Referendum sulla gestione dell’acqua -...

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Gruppo diocesano “Giorgio La Pira” Azione Cattolica Italiana – Arcidiocesi di Cagliari Referendum sulla gestione dell’acqua (referendum sull’art. 15 del Decreto Legge 25/09/09) Materiali di lavoro per gruppi parrocchiali dell’Azione Cattolica, movimenti ecclesiali e altre associazioni

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Gruppo diocesano“Giorgio La Pira”Azione Cattolica Italiana – Arcidiocesi di Cagliari

Referendum sulla gestione dell’acqua(referendum sull’art. 15 del Decreto Legge 25/09/09)

Materiali di lavoro per gruppi parrocchiali dell’Azione Cattolica, movimenti ecclesiali e altre associazioni

Referendum sulla gestione dell’acqua

Materiali di lavoro per gruppi parrocchiali dell’Azione Cattolica, movimenti ecclesiali e altre associazioni

Indice generaleIntroduzione................................................................................................................................................ 3

L’acqua in generale..................................................................................................................................... 5

Suggestioni sull’acqua, articolo di Giuseppe Puddu....................................................................................5

L’acqua come simbolo, scheda di lavoro di don Fabio Trudu......................................................................9

Fiumi di acqua viva, articolo di Alessandro Maggi.....................................................................................12

La Chiesa cattolica e l’acqua.................................................................................................................... 14

«Il Signore vostro Dio vi dà la pioggia in giusta misura, per voi fa scendere l’acqua» (Gl 2,23), Messaggio della Conferenza Episcopale Italiana in occasione della Giornata Ecumenica per la Salvaguardia del Creato 2007............................................................................................................................................... 14

L’acqua non è una merce, intervento di Mons. Mario Toso.......................................................................17

Una campagna per il tempo di Pasqua 2011, iniziativa promossa dalla Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita............................................................................................................................................................ 20

Un bene essenziale, un dono che serve, dichiarazione della Presidenza Nazionale dell’Azione Cattolica................................................................................................................................................................... 21

L’acqua come bene comune.................................................................................................................... 23

L’economia alle prese con i beni comuni. Il caso dell’acqua, articolo di Luigino Bruni...............................23

Italia, acqua non più cheta, articolo di Herbert Anders..............................................................................30

Sete di profitto, articolo di Roberto Cuda...................................................................................................33

Lettera dalla montagna, lettera di don Lorenzo Milani a Ettore Bernabei, Direttore de Il giornale del mattino....................................................................................................................................................... 35

Il referendum............................................................................................................................................. 38

Osservazioni sul referendum, articolo di Vania Statzu...............................................................................38

Usare l’acqua............................................................................................................................................ 44

La democrazia dell’acqua, un testo di Vandana Shiva..............................................................................44

Acqua abbondante, acqua preziosa, un testo di Ugo Biggeri, Valeria Pecchioni, Anne Rasch.................45

Filmografia, bibliografia, sitografia...........................................................................................................50

Le mani sull'acqua, scheda filmografica a cura di Valentina Origa e Giuseppe Pilleri...............................50

Bibliografia................................................................................................................................................. 52

Sitografia................................................................................................................................................... 55

Indirizzi utili e altri riferimenti...................................................................................................................... 57

Dichiarazione finale e appendici...............................................................................................................58

Dichiarazione finale del gruppo “La Pira”...................................................................................................58

Ringraziamenti........................................................................................................................................... 58

Il Progetto “Sul sentiero di Isaia”................................................................................................................60

Nota sul copyright...................................................................................................................................... 61

Introduzione

In cui si da conto delle motivazioni di questo sussidio e si rende merito alla generosità dei nostri amici“Un referendum sull’acqua?”Il “Gruppo La Pira - Spiritualità e Testimonianza Laicale” è un gruppo di laici aderenti all’Azione Cattolica Italiana nella diocesi di Cagliari che intendono perseguire i tre grandi filoni di studio, impegno e testimonianza che caratterizzarono l’operato del “sindaco santo” di Firenze: la ricerca della santità attraverso una via specifica per i laici, il dialogo fra “città di Dio” e la “città dell’uomo” e l’impegno per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la pace. Il gruppo diocesano fa parte della grande famiglia dell’AC cagliaritana, ne condivide i fini e li sostiene col proprio specifico impegno.

Fin quasi dalla sua fondazione nel 2005 il nostro gruppo ha dedicato parte del suo percorso formativo ai temi della sostenibilità ambientale. Fra questi, riflettendo su quelle risorse ambientali che sono scarse e contemporaneamente essenziali per la vita, non potevamo non dedicare attenzione all’argomento dell’acqua, del suo utilizzo consapevole, delle strategie per un consumo migliore e più razionale, ma anche del perché l’acqua debba rimanere un bene fruibile per tutti, un diritto e non una merce disponibile solo per chi se la può permettere.

Negli anni, ci è stata di grande aiuto in questo percorso Vania Statzu, ricercatrice del CRENoS, «che sull’acqua sa tutto, ma proprio tutto», come disse qualcuno del nostro gruppo dopo il nostro primo incontro con lei. Per noi era ovvio, ai primi annunci che ci sarebbe stato un referendum sul Decreto Legge 25/09/2009, rivolgerci a lei per avere chiarimenti e spiegazioni.

Vania, gentilissima come sempre, fece un lungo intervento chiarificatore nella nostra lista di discussione interna, http://groups.yahoo.com/group/gruppolapira; un intervento, in effetti, che ci parve così chiaro e preciso che pensammo subito di condividerlo con altri, anche in vista dell’avvicinarsi della scadenza referendaria.

Contemporaneamente ci venne in mente che per gli altri gruppi di Azione Cattolica che consideriamo i nostri referenti naturali, insieme con l’intervento di Vania, dal

taglio “tecnico”, potevano essere interessanti degli altri contributi con altre impostazioni: ecclesiali, sui valori, di senso politico, e così via.

Ci è stata utile, a questo punto, tutta la rete di relazioni costruita negli anni dal gruppo “La Pira”. Anche in questa occasione, come in altri momenti della nostra vita di gruppo, abbiamo sperimentato la verità di quella affermazione di Gesù «bussate e vi sarà aperto», che è tradotta in un motto del gruppo «Nessuno ci ha mai detto di no…», e anche questa volta tanti amici ci hanno “detto di sì” dandoci aiuti, suggerimenti, consigli e permettendoci di attingere alle loro competenze.

La rete internet e le nostre librerie personali ci hanno offerto dell’altro materiale che ci è sembrato utile condividere. Una bibliografia ragionata e una piccola sitografia completano il sussidio.

Questo “dossier” vuole essere uno strumento di lavoro per approfondire le tematiche legate all’acqua in ambito ecclesiale. Sotto questo punto di vista sono meno presenti riflessioni di tipo economico, tecnico o anche sociale; si vuole più riflettere sull’acqua come bene indispensabile per la vita, dono di Dio, risorsa per il bene comune. In ogni caso pensiamo che possa essere utilizzato con profitto anche in gruppi, movimenti e associazioni non ecclesiali.

Il sussidio nasce in occasione del referendum, ma non vorremmo che fosse usato (o ricevuto) come “propaganda elettorale”: per questo ci siamo sforzati di offrire riflessioni che siano valide in generale e non come un invito a votare in un modo o nell’altro.

Tuttavia, non ci pareva onesto proporre questo sussidio senza chiarire qual è la nostra posizione: per questo motivo, alla fine troverete una dichiarazione del Gruppo “La Pira”, con la quale ci assumiamo la responsabilità di prendere posizione esplicita sui quesiti referendari.

Come usare il dossierI vari articoli sono stati divisi in sezioni tematiche, per maggiore facilità d’uso. Non pensiamo che un gruppo che vuole approfondire il tema della gestione dell’acqua in vista del referendum debba per forza leggere tutto il dossier, ma abbiamo voluto fare in modo che avesse a disposizione una quantità sufficiente di materiali diversi per poter articolare un cammino di formazione e approfondimento nel modo più rispondente alle proprie esigenze. Vi suggeriamo, come prima cosa, di consultare il sommario per farvi un’idea di tutti gli argomenti trattati e di quelli che possono essere di vostro maggiore interesse.

Il dossier è distribuito in forma esclusivamente elettronica, per questioni di praticità e per limitare al massimo il consumo di carta, di energia e, ovviamente, di acqua. Nella nostra idea il responsabile di gruppo o chi gestisce il percorso formativo dovrebbe scegliere le parti di suo interesse e stampare se necessario solo quelle e solo nella misura indispensabile.

L’acqua in generale

In questa sezione alcuni interventi generali che aiutano a capire che cosa è l’acqua per l’umanità.

Suggestioni sull’acquaArticolo di Giuseppe Puddu*

Dalle oasi più sperdute nel deserto alle futuribili esplorazioni spaziali della Luna e di Marte, l’uomo cerca sempre una sorgente d’acqua prima di edificare la sua casa.

L’acqua è vita per ogni essere vivente, e non può esserci vita nel Creato senza l’acqua. Ogni essere vivente sul pianeta, in qualsiasi ambiente viva è composto, più di ogni altro elemento o molecola, di acqua.

Anche il mondo inanimato è legato, condizionato ed influenzato dall’acqua nei suoi diversi stati di liquido, solido e gas.

L’acqua è una piccola molecola formata da tre atomi (uno di ossigeno e due di idrogeno) che nella loro particolare interazione chimica, formano la base più importante per lo sviluppo della vita. Proprio le caratteristiche chimico fisiche di questa molecola la rendono capace di diventare facilmente un solido, “il ghiaccio”, che invece di affondare galleggia sul suo liquido, oppure altrettanto facilmente capace di diventare gas sino a dar vita ad enormi masse che nel cielo diventano nuvole dalla forma mutevole e sovente elegantemente decorativa.

Nel complesso, la quantità di acqua sul nostro pianeta rimane la stessa mutando solo di stato attraverso il ciclo che la trasforma in liquido, vapore, ghiaccio.

L’acqua evapora per effetto del calore dei raggi del sole; forma le nuvole e ricade nuovamente sulla terra sotto forma di pioggia o neve; per vie sotterranee o seguendo il corso dei fiumi scorre verso i mari e riprende il suo ciclo.

La maggior parte delle esigenze umane (alimentari, agricole ed industriali) è soddisfatta dal quel 2,5% di acqua dolce che si contrappone al 97,5% di acqua salata che è presente sul nostro pianeta. Una buona parte delle acque dolci utilizzate proviene dal sottosuolo grazie a pozzi di estrazione.

H2O è l'unica sostanza che a temperature e pressioni differenti dell'ambiente si presenta in tutti e tre gli stati fisici (solido, liquido, gas).H2O ha il potere solvente più elevato di qualsiasi altro liquido.H2O ha la capacità di assorbire molto più calore relativamente a qualsiasi altro composto.H2O conduce bene il calore e bolle a temperatura molto più elevata (100° Gradi Centigradi) rispetto agli altri liquidi esistenti a temperatura e pressione ambiente.H2O solidifica a “zero” gradi centigradi, e mentre tutti gli altri liquidi diminuiscono di volume passando da liquido alla forma solida, l'acqua viceversa, aumenta di volume.H2O ha capacità di adesione.H2O ha una elevata trasparenza.

Sono le grandi masse di acqua presenti in tutto il globo terrestre che, sotto forma di oceani, mari e laghi, ma anche come componente dell’aria in qualità di vapore acqueo, determinano, grazie alla continua interazione con l’energia solare, i climi e le stagioni che segnano la vita di ogni uomo nel bene e nel male.

Si può poi notare che l’irrisoria quantità di acqua dolce localizzata in fiumi e laghi, e cioè quella più facilmente disponibile, è distribuita in modo disuguale sulla Terra. In 9 paesi si aggrega il 60% delle risorse d’acqua dolce del mondo (in ordine: Brasile, Russia, Cina, Canada, Indonesia, Stati Uniti, India, Colombia, Congo), ma non tutti sono in grado di implementare attività di tutela della qualità dell’acqua.

È sempre l’acqua che può essere oltre che benefica ed utile ad ogni attività umana anche disastrosa quando cade dal cielo in grandi quantità, oppure quando dal mare con grandi onde distruttrici si abbatte sulle opere dell’uomo. Il corso della storia dell’Uomo è stato anche segnato dalla “lotta” contro l’acqua e dalla ricerca di soluzioni tecniche con cui fruire della grande forza posseduta dall’acqua senza subirne i danni.

Non è possibile tutelare l’acqua senza pensare agli infiniti usi coi quali l’uomo ha saputo plasmare la forza dell’acqua, sia quando è conservata nei grandi invasi a valle dei grandi fiumi, sia quando scorre nei piccoli ruscelli di montagna, sia quando disseta le piccole coltivazioni vicino a modeste sorgenti, sia quando è distribuita su vaste pianure irrigate, grazie alla deviazione di fiumi interi per fornire acqua all’agricoltura.

È la vicinanza all’acqua, alla sua forma motrice, alla possibilità di muovere grandi masse di merci senza rete viaria, che ha reso grandi ed importanti molte città, compresa la possibilità (oggi molto regolamentata) di utilizzare i corsi di acqua per allontanare i liquidi putridi umani, senza grossi impianti di fognatura, per evitare di rischiare continue infezioni o epidemie sanitarie.

L’acqua rimane una sola nella sua semplice formula chimica, eppure sono tante le sostanze che dall’acqua possono essere disciolti sino a renderla saporita, cattiva, imbevibile, colorata, inquinata.

Si può valutare attorno all’80% il numero di malattie che nel Sud del Mondo è dovuto alla cattiva qualità dell’acqua. Sono fondamentalmente cinque le patologie direttamente collegabili alla qualità ed all’origine dell’acqua: 1) malattie trasmesse dall’acqua (tifo, colera, dissenteria, gastroenterite ed epatite); 2) infezioni della pelle e degli occhi dovuti all’acqua (tracomi, lebbra, congiuntivite e ulcere); 3) parassitosi legate all’acqua; 4) malattie dovute ad insetti vettori, ad esempio mosche e zanzare; 5) infine, malattie dovute a mancanza di igiene.

L’utilizzo intensivo dell’acqua per i differenti scopi dell’uomo senza tenere conto della sua “qualità” per lo scopo di dissetare l’uomo, i suoi animali ed i suoi campi ha portato:all’utilizzazione massiccia di prodotti chimici e di materiali pesanti (nitrati, piombo, mercurio, arsenico, ecc…) senza depurazioni o trattamenti successivi sia nell’agroindustria, sia nell’uso industriale, senza considerare che questi elementi avrebbero reso impossibile altri utilizzi successivi dell’acqua, deprimendo la caratteristiche ecologiche dei “corpi recettori” (laghi, fiumi, mari);alla necessità di cercare acque direttamente potabili con lo sfruttamento di falde freatiche sempre più profonde (man mano che le acque di superficie e le falde più superficiali si inquinano);all’assenza di sistemi di depurazione diffusi, funzionanti ed efficaci delle “acque usate” provenienti dagli insediamenti urbani che ospitano in tutto il mondo la maggioranza della popolazione umana, rispetto a quella che vive nei piccoli aggregati rurali o nei piccoli paesi;alla degradazione del terreno per “salinizzazione”, dovuto al forte accumulo di sali marini o metalli pesanti, che portano a desertificazione del suolo perché inadatto alla vita delle piante.

La distribuzione diseguale dell’acqua condiziona anche le attività produttive. Se i Paesi del Sud del mondo consumano grandi quantità d’acqua per l’agricoltura, nei Paesi ricchi del Nord del mondo il prelievo più consistente è dovuto all’uso industriale (47% della quantità consumata). All’importazione di materie prime verso i paesi ricchi (l’oro giallo e l’oro nero) si aggiunge anche l’importazione diretta ed indiretta di grandi masse d’acqua attraverso il grande spostamento delle merci.

Importare acqua può costare meno che utilizzare un approccio gestionale adeguato al mantenimento della qualità dell’acqua. Dalle trame del gioco dei prezzi e delle valute, nei rapporti di forza e di dominio del mondo, dalla distribuzione delle forze industriali, si delinea anche un consumo di acqua molto differenziato tra paesi, nazioni e popoli: la parte nord del mondo consuma le proprie risorse idriche e quelle che può importare per il basso costo, arrivando a consumare più di 1000 litri per anno, contro i 250 litri di un abitante del sud del mondo.

Eppure anche tra i paesi europei ricchi in fiumi e in boschi, con montagne coperte di neve in inverno esistono grandi differenze nel consumo, nella tutela e nel riutilizzo delle risorse idriche.

Proprio perché l’acqua è un elemento assolutamente necessario, capire che è un bene di tutti e che tutti ne devono avere a sufficienza, e di buona qualità, è il primo pensiero che ognuno di noi deve avere ogni volta che usa l’acqua. Mi serve? Mi è utile? La sto sprecando? O ancora… ne avrò abbastanza per domani e come me tutti gli altri essere umani?

Pur essendo l’elemento base di ogni aspetto della vita sulla Terra, l’acqua di buona qualità, che possiamo bere tutti i giorni, è solo una quantità limitata di quella totale ed è diventata adatta a soddisfare la nostra sete dopo lunghi e lenti processi geologici, che la rendono quindi preziosa.

Se un oggetto, una cosa, sono preziosi per la nostra vita, il loro “valore di mercato” sale ed addirittura si può pensare di farci sopra degli affari. “… il bene di cui dispongo è raro, tanti lo vogliono, a molti serve… potrei dichiarare che lo vendo al miglior offerente, così da fare degli ottimi affari!...”.

Chi è proprietario dell’acqua? L’uomo che con la sua vita, breve rispetto a quella degli alberi, delle montagne o del vento? Oppure nessuno, perché ognuno possa usare bene solo quella piccola parte che può essergli utile?

90 gocce al minuto sono 4000 litri di acqua sprecata all’anno: qualche spunto per pensare!Quanta acqua c’è sul pianeta?La percentuale di quella dolce, rispetto al totale è solo il 2,5 %. Di questa quantità, ben il 70% è bloccato nei ghiacciai e nelle calotte polari. La percentuale di TUTTA

Rispetto ai parametri medi europei l’Italia passa per forte consumatrice: gli italiani consumano quasi 8 volte l’acqua usata in Gran Bretagna, dieci volte quella usata dai danesi e tre volte quello che consumano in Irlanda o in Svezia.Nonostante questa forte richiesta, che è pari a 9 miliardi di m2 per anno, ed a fronte di una disponibilità d’acqua dolce in Italia che va riducendosi dai 2.700 metri cubi pro-capite ai 2.000 metri cubi per gli anni futuri, in Italia ad ogni 100 litri immessi in rete, occorre aggiungere 40 litri di media di acqua persa dalle tubazioni.

L'acqua del rubinetto costa circa 1 euro al metro cubo, quella in bottiglia ha una “forchetta” di prezzo molto ampia, dai 20 centesimi a 1 euro al litro e oltre, e quindi un costo dalle 200 alle 1000 volte più alto.

l’acqua dolce che è utilizzabile per usi umani è inferiore all’1% di tutta quella disponibile sul pianeta, ghiacciai e poli compresi.

Quali sono le Nazioni in cui si consuma più acqua imbottigliata?Al primo posto: gli Stati Uniti, con 26 miliardi di litri. Al secondo: Il Messico, con 18 miliardi di litri. Al terzo e quarto, più o meno a pari merito: Cina e Brasile, con circa 12 miliardi di litri. Al quinto e sesto posto, anche qui più o meno a pari merito: Italia e Germania, con circa 10 miliardi di litri. I n I talia, la media del consumo è di circa 185 litri di acqua minerale per persona.

Quante persone, nel mondo, non hanno accesso a fonti di acqua sicure e utilizzabili?1 miliardo e 100 milioni

E quante non hanno accesso ad adeguati sistemi di fognature e depurazione?2,6 miliardi

Persone che muoiono, ogni anno, a causa dell’uso di acqua non potabile o per malattie dovute ad assenza di fognature:1 milione e 600mila

Persone che vivono in Paesi dove è accertato il sovrasfruttamento, insostenibile, delle falde acquifere:Circa 3,5 miliardi

Quanta acqua in bottiglia si consuma?Consumo globale di acqua minerale, o imbottigliata, nel mondo (dati 2004): 154 miliardi di litri

Qualche materiale per pensare!http://it.wikipedia.org/wiki/Acqua

http://www.parks.it/acqua/acqua.mondo.html

http://www.parks.it/acqua/acqua.italia.html

http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20110321_00/testointegrale20110321.pdf

*Giuseppe Puddu è dottore forestale e lavora per il Sistema delle Aree Protette della Regione Lazio

L’acqua come simboloScheda di lavoro di don Fabio Trudu*

1. Significato antropologicoL’acqua, uno degli elementi primordiali e tra le prime opere della creazione secondo il racconto biblico (Gen 1,2. 6-10), ha una grande pregnanza simbolica con molteplici significati che abbracciano la vita e la morte. Infatti l’acqua è al tempo stesso:

- portatrice di vita, di cui è condizione essenziale, senza della quale non può darsi un’espressione vivente;

- portatrice di morte, come nel caso di annegamento o di fenomeni quali diluvi, alluvioni, maremoti.

Da queste esperienze empiriche, alcune primordiali e universali, scaturisce il simbolismo naturale dell’acqua. Da punto di vista antropologico, quindi, essa è simbolo di:

- vita, rigenerazione;

- morte, purificazione.

I due significati sono da porre in relazione tra di loro, nel senso che l’acqua in quanto morte è un passaggio verso l’acqua in quanto vita, per cui la pienezza del valore simbolico dell’acqua si trova più precisamente nell’idea di “rigenerazione”, cioè di una “nuova nascita”.

Così l’immersione, o anche il semplice contatto con l’acqua, è la ripetizione nel simbolo del passaggio dalla morte a una nuova nascita, dalla purificazione alla pienezza della vita.

2. Nella Bibbia2.1. Nell’Antico Testamento. Le acque primordiali di Gen 1,2 sono come le acque del grembo materno da cui Dio genera la vita per l’intera creazione.

Il diluvio di Gen 6-8 rappresenta le acque distruttrici che sopprimono la malvagità dal mondo e da cui con Noè nasce una nuova umanità.

Allo stesso modo il Mar Rosso in Es 14 è morte per gli egiziani, simbolo del male e della ribellione nei confronti di Dio, ma è vita e liberazione che lo stesso Dio dona agli ebrei. L’acqua è per gli uni maledizione, per gli altri benedizione e rigenerazione, come esprime l’idea del “passaggio”.

L’annuncio di Ez 36,25-28 mette in relazione l’acqua che purifica e dà vita con il dono dello Spirito.

2.2. Nel Nuovo Testamento. L’acqua viva che zampilla per la vita eterna che Gesù promette alla samaritana in Gv 4,5-42 è simbolo della sapienza, dello Spirito Santo, della parola di Gesù che dona la vita.

Il mandato di Gesù a battezzare tutte le genti trova un’interpretazione nel suo colloquio con Nicodemo, quando parla di una rinascita da acqua e da Spirito (Gv 3,1-21).

Anche Paolo in Rm 6,1-11 riprende il simbolismo della morte-rinascita parlando esplicitamente del Battesimo: il bagno sacramentale è ripetizione della morte e sepoltura di Cristo nella propria carne e allo stesso tempo la condivisione della sua risurrezione. Scendere nella vasca battesimale significa morire ed essere sepolto con Cristo, uscirne dopo il bagno rigenerante significa risorgere con lui a una vita nuova.

3. Nella liturgia3.1. L’acqua è l’elemento centrale del Battesimo, il gesto simbolico che si compie è il bagno battesimale. Nei secoli il rito per immersione è stato sostituito da quello per infusione, fondamentalmente per ragioni pratiche legate alla diffusione del Battesimo dei bambini. Nell’integrità del gesto rituale, cioè nell’immersione, è racchiuso un simbolismo di morte e rigenerazione, secondo l’interpretazione di Paolo nel testo sopra richiamato di Rm 6,1-11: il bagno battesimale rappresenta quindi per un verso la condivisione della morte di Cristo e la morte dell’uomo vecchio, per un altro verso la condivisione della risurrezione del Signore e la rinascita nell’uomo nuovo. Il

significato della rigenerazione è evidenziato, tra l’altro, dalla veste bianca che il neo-battezzato indossa al posto degli abiti che indossava prima del Battesimo: egli è una nuova creatura e viene rivestito della veste nuova perché ormai è rivestito di Cristo.

3.2. Il fonte battesimale è visto dalla tradizione cristiana come sepolcro e come grembo materno. Sepolcro in riferimento a Cristo che dopo la morte viene sepolto; così il battezzato muore ed è sepolto con Cristo. Grembo materno in quanto luogo della rigenerazione alla vita divina, simbolo della Chiesa madre nella quale i figli di Dio rinascono alla vita nuova.

3.3. Nella celebrazione del Battesimo si recita la preghiera di benedizione dell’acqua (vedi sotto il testo): è propriamente una preghiera di benedizione nei confronti di Dio per il dono dell’acqua, simbolo della salvezza. Il testo risale al VI-VII secolo e rievoca una serie di episodi della storia della salvezza in cui l’elemento dell’acqua ha avuto una rilevanza salvifica. Dell’Antico Testamento sono richiamate le acque primordiali della creazione, le acque del diluvio, le acque del Mar Rosso. Il Nuovo Testamento è presente con il battesimo di Gesù al Giordano, l’acqua che sgorga dal costato di Cristo in croce, il suo comando di battezzare tutte le genti. La preghiera domanda che il mistero rievocato negli episodi biblici si attualizzi nelle persone che stanno per essere battezzate, perché il sacramento che viene ricevuto operi la purificazione dal peccato e la rinascita dell’uomo nuovo.

3.4. Nella messa domenicale l’atto penitenziale può essere sostituito con il rito dell’aspersione con l’acqua benedetta. Nel giorno del Signore, nella Pasqua della settimana, questo rito rievoca la Pasqua di ogni cristiano vissuta nel Battesimo: l’aspersione anche in questo caso si propone come una memoria di quel sacramento, vissuta nell’acqua che raggiunge ogni persona e nella preghiera di benedizione dell’acqua. Questi testi sottolineano il duplice aspetto del rito, da un lato la penitenza e purificazione dal peccato, dall’altro la grazia del Battesimo e gli impegni esistenziali che ne derivano. Il sacerdote invita l’assemblea alla preghiera con queste parole: «Fratelli carissimi, in questo giorno del Signore, Pasqua della settimana, preghiamo umilmente Dio nostro Padre, perché benedica quest’acqua con la quale saremo aspersi in ricordo del nostro Battesimo. Il Signore ci rinnovi interiormente, perché siamo sempre fedeli allo Spirito che ci è stato dato in dono».

3.5. Nella celebrazione delle esequie, precisamente nei riti di commiato che concludono la celebrazione in chiesa, la salma del defunto riceve un duplice atto di omaggio con l’acqua e l’incenso. Le premesse del libro liturgico ci dicono che l’incensazione rappresenta un gesto di «onore reso al corpo del defunto come tempio dello Spirito Santo», mentre l’aspersione è il «ricordo del Battesimo che ha iscritto il cristiano nel libro della vita».

3.6. Se ci riferiamo al caso più generale della benedizione di persone o oggetti, uno dei segni ritenuti principali è l’acqua; non è però l’unico, infatti si affianca ad altri quali il segno di croce, l’imposizione delle mani e l’incensazione. Nell’immaginario comune l’aspersione e il segno di croce sono ritenuti necessari, mentre gli altri sono perlopiù ignorati. Anche in questo caso l’aspersione con l’acqua è un gesto di memoria del Battesimo, atto quest’ultimo che sancisce la benedizione da parte del Padre e la consacrazione del cristiano a Cristo nello Spirito. Un caso particolare è la benedizione pasquale delle famiglie (che in diversi luoghi però si compie tradizionalmente durante la Quaresima): il riferimento alla risurrezione di Gesù e al Battesimo è ovviamente più marcato, come sottolinea con chiarezza la formula che accompagna il gesto dell’aspersione con l’acqua: «Ravviva in noi, Signore, nel segno

di quest’acqua benedetta, il ricordo del Battesimo e l’adesione a Cristo Signore, crocifisso e risorto per la nostra salvezza».

PREGHIERA DI BENEDIZIONE DELL’ACQUA(Dal Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti)

O Dio, per mezzo dei segni sacramentali, / tu operi con invisibile potenza / le meraviglie della salvezza; / e in molti modi, attraverso i tempi, / hai preparato l’acqua, tua creatura, / ad essere segno del Battesimo.

Fin dalle origini il tuo Spirito si librava sulle acque / perché contenessero in germe / la forza di santificare; / e anche nel diluvio hai prefigurato il Battesimo, / perché, oggi come allora, / l’acqua segnasse la fine del peccato / e l’inizio della vita nuova.

Tu hai liberato dalla schiavitù i figli di Abramo, / facendoli passare illesi attraverso il Mar Rosso, / perché fossero immagine / del futuro popolo dei battezzati.

Infine, nella pienezza dei tempi, / il tuo Figlio, battezzato da Giovanni / nell’acqua del Giordano, / fu consacrato dallo Spirito Santo; / innalzato sulla croce, / egli versò dal suo fianco sangue e acqua, / e dopo la sua risurrezione comandò ai discepoli: / «Andate, annunziate il Vangelo a tutti i popoli, / e battezzateli nel nome del Padre / e del Figlio e dello Spirito Santo».

Ora, Padre, / guarda con amore la tua Chiesa / e fa’ scaturire per lei la sorgente del Battesimo. / Infondi in quest’acqua, / per opera dello Spirito Santo, / la grazia del tuo unico Figlio, / perché con il sacramento del Battesimo / l’uomo, fatto a tua immagine, / sia lavato dalla macchia del peccato, / e dall’acqua e dallo Spirito Santo / rinasca come nuova creatura.

(Il celebrante tocca l’acqua con la mano destra e prosegue:) Discenda, Padre, in quest’acqua, / per opera del tuo Figlio, / la potenza dello Spirito Santo, / perché tutti coloro / che in essa riceveranno il Battesimo, / sepolti insieme con Cristo nella morte, / con lui risorgano alla vita immortale. / Per Cristo nostro Signore. / Amen.

*Don Fabio Trudu è esperto di liturgia e parroco nella diocesi di Cagliari

Fiumi di acqua vivaArticolo di Alessandro Maggi*

Il tema dell’acqua attraversa tutto il testo della Bibbia: la troviamo all’inizio, dove “lo Spirito di Dio aleggia sulle acque” (Gen 1,2) e dove “Dio separa le acque che sono sopra il firmamento dalle acque che sono sotto il firmamento” (Gen 1,6-7); la ritroviamo alla fine della raccolta biblica nell’immagine del fiume di acqua viva che sgorga nella Gerusalemme celeste e al quale tutti sono invitati ad “attingere gratuitamente l’acqua della vita” (Ap 22,17). Allo stesso modo l’acqua ha assunto nella tradizione cristiana un ruolo fondamentale, come elemento materiale del Sacramento con cui si è introdotti all’appartenenza ecclesiale, il Battesimo. Quindi rimane una immagine biblica e teologica imprescindibile per il credente, in tutte le sue molteplici accezioni.

Sarebbe però impossibile analizzare in breve tutti i significati dietro la parola acqua (o acque, visto che in ebraico il termine ha la struttura morfologica di un sostantivo plurale, maim), che vanno dalla culla primigenia, elementale, della vita, all’immagine di fertilità e abbondanza, all’utilizzo sociale, agricolo e pastorale. Preferiamo pertanto

concentrarci sull’ultimo di questi sensi, il ruolo più concreto, meno simbolico, dell’acqua, nel contesto della vita sociale, come è descritto nella tradizione biblica.

Va ricordato come il popolo ebraico, proveniente da una originale tradizione di pastorizia nomadica poi evolutasi in una società agricola stanziale, ha sentito e vissuto in modo essenziale il ruolo dell’acqua e la sua reperibilità, spesso legandolo in modo evidente all’azione di Dio nella sua storia di salvezza. Trovare un pozzo, un’oasi a cui far abbeverare il bestiame, era essenziale per la sopravvivenza. Per un pozzo si correva il rischio di dover combattere, anche se le tradizioni del tempo consideravano la disponibilità dell’acqua qualcosa di sacro e condiviso, non soggetto a controlli di nessun tipo, proprio per il suo valore elementare di sussistenza.

Ancor più della pastorizia, l’agricoltura stanziale, che diventa il principale mezzo di sostentamento nell’Israele dell’epoca regale, necessita di fonti per l’irrigazione. Non a caso tutte le società dell’epoca, non esclusa quella ebraica, si sviluppano nelle valli fertili del corso dei fiumi: il Giordano svolge questo luogo per il popolo biblico. Sempre per lo stesso motivo l’acqua fresca, corrente, viene vista in modo totalmente diverso dall’acqua salata, marina. Il mare è spesso lontano e minaccioso, legato nel testo biblico più ad aspetti negativi e malvagi della vita, perché costituisce più un problema che una risorsa (la pesca in Israele era più di tipo lacustre e fluviale, come ricordano anche i Vangeli: il “mare di Tiberiade” è un lago in effetti).

Per comprendere ancora meglio come l’acqua viene vista come risorsa da condividere, perché “dono di Dio”, non proprietà di alcuno, faremo cenno ad alcuni testi biblici in particolare.

Il primo riguarda le vicende di Isacco per scavare pozzi d’acqua per il suo bestiame, riportate in Gen 26,19-25. Nel testo Isacco è costretto a scavare di nuovo i pozzi che aveva usato suo padre Abramo e che i Filistei avevano turato con la terra (vv. 15.17-18) “chiamandoli come li aveva chiamati suo padre”. Notiamo subito l’uso “politico” del controllo delle risorse idriche: i Filistei chiudono i pozzi per impedire lo stanziamento di altre tribù nel loro territorio. Particolare anche il fatto che Isacco dia un nome ai pozzi, trattandoli come un elemento importante della geografia, dando a essi una dignità, ma senza poterne asserire il controllo. Nel v. 19 i suoi servi poi scavano nella valle un “pozzo di acqua viva”, che però Isacco deve abbandonare perché conteso coi pastori di Gerar. L’espressione “acqua viva” fa supporre si tratti di una fonte particolare, forse perché gli altri pozzi erano più cisterne e questo invece produceva acqua in modo sorgivo, o forse perché quest’acqua aveva particolari doti minerali. Sta di fatto che Isacco chiamerà questo pozzo “Esech” che vuol dire “lite, contesa”, come chiamerà “Sitna”, cioè “accusa” il successivo, al quale ugualmente dovrà rinunciare. Al terzo tentativo (v. 22), numero tipicamente simbolico della cultura biblica, ha successo e scava un pozzo per il quale non litigò con nessuno e lo chiamò “Recobot” che significa “spazi liberi”. Poi si reca a Bersabea e di notte riceve una visione (v. 24) in cui Dio rinnova con lui l’alleanza con la promessa della discendenza. Isacco risponde alla visione erigendo un altare, piantando la tenda e scavando un pozzo.

Nell’intero brano, ma soprattutto nella conclusione, appare evidente che l’acqua va ricevuta come “dono”, come “grazia”, da Dio e per esso va elevata a lui la lode. Isacco non è “padrone” di quest’acqua, come non lo è della terra, ma riceve entrambe in virtù della promessa e Dio si fa garante dell’uso di questo bene, di cui rimane “proprietario” ma che volentieri mette a disposizione del suo popolo.

L’acqua per bere, soprattutto nel terreno inospitale e desertico, ricorre poi più volte nel viaggio del popolo ebraico dopo la liberazione dall’Egitto, mentre Dio lo guida, attraverso Mosè, verso la “terra promessa”. Il popolo si lamenta e si preoccupa per l’assenza di acqua e a questa preoccupazione Dio risponde ogni volta fornendo acqua dolce e fonti inaspettate, nonostante l’atteggiamento poco fiducioso che la narrazione attribuisce al “popolo eletto”. Spesso il dono dell’acqua è accompagnato da un “rinnovamento” dell’alleanza, a sancire il valore del gesto di Dio, che fornisce il bene desiderato e di cui è Signore. Esempi sono l’episodio di Mara (Es 15,22-27), dove Mosè trasforma acqua amara in acqua dolce; poi il più noto Massa e Meriba (Es 17,1-7) con l’acqua che scaturisce dalla roccia. L’acqua ritorna anche come elemento fondamentale per descrivere la terra che il Signore ha riservato per il suo popolo e che conquisterà per lui scacciando i vari popoli che in essa vivono: infatti è un “paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna” (Dt 8,7). Nell’annunciare le meraviglie preparate per Israele, Dio non tralascia di ricordare che ha sostenuto con l’acqua il popolo nel deserto e lo ammonisce a non dimenticare questo dono, inorgogliendosi, una volta nella prosperità, e sentendosene “padrone” (Dt 8,12-17). Soprattutto il v. 17 riassume il monito che il testo biblico citerà a più riprese: “Guardati dunque dal pensare: La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ricchezze”.

Questo elemento è essenziale per capire come il valore della terra e dell’acqua sono concepiti nel testo biblico e come spesso il richiamo all’alleanza risuoni, anche negli scritti profetici, come rimprovero a un Israele infedele e corrotto che ha dimenticato che deve tutto al Signore. L’idea di “proprietà privata”, cioè personale, risulta come un insulto alla signoria di Dio a cui tutto deve riferirsi, almeno in linea teorica. La prassi della restituzione delle terre ai rispettivi padroni, nell’anno giubilare (Lv 25,8-17), enuncia proprio questa idea, che forse non è stata mai realmente attuata in senso pratico, ma che costituisce il modello teologico di riferimento: Dio è il Signore e unico padrone, non gli uomini, perché è colui che dona. Non è solo una dichiarazione della generosità di Dio, è la descrizione del principio di possesso: Dio è il Signore proprio perché sa donare ciò che possiede, non come l’uomo che possiede per sé.

L’ultimo riferimento che vogliamo fare è a un brano famoso dei Vangeli: l’incontro di Gesù e della samaritana al pozzo di Sicar (Gv 4,1-42). Dopo l’uccisione del Battista, Gesù abbandona prudenzialmente la Giudea e ritorna nella Galilea, passando per la Samaria e fermandosi a Sicar, l’antica Sichem probabilmente, al pozzo detto di Giacobbe (ma di cui la Genesi non fa menzione). Qui incontra una donna samaritana e le chiede da bere: come sappiamo da questa richiesta prende il via un “incontro” tra Gesù, questa donna e la sua comunità, che sposta l’attenzione dall’acqua materiale all’acqua viva di cui Gesù si presenta fonte inesauribile. Annuncio che tra l’altro si lega alla diatriba sul luogo di culto (tempio di Gerusalemme o monte Garizim?) che Gesù elimina con la presentazione del culto in Spirito e verità, slegato da una istituzione cultuale specifica. Ma ciò che conta per la nostra riflessione è che la richiesta umile dell’acqua da parte di Cristo diventa la molla per una catechesi spirituale delle più intense. Gesù “osa” chiedere l’acqua a una donna e per di più samaritana, nonché di costumi morali non particolarmente limpidi. Questo lo pone nella situazione di inferiorità, che stupisce molto la donna e persino i suoi discepoli quando ritornano. Chiedere l’acqua è gesto umile, dal quale poi nasce salvezza per la donna e tutto il suo villaggio. Cristo è la fonte di acqua viva eppure non si scompone e non si ritrae dal gesto della richiesta, capovolgendo, in tipico spirito evangelico, gli schemi mondani, per cui un uomo avrebbe solo dato ordini alla donna, ancor più se Giudeo verso una Samaritana. Soprattutto Gesù promette un’acqua che zampilla senza fine e che la donna desidera, che da vita e la da in abbondanza, senza distinzioni di popolo, razza, cultura, usanze religiose e non.

Ma senza la umile richiesta dell’acqua, vissuta come grazia e non come proprietà, questa promessa non può nemmeno essere annunciata... Gesù è il Signore e padrone dell’acqua ma non esercita su di essa il dominio, perché ha insegnato che nel suo Regno (che non è altrove ma qui) le cose funzionano così: il primo si fa ultimo, il più grande servo, la fonte di acqua viva chiede “ho sete” per poter dare da bere.

Anche sulla croce Cristo dirà “ho sete”, prima di offrire la vita e poi zampillare in modo dirompente e fresco nella Risurrezione.

*Alessandro Maggi è fisico, biblista e carmelitano.

La Chiesa cattolica e l’acqua

In questa sezione alcune autorevoli prese di posizione della Chiesa cattolica sul tema dell’acqua pubblica

«Il Signore vostro Dio vi dà la pioggia in giusta misura, per voi fa scendere l’acqua» (Gl 2,23)Messaggio della Conferenza Episcopale Italiana in occasione della Giornata Ecumenica per la Salvaguardia del Creato 2007*

La Chiesa italiana celebra la Giornata per la salvaguardia del Creato per testimoniare l’importanza che essa attribuisce al dono della creazione e per ricordare ai cristiani e a tutti gli uomini il compito che Dio ha affidato all’umanità: custodire e coltivare la terra come un giardino (Gn 2,15). La Giornata intende porsi anche come risposta agli appelli di Benedetto XVI. nel Discorso della vigilia di Pentecoste 2006 egli invitava a lasciarsi coinvolgere dallo Spirito nella “responsabilità di Dio per il suo mondo e per l’umanità intera”. Nella Dichiarazione congiunta con il Patriarca Ecumenico Bartolomeo del 30 novembre 2006 sottolineava la grande importanza riconosciuta dalle due Chiese agli “sforzi compiuti per proteggere la creazione di Dio e per lasciare alle generazioni future una terra sulla quale potranno vivere” (n. 6). Nel Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace 2007 egli poneva l’accento sulle “connessioni esistenti tra l’ecologia naturale, ossia il rispetto della natura, e l’ecologia umana”, tra “la pace con il creato e la pace tra gli uomini” (n. 8); pace, come “capacità di vivere con giustizia gli uni accanto agli altri tessendo rapporti di giustizia e solidarietà” che si realizza in un “mondo ordinato e armonioso”, creazione di Dio (n. 3). Questi riferimenti evidenziano la varietà di motivazioni sulle quali si fonda la questione ambientale e che emergono nitidamente proprio in relazione al tema prescelto per questa Giornata del 2007: l’acqua, elemento importante, anzi decisivo, per la vita del nostro “pianeta azzurro”.

L’acqua per la vitaÈ importante riflettere sull’acqua, in primo luogo per la drammatica attualità del tema e per il peso della crisi idrica che investe numerose popolazioni. Quasi un miliardo e mezzo di persone manca di un accesso adeguato all’acqua, mentre anche più numerose sono quelle cui manca una sufficiente disponibilità di acqua potabile. È una realtà che interessa soprattutto le regioni a più basso reddito, nelle quali, tra l’altro, l’accesso all’acqua può spesso scatenare veri e propri conflitti.

Come nota Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2007: “All’origine di non poche tensioni che minacciano la pace sono sicuramente le tante ingiuste disuguaglianze ancora tragicamente presenti nel mondo. Tra di esse particolarmente insidiose sono (…) le disuguaglianze nell’accesso a beni essenziali, come il cibo, l’acqua, la casa, la salute” (n. 6). Emerge qui con chiarezza quello stretto rapporto tra giustizia, pace e salvaguardia del creato tante volte richiamato in ambito ecumenico: si pensi alla I Assemblea Ecumenica Europea di Basilea del 1989 o alla Convocazione Mondiale di Seul del 1990. Possiamo coglierlo in tutto il suo spessore considerando i profughi ambientali, uomini, donne e bambini, costretti ad abbandonare le loro terre, rese invivibili dalla desertificazione. È una realtà drammaticamente evidente in vaste regioni dell’Africa e che sempre più interessa, sebbene in misura differente, anche altre aree del pianeta. Nessun ecosistema può consentire una vita sostenibile, quando venga meno quella fondamentale risorsa che è l’acqua. Un uso inadeguato e improprio dell’acqua, assieme al progressivo riscaldamento determinato dall’accentuarsi dell’effetto serra, fa sì che anche il nostro Paese, e non soltanto ormai le sue zone più calde, conosca spesso un’emergenza idrica, per buona sorte generalmente limitata al solo periodo estivo.

Proprio tali situazioni critiche evidenziano, d’altra parte, l’importanza dell’acqua come fonte di vita. La sua disponibilità è, poi, essenziale per i cicli vitali della terra e fondamentale per un’esistenza pienamente umana. Non stupisce, perciò, che Francesco d’Assisi abbia posto il riferimento all’acqua, “multo utile et umile et preziosa et casta”, al centro di quell’altissima lode a Dio che è il Cantico delle Creature.

Attingete alle fontiLa stessa realtà è già chiaramente espressa anche nella Scrittura dell’uno e dell’altro Testamento. In negativo, il deserto, luogo di mancanza d’acqua, e il tempo della siccità rivelano la fragilità della vita umana, la sua dipendenza da Colui che solo può scavare “canali agli acquazzoni e una strada alla nube tonante, per far piovere su una terra senza uomini, su un deserto dove non c’è nessuno” (Gb 38,25-26). In positivo, il secondo capitolo della Genesi esprime la bontà della creazione di Dio tramite l’abbondanza dell’acqua che irriga il giardino dell’Eden (Gn 2,10-14). I Salmi, poi, scoprono nel suo quotidiano riversarsi sulla terra il dono sempre rinnovato, che permette la vita degli uomini e delle altre creature: è Dio stesso che visita la creazione e la disseta (Sal 64,10). E la tradizione profetica descrive la pienezza di vita promessa con l’immagine del deserto fiorente, reso fertile dalle sorgenti che sgorgano, spazio abitabile per i poveri (Is 41,18-20). Anche l’Apocalisse pone al centro della nuova Gerusalemme “un fiume d’acqua viva, limpida come cristallo, che scaturisce dal trono di Dio e dell’Agnello” (Ap 22,1).

La stessa esperienza dell’acqua come forza vivificante è messa in luce dall’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv 4,1-30). Quell’acqua che vivifica la creazione diviene così il segno potente del dono radicale che Egli fa di sé nella storia della salvezza per vivificare, purificare e rinnovare le nostre esistenze. Nel segno del battesimo le diverse confessioni cristiane riconoscono la potenza sacramentale di tale realtà misteriosa, che trasforma in profondità coloro che l’accolgono. La Scrittura e l’esperienza ecclesiale invitano, pertanto, a vedere nell’acqua un dono prezioso, meritevole di una cura attenta; una risorsa essenziale per la vita, da condividere secondo giustizia con tutti coloro che abitano il nostro pianeta, oggi e nel futuro.

L’acqua, bene comune e dirittoL’acqua, dunque, è un bene comune della famiglia umana, da gestire in modo adeguato per garantire la vivibilità del pianeta anche alle prossime generazioni. È necessario, perciò, impostare politiche dell’acqua capaci di contrastare gli sprechi e le inefficienze e di promuovere, nello stesso tempo, un uso responsabile nei vari settori (industria, agricoltura…). Occorre tutelare la disponibilità di acqua pulita dalle varie forme di inquinamento che la minacciano e assicurare la stabilità del clima e del regime delle piogge, facendo tutto ciò che è possibile per contenere la portata dei mutamenti climatici. Bisogna, infine, salvaguardare gli ecosistemi marini e fluviali, la cui bellezza serve a custodire spesso la diversità biologica che li abita.

Queste gravi e complesse problematiche sollecitano, in primo luogo, le responsabilità dei governanti e dei politici, ma interpellano tutti in ordine al consumo individuale; tutti, infatti, siamo invitati a rinnovare i nostri stili di vita, nel segno della sobrietà e dell’efficienza, testimoniando nel quotidiano il valore che riconosciamo all’acqua.

In quanto bene di tutti, d’altra parte, l’acqua non è una realtà puramente economica. Come dono derivante dalla creazione, l’acqua ha destinazione universale, da regolamentare a livello normativo. Il contributo che anche i soggetti privati possono dare alla sua gestione non deve, però, in alcun modo andare a detrimento di quel fondamentale diritto all’acqua, che i soggetti pubblici devono garantire a ogni essere umano. Proprio perché “senza acqua la vita è minacciata”, come sottolineato dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica, tale diritto è “universale e inalienabile” (n. 485). Anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha spesso sottolineato la relazione tra la considerazione dell’acqua come dono e il diritto ad essa di persone e popoli.

Nella fraternità ecumenicaIl tema dell’acqua costituisce, dunque, una dimensione fondamentale di quell’impegno per il creato che le Chiese europee hanno condiviso in questi anni e che ha trovato un’espressione forte nel n. 9 della Charta Oecumenica, sottoscritta nel 2001. Al riguardo desideriamo segnalare un appuntamento di grande importanza, che si svolgerà nel prossimo mese di settembre a Sibiu, in Romania: la III Assemblea Ecumenica Europea, che prevede la salvaguardia del creato tra i temi principali. In questo contesto invitiamo le Chiese locali a celebrare la Giornata per la salvaguardia del Creato, in spirito di fraternità ecumenica tra i credenti delle diverse comunità cristiane. La meditazione della ricchezza simbolica del tema dell’acqua e la considerazione attenta delle complesse problematiche ecologiche ed economiche offriranno spunti preziosi per una riflessione comune e per una preghiera ispirata dalla Parola.

*Il documento riportato è stato firmato congiuntamente il 2 febbraio 2007 dalla Commissione Episcopale per i Problemi Sociali e il Lavoro, la Giustizia e la pace e dalla Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo

L’acqua non è una merceIntervento di Mons. Mario Toso*

Tre miliardi di anni fa, nell’acqua apparvero le prime forme di vita, semplici forme di vita unicellulare dalle quali si è sviluppata la vita nelle sue forme più complesse, fino alla straordinaria biodiversità che oggi anima la Terra.

L’acqua è la linfa vitale del pianeta, che trasporta nutrienti all’interno degli organismi viventi e ne raccoglie le scorie del metabolismo. Lo stesso fa nel ciclo degli elementi essenziali che sottendono alla vita degli ecosistemi. L’acqua degli oceani è inoltre un fondamentale strumento di regolazione termica per il clima planetario. Possiamo ben dire quindi che l’acqua è la base della vita biologica.

Ma la sua importanza è tale anche nella vita spirituale.

Tutte le religioni usano l’acqua per riti di purificazione. I cristiani e gli ebrei battezzano e benedicono con l’acqua. Gli indù affidano alle acque del Gange le ceneri dei loro defunti. Per tutte le religioni l’acqua ha un alto valore simbolico.

Ma l’acqua ha anche un alto valore economico come merce utilizzata non solo per bere, ma anche per attività agricole e industriali. Circa il 70% degli usi mondiali dell’acqua vanno in agricoltura, il 20 % in attività industriali e solo il 10% per usi domestici. Mentre i primi due utilizzi producono un valore aggiunto e quindi generano una corrispondente disponibilità a pagare, l’uso domestico non genera valore aggiunto, tuttavia rappresenta l’uso più prezioso perché riguarda più direttamente la sopravvivenza e la salute umana.

Ciò introduce un serio problema di indirizzo etico, soprattutto per il fatto che sempre più frequentemente si registrano nel mondo situazioni di crisi idriche, quantitative o qualitative, le prime aggravate dai cambiamenti climatici, le seconde aggravate da una industrializzazione incontrollata nei paesi poveri, spinta dal processo di globalizzazione dei mercati.

Già oggi fra il 15 e il 35% dei prelievi per irrigazione supera la velocità di ricarica delle falde e quindi è insostenibile e molti paesi poveri non riescono a garantire alle loro popolazioni la fornitura minima indispensabile di acqua. Oggi, circa 2,5 miliardi di persone nel mondo, circa la metà della popolazione del mondo in via di sviluppo, vivono in condizioni sanitarie precarie. Di conseguenza, ogni anno, circa 1,8 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni muoiono per malattie diarroiche (quali colera, tifo e dissenteria) attribuibili all’assenza di acqua potabile e di servizi sanitari di base. Molte altre malattie sono direttamente imputabili a un’inadeguata erogazione di acqua dolce per bere e per l’igiene di base (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, The Greening of Water Law: Managing Freshwater Resources for People and the Environment, New York, 2010).

Un miliardo di persone non ha accesso ad acque potabili sicure. A causa dei cambiamenti climatici a tale numero si potrebbero aggiungere entro il 2050 altri 2 miliardi e 800 milioni di persone con scarsità di acqua. Secondo le previsioni dal 5 al 25% degli usi globali di acqua dolce probabilmente supererà nel lungo termine le forniture disponibili e circa la metà della popolazione mondiale entro il 2025 fronteggerà una scarsità di acqua.

Può l’acqua obbedire solo alle ragioni del mercato? Certamente no. Ne abbiamo avuto prova anche in Italia durante la grande ondata di caldo dell’estate del 2003, quando ci fu un vero e proprio conflitto fra l’industria termoelettrica e gli agricoltori per l’utilizzo delle acque del Po in magra.

I poveri spesso soffrono, non tanto per la scarsità d’acqua in sé, ma per l’impossibilità economica di accedervi, come osservato nel Rapporto del 2006 del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), intitolato Beyond scarcity: Power, poverty and the global water crisis.

Secondo un’impostazione di stampo neoliberista, l’acqua sarebbe un bene economico come altri, il cui valore di scambio o prezzo dovrebbe essere fissato secondo le comuni regole della domanda e dell’offerta, e in definitiva secondo la logica del profitto. Questo concetto si fonda sulla teoria secondo cui il costo di tutto ciò che si usa deve essere a carico del consumatore, di colui che trae utilità dall’uso. Secondo questa visione delle cose, persino i più poveri dovrebbero “pagare” per l’accesso ai cinquanta litri di acqua potabile considerati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità la quantità giornaliera minima indispensabile per la sussistenza.

Secondo un’impostazione che potremmo definire neoliberista la scelta ideale sarebbe quella di privatizzare i servizi idrici, e di assoggettarli alle regole del mercato.

A tale proposito risultano però illuminanti le parole di Benedetto XVI: “Il diritto all’alimentazione, così come quello all’acqua, rivestono un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti, ad iniziare, innanzitutto, dal diritto primario alla vita. È necessario, pertanto, che maturi una coscienza solidale che consideri l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni” (Benedetto XVI, Caritas in veritate [=CIV], n. 27).

L’acqua non può essere gestita con un criterio esclusivamente economico e privatistico. Nelle capitali di paesi come la Colombia, le Filippine, il Ghana, che non sono dotate di una adeguata rete idrica pubblica, e l’acqua viene fornita da privati con autobotti, il costo dell’acqua è da tre a sei volte superiore a quello di città come New York e Londra. Si giunge al paradosso che i poveri pagano molto più dei ricchi per quello che dovrebbe essere un diritto universale: l’accesso ad acque potabili.

“L’acqua, per la sua stessa natura, non può essere trattata - si legge nel Compendio, che ha preceduto la promulgazione della Caritas in veritate - come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale. La sua distribuzione rientra, tradizionalmente, fra le responsabilità di enti pubblici, perché l’acqua è stata sempre considerata come un bene pubblico, caratteristica che va mantenuta qualora la gestione venga affidata al settore privato... Senza acqua la vita è minacciata. Dunque, il diritto all’acqua è un diritto universale e inalienabile” (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, n. 485).

Drammatico ed a volte perfino violento è il conflitto quando diverse popolazioni confidano per la loro stessa esistenza sull’utilizzo delle stesse risorse idriche. Si pensi al caso del Nilo, in cui i paesi a monte non possono ignorare le necessità di quelli a valle, moderando la captazioni, le derivazioni ed evitando l’inquinamento. Secondo molte analisi strategiche in futuro, dopo le guerre per il petrolio che hanno caratterizzato gli ultimi decenni,assisteremo a nuove guerre per l’acqua.

Negli ultimi anni, si assiste ad un tentativo della comunità internazionale di instaurare un clima di cooperazione tra gli Stati nella gestione delle risorse idriche. Pur essendo utile, la sola cooperazione in un ambito nel quale è in gioco il bene comune del genere umano, in sé non è sufficiente. Anzitutto, sembra mancare l’affermazione preliminare dell’esistenza di un diritto fondamentale ed inalienabile all’acqua. In secondo luogo, anche qualora si affermasse un tale diritto, a livello internazionale sembra lontana l’esistenza di una Autorità politica che sappia mediare gli interessi in gioco e far rispettare il diritto nell’orizzonte del bene comune di tutti i Popoli e le persone.

Per concludere vorrei fermarmi a sottolineare come il diritto all’accesso ad acque pulite sia la base per il rispetto di diversi altri diritti fondamentali:

1. il diritto a godere di uno standard di salute migliore possibile, elemento essenziale soprattutto per ridurre la mortalità infantile;

2. il diritto ad una alimentazione sufficiente e sana, che molto dipende dalla disponibilità di acqua pulita per l’irrigazione;

3. il diritto ad una vita dignitosa, in quanto senza l’accesso all’acqua la vita stessa ed il benessere in generale sono minacciati.

In definitiva, il problema dell’acqua è oggi centrale per il futuro dell’umanità.

L’impegno per l’acqua è un impegno per lo sviluppo integrale dell’umanità, per la vita di essa, per la pace.

La posizione della Chiesa Cattolica sul problema dell’acqua è stata espressa, sia pure in maniera sintetica, con chiarezza nel già citato Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, dove si può leggere: “Il principio della destinazione universale dei beni si applica naturalmente anche all’acqua, considerata nelle Sacre Scritture come simbolo di purificazione e di vita: “In questo dono di Dio, l’acqua è elemento vitale, imprescindibile per la sopravvivenza e, pertanto un diritto di tutti”.

L’utilizzazione dell’acqua e dei servizi connessi deve essere orientata al soddisfacimento del bisogno di tutti e soprattutto delle persone che vivono in povertà. Un limitato accesso all’acqua potabile incide sul benessere di un numero enorme di persone ed è spesso causa di malattie, sofferenze, conflitti, povertà e addirittura di morte: per essere adeguatamente risolta, tale questione “deve essere inquadrata in modo da stabilire criteri morali basati proprio sul valore della vita e sul rispetto dei diritti e della dignità di tutti gli esseri umani” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 484).”

Quanto detto ci sollecita, allora, a riflettere muovendo dall’idea che l’acqua non è una mera merce tra le altre. È - come l’aria e la terra - un dono del Creatore appartenente a tutti (cfr CIV n. 51) e, quindi, un «bene comune». Ad esso corrisponde un diritto fondamentale, individuale e comunitario. Il diritto all’acqua promana dal diritto primario alla vita.

L’acqua ha una tale rilevanza sociale per cui gli Stati non possono demandarne la gestione ai soli privati. La gestione dell’acqua, bene pubblico, ha bisogno di un controllo democratico, partecipato. Ciò che alle volte gli Stati non riescono a fare va promosso tramite una cittadinanza attiva, in un confronto serrato con le stesse istituzioni pubbliche.

*Mons. Mario Toso è Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. L’intervento è reperibile in rete all’indirizzo http://www.acquabenecomune.org

Una campagna per il tempo di Pasqua 2011Iniziativa promossa dalla Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita*

“Acqua: dono di Dio e bene comune”1) L’acqua è uno dei grandi doni della creazione, tramite i quali Dio dona la vita a tutte le sue creature. Non a caso, gran parte delle religioni dell’umanità vede in essa un segno della presenza del Mistero e un simbolo di purificazione e rinascita. Lo

stesso tempo pasquale invita a vivere alla luce del Risorto, scoprendolo come “sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 14).

2) Noi stessi, come tanti altri esseri viventi, siamo fatti in gran parte d’acqua e dipendiamo dal suo continuo ciclo. L’acqua è quindi essenziale per la vita delle persone e l’accesso ad essa costituisce un “diritto universale inalienabile” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n.485; cfr anche Caritas in Veritate n. 27).

3) “Il principio della destinazione universale dei beni si applica naturalmente anche all’acqua” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n.484), ma la fruizione di tale diritto è preclusa a un gran numero di esseri umani, ponendo un grave problema di giustizia. Un quarto della popolazione del pianeta, infatti, non ha accesso ad una quantità minima di acqua pulita, mentre oltre 2,5 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base, determinando anche la diffusione di gravi malattie endemiche.

4) La campagna “Acqua, dono di Dio e bene comune”, una proposta cristiana al di sopra di ogni schieramento politico e ideologico, è un invito ad adottare stili di vita e comportamenti che tutelino questo prezioso bene comune, garantendone la disponibilità per tutti. Proponiamo alle Chiese locali, la costruzione di percorsi pastorali, adatti al proprio territorio, che conducano i cristiani a riscoprire lo sguardo di Francesco, che chiamava l’acqua “sorella”, rinnovando così coerentemente le proprie pratiche.

Stili di vita amici dell’acqua5) L’acqua è un bene prezioso e la sua accessibilità è limitata; dobbiamo quindi imparare ad usarla con sobrietà e senza spreco. Tante sono le pratiche possibili: scegliere la doccia al posto del bagno, non lasciar il rubinetto aperto quando ci laviamo i denti o facciamo la barba, o ancora evitare le perdite, mettere sui rubinetti i riduttori di flusso che fanno risparmiare acqua miscelandola con l’aria.

6) Occorre attenzione anche nella scelta dei prodotti che mangiamo e che indossiamo, preferendo quelli che richiedono meno acqua per la produzione. Teniamo presente, ad esempio, che la produzione di carne esige molta acqua (un chilo di carne bovina comporta in media l’uso di 5.500 litri, mentre un chilo di carne di pollo ne richiede 3.900 litri) e che ci vogliono 10.000 litri d’acqua per produrre un paio di jeans e 2 mila per una maglietta di cotone.

7) È importante privilegiare l’uso dell’acqua del rubinetto, che è buona, controllata, comoda e costa poco. Il suo impatto ambientale è limitato anche perché non richiede né involucri in plastica, né trasporti inquinanti. In quelle situazioni in cui è assolutamente necessario l’uso dell’acqua minerale, andranno almeno preferite acque a chilometri zero (imbottigliate vicino a casa); si cercherà poi di acquistare confezioni grandi e/o in vetro per ridurre la produzione di rifiuti.

Un diritto da tutelare8) La possibilità di usare l’acqua del rubinetto richiede necessariamente che ne sia garantita la qualità da parte delle diverse autorità a ciò preposte. Una puntuale vigilanza in tal senso è parte della pratica di custodia del creato cui sono chiamati i cristiani.

9) “L’acqua, per la sua stessa natura, non può essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale” La distribuzione dell’acqua ha dei costi, ma su di essa non si può fare profitto in quanto il diritto al suo uso si fonda

sulla dignità della persona umana e non su logiche economiche (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n.485). L’acqua è quindi un vero bene comune, che esige una gestione comunitaria, orientata alla partecipazione di tutti e non determinata dalla logica del profitto.

10) Il diritto all’acqua deve dunque essere garantito anche sul piano normativo, mettendo in discussione quelle leggi che la riducono a bene economico. Sarà importante, quindi, partecipare attivamente al dibattito legato al referendum sulla gestione dell’acqua, che mira a salvaguardarla come bene comune e diritto universale, evitando che diventi una merce privata o privatizzabile, ma ripubblicizzandola mediante una forma di gestione pubblica e partecipata dei servizi idrici. Vivere l’acqua.

11) “E mi mostrò un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che da frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni”. (Ap 22, 1-2). Pasqua è tempo di vita nuova, nel quale siamo invitati a partecipare nello Spirito alla vita della nuova creazione. Contempliamo l’acqua – nella preghiera personale e comunitaria, come nelle pratiche - come un segno di quell’amore vivificante che Dio offre ad ognuno di noi ed alla famiglia umana.

Manifesto firmato dalle diocesi: Andria, Belluno-Feltre, Bolzano-Bressanone, Brescia, Carpi, Cuneo, Milano, Padova, Pescara-Penne, Reggio Emilia, Termoli-Larino, Trento. La Rete Intediocesana “Nuovi Stili di Vita” riunisce gli organismi pastorali che si occupano di temi ambientali di diverse diocesi, coordinate da un punto di vista organizzativo dall’Ufficio della Pastorale Sociale della Diocesi di Padova.

Un bene essenziale, un dono che serveDichiarazione della Presidenza Nazionale dell’Azione Cattolica

La Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica invita ad andare a votare il prossimo 12 giugno. L’acqua è un bene essenziale, ma per il credente è un dono che serve.

Per questo motivo, la Presidenza nazionale Ac ritiene che:

• sia doveroso partecipare al referendum abrogativo del 12 giugno prossimo ed esprimere il proprio voto in libertà di coscienza;

• sia necessario informarsi in modo completo e senza lasciarsi irretire dalle diverse strumentalizzazioni politiche. A questo proposito, l’associazione, attraverso il proprio sito internet e le proprie riviste, assicurerà pareri e materiali informativi in cui saranno rispettate le diverse posizioni.

La Presidenza nazionale Ac aggiunge inoltre un proprio parere, auspicando possa essere un utile contributo per un dibattito serio e sereno. La Presidenza è nel complesso scettica verso misure legislative che mirino a introdurre la logica del profitto nella gestione di un dono che ha a che fare con l’esistenza delle persone. Appare necessario che i legislatori trovino forme più equilibrate della legge Ronchi per tutelare l’assoluta fruibilità dell’acqua per ogni persona, specialmente le più bisognose. È altresì importante che il ruolo degli enti locali, quali garanti della giusta ed equa distribuzione dei beni, non venga sacrificato in nome di un’iniziativa privata della quale non si riescono a prevedere con certezza i limiti, i contorni e i risultati. La Presidenza riconosce l’essenziale contributo dell’iniziativa privata per la crescita del

Paese, ma ritiene che quando si parla di acqua non sono ammesse - nell’interesse di tutti, ma soprattutto dei cittadini - fughe in avanti, né tanto meno scelte legislative assunte senza il dovuto e approfondito confronto con i soggetti della società civile più attenti ai bisogni degli ultimi.

Il referendum-day propone altri due quesiti di estrema delicatezza e complessità. In breve e semplificando: un pronunciamento sul ritorno di centrali nucleari sul territorio italiano; un pronunciamento sul cosiddetto “legittimo impedimento”, legge che permette alle principali cariche pubbliche di non presenziare ad udienze giudiziarie se coincidenti con impegni politici.

Anche per questi due quesiti la presidenza nazionale Ac assicura un’ampia copertura informativa e auspica un’ampia, consapevole e libera partecipazione al voto.

Nel merito, la Presidenza nazionale, come contributo al dibattito, ritiene di poter condividere con l’opinione pubblica due principi:

• per quanto riguarda il nucleare, la necessità di sondare ogni parere, incentivare la ricerca e mettere in campo qualsiasi approfondimento prima di assumere scelte che potrebbero arrecare rischi alla salute dei cittadini. La salute della persona, come l’indispensabilità dell’acqua, sono temi per i quali è richiesto sempre e in ogni caso il massimo del confronto, evitando derive ideologiche;

• per quanto riguarda il “legittimo impedimento”, la Presidenza nazionale ritiene che sia da salvaguardare, in un periodo così complesso dal punto di vista sociale, etico e morale, l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge.

Si ribadisce che lo sforzo dell’associazione, su tutti i quesiti referendari, sarà quello di motivare la partecipazione al voto e informare/formare con la massima obiettività. Ai soci dell’associazione, e a tutti i cittadini, chiediamo di presentarsi al voto con senso di responsabilità, concreti strumenti di valutazione e, soprattutto, libertà di coscienza.

La dichiarazione, datata 26 marzo 2001, è reperibile sul sito dell’Azione Cattolica Nazionale all’indirizzo http://www2.azionecattolica.it/un-bene-essenziale-un-dono-che-serve.

L’acqua come bene comune

In questa sezione riflessioni sull’acqua che vanno oltre le tematiche specifiche del referendum, ma che, delineando l’importanza dell’acqua come bene comune, illustrano anche le questioni collegate ai quesiti referendari.

L’economia alle prese con i beni comuni. Il caso dell’acquaArticolo di Luigino Bruni*

Ours is not minenostro non è mio

(proverbio africano)

1. La tragedia dei commons: ossia, quando i beni comuni diventano scarsi, e le persone sono libere“Si può andare a funghi solo in giorni prestabiliti. Anche in giornate fortunate, non si può essere ingordi: i residenti non possono raccogliere più di 5 kg di funghi, i non residenti non più di 3. … I funghi vanno raccolti nella loro interezza, nella raccolta si consiglia di estrarre i funghi con una leggera rotazione, di ricoprire la piccola cavità prodottasi nel terreno, e pulire il fungo sul posto con l’aiuto di un coltello: si eviterà così di impoverire gli strati nutrienti della terra a vantaggio del bosco intero”.

Così leggiamo in uno dei tanti regolamenti comunali sulla raccolta di funghi.

Da diversi anni, per eredità famigliare, dedico parte del mio tempo libero alla raccolta di funghi porcini nei boschi dell’Appennino ascolano (Sibillini) e Monti della Laga (Abruzzo), e dal prossimo anno anche nelle colline del Valdarno (una zona, per inciso, molto ricca di ottimi porcini e mazze di tamburo!). E anch’io ho dovuto tener conto di queste e simili norme. Quale allora il senso di queste regole? E perché quando queste regole non vengono rispettate, come nel caso della raccolta dei funghi, o dei tartufi neri e bianchi pregiati (altra attività a me familiare), negli anni il fondo boschivo si deteriora, le tartufaie si impoveriscono e essiccano, portando in intere zone alla fine della raccolta del tartufo?

Il tema dell’acqua rientra in questi casi che chiameremo “tragici”, nei quali esiste un conflitto tra la libertà individuale, i beni comuni, e il Bene comune. In molte scelte, oggi sempre meno, la strategia che porta al massimo risultato individuale produce anche benessere collettivo. In altre, oggi sempre più, si verifica invece un conflitto tra gli obiettivi individuali e il bene comune: la teoria sociale, soprattutto quella che si è sviluppata negli ultimi 50 anni, ha cercato di studiare questi conflitti tra individuo e società, tra interessi privati e fallimenti collettivi, con risultati a volte interessanti, altre volte meno, ma in ogni caso da conoscere poiché toccano forse il tema più importante per la convivenza pacifica dei prossimi decenni. E’ ormai molto evidente che le risorse strategiche dell’umanità sono sempre più soggette a tensioni: dall’energia all’acqua, dall’ambiente alla sicurezza, tutti tipici beni comuni. Se non saremo capace di inventarci nuovi sistemi che tengano assieme libertà e beni comuni

il rischio grande è che si rinunci ad uno dei due poli della tensione, o alla libertà individuale o ai beni comuni stessi, uno scenario ovviamente molto triste.

Possiamo, e dobbiamo, cercare nuove vie.

Uno dei primi studiosi a porre la questione di quella che egli definì la “tragedia dei beni comuni” (The tragedy of commons), fu nel 1968 D. Hardin, un biologo, che pose all’attenzione degli studiosi un problema che dopo di lui è presente in ogni libro di teoria microeconomica, in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Science.

Quali le tesi di questo importante articolo?

Hardin esordisce nella sua analisi con l’affermazione che nella gestione dei fenomeni collettivi esistono delle tragedie, una parola che nel suo senso originario indica quelle situazioni nelle quali non esiste una soluzione ottima, perché ogni scelta comporta dei costi alti: non c’è dunque nella tragedia una scelta ottima che sia ottima per tutti e da tutte le prospettive da cui la guardiamo1. Nel caso della crescita della popolazione, dell’ambiente e dei beni collettivi o comuni (commons), la situazione è spesso quella di una tensione drammatica tra la libertà degli individui e la distruzione delle risorse stesse: come se la moneta con cui si paga la conquista della libertà (e l’assenza di mediatori gerarchici e sacrali) sia quella della distruzione delle risorse comuni dalle quali dipende la sopravvivenza delle nostre comunità, delle risorse che ci fanno vivere (come l’ambiente o l’acqua).

Noto, e ormai classico in ogni testo di microeconomia, è l’esempio che Hardin riporta nel suo paper relativo al pascolo comune e libero, dove ogni contadino porta a pascolare le proprie mucche. La scelta che massimizza la libertà e l’interesse individuale è quella di aumentare di una unità il bestiame al pascolo, poiché il vantaggio individuale è + 1, mentre la diminuzione del bene comune “erba” è soltanto una frazione di – 1, poiché il danno si ripartisce su tutti gli altri contadini: il beneficio individuale di aumentare l’uso del bene comune è maggiore del costo individuale. Questo maggior vantaggio individuale rispetto al costo individuale vale sempre anche quando si fosse vicino all’ultimo metro quadro libero di erba (poiché anche 0.00002 è maggiore di 0.00001). Da qui l’incentivo individuale (per tutti e per ciascuno) ad aumentare sempre più i capi di bestiame al pascolo, fino ad arrivare alla distruzione del pascolo stesso, se … non accade qualcosa che limiti la libertà individuale. Dagli alberi nell’Isola di Pasqua al buco dell’ozono nell’atmosfera terrestre, dall’immondizia al bagno comune in ufficio, la storia dell’umanità ci racconta molte queste tragedie di comunità e di civiltà piccole e grandi che sono “collassate” (come direbbe J. Diamond), poiché i loro membri non sono stati capaci di non oltrepassare il limite, il “punto critico” e di non ritorno, oltre il quale il processo diventa irreversibile - nell’isola di Pasqua, ad esempio, l’estinzione di quella popolazione non fu legata all’abbattimento dell’ultimo albero, ma all’aver superato, ad un certo punto e in modo inconsapevole, un limite, una soglia, oltre la quale divenne inevitabile arrivare all’estinzione anche dell’ultimo albero.

La storia umana però ci racconta anche tante altre storie, dove le comunità sono state invece capaci di fermarsi in tempo, di coordinarsi, limitare la libertà individuale e così non collassare tragicamente, senza che nessuno abbia individualmente pianificato il collasso. Norme sociali, leggi, tradizioni antiche, usi e costumi potrebbero essere

1 2 Si pensi – per uno tra i tanti possibili esempi – alla tragedia Ifigenia in Aulide, dove Agamennone, mentre è in viaggio verso Troia con la sua flotta, viene bloccato da una bonaccia sulle coste della Boezia; qui riceve dall’indovino Calcante il messaggio che se non sacrifica sua figlia Ifigenia la sua flotta non potrà riprendere il largo alla volta di Troia: è la tipica struttura “tragica”, dove non c’è una soluzione ottima.

molte volte letti proprio come degli strumenti che le civiltà hanno inventato proprio per evitare di collassare. In realtà la storia è più complessa di quella raccontata da Hardin, come ci ha mostrato con i suoi lavori, teorici istituzionali e storici, la Nobel per l’economia 2009 Elinor Ostrom e il suo gruppo di ricerca interdisciplinare.

La domanda tragica che oggi è di fronte a noi è se nella gestione di questo “common” oltrepasseremo il limite e seguiremo il sentiero degli antichi abitanti dell’Isola di Pasqua, o saremo invece capaci di fermarci in tempo, di coordinarci, saremo capaci di quella saggezza individuale e collettiva che consente alle comunità – compresa la comunità mondiale degli esseri umani e delle altre specie del pianeta2 – di non collassare e implodere, ma di vivere e crescere in armonia.

Un elemento chiave in questa storia che stiamo esplorando, anche nella storia presente e futura dell’acqua, è l’emergere dell’individuo e delle sue libertà nella modernità: nelle società tradizionali (normalmente piccole) c’era essenzialmente uno strumento: la gerarchia, che consentiva a qualcuno, normalmente sulla base di una legittimazione sacrale, di scegliere per tutti. In questo contesto gerarchico (tipicamente antico, ma presente ancora oggi in molte comunità) la tragedia del commons semplicemente non si pone, poiché non c’è un contrasto tra libertà individuale e bene comune, perché non esistono le libertà individuali. In quelle società il bene del re coincide con il bene del popolo, poiché la “funzione da massimizzare” è essenzialmente una sola (è l’antico concetto del popolo come unico organismo o corpo, come persona collettiva). In questa cultura olistica e sacrale cade di fatto la possibilità stessa della tragedia: davanti ad una foresta o ad un lago di pesca, il re pone dei limiti e tutti li rispettano. La tragedia dei commons per emergere ha bisogno dell’esistenza e della libertà degli individui: per questo essa è tipicamente un problema moderno.

L’altro elemento essenziale perché emerga la tragedia è che il bene sia consumato contemporaneamente da più persone (quella che si chiama in economia la “non escludibilità” del consumo), e anche che quel bene sia scarso, ci sia cioè rivalità: il consumo dell’altro riduce il mio. Se manca questa seconda e duplice caratteristica, non si parla più di bene comune o collettivo ma di bene pubblico puro.

2. Il caso dell’acquaInnanzitutto occorre una premessa culturale: ricordare cioè che in tante regioni del mondo più“povero”, l’acqua non è mai stato un bene libero: per molta parte della popolazione del mondo (quelle delle zone aride) l’acqua è sempre stato un bene scarso, costoso, strategico, e quindi gestito con grande cura. La novità di questi ultimi decenni è la generalizzazione del problema dalle zone aride (dove il problema diventa sempre più grave) a molti altri paesi del mondo, dove l’acqua nei millenni passati non era mai stata un bene scarso. Oggi, per ragioni varie ma legate in qualche modo al nostro modello di sviluppo, l’acqua sta assumendo tutte le caratteristiche di un bene comune globale (scarso e rivale), in certi casi nei rapporti tra individui, in altri tra comunità, in altri ancora tra stati.

Una precisazione. Mi rendo conto che parlare di acqua senza ulteriori specificazioni (potabile, per irrigazione, fiumi, …) può apparire poco preciso e forse superficiale. In realtà la tesi che cerco (con altri) di sostenere è che oggi esiste una crescente scarsità globale dell’acqua in rapporto ai bisogni umani (e animali) in generale, che rende possibile parlare di acqua (e basta) come tragedia dei commons.

2 3 C’è infatti un problema sempre più grave dal punto di vista etico che è la distruzione delle altre specie in seguito ai nostri comportamenti ambientali

Si pensi, a titolo di esempio, il problema dell’abbassamento delle falde acquifere, nelle zone sub-sahariane e nelle regioni di confine tra Pakistan e India (come messo in luce anche dall’ultimo numero di The Economist, 15 ottobre 2010). Qui è evidente e lampante l’equivalenza tra il caso del pascolo comune di Hardin e lo sfruttamento delle falde acquifere: ogni individuo tende a pompare l’acqua in base ai propri bisogni (che sono la sete in Africa, ma anche annaffiare il giardino con il pozzo artesiano nelle ville sul lago di Albano!), ciascuno cerca di trarre il massimo vantaggio privato, e … la falda si abbassa sempre più, fino al superamento di punto critico che porterà all’essiccamento della fonte.

Il problema dell’acqua oggi presenta dunque diversi aspetti, tutti cruciali e campali se letto dalla prospettiva che qui stiamo esaminando:

a. In un mondo “post-gerarchico” o moderno, non può essere più il re, o il Leviatano hobbesiano, a decidere quanta acqua deve consumare ciascuno (anche perché, pur volendolo costruire, un Leviatano mondiale che imponga agli US o alla UE quanta acqua consumare non esiste). In fondo la gestione “statale” o “comunale” dell’acqua in passato funzionava non solo perché l’acqua in certi Paesi (penso a buona parte dell’Italia) non era scarsa, ma anche perché il mondo era di fatto ancora comunitario e gerarchico: non sceglievano gli individui ma le comunità con i loro rappresentanti.

b. Se l’acqua oggi è diventato un bene collettivo la soluzione non può essere “non far nulla” (ad esempio “non” privatizzare e basta), semplicemente perché se non si fa nulla il bene si distrugge (in un mondo di individui che decidono liberamente). Il messaggio dei beni comuni è che il non far nulla equivale alla distruzione del bene stesso.

Che fare allora?

3. Le soluzioni “classiche”La scienza sociale, soprattutto quella economica, ha proposto in questi ultimi decenni alcune soluzioni alla tragedia dei commons. Innanzitutto, ha tradotto il problema dei commons nel linguaggio della teoria dei giochi, mostrando che la tragedia di Hardin è in realtà un Dilemma del prigioniero (con molti giocatori): esiste cioè una strategia razionale per l’individuo ma che non è ottima collettivamente3.

Se descriviamo la tragedia dei commons come un Dilemma del prigioniero (con tanti giocatori) allora la prima soluzione della tragedia che salta in mente è la ripetizione del gioco, quando l’orizzonte futuro del gioco è indefinito (non si sa cioè quando il gioco finisce)4. In particolare si afferma che sulla base dell’apprendimento dalle tragedie passate, se gli individui non sono miopi, i prigionieri hanno l’interesse

3 Questa traduzione ha migliorato la sintassi del problema (lo si descrive meglio), ma non ha aiutato la semantica, poiché si perde velocemente e facilmente il rapporto con i problemi storici che sono sotto a quel gioco. Innanzitutto, come aveva già messo in luce M. Olson nel 1965 con il suo libro La logica dell’azione collettiva, perché la tragedia dei commons si verifichi occorre che le persone coinvolte siano abbastanza, un numero sufficientemente grande per non cogliere immediatamente che la tragedia pubblica è anche privata: in altre parole, se i pastori fossero solo due, ognuno vedrebbe facilmente che il suo uso eccessivo del pascolo lo sta distruggendo, e il problema da pubblico (di tutti, cioè di nessuno) diventerebbe privato (anche mio). Nel Dilemma del prigioniero, invece, la numerosità dei giocatori non è una dimensione rilevante del problema, perché in questo gioco il dilemma emerge anche con due persone soltanto. Questo è solo uno dei motivi che mi fanno dubitare sull’uso del Dilemma del prigioniero per capire la tragedia dei commons (altri sono messi in luce dai lavori di Elinor Ostrom). In altre parole, quattro filoni di ricerca sono partiti attorno agli anni sessanta: Hardin (tragedia dei commons), M. Olson (logica dell’azione collettiva), Teoria dei giochi (Dilemma del prigioniero), e teoria dei beni pubblici (con il tema del free-riding), che hanno tratti in comune (la difficoltà delle persone accomunate da interessi comune a raggiungere effettivamente il bene del gruppo o bene comune), ma anche tanti punti diversi, che oggi vengono invece, troppo semplicemente, fusi assieme in molti libri di microeconomia.

personale e l’incentivo a “uscire dalla prigione” e cooperare senza bisogno di enforcement legale o esterno (giudici, tribunali …). Questa soluzione non sembra particolarmente utile (anche se non del tutto da scartare) per capire la storia di come le comunità reali risolvono le tragedie dei commons.

Come sviluppo di questa visione-soluzione individualistica e auto-interessata, c’è poi la proposta di privatizzare il bene collettivo suddividendolo in tante frazioni private (del bosco, del parco, del fiume (?), …). In realtà la suddivisione del bosco in tante parti individuali non è da demonizzare o da criticare sempre come anti-sociale: si pensi ai tanti casi (alcuni studiati in letteratura5) di gestione dei beni comuni in alcune aree del Trentino o dell’Emilia dove boschi e terre sono gestite sia in modo comunitario sia in modo individuale (ogni famiglia ha un pezzo del bene comune, con aspetti più comunitari riguardo alla suddivisione dei profitti dei boschi e delle terre)6. Il punto cruciale però è che molti beni comuni cruciali (dall’ozono all’acqua) non sono “divisibili”, e quindi occorre trovare soluzioni collettive.

Le altre due soluzioni classiche sono il contratto sociale (à la Hobbes: si crea con un patto artificiale un “Leviatano”) o l’etica individuale.

La soluzione hobbesiana punta tutto sullo Stato (che crea un sistema di sanzioni e di istituzioni per implementarle): soggetti razionali sanno che se non si autolimitano la libertà individuale non riescono a coordinarsi tra di loro e ad uscire dalla tragedia, quindi con un contratto sociale creano il Leviatano – a prezzo della libertà individuale. Il problema decisivo (che si somma alla rinuncia della libertà) che va contro questa soluzione è che nei commons oggi più rilevanti non può essere implementata, poiché data la loro natura globale non esiste un Leviatano globale (e per fortuna!).

Chi può creare un sistema di enforcement per far rispettare patti eventualmente stipulati dalle grandi potenze mondiali? I fallimenti degli accordi sulle emissioni di Co2, sullo sfruttamento dei fondali oceanici e sui beni pubblici internazionali sono fatti molto più eloquenti di qualsiasi discorso teorico.

La terza soluzione punta, anche come reazione alla sfiducia delle soluzioni top-down, sull’etica individuale (sia essa kantiana o di altra ispirazione), dove il soggetto interiorizza la norma etica (“non inquinare”, ad esempio) e la segue perché sa che, una volta interiorizzata la norma, è più felice seguendo quella data condotta morale7. In questa terza soluzione (che è comunque molto importante, e co-essenziale in qualsiasi soluzione seria del problema dei commons) il centro è l’individuo, mentre nella seconda è lo Stato.

Che cosa manca in questa storia di possibili soluzioni? Il grande assente è la società civile, che è una realtà che non possiamo definire né Stato, né mercato (auto-interessato o capitalistico), né puramente una somma di faccende individuali-private.

4 In realtà, se guardiamo da vicino questo punto, vediamo subito che questa “soluzione” in realtà è una ulteriore prova che la struttura logica del Dilemma del Prigioniero non è adatta per comprendere la tragedia dei commons: che cosa significa far ripetere il gioco per l’abbassamento delle falde acquifere? E’ difficile descrivere questo problema con una logica strategica (cioè del tipo: quale è la mia migliore strategia data la mia previsione circa il comportamento razionale degli altri con i quali interagisco?). La natura del “gioco” dei commons è già dinamica (non è statico), ma è una dinamica non rappresentabile dal dilemma del prigioniero.5 Cfr in particolare, i lavori di Marco Casari (citati in bibliografia).6 Un aspetto importante di queste antiche convenzioni riguarda l’impossibilità di ripristinare secolari istituzioni se vengono distrutte.7 Dal punto di vista tecnico, è come se i soggetti cambiassero le loro preferenze nel tempo fino ad includere nella propria funzione obiettivo anche il bene pubblico: in questo modo il bene da comune diventa anche privato, grazie a ricompense e sanzioni interiori, che fanno preferire il comportamento etico a quello non etico.

Che cosa vuol dire allora prendere sul serio la società civile nel tema dell’acqua e più in generale dei commons? A questa domanda dedico l’ultima parte di questa mia nota.

4. Alcune proposte “civili”In un recente articolo, Amartya Sen, probabilmente l’economista politico più influente oggi in temi di politiche ambientali e di diritti umani, ha sottolineato che nel tema dei “global commons”, come l’acqua, “il problema importante è dato dal fatto che i Paesi industrializzati utilizzano una quota sproporzionatamente maggiore di ciò che definiscono “i beni collettivi globali” (global commons), ovvero il patrimonio di aria, acqua e altre risorse naturali di cui noi tutti, collettivamente, possiamo fruire” (p. 565). E’ evidente, come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, che soprattutto per i commons globali, la soluzione hobbesiana dello Stato che sanziona i trasgressori non è implementabile. Ciò non significa dire che i capi di governo (e soprattutto gli elettori di questi capi, spesso molto poco lungimiranti) non debbano far di tutto per arrivare ad un patto sociale mondiale con sanzioni, ma questa non sembra la soluzione più semplice, né l’unica.

Ma c’è di più: gli utilizzatori dei beni comuni globali, come l’acqua, sono oggi miliardi di persone indipendenti le une dalle altre (non capi di governo), dove ciascuno massimizza propri obiettivi: coordinare e limitare tutta questa gente è impresa ardua, se non impossibile. Da questa prospettiva, risulta importante la dimensione etica individuale ed educativa, sebbene neanche questa può, da sola, presentarsi come la soluzione.

Eppure qualcosa va fatto, poiché è troppo urgente un nuovo patto sociale mondiale tra cittadini uguali e liberi (e non solo quelli del G20, ma tutti potenzialmente) che si auto-limitino nell’uso delle risorse comuni – come cercano di fare gli umili raccoglitori di funghi porcini. Sarebbe un patto diverso da quello hobbesiano (tendenzialmente illiberale) o quello fatto dai “capi” (di governo, di famiglia, di clan): il nuovo patto sociale mondiale dovrebbe essere un patto della fraternità dopo l’uguaglianza e la libertà: queste ultime sono state la grande conquista della modernità, che hanno creato la democrazia, i diritti …, ma si stanno, da sole, rivelando incapaci di gestire i beni comuni dai quali dipenderà molto, forse quasi tutto, del presente e del futuro. Liberté e egualité dicono individuo; fraternità dice invece legame tra le persone, e senza legami, senza riconoscere che siamo legati perché insistiamo sulle stesse risorse comuni, non si esce dalla tragedia dei commons.

Tutto ciò ha implicazioni molto concrete. Torniamo al caso dell’acqua.

Se vogliamo che l’acqua sia gestita non solo dallo Stato né solo dal mercato for-profit o capitalista (per i motivi appena accennati), allora occorre assegnare un posto importante alla società civile anche in tema di economia e di impresa. È necessario che la società civile esprima imprese efficienti (superando con ciò il grande limite delle imprese statali o pubbliche), ma che non abbiano come scopo o movente il profitto: l’impresa che massimizza il profitto non dovrebbe, in una economia civile, gestire i beni comuni, perché produce la tragedia dei commons, perché non sa fermarsi prima del limite (anche se regolamentata: è noto il fallimento dei controllori in tali ambiti, soggetti facilmente a “cattura”). Le imprese che si occupano di acqua (soprattutto quelle che si occupano del consumo di acqua: penso qui alle imprese delle acque minerali, spesso altamente for-profit e speculative) dovrebbero essere imprese civili, ancorate cioè ad una visione di comunione (commons) e di fraternità (legame), cioè che siano efficienti (non sprecano), ma che non abbiamo come obiettivo il profitto.

Ma per far ciò è necessario veramente un nuovo patto sociale, a più livelli, che includa mercato, famiglie, pubblica amministrazione, politica, un patto sociale che renda possibile questo cambiamento di paradigma.

5. Quali virtù nell’epoca dei beni comuni?Una società civile dove ciascuno persegue semplicemente i propri interessi, funziona bene, perché la cura dei propri interessi è espressione della virtù della prudenza da parte dei cittadini. Se, ad esempio, ogni cittadino di Milano si occupa dell’educazione dei propri figli, fa bene il proprio lavoro, sistema il giardino e paga le tasse per produrre i beni pubblici, se cioè a Milano abbiamo tanti prudent men, come li chiamava Adam Smith, automaticamente anche la città è virtuosa. È questa, nella sua essenza, l’idea racchiusa dalla metafora più famosa del pensiero economico, quella della “mano invisibile”: ciascuno persegue interessi privati e la società si ritrova provvidenzialmente anche con il bene comune. Anche per questa ragione, e in polemica con i moralisti a lui precedenti e contemporanei (penso a Mandeville o a Rousseau), per Adam Smith l’interesse personale non è un vizio ma è una virtù: la virtù della prudenza. Questa operazione “semantica” (la stessa parola, self-interest, che cambia significato morale, e da vizio diventa una virtù) è stata alla base della legittimazione etica della nascente economia politica e dell’economia di mercato, che, occorre sempre ricordarlo, ha svolto una importante funzione di civilizzazione del mondo, se lo confrontiamo con il regime feudale.

C’è però un problema molto serio. La legittimazione etica dello scambio e questa visione virtuosa dell’interesse (visto come espressione di prudenza), ha funzionato e funziona in società semplici, dove il bene dei singoli è direttamente anche il bene di tutti, dove i beni sono soprattutto privati: lavatrici, panini, scarpe e PC. Se invece i beni diventano comuni, se i beni economici più importanti e strategici per noi e per i nostri nipoti, per i più poveri e per le altre specie, sono cioè le energie non rinnovabili, foreste, laghi, mare, beni ambientali, acqua, discariche, ma anche la gestione di un condominio, o la convivenza nelle città multietniche, il discorso si complica terribilmente. Accade cioè che la virtù della prudenza non è più automaticamente una virtù del mercato, poiché non è più vero che ricercare l’interesse privato produce anche bene comune, perché accade che il bene individuale produca male comune.

Il più grande cambiamento della società globalizzata e post-moderna ha proprio a che fare con il tema dei beni comuni, che stanno diventando la regola non l’eccezione. Siamo infatti entrati nell’epoca dei beni comuni. Oggi la qualità dello sviluppo dei popoli e della terra dipende sicuramente da scarpe, frigoriferi e lavatrici (i classici beni privati), ma molto più da beni (o mali) comuni come i gas serra, dallo sfruttamento delle risorse naturali, o dallo stock di fiducia dei mercati finanziari (la crisi finanziaria può anche essere letta come una tragedia del bene collettivo fiducia), da cui dipendono poi anche i beni privati.

La domanda cruciale dell’oggi allora diventa: quali sono le tipiche virtù che il mercato e la società civile dovrebbe coltivare per poter affrontare e magari vincere le grandi sfide poste dai beni collettivi? Queste nuove virtù dovranno essere virtù immediatamente sociali, dove leggo da subito la mia azione in rapporto a quelle degli altri: da questa prospettiva la riflessione filosofica e politica che si sta facendo sul tema della fraternità può essere un contributo molto importante.

La storia ha conosciuto molti momenti nei quali comunità, società, popoli sono stati posti di fronte al bivio che separa la fraternità dal fratricidio, due strade sempre confinanti e intrecciate, dai tempi di Caino. A volte abbiamo scelto la direzione della

fraternità, altre, forse le più numerose, quella del fratricidio. Oggi il bivio è ancora di fronte a noi, e occorre far di tutto perché la direzione sia quella della fraternità. È in gioco il futuro stesso della nostra specie, e, grazie a Dio, siamo ancora in tempo.

Bibliografia:Baggio A.M. (2007), Il principio dimenticato, a cura di, Cittanuova, Roma.

Casari M. (2007), “Emergence of Endogenous Legal Institutions: Property Rights and Community Governance in the Italian Alps”, The Journal of Economic History, Vol. 67, No. 1, pp. 191-226.

Diamond J. (2005), Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere, Einaudi, Torino.

Hardin G. (1968), The tragedy of commons, Science, Vol. 162, no. 3859, pp. 1243-1248.

Olson M. (1965), La logica dell’azione collettiva, ed. italiana, Feltrinelli, Milano, 1990.

Ostrom E. (2006), Governare i beni collettivi, Marsilio, Venezia.

Sen A. (2010), “Sviluppo sostenibile e responsabilità”, Il Mulino, 4/2010, pp. 554-566.

*Luigino Bruni è Professore Associato di Economia Politica presso la Facoltà di Economia, Università di Milano-Bicocca, e componente del Comitato Etico della Banca popolare Etica.

Italia, acqua non più chetaArticolo di Herbert Anders*

Un’acqua chetaPrivatizzare è il motto sin dagli anni ‘90. Alfa Romeo, Sme, Montefibre, Cementir, ENI, Enichem, Nuova Tirrenia, Telecom, ENEL, Credito Italiano, BNL, sì, persino Banca d’Italia sono alcune delle imprese che lo stato ha venduto a privati. Grandi, epocali, travolgenti cambi avvenuti principalmente nell’assetto dei settori telecomunicazioni (33,2% sul totale delle privatizzazioni fino al 2004), bancario-assicurativo (31,6%), trasporti (13%), siderurgico (4,6%), alimentare (3,4%) e editoria (2,8%), di fronte ai quali la società italiana è rimasta come un’acqua cheta. Forse perché c’era spreco e corruzione nel servizio pubblico. Forse perché il cittadino non si identificava tanto con queste sue risorse, amministrate dallo stato. Forse perché l’amministrazione pubblica faceva acqua da tutte le parti. Fu, dunque, solo tappa naturale del percorso, arrivare anche all’intervento sull’acqua. Nel lunga fila delle privatizzazioni, si tratta dell’ultima manifestazione della politica del profitto soltanto.

La goccia che fa traboccare il vasoMa, lentamente, qualcosa nell’acqua cheta si sembra corrodere. “Acqua, bene comune”, “l’acqua è del sindaco! (e di tutti i cittadini)”, “giù le mani dalla brocca: l’acqua è nostra, non si tocca”, sono alcuni degli slogan dei forum per l’acqua che sono nati un po’ dappertutto in Italia. Di fronte all’obbligo di privatizzare l’acqua, 131 comuni (tra cui Torino, Venezia, Livorno, Ferrara, Taranto), 2 provincie e 2 regioni hanno approvato una delibera per il transito verso una Azienda Consortile e quindi una ripubblicizzazione del servizio idrico e 19 hanno già modificato il loro

statuto in tal senso (per una mappa completa v. www.acquabenecomune.org). Alex Zanotelli, il missionario comboniano, pensa che l’acqua sia proprio la goccia che fa traboccare il vaso. Ha pertanto lanciato un appello sotto il nome “Acqua: Hasta la victoria!” per un “anno in cui noi italiani dobbiamo decidere se l’acqua sarà merce o diritto fondamentale umano”, al quale è stata invitata ad aderire anche la FCEI . Francesco Gesualdi, del Centro nuovo modello di sviluppo e autore delle utilissime “Guide al Consumo Critico”, sta costruendo dei gruppi in tutta l’Italia che si interrogano sul “benvivere, nel rispetto dei limiti del pianeta”. Gesualdi vuole “elaborare delle proposte di riorganizzazione economica e strategie di attuazione”, perché “la gente ha bisogno di concretezza, vuole saper come si ottiene il miracolo”.

Quale acqua sotto i ponti?Ma che cos’è successo? Perché dopo tanta acqua passata sotto i ponti si comincia a suonare l’allarme? Il 10 settembre 2009 il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge sulla definitiva privatizzazione dell’acqua e il 19 novembre la Camera dei Deputati lo ha convertito in Legge (135, art.15). Per essere sinceri, non si privatizza la proprietà del bene, ma “solo” la sua gestione. Purtroppo la proprietà demaniale non conta niente quando, come è successo in un piccolo comune della Campania, la sorgente a monte, prima di arrivare in paese viene imbottigliata da chi vende l’acqua a caro prezzo, mentre al comune non rimane altra scelta che ordinare il razionamento dell’acqua di rete per i cittadini, come rileva Teresa Isenburg già nel dossier sull’acqua della GLAM (commissione per la Globalizzazione e l’Ambiente della Federazione delle chiese Evangeliche in Italia, 2002). In 14 regioni su 20 le aziende private dell’industria dell’acqua minerale non pagano alcun canone per la quantità di acqua effettivamente prelevata, ma solo un “canone di coltivazione”, in pratica l’affitto del terreno all’interno del quale sorge l’acqua. Considerando questi dati diventa chiaro che chi gestisce l’acqua di fatti né ha la proprietà. Entro il 2012 tutta l’acqua dovrà essere privatizzata. La massima partecipazione comunale potrà essere del 30 percento e solo se costituita in Spa.

Piove sul bagnatoIl 30 percento dei fiumi, laghi e delle piogge saranno di tutti e tutte, mentre il 70 percento delle gocce d’acqua avranno un bollino su cui è scritto il nome di un azienda privata. E questo dopo che decenni di politica neoliberista hanno provato ampiamente che il primo interesse del privato non può non essere il profitto in bilancio, hanno provato come le transnazionali non hanno scrupoli a sfruttare eccessivamente le risorse, hanno provato che il profitto immediato viene preferito di fronte al rispetto per le generazioni future, hanno denunciato tutti i meccanismi in cui le grandi aziende possono aggirare le leggi degli stati, hanno rivelato i loro meccanismi legali (e non) per fuggire alla tassazione dei profitti, hanno gridato allo scandalo per i lauti compensi dei loro manager, hanno criticato la condizione precaria dei loro lavoratori, hanno... . Tanti sono gli esempi a prova dei danni che la gestione privata reca agli interessi pubblici che qui possano bastarne due.

Il caso più clamoroso è sicuramente la Bolivia e le rivolte della popolazione a Cochabamba in cui il militare boliviano si è visto costretto a difendere gli interessi della Bechtel Corporation, transnazionale statunitense che si era appropriata della gestione di tutte le acque comunali, anche quelle piovane. Le proteste scatenate hanno non solo cacciata la Bechtel, ma anche il governo.

Anche il comune di Parigi con i botti del capodanno 2009 ha festeggiato il ritorno ad una gestione pubblica del prezioso bene comune, per avere, secondo il suo primo cittadino, “un servizio migliore a un prezzo migliore.”

A goccia a goccia si scava la pietraIn tutto il mondo, l’acqua è diventata una delle prime cause di attivazione di lotta popolare. Il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) ha creato la Rete Ecumenica per l’Acqua per sensibilizzare le chiese. Sotto il motto “acqua sacra”, il CEC ha dedicato le settimane prima della Pasqua 2010 all’obbligo della fede cristiana di condividere l’acqua tra tutte le creature. La specifica rete ecumenica internazionale (Rete Ecumenica per l’Acqua, EWN) continua ad offrire suggerimenti, strategie e materiali sul suo sito (www.oikoumene.org/en/activities/ewn-home.html).

Le chiese evangeliche italiane, fatto la legge, non hanno esitato a far sentire le loro voci. L’Unione Battista, in una dichiarazione della presidente Anna Maffei del 13 novembre 2009, denuncia che “rendendo proprietà privata gli elementi costitutivi della vita, come nel caso dell’acqua, il governo demanda ad altri i compiti che sono specifici della pubblica amministrazione” e esorta le sue chiese di “aderire alle sollecitazioni non-violente dei movimenti a difesa dell’acqua pubblica”.

La moderatora della Tavola Valdese non è da meno quando in una dichiarazione del 1 dicembre 2009 conclude che “mossi da ragioni teologiche, etiche e politiche dobbiamo contestare questo provvedimento e, invitando le nostre chiese a rendere pubblica la critica al provvedimento adottato, credo che dovremmo impegnarci a raccogliere le firme contro di esso, anche nella prospettiva di un referendum abrogativo”.

Così anche la Chiesa Avventista in Italia che si adopera affinché “tutti possano accedere a questo bene dell’umanità”, tramite progetti realizzati dall’Agenzia Avventista per lo Sviluppo e il Soccorso (Adra).

Come il diavolo all’acqua santaIl governo, invece, al concetto di “acqua sacra” sembra stare come il diavolo e non ha scrupoli a privatizzare con la stessa legge 135 anche la gestione dei rifiuti, dei trasporti, dell’energia e del gas. E questo, nonostante che Attac Italia esaminando per un anno intero i progetti di una gestione già privatizzata, avesse rivelato che i privati, “indistintamente dalla regione o dalla realtà amministrativa affrontata, hanno prodotto un aumento delle tariffe, una precarizzazione del lavoro e una diminuzione della qualità del servizio”.

La privatizzazione dei beni comuni deruba il pubblico, quindi tutti i/le cittadini/e, di una risorsa essenziale. La privatizzazione dell’acqua è una dei passi più incisivi in questo processo. Se lo stato ritiene di avere ancora una funzione di governo, in altre parole di amministrazione a servizio dei suoi cittadini, si sta rendendo illegittimo. La privatizzazione dell’acqua significa la delega delle mansioni dello stato a privati, perché non è in grado di provvederne. Quello che rimane è il dominio degli interessi particolari e la sconfitta della comunione dei cittadini.

In Italia le chiese, insieme ad un crescente numero di associazioni e comuni, prendono posizione. La fede cristiana è una fede nella condivisione, che non si vuol far sopraffare dalla mentalità del profitto soltanto. Sarà una fede con valenza profetica o solo all’acqua di rose?

*Herbert Anders è Pastore della Chiesa Evangelico-Battista ed esperto di problematiche legate al rapporto fra etica, economia e giustizia sociale.

Sete di profittoArticolo di Roberto Cuda*

Le banche mettono le mani sull’acqua, il mondo della finanza, istituti di credito in testa, non si lascerà sfuggire l’occasione d’oro offerta dal Governo, che ha dato vita ad una privatizzazione forzata del comparto idrico, che dovrà concludersi entro il 2015.

Chiare, fresche, dolci acque. E redditizie. Senza fare troppo rumore, le banche stanno mettendo le mani su una delle risorse vitali del Paese (e del mondo intero). Dopo aver acquisito piccole quote nelle principali società idriche del settore, ora si avvicina il momento di fare il grande salto. Restano due ostacoli da superare: le tariffe (troppo basse) e il referendum per l’acqua pubblica. Poi sul resto ci si può mettere d’accordo.

La svolta è arrivata con l’operazione San Giacomo, nuovo polo dell’acqua controllato da Iren ( frutto della fusione tra la ligure-piemontese Iride e l’emiliana Enìa) in partnership con F2I, il fondo di private equity guidato da Vito Gamberale e partecipato al 55% da Intesa San Paolo, Unicredit, Merril Lynch e sette fondazioni bancarie. F2I nella nuova società – che ha inglobato la genovese Mediterranea delle Acque – avrà una quota del 35% con l’opzione di salire al 40%. Altro socio di rilevo con l’8% è la Cassa Depositi e Prestiti, a sua volta partecipata al 30% dalle stesse fondazioni.

Manovre che segnalano gli appetiti del mondo creditizio verso un boccone troppo ghiotto per farselo sfuggire, specie in periodo di vacche magre. E il Ministro per le Politiche Europee, Andrea Ronchi, lo ha offerto su un piatto d’argento con un decreto del 21009, poi convertito in legge, avviando una vera e propria privatizzaizone forzata del comparto. Infatti entro il 2015 i Comuni dovranno scendere al 30% nelle società quotate in Borsa (al 40% entro giungo 2013), mentre nelle aziende a totale capitale pubblico, l’azionista privato dovrà salire al 40% entro l’anno. In caso contrario scatta l’obbligo di gara per l’affidamento del servizio. Una rivoluzione per il settore, che riverserà in Borsa partecipazioni per oltre due miliardi di euro nei prossimi tre anni e mezzo, rimettendo in gioco gli attuali assetti proprietari. Sempre che il referendum non rovini la festa.

Il cappio dei debitiIntanto sui pacchetti in vendita hanno messo gli occhi tutti. Banche, gruppi industriali (in primis Caltagirone, già azionista di rilievo di Acea), fondi di investimento, fondi pensione, fodnazioni bancarie, ma anche organismi pubblici come la Cassa Depositi e Prestiti e veicoli come F2I. I Comuni dal canto loro potrebbero cogliere l’occasione per dare un po’ di ossigeno alle casse, in sofferenza per il taglio ai trasferimenti, cedendo quote anche superiori alla soglia imposta per legge.

Le banche, tuttavia, sono avvantaggiate sui competitor grazie agli intrecci finanziari già in essere, che legano a doppio filo le sorti del settore agli interessi degli istituti. Le sole società quotate hanno debiti bancari per 6 miliardi di euro, su 9 miliardi di capitalizzazione, che fruttano ogni anno dai 240 ai 360 milioni di interessi, prelevati direttamente alale bollette dei cittadini. Una spada di Damocle che peserà non poco nel processo di privatizzazione, quando cioè si tratterà di collocare le partecipazioni sul mercato. In prima fila svetta Intesa San paolo, seguita nell’ordine da Banco Popolare, Unicredit, Dexia Crediop, MPS e BNP (che controlla BNL): sono loro che tengono e briglie del debito nel comparto idrico, bene in grado di influenzare le scelte strategiche delle aziende clienti. E saranno loro, con tutta probabilità, a contendersi la

torta. «Sul piatto ci sono soprattutto le imprese del Nord, più ricche ed efficienti», dice Lembo, Segretario nazionale del Comitato italiano per il Contratto mondiale dell’acqua. Inoltre, continua Lembo, «mentre in Regioni come la Toscana, l’Umbria e l’Emilia le tariffe sono già aumentate, in Lombardia e Veneto ci sono margini molto più ampi. Ma per ora le banche mantengono uno stretto riserbo sull’argomento, visto i nostri tentativi andati a vuoto di avere qualche chiarimento».

Del resto i rischi sono bassi e il rendimento è garantito per legge. Già nel 2006, infatti, la normativa stabilisce una remunerazione minima del 7% sul capitale investito, da incorporare nelle tariffe. «Ma si tratta appunto di una soglia minima – continua Lembo – destinata con tutta probabilità a salire, visto che in Italia la tariffa media è circa la metà di quelle europee. La stessa remunerazione viene garantita ai fondi pubblici, ad esempio quelli erogati da Cassa Depositi e Presitit, quando i tassi applicati da quest’ultima agli enti locali si attestano oggi intorno al 3%. Un norma iniqua, di cui abbiamo chiesto l’abrogazione per via referendaria». Nel 2009 F2I ha assicurato agli investitori un rendimento medio del 15%, al di sotto del quale difficilmente scenderà in futuro se vuole continuare a rastrellare capitali.

A pesare saranno anche gli interventi per chiudere le falle di una rete non proprio in ottimo stato – si stimano non meno di 50 miliardi di euro nei prossimi quindici anni – che aumenteranno i debiti delle multiutility e faranno lievitare i prezzi. È questo un nodo cruciale nei processi in atto, come spiega Andrea Gilardoni, docente di Economia e Gestione delle Utilities all’università Bocconi di Milano: «Il settore idrico è oggetto di grande attenzione, ma richiede grossi investimenti, che la pubblica amministrazione non è più in grado di sostenere. Il fabbisogno è di gran lunga superiore alle risorse disponibili, e non resta che la finanza privata per riparare le reti e garantire una gestione efficiente delle varie fasi, dal trasporto alla depurazione, dal riciclo al trattamento fognario. Le nuove normative europee, d’altro canto, impongono parametri qualitativi dai quali non possiamo prescindere».

Il nodo tariffeLe tariffe saranno, dunque, il vero spartiacque di un ingresso in forze della finanza privata. «Banche e fondi intervengono solo se hanno ritorni adeguati – conferma Gilardoni – e dunque servono prima regole chiare e trasparenti, come è avvenuto nel settore elettrico, a partire dalle tariffe. Le banche finora hanno mostrato prudenza, proprio a causa dell’incertezza normativa e del malfunzionamento del sistema degli Ato8. Per contro la natura del servizio idrico potrebbe garantire rendimenti costanti che, soprattutto in periodi di crisi, costituiscono un asset importante. Si tratta inomma di investimenti con rischi contenuti, meno sensibili ai cicli dei mercati finanziari». È d’accordo Giampaolo Attanasio, associate partner di KPMG specializzato nel settore energy and utility: «L’interesse degli investitori per il comparto è legato al buon rapporto fra rischio e rendimento e a una remunerazione comunque superiore a quella dei titoli pubblici. Tuttavia la mancanza di chiarezza normativa e il basso livello del tariffe ostacolano l’afflusso di capitali privati. Molti preferiscono aspettare, in attesa di una netta separazione tra patrimonio e gestione del servizio e di un maggiore consenso sugli aumenti tariffari. IN ogni caos un eventuale un eventuale ingresso delle banche non avverrà direttamente ma attraverso fondi infrastrutturali come F2I, che potrebbero attrarre gli investimenti mettendo in gioco una reale competenza nel

8ATO: Ambito territoriale ottimale, è un territorio su cui sono organizzati servizi pubblici integrati, come quello idrico o o dei rifiuti. Sono individuati dalle Regioni con una apposita legge regionale (nel caso del servizio idrico integrato con riferimento ai bacini idrografici) e su di essi agiscono le Autorità d’ambito, strutture con personalità giuridica che organizzano, affidano e controllano la gestione del Servizio Integrato. Secondo la legge 42/2010 gli ATO dovrebbero essere aboliti entro marzo 2011 e le funzioni dovrebbero essere riattribuite alle Regioni. Ma la tematica è connessa con i referendum sull'acqua.

settore. Per il resto molto dipenderà dall’esito della crisi, per nulla scontato. Quando le quote dei Comuni verranno messe sul mercato potremmo trovarci di fronte a una economia in ripresa oppure ad uno scenario giapponese, di stasi: situazioni molto diverse, che incideranno sull’atteggiamento dei potenziali inquirenti».

Box di approfondimentoIntesa SanPaolo: le mani sull’acqua

Intesa SanPaolo sembra avere fiutato prima degli altri l’affare. Dai documenti contabili risulta, infatti, la banca di gran lunga più esposta sul settore idrico. Azionista al 10% di Acque Potabili (provincia di Palermo), al 3,6% di Acegas e al 3% di Iren, compare tra i grandi finanziatori di tutte le multiutility quotate in Borsa.Acegas, Acque Potabili, Acsm Agam, Hera, Iride, ed Enìa registrano debiti a breve e medio-lungo termine intorno ai 420 milini di euro verso Intesa, oltre il doppio dei volumi di Unicredit. Acea e A2A non forniscono il dettaglio dei creditori, ma sappiamo che la banca guidata da Corrado Passera intrattiene rapporti privilegiati con entrambi. Nel marzo 2010 essa garantì il collocamento di un prestito obbligazionario Acea pari a 500 milioni di euro, insieme a BNP, Mediobanca, MPS e Unicredit, mentre nove mesi dopo compare fra i collocatori di obbligazioni A2A per 1 miliardo di euro, insieme a BNP, Mediobanca, Banco Bilbao e Calyon. Nei prospetti di entrambe le aziende, depositati alla Borsa del Lussemburgo (paradiso fiscale nel quale è avvenuta l’emissione, si precisa che gli istituti “e le rispettive affiliate sono impegnati, e potrebbero esserlo in futuro, in attività di banca d’investimento, banca commerciale (inclusa l’erogazione di prestiti agevolati) e altre transazioni correlate con le imprese emettitrici e le propri affiliate e potrebbero prestare servizi per esse”. Intesa è anche uno dei grandi investitori di F2I , il fondo entrato prepotentemente nel mercato idrico con l’operazione San Giacomo-Mediterranea delle Acque, ma non disdegna interventi di minor cabotaggio in diversi Ato. Nel 2009 ha partecipato alla concessione di un prestito in pool alla società Multiservizi, che ha in appalto il servizio idrico dell’Ato di Ancona, per la realizzazione degli investimenti previsti dal piano d’ambito, ed ha acquisito un mandato per il finanziamento all’Ato di Novara, in attesa del quale ha concesso un prestito ponte in pool con altri istituti. Nel 2008 si segnala la prosecuzione dell’attività di advisory verso la Gori SpA, concessionaria per il servizio idrico dell’Ato Sarnese-Vesuviano. Nelle relazioni di bilancio dei due anni precedenti emergono rapporti con l’allora Smat di Tornio, a garanzia di finanziamenti della Banca Europea per gli Investimenti, e con la Telete per progetti relativi al ciclo idrico dell’Ato 1 Lazio Nord-Viterbo e dell’Ato 3 Umbria, nonché un’operatività “di particolare rilievo con le principali aziende del Nord Italia, quali Aem Milano, Hera, Asm Bresciae Iride.

*Roberto Cuda è un giornalista di Valori, la rivista mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità promossa da Banca popolare Etica. L’articolo, pubblicato sul numero di marzo 2011 della rivista, ci è stato gentilmente concesso dalla Cooperativa Editoriale Etica.

Lettera dalla montagnaLettera di don Lorenzo Milani a Ettore Bernabei, Direttore de Il giornale del mattino*

Caro direttore,

col progetto di consorzio di cui ti parlai si darebbe l’acqua a nove famiglie. Quasi metà del mio popolo.

Il finanziamento è facile perché siamo protetti dalla legge per la montagna. La benemerita 991 la quale ci offre addirittura o di regalo il 75 per cento della spesa oppure, se preferiamo, in mutuo l’intera somma. Mutuo da pagarsi in 30 anni al 4 per cento comprensivo di ammortamento e interessi. Nel caso specifico, l’acquedotto costerà circa 2 milioni. Se vogliamo sborsarli noi, il governo fra due anni ci rende un

milione e mezzo. L’altro mezzo milione ce lo divideremo per 9 che siamo e così l’acqua ci sarà costata 55.000 lire per casa. Oppure anche nulla; basta prendere pala e piccone, scavarci da noi il fossetto per la conduttura e ecco risparmiate anche le 55.000 lire. Se invece non avessimo modo di anticipare il capitale allora si può preferire il mutuo. Il 4 per cento di 2 milioni è 80.000 l’anno. Divise per 9 dà 8.800 lire per uno.

Se pensi che 8.000 lire per l’acqua forse le spendi anche te in città e se pensi che a te l’acqua non rende, mentre a un contadino e in montagna vuol dire raddoppiare la rendita e dimezzare la fatica, capirai che anche questo secondo sistema è straordinariamente vantaggioso.

Insomma bisogna concludere che la 991 è una legge sociale e meravigliosa. Mi piacerebbe darti un’idea chiara di quel che significa l’acqua quassù, ma per oggi mi contenterò di dirti solo questo: s’è fatto il conto che per ogni famiglia del popolo il rifornimento d’acqua richieda in media 4 ore di lavoro di un uomo valido ogni giorno. Se i contadini avessero quella parità di diritti con gli operai che non hanno, cioè per esempio quella di lavorare solo 8 ore al giorno, si potrebbe dire dunque che qui l’uomo lavora mezza giornata solo per procurarsi l’acqua. Dico acqua, non vino!

Tu invece per l’acqua lavori dai tre ai quattro minuti al giorno. A rileggere l’art. 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale…» mi vengono i bordoni.

Ma oggi non volevo parlarti dei paria d’Italia, ma d’un’altra cosa. Dicevamo dunque che c’è questa 991 che pare adempia la promessa del 2° paragrafo dell’art. 3 della Costituzione: «… è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini».

A te, cittadino di città, la Repubblica non regala un milione e mezzo, né ti presta i soldi al 4 per cento compreso l’ammortamento. A noi sì. Basta far domanda e aver qualche conoscenza.

Infatti eravamo già a buon punto perché un proprietario mi aveva promesso di concederci una sua sorgente assolutamente inutilizzata e inutilizzabile per lui, la quale è ricca anche in settembre e sgorga e si perde in un prato poco sopra alla prima casa che vorremmo servire. Due settimane dopo, un piccolo incidente. Quel proprietario ha un carattere volubile. Una mattina s’è svegliato d’umore diverso e m’ha detto che la sorgente non la concede più. Ho insistito. S’è piccato. Ora non lo scoscendi più neanche colle mine.

Ma il guaio è che quando ho chiesto a un legale se c’è verso d’ottenere l’esproprio di quella sorgente, mi ha risposto di no.

Sicché la bizzettina di quell’omino, fatto insignificante in sé, ha l’atomico potere di buttar all’aria le nostre speranze d’acqua, il nostro consorzio, la famosa 991, il famoso art. 3, le fatiche dei 556 costituenti, la sovranità dei loro 28 milioni di elettori, tanti morti della Resistenza (siamo sul monte Giovi! ho nel popolo le famiglie di 14 fucilati per rappresaglia).

Ma qui la sproporzione tra causa e effetto è troppa! Un grande edificio che crolla perché un ragazzo gli ha tirato coll’archetto!

C’è un baco interiore dunque che svuota la grandiosità dell’edificio di ogni intrinseco significato.

Il nome di quel baco tu lo conosci. Si chiama: idolatria del diritto di proprietà.

A 1955 anni dalla Buona Novella, a 64 anni dalla Rerum Novarum, dopo tanto sangue sparso, dopo 10 anni di maggioranza dei cattolici e tanto parlare e tanto chiasso, aleggia ancora vigile onnipresente dominatore su tutto il nostro edificio giuridico. Tabù.

Son 10 anni che i cattolici hanno in pugno i due poteri: legislativo e esecutivo.

Per l’uso di quale dei due pensi che saranno più severamente giudicati dalla storia e forse anche da Dio?

Che la storia condannerà la nostra società è profezia facile a farsi. Basterebbe il solo fatto della disoccupazione oppure il solo fatto degli alloggi.

Ma una storia serena non potrà non valutare forse qualche scusante, certo qualche attenuante: l’ostacolo della burocrazia insabbiatrice, quello dell’Italia sconvolta dalla guerra, quello degli impegni internazionali…

Insomma, tra attenuanti e aggravanti, chi studierà l’opera dei cattolici in Italia forse non riuscirà a dimostrare che la loro incapacità sia una incapacità costituzionale. Saremo perdonati dunque anche se in questa preziosa decennale occasione di potere non avremo saputo mostrare al mondo cosa sappiamo fare. Ma guai se non avremo almeno mostrato cosa vorremmo fare. Perché il non saper far nulla di buono è retaggio d’ogni creatura. Sia essa credente o atea, sia in alto o in basso loco costituita.

Ma il non sapere cosa si vuole, questo è retaggio solo di quelle creature che non hanno avuto Rivelazione da Dio.

A noi Dio ha parlato. Possediamo la sua legge scritta per esteso in 72 libri e in più possediamo da 20 secoli anche un Interprete vivente e autorizzato di quei libri. Quell’Interprete ha già parlato più volte, ma se non bastasse si può rivolgersi in ogni momento a lui e sottoporgli nuovi dubbi e nuove idee.

A noi cattolici non può dunque far difetto la luce. Peccatori come gli altri, passi. Ma ciechi come gli altri no. Noi i veggenti o nulla. Se no val meglio l’umile e disperato brancolare dei laici.

Che i legislatori cattolici prendano dunque in mano la Rerum Novarum e la Costituzione e stilino una 991 molto più semplice in cui sia detto che l’acqua è di tutti.

Quando avranno fatto questo, poco male se poi non si riuscirà a mandare due carabinieri a piantar la bandiera della Repubblica su quella sorgente. Morranno di sete e di rancore nove famiglie di contadini. Poco male. Manderanno qualche accidente al governo e ai preti che lo difendono. Poco male. Partiranno per il piano a allungarvi le file dei disoccupati e dei senza tetto. Non sarà ancora il maggior male. Purché sia salva almeno la nostra specifica vocazione di illuminati e di illuminatori. Per adempire quella basta il solo enunciare leggi, giuste, indipendente dal razzolar poi bene o male.

Chi non crede dirà allora di noi che pretendiamo di saper troppo, avrà orrore dei nostri dogmi e delle nostre certezze, negherà che Dio ci abbia parlato o che il Papa ci possa precisare la parola di Dio. Dicendo così avrà detto solo che siamo un po’ troppo cattolici. Per noi è un onore. Ma sommo disonore è invece se potranno dire di noi che, con tutte le pretese di rivelazione che abbiamo, non sappiamo poi neanche di dove veniamo o dove andiamo, e qual è la gerarchia dei valori, e qual è il bene e quale il male, e a chi appartengono le polle d’acqua che sgorgano nel prato di un ricco, in un paesino di poveri.

*La lettera, pubblicata il 15/12/1955 è facilmente reperibile su Internet a diversi indirizzi, ed è inserita nell’importante raccolta Lettere di don Lorenzo Milani, a cura di Michele Gesualdi, pubblicata da Mondadori nella collana Oscar.

Il referendum

In questa sezione si spiegano le problematiche legate ai prossimi quesiti referendari

Osservazioni sul referendumArticolo di Vania Statzu*

Il c.d. referendum contro la privatizzazione dell’acqua è in realtà il referendum per l’abrogazione dell’art.15 del Decreto-Legge 25 settembre 2009, n. 135 recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

Il testo del principale quesito referendario è il seguente:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n. 99 recante: “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europee” convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166?» (NdR: l’articolo è posto in calce al testo).

Questo quesito mira ad eliminare la norma che ha dato la possibilità agli enti di pubblici di affidare la gestione dei servizi idrici a società, ancorché pubbliche, che devono sottostare al diritto societario, e quindi non devono essere sottoposte al controllo della Corte dei Conti. I proponenti, infatti, contestano il fatto che anche le società a totale capitale pubblico, in quanto SpA sono orientate ai profitti e possono delocalizzare e differenziare i prodotti. Le società per azioni, anche a capitale interamente pubblico, non rientrerebbero nella logica del diritto pubblico ma in quella di diritto privato. L’obiettivo chiaro dei proponenti è quello di tornare all’acqua gestita dal pubblico attraverso aziende municipalizzate o aziende speciali, soggette comunque al controllo del Comune.

Per meglio comprendere le implicazioni della nostra scelta analizziamo per punti l’articolo da abrogare:

1. l’articolo è generale ed è relativo ai servizi pubblici locali e non solo all’acqua

2. l’articolo dice che d’ora in poi il conferimento della gestione dei servizi pubblici deve avvenire con modalità nuove: si deve prediligere l’assegnazione tramite gara ad una società di qualunque forma. Solo in via residuale, cioè in regime di deroga, è possibile ricorrere agli affidamenti in house, cioè a società che sono diretta emanazione dell’Amministrazione, ovvero sono enti strumentali dell’amministrazione

responsabile.

3. lo Stato Italiano ha redatto tale atto per dare attuazione a degli obblighi comunitari – così si deduce dalla lettura dell’articolo e dai comunicati stampa governativi

4. ha esteso la norma a qualunque tipo di servizio pubblico, anche ai servizi idrici.

In termini pratici, l’articolo prevede che entro dicembre anche le attuali gestioni in mano a SpA a capitale interamente pubblico si aprano al mercato cedendo il 40% delle proprio azioni a privati. Tale situazione ha portato ad una serie di proteste che si incentravano nello slogan “privatizzeranno l’acqua” che hanno portato al referendum che si svolgerà il 12/13 giugno del 2011, insieme ad un quesito sul nucleare e ad uno sul legittimo impedimento.

Mettiamo ordine. La norma in questione non privatizza l’acqua. L’acqua è stata privata, in Italia, fino al 1994: infatti precedentemente ciascuno di noi poteva scavare un pozzo senza chiedere alcuna autorizzazione e vivere senza dover denunciare il possesso di un pozzo. Dal 1994, con la Legge 36 – c.d. Legge Galli- l’acqua è divenuta pubblica e gli Enti preposti al suo governo sono i Comuni e le Province, oltre ad altri enti la cui finalità è specificatamente quella di gestire le risorse idriche come le Autorità d’Ambito. La Legge Galli è stata poi assorbita all’interno del TU ambientale, ovvero Legge 152 del 2006: anche in questo provvedimento viene ribadita la pubblicità delle acque.

Poiché nessuno dei due provvedimenti legislativi viene abrogato o emendato dal Decreto-Legge 25 settembre 2009, n.135, è chiaro che l’acqua rimane pubblica ed in mano a Comuni e Province.

Entriamo ora nel merito dell’art.15 del Decreto-Legge 25 settembre 2009, n.135. Questo articolo obbliga Comuni e Province così come riunite nell’Autorità d’Ambito ad assegnare la gestione dei servizi pubblici locali ad imprese di qualunque natura previo affidamento tramite gara. Questo per attuare gli obblighi dell’Unione Europea. La gestione interamente pubblica è concessa solo in deroga:

1.cominciamo col dire che l’inadempienza dell’Italia non stava nel fatto che i servizi pubblici locali venissero gestiti dal pubblico tramite società in house, bensì dal fatto che gli enti pubblici hanno assegnato la gestione dei servizi pubblici locali a società per azioni tramite affidamenti diretti, cioè senza gara. Questo è proibito dai Trattati Comunitari, anche se si tratta di imprese miste pubblico-private o a capitale interamente pubblico. In sintesi, l’UE non dice affatto che i servizi pubblici devono essere gestiti da imprese di qualunque natura esse siano; dice solo che se vuoi assegnare la gestione dei servizi pubblici ad una società devi fare una gara ad evidenza pubblica. Proprio sulla base di questi principi i promotori del referendum ritengono che si debba tornare ad una gestione pubblica;

2.l’Unione Europea non dice affatto che tutti i servizi pubblici sono uguali, ma distingue tra servizi pubblici di interesse generale –che possono essere privatizzati, come l’acqua- e servizi pubblici di interesse economico – che devono essere privatizzati, come le telecomunicazione e l’energia elettrica. Tuttavia l’UE lascia ai singoli stati la possibilità di scegliere come gestire i servizi pubblici di interesse generale. In sintesi, l’Unione Europea non dice affatto che l’acqua deve essere considerato un bene di interesse economico e che deve essere gestita da privati (si veda il Libro Verde sui servizi di interesse generale) o privatizzata.

In conclusione:

1. niente obbliga l’Italia a considerare l’acqua come tutti gli altri beni ed a considerare i servizi idrici come gli altri servizi

2. niente obbliga l’Italia a costringere i comuni e le province ad assegnare la gestione dei servizi idrici tramite gara a società di diritto privato né ad aprire le attuali SpA pubbliche al mercato.

3. dunque la decisione di dare la gestione delle risorse idriche in mano ad imprese è una scelta del Governo italiano.

Cosa accade se il referendum non passa? Si avrà una progressiva apertura al mercato delle società per azioni a capitale interamente pubblico, fino ad una situazione in cui la maggioranza del pacchetto azionario sarà in mano ai privati.

Cosa accade se il referendum passa? L’abrogazione dell’art.23 bis non annulla la Legge Galli e l’attuale assetto gestionale. Tuttavia avendo abrogato le norme che danno preminenza o chiaramente impongono forme gestionali differenti, la gestione pubblica risulta essere la forma principe di gestione dei servizi idrici. A questo punto occorrerà stabilire quali forme societarie sono compatibili con una gestione pubblica: la Corte Costituzionale deve decidere se le SpA a capitale pubblico sono equiparabili agli enti strumentali delle pubbliche amministrazioni. Al momento nell’ordinamento nazionale di fatto è così, quindi si potrà scegliere ancora tra azienda pubblica in house, SpA a capitale pubblico e queste potrebbero essere aperte in varie maniere ai privati o agire sul mercato come privati: ricordiamo che le municipalizzate rispondono a norme proprie.

La mia opposizione all’art. 15 del Decreto-Legge 25 settembre 2009, n.135 nasce proprio dal fatto che obbliga ad effettuare la gara, impedendo ad amministrazioni capaci di gestire un servizio la cui esternalizzazione è stata nel resto del mondo un fallimento. Io ritengo che se un’amministrazione è capace debba poter avere la possibilità di gestire da sé i propri servizi pubblici, purché nel rispetto della normativa comunitaria, nel rispetto dell’ambiente e dell’efficienza economica.

Detto ciò, c’è chi ritiene che questo provvedimento sia corretto e fosse, se non necessario, opportuno in quanto si presume che se la gestione del servizio è in mano ad una impresa che ha l’obbligo di pareggio di bilancio si otterrà maggiore efficienza di quella che potrebbe raggiungere una azienda pubblica. Inoltre si presume che se la SpA pubblica è efficiente essa possa presentarsi alla gara per l’affidamento e vincerla.

È vero che in Italia la gestione pubblica è stata preponderante fino alla seconda metà degli anni ‘90 e non è stata efficiente. Chi oggi si lamenta di Abbanoa e grida al ritorno dell’acqua in mano ai comuni (ricordo, comunque, che: l’Autorità d’Ambito è un consorzio obbligatorio tra province e comuni; l’Assemblea dell’Autorità d’Ambito è costituita da sindaci; le azioni di Abbanoa sono tutte in mano ai comuni con poche eccezioni), ha dimenticato cos’era la gestione idrica quando era in mano ai singoli comuni. Disfunzioni e disservizi erano molto frequenti, così come le perdite di sistema ed una tariffazione ballerina che dava spesso una falsa conoscenza delle tariffe realmente applicate. Infatti, se è vero che a Cagliari le tariffe Abbanoa sono molto più alte delle precedenti e ben vero che nella maggior parte dei comuni grandi le tariffe erano superiori a quelle introdotte da Abbanoa nel 2006 e perfettamente in linea con quelle applicate dall’ESAF per i consumi relativi ai 140 metri cubi (soglia internazionalmente conosciuta come quella che permette di soddisfare i consumi necessari).

Oggi una gestione pubblica anche perfetta è una gestione che non può più permettersi di accollare interamente il costo dell’acqua alla fiscalità generale, perciò deve far pagare i costi agli utenti, ovvero i cittadini. Ed i costi dell’acqua sono notevoli: infatti, non solo bisogna gestire le infrastrutture che in molti casi sono vecchie e necessitano di costante manutenzione se non di sostituzione, ma poi bisogna potabilizzarla, trasportarla e dove non arriva in caduta farlo con pompe che vanno ad energia elettrica (che non gli viene regalata = il 60% dei costi ESAF erano di corrente elettrica; oggi va un po’ meglio con la progettata installazione di fotovoltaico e microidroelettrico negli invasi da parte di ENAS) ed infine collettarla e depurarla (seriamente). Ricordo solo che molti dei comuni che regalavano l’acqua ai cittadini, oltre ad averla in caduta e a non potabilizzarla se non con trattamenti primari (in alcuni casi a ragione, in altri non proprio), non la depuravano. Questo perché scaricavano in corpi idrici superficiali (accollando il costo della bonifica e di tutti gli altri danni a noi) o in depuratori consortili o meno, prevalentemente a carico di ESAF (cioè della Regione, cioè delle tasse pagate da noi).

Questo per dire che l’acqua deve essere gestita seriamente e correttamente e che un modello di gestione efficiente prescinde dal fatto che l’acqua sia gestita dal pubblico o dal privato.

Allora, perché temere il privato? Semplicemente perché l’obiettivo del privato sarà sempre massimizzare il profitto, mentre quello del pubblico (si spera) è (ancora) massimizzare il benessere sociale. E questo è bene ricordarlo soprattutto quando si ha a che fare con monopoli, come nel caso dell’acqua. Alzi la mano chi può affermare che il servizio ferroviario è migliorato dopo la privatizzazione...d’altronde o Trenitalia o niente...

La vera sfida non sarà dunque vincere il referendum e riportare la gestione dell’acqua in mano al pubblico, ma far sì che la gestione pubblica sia veramente orientata al benessere collettivo, e che l’acqua del sindaco sia realmente l’acqua di tutti. Cercare le forme di gestione che permettono di raggiungere gestioni economicamente valide che rispondono al principio dell’acqua come bene meritorio è la sfida del futuro.

Il secondo quesitoIl secondo quesito sulle risorse idriche è il seguente:

«Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?».

La tariffa è il corrispettivo del servizio idrico integrato e deve coprire i costi di produzione dell'acqua, questo già dal 1994 (L. Galli e da DIR. EU 2000/60) e questo vale sia per le gestioni private che per quelle pubbliche. La norma dice che la tariffa “è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo” (l'articolo continua). Il quesito B ci chiede di eliminare la parte che lascia che la tariffa remuneri il capitale investito: ho letto le loro giustificazioni e non le ho capite. Da economista posso dire che in genere il fatto di

remunerare il capitale investito porta alla sovracapitalizzazione delle aziende con investimenti non necessari (qualunque libro di economia pubblica può fornire esempio di ciò) ed in questo modo si ottengono profitti che non derivano da un miglioramento reale di efficienza.

********************************************************************DECRETO-LEGGE 25 settembre 2009, n. 135

Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità Europee. (09G0145). Il provvedimento è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 223 del 25 settembre 2009 09-26

Art. 15

[omissis]

«2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:

a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento.

3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può' avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

4. Nei casi di cui al comma 3, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende espresso in senso favorevole.»;

c) dopo il comma 4, è inserito il seguente: «4-bis. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in forza dell'autonomia organizzativa e funzionale attribuita dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, individua, con propria delibera, le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell'espressione del parere di cui al comma 4.»;

d) i commi 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:

«8. Il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai commi 2 e 3 è il seguente:

a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano, improrogabilmente e senza necessita' di deliberazione da parte dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;

b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessita' di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;

c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;

d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica, si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2012; ove siffatta condizione non si verifichi, gli affidamenti cessano, improrogabilmente e senza necessita' di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31 dicembre 2012;

e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessita' di apposita deliberazione dell'ente affidante.

9. Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che, in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù' di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 2, lettera b), nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati regolamentati. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere alla prima gara svolta per l'affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio già a loro affidato.»;

e) al comma 10, primo periodo, le parole: «centottanta giorni dalla data di entrata in

vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «il 31 dicembre 2009»;

f) al comma 10, alla lettera a) la parola: «diretti» è sostituita dalle seguenti: «cosiddetti in house» e dopo le parole: «patto di stabilita' interno» sono inserite le seguenti: «, tenendo conto delle scadenze fissate al comma 8,»;

g) al comma 10, la lettera e) è soppressa.

*Vania Statzu è ricercatrice del CRENoS (Centro Ricerche Economiche Nord-Sud) dell’Università degli Studi di Cagliari e esperta di problematiche ambientali, in particolare in riferimento alla gestione dell’acqua.

Usare l’acqua

In questa sezione alcune regole di condotta per usare bene della “risorsa acqua” come persone e come comunità civile

La democrazia dell’acquaUn testo di Vandana Shiva*

Quelli che seguono sono nove principi che stanno alla base della democrazia dell’acqua:

1. L’acqua è un dono di natura. È nostro dovere usare questo dono secondo le nostre esigenze di sostentamento, mantenerlo pulito e in quantità adeguata. Le deviazioni che creano regioni aride o allagate violano il principio della democrazia ecologica.

2. L’acqua è essenziale alla vita. Tutte le specie e gli ecosistemi hanno diritto alla loro quota di acqua sul pianeta.

3. La vita è interconnessa mediante l'acqua. L’acqua connette tutti gli esseri umani e ogni parte del pianeta attraverso il suo ciclo. abbiamo il dovere di assicurare che le nostre azioni non provochino danni ad altre specie e ad altre persone.

4. L’acqua deve essere gratuita per le esigenze di sostentamento. Poiché la natura ci concede l’uso gratuito dell’acqua, comprarla, venderla per ricavarne profitto viola il nostro insito diritto al dono della natura e sottrae ai poveri i loro diritti umani.

5. L’acqua è limitata e soggetta a esaurimento se usata in maniera non sostenibile, come il prelevarne più di quanto la natura possa rifonderne (non sostenibilità ecologica) e il consumarne più della propria legittima quota (non sostenibilità sociale).

6. L’acqua deve essere conservata. Ognuno ha il dovere di conservarla e usarla in maniera sostenibile, entro limiti ecologici ed equi.

7. L’acqua è un bene comune. Non è un'invenzione umana. È per natura un bene comune. non può essere posseduta come proprietà privata e venduta come merce.

8. Nessuno ha il diritto di distruggerla. Nessuno ha il diritto di impiegare in eccesso, abusare, sprecare o inquinare l'acqua. I permessi di inquinamento commerciabili violano il principio dell’uso equo e sostenibile.

9. L'acqua non è sostituibile. È diversa da altre risorse e prodotti. Non può essere trattata come una merce.

*Vandana Shiva è una scienziata indiana e una delle più note attiviste a livello mondiale sui temi dell’ambiente e l’uso sostenibile delle risorse. Il testo pubblicato, facilmente reperibile in rete, è anche pubblicato in Italia in “Le guerre dell’acqua”, edizioni Feltrinelli.

Acqua abbondante, acqua preziosaUn testo di Ugo Biggeri, Valeria Pecchioni, Anne Rasch*

L’acqua è fonte di vita e tutte le attività umane vi sono in qualche modo legate. Ogni giorno la beviamo, la usiamo per lavare e per lavarci, innaffiamo le piante e produciamo energia.

Nonostante l’acqua sia indispensabile, miliardi di persone nel mondo vivono nell’impossibilità di accedere in maniera adeguata alle risorse idriche, mettendo in discussione la loro stessa esistenza e ogni forma di sviluppo e progresso. Senza un quantitativo d’acqua sufficiente è impossibile, infatti, svolgere funzioni primarie come dissetarsi e mangiare, garantire un’igiene adeguata e avviare una produzione agricola o industriale.

L’acqua, sebbene sia una fonte rinnovabile e abbondante, è a rischio. L’acqua dolce non è infatti un bene inesauribile e il suo ciclo può essere alterato. L’aumento della popolazione mondiale, l’inquinamento e i cambiamenti climatici globali stanno mettendo in crisi la possibilità di accedere all’acqua.

Gli scarichi civili e industriali, versati in grande quantità, non permettono all’acqua di autodepurarsi e i fertilizzanti e pesticidi agricoli rovinano le falde acquifere. Il fatto che le maggiori risorse di acqua dolce siano localizzate in pochi grandi bacini (Siberia, Grandi Laghi e in Africa, laghi Tanganika, Vittoria e Malati) e in cinque sistemi fluviali (Rio delle Amazzoni, Gange e Bramaputra, Congo, Yangtze e Orinoco) e il verificarsi dei previsti cambiamenti climatici, determineranno in futuro un ulteriore impoverimento delle disuguaglianze di accesso all’acqua. Il controllo e la commercializzazione di un bene così prezioso e raro sta diventando, infatti, l’affare del secolo e sta mettendo ancora più in difficoltà quelle popolazioni povere che non possono accedervi. Mentre in una parte del mondo l’acqua si spreca, in altre aree la vita di milioni di persone è fortemente a rischio per la sua carenza. Ma l’acqua è un diritto e un bene di tutti.

Se consideriamo che la vita di altri e delle generazioni future dipende in gran parte dall’uso che facciamo oggi dell’acqua, dobbiamo concludere che è indispensabile impegnarsi affinché non venga inquinata e possa essere sempre fruibile.

L’acqua è un bene prezioso e non bisogna sprecarla. Se vogliamo che tutti ne abbiano, dobbiamo imparare a usarne meno. Non sprecare acqua significa anche salvaguardarla. Se, infatti, non inquiniamo le nostre acque, possiamo evitare di

Metà dei bacini idrografici della terra sono andati perduti nel ventesimo secolo.

doverne acquistare da altri paesi. Così facendo manteniamo inalterati gli equilibri ambientali locali e globali e preserviamo le nostre risorse per il futuro. Inoltre alcune semplici accortezze, che evitano enormi sprechi, possono ridurre l’utilizzo di acqua di una famiglia di 75.000 litri all’anno, contenendo la bolletta e garantendone la fruizione anche in periodi di siccità.

Piccoli accorgimenti...✔Non aprire l’acqua al massimo!

✔Mentre si lavano i piatti, ci si fa la barba, ci si si lavano i denti, ci si insapona, bisogna tenere il rubinetto chiuso. Una famiglia media risparmia così circa 8.000 litri d’acqua l’anno.

✔Utilizzare lavatrice e lavastoviglie a pieno carico.

✔Ricordarsi di spegnere l’acqua se si viene interrotti dallo squillo del telefono o del campanello mentre si sta lavando qualcosa.

✔Non usare troppi detergenti e saponi: si inquina di più e si consuma più acqua per il risciacquo.

✔Verificare periodicamente lo stato di salute dell’impianto idrico, chiudendo tutti i rubinetti e controllando che il contatore non continui a girare. In caso contrario bisognerà intervenire per riparare la perdita.

✔Non lavare l’automobile con acqua corrente, ma utilizzare un secchio. Si risparmiano così 130 litri ogni lavaggio. È possibile anche rivolgersi ad autolavaggi che riciclano l’acqua.

✔Segnalare all’azienda comunale competente perdite alla rete idrica e alle strutture del servizio idrico (ad esempio fontanelle pubbliche), il numero di telefono si trova nell’elenco telefonico.

Nel bagno✔Quando ci si lava i denti, utilizzare un bicchiere pieno d’acqua con il quale

risciacquarsi la bocca tenendo il rubinetto chiuso.

✔Preferire la doccia a bagno. Si risparmiano tra i 70e i 100 litri d’acqua ogni volta.

✔Non eccede con i detergenti per il corpo, preferendo il sapone al bagnoschiuma: costa meno, è meno inquinante e non necessita di una confezione di plastica. Valutare inoltre l’acquisto di prodotti non inquinanti.

✔Chiudere sempre il rubinetto mentre ci si insapona. SI possono risparmiare centinaia di litri d’acqua ogni anno.

✔Evitare il doppio lavaggio dei capelli: non ne migliora la pulizia, comporta solo uno spreco d’acqua e di sapone e non fa nemmeno bene ai capelli.

✔ Se non si sostituisce lo sciacquone con sistemi più moderni, è comunque possibile ridurre il livello d’acqua nelle cassette regolando opportunamente il galleggiante.

✔Non utilizzare lo sciacquone come cestino della spazzatura, gettandovi fazzoletti di carta, cotone per il trucco e simili: ogni volta che si usa si consumano infatti fino a 20 litri d’acqua.

È possibile, in alcune famiglie, che il 40% dell'acqua pura usata in casa finisca nel wc.

In cucina✔Per lavare i piatti, riutilizzare l’acqua calda con cui si cuoce la pasta o il riso. È

un’acqua molto sgrassante e si ottiene un lavaggio più efficace ed ecologico.

✔Non lavare le stoviglie con acqua corrente, ma riempire una vaschetta o il lavello, e utilizzare una dose non eccessiva di detersivo per insaponare.

✔Servirsi di un piccolo getto d’acqua per il risciacquo.

✔Non sottoporre a lavaggi intensivi in lavastoviglie pentole e padelle molto sporche. È meglio lasciarle qualche ora in ammollo.

Investendo qualche cosa in più...✔Riparare i rubinetti e gli sciacquoni che

perdono: un rubinetto che perde 30 gocce al minuto spreca circa 200 litri d’acqua al mese e 2400 all’anno, mentre uno sciacquone che perde anche in modo impercettibile scarica oltre 200 litri d’acqua in un giorno.

✔Installare semplici riduttori/regolatori di flusso o un frangigetto (miscelatore d’acqua) ai rubinetti d’acqua e alla doccia: mescolando l’aria con l’acqua, si riducono i consumi di quest’ultima anche del 50% senza alcuna conseguenza per il comfort dell’erogazione. Un frangigetto, ad esempio, richiede solo 9 litri al minuto per la doccia, ed è un semplice dispositivo da applicare direttamente nei rubinetti. Si trova in ferramenta, nei supermercati e nei negozi di casalinghi a un prezzo che va dai 3 i 35 euro a seconda della tecnologia utilizzata.

✔Si può usare un sistema a rubinetto o a manovella al posto del solito sciacquone oppure un sistema con lo scarico differenziato, risparmiando così circa 26.000 litri di acqua all’anno.

✔Installare impianti idrici duali: nel costruire o ristrutturare un appartamento può essere utile dotare la casa di impianti idrici a due tubi, così da porte separare l’acqua potabile da quella non potabile. Questa soluzione, già adottata in diversi paesi europei non richiede grosse spese e permette di tagliare i consumi idrici.

✔Isolare termicamente le condutture così da ottenere in minor tempo la temperatura desiderata di acqua calda e ridurre gli sprechi.

✔Scegliere telefoni doccia a risparmio idrico. Il costo si aggira intorno ai sessanta euro e riducono il flusso d’acqua del 50% (10 litri al minuto invece di 20).

✔Sistemare cisterne che raccolgono l'acqua piovana. Nel ristrutturare la casa è possibile fare in modo che lo scarico delle grondaie non finisca nelle fognature ma in una cisterna di raccolta. Oppure è possibile fare in modo che l’acqua venga convogliata nelle tubature. L'acqua così riciclata può essere utilizzata per innaffiare il giardino e lavare la macchina o, in alcuni casi, azionare la

Anche se non ci pensiamo, molti prodotti che consumiamo necessitano di grandi quantitativi di acqua per essere realizzati, per esempio l’alluminio e la carta.

Mediamente gli italiani sfruttano la loro disponibilità d'acqua per i seguenti scopi:39% per bagno o doccia20% per i sanitari12% per il bucato10% per il lavaggio delle stoviglie6% per l'uso in cucina6% per il lavaggio auto e per il giardino6% per altri usi1% per bere

Ogni italiano consuma 250 litri d'acqua al giorno. Siamo primi in Europa e terzi nel mondo, dopo gli USA e il Canada.

lavatrice. Inoltre è gratuita ed è possibile usarla, a norma di legge, anche quando, in periodi di siccità il suo uso per queste funzioni viene vietato. Per avere acqua corrente con questo sistema ci sono due tipi di cisterne: a circolazione naturale, che vengono collocate ai piani alti e sfruttano la legge della gravità; oppure dotate di una pompa.

✔Per il recupero delle acque grigie, è possibile dotare il bagno di un impianto a pompa che colleghi il tubo di scarico dei lavandini e della lavatrice alla cassetta del WC, in modo da utilizzare acque grigie e non acqua potabile per lo scarico.

✔Installare un depuratore di acqua, se non si ha accesso a quella potabile, per evitare il consumo di acqua in bottiglia.

Per approfondireF. Lasserre, Acqua. Spartizione di una risorsa, Ponte alle Grazie, 2004.

R. Petrella, Il manifesto dell'acqua: il diritto alla vita per tutti, EGA, 2001.

V. Shiva, Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, 2004.

M. de Villiers, Acqua, Sperling Paperback, 2004.

C. Ward, Acqua e comunità. Crisi idrica e responsabilità sociale, Eleuthera, 2003.

Enti e associazioniLegambiente, Via Salaria 403, 00199 Roma, tel. 06862681,email: [email protected], web: www.legambiente.com.

PAEA (Progetti Alternativi per l'Energia e l'Ambiente) via Monchio 14, 42030 Montalto (RE), tel. 0522605251, email: [email protected], web: www.paea.it.

Green Cross Onlus, via Flaminia 53, 00196 Roma, tel. 0636004300,email: info@greencorssitalia, web: www.greencrossitalia.it.

Federgasacqua, via Cavour 179/a, 00184 Roma, tel. 0647865620,web: www.federgasacqua.it.

Siti consigliatiwww.cipsi.it/contrattoacqua/forum-acqua

www.greencrossitalia.it (www.hydromed.it)

www.acqua-buonpernoi.org

www.bilancidigiustizia.it

www.sinanet.apat.it/aree/Idrosfera.asp

*Il testo è tratto da Ugo Biggeri – Valeria Pecchioni – Anne Rasch, Quotidiano responsabile (Guida per iniziare giorno per giorno a prendersi cura del mondo e degli altri), EMI 2004, ed è il frutto di un lavoro di partnership fra la Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Mani Tese e il Centro SieCi, comunità promossa da Mani Tese, e ovviamente l’EMI. Al

Una doccia di 5 minuti al giorno, per 4 persone, fa consumare in una settimana 3000 litri di acqua potabile: gli stessi litri che servono a una persona per vivere 3 anni!

volume è allegato un utile calendario che accompagna il lettore nelle tematiche trattate nella guida.

Filmografia, bibliografia, sitografia

In questa sezione materiali utili per intraprendere ulteriori percorsi di studio e di approfondimento.

Le mani sull'acquaSuggerimenti per un percorso audiovisivo sull'acqua e la sua privatizzazione a cura di Valentina Origa e Giuseppe Pilleri*

Chinatown di Roman Polanski (USA 1974, 125’)

Lo scandalo di un’apparente infedeltà coniugale e un segreto familiare inconfessabile si intrecciano, in una Los Angeles in ginocchio per la siccità, al progetto di costruzione di una diga e alla speculazione sull’acqua, in un continuo, scivoloso confine tra pubblico e privato.

Il rabdomante di Fabrizio Cattani (Italia 2007, 85’)

Felice vive completamente isolato dal resto del mondo in una masseria alla periferia della città di Matera. Qui, grazie alle sue doti di rabdomante, aiuta i contadini a trovare l'acqua, in contrasto con un malavitoso che ne ha il completo controllo. Una giovane dell'Est, Harja, incinta del boss, fugge e si rifugia nella masseria di Felice: il futuro dell'acqua e della donna saranno nelle sue mani.

DocumentariSelezione di brani audiovisivi sulla guerra dell'acqua in Bolivia 20’ (da The corporation di Mark Achbar e Jennifer Abbott)

Drowned out (Sommersi) di Franny Armstrong (Regno Unito-India 2002, 75’) (Lingua originale con sottotitoli in inglese; è disponibile la traduzione scritta in italiano)

Gli abitanti dei villaggi di Jalsindhi, nell’India centrale, lottano per non venire sommersi dalla costruzione della diga del Narmada, sostenuti da un vasto movimento politico che ha tra i suoi massimi rappresentanti la scrittrice Arundhati Roy.

Orange Farm Water Crisis di J. Mariani - Amex Videoteppista (Olanda 2002, 15’) (Lingua originale con sottotitoli)

La resistenza della comunità di Orange Farm, una della township più povere del Sudafrica, contro la privatizzazione dell’acqua, appaltata dal governo ad una multinazionale francese.

L'acqua che non c'è di Alessandra Speciale (Italia 2002, 48')

La privatizzazione dell’acqua in Burkina Faso, vista attraverso racconti di vicende personali, un teatro forum e gli interventi di esperti di opposte posizioni: multinazionali, ONG, economisti ed idrologi locali.

GAP di OP, Italia 2006, (8' 21”)

Da oltre 50 anni la Turchia sta realizzando un enorme progetto idraulico, il GAP, che interessa in gran parte il territorio del Kurdistan. Il governo turco sostiene di portare sviluppo, imponendo forzatamente un nuovo modello di società su di una popolazione già tartassata da decenni di guerra per l'occupazione dei turchi stessi. Anche le prospettive di controllo delle risorse idriche in Medio Oriente risultano alquanto preoccupanti, mentre la Turchia sta avendo un più agevole ingresso nella Comunità Europea...

Agua mi sangre di Jaroslava Colajacomo (Italia-Messico 2007, 62’)

Voci di resistenza da tutto il mondo al 4° Forum Mondiale dell’Acqua di Città del Messico (2006).

Flow. Per amore dell'acqua di Irena Salina (USA 2008, 84’)

Un appassionato e approfondito documentario sull'acqua nel nostro pianeta: l'inquinamento e la contaminazione, l'ingiustizia mondiale nell'accesso alle risorse idriche, i grandi cartelli mondiali che mirano alla privatizzazione e al profitto, la lotta degli attivisti contro la privatizzazione, le guerre per l'acqua.

Water makes money. Come le multinazionali fanno profitti sull’acqua di Leslie Franke e Herdolor Lorenz (Germania 2010, 82’)

Tratto dall’omonimo libro di un ex dirigente della Veolia, azienda francese, numero uno mondiale nel settore dell’acqua, presente in 69 paesi, il film descrive come funzionano le multinazionali dell’acqua (aumento del prezzo, scarsa qualità del servizio e mancanza di trasparenza). Tanto è che un centinaio di municipalità francesi, tra cui Parigi, cercano ora di fare marcia indietro e di riacquistare le rete di approvvigionamento., e illustra la realtà dei casi in cui l’acqua è tornata nelle mani del pubblico, come in Francia e in città tedesche come Berlino e Braunschweig. Il gruppo Veolia ha denunciato per diffamazione i due autori del documentario.

H2O Turkish Connection di Jaroslava Colajacomo (Italia 2011, 75’)

Dalla stessa casa di produzione indipendente di Agua mi sangre, un documentario sul Movimento globale contro le privatizzazioni girato tra il 2008 e l’inizio del 2011 a Saragozza, Bruxelles e Istanbul - luoghi in cui sono state prese le decisioni più recenti e importanti sul futuro dell'acqua, con un unico vero obiettivo: la sua trasformazione in elemento di profitto - per da un lato, l'esplosione degli interessi economici delle grandi potenze europee (multinazionali e governi) sull'acqua; dall'altro le resistenze attivate di fronte a questa crescita esponenziale, sia in Italia che nel Kurdistan turco.

Documentari e corti sull'acqua in SardegnaAcqua Molesta di Alessandro Langiu (Italia 2002, 18’)

Tre ragazzi si muovono per Cagliari alla ricerca dell’acqua, ormai diventata un bene di lusso. Grottesco.

L'acqua dei poeti di Gian Paolo Callegari, Italia 1956, 10'

L'acqua e la sua importanza per le campagne della Sardegna, attraverso il racconto di una giovane donna e le sue vicende sentimentali. Il filmato propaganda la costruzione

delle dighe del Flumendosa e del Mulargia, che irrigheranno, con i loro acquedotti, tutta la zona circostante.

Diga sul Flumendosa di Enzo Trovatelli, Italia 1956, 10'

Il documentario descrive i lavori per la costruzione della diga del Flumendosa; vi trovano spazio le condizioni di lavoro degli operai della diga e alcuni movimenti della vita domestica delle loro famiglie.

Registrazioni di programmi televisiviReport - L’acqua alla gola 15.10.2006, 92’, RAITRE

Presa diretta - Acqua rubata 7.2.2010, 98’, RAITRE

Monitor - Acqua azzurra, acqua cara 17.2.2011, 96’, Videolina

Istruzioni per l'usoI film proposti in questo elenco sono stati cercati, e in parte proiettati e discussi pubblicamente a Cagliari e in altre città della Sardegna, dal 2005 in poi, dall'Associazione Terra Onlus, dal Circolo del Cinema Laboratorio28 e dal Comitato acqua bene comune di Cagliari.

Presso la Cineteca sarda, in una sezione apposita, è disponibile una copia di tutti i filmati indicati e di altri che via via aggiungiamo (chiedete di Giuseppe Pilleri).

La disponibilità della copia non autorizza automaticamente la proiezione pubblica: il pagamento dei diritti SIAE e dell'eventuale noleggio del film vanno valutati caso per caso.

Vi suggerisco di progettare, a partire dai vostri desideri e bisogni, i vostri percorsi audiovisivi, contribuendo anche ad accrescere il “fondo acqua” della Cineteca, che è e resta disponibile a tutt* coloro che vogliono lottare contro la privatizzazione.

Per info: [email protected]

Cineteca sarda – Società Umanitaria, viale Trieste, 118, [email protected], tel. 070 280367; cell. 3298385124

Valentina Origa è animatrice culturale con gli audiovisivi nel Circolo del Cinema FICC Laboratorio28 e con l’Associazione Terra Onlus, con cui ha organizzato, dal 2005 in poi, le rassegne cinematografiche “Le mani sull'acqua”, “Terracquea” e “L’acqua fa gola”. Fa parte del Comitato Acqua Bene Comune di Cagliari. Giuseppe Pilleri è curatore della Cineteca Sarda della Società Umanitaria - CSC di Cagliari e organizzatore culturale con gli audiovisivi.

BibliografiaPer motivi di vostra praticità, in questo articolo e in quelli che seguono sono riportati anche bona parte dei riferimenti bibliografici, sitografici e gli indirizzi utili che i singoli autori hanno indicato in calce ai loro articoli. Come è giusto aspettarsi, in molti casi i riferimenti si sovrappongono esattamente a quelli indicati in appendice al sussidio per la celebrazione della Giornata del Creato 2007, che ci ha fatto da guida principale per questa sezione.

La collana “Progetto acqua” della Editrice Missionaria Italiana

(agili libretti che affrontano il tema sotto diversi punti di vista)CECI S., Acqua e ambiente, EMI 2007

DERIU M., Acqua e conflitti, EMI 2007

MARTIRE F., TIBERI R., Acqua il consumo in Italia, EMI 2007

PICCIULIN M., Acqua e scienza, EMI 2007

TONUTTI S., Acqua e antropologia, EMI 2007

TOSOLINI A., ZOLETTO D., Acqua e intercultura, EMI 2007

VIRGILIO F., Acqua tra educazione e cooperazione, EMI 2007

I temi ambientali nella dottrina sociale della Chiesa - Raccolte e manualiPONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, cap. X: “Salvaguardare l’ambiente”, pp. 248-266.

UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO – SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO CULTURALE, Responsabilità per il creato. Un sussidio per le comunità, Elledici, Leumann (Torino) 2002.

UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO – SERVIZIO NAZIONALE PER IL PROGETTO CULTURALE, Per il futuro della nostra terra. Prendersi cura della creazione, Lanza / Gregoriana, Padova 2005.

I temi ambientali nella dottrina sociale della Chiesa – Il magistero degli ultimi Pontefici e del ConcilioBENEDETTO XVI, XL Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2007, par. 8-10.

GIORDANO A. - MORANDINI S.- TARCHI P. (a cura), La creazione in dono. Giovanni Paolo II e l’ambiente, EMI, Bologna 2005.

PAOLO VI, Octogesima Adveniens, par. 4. 42-43.

CONCILIO VATICANO II, Gaudium et Spes, capitolo III.

Sul tema della legalità, giustizia sociale, pace (come inquadratura ai temi più specificamente ambientali)CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla legalità, 1991.

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Stato sociale ed educazione alla socialità 1995.

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Educare alla pace, 1998.

Sul rapporto tra teologia della creazione, spiritualità ed etica ambientaleFACCHINI F. (a cura), Un ambiente per l’uomo, EDB, Bologna 2005.

FLECHA J.-R., Il rispetto del creato, Jaca Book, Milano 2000.

GOLSER K., Religioni ed ecologia. La responsabilità verso il creato nelle grandi religioni, EDB, Bologna 1995.

IGNAZIO IV HAKIM, Salvare la creazione, Ancora, Milano 1994.

LÖNING K., ZENGER E. , In principio Dio creò. Teologie bibliche della creazione, Queriniana, Brescia 2006.

MOLTMANN J. , Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, Queriniana, Brescia 1986.

MORANDINI S., Teologia ed ecologia, Morcelliana, Brescia 2005.

PAGANELLI R., Custodi del creato, EDB, Bologna 2005.

RATZINGER J., In principio Dio creò il cielo e la terra, ed. Lindau, Torino 2006.

ROSENBERGER M., Dizionario teologico di spiritualità del creato, EDB, Bologna 2006.

SIMULA A., In pace con il creato: Chiesa cattolica ed ecologia, Messaggero, Padova 2001.

ZIZIOULAS I., Il creato come eucaristia, Qiqajon, Magnano (VC) 1994.

Altri brani biblici da consultare oltre quelli citati negli articoli (aiutarsi con i riferimenti e le note per ulteriori percorsi di studio)Gen. 21, 22-34 (nella lite per un pozzo l’importanza dell’acqua per i pastori nomadi dell’Antico Testamento), Es 17, 1-7 (cfr. con 1 Cor 10,4), Lev. 25 (istituzione anno giubilare: la terra e ciò che contiene è di Dio, non dell’uomo), Ger 2, 13 (una simbologia che prepara Gv 4), Mt 5, 23-24 e Lc 6, 20-26 (le Beatitudini, cfr. soprattutto il riferimento di Luca ai “ricchi” - per una applicazione vedi anche Ef 5 e Col 3), Gv 4 (un altro incontro presso un pozzo) conduce direttamente a Gv 7, 37-38 (Gesù fonte d’acqua viva), At. 5, 1-11 e 6, 1-7 (possono essere utili per rifletteresule difficoltà che la stessa prima comunità cristiana incontrò nella giusta ripartizione delle risorse), Rm 12, 1-2 (per il discernimento in vista del referendum).

Specificamente sul tema dell’acqua e sui beni comuniALBAREA R., BARGELLINI C., GIANI P. (a cura), Acqua fonte di democrazia. Riflessioni e percorsi di partecipazione a partire dall’acqua, EMI, Bologna 2004.

ALTAMORE G., I predoni dell’acqua. Acquedotti, rubinetti, bottiglie: chi guadagna e chi perde, San Paolo, Milano 2004.

BAGGIO A.M. (2007), Il principio dimenticato, a cura di, Cittanuova, Roma.

CASARI M. (2007), “Emergence of Endogenous Legal Institutions: Property Rights and Community Governance in the Italian Alps”, The Journal of Economic History, Vol. 67, No. 1, pp. 191-226.

DE VILLIERS M., Acqua, Sperling Paperback, 2004.

DIAMOND J. (2005), Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere, Einaudi, Torino.

HARDIN G. (1968), The tragedy of commons, Science, Vol. 162, no. 3859, pp. 1243-1248.

HOLLAND A.-C., Il business dell’acqua. Compagnie e multinazionali contro la gente, Jaca Book, Milano 2006.

LASSERRE F., Acqua. Spartizione di una risorsa, Ponte alle Grazie, 2004.

MORETUZZO M., TOSOLINI A., ZOLETTO D. (a cura), L’acqua come cittadinanza attiva. Democrazia e educazione fra i Nord e i Sud del mondo, EMI, Bologna 2003.

OLSON M. (1965), La logica dell’azione collettiva, ed. italiana, Feltrinelli, Milano, 1990.

OSTROM E. (2006), Governare i beni collettivi, Marsilio, Venezia.

PELANDA D., Acqua, EMI, Bologna 2006.

PETRELLA R., Il manifesto dell’acqua. Il diritto alla vita per tutti, Gruppo Abele, Torino 2001.

SEN A. (2010), “Sviluppo sostenibile e responsabilità”, Il Mulino, 4/2010, pp. 554-566.

SHIVA V., Le guerre dell’acqua, Feltrinelli, Milano 2003.

WARD C., Acqua e comunità. Crisi idrica e responsabilità sociale, Eleuthera, 2003.

ZANOTELLI A.,Giù le mani dall’acqua, EMI 2010

Sostenibiità e uso corretto delle risorse, in particolare dell’acquaBIGGERI U., PECCHIONI V., RACH A., Quotidiano responsabile, EMI 2004

BOLOGNAG., GESUALDI F., PIAZZA F., SAROLDI A., Invito alla sobrietà felice, EMI 2000

CORREGGIA M., Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori 2000

Percorsi didattici sull’acqua, per la scuola e altri contesti educativiMORETUZZO M., TOSOLINI A., ZOLETTO D. (a cura), Acqua fonte di democrazia, EMI 2004

AA. VV., Acqua educazione cittadinanza, EMI 2006

La salvaguardia del creato nell’Insegnamento della Religione CattolicaDORO N. (a cura), Responsabili per il creato, Elledici – Capitello, Torino 2005 (quattro fascicoli, uno per ogni ordine di scuola).

SitografiaUn primo suggerimento che non ha niente a che fare con l'aqua (o forse no?) http://creativecommons.org Non solo le risorse fisiche sono “beni comuni”, anche la conoscenza e la libera circolazione delle informazioni. Difendere il software libero e condividere la

conoscenza non sono molto lontani dall'interrogarsi sull'uso migliore dell'acqua per il benessere di tutti.

Pagine di tipo “generale” utilI per documentarsi: http://it.wikipedia.org/wiki/Acqua http://www.parks.it/acqua/acqua.mondo.htmlhttp://www.parks.it/acqua/acqua.italia.htmlhttp://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20110321_00/testointegrale20110321.pdfL'enciclopedia internet Wikipedia, il portale dei parchi italiani e il sito dell'Istat sono tre utili strumenti per ottenere statistiche e documentazione di tipo generale.

Siti istituzionali cattoliciUn Database di testi sulla salvaguardia del creato: www.progettoculturale. it Una risorsa preziosa, cui si accede dalla sezione pubblicazioni del sito del Servizio Nazionale per il Progetto Culturale è il database di testi e documenti ecclesiali sulla salvaguardia del creato curato dalla Fondazione Lanza di Padova. Con oltre trecento record, esso consente di accedere a materiali del Magistero cattolico nelle sue varie espressioni, del movimento ecumenico e delle altre Chiese e Comunità ecclesiali cristiane.

Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro: www.chiesacattolica.it t/lavoro All’interno del sito della Chiesa Cattolica Italiana, nella sezione dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro è presente un percorso tematico sulla Salvaguardia del creato.

Il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE): www.kath.ch/ccee/italiano/ambiti/ambiente.htm I materiali delle sei consultazioni per i delegati per l’ambiente delle Conferenze Episcopali europee promosse dal CCEE dal 1999 al 2004.

Il sito della Rete interdiocesana “nuovi Stili di Vita”: http://reteinterdiocesana.wordpress.com In questo momento focalizzato sulla campagna “Acqua dono di Dio e bene comune” consente di seguire le iniziative delle varie diocesi aderenti in materia di ambiente, sostenibilità e stili di vita improntati alla sobrietà e all'equilibrio.

L’Azione Cattolica:http://azionecattolica.itIl sito contiene informazioni e percorsi tematici su tutte le numerose attività dell’Associazione. Può essere soprattutto utile verificare la sezione sul progetto “Sui sentieri di Isaia”, la linea di azione che raccoglie tutte le attività in materia ambientale dell’Associazione, anche a livello diocesano.

Percorsi ecumeniciIl Consiglio Ecumenico delle Chiese: www.wcc-coe.org Nel sito del CEC si veda, in particolare, la pagina dedicata all’Unità III (Giustizia, Pace e Creazione), con diversi testi proprio sul tema dell’acqua.

La III Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu: www.eea3.org Nel sito della III Assemblea Ecumenica Europea si vedano, in particolare, i materiali legati al Forum sulla Salvaguardia del Creato.

La rete ambientale cristiana europea: www.ecen.org Molti materiali sul rapporto tra sostenibilità e fede cristiana, come pure testi utili per un momento di preghiera sono presenti nel sito dell’Environmental Christian

European Network, organizzazione ecumenica supportata dal Consiglio delle Chiese Europee.

Siti della società civile in materia di ambiente, sostenibilità e giustiziaIl Contratto Mondiale sull’acqua: www.contrattoacqua.it Il sito del Comitato Italiano per il Contratto Nazionale sull’Acqua mette a disposizione un abbondante materiale informativo sul tema dell’acqua e consente di conoscerne e sostenerne le importanti proposte per il riconoscimento e l’attuazione del diritto all’acqua.

Il sito della campagna referendaria: http://www.acquabenecomune.orgPiù esattamente è il sito del “Forum italiano dei movimenti per l'acqua”. Si tratta di un sito molto ampio e ricco di informazioni, soprattutto, ovviamente dal punto di vista dei promotori del referendum abrogativo.

Il sito di Valori: http://www.valori.it Oltre alla versione cartacea,Valori è anche un periodico online di finanza etica e economia sociale, ricco di articoli e informazioni, sempre molto attuali. Il sito completa l'offerta della rivista, non la sostituisce.

Il sito di Green Cross Italia: www.greencrossitalia.it (www.hydromed.it)Organizzazione che si occupa di sviluppo sostenibile, equo e sicuro. Il sito contiene ampie informazioni sui temi della sostenibilità.

Il sito delle famiglie “bilanciste”: www.bilancidigiustizia.it“QUANDO L'ECONOMIA UCCIDE BISOGNA CAMBIARE!”. Con questo slogan “Beati i Costruttori di Pace”, in occasione del quinto raduno del movimento tenutosi a Verona il 19 settembre 1993, lanciano la campagna “Bilanci di Giustizia” rivolta alle famiglie, intese come soggetto micro-economico. Ad oggi le famiglie impegnate sono più di 1200. Cosa si prefigge la campagna? In sintesi, l’obiettivo delle famiglie è modificare secondo giustizia la struttura dei propri consumi e l’utilizzo dei propri risparmi, cioè l’economia quotidiana. Il sio documenta le attività della campagna e la vita di queste famiglie impegnate a costruire un futuro migliore.

Il sito del gruppo diocesano “Giorgio La Pira”:http://groups.yahoo.com/group/gruppolapira Per mettesi in contatto con noi!!

Indirizzi utili e altri riferimentiCineteca sarda – Società Umanitaria, viale Trieste, 118, [email protected], tel. 070 280367; cell. 3298385124

Legambiente, Via Salaria 403, 00199 Roma, tel. 06862681,email: [email protected], web: www.legambiente.com.

PAEA (Progetti Alternativi per l'Energia e l'Ambiente) via Monchio 14, 42030 Montalto (RE), tel. 0522605251, email: [email protected], web: www.paea.it.

Green Cross Onlus, via Flaminia 53, 00196 Roma, tel. 0636004300,email: info@greencorssitalia, web: www.greencrossitalia.it.

Federgasacqua, via Cavour 179/a, 00184 Roma, tel. 0647865620,web: www.federgasacqua.it.

Dichiarazione finale e appendici

Alcune cose alle quali teniamo molto

Dichiarazione finale del gruppo “La Pira”Noi, cristiani della diocesi di Cagliari, riuniti nel gruppo diocesano “Giorgio La Pira” dell’Azione Cattolica,

Dichiariamo anzitutto che siamo consapevoli che dalla medesima fede possono legittimamente discendere diverse opzioni in campo politico, ideologico, economico e sociale.

Ponendoci quindi di fronte alle prossime scadenze referendarie, non pretendiamo di rappresentare in modo univoco la Chiesa o l’Azione Cattolica, alla quale ci onoriamo di appartenere.

Affermiamo inoltre di credere che la fede da sola non basta a identificare correttamente la giusta via nelle molteplici e multiformi questioni storiche in cui si costruisce il bene dell’uomo, ma che la coscienza, nutrita dalla preghiera, educata alla luce del Vangelo e irrobustita dal confronto comunitario, deve poi farsi prossima al sapere degli uomini, alla loro vita, esperienza e conoscenze. Averci insegnato questo è uno dei maggiori doni che l’AC ci ha fatto e la ringraziamo per questo.

Affermiamo anche, però, che nessun sapere scientifico, nessuna pretesa legge economica può essere realmente autentica quando nega l’uomo, il suo bene, la sua dignità secondo il progetto che Dio ha concepito per esso.

Con questo spirito di ricerca della verità ci siamo accostati alla questione oggi dibattuta della gestione dell’acqua e del referendum sull’art. 15 del Decreto Legge 25/09/09 e ne abbiamo approfondito sotto diversi aspetti l’argomento.

In piena coscienza confessiamo quindi di ritenere che per noi, cristiani che si ispirano alla figura di Giorgio La Pira che tutta la vita diede per il bene della sua Firenze e di tutte le città del mondo, cristiani che vogliono il bene dell’uomo e che desiderano abbeverarsi liberi da pesi e rimpianti all’unica Fonte della salvezza, acqua che mai non delude né si esaurisce, l’unica scelta possibile sia votare “si” ad entrambi i quesiti referendari proposti il 12 e 13 giugno 2011.

RingraziamentiIl gruppo “Giorgio La Pira” desidera ringraziare, prima di tutto, Vania Statzu. La sua cortesia e la generosità con cui dispensa tutto ciò che sa (ed è tanto) in campo ambientale sono per noi una fonte di ricchezza inesauribile; più apprezzato ancora è il rigore intellettuale con cui Vania ci invita a non cedere mai ai facili contenuti propagandistici ma a cercare la verità scientifica, anche quando questa verità può non piacere.

Il padre Rossi, SJ, professore della Facoltà Teologica della Sardegna, ci ha fatto ricordare il messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata per la Salvaguardia del Creato 2007, che avevamo colpevolmente dimenticato, e ci ha suggerito un milione di altri spunti e di riferimenti, troppi perché potessimo svolgerli tutti: abbiamo cercato di dare conto dei suoi suggerimenti nella bibliografia, per la quale gli siamo in larga parte debitori (il resto dei riferimenti proviene comunque dalle appendici al

messaggio dei Vescovi, e quindi in definitiva il nostro debito con padre Rossi comprende quasi tutta la bibliografia).

Il pastore Herbert Anders ci ha donato un suo scritto e ci ha fatto conoscere il documento sull’acqua della rete interdiocesana “Nuovi Stili di Vita”, che ci era del tutto sfuggito. Siamo grati a Herbert per il suo articolo e per le segnalazioni, ma più ancora per la simpatia e l’entusiasmo con cui ha seguito questo progetto, che interpretiamo come una testimonianza che il rapporto di amicizia che abbiamo stretto quando era pastore a Cagliari non si è affievolito ora che Herbert vive… oltremare. Per lo stesso documento della rete “Nuovi Stili di Vita” don Giovanni Kirschner da Treviso ci ha fornito un piccolo ma indispensabile elemento di informazione, e si è poi elegantemente sottratto al fornirci un proprio contributo biblico ricordandoci che tutto non si può fare, consiglio che ha messo tutto il lavoro su un binario diverso da come ce l’eravamo immaginato e alla fine ha risolto un sacco di problemi: questo contributo è valso quanto un articolo, per la qual cosa don Giovanni entra di diritto fra gli autori del dossier!

Valentina Origa e Giuseppe Pilleri hanno accolto con entusiasmo la possibilità di condividere con noi le loro (enormi) competenze in campo cinematografico: i gruppi di Azione Cattolica utilizzano spesso spunti audiovisivi come provocazione o supporto per i loro percorsi di formazione – aver potuto includere un percorso di approfondimento di questo tipo anche in questo sussidio è un dono di cui non sapremo mai ringraziare abbastanza Valentina e Giuseppe.

Il professor Vittorio Pelligra, dell’Università di Cagliari, ci ha segnalato l’articolo sui beni comuni del professor Luigino Bruni, dell’Università di Milano-Bicocca, e ci ha messo in contatto con lui permettendo che potessimo utilizzarlo per questo sussidio. A entrambi vanno i nostri ringraziamenti, insieme con l’augurio che continuino a produrre ricerca di qualità orientata come adesso dalla loro robusta vita di fede.

L’Editrice Missionaria Italiana, grazie anche alla cordiale intercessione di Ugo Biggeri, Presidente della Banca popolare Etica, ci ha concesso l’uso di un estratto del libro Quotidiano Responsabile, dello stesso Biggeri con Valeria Pecchioni e Anne Rasch; il riferimento bibliografico preciso è riportato al termine del brano citato: qui vogliamo ringraziare specificamente Isabella Mastrogiacomo, delle edizioni EMI, per la cortesia e la disponibilità e Ugo perché prende sempre il nostro gruppo molto più sul serio di quanto si meriti.

Il riferimento a Banca Etica ci porta a ringraziare Fabio Silva, Presidente della Cooperativa Editoriale Etica, promossa da Banca Etica e che edita Valori, una bella (e consigliatissima) rivista mensile da cui abbiamo preso l’articolo sulle banche e l’acqua.

Don Fabio Trudu, Alessandro Maggi e Giuseppe Puddu sono stati interpellati all’ultimo momento, quando già il progetto era molto avanzato, emergevano le lacune del materiale a disposizione e avevamo bisogno del loro aiuto per rendere più organico il dossier. Senza battere ciglio (don Fabio si è fatto una bella risata al telefono, Alessandro Maggi ha chiesto solo la data di consegna e Giuseppe si è autorecluso in casa per scrivere) ci hanno fornito il materiale che ci serviva, guadagnandosi un doppio ringraziamento: per l’aiuto che ci hanno dato e per la pazienza dimostrata.

Il Progetto “Sul sentiero di Isaia”

Verranno molti popoli e diranno:«Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe,perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». …Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli.Forgeranno le loro spade in vomeri,le loro lance in falci;un popolo non alzerà più la spadacontro un altro popolo,non si eserciteranno più nell’arte della guerra.

(Is 2,3-4)

Da alcuni anni l’Azione Cattolica Italiana ha messo in cantiere, inserendolo tra le proprie proposte per le Associazioni diocesane e parrocchiali, il Progetto “Sul sentiero di Isaia”, che deve il suo nome ad una suggestione offerta dagli scritti di Giorgio La Pira.

L’idea è quella di percorrere insieme, un passo dietro l’altro, un cammino costruito attraverso una molteplicità di iniziative sparse per l’Italia, accomunate tra loro dall’obiettivo di formare alla convivenza civile e promuovere l’assunzione di impegni concreti con cui concorrere alla costruzione di una cultura di pace e di giustizia. Iniziative di genere diverso, promosse a livello nazionale o diocesano, parrocchiale o regionale, da adulti, giovani, ragazzi. Rivolte all’Associazione, alla comunità ecclesiale, alla società civile, alla politica.

Un Progetto volto a tenere alto il dibattito e a favorire occasioni di dialogo, di confronto sereno, di discernimento intorno al Bene Comune, che è bene di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Per formare le persone e per concorrere fattivamente a consolidare il tessuto civile, promuovendo la partecipazione.

La volontà di far vivere a tutta l’Associazione la ricchezza di queste esperienze, dando vita ad una “circolazione virtuosa” delle iniziative, capace di mettere in rete le “buone pratiche” già esistenti ai diversi livelli e promuoverne di nuove, e il desiderio di far percepire, anche all’esterno dell'Associazione, le diverse iniziative come tappe di un percorso comune che coinvolge tutta l’Associazione, hanno suggerito l’idea di raccogliere le diverse iniziative sotto un denominatore comune, creando un logo capace, anche a livello di simbolo grafico, di evidenziarne l'unitarietà nella varietà.

Una chiave unificante che è possibile adottare per le singole iniziative nazionali, regionali, diocesane, parrocchiali, per evidenziarne l’aspetto di condivisione con tutta l’Associazione e concorrere in maniera più esplicita e strutturata alla costruzione di un cammino comune.

Il sito www.azionecattolica.it propone il calendario degli appuntamenti, raccoglie la documentazione delle diverse iniziative svolte e i materiali da esse prodotte, e mette a disposizione proposte concrete, spunti metodologici e strumenti di sussidiazione (cfr. www2.azionecattolica.it/sentiero-isaia).

Nota sul copyrightQuesto dossier è distribuito secondo la licenza Creative Commons CC-BY-NC-ND. Se non avete mai sentito parlare delle licenze di distribuzione Creative Commons, alternative al copyright tradizionale, vi consigliamo fortemente di visitare la pagina internet di riferimento http://creativecommons.org. In ogni caso la licenza con cui è distribuito il nostro dossier indica che può essere liberamente scaricato, duplicato e distribuito da chiunque purché il contenuto sia mantenuto inalterato, la duplicazione e distribuzione sia fatta sempre per usi non commerciali e la paternità del dossier e dei singoli contributi sia sempre riferita correttamente al gruppo “La Pira”, ai singoli autori e agli editori originali se esistenti (avendo ricevuto tanto materiale per pura cortesia da tanti amici, quest’ultima condizione è per noi particolarmente importante). Per quanto riguarda la condizione che il materiale sia mantenuto inalterato è concessa un’eccezione solo e soltanto per i casi in cui il responsabile di gruppo, come suggerito sopra, estragga un singolo articolo dal dossier per discutere solo di quello nel gruppo: l’importante è che del materiale estratto non si facciano ulteriori copie e non sia diffuso in nessuna forma separatamente dal dossier. La descrizione completa della licenza è all’indirizzo http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/.