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1° Assemblea Diocesana Missionaria - 6 ottobre 2007 Presentazione dell’itinerario di formazione annuale per le C.M.D. e parrocchiali Relatore: don Alberto Bruzzolo Don Gianni Cesena introduce i lavori Il tema del sussidio di formazione per il nuovo anno è legato al percorso pastorale dell’anno: nel primo anno del percorso la pastorale diocesana ha evidenziato il tema della famiglia, cercando di osservare la vita concreta delle famiglie esistenti sul nostro territorio e, partendo dal brano di Cana (Gv 2), ha riflettuto sull’identità delle famiglie stesse, sul loro cammino, sull’accoglienza della Parola di Dio al loro interno, sul loro itinerario di fede. Quest’anno il tema è quello di consegnare la fede alle giovani generazioni, non solo sotto la forma della consapevolezza astratta, ma della vita concreta. La consegna dell’amore è la struttura essenziale del nostro testo di formazione. Il tema della “traditio fidei” segna l’itinerario della fede di chi viene al Battesimo e di chi, confermando il Battesimo, restituisce la professione di fede alla comunità: è su questo che ci siamo incamminati perché la missione della Chiesa altro non è che un’operazione di trasmissione della fede, la fede vissuta che viene offerta ad altri perché l’accolgano e la vivano. Una pagina del testo annuale dell’Arcivescovo sottolinea una nota di stile attorno ai termini accoglienza, ascolto, condivisione” che “sono il frutto e il segno dell’amore, l’unica autentica e credibile via della missione. Siamo tutti chiamati ad amare e a far amare la verità e il bene, non invece a giudicare e a condannare. Soprattutto verso chi erra e pecca, siamo chiamati ad un amore più grande, che solo può racchiudere in sé l’appello limpido e forte a riconoscere il vero e il bene e insieme la sollecitudine misericordiosa verso ogni persona. In questo senso Paolo ci invita a non entrare mai nel giudizio delle coscienze: «Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni» (Rm 14,1). Accoglienza, ascolto e condivisione, però, non sono tutto. Proprio grazie all’amore un campo sconfinato si spalanca davanti ai discepoli e testimoni di Cristo. Occorre andare alla ricerca di tutti, nessuno escluso, secondo l’esplicita consegna di Gesù: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» ( Mc 16,15). Il mondo e i confini della terra non dicono semplicemente uno spazio territoriale, ma indicano un contesto umano, fatto di persone, di famiglie, di comunità e di popoli. È un mondo che da alcuni decenni ci viene incontro anche attraverso il fenomeno migratorio. Questo non ci solleva dalla necessità di partire per annunciare il Vangelo nei cinque continenti, ma ci chiede comunque di uscire da alcune inveterate abitudini, da certi linguaggi consunti, da quegli inconsci pregiudizi che vorrebbero costringere lo Spirito in limiti che non possono certo contenerlo”. In questa pagina vi sono due sollecitazioni interessanti riferite allo stile dell’accoglienza: l’ascolto e la condivisione I nostri missionari, costantemente con il loro partire, con l’impegno di inculturazione, di riflessione con le comunità locali, ci indicano lo stile e dicono alle nostre comunità come questo stile s’incarni. L’altro aspetto è quello dell’unica missione, non legata al territorio ma all’essere umano: certamente i territori ci interpellano in maniera diversificata; partendo per altri popoli si comprende anche che cosa sia la missione tra noi. 1

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1° Assemblea Diocesana Missionaria - 6 ottobre 2007Presentazione dell’itinerario di formazione annuale per le C.M.D. e parrocchiali

Relatore: don Alberto Bruzzolo

Don Gianni Cesena introduce i lavoriIl tema del sussidio di formazione per il nuovo anno è legato al percorso pastoraledell’anno: nel primo anno del percorso la pastorale diocesana ha evidenziato il tema dellafamiglia, cercando di osservare la vita concreta delle famiglie esistenti sul nostro territorioe, partendo dal brano di Cana (Gv 2), ha riflettuto sull’identità delle famiglie stesse, sul lorocammino, sull’accoglienza della Parola di Dio al loro interno, sul loro itinerario di fede.Quest’anno il tema è quello di consegnare la fede alle giovani generazioni, non solo sottola forma della consapevolezza astratta, ma della vita concreta. La consegna dell’amore èla struttura essenziale del nostro testo di formazione. Il tema della “traditio fidei” segna l’itinerario della fede di chi viene al Battesimo e di chi,confermando il Battesimo, restituisce la professione di fede alla comunità: è su questo checi siamo incamminati perché la missione della Chiesa altro non è che un’operazione ditrasmissione della fede, la fede vissuta che viene offerta ad altri perché l’accolgano e lavivano.

Una pagina del testo annuale dell’Arcivescovo sottolinea una nota di stile attorno ai termini“accoglienza, ascolto, condivisione” che “sono il frutto e il segno dell’amore, l’unica autentica ecredibile via della missione. Siamo tutti chiamati ad amare e a far amare la verità e il bene, noninvece a giudicare e a condannare. Soprattutto verso chi erra e pecca, siamo chiamati ad unamore più grande, che solo può racchiudere in sé l’appello limpido e forte a riconoscere il vero e ilbene e insieme la sollecitudine misericordiosa verso ogni persona. In questo senso Paolo ci invitaa non entrare mai nel giudizio delle coscienze: «Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senzadiscuterne le esitazioni» (Rm 14,1). Accoglienza, ascolto e condivisione, però, non sono tutto.Proprio grazie all’amore un campo sconfinato si spalanca davanti ai discepoli e testimoni di Cristo.Occorre andare alla ricerca di tutti, nessuno escluso, secondo l’esplicita consegna di Gesù:«Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Il mondo e i confinidella terra non dicono semplicemente uno spazio territoriale, ma indicano un contesto umano, fattodi persone, di famiglie, di comunità e di popoli. È un mondo che da alcuni decenni ci viene incontroanche attraverso il fenomeno migratorio. Questo non ci solleva dalla necessità di partire perannunciare il Vangelo nei cinque continenti, ma ci chiede comunque di uscire da alcune inveterateabitudini, da certi linguaggi consunti, da quegli inconsci pregiudizi che vorrebbero costringere loSpirito in limiti che non possono certo contenerlo”.

In questa pagina vi sono due sollecitazioni interessanti riferite allo stile dell’accoglienza:l’ascolto e la condivisioneI nostri missionari, costantemente con il loro partire, con l’impegno di inculturazione, diriflessione con le comunità locali, ci indicano lo stile e dicono alle nostre comunità comequesto stile s’incarni.L’altro aspetto è quello dell’unica missione, non legata al territorio ma all’essere umano:certamente i territori ci interpellano in maniera diversificata; partendo per altri popoli sicomprende anche che cosa sia la missione tra noi.

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Don Alberto Bruzzolo, fino a poco tempo fa parroco della parrocchia Pentecoste di QuartoOggiaro, sta frequentando il CUM di Verona per prepararsi alla partenza per il Perù, comefidei donum. A lui spetta il compito di presentare il sussidio annuale che ha elaborato incollaborazione con Marta e Marco Ragaini con i quali ha avuto l’opportunità di vivere seianni di fraternità comunitaria.

Don Alberto BruzzoloPoiché sono in attesa di partire per il Perù, l’esperienza che sto per illustrare continueràcon il mio successore, don Ambrogio Basilico proveniente dal decanato di Rozzano.Marta e Marco venivano da una precedente esperienza di sei anni di missione in Ciaddove condividevano, prima con don Aldo Farina F.D. della Diocesi di Milano, poi con donFrancesco Guarguaglini F.D. della Diocesi di Piombino, la responsabilità di una parrocchiadi N’Djamena, capitale dello stato. Dopo due anni di parroco alla “Pentecoste”, desideravo sperimentare una forma dicorresponsabilità in parrocchia con una famiglia. La Diocesi mi ha fatto incontrare Marco eMarta rientrati dal Ciad, che avevano dato la disponibilità per un’esperienza analoga aquella vissuta in missione. Dopo qualche mese di colloqui tra di noi, di confronto con il Consiglio Pastorale e con ilVicario Generale abbiamo dato vita a questa nuova forma di conduzione parrocchiale. A Quarto Oggiaro vi sono cinque parrocchie, la nostra è l’ultima nata, ufficialmente haventuno anni, anche se il mio predecessore, don Sandro Sozzi, ne ha anticipato l’attivitàper alcuni anni. La parrocchia di Pentecoste è in forte crescita; in cinque anni da 4500 abitanti, tutti in casepopolari, ha raggiunto il numero di 8000 persone. Sono stati costruiti 1500 nuoviappartamenti di edilizia residenziale e, nonostante tutto, siamo ancora senza chiesa.Siamo ubicati, in affitto, in una ex scuola materna del Comune di Milano, dove la famigliaRagaini ha trovato casa e tuttora fa da chiesa, mentre i parroci hanno ed hanno avuto lacanonica in un appartamento di una casa popolare dietro la chiesa. Abbiamo condiviso momenti quotidiani di preghiera, confronto con la Parola di Dio, unavolta la settimana ci siamo trovati per la lectio del brano evangelico della domenicasuccessiva; abbiamo dedicato una mattinata al mese alla verifica e alla programmazionedell’attività pastorale. Nel corso degli anni si sono precisati i ruoli della famiglia, non abbiamo voluto stabilirli inpartenza, perché abbiamo puntato sulla fraternità e sulla condivisione dei pasti: i ruoli sonosempre stati discussi e decisi con il Consiglio Pastorale e con gli altri Operatori dellaparrocchia. Ora Marta e Marco seguono la preparazione delle coppie che chiedono il Battesimo per ifigli, coordinano 10 gruppi di lettura del Vangelo nelle case, sono impegnati nei Consigli diclasse e interclasse della scuola elementare del quartiere frequentata dai figli. Marco, inmodo particolare, segue un gruppo di giovani lavoratori e, successivamente allospostamento della suora che si occupava della pastorale giovanile, s’interessa con Martadella formazione degli educatori e, soprattutto continuano a vivere un ministero diospitalità quotidiana nella loro casa. Un episodio curioso, che caratterizza la loro vita di coppia e di famiglia, è quello accadutopoco prima dello scorso Natale. Alcuni Rom rumeni, accampati in maniera abbastanzaconfusa dietro alla parrocchia, furono invitati a pranzo da Marco e Marta che avevanointrecciato una relazione amichevole con loro, che spesso si recavano ad attingere l’acquaal rubinetto del cortile parrocchiale. Anch’io mi unii al gruppo, quando due zelanti giovanisignore, notando le borse zeppe di cianfrusaglie abbandonate nell’atrio della parrocchia, siavvicinarono alla finestra per avvertire di fare attenzione agli zingari. Marco e Marta

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candidamente risposero che gli stessi erano loro ospiti e lasciarono stupefatte le gentilisignore. Questo fatto mette in risalto il ministero di accoglienza imparato in Africa e checontinua ad essere praticato. Questo è il contesto in cui sono nate le schede del sussidio. Il vantaggio è che raccontanoil vissuto di me parroco, che visita le famiglie della parrocchia per tutto l’anno per tre giorniogni settimana, e di una famiglia che vive gli stessi ritmi di ogni normale famiglia: Marco eMarta hanno un loro lavoro, seguono i figli, non sono “professionisti” della pastorale. Losvantaggio è che le esperienze raccontate non sono esportabili ovunque, perché lesituazioni della nostra Diocesi sono diversificate, risentono dei limiti di tempo e di luogo.

Per quanto riguarda i contenuti abbiamo cercato di immaginare i passaggi concreti che ungenitore, un adulto in genere si trova a fare nel momento in cui decide di trasmetterequalcosa della propria esperienza di fede, filo rosso che collega le cinque schedecontenute nel libro e che potranno essere utili per l’animazione dei gruppi missionari.

Prima scheda.Anzitutto per un genitore, ma penso per ogni educatore, trasmettere la vita e trasmetterela fede sono due atti naturalmente ed intimamente connessi: la fede cristiana è un modo divivere la vita e la vita è custodita, riscattata, esaltata, resa gustosa dalla fede. Questo valeper una famiglia, ma anche per chiunque desideri annunciare il Vangelo di Gesù. Ancheio, che andrò in America Latina, non potrò disgiungere l’annuncio del Vangelo dal riscattodella vita dei più poveri tra il popolo. Le Chiese latinoamericane, dal dopo Concilio, hannofatto la scelta preferenziale per i poveri, proprio perché di fronte ai drammi di quei popolinon potevano separare testimonianza della fede e trasmissione della vita, di una vita pienae degna, possibilmente, per tutti. Anche l’ultima assemblea dei Vescovi latinoamericani,svoltasi presso il Santuario Mariano di Aparecida in Brasile dal 13 al 31 maggio, haribadito la scelta preferenziale per i poveri sostenuta molto decisamente dalle parole diBenedetto XVI. Questa è la caratteristica della trasmissione della fede.

Seconda scheda.Un genitore, quando desidera comunicare un’esperienza di fede ai figli, deve esprimersiusando il loro linguaggio, poiché l’educatore vive l’esperienza dell’alterità, in quanto ilfiglio, il ragazzo, il giovane, l’adolescente, l’adulto a cui si rivolge è un’altra persona cheparla ed agisce diversamente. In generale chiunque desideri testimoniare la fede devefare la fatica di adattare il linguaggio evangelico a quello degli uomini che è anche ilproprio linguaggio, perché nella comunicazione possono crearsi fraintendimenti dovuti ailimiti e alle incoerenze personali. Esiste anche una irriducibilità del Vangelo ad ognilinguaggio umano: c’è un’alterità tra il Vangelo e noi uomini, i nostri linguaggi e le nostrementalità. Un esempio tipico ci viene offerto dalla frase evangelica «Ama il tuo nemico»,ed è un linguaggio duro a capirsi in ogni cultura, lingua e nazione. A Verona, presso il CUM, condivido con altri la preoccupazione di imparare la lingua localein preparazione alla partenza: ognuno di noi è conscio che dietro ad ogni lingua c’è unacultura, un modo di vivere, un modo di rapportarsi a Dio diverso dal nostro e, per farel’esperienza dell’alterità, dell’essere stranieri, è importante ascoltare, pazientare, stareimmersi quotidianamente nella vita della gente. Questo faticoso lavoro non spetta solo achi parte, ma anche a chi resta; è sempre necessario imparare il linguaggio dei giovani,delle compagnie che si trovano in strada, il linguaggio degli immigrati, degli adulti e deipoveri, poiché i mondi diversi sono anche fra noi.

Terza Scheda.Lasciarsi mettere in crisi nella propria identità di fede: ogni educatore, ogni genitore sa cheil bello e il difficile dell’atto di educare è quello di lasciarsi provocare da ciò che l’altro

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rimanda nell’esperienza che si cerca di comunicare; alcune volte l’altro potrà contestare,allora si dovrà saper rendere ragione di quello in cui si dice di credere, altre volteverranno rinfacciate le incoerenze, si proverà fastidio, rabbia, però si potrà anche lasciarsicorreggere e accogliere il richiamo all’incoerenza. Posso tranquillamente confermare che il mio modo di essere credente si è andatomodificando in questi vent’anni di ministero presbiterale; fare il prete a S. Rocco di Monza,a S. Nicolò di Lecco, a Pentecoste di Quarto Oggiaro, rimanendo immerso nella vita dellagente nella Chiesa locale, mi ha reso più misericordioso, più comprensivo, ho conosciutomeglio Gesù: si dà e si riceve, si educa e si è educati, si evangelizza e si è evangelizzati,la scuola migliore è quella dei poveri.

Quarta e quinta scheda.Queste due ultime schede sono simili, anche se affrontano due ambiti diversi; individuanodue gruppi di luoghi dove si esprime l’attitudine della famiglia a trasmettere la fede: lacomunità cristiana e gli ambienti di vita. Il primo servizio alla Chiesa che fa una famiglia è quello di vivere bene la propria vita difamiglia: educare i figli e avere buoni rapporti con il vicinato. Il servizio alla parrocchia nonsi misura con le ore trascorse in sacrestia o nell’aula di catechismo, può darsi che unafamiglia non venga mai in parrocchia, però sappia educare bene i figli, ed è già tanto sefrequenta la Messa domenicale. Sul versante degli ambienti possiamo constatare che spesso non sono valorizzati nellenostre comunità: la mia breve esperienza di assistente alla GIOC (Gioventù OperaiaCristiana) mi ha permesso di incontrare gruppi giovanili, oratoriali o gruppi di adulti, chenon si erano mai espressi in merito alla loro esperienza di lavoro o dell’impegnopartecipativo nella scuola pubblica e, nella mia stessa parrocchia, l’ho sperimentato loscorso anno. Cito un breve episodio: finito il ciclo “istituzionale” del corso di preparazione al Sacramentodel matrimonio, le coppie chiesero di ritrovarsi ancora per discutere sul rapporto lavoro-famiglia, lavoro-vita di coppia. L’incontro fu talmente interessante, partecipato e animatoche nessuno si accorse del tempo che passava veloce, tanto era forte il bisogno e ilpiacere di raccontare esperienze di lavoro, di coppia, di vita nel quartiere e di come vivereil tutto da cristiani, mentre ai precedenti incontri si percepiva una certa premura dirincasare. Alla fine tutti confessarono che nel loro normale percorso giovanile oratoriano(provenivano da varie parrocchie di Milano e dell’hinterland) non avevano mai avutol’occasione di parlare di lavoro e tanto meno di sapere che c’è un modo cristiano di viverlo,che esiste una dottrina sociale della Chiesa che parla lungamente di questo. È importantefocalizzare l’attenzione su questi ambiti.

La struttura delle schede ha preso forma nel contesto della fraternità missionaria in cui ènata; ci è parso utile poter comunicare la diversità e la complementarietà delle duevocazioni, quella presbiterale, celibataria e quella matrimoniale, che insieme cercano dicrescere, di valorizzarsi e di mettersi al servizio della comunità parrocchiale. Abbiamo sperimentato una grande ricchezza nella disponibilità a mettere insieme le duevocazioni e a farle reagire: in ogni scheda è nata l’idea di far precedere al brano biblico eal suo commento, due racconti, uno riguardante la famiglia “aperta”, l’altro l’esperienza diun prete che visita le famiglie.Abbiamo constatato che la famiglia e il parroco spesso entrano in contatto con mondidiversi e abbiamo verificato che questo ha aiutato la parrocchia stessa a moltiplicare le retidi buone relazioni, che fanno la ricchezza di una Chiesa e di un quartiere. Ogni scheda è corredata da domande che possono sollecitare la discussione e il confrontonel gruppo missionario.

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Dato che non mi sono stancato di vivere in fraternità la corresponsabilità missionaria, anzine vedo tutta la potenzialità, proprio in ordine alla testimonianza del Vangelo, ho chiestoalla Diocesi di continuare anche in Perù questo modo di fare missione.Il prossimo 30 Novembre partirò con una giovane coppia, Clara e Simone di Valbrona: inquesti mesi ci siamo incontrati, abbiamo fatto una percorso formativo sull’immagine diChiesa, sul modello missionario, sull’uso dei soldi e anche sul modo di affrontare i conflitti.Chiedo una preghiera per noi e in particolar modo per Francesco, che vedrà la luce nelprossimo mese di Marzo, anche lui sarà veicolo sicuro per incontrare la gente, per sentirciamati e per amare, per portare il Vangelo soprattutto ai più poveri.

InterventiGiovannaFaccio parte della Commissione missionaria della parrocchia dei S. Nereo e Achilleo.Mentre ringrazio il relatore per gli spunti suggeriti, ho qualche remora in merito allatrasmissione della fede in famiglia quando dice che non è necessario che questa svolga ilproprio servizio in parrocchia, ma è sufficiente che frequenti la Messa domenicale. Se lacosa si ferma qui, mi sembra riduttiva; dove porre la formazione, la catechesi se lapartecipazione si riduce alla Messa festiva? Penso che la fede non venga alimentata.

LidiaForte della sua esperienza con la famiglia missionaria in Italia, io avrei voluto fareun’esperienza con una famiglia peruviana. Ero in Africa, avrei fatto un’esperienza con unafamiglia africana cristiana, che è molto diversa; lì s’incontrano altre culture dovel’educazione dei figli, la famiglia, allargata ai nonni e ai bisnonni, pongono altre difficoltà.

AnnamariaIn Brasile, dove ho operato, la pastorale da lei presentata è chiamata missionaria. I centrimissionari a livello di continente non esistono ancora, anche se nei Convegni si comincia aparlarne. Nella parrocchia che amministravo esiste la pastorale della visita, che non è altroche la pastorale missionaria: la parrocchia è il centro, il parroco, la suora e gli agenti dipastorale vanno dal cuore alla periferia a visitare le famiglie e, in queste, spesso nasce ildesiderio e la gioia di conoscere la parrocchia che si rivela accogliente e cambia ilrapporto con la famiglia stessa.

Suor DanielaUltimamente, parlando con un sacerdote del mio decanato, mi veniva detto che all’internodei quartieri, dei caseggiati, sarebbe auspicabile una figura di laico capace di legare con laparrocchia, di tessere delle relazioni. Perché non formare gente di questo tipo? Tu che haivissuto questa esperienza come immagini tale figura, la ritieni utile? Riguardo allaricchezza delle due vocazioni al servizio della comunità, non vedi la possibilità dellapresenza di un terzo tipo di vocazione quale quella della vita religiosa?

StellaAppartengo al decanato di Erba, ma arrivo dalla parrocchia di S. Lucia, Quarto Oggiaro. Miè piaciuta molto l’esperienza presentata, perché è sorta nel quartiere in cui sono nata;spesso lei ha parlato dell’importanza del Consiglio Pastorale, che è stato un agente vivo inquesta scelta, ma l’impatto sulla vita parrocchiale e sulle famiglie come è stato? Mipiacerebbe sapere come è stata vissuta questa novità.

Osvaldo

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Desidero fare una considerazione. Ho appreso oggi che don Gianni andrà a Roma, devoammettere che il sentimento che provo, non è di vera contentezza, perché quando gliamici non sono più fisicamente presenti lasciano un vuoto, ma certamente di grandeserenità, nel senso che finalmente la nostra Chiesa ambrosiana dona alle altre Chieseforze significative: ringrazio lo Spirito e chi lo Spirito lo ascolta e ha il ministero di guidarci.

Risposte di don Alberto BruzzoloPenso che il Cardinale abbia dimostrato un grande coraggio: dodici preti ordinati, dodicipreti inviati in missione, più un folto gruppo di laici che partirà. Mi devo associareall’annotazione di Osvaldo, penso sia un bel segno della nostra Chiesa.

Circa il discorso della Messa domenicale, è chiaro che l’affermazione voleva essereprovocatoria, però sono sempre più convinto, come parroco, che i percorsi della vita dellepersone, delle famiglie nei nostri territori, sono a volte molto difficili e faticosi nella gestioneconcreta del tempo, degli spostamenti, dei figli da affidare a qualcuno, dell’esigenza di duestipendi; ho recuperato molto l’immagine dell’essenziale del cristiano, ma chi è il cristiano?È colui che, partendo dalla comunione con il Signore Gesù e con gli altri fratelli e sorellenella fede, esce di lì e testimonia la sua fede nel mondo. Certo se uno ha la possibilità, leoccasioni, il desiderio e il tempo di fare un percorso formativo più approfondito, diassumere un impegno in parrocchia è tanta grazia, però il cristiano non è da considerarsisolo quello impegnato, soprattutto è chi vive la propria fede facendo comunione con ilSignore Gesù e vivendola nel mondo. Non mi pare che l’Eucaristia domenicale sia ilminimo richiesto, se mai il massimo; intanto una volta la settimana il cristiano ha unincontro in cui prega, ascolta la Parola di Dio, si trova con gli altri, fa vita di fraternità edialoga con i fratelli, si risolleva un po’ dalle fatiche settimanali, cosa che difficilmenteavviene fuori dai nostri ambienti ecclesiali.

Accolgo il suggerimento di Lidia anche se avviare a distanza un’esperienza di fraternitàcon una famiglia peruviana mi pare per ora francamente impossibile. In seguito si vedrà,anche con il ministero di Clara e Simone e del loro piccolo Francesco che nascerà in Perù.Simone, Clara ed io ci stiamo invece ponendo la questione sul versante del rapporto con ipreti peruviani e gli operatori pastorali locali che incontreremo. Certamente cercheremo diintegrarci, di collaborare corresponsabilmente, nella certezza che siamo tutti servitori inutilinella vigna del Signore.

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