: la vaccinazione,

    per prevenire il carcinoma all’utero e l’epatite B (tutte

    malattie sessualmente trasmissibili); l’educazione sanitaria

    volta alla promozione di comportamenti positivi come l’uso

    del preservativo durante i rapporti sessuali, e l’azione di

    sottoporsi a continue visite mediche (mammografia,

  • Grazia Giannetto Pag. 65

    ecografia, pap-test, funzionalità tiroidea ecc.) almeno una

    volta l’anno dopo i 30 anni, e una volta ogni sei mesi per le

    donne dai 40 in su.

    Per mezzo del progetto “Mille Mondi Per Crescere” si è

    portata avanti una campagna di educazione sessuale svolta

    sia all’interno del consultorio familiare dell’Associazione

    7000 di volontariato, sia all’interno dell’ambulatorio del

    Policlinico di Messina, coordinato dalla dott.ssa Pizzo. La

    campagna ha come obiettivo la riduzione del numero di

    aborti (particolarmente più elevato nelle donne straniere

    rispetto alle messinesi, e italiane in generale), e un aumento

    di gravidanze serene e responsabili. L’educazione all’uso

    dei contraccettivi, se per molte religioni, come per la

    religione Cattolica Cristiana, viene vista come strumento

    artificiale di controllo delle nascite, dal punto di vista

  • Grazia Giannetto Pag. 66

    medico è un ottimo mezzo per evitare gravidanze

    indesiderate. Infatti molte donne straniere sono meno

    informate riguardo alla contraccezione e usano l’aborto

    come metodo contraccettivo. L’elevato numero di aborti

    nelle donne straniere è dovuto anche e soprattutto ai ricatti

    lavorativi che subiscono dai datori nel momento in cui

    questi vengono a conoscenza dello stato interessante della

    donna. Di conseguenza scelgono di interrompere la

    gravidanza, una scelta obbligata, non libera e consapevole.

    Molte altre scelgono di abortire perché vivono nella paura

    di essere lasciate sole dal compagno e dalla famiglia in

    virtù di principi religiosi e schemi sociali appartenenti alla

    loro terra d’origine.

    La dott.ssa Pizzo ha rilevato durante questi anni solo

    pochissimi casi di donne cinesi che si recano

  • Grazia Giannetto Pag. 67

    all’ambulatorio, finendo per considerare la comunità cinese

    come una “comunità chiusa”.

    La mia esperienza come tirocinante assistente sociale

    all’interno del centro di consulenza familiare18 dell’

    Associazione 7000 di Volontariato, mi ha portato a

    conoscere in particolare tre diverse etnie (marocchina,

    rumena e srilankese), e tre modi differenti di guardare al

    rapporto tra utente e servizi socio-assistenziali da parte

    delle tre donne straniere.

    Le donne marocchine presentano un ruolo più attivo

    all’interno della società e un alto livello di autonomia e di

    gestione del rapporto con i servizi sanitari, sociali e

    scolastici.

    18 Madoni P., “Nuova utenza immigrata: un’occasione per ripensare i rapporto tra

    Consultorio Familiare e territorio”, intervento al Convegno Donne e famiglie

    immigrate, integrazione e nuovi modelli di assistenza, Milano, 30 maggio 2001

  • Grazia Giannetto Pag. 68

    Ma presentano, tuttavia un enorme livello di riservatezza a

    causa del quale è difficile instaurare un rapporto di fiducia e

    collaborazione. Questo può ottenersi solo dopo anni di

    continui confronti e colloqui. Come esse anche le donne

    rumene riescono autonomamente a far fronte alle loro

    condizioni di bisogno, ma a differenza delle prime sono

    pronte a collaborare, anche a causa della mentalità molto

    più aperta.

    La comunità srilankese invece è totalmente affacciata al

    confronto, all’integrazione, e presenta una struttura e una

    rete di servizi interna solida e capillare. Addirittura negli

    anni si è andata a formare una catena di solidarietà, interna

    alla comunità, nei confronti delle famiglie e delle donne

    srilankesi meno fortunate, prevedendo l’erogazione di

    interventi di sostegno familiare come la borsa alimentare, e

  • Grazia Giannetto Pag. 69

    di sostegno all’infanzia come la distribuzione di pannolini,

    latte in polvere e omogenizzati.

    Tuttavia, il consultorio resta, per le donne immigrate, un

    luogo a cui rivolgersi in situazioni di emergenza, una sorta

    di pronto soccorso per sole donne: contraccezione,

    gravidanza e interruzione volontaria di gravidanza sono le

    motivazioni principali che determinano l’accesso.

    A tal proposito le donne srilankesi si presentano sempre

    meno allo sportello di un consultorio familiare, poiché la

    loro radicata integrazione gli permette di giostrarsi in

    maniera autonoma all’interno della comunità messinese.

    I servizi materno-infantili messinesi sono stati, in generale,

    valutati molto positivamente dalle donne intervistate dalla

    dott.ssa A. Pizzo. Le gravidanze sono state seguite nei

    consultori familiari e negli ospedali più prossimi ai luoghi

  • Grazia Giannetto Pag. 70

    di domicilio. Nessuna ha mostrato di avere avuto problemi

    ad orientarsi all'interno del sistema sanitario italiano e, anzi,

    quasi tutte sono state soddisfatte dell'assistenza che è stata

    loro fornita.

    Un'altra caratteristica del sistema sanitario italiano che

    colpisce positivamente è l'accesso libero e gratuito durante

    tutto il decorso della gravidanza anche a persone prive del

    permesso di soggiorno. Per legge la maternità darebbe

    diritto anche ad un permesso di soggiorno per madre e

    figlio fino al compimento del sesto mese del bambino anche

    se non sempre questo è possibile a causa di altri problemi,

    per lo più legati all’abitazione. Spesso le case sono

    sovraffollate, oppure affittate senza un contratto legale e le

    donne hanno paura a dichiarare in questura il proprio

  • Grazia Giannetto Pag. 71

    domicilio che è necessario per l’ottenimento del permesso

    di soggiorno.

  • Grazia Giannetto Pag. 72

    3°CAPITOLO

    “LA DONNA STRANIERA TRA STERILITA’,

    GRAVIDANZA E MUTAMENTI LEGATI AL

    GENERE.”

    3.1 Sterilità.

    Direttamente legata all’importanza della maternità c’è la

    questione della sterilità, che comporta l’impossibilità, per

    alcune donne, di conseguire l’obiettivo fondamentale di

    divenire madri. L’immagine che emerge è quella di un

    dramma non solo individuale, ma collettivo, che tocca non

    soltanto la vita della donna, ma anche quella di tutta la sua

    famiglia.

    Héritier (2000) nota che le credenze di cui la sterilità è

    oggetto dipendono in ogni gruppo umano da quell'insieme

  • Grazia Giannetto Pag. 73

    strutturato di rappresentazioni, credenze e simboli che ogni

    gruppo possiede. Il discorso sulle cause della sterilità

    esprime un forte legame tra il mondo naturale, il corpo

    individuale e la società ed è allo stesso tempo, come il

    discorso sulla maternità, un elemento rivelatore di una

    cultura.19

    Per persone che, come le donne straniere, vedono nella

    maternità non solo la più grande gioia della vita, ma anche

    e soprattutto il miglior modo per acquisire considerazione e

    attenzione dagli altri, l’impossibilità di avere figli per

    motivi di salute sembra essere la peggiore catastrofe.

    Questo può portare ad una cattiva considerazione da parte

    degli altri membri della famiglia, in particolare della

    famiglia del marito, e alla perdita della loro stima e fiducia.

    19Francoise Héritier, Maschile e femminile. Il pensiero della differenza, Laterza, Bari 2000

  • Grazia Giannetto Pag. 74

    Le sanzioni possono rivelarsi anche molto dure da

    accettare, perché per una donna che non riesce a mettere al

    mondo un figlio diventa difficile continuare a vivere nella

    sua famiglia o farsene una nuova.

    “E se tu non puoi avere bambini per qualche motivo tuo

    marito prende un'altra moglie per avere bambini. E’ che

    diventa difficile anche trovare un altro marito. Se sai che

    non puoi avere bambini è difficile che qualcuno ti sposi.”

    [Maritou, Senegal]20

    Le rivelazioni sottolineano l’esistenza di meccanismi

    sociali che assicurano ad un uomo la sua discendenza e

    permettono la continuità della famiglia, e quindi del

    20 Voci di donne migranti (2011), pag. 255, Claudia Carabini, Daniela De rosa,

    Cristina Zaremba.

  • Grazia Giannetto Pag. 75

    gruppo. Essi consentono, inoltre, di compensare e

    misconoscere la sterilità maschile. Tali meccanismi, d’altra

    parte, variano da società a società e si fondano,

    normalmente, sulla possibilità di separazione tra paternità

    biologica e paternità sociale. Un uomo che, biologicamente,

    non può avere una discendenza, può ottenerla tramite

    l'acquisizione di un figlio altrui (Héritier, 2000).

    Sima, proveniente dal Cameroun, descrive un meccanismo,

    utilizzato all’interno del suo gruppo di appartenenza

    (Betis), creato appositamente per evitare ad un uomo il

    matrimonio con una donna che non può avere figli e

    permettere ad un uomo che non può avere figli di acquisire

    una discendenza tramite il matrimonio con una donna che

    già ne ha:

  • Grazia Giannetto Pag. 76

    “No perché da noi i figli si fanno anche molto prima del

    matrimonio, proprio per dare prova che si è fertili, perché

    in Africa la discendenza è fondamentale. Giù ci si sposa in

    funzione della riproduzione, quindi quasi sempre i

    matrimoni celebrati sono con i figli già cresciuti, perché

    l'uomo prima di compiere un passo del genere deve essere

    sicuro di avere una donna fertile. Infatti da noi la

    convivenza è essenziale, mai due si sono sposati che

    vivevano ancora coi genitori. E se poi non ci si sposa i figli

    restano con la mamma, e diventeranno i figli di suo marito

    se poi si sposerà con un altro.”

    [Sima, Cameroun]21

    21 Voci di donne migranti (2011), pag. 256, Claudia Carabini, Daniela De rosa,

    Cristina Zaremba.

  • Grazia Giannetto Pag. 77

    Si tratta di una forma di regolazione del matrimonio che fa

    in modo che esso non possa esistere in mancanza di prole.

    La donna sterile resta così, inevitabilmente, nubile per tutta

    la vita, magari tentando alcune convivenze ma senza mai

    contrarre matrimonio.

    Secondo la Héritier il rifiuto di riconoscere l'esistenza della

    sterilità maschile si ritrova in quasi tutti i gruppi umani

    perché, mentre la fertilità della donna è segnata da un inizio

    e da una fine evidenti, quella dell'uomo non è così

    direttamente osservabile. Ogni società ha tratto le

    medesime conclusioni dalla semplice osservazione della

    natura umana, creandone però simbologie e

    rappresentazioni differenti. Solo una persona ha descritto

    come la ricerca di soluzioni per curare la sterilità sia svolta

  • Grazia Giannetto Pag. 78

    contemporaneamente dall’uomo e dalla donna, poiché

    entrambi potrebbero esserne responsabili.

    Un aspetto importante della questione della sterilità

    riguarda la ricerca di soluzioni e cure. Alla ricerca di una

    cura si passa dall'uso di amuleti, erbe e gris-gris al tentativo

    di trovare una causa tramite esami medici, comportamenti

    che potrebbero sembrare poco compatibili all'interno di un

    medesimo percorso di cura. Questo perché ogni gruppo

    sociale tenta di trovare una soluzione per la sterilità che sia

    possibile all’interno della sua visione e rappresentazione del

    mondo. Dove però un gruppo è entrato o è tuttora in

    contatto con un altro le forme create dagli uni e dagli altri

    come palliativi alla sterilità si fondono, poiché cambia la

    forma ma non la sostanza. E’ caratteristica comune a molti

    gruppi l’esistenza di dispositivi atti a preservarne

  • Grazia Giannetto Pag. 79

    l’esistenza: la medicina occidentale può essere inclusa in

    tali meccanismi. Inoltre, nella maggioranza dei gruppi

    umani il legame sociale (e dunque la filiazione sociale)

    vince sul legame biologico, a condizione che il modo in cui

    si instaura tale legame sia approvato dalla società stessa.

    Nelle società italiane l’esempio migliore per questo è la

    pratica dell'adozione: un figlio adottato ha la stessa valenza

    di un figlio naturale, proprio perché il legame sociale

    diviene preminente rispetto a quello biologico (Héritier,

    2000).

    Non stupisce il fatto che dispositivi legati alla medicina

    occidentale e dispositivi legati alla medicina tradizionale

    siano utilizzati contemporaneamente, poiché, benché in

    modi diversi, entrambi tentano di rispondere alla medesima

  • Grazia Giannetto Pag. 80

    necessità: trovare il nodo cruciale che non permette la

    nascita di un figlio e tentare di risolverlo.

    Trovare una soluzione sembra essere davvero fondamentale

    anche perché il fatto di non riuscire ad avere figli, anche

    dopo breve tempo dal matrimonio o dall’inizio della

    convivenza, sembra coinvolgere non solo la donna e suo

    marito ma anche le due famiglie e, in certi casi, altre

    persone che si potrebbero collocare nella sfera degli amici o

    dei vicini. Il ruolo da essi giocato non è semplicemente

    quello di osservatori, ma di coprotagonisti della vicenda su

    un piano quasi paritario con la donna e suo marito. Le

    modalità della partecipazione variano molto, a seconda dei

    paesi e del modo in cui, in essi, si affronta e si percepisce

    l’evento della nascita, ma anche nella forma più riservata

    essa si sente in maniera forte e chiara. Ciò mi permette di

  • Grazia Giannetto Pag. 81

    fare due osservazioni: la prima è l’esistenza di un forte

    controllo sociale della “comunità” sull’individuo. Un

    problema biologico, strettamente legato al corpo di uno o,

    al limite, due individui, diviene argomento di discussione e

    di preoccupazione per tutto il gruppo a cui essi

    appartengono. Il corpo dell’individuo22 è parte della

    comunità, e da essa viene controllato e gestito, in maniera

    che porti ad essa beneficio. Tale beneficio è un nuovo

    membro del gruppo che ne aumenta la grandezza e dunque

    la forza e ne permette così la sopravvivenza. I meccanismi e

    le strategie di ogni gruppo etnico sono volte a combattere la

    sterilità e/o la mortalità perinatale, non sarebbero dunque

    indice di un desiderio individuale di genitorialità, ma di un

    desiderio-bisogno collettivo di sopravvivenza.

    22 Per un maggiore approfondimento del ruolo del corpo della donna a livello sociale

    propongo Martin E., The woman in the Body, Open University Press, Buckingham,

    1993

  • Grazia Giannetto Pag. 82

    La seconda riguarda l’esistenza di un legame estremamente

    stretto tra vita individuale e vita sociale. Raramente le

    donne straniere fatto riferimento soltanto a se stesse, ai

    propri vissuti o ai propri desideri. La partecipazione di

    sorelle, madri, mariti, amici, è sempre menzionata e gioca

    un ruolo spesso fondamentale.

    3.2 Il gruppo femminile.

    Le modalità di concettualizzazione e gestione della nascita

    hanno, proprio perché si tratta di un evento bio-sociale23,

    legami molto stretti con la definizione di femminilità e con

    il ruolo che le donne in quanto procreatrici assumono

    all’interno di una società. Tali legami sono di dipendenza e

    influenza reciproca:

    23 Oakley A., “Il parto: un evento biosociale” in AA.VV., Le culture del parto,

    Feltrinelli, Milano, 1985, pp. 3-12

  • Grazia Giannetto Pag. 83

    il fatto che la gestione della nascita sia o meno lasciata nelle

    mani delle donne dipende dalla loro posizione nella società

    e dalla divisione dei ruoli di genere. La nascita inoltre può

    essere pensata come un evento naturale, che le donne sanno

    gestire perché riguarda il loro corpo, o come un evento

    straordinario da curare e controllare con altri mezzi.

    Spesso le donne riscontrano, rispetto al ruolo femminile

    nella gestione della maternità, delle differenze tra la loro

    società di origine e la società italiana. E’ importante, però,

    ricordare che la percezione di una differenza può dipendere

    dal fatto di trovarsi lontane dal contesto familiare; il ricordo

    dei ruoli di aiuto e assistenza assunti da persone

    affettivamente importanti può essere distorto dalla

    lontananza nel tempo e nello spazio. Tuttavia l’esistenza di

    tali differenze nella gestione della maternità potrebbe essere

  • Grazia Giannetto Pag. 84

    indicativa di un legame tra la gestione pratica del parto e un

    più ampio ordine sociale e quindi le istituzioni che esistono

    in una società e che variano al variare di essa.

    La prima osservazione riguarda la famiglia allargata in

    confronto a quella nucleare. Si tratta di una differenza, tra

    società africane e società italiana, che viene notata da quasi

    tutte le donne provenienti da paesi dell’Africa, e che

    sembrano trovare nella società italiana una forte mancanza

    di relazioni familiari e di solidarietà.

    L’analisi della società italiana che si estrae da queste

    concezioni, tuttavia, pare dipendere non tanto da

    un’osservazione della realtà oggettiva, quanto dal loro

    vissuto di donne immigrate spesso da sole o, al più, con la

    famiglia ristretta. Nella società italiana forse non è così

  • Grazia Giannetto Pag. 85

    diffusa la condizione di solitudine per le neo madri poiché

    esse hanno normalmente accanto a sé i propri familiari.

    La percezione di una tale differenza forse dipende più

    semplicemente dal fatto di vivere in una condizione

    particolare (quella di immigrazione) in cui la famiglia in

    senso lato è forzatamente lontana, e soprattutto in cui la

    figura materna può essere mitizzata a causa della

    lontananza. Sicuramente il passaggio che è avvenuto nella

    nostra società, da una tipologia di istituzione e di

    convivenza familiare ampia alla famiglia nucleare, ha

    influito enormemente sia sulle condizioni di vita in generale

    sia sulla tipologia di assistenza che viene fornita ad una

    donna in gravidanza e dopo la nascita del bambino. Con la

    medicalizzazione del parto ad essa è stata data una forma

    più impersonale, ma allo stesso tempo ad uguali condizioni

  • Grazia Giannetto Pag. 86

    per tutte le donne (Ranisio, 1996)24. Il tipo di assistenza

    (intesa non solo in senso fisico, ma anche in senso

    psicologico e morale) esistente può dunque dire molto

    sull’organizzazione di una società e sulle caratteristiche che

    essa assume rispetto ai rapporti tra gli individui. Le donne

    straniere parlando di maternità mettono subito l’accento

    sull’importanza dell’aspetto sociale. Questo forse dipende

    dal fatto che in Italia molte di loro abbiano sofferto

    particolarmente la solitudine, forse dal fatto che i contesti in

    cui sono vissute gli abbiano trasmesso l’uguale importanza

    dei due aspetti della nascita.

    Tale percezione dipende anche dal fatto che le persone

    “esperte” della nascita non appartengono ad una categoria

    ristretta di persone,

    24 Ranisio G., Venire al mondo. Credenze, pratiche e rituali del parto, Meltemi Editore, Roma, 1996

  • Grazia Giannetto Pag. 87

    come può essere una categoria professionale, ma sono, in

    generale, tutte le donne che hanno già avuto figli. Non

    sempre l’intero percorso della nascita, dalla gravidanza ai

    primi mesi del bambino, è seguito esclusivamente dalle

    parenti appartenenti al sesso femminile. Dalle parole delle

    donne straniere tuttavia affiora l’idea di un “sapere

    femminile”25, che persiste nonostante la medicina e che

    influenza notevolmente il modo di agire della futura (o neo)

    madre.

    Ciò che qui preme sottolineare è l’importanza della

    presenza di un gruppo di donne che fa da punto di

    riferimento per ogni esigenza e che spesso si sostituisce alla

    mamma nella cura del bambino. Il ruolo assunto dagli

    uomini e in particolare dal marito è passivo.

    25 Sbisà M., “Parlando di parto. Vissuti e saperi nei discorsi delle donne”, in Sbisà M., Come sapere il parto. Storia, scenari, linguaggi, Rosenberg & Sellier, Torino,

    1992, pp.185-237

  • Grazia Giannetto Pag. 88

    Vi è una totale assenza della parte maschile della famiglia

    nella gestione pratica della maternità; la mamma e il

    neonato sono presi in carico dalle altre donne, anche perché

    gli uomini sono esclusi dalle conoscenze necessarie, che si

    tramandano di donna in donna. Questa esclusione degli

    uomini dalla scena del parto è strettamente legata al

    contesto dei paesi di origine. Altre posizioni emergono

    quando si affronta l’argomento della maternità in Italia,

    dove, almeno dal punto di vista delle donne, l’uomo assume

    un diverso ruolo nella nascita e nella crescita dei bambini.

    Tuttavia, il fatto che le donne abbiano il potere di decisione

    su tutto ciò che riguarda questo momento della vita è molto

    significativo, perché dà loro un ruolo fondamentale

    all’interno della società. Esso è spesso considerato meno

    appariscente di quello maschile, poiché è maschile il punto

  • Grazia Giannetto Pag. 89

    di vista da cui si osserva la divisione dei ruoli all’interno

    della società, ma forse è, nella sostanza, altrettanto

    importante.

    3.3 Modificazioni dei ruoli di genere

    La prime modificazioni toccano i ruoli di genere. Le

    migrazioni hanno contribuito in modo sostanziale ai

    processi di mutamento che si possono dividere in tre

    gruppi:

    - Trasformazioni nei paesi di emigrazione

    - Trasformazioni soggettive nei paesi di immigrazione

    - Trasformazioni nelle società di arrivo

    I numerosi spostamenti individuali, se sommati tra loro,

    creano enormi trasformazioni collettive anche nei paesi di

    emigrazione. L'enfasi posta sull'immigrazione nel nostro

  • Grazia Giannetto Pag. 90

    paese ci fa spesso dimenticare che probabilmente il

    maggior cambiamento si è prodotto prima della partenza.

    L’antropologa mostra due fattori importanti che incidono

    direttamente sull’emigrazione femminile: l’aumento di

    autonomia delle donne e l’aggravamento delle crisi

    economiche, climatiche o sociali.

    Nel primo elemento rientrano le modificazioni che si stanno

    verificando per ciò che riguarda le relazioni coniugali e

    familiari, l’accesso delle donne alla formazione, alla

    politica, al lavoro26. Non bisogna pensare, infatti, che le

    società di emigrazione siano statiche, senza processi sociali

    di cambiamento in atto. Si tratta, invece, per lo più, di

    società dove processi e trasformazioni di ordine storico,

    26 Grasso M., Donne senza confini, L’Harmattan Italia, Torino, 1994

  • Grazia Giannetto Pag. 91

    geo-politico e sociale si stanno verificando da sempre, ma

    ultimamente, forse, con maggiore rapidità. Soprattutto si

    tratta di paesi e persone che sono, ormai da secoli, legati ai

    paesi europei da rapporti di forza e di subordinazione. Tali

    contatti e legami hanno chiaramente determinato

    trasformazioni importanti ad ogni livello della vita e delle

    istituzioni sociali.

    I cambiamenti coinvolgono anche i ruoli di genere e

    l’identità della donna che vanno lentamente trasformandosi,

    con ritmi diversi a seconda dei contesti.

    Il secondo gruppo di fattori potrebbe definirsi almeno in

    parte come la conseguenza di questi trasformazioni. In

    Africa, in particolare dopo il raggiungimento

    dell’indipendenza, molti paesi si sono trovati in situazioni

    di crisi che hanno assunto un carattere strutturale. Si tratta

  • Grazia Giannetto Pag. 92

    di contesti molto diversi tra loro, che non è possibile

    analizzare qui; tuttavia l’impoverimento, la mancanza di

    lavoro e di sostentamento e i conflitti permanenti hanno

    sicuramente un ruolo importante tra le cause delle

    emigrazioni (Ramírez 2000)27. Per ciò che concerne

    l’autonomia della donna, l’accettazione delle migrazioni

    individuali femminili è indizio di un grande mutamento,

    perché fino a poco tempo fa i movimenti migratori delle

    donne erano determinati solo da circostanze familiari e

    coniugali. L’emigrazione di una donna sola è indice di una

    forte emancipazione, poiché può rappresentare, in alcuni

    casi e in determinati contesti, una scelta non tradizionale. Il

    fatto che una donna sola scelga di emigrare comporta,

    ancora in molt