Relativismo e Nuovi Paradigmi Filosofici in “Xxi Secolo” – Treccani

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    RELATIVISMO E NUOVI

    PARADIGMI FILOSOFICIXXI Secolo (2009)

    di Aldo Giorgio Gargani

    Relativismo e nuovi paradigmi filosofici

    Premessa

    Il relativismo si originato nella cultura del continente europeo, ma oggi, allinizio del 21

    sec., esso costituisce uno dei temi prevalentemente discussi e approfonditi nella cultura

    anglofona, laddove risulta pi marginale nella letteratura filosofica continentale. Inoltre,

    spesso il relativismo costituisce un argomento di discussione indotto direttamente dai

    grandi mutamenti sociali e culturali prodotti dalla globalizzazione e dalle correnti

    migratorie delle etnie, senza per ricevere unadeguata trattazione sul piano concettuale.

    Queste circostanze pongono in luce il fatto paradossale che sovente nel dibattito

    culturale europeo il relativismo una tesi o una tendenza senza un soggetto, ossia senza

    un autore o fautore che lo asserisca, che lo argomenti, risultando invece un termine di

    riferimento passivo, descritto, agito e parlato dagli altri, da tutti fuorch da sstesso,senza per cos dire unagenzia autonoma e indipendente. Di conseguenza il relativismo

    frequentemente risulta essere ci che gli altri lo fanno essere, anzich costituire la

    descrizione di s stesso, della propria identit.

    Relativismo: principio di relazionalit e razionalit scettica

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    Questa situazione anomala e quantomeno peculiare responsabile della circostanza che

    si mettano sotto un medesimo cappello cose assai differenti. Cose assai differenti sono

    infatti, da un lato, il relativismo quale concezione che riferisce lassetto di una

    costellazione di saperi e di valori a una struttura concettuale e teorica di riferimento o a

    una forma antropologica di vita (Lebensform, form of life) e, dallaltro lato, il relativismo

    quale concezione che livella ed eguaglia tutte le culture e tutti i valori considerandolialtrettanto validi e buoni. Secondo questultimo criterio, il relativismo scivola verso forme

    di scetticismo dalle quali il primo aspetto risulta immune. Infatti, come stato osservato

    da Hilary Putnam, se diciamo che ogni cultura altrettanto buona di unaltra, non stiamo

    definendo il valore buono, ma lo stiamo semplicemente distruggendo (Putnam 2002;

    trad. it. 2004).

    Di ben altra forza fornito il primo criterio. Anzitutto esso affonda le proprie radici e lapropria giustificazione nella cultura scientifica, fisico-matematica, pi avanzata che ci ha

    resi consapevoli della circostanza che qualsiasi enunciato scientifico non legge la Natura

    o non corrisponde in isolamento alla Natura in termini di diretta trasparenza, bens

    soltanto nel contesto relativo a una struttura teorica e sperimentale. Per fare solo un

    esempio, la nozione di simultaneitper s stessa priva di senso se non viene

    relativizzata a un sistema di riferimento teorico, quale pu essere la concezione dello

    spazio e del tempo assoluti di Isaac Newton oppure la teoria della relativit ristretta diAlbert Einstein.

    Relativismoin questa accezione indica un fattore di relazionalit, e non un fenomeno di

    scetticismo oppure di nichilismo teorico. Esso ha una vasta gamma di applicazioni se

    consideriamo che il principio di composizionalit nella teoria semantica introdotta da

    Gottlob Frege nelle Grundlagen der Mathematik (1884) stabilisce che una parola ha

    significato soltanto nel contesto della proposizione, ossia relativamente a un contesto

    organizzato e coerente di espressioni. Questa relativizzazione risulta ulteriormente

    corroborata dalla consapevolezza che non esistono e non si danno dati osservativi

    neutrali posseduti alinguisticamente, come hanno messo in luce Ludwig Wittgenstein,

    Wilfrid Sellars, Norwood R. Hanson, e come, attraverso nuovi e ulteriori sviluppi teorici

    della filosofia postanalitica, hanno mostrato Richard Rorty (1998; trad. it. 2003), Thomas

    Kuhn (2000a, 2000b), Robert Brandom (2000; trad. it. 2002), Putnam (2002; trad. it.

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    2004), ribadendo lo slogan che i dati osservativi sono carichi di teoria (theory laden). La

    relativizzazione proposta in questa forma positiva e costruttiva trova unampia, decisiva

    estensione in alcuni recenti testi di fisica teorica nei quali la relativit in termini di

    relazione a un contesto costituisce la base di identificazione delle entit fisiche (Greene

    1999; trad. it. 2000).

    Concetti come massao forzatrovano la propria identit non in isolamento ma soltanto

    nel contesto di relazioni quali: forza=massaaccelerazione. Ancora: neutrini ed elettroni

    non sarebbero identificabili e pertanto risulterebbero indistinguibili se considerati al di

    fuori del contesto fisico di relazioni in cui sono implicati con le particelle di Hicks. Questa

    enfasi sul principio della relazione e del contesto allorigine del primato che la triade

    Leibniz-Mach-Einstein riporta oggi fra i fisici rispetto allassolutismo del binomio Newton-

    Kant.

    Il relativismo antropologico

    La relativizzazione dei concetti e delle teorie a un sistema di riferimento antropologico e

    socioculturale coinvolge un nuovo e differente statuto che risulta assegnato alle nozioni

    di verit e di certezza. Infatti, ricondotte a un contesto antropologico, a una forma di vita,

    a una comunit sociolinguistica, le regole dei vari saperi non sono pi norme formali e

    strutturali, astoriche e atemporali, ma manifestazioni dei modi di vita degli uomini.Regole dunque che non hanno un fondamento epistemologico, logico o semantico, ma

    che sono radicate nelle loro circostanze storiche, nelle istituzioni politiche, sociali,

    giuridiche, economiche e religiose che definiscono un modulo desistenza, come

    commentano Arnold Davidson e Frdric Gros (Michel Foucault. Philosophie, 2004, p. 14)

    a questo riguardo: perch un sapere,primadi essere vero o falso, esiste, ossia esso

    distribuisce, secondo modalit storiche (suscettibili di trasformazione) atteggiamenti

    soggettivi, regimi doggetto, configurazioni concettuali e informa condotte dazione. Inquesta specifica accezione il relativismo si riferisce a uno sfondo desistenza che

    precede e che condiziona le regole dei molteplici e differenti saperi un regime

    desistenza che non a sua volta vero o falso, ma che stabilisce le condizioni di

    possibilit del vero e del falso, ossia dischiudendo il gioco linguistico del vero e del falso.

    Questa matrice storico-antropologica ha mostrato un potere crescente di penetrazione

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    nelle scienze umane. Nella sfera della filosofia del linguaggio ha assunto in questi anni

    un ruolo decisivo il riferimento agli abiti e alle pratiche dei membri delle comunit

    sociolinguistiche (Glock 2003).

    La verit degli enunciati, dichiara ora Putnam, delegata a una comunit di ricercatori e

    di interlocutori. Il passaggio che qui Putnam compie quello da una soggettivit privata e

    incorreggibile allintersoggettivit. Lungo una tradizione metafisica risalente a Ren

    Descartes, si era formata la convinzione che la conoscenza e la verit fossero insediate

    nei processi privati e incorreggibili del singolo soggetto. Secondo Putnam, lidea di un

    enunciato la cui asseribilit finale completamente a disposizione dello stesso

    interlocutore prescindendo dal contesto, senza dare importanza a quello che accade,

    oppure di un interlocutore che non ha bisogno n pu trarre sostegno dalle osservazioni

    e dai dati degli altri, precisamente la tradizionale nozione di conoscenza di originecartesiana che risulterebbe privata e incorreggibile. La relativizzazione di intere classi di

    espressioni, di interi linguaggi, a determinati scenari socioantropologici costituisce un

    limite insuperabile nei confronti delle teorie sistematiche e formalizzate del linguaggio

    che pretendevano di definire un universo totale di traducibilit. Come ha osservato Scott

    Soames, che ne dellidea che potrebbe esservi un linguaggio il quale contiene

    enunciati veri che non sono traducibili in inglese? Questa semplicemente lidea che

    potrebbe esserci un linguaggio che esprime proposizioni vere che non sono espresse daalcun enunciato di lingua inglese. Questa tesi non pi inconsistente della tesi che vi

    siano proposizioni vere che non abbiamo mai incontrato (2003, 2 vol., p. 330). La

    nozione di verit logica (nel senso di Alfred Tarski e di Donald Davidson) cessa cos di

    essere lorigine e la matrice del significato delle espressioni. Al suo posto subentra il

    riferimento, che relativizza la stessa verit allapprendimento e alla pratica del linguaggio

    in cui veniamo addestrati e collocati entro la nostra forma di vita. Il riferimento

    socioantropologico risulta cos coniugato con la concezione relativistica del linguaggio edelle categorie semantiche quali senso, significato, referente, verit, denotazione. Quindi

    la nostra nozione ordinaria di verit non linsieme delle anguste nozioni di verit alla

    Tarski. Qual il contenuto della nostra nozione ordinaria di verit e come facciamo ad

    acquisirla? Il quadro semplice. Impariamo un pezzo di linguaggio. Avendo imparato

    qualche linguaggio veniamo introdotti alla nozione di verit usando il linguaggio che

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    abbiamo imparato. Qualcuno ci dice che se uno dice o crede che la mamma sta

    lavorando, e la mamma sta lavorando, allora ci che quel tale dice o crede vero

    (Soames 2003, 2 vol., p. 329).

    Il relativismo e il ritorno al mondo ordinario

    A differenza di coloro che in passato hanno reagito contro il relativismo e lo scetticismoin termini di argomentazioni e di inferenze logiche, come, per fare qualche esempio,

    Davidson, Putnam e Crispin Wright, e, da un differente approccio, John Searle, Michael

    Devitt, Thomas L. Haskell, Hartry Field, Gareth Evans, Philip Kitcher, si manifestata in

    questi anni una interessante tendenza ad abbandonare la via della

    controargomentazione rivolta a scettici e relativisti seguendo un percorso

    completamente diverso nella consapevolezza che le controargomentazioni, quelle dirette

    per es. a mostrare che il relativismo si autorefuta, non riescono a debellarne le tesi. Anzi,

    vi chi, come Michael Williams (2001), ha cercato di mostrare che il relativismo e quello

    che talvolta il suo naturale sbocco, ossia lo scetticismo, non sono allorigine del dubbio

    e dellincertezza, bens sono, proprio allopposto, una conseguenza del tentativo

    fondazionalista di fornire una dimostrazione allepistemologia e alletica, alla realt del

    mondo esterno e alla sfera dei valori etici. Il relativismo sarebbe pertanto non lorigine,

    ma al contrario la conseguenza del tentativo di dare un fondamento apodittico e

    inconcusso alle certezze del senso comune. Ma Williams rileva come nella sfera della

    vita quotidiana luomo non sia minimamente assalito dai dubbi e dalle perplessit alle

    quali risulta invece esposto quando fa filosofia e argomenta contro il relativismo. Il

    relativismo non sarebbe dunque altro che la conseguenza generata da un modo proprio

    della filosofia di generare i suoi stessi problemi. Per questo, riecheggiando il titolo di una

    sua precedente opera (Unnatural doubts. Epistemological realism and the basis of

    scepticism, 1996), Williams definisce i dubbi del relativista e dello scettico dubbi

    innaturali.

    Nel corso della sua ampia e articolata analisi del relativismo e dello scetticismo, Stanley

    Cavell (2002) pervenuto a una riformulazione complessiva della natura del lavoro

    filosofico. Se la certezza la condizione spontanea e naturale della vita quotidiana, il

    relativismo e i suoi esiti scettici sono il risultato delle strategie fondazionali della

    filosofia. Siamo cos consegnati a due visioni della realt che non sono suscettibili di

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    essere riconciliate, come avevano gi osservato tra gli altri Thomas Nagel, Barry Stroud e

    Peter F. Strawson. Nel dibattito su realismo da un lato e relativismo e scetticismo

    dallaltro, tra strategie fondazionali e antifondazionali, assume oggi una particolare

    rilevanza la concezione che Cavell ha esposto nel suo Cities of words(2004). Anche se si

    ammette che il moderno relativismo possa sostenere la tesi secondo cui lo sviluppo

    scientifico e culturale contemporaneo avrebbe messo in crisi la legittimit di stabilire uncontatto del soggetto umano con la realt oggettiva del mondo esterno, si commette,

    per, un errore quando si cerca di inferire dal fatto che il mondo non oggetto di una

    conoscenza dimostrabile, fondata e oggettiva, che esso non sia reale. La realt del

    mondo non qualcosa da conoscere, bens da riconoscere (recognize) e da accettare

    (accept) da parte di un essere umano concepito (in analogia con Martin Heidegger) come

    uomo nel mondo, soggetto dellesserci (Dasein). Con qualche affinit con Rorty e

    Williams, Cavell ritiene che lo scetticismo sia una faccenda di esclusiva pertinenza

    filosofica generata dallepistemologia fondazionalista a partire da Ren Descartes.

    Ma listanza filosofica del fondazionalismo epistemologico ha la propria matrice

    originaria nel 17 sec., quando relativismo e scetticismo filosofico fioriscono

    contemporaneamente, e non casualmente, in concomitanza con lo sviluppo delle teorie

    di Francesco Bacone, Galileo Galilei, Descartes e Thomas Hobbes, ossia nel contesto di

    unautonomia acquisita dalle scienze fisico-matematiche e di una secolarizzazione dellacultura che infrange lunit, la coesione del cosmo medievale con il suo ordine universale

    di verit e giustizia. William Shakespeare secondo Cavell il protagonista fondamentale

    di questa svolta relativistica e scettica (Cavell 2003; trad. it. 2004); noi comprendiamo

    cos bene Shakespeare perch Shakespeare ha fatto noi, ossia ha definito luomo

    moderno. Il filosofo americano osserva che i personaggi shakespeariani non parlano pi

    in nome di criteri universali e oggettivi, ma origliano s stessi, dando voce ai loro impulsi

    personali di brama, di potere e di riconoscimento. Shakespeare appartiene allagenerazione precedente a quella di Descartes, ma se Descartes non si fosse appeso a un

    gancio pendente dal cielo (fuor di metafora, se non si fosse appeso alla prova ontologica

    dellesistenza di Dio) sarebbe stato anche lui un relativista e uno scettico. Il relativismo e

    la sua estrema conseguenza, ossia lo scetticismo, secondo Cavell, sono la smentita di

    quella ricerca di certezza secondo la quale possiamo salvare la nostra vita conoscendola,

    sostituendo cio la conoscenza alla nostrapresenza alla realt. Ma la presenza umana

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    alla realt, il contatto degli uomini con il mondo che li circonda, risultano allora

    consegnati non gi ad argomentazioni logiche ed epistemologiche, bens a un ritrovato

    rapporto con il mondo della vita comune, con il quotidiano, radicato nei dintorni del

    nostro agire e vivere giorno per giorno, in unesistenza che Cavell definisce uneventful,

    senza eventi eccezionali o clamorosi. Conseguentemente Cavell ravvisa nella filosofia

    del linguaggio ordinario del secondo Wittgenstein e nellopera di John L. Austin esentida impalcature teoriche sistematiche lultimo bastione valido contro il relativismo. Ma

    si tratta di una strategia intellettuale che porta a una riqualificazione dello stesso lavoro

    filosofico che, mentre esalta il significato degli elementi ordinari dellesistenza umana

    quotidiana, incontra il mondo della poesia, della letteratura e la sfera emozionale della

    vita quali tramiti autentici della relazione con il mondo. Ne sono figure esemplari, per

    Cavell, Ralph W. Emerson, Samuel T. Coleridge e Henry D. Thoreau. Risulta in tal modo

    riqualificato e ridefinito ab imis fundamentisil lavoro filosofico: richiamandosi alla

    priorit del linguaggio ordinario, Cavell rinuncia al fondazionalismo in vista di una

    filosofia che non avanza nemmeno pi tesi, che non avanza impianti teorici, che non

    esposta al dilemma tra verit ed errore, che indaga il proprio essere, ossia il testo

    filosofico, che definisce la propria autointerrogazione, scoprendo contenuti di pensiero

    diversi, alternativi o inesistenti e comunque differenti da quei contenuti che il soggetto

    filosofico dellepistemologia classica tradizionale riteneva di dover pensare.

    La trasformazione del dibattito sul relativismo

    Il dibattito sul relativismo nei primi anni del 21 sec. mostra di rimanere sospeso fra: a)

    lesercizio di argomentazioni e controargomentazioni raffinate e sofisticate, al limite

    della sottigliezza sofistica, contro il relativismo e talora lo scetticismo in cui riafforano le

    problematiche in tal senso introdotte tradizionalmente da un lato da Descartes e

    dallaltro da Hume, che hanno permesso di scrivere la storia della filosofia moderna; b)

    limmissione di argomentazioni meno esigenti e conclusive quali le dottrine

    contestualiste; c) argomentazioniperdefault(ossia, in mancanza di meglio, di argomenti

    pi forti di quelli avanzati); d) il fallibilismo; e) il naturalismo nella variet delle sue

    tonalit e dei suoi vincoli; f) il riferimento storico-antropologico, pi o meno naturalizzato

    alla forma di vita (Lebensform, form of life), e allassetto di una morfologia sociale e di

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    una comunit linguistica; g) linferenzialismo pragmatico radicato nelle pratiche

    sociolinguistiche quale fonte di giustificazione delle credenze e matrice di asseribilit

    garantita.

    Di fronte allo scenario culturale delineatosi dal 2000 in avanti, sembra legittimo rilevare

    lassenza della pretesa di confutare le tesi relativistiche e le loro conseguenze talora pi

    o meno scettiche con argomentazioni risolutive e decisive. Questa evidentemente una

    conseguenza dellattenuarsi della propensione a proporre registri teorici forti che induce

    a controbattere il relativismo con argomentazioni meno cogenti e risolutive di quelle alle

    quali si ambiva nei decenni precedenti. In sostanza due elementi o fattori appaiono di

    importanza determinante. Uno dipende da una decisiva trasformazione dello scenario

    filosofico e culturale a partire dal sopravvento dellorizzonte storico-culturale, del

    linguistic turn(la filosofia analitica), ossia della svolta linguistica, della schiusuralinguistica (la filosofia ermeneutica e Heidegger), rispetto allepistemologia che da

    Descartes e John Locke giunge sino a Immanuel Kant, alla filosofia neokantiana e alla

    fenomenologia husserliana. Lo sfondo linguistico e storico-sociale che si anticipa

    rispetto al soggetto cartesiano o kantiano in prima persona detronizza e ridimensiona la

    figura del soggetto conoscente, del soggetto epistemico, punto archimedeo nella teoria

    tradizionale della conoscenza. Il mondo, la realt esterna non sono pi variabili

    dipendenti della funzione impersonata dal soggetto umano conoscente con le suefacolt, con le sue batterie di concetti, intuizioni, notazioni canoniche e procedure

    metodiche. Si tratta anche del tramonto di una certa forma di umanismo. La vivacit del

    dibattito sul relativismo in questi anni non si spiegherebbe senza il riferimento a quella

    svolta storico-culturale e linguistica. Ne un aspetto assai rilevante quel nuovo tipo di

    storiografia filosofica che si sottrae al dibattito sul relativismo e sulle sue conseguenze

    scettiche impostato nei termini tradizionali, mettendo in discussione la stessa posizione

    del problema relativistico e respingendo la tesi del carattere inevitabile dei problemiepistemici e del relativismo conseguente sulla base di una nuova visione che ravvisa

    nella tradizione filosofica lorigine stessa del problema del relativismo. Relativismo e

    scetticismo sarebbero la conseguenza del modo stesso in cui i filosofi hanno approntato

    e hanno costruito i loro stessi problemi. Tali sono, come si visto in precedenza, i dubbi

    innaturali di cui parla Williams; tale, ancora, lesito della pretesa filosofica di

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    dimostrare la realt del mondo esterno, anzich, come ribadisce Cavell, di realizzare il

    riconoscimento e la presenza delluomo nel mondo al di fuori di argomentazioni

    epistemologiche e speculative.

    Ma un argomento affine, sebbene indipendente, quello dei neopragmatisti americani,

    quali Rorty, Richard J. Bernstein, John Rajchman, Cornel West, i quali ora ravvisano nei

    problemi del relativismo una conseguenza lineare di una impostazione di problemi che

    non affatto necessaria. Lidea che solo se si legge Descartes e si accetta lidea che la

    mente pu garantire soltanto s stessa e i propri contenuti interiori, si pu cominciare a

    dubitare che esistano alberi, rocce, stelle, altri uomini, altre cose. soltanto la frattura

    epistemologica cartesiana fra sostanze estese e sostanze pensanti che ha generato la

    possibilit dello scetticismo moderno. La filosofia, secondo questa visione, non ha

    scoperto problemi oggettivi n ha commesso errori, dal momento che gli oggetti di cui si occupata per es., il rapporto fra universali e particolari in Aristotele, o il foro interiore

    di Descartes e Locke, o lintenzionalit di Edmund Husserl, le costruzioni logiche di dati di

    senso di Bertrand Russell, la mente di Gilbert Ryle sono oggetti inventati e non oggetti o

    entit fraintese e misconosciute. In questi primi anni del 21 sec. il revival del

    pragmatismo negli Stati Uniti testimonia di una svolta che sostituisce il dibattito sul

    relativismo con il richiamo e il riferimento a una prassi linguistico-concettuale che non

    deve riflettere le cose come esse sono in s stesse, out there, problema allorigine dellospauracchio del relativismo, ma che deve elaborare modelli pi avanzati dellesistenza

    umana, ossia dellessere uomo, sul piano etico ed estetico ai fini di una vita buona da

    vivere. In questo senso un fraintendimento laccusa mossa ai neopragmatisti di essere

    filosofi relativisti. I neopragmatisti sostituiscono infatti al dibattito sul relativismo e al

    regime di equivocit che esso sembra suscitare lunivocit e la coerenza di scelte e

    decisioni pragmatiche ordinate e finalizzate rispetto a valori, secondo il principio

    teleologistico che risale a William James.

    La presenza continua al mondo

    Il tratto pi innovativo e anche pi distintivo e peculiare del recente dibattito sul

    relativismo appare quello che si appella allistanza di ritrovare la presenza delluomo nel

    mondo ordinario, nei dintorni del suo agire, nelle circostanze quotidiane della vita e

    dellesistenza, rinunciando al progetto tradizionale di confutare il relativismo con gli

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    strumenti dellargomentazione cogente; rinunciando al tentativo di produrre prove contro

    il relativismo che inevitabilmente presuppongono ci che andrebbe dimostrato, ossia che

    esiste un mondo l fuori, che percepiamo la realt e non stiamo sognando quando

    consideriamo, pensiamo o percepiamo mattoni o numeri.

    Ma il tema della presenza, il tema della continuous presentnessdelluomo al mondo

    implica un approccio sensibile alla variet delle possibilit secondo le quali la realt pu

    declinarsi, laddove lapproccio epistemologico persegue nel suo ostinato tentativo

    logicizzante di irrigidire il flusso dellesperienza nelle maglie di un super-ordine apriorico,

    astorico e atemporale di concetti. Per una sorta di trasformazione alchemica dei nostri

    contenuti mentali, lepistemologo antirelativista assume che la conferma di una sua

    previsione o la sua falsificazione dipendano dai suoi poteri intellettuali. Lespressione lo

    sapevo! risuona alternativamente come complimento o come autocritica rispetto alnostro approccio basato sulprincipio epistemico della certezza. Presenza al mondo in

    questa svolta nel dibattito sul relativismo significa al contrario capacit di ascolto, ossia

    capacit di, o attitudine a, riferire i contenuti della nostra vita mentale, intellettuale e

    percettiva a una trama che non sia preventivamente definita dal regime di

    unepistemologia prefissata e privilegiata, ma inserita nella (e integrata dalla) sfera degli

    apprendimenti, delle pratiche, degli abiti, dei costumi, dellinformazione a cui sono

    esposti i membri delle comunit storico-sociali. soltanto la perdita di una presenzaumana al mondo che ha leffetto di svuotare ed eliminare la costellazione di questi fattori

    che costituiscono il radicamento degli uomini nelle loro forme di vita e di isolare il

    tema epistemologico della certezzacome relazione fondamentale rispetto alla quale gli

    uomini deciderebbero sulla realt o irrealt del mondo che li circonda. Il relativismo (con

    le sue derive scettiche) risulta paradossalmente, da un lato, unoperazione di

    semplificazione e di astrazione rispetto alla complessit e alla variet delle situazioni

    entro cui luomo si interroga sul mondo e sulla sicurezza del suo riferimento, dallaltrolato, e proprio per le medesime ragioni, un sintomo del dubbio e dellinquietudine propri

    delluomo che, di fronte a un mondo che ritiene di aver perso, cerca di recuperarlo con

    argomentazioni centrate esclusivamente sulla certezza epistemica. Ma appunto le

    risorse epistemiche, le procedure dellargomentazione, storicamente non sono riuscite a

    debellare lo spauracchio, linquietudine suscitati dal relativismo. Le argomentazioni di

    tipo logicizzante o il ricorso a esperienze percettive dirette non solo non sono risultate

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    conclusive in quanto hanno riprodotto in un circolo vizioso la tesi relativistica che

    andava refutata ma hanno denunciato lassenza di un mondo che era stato sul piano

    della vita quotidiana delluomo ordinario pienamente assorbito e che ora nellisolamento

    e nel vuoto dello spazio epistemico risulta irriconoscibile, irrecuperabile e perso per

    sempre.

    Questa tensione e questo squilibrio ripropongono una riflessione nuova e originale sui

    compiti della filosofia e sulla sua stessa destinazione, ma risultano anche essere alla

    base del conflitto che si riapre oggi tra filosofi di impostazione tradizionale (metafisica,

    ontologica, ermeneutica) e analitica (nel senso di ricerca teorica sistematica e

    formalizzata) da un lato e filosofi del linguaggio ordinario dallaltro. Tali considerazioni

    inducono a prendere atto che, a partire dai preludi culturali di questo secolo, seppure in

    assenza di nuove teorie sistematiche forti, si stia profilando un diverso orizzonteintellettuale che abbandona lo sforzo secolare di rincorrere, adeguare ed eguagliare il

    rigore e la certezza delle scienze fisico-matematiche per ritrovare il mondo ordinario che

    era andato perduto perduto unicamente perch non era salvabile o riscattabile o

    riconoscibile con gli strumenti della certezza epistemologica, dato lassunto di partenza

    segnato da Descartes e da Locke e istituzionalizzato da Kant, secondo il quale nulla pi

    vicino alla mente che la mente stessa e perci la certezza del mondo non pu che essere

    scritta in una cifra epistemologica. Procedure argomentative, dimostrazioni e datisensoriali non potranno mai compensarela profondit, limportanza dellesperienza

    vissuta del mondo quale filtrata ed esperita nelle circostanze e nellagire degli uomini

    nel corso dellesistenza ordinaria.

    In sostanza, in luogo di una prova o di una dimostrazione, il relativista potrebbe ottenere

    una risposta ai propri dubbi e alle proprie angosce attraverso una ritrovatapresenzanel

    suo mondo, nel mondo esperito prima dellesercizio epistemologico, nella sfera

    dellesperienza vissuta preanaliticamente da parte di un soggetto detrascendentalizzato,

    non pi regista della costruzione epistemologica del mondo. Il soggetto umano che

    appare predelineato nel dibattito culturale sul relativismo alla svolta del 21 sec. non un

    interlocutore dotato di strumenti logici ed epistemologici pi potenti (come hanno

    riconosciuto recentemente studiosi non scettici e non relativisti come Nagel, Stroud e

    Strawson), ma un soggetto che cerca di ritrovare la sua presenza al mondo, in un mondo

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    che non deve decidere o costruire, ma ascoltare per riconoscerloeper accettarlo.

    Lascolto, infatti, il luogo critico esposto a seconda dei casi al misconoscimento e al

    fraintendimento. Ci che accade, ci che si rivela volta a volta nel corso dellesperienza

    del mondo pu essere contingentemente una conferma o una falsificazione di una nostra

    congettura o di una nostra aspettazione. tuttavia il nostro modo di ascoltare che decide

    sia il senso sia la verit di tale evento. E questo pregiudica il sentimento o la convinzionedella nostra presenza al mondo.

    Ossia, in altri termini, ci che accaduto non potr mai pi accadere qui e ora, ci che

    accadr non qui e ora, ma potrebbe essere determinato da ci che sta accadendo qui e

    ora nel corso dellevoluzione del tempo. La continua presenza del presente (Cavell 2004)

    questo puntuale ascolto di ci che passato e di ci che sta per accadere senza

    confonderli, senza assimilarli per effetto di un nostro schema epistemologico di qualchetipo che ci induce erroneamente a stabilire che il passato ha determinato il presente o

    che il presente determiner il futuro. Sia nelluno sia nellaltro caso, la tipica espressione

    lo sapevo! rivelatrice di una manipolazione epistemica che operiamo sui dati

    dellesperienza e sulle loro relazioni, nella misura in cui li ordiniamo sulla base di un

    preventivo schema epistemologico che ci attribuisce straordinari poteri di previsione e di

    spiegazione (sapevamo quale piega avrebbero preso gli eventi). Se le difficolt avanzate

    dal relativismo in passato erano implicate nel destino di teorie della verit, di certezzeepistemologiche, di assunti semantici e di argomentazioni cogenti, emerge ora un nuovo,

    specifico aspetto del relativismo quale atteggiamento critico che non attende una prova

    argomentativa cogente e risolutiva per arretrare e dissolversi, bens dischiude il

    riconoscimento di un nuovo modo di pensare e di vivere che restituisca agli uomini un

    rapporto profondo con la realt del mondo che li circonda. Una presenza, appunto,

    continua nel mondo, un mondo da riconoscere, da accettare, e non da dimostrare

    attraverso la conoscenza e le procedure logico-epistemologiche.

    Stili di pensiero

    Al processo di riavvicinamento alle forme della vita ordinaria promosso dalle scienze

    umane e dalla cultura filosofica sopra considerato, corrisponde un itinerario per certi

    aspetti analogo nel campo specifico del dibattito sullepistemologia relativistica. Contro i

    principi dellimpostazione tradizionale dellepistemologia classica del neorazionalismo e

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    del neopositivismo, basati sul monismo metodologico, sullavalutativit della scienza,

    sulla distinzione radicale tra fatto e valore, sulladozione di metodi statistico-induttivi e

    nomologico-deduttivi, lepistemologia relativistica ha espresso quale suo assunto

    fondamentale il pluralismo metodologico, ossia la variet dei modi di praticare le teorie

    scientifiche, le componenti valoriali della scienza, infine il ruolo e il contesto degli assetti

    storico-culturali.

    Contrassegni distintivi dellepistemologia relativistica sono: a) lolismosemantico ed

    epistemologico; b) lindeterminatezza della traduzione; c) lincommensurabilitdelle teorie

    scientifiche; d) la dottrina degli schemi concettuali. Il punto a) stabilisce che una teoria

    scientifica viene confrontata nel suo complesso e nel suo insieme e non dunque

    proposizione per proposizione con lesperienza. Il punto b) asserisce che ogni teoria

    sottodeterminatarispetto allesperienza, per cui lenunciato di una certa lingua risultatraducibile in modi differenti e alternativi nei contesti di linguaggi diversi, e pertanto le

    traduzioni risultano inconfrontabili. Il punto c) sostiene che non vi sono n procedure

    logiche n procedure empiriche per stabilire la priorit, la superiorit o la preferenza di

    una teoria rispetto a unaltra (tesi dellegualitarismo epistemologico), dal momento che

    ogni teoria una costellazione di problemi, assunti, paradigmi, concetti, valori, vocabolari

    e procedure di controllo indipendenti da quelli di ogni altra, e per conseguenza il

    passaggio da una teoria a unaltra una sorta di conversionee non gi una transizionegiustificata razionalmente. Il punto d), che si origina nella Kritik der reinen Vernunft(1781)

    di Kant, assume che il soggetto umano conoscente filtra lesperienza attraverso uno

    schema concettuale che organizza il flusso dellesperienza che lo circonda. Questi sono i

    nodi problematici fondamentali che hanno generato lepistemologia e la filosofia della

    scienza di ispirazione relativistica e che il 20 sec. ha trasmesso in eredit alla svolta del

    terzo millennio.

    Le tendenze che affiorano allinizio del 21 sec. sembrano inaugurare una nuova

    prospettiva destinata a superare la dicotomia e lopposizione tra razionalismo oggettivo

    e relativismo epistemologico. Tale superamento scaturisce dalla tesi che ravvisa nelluno

    come nellaltro una forma di dogmatismo, per cui il relativismo culturale ed

    epistemologico sarebbe generato da una forma di assolutismo che anche allorigine del

    razionalismo epistemologico oggettivo, nel senso che mentre per il secondo esiste una

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    razionalit scientifica univoca e universale, per il primo esiste invece una molteplicit di

    teorie nessuna delle quali quella vera o pi vera delle altre. Si potrebbe dunque dire che

    alla svolta del nuovo secolo le controversie sul relativismo epistemologico si stiano

    placando. In The road since structure (2000) Thomas Kuhn ha riformulato la tesi

    dellincommensurabilit in termini decisamente pi distensivi: le teorie scientifiche non

    sono intrinsecamente incommensurabili e la possibilit del loro confronto dipendedallapprendimento di nuove lingue, di nuovi vocabolari e delle loro modalit assertive

    (per passare, per es., dalla fisica aristotelica a quella galileiana, oppure dalla nozione di

    massa in Newton a quella di Ernst Mach e Einstein). Dunque le guerre kuhniane sui

    paradigmi scientifici si stanno avviando a una conclusione e soprattutto i dibattiti sul

    relativismo stanno assumendo una direzione che indica una nuova consapevolezza della

    storicit delle teorie scientifiche. Se in precedenti versioni storicistiche e, in particolar

    modo, nelle dottrine sociologiche esternaliste il riferimento agli sfondi culturali delle

    teorie scientifiche costituiva un argomento a favore del relativismo e congiuntamente a

    sfavore della razionalit scientifica oggettiva, nei pi recenti dibattiti sul relativismo si sta

    manifestando un diverso atteggiamento analitico che tenta di coniugare insieme storicit

    e razionalit del sapere scientifico.

    Questa mediazione resa possibile dal passaggio da uno scenario epistemologico

    centrato sulla nozione totalizzante di verit a quello caratterizzato dalla coppia odicotomia vero-falso. In sostanza, gli schemi concettualida Kant ai neopositivisti fino a

    Willard Van Orman Quine, Kuhn, Hanson e Paul K. Feyerabend erano modelli locali del

    sapere scientifico, condizioni e fattori responsabili della costruzione delle teorie

    scientifiche relative a determinate concezioni della verit scientifica (Aristotele, Galileo,

    Descartes, Newton, James Clerk Maxwell, Einstein, Niels Bohr). In questi termini, avere un

    paradigma scientifico o uno schema concettuale significava organizzare una versione

    scientifica del mondo fisico sulla base di una certa, definita nozione di verit. Ciascunoschema o paradigma adottato costituiva e definiva la verit di un orizzonte scientifico.

    Applicare nel dibattito sul relativismo la nozione di verit non in una posizione privilegiata

    e assoluta, bens nei termini della relazione bipolare vero-falsoinduce una nuova

    prospettiva interpretativa del sapere scientifico. Una cosa infatti applicare uno schema

    concettuale, una versione del mondo, un modello, un paradigma che fissa

    preliminarmente, sulla base dei propri assunti, la verit di una teoria scientifica; unaltra

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    cosa praticare uno stile di ragionamentoche si articola e ruota intorno allalternativa

    vero-falso. Uno stile di pensiero o di ragionamento un contesto di argomentazioni e di

    inferenze soggetto alle alternative del vero e del falso, non gi alla definizione apriorica di

    quello che viene descritto e prescritto come il mondo vero. Pertanto uno stile di pensiero

    o di ragionamento un processo di pensiero-linguaggio che costituisce lunica fonte dei

    significati delle asserzioni che proferiamo. Non sussiste, in altri termini, per alcuna teoriascientifica una giustificazione precedente o comunque esterna a quello che Ian Hacking

    e Alistar Cameron Crombie hanno definito uno stile di ragionamento. Lo stile di

    ragionamento una costruzione storica, che affonda in un contesto di ragioni culturali,

    che appartiene a una certa e ben definita tradizione di valori, criteri e di vocabolari

    decisivi (Hacking 2002). Gli stili di ragionamento sono molteplici e differenti e sono

    naturalmente consegnati alle loro vicissitudini e al loro destino storici. Essi si distinguono

    dalle versioni del mondo (Nelson Goodman), dagli schemi concettuali (Quine), dai

    paradigmi (Kuhn), dai modelli della scoperta scientifica (Hanson), dagli schemi di

    accettabilit razionale (Putnam) ossia dalleredit delle pi influenti teorie

    epistemologiche trasmesse dal 20 sec. in quanto, anzich descrivere la Natura nei

    termini di una certa concezione della verit, attivano un processo riflessivo su ci che

    vero e ci che falso che risulta convalidato dallo stile di ragionamento nel quale esso

    viene costruito e formulato. Gli stili di ragionamento sono intrascendibili in quanto

    costituiscono il contesto storico globale entro il quale il processo riflessivo viene

    costruito. Gli enunciati non hanno pertanto unesistenza indipendente dalle modalit

    contingenti e storicamente variabili degli stili di pensiero adottati. La prospettiva aperta

    dalla dottrina degli stili di ragionamento si fa carico dello sviluppo di nuove possibilit

    alternative generate allinterno di un certo stile di ragionamento (Hacking 20062). Se non

    esiste una metaragione oggettiva e universale dal momento che ogni stile di

    ragionamento non pu che riferirsi circolarmente ai propri interni criteri e vincoli, uno stile

    di pensiero pu nondimeno raccomandarsi e storicamente assumere il sopravvento su

    altri stili per la sua capacit di ampliare la sfera delle proprie possibilit e delle proprie

    applicazioni, estendendo linduzione scientifica. In tal senso, per fare un esempio, la

    meccanica statistica di Ludwig Boltzmann estende la meccanica classica newtoniana

    inserendovi la sua teoria termodinamica. Se non possiamo trascendere lo stile di

    ragionamento nel quale siamo necessariamente impegnati e dal quale esclusivamente

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    generiamo i nostri enunciati, anche vero che sono proprio queste condizioni e questi

    requisiti che in qualche misura ci mettono al riparo dalle minacce del relativismo estremo

    e radicale cos come dalle sue derive scettiche. Se, infatti, da una parte il razionalismo

    oggettivo e dogmatico teorizza una verit univoca e universale, dallaltra il relativismo

    radicale ossia quello secondo il quale una teoria o una cultura buona quanto unaltra

    pecca di egual dogmatismo assolutizzando lincertezza e lambiguit dei nostri saperi.Il processo inferenziale e argomentativo di uno stile di ragionamento non predica una

    certa verit come pi giustificata o fondata rispetto ad altre, ma articola le proprie ragioni

    sulle possibilit delle nostre proposizioni di essere vere o false. Il relativismo allora,

    anzich sanzionare il fallimento delle nostre imprese cognitive, mantiene il suo lato

    positivo nel custodire il sospetto del fallibilismo, lallarme di fronte alla incauta e

    dogmatica certezza apodittica e la consapevolezza della rivedibilit di ogni sistema

    teorico.

    Va notato che questa prospettiva deve la sua fecondit e anche il suo potere di

    moderazione a una nozione di verit intesa come giustificazione, come spazio logico

    delle ragioni e argomentazioni storicamente definite, anzich come rispecchiamento o

    corrispondenza con la realt come essa sarebbe in s stessa. Ma non sono soltanto le

    tradizionali teorie della verit come corrispondenza a essere in difficolt; anche le teorie

    pragmatiste o strumentaliste non sono in grado di giustificare le teorie scientifichequando si limitano ad appellarsi al loro successo. Infatti il successo non la soluzione

    del problema della valutazione delle teorie scientifiche, ma una parte del suo problema:

    qualunque dato sperimentale come tale non sanziona una teoria come vera o valida o

    confermata se non in un rapporto complesso a una costruzione teorica, peraltro storica e

    contingente, ossia a una rete di inferenze e a una batteria di concetti entro una notazione

    canonica, che rappresentano i fattori costitutivi di un determinato stile di ragionamento.

    Razionalismo e relativismo in una nuova prospettiva storica

    Il presente periodo storico testimonia un nuovo corso, un nuovo indirizzo culturale nel

    quale razionalismo e relativismo non costituiscono pi due poli teorici avversi e

    irriducibili, che si alimentano luno dellassolutismo e del dogmatismo dellaltro con un

    segno rovesciato. Piuttosto si preannuncia un nuovo spazio culturale nel quale problemi,

    inquietudini, istanze delluno di questi due poli si compenetrano con la consapevolezza e

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    il riconoscimento dei problemi, delle inquietudini e delle istanze avanzate dallaltro polo.

    Sono proprio lintroiezione e lassimilazione, da parte di ciascuno di questi due poli, delle

    istanze avanzate dallaltro a spiegare il clima pi pacato e disteso che si sta diffondendo

    nel dibattito sul relativismo, un clima inimmaginabile negli ultimi decenni del 20 sec.,

    attraversato da irriducibili opposizioni e dalle accese guerre kuhniane nellepistemologia,

    nella filosofia della scienza e nella cultura filosofica in generale. Ma attraverso questoprocesso, entro il quale il razionalismo oggettivo e il relativismo si ricalibrano a vicenda

    ammettendo luno anche le ragioni dellaltro, risulta profondamente cambiata la natura

    dello stesso lavoro filosofico, risulta mutata la consapevolezza che lesercizio filosofico

    pu o deve assumere nei confronti dei propri compiti e della natura del proprio discorso.

    La disputa fra razionalismo e relativismo stata fino al 20 sec. anche una contesa sulla

    questione se vi sia una verit oppure ve ne siano molte, se vi sia un solo metodo oppurepi metodi filosofici e scientifici, anche se vi sia una sola teoria filosofica in posizione

    privilegiata sanzionata come la pi vera o se invece occorra riconoscere lesistenza di pi

    teorie filosofiche su un piano di parit. Ora, proprio dal mutuo riconoscimento delle

    ragioni che motivano il razionalismo e il relativismo che scaturisce un nuovo modo di

    considerare il lavoro filosofico. Alla luce della revisione degli assunti del razionalismo e

    del relativismo che ne facevano in passato due avversari irriducibili, la filosofia oggi pu

    rinunciare alla produzione e allesibizione di argomentazioni cogenti proprie di quella cheRobert Nozick (2001; trad. it. 2003) ha definito una razionalit costrittiva, evitando la

    ricerca di prove irresistibili e perfino la ricerca di prove irresistibili che nelle prove

    irresistibili c qualcosa di sbagliato. La conclusione che non pu essere la coazione,

    sia pure esercitata mediante argomentazioni razionali, a generare la convinzione, cos

    come non si pu costringere qualcuno a essere libero. provincialismo filosofico

    consegnare le proprie convinzioni e le proprie credenze a una sola ed esclusiva dottrina

    filosofica, e questa malattia pu essere curata mediante la conoscenza di alternative, dipossibilit differenti secondo le quali si pu guardare al mondo, alla Natura e alle stesse

    questioni filosofiche e scientifiche. Lopzione nuova, allorigine di una svolta nel dibattito

    su relativismo e filosofia negli anni in corso, allora in una visione complessiva che

    consiste nel paniere delle visioni filosofiche, e in questo paniere ci stanno tutte le visioni

    ammissibili (Nozick 2001; trad. it. 2003, pp. 36-7). Ma questo paniere non il segnale di

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    una ricaduta in una forma di relativismo o addirittura di scetticismo; infatti le varie

    concezioni filosofiche verranno valutate in modo distinto e differenziale e al tempo

    stesso nessuna di loro assurger a una posizione esclusiva e privilegiata.

    Un tale processo di articolazione e di contestualizzazione relazionale delle dottrine

    filosofiche dispensa conseguentemente dallascrivere al lavoro filosofico il compito di

    essere una disciplina fondazionale che inferisce conclusioni apodittiche da proposizioni

    o principi che sarebbero evidenti di per s stessi. Dispensa egualmente dal miraggio a

    lungo inseguito dalla filosofia tradizionale, quello di eguagliare il rigore delle

    dimostrazioni contenute nelle teorie fisico-matematiche. Infatti, possiamo domandarci:

    che ne del destino o del valore di questo miraggio oggi, quando siamo abbastanza

    esperti da sapere che le teorie scientifiche sono accompagnate indistintamente da

    anomalie, che non escludono ipotesi alternative, che difettano di una corroborazione overificazione o conferma sperimentali complete ed esaustive, che sono dunque valide

    soltanto fino a nuovo ordine (come solevano dire perfino Einstein e Max Planck)?

    Questa concezione temperata e moderata che calibra le istanze del razionalismo e della

    ricerca in qualche modo della verit, da un lato, e le istanze del relativismo e del

    contingentismo storico, dallaltro, trova conferma nella seguente tesi (corroborata da una

    procedura tecnica e formalizzata): se invece di essere gli esseri umani che ci sembra di

    essere, fossimo privi di corpo e fossimo cervelli in una vasca, immersi in una soluzionenutritiva connessa al software di un computer che emette impulsi elettro-chimici che ci

    fanno credere di essere gli uomini normali che abbiamo sempre creduto di essere, noi

    non saremmo in grado di distinguere o discernere tra la percezione di un cervello in una

    vasca e la percezione di un essere umano normale. qui allopera il concetto e

    lesemplificazione di paniere delle visioni filosofiche nel senso che la indiscernibilit fra

    quello che il nostro stato percettivo e la nostra realt una condizione epistemica che

    legittima sia una componente razionalistica veridica (non tutto falso, non vero chenon sappiamo nulla e simili, molte credenze sono veridiche e numerose conoscenze

    sono autentiche), sia il dubbio relativistico e perfino il sospetto scettico sulloggettivit

    delle nostre conoscenze. Come ha osservato Joseph Margolis (20072), realismo e

    relativismo non sono incompatibili.

    Letica e il relativismo

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    Se nellambito scientifico e filosofico tesi relativistiche avevano messo in discussione il

    monismo metodologico e lavalutativit della scienza che risalivano allempirismo logico

    di Rudolf Carnap e al razionalismo critico di Karl R. Popper, la svolta del 21 sec. vede

    laffacciarsi di uno scenario nuovo nellambito delletica in cui emerge il rifiuto di

    unimpostazione centrata sullanalisi puramente formale, oggettiva e razionale del

    linguaggio della morale, dunque su una metodologia metaeticachiaramente ispirata daicriteri e dalle regole di rigore scientifico propri della filosofia analitica, anzich sulle sue

    componenti sostantive connesse allazione morale, alle disposizioni e agli abiti della

    razionalit pratica nei confronti dellagire individuale e delle istituzioni storico-sociali. A

    tale impostazione si erano opposte sullo scorcio del secondo millennio quelle concezioni

    (come per es. quella di J.L. Mackie) che, richiamandosi a meccanismi sociali diffusi con i

    loro effetti di pressione sugli individui e che storicamente si trasformano in valori etico-

    sociali oggettivi, avevano denunciato lillusoriet di questo presunto rigore oggettivo del

    discorso morale, considerando i giudizi di valore enunciati falsi e introducendo

    conseguentemente una visione relativistica delletica. Alla svolta del millennio si delinea

    una prospettiva che cerca di oltrepassare la dicotomia o il contrasto fra una componente

    puramente fattuale, descrittiva e cognitiva del discorso morale da un lato e unascrizione

    di valore, una motivazione e un criterio direttivo dellagire morale dallaltro. Sono David

    Wiggins e John McDowell che hanno introdotto questa prospettiva nel discorso morale

    inteso come una costellazione di valori, sentimenti, affetti che non possono essere

    considerati dallesterno, al di fuori cio dei soggetti umani, secondo un presunto punto di

    vista neutrale e oggettivo, estraneo agli interessi di tali soggetti. Le motivazioni morali, in

    tale prospettiva, assumono non una qualit naturale, oggettiva, n una qualit non

    naturale, di tipo platonizzante, ma sfuggendo alle insidie e alle obiezioni del relativismo

    costituiscono una sfera concettualein cui risultano radicati gli interessi, le motivazioni,

    le aspirazioni, le propensioni affettive degli uomini nel loro agire pratico. Lungo questa

    prospettiva lelemento pi significativo e innovativo costituito dal progetto di filosofia

    etica delineato da Cora Diamond (2006), che, sulla base di queste premesse, avanza ed

    elabora unintegrazione dei fattori sostantivi che contribuiscono al discorso e alla

    condotta morale. Unintegrazione che connette i momenti della riflessione, larticolazione

    concettuale in cui hanno parte lemozione, la sfera degli interessi e delle finalit umani, le

    scale valoriali delle motivazioni, le memorie. Esemplare, in questo senso, per la

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    Diamond la storia di Scrooge (il personaggio di Charles Dickens) che da uomo avaro,

    insensibile e miserabile si trasforma in uomo generoso e amabile dopo una notte di

    sogni e di incubi nel corso della quale recupera la memoria della sua infanzia, che gli

    restituisce un positivo rapporto con i bambini che aveva umiliato e scacciato. Il

    relativismo risulta essere messo in discussione da unattitudine etica che tematizza il

    soggetto umano come un essere umano che si riappropria di sentimenti, di memorie, diimmaginazioni, di propensioni valoriali dei quali era stato deprivato. Il segno distintivo del

    discorso etico coincide con questa restituzione delluomo intero; si tratta infatti di

    restituire allessere umano quei concetti che egli aveva smarrito.

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