Regioni&Ambiente dicembre 2010

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CN/CONV/0969/2010 Free Service Edizioni - Falconara M. (AN) - Rivista Mensile di Informazione e Aggiornamento di Cultura Ambientale - Poste Italiane s.p.a. - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Ancona n° 12 DICEMBRE 2010 Anno XI 7,00

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In copertina: La “Piramide della Speranza” con su la scritta “Let’s put the Can in Cancun” (foto: TckTckTck)

6 CAMBIAMENTI CLIMATICI

Crescono le attese per il vertice UNFCCCDa Hopenhagen a Can’tcun?Forse le minori aspettative potrebberodare maggior risalto alle conclusioni

9Insufficienti le misure volontarie diriduzione delle emissioni del “Copenhagen Accord”Bisogna colmare il divarioDal nuovo studio UNFCCC la confermadella necessità di attuare azioni più ambiziose

12Diffuso il Global Carbon ProjectLe emissioni calano meno del previstoAlla crisi economica dei Paesi industrializzatisi contrappone la crescita di Cina e India

16Si diffonde tra la comunità scientificala necessità di un concreto impegnoComunicare il global warming tra “Tempeste” e “WEB”I media più inclini al sensazionalismo che a una corretta informazione

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18Anticipato su “The Lancet” ilRapporto che lo IAMP presenterà a CancúnLe Accademie della Medicina: la lottacontro la CO2 salverà milioni di individuiSi moltiplicano gli studi sulla correlazione tra cambiamenti climatici e rischi per la salute

19Rapporto dell’ONU e della World Bank“Rischi Naturali, Innaturali Disastri”I costi per la prevenzione sono digran lunga inferiori a quelli per le emergenze

22 MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

Roma, 24-26 novembre 2010 “Conferenza Ispra”La biodiversità nel nostro paese va tutelataDall’evento un’esortazione ad agire subito

di Silvia Angeloni

24La produzione di compost e biogas da rifiuti

di Dario Cordone

26 INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Pubblicati i Regolamentisull’efficienza energetica degli elettrodomesticiDal prossimo anno in vigore le nuove etichetteVantaggi per il consumatore e per gli obiettivi di mitigazione del clima

29 IL COMMENTO

Approvato il D. Lgs. di recepimentodella nuova Direttiva quadro sui rifiutiValorizzazione del rifiuto comemateria riciclabile e risorsa energeticaMolte le novità, ma anche qualche perplessità

MATERIALE IN INSERTO

D. Lgs. 18 novembre 2010Recepimento della Direttiva 2008/98/CE e modificaParte IV - Norme in materia di gestione dei rifiutidel D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (T.U.A.)

33 ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Rapporto Energia e Ambiente dell’ENEAAumentano i posti di lavoro ma manca una filiera italianaDal fotovoltaico le maggiori importazioni

36Adottate dai Governi drastici tagliCumulo-nembi si addensano sul fotovoltaico europeoDa Repubblica Ceca, Spagna e Franciaun invito a riflettere sulla corsa del fotovoltaico a terra

38Italia Nostra ha presentato il 1° Rapporto Nazionale sull’EnergiaScelte energetiche per il futuro del PaeseNo al nucleare, ma anche all’eolico e al fotovoltaico sui campi

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42Il Consiglio dei Ministri ha approvato ilD. Lgs. della Direttiva 2009/28/CE sulle rinnovabiliLimiti al fotovoltaico sui campi ma“i buoi sono già scappati dalla stalla”Solo una rapida grid parity eviterà ulteriori rischi speculativi

46 QUALITÀ E AMBIENTE

Pubblicato dall’AEA il 4° Rapporto“L’Ambiente in Europa” (SOER 210)Farfalle o lavoro. L’Europa può avere entrambiIl crescente uso delle risorsepotrebbe danneggiare l’economia dell’UE

48Festività eco-sostenibiliBianco natale? verde è meglio!Idee e consigli per una festa consapevole

di Agnese Mengarelli

50 AGENDA 21

Un’alleanza per il clima. Imprese ed enti localiinsieme per ridurre le emissioni di CO229 aziende tra Ferrara e Livorno tagliano le emissioni del 7% grazie al partenariato avviato con le rispettive Province attraverso un progetto europeo

a cura di Antonio Kaulard

52 EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

Ripristinata “La giornata dell’albero”

54Aperta a Milano fino al 30 gennaio 2011la Mostra del Science Museum“2050 il Pianeta ha bisogno di te”Un viaggio nel futuro per capirecome dovrà cambiare il nostro stile di vita

di Silvia Angeloni

56 BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Pubblicato dal Centro Comune diRicerca della Commissione UE un nuovo AtlanteIl valore della biodiversità dei suoli europeiAnche un’indagine sulla loro copertura ed uso diffusa da EUROSTAT

59 A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

EUROSTAT diffonde i dati sullapercezione dei rischi associati all’alimentazioneGli europei hanno fiducia dei controllieffettuati dalle istituzioni comunitarie e nazionaleA preoccupare di più gli Italiani sono sempre i pesticidi residui nella frutta e verdura

62 €CO-FINANZIAMENTI

64 I QUESITI DEL LETTORE

64 AGENDA - Eventi e Fiere

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CAMBIAMENTI CLIMATICI

Forse le minori aspettative potrebbero dare maggior risalto alle conclusioniDA HOPENHAGEN A CAN’TCUN?Crescono le attese per il vertice UNFCCC

La vigilia dell’apertura a Cancún della 16a Conferenza delle Parti della Conven-zione ONU sui Cambiamenti Climatici non poteva essere più imbarazzante per i Capi di Stato che vi prenderanno parte, dopo le rivelazioni dei giudizi che su di loro aveva formulato in questi anni la diplomazia statunitense, fornite dal sito Wikileaks.Più in particolare, dai documenti riservati risulterebbe che il fallimento del vertice di Copenhagen si era in realtà consumato prima, nel corso del G 20 di Singapore (Settembre 2009) allorché Obama, non essendo riuscito a convincere la Cina a ridurre in maniera consistente le sue emissioni, diede mandato ai suoi delegati di seguire le indicazioni della grande in-dustria americana: nessun passo indietro sulle emissioni, nessun passo avanti per il clima.Pertanto, a Copenhagen sarebbe andata in scena una commedia, con la diploma-zia statunitense intenta a “convincere” i vari Paesi a sottoscrivere il “Copenhagen Accord”, il cui esito era scontata.

Così, se nel corso dei Climate Chan-ge Talks, svoltisi nel corso dell’anno e propedeutici alla COP 16, era an-cora diffuso un clima di reciproca diffidenza e sospetti tra i principali attori dell’evento, ora l’atmosfera che regnerà a Cancún sarà ancora più tesa, tanto che alcuni commentatori hanno tirato in ballo il cattivo presagio che deriverebbe dal luogo prescelto per lo svolgimento della Conferenza, dal momento che Cancún in lingua Maya significherebbe “nido di serpenti”. Al di là di superstiziose ed esoteriche interpretazioni, non c’è dubbio che la Conferenza si apre con un basso pro-filo, tant’è che il Segretario esecutivo UNFCCC Christiana Figueres ha già messo le mani avanti, dichiarando il 16 novembre nel corso di una confe-renza stampa a Bonn che “Se le parti faranno un compromesso, Cancún sa-rà un successo. Esse dovranno rendere equilibrate le loro aspettative, così che ognuna possa tornare a casa con un

esito positivo, consentendo alle altre di conseguire lo stesso risultato. È questa la natura degli accordi multilaterali ed è ciò che deve accadere anche per le questioni climatiche”.

Il briefing paper diffuso conteneva poi la frase “In Cancún, governments CAN reach a deal […]” (A Cancún, i Governi debbono raggiungere un accordo) e, forse, quelle maiuscole potrebbero aver offerto all’Ambasciatore della Bolivia presso l’ONU, Pablo Solon di “gioca-re” sui termini. Rilasciando, infatti, delle dichiarazioni a “The Guardian” alla vigilia dell’evento messicano, in merito alle “basse aspet-tative” con cui i Paesi industrializzati stanno ammonendo i Paesi in via di sviluppo sulle scarse possibilità di suc-cesso della Conferenza, il negoziatore boliviano si chiedeva se, dopo il fal-limento della Conferenza dello scorso anno in Danimarca, allorché si erano create aspettative tali che la città sede dello svolgimento era stata troppo fret-tolosamente ribattezzata Hopenhagen (Porto della Speranza, giocando sull’eti-mologia del toponimo Copenhagen), non sia in atto quest’anno un tentativo di mutare il nome della città che ospita la COP 16 in Can’tcun (Non possiamo, […ma vorremmo].“E’ sbagliato che una manciata di sena-tori statunitensi tengano in ostaggio il resto dell’umanità - ha affermato Solon, riferendosi esplicitamente alla mancata approvazione del Climate Bill - Se gli U.S.A. non sono in grado di fare quel che è giusto, si facciano da parte. Al contempo, altri gruppi di Paesi svilup-pati, come l’Unione Europea, debbono smettere di nascondersi dietro l’intran-sigenza degli Stati Uniti. Essi debbono impegnarsi con urgenza per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 50% entro il 2017”.Evidentemente l’intenzione del rappre-sentante della Bolivia era di tenere “alte le aspettative”, con la segreta speranza di raggiungere il compromesso al livel-lo più elevato possibile.

Anche il Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare, Corrado Clini, in occasione della presentazione di un libro che con-tiene una sua prefazione, ha affermato che “La partita che si giocherà a Can-cún sarà complicata e per il momento non sembra dar adito a speranze per risultati positivi. L’Italia sta cercando di contribuire a discutere sui temi che non sono stati risolti a Copenhagen, perché se dovesse ripetersi a Cancún la stessa discussione dello scorso anno, non ci saranno passi in avanti”.

L’Italia, intanto, potrebbe contribuire a districare uno dei nodi preliminari del-la Conferenza: mantenere gli impegni presi a Copenhagen dai Paesi industria-lizzati per gli aiuti finanziari ai Paesi poveri per le azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici per il 2010-2012, con un fondo “fast start” di 30 miliardi di dollari, al quale l’Unione europea avrebbe contribuito per una cifra pari a 7,2 miliardi di euro. Nella prima tranche di 2,4 miliardi di euro per il 2010, sono previsti anche i 200 milioni di Euro che l’Italia si era impegnata a versare.“Sarebbe bello se l’Italia riuscisse a rispettare l’impegno economico as-sunto un anno fa a Copenaghen - ha dichiarato la Commissaria UE respon-sabile dell’Azione per il Clima Connie Hedegaard il 19 novembre u. s. con-versando con alcuni giornalisti italiani, secondo quanto riportato dall’ANSA - Il vostro Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti ha detto che rispetterà l’impe-gno finanziario e questo è un messaggio positivo. Fa una grande differenza, politicamente se l’UE arriva a Cancún dicendo che ha rispettato le promesse, o se il messaggio sarà che stiamo “quasi” rispettando le promesse. Questo è quan-to è in gioco ed è un buon segnale che Tremonti abbia detto che tornerà sulla questione. Speriamo che ci siano dei risultati”.Sulla questione è intervenuto anche il Parlamento europeo che nella Risolu-

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zione adottata il 25 novembre u. s., con cui si affermava, tra l’altro, che la fissazione di un obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 del 30% entro il 2020 sarebbe “nell’interesse della futura crescita economica dell’Unione euro-pea”, ha richiamato gli Stati membri a rispettare l’impegno di finanziare la fase “fast start”.Sembra, comunque, che la Commissa-ria Hedegaard, sia partita per Cancún con 2,2 miliardi di euro, anche se spe-ra ancora di poter mettere sul tavolo della Conferenza sul Clima di Cancún (Messico) tutti i finanziamenti promessi dagli Stati membri nell’arco del trien-nio. Significa, in sostanza, che l’Italia potrebbe dare in ritardo, nel 2011, i soldi che doveva nel 2010, ma che alla fine farà onore alla parola data. Speriamo.

Inoltre, la Hedegaard ha dichiarato che “L’Unione europea è disposta ad

accettare a Cancún l’istituzione di un quadro internazionale ambizioso sul clima. Purtroppo alcune altre grandi economie non lo sono. Tuttavia, Can-cún offre l’occasione di realizzare un significativo passo avanti a livello mondiale se riusciremo ad adottare un insieme equilibrato di decisioni riguar-danti molte questioni fondamentali. Occorre che la Conferenza di Cancún ci consenta di realizzare questi progres-si, altrimenti il processo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici rischia di perdere slancio e rilevanza; nessu-no fino ad oggi è riuscito a trovare un altro forum più efficace. Pertanto, a Cancún si dovranno compiere progressi sostanziali. È possibile, se tutte le parti daranno prova della necessaria volontà politica”.

In un documento diffuso il 29 novem-bre, la Commissione europea ritiene che l’obiettivo essenziale del processo

delle Nazioni Unite debba essere quel-lo di creare un quadro internazionale ambizioso, completo e giuridicamente vincolante che impegni tutti i Paesi a lottare contro i cambiamenti climatici. Questo quadro - secondo la Commis-sione - dovrebbe basarsi sul protocollo di Kyoto e sull’Accordo di Copenaghen che riconosce la necessità di contene-re il riscaldamento del pianeta al di sotto di 2 °C, rispetto alle temperature dell’era pre-industriale.Si aggiunge, poi, che la preferenza dell’UE va ad un futuro quadro inter-nazionale sul clima nella forma di un nuovo strumento unico e giuridicamen-te vincolante che includa gli elementi essenziali del protocollo di Kyoto. È, tuttavia, pronta a considerare un se-condo periodo di impegno ai sensi del protocollo di Kyoto, a condizione che rientri in un accordo internazionale più vasto che impegni tutte le più impor-tanti economie ad adottare misure a

Il giorno prima dei negoziati, Campagna Globale d’Azione per il Clima, un’alleanza che riunisce organizzazioni non governative, sindacali e religiose (tra le più note: Ofxam International, Christian Aid, Greenpeace, WWF, 350.org, Avaaz) che rappresentano centinaia di milioni di persone nel mondo, meglio conosciuta come “TckTckTck Campaign” ha presentato al Segretario esecutivo UNFCCC, Christiana Figueres, la “Piramide della Speranza” di 3 ml x 6 mh, in stile Maya, con su la scritta “Let’s put the Can in Cancun” (foto: TckTckTck)

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favore del clima e che l’integrità am-bientale del protocollo sia rafforzata.

Nei giorni precedenti la Conferenza, era ventilata l’ipotesi di un prolunga-mento del Protocollo di Kyoto fino al 2015, che non dispiacerebbe all’Unione europea.Era stato HSBC Holdings, il più grande gruppo bancario e finanziario mondia-le, che in un Report dei suoi analisti Nick Robins e Zoe Knight diffuso il 24 novembre u.s., evidenziava che ci sono ancora da risolvere una serie di questioni legate al Protocollo, come la credibilità delle compensazioni da progetti di emissioni industriali rela-tivi al Clean Development Mechanism (CDM) e l’eccesso enorme di crediti ad emettere della prima fase, detenuti dai Paesi ex sovietici, che “anche se fossero risolte, assicurare una transi-zione senza soluzione di continuità dal

primo periodo di impegni, che scadrà il 31 dicembre 2012, è un compito tutto in salita”.Attualmente, secondo gli analisti, un’estensione differita, con un trascina-mento degli attuali impegni che, oltre a fornire un ponte verso un nuovo accordo, sarebbe il risultato più ap-prezzabile.

Di fatto, le preoccupazioni di HSBC sono le stesse della finanzia interna-zionale in merito all’andamento delle trattative in corso, con le nefaste ri-percussioni economico-finanziarie di cui sarebbe foriero un fallimento. Ma il Giappone, secondo quanto riporta-to da Reuters in una corrispondenza da Tokyo del 25 novembre, quindi, subito dopo la diffusione del Report HSBC, ha fatto sapere che una pro-roga del Protocollo di Kyoto “non avrebbe senso”. È stato il vice Ministro

per gli Affari Ambientali Globali del Ministero dell’Ambiente giapponese, Hideki Minamikawa che nel corso d’una Conferenza stampa ha espres-so la contrarietà del suo Paese ad un consolidamento di un quadro che per-metterebbe ulteriormente a Cina, India e Stati Uniti di essere svincolati dagli impegni di riduzione dei gas climalte-ranti; “Anche se il prolungamento del Protocollo di Kyoto è un’opzione impor-tante dell’ordine del giorno di Cancún e il Giappone si ritrovasse isolato, non sarebbe egualmente consenziente [e l’eventuale nuovo]… accordo non si applicherebbe al Giappone”.

Staremo a vedere cosa succederà effet-tivamente a Cancún e ne daremo ampia analisi, come avvenuto in occasione delle precedenti COP di Bali e Copen-hagen, sul prossimo numero.

Belize City. Un gruppo di manifestanti che hanno partecipato ad un summit sulle barriere coralline del Belize (ex Honduras britannico, Stato continguo alla Penisola dello Yucatan dove si svolgerà la Conferenza UNFCCC), hanno dato vita ad un banner umano su un’isola corallina al largo di Belize City il 13 novembre per sollecitare i leader mondiali a una forte azione contro i cambiamenti climatici nel corso della Conferenza di Cancún. (foto: Lou Dematteis)

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Dal nuovo studio UNFCCC la conferma della necessità di attuare azioni più ambizioseBISOGNA COLMARE IL DIVARIOInsufficienti le misure volontarie di riduzione delle emissioni del "Copenhagen Accord"

Se gli impegni assunti con il “Copen-hagen Accord” fossero mantenuti, avremmo solo una riduzione delle emissioni del 60% rispetto a quanto necessario per mantenere la tempera-tura globale al di sotto dei 2 °C entro la fine del secolo.È questo il risultato più eclatante di uno Studio coordinato dall’UNEP e diffuso contemporaneamente il 23 novembre 2010 in 5 capitali (Helsinki - Città del Messico - Nairobi - Londra - Washington D. C.). A onor del vero, tale risultato

era stato da noi anticipato sul numero di marzo di Regioni&Ambiente, allor-ché avevamo riportato le conclusioni di “Climate Action Tracker”, dal cui sito, all’indomani della presentazione delle proposte formalizzate entro il 31 gennaio 2010 dalle singole Parti della Convenzione di cui all’Allegato I del Protocollo di Kyoto, aveva diffuso il dato sconsolante che quelle proposte di riduzione volontaria delle emissio-ni non erano coerenti con l’obiettivo prefissato (cfr.: “Falliscono l’obiettivo di

contenimento del riscaldamento entro i 2 °C”, in Regioni&Ambiente, n. 3 mar-zo, 2010, pagg. 6-8).

Il fatto che “Emission Gap Report. Are the Copenhagen Accord Pledges Sufficient to Limit Global Warming to 2 °C or 1,5 °C?” sia stato pubblicato ad una settimana dall’inizio a Cancún della Conferenza Mondiale sul Clima, dove peraltro sarà ufficialmente presentato, sta a significare che l’ONU vuol premere sull’acceleratore, dimostrando che non

Aumenti della temperatura associati ai percorsi di emissioni e rapportati alle emissioni previste dagli impegni. Le bande colorate mostrano i gruppi dei percorsi delle emissioni del IAM (Integrated Assessment Modeling) che hanno approssimativamente lo stesso aumento di temperatura che potrebbe essere evitato nel 21° secolo. In particolare le bande colorate mostrano l’intervallo tra il 20° e l’80° percentile dei percorsi del IAM connessi a quegli aumenti di temperatura1. L’intervallo di emissioni stimate come risultato degli impegni degli Accordi di Copenhagen è sovrapposto alle traiettorie. Il piccolo rettangolo nero mostra l’intervallo delle stime medie dei 4 casi di impegno. Il rettangolo stretto blu rappresenta l’intervallo più ampio delle stime in rapporto a quei 4 casi (intervallo tra il 20° e l’80° percentile).

Aumento di temperatura che si potrebbe evitare dello scenario IAM.Il rettangolo sovrapposto nel 2020 mostra le emissioni attese dagli accordi

I divari tra le bande colorate si verifi cano perchè questo rapporto nel complesso ha compilato traiettorie da uno scenario di bassa stabilizzazione di gas serra.

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si sta facendo abbastanza e con la ne-cessaria tempestività per evitare quegli effetti catastrofici che la scienza ha indi-cato come derivanti da un innalzamento della temperatura globale oltre i 2 °C.“Invito tutte le Parti a mantenere i lo-ro obiettivi nazionali di mitigazione dei cambiamenti climatici, a compie-re ulteriori progressi nell’ambito dei negoziati e a intensificare gli sforzi sul territorio per della riduzione delle emissioni - ha affermato il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon - Non c’è tempo da perdere. Colmando il diva-rio tra la scienza e gli attuali livelli di ambizione nazionali, coglieremo l’op-portunità di inaugurare una nuova era di prosperità basata su bassi livelli di carbonio e di sviluppo sostenibile per tutti”.Il Rapporto, alla cui stesura hanno con-tribuito più di 30 scienziati provenienti da 25 Istituti di Ricerca internazionali, conclude che:- sulla base di uno scenario business-

as-usual, le emissioni annuali di gas serra potrebbero raggiungere le 56 Gigatonnellate (miliardi di tonnel-

late) di CO2 entro il 2020, mentre

al 2009 sono stimate attorno a 48 Gigatonnellate;

- per attuare appieno gli impegni e gli intenti del “Copenhagen Accord”, nel migliore dei casi previsto dal gruppo di ricercatori, le emissioni arrivereb-bero a 49 Gigatonnellate nel 2020;

- ciò comporterebbe un buco di circa 5 Gigatonnellate di CO

2 equivalente,

pari alle emissioni totali dei trasporti mondiali su gomma, rispetto al ne-cessario;

- nel peggiore dei casi analizzati - in cui i Paesi confermassero le loro basse ambizioni i metodi di conteg-gio definiti dai negoziatori fossero blandi, anziché stretti - le emissioni potrebbero raggiungere i 53 Giga-tonnellate nel 2020, solo leggermente inferiori alle proiezioni dello scenario business as usual.

Il Direttore esecutivo dell’UNFCCC, Achim Steiner ha dichiarato che “I risultati del Rapporto indicano che la Conferenza ONU di Copenhagen po-trebbe esser stata un successo anziché

un fallimento se tutti gli impegni, le intenzioni e i finanziamenti, includen-do il sostegno pieno agli obblighi nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, fossero soddisfatti”.“Sussiste, comunque, un divario tra la scienza e gli attuali obiettivi nazionali - ha proseguito Steiner - Ma quel che denuncia questo Rapporto è che le op-zioni che sono attualmente sul tavolo dei negoziati possono permetterci di percorrere circa il 60% del cammino. Questo è un buon primo passo. Questa partnership senza precedenti sui model-li climatici ha evidenziato in maniera inequivocabile un punto: mantenere i cambiamenti climatici entro limiti gestibili è possibile, ma la finestra per un’azione efficace si sta socchiuden-do per ogni anno di ritardo. Cancún costituisce la prossima opportunità per colmare le lacune mantenere aperta la finestra per condurre il mondo ad un nuovo trattato internazionale”.Il Rapporto indica, infatti, una serie di opzioni che sono disponibili nel quadro dei negoziati che potrebbero ridurre il divario in modo sostanziale:

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- spostare ad un più alto livello di am-bizione gli impegni volontari:

- adottare regole che evitino un aumen-to netto di emissioni dovute al cambio di destinazione dei suoli (LULUCF);

- evitare l’impatto di fattori come il “doppio conteggio” di meccanismi di compensazione in altri Paesi (CDM);

- qualora le opzioni strategiche sopra individuate venissero adottate le emissioni al 2020 potrebbero abbas-sarsi a 49 Gigatonnellate, riducendo il divario, rispetto allo scenario busi-ness as usual di quasi il 60%, fino a 5 Gigatonnellate di CO

2 equivalente;

- gli studi dimostrano che è possibi-le colmare il gap residuo attraverso

azioni nazionali più ambiziose, alcu-ne delle quali potrebbero ricevere il sostegno della finanza internazione per il clima;

- con o senza gap, la valutazione mo-stra chiaramente che sono necessari dopo il 2020 ulteriori passi per ridur-re le emissioni, in modo da cogliere le possibilità di mantenere il riscal-damento entro i 2 °C;

- per rispondere all’obiettivo di mante-nerlo entro 1,5 °C, le emissioni dopo il 2020 dovranno scendere ancor più velocemente - all’incirca del 4-5% ogni anno - per arrivare ad un bi-lancio negativo al 2050.

Anche se alla COP16 non si prevede che possa produrre un accordo vincolante, molti Governi hanno adottato iniziative volte a diminuire il proprio impatto ambientale e leemissioni di anidride carbonica.Si seguito si propone una scheda, tratta da sito di Global Warming is Real, predisposta da Richard Matthews, giornalista e scrittore esperto di investimenti sostenibili, nonché proprietario di “The Green Market”, uno dei più forniti business sul web di acquisti green.

Unione europea (UE)L’impegno dell’UE per le rinnovabili ha contribuito a far progredire tali fonti di energia, soprattutto l’eolico. Altri segnali incoraggianti vengono segnalati dal settore automobilistico europeo. La legislazione dell’Unione europea, approvata nel 2008, impone ai produttori di ridurre le emissioni di CO2 di un quinto entro il 2015.. Secondo Business Week, le case automobilistiche europee sono in anticipo sui tempi previsti nei loro sforzi per ridurre le emissioni di CO2, grazie in parte alla maggiore domanda dei consumatori per veicoli più effi cienti.Cina Il Governo cinese si è impegnato in una politica ambiziosa per le energie rinnovabili, che vedrà forti investimenti nel solare e sovvenzioni per le società cleantech. Il Paese offre, inoltre, agli utenti incentivi per l’acquisto di auto elettriche ed è stata disposta anche la chiusura di piccole centrali a carbone, al fi ne di raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 per unità di PIL del 45% entro il 2020. Business Week riporta che la Cina sta esplorando un sistema di cap-and-trade per contribuire a soddisfare i suoi obiettivi. Secondo alcune stime, un tetto ad emettere e il mercato delle emissioni in Cina potrebbe essere funzionante già nel 2013.IndiaCome riportato da Business Standard , il Governo indiano ha lanciato un processo di certifi cazione cleantech che aiuterà le aziende indiane a ridistribuire le fonti di approvvigionamento energetico, per sostenerle fi nanziariamente nell’obbligo di attingere alle rinnovabili (RPO) attraverso l’acquisto di certifi cati. Una legge del 2003 impone che le aziende statali di distribuzione dell’elettricità acquistino da fonti energetiche rinnovabili una determinata percentuale del consumo totale di energia nello Stato. Questo sistema di certifi cazione contribuirà a promuovere energia pulita.BrasileL’Agenzia Reuters riporta che il Brasile è riuscito ad arginare la deforestazione e a ridurre le emissioni del 34% negli ultimi cinque anni, consentendo al Paese di rispettare l’obiettivo al 2020 con dieci di anticipo rispetto al previsto. Il Governo del Brasile ha disposto la riduzione del numero di allevatori e boscaioli. Il Brasile ha anche annunciato che la sua banca statale per lo sviluppo (BNDES) ha aperto un fondo di 588 milioni dollari per fi nanziare progetti che riducono la deforestazione causata dal settore agricolo.Russia A causa del crollo dell’economia russa nel 1991, il Paese era e in grado facilmente di raggiungere i livelli di emissione del carbonio del 1990. Ora l’economia è migliorata e la Russia sta prevedendo di vendere i suoi crediti ad emettere. All’inizio di quest’anno, Business News Europe ha riferito che la Russia ha approvato 15 progetti volti a ridurre le emissioni da industrie di settori della chimica, della produzione di carta e di energia.AustraliaIl neoeletto Primo Ministro australiano, Julia Gillard, ha detto che la sfi da del riscaldamento globale e l’imposta di un prezzo sulle emissioni di carbonio sono “le priorità per il nuovo Parlamento”. La società australiana BHP Billiton Ltd., una delle aziende minerarie più grandi del mondo, si è dichiarata favorevole ad una imposta sulle emissioni di carbonio.Giappone Alcuni credono che il Giappone introdurrà una legislazione per tassare il carbonio all’inizio del prossimo anno. The Independent segnala che il Giappone sta cercando di ridurre il consumo energetico degli edifi ci, chiedendo ai suoi cittadini di andare a letto e alzarsi un’ora prima. Si stima che circa il 20% del consumo di energia delle abitazioni si verifi chi nelle ore prima di coricarsi.

Nonostante le aspettative per COP16 siano modeste, alcune nazioni stanno facendo passi avanti nella giusta direzione.

Tali indicazioni hanno permesso al Se-gretario esecutivo UNFCC, Christiana Figures di sottolineare che “Il Rapporto indica sia la fattibilità della riduzione delle emissioni sia l’importanza della cooperazione internazionale per au-mentare l’attuale e inadeguato livello degli impegni. A Cancún, i Governi avranno necessità di riaffermare gli impegni presi a Copenhagen, come pure di lavorare con rapidità per concordare le modalità per ridurre le emissioni in maniera che l’aumento globale delle temperature si mantenga al di sotto dei 2 °C”.

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Nonostante le previsioni di una drastica riduzione al li-vello globale delle emissioni di CO

2 nel 2009 l’anidride

carbonica in atmosfera è scesa soltanto dell’1,3%, meno della metà rispetto a quanto previsto un anno fa (- 2,8%), con un trend nel 2010 che sarebbe molto vicino a valori toccati nel periodo 2000-2008.

Lo rivela uno Studio del Global Carbon Project, uno dei programmi di ricerca comuni, avviati dall’Earth System Sciente Partnership, il più autorevole partnenariato interna-zionale di ricerche sui cambiamenti ambientali globali (cfr.: P. Friedlingstein, R. A. Houghton, G. Marland, T. A. Boden, T. J. Conway, J. G. Canadell, M. R. Raupach, P. Ciais e C. Le Quéreé, “Update on CO

2 emissions”, Nature Geoscience

3, pubblicato on line il 21 novembre 2010).

Il Rapporto sul budget del carbonio nel 2009 è estre-mamente utile per fare il punto sullo stato del ciclo del carbonio e sulle modificazioni da esso subite a causa dell’intervento umano.

Se viene confermato il calo delle emissioni nelle economie sviluppate, come risultato della crisi economica globale, dall’altro la crescita delle emissioni in Cina (+ 8% circa) e dell’India (+6,2%) compensano la riduzione nei Paesi sviluppati, confermando quanto avevamo indicato il mese scorso in un articolo in cui smorzavamo i facili successi di riduzione delle emissioni nell’UE, dal momento che continuano ad aumentare i prodotti importati dai Pae-si del Sud-est asiatico. Tant’è, che a proposito dei dati contenuti nei Rapporti in merito della Commissione UE e dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, avevamo sottolineato che fuori da tali conteggi “le emissioni nascoste sotto il tappeto cinese” (cfr.: “L’Europa è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di Kyoto”, in Regioni&Ambiente, n. 11 novembre 2010, pagg. 32-34).Vediamo i numeri del Carbon Budget 2009.

La crescita della CO2 atmosferica

La crescita della presenza di CO2 nell’atmosferica nel 2009

è stata pari a 1,6 ppm, inferiore alla media del periodo

Alla crisi economica dei Paesi industrializzati si contrappone la crescita di Cina e India

Diffuso il Global Carbon Project

LE EMISSIONI CALANO MENO DEL PREVISTO

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2000-2008 di 1,9 ppm all’anno (ppm = parti per milione). Il tasso di crescita medio degli ultimi 20 anni è stato di circa 1,5 ppm all’anno. Questo aumento ha portato la concentrazione atmosferica di CO

2 a 387 ppm alla fine

del 2009, il 39% in più della concentrazione all’inizio della rivoluzione industriale (stimata a circa 280 ppm nel 1750). La concentrazione attuale è la più alta che si sia verificata negli ultimi 2 milioni anni, sulla base di ricerche e documentazioni scientifiche .L’aumento della CO

2 atmosferica nel 2009 è stato tra i

più bassi dal 2000, dato che non può essere spiegato solo con la riduzione delle emissioni di CO

2, ma princi-

palmente da un aumento nei terreni e negli oceani dei pozzi di carbonio, come risposta alla coda del fattore La Niña che ha perturbato il sistema climatico globale dalla metà del 2007 fino all’inizio del 2009 (si ricorda che La Niña è il fenomeno meteo-climatico che si verifica ad intervalli irregolari nell’Oceano Pacifico e che determina una temperatura più bassa del normale delle acque, con conseguente, in genere, prolungati periodi siccitosi; l’op-

posto del fenomeno denominato El Niño che corrisponde ad una maggior temperatura delle acque superficiali che determina periodi umidi).

Le emissioni da combustibili fossili e cementificiLe emissioni di CO

2 da combustibili fossili e cementifici

sono diminuite dell’ 1,3% nel 2009, con un totale di 8,4 miliardi di tonnellate di carbonio, che corrispondono al 37% in più rispetto al 1990 (anno di riferimento di Kyo-to). Il carbone è oggi la più grande fonte di combustibile fossile di emissioni di CO2, con circa il 92% della crescita per il periodo 2007-2009, imputabile all’aumento dell’uso del carbone in Cina e in India.

Le emissioni da combustibili fossili a livello regio-naleIl maggiore aumento delle emissioni da combustibili fos-sili, negli ultimi anni ha avuto luogo nei Paesi in via di sviluppo (con quasi 6 miliardi di persone), mentre le emissioni dei Paesi sviluppati (con meno di 1 miliardo di

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persone), mediamente, mostrano un andamento piuttosto stabile delle emissioni nell’ultimo decennio. Tuttavia, le emissioni di un certo numero di Paesi sviluppati sono diminuite bruscamente nel 2009 (-6,9% negli Stati Uniti; Regno Unito -8,6%; -7% in Germania; -11,8% in Giap-pone; - 8,4% in Russia), mentre le economie emergenti hanno continuato a mostrare una rapida crescita (Cina +8%; India +6,2%; Corea del Sud 1,4%).I Paesi con più alti valori assoluti delle emissioni sono: Cina, Stati Uniti, India, Russia, Giappone, anche se le emissioni pro-capite in Cina e India sono ancora una piccola parte delle emissioni negli Stati Uniti, Russia e Giappone. Prima del 2009, circa un quarto della recente crescita delle emissioni nei Paesi in via di sviluppo era il risultato di un incremento nel commercio internazionale di beni e servizi prodotti nei Paesi in via di sviluppo, ma consumati nei Paesi sviluppati. Da un punto di vista storico, i Paesi in via di sviluppo con l’80% della popo-lazione mondiale emettevanoo per circa un quinto delle emissioni cumulative dal 1751; i Paesi più poveri del mondo, con 800 milioni di persone, hanno contribuito per meno dell’1% di tali emissioni cumulative. L’incertezza

sulle emissioni di CO2 da combustibili fossili è in alcuni Paesi è grande.

La Crisi finanziaria globale (GFC) e l’economia ad alta intensità di carbonioIl brusco calo nel 2009 delle emissioni di combustibili fossili, pari all’1,3%, è indiscutibilmente il risultato della crisi finanziaria globale (GFC), dato inferiore alla cre-scita media del 2% rilevata nel 2008. Il calo nel 2009 è stato inferiore a quella prevista del 2,8% perché: 1) la contrazione del Prodotto Globale Lordo (GWP) è sta-to solo dello 0,6%, contro l’-1,1% previsto; 2) l’impatto della GFC è stato maggiore nelle economie sviluppate, inducendo le economie a maggior intensità di carbonio ad assorbire una quota maggiore della produzione di ric-chezza mondiale (con conseguenti maggiori emissioni). Il miglioramento a lungo termine dell’intensità di carbonio dell’economia (quantità di emissioni di anidride carbonica per produrre un dollaro di ricchezza) è stimato al -1,7% annuo; l’intensità di carbonio dell’economia nel 2009 è stata pari a -0,7%.Global Carbon Project stima una crescita delle emissioni

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di almeno il 3% nel 2010, in base all’aumento del 4,8% del GWP previsto dal Fondo Monetario Internazionale, corretto per i miglioramenti attesi dell’intensità di carbonio dell’economia globale.

Le emissioni da cambiamenti di destinazione dei suoliI cambiamenti di uso dei suoli erano responsabili di emissioni stimate al netto di 1,1 ± 0,7 PgC l’anno per il decennio degli anni 2000, circa il 25% in meno rispetto a 1,5 P C del decennio 1990. Per il decennio degli anni 2000, si osserva un trend in riduzione delle emissioni da cambiamento di uso del suolo, da 1,3 PgC del periodo 2000-2005 a 0,9 PgC del periodo 2006-2010. L’attuazione di nuove politiche nell’uso dei suoli, il maggior contrasto legislativo per interrompere la deforestazione illegale e la messa a dimora di nuovi boschi e la ricrescita delle aree disboscate precedentemente, hanno contribuito a questo declino.Le emissioni per il periodo 2000-2005 sono state rivisitate rispetto a precedenti valutazioni e sono state abbassate a 1,5-1,3 PgC all’anno. Questo risultato è in gran dovuto

alla disponibilità di nuovi set di dati, in particolare quelli sulla ricrescita delle foreste tropicali.

La rimozione della CO2 da aree naturali e pozzi di

assorbimento I serbatoi terrestri e oceanici naturali di CO

2 hanno ri-

mosso il 57% di tutte le emissioni di CO2 emessa dalle

attività umane durante il periodo 1958-2009, ognuno dei due sistemi in egual proporzione in uguale proporzio-ne circa. Durante tale periodo, la dimensione del pozzi naturali è cresciuta quasi allo stesso ritmo dell’aumento delle emissioni, anche se di anno in anno variabilità è risultata grande. Vi è la possibilità, tuttavia, che l’efficien-za del pozzi naturali sia in declino, tema questo su cui attualmente è in corso un intenso dibattito nella comunità scientifica. Nel 2009, i pozzi di CO

2 sono aumentati legger-

mente, ma questa maggior capacità può essere attribuita alla già citata conclusione del fenomeno La Niña, che ha perturbato il sistema climatico globale dalla metà del 2007 fino all’inizio del 2009.

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“Non volevo che i miei nipoti, in futuro, potessero guardarsi indietro e dire: il nonno aveva capito cosa stava succedendo, ma non è riuscito a spiegarlo abbastanza chiaramente” (James Hansen, nell’introduzione di Luca Mercalli a “Tem-peste. Il clima che lasciamo in eredità ai nostri nipoti, l’urgenza di agire”, Edizioni Ambiente, 2010).

James Hansen, Direttore del Goddard Institute for Space del-la NASA e Professore di Scienze della Terra e dell’Ambiente presso la Columbia University di New York, è considerato unanimemente il “padrino” del riscaldamento globale, es-sendo stato il primo, in un Rapporto del 1988, a segnalarne i pericoli, tanto da essere sottoposto a ritorsioni ed attacchi politici, soprattutto per la sua netta e ribadita contrarietà alla costruzione di impianti termoelettrici a carbone che, a suo dire, è la maggiore delle cause antropiche dell’immis-sione in atmosfera di gas ad effetto serra. Venne addirittura arrestato per aver partecipato ad una manifestazione contro l’estrazione del carbone davanti alla Casa Bianca.Il libro “La Scienza censurata” (2007) dello scienziato e scrit-tore Mark Bowen, aveva attirato l’attenzione dei media nei confronti di Hansen, tanto che è stato successivamente ascol-tato in merito da una Commissione del Senato americano. Pur non figurando nel “Green Team” ufficiale di Direttori e Segretari di Stato che il neo Presidente USA Barack Obama aveva nominato dopo il suo insediamento per affrontare le questioni legate al global warming, l’avevamo inserito, as-sieme ad Al Gore, fra coloro della cui esperienza scientifica e politica Obama avrebbe potuto contare per avere consigli e ragguagli circa le tematiche climatiche e della sostenibilità (cfr.: “Sto lavorando ad un sogno, anche se è molto lontano... più di quanto si immagini!”, in Regioni& Am-biente, n. 1-2 gennaio-febbraio 2009, pagg. 36-41), specie dopo la lettera pubblica di auguri per il nuovo anno, che il climatologo aveva inviato a Michelle e Barack, in cui Hansen esprimeva l’apprezzamento per l’impegno programmatico del nuovo Presidente contro i cambiamenti climatici, ma metteva in guardia circa la necessità di azioni immediate “adeguate e commisurate con il rischio clima”.

Ben presto, Hansen ha preso le distanze dall’Amministra-zione Obama e le ragioni sono esplicitate in molti passi del suo unico (attualmente) libro “Storms of My Grandchildren” che nell’originale aveva per sottotitolo “La verità circa l’im-minente catastrofe climatica e la nostra ultima possibilità di salvare l’umanità”.Vi si legge, infatti: “Credo che il maggior ostacolo alla solu-zione del problema del riscaldamento globale sia il ruolo del denaro nella politica, l’interferenza indebita degli interessi privati [...] gran parte di quello che i politici stanno facendo è puro greenwashing - e anche se le loro proposte sembrano buone, stanno ingannando voi e se stessi. I politici pensano

che se un problema appare di difficile soluzione, il compro-messo sia un buon approccio. Sfortunatamente, la natura e le leggi della fisica non scendono non scendono a compromessi [...] dobbiamo riconoscere fin d’ora l’urgenza di un cambio di direzione. È la nostra ultima possibilità [...]”.

Nel mirino di Hansen, che nei primi giorni di dicembre sarà in Italia (Milano e Roma) per presentare al grande pubblico il suo libro, non ci sono solo i politici per la loro pervicacia nel voler sostenere un sistema economico non più sosteni-bile, ma anche il mondo accademico e scientifico reo, a suo parere, di non riuscire a comunicare in maniera credibile e comprensibile la questione dei cambiamenti climatici.Eppure, bisogna osservare che sempre più diffusamente gli scienziati hanno consapevolezza di questo gap e si sforzano di rendere più facili e disponibili i “dati” di cui dispongono, nonostante sui media facciano più clamore le vicende che sottolineano le “presunte” distorsioni di cui gli scienziati si rendono responsabili per indirizzare gli elementi in loro possesso verso le proprie posizioni, come ha dimostrato il cosiddetto “Climategate”.La divulgazione scientifica, purtroppo, non trova la dovuta ospitalità tra le testate giornalistiche e radiotelevisive, mentre c’è maggior veicolazione di notizie sul web (la cosiddetta sesta W del giornalismo), anche se c’è il rischio di una loro banalizzazione.

Che la ricerca scientifica sul clima necessiti di un suo ri-orientamento verso un maggior peso da dare al fattore umano, lo testimonia l’appello lanciato recentemente da alcuni eminenti scienziati del clima e personalità degli studi socio-economici, “per mobilitare la comunità scientifica attorno ad un decennio di ricerca mirata a supportare lo sviluppo sostenibile nel contesto del cambiamento ambien-tale”. (cfr.: W. V. Reid, D. Chen, L.Goldfarb, H. Hackmann, Y. T. Lee, K. Mokhele, E. Ostrom, K. Raivio, J. Rockstrom, H. J. Schellnhuber, A. Whyte: “Earth System Sciente for Global Sustainability: Grand Challenges”, in Science del 12 novembre 2010, Vol. n. 330. pagg. 916-917).Gli studiosi hanno individuato 5 sfide di grande importanza scientifica e di notevole rilievo per i decisori politici ed economici, sulla base di un processo di consultazione che ha visto coinvolti più di 1.000 scienziati di 85 Paesi.1. Migliorare l’utilizzo delle previsioni delle future condi-zioni ambientali.2. Sviluppare e rafforzare i sistemi di monitoraggio per la gestione globale e regionale dei cambiamenti ambientali.3. Stabilire come anticipare, evitare e gestire i distruttivi cambiamenti ambientali globali.4. Individuare le modalità per favorire l’adozione di cam-biamenti istituzionali, economici e comportamentali per una sostenibilità globale.

I media più inclini al sensazionalismo che a una corretta informazione

Si diffonde tra la comunità scientifica la necessità di un concreto impegno

COMUNICARE IL GLOBAL WARMINGTRA “TEMPESTE” E “WEB”

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5. Migliorare la nostra comprensione su come rafforzare gli incentivi per l’innovazione tecnologica, politica e sociale.

Matthew Nisbet, Professore alla Scuola di Comunicazione dell’American University di Washington (D. C.) e apprezzato divulgatore scientifico sui principali giornali statunitensi, in un suo blog del 16 novembre u.s. (Study Finds That Fear Won’t Don’t Do It: Why Most Efforts at Climate Change Com-munication Might Actually Backfire) riporta i risultati di una ricerca secondo cui le cause principali del disinteresse crescente dell’opinione pubblica sui cambiamenti climatici non sia tanto legata all’azione degli “ambientalisti scettici”, ma vadano individuate in una strategia di comunicazione che ha puntato eccessivamente a descrivere le conseguen-ze catastrofiche del riscaldamento globale. Per recuperare l’attenzione delle persone nei confronti del problema ci sarebbe bisogno di ridurre le narrazioni “minacciose”, con-centrarsi meno sulle evidenze scientifiche riguardo a cause e rischi del riscaldamento globale e soprattutto proporre soluzioni concrete.Qualche giorno dopo, è comparsa sempre su Science una

lettera, firmata da scienziati del clima e delle scienze sociali statunitensi, ma aperta ad ulteriori sottoscrittori tramite il sito climateengage.org dove viene riproposto il testo integrale di “Il momento di agire per comunicare il clima”, appello per un nuovo approccio comunicativo dei cambiamenti climatici.“[...] Poiché le potenziali conseguenze dei cambiamenti cli-matici sono molto gravi, la comunità scientifica ha il dovere di aiutare gli individui, le organizzazioni e i governi a prendere decisioni informate, dal momento che le istituzioni esistenti non sono preparate per questo compito. Pertanto, chiediamo che la comunità scientifica sviluppi, implementi e sostenga tale iniziativa indipendente, il cui compito singolare è di informare attivamente ed efficacemente le parti sociali circa i rischi dei cambiamenti climatici e le possibili solu-zioni con il pubblico, i decisori pubblici e privati, le ONG. Inoltre, invitiamo le istituzioni ad approntare finanziamenti disinteressati per fornire sostegno continuo all’iniziativa [...]” (“Time to Take Action on Climate Communication”, in Science del 19 novembre, Vol. 330. p. 1044).

In occasione della Conferenza di Cancún, Greenpeace ha lanciato inviti per “Salvare il clima” e “Stop al riscaldamento globale”, da una mongolfiera che ha sorvolato sopra le rovine dell’antica città Maya di Chichen Itza. (foto: EPA)

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Sulla Rivista medico-scientifica “The Lancet” è stato pubblicato in anteprima un articolo che illustra le con-clusioni del Rapporto che verrà presentato alla COP 16 di Cancun, redatto dall’InterAcademy Medical Panel (IAMP, unione di oltre 70 Accademie della Scienza e della Medicina, rappresentato in Italia dall’Accademia dei Lincei) sui benefici per la salute che deriverebbero se venissero intraprese adeguate misure di mitigazione dei cambiamenti climatici (cfr: Detlev Ganten - Andy Haines - Robert Souhami, “Health co-benefits of po-licies to tackle climate change”, “The Lancet”, Vol. 376, 27 novembre 2010, pagg. 1802-1804).

Nel Rapporto si sostiene che proprio i benefici per la salute potrebbero in parte compensare i costi sostenu-ti per contrastare il cambiamento climatico, oltre che smentire il fatto che combattere il riscaldamento globale abbia costi economici e sociali insostenibili. Semmai è vero il contrario, e cioè che gli effetti del global warming sulla salute vengono sottaciuti, ma in realtà hanno costi sociali ingenti.In un precedente articolo, avevamo dato ampio risalto al Report di due organizzazioni (HEAL e HCWH), atti-ve sul fronte della protezione della salute attraverso la riduzione dell’inquinamento e la lotta ai cambiamenti climatici, in cui si quantificavano in oltre 30 miliardi di euro all’anno i benefici economici per la salute che de-riverebbero ai Paesi dell’UE, se si passasse ad un taglio delle emissioni del 30% entro il 2020, anziché del 20% come finora stabilito dall’Unione europea (cfr: “Adottare subito il target del 30% al 2020”, in Regioni&Ambiente, n. 10, ottobre 2010, pagg. 72-73).“Molti considerano i cambiamenti climatici soprattutto come una minaccia per l’ambiente - ha spiegato Looi Lai Meng, co-Presidente dello IAMP - e sono meno con-sapevoli dei problemi per la salute. Inoltre, gli abitanti dei Paesi più poveri, che sono meno responsabili delle emissioni di gas serra, sono i più vulnerabili e subiscono le maggiori minacce alla loro salute”.

Proprio “The Lancet” aveva ospitato lo scorso anno la Relazione finale di una Commissione congiunta “The Lancet” - University College London sugli effetti del glo-bal warming sulla salute umana, dove si affermava che “I cambiamenti climatici sono la più grande minaccia globale del XXI secolo per la salute”.Nel report si sottolineava:- la mancanza consistente di informazioni e di cono-scenze su come si dovrebbe reagire agli effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla salute;

- la necessità di affrontare le carenze dei sistemi sanitari dei Paesi più poveri che saranno quelli più a rischio degli effetti dei cambiamenti climatici, anche se nessun Paese ne sarà immune;- le tecnologie sono in grado di aiutare ad adattarci ai cambiamenti climatici, ma debbono essere sviluppate, implementate e diffuse tramite investimenti nel settore della ricerca;- creare le condizioni per una economia e uno stile di vita a basse emissioni di carboni;- adeguare le istituzioni a porre i cambiamenti climatici come una priorità.

Nel Rapporto dello IAMP vengono individuate pure delle soluzioni, tra quelle proposte c’è, ad esempio, la propo-sta di incentivare forme alternative di mobilità (andare a piedi o in bicicletta), che oltre a ridurre le emissioni di CO2, farebbero diminuire il numero delle malattie cardiovascolari. Inoltre, si suggerisce di introdurre 150 milioni di forni a bassa emissione in India, che potrebbe evitare 2 milioni di morti premature a causa dell’espo-sizione ad inquinanti domestici, oltre che combattere l’inquinamento dei gas serra.Quest’ultima misura potrebbe sembrare riduttiva, in re-altà le cosiddette “brown clouds”, le nubi marroni che sovrastano numerose grandi città dell’Asia Sud-orientale, causate principalmente dalla combustione di fossili e legna da ardere, provocano una pericolosa commistio-ne tra le emissioni di biossido di carbonio e altri gas serra responsabili del riscaldamento globale, tant’è che un apposito gruppo di scienziati italiani del Comitato EVK2CNR, attraverso le stazioni di monitoraggio ad alta quota della rete Share, sta raccogliendo dati sul movi-mento di tali masse inquinanti da rendere disponibili alla comunità scientifica internazionale per l’elaborazione di modelli previsionali.

Uno dei co-autori dell’articolo, nonché redattore capo del Rapporto, il Prof. Detlev Ganten, membro dell’Acca-demia delle Scienze di Halle (Germania) e del Comitato esecutivo dello IAMP, ha dichiarato che “L’approvazione del Rapporto da parte delle Accademie di così tanti Paesi offre un importante contributo alla riflessione globale sul modo migliore per affrontare il cambiamento climatico. Un forte sostegno a favore della riduzione dei gas serra deve essere prioritario nelle trattative internazionali e nelle politiche nazionali”.

Si moltiplicano gli studi sulla correlazione tra cambiamenti climatici e rischi per la salute

Anticipato su “The Lancet” il Rapporto che lo IAMP presenterà a Cancún

LE ACCADEMIE DELLA MEDICINA: LA LOTTACONTRO LA CO2 SALVERÀ MILIONI DI INDIVIDUI

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EQUITÀ E SOSTENIBILITÀ

Nel Rapporto presentato l’11 novembre 2010 e curato dall’ONU - Segreteria della Strategia Internazionale per la Riduzione dei Disastri (UNISDR) e dalla World Bank, “Natural Hazards, UnNatural Disasters: The Economics of Effective Prevention” che abbiamo tradotto come da titolo, introducendo la figura retorica del chiasmo perché non sussista alcuna possibilità di correlazione tra rischi e disastri, c’è un’immagine nelle prime pagine (il volume ne consta di oltre 250) che sintetizza in modo efficace il messaggio che vi è contenuto: i terremoti, le siccità, le inondazioni e gli uragani sono rischi naturali, non sono naturali i disastri, le morti e i danni che derivano dalle azioni e omissioni dell’uomo.Si tratta di una fotografia aerea dal National Geographic dell’isola antillana di Hispaniola lungo un tratto che se-gna il confine tra Haiti e la Repubblica Dominicana. I due Stati condividono più o meno gli stessi rischi naturali, ma quando avvengono delle calamità, i danni e le morti ad Haiti risultano assai più gravi e numerosi di quelli che per lo stesso fenomeno si registrano presso la contigua Repubblica Dominicana.Se si osserva con attenzione l’immagine (vedi foto) si può constatare che mentre il territorio haitiano si presenta disboscato e, quindi, soggetto a fenomeni di erosione e frane; quello della Stato confinante mostra un ricco manto forestale. Bisogna ricordare che le istituzioni politiche di Port-au-Prince hanno una breve storia democratica, dopo una lunga dittatura che ha permesso il saccheggio delle risorse naturali del Paese e impedito finanziamenti ed in-vestimenti esteri per le attività di riduzione del rischio e di sviluppo umano; quelle di Santo Domingo, viceversa, sono risultate più attente alll’impatto umano sull’ambiente, limitando i danni delle calamità naturali. La governance, quindi, ha fatto la differenza.

Il Rapporto afferma che a livello mondiale le perdite annuali da calamità naturali potrebbero triplicare entro la fine di questo secolo per raggiungere la cifra di 185 miliardi di dollari all’anno, anche senza calcolare l’impatto del cam-biamento climatico. Le conseguenze dei soli cambiamenti climatici avrebbero conseguenze superiori a quelle dei cicloni tropicali, provocando danni per un valore compreso tra i 28 e i 68 miliardi di dollari l’anno. Inoltre, il numero di persone esposte a uragani e terremoti nelle grandi città potrebbe raddoppiare per arrivare a 1,5 miliardi entro il 2050. “Pur riconoscendo le sfide del futuro, non facciamo dell’al-larmismo - ha dichiarato Apurva Sanghi, Capo economista del Global Facility for Disaster Reduction and Recovery (GFDRR) e autore della sezione “Eventi estremi” del Rappor-

to dell’IPCC, che di “Natural Hazards, UnNatural Disasters” è stato il principale redattore - La crescita delle città esporrà più persone e beni a rischi, ma la crescita delle città pre-suppone anche la crescita dei redditi, il che significa che le persone sono più capaci di adattarsi. Un aumento della vulnerabilità non è inevitabile, se le città sono ben gestite. Avremo disastri anche senza i cambiamenti climatici. Fare un lavoro migliore nella loro prevenzione oggi ci aiuterà a affrontare le sfide di domani”.

Il Rapporto è il risultato di un lavoro di oltre due anni a cui hanno preso parte 70 esperti e studiosi di varie discipline, oltre ad economisti hanno collaborato climatologi, geografi, politologi, psicologi ecc., ed ha come target funzionari go-vernativi, urbanisti, agenzie di soccorso e protezione civile, ONG, donatori, esperti di sviluppo umano, ecc., a cui si ri-volge con l’affermazione esplicita che “la prevenzione paga, ma non è detto che i suoi costi siano sempre elevati”.Nel Rapporto si riporta l’esempio del Bangladesh, Paese povero esposto ai cicloni, che è riuscito a mettere a punto sistemi di allarme precoce e, beneficiando anche dei pro-gressi fatti dalle tecnologie di previsione meteorologica, ha ridotto drasticamente anno dopo anno il numero delle vittime degli uragani.La relazione delinea una serie di misure per prevenire la

I costi per la prevenzione sono di gran lunga inferiori a quelli per le emergenze

Rapporto dell’ONU e della World Bank

“RISCHI NATURALI, INNATURALI DISASTRI”

Isola di Hispaniola. La linea di fondo valle segna il confine tra Haiti (a sinistra e la Repubblica Dominicana (foto: National Geographic)

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morte e la distruzione da pericoli naturali come terremoti, uragani e inondazioni, che sono quasi sorprendenti nella loro semplicità e facilità di approccio. Ad esempio, i Go-verni:- potrebbero e dovrebbero informare in modo accessibile

sui pericoli ed i rischi;- dovrebbero fornire titoli di possesso dei terreni per ridurre

le possibilità di sfratto o demolizione, incoraggiando le persone ad investire in strutture più sicure e di mantenere in buono stato gli edifici;

- debbono fornire adeguate infrastrutture e altri pubblici servizi in grado di resistere;

- debbono riorientare la spesa pubblica esistente, dando priorità alle operazioni di quotidiana manutenzione;

- debbono evitare che vengano permesse pubbliche negli-genze.

Tali misure non richiedono necessariamente che i Governi spendano di più, sottolinea il Rapporto, ma di spendere meglio.

“Questo rapporto offre la prova necessaria e una casistica inconfutabile per i nostri Paesi di ridurre la loro vulne-rabilità ai rischi naturali affinché possano svilupparsi in modo adeguato e sostenibile - ha osservato il Presidente della Banca Mondiale Robert B. Zoellick - Noi e i nostri partner del Fondo Globale per la Riduzione delle catastro-fi e il Recupero, siamo pronti a compiere ogni sforzo per assistere i Paesi in via di sviluppo ad affrontare i disastri naturali che comportano minacce per la sicurezza e il so-stentamento dei poveri”.

Ci sono stati 3,3 milioni morti per calamità naturali negli ultimi 40 anni fino al 2010, e quasi un milione di persone sono morte per la siccità nella sola Africa, mentre i danni patrimoniali ammontano a 2.300 miliardi di dollari. Il Rap-porto sottolinea che i danni sono sproporzionatamente elevati nei Paesi a reddito medio, mentre i Paesi poveri subiscono le maggiori sofferenze.

Un aspetto su cui la relazione chiede una maggiore spesa è sui sistemi di allerta rapida, in particolare per le previ-sioni meteorologiche che hanno fatto notevoli progressi, tanto che entro i tre giorni ormai sono precise al 95% e più della metà di quelle a sette giorni sono corrette. Pochi Paesi, tuttavia, hanno sfruttato al meglio questo progresso in quanto molti Governi non finanziano i loro servizi pluvio-meteorologici in modo adeguato.

“L’allarme dei pericoli imminente lanciato per tempo salva le vita e i mezzi di sussistenza - ha detto il Segretario generale della World Meteorological Organization Michel Jarraud - Il rapporto mostra chiaramente che si trarre il massimo vantaggio dai molti progressi tecnologici di previsione del tempo attraverso investimenti nei servizi pluvio-meteorolo-giche. I Paesi più vulnerabili, in particolare, necessitano di un rafforzamento delle loro reti di osservazione e delle infrastrutture necessarie per creare efficaci sistemi di allerta precoce che mettano in guardia la popolazione contro le catastrofi”.

Sono 4 le principali conclusioni cui giunge il Rapporto:1) un disastro è il risultato di situazioni cumulative

che derivano da precedenti decisioni, in parte as-sunte individualmente, altre collettivamente, ma la maggior parte da omissioni;

2) la prevenzione è per lo più possibile ed economi-camente conveniente;

3) molti provvedimenti, pubblici e privati, debbono essere intrapresi adeguatamente affinché si rag-giunga una efficace prevenzione;

4) l’esposizione ai rischi aumenterà nelle città, ma una maggior esposizione non presuppone un aumento della vulnerabilità.

“Dopo aver letto questo Rapporto della Banca Mondiale mi vengono alla mente tre parole chiave: prevenzione, una solida cooperazione internazionale e la priorità di aiutare gli esseri umani colpiti da catastrofi con dignità e com-passione - ha affermato Guido Bertolaso, ex Capo della Protezione Civile Italiana, in quanto è andato in pensione l’11 novembre 2010 - Con questo Rapporto la Banca Mon-diale mette in risalto quello che gli attori internazionali, i Governi nazionali, gli Enti locali e i singoli individui dovrebbero costantemente considerare4i quando si sta discutendo di azioni di prevenzione. I Governi debbono assumere l’iniziativa nell’attuazione di azioni preventive, sia direttamente mediante l’assegnazione di adeguate ri-sorse pubbliche, sia indirettamente mostrando alle persone come proteggersi. Questa è la vera sfida che non soltanto la Banca Mondiale, ma tutti noi dobbiamo affrontare. Questo è il sogno che abbiamo e che può diventare realtà se siamo pronti a pagare il prezzo (politico) per raggiungerlo. Questo

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ideale rispecchia la convinzione e le azioni intraprese dalla Protezione Civile Italiana”.

Purtroppo, come ben sa Bertolaso, le azioni dalla Protezione Civile Italiana in questi 10 anni durante i quali ne è stato a capo, sono state indirizzate prevalentemente alla gestione delle emergenze (attività svolta egregiamente, tanto da me-ritare riconoscimenti internazionali), piuttosto che ad opere di prevenzione e messa in sicurezza, anche per la scarsità delle risorse finanziarie messe a disposizione.Secondo il Rapporto “Terra e sviluppo. Decalogo della Terra 2010”, presentato in anteprima lo scorso mese di ottobre dal neo-nato Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi, nel periodo 1991-2008 gli interventi finanziati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per la difesa del suolo, riduzione dell’inquinamento e assetto idrogeologico, sono stati pari a 58 miliardi, ma di questi solo 26 miliardi sono veramente andati alla prevenzione dei rischi, perché il 54% è stata assorbita dalle spese correnti. Eppure, nel Dossier del CNG si certifica che il 10% della superficie del “Bel Paese” è soggetta ad eventi naturali, co-me frane ed alluvioni, che oltre 24 milioni sono gli italiani interessati dai fenomeni sismici, che dal 1944 al 2008 per la ricostruzione ed il risanamento dopo le emergenze, sono stati spesi 213 miliardi di euro (attualizzati al 2009). Pesante è pure il tributo in vite umane che, secondo i dati contenuti nel Catalogo degli eventi di frana e inondazioni pubblicato

dal Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (CNR-IRPI), nel periodo 1950-2008, sono state 6.380 (morti, dispersi e feriti) per frana, e almeno 2.699 i morti a seguito di inondazioni.Alle insufficienti risorse messe a disposizione, si aggiungono anche le “situazioni di inerzia e di difficoltà dei soggetti attuatori”, come ha messo in risalto la Corte dei Conti nell’ultima indagine relativa alla “verifica del concreto svol-gimento dei programmi di interventi e di messa in sicurezza di aree interessate da dissesto idrogeologico”.“È assolutamente inammissibile - ha scritto la Magistratura contabile - che vengano lasciati troppo a lungo inutilizzati per lo scopo specifico a cui sono destinati i finanziamenti prontamente e interamente erogati dall’amministrazione centrale per la realizzazione di interventi definiti urgenti”.

Ma l’aspetto più grave per l’Italia è che “il prezzo”, a cui l’ex-Capo della Protezione Civile fa riferimento affinché possa realizzarsi “il sogno”, la nostra classe politica non sembra essere disponibile a pagarlo, o meglio, è più pro-pensa ad investimenti di immediata cantierabilità per far fronte all’emergenza, piuttosto che a quelli per interventi di lungo periodo che sarebbero necessari per il Paese.Fintanto che gli interessi elettorali (a breve termine) saranno prevalenti rispetto alle preoccupazioni per l’ambiente di vita delle giovani e future generazioni (medio-lungo termine), “il sogno” non si tramuterà in realtà!

Vicenza. L’alluvione del 1° novembre 2010 (foto: Caritas Diocesana - Vicenza)

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MANIFESTAZIONI E CONVEGNI

di Silvia Angeloni

Dall’evento un’esortazione ad agire subito

LA BIODIVERSITÀ NELNOSTRO PAESE VA TUTELATA

Roma, 24-26 Novembre 2010 “Conferenza ISPRA”

In Italia, sono almeno 58.000 le specie animali in via di estinzione (il numero più alto in Europa): questo è quanto evidenziato dall’ISPRA (Istituto Supe-riore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) durante la Conferenza te-nutasi il 24, 25 e 26 novembre 2010, presso l’auditorium dell’istituto di Roma, dal titolo: “Conferenza ISPRA per la conservazione della biodiversità”.

Il pomeriggio del 24 è stato modera-to dal Presidente dell’ISPRA, il prof. Bernardo De Bernardinis che ha parlato dell’Europa in relazione alla conservazione della diversità ecologica, ricordando che gli obiettivi dei quali si è discusso alla recente conferenza

ONU sulla biodiversità svoltasi a Na-goya non sono più rinviabili (cfr: “A Nagoya anche il cappello di Indiana Jones sul tavolo negoziale”; in Regio-ni & Ambiente, n. 11 Novembre 2010, pagg. 46-47).

Nella mattinata del 25 è stata la volta del prof. Luigi Boitani dell’Università “La Sapienza” di Roma che ha affron-tato tematiche inerenti alla biodiversità terrestre. Ad aprire il successivo dibat-tito, Eugenio Duprè della Direzione Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente, con un intervento sulla “Strategia Nazionale della Biodiversi-tà”, ai quali si sono alternati contributi sugli uccelli migratori, sugli impatti dei

cambiamenti climatici sulla biodiversità e sul ruolo della biodiversità per atte-nuare i cambiamenti climatici.

La discussione del pomeriggio del me-desimo giorno, moderata dal Presidente di COnisma (Consorzio Nazionale Inte-runiversitario per le Scienze del Mare), Angelo Tursi è stata incentrata sulla biodiversità e gestione sostenibile delle risorse marine, nel corso della quale si è parlato di pesca responsabile, di tutela delle specie marine protette e de-gli habitat, nonché dell’influenza delle alterazioni antropiche sulla biodiversità marina.

A seguire, a metà pomeriggio, è inter-

foto di Andrea Barbabella

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venuto nel dibattito denominato: “La ricerca applicata per la creazione di un sistema nazionale di Aree Protette Marine” Leonardo Tunesi, dell’ISPRA, che ha illustrato come la perdita del-la biodiversità sia causata da diverse dinamiche: - dal sovrasfuttamento delle risorse

biologiche, dalle alterazioni fisiche dell’ambiente e inquinamento (dra-gaggi, costruzioni costiere, pesca strascico, sostanze tossiche, eccesso di nutrienti);

- dall’introduzione di specie aliene, (direttamente o accidentalmente con l’entrata di specie esotiche attraverso le acque di sentina di navi), e specie allevate a scopo commerciale;

- dalle sostanze introdotte nell’atmosfera che alterano la composizione dell’aria favorendo il passaggio delle radiazioni UV e i cambiamenti climatici.

È stata, altresì, posta in risalto la ne-cessità di una protezione attiva della biodiversità, attuata attraverso diversi accordi internazionali, tra i quali: l’UN-CLOS (United Nations Conventions on the Law of the Sea), la CBD (Conven-tion on Biological Diversity) – 2010 Anno Internazionale della Biodiver-sità; la Convenzione di Barcellona, le “Direttive Habitat e Natura 2000”, e la “Strategia Nazionale per la Bio-diversità”, che è stata proposta dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; la quale è stata approvata venerdì 8 ottobre 2010 nel corso di una Conferenza unificata Stato – Regioni e discussa durante il Convegno dedicato alla Biodiversità, svoltosi a Firenze e organizzato dalla Regione Toscana e dal WWF. Grazie alla firma di questo patto si conclude l’iter che diventa finalmen-te operativo per affrontare in maniera sinergica ed efficace i problemi e le sfide che minacciano la biodiversità ambientale.

La discussione ha poi puntato l’at-tenzione in modo particolare sul Mar Mediterraneo che, coprendo l’1% della superficie marina mondiale, è popo-lato da 10.000 -12.000 specie marine, ospita il 12% -14% della biodiversità marina mondiale e il 20-30% delle spe-cie endemiche di questo mare la cui caratteristica principale è che la sua diversità biologica è soprattutto a li-vello di specie.Va ricordato che alla 10° Conferenza mondiale di Nagoya sulla Biodiversità,

uno degli obiettivi sottoscritti è quello di proteggere il 10% di tutte le ecoregio-ni marine e costiere per il 2020.Bisognerà, quindi sviluppare la capa-cità politica di raggiungere l’obiettivo del 10% di superfici marine protette con (AMP) gestite in modo efficace alternando ed integrando gli obiettivi di conservazione, al restante 90% dei mari. Inoltre, si dovranno incrementare gli sforzi per superare il target del 10% di acque nazionali ed internazionali protette. Il nostro Paese si deve dotare di un “sistema” di aree protette marine per la quale implementazione l’ISPRA ha l’esperienza, le competenze scienti-fiche nonché il know-how acquisito attraverso le collaborazioni interna-zionale, consentendo al Ministero di raggiungere questo target importante, che coinvolgerà la comunità scientifica e il mondo delle aree protette.

L’ultima giornata ha visto l’intervento del dott. Alessandro La Posta del Mi-nistero dell’Ambiente che si è occupato di strumenti e metodi per la conserva-zione della biodiversità, la sostenibilità in agricoltura, l’individuazione e la ge-stione delle aree agricole. Metà delle specie vertebrate è minac-ciata. Tra i pesci dei fiumi e dei laghi minacciati, oltre il 40% vive una situa-zione allarmante, mentre per gli uccelli e i mammiferi rispettivamente il 23% e il 15% di specie. Comunque, la situa-zione peggiore riguarda gli anfibi, con una percentuale di specie minacciate di oltre il 66%.Spiccano per numero di specie: il Pie-monte (3.304), la Toscana(3.249), il Veneto (3.111) il Friuli-Venezia Giulia, (3.094) il Lazio (3.041) e l’Abruzzo (2.989).Nelle acque interne sono presenti 5.500 specie, ossia quasi il 10% dell’intera fauna italiana, mentre quelle marine sonopiù di 10.000. L’Italia è altresì ricca di foreste con oltre 9 milioni di ettari, a cui si aggiungono 1,8 milioni di ettari di altre terre rico-perte da boschi. In totale le foreste sono presenti per oltre un terzo del territorio nazionale. Il grave problema, però che assilla i boschi sono gli in-cendi che hanno causato l’emissione in atmosfera di quasi 3 milioni di tonnel-late di anidride carbonica, pari a 0,6% del totale nazionale delle emissioni di gas serra.

Metà delle specie vertebrate è minac-ciata. Tra i pesci dei fiumi e dei laghi minacciati, oltre il 40% vive una situa-zione allarmante, mentre per gli uccelli e i mammiferi rispettivamente il 23% e il 15% di specie. Comunque, la situa-zione peggiore riguarda gli anfibi, con una percentuale di specie minacciate di oltre il 66%.La biodiversità degli ecosistemi forestali è soggetta a diverse minacce, nono-stante la superficie forestale, registri da alcuni anni risultati positivi.Anche per la biodiversità forestale sussistono minacce derivanti dall’in-troduzione di specie alloctone o aliene potenzialmente invasive.

Prima del 2050 i cambiamenti climatici sono destinati a diventare la seconda principale causa (dopo la deforesta-zione e il degrado forestale) di perdita di biodiversità a scala globale, sia ac-quatica che terrestre. Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel Climate Change), la temperatura media sulla nostra penisola e sulle isole potrebbe aumentare di 4 °C prima della fine del secolo, causando una migrazione di molte specie alla ricerca di un ambiente climatico più favorevole. Anche l’inqui-namento atmosferico contribuisce alla riduzione della biodiversità marina, dei vulcani e dei loro contaminanti, nonché quelli derivanti dalle navi civili e mi-litari affondate nei nostri mari. Queste sostanze, infatti, legate al carico, al car-burante e allo scafo, possono produrre effetti anche molto tempo dopo l’affon-damento, amplificati dal tigmotropismo positivo esercitato dal relitto che attira molte specie di pesci alla ricerca di cibo, tane e rifugi. “Il fine dell’ISPRA - ha concluso il suo Presidente Bernardo De Bernardi-nis - non è stato solo quello di illustrare le attività svolte dal medesimo istituto, ma anche “costruire” un dibattito sul suo ruolo rispetto all’attuazione del piano e della strategia nazionale per la conservazione della biodiversità su scala globale”.Questo incontro, provocando una ri-flessione sulle minacce che incombono nel Belpaese sulle specie faunistiche e floristiche ha messo in risalto la necessità di adottare delle specifiche azioni mirate alla salvaguardia del no-stro territorio e della sua ricchezza di biodiversità.

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di Dario Cordone

LA PRODUZIONE DI COMPOSTE BIOGAS DA RIFIUTI

Si è svolto lo scorso 2 e 3 Novembre in occasione di ECOMONDO un corso sul Compostaggio dei rifiuti organizzato dal Comitato Tecnico del Consorzio Italiano Compostatori (CIC), che ha avuto una parte teorica in aula presso la Fiera di Rimini ed una parte pratica con la visita presso l’impianto Romagna Compost nei pressi di Cesena.Il corso, rivolto a personale addetto alla gestione operativa degli impianti di trat-tamento e recupero dei rifiuti urbani, di compostaggio, di digestione anaerobica, nonché a tecnici del settore giunti nume-rosi da tutta Italia, aveva per obiettivo la formazione di base e l’aggiornamento per acquisire e mantenere la necessa-ria dimestichezza con gli obblighi e gli adempimenti connessi alla gestione dei rifiuti ed alla produzione di biogas da digestione anaerobica e fertilizzanti. Il corso è coordinato ed introdotto dal dottor Massimo Centemero, ha avuto numerosi Relatori:il dottor Giorgio Rustichelli ha fatto una presentazione di casi studio sulle soluzioni per i pre ed i post trattamenti nel compo-staggio e nella digestione anaerobica;Veronica Cantelli, Walter Giacetti, Matteo Fischetti hanno presentato la relazione dal titolo: “Casi pratici di gestione opera-tiva e amministrativa, analisi sui flussi di materiali generati in impianto, cor-retta prassi di gestione del sovvallo e dei rifiuti prodotti”;la tematica relativa all’etichettatura del compost è stata invece affrontata dal dottor Werner Zanardi;la Dott.ssa Lorella Rossi dello CRPA di Reggio Emilia si è occupata di inquadra-mento normativo dei rifiuti, sottoprodotti e prodotti;Alberto Ceron di Arpa Veneto, ha svolto una relazione dal titolo: “La digestione anaerobi-ca della frazione organica dei rifiuti urbani. Aspetti analitici e gestionali del digestato”.Aspetto nodale del corso è stato la corretta formulazione della digestione anaero-bica, intesa come la degradazione della sostanza organica da parte di microrgani-smi in condizioni di anaerobiosi. Si tratta di un processo alternativo al compostaggio che al contrario è strettamente aerobico.

Convenzionalmente, in relazione al tipo di batteri utilizzati, esistono due differen-ti intervalli di temperatura in cui viene condotta la digestione anaerobica: - con batteri mesofili si lavora tempera-

ture comprese fra 20 e 45 °C, con un intervallo ottimale di 37-41 °C;

- con batteri termofili le condizioni di esercizio ottimali implicano un inter-vallo di temperatura compreso fra i 50 e i 52°C, con temperature che possono anche essere relativamente elevate e superare i 70°C.

Il tempo di residenza in un digestore va-ria in funzione della quantità di materiale da trattare, del tipo di materiale e dalla temperatura di esercizio. Altro parametro particolarmente importante è il valore di pH. Nel caso della digestione condotta con batteri mesofili il tempo di residenza è compreso tra i 15 e i 30 giorni. Nel caso di un processo con batteri termofili le temperature più elevate permettono di velocizzare la digestione, richiedendo solamente due settimane per giungere a completamento. Di contro la digestione termofila ha un costo maggiore, richiede più energia ed è più critica dell’analogo processo mesofilo. Quest’ultimo è quindi quello attualmente più utilizzato.I digestori più comuni sono quelli conti-nui: possiedono dispositivi meccanici o idraulici atti a mescolare il materiale e a estrarne in continuazione gli eccessi per mantenere un volume ragionevolmente costante, durante l’aggiunta continua di materiale organico. L’altra tipologia di digestori è quella discontinua batch, impiantisticamente più semplice ma che ha lo svantaggio di emettere odo-ri e di possedere cicli di svuotamento problematici: una volta avvenuta l’ali-mentazione iniziale il reattore viene chiuso e sull’intera massa trattata non agisce alcun dispositivo di sorta per tutta la durata del processo.La digestione del materiale organico biodegradabile implica l’uso di molte differenti specie di batteri occorrenti in natura, ognuna delle quali ha un ruo-lo differente in una differente fase del processo di digestione. Lo stretto con-trollo delle condizioni operative di un

digestore è essenziale per assicurare la crescita batterica e l’effettivo verificarsi del biochimismo necessario per il buon fine della digestione stessa.La digestione anaerobica può essere effettuata sia a umido che a secco. La digestione a secco si riferisce a miscele di materiale con contenuto minimo in solidi del 30%, mentre la digestione a umido si riferisce a miscele con un mini-mo del 15% di contenuto in solidi. Quali sono i sottoprodotti della digestione anaerobica? Sono tre ed in particolare: il biogas, il digestato acidogenico ed il digestato metanogenico.Il biogas è una miscela gassosa composta prevalentemente da metano e anidride car-bonica, ma contenente anche una piccola quantità di idrogeno e occasionalmente tracce di acido solfidrico. Il biogas può essere bruciato per produrre elettricità. Il gas è spesso utilizzato anche per la co-generazione generando energia elettrica e sfruttando il calore per riscaldare gli stessi digestori o effettuare il teleriscaldamento. L’energia elettrica prodotta dalla digestione anaerobica viene considerata una forma di energia verde. Dato che il gas non viene rilasciato direttamente nell’atmosfera e l’ani-dride carbonica deriva da fonte organica caratterizzata da breve ciclo del carbonio, il biogas con la sua combustione non con-tribuisce all’aumento delle concentrazioni atmosferiche di CO

2 e grazie a ciò viene

considerato una fonte energetica a basso impatto ambientale. La produzione di bio-gas non avviene in modo costante, durante il processo della digestione anaerobica; il livello massimo viene raggiunto durante la fase centrale del processo. Nelle prime fasi della digestione la produzione di biogas è minore, perché i batteri non sono ancora riprodotti abbastanza. Verso le fasi finali, resta solamente il materiale più difficilmente digeribile, con una conseguente diminuizio-ne della quantità di biogas prodotto.Il digestato acidogenico è un materiale organico stabile composto prevalente-mente da lignina e cellulosa, ma anche da una varietà di componenti minerali e da una matrice di cellule batteriche morte; possono essere presenti anche alcune materie plastiche. Questo digesta-

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to somiglia al compost domestico e può essere utilizzato quale suo succedaneo o per produrre materiale da costruzione derivato da fibre di legno.Il digestato metanogenico è il terzo sottoprodotto della digestione anaerobica e, in relazione alla qualità del materiale sottoposto a digestione, può rappresen-tare un fertilizzante eccellente e ricco di nutrienti. Se il materiale digerito contiene basse quantità di sostanze tossiche qua-li i metalli pesanti o composti organici di sintesi quali i fitofarmaci o i bifenili policlorurati, la digestione è in grado di concentrare significativamente tali so-stanze nella fase liquida. In questi casi sono necessari ulteriori trattamenti ap-propriati. In casi estremi, e in particolare riguardo alle acque degli scarichi indu-striali, i costi di abbattimento dei tossici e i rischi ambientali possono superare il vantaggio nel produrre biogas.Come si accennava, il compostaggio tecnicamente è un processo biologico aerobico e controllato dall’uomo che porta alla produzione di una miscela di sostanze umificate (il compost) a partire da residui vegetali sia verdi che legnosi o anche animali, mediante l’azione di batteri e funghi. Il compost, detto anche terricciato o composta, è il risultato della decomposizione e dell’umificazione di un misto di materie organiche (come ad esempio residui di potatura, scarti di cucina, letame, liquame o i rifiuti del giardinaggio come foglie ed erba sfalcia-ta) da parte di macro e microrganismi in condizioni particolari: presenza di ossigeno ed equilibrio tra gli elemen-ti chimici della materia coinvolta nella trasformazione. Il compost può essere utilizzato come fertilizzante su prati o prima dell’aratura. Il suo utilizzo, con l’apporto di sostanza organica migliora la struttura del suolo e la biodisponibi-lità di elementi nutritivi (azoto). Come attivatore biologico aumenta inoltre la biodiversità della microflora nel suolo.

Secondo il Prof. Massimo Centemero, nel corso degli ultimi dieci anni la digestione anaerobica si è diffusa in molti Paesi europei, tra cui anche l’Italia. Questi im-pianti vengono realizzati non solo allo scopo di recuperare energia rinnovabi-le, il biogas, ma anche di controllare le emissioni maleodoranti e di stabilizza-re le biomasse prima del loro utilizzo agronomico. In Italia la normativa sugli incentivi alla autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (Certificati Verdi) potrebbe tradursi in un rinnovato interesse verso gli impianti di biogas.Anche il processo di evoluzione nella

politica ambientale, che riguarda anche il settore della valorizzazione energeti-ca delle biomasse, attivatosi a seguito della Conferenza di Kyoto sulla ridu-zione dell’inquinamento atmosferico da gas serra (di cui il metano è uno dei principali), può accentuare l’attenzione sul recupero del biogas, come pure il recente Regolamento CE n.1774/2002 sui sottoprodotti di origine animale, che individua la digestione anaerobica e il compostaggio come i due processi biologici che ne consentono il riciclo come fertilizzanti, e la nuova politica agricola comunitaria, che incentiva le colture energetiche.Ne deriva l’utilità di potenziare e di razio-nalizzare i sistemi che sfruttano processi di co-digestione anaerobica di biomasse di varia natura (fanghi di depurazione, biomasse di origine zootecnica e agroin-dustriale e frazioni organiche derivanti da raccolte differenziate secco/umido dei rifiuti urbani), come, ad esempio, incomincia a succedere negli impianti centralizzati operativi nel nostro Paese.Si ritiene che il mondo agricolo possa essere interessato alle opportunità che

il coincidere di problematiche, quali l’effetto serra, la valorizzazione degli scarti organici, la richiesta di un mag-gior contributo di energie rinnovabili, sta facendo emergere. In particolare, il settore zootecnico, può rappresentare la forza motrice per lo sviluppo su larga scala della digestione anaerobica, come già sta avvenendo in Germania, Dani-marca, Svezia e Austria. Gli incentivi in tal senso, sono molti: un miglioramento della “sostenibilità ambientale” degli al-levamenti, una integrazione di reddito “dall’energia verde”, una riduzione dei problemi ambientali legati alle emissioni in atmosfera e agli odori, una migliore utilizzazione agronomica degli elementi fertilizzanti presenti nei liquami.Infine, anche alla luce del fatto che l’at-tenzione verso i trattamenti dei rifiuti a bassa emissione di gas serra è un fatto-re che assumerà sempre più importanza in futuro, si ritiene che l’integrazione dei processi anaerobici ed aerobici nel trat-tamento dei rifiuti organici, dovrà essere sempre più presa in considerazione, sia nella costruzione di nuovi impianti che nel potenziamento di impianti già esistenti.

COSA SONO I SISTEMI INTEGRATI ANAEROBICO/AEROBICO ?(Fonte: da una pubblicazione scientifi ca dal titolo “L’integrazione tra la digestione anaerobica ed il compostaggio” del di M. Centemero e di S. Piccinini)

Il fatto che, a fronte del consolidamento del ruolo del compostaggio aerobico, anche la digestione anaerobica stia ottenendo sempre maggiore attenzione tra le tecnologie per il trattamento dei rifi uti solidi organici ha invogliato, in particolare in questi ultimi anni, sempre più i progettisti ad esaminare le possibili integrazioni dei due processi al fi ne di ottimizzarne i rispettivi pregi e minimizzarne gli svantaggi.I principali vantaggi e svantaggi dei due processi possono essere così sintetizzati:- la digestione anaerobica produce energia rinnovabile (biogas) a fronte del compostaggio

aerobico che consuma energia;- gli impianti anaerobici sono in grado di trattare tutte le tipologie di rifi uti organici

indipendentemente dalla loro umidità, a differenza del compostaggio che richiede un certo tenore di sostanza secca nella miscela di partenza;

- gli impianti anaerobici sono reattori chiusi e quindi non vi è rilascio di emissioni gassose maleodoranti in atmosfera, come può avvenire durante la prima fase termofi la del compostaggio;

- nella digestione anaerobica si ha acqua di processo in eccesso che necessita di uno specifi co trattamento, mentre nel compostaggio le eventuali acque di percolazione possono essere ricircolate come agente umidifi cante sui cumuli in fase termofi la;

- gli impianti di digestione anaerobica richiedono investimenti iniziali maggiori rispetto a quelli di compostaggio;

- la qualità del digestato, in uscita dalla digestione anaerobica, comporta un uso agronomico diverso rispetto al compost aerobico.

L’integrazione dei due processi può portare dei notevoli vantaggi, in particolare:- si migliora nettamente il bilancio energetico dell’impianto, in quanto nella fase anaerobica si ha

in genere la produzione di un surplus di energia rispetto al fabbisogno dell’intero impianto;- si possono controllare meglio e con costi minori i problemi olfattivi; le fasi maggiormente

odorigene sono gestite in reattore chiuso e le “arie esauste” sono rappresentate dal biogas (utilizzato e non immesso in atmosfera). Il digestato è già un materiale semi-stabilizzato e, quindi, il controllo degli impatti olfattivi durante il postcompostaggio aerobico risulta più agevole;

- si ha un minor impegno di superfi cie a parità di rifi uto trattato, pur tenendo conto delle superfi ci necessarie per il post-compostaggio aerobico, grazie alla maggior compattezza dell’impiantistica anaerobica;

- si riduce l’emissione di CO2 in atmosfera (Kubler et al., 1999);- l’attenzione verso i trattamenti dei rifi uti a bassa emissione di gas serra è un fattore che

assumerà sempre più importanza in futuro.

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INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO

Vantaggi per il consumatore e per gli obiettivi di mitigazione del clima

DAL PROSSIMO ANNOIN VIGORE LE NUOVE ETICHETTE

Pubblicati i Regolamenti sull’efficienza energetica degli elettrodomestici

Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Eu-ropea del 30 novembre 2010 (GUUE L 314) sono stati pubblicati i 4 Rego-lamenti adottati il 28 settembre 2010 dalla Commissione, che definiscono la struttura e i contenuti delle nuove etichette energetiche per alcuni elet-trodomestici:- lavastoviglie (Regolamento n. 1059/2010);- frigoriferi - congelatori (Regolamento n. 1060/2010);- lavatrici (Regolamento n. 1061/2010);- televisori (Regolamento n. 1060/2010).

L’Unione europea aveva avviato la di-sciplina dell’etichettatura energetica degli elettrodomestici con la Direttiva 92/75/CEE, concernente l’indicazio-ne del consumo di energia e di altre risorse degli apparecchi domestici mediante un’etichettatura. Le disposi-zioni riguardavano per lo più i grandi elettrodomestici bianchi: frigoriferi, congelatori, lavatrici, lavastoviglie, ecc. Successivamente l’obbligo è stato esteso a tutti i prodotti che consumano energia o sono connessi al consumo di energia, tramite la Direttiva 2010/30/UE che ha rifuso la precedente, anche al fine di aiutare i consumatori al ri-sparmio energetica e permettere all’UE di onorare i suoi impegni di riduzione della CO

2.

Pertanto, in futuro troveremo le eti-chette anche su decoder, lettori CD e DVD, ecc. e su tanti altri prodotti (ad esempio, finestre, telai o porte ester-ne) connessi al consumo di energia. Tali Regolamenti costituiscono solo una prima tranche di apparecchi che ad oggi rappresentano, comunque, un terzo della bolletta elettrica annua di una famiglia europea.“Le etichette energetiche sposteranno il mercato verso prodotti ad alta efficien-za energetica - ha dichiarato Günther Oettinger, Commissario europeo per

l’Energia - È un importante contributo all’efficienza energetica dell’Europa, alla competitività e al conseguimen-to degli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici, oltre che di risparmio di denaro per i consuma-tori”.

Per i televisori, che rappresentano un “peso” del 10% sulla bolletta elettrica di una famiglia media, sarà la prima volta che i produttori dovranno di-chiarare l’efficienza energetica dei loro prodotti, utilizzando una scala da A a G, che deve contrassegnare l’etichetta chiaramente visibile sul televisore e nella pubblicità.Per frigoriferi - congelatori, lavatri-ci e lavastoviglie, l’etichetta non è una novità, tanto che dopo la sua introduzione nel 1992, il 90% di tali elletrodomestici venduti oggi sono in classe A. Tuttavia, il miglioramento delle tecnologie consentono attual-mente di ridurre della metà il consumo di energia di un prodotto in classe A, così che l’Unione europea a deciso di estendere la scala verso l’alto, con tre nuove classi: “A +”; “A++”; “A+++), per i prodotti dalle prestazioni migliori di A.

La struttura, la forma e il contenuto dell’etichetta variano per ogni catego-ria di prodotto al quale si riferisce e vengono definiti, in applicazione del-la Direttiva 2010/30/UE attraverso una normativa di dettaglio, contenuta nei Regolamenti. Lo schema a colori dell’etichetta rima-ne, con la classe più alta classe che resterà di colore verde scuro, mentre quella a minor efficienza energetica sarà rossa.

Il Regolamento n. 1059/2010 pre-vede che, a partire dal 20 dicembre 2011, l’etichetta energetica da apporre alle lavastoviglie dovrà avere la for-ma sopra indicata e dovrà riportare le seguenti informazioni:• il nome o marchio del fornitore; • il modello dell’apparecchio; • la classe di efficienza energetica; • il consumo annuo di energia (AEC) espressa in kWh/anno; • il consumo annuo di acqua (AWC) espres-sa in litri/anno; • la classe di efficienza di asciugatura; • le emissioni di rumore aereo espresse in dB(A) re 1 pW.

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LE ETICHETTE ENERGETICHE PER TELEVISORI, FRIGORIFERI, LAVASTOVIGLIE E LAVATRICI: DOMANDE E RISPOSTE.(fonte: Commissione Europea)

In che modo le etichette energetiche riguardano il consumatore?Televisori, frigoriferi, congelatori, lavastoviglie e lavatrici rappresentano in media il 30% della bolletta elettrica pagata ogni mese dalle famiglie. . L’etichetta energetica consentirà al consumatore di vedere più facilmente quali sono gli elettrodomestici che consumano meno energia.

Quali sono le principali differenze tra la vecchia e la nuova etichetta?Il nuovo sistema di etichettatura permette di aggiungere al di sopra della classe A, altre 3 classi (da A + ad A + + +), in modo da fornire ai consumatori una maggiore differenziazione tra i prodotti. Se la maggior parte del mercato raggiungerà le due classi più alte (A + +, A +++), la classifi ca sarà riesaminata. Tuttavia, si prevede che le classi A + + + sono vicine al limite tecnologico di miglioramento di effi cienza possibile.Un’altra novità è che l’etichetta non ha linguaggio e sarà aggiunta alla confezione di ogni apparecchio, consentendo ai rivenditori di appli-carla facilmente sugli elettrodomestici presso i punti vendita e di evitare l’attuale situazione per cui gli apparecchi sono spesso etichettati erroneamente.Quanta energia può rispamiare una famiglia con la classe energetica più alta sull’etichetta?La quantità effettiva di energia risparmiata dipende naturalmente dal prodotto (le sue dimensioni e caratteristiche). Ad esempio, un frigorifero congelatore in classe A + + + consuma in media il 60% meno di un frigorifero-congelatore in classe A. Una lavastoviglie o una lavatrice in classe A + + + consuma in media il 30% in meno di una lavastoviglie o una lavatrice di classe A.TV e altre apparecchiature saranno più costose per i consumatori?Il sistema di etichetta non fa aumentare i prezzi. I prodotti energetici effi cienti tendono a costare di più, ma fanno risparmiare energia. L’etichetta offre al consumatore l’opportunità di scegliere il prodotto che vuole.

L’introduzione di queste nuove etichette vieterà la vendita di alcuni vecchi elettrodomestici?L’etichetta non vieta la vendita dei vecchi prodotti, ma fornisce informazioni e trasparenza al mercato per aiutare i consumatori a prendere una decisione consapevole di acquisto, assicurando che tutti i prodotti siano comparabili con gli stessi metodi di prova e classifi cazione. L’obiettivo dell’etichettatura energetica è di offrire incentivi all’industria per sviluppare prodotti sempre più innovativi al di là dei livelli “minimi” obbligatori di rendimento energetico.

Perché l’etichetta energetica per i televisori ha sette classi da A a G, mentre l’etichetta energetica su frigoriferi, lavastoviglie e lavatrici arriva fi no alla classe A + + +?Il principio è che l’etichetta energetica inizia con le classi da A a G quando viene introdotta per la prima volta sul mercato (è attualmente il caso dei televisori). Frigoriferi, lavastoviglie e lavatrici hanno già introdotto l’etichetta energetica dalla classe A alla G da più di 10 anni. Conseguenza del miglioramento tecnologico innescato dall’etichetta è che circa il 90% di quei prodotti hanno attualmente raggiunto la classe A. Per questo motivo sono state introdotte nuove classi superiori alla A, per consentire ai consumatori di differenziare meglio i prodotti, rispetto alla semplice classe A.

Come sarà la nuova etichetta che potremo osservare nei punti vendita? Una vecchia classe A di apparecchi di refrigerazione, lavasto-viglie e lavatrici corrisponde alla nuova classe A?La nuova etichetta verrà gradualmente introdotta nei punti vendita, il che signifi ca che i consumatori rischiano di vedere la vecchia e la nuova etichetta indifferentemente vicine per diversi mesi presso i punti vendita. Tuttavia, dato che vecchia classe A o B di un apparecchio è equivalente alla nuova classe A o B, i consumatori saranno ancora in grado di confrontare i prodotti sulla base di entrambe le etichette energetiche.

Qual è la differenza tra etichette energetiche, marchi ecologici e eco-progettazione?Le etichette energetiche adottate dalla Commissione europea da prodotto a prodotto, evidenziano una classifi ca dei prodotti secondo il loro consumo ed effi cienza energetici su una scala da A a G, con la classe A (verde) che indica gli apparecchi ad alta effi cienza energetica e la classe G (rosso) per la più bassa. Una volta che la maggioranza dei prodotti arriva in classe A, fi no a tre classi (A + / A + + / A + + +) sono aggiunti alla classe A.Le etichette energetiche sono obbligatorie per tutti gli apparecchi immessi sul mercato UE e devono essere sempre chiaramente visibili su ciascun apparecchio presso i punti vendita.Ecolabel sono le etichette volontarie adottate dalla Commissione europea da prodotto a prodotto. Il marchio Ecolabel, ossia il logo con il fi ore, può essere visualizzato su prodotti e materiale promozionale su base volontaria, se rispondono ad un elenco di criteri di attuazione predefi niti dalla Commissione, a garanzia che il prodotto è tra i più rispettosi dell’ambiente nel suo settore.La Progettazione ecocompatibile (Ecodesign) è stata adottata dalla Commissione da prodotto a prodotto, fi ssando i requisiti minimi delle prestazioni dei prodotti in modo da migliorare il loro impatto ambientale. La Progettazione ecocompatibile è obbligatoria e deve essere applicata a tutti i prodotti che siano autorizzati ad essere immessi sul mercato UE. Essa si basa su una valutazione dell’impatto del prodotto sull’ambiente durante tutto il suo ciclo di vita, a partire dalla fase di produzione, fi no alla produzione, distribuzione e smaltimento.

Il Governo italiano ha approvato di recente (18 novembre 2010) uno schema di Decreto legislativo attuativo della Direttiva sull’Ecodesign (Direttiva 2009/125/UE) che detta, appunto, le regole per la progettazione ecocompatibile dei prodotti “connessi all’energia”, che andava recepita entro il 20 novembre 2010. Tale Decreto andrà ad abrogare il D. Lgs. 2001/2007, attuativo della Direttiva 2005/32/CE.

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Il Regolamento n. 1062/2010 pre-vede che, a partire dal 30 novembre 2011, l’etichetta energetica da appor-re ai televisori dovrà avere la forma sopra indicata e dovrà riportare le se-guenti informazioni:• il nome o marchio del fornitore; • il modello dell’apparecchio; • la classe di efficienza energetica del televiso-re; • il consumo di energia in modo acceso espresso in Watt; • il consu-mo annuo di energia in modo acceso espresso in kWh/anno; • la diagonale dello schermo visibile, sia in centimetri che pollici.Nel caso in cui il televisore abbia prestazioni energetiche superiori alla classe A, il Regolamento prevede tre nuove categorie energetiche: • “ A+ ” • “A++” • “A+++”.

Il Regolamento n. 1061/2010 pre-vede che, a partire dal 20 dicembre 2011, l’etichetta energetica da appor-re alle lavatrici dovrà avere la forma sopra indicata e dovrà riportare le se-guenti informazioni: • il nome o marchio del fornitore; • il modello dell’apparecchio; • la classe di efficienza energetica dell’apparec-chio; • il consumo annuo ponderato di energia (AEC) espresso in kWh/an-no; • il consumo annuo ponderato di acqua (AWC) espresso in litri/anno; • la capacità nominale, espressa in kg, per il programma standard a pieno carico per tessuti di cotone a 60 °C o a 40 °C, a seconda di quale valore sia inferiore; • la classe di efficienza della centrifuga; • le emissioni di rumore aereo, espresse in dB(A) re 1 pW, du-rante le fasi di lavaggio e centrifuga per il programma standard per tessuti di cotone a 60 °C a pieno carico.

Il Regolamento n. 1060/2010 pre-vede che, a partire dal 30 novembre 2011, l’etichetta energetica da apporre ai frigoriferi, ai congelatori e ai fri-gocongelatori con consumi che vanno dalla classe A+++ a C dovrà avere la forma sopra indicata e dovrà riportare le seguenti informazioni:• il nome o marchio del fornitore; • il modello dell’apparecchio; • la classe di efficienza energetica dell’apparec-chio; • il consumo annuo di energia (AEC) espresso in kWh/anno; • la somma del volume utile di tutti gli scomparti senza stelle (ossia con tem-peratura di funzionamento > – 6 °C); • la somma del volume utile di tutti gli scomparti per la conservazione di alimenti congelati (ossia con tempe-ratura di funzionamento ≤ – 6 °C); • le emissioni di rumore aereo, espresse in dB(A) re1 pW.

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IL COMMENTO

Il Consiglio dei Ministri, dopo il via libera con osservazioni nella seduta del 18 novembre 2010 ha approvato defini-tivamente lo schema di Decreto Legislativo n. 250 di recepimento dell’ultima Direttiva Quadro sui Rifiuti (Direttiva 2008/98/CE), che “introduce significative novità volte a rafforzare i principi della precauzione e prevenzio-ne nella gestione dei rifiuti”, secondo quanto si legge nel comunicato stampa del Governo. Pertanto, una volta pub-blicato sulla Gazzetta Ufficiale, il provvedimento costituirà un nuovo sostanziale “correttivo” della Parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, il cosiddetto Testo Unico Ambientale.“Con l’approvazione del decreto l’Italia volta pagina - ha affermato il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Ter-ritorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo - Si supera la fase caratterizzata da una gestione “artigianale” dei rifiuti, concepiti peraltro come un problema, per rafforzare la dimen-sione di una gestione integrale, organica ed industriale dei rifiuti, intesi come risorsa. L’industrializzazione del settore costituisce, infatti, non solo una garanzia per il rispetto della normativa ambientale, ma permette anche il rafforzamento occupazionale e la competitività internazionale del settore, la creazione di un’economia verde di scala e la possibilità di un trasferimento di tecnologia verso quei Paesi che necessitano di moderne tecnologie per la gestione dei rifiuti”.“L’attuazione della nuova Direttiva - ha aggiunto il Ministro - valorizzando il rifiuto sia come materiale riciclabile che come risorsa energetica, determinerà una diminuzione dei costi dello smaltimento per i cittadini perché i rifiuti trove-ranno una effettiva collocazione in una filiera produttiva che li utilizzi per la produzione di materia prima secondaria o come fonte di energia rinnovabile”.Quantunque al momento di chiudere il numero di dicembre 2010 di Regioni&Ambiente il Decreto in questione non sia stato pubblicato, abbiamo ritenuto opportuno diffondere nelle pagine in Inserto il testo dello stesso, quale uscito dalla riunione del Governo, stante la necessità di divulgare quanto prima le novità introdotte, con l’avvertenza che lo stesso non riveste carattere di ufficialità, per la quale rinviamo alla sua pubblicazione in G. U.

Tra le novità fondamentali del Decreto, il Ministero dell’Ambiente segnala l’individuazione di strumenti che consentiranno di ridurre l’uso di risorse naturali vergini at-traverso l’utilizzo di materie prime secondarie derivanti dai rifiuti e, introducendo una vera e propria definizione di sottoprodotto (vedi art. 12), immediatamente applicabile e meno restrittiva di quella prevista dalla legislazione vigente, ovvero una sostanza o un oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è produrlo e che se rispetta certe condizioni può non essere considerato rifiuto (per esempio: i trucioli della lavorazione dei mobili; gli sfridi della lavorazione dei metalli; ecc.).

In tale contesto si affronta l’annoso problema delle terre e rocce da scavo, stabilendo che se il materiale da risulta non è contaminato viene considerato un sottoprodotto e potrà essere riutilizzato in loco (articolo 11). Sino ad ora tutte le imprese che realizzavano infrastrutture (strade, autostrade, immobili, metropolitane) erano costrette a smaltire il ma-teriale scavato come rifiuto (con adempimenti e con oneri annessi era come portarlo in discarica) e acquisire nuovo materiale per le attività di costruzione delle opere.Saranno stabiliti i criteri con i quali il CDR, il combustibile derivato dai rifiuti potrà essere considerato una materia prima secondaria e non più un rifiuto, fatto che consen-tirà di recuperare indubbi ed evidenti vantaggi di ordine ambientale ed economico, quali la CO

2 risparmiata ed il

mancato utilizzo di materie prime di origine fossile per la produzione di energia elettrica.“Le materie prime secondarie ed i sottoprodotti - chiarisce la nota ministeriale - costituiranno gli strumenti base per la creazione della società del riciclo e del recupero auspicata dall’Unione Europea”.

Altra innovazione contenuta nel provvedimento è l’indivi-duazione degli obiettivi di riciclaggio da raggiungere entro il 2020 (articolo 7) riguardanti determinati flussi di rifiuti quali la carta, i metalli, la plastica e il vetro, provenienti dai nuclei domestici, per i quali viene fissato l’obiettivo mi-nimo del 50% in termini di peso, che consentirà di chiudere il ciclo di vita dei materiali e reintrodurli nuovamente nel settore economico di produzione e consumo. Per raggiun-gere tali obiettivi, la raccolta differenziata costituirà uno dei principali strumenti utilizzabili (obbligatoria entro il 2015, ameno per carta, metalli, plastica e vetro), anche se non l’unico, ponendo attenzione non solo alla quantità, ma anche alla qualità del recupero e del riciclo.Tale formulazione non convince alcune Associazioni (As-sociazione dei Comuni Virtuosi, Associazione Rifiuti 21 Network, Rete Italiana Compostatori Domestici, AICA, Cen-tro di Ricerca “Rifiuti Zero”, che nel documento redatto in occasione della “Settimana europea di riduzione dei Rifiuti” hanno paventato l’eliminazione dell’obbligo per i Comuni di raggiungere elevate percentuali di raccolta differenziata, con le ripercussioni negative che le “emergenze” ambien-tali in alcune aree hanno evidenziato, anche alla luce delle modifiche introdotte all’articolo 205 del D. Lgs. n. 152/2006 (articolo 21 comma 2). A loro avviso tali norme sarebbe-ro “una modifica peggiorativa, che riduce gli obblighi di legge sulla raccolta differenziata, dando la possibilità ai Comuni inadempienti sulla raccolta differenziata di avere una deroga, che penalizza la preparazione al riciclaggio (cioè, la riparazione di beni da immettere nuovamente al consumo)”.L’articolo 21, motivo della polemica, introduce un comma

Molte le novità, ma anche qualche perplessità

Approvato il D. Lgs. di recepimento della nuova Direttiva quadro sui rifiutiVALORIZZAZIONE DEL RIFIUTO COME MATERIA RICICLABILE E RISORSA ENERGETICA

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all’articolo 205 (Misure per incrementare la raccolta diffe-renziata) del D.Lgs. n. 152/2006: “Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale ed economico, non sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui al comma 1, il comune può richiedere al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei requisiti stabiliti al precedente periodo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare la predetta deroga, previa stipula di un accordo di programma tra Ministero, Regione ed enti locali interessati, che stabilisca: a) le modalità attraverso le quali il comune richiedente in-tende conseguire gli obiettivi di cui all’art. 181, comma 1. Le predette modalità possono consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;b) la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indif-ferenziati, qualora non destinati al recupero di materia; c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente si obbliga ad effettuare.L’accordo di programma può prevedere ulteriori obblighi per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta, titolo I, del presente decreto nonché stabilire modalità di accertamento dell’adempimento degli obblighi assunti nell’ambito dell’accordo di programma e prevedere una disciplina per l’eventuale inadempimento. I piani regionali si conformano a quanto previsto dagli ac-cordi di programma di cui al presente comma”.

Viene introdotto e formulato l’intero articolo 182 ter per i Rifiuti Organici, con cui si stabilisce che” la raccolta sepa-rata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002. Le Regioni e le Pro-vince autonome, i Comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell’ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del decreto misure volte a incoraggiare:a) la raccolta separata dei rifiuti organici;b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente (vedi articolo 9).

Ma se il Decreto ha affidato alle operazioni di riciclaggio e recupero un ruolo importante nella gestione dei rifiuti, è stata posta molta attenzione alla diminuzione della produ-zione dei rifiuti attraverso lo strumento della prevenzione dei rifiuti sia con disposizioni vincolanti che con strumenti programmatici, quale la predisposizione dei programmi di prevenzione. Viene espresso il concetto che “il riutilizzo e il riciclo dovrebbero preferirsi alla valorizzazione energeti-ca”, seconda una scala gerarchica che prevede, appunto, la prevenzione al primo posto, seguita dalla preparazione per il riutilizzo (novità introdotta con l’articolo 4 ed alla quale viene dedicata una apposita disposizione con l’articolo 6 in cui si definiscono le operazioni attraverso cui i prodot-

ti, divenuti rifiuti, possono essere reimpiegati senza altro pre-trattamento), viene poi il riciclo, il recupero (compreso quello energetico) e, infine, lo smaltimento.

Le Pubbliche Amministrazioni promuoveranno l’analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall’ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazio-ni anche ai sensi del D.Lgs. n. 95/2005, l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie.Secondo il Ministero, il Decreto, definendo un sistema basato sul recupero e riutilizzo dei prodotti, consentirà sostanziali economie in materia di: bolletta energetica nazionale; costi per le famiglie sia in termini energetici che di beni di con-sumo; costi per le imprese.

L’articolo 183 del D.Lgs. 152/2006, relativo alle Definizioni, è stato completamente riscritto, modificandone alcune ed introducendone di nuove, tra le quali meritano segnalazione quelle di:- rifiuto che ritorna alla formulazione di “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”; - rifiuto organico: “rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei do-mestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziatocon contenitori a svuotamen-toriutilizzabili o con sacchetti comportabili ceritificati a norma UNI EN 12432-2002”;- autocompostaggio: “compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto”;- commerciante: “qualsiasi impresa che agisce in quali-tà di committente al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti”;- intermediari: “qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto terzi, compresi gli in-termediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti”;- gestione: “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smal-timento dei rifiuti, compresi la supervisione e il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario”;- trattamento: “operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smal-timento”- deposito temporaneo: “il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento /CE) 29 aprile 2004, n. 850 e successive modificazioni devono essere depositati nel rispetto delle nor-me tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguen-ti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:

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con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;3) il “deposito temporaneo” deve essre effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecni-che, nonché, per i rifiuti pericoli, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’im-ballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della Tutela del territorio e del Mare di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo”;- combustibile da rifiuti (CDR): “il combustibile prodot-to da rifiuti aventi caratteristiche individuate nelle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile da rifiuti, è classificato come rifiuto speciale”;- combustibile solido secondario (CSS): “il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed in-tegrazioni; il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale”- digestato di qualità: “prodotto ottenuto dalla digestione aerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che ri-spetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero delle Po-litiche Agricole”;- spazzamento delle strade: “modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito”;- circuito organizzato di raccolta: “sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprendito-riali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All’accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione”.

Anche l’articolo 185 del D. Lgs. n. 152/2006, relativo alle esclusioni dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, ha subìto una riscrittura (articolo 13).Le operazioni di sgombero della neve non costituisce atti-vità di gestione dei rifiuti e quindi la non inclusione di quanto spazzato dalla definizione di rifiuto (articolo 28 bis).

Con l’articolo 16 si rivisitano gli adempimenti documenta-li, sia per rispondere alle previsioni della nuova Direttiva quadro 2008/98/CE sia per adeguarli ai nuovi adempimenti previsti dall’introduzione del D. M. 17 dicembre 2009 e successive modifiche (SISTRI). Vengono così modificati o integrati gli articoli del D. Lgs. n. 152/2010: 188 (Responsa-bilità della gestione dei rifiuti ) con contestuale inserimento del 188-bis (Controllo della tracciabilità dei rifiuti) e del 188-ter (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti); 189 (Catasto dei rifiuti); 190 (Registro di carico e scarico); 193 (Trasporto dei rifiuti).

Diversi articoli del Decreto, ovviamente, vengono dedicati al SISTRI che in questo modo fa il suo ingresso ufficiale all’in-terno del D. Lgs. n. 152/2006, e alle sanzioni previste in caso di violazione della relativa normativa, che richiede l’adozione delle misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell’ambiente e della salute umana, ivi comprese misure volte a garantire la tracciabilità, dalla produzione alla destinazione finale, dei rifiuti pericolosi. In tale ambito si collocano anche le norme contenute nello Decreto relative alla tracciabilità dei rifiuti, che permetterà di conoscere non solo in tempo reale le quantità e tipologie di rifiuti generati in Italia e nelle varie regioni, ma anche la gestione e i movimenti dei rifiuti stessi. È stato, inoltre, approntato un sistema sanzionatorio (articolo 36) che non poteva essere contenuto nel decreto ministeriale istitutivo del sistema e che, in ossequio a quanto richiesto dalla Direttiva comunitaria, sia uno strumento efficace per la prevenzione e per la repressione dei reati ambientali legati alla gestione dei rifiuti.Il regime sanzionatorio per le violazioni agli adempimenti del SISTRI, al quale verranno applicate in quanto compati-bili, anche le sanzioni previste dal Codice della Strada che riguardano in particolare la confisca e il fermo amministra-tivo dell’automezzo, se non interverrà un’ulteriore proroga, entrera in vigore dal 1° gennaio 2011. Confindustria e Rete Imprese Italia hanno inviato al Ministero dell’Ambiente una lettera con cui ribadiscono la necessità della sospensione per almeno 12 mesi delle sanzioni, mentre l’UNATRAS ha chiesto addirittura una proroga del SISTRI di due anni.Ricordiamo che ;- le multe per la mancata iscrizione entro i termini previsti (dal 1° gennaio 2011) andranno da 2.660 a 15.500 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi, fino a 93.000 euro se sono trattati rifiuti pericolosi;- per l’omesso pagamento del contributo di iscrizione entro i termini previsti, ci sono sanzioni da 2.600 a 15.500 euro, men-tre se si tratta di rifiuti pericolosi le sanzioni vanno da 15.500 a 93.000, con la sospensione immediata del servizio;.- sanzioni da 2.600 a 15.500 euro o da 1.040 a 6.200 per imprese con meno di 15 dipendenti, per l’omessa compila-zione del registro cronologico o della scheda SISTRI-area movimentazione, oppure per informazioni incomplete o inesatte, o alterazione fraudolenta di uno dei dispositivi che, comunque, ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento;- mancata conservazione del dispositivo SISTRI nel luogo per il quale è stato richiesto. Il decreto ministeriale 9 luglio 2010, infatti, ha introdotto l’obbligo di conservare i dispositivi elettronici presso l’unità locale o la sede dell’impresa.

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Ma il Decreto contiene altri punti rilevanti.- viene enfatizzato, con l’introduzione dell’Art. 178 bis, il principio di responsabilità estesa di tutti i sogget-ti coinvolti nella gestione dei rifiuti, da declinare in successivi decreti attuativi (vedi articolo 3), “inteso come qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodot-ti, nell’organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo”.- il divieto di “smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di rag-giungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano”;- l’adozione da parte del MATTM di un Programma nazio-nale di prevenzione dei rifiuti che dovrà interfacciarsi con i Piani regionali;- oltre alle modifiche ed alle abrogazioni di alcuni dei preesi-

stenti Allegati al D.Lgs n. 152/2006, viene introdotto (articolo 39, comma 6) l’Allegato L, recante esempi di misure di prevenzione dei rifiuti di cui ai Programmi regionali di prevenzione della produzione di rifiuti (articolo 199, comma 3, lettera r) che debbono essere approvati o modifi-cati entro tre anni e sottostare alla procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS);- l’inserimento dell’articolo 182-bis Principio di autosuf-ficienza e prossimità (articolo 9); - la modifica dell’articolo 193 del D. Lgs. n. 152/2006 (Spe-dizioni transfrontaliere) per adeguarlo al sistema Sistri (articolo 17); - l’introduzione di modifiche sostanziali (articolo 25, commi 5,7,9,12) all’articolo 212 del D. Lgs. n. 152/2006, relativo all’Albo nazionale Gestori Ambientali.

Tutti spunti quelli indicati, ma chissà quanti altri abbiamo omesso o sottaciuto, che avrebbero meritato ben maggiori e più autorevoli approfondimenti.

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(ndr: Si avverte che al momento di andare in stampa, non è ancora intervenuta la pubbicazione del Decre-to sulla G.U., pertanto il testo inserito nelle pagine di questo Inserto non riveste carattere di ufficialità e non è sostitutivo in alcun modo della pubblicazione uffi-ciale cartacea).

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti che abroga alcune precedenti direttive; Vista la legge 7 luglio 2009, n. 88, recante Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenen-za dell’Italia alle Comunita’ europee (Legge comunitaria 2008) e in particolare l’articolo 1, recante Delega al Governo per l’attuazione di direttive comunitarie; Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e suc-cessive modificazioni; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Mi-nistri, adottata nella riunione del 16 aprile 2010; Acquisito il parere della Conferenza unificata in data 29 luglio 2010;Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione definitiva del Consiglio dei mini-stri, adottata nella riunione del 18 novembre 2010;Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro della giustizia, con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministro della difesa, con il Ministro della salute, con il Ministro delle infrastrut-ture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico; E m a n a il seguente decreto legislativo:

Articolo 1(Modifiche all’articolo 177 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) L’articolo 177 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente:“Articolo 177 (Campo di applicazione e finalità) 1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare

D. Lgs. 18 novembre 2010

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della Direttiva 2008/98/CE, prevedendo misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana, prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia. 2. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse. 3. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti. 4. I rifiuti sono gestiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in par-ticolare: a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente. 5. Per conseguire le finalità e gli obiettivi di cui ai commi precedenti, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali esercitano i poteri e le funzioni di ri-spettiva competenza in materia di gestione dei rifiuti in conformità alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto, adottando ogni opportuna azione ed avvalendosi, ove opportuno, mediante accordi, contratti di programma o protocolli d’intesa anche sperimentali, di soggetti pubblici o privati. 6. I soggetti di cui al comma 5 costituiscono, altresì, un sistema compiuto e sinergico che armonizza, in un con-testo unitario, relativamente agli obiettivi da perseguire, la redazione delle norme tecniche, i sistemi di accredita-mento e i sistemi di certificazione attinenti direttamente o indirettamente le materie ambientali, con particolare riferimento alla gestione dei rifiuti, secondo i criteri e con le modalità di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), e nel rispetto delle procedure di informazione nel settore delle norme e delle regolazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, previste dalle direttive comunitarie e relative norme di attuazione, con particolare riferimento alla legge 21 giugno 1986, n. 317.7. Le Regioni e le Province autonome adeguano i rispet-tivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema contenute nella parte quarta del pre-sente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso.8. Ai fini dell’attuazione dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle disposizioni di cui alla parte quarta del

RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA 2008/98/CE EMODIFICA PARTE IV - NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI DEL D.LGS. 3 APRILE 2006, N. 152 (T.U.A.)

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presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi del supporto tec-nico dell’Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale (ISPRA) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.”

Articolo 2(Modifiche all’articolo 178 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. L’articolo 178 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente: “Articolo 178 (Principi) 1. La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di coopera-zione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina pa-ga. A tal fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali.”

Articolo 3 (Responsabilità estesa del produttore) 1. Dopo l’articolo 178 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall’articolo 2 del pre-sente decreto, è inserito il seguente articolo: “Articolo 178-bis (Responsabilità estesa del produttore)1. Al fine di rafforzare la prevenzione e facilitare l’utiliz-zo efficiente delle risorse durante l’intero ciclo di vita, comprese le fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera circolazio-ne delle merci sul mercato, possono essere adottati, previa consultazione delle parti interessate, con uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare aventi natura regolamentare, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le modalità e i criteri di introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto, inteso come qualsiasi perso-na fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti, nell’organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo.2. Ai medesimi fini di cui al comma 1 possono essere adottati con uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, le modalità e i criteri: a) di gestione dei rifiuti e della relativa responsabilità finanziaria dei produttori del prodotto. I decreti della presente lettera sono adottati di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze; b) di pubblicizzazione delle informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile; c) della progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro

impatti ambientali; d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, assicurando che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti av-vengano in conformità con i criteri di cui agli articoli 177 e 179; e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la pro-duzione e la commercializzazione di prodotti adatti all’uso multiplo, tecnicamente durevoli, e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti ad un recupero ade-guato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l’ambiente.3. La responsabilità estesa del produttore del prodotto è applicabile fatta salva la responsabilità della gestione dei rifiuti di cui all’articolo 188, comma 1, e fatta salva la legislazione esistente concernente flussi di rifiuti e prodotti specifici. 4. I decreti di cui al comma 1 possono prevedere al-tresì che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti. Nel caso il produttore del prodotto par-tecipi parzialmente, il distributore del prodotto concorre per la differenza fino all’intera copertura di tali costi. 5. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Articolo 4 (Modifiche all’articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. L’articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente:

“Articolo 179 (Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti) 1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della se-guente gerarchia del trattamento dei rifiuti: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento. 2. La gerarchia del trattamento dei rifiuti stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, in applicazione del principio di pre-cauzione e sostenibilità, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente a) valutando, in particolare, - le emissioni prevedibili; - il grado di protezione delle risorse naturali e del loro uso efficiente; - l’energia impiegata e ricavata; - l’accumulo di contaminanti nei prodotti, nei rifiuti destinati al recupero oppure nei prodotti recuperati; b) tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed econo-mici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità

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economica. 2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di prio-rità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità econo-mica. 3. In via eccezionale, può essere necessario discostar-si, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, dall’ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, in applicazione del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad un’analisi in relazione agli impatti complessivi: a) ambientali e sanitari della produzione e della gestio-ne, in termini di ciclo di vita, di tali rifiuti; b) sociali ed economici, ivi compresi la fattibilità tecnica e la praticabilità economica. 3. Con riferimento a singoli flussi di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall’ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della pro-duzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse. 4. Con uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministro della Salute possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi precedenti, il miglior risultato in termini di pro-tezione della salute umana e dell’ambiente. 5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell’eser-cizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante: a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali; b) la promozione della messa a punto tecnica e dell’im-missione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento; c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero. d) la determinazione di condizioni di appalto che pre-vedano l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mer-cato dei materiali medesimi; e) l’impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l’impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia. 6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei ri-

fiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia. 7. Le Pubbliche Amministrazioni promuovono l’analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite me-diante linee guida dall’ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del d.lgs. 195/2005, l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie. 8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legisla-zione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Articolo 5 (Modifiche all’articolo 180 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 180 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, lettera a), dopo le parole “certificazione ambientale,” sono inserite le parole “utilizzo delle mi-gliori tecniche disponibili”; b) al comma 1, lettera b), le parole “gare d’appalto” sono sostituite dalle parole “bandi di gara o lettere d’invito”; c) al comma 1, lettera c), sono soppresse le parole “con effetti migliorativi,”; d) al comma 1, la lettera d) è soppressa; e) dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti commi: “2. Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare adotta entro il 12 dicembre 2013, a norma degli articoli 177, 178, 178-bis e 179, un programma na-zionale di prevenzione dei rifiuti ed elabora indicazioni affinché tali programmi tale programma siano integratoi nei piani di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199. In caso di integrazione nel piano di gestione, sono chiara-mente identificate le misure di prevenzione dei rifiuti. 3. I programmi di cui al comma precedente fissano gli obiettivi di prevenzione. Il ministero descrive le misure di prevenzione esistenti e valuta l’utilità degli esempi di misure di cui all’allegato L o di altre misure adeguate. 4. Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare individua gli appropriati specifici parametri qualitativi o quantitativi per le misure di prevenzione dei rifiuti, adottate per monitorare e valutare i progressi realizzati nell’attuazione delle misure di prevenzione e può stabilire specifici traguardi e indicatori qualitativi o quantitativi. 5. Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare assicura la disponibilità di informazioni sulle migliori pratiche in materia di prevenzione dei rifiuti e, se del caso, elabora orientamenti linee guida per assistere le regioni nella preparazione dei programmi di cui all’articolo 199, comma 3, lett. r). 6. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legisla-

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zione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Articolo 6 (Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riuti-lizzo di rifiuti) 1. Dopo l’articolo 180 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è inserito il seguente: “Articolo 180-bis (Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti) 1. Le pubbliche amministrazioni promuovono, nell’eser-cizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti. Tali iniziative possono consistere anche in: a) uso di strumenti economici; b) misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo; c) adozione, nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi dell’arti-colo 83, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b) e 69 del medesimo decreto; a tal fine il Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del Mare adotta entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione i decreti attuativi di cui all’art. 2 del DM 11 aprile 2008; d) definizione di obiettivi quantitativi; e) misure educative; f) promozione di accordi di programma. 2. Con uno o più decreti del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, sentita la Confe-renza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l’introduzione della responsabilità estesa del produtto-re del prodotto. Con uno o più decreti del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente di-sposizione, sono definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate. e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che pos-sono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo. 3. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legisla-zione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Articolo 7(Modifiche all’articolo 181 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)1. L’articolo 181 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

152 è sostituito dal seguente: “Articolo 181 (Riciclaggio e recupero dei rifiuti) 1. Al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni stabiliscono i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta differen-ziata in conformità a quanto previsto dall’articolo 205. Le autorità competenti realizzano, altresì, entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il legno, nonché adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi: a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metal-li, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono assimilabili simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso; b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il ri-ciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 % in termini di peso.1-bis. Nelle more della definizione, da parte della Com-missione europea, delle modalità di attuazione e di calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, tali modalità sono definite con decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare. 1-bis. Sino alla definizione, da parte della Commissione europea, delle modalità di attuazione e calcolo degli obiettivi di cui al comma 1, il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare può emanare decreti che determinino tali modalità. 2. Con uno o più decreti del Ministero dell’Ambien-te e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformità ai criteri di priorità di cui all’articolo 179 e alle modalità di cui all’articolo 177, comma 4. nonché misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità, privilegiando la raccolta differenziata, eventualmente anche mono-materiale, dei rifiuti.3. Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse. 4. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi

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dell’articolo 212, comma 5, del presente decreto, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero.4-bis. Al fine di favorire l’educazione ambientale e con-tribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e plastica negli istituti scolastici sono esentati dall’obbligo di autorizzazione in quanto presentano rischi non elevati e non sono gestiti su base professionale. 5. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legisla-zione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Articolo 8 (Modifiche all’articolo 182 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 182 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 2, dopo le parole “e di recupero” sono in-serite le parole “e prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di recupero”; b) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi even-tuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di raggiun-gere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.”; c) i commi 4 e 5 sono sostituiti dai seguenti commi: “4. Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompa-gnato da recupero energetico con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile tenendo conto delle migliori tecniche disponibili garantisca un elevato livello di recupero energetico. 5. Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legisla-tivo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.”; d) i commi 6 e 7 sono soppressi il comma 7 è sop-presso.

Articolo 9(Principi di autosufficienza e prossimità. Rifiuti orga-nici) 1. Dopo l’articolo 182 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono inseriti i seguenti: “Articolo 182-bis (Principi di autosufficienza e prossimità) 1. Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di: a) realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;

b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo con-to del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garan-tire un alto grado di protezione dell’ambiente e della salute pubblica. 2. Sulla base di una motivata richiesta delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l’ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori clas-sificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza la necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti. Può essere altresì limitato, con le modalità di cui al periodo precedente, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel Regolamento CE n. 1013/2006. 3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono notificati alla Commissione Europea.

Articolo 182-ter (Rifiuti organici) 1. Le Regioni le Province autonome, i Comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell’ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure volte ad incoraggiare: a) la raccolta separata dei rifiuti organici al fine del compostaggio e della digestione dei medesimi; b) il trattamento dei rifiuti organici, in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale; c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente.”1. La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002”. 2. Ai fini di quanto previsto dal comma 1, le Regioni e le Province autonome, i Comuni e gli ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell’ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, adottano entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto misure volte a incoraggiare: a) la raccolta separata dei rifiuti organici; b) il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale; c) l’utilizzo di materiali sicuri per l’ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente.

Articolo 10 (Modifiche all’articolo 183 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. L’articolo 183 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

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152 è sostituito dal seguente: “Articolo 183 (Definizioni) 1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per: a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il de-tentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi; b) “rifiuto pericoloso”: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente decreto; c) “oli usati”: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici; d) “rifiuto organico” rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nu-clei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002; d-bis) “autocompostaggio”: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da uten-ze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto; e) “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività pro-duce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la com-posizione di detti rifiuti; e-bis): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti; f) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso; g) “commerciante”: qualsiasi impresa che agisce in quali-tà di committente al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non pren-dono materialmente possesso dei rifiuti;h) “intermediario” qualsiasi impresa che dispone il re-cupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la ma-teriale disponibilità dei rifiuti; i) “prevenzione”: misure adottate prima che una so-stanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono: 1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita; 2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana;3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti.l) “gestione”: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali ope-razioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario; m) “raccolta”: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita

preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla successiva lettera “bb” “hh” del presente comma, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento; n) “raccolta differenziata”: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico; o) “preparazione per il riutilizzo”: le operazioni di con-trollo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento.p) “riutilizzo”: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reim-piegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti; q) “trattamento” operazioni di recupero o smaltimen-to, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento; r) “recupero”: qualsiasi operazione il cui principale ri-sultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati al-trimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato C della Parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero. s) “riciclaggio”: qualsiasi operazione di recupero attra-verso cui i materiali di rifiuto rifiuti sono ritrattati trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento. t) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base me-diante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli; u) “smaltimento”: qualsiasi operazione diversa dal recu-pero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allega-to B alla Parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento. v) “stoccaggio”: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consi-stenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali rifiuti di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima parte quarta; z) “deposito temporaneo”: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 29 aprile 2004, n. 850 e successive modificazioni devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

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2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle opera-zioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:con cadenza almeno trimestrale, indipendentemen-te dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relati-ve norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolo-se; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decre-to del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo; aa) “combustibile da rifiuti (CDR)”: il combustibile pro-dotto da rifiuti avente caratteristiche individuate delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile da rifiuti, è classificato come rifiuto speciale; aa)-bis) “combustibile solido secondario (CSS)”: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione in-dividuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’ap-plicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale. bb) “rifiuto biostabilizzato”: rifiuto ottenuto dal trat-tamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da emanarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sa-nitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità; cc) “compost di qualità”: prodotto, ottenuto dal com-postaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del decreto legislativo n. 217 del 2006 75 del 2010 e successive modifiche e integrazioni; cc-bis) “digestato di qualità”: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti sepa-ratamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’Am-biente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole; dd) “emissioni”: le emissioni in atmosfera di cui all’ar-ticolo 268, lettera b); ee) “scarichi idrici”: le immissioni di acque reflue di cui all’articolo 74, comma 1, lettera ff); ff) “inquinamento atmosferico”: ogni modifica atmosfe-rica di cui all’articolo 268, lettera a); gg) “gestione integrata dei rifiuti”: il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle stra-

de come definita alla lettera ll), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti; hh) “centro di raccolta”: area presidiata ed allestita, senza ulteriori senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per fra-zioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata Stato - Regioni, città e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; ii) “migliori tecniche disponibili”: le migliori tecniche disponibili quali definite all’articolo 2, comma 1, lett. o). decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59; ll) spazzamento delle strade: modalità di raccolta dei rifiuti su strada modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgom-bero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito.”mm) “circuito organizzato di raccolta”: sistema di rac-colta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del pre-sente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All’accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un con-tratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione.”mm-bis) “sottoprodotto”: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’ar-ticolo 184-bis, comma 2.

Articolo 11 (Modifiche all’articolo 184 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 184 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 3, lettera a), dopo la parola “agro-industria-li”, sono aggiunte le parole “, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.”; b) al comma 3, la lettera b) è sostituita dalla seguen-te: “b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis;”; c) al comma 3, le lettere i), l) ed m) sono abrogate; d) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all’al-

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legato I della Parte Quarta del presente decreto”; e) Il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. L’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell’origi-ne e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazio-ne dei rifiuti da considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’art. 183 del presente decreto. Con decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro centottanta giorni dall’entrata in vigore dalla presente disposizione, posso-no essere emanate specifiche linee guida per agevolare l’applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I del presente decreto.”; f) dopo il comma 5 bis, sono aggiunti i seguenti commi: “5-ter. La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto. 5-quater. L’obbligo di etichettatura dei rifiuti pericolosi di cui all’art. 193 del presente decreto e l’obbligo di tenuta dei registri di cui all’art. 190 non si applicano alle frazioni separate di rifiuti pericolosi prodotti da nuclei domestici fino a che siano accettate per la raccolta, lo smaltimento o il recupero da un ente o un’impresa che abbiano ottenuto l’autorizzazione o siano registrate in conformità agli articoli 208, 212, 214 e 216 del presente decreto.”

Articolo 12 (Sottoprodotto e cessazione della qualifica di rifiuto)1. Dopo l’articolo 184 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono inseriti i seguenti: “Articolo 184-bis (Sottoprodotto) 1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’ar-ticolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato diretta-mente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’og-getto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti comples-sivi negativi sull’ambiente o la salute umana. 2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, pos-sono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi

o quantitativi da soddisfare affinché una sostanza o un oggetto specifico sia considerato sottoprodotto e non rifiuto specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità con quanto previsto dalla disciplina comunitaria.

Articolo 184-ter (Cessazione della qualifica di rifiuto) 1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottopo-sto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri speci-fici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana. 2. L’operazione di recupero può consistere semplicemen-te nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità con quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono con-to di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto. 3. Nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giu-gno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l’art. 9-bis lett. b) 9-bis, lett. a) e b) della legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell’ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino al 31 dicembre 2010. 4. Ai decreti di cui al comma 2 si applica la procedura di notifica stabilita dalla direttiva 93/34/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998. 5. 4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto,, dal decreto legislativo 209 del 2003, dal decreto legislativo 151 del 2005 e dal decreto legislativo 188 del 2008 ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti. 6. 5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.”

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Articolo 13 (Modifiche all’articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. L’articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente: “Articolo 185 (Esclusioni dall’ambito di applicazione) 1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto: a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell’atmosfera; b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terre-no, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e ss. relativamente alla bonifica di siti contaminati; c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di co-struzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato; d) i rifiuti radioattivi;e) i materiali esplosivi in disuso; f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia e altro materiale agricolo paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale bio-massa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana. 2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative sanitaria comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento: a) le acque di scarico; b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i pro-dotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio; c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradi-care epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002; d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117; 3. Fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di ap-plicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della Decisione 2000/532/CE della Commissione del 3 maggio 2000. 4. Il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, sono da valutarsi ai sensi devono

essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.”

Articolo 14(Modifiche all’articolo 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 186, comma 7-ter, secondo periodo, so-stituire le parole “derivanti da attività nelle quali non vengono usati agenti o reagenti non naturali” con le seguenti: “che presentano le caratteristiche di cui all’ar-ticolo 184-bis. Articolo 15(Modifiche all’articolo 187 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)1. L’articolo 187 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente: “Articolo 187 (Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi) 1. È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti peri-colosi rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose. 2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o mate-riali, può essere autorizzata ai sensi degli artt. 208, 209 e 211 a condizione che: a) siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 177, comma 4 e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accre-sciuto; b) l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli artt. 208, 209 e 211; c) l’operazione di miscelazione sia conforme alle mi-gliori tecniche disponibili di cui all’art. 183, comma 1 lettera ii). 3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all’articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare le condizioni di cui all’articolo 177, comma 4 nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 177, comma 4.”

Articolo 16(Modifica degli articoli 188, 189, 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. Gli articoli 188, 189, 190 e 193, sono sostituiti come di seguito riportati ed entrano in vigore a decorrere dal secondo mese successivo alla data di operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti di cui all’articolo 189, comma 3-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e all’articolo 14-bis del decreto legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 102 del 2009, come individuata all’articolo 1, comma 1, lettera b) dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro

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dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009 e successive modificazioni: a) l’articolo 188 è sostituito come segue:

“Articolo 188(Responsabilità della gestione dei rifiuti)1. Il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti prov-vedono direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trat-tamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179. Fatto salvo quanto previsto ai successivi commi del presente articolo, il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste. 2. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fat-to illecito e di quanto previsto dal Regolamento (CE) n.1013/2006, qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2 lett. a), la responsabilità di ciascuno di tali soggetti è limitata alla rispettiva sfera di competenza stabilita dal predetto sistema.3. La responsabilità dei soggetti che, ai sensi dell’art. 212 comma 8 del presente decreto, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa: a) in caso di conferimento dei rifiuti ai centri di raccol-ta comunali ed intercomunali o a piattaforme private, autorizzati per le operazioni di messa in riserva (R13) o deposito preliminare (D15) ai sensi degli articoli 208, 213 o 216 del presente decreto, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione o contratto; b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizza-ti alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all’articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal de-stinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione. 3. Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fat-to illecito e di quanto previsto dal Regolamento (CE) n.1013/2006, la responsabilità dei soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi dell’art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa: a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pub-blico di raccolta previa convenzione; b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti au-torizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del for-

mulario di cui all’articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla sca-denza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione. 4. Nel caso di conferimento dei rifiuti ai centri di raccol-ta comunali ed intercomunali o a piattaforme private, autorizzati per le operazioni di messa in riserva (R13) o deposito preliminare (D15) ai sensi degli articoli 208, 213 o 216 del presente decreto, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione o contratto, è esclusa la responsabilità del produttore iniziale per l’esecuzione di un’operazione completa di recupero o smaltimento. 5. 4. Gli enti o le imprese che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale, conferiscono i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione dei rifiuti ai sensi degli articoli 208, 209, 211, 213, 214 e 216 e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 177, comma 4. 6. 5. I costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti.” b) dopo l’articolo 188 sono introdotti i seguenti articoli 188-bis e 188-ter:

“Articolo 188-bis (Controllo della tracciabilità dei rifiuti) 1. In attuazione di quanto stabilito all’articolo 177, comma 4, la tracciabilità dei rifiuti deve essere garan-tita dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale. 2. A tal fine, la gestione dei rifiuti deve avvenire: a) nel rispetto degli obblighi istituiti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 14-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n.78, convertito con legge 3 agosto 2009, n. 102, e al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009; oppure b) nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonché del formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193. 3. Il soggetto che aderisce al sistema di controllo del-la tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al precedente comma 2, lett. a) non adempie agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati dalla copia cartacea della scheda di movimentazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Il registro cronolo-gico e le schede di movimentazione del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), sono conservate in formato elettronico da parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei rifiuti e sono resi disponibili all’autorità di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta Il registro cronologico e le schede

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di movimentazione del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono resi disponibili all’autorità di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta e sono conservate in formato elettronico da parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei rifiuti, ad eccezione dei quelli relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono es-sere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell’attività devono essere consegnati all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione. Per gli impianti di discarica, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, il registro cronologico deve essere conservato fino al termine della fase di gestione post operativa della discarica. 4. Il soggetto che non aderisce al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui al prece-dente comma 2, lett. a), deve adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193 nella misura stabilita dall’articolo 193. Articolo 188-ter (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI))1. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a):a) gli enti e le imprese produttori di rifiuti speciali perico-losi - ivi compresi quelli di cui all’articolo 212, comma 8;b) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) e d) con più di dieci dipendenti, nonché le imprese e gli enti che effettuano operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti e che producano per effetto di tale attività rifiuti non pericolosi, indipendentemente dal numero di dipendenti; c) i commercianti e gli intermediari di rifiuti; d) i consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati; e) le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di rifiuti; f) gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale. Nel caso di trasporto navale, l’armatore o il noleggiatore che effettuano il tra-sporto o il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135 delegato per gli adempimenti relativi al SISTRI dall’armatore o noleggiatore medesimi; g) in caso di trasporto marittimo o ferroviario intermo-dale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’im-presa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto. 2. Possono aderire al sistema di controllo della tracciabi-lità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), su base volontaria: a) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) e d) che non hanno più di dieci dipendenti;

b) gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8; c) gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile che producono rifiuti speciali non peri-colosi; d) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g); e) i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla Regione Campania i comuni, i centri di raccolta e le imprese di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla Regione Campania. 2-bis. Ai fini del presente articolo il numero dei di-pendenti è calcolato con riferimento al numero delle persone occupate nell’unità locale dell’ente o dell’im-presa con una posizione di lavoro indipendente o dipendente (a tempo pieno, a tempo parziale, con contratto di apprendistato o contratto di inserimento), anche se temporaneamente assenti (per servizio, ferie, malattia, sospensione dal lavoro, cassa integrazione gua-dagni, eccetera). I lavoratori stagionali sono considerati come frazioni di unità lavorative annue con riferimento alle giornate effettivamente retribuite. 3. Sono tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Campania. 4. Con uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, può essere esteso l’obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2 ai produttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa, nonché ai soggetti di cui al decreto previ-sto dall’articolo 6, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151 recante modalità semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature. 5. Con uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizio-ne, sono stabiliti, nel rispetto delle norme comunitarie, i criteri e le condizioni per l’applicazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), alle procedure relative alle spedizioni di rifiuti di cui al Regolamento 1013/2006, e successive modifiche, ivi compresa l’ado-zione di un sistema di interscambio di dati previsto dall’articolo 26, comma 4, del predetto regolamento. Nelle more dell’adozione dei predetti decreti, sono fatti salvi gli obblighi stabiliti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del

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17 dicembre 2009 relativi alla tratta del territorio nazio-nale interessata dal trasporto transfrontaliero.6. Con uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e suc-cessive modificazioni, è effettuata la ricognizione delle disposizioni, ivi incluse quelle del presente decreto, le quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei predetti decreti ministeriali, sono abrogate. 6-bis. In relazione alle esigenze organizzative e operative delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, connesse, rispettivamen-te, alla difesa e alla sicurezza militare dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, al soccorso pubblico e alla difesa civile, le procedure e le modalità con le quali il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) si applica alle corrispondenti Amministra-zioni centrali sono individuate con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dell’Economia e delle Finanze e, per quanto di rispettiva competenza, del Ministro della difesa e del Ministro dell’interno, da adottare entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione.” 6-ter. Con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare potranno essere indi-viduate modalità semplificate e agevolazioni, anche di natura economica, per l’iscrizione dei produttori di rifiuti pericolosi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a). 6-quater. Nel caso di produzione accidentale di rifiuti pericolosi il produttore è tenuto a procedere alla ri-chiesta di adesione al SISTRI entro tre giorni lavorativi dall’accertamento della pericolosità dei rifiuti. c) L’articolo 189 è sostituito come segue:

“Articolo 189 (Catasto dei rifiuti) 1. Il Catasto dei rifiuti, istituito dall’art. 3 del decre-to-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell’ambiente.2. Il Catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), e delle informazioni di cui al comma 3, anche ai fini della pia-nificazione delle attività di gestione dei rifiuti. 3. I comuni o loro consorzi e le comunità montane comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994 n. 70, le seguenti informazioni relative all’anno precedente: a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio ter-ritorio; b) la quantità dei rifiuti speciali raccolti nel proprio territorio a seguito di apposita convenzione con soggetti

pubblici o privati; c) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno; d) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e fi-nanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all’articolo 238 ed i proventi provenienti dai consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti; e) i dati relativi alla raccolta differenziata; f) le quantità raccolte, suddivise per materiali, in attua-zione degli accordi con i consorzi finalizzati al recupero dei rifiuti. 4. Le disposizioni di cui al comma 3 non si applicano ai comuni della Regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a). Le infor-mazioni di cui al comma 3, lettera d), sono trasmesse all’ISPRA, tramite interconnessione diretta tra il Catasto dei rifiuti e il sistema di tracciabilità dei rifiuti nella Regione Campania di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210 (SITRA). Le attività di cui al presente comma sono svolte nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 5. Le disposizioni di cui al comma 3, fatta eccezione per le informazioni di cui alla lettera d), non si appli-cano altresì ai comuni di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e) che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a). 6. In caso di inadempimento agli obblighi di comuni-cazione di cui al comma 3 la provincia territorialmente competente, previa diffida con intimazione a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni, in caso di perdurante inerzia, nomina un Commissario ad acta incaricato di provvedere ai predetti oneri informativi, con spese della procedura a carico dell’ente inadem-piente e diritto di rivalsa sulle pretese creditorie derivanti dal servizio di gestione dei rifiuti. 7. 6. Le Sezioni regionali e provinciali del Catasto, prov-vedono all’elaborazione dei dati di cui al comma 3 e all’articolo 188-ter, commi 1 e 2, ed alla successiva trasmissione alla Sezione nazionale, entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi. Le sezioni regionali e pro-vinciali del Catasto provvedono all’elaborazione dei dati di cui al comma 188-ter, commi 1 e 2, ed alla successiva trasmissione, entro trenta giorni dal ricevimento degli stessi, alla Sezione Nazionale che provvede, a sua vol-ta, all’invio alle amministrazioni regionali e provinciali competenti in materia rifiuti. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) elabora annualmente i dati e ne assicura la pubblicità. Le Am-ministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente comma con le risorse umane, stru-mentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 8. 7. Per le comunicazioni relative ai rifiuti di imballaggio

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si applica quanto previsto dall’articolo 220, comma 2.” d) L’articolo 190 è sostituito come segue:

“Articolo 190 (Registri di carico e scarico) 1. I soggetti di cui all’articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno aderito su base volontaria al siste-ma di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantita-tive dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo. 2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzione o, nel caso in cui ciò risulti ec-cessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di identificazione di cui all’articolo 193, comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), trasmessa dall’impianto di destinazione dei rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione. 3. I soggetti di cui al comma 1, la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, possono adempiere all’obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali interessate o società di servizi di diretta emanazione delle stesse, che provve-dono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell’impresa copia dei dati trasmessi. 4. Le informazioni contenute nel registro di carico e scarico sono rese disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo qualora ne faccia richiesta. 5. I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla nor-mativa sui registri Iva. Gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti. 6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai registri di carico e scarico è quella di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come modificato dal comma 8 7. 7. Nell’Allegato C1, sezione III, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 148, dopo le parole: “in litri” la congiunzione: “e” è sostituita dalla disgiunzione: “o”.8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono in-quadrati in un’organizzazione di ente o impresa, sono soggetti all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) relative ai rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti stessi. 8-bis) Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di

cui all’articolo 183, comma 1, lettera hh) sono escluse dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la registra-zione del carico e dello scarico può essere effettuata contestualmente al momento dell’uscita dei rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera cumulativa per cia-scun codice dell’elenco dei rifiuti.” e) L’articolo 193 è sostituito dal seguente:

“Articolo 193 (Trasporto dei rifiuti) 1. Per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, com-ma 8, e che non aderiscono su base volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a) i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati: a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore; b) origine, tipologia e quantità del rifiuto; c) impianto di destinazione; d) data e percorso dell’istradamento; e) nome ed indirizzo del destinatario. 2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che in tal modo dà atto di aver ricevuto i rifiuti. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni. 3. Il trasportatore non è responsabile per quanto in-dicato nella Scheda SISTRI - Area Movimentazione o nel formulario di identificazione di cui al comma 1 dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformi-tà riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico . 4. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia di imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose. 5. Fatto salvo quanto previsto per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della Regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nonché per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti urbani in regioni diverse dalla Regione Campania di cui all’articolo 188-ter, comma 2, lett. e), che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico né ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri né al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal pro-

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duttore degli stessi ai centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lett. hh). Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l’anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l’anno. 6. In ordine alla definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione, si applica il decreto del Ministro dell’ambiente 1° aprile 1998, n. 145. 7. I formulari di identificazione devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricol-tura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria. 8. Per le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi che non aderiscono su base volon-taria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), il formulario di identificazione è validamente sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all’articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale. 9. La scheda di accompagnamento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, relativa all’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, è sostituita dalla Scheda SISTRI - Area Movimentazione di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009 o, per le imprese che non aderiscono su base volontaria al siste-ma di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), dal formulario di identificazione di cui al comma 1. Le specifiche infor-mazioni di cui all’allegato IIIA del decreto legislativo n. 99 del 1992 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI - Area Movimentazione o nel formulario di identificazione. La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della parte quarta del presente decreto. 10. La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o traspor-tatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, deve essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile. Nelle schede del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative alla movi-mentazione dei rifiuti, e nei formulari di identificazione dei rifiuti devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato. 11. Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attività di stoc-caggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera v), purché

le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione. 12. Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attività di carico e scarico, di trasbordo, nonché le soste tec-niche all’interno dei porti e degli scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera v) purchè siano effettuate nel più breve tempo possibile e non superino comunque, salvo impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore, il termine massimo di sei giorni a decorrere dalla data in cui hanno avuto inizio predette attività. Ove si prospetti l’impossibilità del rispetto del predetto termine per caso fortuito o per forza maggiore, il detentore del rifiuto ha l’obbligo di darne indicazione nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda SISTRI - Area Mo-vimentazione e informare, senza indugio e comunque prima della scadenza del predetto termine, il comune e la provincia territorialmente competente indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione. Ferme restando le competenze degli organi di controllo, il detentore del rifiuto dovrà adottare, senza indugio e a propri costi e spese, tutte le iniziative opportune per prevenire eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana. La decorrenza del termine massimo di sei giorni resta so-spesa durante il periodo in cui perduri l’impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore. In caso di persistente impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore per un periodo superiore a 30 giorni a decorrere dalla data in cui ha avuto inizio l’attività di cui al primo periodo del presente comma, il detentore del rifiuto sarà obbligato a conferire, a propri costi e spese, i rifiuti ad un inter-mediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità agli articoli 177 e 179.13. La copia cartacea della scheda del sistema di control-lo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relativa alla movimentazione dei rifiuti e il formulario di identificazione di cui al comma 1 costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto di cui all’articolo 7-bis del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286 e al decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti 30 giugno 2009, n. 554.”

Articolo 17(Modifiche all’articolo 194 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. L’articolo 194 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente:

“Articolo 194 (Spedizioni transfrontaliere) 1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono discipli-nate dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui agli articoli 41 e 43 del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013 e dal decreto di cui al comma 42. Sono fatti salvi, ai sensi degli articoli 41 e 43 del Re-

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golamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013 gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 42 del predetto regolamento. 3. Fatte salve le norme che disciplinano il trasporto internazionale di merci, le imprese che effettuano il tra-sporto transfrontaliero nel territorio italiano sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali di cui all’articolo 212. L’iscrizione all’Albo, qualora effettuata per il solo esercizio dei trasporti transfrontalieri, non è subordina-ta alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma 7 10 del medesimo articolo 212. 4. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute, dell’economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle norme del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013 sono disciplinati: a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all’articolo 6 del predetto regolamento; tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (CE) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001; b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell’articolo 29, del regolamento; c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti negli Stati di cui al comma 2. 5. Sino all’emanazione del decreto di cui al comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto interministeriale 3 settembre 1998, n. 370. 6. Ai sensi e per gli effetti del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013: a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome; b) l’autorità di transito è il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare; c) corrispondente è il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare. 7. Le regioni e le province autonome comunicano le informazioni di cui all’articolo 56 del Regolamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013 al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per il successivo inoltro alla Commissione dell’Unione europea, nonché, entro il 30 settembre di ogni anno, i dati, riferiti all’anno precedente, previsti dall’articolo 13, comma 3, della Convenzione di Basilea, ratificata con legge 18 agosto 1993, n. 340.”

Articolo 18(Modifiche all’articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, lettera b), dopo la parola “rifiuti”, sono

soppresse le parole da “nonché” a “movimentazione”; b) al comma 1, dopo la lettera b) sono inserite le se-guenti: “b-bis): la definizione di linee guida, sentita la Conferen-za Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sui contenuti minimi delle autoriz-zazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208, 215 e 216; b-ter) la definizione di linee guida, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le attività di recupero energe-tico dei rifiuti;”; c) al comma 1, lettera h), le parole “delle tipologie” sono soppresse; c-bis) al comma 1, lettera i) le parole “materia prima secondaria” sono soppresse. d) al comma 1, alle lettere m), n), o) ed r), le parole “Conferenza Stato-Regioni” sono sostituite dalle parole “Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”; e) al comma 1, alla lettera q) inserire, dopo le parole “criteri generali”, le parole “, ivi inclusa l’emanazione di specifiche linee guida,”; e) al comma 2, lettera e), le parole da “ai fini della raccolta” a “urbani” sono sostituite dalle parole “ai fini della raccolta e della gestione, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani”; f) al comma 2, le lettere da f) a s-bis) sono sostituite dalle seguenti: “f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l’analisi dei rifiuti; g) la determinazione dei requisiti e delle capacità tecni-che e finanziarie per l’esercizio delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresi i criteri generali per la determina-zione delle garanzie finanziarie in favore delle regioni, con particolare riferimento a quelle dei soggetti obbligati all’iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212, secondo la modalità di cui al comma 9 dello stesso articolo; h) la definizione del modello e dei contenuti del for-mulario di cui all’articolo 193 e la regolamentazione del trasporto dei rifiuti; i) l’individuazione delle tipologie di rifiuti che per com-provate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica; l) l’adozione di un modello uniforme del registro di cui all’articolo 190 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l’individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso; m) l’individuazione dei rifiuti elettrici ed elettronici, di cui all’articolo 227, comma 1, lettera a); n) l’aggiornamento degli Allegati alla parte quarta del presente decreto; o) l’adozione delle norme tecniche, delle modalità e del-le condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all’utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi del Decreto le-gislativo 217 del 2006 75 del 2010, e del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti orga-nici selezionati alla fonte con raccolta differenziata; p) l’autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine, in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali

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vigenti in materia, rilasciata dal Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare su proposta dell’autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire; q) l’individuazione della misura delle sostanze assorbenti e neutralizzanti, previamente testate da Università o Istituti specializzati, di cui devono dotarsi gli impianti destinati allo stoccaggio, ricarica, manutenzione, depo-sito e sostituzione di accumulatori al fine di prevenire l’inquinamento del suolo, del sottosuolo e di evitare danni alla salute e all’ambiente derivanti dalla fuoriuscita di acido, tenuto conto della dimensione degli impianti, del numero degli accumulatori e del rischio di sversa-mento connesso alla tipologia dell’attività esercitata. r) l’individuazione e la disciplina, nel rispetto delle nor-me comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente decreto, di forme di semplificazione degli adempimenti amministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipologie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente dagli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione presso le utenze domestiche dei beni stessi o ad impianti autorizzati alle operazioni di recu-pero di cui alle voci R2, R3, R4, R5, R6 e R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto, da adottarsi con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente disciplina; s) la riorganizzazione del Catasto dei rifiutit) predisposizione di linee guida per l’individuazione di una codifica omogenea per le operazioni di recupero e smaltimento da inserire nei provvedimenti autorizzativi da parte delle autorità competenti, anche in conformità a quanto disciplinato in materia dalla direttiva 2008/12/Ce e sue modificazioni; u) individuazione dei contenuti tecnici minimi da inse-rire nei provvedimenti autorizzativi di cui agli articoli 208, 209, 211; v) predisposizione di linee guida per l’individuazione delle procedure analitiche, dei criteri e delle metodologie per la classificazione dei rifiuti pericolosi ai sensi dell’allegato D della parta quarta del presente decreto.”; g) al comma 3, le parole “Conferenza Stato-Regioni” sono sostituite dalle parole “Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”.

Articolo 19 (Modifiche all’articolo 197 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 197 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche:a) al comma 5, dopo le parole “Nell’ambito delle com-petenze di cui al comma 1, le province sottopongono ad adeguati controlli periodici” sono aggiunte le parole “gli enti e le imprese che producono rifiuti pericolosi, le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti a titolo

professionale”;b) dopo il comma 5 è inserito il seguente comma: “5-bis. Le province, nella programmazione delle ispezioni e controlli di cui al presente articolo, possono tenere conto, nella determinazione della frequenza degli stessi, delle registrazioni ottenute dai destinatari nell’ambito del sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).”

Articolo 20 (Modifiche all’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. L’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente:

“Articolo 199 (Piani regionali) 1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quan-to riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d’ambito di cui all’articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall’articolo 195, comma 1, lettera m) ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. A tale scopo, entro trenta giorni dalla conclusione della fase istruttoria e dall’adozione del piano la regione provvede alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale di un annuncio contenente l’indicazione del responsabile del procedimento e degli uffici dove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere osservazioni. Tali forme di pubblicità sostituiscono le comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione di tale annuncio, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta osservazioni al responsabile del procedimento, che ne cura l’inoltro agli organi competenti ai fini di un loro esame entro i successivi trenta giorni. All’esito di tale esame, il piano è approvato definitivamente e la relativa decisione è messa a disposizione del pubblico presso gli uffici sopra indicati. Per l’approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate. 2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 com-prendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse ope-razioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto. 3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre: a) tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazio-nale e valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di

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rifiuti, nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall’articolo 205; b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e grandi impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica; c) una valutazione della necessità di nuovi sistemi di rac-colta, della chiusura degli impianti per i rifiuti esistenti impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati; d) informazioni sui criteri di riferimento per l’indivi-duazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se ne-cessario; e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecno-logie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione; f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m); g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti ur-bani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200, nonché ad assi-curare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti; h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti ter-ritoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo; i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani; l) i criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l’indi-viduazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all’arti-colo 195, comma 1, lettera p); m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclag-gio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino; n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei ri-fiuti urbani: o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto; p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all’articolo 225, comma 6;

q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegra-dabili da collocare in discarica di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36; r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misu-re adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissa-zione di indicatori. 4. Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi: a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti; b) valutazione dell’utilità e dell’idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funziona-mento del mercato interno; c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di infor-mazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori. 5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente. 6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere: a) l’ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA); b) l’individuazione dei siti da bonificare e delle caratte-ristiche generali degli inquinamenti presenti; c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l’impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani; d) la stima degli oneri finanziari; e) le modalità di smaltimento dei materiali da aspor-tare. 7. L’approvazione del piano regionale o il suo ade-guamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali. 8. La regione approva o adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti. 9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell’approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su pro-posta del Ministro dell’ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regio-nali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approva-zione o adeguamento del piano regionale.

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10. Le regioni, sentite le province interessate, d’inte-sa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla va-lutazione della necessità dell’aggiornamento del piano almeno ogni sei anni, nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla nor-mativa vigente. 11. Le regioni e le province autonome comunicano tem-pestivamente al Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare l’adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione Europea. 12. Le regioni e le province autonome assicurano la pub-blicazione dei piani e dei programmi di cui al presente articolo, anche attraverso l’inserimento degli stessi sul sito WEB della regione o della provincia autonoma. 13. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Articolo 21(Modifiche all’articolo 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) all’inizio del comma 1, inserire le seguenti parole: “1. Fatto salvo quanto previsto al successivo comma 2”; b) dopo il comma 1, inserire il seguente: “2. Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambien-tale ed economico, non sia realizzabile raggiungere gli obiettivi di cui al comma 1, il comune può richiedere al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga al rispetto degli obblighi di cui al medesimo comma 1. Verificata la sussistenza dei requisiti stabiliti al precedente periodo, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare la predetta deroga, previa stipula di un accordo di pro-gramma tra Ministero, Regione ed enti locali interessati, che stabilisca: a) le modalità attraverso le quali il comune richiedente intende conseguire gli obiettivi di cui all’art. 181, comma 1. Le predette modalità possono consistere in compen-sazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni; b) la destinazione a recupero di energia della quota di rifiuti indifferenziati che residua dalla raccolta differen-ziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti indifferenziati, qualora non destinati al recupero di materia; c) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti ur-bani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente si obbliga ad effettuare. L’accordo di programma può prevedere ulteriori obblighi per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta, titolo I, del pre-sente decreto nonché stabilire modalità di accertamento dell’adempimento degli obblighi assunti nell’ambito dell’accordo di programma e prevedere una disciplina per l’eventuale inadempimento. I piani regionali si con-formano a quanto previsto dagli accordi di programma

di cui al presente comma.”.

Articolo 22(Modifiche all’articolo 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 3, le parole da “cui partecipano” a “nel corso della conferenza,” sono sostituite dalle parole: “. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un pre-avviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, in-formazioni e chiarimenti. Nel medesimo termine di 20 giorni, la documentazione di cui al comma 1 è inviata ai componenti della conferenza di servizi. La decisione della conferenza dei servizi è assunta a maggioranza e la relativa delibera di adozione deve le relative deter-minazioni devono fornire una adeguata motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza”; b) al comma 4, lettera b), le parole “con le esigenze ambientali e territoriali” sono sostituite dalle parole “con quanto previsto dall’articolo 177, comma 4”; b-bis) al comma 6, sostituire il primo periodo con il se-guente: “Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei Servizi, valutando le risultanze del-la stessa, la Regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’im-pianto”; c) al comma 10, prima delle parole “Ove l’autorità”, sono aggiunte le parole “Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente”; d) al comma 11, lettera a), le parole “da smaltire o da recuperare” sono sostituite dalle parole “che possono essere trattati”;e) al comma 11, lettera b), prima della parole “I requi-siti tecnici”, sono inserite le parole “Per ciascun tipo di operazione autorizzata,” e alle parole “ed alla” sono sostituite le parole “e alla modalità di verifica, monito-raggio e controllo della”; f) al comma 11, la lettera c) è sostituita dalla seguente: “c) Le misure precauzionali e di sicurezza da adotta-re”; g) al comma 11, lettera d), le parole “da autorizzare” sono sostituite dalla parola “autorizzato”; h) al comma 11, lettera e), le parole “di trattamento e di recupero” sono sostituite dalle parole “da utilizzare per ciascun tipo di operazione”; i) al comma 11, la lettera f) è sostituita dalla seguente: “f) le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelino necessarie”;l) al comma 11, lettera g) sono soppresse le parole “A tal fine”; m) dopo il comma 11 è aggiunto il seguente: “11-bis. Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coin-cenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livel-

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lo elevato di efficienza energetica. Le autorizzazioni concernenti l’incenerimento o il coincenerimento con recupero di energia sono subordinate alla condizione che il recupero avvenga con un livello elevato di effi-cienza energetica, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili”; n) al comma 12, dopo la parola “disponibili”, sono aggiunte le parole “e nel rispetto delle garanzie proce-dimentali di cui alla legge n. 241 del 1990”;o) al comma 14, la parola “194” è sostituita dalle parole “193, comma 1”;p) al comma 15, le parole “ad esclusione della” sono sostituite dalle parole “ed esclusi i casi in cui si prov-veda alla”; q) dopo il comma 17 è sostituito dal introdotto il seguen-te: “17-bis. L’autorizzazione di cui al presente articolo deve essere comunicata, a cura dell’amministrazione competente al rilascio della stessa, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA che cura l’inserimento in un elenco nazionale, accessibile al pub-blico, dei seguenti elementi identificativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica: a) ragione sociale; b) sede legale dell’impresa autorizzata; c) sede dell’impianto autorizzato; d) attività di gestione autorizzata; e) i rifiuti oggetto dell’attività di gestione; f) quantità autorizzate; g) scadenza dell’autorizzazione.”; q-bis) dopo il comma 17-bis aggiungere il seguente: “17-ter. La comunicazione dei dati di cui al comma pre-cedente deve avvenire tra i sistemi informativi regionali, ove esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”; r) il comma 18 è sostituito dal seguente: “18. In caso di eventi incidenti sull’autorizzazione, questi sono comu-nicati, previo avviso all’interessato, al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189”; s) il comma 19 è sostituito dal seguente: “19. Le proce-dure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d’opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all’autorizza-zione rilasciata”; t) il comma 20 è soppresso.

Articolo 23(Modifiche all’articolo 209 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 209 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Nel rispetto delle normative comunitarie, in sede di espletamento delle procedure previste per il rinnovo delle autorizza-zioni all’esercizio di un impianto ovvero per il rinnovo dell’iscrizione all’Albo di cui all’art. 212, le imprese che risultino registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 1221/2009, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle

organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestio-ne e audit (Emas), che abroga il regolamento (CE) n. 761/2001 e le decisioni della Commissione 2001/681/CE e 2006/193/CE o certificati Uni En Iso 14001 possono sostituire tali autorizzazioni con autocertificazione resa alle autorità competenti, ai sensi del decreto del Presi-dente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”; b) il comma 6 è sostituito dal seguente: “6. Resta ferma l’applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 relativo alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del medesimo”; c) al comma 7, le parole “all’Albo di cui all’articolo 212, comma 1,” sono sostituite dalle parole “all’ISPRA” e le parole “212, comma 23,” sono sostituite dalle parole “208, comma 17”. d) dopo il comma 7, inserire il seguente: “7-bis. La co-municazione dei dati di cui al comma precedente deve avvenire tra i sistemi informativi regionali, ove esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubbli-ca”.

Articolo 24(Modifiche all’articolo 211 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 211 sono apportate le seguenti modifi-che: a) al comma 4 la parola “Ministro” è sostituita dalla parola “Ministero”; b) al comma 5 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole “all’Albo di cui all’articolo 212, comma 1,” sono sostituite dalle parole “all’ISPRA” e le paro-le “212, comma 23,” sono sostituite dalle parole “208, comma 16”. c) dopo il comma 5, inserire il seguente: “5-bis. La co-municazione dei dati di cui al comma precedente deve avvenire tra i sistemi informativi regionali, ove esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubbli-ca”.

Articolo 25(Modifiche all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)1. All’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) il comma 2 è così sostituito: “2. Con decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare sono istituite sezioni speciali del Comitato nazionale per ogni singola attività soggetta ad iscrizione all’Albo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e ne vengono fissati composizione e competenze. Il Comitato nazio-nale dell’Albo ha potere deliberante ed è composto da diciannove membri effettivi di comprovata e docu-mentata esperienza tecnico-economica o giuridica nelle materie ambientali nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e designati rispettivamente: a) due dal Ministro dell’Ambiente e della tutela del

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Territorio e del Mare, di cui uno con funzioni di Pre-sidente; b) uno dal Ministro dello Sviluppo Economico, con funzioni di vice-Presidente; c) uno dal Ministro della Salute; d) uno dal Ministro dell’Economia e delle Finanze e) uno dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; f) uno dal Ministro dell’Interno; g) tre dalle Regioni; h) uno dall’Unione Italiana delle Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura; i) otto dalle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative delle categorie economiche interessate, di cui due dalle organizzazioni rappresentative della categoria degli autotrasportatori e due dalle organiz-zazioni che rappresentano i gestori dei rifiuti e uno delle organizzazioni rappresentative delle imprese che effettuano attività di bonifica dei siti e di bonifica di beni contenenti amianto. Per ogni membro effettivo è nominato un supplente”;b) il comma 4 è soppresso; c) i commi da 5 a 19 sono sostituiti dai seguenti: “5. L’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di com-mercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall’obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al Decreto Legislativo 20 novembre 2008, n. 188 e al Decreto Legislativo 25 luglio 2005, n. 151 limitatamente all’attività di intermediazione e commercio senza de-tenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli, Per le aziende speciali,i consorzi di comuni e le società di gestione dei servizi pubblici ci cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, l’iscrizione all’Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consor-zio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, già effettuate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro naturale scadenza. 6. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l’esercizio delle attività di rac-colta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l’iscrizione abilita allo svolgimento delle attività medesime. 7. Gli Enti e le imprese iscritte all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi sono esonerate dall’obbligo di iscrizione per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi a condizione che tale ultima attività non comporti variazione della classe per la quale le imprese sono iscritte. 8. I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che ef-fettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione

che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provin-ciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell’impresa, l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti;c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro ridetermi-nabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 28 aprile 1998, n. 406. Il predetto diritto annuale è diminuito di due terzi in caso di adesione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), delle imprese di cui al presente comma. L’iscri-zione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l’impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta succes-sivamente all’iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovran-no essere rinnovate aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. 9. Le imprese di cui ai commi 5 e 8 tenute ad aderire si-stema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a) procedono, in relazione a ciascun autoveicolo utilizzato per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, all’adempimento degli obblighi stabiliti dall’articolo 3, comma 6, lettera c) del decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 17 dicembre 2009. La Sezione regionale dell’Albo procede, in sede di prima applicazione entro il 30 giugno 2010 due mesi dall’entrata in vigore della presente disposizione, alla cancellazione sospensione d’ufficio dall’Albo degli autoveicoli per i quali non è stato adempiuto l’obbligo di cui al precedente periodo. Trascorsi tre mesi dalla sospensione senza che l’obbligo di cui sopra sia stato adempiuto, l’autoveicolo è di diritto e con effetto immediato cancellato dall’Albo. 10. L’iscrizione all’Albo per le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi, per l’attività di interme-diazione e di commercio dei rifiuti senza detenzione dei medesimi, è subordinata alla prestazione di idonee garanzie finanziarie a favore dello Stato i cui importi e modalità sono stabiliti con uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sensi del regolamento (Ce) n. 1221 del 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. Fino alla data di entrata in

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vigore dei predetti decreti si applicano la modalità e gli importi previsti dal Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio dell’8 ottobre 1996, come modificato dal Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 23 aprile 1999. 11. Le imprese che effettuano le attività di bonifica dei siti e di bonifica dei beni contenenti amianto devono prestare idonee garanzie finanziarie a favore della Re-gione territorialmente competente per ogni intervento di bonifica nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 2, lettera g). Tali garanzie sono ridotte del cinquanta per cento per le imprese registrate ai sen-si del regolamento (Ce) n. 761/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001 (Emas), e del quaranta per cento nel caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001. 12. Sono iscritti all’Albo le imprese e gli operatori lo-gistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti ai quali, nell’ambito del trasporto intermodale, sono affidati rifiuti in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa ferroviaria o navale o dell’impresa che effet-tua il successivo trasporto, nel caso di trasporto navale, il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135 è delegato dall’armatore o noleggiatore, che effettuano il trasporto, per gli adempimenti relativi al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a). L’iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e non è subordinata alla prestazione delle garanzie fi-nanziarie. 13. L’iscrizione all’Albo ed i provvedimenti di sospen-sione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell’iscrizione, nonché l’accettazione, la revoca e lo vincolo svincolo delle garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore dello Stato sono deliberati dalla Sezione regionale dell’Albo della Regione ove ha sede legale l’impresa interessata, in base alla normativa vigen-te ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale.14. Avverso i provvedimenti delle Sezioni regionali dell’Albo gli interessati possono proporre, nel termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica dei provve-dimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell’Albo.15. Con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tu-tela del Territorio e del Mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il parere del Comitato nazionale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, sono defi-nite le attribuzioni e le modalità organizzative dell’Albo, i requisiti tecnici e finanziari delle imprese, i requisiti dei responsabili tecnici delle medesime, i termini e le modalità di iscrizione, i diritti annuali d’iscrizione. Fino all’emanazione dei predetto decreto, continuano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406 e delle deliberazioni del Comitato nazionale dell’Albo. Il decreto di cui al presente comma si informa ai se-guenti principi: a) individuazione di requisiti per l’iscrizione, validi per

tutte le sezioni, al fine di uniformare le procedure; b) coordinamento con la vigente normativa sull’autotra-sporto, sul trasporto ferroviario, sul trasporto via mare e per via navigabile interna, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a); c) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali di iscrizione; d) ridefinizione dei diritti annuali d’iscrizione relativi alle imprese di trasporto dei rifiuti iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali; e) interconnessione e interoperabilità con le pubbli-che amministrazioni competenti alla tenuta di pubblici registri; f) riformulazione del sistema disciplinare-sanzionatorio dell’Albo e delle cause di cancellazione dell’iscrizio-ne; g) definizione delle competenze e delle responsabilità del responsabile tecnico. 16. Nelle more dell’emanazione dei decreti di cui al pre-sente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni disciplinanti l’Albo nazionale delle imprese che effet-tuano la gestione dei rifiuti vigenti alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, la cui abrogazione è differita al momento della pubblicazione dei suddetti decreti. 17. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazio-nale e delle Sezioni regionali e provinciali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d’iscrizione, secondo le previsioni, anche relati-ve alle modalità di versamento e di utilizzo, che saranno determinate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Sino all’emana-zione del citato decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 29 dicembre 1993, e successive modifiche e integrazioni e le dispo-sizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 13 dicembre 1995. Le somme di cui all’articolo 7 comma 7, del decreto del Ministro dell’Ambiente 29 dicembre 1993 sono versate al Capo XXXII, capitolo 2592, arti-colo 04, dell’entrata del Bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, al Capitolo 7082 dello stato di previsione del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare. 18. I compensi da corrispondere ai componenti del Comitato nazionale dell’Albo e delle Sezioni regionali dell’Albo sono determinati ai sensi dell’articolo 7, com-ma 5, del decreto ministeriale 28 aprile 1998, 406. 19. La disciplina regolamentare dei casi in cui, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’esercizio di un’attività privata può essere intrapreso sulla base della denuncia di inizio dell’attività non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di com-petenza dell’Albo”; d) i commi da 20 a 28 sono soppressi. 2. Le funzioni del Comitato nazionale e delle Sezio-ni regionali dell’Albo sono svolte, sino alla scadenza del mandato in corso alla data di entrata in vigore del presente articolo, rispettivamente dal Comitato nazio-nale integrato da due membri in rappresentanza delle

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organizzazioni imprenditoriali e dalle Sezioni regio-nali dell’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, senza che da ciò derivino oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche senza nuovi o mag-giori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 26(Modifiche all’articolo 213 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 213 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il comma 2 è soppresso.

Articolo 27(Modifiche all’articolo 214 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. L’articolo 214 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è sostituito dal seguente: “Articolo 214 (Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure sem-plificate) 1. Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di pro-tezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 177, comma 4. 2. Con decreti del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare di concerto con i Ministri delle attività produttive, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all’Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle pro-cedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all’aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni. 3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smal-timento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell’uomo e da non recare pre-giudizio all’ambiente. In particolare, ferma restando la disciplina del decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, per accedere alle procedure semplificate, le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni: a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee; b) i limiti di emissione non siano superiori a quelli stabi-liti per gli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti dalla normativa vigente, con particolare riferi-mento al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133; c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale; d) siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui agli articoli 215, commi 1

e 2, e 216, commi 1, 2 e 3. 4. Sino all’emanazione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002, n. 161. 5. La emanazione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all’Allegato III del rego-lamento (CE) 14 giugno 2006, n. 1013. 6. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3, e per l’effettuazione dei controlli periodici, l’interessato è tenuto a versare al-la Provincia territorialmente competente un diritto di iscrizione annuale determinato con decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’emanazio-ne del predetto decreto, si applicano le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 21 luglio 1998, n. 350.All’attuazione dei compiti indicati dal presente comma le Province provvedono con le risorse uma-ne, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.7. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle nor-me tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di quali-tà dell’aria e di inquinamento atmosferico da impianti industriali e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. L’autorizzazione all’esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 208, 209 e 211. 8. Alle denunce, alle comunicazioni e alle domande disciplinate dal presente capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative alle attività private sottoposte alla disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si applicano, altresì, le disposi-zioni di cui all’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. A condizione che siano rispettate le condizioni, le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’articolo 216, l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere in-trapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia.9. Le Province comunicano al Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189, attraverso il Catasto telematico e secondo gli standard concordati con ISPRA, che cura l’inserimen-to in un elenco nazionale, accessibile al pubblico, dei seguenti elementi identificativi delle imprese iscritte nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3: a) ragione sociale; b) sede legale dell’impresa; c) sede dell’impianto; d) tipologia di rifiuti oggetto dell’attività di gestione; e) relative quantità; f) attività di gestione;

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g) data di iscrizione nei registri di cui agli articoli 215, comma 3, e 216, comma 3. 10. La comunicazione dei dati di cui al comma prece-dente deve avvenire tra i sistemi informativi regionali, ove esistenti, e il Catasto telematico secondo standard condivisi senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 11. Con uno o più decreti, emanati ai sensi dell’artico-lo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modifiche, su proposta del Ministro dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sono individuate le condizioni alle quali l’utilizzo di un combustibile alternativo, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, in impianti soggetti al regime di cui al Titolo III-bis della Parte II del presente decreto le-gislativo, dotati di certificazione di qualità ambientale, sia da qualificarsi, ad ogni effetto, come modifica non sostanziale. I predetti decreti possono stabilire, nel ri-spetto dell’articolo 177, comma 4, le opportune modalità di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte, per l’aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale, con effetto di assorbimento e so-stituzione di ogni altro prescritto atto di assenso. Alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l’alimentazione del combu-stibile alternativo, realizzate nell’ambito del sito dello stabilimento qualora non già autorizzate ai sensi del pre-cedente periodo, si applica il regime di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modifiche”.

Articolo 28(Attività di sgombero della neve) 1. Dopo l’articolo 214 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è inserito il seguente: “Articolo 214-bis (Sgombero della neve) 1. Le attività di sgombero della neve effettuate dal-le pubbliche amministrazioni o da loro delegati, dai concessionari di reti infrastrutturali o infrastrutture non costituisce detenzione ai fini della lettera a) comma 1 dell’articolo 183.”

Articolo 29(Modifiche all’articolo 215 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 215, comma 1 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono eliminate le parole “entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione stessa”, e dopo le parole “commi 1, 2 e 3,” sono inserite le parole “e siano tenute in considerazione le migliori tecniche disponibili”.

Articolo 230(Modifiche all’articolo 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, le parole “, entro dieci giorni dal ricevi-

mento della comunicazione stessa” sono soppresse; b) i commi da 7 a 9 sono sostituiti dai seguenti: “7. Alle attività di cui al presente articolo si applicano in-tegralmente le norme ordinarie per il recupero e lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo al recupero. 8. Fermo restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all’articolo 214, comma 4, lettera b), e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti e fatta salva l’osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative vigenti a favore dell’uti-lizzazione dei rifiuti in via prioritaria in operazioni di riciclaggio e di recupero per ottenere materie, sostanze, oggetti, nonché come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti e nel rispetto di quanto previsto dalla direttiva 2001/77/CE del 27 settembre 2001 e dal relativo decreto legislativo di attuazione 29 dicembre 2003, n. 387 . e di quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 e successive modifiche ed integrazioni nonché dalla direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 e dalle re-lative disposizioni di recepimento 8-bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l’impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto.9. Fatto salvo quanto previsto dal comma 13 8, le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratte-ristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva di rifiuti non pericolosi non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9 dell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto, nonché le modali-tà di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.”; c) i commi da 11 a 15 sono abrogati.

Articolo 31(Oli usati e comunicazioni alla Commissione euro-pea) 1. Dopo l’articolo 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono inseriti i seguenti articoli:

“Articolo 216-bis (Oli usati) 1. Fatti salvi gli obblighi riguardanti la gestione dei rifiuti pericolosi di cui agli articoli 187 e 193, gli oli mi-nerali usati sono trattati in conformità a quanto stabilito all’articolo 177, comma 4 e al principio di responsabilità estesa del produttore del prodotto. gestiti in base alla

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classificazione attribuita ad essi ai sensi e per gli effetti dell´articolo 184, nel rispetto delle disposizioni della Parte IV del presente decreto e, in particolare, secondo l´ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1. 2. Gli oli minerali usati devono essere raccolti sepa-ratamente. Laddove ciò sia tecnicamente fattibile ed economicamente praticabile, è fatto divieto di miscelare gli oli minerali usati con caratteristiche differenti e gli oli minerali usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze, se tale miscelazione impedisce il trattamento. 2. Fermo quanto previsto dall’articolo 187, il deposito temporaneo, la raccolta e il trasporto degli oli usati sono realizzati in modo da tenere costantemente separate, per quanto tecnicamente possibile, tipologie di oli usati da destinare, secondo l´ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1, a processi di trattamento diversi fra loro. E’ fatto comunque divieto di miscellare gli oli minerali usati con altri tipi di rifiuti o di sostanze. 3. Gli oli minerali usati devono essere gestiti: a) in via prioritaria, tramite rigenerazione tesa alla pro-duzione di basi lubrificanti; b) in via sussidiaria, e comunque nel rispetto dell´ordine di priorità di cui all’articolo 179, comma 1, qualora la rigenerazione sia tecnicamente non fattibile ed eco-nomicamente impraticabile, tramite combustione, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 Titolo III-bis della Parte II del presente decreto e al decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133; c) in via residuale, qualora le modalità di trattamento di cui alle precedenti lettere a) e b) non siano tecnicamente praticabili a causa della composizione degli oli usati, tramite operazioni di smaltimento di cui all’Allegato B della Parte IV del presente decreto. 4. Al fine di dare priorità alla rigenerazione degli oli usati, le spedizioni transfrontaliere di oli minerali usati dal territorio italiano verso impianti di incenerimento e coincenerimento collocati al di fuori del territorio nazionale, sono escluse nella misura in cui ricorrano le condizioni di cui agli articoli 11 e 12 del Regolamento (CE) n. 1013/2006. Si applicano i principi di cui agli articoli 177 e 178 nonché il principio di prossimità. 5. Le spedizioni transfrontaliere di oli minerali usati dal territorio italiano verso impianti di rigenerazione collo-cati al di fuori del territorio nazionale sono valutate ai sensi e per gli effetti dell’articolo 12 del Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Regolamento (CE) n. 1013/2006 e in particolare, dell’articolo 12 del predetto regola-mento. 6. Ai fini di cui al comma 5, il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare può individuare con proprio decreto uno o più decreti gli elementi da valutare nell’esercizio delle secondo le facoltà concesse alle autorità di spedizione o di transito nell’esercizio delle competenze di cui agli articoli 11 e 12 del Rego-lamento (CE) n. 1013/2006. 7. Con uno o più regolamenti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare da emanarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro centottanta giorni dalla data di entrata

in vigore della presente disposizione, sono definite le norme tecniche per la gestione di oli usati in conformità a quanto disposto dal presente articolo. 8. I composti usati fluidi o liquidi solo parzialmente formati di olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio, le emulsioni ed altre miscele oleose sono soggette alla disciplina sugli oli usati”. Articolo 216-ter (Comunicazioni alla Commissione Europea) 1. I piani di gestione ed i programmi di prevenzione di cui all’articolo 199, commi 1 e 3, lettera r) e le loro even-tuali revisioni sostanziali, sono comunicati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, utilizzando il formato adottato in sede comunitaria, per la successiva trasmissione alla Commissione europea. 2. Con cadenza triennale, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Com-missione europea le informazioni sull’applicazione della Direttiva 2008/98/CE, inviando una relazione settoriale in formato elettronico sulla base di un questionario o di uno schema inviato dalla Commissione Europea stessa sei mesi prima del periodo contemplato dalla citata relazione settoriale. 3. La relazione di cui al comma 2, trasmessa la prima volta alla Commissione europea entro nove mesi dalla fine del triennio che decorre dal 12 dicembre 2010, prevede, tra l’altro, le informazioni sulla gestione degli oli usati, sui progressi compiuti nell’attuazione dei pro-grammi di prevenzione dei rifiuti, di cui all’articolo 199, comma 3, lettera r) e sulla misure previste dall’eventuale attuazione del principio della responsabilità estesa del produttore, di cui all’articolo 178-bis, comma 2, lettera a). 4. Gli obiettivi di cui all’articolo 181 relativi alla prepa-razione per il riutilizzo e al riciclaggio di rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea con i tempi e le modalità descritte nei commi 2 e 3 del presente articolo. 5. La parte quarta del presente decreto nonché i provve-dimenti inerenti la gestione dei rifiuti, sono comunicati alla Commissione europea”.

Articolo 32(Modifiche all’articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 1, dopo le parole “articoli 179 e 180 del presente decreto, al fine di ottimizzare” inserire le parole “, anche tramite attività di ricerca, sviluppo e formazio-ne,” e dopo le parole “destinati alla vendita sul territorio nazionale” inserire le parole “provvedendo anche ad attività di ricerca, sviluppo e formazione finalizzata ad ottimizzare la gestione dei pneumatici fuori uso nel rispetto dell’art. 177, comma 1”. b) al comma 3, dopo le parole “delle somme corrispon-denti al contributo per ”sostituire le parole “il recupero” con le parole “la gestione”.

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Articolo 33(Modifiche all’articolo 230 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 230 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sostituire il comma 5 copn il seguente: “5. I rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutenti-va delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l’attività di pulizia manutentiva. Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente, presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l’attività di pulizia ma-nutentiva. I soggetti che svolgono attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie aderiscono al sistema SISTRI ai sensi dell’articolo dell’art. 188-ter comma 1 lettera f). Il soggetto che svolge l’attività di pulizia ma-nutentiva è comunque tenuto all’iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali, prevista dall’articolo 212 comma 5 per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti”.

Articolo 34(Modifiche all’articolo 255 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 255, comma 1, primo periodo del de-creto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le parole “da centocinque euro a seicentoventi euro” sono sostituite dalle parole “da trecento euro a cinquemila tremila euro” e il secondo periodo è sostituito dal seguente: “Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.”

Articolo 35(Modifiche all’articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modifiche: a) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti: “1. I soggetti di cui all’articolo 190, comma 1 che non ab-biano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a) e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. 2. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono inqua-drati in un’organizzazione di ente o di impresa che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico con le modalità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 gennaio 2006, n. 29 e all’articolo 6, comma 1 del D.M. 17 dicembre 2009, sono puniti con la sanzione ammi-nistrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.”; b) al comma 3, le parole “inferiore a 15 dipendenti” sono sostituite dalle parole “fino ad un numero di 5 dipendenti”, le parole “comma 2” sono sostituite dalle parole “comma 1” e sono soppresse le parole “per i rifiuti non pericolosi e da duemilasettanta euro a dodi-

cimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi”; c) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Le impre-se che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lettera a), ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, for-nisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto”; d) al comma 5, dopo le parole “all’articolo 193” sono aggiunte la parole “da parte dei soggetti obbligati”; e) dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti commi: “6. I soggetti di cui all’articolo 220, comma 2, che non effet-tuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la san-zione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro. 7. Il sindaco del comune che non effettui la comunica-zione di cui all’articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro.”

Articolo 36(Sanzioni) 1. Dopo l’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono inseriti i seguenti articoli:

“Articolo 260-bis (Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti) 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 34, comma 1, in via transitoria, i soggetti obbligati che omettono l’iscri-zione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a) sono puniti: a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con quella dell’ammenda da duemilaseicento euro a venti-seimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con quella dell’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. 1-bis. I trasportatori di rifiuti tenuti all’iscrizione al si-stema di cui al comma 1 che utilizzano autoveicoli non iscritti al sistema medesimo sono puniti: a) con la pena dell’arresto da un anno a due anno e con

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quella dell’ammenda da ventiseimila euro a novantatre-mila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell’arresto da due anni a tre anni e con quella dell’ammenda da ventiseimila euro a novantatre-mila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. 2. Chiunque omette di compilare il registro cronolo-gico o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incom-plete, inesatte o insufficienti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quel-li stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considera-zione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, precedente il momento di accertamento dell’infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecento-sessanta ad euro millecinquecentocinquanta. 1. Salvo quanto previsto dalla disciplina transitoria, i soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nei termini previsti, sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento eu-ro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. 1-bis. Salvo quanto previsto dalla disciplina transitoria, i soggetti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da duemilasei-cento euro a quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro. All’accertamento dell’omis-sione del pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di controllo della tracciabilità nei confronti del trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilità occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma. 2. Chiunque omette di compilare il registro cronolo-gico o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi, le procedure e le modalità stabilite dal sistema informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte, altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi tecnologici accessori al pre-

detto sistema informatico di controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il corretto funzionamento, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti,si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento. Il numero di unità lavorative è calcolato con riferimento al numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagiona-li rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l’anno da prendere in considerazione è quello dell’ultimo esercizio contabile approvato, pre-cedente il momento di accertamento dell’infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecento-sessanta ad euro millecinquecentocinquanta. 3. Qualora le condotte di cui al comma che precede siano riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacin-quecento ad euro novantatremila, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto cui l’infrazione è imputabile ivi compresa la sospensio-ne dalla carica di amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero di unità lavorative inferiore a quindici dipendenti, le misure minime e massime di cui al periodo precedente sono ridotte rispettivamen-te da duemilasettanta euro a dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le modalità di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle modalità di cui al precedente comma 2. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinque-centoventi ad euro tremilacento. 4. Al di fuori di quanto previsto nei commi che precedo-no, i soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sono puniti, per ciascuna delle suddette violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemi-laseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila. 5. Si applica la pena di cui all’articolo 483 c.p. a colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un certifi-cato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti. 6. L’omissione del pagamento, nei termini previsti, del contributo annuale di cui al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), comporta una sanzione amministrativa da euro cinquecento ad euro duemilacinquecento. La

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sanzione amministrativa è aumentata di un terzo in caso di rifiuti pericolosi. Nei casi che precedono, tenendo conto dell’entità della violazione e della sua eventuale reiterazione, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può decidere la sospensione dal servizio nei confronti del trasgressore. In sede di ride-terminazione del contributo annuale di cui all’articolo 4, commi 1 e 3 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009 occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal presente comma. 7. 6. Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è punito con la sanzione amministrativa pecu-niaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati. 8. 7. Il trasportatore che accompagna il trasporto di ri-fiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI - AREA Movimentazione fraudolentemente alterata è punito con la pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e 482 del codice penale. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi. 9. Se le indicazioni riportate sulla copia cartacea di cui al comma 7, pur incomplete o inesatte, non pregiudi-cano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta. 8. Se le condotte di cui al comma 6 non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione ammi-nistrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

Articolo 260-ter (Sanzioni amministrative accessorie. Confisca) 1. All’accertamento delle violazioni di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo 260-bis, consegue obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo utilizzato per l’attività di trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in cui il responsabile si trovi nelle situazioni di cui all’art. 99 c.p. o all’art. 8 bis della L. 689/1981 o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato norme in materia di rifiuti. 2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 213, 214, 214 bis e 224-ter del D. Lgs. 285 del 1992 e relative norme di attuazione. 3. All’accertamento delle violazioni di cui al comma 1-bis, lettera b), dell’articolo 260-bis, consegue obbligato-riamente la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del mezzo utilizzato dal trasportatore.” 3. All’accertamento delle violazioni di cui al comma 1, dell’articolo 260-bis, consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del mezzo utilizzato

dal trasportatore. In ogni caso la revoca del fermo non può essere di-sposta in mancanza dell’ iscrizione e del correlativo versamento del contributo. 4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti peri-colosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.” 5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all’accer-tamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’articolo 256”.

Articolo 37(Abrogazioni e modifiche di disposizioni concernenti comunicazioni in materia di rifiuti) 1. Dopo l’articolo 264 sono inseriti i seguenti articoli:

“Articolo 264-bis (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del de-creto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 aprile 2010) 1. All’Allegato del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 aprile 2010, pubblicato nella Gazzetta Uf-ficiale - Supplemento ordinario n. 80 del 28 aprile 2010, capitolo 1, sono abrogate le sezioni Comunicazione semplificata,Rifiuti, Intermediazione e Commercio. 2. Le comunicazioni veicoli fuori uso e rifiuti da appa-recchiature elettriche ed elettroniche di cui ai capitoli 2 e 3 del medesimo Allegato del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 aprile 2010, sono abrogate a decorrere dalla dichiarazione relativa al 2011.

Articolo 264-ter (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del de-creto legislativo 24 giugno 2003, n. 209) 1. All’articolo 11 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. A decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009 e successive modificazioni, i dati relativi ai veicoli fuori uso ed ai pertinenti mate-riali e componenti sottoposti a trattamento, nonché i dati relativi ai materiali, ai prodotti ed ai componenti ottenuti ed avviati al reimpiego, al riciclaggio e al re-cupero, sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a) e all’articolo 14-bis del decreto legge n.78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 102 del 2009.

Articolo 264-quater (Abrogazioni e modifiche di disposizioni del de-creto legislativo 25 luglio 2005, n. 151) 1. All’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 2, a decorrere dal giorno successivo

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alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009 e successive modificazioni, i dati relativi ai RAEE esportati, trattati ed ai materiali derivanti da essi ed avviati al recupero ed al reimpiego sono forniti attraverso il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a e all’articolo 14-bis del decre-to legge n.78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 102 del 2009. Le informazioni specificano la categoria di appartenenza secondo l’allegato 1A, il peso o, se non rilevabile, il numero di pezzi degli stessi RAEE.”

Articolo 38(Modifiche all’articolo 265 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) 1. All’articolo 265 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al comma 2, dopo le parole “fermo restando quanto previsto”, inserire le seguenti “dall’articolo 188-ter e”. Articolo 39(Disposizioni transitorie e finali) 1. I soggetti obbligati all’iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a) che omettono l’iscrizione, sono puniti, fino alla data del 31 dicembre del 2010, esclusivamente con la sanzione pecuniaria amministra-tiva pari alla metà dell’importo dovuto per l’iscrizione per ciascun mese di ritardo fermo restando l’obbligo di adempiere all’iscrizione al predetto sistema con pa-gamento del relativo contributo. 2. I soggetti che, successivamente alla data del 31 di-cembre 2010, esercitano l’attività senza essere iscritti né all’Albo di cui all’articolo 212 né al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), sono puniti con le sanzioni di cui all’articolo 260-bis, comma 1, aumentate fino al triplo. 1. Le sanzioni del presente titolo decreto relative al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188-bis, comma 2, lett. a), si applicano a partire dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009 e successive modificazioni. 2. Al fine di graduare la responsabilità nel primo periodo di applicazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), i soggetti obbligati all’iscrizione al predetto sistema che omettono l’iscrizione o il relativo versamen-to nei termini previsti, fermo l’obbligo di adempiere all’iscrizione al predetto sistema con pagamento del relativo contributo, sono puniti, per ciascun mese o frazione di mese di ritardo: a) con una sanzione pari al 5% dell’importo annuale dovuto per l’iscrizione se l’inadempimento si verifica nel periodo dal 1° gennaio 2011 al 30 giugno del 2011; b) con una sanzione pari al 50% dell’importo annuale dovuto per l’iscrizione se l’inadempimento si verifica o comunque si protrae nel periodo dal 1° luglio 2011 al

31 dicembre 2011. Resta in ogni caso fermo l’obbligo di adempiere all’iscri-zione al predetto sistema con pagamento del relativo contributo. 3. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati gli articoli 181-bis, 186, 210 e 229 del de-creto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché l’articolo 3 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173. 3-bis. Dalla data di entrata in vigore del decreto mini-steriale di cui all’articolo 184-bis, comma 2, è abrogato l’articolo 186. 4. Gli allegati B, C, D ed I alla Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono sostituiti dai corrispondenti allegati al presente decreto. 5. Gli allegati A, G ed H alla Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono abrogati. 6. Dopo l’allegato I alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è aggiunto l’allegato L riportato in allegato al presente decreto. 7. Rimangono in vigore fino alla loro scadenza naturale, tutte le autorizzazioni in essere all’esercizio degli im-pianti di trattamento rifiuti che prevedono la produzione o l’utilizzo di CDR e CDR-Q, così come già definiti dal D.Lgs. 152/06 art. 183 lett. r) e s) precedentemente alle modifiche apportate dal presente decreto legislativo, ivi incluse le comunicazioni per il recupero semplificato del CDR di cui alle procedure del DM 5 febbraio 1998 art. 3, Allegato 1, Suballegato 1, voce 14 e art. 4, Allegato 2, Suballegato 1, voce 1, salvo modifiche sostanziali che richiedano una revisione delle stesse. 7-bis. Fino al 31 dicembre 2011 sono esclusi dall’obbligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), di cui all’articolo 188-bis, comma 2, lett. a), gli imprenditori agricoli che producono e trasportano ad una piattaforma di conferimento, oppure conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario. Sono considerati occasionali e saltuari: a) i trasporti di rifiuti pericolosi ad una piattaforma di conferimento, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l’anno per quantitativi non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l’anno; b) i conferimenti, anche in un’unica soluzione, di rifiuti ad un circuito organizzato di raccolta per quantitativi non eccedenti i cento chilogrammi o cento litri all’an-no. 8. Gli imprenditori agricoli di cui al presente comma conservano in azienda per cinque anni la copia della convenzione o del contratto di servizio stipulati con il gestore della piattaforma di conferimento o del circuito organizzato di raccolta come anche le schede SISTRI - Area Movimentazione, sottoscritte e trasmesse dal ge-store della piattaforma di conferimento o dal circuito organizzato di raccolta. 9. Fatta salva la disciplina in materia di protezione dell’ambiente marino e le disposizioni in tema di sot-toprodotto, laddove sussistano univoci elementi che facciano ritenere la loro presenza sulla battigia di-rettamente dipendente da mareggiate o altre cause comunque naturali, è consentito l’interramento in sito

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della posidonia e delle meduse spiaggiate, purché ciò avvenga senza trasporto né trattamento. 9-bis La raccolta degli elenchi telefonici e dei beni e pro-dotti che, dati in comodato d’uso e presentando rischi inferiori per l’ambiente, siano restituiti dal consumatore o utente, dopo l’utilizzo, al comodante, non rientra tra le operazioni di raccolta di rifiuti come definita dall’art. 183, comma 1, lett. m). 9-ter. I rifiuti derivanti da tubi fluorescenti e sorgen-ti luminose provenienti da utenze non domestiche, possono essere conferiti ai centri di raccolta comunali mediante la stipula di convenzioni con i gestori dei centri medesimi. 9-quater. Le norme di cui all’articolo 184-bis si applica-no anche al materiale che viene rimosso, per esclusive ragioni di sicurezza idraulica, dagli alvei di fiumi, laghi e torrenti”.9-quinquies. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministero dell’Ambien-te e della Tutela del Territorio e del Mare adottato ai sensi dell’articolo 184-bis, comma 2, del d.lgs. 152/2006 come introdotto dal presente decreto, sono definite le condizioni alle quali sia da qualificarsi come sottopro-dotto il materiale derivante dalle attività di estrazione e lavorazione di marmi e lapidei. 9-sexies. Con decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Mi-nistro della Difesa, possono essere individuate ulteriori quarantadue unità di personale da destinare al Comando dei carabinieri per la tutela dell’ambiente, in sopran-numero rispetto al contingente previsto dalle norme vigenti, ivi incluso quanto previsto dall’articolo 828 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, da dedicare esclusivamente alla gestione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188-bis , comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 152 del 2006. Al relativo onere si provvede mediante utilizzo di quota parte delle risorse affluite all’entrata del bilancio dello Stato ai sensi dell’articolo 14-bis del-la Legge 3 agosto 2009, n. 102, di cui è autorizzata la riassegnazione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ai pertinenti capitoli di parte corrente del bilancio del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. 9-septies. Con decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare possono essere indivi-duate, in base al criterio della rappresentatività sul piano nazionale, organizzazioni alle quali è possibile delegare i compiti previsti dalla disciplina del Sistri ai sensi dell’art. 7, comma 1, del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009, come integrato dall’articolo 9, comma 1, lettera c), del decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 9 luglio 2010. 9-octies. I decreti ministeriali di attuazione delle disposi-zioni del presente decreto sono adottati, salvo che non sia diversamente ed espressamente previsto, entro due anni dall’entrata in vigore delle relative disposizioni.

ALLEGATO B Operazioni di smaltimento D1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica). D2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio bio-degradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli). D3 Iniezioni in profondità (ad esempio iniezioni dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie ge-ologiche naturali). D4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.). D5 Messa in discarica specialmente allestita (ad esempio sistematizzazione in alveoli stagni, separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dall’ambiente). D6 Scarico dei rifiuti solidi nell’ambiente idrico eccetto l’immersione. D7 Immersione, compreso il seppellimento nel sotto-suolo marino. D8 Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscu-gli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12. D9 Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elen-cati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.) D10 Incenerimento a terra. D11 Incenerimento in mare.1 D12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera). D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12.2 D14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13. D15 Deposito preliminare prima di uno delle opera-zioni di cui ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti).3 1 Questa operazione è vietata dalla normativa UE e dalle con-venzioni internazionali. 2 In mancanza di un altro codice D appropriato, può compren-dere le operazioni preliminari precedenti allo smaltimento, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la fram-mentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essiccazione, la triturazione, il condizionamento o la separazione prima di una delle operazioni indicate da D1 a D12. 3 Il deposito temporaneo è deposito preliminare a norma dell’articolo 183, comma 1, lettera m).

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ALLEGATO C Operazioni di recupero R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia1

R2 Rigenerazione/recupero di solventi R3 Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di com-postaggio e altre trasformazioni biologiche)2

R4 Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici R5 Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche3

R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l’in-quinamento R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle opera-zioni indicate da R1 a R10 R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle opera-zioni indicate da R1 a R114 R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti)5

1 Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a: — 0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria applicabile an-teriormente al 1° gennaio 2009, — 0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008, calcolata con la seguente formula: Efficienza energetica = [Ep – (Ef + Ei)]/[0,97 × (Ew + Ef)] dove: Ep = energia annua prodotta sotto forma di energia ter-mica o elettrica. È calcolata moltiplicando l’energia sotto forma di elettricità per 2,6 e l’energia termica prodotta per uso commerciale per 1,1 (GJ/anno)Ef = alimentazione annua di energia nel sistema con combustibili che contribuiscono alla produzione di va-pore (GJ/anno) Ew = energia annua contenuta nei rifiuti trattati cal-colata in base al potere calorifico inferiore dei rifiuti (GJ/anno) Ei = energia annua importata, escluse Ew ed Ef (GJ/anno)0,97 = fattore corrispondente alle perdite di energia dovute alle ceneri pesanti (scorie) e alle radiazioni. 1 La formula si applica conformemente al documento di rife-rimento sulle migliori tecniche disponibili per l’incenerimento dei rifiuti. 2 Sono comprese la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche. 3 È compresa la pulizia risultante in un recupero del suolo e il riciclaggio dei materiali da costruzione inorganici. 4 In mancanza di un altro codice R appropriato, può compren-dere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l’altro, la cernita, la frammenta-zione, la compattazione, la pellettizzazione, l’essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la

separazione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R 1 a R 11. 5 Il deposito temporaneo è il deposito preliminare a norma dell’articolo 183, comma 1, lettera z)

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ALLEGATO D Elenco dei rifiuti istituito dalla Decisione della Com-missione 2000/532/CE del 3 maggio 2000.

Introduzione Il presente elenco armonizzato di rifiuti verrà rivisto periodicamente, sulla base delle nuove conoscenze ed in particolare di quelle prodotte dall’attività di ricerca, e se necessario modificato in conformità dell’articolo 39 della direttiva 2008/98/CE. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi. Una sostanza o un oggetto è considerato un rifiuto solo se rientra nella definizione di cui all’articolo 3, punto 1 della direttiva 2008/98/CE. 1. Ai rifiuti inclusi nell’elenco si applicano le disposizioni di cui alla direttiva 2008/98/CE, a condizione che non trovino applicazione le disposizioni di cui agli articoli 2, 5 e 7 della direttiva 2008/98/CE. 2. I diversi tipi di rifiuto inclusi nell’elenco sono definiti specificatamente mediante un codice a sei cifre per ogni singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i rispettivi capitoli. Di conseguenza, per identificare un rifiuto nell’elenco occorre procedere come segue: 3. Identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99. È possibile che un determinato impianto o stabilimento debba classificare le proprie attività rife-rendosi a capitoli diversi. Per esempio un fabbricante di automobili può reperire i rifiuti che produce sia nel capitolo 12 (rifiuti dalla lavorazione e dal trattamento superficiale di metalli), che nel capitolo 11 (rifiuti inor-ganici contenenti metalli provenienti da trattamento e ricopertura di metalli) o ancora nel capitolo 08 (rifiuti da uso di rivestimenti), in funzione delle varie fasi della produzione. Nota: I rifiuti di imballaggio oggetto di raccolta differenziata (comprese combinazioni di diversi materiali di imballaggio) vanno classificati alla voce 15 01 e non alla voce 20 01. 3.1 Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determina-to rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto. 3.2. Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16. 3.3. Se un determinato rifiuto non é classificabile nep-pure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all’attività iden-tificata al punto 3.1. 3.4. I rifiuti contrassegnati nell’elenco con un asterisco “*” sono rifiuti pericolosi ai sensi della direttiva 2008/98/CE e ad essi si applicano le disposizioni della medesi-ma direttiva, a condizione che non trovi applicazione l’articolo 20. Si ritiene che tali rifiuti presentino una o più caratteristiche indicate nell’Allegato III della direttiva 2008/98/CE e, in riferimento ai codici da H3 a H8, H10 e H11 del medesimo allegato, una o più delle seguenti caratteristiche:

- punto di infiammabilità < o = 55 °C, - una o più sostanze classificate come molto tossiche in concentrazione totale > o = 0,1%, - una o più sostanze classificate come tossiche in con-centrazione totale > o = 3%, - una o più sostanze classificate come nocive in con-centrazione totale > o = 25%, - una o più sostanze corrosive classificate come R35 in concentrazione totale > o = 1%, - una o più sostanze corrosive classificate come R34 in concentrazione totale > o = 5%, - una o più sostanze irritanti classificate come R41 in concentrazione totale > o = 10%, - una o più sostanze irritanti classificate come R36, R37 e R38 in concentrazione totale > o = 20%, - una sostanza riconosciuta come cancerogena (categorie 1 o 2) in concentrazione > o = 0,1%, - una sostanza riconosciuta come cancerogena (categoria 3) in concentrazione > o = 1%, - una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categorie 1 o 2) classificata come R60 o R61 in concentrazione > o = 0,5%, - una sostanza riconosciuta come tossica per il ciclo riproduttivo (categoria 3) classificata come R62 o R63 in concentrazione > o = 5%, - una sostanza mutagena della categoria 1 o 2 classificata come R46 in concentrazione > o = 0,1%, - una sostanza mutagena della categoria 3 classificata come R40 in concentrazione > o = 1%; Ai fini del presente Allegato per “sostanza pericolosa” si intende qualsiasi sostanza che è o sarà classificata come pericolosa ai sensi della direttiva 67/548/CEE e successive modifiche; per “metallo pesante” si intende qualunque composto di antimonio, arsenico, cadmio, cromo (VI), rame, piombo, mercurio, nichel, selenio, tel-lurio, tallio e stagno, anche quando tali metalli appaiono in forme metalliche classificate come pericolose. 5. Se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose, esso è classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale in peso), tali da conferire al rifiuto in que-stione una o più delle proprietà di cui all’allegato III della direttiva 2008/98/CE I. Per le caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11 si applicano i valori limite di cui al punto 3.4, mentre per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H15 la decisione 2000/532/CE non preve-de al momento alcuna specifica. Per la caratteristica H14 (ecotossico) si applicano i criteri di classificazione stabiliti dall’allegato 6 della Direttiva 67/548/CEE ed i valori limite della Direttiva 1999/45/CEE. 6. Uno Stato membro può considerare come pericolosi i rifiuti che, pur non figurando come tali nell’elenco dei rifiuti, presentano una o più caratteristiche fra quelle elencate nell’allegato III. Lo Stato membro notifica senza indugio tali casi alla Commissione. Esso li iscrive nella relazione di cui all’articolo 37, paragrafo 1, fornendole tutte le informazioni pertinenti. Alla luce delle notifiche ricevute, l’elenco è riesaminato per deciderne l’eventuale adeguamento.

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7. Uno Stato membro può considerare come non peri-coloso uno specifico rifiuto che nell’elenco è indicato come pericoloso se dispone di prove che dimostrano che esso non possiede nessuna delle caratteristiche elencate nell’allegato III. Lo Stato membro notifica sen-za indugio tali casi alla Commissione fornendole tutte le prove necessarie. Alla luce delle notifiche ricevute, l’elenco è riesaminato per deciderne l’eventuale ade-guamento. 8. Come dichiarato in uno dei considerando della diret-tiva 99/45/CE, occorre riconoscere che le caratteristiche delle leghe sono tali che la determinazione precisa delle loro proprietà mediante i metodi convenziona-li attualmente disponibili può risultare impossibile: le disposizioni di cui al punto 3.4 non trovano dunque applicazione per le leghe di metalli puri (ovvero non contaminati da sostanze pericolose). Ciò in attesa dei risultati di ulteriori attività che la Commissione e gli Stati membri si sono impegnati ad avviare per studiare uno specifico approccio di classificazione delle leghe. I rifiuti specificamente menzionati nel presente elenco continua-no ad essere classificati come in esso indicato.

9. Indice Capitoli dell’elenco 01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da mi-niera o cava, nonché dal trattamento fisico o chimico di minerali02 Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acqua-coltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti 03 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone 04 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce e dell’in-dustria tessile 05 Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone 06 Rifiuti dei processi chimici inorganici 07 Rifiuti dei processi chimici organici 08 Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti, e inchiostri per stampa09 Rifiuti dell’industria fotografica 10 Rifiuti provenienti da processi termici 11 Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrome-tallurgia non ferrosa 12 Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica 13 Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili, 05 e 12) 14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne le voci 07 e 08) 15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimen-ti) 16 Rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco 17 Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti contaminati) 18 Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina

e di ristorazione che non derivino direttamente da trat-tamento terapeutico) 19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell’acqua e dalla sua preparazione per uso industriale20 Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istitu-zioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata 01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da mi-niera o cava, nonché dal trattamento fisico o chimico di minerali 01 01 01 rifiuti da estrazione di minerali metalliferi 01 01 02 rifiuti da estrazione di minerali non metalli-feri 01 03 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi 01 03 04 * sterili che possono generare acido prodotti dalla lavorazione di minerale solforoso 01 03 05 * altri sterili contenenti sostanze pericolose 01 03 06 sterili diversi da quelli di cui alle voci 01 03 04 e 01 03 05 01 03 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali me-talliferi 01 03 08 polveri e residui affini diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07 01 03 09 fanghi rossi derivanti dalla produzione di allu-mina, diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07 01 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 01 04 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi 01 04 07 * rifiuti contenenti sostanze pericolose, prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalli-feri 01 04 08 scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 01 04 09 scarti di sabbia e argilla 01 04 10 polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 01 04 11 rifiuti della lavorazione di potassa e salgemma, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 01 04 12 sterili ed altri residui del lavaggio e della pu-litura di minerali, diversi da quelli di cui alle voci 01 04 07 e 01 04 11 01 04 13 rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07 01 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 01 05 fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perfora-zione 01 05 04 fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi per acque dolci 01 05 05 * fanghi e rifiuti di perforazione contenenti oli 01 05 06 * fanghi di perforazione ed altri rifiuti di per-forazione contenenti sostanze pericolose 01 05 07 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti bari-te, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06 01 05 08 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti clo-ruri, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06 01 05 99 rifiuti non specificati altrimenti

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02 Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acqua-coltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti 02 01 rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acqua-coltura, selvicoltura, caccia e pesca 02 01 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia 02 01 02 scarti di tessuti animali 02 01 03 scarti di tessuti vegetali 02 01 04 rifiuti plastici (ad esclusione degli imballag-gi) 02 01 06 feci animali, urine e letame (comprese le let-tiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito 02 01 07 rifiuti della silvicoltura 02 01 08 * rifiuti agrochimici contenenti sostanze pe-ricolose 02 01 09 rifiuti agrochimici diversi da quelli della voce 02 01 08 02 01 10 rifiuti metallici 02 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 02 02 rifiuti della preparazione e del trattamento di carne, pesce ed altri alimenti di origine animale 02 02 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia 02 02 02 scarti di tessuti animali02 02 03 scarti inutilizzabili per il consumo o la tra-sformazione 02 02 04 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 02 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 02 03 rifiuti della preparazione e del trattamento di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffè, tè e tabacco; della produzione di conserve alimentari; della produzione di lievito ed estratto di lievito; della prepa-razione e fermentazione di melassa 02 03 01 fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione di componenti 02 03 02 rifiuti legati all’impiego di conservanti 02 03 03 rifiuti prodotti dall’estrazione tramite solven-te 02 03 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la tra-sformazione 02 03 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 02 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 02 04 rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero 02 04 01 terriccio residuo delle operazioni di pulizia e lavaggio delle barbabietole 02 04 02 carbonato di calcio fuori specifica 02 04 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 02 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 02 05 rifiuti dell’industria lattiero-casearia 02 05 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la tra-sformazione 02 05 02 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 02 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 02 06 rifiuti dell’industria dolciaria e della panificazio-ne 02 06 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la tra-

sformazione 02 06 02 rifiuti legati all’impiego di conservanti 02 06 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 02 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 02 07 rifiuti della produzione di bevande alcoliche ed analcoliche (tranne caffè, tè e cacao) 02 07 01 rifiuti prodotti dalle operazioni di lavaggio, pulizia e macinazione della materia prima 02 07 02 rifiuti prodotti dalla distillazione di bevande alcoliche 02 07 03 rifiuti prodotti dai trattamenti chimici 02 07 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la tra-sformazione 02 07 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 02 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 03 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone 03 01 rifiuti della lavorazione del legno e della produ-zione di pannelli e mobili 03 01 01 scarti di corteccia e sughero 03 01 04 * segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci contenenti sostanze pericolose03 01 05 segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pan-nelli di truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04 03 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 03 02 rifiuti dei trattamenti conservativi del legno 03 02 01 * prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organici non Alogenati 03 02 02 * prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organici clorurati 03 02 03 * prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organometallici 03 02 04 * prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti inorganici 03 02 05 * altri prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti sostanze pericolose 03 02 99 prodotti per i trattamenti conservativi del legno non specificati altrimenti 03 03 rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta e cartone 03 03 01 scarti di corteccia e legno 03 03 02 fanghi di recupero dei bagni di macerazione (green liquor) 03 03 05 fanghi prodotti dai processi di disinchiostra-zione nel riciclaggio della carta 03 03 07 scarti della separazione meccanica nella pro-duzione di polpa da rifiuti di carta e cartone 03 03 08 scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati 03 03 09 fanghi di scarto contenenti carbonato di cal-cio 03 03 10 scarti di fibre e fanghi contenenti fibre, riem-pitivi e prodotti di rivestimento generati dai processi di separazione meccanica 03 03 11 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 03 03 10 03 03 99 rifiuti non specificati altrimenti

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04 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce, nonché dell’industria tessile 04 01 rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce 04 01 01 carniccio e frammenti di calce 04 01 02 rifiuti di calcinazione 04 01 03 * bagni di sgrassatura esauriti contenenti sol-venti senza fase liquida 04 01 04 liquido di concia contenente cromo 04 01 05 liquido di concia non contenente cromo 04 01 06 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo 04 01 07 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, non contenenti cromo 04 01 08 cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo 04 01 09 rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura 04 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 04 02 rifiuti dell’industria tessile 04 02 09 rifiuti da materiali compositi (fibre impregnate, elastomeri, plastomeri) 04 02 10 materiale organico proveniente da prodotti naturali (ad es. grasso, cera) 04 02 14 * rifiuti provenienti da operazioni di finitura, contenenti solventi organici 04 02 15 rifiuti da operazioni di finitura, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 14 04 02 16 * tinture e pigmenti, contenenti sostanze pe-ricolose 04 02 17 tinture e pigmenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 16 04 02 19 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 04 02 20 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 19 04 02 21 rifiuti da fibre tessili grezze 04 02 22 rifiuti da fibre tessili lavorate 04 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 05 Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone 05 01 rifiuti della raffinazione del petrolio05 01 02 * fanghi da processi di dissalazione 05 01 03 * morchie depositate sul fondo dei serbatoi 05 01 04 * fanghi acidi prodotti da processi di alchi-lazione 05 01 05 * perdite di olio 05 01 06 * fanghi oleosi prodotti dalla manutenzione di impianti e apparecchiature 05 01 07 * catrami acidi 05 01 08 * altri catrami 05 01 09 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 05 01 10 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 05 01 09 05 01 11 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carbu-ranti tramite basi 05 01 12 * acidi contenenti oli 05 01 13 fanghi residui dell’acqua di alimentazione delle caldaie 05 01 14 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento 05 01 15 * filtri di argilla esauriti

05 01 16 rifiuti contenenti zolfo prodotti dalla desolfo-rizzazione del petrolio 05 01 17 bitumi 05 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 05 06 rifiuti prodotti dal trattamento pirolitico del car-bone 05 06 01 * catrami acidi 05 06 03 * altri catrami 05 06 04 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento 05 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 05 07 rifiuti prodotti dalla purificazione e dal trasporto di gas naturale 05 07 01 * rifiuti contenenti mercurio 05 07 02 rifiuti contenenti zolfo 05 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 Rifiuti dei processi chimici inorganici 06 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di acidi 06 01 01 * acido solforico ed acido solforoso 06 01 02 * acido cloridrico 06 01 03 * acido fluoridrico 06 01 04 * acido fosforico e fosforoso 06 01 05 * acido nitrico e acido nitroso 06 01 06 * altri acidi 06 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di basi06 02 01 * idrossido di calcio 06 02 03 * idrossido di ammonio 06 02 04 * idrossido di sodio e di potassio 06 02 05 * altre basi 06 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di sali, loro soluzioni e ossidi metallici 06 03 11 * sali e loro soluzioni, contenenti cianuri 06 03 13 * sali e loro soluzioni, contenenti metalli pe-santi 06 03 14 sali e loro soluzioni, diversi da quelli di cui alle voci 06 03 11 e 06 03 13 06 03 15 * ossidi metallici contenenti metalli pesanti 06 03 16 ossidi metallici, diversi da quelli di cui alla voce 06 03 15 06 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 04 rifiuti contenenti metalli, diversi da quelli di cui alla voce 06 03 06 04 03 * rifiuti contenenti arsenico 06 04 04 * rifiuti contenenti mercurio 06 04 05 * rifiuti contenenti altri metalli pesanti 06 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 05 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli ef-fluenti 06 05 02 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 06 05 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 06 05 02 06 06 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici contenenti zolfo, dei processi chimici dello zolfo e dei processi di desolforazione 06 06 02 * rifiuti contenenti solfuri pericolosi 06 06 03 rifiuti contenenti solfuri, diversi da quelli di cui alla voce 06 06 02

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XXXV

06 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 07 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti alogeni e dei processi chimici degli alogeni 06 07 01 * rifiuti dei processi elettrolitici, contenenti amianto 06 07 02 * carbone attivato dalla produzione di cloro 06 07 03 * fanghi di solfati di bario, contenenti mer-curio 06 07 04 * soluzioni ed acidi, ad es. acido di contatto 06 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 08 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso del silicio e dei suoi derivati 06 08 02 * rifiuti contenenti clorosilano pericoloso 06 08 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 09 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fosforosi e dei processi chimici del fosforo 06 09 02 scorie fosforose 06 09 03 * rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio contenenti o contaminati da sostanze pericolose 06 09 04 rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio, diversi da quelli di cui alla voce 06 09 03 06 09 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 10 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici contenenti azoto, dei processi chimici dell’azoto e della produzione di fertilizzanti 06 10 02 * rifiuti contenenti sostanze pericolose06 10 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 11 rifiuti dalla produzione di pigmenti inorganici ed opacificanti 06 11 01 rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio nella produzione di diossido di titanio 06 11 99 rifiuti non specificati altrimenti 06 13 rifiuti di processi chimici inorganici non specifi-cati altrimenti 06 13 01 * prodotti fitosanitari, agenti conservativi del legno ed altri biocidi inorganici 06 13 02 * carbone attivato esaurito (tranne 06 07 02) 06 13 03 nerofumo 06 13 04 * rifiuti della lavorazione dell’amianto 06 13 05 * fuliggine 06 13 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 Rifiuti dei processi chimici organici 07 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti chimici organici di base 07 01 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 01 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di la-vaggio ed acque madri 07 01 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 01 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 07 01 08 * altri fondi e residui di reazione 07 01 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 07 01 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esau-riti 07 01 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 01 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli

effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 01 11 07 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso (PFFU) di plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali 07 02 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque ma-dri 07 02 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 02 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 02 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 07 02 08 * altri fondi e residui di reazione 07 02 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 07 02 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esau-riti 07 02 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 02 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 11 07 02 13 rifiuti plastici 07 02 14 * rifiuti prodotti da additivi, contenenti sostanze pericolose 07 02 15 rifiuti prodotti da additivi, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 14 07 02 16 * rifiuti contenenti silicone pericoloso 07 02 17 rifiuti contenenti silicone diversi da quelli di cui alla voce 07 02 16 07 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di coloranti e pigmenti organici (tranne 06 11) 07 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 03 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di la-vaggio ed acque madri 07 03 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 03 07 * fondi e residui di reazione alogenati 07 03 08 * altri fondi e residui di reazione 07 03 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati 07 03 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esau-riti 07 03 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 03 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 03 11 07 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 04 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fitosanitari (tranne 02 01 08 e 02 01 09), agenti conservativi del legno (tranne 03 02) ed altri biocidi organici 07 04 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 04 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di la-vaggio ed acque madri 07 04 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 04 07 * fondi e residui di reazione alogenati 07 04 08 * altri fondi e residui di reazione 07 04 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti

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alogenati 07 04 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esau-riti 07 04 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 04 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 04 11 07 04 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose 07 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 05 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti farmaceutici 07 05 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 05 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di la-vaggio ed acque madri 07 05 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 05 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 07 05 08 * altri fondi e residui di reazione 07 05 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 07 05 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esau-riti 07 05 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 05 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 11 07 05 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose 07 05 14 rifiuti solidi, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 1307 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 06 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disin-fettanti e cosmetici 07 06 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 06 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di la-vaggio ed acque madri 07 06 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 06 07 * fondi e residui di reazione, alogenati 07 06 08 * altri fondi e residui di reazione 07 06 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 07 06 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esau-riti 07 06 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11 07 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 07 07 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti della chimica fine e di prodotti chimici non specificati altrimenti 07 07 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 07 07 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di la-vaggio ed acque madri 07 07 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 07 07 07 * fondi e residui di reazione, alogenati

07 07 08 * altri fondi e residui di reazione 07 07 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati 07 07 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esau-riti 07 07 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 07 07 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 07 11 07 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 08 Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa 08 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso e della rimozione di pitture e vernici 08 01 11 * pitture e vernici di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 01 12 pitture e vernici di scarto, diverse da quelle di cui alla voce 08 01 11 08 01 13 * fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 01 14 fanghi prodotti da pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 1308 01 15 * fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze perico-lose 08 01 16 fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 15 08 01 17 * fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose08 01 18 fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 17 08 01 19 * sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 01 20 sospensioni acquose contenenti pitture e ver-nici, diverse da quelle di cui alla voce 08 0119 08 01 21 * residui di vernici o di sverniciatori 08 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 08 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di altri rivestimenti (inclusi materiali ceramici) 08 02 01 polveri di scarto di rivestimenti 08 02 02 fanghi acquosi contenenti materiali ceramici 08 02 03 sospensioni acquose contenenti materiali ce-ramici 08 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 08 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di inchiostri per stampa 08 03 07 fanghi acquosi contenenti inchiostro 08 03 08 rifiuti liquidi acquosi contenenti inchiostro 08 03 12 * scarti di inchiostro, contenenti sostanze pe-ricolose 08 03 13 scarti di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 12 08 03 14 * fanghi di inchiostro, contenenti sostanze pericolose 08 03 15 fanghi di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 14 08 03 16 * residui di soluzioni chimiche per incisione 08 03 17 * toner per stampa esauriti, contenenti sostanze

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pericolose 08 03 18 toner per stampa esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 17 08 03 19 * oli dispersi 08 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 08 04 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di adesivi e sigillanti (inclusi i prodotti imper-meabilizzanti) 08 04 09 * adesivi e sigillanti di scarto, contenenti sol-venti organici o altre sostanze pericolose 08 04 10 adesivi e sigillanti di scarto, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 09 08 04 11 * fanghi di adesivi e sigillanti, contenenti sol-venti organici o altre sostanze pericolose 08 04 12 fanghi di adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 11 08 04 13 * fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolo-se 08 04 14 fanghi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 13 08 04 15 * rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose 08 04 16 rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi e sigil-lanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 15 08 04 17 * olio di resina 08 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 08 05 rifiuti non specificati altrimenti alla voce 08 08 05 01 * isocianati di scarto 09 Rifiuti dell’industria fotografica 09 01 rifiuti dell’industria fotografica 09 01 01 * soluzioni di sviluppo e attivanti a base ac-quosa 09 01 02 * soluzioni di sviluppo per lastre offset a base acquosa 09 01 03 * soluzioni di sviluppo a base di solventi 09 01 04 * soluzioni fissative 09 01 05* soluzioni di sbianca e soluzioni di sbianca-fissaggio 09 01 06 * rifiuti contenenti argento prodotti dal tratta-mento in loco di rifiuti fotografici 09 01 07 carta e pellicole per fotografia, contenenti argento o composti dell’argento 09 01 08 carta e pellicole per fotografia, non contenenti argento o composti dell’argento 09 01 10 macchine fotografiche monouso senza bat-terie 09 01 11 * macchine fotografiche monouso contenenti batterie incluse nelle voci 16 06 01, 16 06 02 o 16 06 03 09 01 12 macchine fotografiche monouso diverse da quelle di cui alla voce 09 01 11 09 01 13 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal recupero in loco dell’argento, diversi da quelli di cui alla voce 09 01 06 09 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 Rifiuti prodotti da processi termici 10 01 rifiuti prodotti da centrali termiche ed altri impianti termici (tranne 19) 10 01 01 ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia (tran-

ne le polveri di caldaia di cui alla voce 10 01 04) 10 01 02 ceneri leggere di carbone 10 01 03 ceneri leggere di torba e di legno non trat-tato 10 01 04 * ceneri leggere di olio combustibile e polveri di caldaia 10 01 05 rifiuti solidi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi 10 01 07 rifiuti fangosi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi 10 01 09 * acido solforico 10 01 13 * ceneri leggere prodotte da idrocarburi emul-sionati usati come carburante 10 01 14 * ceneri pesanti, scorie e polveri di calda-ia prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose 10 01 15 ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, diverse da quelli di cui alla voce 10 01 14 10 01 16 * ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose 10 01 17 ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, diverse da quelle di cui alla voce 10 01 16 10 01 18 * rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti sostanze pericolose 10 01 19 rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, diversi da quelli di cui alle voci 10 01 05, 10 01 07 e 10 01 18 10 01 20 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 10 01 21 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 20 10 01 22 * fanghi acquosi da operazioni di pulizia cal-daie, contenenti sostanze pericolose 10 01 23 fanghi acquosi da operazioni di pulizia caldaie, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 22 10 01 24 sabbie dei reattori a letto fluidizzato 10 01 25 rifiuti dell’immagazzinamento e della prepa-razione del combustibile delle centrali termoelettriche a carbone 10 01 26 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento 10 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 02 rifiuti dell’industria del ferro e dell’acciaio 10 02 01 rifiuti del trattamento delle scorie 10 02 02 scorie non trattate 10 02 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose 10 02 08 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 07 10 02 10 scaglie di laminazione 10 02 11 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenti oli 10 02 12 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 11 10 02 13 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose 10 02 14 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 13

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10 02 15 altri fanghi e residui di filtrazione 10 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 03 rifiuti della metallurgia termica dell’alluminio 10 03 02 frammenti di anodi 10 03 04 * scorie della produzione primaria 10 03 05 rifiuti di allumina 10 03 08 * scorie saline della produzione secondaria 10 03 09 * scorie nere della produzione secondaria 10 03 15 * schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l’acqua, gas infiammabili in quantità pericolose 10 03 16 schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 03 15 10 03 17 * rifiuti contenenti catrame della produzione degli anodi 10 03 18 rifiuti contenenti carbone della produzione degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 17 10 03 19 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose 10 03 20 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 03 19 10 03 21 * altre polveri e particolati (comprese quelle prodotte da mulini a palle), contenenti sostanze peri-colose 10 03 22 altre polveri e particolati (comprese quelle prodotte da mulini a palle), diverse da quelle di cui alla voce 10 03 21 10 03 23 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose 10 03 24 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 23 10 03 25 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose 10 03 26 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 25 10 03 27 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli10 03 28 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 27 10 03 29 * rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie nere, contenenti sostanze pericolose 10 03 30 rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie nere, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 29 10 03 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 04 rifiuti della metallurgia termica del piombo 10 04 01 * scorie della produzione primaria e secon-daria 10 04 02 * impurità e schiumature della produzione primaria e secondaria 10 04 03 * arsenato di calcio 10 04 04 * polveri dei gas di combustione 10 04 05 * altre polveri e particolato 10 04 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 10 04 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 10 04 09 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli 10 04 10 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di

raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 04 09 10 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 05 rifiuti della metallurgia termica dello zinco 10 05 01 scorie della produzione primaria e seconda-ria 10 05 03 * polveri dei gas di combustione 10 05 04 altre polveri e particolato 10 05 05 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 10 05 06 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 10 05 08 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli 10 05 09 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 05 08 10 05 10 * scorie e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l’acqua, gas infiammabili in quantità pericolose 10 05 11 scorie e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 05 10 10 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 06 rifiuti della metallurgia termica del rame 10 06 01 scorie della produzione primaria e seconda-ria 10 06 02 impurità e schiumature della produzione pri-maria e secondaria 10 06 03 * polveri dei gas di combustione 10 06 04 altre polveri e particolato 10 06 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 10 06 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 10 06 09 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli10 06 10 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 06 09 10 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 07 rifiuti della metallurgia termica di argento, oro e platino 10 07 01 scorie della produzione primaria e seconda-ria 10 07 02 impurità e schiumature della produzione pri-maria e secondaria 10 07 03 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 10 07 04 altre polveri e particolato 10 07 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 10 07 07 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli 10 07 08 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 07 07 10 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 08 rifiuti della metallurgia termica di altri minerali non ferrosi 10 08 04 polveri e particolato 10 08 08 * scorie salate della produzione primaria e secondaria

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XXXIX

10 08 09 altre scorie 10 08 10 * impurità e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l’acqua, gas infiammabili in quantità pericolose 10 08 11 impurità e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 08 10 10 08 12 * rifiuti contenenti catrame derivante dalla produzione degli anodi 10 08 13 rifiuti contenenti carbone della produzione degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 12 10 08 14 frammenti di anodi 10 08 15 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose 10 08 16 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 08 15 10 08 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose 10 08 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 17 10 08 19 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli 10 08 20 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 19 10 08 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 09 rifiuti della fusione di materiali ferrosi 10 09 03 scorie di fusione 10 09 05 * forme e anime da fonderia non utilizzate, contenenti sostanze pericolose 10 09 06 forme e anime da fonderia non utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 09 05 10 09 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, conte-nenti sostanze pericolose 10 09 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 09 0710 09 09 * polveri dei gas di combustione contenenti sostanze pericolose 10 09 10 polveri dei gas di combustione diverse da quelle di cui alla voce 10 09 09 10 09 11 * altri particolati contenenti sostanze perico-lose 10 09 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 09 11 10 09 13 * leganti per rifiuti contenenti sostanze peri-colose 10 09 14 leganti per rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 10 09 13 10 09 15 * scarti di prodotti rilevatori di crepe, conte-nenti sostanze pericolose 10 09 16 scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da quelli di cui alla voce 10 09 15 10 09 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 10 rifiuti della fusione di materiali non ferrosi 10 10 03 scorie di fusione 10 10 05 * forme e anime da fonderia non utilizzate, contenenti sostanze pericolose 10 10 06 forme e anime da fonderia non utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 05 10 10 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, conte-nenti sostanze pericolose

10 10 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 07 10 10 09 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose 10 10 10 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 09 10 10 11 * altri particolati contenenti sostanze perico-lose 10 10 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 10 11 10 10 13 * leganti per rifiuti contenenti sostanze peri-colose 10 10 14 leganti per rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 10 10 13 10 10 15 * scarti di prodotti rilevatori di crepe, conte-nenti sostanze pericolose 10 10 16 scarti di prodotti rilevatori di crepe, diversi da quelli di cui alla voce 10 10 15 10 10 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 11 rifiuti della fabbricazione del vetro e di prodotti di vetro 10 11 03 scarti di materiali in fibra a base di vetro 10 11 05 polveri e particolato 10 11 09 * scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico, contenenti sostanze pericolose 10 11 10 scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico, diverse da quelle di cui alla voce 10 11 09 10 11 11 * rifiuti di vetro in forma di particolato e polveri di vetro contenenti metalli pesanti (provenienti ad es. da tubi a raggi catodici) 10 11 12 rifiuti di vetro diversi da quelli di cui alla voce 10 11 11 10 11 13 * lucidature di vetro e fanghi di macinazione, contenenti sostanze pericolose 10 11 14 lucidature di vetro e fanghi di macinazione, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 13 10 11 15 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose 10 11 16 rifiuti prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 15 10 11 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose10 11 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 17 10 11 19 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 10 11 20 rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco de-gli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 19 10 11 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 12 rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione 10 12 01 scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico 10 12 03 polveri e particolato 10 12 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 10 12 06 stampi di scarto 10 12 08 scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e mate-riali da costruzione (sottoposti a trattamento termico) 10 12 09 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi,

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XL

contenenti sostanze pericolose 10 12 10 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 12 09 10 12 11 * rifiuti delle operazioni di smaltatura, conte-nenti metalli pesanti 10 12 12 rifiuti delle operazioni di smaltatura diversi da quelli di cui alla voce 10 12 11 10 12 13 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 10 12 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 13 rifiuti della fabbricazione di cemento, calce e gesso e manufatti di tali materiali 10 13 01 scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico 10 13 04 rifiuti di calcinazione e di idratazione della calce 10 13 06 polveri e particolato (eccetto quelli delle voci 10 13 12 e 10 13 13) 10 13 07 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 10 13 09 * rifiuti della fabbricazione di amianto cemento, contenenti amianto 10 13 10 rifiuti della fabbricazione di amianto cemento, diversi da quelli di cui alla voce 10 13 09 10 13 11 rifiuti della produzione di materiali compositi a base di cemento, diversi da quelli di cui alle voci 10 13 09 e 10 13 10 10 13 12 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose 10 13 13 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 13 12 10 13 14 rifiuti e fanghi di cemento 10 13 99 rifiuti non specificati altrimenti 10 14 rifiuti prodotti dai forni crematori 10 14 01 * rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti mercurio 11 Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrome-tallurgia non ferrosa 11 01 rifiuti prodotti dal trattamento e ricopertura di metalli (ad esempio, processi galvanici, zincatura, de-capaggio, pulitura elettrolitica, fosfatazione, sgrassaggio con alcali, anodizzazione) 11 01 05 * acidi di decappaggio 11 01 06 * acidi non specificati altrimenti 11 01 07 * basi di decappaggio 11 01 08 * fanghi di fosfatazione 11 01 09 * fanghi e residui di filtrazione, contenenti sostanze pericolose 11 01 10 fanghi e residui di filtrazione, diversi da quelli di cui alla voce 11 01 09 11 01 11 * soluzioni acquose di lavaggio, contenenti sostanze pericolose 11 01 12 soluzioni acquose di lavaggio, diverse da quelle di cui alla voce 11 01 11 11 01 13 * rifiuti di sgrassaggio contenenti sostanze pericolose 11 01 14 rifiuti di sgrassaggio diversi da quelli di cui alla voce 11 01 13 11 01 15 * eluati e fanghi di sistemi a membrana e siste-mi a scambio ionico, contenenti sostanze pericolose

11 01 16 * resine a scambio ionico saturate o esaurite 11 01 98 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose 11 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 11 02 rifiuti prodotti dalla lavorazione idrometallurgica di metalli non ferrosi 11 02 02 * rifiuti della lavorazione idrometallurgica dello zinco (compresi jarosite, goethite) 11 02 03 rifiuti della produzione di anodi per processi elettrolitici acquosi 11 02 05 * rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, contenenti sostanze pericolose 11 02 06 rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, diversi da quelli della voce 11 02 05 11 02 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose 11 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 11 03 rifiuti solidi e fanghi prodotti da processi di rin-venimento 11 03 01 * rifiuti contenenti cianuro 11 03 02 * altri rifiuti 11 05 rifiuti prodotti da processi di galvanizzazione a caldo 11 05 01 zinco solido 11 05 02 ceneri di zinco 11 05 03 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 11 05 04 * fondente esaurito 11 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 12 Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica 12 01 rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastiche 12 01 01 limatura e trucioli di materiali ferrosi 12 01 02 polveri e particolato di materiali ferrosi 12 01 03 limatura e trucioli di materiali non ferrosi 12 01 04 polveri e particolato di materiali non ferrosi 12 01 05 limatura e trucioli di materiali plastici (5) 12 01 06 * oli minerali per macchinari, contenenti alo-geni (eccetto emulsioni e soluzioni) 12 01 07 * oli minerali per macchinari, non contenenti alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni) 12 01 08 * emulsioni e soluzioni per macchinari, con-tenenti alogeni 12 01 09 * emulsioni e soluzioni per macchinari, non contenenti alogeni 12 01 10 * oli sintetici per macchinari 12 01 12 * cere e grassi esauriti 12 01 13 rifiuti di saldatura 12 01 14 * fanghi di lavorazione, contenenti sostanze pericolose 12 01 15 fanghi di lavorazione, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 14 12 01 16 * materiale abrasivo di scarto, contenente so-stanze pericolose 12 01 17 materiale abrasivo di scarto, diverso da quello di cui alla voce 12 01 16 12 01 18 * fanghi metallici (fanghi di rettifica, affilatura e lappatura) contenenti olio 12 01 19 * oli per macchinari, facilmente biodegrada-bili 12 01 20 * corpi d’utensile e materiali di rettifica esauriti, contenenti sostanze pericolose

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XLI

12 01 21 corpi d’utensile e materiali di rettifica esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 20 12 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 12 03 rifiuti prodotti da processi di sgrassatura ad acqua e vapore (tranne 11) 12 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio 12 03 02 * rifiuti prodotti da processi di sgrassatura a vapore 13 Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19) 13 01 scarti di oli per circuiti idraulici 13 01 01 * oli per circuiti idraulici contenenti PCB (1) 13 01 04 * emulsioni clorurate 13 01 05 * emulsioni non clorurate 13 01 09 * oli minerali per circuiti idraulici, clorurati 13 01 10 * oli minerali per circuiti idraulici, non clo-rurati 13 01 11 * oli sintetici per circuiti idraulici 13 01 12 * oli per circuiti idraulici, facilmente biode-gradabili 13 01 13 * altri oli per circuiti idraulici (1) La definizione di PCB adottata nel presente elenco di rifiuti è quella contenuta nella direttiva 96/59/CE. 13 02 scarti di olio motore, olio per ingranaggi e oli lubrificanti 13 02 04 * scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, clorurati 13 02 05 * scarti di olio minerale per motori, ingranaggi e lubrificazione, non clorurati 13 02 06 * scarti di olio sintetico per motori, ingranaggi e lubrificazione 13 02 07 * olio per motori, ingranaggi e lubrificazione, facilmente biodegradabile 13 02 08 * altri oli per motori, ingranaggi e lubrifica-zione 13 03 oli isolanti e termoconduttori di scarto 13 03 01 * oli isolanti e termoconduttori, contenenti PCB 13 03 06 * oli minerali isolanti e termoconduttori cloru-rati, diversi da quelli di cui alla voce 13 03 01 13 03 07 * oli minerali isolanti e termoconduttori non clorurati 13 03 08 * oli sintetici isolanti e termoconduttori 13 03 09 * oli isolanti e termoconduttori, facilmente biodegradabili 13 03 10 * altri oli isolanti e termoconduttori 13 04 oli di sentina 13 04 01 * oli di sentina della navigazione interna 13 04 02 * oli di sentina delle fognature dei moli 13 04 03 * altri oli di sentina della navigazione 13 05 prodotti di separazione olio/acqua 13 05 01 * rifiuti solidi delle camere a sabbia e di pro-dotti di separazione olio/acqua 13 05 02 * fanghi di prodotti di separazione olio/ac-qua 13 05 03 * fanghi da collettori 13 05 06 * oli prodotti dalla separazione olio/acqua 13 05 07 * acque oleose prodotte dalla separazione olio/acqua 13 05 08 * miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e dei prodotti di separazione olio/acqua

13 07 rifiuti di carburanti liquidi 13 07 01 * olio combustibile e carburante diesel 13 07 02 * petrolio 13 07 03 * altri carburanti (comprese le miscele) 13 08 rifiuti di oli non specificati altrimenti 13 08 01 * fanghi ed emulsioni prodotti dai processi di dissalazione 13 08 02 * altre emulsioni 13 08 99 * rifiuti non specificati altrimenti 14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne 07 e 08) 14 06 solventi organici, refrigeranti e propellenti di schiuma/aerosol di scarto 14 06 01 * clorofluorocarburi, HCFC, HFC 14 06 02 * altri solventi e miscele di solventi, aloge-nati 14 06 03 * altri solventi e miscele di solventi 14 06 04 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti solventi alogenati 14 06 05 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti altri sol-venti 15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimen-ti) 15 01 imballaggi (compresi i rifiuti urbani di imballaggio oggetto di raccolta differenziata) 15 01 01 imballaggi in carta e cartone 15 01 02 imballaggi in plastica 15 01 03 imballaggi in legno 15 01 04 imballaggi metallici 15 01 05 imballaggi in materiali compositi 15 01 06 imballaggi in materiali misti 15 01 07 imballaggi in vetro 15 01 09 imballaggi in materia tessile 15 01 10 * imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze 15 01 11 * imballaggi metallici contenenti matrici solide porose pericolose (ad esempio amianto), compresi i contenitori a pressione vuoti 15 02 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi 15 02 02 * assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell’olio non specificati altrimenti), stracci e indumenti protettivi, contaminati da sostanze pericolose 15 02 03 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 15 02 02 16 Rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco 16 01 veicoli fuori uso appartenenti a diversi modi di trasporto (comprese le macchine mobili non stradali) e rifiuti prodotti dallo smantellamento di veicoli fuori uso e dalla manutenzione di veicoli (tranne 13, 14, 16 06 e 16 08) 16 01 03 pneumatici fuori uso 16 01 04 * veicoli fuori uso 16 01 06 veicoli fuori uso, non contenenti liquidi né altre componenti pericolose 16 01 07 * filtri dell’olio 16 01 08 * componenti contenenti mercurio 16 01 09 * componenti contenenti PCB 16 01 10 * componenti esplosivi (ad esempio “air bag”)

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XLII

16 01 11 * pastiglie per freni, contenenti amianto 16 01 12 pastiglie per freni, diverse da quelle di cui alla voce 16 01 11 16 01 13 * liquidi per freni 16 01 14 * liquidi antigelo contenenti sostanze peri-colose 16 01 15 liquidi antigelo diversi da quelli di cui alla voce 16 01 14 16 01 16 serbatoi per gas liquido 16 01 17 metalli ferrosi 16 01 18 metalli non ferrosi 16 01 19 plastica 16 01 20 vetro 16 01 21 * componenti pericolosi diversi da quelli di cui alle voci da 16 01 07 a 16 01 11, 16 01 13 e 16 01 14 16 01 22 componenti non specificati altrimenti 16 01 99 rifiuti non specificati altrimenti 16 02 scarti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche 16 02 09 * trasformatori e condensatori contenenti PCB 16 02 10 * apparecchiature fuori uso contenenti PCB o da essi contaminate, diverse da quelle di cui alla voce 16 02 09 16 02 11 * apparecchiature fuori uso, contenenti cloro-fluorocarburi, HCFC, HFC 16 02 12 * apparecchiature fuori uso, contenenti amianto in fibre libere 16 02 13 * apparecchiature fuori uso, contenenti com-ponenti pericolosi (2) diversi da quelli di cui alle voci 16 02 09 e 16 02 12 16 02 14 apparecchiature fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci da 16 02 09 a 16 02 13 16 02 15 * componenti pericolosi rimossi da apparec-chiature fuori uso 16 02 16 componenti rimossi da apparecchiature fuori uso, diversi da quelli di cui alla voce 16 02 15 (2) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di ap-parecchiature elettriche ed elettroniche gli accumulatori e le batterie di cui alle voci 16 06 contrassegnati come pericolosi, i commutatori a mercurio, i vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc. 16 03 prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati16 03 03 * rifiuti inorganici, contenenti sostanze peri-colose 16 03 04 rifiuti inorganici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 03 16 03 05 * rifiuti organici, contenenti sostanze perico-lose 16 03 06 rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 05 16 04 esplosivi di scarto 16 04 01 * munizioni di scarto 16 04 02 * fuochi artificiali di scarto 16 04 03 * altri esplosivi di scarto 16 05 gas in contenitori a pressione e prodotti chimici di scarto 16 05 04 * gas in contenitori a pressione (compresi gli halon), contenenti sostanze pericolose 16 05 05 gas in contenitori a pressione, diversi da quelli di cui alla voce 16 05 04

16 05 06 * sostanze chimiche di laboratorio contenenti o costituite da sostanze pericolose, comprese le miscele di sostanze chimiche di laboratorio 16 05 07 * sostanze chimiche inorganiche di scarto con-tenenti o costituite da sostanze pericolose 16 05 08 * sostanze chimiche organiche di scarto con-tenenti o costituite da sostanze pericolose 16 05 09 sostanze chimiche di scarto diverse da quelle di cui alle voci 16 05 06, 16 05 07 e 16 05 08 16 06 batterie ed accumulatori 16 06 01 * batterie al piombo 16 06 02 * batterie al nichel-cadmio 16 06 03 * batterie contenenti mercurio 16 06 04 batterie alcaline (tranne 16 06 03) 16 06 05 altre batterie ed accumulatori 16 06 06 * elettroliti di batterie ed accumulatori, oggetto di raccolta differenziata 16 07 rifiuti della pulizia di serbatoi per trasporto e stoccaggio e di fusti (tranne 05 e 13) 16 07 08 * rifiuti contenenti olio 16 07 09 * rifiuti contenenti altre sostanze pericolose 16 07 99 rifiuti non specificati altrimenti 16 08 catalizzatori esauriti 16 08 01 catalizzatori esauriti contenenti oro, argento, re-nio, rodio, palladio, iridio o platino (tranne 16 08 07) 16 08 02 * catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione (3) pericolosi o composti di metalli di tran-sizione pericolosi 16 08 03 catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione o composti di metalli di transizione, non specificati altrimenti 16 08 04 catalizzatori esauriti da cracking catalitico fluido (tranne 16 08 07) 16 08 05 * catalizzatori esauriti contenenti acido fo-sforico 16 08 06 * liquidi esauriti usati come catalizzatori 16 08 07 * catalizzatori esauriti contaminati da sostanze pericolose (3) Ai fini della presente voce sono considerati metalli di transizione: scandio, vanadio, manganese, cobalto, rame, ittrio, niobio, afnio, tungsteno, titanio, cromo, ferro, nichel, zinco, zirconio, molibdeno, tantalio. Tali metalli o i loro composti sono considerati pericolosi se classificati come sostanze pericolose. La classificazione delle sostanze pericolose determina quali metalli di transizione e quali composti di metalli di transizione sono da considerare pericolosi. 16 09 sostanze ossidanti 16 09 01 * permanganati, ad esempio permanganato di potassio 16 09 02 * cromati, ad esempio cromato di potassio, dicromato di potassio o di sodio 16 09 03 * perossidi, ad esempio perossido d’idroge-no 16 09 04 * sostanze ossidanti non specificate altrimen-ti 16 10 rifiuti liquidi acquosi destinati ad essere trattati fuori sito 16 10 01 * soluzioni acquose di scarto, contenenti so-stanze pericolose 16 10 02 soluzioni acquose di scarto, diverse da quelle

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XLIII

di cui alla voce 16 10 01 16 10 03 * concentrati acquosi, contenenti sostanze pericolose 16 10 04 concentrati acquosi, diversi da quelli di cui alla voce 16 10 03 16 11 scarti di rivestimenti e materiali refrattari 16 11 01 * rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze pericolose 16 11 02 rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 01 16 11 03 * altri rivestimenti e materiali refrattari pro-venienti dalle lavorazioni metallurgiche, contenenti sostanze pericolose 16 11 04 altri rivestimenti e materiali refrattari prove-nienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 03 16 11 05 * rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, contenenti sostanze pericolose 16 11 06 rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 05 17 Rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso il terreno proveniente da siti contaminati) 17 01 cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche 17 01 01 cemento 17 01 02 mattoni 17 01 03 mattonelle e ceramiche 17 01 06 * miscugli o scorie di cemento, mattoni, matto-nelle e ceramiche, contenenti sostanze pericolose 17 01 07 miscugli o scorie di cemento, mattoni, mat-tonelle e ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 17 01 06 17 02 legno, vetro e plastica 17 02 01 legno 17 02 02 vetro 17 02 03 plastica 17 02 04 * vetro, plastica e legno contenenti sostanze pericolose o da esse contaminati 17 03 miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti catrame 17 03 01 * miscele bituminose contenenti catrame di carbone 17 03 02 miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 17 03 01 17 03 03 * catrame di carbone e prodotti contenenti catrame 17 04 metalli (incluse le loro leghe) 17 04 01 rame, bronzo, ottone 17 04 02 alluminio 17 04 03 piombo 17 04 04 zinco 17 04 05 ferro e acciaio 17 04 06 stagno 17 04 07 metalli misti 17 04 09 * rifiuti metallici contaminati da sostanze pe-ricolose 17 04 10 * cavi, impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre sostanze pericolose

17 04 11 cavi, diversi da quelli di cui alla voce 17 04 10 17 05 terra (compreso il terreno proveniente da siti contaminati), rocce e fanghi di dragaggio 17 05 03 * terra e rocce, contenenti sostanze perico-lose 17 05 04 terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03 17 05 05 * fanghi di dragaggio, contenente sostanze pericolose 17 05 06 fanghi di dragaggio, diversa da quella di cui alla voce 17 05 05 17 05 07 * pietrisco per massicciate ferroviarie, conte-nente sostanze pericolose 17 05 08 pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello di cui alla voce 17 05 07 17 06 materiali isolanti e materiali da costruzione con-tenenti amianto 17 06 01 * materiali isolanti contenenti amianto 17 06 03 * altri materiali isolanti contenenti o costituiti da sostanze pericolose 17 06 04 materiali isolanti diversi da quelli di cui alle voci 17 06 01 e 17 06 03 17 06 05 * materiali da costruzione contenenti amianto(i) (i) Per quanto riguarda il deposito dei rifiuti in discari-ca, la classificazione di tale rifiuto come “pericoloso” è posticipata fino all’adozione delle norme regolamentari di recepimento della direttiva 99/31/CE sulle discariche, e comunque non oltre il 16 luglio 2002. 17 08 materiali da costruzione a base di gesso 17 08 01 * materiali da costruzione a base di gesso contaminati da sostanze pericolose 17 08 02 materiali da costruzione a base di gesso diversi da quelli di cui alla voce 17 08 01 17 09 altri rifiuti dell’attività di costruzione e demoli-zione 17 09 01 * rifiuti dell’attività di costruzione e demolizio-ne, contenenti mercurio 17 09 02 * rifiuti dell’attività di costruzione e demoli-zione, contenenti PCB (ad esempio sigillanti contenenti PCB, pavimentazioni a base di resina contenenti PCB, elementi stagni in vetro contenenti PCB, condensatori contenenti PCB) 17 09 03 * altri rifiuti dell’attività di costruzione e de-molizione (compresi rifiuti misti) contenenti sostanze pericolose 17 09 04 rifiuti misti dell’attività di costruzione e de-molizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03 18 Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione non direttamente provenienti da trat-tamento terapeutico) 18 01 rifiuti dei reparti di maternità e rifiuti legati a diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli esseri umani 18 01 01 oggetti da taglio (eccetto 18 01 03) 18 01 02 parti anatomiche ed organi incluse le sacche per il plasma e le riserve di sangue (tranne 18 01 03) 18 01 03 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti ap-

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plicando precauzioni particolari per evitare infezioni 18 01 04 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni (es. bende, ingessature, lenzuola, indumenti monouso, assorbenti igienici) 18 01 06 * sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose 18 01 07 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 01 06 18 01 08 * medicinali citotossici e citostatici 18 01 09 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 01 08 18 01 10 * rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici 18 02 rifiuti legati alle attività di ricerca e diagnosi, trat-tamento e prevenzione delle malattie negli animali 18 02 01 oggetti da taglio (eccetto 18 02 02) 18 02 02 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti ap-plicando precauzioni particolari per evitare infezioni 18 02 03 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezio-ni 18 02 05 * sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose 18 02 06 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 02 05 18 02 07 * medicinali citotossici e citostatici 18 02 08 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 02 07 19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell’acqua e dalla sua preparazione per uso industriale 19 01 rifiuti da incenerimento o pirolisi di rifiuti 19 01 02 materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti 19 01 05 * residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi 19 01 06 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal trattamento dei fumi e di altri rifiuti liquidi acquosi 19 01 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi 19 01 10 * carbone attivo esaurito, impiegato per il trattamento dei fumi 19 01 11 * ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose 19 01 12 ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 11 19 01 13 * ceneri leggere, contenenti sostanze peri-colose 19 01 14 ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 13 19 01 15 * ceneri di caldaia, contenenti sostanze pe-ricolose 19 01 16 polveri di caldaia, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 15 19 01 17 * rifiuti della pirolisi, contenenti sostanze pe-ricolose 19 01 18 rifiuti della pirolisi, diversi da quelli di cui alla voce 19 01 17 19 01 19 sabbie dei reattori a letto fluidizzato 19 01 99 rifiuti non specificati altrimenti

19 02 rifiuti prodotti da specifici trattamenti chimico-fisici di rifiuti industriali (comprese decromatazione, decianizzazione, neutralizzazione) 19 02 03 miscugli di rifiuti composti esclusivamente da rifiuti non pericolosi 19 02 04 * miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso 19 02 05 * fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, contenenti sostanze pericolose 19 02 06 fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, diversi da quelli di cui alla voce 19 02 05 19 02 07 * oli e concentrati prodotti da processi di separazione 19 02 08 * rifiuti combustibili liquidi, contenenti sostanze pericolose 19 02 09 * rifiuti combustibili solidi, contenenti sostanze pericolose 19 02 10 rifiuti combustibili, diversi da quelli di cui alle voci 19 02 08 e 19 02 09 19 02 11 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose 19 02 99 rifiuti non specificati altrimenti 19 03 rifiuti stabilizzati/solidificati (4) 19 03 04 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, par-zialmente (5) stabilizzati 19 03 05 rifiuti stabilizzati diversi da quelli di cui alla voce 19 03 04 19 03 06 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, soli-dificati 19 03 07 rifiuti solidificati diversi da quelli di cui alla voce 19 03 06 (4) I processi di stabilizzazione modificano la perico-losità delle sostanze contenute nei rifiuti e trasformano i rifiuti pericolosi in rifiuti non pericolosi. I processi di solidificazione influiscono esclusivamente sullo stato fisico dei rifiuti (dallo stato liquido a quello solido, ad esempio) per mezzo di appositi additivi senza modifi-care le proprietà chimiche dei rifiuti stessi. (5) Un rifiuto è considerato parzialmente stabilizzato se le sue componenti pericolose, che non sono state com-pletamente trasformate in sostanze non pericolose grazie al processo di stabilizzazione, possono essere disperse nell’ambiente nel breve, medio o lungo periodo. 19 04 rifiuti vetrificati e rifiuti di vetrificazione 19 04 01 rifiuti vetrificati 19 04 02 * ceneri leggere ed altri rifiuti dal trattamento dei fumi 19 04 03 * fase solida non vetrificata 19 04 04 rifiuti liquidi acquosi prodotti dalla tempra di rifiuti vetrificati 19 05 rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di rifiuti solidi 19 05 01 parte di rifiuti urbani e simili non compo-stata 19 05 02 parte di rifiuti animali e vegetali non com-postata 19 05 03 compost fuori specifica 19 05 99 rifiuti non specificati altrimenti 19 06 rifiuti prodotti dal trattamento anaerobico dei rifiuti 19 06 03 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani

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19 06 04 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani 19 06 05 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale 19 06 06 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale 19 06 99 rifiuti non specificati altrimenti 19 07 percolato di discarica 19 07 02 * percolato di discarica, contenente sostanze pericolose 19 07 03 percolato di discarica, diverso da quello di cui alla voce 19 07 02 19 08 rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue, non specificati altrimenti 19 08 01 vaglio 19 08 02 rifiuti dell’eliminazione della sabbia 19 08 05 fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane 19 08 06 * resine a scambio ionico saturate o esaurite 19 08 07 * soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico 19 08 08 * rifiuti prodotti da sistemi a membrana, con-tenenti sostanze pericolose 19 08 09 miscele di oli e grassi prodotte dalla separa-zione olio/acqua, contenenti esclusivamente oli e grassi commestibili 19 08 10 * miscele di oli e grassi prodotte dalla sepa-razione olio/acqua, diverse da quelle di cui alla voce 19 08 09 19 08 11 * fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, contenenti sostanze pe-ricolose 19 08 12 fanghi prodotti dal trattamento biologico del-le acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11 19 08 13 * fanghi contenenti sostanze pericolose prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali 19 08 14 fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 13 19 08 99 rifiuti non specificati altrimenti 19 09 rifiuti prodotti dalla potabilizzazione dell’acqua o dalla sua preparazione per uso industriale 19 09 01 rifiuti solidi prodotti dai processi di filtrazione e vaglio primari 19 09 02 fanghi prodotti dai processi di chiarificazione dell’acqua 19 09 03 fanghi prodotti dai processi di decarbonata-zione 19 09 04 carbone attivo esaurito 19 09 05 resine a scambio ionico saturate o esaurite 19 09 06 soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico19 09 99 rifiuti non specificati altrimenti 19 10 rifiuti prodotti da operazioni di frantumazione di rifiuti contenenti metallo 19 10 01 rifiuti di ferro e acciaio 19 10 02 rifiuti di metalli non ferrosi 19 10 03 * fluff - frazione leggera e polveri, contenenti sostanze pericolose 19 10 04 fluff - frazione leggera e polveri, diversi da

quelli di cui alla voce 19 10 03 19 10 05 * altre frazioni, contenenti sostanze perico-lose 19 10 06 altre frazioni, diverse da quelle di cui alla voce 19 10 05 19 11 rifiuti prodotti dalla rigenerazione dell’olio 19 11 01 * filtri di argilla esauriti 19 11 02 * catrami acidi 19 11 03 * rifiuti liquidi acquosi 19 11 04 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carbu-ranti tramite basi 19 11 05 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose 19 11 06 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 19 11 05 19 11 07 * rifiuti prodotti dalla purificazione dei fumi 19 11 99 rifiuti non specificati altrimenti 19 12 rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (ad esempio selezione, triturazione, compattazione, riduzione in pellet) non specificati altrimenti 19 12 01 carta e cartone 19 12 02 metalli ferrosi 19 12 03 metalli non ferrosi 19 12 04 plastica e gomma 19 12 05 vetro 19 12 06 * legno contenente sostanze pericolose 19 12 07 legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06 19 12 08 prodotti tessili 19 12 09 minerali (ad esempio sabbia, rocce) 19 12 10 rifiuti combustibili (CDR: combustibile derivato da rifiuti) 19 12 11 * altri rifiuti (compresi materiali misti) pro-dotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose 19 12 12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11 19 13 rifiuti prodotti dalle operazioni di bonifica di terreni e risanamento delle acque di falda 19 13 01 * rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bo-nifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose 19 13 02 rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 01 19 13 03 * fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose 19 13 04 fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 03 19 13 05 * fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose 19 13 06 fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 05 19 13 07 * rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose 19 13 08 rifiuti liquidi acquosi e concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 07 20 Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istitu-

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zioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata 20 01 frazioni oggetto di raccolta differenziata (tranne 15 01) 20 01 01 carta e cartone 20 01 02 vetro 20 01 08 rifiuti biodegradabili di cucine e mense 20 01 10 abbigliamento 20 01 11 prodotti tessili 20 01 13 * solventi 20 01 14 * acidi 20 01 15 * sostanze alcaline 20 01 17 * prodotti fotochimici 20 01 19 * pesticidi 20 01 21 * tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio 20 01 23 * apparecchiature fuori uso contenenti cloro-fluorocarburi 20 01 25 oli e grassi commestibili 20 01 26 * oli e grassi diversi da quelli di cui alla voce 20 01 25 20 01 27 * vernici, inchiostri, adesivi e resine contenenti sostanze pericolose 20 01 28 vernici, inchiostri, adesivi e resine diversi da quelli di cui alla voce 20 01 27 20 01 29 * detergenti contenenti sostanze pericolose 20 01 30 detergenti diversi da quelli di cui alla voce 20 01 29 20 01 31 * medicinali citotossici e citostatici 20 01 32 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 20 01 31 20 01 33 * batterie e accumulatori di cui alle voci 16 06 01, 16 06 02 e 16 06 03 nonché batterie e accumulatori non suddivisi contenenti tali batterie 20 01 34 batterie e accumulatori diversi da quelli di cui alla voce 20 01 33 20 01 35 * apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alla voce 20 01 21 e 20 01 23, contenenti componenti pericolosi (6) 20 01 36 apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci 20 01 21, 20 01 23 e 20 01 35 20 01 37 * legno, contenente sostanze pericolose 20 01 38 legno, diverso da quello di cui alla voce 20 01 37 20 01 39 plastica 20 01 40 metallo 20 01 41 rifiuti prodotti dalla pulizia di camini e cimi-niere 20 01 99 altre frazioni non specificate altrimenti (6) Possono rientrare fra i componenti pericolosi di ap-parecchiature elettriche ed elettroniche gli accumulatori e le batterie di cui alle voci 16 06 contrassegnati come pericolosi, i commutatori a mercurio, i vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi, ecc.” 20 02 rifiuti prodotti da giardini e parchi (inclusi i rifiuti provenienti da cimiteri) 20 02 01 rifiuti biodegradabili 20 02 02 terra e roccia 20 02 03 altri rifiuti non biodegradabili 20 03 altri rifiuti urbani 20 03 01 rifiuti urbani non differenziati

20 03 02 rifiuti dei mercati 20 03 03 residui della pulizia stradale 20 03 04 fanghi delle fosse settiche 20 03 06 rifiuti della pulizia delle fognature 20 03 07 rifiuti ingombranti 20 03 99 rifiuti urbani non specificati altrimenti

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ALLEGATO I Caratteristiche di pericolo per i rifiuti

H1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplo-dere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più del dinitrobenzene; H2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presen-tano una forte reazione esotermica; H3-A «Facilmente infiammabile»: sostanze e prepa-rati: - liquidi il cui punto di infiammabilità è inferiore a 21° C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o - che a contatto con l’aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e in-fiammarsi, o - solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l’allontanamento della sorgente di accensione, o - gassosi che si infiammano a contatto con l’aria a pres-sione normale, o - che, a contatto con l’acqua o l’aria umida, sprigionano gas facilmente infiammabili in quantità pericolose; H3-B «Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è pari o superiore a 21° C e inferiore o pari a 55° C; H4 «Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiam-matoria; H5 «Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità limitata; H6 «Tossico»: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestio-ne o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte; H7 «Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per ina-lazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne l’incidenza; H8 «Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un’azione distruttiva; H9 «Infettivo»: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi; H10 «Tossico per la riproduzione»: sostanze e pre-parati che, per inalazione, ingestione o penetrazione

cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza; H11 «Mutageno»: sostanze e preparati che, per ina-lazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne l’in-cidenza; H12 Rifiuti che, a contatto con l’acqua, l’aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico; H13 «Sensibilizzanti»1: sostanze o preparati che per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo a una reazione di ipersensibilizzazione per cui una suc-cessiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici; H14 «Ecotossico»: rifiuti che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali. H15 Rifiuti suscettibili, dopo l’eliminazione, di dare ori-gine in qualche modo ad un’altra sostanza, ad esempio a un prodotto di lisciviazione avente una delle caratte-ristiche sopra elencate. 1 Se disponibili metodi di prova.

Note 1 L’attribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico» (e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo» e «irritante» «canceroge-no», «tossico per la riproduzione», «mutageno» ed «ecotossico» è effettuata secondo i criteri stabiliti nell’allegato VI, parte I.A e parte II.B della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967 e successive modifiche e integrazioni, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose. 2 Ove pertinente si applicano i valori limite di cui agli allegati II e III della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 1999 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi.

Metodi di prova:I metodi da utilizzare sono quelli descritti nell’allegato V della direttiva 67/548/CEE e in altre pertinenti note del CEN.

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ALLEGATO L Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti di cui all’articolo 199, comma 3, lettera r) Misure che possono incidere sulle condizioni generali relative alla produzione di rifiuti 1. Ricorso a misure di pianificazione o ad altri stru-menti economici che promuovono l’uso efficiente delle risorse. 2. Promozione di attività di ricerca e sviluppo finalizzate a realizzare prodotti e tecnologie più puliti e capaci di generare meno rifiuti; diffusione e utilizzo dei risultati di tali attività. 3. Elaborazione di indicatori efficaci e significativi delle pressioni ambientali associate alla produzione di rifiuti volti a contribuire alla prevenzione della produzione di rifiuti a tutti i livelli, dalla comparazione di prodotti a livello comunitario attraverso interventi delle autorità locali fino a misure nazionali. Misure che possono incidere sulla fase di progettazione e produzione e di distribuzione 4. Promozione della progettazione ecologica (cioè l’integrazione sistematica degli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto al fine di migliorarne le pre-stazioni ambientali nel corso dell’intero ciclo di vita). 5. Diffusione di informazioni sulle tecniche di preven-zione dei rifiuti al fine di agevolare l’applicazione delle migliori tecniche disponibili da parte dell’industria. 6. Organizzazione di attività di formazione delle autorità competenti per quanto riguarda l’integrazione delle prescrizioni in materia di prevenzione dei rifiuti nelle autorizzazioni rilasciate a norma della presente direttiva e della direttiva 96/61/CE. 7. Introduzione di misure per prevenire la produzione di rifiuti negli impianti non soggetti alla direttiva 96/61/CE. Tali misure potrebbero eventualmente comprendere valutazioni o piani di prevenzione dei rifiuti. 8. Campagne di sensibilizzazione o interventi per so-stenere le imprese a livello finanziario, decisionale o in altro modo. Tali misure possono essere particolarmente efficaci se sono destinate specificamente (e adattate) alle piccole e medie imprese e se operano attraverso reti di imprese già costituite. 9. Ricorso ad accordi volontari, a panel di consumatori e produttori o a negoziati settoriali per incoraggiare le imprese o i settori industriali interessati a predisporre i propri piani o obiettivi di prevenzione dei rifiuti o a modificare prodotti o imballaggi che generano troppi rifiuti.

10. Promozione di sistemi di gestione ambientale affi-dabili, come l’EMAS e la norma ISO 14001. Misure che possono incidere sulla fase del consumo e dell’utilizzo 11. Ricorso a strumenti economici, ad esempio incentivi per l’acquisto di beni e servizi meno inquinanti o im-posizione ai consumatori di un pagamento obbligatorio per un determinato articolo o elemento dell’imballaggio che altrimenti sarebbe fornito gratuitamente. 12. Campagne di sensibilizzazione e diffusione di infor-mazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori. 13. Promozione di marchi di qualità ecologica affida-bili. 14. Accordi con l’industria, ricorrendo ad esempio a gruppi di studio sui prodotti come quelli costituiti nell’ambito delle politiche integrate di prodotto, o ac-cordi con i rivenditori per garantire la disponibilità di informazioni sulla prevenzione dei rifiuti e di prodotti a minor impatto ambientale. 15. Nell’ambito degli appalti pubblici e privati, inte-grazione dei criteri ambientali e di prevenzione dei rifiuti nei bandi di gara e nei contratti, coerentemente con quanto indicato nel manuale sugli appalti pubbli-ci ecocompatibili pubblicato dalla Commissione il 29 ottobre 2004. 16. Promozione del riutilizzo e/o della riparazione di determinati prodotti scartati, o loro componenti in particolare attraverso misure educative, economiche, logistiche o altro, ad esempio il sostegno o la creazio-ne di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo, specialmente in regioni densamente popolate.

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ENERGIE ALTERNATIVE E RINNOVABILI

Dal fotovoltaico le maggiori importazioni

AUMENTANO I POSTI DI LAVOROMA MANCA UNA FILIERA ITALIANA

Rapporto Energia e Ambiente dell’ENEA

“Il Rapporto Energia e Ambiente. Analisi e scenari 2009” dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecno-logie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), presentato a Roma il 30 novembre 2010, costituisce un punto di riferimento per tutto il settore ener-getico del Paese, dal momento che vi si effettuano analisi e definiscono sce-nari di grande utilità per il decisore politico.Il Report, giunto alla 11a edizione, si riferisce agli ultimi dati consolidati e di-sponibili del 2009, ma anticipa processi e trend in atto nel Paese, esplorando possibili evoluzioni del nostro sistema energetico all’interno di un sintetico quadro globale,in una logica di svilup-po economico sostenibile.

“Questi scenari - ha osservato l’On. Stefano Saglia, Sottosegretario allo Sviluppo Economico - permetteranno di operare scelte strategiche nel settore energetico, che dovranno essere orien-tate alla “Global Green Growth”, dando continuità agli incentivi per l’efficienza energetica ed investendo sulle rinno-vabili e sul nucleare, per svincolare il

nostro Paese dalle oscillazioni degli ap-provvigionamenti delle fonti fossili, per ridurre le emissioni di CO

2 e per perse-

guire il raggiungimento degli obiettivi europei”.“Il supporto tecnico dell’ENEA è di fondamentale importanza per lo sviluppo delle tecnologie della Green

Economy - ha concluso nel messaggio Saglia. Come dimostra il solare termodinamico, che rappresenta un esempio di successo, perché si è riusciti in solo dieci anni, partendo dalla ricerca di base condotta nei laboratori ENEA ad arrivare alla realizzazione dell’impianto dimostrativo presso la Centrale a ciclo combinato dell’Enel a Priolo Gargallo in Sicilia”.

Nel Report si evidenzia che la crisi economica del 2009 ha inciso negati-vamente sugli investimenti del settore energetico e sulla domanda di energia primaria, con una significativa ridu-zione delle fonti fossili, ma con una contemporanea crescita delle rinno-vabili e delle importazioni di energia elettrica.

“Un sistema energetico più efficiente e sostenibile per un futuro a basse emis-sioni di anidride carbonica è possibile, anzi il processo di trasformazione tec-nologica è già in atto - ha dichiarato l’Ing. Giovanni Lelli, Commissario dell’ENEA, presentando il Rapporto - Il quadro delle dinamiche in atto nel

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contesto del sistema energetico nazio-nale e internazionale, mette in luce le diverse evoluzioni tecnologiche di me-dio e lungo periodo che consentirebbero al Paese di dare un maggiore impulso allo sviluppo di un sistema energetico efficiente e sostenibile, che contribuisca a perseguire una leadership tecnologica a livello europeo, un mercato dell’ener-gia economicamente competitivo e in grado di garantire la sicurezza delle forniture, in accordo con gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea”.“Le nuove funzioni di Agenzia acquisite dall’ENEA si aggiungono a quelle di En-te di Ricerca, rafforzandone il mandato di supporto tecnico dei settori produttivi e dei servizi per il rilancio del sistema industriale, con particolare riferimen-to a quello della Green Economy - ha continuato Lelli - Va in questa dire-zione la collaborazione in atto con il Ministero dello Sviluppo Economico per la definizione di una strategia energe-tica nazionale che indichi un percorso sostenibile e competitivo per il sistema energetico nazionale”.

Il Rapporto presenta in maniera sin-tetica le dinamiche in atto nel sistema energetico nazionale e internazionale, mettendo anche in luce, attraverso le proprie analisi di scenario, i percor-si tecnologici che consentirebbero all’Italia di dirigersi verso uno svilup-po di tipo sostenibile e di avviare un processo di rilancio dell’industria in settori quali l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili, il nucleare e l’uso di

fonti fossili con tecnologie “pulite” CCS (Carbon Capture and Storage).

Il Quadro InternazionaleNel 2009, gli investimenti mondiali nel settore energetico hanno subito una flessione a causa delle crisi economi-ca: gli investimenti in fonti rinnovabili hanno registrato un calo di circa il 7%, ben inferiore alla diminuzione del 19% registrata nel settore del petrolio e del gas.Il cammino ormai avviato verso uno sviluppo economico sostenibile è dimostrato anche dalla crescita dell’ef-ficienza energetica nei paesi dell’area OCSE, dall’aumento degli investimenti pubblici in tecnologie low-carbon, dalla commercializzazione di veicoli ibridi ed elettrici e dalla ripresa degli inve-stimenti nel settore nucleare.

Il Sistema Energetico Italiano

La domanda di energiaNel 2009 la domanda di energia pri-maria dell’Italia (quella che non deriva dalla trasformazione di nessuna altra forma di energia: rientrano inquesta classificazione sia le fonti rin-novabili che fonti esauribili, come i combustibili direttamente o l'energia nucleare) è calata del 5,8% rispetto all’anno precedente, con una contrazio-ne significativa delle fonti fossili e una contemporanea crescita di rinnovabili e importazioni di energia elettrica.La domanda italiana di energia per fon-te è composta per il 41% da petrolio;

36% gas; 5% energia elettrica importata; 7% combustibili solidi. Rispetto alla me-dia UE la composizione della domanda è caratterizzata da un maggior ricorso al petrolio, al gas e all’importazione costante di energia elettrica.

Consumi finali per settoreRispetto all’anno precedente, i con-sumi finali di energia sono diminuiti complessivamente del 5,2%, con setto-ri maggiormente colpiti dal calo della produzione industriale (trasporti -1,8%; settore civile +3,5%; industria -20%)

Dipendenza dall’estero e fattura energeticaNel 2009, il livello di dipendenza energetica dall’estero è rimasto sostan-zialmente invariato, attestandosi intorno all’85%, rispetto a circa il 70% della media dei 27 Paesi UE.La contrazione della produzione indu-striale nel 2009 ha comportato anche un calo della produzione nazionale di energia elettrica pari all’8,5%, con una diminuzione del 3,6% nel settore ter-moelettrico, basato per il 44% circa sul gas naturale.La fattura energetica dell’Italia è scesa a poco più di 41 miliardi di euro, in forte calo rispetto al picco di circa 57 miliardi toccato nel 2008.

Le fonti rinnovabiliNel 2009 il consumo interno di energia da fonti rinnovabili è aumentato del 16% e rappresenta ormai un quinto dei consumi complessivi di elettricità.

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La produzione di energia elettrica da rinnovabili è crescita del 17%, pari a poco meno di un quarto del totale della produzione nazionale.Settori quali il fotovoltaico, l’eolico, i rifiuti e le biomasse hanno registrato l’incremento più significativo, raggiun-gendo una quota pari al 32% del totale dell’energia prodotta da fonti rinnova-bili, che comprendono anche settori “tradizionali” quali l’idroelettrico e il geotermico.

Analisi di scenarioLe analisi di scenario condotte dall’ENEA mirano a identificare i trend di sviluppo del sistema energetico na-zionale, in grado di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale, competitività economica e sicurezza nelle forniture energetiche.L’ENEA prende in esame due tipologie di scenario:• scenari di “riferimento”, che indi-viduano l’evoluzione tendenziale del sistema con lanormativa attuale;• scenari di “intervento”, che delineano i trend del sistema con l’introduzione di misure più stringenti in materia di energia e ambiente.

Produzione e consumo di energiaNegli scenari di “riferimento”, si pre-vede che i consumi finali di energia riprendano a crescere con il supera-mento della crisi economica.Viceversa, negli scenari di “interven-to” i consumi energetici potrebbero ridursi ulteriormente per effetto dell’ac-

celerazione tecnologica nei settori dell’efficienza energetica, delle rin-novabili, del nucleare e della CCS. Complessivamente nel lungo termine (al 2050), i consumi di energia negli scenari di “intervento” risulterebbero di oltre il 20% inferiori a quelli degli scenari di “riferimento”.

Emissioni di gas serraPer effetto del calo dei consumi di energia, le emissioni di CO2 nel 2009 si sono ridotte di circa il 15% rispetto al 2005. Per mantenere questa tendenza a decrescere occorrerà però intervenire nel sistema energetico con misure più stringenti.Negli scenari di “intervento”, la ri-duzione delle emissioni deriverebbe essenzialmente dal calo della domanda di energia, come conseguenza dell’in-cremento di efficienza, di un uso più razionale dell’energia, di una maggior diffusione di tecnologie low-carbon nella generazione elettrica (rinnovabili, nucleare e CCS) e di una crescita della produzione termica da font irinnovabili. Negli scenari di “intervento” al 2050, le emissioni si ridurrebbero comples-sivamente di oltre un terzo rispetto ai trend identificabili negli scenari di “ri-ferimento”.

Green EconomyA dispetto della crisi economica inter-nazionale e nonostante l’abbassamento dei prezzi petroliferi, a livello mondia-le gli investimenti 2009 in renewable energy technologies (Investimenti ascri-

vibili per la quasi totalità ai membri del G-20) sono aumentati del 230% rispetto al 2005.L’Italia manifesta difficoltà nella tenuta competitiva della propria base indu-striale nei nuovi settori delle tecnologie low-carbon. Negli ultimi anni, gli inve-stimenti italiani in questi settori hanno mostrato un apprezzabile tasso di cre-scita (persino superiore a quello degli Stati Uniti, secondo Paese in termini di investimenti totali dopo la Cina), ma ri-sultano ancora scarsamente concentrati sull’innovazione tecnologica.In Italia, le politiche d’incentivazione alle rinnovabili non hanno inciso nello sviluppo di una soddisfacente filiera industriale nazionale, diversamente da quanto verificatosi, ad esempio, in Germania. Nel settore delle rinnovabili, i dati più recenti indicano che l’Italia abbia una propensione ad importare componenti superiore alla media dei Paesi UE (a 15), principalmente nel settore fotovoltaico.

“Per fronteggiare in maniera efficace la doppia sfida, economica e clima-tica - ha osservato Carlo Manna, Responsabile Ufficio Studi ENEA - è fondamentale creare meccanismi di raccordo e scambio tra il sistema della ricerca e il sistema delle imprese che sappiano innescare processi virtuosi di innovazione tecnologica nel sttore dell’energia pulita”.

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Dopo la Germania (cfr. “Laudato sie mi’ Signore… per messer lo frate Sole… ma anche… per sora nostra madre Terra”, in Regioni&Ambiente, n. 10 ottobre 2010, pagg. 22-24), pure la Repubblica Ceca si appresta a tagliare gli incentivi al fotovoltaico a terra, anche se installati su terreni non coltivati.Il provvedimento legislativo del Governo Ceco, se approvato dalla Camera dei Deputati, scatterà dal 1° marzo 2011, men-tre saranno mantenuti i sussidi per il fotovoltaico integrato, purché non superi la potenza di 30 kW, oltre la quale soglia si pagherà un’imposta del 26% sugli introiti degli impianti connessi alla rete nel 2009 e 2010.La misura, il cui effetto retroattivo lascia spazio ad impu-gnative già annunciate dagli operatori, è stata presa per “evitare un brusco aumento dei prezzi dell’elettricità per i consumatori finali come conseguenza del boom di impianti fotovoltaici”.Secondo i calcoli del Governo, l’eliminazione degli incentivi comporterà un risparmio di 316 milioni di euro e la mancata connessione alla rete di 700 MW di impianti fotovoltaici.La Cekia era diventato uno dei mercati del fotovoltaico più invitanti per gli investitori, stante l’alto livello degli incentivi, la lunga durata e la corsia preferenziale per il collegamen-to alla rete, tanto che, secondo l’Energy Regulatory Office (ERU), l’ente ceco per la regolazione dell’energia, a fine 2010 sarà di circa 1.000 MW la nuova potenza installata, per un totale complessivo di 1.600 MW, con un numero di progetti in corso che hanno superato le capacità tecniche della rete.

Un sospiro di sollievo hanno tirato gli investitori del settore per la decisione della Spagna di non introdurre tagli retro-attivi alle feed-in tariffs, dopo che nei mesi scorsi erano circolate notizie allarmanti circa gli orientamenti in merito, diffuse dal Governo. Non hanno motivo di gioire, comun-que, perché l’escutivo di Zapatero ha ridotto in maniera consistente le tariffe, seppur non in modo indiscriminato del 30%, come preventivato.Infatti, mentre i piccoli impianti su tetti, coperture e pareti esterne degli edifici sono stati decurtati del 5%, per i grandi impianti su magazzini e capannoni la riduzione è salita al 25% e, addirittura, del 45% per gli impianti a terra. Il 19 novembre u. s., inoltre, si è deciso che il pagamento delle tariffe incentivanti (passate e future) avranno termine dopo 25 anni, mentre i precedenti Reales Decretos prevedeva-no che dopo tale periodo il Governo dovesse negoziare la successiva tariffazione con i proprietari degli impianti, in modo da garantire un adeguato ritorno economico agli investitori.Le ragioni di questa brusca inversione sono riconducibili al fatto che la Spagna ha accumulato un deficit tariffario che a dicembre 2009 si aggirava attorno ai 17 miliardi di euro, an-

che perché il costo dell’energia, prodotta convenzionalmente o con le rinnovabili nel Paese iberico, non viene totalmente trasferito sulle bollette dei consumatori. Solo nel 2009, il Governo ha pagato quasi 2,7 miliardi di euro per le tariffe del fotovoltaico, che rappresentano quasi il 43% di tutti gli incentivi per l’industria delle energie rinnovabili.I tagli effettuati, secondo stime governative, comportereb-bero tra il 2011 e il 2013 un risparmio di poco più di 600 milioni di euro.Se non si è calzata la mano, al di là delle eventuali impu-gnative che le Associazioni del settore avrebbero potuto promuovere, è solo perché il sistema bancario del Paese, che non gode di ottima salute come, peraltro, quello di altri Paesi europei, avrebbe subito pesanti contraccolpi, vista la notevole esposizione per prestiti e mutui concessi al fotovol-taico. Secondo la Società di consulenza New Energy Finance, il Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA) vanta dal settore crediti per 3 miliardi di dollari, Banco Santander ne avrebbe impegnati 2,3 miliardi e Caja Madrid 1,9 miliardi.

Per ultimo, c’è stato l’intervento sul settore del Governo francese che ha preannunciato un decreto che congelerà per 3-4 mesi le autorizzazione dei progetti fotovoltaici, in attesa di una revisione del quadro regolamentare.In verità, un’iniziativa governativa sul settore era paventata dopo la pubblicazione del cosiddetto “Rapporto Charpin”, in cui si indicava la necessità di rallentare la corsa del foto-voltaico, per “dotarsi di margini di manovra, ricavandone un vantaggio in futuro, con tecnologie meno onerose e più efficienti” (cfr.: “In Francia il fotovoltaico corre troppo, ha costi eccessivi sulla bolletta dei consumatori, utilizza tecno-logie poco efficienti”, in Regioni&Ambiente, n. 10 ottobre 2010, pagg. 20-21).Il progetto di decreto, che prevede il blocco dei permessi, non coinvolgerebbe il fotovoltaico residenziale, ma quelli di medio-grande potenza (superiori a 3 kWp), salvaguardando, comunque, quegli impianti di cui “l’installatore abbia pagato al gestore della rete l’acconto per la connessione”. Per poter usufruire di tale clausola gli impianti debbono essere messi in esercizio “entro 18 mesi dalla data di pagamento della rata di acconto al gestore della rete”.

Sulla base dei dati forniti dal Governo, la capacità degli impianti fotovoltaici al 2008 in Francia era di 81 MW, alla fine del 2010 raggiungerà circa 850 MW, mentre con il numero dei progetti depositati a tutt’oggi, di cui è stata richiesta l’autorizzazione, si raggiungerebbero quasi i 4.000 MW. Il Governo francese si rifà all’Art. 10 della Legge 10 feb-braio 2000, relativa alla modernizzazione e allo sviluppo del servizio elettrico pubblico, che prevede la possibilità di sospensione degli oneri di acquisto obbligatorio, se la traiettoria di sviluppo non corrisponde più agli obiettivi

Da Repubblica Ceca, Spagna e Francia un invito a riflettere sulla corsa del fotovoltaico a terra

Adottate dai Governi drastici tagliCUMULI-NEMBI SI ADDENSANOSUL FOTOVOLTAICO EUROPEO

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fissati nella programmazione pluriennale degli investimenti perla produzione di elettricità.Dopo l’annuncio della “moratoria” il Primo Ministro Fran-cois Fillon ha dato mandato al Ministro dell’Economia Christine Lagarde e a quello dell’Ecologia, dello Sviluppo Sostenibile, dei Trasporti e dell’Edilizia popolare, Nathalie Kosciusko-Morizet (subentrata il 14 novembre a Jean-Louis Borloo, dopo il rimpasto di Governo) di avviare una consul-tazione con le industrie del settore per elaborare un Piano che permetta lo sviluppo di una filiera francese e riduca le importazioni dalla Cina. Si tratta di trainare lo sviluppo della filiera “per benefici non solo in termini ambientali, ma anche occupazionali”, ha affermato Fillon che non ha convinto, in questa sua analisi, il Presidente della Commis-sione Affari Economici dell’Assemblea legislativa, il quale avrebbe allertato il Primo Ministro circa il pericolo di una contrazione del numero di addetti del settore, a seguito della moratoria.Secondo quanto riferito dalla stampa francese, a queste per-plessità di esponenti del suo stesso partito, Fillon avrebbe risposto: “Io non sarò mai complice di una bolla speculati-va”, pur assicurando il coinvolgimento dei Parlamentari nel definire il relativo decreto.Proprio l’esempio della Spagna e della bolla “speculativa” del fotovoltaico creatasi a seguito dei generosi incentivi elargiti al fotovoltaico, di cui si è riferito sopra, è stato spesso tirato in ballo dal Governo per giustificare la battuta di arresto dei sostegni al fotovoltaico.Agli attori del settore tali argomentazioni non sono piaciute “È da 3 anni che abbiamo messo in guardia il Governo sui rischi di imballatura (emballement) della filiera, proprio

come è successo in Spagna - ha dichiarato Raphäel Clau-sure, Direttore del Comitato di Collegamento delle Energie Rinnovabili (CLER) - Tuttavia, l’introduzione di una mora-toria non è una buona soluzione: provocherà la morte dei più piccoli che sono, spesso, i più onesti”.Gli ha fatto eco il suo collega Direttore di Evasol e membro dell’Associazione dei Produttori d Indipendenti di Elettri-cità Solare (APESI) il quale, dopo aver affermato che “è necessario evitare lo stop and go alla spagnola, che si è rivelato catastrofico, sarebbe stato più saggio congelare le autorizzazioni per il tempo necessario ad avviare la con-certazione”.Resta il fatto, comunque, che a giugno 2010, il prezzo medio all’ingrosso dell’energia elettrica in Francia era di 56 euro per ogni MWh, mentre la tariffa d’acquisto per l’ener-gia prodotta con il fotovoltaico, pagata da EDF (Électricité de France) ai gestori degli impianti, si collocava tra 314 e 580 euro per MWh, e la bolletta elettrica dei consumatori francesi, seppure tra le meno costose d’Europa, comincia a vedere aumentata considerevolmente la quota relativa alla voce “Contribution au service pubblic de l’électricité” dove, oltre alle tariffe incentivanti per le rinnovabili confluiscono anche i costi della relativa revisione della rete.

C’è qualcuno in Italia che voglia trarre insegnamenti da quanto sta accadendo negli altri Paesi europei, per eliminare le distorsioni e le speculazioni del sistema, senza compro-mettere l’evoluzione e l’innovazione dell’intera filiera delle rinnovabili?

FotovoltaicoBiomasseCogenerazioneEolico offshoreEolico onshoreIdroelettrico

IL COSTO STIMATO DELLE ENERGIE RINNOVABILI PER IL CONSUMATORE FRANCESE

IN MILIARDI DI EURO

6

5

4

3

1

0

-1

2

2010 2020

da “Les Échos” su fonte: DGLC

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Italia Nostra chiede il rispetto dell’Articolo 9 della Costitu-zione, che pone la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione tra i principi fondamentali, anche quando si tratta di scelte e politiche energetiche.L’Associazione ambientalista che ha fatto della tutela del paesaggio la sua mission, nel suo primo Rapporto “Scelte energetiche per il futuro del Paese”, presentato presso l’Aula Magna del Museo di Storia Naturale di Milano, sostie-ne che non soltanto è doveroso, ma è appunto possibile sviluppare fonti energetiche alternative, rispettando al con-tempo il territorio.Dopo aver premesso che “Le decisioni che riguardano la politica energetica sono oggi più che mai decisive per il futuro del nostro Paese: per la sopravvivenza del nostro patrimonio culturale e paesaggistico, per il benessere e la salute di tutti gli italiani, per il destino delle generazioni future”, il Rap-porto si sofferma sui punti principali del documento, che sono stati così riassunti:- necessità inderogabile di un Piano Energetico Nazionale; - priorità all’efficienza e al risparmio energetico; - indipendenza dai combustibili fossili;- spazio e investimenti alla ricerca scientifica.

Italia Nostra ribadisce l’assoluta necessità di arrivare in tempi brevissimi a un Piano energetico nazionale, basato sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio “la cui mancanza è la maggior causa della speculazione, confusione e improvvi-sazione che domina l’attuale campo energetico”. Il Piano auspicato da Italia Nostra deve dimostrare in primo luogo la necessità e convenienza economica di costruire nuovi impianti (centrali e linee elettriche, rigassificatori, condutture e impianti di stoccaggio del gas, ecc.) anche confrontandole con gli investimenti e i risultati ottenibili, perseguendo il risparmio energetico. Tale convenienza deve essere valutata anche rispetto allo scambio di energia con l’estero (in quale forma, di quale vettore energetico ecc.). Il Piano deve, inoltre, precisare i costi e la localizzazione dei nuovi impianti, il loro combustibile principale, i vantaggi attesi, le date previste di realizzazione. L’Associazione chiede che il Governo renda operativa la Direttiva UE 2010/30/UE, concernente l’indicazione in etichetta del consumo ener-getico dei prodotti, accelerandone al massimo i tempi di applicazione, rispetto al data prevista del 20 luglio 2010. Solo alla luce di un Piano che tenga conto di tutto il territorio nazionale, secondo Italia Nostra, si potranno predisporre Piani energetici regionali, di cui vi è estrema urgenza, che abbiano un carattere di pianificazione di area vasta e non siano, come sta accadendo invece un po’ ovunque, il collage di Piani provinciali.Quel che preme soprattutto all’Associazione è che essi si devono “coordinare con stringenti piani paesaggistici che facciano valere quanto disposto dal codice dei beni culturali

e del paesaggio”. Pur valutando positivamente che nel D. M. 10 settembre 2010 del Ministero per lo Sviluppo Eco-nomico relativo alle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ci sia la Parte IV specificamente dedicata all’ Inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio, Italia Nostra ritiene che il testo, per esempio dove le Regioni e le Province autonome “pos-sono” procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti, “abbia svuotato di contenuti ogni idea di tutela”. Secondo quanto riportato nel Rapporto, prevedere impianti a pioggia sul territorio italiano senza chiare Linee guida nazionali e prevaricando gli strumenti di pianificazione lo-cale, come sta avvenendo adesso, moltiplica inutilmente gli impianti alla sola luce del business a scapito dell’efficienza e del risparmio di territorio, e vanifica ogni priorità di tutela. I casi dell’eolico selvaggio, del fotovoltaico che consuma ettari di terreno agricolo di pregio e il “grande affare nucleare” ne sono esempi eloquenti. Il Piano energetico nazionale dovrebbe, inoltre, essere coniu-gato con un Piano dei Trasporti nazionale, visto che i trasporti consumano il 30% dell’energia utilizzata in Italia. Confortata dal parere di molti ecologi, urbanisti, geografi e al-tri specialisti delle discipline territoriali, Italia Nostra propende per un modello decentrato e diffuso di approvvigionamento energetico, articolato su molte fonti e adattato ai contesti.

Una delle priorità della politica energetica italiana deve es-sere la promozione dell’efficienza energetica che consente di migliorare l’impatto ambientale delle attività umane senza diminuire gli standard di vita, anzi rendendoli possibili in modo sostenibile per un maggior numero di persone. Per Italia Nostra gli obiettivi di efficienza rappresentano, inol-tre, un forte stimolo di progresso tecnologico per il Paese attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie ad alta compati-bilità ambientale e l’applicazione di quelle più innovative esistenti su vasta scala. Il settore industriale nel 2007 ha consumato circa il 20% dell’energia utilizzata in Italia. Per quanto riguarda l’energia elettrica, i consumi dell’industria, per l’anno 2007, sono pari al 45%; il terziario e residenziale consumano invece il 50%. Per l’Associazione deve essere favorita la razionalizzazio-ne industriale (motori elettrici ad alto rendimento, ecc.) mediante un sistema di penalizzazioni agli impianti ob-soleti e incentivi per le trasformazioni. Deve essere il più possibile limitata la dispersione nell’ambiente del calore di raffreddamento delle centrali termoelettriche, riconvertendo quelle obsolete verso cicli ad alta efficienza energetica. Si otterrebbe in tal modo minore inquinamento e il riutiliz-zo di strutture esistenti, senza ulteriore consumo di suolo. La cogenerazione, il teleriscaldamento e le altre possibili

No al nucleare, ma anche all’eolico e al fotovoltaico sui campi

Italia Nostra ha presentato il 1° Rapporto Nazionale sull’Energia

SCELTE ENERGETICHEPER IL FUTURO DEL PAESE

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tecniche di riscaldamento/condizionamento degli edifici vanno confrontate fra loro prima della loro adozione, con-siderando, oltre che i dati strettamente economici, anche la compatibilità ambientale e paesaggistica e la flessibilità nell’adozione di metodologie diverse che nel tempo si rile-vassero più convenienti. Prioritaria è anche la riconversione nel sistema della mobilità urbana e dei trasporti (da privato a pubblico e da gomma a ferro) che nel loro insieme sono responsabili del 60% delle emissioni inquinanti e responsabili di un dispendio energetico sconsiderato. Un obiettivo fondamentale è, poi, il risparmio energe-tico. A livello nazionale, studi sottesi alle campagne di promozione sull’efficienza energetica hanno evidenziato che attraverso pochi comportamenti virtuosi la famiglia “tipo” italiana potrebbe ridurre i suoi consumi di energia del 30%, con un enorme beneficio anche ambientale. Inoltre, seguen-do questi consigli, l’Italia risparmierebbe circa 7 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Vanno avviate ricerche nel parco edilizio esistente e nella sperimentazione sul campo dei criteri costruttivi e dei ma-teriali da costruzione oggi proposti dal mercato. Vanno incentivati il risparmio, la produzione e il consumo intelligente nei principali settori energetici: riscaldamento-condizionamento, consumi elettrici, trasporti, fluidità del traffico. “Puntare alla riduzione dei consumi non industriali del 30% in pochi anni non è utopia, ma una questione di volontà politica”. Italia Nostra sottolinea che mentre ci sono leggi relative al risparmio energetico negli edifici privati (leggi che sarà opportuno migliorare), il panorama del rispar-mio energetico negli edifici pubblici è par-ticolarmente arretrato. Pertanto, chiede che da subito si progetti la ri-conversione di tutti gli edifici pubblici esistenti (enti locali e nazionali) all’efficienza/risparmio energetico, e si appli-chi la legge 10/91 art. 26 comma 3, che reci-ta: “Gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la destinazione d’uso, e gli impianti non di processo ad essi associati devono esse-re progettati e messi in opera in modo tale da contenere al massimo, in relazione al progresso della tecnica, i consumi di energia termica ed elettrica”, in modo da diffondere e incentivare la realizzazione di case ad altissimo risparmio energetico.

Un altro punto cruciale sui cui l’Associazione chiede risposte immediate riguarda la disponibilità di una adeguata ed efficiente rete di trasporto della energia elettrica. Senza di essa non si può pensare di programmare un futuro energe-tico per l’Italia, ribadendo che le reti vanno opportunamente pianificate riducendo le ridondanze non necessarie. I nuovi impianti vanno costruiti solo se non è possibile sostituire quelli superati; vanno inoltre eliminati gli impianti obsoleti. La pianificazione e progettazione delle linee devono rispondere a regole stringenti di salvaguardia del paesaggio

Italia Nostra rivolge, poi, una particolare attenzione alle cause che stanno influenzando il clima e alla necessità di emettere sempre meno CO2 in atmosfera. A questo propo-sito, la Commissione europea ha adottato il 23 gennaio 2008 un importante pacchetto di proposte che darà attuazione agli impegni assunti dal Consiglio europeo in materia di lotta ai cambiamenti climatici e promozione delle ener-gie rinnovabili. Il pacchetto legislativo intende consentire all’Unione europea di ridurre almeno il 20% le emissioni di gas serra, di aumentare del 20% il risparmio energetico, e di portare al 20% la quota di rinnovabili nel consumo energetico entro il 2020.Per raggiungere questi obiettivi è necessario in primo luogo uscire da una politica energetica basata sulla com-bustione delle fonti fossili responsabile anche di una considerevole quantità di gravi patologie diffuse. Vi è poi la questione delle esplorazioni petrolifere. Men-tre negli Usa, dopo il disastro della Deepwater Horizon (con l’inevitabile seguito di pesantissimi impatti futuri sulla

salute umana e sugli ecosistemi) è cresciu-ta la preoccupazione per le esplorazioni pe-trolifere offshore, in Italia questi permessi continuano a essere rilasciati senza alcun ripensamento apparen-te. Nel nostro Paese le royalties da pagare allo Stato per le trivellazioni sono del 4% e non del 30-50% come per altri Paesi. 66 concessioni di estrazione petrolifera offshore con pozzi già attivi, 25 permessi di esplorazione offshore in vigore, soprattutto nel medio e basso Adriati-co (Abruzzo, Marche, Puglia) e nel Canale di Sicilia, moltissime aree in cui si richiede l’autorizzazione per esplorazioni petrolifere (65 le istanze per nuo-ve ricerche, di cui 41 a mare per una superficie di 23mila Kmq).“Trivellare i nostri mari

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costa meno, ma si sta facendo una seria valutazione dei rischi per l’ambiente? - si chiede Italia Nostra - Che cosa accadrebbe in caso d’incidente in un mare chiuso come il nostro?”.Le attività esplorative sono effettuate o richieste da imprese ben note, come ENI e Shell, ma anche da imprese minuscole, con soli 10.000 euro di capitale sociale: in caso di incidente probabilmente non disporrebbero delle risorse adeguate per far fronte all’emergenza.A tutto questo si somma l’idea, mai abbandonata, di estrarre gas dall’alto Adriatico che potrebbe produrre fenomeni di subsidenza in aree delicatissime e di grande valore storico artistico quali quelle di Venezia e Chioggia. Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministro per lo Sviluppo economico e al Ministro dell’Ambiente, Ita-lia Nostra chiede: “Quali risorse tecniche e quali obblighi legislativi sono stati messi in campo per fronteggiare una possibile emergenza ambientale dovuta ad un’accidentale fuoruscita di petrolio off-shore e quali sono gli obblighi di tempestiva comunicazione alle Autorità civili per affrontare l’emergenza?”Inoltre, il Governo viene sollecitato ad intervenire con urgen-za per verificare lo stato delle cose, per verificare l’effettiva economicità dell’attività estrattiva del nostro Paese e a prov-vedere ad emanare una normativa più stringente per tutelare il Mediterraneo, un mare chiuso, dal fragile equilibrio e, purtroppo, tra i più inquinati al mondo da idrocarburi. La recente proposta del Ministero dell’Ambiente di vietare le esplorazioni e trivellazioni petrolifere nei primi 5 chilometri dalle coste italiane è troppo timida: Italia Nostra ritiene che tali prospezioni vadano fortemente disincentivate - se non bandite - nei nostri mari, con un’azione concertata con gli altri paesi rivieraschi. Per quanto riguarda i rigassificatori di gas naturale lique-fatto, il tema rientra a maggior ragione nella richiesta di un Piano Energetico Nazionale, nel quadro della importazione dei materiali energetici. Per quanto si riescano a svilup-pare produzioni energetiche integrative e massimizzare il risparmio energetico, l’Italia resta un paese strutturalmente importatore di grandi quantità di energia e lo sarà per qual-che generazione. L’importazione di energia può avvenire con differenti sistemi: in alcuni casi il gassificatore può rappresentare una soluzio-ne. Anche per questo tipo di impianto, tuttavia, si pone da un lato la necessità di mitigazioni ambientali (come l’obbli-gatorietà dei filtri per abbattere gli ossidi di azoto, prescritti negli USA ma non in Italia), e dall’altro l’attenzione verso la collocazione territoriale e l’impatto paesaggistico.

Italia Nostra è contraria al nucleare in primo luogo perchè il problema delle scorie non è ancora stato risolto. Restano pericolose per tempi di ordini di grandezza superiori a quelli della vita dell’uomo e rappresentano ancora oggi una minaccia. La sicurezza dei depositi in cui seppellirle è sempre comunque relativa. Vanno tenute presenti preoccupazioni ulteriori sulle stesse centrali: incidenti, guerre, terrorismo, terremoti, alluvioni. Italia Nostra non ritiene sufficientemente supportata da dati oggettivi l’affermazione che le centrali dismesse si possano convertire in “giardini” (vedi opuscolo ENEL), e nemmeno che non esista una relazione fra nucleare militare e nucle-are civile, o che il nucleare aumenterebbe l’indipendenza

energetica dell’Italia, visto che il nostro Paese non ha uranio. Anche sul piano strettamente economico, quindi, impegnare il Paese su questa strada costosa e pericolosa è un gravis-simo errore. Piuttosto che costruire nuove centrali, l’Italia si industri a mettere in sicurezza in depositi le scorie del primo nucleare e i rifiuti radioattivi, oggi mal custoditi in luoghi precari e pericolosi. Depositi gestiti e costruiti secon-do norme scientificamente stringenti servono comunque a diminuirne la pericolosità. Quanto all’aspetto più strettamente territoriale, le centrali nucleari si configurano come “grandi opere” scollegate dai territori locali. In ragione della complessità tecnologica, della gestione delle scorie e delle questioni di sicurezza, necessi-tano di una pletora di controlli, anche militari, e divieti che vanno ben oltre il perimetro dei singoli impianti, e che si ripercuotono sulla stessa vita delle popolazioni.

Il Parlamento italiano ha approvato una Direttiva che sta-bilisce l’obiettivo nazionale del 17% di consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili nel 2020, rispetto al tota-le. Italia Nostra considera le fonti rinnovabili un’opportunità per il paese in quanto devono essere considerate sosti-tutive rispetto ad altre fonti fossili. Va posta tuttavia la massima attenzione anche su questi impianti, affinché non abbiano conseguenze rilevanti sul paesaggio, sull’ambiente e sulla salute senza mai trascurare il rapporto costi/benefici della singola iniziativa. Consideriamo inoltre che gli incentivi che oggi ricadono sulla messa in opera di impianti a energia rinnovabile (siamo il primo paese in Europa) producano alla collettività più danni che benefici. Anziché meccanismi premiali che storicamente in Italia si rivelano volano per speculazioni criminali e forme di rendita parassitaria, meglio sarebbe mettere in atto meccanismi economici disincentivanti sulle fonti più impattanti. L’energia solare, che di per sé è una fonte da sostenere, può porre problemi di compatibilità, almeno per quanto concerne gli impianti attuali, con il consumo di territorio laddove vengono incentivate coperture di terreni con va-ste estensioni di pannelli, che finiscono con l’alterare il paesaggio ed erodere preziosi suoli agricoli. Per questo motivo, Italia Nostra invita le autorità a vietare l’uso di pannelli su qualsiasi superficie pregiata, nei centri storici, sui tetti degli edifici tutelati o in zone a vincolo, su terreni agricoli o comunque di rilevanza paesaggistica, mentre si potrebbe approfondire l’utilizzo di pannelli solari fotovoltaici integrati lungo le infrastrutture (autostrade, ferrovie, ecc.), o ancora di imporli sulle coperture degli edifici industriali, come risanamento di tetti in eternit, come frangisole nei parcheggi, ecc.Quanto all’energia eolica, Italia Nostra condanna la logica puramente speculativa che sottende in Italia negli ultimi anni alla corsa alla costruzione di impianti. Innanzitutto tali impianti, come tutti quelli da fonti rinnovabili, si sottraggono a una pianificazione territoriale, sottraggono quote ad altre energie rinnovabili di minore impatto, ma soprattutto essi vengono approvati anche in aree ad alta vulnerabilità am-bientale e paesaggistica, talvolta, come in Sicilia, Calabria, Toscana, Sardegna, addirittura eccedendo enormemente la stessa capacità attuale di distribuzione della rete elettrica. Dato che talvolta vengono addirittura costruiti in luoghi privi di vento, si richiede una normativa per la concessione di

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tale opere in cui si dimostri chiaramente che il sito scelto abbia le caratteristiche necessarie. Allo stesso modo anche l’installazione di impianti off-shore deve essere normata. Inoltre l’eolico, come il fotovoltaico nei terreni agricoli, consuma una grande quantità di territorio. Tali impianti presuppongono infatti una rete stradale per il trasporto delle turbine e dei piloni, in un territorio geologicamente fragilis-simo come quello italiano, il traffico di migliaia di autotreni, linee elettriche per centinaia di chilometri, e altri interventi invasivi. Per questo, Italia Nostra chiede con forza un’im-mediata moratoria sull’installazione delle pale eoliche. Per quanto riguarda le centrali a biomasse, Italia Nostra ne valuta l’adottabilità con grande cautela. Come per le altre fonti, anche nel caso delle biomasse il giudizio dipen-de dalla taglia dell’impianto (evitando megacentrali), dalla sua collocazione territoriale, dal tipo di biomassa che si intende utilizzare (biocarburanti, oli vegetali o cippato) e dalla sua provenienza, che deve essere strettamente locale incentivando il modello di produzione decentrata e diffu-sa (microgenerazione) più vicina ai luoghi di consumo, evitando assolutamente sia “importazioni” di legna e altri combustibili da altri distretti, sia la possibilità di bruciare combustibili da rifiuti (CDR, come a Scarlino, in provincia di Grosseto). Si tratta, in questi casi di inceneritori sotto mentite spoglie. A maggior ragione va evitato di trasforma-re per scopi meramente economici un territorio agricolo tradizionale in un altro genere di coltivazione, funzionale ad alimentare una centrale a biomasse. Italia Nostra vede con preoccupazione la riconversione di molti stabilimenti (zuccherifici, cementifici, ecc.) presenti sul territorio italiano in centrali alimentate con i più svariati combustibili. Come per i biocarburanti, anche le centrali a biomasse possono rischiare di entrare in competizione con l’agricoltura, con pesanti conseguenze sul paesaggio, l’ambiente e la salute. Affinché si possa ricorrere positivamente anche a questa forma di produzione energetica, è necessario che in fase di richiesta di autorizzazione alla costruzione di un impianto, il proponente indichi il tipo di biomassa che vuole utilizzare, in quali aree tale biomassa viene prodotta, l’energia che si aspetta di produrre. La Provincia e il Corpo forestale devono valutare la sostenibilità del prelievo, congiuntamente agli altri che insistono sulla stessa area. Ogni anno il produttore deve rinnovare la domanda, precisando a consuntivo quali e quante biomasse ha utilizzato, dove le ha prelevate, quanta energia ha prodotto. Italia Nostra ritiene importante proseguire la ricerca per l’utilizzo più consono dell’energia geotermica, che sfrutta la differenza di temperatura in superficie e nel sottosuo-lo. Unendosi a quanto già espresso dall’Ordine nazionale dei geologi, l’Unione geotermica italiana e l’Associazione termotecnica italiana, Italia Nostra invita il governo a farsi promotore della conoscenza, della ricerca e dello sviluppo di una forma di energia che ha tutte le caratteristiche per essere considerata una risorsa per il nostro Paese. In prospet-tiva l’energia geotermica nelle sue più recenti applicazioni consente di equilibrare il consumo invernale con quello estivo raggiungendo così un optimum energetico. Recenti fatti tuttavia (vedi il caso Amiata) hanno messo in eviden-za come anche in questo caso servano regole, controlli e investimenti adeguati.

Italia Nostra fa propria la Direttiva adottata il 17 giugno 2008

dal Parlamento Europeo, che ha stabilito le priorità che i Paesi membri devono adottare nella gestione dei materiali post consumo. E cioè, in sintesi: - il riutilizzo e il riciclo devono essere prioritari alla valo-rizzazione energetica in quanto rappresentano la migliore scelta dal punto di vista della tutela dell’ambiente e della salute; - le priorità vedono al primo posto la Prevenzione, al secondo la Progettazione per il riutilizzo, al terzo il Riciclo, infine il Recupero in forme diverse dal riciclo; - non si deve promuovere l’incenerimento di materiali ri-ciclabili. Relativamente alla prevenzione va considerata la necessità di una seria politica volta all’eliminazione degli imballaggi. Per quanto riguarda il problema rifiuti/energia e gli incene-ritori o termovalorizzatori, anche per quelli di ultimissima generazione, va rigidamente prevista ed attuata la loro costante manutenzione (filtri ecc.), sola cosa che li rende meno nocivi. Italia Nostra ritiene che gli inceneritori o termovalorizzatori non debbano comunque essere considerati come un’opzione nella gestione dei materiali post consumo e nella produzione energetica sia per ragioni ambientali che sanitarie.. Il successo della raccolta differenziata porta a porta in im-portanti città e in diversi quartieri di grandi città, con raccolte differenziate di qualità superiori al 60%, il crescente successo di trattamenti a freddo (compostaggio, fermentazione anaero-bica, trattamenti meccanici biologici), l’accresciuta domanda di materie seconde (carta, plastica metalli) sul mercato in-ternazionale e la conseguente crescita del valore di queste merci, sta favorendo il riciclo, che entra in forte concorrenza economica con la cosiddetta termovalorizzazione.

Italia Nostra chiede maggiori e cospicui investimenti nella ricerca, volano non trascurabile di sviluppo economico, con la creazione di nuovi posti lavoro e la concreta pos-sibilità rivendere know how a Paesi terzi. La ricerca deve poter essere svolta al riparo da pressioni lobbistiche che ne tentino il condizionamento.

Italia Nostra chiede che venga istituita una seria e indi-pendente Autorità di controllo sull’uso corretto, efficace, compatibile, sostenibile e non puramente speculativo di tutte le fonti energetiche, di cui facciano parte, nelle declinazioni territoriali, anche le associazioni di tutela, latrici degli inte-ressi diffusi. Come priorità immediata si chiedono trasparenti ed efficaci procedure di VIA e di VAS per tutti gli impianti previsti nel rispetto degli strumenti di pianificazione locale, procedendo nelle valutazioni con esame delle alternative che comportino anche l’opzione “zero”; senza che ven-ga considerato come prioritario il requisito della supposta “pubblica utilità” che troppo spesso comporta l’omissione del procedimento. Infine, Italia Nostra chiede che vengano adottate tutte le misure per la protezione della salute umana e dell’ambien-te: in particolare che si agisca quando vengono superati i limiti di legge dell’inquinamento, adottando gli accorgimenti che li possono diminuire bloccando o sospendendo tutti i processi che li provocano.

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Non sappiamo quanto abbia inciso sulle decisioni del Gover-no l’ultima puntata di novembre della trasmissione televisiva “Report” dedicata alle speculazioni sulle rinnovabili, fatto sta che il Consiglio dei Ministri nella seduta del 30 novembre 2010, nell’approvare lo schema di D. Lgs. di recepimento della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia rinnovabile che impone all’Italia il target del 17%, ha introdotto altre norme che vanno ad incidere sulla filiera.In particolare, ci si riferisce alla decisione di uscire progressi-vamente entro il 2015 dal sistema dei “certificati verdi”, che tante polemiche aveva alimentato per il trucchetto messo in pratica da molti produttori di elettricità da fonti fossili, che acquistano all’estero energia “pulita” per compensare quella “sporca” da loro prodotta, che sarebbe ben più costosa qualora fosse effettivamente proveniente da rinnovabili, anziché “falsamente” certificata per tale.Eppure, sui media ha fatto più clamore la cosiddetta “stretta del fotovoltaico sui campi”, aspetto che nella trasmissione televisiva citata veniva solo sfiorato, seppur siano abbastanza diffuse pratiche speculative.Sull’ampiezza del provvedimento di “limitazione” della diffusione dei parchi fotovoltaici sui terreni agricoli, c’è con-fusione, dal momento che il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo ha dichiarato: “Per i terreni agricoli si fissa un limite del 10% nella quota di appezzamenti utilizzabili per la produzione di fonti rinnovabili”, per cui il limite si estenderebbe a tutta la filiera; mentre il suo collega Giancarlo Galan, Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, commentan-do l’approvazione dello schema di decreto, ha dichiarato di aver “fortemente voluto e ottenuto che nel provvedimen-to venisse inserita la norma che non consente di costruire su terreni agricoli impianti fotovoltaici a terra superiori a un Mw. In questo modo intendiamo proteggere il terreno agricolo dalle speculazioni industriali, stabilendo che esso deve essere utilizzato in primo luogo per l’agricoltura. Ho anche ottenuto che la grandezza degli impianti sia diretta-mente proporzionale alla superficie agricola posseduta, in modo che non si possa utilizzare più del 10% del terreno a disposizione per sviluppare impianti fotovoltaici a terra, che devono essere considerati, a mio avviso, come una delle possibili scelte degli agricoltori, quindi come un nuovo pro-dotto dell’agricoltura”.Per avere certezze in merito, bisognerà attendere, quindi, il testo definitivo che dovrà passare al vaglio delle Commissio-ni parlamentari e della Conferenza unificata Stato-Regioni.Tuttavia si possono esprimere già delle considerazioni, al di là delle positive intenzioni del provvedimento.

Non ci pare che il limite di 1 MW serva a contenere le spinte distorsive del sistema. Se l’intenzione è di salvaguardare i

terreni agricoli, sarebbe meglio togliere gli incentivi dagli impianti a terra, come nella Repubblica Ceca, e dirottarli sui tanti capannoni inutilizzati o sulle aree industriali dimesse. Analogamente, se non si vuole richiedere ai proprietari dei terreni una variazione di destinazione d’uso, come in Francia, perché si vuole considerare le rinnovabili come un prodotto agricolo, non serve il limite del 10% del terreno agricolo a disposizione.Guardando, poi, alle reazioni dei più diretti interessati, le Associazioni degli agricoltori ed imprenditori (decisamente soddisfatte dello schema di decreto) e quelle degli impren-ditori del fotovoltaico (nettamente contrarie alle limitazioni introdotte), c’è da giurarci che la partita non è conclusa e spunturà qualche emendamento che vanificherà quel po’ di buono che lo schema di decreto ha introdotto.Eppure dovrebbe costituire un monito quel che sta accaden-do in altri Paesi europei (cfr.: Cumuli-nembi si addensano sul fotovoltaico europeo, a pag. 36 di questo stesso nu-mero).

Proprio le difficoltà di quelli che fino a qualche mese fa erano i mercati più dinamici del solare hanno dirottato gli investitori verso il nostro Paese, attratti dalle favorevoli con-dizioni geografiche ed ambientali, ma soprattutto dalle tariffe del “Conto energia” che sono le più “laute” del mondo. Men-tre gli altri Paesi tagliano anche in corso d’opera, le nostre tariffe sono state di fatto procrastinate, vista l’opportunità concessa di usufruire del vecchio Conto anche agli impianti delle rinnovabili che abbiano completato l’installazione en-tro il 31 dicembre 2010, seppur l’entrata in esercizio fosse avvenuta più tardi, ma entro il 30 giugno 2011, per “evitare che, a causa di ritardi nelle procedure di connessione da parte del gestore di rete, molti impianti perdessero il diritto di accedere al vecchio Conto energia”.Più che di lungaggini burocratiche, sembrerebbe che ci siano problemi di connessione alla rete. Se qualcuno si prendesse la briga di consultare la classificazione delle aree territoriali del nostro Paese pubblicata il 15 ottobre da Enel Distribuzione, si accorgerebbe che sono numerose quelle che presentano livelli di saturazione della rete, tali da non garantire il rilascio dell’autorizzazione all’allaccio di nuovi impianti fotovoltaici.Se è difficile aspettarsi che le imprese sappiano sottrarsi a guadagni facili e sostanziosi immediati per favorire una crescita più lenta, ma di lungo periodo, dai policy makers dovrebbero essere attuate misure di regolazione e control-lo, visto che le conseguenze dirette ed indirette delle bolle speculative si riverberano sempre sugli indifesi cittadini.

Sarebbe interessante verificare quanta parte della potenza del fotovoltaico installabile (8.000 MW) e di quella incentivabile (3.000 MW) al 2020, prevista dal DM 6 agosto 2010 relativo

Solo una rapida grid parity eviterà ulteriori rischi speculativi

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il D. Lgs. della Direttiva 2009/28/CE sulle rinnovabili

LIMITI AL FOTOVOLTAICO SUI CAMPI MA“I BUOI SONO GIÀ SCAPPATI DALLA STALLA”

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al Piano Nazionale delle Fonti Rinnovabili, presentato a Giugno alla Commissione UE, venga assorbita dai progetti conclusi o da concludere entro il 2010.Si ha ragione di ritenere che se di certo non vengono rag-giunti i “tetti”, bisognerà comunque tirare i freni nel prossimo decennio, sempre che non si voglia forzare la situazione per far porre l’asticella più in alto.Eppure non era difficile prevedere un “assalto alla diligen-za”, come avevamo pronosticato in un precedente articolo (cfr.: “Solare FV: da opportunità per tutti a business per pochi?”, in Regioni&Ambiente, n. 5 maggio 2010, pag. 20 e segg.), soprattutto ad opera di impianti fotovoltaici a terra che, pur godendo di incentivi più bassi, hanno costi di in-stallazione e manutenzione più contenuti, tali da garantire profitti più elevati.Così, in questi ultimi mesi si sono visti sorgere di punto in bianco su varie aree geografiche del nostro “Belpaese”, parchi fotovoltaici, ma non già su suoli marginali, bensì su colline e suoli alluvionali, come è avvenuto nella provin-cia di Ancona, in luoghi che verifichiamo giornalmente, stante la loro contiguità con la sede della redazione di Regioni&Ambiente.

Lungo la S. P. n. 2 Senigallia - Sirolo, prima dell’abitato di Chiaravalle (AN), località della Bassa Vallesina, è possibile scorgere ai lati di un tratto di meno di 2 km ben 4 parchi fotovoltaici a terra (di sicuro, le distanze tra l’ultimo pannello dell’uno e il primo del successivo mantengono, seppur di poco, il limite dei 500 m!). Poi, appena al di là dell’abitato e oltrepassato il fiume Esino, un altro parco enfatizza con un cartello la vocazione di “Chiaravalle Città del Sole”. Ma a Friburgo (Solar City, per antonomasia), il fotovoltaico è integrato “negli e sugli edifici”, non già diffuso sui campi.C’è da aggiungere, inoltre, che il Comune di Chiaravalle, tramite la Fondazione Chiaravalle - Montessori (la famosa pedagogista è qui nata), è depositario del marchio Slow-look, progetto turistico-culturale che, ispirandosi al più celebre Slow Food, si propone di far “gustare lentamente” al visita-tore e al residente i luoghi circostanti.E pensare che Carlo Petrini, il Presidente di Slow Food Inter-national, dalle pagine de “La Repubblica” il 17 aprile u. s. in un misurato articolo aveva lanciato un appello sintetizzato nel titolo “Pannelli solari via dalle campagne”.

Il suo omonimo Paolo Petrini, Assessore all’Agricoltura del-

San Bellino (RO). L’impianto fotovoltaico più grande d’Europa costruito dalla Società SunEdison inaugurato il 23 novembre 2010. L’impianto della potenza di 72 MW, dotato di 280.000 moduli solari, è stato installato su un’area industriale dismessa, tra i comuni di San Bellino e Castelguglielmo nella provincia di Rovigo. Così si fa! (foto: SunEdison)

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la Regione Marche che ha introdotto per prima, in settembre, le Linee Guida per il fotovoltaico, ha dovuto amaramente riconoscere che la normativa adottata interveniva “anche se molti buoi erano già scappati dalla stalla” (ADNKronos, 29 maggio 2010), riferendosi alle autorizzazioni già concesse per i parchi fotovoltaici sui campi.E tutte quelle presentate ai competenti uffici nei giorni im-mediatamente precedenti la deliberazione del Consiglio, allorché si era diffusa tra gli operatori la notizia della volontà della Regione di limitarne la diffusione?Prevenire è sempre meglio che curare!

Al di là degli spazi speculativi che aprono certe operazioni, c’è anche il rischio che installazioni frettolosamente pro-gettate e concluse, prima che scattino le tariffe del nuovo Conto e le limitazioni delle Linee Guida, non siano poi in grado di generare i kWh previsti.Speriamo, poi, che qualcuno controlli che i lavori di instal-lazione si siano conclusi effettivamente al 31 dicembre 2010 e che al 30 giugno 2011 gli impianti che faranno richiesta di accesso alle tariffe incentivanti siano attivi per la totalità dei moduli utilizzati e non già per una sola parte.Non vorremmo che, quali cittadini che sopportano sulle bollette elettriche i relativi costi dei sussidi elargiti, al danno subissimo anche la beffa!

Pike Research nel white paper “New Market Solar”, che stranamente non è stato adeguatamente commentato dalla stampa specializzata come accaduto per altri approfondi-ti rapporti e analisi sui mercati mondiali delle tecnologie pulite, pubblicati dalla prestigiosa azienda indipendente di consulenza, metteva in risalto che la contrazione del credito e i mutamenti normativi in alcune aree geografiche (veniva

citata la Spagna) ha prodotto influenze significative sul solare tali che, secondo Pike Reasearch, il settore ha sperimentato la “perfect storm” (la tempesta perfetta).Mentre la domanda mondiale di energia solare continuerà a crescere, la relazione contiene l’avvertimento che i “players” sul mercato sono troppi (“il settore è attualmente rifornito da più di 190 produttori di moduli, rendendo il consolidamento inattuabile e inevitabile l’esito, per i più deboli”), determi-nando un eccesso di offerta che, abbinato alla riduzione del prezzo del silicio, accelererà la riduzione dei costi per watt in modo così rapido da far raggiungere la “grid parity” entro il 2013 nella metà dei mercati mondiali, prima cioè di quanto si pensasse che il fotovoltaico sarebbe stato compe-titivo con le altre forme di produzione di energia elettrica (la Germania calcola di raggiungerla entro il 2012).Secondo il Rapporto, la competitività tra le principali aziende del settore, oltre al costo del watt consegnato, sarà basato sull’efficienza, con l’eccezione del fotovoltaico integrato agli edifici (BIPV) che sarà determinato, oltre che dal costo, dall’identificazione del marchio e dalla compatibilità del progetto architettonico.

Cosa succederà al settore se anche il mercato italiano, con-tinuando di questo passo, raggiungerà la grid parity e non potrà più sostenersi sulle incentivazion?I sussidi per le rinnovabili nel 2010 supereranno i 3 mi-liardi di euro, come anticipato nella sua ultima Relazione dal Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas Alessandro Ortis, il cui mandato scadrà il 15 dicembre 2010 senza che al momento, dopo la rinuncia fatta dal Presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, probabilmente intervenuta dopo aver appurato la sussistenza di divisioni tra le forze politiche per la nomina degli altri commissari. Tale preoc-

NUOVA PROCEDURA TELEMATICA PER RICHIEDERE GLI INCENTIVI DA PARTE DEI TITOLARI DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI

Per semplifi care l’accesso al Conto Energia fotovoltaico, dal 1° dicembre 2010, il GSE avvia la nuova procedura telematica che permette a tutti i titolari di impianti fotovoltaici di richiedere gli incentivi in maniera più semplice, veloce ed economica.Il solo utilizzo di procedure informatiche consente di ridurre sensibilmente il tempo necessario per l’ammissione al Conto Energia ed aumenta l’effi cienza del servizio.L’accesso alle tariffe incentivanti avviene infatti esclusivamente attraverso il portale web (www.gse.it) e tutti i documenti necessari per richiedere gli incentivi sono inviati al GSE esclusivamente mediante formato elettronico.Nel corso del 2010 il GSE ha avviato una fase sperimentale per l’utilizzo della nuova procedura che ha dimostrato un’effettiva riduzione dei tempi di valutazione delle richieste di incentivi.La crescita esponenziale, in Italia, di impianti fotovoltaici e di soggetti pubblici e privati che richiedono i relativi incentivi al GSE ha suggerito l’adozione di un sistema gestionale che consenta di offrire un servizio ancora più effi ciente ed economicamente più vantaggioso sia per gli utenti che per le Pubbliche Amministrazioni. Di tale procedura ne trae benefi cio anche l’ambiente, con un risparmio di carta considerevole.Per meglio utilizzare la nuova procedura telematica il GSE ha reso disponibile una Guida alla richiesta degli incentivi e all’utilizzo dell’applicazione web per il fotovoltaico secondo la nuova procedura telematica

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cupante situazione dovrà essere sanata quanto prima, visto che in assenza del vertice l’authority non può deliberare, mentre il suo funzionamento è essenziale per l’indicazione delle tariffe di elettricità e gas. Se per Ortis c’è bisogno di “una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico” per il rischio di un aumento delle bollette elettriche fino ad oltre il 20%, da qui al 2020, a noi preoccupa che la crescita senza freni del fotovoltaico sui campi, basato sul silicio cristallino ed essenzialmente im-portato, non solo consumerà in breve il conto energia, ma

determinerà una frenata all’industria del settore, che senza sussidi non sarà in grado di competere per costi ed efficienza sul mercato, non avendo investito in ricerca e innovazione per una crescita duratura e continua.

Il presupposto fondamentale della green economy è la so-stenibilità: se il settore del fotovoltaico italiano non riesce a mantenere questa peculiarità che, opportunamente, i francesi indicano con l’aggettivo durable, non può esseere considerato “verde”.

San Martino in Badia (BZ). La struttura ricettiva, posta in cima al Piz de Plaies proprio alla partenza della pista Piculin, ha ricevuto il Premio per il miglior progetto di integrazione del fotovoltaico in architettura, promosso dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e dalla Direzione generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte contemporanea (PABACC) del Ministero per i Beni e le Attività culturali nel corso di una cerimonia al MAXXI di Roma il 9 novembre 2010. La baita dotata di un impianto della potenza di 7 kW per una produzione di 9.000 kWh annui, ha riscosso il 1° Premio fra 150.000 impianti partecipanti per “l’ottima e armoniosa integrazione dell’impianto fotovoltaico nella caratterizzante geometria a spirale del progetto. (foto: Electro Clara)

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QUALITÀ E AMBIENTE

Il crescente uso delle risorse potrebbe danneggiare l’economia dell’UE

FARFALLE O LAVORO.L’EUROPA PUÒ AVERE ENTRAMBI

Pubblicato dall’AEA il 4° Rapporto “L’Ambiente in Europa” (SOER 210)

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (Euro-pean Environment Agency) ha pubblicato il 30 novembre u. s. la sua quarta rela-zione “L’Ambiente in Europa - Stato e prospettive” (SOER 2010), una va-lutazione esauriente di come e perché sta cambiando l’ambiente in Europa e di cosa stiamo facendo a riguardo.Dall’Environment State and Outlook Re-port, la più importante valutazione sulle tendenze e prospettive dell’ambiente in Europa, che viene pubblicato ogni 5 anni, emerge che la domanda globale di risorse naturali per l’alimentazione, l’abbigliamento, l’alloggio e il trasporto della popolazione è in aumento. Questa domanda crescente di capitali naturali esercita una pressione sempre maggiore sugli ecosistemi, sulle economie e sulla coesione sociale in Europa e nel resto del mondo. La relazione SOER 2010 conferma, tuttavia, che in Europa po-litiche ambientali valide continuano a migliorare l’ambiente senza compromet-tere il potenziale di crescita.“Sia in Europa, sia sull’intero Pianeta, consumiamo più risorse naturali di quanto sia ecologicamente sostenibile - ha affermato la prof.ssa Jacqueline McGlade, Direttore esecutivo dell’AEA

- Il cambiamento climatico è finora il segno più evidente di instabilità, ma una serie di tendenze a livello mondiale fan-no presagire rischi sistemici maggiori per gli ecosistemi in futuro. La natura della crisi finanziaria in corso dovrebbe fornirci un elemento di riflessione”.Per una svolta radicale in favore di un’economia verde efficiente sotto il profilo delle risorse è necessario che tutte le risorse ambientali (la biodi-versità, il suolo, il carbonio, i fiumi, i mari e l'aria che respiriamo) siano prese pienamente in considerazione nelle decisioni relative alla produzione, al consumo e al commercio globale.Il SOER 2010 evidenzia, inoltre, una maggiore comprensione dei legami esistenti fra il cambiamento climati-co, la biodiversità, l’uso delle risorse e la salute umana, e del modo in cui strumenti quali la pianificazione del territorio, la riforma fiscale ecologica, la prevenzione dell’inquinamento, il principio di precauzione e la contabi-lità delle risorse possono sostenere un approccio per la loro gestione basato sul capitale naturale.

“Stiamo consumando più risorse na-

turali di quanto sia ecologicamente stabile - ha osservato la McGlade - Questo è vero sia per l’Europa che per l’intero Pianeta. I cambiamenti clima-tici sono finora il segno più evidente di questa instabilità, ma una serie di ten-denze globali indicano più gravi rischi sistemici in futuro per gli ecosistemi”.Il Rapporto di quest’anno si basa su 4 elementi chiave.* Valutazioni tematiche sulle questioni

ambientali fondamentali, ognuna accompagnata da fatti e tendenze pertinenti:- comprendere i cambiamenti clima-

tici;- attenuare i cambiamenti climatici;- adattarsi ai cambiamenti climatici;- biodiversità:- uso del suolo;- suolo;- ambiente marino e costiero;- consumi e ambiente;- materiale di risorse e rifiuti;- risorse idriche (quantità e flussi);- acque dolci di qualità;- inquinamento atmosferico;- ambiente urbano.

* Valutazione delle più grandi tenden-ze a livello globale che hanno rilievo sull’ambiente europeo;

* Valutazione dei singoli Paesi;* Relazione di sintesi integrata.Ecco in sintesi i principali risultati e raccomandazioni.

Cambiamento climaticoL’Unione europea ha compiuto progressi nella riduzione delle emissioni e nella diffusione delle energie rinnovabili. Nel 2009, le emissioni nell’EU-27 sono dimi-nuite del 17% rispetto ai livelli del 1990, avvicinandosi quindi all’obiettivo comune di una riduzione delle emissioni del 20% entro il 2020. Tuttavia, le tendenze setto-riali non sono tutte positive. Nell’EU-27 le emissioni derivanti dai trasporti sono aumentate del 24% tra il 1990 e il 2008.

Adattamento al cambiamento cli-maticoAnche se l’Europa raggiungesse i suoi Monitoraggio della Criosfera in Val d’Aosta (fonte: EEA sezione Italia)

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obiettivi in materia di riduzione delle emissioni e i leader mondiali si accor-dassero su azioni forti nei negoziati in corso a Cancún, in Messico, l’Europa dovrà comunque adattarsi agli impat-ti del cambiamento climatico attuali e previsti per il futuro. Una gestione accurata del capitale naturale può con-tribuire ad affrontare queste sfide.

Biodiversità, ecosistemi e salute umanaLa rete Natura 2000 delle aree pro-tette, che attualmente copre circa il 18% del territorio dell’UE, ha contri-buito a proteggere specie minacciate e a preservare aree verdi per il tem-po libero. La normativa in materia di qualità dell’aria e dell’acqua ha ridotto la pressione sulla biodiversità e sulla popolazione. D’altro canto, l’intensifi-cazione dello sfruttamento del suolo, la perdita di habitat e la pesca eccessiva hanno impedito all’UE di raggiungere

l’obiettivo di arrestare la perdita di bio-diversità entro il 2010.

Soluzioni integrate con prospettive globaliMostrando le numerose interazioni tra le diverse sfide, ambientali e di altro tipo, il SOER 2010 ci spinge a inten-sificare le azioni integrate tra i diversi settori delle politiche interessate da tali sfide, al fine di assicurare miglioramen-ti più rapidi e ottimizzare i benefici correlati (per esempio mitigare il cam-biamento climatico e migliorare allo stesso tempo la qualità dell’aria).

Efficienza delle risorseLa sicurezza degli alimenti, dell’ener-gia e dell’acqua sono fattori chiave per lo sfruttamento del suolo, poiché vi è un aumento di domande spesso contrastanti (per esempio di alimenti, mangimi e carburante). Una contabilità e una fissazione dei prezzi che tengano

conto pienamente delle conseguenze dell’utilizzo delle risorse sono essenziali per indirizzare le aziende e i consu-matori verso una migliore efficienza delle risorse.

Coinvolgimento dei cittadini La politica da sola non può fermare o invertire le tendenze ambientali. Dob-biamo aumentare il numero di cittadini impegnati a ridurre il proprio impat-to sull’ambiente, coinvolgendoli nella raccolta di dati e attraverso i media sociali.

“Non esistono facili soluzioni; i legi-slatori, le imprese e i cittadini devono collaborare per trovare modi alternativi che consentano di sfruttare le risorse in modo più efficiente - ha dichiarato la McGlade - Le premesse per le iniziative future esistono: il compito primario è favorirne il consolidamento e lo svi-luppo”.

Distribuzione in classi sulla base dell’indice di qualità SECA (2007)

Distribuzione in classi sulla base dell’indice di qualità SECA per aree geografiche (2007)

Distribuzione delle classi sulla base della qualità SEL (2007)

STATO E IMPATTO DELLE ACQUE DOLCI IN ITALIA (FONTE: EEA SEZIONE ITALIA)

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La riflessione sul Natale oggi ci impone di porre attenzione sui suoi tanti volti: la festa cristiana, la festa pagana, il mo-mento del consumismo, quello delle settimane bianche e dei centri commerciali, quello della tredicesima... È del tutto inutile rimpiangere il passato con i luoghi comuni che puntuali si ripresentano ogni anno: “ormai si è perso il vero senso del Natale” oppure “ormai è solo una festa per i bambini”. Bisogna provare a capire i nostri tempi e, se possibile, anticiparli, cercando di arricchire una festa, ormai vuota di significati, con valori nuovi e insoliti. Negli ultimi anni si è sviluppata una certa consa-pevolezza ecologica anche per le feste natalizie, tanto che si comincia a parlare di Natale eco-sostenibile.In tempi di allarme per il nostro pianeta, trascor-rere le feste in maniera più eco-friendly diventa un obbligo al quale non possiamo più sottrarci. Sebbene il rischio di tramutare le festività in una pesante fonte di sprechi energetici e rifiuti, che l’ambiente non è in grado di smaltire, è elevato, rendere “verde” il “bianco Natale” non è un’impresa poi così difficile.

Regali.I regali “verdi” sono un’ottima idea perché educano a pensare “green” e aiutano a ri-durre l’impatto sull’ambiente.Scegliamo oggetti che durino nel tempo, facili da smaltire e che siano costruiti o confezionati con materiali non dannosi per l’ambiente e senza lo sfruttamento di altri esseri umani.Qualche esempio? − un abbonamento per mezzi di tra-

sporto pubblici (treno, autobus, funivia);

− un buono per cinema, teatro, concerti;

− lampade a risparmio d’ener-gia, penne stilografiche senza cartucce, orologi o calcolatrici solari, orologi meccanici;

− contenitori per la separazione dei rifiuti in cucina;

− prodotti delle “Botteghe del Terzo Mondo” e del commer-cio equo e solidale;

− beneficenza e sottoscri-zioni ad associazioni umanitarie e ambien-taliste;

− giocattoli in legno per i bambini, controllando che abbiano il marchio FSC e PEFC, garanzia di un legno proveniente da foreste gestite in maniera responsabile.

− una bicicletta!Una volta scelto il regalo, si deve prestare attenzione alla con-

fezione. L’ideale sarebbe evitare le carte da regalo, ma se proprio non si riesce a farne a meno, è meglio scegliere carta regalo ecologica o usare materiale d’imballaggio a lunga durata, come foulard, sciarpe, strofinacci, tovaglioli, borse di tessuto e tante altre cose, che dopo

la sorpresa possono ancora essere utili.

Illuminazioni, decorazioni e addobbi.Si stima che una fila di 100 lucine lasciata accesa per 10 ore al giorno durante i 12 giorni del periodo na-talizio crei una quantità di CO

2 sufficiente a riempire

60 palloncini. Con la sostituzione delle vecchie lampadine ad in-candescenza con i LED (Light Emitting Diode), oltre che più ecologico, si arriva a risparmiare fino al 30% sulla bolletta elettrica del mese. Le lampa-dine tradizionali, infatti, consumano tra 6 e 9 watt, mentre i LED utilizzano 0,5-0,7 watt. Anche le illuminazioni esterne si dovrebbero scegliere a basso consumo energetico, oppure a energia solare, per dare un po’ di risalto alle tematiche ambientali. Infine, evitiamo immissioni inutili di CO

2 e

teniamo accese le luci natalizie solo quando siamo in casa.Per le decorazioni diamo libero sfogo alla nostra fantasia: decoriamo riciclando. L’ultima moda sono le decorazioni commestibili e biodegra-dabili, come ghirlande di popcorn, bastoncini di cannella e biscottini di zenzero.Molti degli ornamenti che luccicano intorno all’albero di Natale risultano pro-blematici per salute ed ambiente. Per questo motivo bisogna evitare neve spray, carte metallizzate in alluminio, materiali sintetici. Oltre ad essere re-alizzati con sostanze che potrebbero irritare la pelle, le mucose e le vie respiratorie, questi prodotti sono costituiti da più strati di materiali diversi, rendendo problematico il

riciclaggio.Cerchiamo di decorare

in modo responsabile, preferendo materiali naturali: stelle di paglia, pigne d’abete, noci, pic-

Idee e consigli per una festa consapevole

Festività eco-sostenibili

BIANCO NATALE?VERDE È MEGLIO!

di Agnese Mengarelli

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nostro pianeta, trascor-ù eco-friendly diventa yossiamo più sottrarci.

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riciclC

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cole mele per decorare l’albero e la tavola; cera d’api per candele e figure; carta e cartone per decorare le finestre; pasta a base di sale o di mais (“pasta matta”), da arricchire con profumi natalizi alle spezie.

Albero: vero o finto?Gli alberi natalizi tradizionalmente nascono at-torno al 1500 in Germania, per poi diffondersi prima nel Nord e poi nel Sud dell’Europa, diventando ben presto una tradizione diffusa in quasi tutto il mondo.Per i popoli germanici, l’abete sempreverde era un simbolo di nascita e di vita, ed erano soliti ornarlo di ghirlande in occa-sione del solstizio d’inverno o del 24 Dicembre, per celebrare l’aumento della durata del dì e la rinascita della natura. Oggi tra le caratteristiche che portano alla scelta dell’albero di Natale, in primis c’è quella di decidere se si vuole acqui-stare un abete vero o un albero artificiale.La scelta non è facile: l’ideale sarebbe evitare l’albero e pre-ferire il presepe, anche per mantenere le nostre autoctone tradizioni, o creare un’atmosfera accendendo una candela a forma di pino o cose simili. Se proprio non si riesce a farne a meno, si sceglie la versione di albero più eco-compatibile con le proprie abitudini. Se si vive in città, l’alternativa è rappresentata dall’albero ecolo-gico, cioè finto, che può essere riutilizzato anno dopo anno.Se invece vogliamo proprio un abete, rivolgiamoci ad un coltivatore locale “ecologico”. Bosso, alloro o arbusti sem-preverdi potranno essere facilmente trapiantati in giardino una volta terminate le festività. Il Corpo Forestale dello Stato raccomanda di accertarsi che l’albero porti il marchio di cer-tificazione della provenienza da foreste gestite in maniera sostenibile, in questo modo siamo sicuri che proviene da vivai o da foreste gestite in modo ecolo-gicamente corretto attraverso operazioni controllate di disboscamento. Chi compra un abete senza riconoscimenti, reca danno alla natura e rischia una san-zione.In certi Paesi, si vendono alberi di Natale intera-mente realizzati con il riciclo di materiali pla-stici come, ad esempio, lattine o bottiglie.

Pranzi e cene.Un menù eco-friendly dovrebbe essere il più vegetariano possibile, ma se proprio non si riesce a rinunciare alla tradi-zione, si preferiscano prodotti regionali, locali, senza OGM o provenienti dai mercati equo-solidali.Per il cenone a base di pesce della Vigilia, si prediliga il pesce azzurro, evitando tonno, pesce spada e gamberi, pescati in maniera selvaggia e spesso illegale. Servire un menù verde significa anche esaltare la bellezza del cibo, ad esempio, una zuppa di farro o cicerchia è spesso più invitante di altri primi piatti molto elaborati.Per le stoviglie è meglio adoperare prodotti monouso biode-gradabili e compostabili, realizzati con materiali rinnovabili o riciclati. Per centrotavola economici e originali, possiamo usare foglie fresche del giardino o un mix di ornamenti, che riescono a mantenere la tavola accogliente e confortevole. Infine con il cibo avanzato si possono fare delle crocchette per Santo Stefano, sfamare gli uccellini, oppure farne com-post per la fioritura primaverile.

Vacanze.In Italia o all’estero, si evitino i viaggi in aereo a favore di quelli in treno e in nave, orientandosi verso un turismo responsabile in strutture turistiche ricettive che abbiano una certificazione ambientale.

Una volta finite le festività si ricicli quanto più possibile, se-parando bene i rifiuti, ripiantando l’albero oppure facendolo tritare per trasformarlo in trucioli, dando poi in beneficenza

i regali indesiderati.Infine, un ultimo consiglio, forse più etico

che ecologico: per un buon rispar-mio di energia, durante le feste

si tenga spenta la TV e si dedichi il tempo e tutta

l’attenzione alle per-sone a cui si vuol

bene e dalle quali si viene contrac-cambiati.

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AGENDA 21

a cura di Antonio Kaulardsegreteria Coordinamento Agende 21 Locali Italiane

29 aziende tra Ferrara e Livorno tagliano le emissioni del 7% grazie alpartenariato avviato con le rispettive Province attraverso un progetto europeo

UN’ALLEANZA PER IL CLIMA. IMPRESE ED ENTI LOCALIINSIEME PER RIDURRE LE EMISSIONI DI CO2

Si è concluso con un interessante e articolato convegno di presentazio-ne delle attività svolte e dei risultati raggiunti il progetto LACRe (Local Al-liance for Climate Responsibility), uno dei 26 progetti Life+ “italiani” approva-ti nel 2008 (i candidati erano 172!).Capofila del progetto è la Provincia di Li-vorno, assessorato Sviluppo economico, concertazione, piani locali di sviluppo P.T.C., piani d’area, Agenda 21.

Altri partner del progetto: la Provincia di Ferrara, assessorato Attività produt-tive, l’associazione Impronta Etica di Bologna e il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane.

Il convegno finale si è tenuto nel capoluogo toscano lo scorso 1° dicem-bre, nel corso del quale la Provincia di Livorno ha presentato i risultati del lavoro svolto e i punti salienti presenti

nelle Linee Guida, distribuite nell’occa-sione, un utile strumento che propone un metodo chiaro e ben articolato per la realizzazione di un partenariato lo-cale pubblico-privato per il clima.“Il progetto LACRe - commenta Pie-ro Nocchi, assessore allo Sviluppo economico della Provincia di Livorno - ha contribuito ad avviare un intenso dialogo con le forze imprenditoriali del nostro territorio per l’elaborazione di

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una strategia condivisa di uscita dal-la crisi che fa leva sui nostri punti di forza: il mare (porto, logistica, …) e il verde, inteso anche nella sua declina-zione sulle fonti di energia rinnovabili (solare, eolico, biomassa…)”.L’assessore della Regione Toscana alle Attività Produttive, Gianfranco Simoncini, non ha nascosto le gros-se difficoltà che il sistema economico regionale sta attraversando, in partico-lare rispetto all’occupazione: a ottobre sono salite a 4.500.000 le ore di cassa integrazione, +25% rispetto ottobre 2009.“Stiamo attraversando una fase molto critica - commenta l’assessore Simon-cini - e il rischio è di cercare interventi guardando al passato mentre occor-re saper cogliere le nuove opportunità che si stanno aprendo, puntando in primo luogo a dare maggiore qualità alle nostre imprese. I fondi FESR sono le uniche risorse che possiamo mettere in campo e che utilizzeremo proprio per interventi sull’energia, l’ambiente e la green economy”.Dalle imprese coinvolte nel progetto sono arrivati gli apprezzamenti più convinti per la partnership avviata at-traverso il progetto LACRe.Sono intervenuti rappresentanti del-la TRW, azienda metalmeccanica che produce componenti per veicoli (parte di un gruppo multinazionale) con 500 addetti a Livorno, della Cooperativa edile CLC, dell’Azienda Servizi Am-bientali, illustrando le iniziative già partite e quelle previste nel Piano d’Azione.La riduzione delle emissioni previ-sta, grazie alle prime misure messe in atto, è in media del 7%. Ma è solo l’inizio. Ci sono aziende infatti che grazie al progetto raggiungeranno livelli di contenimento ben più alti. “Partecipazione sinergica dei soggetti coinvolti nel progetto per affrontare la gestione del bene comune clima - così sintetizza l’attività svolta Giovanna

Rossi, project manager di LACREe - Partnership pubblico-privato vuol dire corresponsabilità, dimensione pubblica paritaria rispetto a quella privata. Non che si debba dismettere la dimensione autorizzativa in capo al pubblico, ma occorre accompagnarla con un’attività di collaborazione tra pari.”

La seconda parte del convegno si è svolta nella forma di una Tavola ro-tonda che ha visto i referenti degli assessorati alle attività produttive delle due Regioni coinvolte nel progetto, Toscana ed Emilia-Romagna, con-frontarsi con Confindustria Livorno, Legacoop e Coordinamento Agende 21 Locali Italiane sul tema della partner-ship pubblico-privato come volano per lo sviluppo sostenibile locale.Il dibattito è stato condotto con grande perizia e dinamismo da Tessa Gelisio, giornalista esperta di ecologia e te-matiche sociali legate all’ambiente e Presidente dell’Associazione per la conservazione ambientale forPlanet Onlus. Le imprese delle province di Livorno e di Ferrara che hanno sottoscritto la partnership sono state le vere pro-tagoniste della giornata, con spazi dedicati in cui presentare la propria realtà e le azioni pianificate o avvia-te all’interno della partnership per il clima.In conclusione del convegno si è svolta la premiazione, presenziata dal Presidente della Provincia Giorgio Ku-trufà, delle imprese che si sono già impegnate nel percorso di riduzione delle emissioni previsto da LACRe. “La novità assoluta - spiega Emanuele Burgin, Presidente del Coordina-mento Agende 21 Locali Italiane - sta nell’avere avviato un nuovo modello di partnership. Il settore pubblico infatti controlla direttamente solo una quo-ta marginale delle emissioni generate localmente, quindi è fondamentale che si faccia promotore di iniziative

che possano indurre e invogliare le aziende a prendere impegni sempre più concreti per contrastare il cam-biamento climatico.”

Per maggiori info: www.lacre.eu

LIFE07 ENV/IT/000357

La piena responsabilità dei contenuti del presente articolo è attribuita agli autori. Non rappresenta l’opinione della Comunità Europea. La Commissio-ne Europea non è responsabile per alcun utilizzo illecito che può essere fatto delle informazioni ivi contenute.

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EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE

RIPRISTINATA“LA GIORNATA DELL’ALBERO”

“Arrivato dove desiderava, cominciò a piantare la sua asta di ferro in terra. Faceva così un buco nel quale deposi-tava una ghianda, dopo di che turava di nuovo il buco. Piantava querce. Gli domandai se quella terra gli apparte-neva. Mi rispose di no. Sapeva di chi era? Non lo sapeva. Supponeva che fosse una terra comunale, o forse pro-prietà di gente che non se ne curava? Non gli interessava conoscerne i pro-prietari. Piantò così le cento ghiande con estrema cura. Dopo il pranzo di mezzogiorno, ricominciò a scegliere le ghiande. Misi, credo, sufficiente in-sistenza nelle mie domande, perché mi rispose. Da tre anni piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva pianta-ti centomila. Di centomila, ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila, contava di perderne ancora la metà, a causa dei roditori o di tutto quel che c’è di imprevedibile nei disegni della Prov-videnza. Restavano diecimila querce che sarebbero cresciute in quel posto dove prima non c’era nulla.”

(Jean Giono, “L’uomo che piantava gli alberi”, Salani editore)

Leggendo il passo, molti avranno re-cuperato il ricordo del pastore Elzéard Bouffier, il protagonista del lungo rac-conto dello scrittore francese Jean Giono, che, piantando da solo migliaia e migliaia di ghiande e semi di faggi e betulle su terreni incolti o abbandonati, dopo alcuni decenni di diligente attività era riuscito a trasformare una zona arida e disabitata della Provenza a ridosso delle Alpi in un luogo ameno e accogliente.Il libretto, infatti, era diffusamente adottato qualche lustro fa nelle Scuole Medie, come testo di Narrativa a cui era dedicata un’ora alla settimana di lettura corale, intervallata da commenti e riflessioni della scolaresca, opportunamente sollecitata dalle spiega-zioni ed osservazioni dell’insegnante.

Chissà se dopo il rilancio della “Gior-nata nazionale dell’albero”, da celebrarsi il 21 novembre di ogni anno, attraverso iniziative da svolgersi nelle scuole e istituti, anche il bellissimo libro “L’uomo che piantava gli alberi” ritrovi le fortune scolastiche che merita.

Era stato l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli ad istituire la “Festa degli alberi” nel 1898, che fu poi istituzionalizzata con l’art. 104 del Regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267 su “Riordinamento e riforma della legi-slazione in materia di boschi e di terreni montani” da celebrarsi “ogni anno nelle forme che saranno stabilite d'accordo tra i Ministeri dell’economia nazionale e dell’istruzione pubblica”, con lo scopo di infondere nei giovani il rispetto e l’amore per la natura e per la difesa degli alberi.Dopo la seconda guerra mondiale, una Circolare del 1951 del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste stabili-va che la Festa si dovesse svolgere il 21 novembre di ogni anno, con possibile differimento al 21 marzo nei comuni di alta montagna. La celebrazione si è svolta con regolarità e con rilevan-za nazionale fino al 1979. A seguito di

delega alle Regioni, la Festa ha assunto più carattere locale, sopravvivendo gra-zie soprattutto ad iniziative encomiabili quale quella promossa a livello nazio-nale da Legambiente che quest’anno ha celebrato la 16a edizione della “Festa dell’Albero” come “azione concreta di lotta ai cambiamenti climatici e pre-venzione del dissesto idrogeologico, ma anche occasione per focalizzare l’at-tenzione sull’importanza che il verde riveste nel mantenimento degli equilibri ambientali del Pianeta”.

A livello mondiale, poi, è tuttora in corso la Campagna “Plant for Planet” (Pianta per il Pianeta), lanciata dall’UNEP, che preve-de l’obiettivo per ogni Paese di piantare 1 milione di nuovi alberi. Nel maggio scor-so, ospitando la Conferenza dei Ministri dell’Ambiente di 45 Paesi del mondo a Bonn (2-4 maggio 2010), il Governo della Germania, per sottolineare che il Paese aveva già raggiunto, l’obiettivo ha invi-tato l’Associazione omonima a piantare il milionesimo albero in occasione di un evento fortemente simbolico.

In Italia, le Istituzioni sembrano fi-nalmente voler riportare in auge la Manifestazione. Il Consiglio dei Ministri il 12 marzo u. s. approvava, su proposta del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, uno schema di disegno di legge recante “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” che introduceva disposizioni innovative in materia di promozione e divulgazione dei temi della tutela ambientale, all’in-terno delle quali c’era il recupero e il rilancio della “Giornata nazionale degli alberi”, da celebrarsi il 21 novembre di ogni anno attraverso iniziative da re-alizzare nelle scuole, negli istituti di istruzione superiori e nelle università. Nello stesso ddl si introduceva una mo-difica alla Legge 29 gennaio 1992, n. 133 “Obbligo per il comune di residenza

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di porre a dimora un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica”, dopo aver constatato che, non prevedendo la legge sanzioni per gli inadempienti, in base ai dati raccolti dal Corpo Forestale dello Stato solo il 40% dei comuni provvedeva a piantare un albero per ogni bambino nato. “Il decreto punta a rendere effettivo per i comuni l’obbligo di piantare un albero per ogni nato, modificando la normati-va vigente e rendendola più cogente per i Sindaci - dichiarava il Ministro Stefania Prestigiacomo - In particolare si ab-breviano i tempi per la messa a dimora dell’albero, portandoli da 12 mesi a 30 giorni. Analogamente si stabilisce che entro 30 giorni dalla nascita del neo-nato, il comune informi la famiglia sul luogo esatto in cui l’albero è stato pian-tato. Si impone, quindi, ai Comuni di effettuare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge un censimento degli alberi piantati nelle aree pubbliche”.

Il disegno di legge, poi, ha avuto il via libera definitivo dal Consiglio dei Mini-stri il 22 ottobre 2010, istituzionalizzando la “Giornata nazionale dell’albero” che sarà intitolata ogni anno ad uno speci-fico tema e che permetterà al Ministero dell’Ambiente e al Ministero dell’Istru-zione, dell’Università e della Ricerca di avviare iniziative per promuovere la co-noscenza e il rispetto della natura, per stimolare un comportamento quotidiano ecosostenibile, anche al fine della con-servazione della biodiversità.

In occasione delle manifestazioni che si sono avute per celebrare la neonata “Gior-nata dell’Albero”, il 22 novembre è stato siglato tra MIUR e Corpo Forestale dello Stato, un Protocollo d’Intesa della durata di 3 anni, che prevede la realizzazione di iniziative intese a riavvicinare i ragazzi alla natura attraverso il contatto diretto con i boschi del proprio territorio.Tale Progetto nazionale “La Scuola

adotta il bosco”, rivolto agli studen-ti di scuola primaria e secondaria, nel corso del 2011, proclamato dall’ONU “Anno Internazionale delle Foreste” (International Year of Forests), vedrà il Corpo Forestale dello Stato collaborare con gli insegnanti delle scuole e istituti che aderiranno all’iniziativa per portare avanti attività di educazione ambientale e sensibilizzare le giovani generazioni sull’importanza delle foreste, avvicinan-dole alla conoscenza degli alberi e delle molteplici funzioni cui assolvono.Gli scolari e studenti delle scuole coin-volte, dopo aver individuato, assieme ai Forestali, “il bosco da adottare” sul proprio territorio, ne studieranno la sto-ria e le caratteristiche ed impareranno ad averne cura, segnalando le eventuali alterazioni dell’ecosistema. Sarà, perciò, una vera e propria esperienza di “at-tività sul campo” in cui tutti potranno applicare in situazioni reali le cono-scenze e le capacità acquisite.

Frontino (PU). Roverella (Quercus pubescens) all’interno del Parco Naturale Sasso Simone e Simoncello (foto: Associazione Patriarchi della Natura)

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A Milano siamo già nell’anno 2050: immaginarsi la vita fra quarant’anni, cosa mange-remo, come vivremo, come saranno le case nelle quali vi-vremo e come ci vestiremo.Questa situazione potrà es-sere “vissuta” nella Mostra digitale interattiva: “2050. Il pianeta ha bisogno di te”, che si è aperta il 6 novem-bre a Milano alla Rotonda della Besana e realizzata dal Science Museum di Londra, è uno dei tre grandi musei della capitale inglese, fa-moso per le sue collezioni storiche. Promossa dall’As-sessorato alla Cultura di Milano e da Codice Idee per la Cultura, azienda di Torino che fornisce servizi e consulenze nell’ambito della progettazione e comunica-zione culturale, la Mostra è arrivata in Italia, dopo esse-re stata ospitata al “Liberty Center” di Boston. L’evento che rimarrà aper-to fino al 30 gennaio 2011 cercherà di ampliare le conoscenze dei cittadini sulle tematiche legate alla loro capacità di progettare uno sviluppo sostenibile, inserendosi così nel piano organico di informazione sui temi legati al futuro della terra in occasione dell’ Anno Mondiale della Biodi-versità delle Nazioni Unite. È organizzata in 5 sezioni: la 1a Sezione riguarda il cibo, i visitatori saranno chiamati a chiedersi da dove proviene e quante sono le risorse necessarie a produrlo, come cambierà la produzione di cibo nel futuro con le nuove tecno-logie, come gli OGM e le nanotecnologie.

La 2a sezione riguarda il be-re. Per vivere ogni giorno abbiamo bisogno di una riserva di acqua, non pos-siamo bere acqua salata, ma un’acqua potabile. Nei pa-esi sviluppati consideriamo questo elemento naturale come, scontato al quale non diamo la benché minima importanza. Non la pense-remmo in questo modo se vivessimo in uno dei tanti Paesi dell’Africa, dove la popolazione non sa a volte come sia fatto un rubinetto. Lì, l’acqua è un bene più prezioso dell’oro. È impor-tante per il nostro pianeta osservare delle semplici regole che ci permettano di risparmiare questo bene importantissimo per la sus-sistenza dell’uomo.La 3a Sezione verte sul tempo libero: per com-prendere come gli stili di vita, dal gioco alle vacan-ze fino alle comunicazioni, determinino uno specifico impatto ambientale.La 4a Sezione riguarda la mobilità, con il settore dei trasporti, che sono in continua evoluzione verso nuovi mezzi e modalità. Ci spostiamo con automobili, treni, aerei, e altri mezzi. Ad esempio, il trasporto aereo è causa di elevate emissio-ni di anidride carbonica e contribuisce al terribile effetto serra e all’inquina-mento atmosferico. Benzine e gasolio si ottengono dal petrolio che oltre ad essere una fonte esauribile è molto dannoso per l’ambiente; ba-sti pensare, ai disastri che si sono verificati in mare o a seguito quando di qualche incidente. Stiamo cercando

Un viaggio nel futuro per capire come dovrà cambiare il nostro stile di vita

Aperta a Milano fino al 30 gennaio 2011 la Mostra del Science Museum

“2050 IL PIANETA HA BISOGNO DI TE”di Silvia Angeloni

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di avvalerci di nuove fonti energetiche, ma siamo ancora troppo dipendenti dalle fonti fossili. Vi sono Paesi che su questi aspetti sono decisamente più avanti di noi, come ad esempio, l’Australia che organizza ormai da vent’anni il World Solar Challenge, un campionato mondiale dove i veicoli che vi partecipano si muovono esclusivamente con energia solare riuscendo a correre fino a 130 chilometri orari. La 5a Sezione è dedicata agli edifici, lo spazio da abitare, che oltre a proteggerci dalle intemperie conferiscono un senso di identità e di comunità. All’entrata della Mostra si possono incontrare i quattro personaggi virtuali: Buz, Eco, Tek e Dug che faranno da guide in questo meraviglioso viaggio nel futuro e illustrando conseguenze e benefici delle scelte fatte. Ogni materiale e tecnologia ha un prezzo: se Tek difenderà un quartiere tecnologico basato su centri commerciali e grattacieli ali-mentati da pannelli solari, sarà compito di Eco ricordare la mancanza di “verde” di una simile scelta e il probabile uso di energia fossile nelle giornate senza sole. Ognuno dei personaggi ha un diverso punto di vista su come affrontare le problematiche per “non escludere alcuna possibilità dal biologico al transgenico alla nanotecnologia” hanno affermato gli organizzatori.Le scelte operate da ogni visitatore verranno registrate su di un tesserino magnetico che, alla fine del percorso, da-ranno vita su una mappa elettronica, di un quartiere della città del 2050.Una ricca proposta di eventi collaterali di incontri e di work-shop affianca la mostra, con la terra soggetto principale delle iniziative, con i suoi equilibri naturali minacciati dalle attività dell’uomo. Sono presenti alla kermesse ospiti ita-liani e stranieri che forniscono molti spunti di riflessione in vari ambiti: dalle emergenze delle risorse idriche, alla

conservazione della biodiversità, passando dai cambiamenti climatici e dalla qualità della vita nelle nostre città alla tu-tela dell’ambiente tra diritto e scienza, dagli alimenti OGM all’auto ecologica e alle fonti energetiche rinnovabili.Un programma che pone l’attenzione su quello che l’uomo può concretamente fare per salvaguardare il pianeta nel quale vive.“Se vogliamo progettare un futuro più sostenibile dobbiamo impegnarci nella ricerca di prodotti che durino più a lungo e che possano essere costantemente aggiornati, senza bisogno di eliminare le materie prime di cui sono fatti”, ha dichiarato Julia Hailes, consulente ambientale molto attiva in Gran Bre-tagna e testimonial della Mostra di Milano. Sono sottoposti a verifica di sostenibilità anche: cellulari, dvd, play station, lettori mp3, gli oggetti elettronici che hanno vita breve. Siamo soliti acquistarne in gran quantità e buttiamo via in continuazione quelli obsoleti creando una gran quantità di rifiuti elettronici. Nel nostro Pianeta ogni minuto entrano in funzione mille nuovi cellulari, ma solo il 5% dei vecchi viene riciclato, al contempo i dispositivi elettronici ogni anno producono 50 milioni di tonnellate di rifiuti. In Italia la raccolta di rifiuti elettronici è ancora troppo scarsa, ma le alternative più ecocompatibili sono già disponibili come ad esempio ReUse Computer, network che ha la sua sede a Berlino promuove l’idea di riadattare i vecchi pc utili, nelle scuole elementari o nelle biblioteche.Questa Mostra è anche particolarmente appetibile per i ragazzi e per i più piccoli in genere per la presenza di per-sonaggi di fantasia e perché si può partecipare attivamente con alcuni giochi interattivi. Peraltro è necessario educare le giovani generazioni affinché compiano da adulti scelte consapevoli che diano una boccata d’ossigeno a questo nostro Pianeta, sottoposto a troppi impatti ambientali che non è in grado di riassorbire nei dovuti tempi.

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BIODIVERSITÀ E CONSERVAZIONE

Anche un’indagine sulla loro copertura ed uso diffusa da Eurostat

IL VALORE DELLA BIODIVERSITÀDEI SUOLI EUROPEI

Pubblicato dal Centro Comune di Ricerca della Commissione UE un nuovo Atlante

Il Centro Comune di Ricerca (JRC), l’organo di ricerca della Commis-sione UE ha pubblicato una mappa basata sugli indicatori delle minac-ce potenziali che incombono sulla biodiversità dei suoli, destinata a gui-dare i decisori politici nella tutela di questa risorsa fondamentale. L’atlante (European Atlas of Soil Biodiversity) include la prima map-pa mai tracciata della biodiversità dei suoli nella maggior parte degli Stati Membri dell’UE (non sono compresi per mancanza di dati Cipro, Svezia e Finlandia). Le potenziali minacce sono state selezionate e classificate nell’ambito di una valutazione ese-guita dagli esperti del Gruppo di Lavoro per la Biodiversità dei Suoli,

istituito dal Centro Comune di Ricer-ca. Nei calcoli dei nuovi indicatori della mappa si è tenuto conto di numerosi fattori di pressione, tra i quali la variazione delle destinazio-ni d’uso dei terreni, le perturbazioni dell’habitat, lo sfruttamento intensivo umano, le specie invasive, il com-pattamento del suolo, l’erosione e l’inquinamento.

La Commissaria europea per la Ri-cerca, l’Innovazione e la Scienza Máire Geoghegan-Quinn e Janez Potočnik, Commissario dell’Am-biente, nella prefazione hanno dichiarato che “Il suolo è essenziale per la biodiversità che rende possi-bile la vita sulla Terra e consente

alle nostre economie di essere so-stenibili. Il degrado del suolo mette a repentaglio l’accesso alle risorse alimentari e idriche, all’aria puli-ta nonché a molte materie prime di importanza primaria. Quest’atlante è un sostanziale contributo europeo all’Anno internazionale della bio-diversità 2010, promosso dall’ONU e consentirà di sensibilizzare il pub-blico sulla necessità di adottare la direttiva quadro sul suolo, proposta dalla Commissione già nel 2006, on-de prevenire un ulteriore degrado dei suoli e riparare i danni già arrecati. Se non affrontiamo questo problema rapidamente e in modo coordinato, ci costerà molto di più porre rimedio ai danni”.

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Va osservato che la mappa indica una valutazione del rischio poten-ziale di declino della biodiversità del suoli rispetto alla situazione attuale e non costituisce una raffigurazione dell’attuale livello di biodiversità del suolo. I risultati confermano che il rischio di declino della biodiversità del suolo è maggiore nelle zone ad elevata densità di popolazione e/o attività agricola intensiva.Le regioni più colpite si concentra-no in particolare in diverse parti del Regno Unito, eccettuata la zona più settentrionale, i paesi del Benelux e il nord della Francia, tuttavia sono identificate come zone ad alto rischio anche zone specifiche in diversi al-tri Stati membri, spesso dotate delle medesime caratteristiche; a titolo di esempio, la regione della valle del Po, l’unica regione italiana che rien-tra nella categoria ad alto rischio.

L’atlante del JRC presenta, inoltre, al lettore la vita sotterranea, facendogli scoprire l’intera gamma di forme di vita contenute nel suolo e il ruo-lo fondamentale che svolgono nel mantenimento degli altri ecosistemi. Sono compresi i più recenti risultati della ricerca sulle attuali minacce alla biodiversità del suolo.Questo atlante di 128 pagine è il risultato della collaborazione tra i servizi della Commissione europea e i partner provenienti dal mondo accademico, dall’industria e da or-ganizzazioni quali l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimen-tazione e l’Agricoltura (FAO) e la Convenzione sulla Diversità Biolo-gica (CBD).Ciascuna sezione è stata scritta da esperti di livello mondiale e presen-tata in un modo accessibile per il pubblico non specialistico.La prima sezione dell’Atlante passa in rassegna il suolo, con i suoi mol-teplici usi, i “beni e servizi” forniti

all’ecosistema e il ruolo svolto dalla fauna e flora del suolo. La seconda è impostata come un’enciclopedia della biodiversità del suolo, con immagini ad alta risoluzione che presentano al lettore molti dei principali gruppi di organismi reperibili nel suolo.

Di seguito riportiamo alcune doman-de cui risponde l’Atlante.Che forme di vita troviamo nel suo-lo?L’eccezionale diversità delle forme di vita reperibili nel suolo va dai più familiari lombrichi e scarafaggi, fino a batteri, funghi e protozoi microsco-pici, come le amebe. In una semplice manciata di terriccio vi possono es-sere decine di migliaia di specie di batteri.

Qual è il suo valore economico ed ecologico?Il valore economico degli organismi viventi nel suolo deriva dall’intrin-seco valore ecologico. La fauna e la flora del suolo svolgono un ruolo vitale nella fertilità del terreno, con un impatto notevole sulla produtti-vità delle colture, e contribuiscono inoltre a ripulire l’acqua e l’aria. Se si dovessero svolgere queste attività in modo artificiale, il costo annuo sarebbe di svariate migliaia di mi-liardi di euro.

Perché sono così speciali gli organi-smi viventi nel suolo?Gli organismi viventi nel suolo esi-stono nell’oscuro mondo sotterraneo e sono spesso impercettibile a oc-chio nudo, tuttavia i processi eseguiti dagli organismi del suolo possono funzionare su scala globale e sono indispensabili per gli organismi che vivono in superficie, esseri umani compresi.

In quale modo le nostre attività inci-dono sugli ecosistemi dei suoli?

Molte attività umane incidono sul sistema dei suoli: la costruzione di edifici e città può condurre al com-pattamento e alla perdita di suolo dovuta alla cementificazione, nelle nuove zone sono state inoltre in-trodotte specie invasive, spesso nel suolo del terriccio trasportato in tutto il mondo e destinato a essere utilizzato nei giardini. Tutto ciò mi-naccia le specie native del suolo. Per la prima volta, grazie a quest’atlante, disponiamo di una mappa delle pres-sioni generate dall’uomo sulla fauna e la flora del suolo.

Quali sono i legami tra la fauna e la flora del suolo e i cambiamenti climatici?I suoli immagazzinano una quantità di carbonio pari a oltre il doppio di quella attualmente presente nell’at-mosfera. La vita nel suolo è uno dei principali fattori che determinano la capacità del suolo di agire come una fonte di carbonio, emettendolo, o come una spugna, assorbendolo. Si conoscono ancora relativamen-te poco le interazioni fra il suolo, l’atmosfera e il clima ed è pertanto opportuno approfondire la ricerca in questo settore.

Nel frattempo il Centro Comune di Ricerca sta analizzando ben 25.400 campioni di lotti di terreno europeo del peso di 500 gr. ciascuno al fi-ne di predisporre una mappa degli elementi chimici dei suoli, per po-terne monitorare in seguito funzioni, servizi e processi di degrado, che in-tegrerà gli studi sulla biodiversità.L’esecutivo si augura che tale analisi, che sarà ultimata nel giugno 2011, possa costituire una sollecitazione per vincere le resistenze di alcuni Stati membri ad accettare la propo-sta di Direttiva UE sulla protezione dei suoli.

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Inoltre, il 4 ottobre l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea (EUROSTAT) ha pubblicato i risultati di un’indagine sulla “Copertura ed Uso del suolo europeo” che per la prima volta of-fre dati comparativi in merito, mentre finora erano disponibili solo quelli per i terreni agricoli.Secondo l’indagine, circa il 39% della superficie totale dell’Unione europea è coperto da foreste ed altre aree boschive, il 24% è costituito da ter-reni coltivati, il 20% da pascoli, il 6% da arbustivi, il 5% da acque e zone umide, il 2% da terre nude, mentre il restante 4% della superficie è oc-cupato da edifici ed altre costruzioni coperte, cimiteri, parcheggi, strade e reti ferroviarie.

Per quanto attiene all’uso socio-economico del territorio dell’UE, si evidenzia che il 43% viene utilizza-to dal settore agricolo, il 29% per lo sfruttamento forestale, il 16% per caccia, pesca ed altri usi non evi-denziabili, l’11% a fini residenziali, commerciali ed industriali, compresi i servizi.Tuttavia, dall’indagine emerge che sia la copertura del suolo sia il suo uso economico variano notevolmen-te tra le varie regioni: Paesi Bassi (37%) e Belgio (25%) risultano gli Stati membri con la più alta per-centuale di terreni utilizzati a fini residenziali, commerciali ed indu-striali, mentre Spagna e Lettonia si collocano all’altra estremità della scala, entrambi con il 6%.

L’Italia presenta situazioni di note-vole differenza rispetto alla media europea nella copertura del suolo, relativamente a colture (+37%) e a residenze e infrastrutture (+ 57%); mentre per l’uso socio-economico il dato più difforme rispetto alla media europea è quello della silvicoltura (- 42%).

Dall’indagine che si riferisce al 2009, sono rimasti fuori Malta e Cipro per ragioni metodologiche, nonché Bul-garia e Romania i cui dati saranno resi noti a partire dal 2010.

fonte: JRC

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A COME AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE, AMBIENTE

A preoccupare di più gli Italiani sono sempre i pesticidi residui nella frutta e verdura

GLI EUROPEI HANNO FIDUCIA DEICONTROLLI EFFETTUATI DALLEISTITUZIONI COMUNITARIE E NAZIONALE

EUROSTAT diffonde i dati sulla percezione dei rischi associati all’alimentazione

L’Ufficio Statistico delle Comunità Eu-ropee (EUROSTAT) ha pubblicato il 17 novembre 2010 una nuova indagine, commissionata dall’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) per approfondire la conoscenza del-le preoccupazioni dei consumatori riguardo a “Rischi associati alla ca-tena alimentare” (Food Related Risks) e determinare il livello di fiducia dei consumatori nelle autorità pubbliche per quanto riguarda le questioni legate alla sicurezza alimentare.L’indagine, condotta su un campione rappresentativo di 26.691 persone di età pari o superiore a 15 anni, in tutti i 27 Stati membri, è stata realizzata dal 9 al 30 giugno 2010 mediante interviste a contatto diretto con i consumatori, nella loro lingua madre. Le risposte degli intervistati rappresentano le opinioni di più di 500 milioni di con-sumatori europei.

Secondo l’indagine, la maggior parte degli europei associa gli alimenti e il loro consumo al piacere, chi ha ti-mori riguardo a possibili rischi legati all’alimentazione tende a essere preoc-cupato più per la contaminazione da sostanze chimiche che per la contami-nazione batterica o per aspetti sanitari e nutrizionali. Dal sondaggio è anche emerso che la maggioranza degli europei ha fiducia nelle autorità nazionali e nell’EFSA, quali fonti di informazioni su poten-ziali rischi legati agli alimenti.“Comprendere la percezione dei rischi da parte dei consumatori è determi-nante per fornire comunicazioni tempestive, chiare ed efficaci riguardo alla sicurezza alimentare - ha affer-mato Catherine Geslain-Lanéelle, Direttore esecutivo dell’Autorità Eu-ropea per la Sicurezza Alimentare, riconfermata il 17 novembre in tale incarico per altri 5 anni - I risulta-ti dell’indagine di Eurobarometro evidenziano l’importanza dell’atti-

vità dell’EFSA e ribadiscono il ruolo dell’Autorità come fonte affidabile di informazioni. In futuro, l’EFSA utilizzerà gli insegnamenti trat-ti dall’indagine per configurare le proprie attività nel campo delle co-municazioni”.

Interrogati sulla loro percezione in me-rito all’alimentazione, la maggioranza degli interpellati ha associato in larga misura gli alimenti e il loro consumo a un senso di piacere derivante, per esempio, dal fatto di scegliere cibi freschi e saporiti (58%) o di godersi un pasto in compagnia di familiari e amici (54%). Meno della metà degli intervistati (44%) ha posto l’accento su aspetti quali cercare prezzi accessibili e soddisfare la fame, e un numero ancora inferiore ha manifestato preoc-cupazione per la sicurezza alimentare (37%) o questioni nutrizionali come il controllo delle calorie e dei nutrienti (23%).Per quanto riguarda altri rischi che potrebbero riguardarli personalmen-te, i cittadini dell’UE hanno indicato prevalentemente la crisi economica (20%) e l’inquinamento ambienta-le (18%) quali fattori che con molta probabilità incideranno sulla loro vita, rispetto all’eventuale rischio di danni alla salute causati dall’alimentazione (11%).In merito alle preoccupazioni pubbliche circa i rischi legati all’ali-mentazione, la maggior parte degli interpellati non ha menzionato sponta-neamente alcuna delle preoccupazioni diffuse sui rischi legati all’alimenta-zione (il 19% ha citato le sostanze chimiche, i pesticidi e altre sostanze come le maggiori preoccupazioni, mentre uno su 10 ha risposto che non esisteva alcun problema riguardo al cibo). Di fronte a un elenco di pro-blemi potenziali associati agli alimenti, gli intervistati hanno indicato come ri-schi di cui essere “molto preoccupati”

i residui chimici di pesticidi in frutta, verdura e cereali (31%, con un aumen-to di 3 punti percentuali rispetto ad un analogo sondaggio effettuato nel 2005), gli antibiotici o gli ormoni nella carne (30%, con un incremento di 3 punti rispetto al 2005), la clonazione di animali per i prodotti alimentari (30%) e le sostanze inquinanti come il mercurio nel pesce e le diossine nel maiale (29%, con una crescita di 3 punti rispetto al 2005). Un numero minore di intervistati ha affermato di essere “molto preoccupato” per la contaminazione alimentare da batteri (23%) e una quota ancora inferiore per possibili rischi nutrizionali come au-mentare di peso (15%) o non seguire una dieta sana/equilibrata (15%).

Nell’ambito dell’indagine i cittadini dell’UE hanno espresso il massimo livello di fiducia nelle informazioni ricevute da medici e altri operatori sanitari (84%), seguiti da famiglia e amici (82%), associazioni dei con-sumatori (76%), scienziati (73%) e gruppi per la protezione ambientale (71%). Le autorità nazionali e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e le istituzioni dell’UE hanno ottenuto un livello relativamente ele-vato di fiducia, pari rispettivamente al 64% e al 57%, mentre i Governi nazionali si sono attestati al 47%. In-terrogati sul modo in cui reagiscono alle informazioni su questioni legate all’alimentazione fornite dagli organi di comunicazione o su Internet, circa la metà degli interpellati ha dichiarato di ignorare le notizie o di preoccu-parsene senza tuttavia modificare le proprie abitudini alimentari. Sembra che la tendenza a non considerare le informazioni su aspetti inerenti dieta e salute (29%) sia più forte di quella a trascurare i rischi associati alla sicu-rezza alimentare (24%).Dall’indagine emerge un ampio consenso sul fatto che le autorità

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MASSIME PREOCCUPAZIONI NEGLI STATI MEMBRI

Residui di pesticidi in frutta, verdura e cereali, è nel complesso la massima preoccupazione in 12 Stati membri: Grecia (91%), Lituania (88%), Italia (85%), Lussemburgo (85%), Bulgaria (84%), Ungheria (84%), Francia (80%), Malta (77%), Slovenia (75%), Germania (75%), Belgio (72%), Austria (67%).Qualità e freschezza dei cibi, è la massima preoccupazione nei seguenti paesi: Lettonia (94%), Lituania (88%), Portogallo (86%), Spagna (80%), Danimarca (77%), Malta (77%), Estonia (74%), Irlanda (66%).Benessere degli animali d’allevamento, è la massima preoccupazione nei seguenti paesi: Svezia (74%), Finlandia (66%), Regno Unito (67%).Intossicazione alimentare da batteri come la salmonella nelle uova o la listeria nel formag-gio, è la massima preoccupazione nei seguenti paesi: Bulgaria (84%), Repubblica Ceca (77%), Slovacchia (72%).Additivi come coloranti, conservanti o aromi utilizzati in alimenti o bevande, sono la massima preoccupazione nei seguenti paesi: Polonia (79%), Romania (70%).Residui come antibiotici o ormoni nella carne, sono la massima fonte di preoccupazione nei seguenti paesi: Cipro (99%), Paesi Bassi (63%).Gli interpellati francesi hanno espresso preoccupazione su sostanze inquinanti come il mercurio nella misura dell’80%, lo stesso livello di preoccupazione registrato in Francia per i residui di pesticidi. In Austria, gli intervistati hanno manifestato pari preoccupazione riguardo a due aspetti, ossia i pesticidi e gli OGM, che hanno raggiunto entrambi un livello del 67%.

pubbliche si adoperano in misura con-siderevole per assicurare la sicurezza alimentare in Europa, agiscono rapi-damente, basano le loro decisioni su riscontri scientifici e fanno un buon la-voro nell’informare i cittadini sui rischi legati agli alimenti. Il livello di accordo è più elevato di quello registrato nel 2005. Quanto all’indipendenza delle consulenze scientifiche e delle au-torità pubbliche da altri interessi, le opinioni sono più discordanti. Mentre il 46% degli interpellati conviene sul fatto che le autorità pubbliche dell’UE considerano la salute dei cittadini più importante dei profitti dei produttori (7 punti percentuali in più rispetto al 2005), il 42% non condivide tale af-fermazione e il 12% afferma di non saperlo. Più dell’81% degli intervistati ritiene che le autorità pubbliche do-vrebbero fare di più per assicurare che gli alimenti siano sani e per fornire informazioni su regimi alimentari e stili di vita sani.

“L’indagine ci fornisce un quadro mol-to interessante di ciò che gli europei pensano attualmente degli alimenti e dei rischi potenziali ad essi associa-ti, e siamo lieti di poter condividere i risultati con i nostri colleghi degli

Stati membri dell’UE - ha affermato Anne-Laure Gassin, Direttore della comunicazione dell’EFSA - È anche po-sitivo constatare che gli alimenti siano associati al piacere, che l’attività delle autorità nazionali e dell’Autorità eu-ropea per la sicurezza alimentare sia valutata positivamente e, in particola-re, che gli scienziati siano in generale

considerati come fonti affidabili di in-formazioni”.I risultati dell’indagine di Eurobaro-metro saranno un’importante risorsa per lo svolgimento di ulteriori ricerche sulla relazione tra fiducia nelle fonti di informazione, fiducia nelle autori-tà pubbliche e percezione dei rischi legati all’alimentazione.

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Regione LombardiaDdg n. 10652 del 20 ottobre 2010Bando per la realizzazione di impianti solari ter-mici al sevizio di edifici pubblici ad uso pubblico o residenziale (BUR Lombardia 29 ottobre 2010, Suppl. straor. N. 43)

FinalitàPromuovere azioni di miglioramento dell’efficienza energe-tica e la conseguente riduzione delle emissioni climalteranti tramite la concessione di contributi economici per l’installa-zione di impianti solari termici destinati alla produzione di acqua calda sanitaria, al riscaldamento e/o al raffrescamento degli ambienti presso edifici pubblici ad uso pubblico o residenziale, situati nella Regione Lombardia.

Soggetti beneficiariPossono beneficiare dei contributi previsti dal bando: En-ti locali, ALER, Fondazioni pubbliche e società a capitale interamente pubblico, che siano proprietari delle seguenti strutture edilizie oggetto dell’intervento: - istituti di formazione istruzione (nidi e scuole dell’infanzia, scuole primarie e secondarie); - case di ricovero e di cura (quali case di riposo per anziani, strutture sanitarie ospedaliere);- strutture sportive, ricreative o socio-assistenziali (quali piscine, palestre, centri polifunzionali, biblioteche, musei e spazi espositivi, circoli ricreativi); - edifici ad uso residenziale, nei limiti individuati al punto 1 (vedi il testo del bando);- edifici ad uso istituzionale (quali sedi istituzionali e uffici pubblici).Possono presentare domanda anche le E,S.CO. accreditate presso l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), qualora siano state incaricate dal soggetto beneficiario.

Dotazione finanziariaLo stanziamento finanziario complessivo messo a dispo-sizione per l’erogazione dei contributi in questione è pari a 6.973.691,07 euro.

Intensità dell’aiutoIl contributo complessivo massimo ammissibile erogato a ciascun intervento è variabile tra il 25% e il 50% dei costi am-missibili e non può in ogni caso superare i 300.000 euro.

Attività finanziabiliInstallazione di impianti solari termici destinati alla pro-duzione di acqua calda sanitaria, al riscaldamento degli ambienti presso edifici pubblici, ad uso pubblico o ad uso

residenziale, nei limiti individuati al punto 1 del bando, secondo due tipologie impiantistiche:1. Categoria A:• impianti solari per la produzione di acqua calda sani-taria; • impianti solari per il riscaldamento degli ambienti;2. Categoria B:• impianti solari termici combinati (combi-plus), prevalen-temente utilizzati per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti;• impianti di solar cooling per il raffrescamento degli am-bienti.La superficie captante netta dei collettori deve in ogni caso essere pari ad almeno 50 m².Il contributo viene erogato in un’unica rata, a fronte di una rendicontazione dettagliata delle spese sostenute.Per un elenco dettagliato delle spese ammesse a contributo, si veda il punto 12 del bando.

Presentazione delle domandeLe domande, debitamente compilate secondo l’Allegato 1 e nel rispetto dei requisiti minimi del bando, devono essere presentate entro il 29 gennaio 2011 a: Regione LombardiaDirezione Generale Ambiente Energia e RetiUnità Organizzativa Energia e Reti TecnologicheVia Pola, 12/14 - 20124 Milano.Le domande potranno essere consegnate anche presso le sedi territoriali della Regione (STER).

Il bando e relativi allegati si possono anche scaricare dal sito internet www.regione.lombardia.it e dal portale della Direzione Generale Ambiente, Energia e Reti.

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Regione LombardiaDdg n. 10652 del 20 ottobre 2010Bando per la realizzazione di progetti ad alta valen-za dimostrativa basati sull’impiego della tecnologia solare (BUR Lombardia 29 ottobre 2010, Suppl. straor. N. 43)

FinalitàPromuovere la realizzazione di interventi a valenza di-mostrativa e particolarmente significativi nel campo delle tecnologie solari termiche, anche per scopi diversi dalla climatizzazione invernale ed estiva.

Soggetti beneficiariPossono beneficiare dei contributi previsti dal bando: Enti locali e loro associazioni e consorzi, ALER, Fondazioni pub-bliche e Società a capitale interamente pubblico, proprietarie delle strutture edilizie oggetto dell’intervento: Possono presentare domanda anche le E,S.CO. accreditate presso l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), qualora siano state incaricate dal soggetto beneficiario.

Dotazione finanziariaLo stanziamento finanziario complessivo messo a dispo-sizione per l’erogazione dei contributi in questione è pari a 2 milioni di euro, salvo ulteriori risorse aggiuntive che dovessero rendersi disponibili.

Intensità dell’aiutoIl contributo complessivo massimo ammissibile erogato a ciascun intervento è pari al 50% dei costi ammissibili e non può in ogni caso superare i 500.000 euro.

Attività finanziabiliI progetti devono appartenere a una delle tre seguenti linee di sviluppo tecnologico:- Linea 1: impiego innovativo della tecnologia solare per la coltura e produzione delle biomasse; - Linea 2: impianti solari termici per la produzione di calore a media temperatura (fino a 250 °C). Il calore prodotto potrà essere destinato a scopi diversi: ad esempio climatizzazione estiva ed invernale, produzione di vapore (quali lavanderie, sistemi di lavaggio e sterilizzazione), refrigerazione, etc; - Linea 3: impianti ibridi di climatizzazione estiva e invernale ad alta copertura solare: l’impianto ibrido prevede l’impiego combinato di tecnologie ad energia solare con tecnologie tradizionali per la climatizzazione estiva ed invernale degli edifici, ivi inclusa quella geotermica a bassa entalpia.Il requisiti di innovatività può riguardare sia il tipo di ap-plicazione della tecnologia solare, sia la scelta e l’utilizzo di

sue singole componenti al fine di aumentarne la resa e/o applicabilità rispetto alle soluzioni tecnologiche tradizionali. La producibilità media annua di energia termica da apporto solare non deve essere inferiore a 40.000 kWh..Il contributo viene erogato in un’unica rata, a fronte di una rendicontazione dettagliata delle spese sostenute.

Costi ammissibilia) acquisto di macchine e materiali;b) realizzazione di opere civili;c) installazione dell’impianto;d) realizzazione ed installazione del sistema di monitorag-gio;e) progettazione, il collaudo ed altre consulenze professiona-li, comprese le spese per la realizzazione di studi in materia ambientale, purchè strettamente funzionali alla realizzazione dell’impianto, nel limite massimo del 10%, riferito alla somma degli importi di cui ai punti precedenti.

Presentazione delle domandeLe domande, debitamente compilate secondo l’Allegato 1 e nel rispetto dei requisiti minimi del bando, devono essere presentate entro il 29 gennaio 2011 a: Regione LombardiaDirezione Generale Ambiente Energia e RetiUnità Organizzativa Energia e Reti TecnologicheVia Pola, 12/14 - 20124 Milano.Le domande potranno essere consegnate anche presso le sedi territoriali della Regione (STER).

Il bando e relativi allegati si possono anche scaricare dal sito internet www.regione.lombardia.it e dal portale della Direzione Generale Ambiente, Energia e Reti.

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i quesiti dei lettori: L’ESPERTO RISPONDEa cura di Leonardo Filippucci

Bolzano, 27-30 gennaio 2011KLIMAHOUSE - Fiera internazionale specializzata per l’efficienza energetica e la sostenibilità in edilizia.Sede: Fiera di BolzanoInformazioni: Fiera Bolzano Spa – Piazza Fiera, 1 - 39100 BolzanoTel. 0471 516000 – Fax 0471 – 516111www.fieraqbolzano.it/klimahouse/

Roma, 3-6 febbraio 2011AGRIEXPO - La Fiera per le Imprese AgricoleSede: Fiera di RomaSegreteria organizzativa: SENAF SrlTel. 02 3320391 – Fax 02 39005289 - www.agriexpo.it

Rimini, 19-22 febbraio 2011AGRIFIL - Salone biennale della Filiera Agroalimentare in contemporanea con “Sapore”Sede: Fiera di RiminiOrganizzazione: C.M.F. Srl - Via Mazzini, 41 - 48022 Lugo (RA)Informazioni: Tel. 0545 282542 – Fax 0545 27036www.agrifil.it

Bari, 24-27 febbraio 2011EKOLOGIA 2011 - Energia & Futuro, Mostra Convegno dedicata alle energie alternativeOrganizzazione: SistemaFiera srl - V.le Regina Giovanna, 35 - 20159 MITel. 02 36570150 - fax 02 36570154 - www.ekologia.it

agenda Eventi e Fiere

In quali sanzioni incorre l’impresa che omette di iscriversi al Sistema informatico di controllo della trac-ciabilità dei rifiuti (SISTRI) o che omette di versare il contributo annuale di iscrizione?Con Decreto Legislativo definitivamente approvato in data 18 novembre 2010, il Governo ha dato attuazione alla Direttiva rifiuti 2008/98/CE, apportando diverse modifiche alla Parte Quarta del D. Lgs. 152/2006. Tra le varie novità introdotte dal D. Lgs. 18 novembre 2010 vi è anche uno specifico apparato sanzionatorio in materia di SISTRI.In particolare, ai sensi del primo comma del nuovo art. 260-bis del codice ambientale, i soggetti obbligati che omettono l’iscrizione al SISTRI nei termini previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600,00 euro a 15.500,00 euro; in caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.500,00 euro a 93.000,00 euro.Analogamente, ai sensi del successivo comma 1-bis, i sogget-ti obbligati che omettono, nei termini previsti, il pagamento del contributo per l’iscrizione al SISTRI sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600,00 euro a 15.500,00 euro; in caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 15.500,00 euro a 93.000,00 euro. Peraltro, all’accertamento dell’omissione del pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione immediata dal servizio fornito dal SISTRI nei confronti del trasgressore; inoltre, in sede di rideterminazione del contri-buto annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilità

occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento disciplinati dal comma in

questione.In base all’art. 34, comma 1 del D. Lgs. 18 novembre 2010, le pre-

dette sanzioni, al pari delle altre previste dall’art. 260-bis D.

Lgs. 152/2006 in materia di SISTRI, si applicano a par-

tire dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare 17 dicembre 2009 e successive modificazioni, e cioè, salvo proroghe, a partire del 1° gennaio 2011.Va detto, inoltre, che, al fine di graduare la responsabilità nel primo periodo di applicazione del SISTRI, l’art. 34, comma 2 del D. Lgs. 18 novembre 2010 stabilisce che i soggetti obbligati all’iscrizione al predetto sistema che omettono l’iscrizione o il relativo versamento nei termini previsti, fermo l’obbligo di adempiere all’iscrizione al predetto sistema con pagamento del relativo contributo, sono puniti, per ciascun mese o frazione di mese di ritardo:a) con una sanzione pari al 5% dell’importo annuale dovuto

per l’iscrizione se l’inadempimento si verifica nel periodo dal 1° gennaio 2011 al 30 giugno del 2011;

b) con una sanzione pari al 50% dell’importo annuale dovuto per l’iscrizione se l’inadempimento si verifica o comunque si protrae nel periodo dal 1° luglio 2011 al 31 dicembre 2011.

Occorre aggiungere, infine, che, a norma dell’art. 260-ter, comma 3 del D. Lgs. 152/2006 - disposizione anch’essa introdotta dal D. Lgs. 18 novembre 2010 - all’accertamento delle violazioni di cui all’art. 260-bis, comma 1, e cioè all’ac-certamento della mancata iscrizione al SISTRI, consegue la sanzione accessoria del fermo amministrativo di mesi 12 del mezzo utilizzato dal trasportatore; la disposizione precisa, inoltre, che, in ogni caso, la revoca del fermo non può essere disposta in mancanza dell’iscrizione e del correlativo versa-mento del contributo. Ovviamente la sanzione accessoria contemplata dall’art. 260-ter, comma 3 D. Lgs. 152/2006 si applica ai casi in cui l’omessa iscrizione al SISTRI venga contestata ad un ente o impresa che raccolga o trasporti rifiuti speciali a titolo professionale (soggetto tenuto all’iscri-zione in virtù di quanto previsto dall’art. 188-ter, comma 1, lett. f) D. Lgs. 152/2006).

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