Reality 59

116

description

Reality è un magazine trimestrale che parla di te e del tuo territorio: la Toscana, terra ricca di arte e cultura! Vogliamo trasmettervi il lusso dell'informazione, del sapere, del conoscere... Articoli come dei piccoli viaggi verso nuove emozioni per riscoprire la qualità della vita, i suoi sapori, in un mondo nel quale forse non si ha più il tempo dell'essere ma solo dell'apparire. Nel 2007 Reality ha ricevuto il premio speciale per la divulgazione della cultura toscana. Un bel traguardo, che siamo riusciti a raggiungere grazie all'impegno e all'amore per la nostra terra in ben 13 anni di attività.

Transcript of Reality 59

Page 1: Reality 59
Page 2: Reality 59

Alessandro SusiniAgente procuratorePromotore finanziario

Agenzia PrincipaleVia Brunelli 13/1756029 Santa Croce sull’Arno (Pisa)Tel. uff. 0571 366072 - 360787Fax 0571 384291

[email protected]

© w

ww

.cte

diz

ioni

.it

[email protected]:

Page 3: Reality 59
Page 4: Reality 59
Page 5: Reality 59

il temp

o

il temp

oIl tempo scorre, passano le ore, i giorni, i mesi, ma non dimentichiamo i nostri valori, la nostra tradizione.Vero è che in certe imprevedibili congiunzioni - o forse cortocircuiti - astrali basta poco, appena un attimo e il mondo si stravolge. Dobbiamo assolutamente fermarci, dedicare un pensiero, riflettere allo sconvolgimento globale che è cronaca dei nostri giorni: terremoti, tsunami, guerre. I nostri cardini non reggono, le nostre certezze si infrangono. Madre natura alza la voce, diventa matrigna ed è tremenda: è lei che comanda. Come entità superiore, essa accetta la tua sfida, ti lascia costruire la tua ”fabbrica”, sopporta che tu la usi e anche, entro certi limiti, che tu ne abusi. Così’ ti illudi di poter fare quel che vuoi. C’è però un limite, oltre al quale la natura s’indigna e, inferocita, con una zampata ti butta giù, ti distrugge, ti annulla.La stiamo sottovalutando. In quanto esseri intelligenti, pensiamo di reggere il timone del mondo. Siamo superbi ed è forse per questo che nel secolo XXI dell’era di Cristo, ci troviamo come sempre di fronte alle guerre e alle distruzioni. Forse più devastanti di sempre. I luoghi che ieri erano mete di turismo mondiale, sono oggi scenari di paura e di terrore, luoghi di morte. Gli amici diventano nemici! È necessario ed urgente invertire la rotta.L’Italia ha appena festeggiato i suoi 150 anni d’Unità. Sono state molte le iniziative per degnamente celebrare la ricorrenza. Lo sventolare della nostra bandiera ci ha portati indietro nei ricordi; insieme abbiamo cantato il nostro inno. Siamo Italiani accomunati dall’identità di un popolo, di una nazione che ha lottato, anche al prezzo di molte generose vite, per l’unificazione. ... Ragazzi, stiamo uniti!

il tempoE

dito

riale

Page 6: Reality 59

Centro Toscano Edizioni srlSede legale via Viviani, 456029 Santa Croce sull’Arno (PI)

Redazione casella postale 3656029 Santa Croce sull’Arno (PI)Studio grafico via P. Nenni, 3250054 Fucecchio (FI)Tel. 0571.360592 - Fax [email protected] - www.ctedizioni.it

Direttore responsabileMargherita Casazza [email protected] artisticoNicola MicieliRedazione [email protected] grafico [email protected] [email protected]

Text Irene Barbensi, Andrea Berti, Paola Baggiani, Daniela Bagnoli, Valeria Barboni Graziano Bellini, Brunella Brotini, Pierluigi Carofano, Margherita Casazza, Stefania Catastini, Carla Cavicchini, Francesca Ciampalini, Andrea Cianferoni, Carlo Ciappina, Federica Cipollini, Gustavo Defeo, Carmelo De Luca, Maurizio De Santis, Angelo Errera, Federica Farini, Enrica Frediani, Luca Gennai, Luciano Gianfranceschi, Emanuele Greco, Claudio Guerrini, Stefano Maffei, Paola Ircani Menichini, Kirilla, Luciano Marrucci, Romano Masoni, Marco Massetani, Sergio Matteoni, Nicola Micieli, Claudio Mollo, Paolo Pianigiani, Alberto Presutti, Daniela Pronesti, Andreas Quirici, Giampaolo Russo, Carla Sabatini, Domenico Savini, Gaia Simonetti, Camilla Trillò, Giuliano Valdes, Valerio Vallini.

Photo Archivio CTE, Marco Bonucci

StampaBandecchi & Vivaldi s.n.c.- Pontedera (Pi)ISSN 1973-3658

Reality numero 59 - marzo 2011Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007

© La riproduzione anche parziale è vietata senza l'autorizzazione scritta dall'Editore. L'elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero del suo autore e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comportano responsabilità alcuna per il Direttore e per l'Editore.Centro Toscano Edizioni Srl P. IVA 017176305001 - Tutti i loghi ed i marchi commerciali contenuti in questa rivista sono di proprietà dei rispettivi aventi diritto. Gli articoli sono di CTE 2007 - Via G. Viviani, 4 56029 Santa Croce sull’Arno (PI), tel. 0571 360592, e-mail: [email protected] - AVVISO: l’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.

MAGAZINE D’INFORMAZIONEReality

Page 7: Reality 59
Page 8: Reality 59

Rea

lity5

9ARTE & MOSTRE

In viaggio con Fortunato

Da Ercole a Matisse

Le monete dei Savoia

Scenari Inattesi

Relax a regola d’arte

Il volto e l’anima

Pietre d’animo

Le Arti del XX secolo

Un uomo che guarda

Se non sei un pezzo da museo...

La forma della leggerezza

Pianeta dell’immaginario

Natura e verità

Sculture a Villa Pacchiani

STORIA & TERRITORIO

Una città una grazia

La Sagrada Famìlia

Sant’Anna. Il Conservatorio

Label. Etichette attraverso i secoli

POESIA & LETTERATURA

Poesia della Patria

Il Risorgimento

MUSICA & SPETTACOLO

Dubai International

Magliano. Le libere donne

La scoperta dei suoni antichi

Viaggi per musicisti

Sanremo è Sanremo

Danza con il Festival Ballet

EVENTI & SOCIETÀ

Architettura e Contemporaneità

Semplicità

Finale Coppa Italia A2

Il Rugby

Il torneo delle rivelazioni

Polo on the beach

Fortemente Yab

Il caffè è una medicina

Il peso e la salute

Tre foto per una poesia

Le signore delle camelie

ECONOMIA & AMBIENTE

Per chi è in cerca d’impiego

Intervista a Alessandro Francioni

Intervista a Adolfo Matteucci

CRM. Provare per credere

5 SENSI

Dove le stelle brillano davvero

A passeggio per Bordeaux

Pennellate di Toscana

Tra suocera e nuora

Maratonina di Carnevale 2011

Carnevale d’Autore 2011

Il frutto del paradiso

Miti e Leggende. Le sirene

Arte

Libri

Film

Dischi

8

19

20

22

24

26

28

30

32

35

36

38

40

42

46

48

50

52

54

56

60

63

64

67

68

71

74

77

78

81

83

85

87

88

90

92

94

96

97

98

99

102

104

106

107

108

109

110

112

44

58

72

73

Somm

ario

Franco FortunatoLa nave del Vagabondo

Page 9: Reality 59

22 32 35

52

60 68 71

81 88 104

48

Parli

amo

di..

.

Page 10: Reality 59

Quella del Vagabondo è senz’altro la presenza centrale nella non affollata scaena picta di Franco Fortunato. Protagonista e motore della narrazione, il Vagabondo compare e agisce, in pratica, senza

competitori, salvo eventuali comprimari dietro le cui mentite spoglie, del resto, si ripropone egli medesimo. Scrivo Vagabondo con la maiuscola per significare la personificazione di un’entità astratta. Dico in termini propria-mente allegorici, da emblematica medievale che assegna un corpo e una veste, e un corredo simbolico, ai vizi e alle virtù umane, ai valori e agli istituti terreni e divini. Non già, dunque, una qualche figura errabonda identificabile alle nostre latitudini culturali e nel nostro tempo: di randagio girovago da strada, anche in versione on the road modello beat generation; di pellegrino in marcia sulla via dei moderni santuari consacrati al consumo e allo svago di massa; di forzato semovente dei percorsi metropolitani.Una presenza diffusa, affidata tanto alla specie metaforica, diciamolo pure spirito dell’erranza che alimenta e governa il terzo occhio dell’artista, per sua natura incline allo sconfinamento e alla trasversalità dello sguardo, quanto alla longilinea e affusolata effige del viaggiatore incontrato di persona. Lo vediamo, difatti, transitare silenzioso sulla scena o soffermarsi in sosta medi-tativa, assorto: osserva un oggetto, un punto, un indeterminato quid per certo collocato oltre il velario del visibile. È contemplazione che sa di raccoglimento dietro la siepe leopardiana, e di naufragio nell’infinito.Parlo di scena e annetto a questa figura dello schermo visivo la funzione proiettiva di latenze del profondo ed emergenze dell’immaginario. Dunque un ruolo attivo in chiave psicologica oltre che mitopoietica. Si potrebbe forse meglio usare la metafora dello specchio, luogo per eccellenza della virtualità visiva e diaframma oltre il quale si schiudono i mondi paralleli. Ce lo dice l’in-trigo sottile cui sono sottoposti i nostri sensi insidiati dalla virtù ipnotica di una partitura che Fortunato conduce con mano leggera e precisione esecutiva da prestigiatore, capace di simulare miraggi e incantamenti, al fine dello strania-

di Nicola Micieli

Fortunato

Delicato

viaggio

in

con

IL

VIAGGIATORE

Non è un poeta, ma uno scampolo di poesia. Non

un sognatore, ma una briciola di sogno. Non un pensatore, ma un brandello di pensiero.

Non un solitario ma la solitudine. Non un personaggio,

ma uno scarabocchio. Non un esibizionista, ma una esibizione senza misura. Non ama dormire

nel cartone, ma col cartone costruisce castelli. Non si

guarda attorno per non vedere fantasmi. Non ha bisogno di

pareti solide: pareti sono il suo cappotto e la sua pelle e, là dentro, le poche suppellettili

che contano. Non vede le stelle, di notte, quando veglia, perché

lontane ed inutili a lui come lui è per il mondo. Non chiede compassione, per non doverne essere debitore. Non conosce

lo scorrere delle stagioni perché egli è una stagione. Il grande

caldo non lo raggiunge, dentro le sue pareti; solo – qualche

volta – il freddo, ma lui non se ne avvede… Non parte e non

arriva, nelle sue peregrinazioni,perché non vive in uno spazio: egli è una migrazione intorno a se stesso. Così come la sua

mente ruota intorno ad un solo punto, un solo momento.

La sua vita non è una linea, ma un cerchio. Là dentro sono andato a cercarlo.

12

Page 11: Reality 59
Page 12: Reality 59

Foto ricordo del Capitano

mento dell’immagine che ne consegue, come dire l’inganno della mente. Attraverso lo specchio Lewis Carroll avviava il viaggio di Alice nella dimensione sommersa e labirintica del sogno, che sospende le leggi fisiche, in primis la gravità e la dislocazione spa-ziale dei corpi, e sovverte e infine annulla il tempo. Fortunato ha dipinto monumentali orologi che non hanno lancette. Manca la scansione metrica, la battu-ta che segna il prima e il poi e determina l’intervallo, la durata del vuoto che differenzia e carica di senso il pieno. Sono orologi senza meccanismo, motori immobili di un tempo sospeso, di una durata virtuale. Eretti su pedane e tralicci o sorgenti direttamente da terra, sembrano piuttosto specchi o porte del cielo: arcobaleni, osservatori celesti che dentro e sullo sfon-do di un paesaggio chiaramente abitato dall’uomo, fanno scattare poeticamente l’immagine introducen-do un’attesa, una premonizione, un memento.In senso propriamente scenico Fortunato apparec-chia con consumato mestiere la propria ribalta. Usa sovente esplicite attrezzature e oggetti di scena, che lascia a vista. Ad esempio, complesse impalcature montate per sostenere navi in cantiere o mirabolanti città turrite e merlate. Fortunato conosce a menadito palcoscenico e retropalco, e annessi servizi, strutture e marchingegni, depositi delle scene smontate e laboratori, i luoghi dove si elaborano i materiali e si muovono i fili della macchina della finzione, nel teatro attiva fino a che restano accese le luci della ribalta. A lumi spenti egli si aggira in quel labirinto abitato da fantasmi, lo visita come sfogliando le pagi-ne di un libro e si ferma a immaginare una scena o un momento dell’azione. A quel punto si accendono le luci della pittura. A proposito di libri e del mondo cartaceo, occorre dire che per Fortunato essi sono da sempre luoghi e materiali del viaggio. Quando da adolescente e giovinetto non sospettava per sé un futuro di pitto-re, dipingeva e soprattutto disegnava con naturale talento storie a sequenza di quadri, esemplificati sulle strisce dei fumetti. Saranno più tardi le predelle dei polittici del Tre e Quattrocento i suoi maggiori refe-renti visivi, assieme alle tavole dei grandi illustratori – i Topor i Folon i Pericoli, per restare ai contempora-nei – il cui lavoro Fortunato seguiva, e segue, con la medesima attenzione con cui si accosta agli antichi. Nel suo repertorio non mancano le “strisce” dipinte e quelle sui generis. Per esempio gli scaffali, le teche, le bacheche a celle regolari, in ognuna delle quali trova posto un oggetto, una testa, un volto occhiu-to. Si compone così una scacchiera abitata, e ogni pedina è una suggestione, l’incipit di una storia, che il pittore ci consegna dandoci facoltà di elaborare la strategia per darle seguito narrativo. La scena è il “paesaggio” della pittura di Fortunato. Quando intitola Paesaggio italiano o Paesaggio inat-teso un suo dipinto o disegno o incisione, Fortunato ci presenta sguardi al solito obliqui e radiografici su luoghi ed evidenze della natura da intendersi come insieme visualizzato, contesto e soggetto. Compresi dunque innesti e appropriazioni antropiche, inva-denze e manipolazioni umane. Ricorrono le vastità dei prospetti marini, talvolta introdotti dalla spiaggia ove sorge La casa del marinaio, le modulate distese collinari raramente ammantate di alberi e, aperti sui

Page 13: Reality 59
Page 14: Reality 59

Nato a Roma nel 1946, Franco Fortunato si forma artisticamente da autodidatta, seguendo fin da giovanissimo il proprio spirito creativo e la propria innata passione per il disegno e per la pittura. Dopo aver compiuto studi scientifici, volge il suo sguardo al mondo della letteratura e della storia da cui trae gli stimoli e le suggestioni per dare vita al suo originalissimo linguaggio. Sono in particolare i pittori trecenteschi ad affascinarlo e da essi recupera il gusto per la semplicità figurativa, la sintesi ed il rigore geometrico in un contesto di fantastica surrealtà e di trasfigurazione della realtà. Negli anni Settanta inizia ad esporre con il “Gruppo Figurale il Babuino”, partecipando tra l’altro alla grande mostra dedicata a Pier Paolo Pasolini nel 1976, gruppo dal quale si è poi distaccato alla ricerca di un proprio linguaggio e di una completa autonomia di azione. È in questo momento che nasce il suo particolare metodo di lavoro per “cicli”: dalle Storie del parco ai Barboni che dipinge tra l’80 e l’85, ai Racconti per l’Europa del 1992, dedicato alla nascente Unione Europea e ai dodici Paesi che la fondavano. Nel 1994 affronta il tema di Pinocchio, primo ciclo ispirato ad un romanzo, che riprenderà poi nel 2004. Non è però un caso se scene tratte dal Pinocchio appaiono già nel ciclo dei Racconti per l’Europa dove viene raffigurata l’Italia. Per l’artista, infatti, il romanzo di Collodi è soprattutto un grande affresco del nostro paese, con la sua povertà, la sua corruzione, le sue malefatte e Pinocchio incarna quindi non solo una favola per bambini, utile tuttavia anche agli adulti, ma soprattutto un preciso spaccato della nostra società. Prosegue, sempre negli anni Novanta, con l’Inventario e le Città invisibili, ciclo quest’ultimo chiaramente ispirato a Italo Calvino, e poi con i Ritrovamenti e le Città ritrovate. Sottesa temporalmente e tematicamente rimane sempre la figura del “Vagabondo”, che rappresenta per Fortunato una dominante di poetica che affiora e riaffiora autonomamente e nelle altre tematiche. Un personaggio che compare già a partire dagli anni Ottanta e viene riproposto fino ai giorni nostri, ogni volta con aggiunte e mutamenti che registrano il cambiamento stesso e l’evoluzione di tutto il suo lavoro. Nel 2000 torna sui temi letterari affrontando il ciclo dedicato al Piccolo Principe, il capolavoro di Antoine de Saint Exupéry, mentre nel 2003 sono ancora le architetture ad attrarlo con il ciclo Architetture fantastiche. Nel 2005 realizza l’importante ciclo su Moby Dick presentato nella significativa mostra allestita a Piancastagnaio (Siena) e successivamente realizza le Storie di Mari. Cicli accompagnati da altrettante mostre in Italia ed all’Estero: Svizzera, Francia, Belgio, Spagna, Argentina, Olanda, Stati Uniti, Germania, Canada. Ha realizza-to varie pitture murali su edifici pubblici e privati. Fra queste va ricordato Vita Matris Gloriosae nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Caramanico Terme. Il suo lavoro si sviluppa anche nel campo della grafica, della scultura e della ceramica. N

OTI

ZIA

Mare di Carte Vol de Nuit

Page 15: Reality 59

Angelo del Lipomar. Nella pagina successiva Fuga da Alcatraz

Page 16: Reality 59

bassi orizzonti, gli ampi cieli con nubi compatte. Richiamata o allusa per figure ed emblemi, la natura rifluisce come da una finestra aperta sugli interni, se tali possono definirsi gli spazi edificati de Le stanze nelle quali, come nella caverna di Platone, si proietta illusoria e sta per la realtà, l’ombra lunga d’un albero sul cui fusto cammina da sonnambulo o da immagato equilibrista, il nostro Vagabondo. Un albero che magari reca, incastonata tra le fronde, una delle Città invisibili già visitate da Calvino, lo scrittore fonte di suggestioni e di chiavi di accesso agli ultramondi, per Fortunato lector mirabilis; mentre pavimenti e pareti, in virtù della luce che celebra le proprie metamorfosi e di alcuni, pochi oggetti o forme collocati strategicamente a simulare gli astri, assumono le peculiari atmosfere degli occasi e delle opposte albedini, meravigliosi fenomeni altrove restituiti, specie i tramonti, nella plenitudine del loro sfarzo cromatico.Quello di Fortunato è dunque un paesaggio di distillazione mentale che tutto include, non di rado parato all’onirico e, in aggiunta, per più versi apparentato “per li rami” nobili a una iconoteca d’arte antica e moderna quanto mai ricca di tipi. Segnatamente l’arte occidentale è territorio di scorribande corsare, pur se il pittore non manchi di imbarcare esotismi che rimandano ad altre civiltà, aperto come è agli incontri più imprevedibili e bizzarri e all’ascolto delle voci più sottili e insidiose. Persino quelle ingannevoli delle sirene, dal cui canto suadente si lascia catturare senza temere l’agguato degli scogli e il pericolo del naufragio.Fortunato attinge gli impianti spaziali e i materiali costitutivi dell’immagine, per disporli quali tessere della sua tarsia, a un repertorio visivo quanto mai vario ed esteso. Si va dai codici miniati, polittici, pareti medievali, i primitivi ai quali riconosce il magistero della semplicità del linguaggio e la chiarezza della partitura, alle stanze e piazze e piscine e recinti metafisici di De Chirico. Con il seguito delle derivazioni mirate vuoi al surreale, vuoi al realismo magico. Il tutto, beninteso, decisamente e senza equivoci suo, ossia meta-bolizzato e acquisito al proprio repertorio espressivo, e rilanciato a una nuova e originale circolazione pittorica. Come succede per le parole e le immagini elette e connotate da scrittori e poeti. Consegnate al deposito della memoria culturale, si rigenerano in altre e diverse forme e figure quando le assuma una autentica personalità creativa. È una pratica, questa della frequentazione retrospettiva di Fortunato, che non discende dalla pittura colta, dal revival delle maniere iconiche, delle rivisitazioni museali e dei virtuosismi accademici che in Italia hanno avuto corso negli anni Ottanta. Per quanti inserti da riconoscibili testi siano reperibili nella sua iconoteca, egli ne fa un uso che vorrei dire da laboratorio poetico. Chiamiamolo pure meccanico di precisione, maestro concertatore, prestigiatore illusionista del congegno dell’immaginario, per come assembla i pezzi disponibili nel banco della sua officina. In ogni caso si tratta di attitudini e competenze che richiedono sensibilità e vigilanza, e una sicurezza esecutiva di non poco momento. Fortunato è artista di formazione autonoma, appassionato

La Luna dei Poeti La spiaggia

Page 17: Reality 59
Page 18: Reality 59

viaggiatore nel mondo e nel tempo per interposta immagine dell’arte e della letteratura. Egli ha una certa confidenza con i mondi paralleli, che abitano la biblioteca labirintica di Borges e il palazzo della memoria del gesuita padre Matteo Ricci. Conosce bene gabinetti stanze armadi teche iconoteche, le antiche e nuove versioni – oggimai elettroniche – delle wunderkammern ove approdavano curiosità e stravaganze, mostri, aberrazioni, naturalia e artificialia, collezioni non a caso venute alla moda con l’epoca barocca, quando i poeti affermavano essere il fine dell’arte la meraviglia. Da Vagabondo/Vagamondo/Vagamondi Fortunato ha sviluppato una forma di pensiero a funzionamento eminentemente visivo. I morfemi e gli stilemi, ma anche gli elementi figurali prelevati dai contesti artistici e letterari sono i lemmi del suo linguaggio, gli elementi costitutivi del suo mondo di visione che egli usa in originali combinazioni, a segnare la mappa e le diversioni dei propri percorsi nel teatro di figure della pittura. Che sia un vero e proprio “cubo” scenico palesemente edificato in forma di ambiente a diversa destinazione e funzione d’uso, o sia altrimenti e in vario modo simulato e composto quale ribalta attrezzata, si tratta comunque, esclusa ogni intenzione mimetica di evidenza naturalistica, di un teatro il cui spazio simbolico, diremmo con Panofsky, rimanda ad altre dimensioni oltre il reale. Dove Fortunato abita da pittore e poeta dell’immaginario.

Page 19: Reality 59

Il Cercatore di tramonti Le acque inquietanti

Franco Fortunato ha stabilito con Siena un rapporto privilegiato, che va al di là della consuetudine con la città e la sua gente, poiché alla sua civiltà pittorica - le predelle e gli affreschi, persino il profilo mediovale della sua immagine urbana - ha attinto nel tempo molti materiali del proprio repertorio visivo. Suo è stato lo scorso anno il palio dell’Assunta, apprezzatissimo dai severissimi contradaioli, che lo hanno festeggiato tra i più belli e rappresentativi in assoluto nella storia del Palio. A Siena Fortunato è oggi presente con una rappresentazione di opere recenti nei Magazzini del Sale del prestigioso Palazzo Pubblico, raccolti sotto il titolo L’altra faccia della Luna. La mostra, curata dal critico Floriano De Santi, rimarrà aperta fino al 22 maggio, occasione da non perdere per conoscere il mondo pittorico del Maestro romano, viaggiatore dell’immaginario attraverso i luoghi della storia e della lettera-tura, quanto della vita che in quelle pagine si rispecchia.

Page 20: Reality 59
Page 21: Reality 59

Sedotto dalla armonica perfezione dei corpi michelangioleschi, Matis-se ne studia la produzione che in-

fluenza molti suoi capolavori; così alcuni calchi, il disegno originale delle due Ve-neri, pregevoli dipinti, esposti in mostra, si confrontano con la ricerca semplificati-va della forma raggiunta dall’artista fran-cese grazie all’osservazione della pro-

duzione buonarrotiana, magistralmente risolta mediante un processo di linea-rizzazione e uno stile di tipo sculturale. Del genio toscano, Matisse condivide il tormento interiore esplicitato nelle sue opere ricche di un dinamismo e una ten-sione al limite della distorsione corporale,

TEXT Carmelo De Luca

facilmente riconoscibile nella statuetta del Nudo Disteso o nella scultura del Nudo Seduto che fungeranno da muse ispiratrici in tanti dipinti contemporanei. Queste creazioni sono forgiate mediante lo sviluppo di una materia che rende pos-senti le assottigliate membra, creando una sorta di equilibrio limite tra linearità e forza, una forza di chiara impronta mi-chelangiolesca come dimostra la celebre serie delle odalische. L’elemento sculto-reo pervade l’intero pensiero artistico di Henry presente anche nelle creazioni pit-toriche dai colori vivissimi delle gouaches découpées, dove il senso della profondi-tà o dello spazio assumono connotazio-ni quasi trionfali. Le 120 opere esposte presso il celebre museo bresciano riper-corrono questo aspetto nell’arte di Ma-tisse, disegnato, dipinto, scolpito secon-do i canoni della lavorazione lapidea. La visita del S. Giulia prosegue con un’al-tra mostra dedicata alla figura di Ercole, leggendario fondatore della Città. Il per-corso espositivo analizza l’importanza del mito erculeo nella civiltà classica, la rivalutazione medievale in qualità di vero simbolo della forza vincente, l’afferma-zione rinascimentale dettata dal pen-siero umanistico di affermazione dell’io soggettivo. La fronte del sarcofago di Palazzo Altemps , la coppa d’argento del Museo Nazionale di Napoli, , il bronzo ri-trovato nel Santuario di Sulmona, il cofa-

23

Most

re

Brescia

netto duecentesco con le storie dell’Eroe proveniente dal Duomo di Anagni, Erco-le e Idra di Antonio del Pollaiolo, i tondi in bronzo di Jacopo Alari Bonacolsi rap-presentano alcuni eccezionali prestiti, presenti nelle sale espositive, confronta-ti con il prezioso materiale proveniente dal Capitolium romano e dai monumenti medievali di Brescia.

Brescia, Museo di Santa Giulia11 febbraio 2011 – 12 giugno 2011

La dinamicità corporea della produzione matissiana a confronto con la forza dell’Eroe greco, simbolo della Città

aMatisseErcoleda

1. Antonio del Pollaiolo, Ercole e l’Idra2. Anfora di Psiax3. Henri Matisse, Busto in gesso4. Henri Matisse, Il lanciatore di coltelli

1

3

2

4

Page 22: Reality 59

Moneta in argento 900/000 diametro 37 mm gr 25 chiamato scudo valore 5 lire. Al diritto: porta l’effige di Vittorio Emanuele II re d’Italia. Al rovescio: stemma coronato con Collare dell’Annunziata, tra rami di lauro sot-to Firenze - fascio marzo 1961

Prima grossa moneta del nuovo regno, ultima, insieme alle 2 lire ed 1 lira 50 e 20 centesimi in argento della Zecca di Firenze.

Il famoso “61” di Firenze

Most

re

24

TEXT Maurizio De Santis

La Cassa di Risparmio di San Mi-niato Spa in ambito del progetto Carismi per l’Arte ha organizzato

nelle sale di Palazzo Portigiani, in colla-borazione con la Soprintendenza ai Beni Architettonici della Toscana, il Museo Ar-cheologico Nazionale di Firenze ed il Cir-colo Numismatico Mediceo, una mostra di monete che ripercorre la storia di Casa Savoia dal “nido savoiardo” nell’XI° seco-lo al Regno di Vittorio Emanuele III dal 21 febbraio al 4 marzo.Le monete provengono dal Monetiere del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, l’erede diretto del Medagliere Granducale. Tra le monete esposte alcune provengono dalla collezione della Contessina Margherita Nugent, donata al Museo Archeologico di Firenze all’inizio degli anni ‘50. La contessina era figlia del Conte Laval Nugent e nipote diretta del generale Johan Graf Nugent che aveva combattuto dalla parte degli Austria-ci ed era caduto a Brescia, nel 1849, duran-

te le famose Dieci Giornate della Leonessa d’Italia. La collezione della Contessina Mar-gherita Nugent si compone esclusivamen-te di monete di Casa Savoia. Tra le monete esposte nella mostra c’è anche il famoso

“61 Firenze”, uno scudo in argento del valore di 5 lire coniato nel marzo del 1861. È la prima grossa moneta del Regno d’Italia e tra le ultime coniate dalla gloriosa Zecca di Firenze.

di Wilder Pellegrini

Inizia con il 17 marzo 1961 il regno di Italia e vorrei far conoscere uno dei pezzi nu-mismatici più interessanti della gloriosa Zecca fiorentina che aveva dato al mon-do, e alla storia dell’arte, alcune monete che hanno fatto la fortuna economica della città, cominciata nel 1180 con la battitura di una nuova moneta d’argento chiamata “Fiorino di grosso”, da lì partì

l’avventura del fiorino, prima in argento e, nel 1252 in oro. Basti pensare al fiorino d’oro, detto “il dollaro del medioevo” oppure ai testoni e alle piastre di casa Medici, con la firma in primis di Benvenu-to Cellini per il Duca Alessandro. Correva l’anno 1535 ed i meravigliosi conii della dinastia “Lorena” affermava-no la bravura dell’arte incisoria toscana.

Con il 1961, la grande speranza dell’idea-le risorgimentale dei nostri bisnonni ha fatto sì, che con l’Unità d’Italia valesse la pena di rinunciare anche ad una delle zecche più famose, in quanto la Zecca di Firenze battè l’ultima (come tradiz-ione) moneta d’argento, si badi bene e non di rame, degna chiusura di una grande storia.

nu

mis

mat

ica

dei Savoiamonetele

Nella foto: il Direttore Generale della Carismi Piergiorgio Giuliani

Page 23: Reality 59
Page 24: Reality 59

Most

re

26

Un artista può dirsi creatore quando riveste di un manto di bellezza le cose che prima, ai nostri occhi, ne

erano prive. Tutto ciò che esiste in natura è suscettibile di tale trasfigurazione, ma sono pochi gli artisti che sanno rendersi

artefici di questo miracolo. Ecco perché spesso la conoscenza dell’opera di un grande artista spalanca ai nostri occhi scenari inattesi, e ci regala una gioia dei sensi e dell’intelletto che non ha eguali. Considerando la vasta e preziosa produ-zione pittorica di Jacqueline Joseph, in mostra dall’8 marzo al 27 maggio 2011 nelle sale di Palazzo Inquilini, sede della CARISMI di San Miniato, comprendia-mo, fin da subito, di trovarci di fronte ad un’artista d’eccezione, che è capace di trasfigurare, sublimandolo, anche il più minuto dato di realtà, e di offrire allo spettatore un’esperienza visiva ed emo-tiva di rara intensità. La mostra, curata da Margherita Casazza e Valeria Caldelli, rappresenta un’occasione per tentare un discorso complessivo sui diversi temi che permeano le opere della pittrice haitiana, ricorrendo ad una suddivisione dell’iter espositivo in dieci sezioni che coincido-no con le principali fasi cronologiche e

TEXT Daniela Pronesti

nattesi

stilistiche del suo percorso artistico. Per penetrare fino in fondo l’esclusiva ori-ginalità di quest’artista, attraverso cui si compie una singolare fusione tra le radici della civiltà caraibica e quelle della cultu-ra artistica europea, occorre tenere conto della sua profonda capacità assimilativa e dell’instancabile potere di rielaborazione degli stimoli formali e contenutistici deri-vati sia dalla frequentazione del milieu artistico parigino, a cavallo tra la fine degli anni Quaranta e la prima metà degli anni Cinquanta del Novecento, che dai successivi contatti con il grande pittore messicano Diego Rivera, che nel 1955 l’accolse per sei mesi nel suo atelier. Se dal periodo di formazione in Francia Jacqueline Joseph ottiene il senso del colore e della linea, e la possibilità di

pervenire ad una visione pittorica pura e totale nonostante l’economia dei mezzi impiegati, dalla pittura riveriana attinge non già la struttura epica e grandio-sa, quanto piuttosto la necessità, anche per un’artista cosmopolita come lei, di approfondire il rapporto con la propria terra d’origine, e non per fermare il cam-mino della storia attraverso una mitica rivisitazione del passato, né per offrire una descrizione folkloristica o pittoresca del presente, com’è accaduto in molti casi nella tradizione artistica dell’esoti-smo, ma per valorizzare il tessuto cultu-rale di un popolo e convogliarlo nella formulazione di un rinnovato sentimento d’appartenenza. E‘ stata, quindi, la sen-sibilità dell’uomo e del pittore Rivera, e certamente la sua orgogliosa “messica-

Scenar

CARISMI per l’Arte una personale di Jacqueline Joseph a San Miniato

Page 25: Reality 59

27

nità”, ad ispirare alla giovane Jacqueline opere come Recuerdo de Mexico, e a guidarla lungo un percorso che la porterà, nel giro di pochi anni, ad affezionarsi ad un tema che rimarrà una costante nel suo repertorio iconografico, i mercati di Haiti. Il ritorno all’amata isola, dopo l’esperien-za in Europa e in Messico, le fa sentire il sapore di un luogo quasi magico, che si rivela carico di grandi suggestioni e richiami. E’ in questa fase che manifesta, in maniera nettissima e incontrovertibile, la peculiarità della sua vocazione artistica che, sebbene aperta ad influenze esterne, rimane sempre autentica, indipendente, difficilmente classificabile. Nelle tele che ritraggono i mercati popolari, le figure e gli oggetti definiscono un universo pittorico che non si sottomette ad una prospettiva tradizionale. Il punto di vista è serrato, non conta l‘ampiezza della visio-ne, quanto una definizione delle forme che conservi integra la vitalità del segno. Centro della composizione, soprattutto nelle prime opere con questo tema, è l’immagine della donna, presenza con-creta, con la pienezza accogliente della sua rotondità, ed elemento astratto, in quanto simbolo dell’essenza della vita. Mentre i gesti e i costumi raccontano di una civiltà che ha per norme l’operosità e il rifiuto di ogni ostentazione, i volti, pur semplificati nei tratti, colpiscono per la vivacità dell’espressione che illumina tutto lo spazio dipinto. Le figure sono libere tuttavia da qualsiasi costruzione retorica del significato: è il colore, essen-ziale, puro, intriso di luce, la nota che fa squillare il quadro e che esalta l’armonia totalizzante dell’insieme. Su tutto domina

un’impressione di freschezza, di gioia incontenibile, come se l’artista volesse fedelmente restituirci l’emozione che nasce dalla contemplazione del creato, che tutto abbraccia e comprende, uomini e cose. Per questo motivo anche quando lo sguardo di Jacqueline si sposta, seppu-re non in maniera definitiva, dalla figura agli oggetti, che diventano protagonisti delle sue tele (Nature morte aux auber-gines, Le marché d’agrumes), l’attitudine che la guida rimane invariata: i frutti non sono più una merce, ma un emblema della fertilità e della continuità della vita. La natura, con le sue multiformi manife-stazioni, rappresenta dunque lo spazio privilegiato in cui la pittrice ama muoversi per raccontare ora la vita semplice e dignitosa delle donne di Haiti (La scam-pagnata, Les soirées de Madame Attiè), che si consumano nel silenzio dell’attesa, ora le incantevoli bellezze della vegeta-zione e degli scorci del paesaggio haitia-no (Jardin exotique, Bougainvillea), veri e propri angoli di paradiso. Il ritorno in Europa negli anni Sessanta, cui seguì l’in-contro con il suo futuro marito, il pittore di origini italiane Victor Nesti, favorisce un arricchimento del suo ventaglio tematico e un’apertura verso nuove sperimentazio-ni formali. Come per molti altri artisti stra-nieri prima di lei, il viaggio in Italia, sua seconda patria, si rivela foriero di grandi stimoli, e le offre l’occasione per attingere dall’alterità culturale dell’ambiente italia-no, i presupposti di una rinnovata strate-gia della funzione pittorica. E’ in questo periodo che si dedica a ritrarre il pae-saggio toscano (Campagna fiorentina) e i soggetti sacri ispirati dalla profonda reli-

giosità del marito (La Santa Impronta), senza però dimenticare il richiamo irresi-stibile della sua isola, che nella memoria si colora di sfumature ed impressioni fino a quel momento rimaste inespresse. Sedimentata nell’anima come una traccia indelebile, l’immagine di Haiti riaffiora nelle creazioni di Jacqueline, senza aver-la mai abbandonata. Questa volta però il ricordo è animato da nuovi accenti e nuove necessità: le scene con i mercati (Marchands d’avocats, Marchand d’agru-mes) evidenziano una marcata capacità sintetica del segno e una dimensione costruttiva del colore, come se trovare il giusto rapporto tra colore e linea, come forze dal cui equilibrio ha origine la chiarezza e l’intensità della compo-sizione, fosse stato uno degli obiet-tivi da lei più lungamente perseguiti. L’inaugurazione della mostra è coincisa con la presentazione del secondo volume CARISMI per l’Arte, della Banca Cassa Risparmio di San Miniato al cui interno si raccontano gli eventi espositivi del 2010 i cui testi critici sono stati curati da Nicola Micieli.

La mostra di Jacqueline Joseph rimarrà aperta al pubblico:dal lunedì al venerdì (9.00 – 19.00) il sabato e la domenica (17.00 – 19.00).

PROSSIMI APPUNTAMENTI

• 15 aprile - 22 maggio GIANFRANCO GIANNONIagenzia 1 Carismi di Empoli - Firenze

• Giugno - Festeggiamenti giugno pisanoFRANCO ADAMIagenzia Carismi Palazzo Alliata - Pisa

Page 26: Reality 59

Most

re

2828

Cortona torna ad essere capitale dell’Etruria moderna. L’antica e fiorente “dodecapoli” affacciata

sul Lago Trasimeno, la misteriosa Curtun del celebre Lampadario, della Tabula Cortonensis, che con ogni probabilità fu anche la sede della principale scuola di scrittura etrusca, riacquisterà nuovo splen-dore nella prossima primavera, quando le eleganti sale del Maec ospiteranno una mostra di grande effetto realizzata nientemeno che in collaborazione con il prestigioso Louvre di Parigi. Le Collezioni del Louvre a Cortona: gli Etruschi dall’Arno al Tevere: è questo il titolo dell’esposizione fino al 3 luglio sarà di scena al Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona, all’inter-

no di Palazzo Casali, nel cuore della città-gioiello che la leggenda vuole fondata da Dardano ma che la storia eleva sin da epoca etrusca a centro nevralgico delle questioni economiche, sociali e politiche della gens italica.A due anni dalla collaborazione che vide alcuni reperti etruschi dell’Ermitage di San Pietroburgo sbarcare a Cortona, e a distanza di pochi mesi dai sorpren-denti ritrovamenti archeologici rinvenuti nell’area del Melone II del Sodo, ecco un altro evento di grande attrazione sia turi-stica che culturale: oltre 40 opere finora sconosciute al pubblico italiano, reperti forse non ‘d’eccellenza’ ma che testimo-niano alla perfezione la qualità e l’ori-ginalità della produzione artistica che si insediò nell’area geografica tra l’Arno e il Tevere, coinvolgendo centri quali Fiesole, Chiusi, Orvieto, Bomarzo, Perugia e Falerii (l’attuale Civita Castellana). Se l’Italia mai potrà rinnegare le proprie origini etrusche – anche il toponimo Roma sembra derivare dall’etrusco ruma, inteso come mammella, a significare l’insenatura

TEXT Marco Massetani

al “Louvre” di Cortona

Relaxregola d’artea

Tra la Toscana e l’Umbria oltre 40 reperti etruschi del celebre Museo di Parigi fino al 3 luglio a Cortona

Page 27: Reality 59

29

che il Tevere operava di fronte all’isola Tiberina – l’Etruria non potrà mai dimenti-care il ruolo che la sua Curtun rivestì negli ultimi secoli del I millennio a.C. Ed è così che la scelta di ospitare al Maec i reperti del Louvre appare un omaggio dovuto a questa cittadina toscana che trasuda storia ed arte dalle millenarie mura e dai suoi vicoli in pietra, ma anche dai tesori custoditi nel Museo Diocesano, dalle bel-lissime chiese, forse anch’esse un retaggio vivo di quell’immensa devozione religiosa dei suoi primi e raffinati abitanti. Curata da Paolo Bruschetti, Françoise Gaultier, Paolo Giulierini, e Laurent Haumesser, con organizzazione generale del Dipartimento delle Antichità greche, etrusche e roma-ne, la mostra Le collezioni del Louvre a Cortona: gli Etruschi dall’Arno al Tevere sarà l’occasione per ammirare da vicino ‘pezzi’ inediti quali l’Arianna da Falerii, per-venuta al Museo del Louvre nel 1863 insie-me a una consistente parte della celebre collezione Campana, l’opera “simbolo” dell’esposizione, datata III secolo a.C, un capolavoro di coroplastica etrusca di età ellenistica. Ma anche la Testa da Fiesole – bronzo che fu parte di una statua ono-rifica raffigurante un giovane aristocratico etrusco –, i quattro importantissimi bronzi del Falterona (statuette appartenenti a un eccezionale deposito votivo), ed ancora pezzi d’oreficeria e di artigianato artistico, come la pisside in avorio proveniente della collezione Castellani (scoperta nella necropoli di Fonte Rotella presso Chiusi), il mirabile Vaso conformato a testa fem-minile, recipiente bronzeo databile tra la fine del III e l’inizio del II secolo a.C., forse prodotto da un atelier orvietano, ed ancora l’elegante statuetta di Menerva in bronzo, proveniente dalle vicinanze di Perugia e connessa al culto di Minerva combattente, molto diffuso nell’Etruria centrale. Sono molte anche le iniziative collaterali all’evento: visite interattive alla mostra, laboratori sperimentali di arche-ologia e approfondimenti specifici per gli studenti, una Notte al Museo (14 maggio) con dj-set e musica dal vivo nelle sale del Maec, ed inoltre le “Arch-eno visite” (da marzo a giugno), degustazioni di vini da non perdere presso la vicina tenuta La Braccesca di proprietà dell’impresa Marchesi Antinori 1385, dalla quale esco-no etichette pregiatissime. Insomma, la storia siamo noi, la storia è qui, direbbero i francesi Voltaire e Montesquieu, che guarda caso furono soci dell’Accademia Etrusca di Cortona fondata nel lontano 1727, e che oggi approverebbero tutto. E appieno. Le collezioni del Louvre a Cortona: Gli Etruschi dall’Arno al TevereFino al 3 luglio 2011 Palazzo Casali Piazza Signorelli - Cortona Tel: 0575 637235www.cortonamaec.it

Cultura e relax in una delle località più affascinanti della Toscana. In occasione della

mostra Le Collezioni del Louvre a Cortona: gli Etruschi dall’Arno al Tevere, l’Hotel Portole presenta l’offerta “Relax a regola d’Arte”: a partire dal 1 maggio e per tutta la stagione (fino al 4 novembre) è possibile usufruire di un soggior-no di 2 giorni per 2 persone in camera doppia a mezza pensione al prezzo totale di € 220 (con in omaggio il biglietto di ingresso per il Maec). L’Hotel Portole, situato in posizione panoramica con vista sul Lago Trasimeno a 750 metri s.l.m., è un accogliente e caratteristico hotel a 3 stelle ricavato da una tipica casa padronale dell’800 in pietra serena, dove la bellezza del panorama si sposa con il benes-sere di mente e corpo. A pochi chilometri dall’etrusca Cortona, immerso nella macchia mediter-ranea, l’Hotel Portole è un’oasi di pace dove trascorrere una soggior-no nel segno di un salutare relax e dei sapori della cucina toscana, cullati dalle premure di un’atten-ta gestione familiare. La vicinanza con “città gioiello” quale Cortona, Arezzo e Perugia permette agli ospiti di programmare escursioni giornaliere alla scoperta dei nume-rosi tesori culturali della Toscana. www.portole.it. - [email protected] (tel: 0575 691008)

Page 28: Reality 59

voltoil

e l’anima

Most

re

30

In pittura il criterio della verosimiglianza caratterizza la ripro-duzione di ciò che è vivente, perché dipingere la realtà è molto più che creare l’illusione della vita. Quando vediamo

ritratta una figura che assomiglia fedelmente ad una forma umana siamo spinti ad investirla di sentimenti familiari, come se non si trattasse di un mero artificio visivo ma di una mate-

ria viva che ci restituisce, oltre alle sembianze, anche l’anima dell’individuo. In questa sfida tra la realtà effettiva e la sua rappresentazione figurata, l’artista, investito di uno status demiurgico, esercita un pieno controllo sulle proprie creazioni, al punto da poter scegliere di sovvertire, talvolta con effetti imprevedibili, i meccanismi che regolano la vitalità stessa delle immagini. E’ proprio dal rovesciamento delle formule di analogia e di somiglianza che hanno origine gli individui senza volto della pittrice Anna di Volo, che dell’assenza di riferimenti somatici ha scelto di fare non soltanto una sigla stilistica, ma una vera e propria presa di posizione nei riguardi dello statuto pittorico della figura umana. Dopo il successo della recente personale al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, l’artista fiorentina presenta una parte importante della sua attività più recente nella mostra Le Primavere, i colori dell’anima, in corso dal 10 aprile al 10 maggio presso il ristorante Il Battibecco all’Impruneta. Nate da una profonda riflessione sui rapporti tra l’evidenza del segno e la negazione dell’individualità a vantaggio di un’alterità enigmatica, le opere esposte coinvol-gono lo spettatore in un’esperienza di disorientamento, come se alla dissolvenza dei tratti del volto e particolarmente degli occhi, cui comunemente è affidata la testimonianza più diretta della vita negli esseri viventi, corrispondesse un sentimento di perdita, un vacillamento del limite tra realtà materiale e realtà interiore. Tuttavia, osservandole bene, comprendiamo che le sue creature non appartengono alla frenesia dei nostri tempi, non ne condividono l’inquietudine, ma sono visioni che caval-cano i secoli e in cui rivivono suggestioni formali che, partendo dalla raffigurazione del sacro nell’arte primitiva, si estendono fino a comprendere il rigore iconoclasta dell’arte islamica, la tendenza sintetica dell’arte bizantina, e ancora, percorrendo velocemente la parabola del tempo, i visages vides di Henri Matisse. Rispetto ai modelli fin qui evocati, e ai quali diver-si altri si potrebbero aggiungere poiché la meditazione sul potere di verità delle immagini accompagna gli artisti di ogni tempo, Anna di Volo elabora un proprio codice espressivo, in cui il volto non è l’ombra di un’identità dispersa nel vuoto, ma è una presenza concreta che abita uno spazio prospettica-mente costruito, oltre cui si avverte l’ordine immutabile della natura. Le figure silenziose che popolano il suo immagina-

TEXT Daniela Pronesti

Anna di Volo. La dissolvenza del volto, la persistenza dell’anima

Page 29: Reality 59

entrambi diventano forme purificate e imperiture, come reliquie di una divinità immanente. Niente è più difficile e insie-me affascinante che calarsi nelle radici dell’esistenza dove tutto è generato per ritrovare il fondamento originario, quell’essenziale che abbiamo dimenti-cato o mai conosciuto, il luogo più vici-no all’anima, in cui cadono maschere e finzioni. Oltre il corso inarrestabile della vita, che muta i cieli e le stagioni come muta l’uomo e i suoi tanti volti, si cela, quindi, una sublime bellezza, la stessa che illumina gli ovali perfetti dei suoi quadri, rendendoli ipnotici e irresistibili. Una bellezza che, mentre disvela agli occhi l’inganno delle apparenze, accen-de nell’anima un desiderio di eternità.

rio artistico sono architetture perfette e composizioni cristalline che la sua mano di abile disegnatrice non rinuncia ad interrogare, con paziente minuzia e accorti chiaroscuri, per svelarne i movi-menti, il volume, le posizioni, senza mai tradirne il segreto che rimane di fatto inviolato. Non occorre domandarsi chi siano questi esseri messi in scena, cosa accada fra loro o potrebbe accadere, né a cosa mirino i loro gesti ampi e solenni di madonne mistiche e deità pagane. Ben più emozionante è lasciarsi rapire e felicemente turbare dal mistero di un’atmosfera che si estende al di là del tempo e della vita, dimensione lontana e imperscrutabile, in cui ogni distinzio-ne tra uomini e cose svanisce perché

Page 30: Reality 59

32

Most

re

Il 16 aprile alle ore 18,00 s’inaugura presso lo spazio espositivo MXM Arte Contemporanea, Pietrasanta (LU) la

personale di Miguel Ausili.

In mostra le sue creazioni più recenti, sculture in marmo e grandi disegni, dal 2007 ad oggi. Il tema è l’evoluzione dell’uomo: dalle origini al presente, dal simbolismo pri-mitivo alla moderna tecnologia. Le scul-ture sono realizzate in varie qualità di lapideo che l’artista recupera durante le sue meditative escursioni nelle adiacen-ti cave di marmo poste a monte della città. Sono rocce calcaree, in gergo “boccioni”, esternamente grezzi, rico-perti di vari elementi e minerali solita-mente appartenenti alla sfera cromatica delle terre ma, all’interno, una volta aperta, la pietra racchiusa si manifesta in tutta la sua bellezza. E Ausili osa infrangerne la purezza. Con delicatezza e precisione seziona il “sasso”, realizza delle convessità nel cui nucleo svilup-pa il suo processo narrativo/creativo fondato su sottili citazioni al pensiero primitivo, all’arte propiziatoria, al mito della dea madre e della fertilità. Trapassa la scultura da parte a parte creando una simbolica porta che dal mondo moderno conduce verso l’arcai-co, la riveste di marmi pregiati e di colo-re connotando l’opera di una profonda ricerca basata sull’armonia compositiva e su un raffinato senso estetico.La luce dei raggi solari gioca con le sculture, ne ridisegna i volumi, appiana le lucide superfici marmoree mentre illumina la ruvida scabrosità della pie-

TEXT Enrica Frediani

L’evoluzione dell’uomo raccontata da Miguel Ausili attraverso un processo narrativo/creativo fondato su sottili citazioni rivolte al pensiero primitivo

1

EVOLUZIONI SIMBOLICHEPIETRE D’ANIMO

Page 31: Reality 59

33

tra naturale. Emergono pareti rocciose, che paiono spazzate ed erose da venti millenari, dove picchi luminosi e ombre profonde simili ad antiche caverne con-ducono la memoria dell’osservatore ad ataviche suggestioni.E quando il fascio di luce attraversa le simboliche incisioni, configura nuovi scenari, dà vita o spegne i colori che vivificano la scultura oltrepassando il cuore e l’anima della pietra, cui l’artista, scavando, ha affidato tutto il valore e la potenza di un messaggio che attin-ge al primitivo simbolismo dei totem, degli idoli arcaici e sulla magia dei loro significati come in Totem maschera, 2006; Totem, 2002-2007; Tre luci, 2007; Tempietto dell’acqua, 2007; Uno e trino, 2008; Maschera, 2008; Habitat, 2008; Il Habitat, 2008; Altarino rupestre, 2009; Croce interiore, 2010.Nel ciclo dedicato all’Habitat realizzato dal 2004 al 2008, Ausili realizza sezioni di scale a mezza forma piramidale che simboleggiano l’evoluzione. Evoluzione della vita colta all’alba delle sue manife-stazioni intellettive che si sviluppa all’in-terno di un contesto materico millenario – come il marmo – di cui permangono, nel grezzo involucro esterno dell’ela-borato, tracce ferrose e terrose in con-trasto con la politezza delle superfici che costituiscono il nucleo centrale, anima di una sintesi narrativa che esprime, nella labirintica disposizione della scala pira-midale, evoluzione ed involuzione, quale metafora dello sviluppo dell’uomo e del suo possibile ritorno alle origini. Evoluzione è anche sinonimo di una costante mutazione che l’artista inter-preta utilizzando il simbolo della mater-nità espressa nella ferita al centro della materia, quale costante rinnovo del cambiamento culturale e generazionale: Lama nera, 2006.La sua arte manifesta dunque la sintesi della storia della civiltà dai primordi delle esigenze espressive dell’uomo, dove si riconoscono pregnanze di memorie che costituiscono il substrato magico di allusioni e riferimenti che apparten-gono alle origini culturali dell’umanità, per giungere ad un assunto linguistico estremamente moderno per concetti, spiritualità e materiali utilizzati.Egli opera in una continua connessione tra ere e culture appartenenti a epo-che diverse tessendo una fitta trama di traslati allegorici dove ogni opera è espressa in una risoluzione formale orientata verso una creatività innovativa esprimendosi, l’artista, con un linguag-gio che guarda alla contemporaneità, ma, nello stesso tempo, non dimentica di evidenziare contenuti evocativi rivolti al passato.Ecco che le migliaia di anni trascorse dalla formazione della consapevolezza intellettiva a oggi sono compendiate

in un concetto virtuale che annulla le distanze temporali proiettando diret-tamente il pensiero nella dimensione spazio/tempo di un viaggio verso le origini affinché l’uomo non dimentichi le proprie.

Personale di Miguel Ausili al MXM Arte ContemporaneaPietrasantadal 16 al 30 aprile 2011

1. Tempietto dell’ acqua2. Maschera3. Croce interiore4. Altarino rupestre5. Uno e trino

2 5

3

4

Page 32: Reality 59

Most

re

34

TEXT Valeria Barboni

Carlo Ludovico Ragghianti e i segni della modernità

Italia anni Sessanta. Il Museo della Grafica propone in mostra qualcosa di diverso dal riflesso degli anni spen-

sierati della Vespa, della Dolce Vita di Fellini, dei pantaloni “capri”, icone alle quali si fa comunemente riferimento in un immaginario collettivo, opportunamente sedimentato dalla comunicazione unilate-rale dell’ultimo decennio. Sono altri anni Sessanta: quelli dell’impegno politico, della militanza attiva e della convinzione che l’istruzione e la cultura possano veicolare valori conoscitivi in grado di arricchire l’esi-stenza di ogni singolo individuo.L’esposizione è dedicata infatti a Carlo Ludovico Ragghianti nel cen-tenario della nascita, uno stu-dioso la cui levatura mora-le e l’impegno politico sono stati parte integrante del suo profilo di critico d’arte. Dopo la Fondazione Ragghianti di Lucca è il Museo della Grafica a rendere omaggio allo stu-dioso che può essere conside-rato, a ragione, uno dei suoi padri fondatori.Un nucleo delle collezioni del museo nasce infatti dall’ap-pello di Ragghianti, rivolto agli artisti contemporanei, per-ché donassero opere di gra-fica all’allora Istituto di storia delle arti, di cui all’epoca era direttore. Un’adesione entu-siastica rese possibile la costi-tuzione di un Gabinetto dei disegni e delle stampe legato all’Università di Pisa dove era confluita anche la donazio-ne della collezione di grafi-ca di Sebastiano Timpanato da parte degli eredi, sancita nel 1957. Si era venuta così a configurare un’importante raccolta pubblica che per-metteva il costituirsi di un centro attivo per lo studio della grafica contemporanea. Anche la critica d’arte si iden-tificava in quegli anni con una partecipazione alla vita poli-

temporanea, era affidata alle giovani leve dell’Istituto, assistenti e neo laureati, che così avevano l’opportunità di mettere in pratica gli insegnamenti teorici acquisiti; dall’altro i visitatori potevano usufruire di manifestazioni espositive interessanti e scientificamente valide, avvalendosi di un percorso conoscitivo idoneo. L’approccio all’arte contemporanea era ancora genuino e non sofisticato dalle odierne strategie comunicative in grado di attira-re alti numeri di visitatori inconsapevoli e di lasciarli, alla fine del percorso espositi-vo, altrettanto disorientati.Questo era il clima culturale che si respi-

rava a Pisa nei primi anni Sessanta e che la mostra ha inteso ripercorrere attra-verso tre momenti specifici della riflessione di Ragghianti sulla contemporaneità. Il punto focale dell’esposizio-ne resta senza dubbio l’in-teresse per la grafica, che rappresenta il segno inciso della modernità. Con alcu-ne litografie in apertura del percorso espositivo, appar-tenenti alla mostra Litografie di artisti contemporanei del 1962, è possibile soffermarsi su alcune opere dei maestri del Novecento come Carlo Carrà, Mino Maccari, Giò Pomodoro, Arturo Carmassi e Nobuya Abe, e in partico-lare sullo straordinario volto di donna di Pablo Picasso, unica opera del maestro spa-gnolo stampata in Italia. Un volto nato dalla sintesi di poche linee ma in grado di raggiungere l’essenza univer-sale della femminilità. Questo come gli altri fogli erano usciti dai torchi del Bisonte, stam-peria fiorentina creata da Maria Luigia Guaita, legata a Carlo Ludovico Ragghianti, da un’amicizia che risaliva ai tempi della resistenza toscana. Il legame con la Guaita ritorna

tica e culturale del territorio. Laboratori sperimentali come quello del CIAC, Comitato per le iniziative artistiche e culturali, nato all’interno dell’Istituto di

Storia dell’arte dell’Università di Pisa con l’obiettivo di coordinare e veicolare mostre d’arte sul territorio, in collabora-zione con Enti pubblici e privati, avevano un doppio scopo: da un lato l’organizza-zione di queste esposizioni di arte con-

xxArti secolo

le

del

Palazzo Lanfranchi

1

Page 33: Reality 59

con l’impresa, unica nel suo genere, della cartella Galleria Grafica Contemporanea, che raccoglie cinquanta incisioni di mae-stri italiani contemporanei stampata nel 1964, promossa dalla sezione fiorentina dell’Associazione Nazionale per l’assisten-za agli Spastici. Gli artisti, nati tra il 1876

e il 1913, erano stati coinvolti dallo stu-dioso secondo un preciso impianto sto-riografico. La tecnica suggerita era quella dell’acquaforte, un medium che per molti di loro risulta essere una novità assoluta. In mostra sono state esposte anche alcune rare lastre di proprietà della Fondazione Il Bisonte che testimoniano il processo cre-ativo di artisti come Gino Severini, Carlo Levi e Tono Zancanaro. Nell’allestimento le opere sono accompagnate dai com-menti poetici, altamente suggestivi, scritti da Ragghianti accanto ai nomi degli artisti inseriti nel portfolio. Questa peculiarità offre l’opportunità di soffermarsi anche su Ragghianti scrittore, autore di una prosa evocativa e sintetica al tempo stesso, che risulta essere più moderna rispetto alla complessità di quella longhiana. Il dialogo tra le arti prosegue con la docu-mentazione dell’interesse per l’architet-tura attraverso la ricostruzione, a cura di Susanna Caccia, della prima mostra dedi-cata a Le Corbusier, organizzata a Palazzo Strozzi, nel 1963. Un altro momento saliente del percorso espositivo è la possibilità di vedere nella sala multimediale del museo alcuni crito-film (prestito del Centro Documentario del cinema d’Impresa di Ivrea), letture storico critiche realizzate da Ragghianti nel lin-guaggio cinematografico a testimonianza della sua lungimiranza nel comprendere

le possibilità divulgative del cinema.Seguendo quindi il filo dell’interdisciplina-rietà delle arti e della riflessione sul con-temporaneo, la mostra riesce a trasmette-re ai visitatori i valori fondanti di una critica d’arte che rimane un punto di riferimento per molti studiosi.

1. Picasso 2. Mino Maccari 3. Carlo Ludovico Ragghianti 4. Ardengo Soffici

3 4

2

Page 34: Reality 59

Arte

36

TEXT&PHOTO Pierluigi Carofano

Una mostra particolare, costituita da un’unica, singola opera si è appe-na chiusa a Pisa presso Palazzo

Blu (26 febbraio – 27 marzo 2011), sede espositiva e museale delle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa. L’evento, emblematicamente intitolato, Un uomo che guarda, era dedicato ad uno dei dipinti più intriganti dell’intero corpus del caravag-gesco pisano Orazio Riminaldi (1593 – 1630), il Ritratto di Curzio Ceuli (olio su tela, cm. 54x43), Operaio della Primaziale di Pisa dal 1616 al 1634. Questo ritratto, ricor-dato dalle fonti anti-che, fu pubblicato da Mina Gregori (1985), facendo leva sull’iscri-zione posta a tergo della tela, risolutiva ai fini attribuzionisti-ci e dell’identifica-zione dell’effigiato: “Curzio di Domenico Ceuli eletto [O]peraio del Duomo d[i] [Pis]a nel 1617 di moto p[roprio] [di][C]osimo 2° Medici Gr[an Duca] di Toscana, fatto [da] [Oraz]io Riminaldi pittor[e]”. Finito nella collezione milanese di Luigi Koelliker, lo avevo recuperato agli studi, esponendolo a Pontedera all’interno della mostra Luce e ombra. Caravaggismo e naturalismo nella Toscana del Seicento (2005), nella spe-ranza che una qualche istituzione muse-ale cittadina si attivasse per acquisirlo. In seguito alla recente parziale dispersione della collezione Koelliker, l’opera è torna-ta sul mercato nel 2008, esposta all’interno

dello stand Robilant+Voena durante l’ulti-ma Biennale dell’antiquariato di Palazzo Corsini a Firenze. Grazie alla tenacia di Franco Paliaga, storico dell’arte partico-larmente attento alle vestigia pisane, a Stefano Renzoni ed alla lungimiranza del dott. Bracci Torsi, presidente della sud-detta Fondazione, finalmente, il Ritratto

di Curzio Ceuli è tornato nella sua città. Si tratta in verità di un recupero fondamenta-le per la conoscenza dell’attività ritrattisti-ca del maestro pisano, oggi nota soltanto attraverso questo numero e l’Autoritratto degli Uffizi. Nonostante le decurtazioni

del margine inferiore e di quelli laterali (che impediscono di apprezzare la tipo-logia della medaglia e di verificarne lo status di possibile onoreficenza), il dipinto conserva tutta la sua unità potenziale, ponendosi sullo stesso livello, per inten-sità ed attenzione al dato naturale, del Ritratto di Raffaele Menicucci di Valentin

de Boulogne conser-vato a Indianapolis, capolavoro della ritrattistica caravag-gesca, un’opera che diresti gemella di quella qui in discus-sione. In effetti l’ade-sione al caravaggismo da parte di Riminaldi è autentica nell’uso della luce direziona-ta a scrutare le carni dell’effigiato e la leg-gera pinguedine, i capelli brizzolati, l’ac-centuata stempiatu-ra e le rughe intorno agli occhi dalle pal-pebre un po’ bolse, con indosso il ferra-iolo e imprigionato nella gorgiera ina-midata eseguita con maniacale precisione tattile degna di uno stretto seguace del Caravaggio. La rispo-sta ai rx e alla riflet-tografia all’infrarosso conferma la stesura soda e compatta della materia apprezzabile anche a livello super-ficiale, ma anche un pentimento nella gor-giera, pensata dap-

prima di dimensioni ridotte ed ampliata in un secondo momento. Curzio Ceuli fu figura cardine del rinno-vamento del Duomo pisano durante la prima metà del Seicento, nonché vero e proprio sponsor di Riminaldi. Grazie a

1

Uomo un

Palazzo Blu

guardache

Page 35: Reality 59

37

lui l’artista ottenne dapprima, mentre si trovava a Roma, l’incarico di dipingere il Sansone e il Mosè per la Tribuna, poi la cupola sempre per il duomo, senza conta-re i buoni uffici spesi presso amici e paren-ti. Inoltre Orazio eseguì per il Ceuli almeno due dipinti raffiguranti “un San Sebastiano scorcio quando le due Sante Matrone lo medichano” e un “Davitt mezza figura” oggi dispersi, ma esplicita testimonianza del familiarità tra i due. L’immagine che Orazio ci consegna in questo ritratto è quella di un uomo sulla cinquantina, sicuro di sé, dallo sguardo piuttosto altezzoso. Per l’età del protagoni-sta e per le vicende personali di Riminaldi, tornato in pianta stabile a Pisa nel 1627, non è improbabile fissarne la data d’ese-cuzione in quegli anni, periodo in cui i rap-porti tra lui e Ceuli sono molto stretti, veri-similmente quotidiani a causa dell’intensa attività del pittore all’interno dell’Opera che ha il suo momento di massima visi-bilità nella decorazione della cupola, ma che passa anche per piccole incombenze come la manutenzione dei dipinti della cattedrale tra cui merita ricordare gli inter-venti sul Trionfo di san Tomaso d’Aquino di Benozzo Gozzoli (Parigi, Musée du Louvre) e sul Polittico di sant’Agnese di Andrea del Sarto tuttora in duomo.

Da accantonare è quindi l’ipotesi di pensar-ne l’esecuzione in occasione della nomina del Ceuli ad Operaio (1616), data che non collima, non tanto con le capacità artisti-che del non ancora ventenne Riminaldi (basti pensare che la commissione del Sansone è del ‘20), quanto proprio con l’età dell’effigiato, il quale rimarrà in carica almeno sino al 2 giugno 1634.Purtroppo le notizie su Curzio Ceuli non sono molte. Sappiamo che proveniva da una casata del contado pisano che a Roma in quegli anni gestiva un Banco importante

in rapporto con le famiglie più in vista quali i Mattei e i Barberini e che annoverava tra le sue fila alti prelati come Tiberio, vescovo di Avignone. Non a caso Riminaldi a Roma riscuoteva le somme relative ai dipinti commissionatogli da Curzio per la Tribuna proprio tramite il Banco di famiglia, a con-fermare un legame assai stretto, quasi una sorta di mecenatismo non convenzionale.Sin dal momento della sua nomina il Ceuli si impegnò in un’intensa operazione di

ammodernamento della cattedrale pisa-na dopo il disastroso incendio avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 1595, coadiuvato da eruditi e prelati locali tra i quali spicca il canonico Paolo Tronci, anch’esso peraltro collezionista di dipin-ti di Riminaldi. Ma il suo ruolo non fu soltanto quello di coordinare, nominare e controllare maestranze, relazionare al granduca sull’andamento dei lavori, veri-ficare modi e tempi degli interventi. Basta sfogliare il quadernuccio dei Ricordi da lui stilato per intuire il carisma con cui egli assegna gli incarichi e la piena soddisfa-zione con cui constata il consenso degli addetti ai lavori. Non si trattava soltanto di commissionare tele in massima parte destinate al completamento della Tribuna iniziato quasi cent’anni prima, ma anche di ripristinare e reintegrare, fin dove era pos-sibile, tutti quei manufatti danneggiati nel tentativo di restituire gli oggetti di culto alla loro piena funzionalità, salvandoli dal loro definitivo abbandono, assumendo i contorni di una precoce quanto significa-tiva operazione di tutela e conservazione. A lui va inoltre il merito del trasferimento del Polittico di sant’Agnese di Andrea del Sarto dalla pisana chiesa eponima alla cattedrale e del restauro del pulpito di Giovanni Pisano.

A Palazzo Bluun nuovo Ritratto

di Orazio Riminaldi

1. Orazio Riminaldi. Ritratto di Curzio Ceuli - Pisa - Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa 2. Riflettografia all’infrarosso del dipinto 3. Fluorescenza ai RX del dipinto

2 3

Page 36: Reality 59

© F

ilipp

o M

affe

i

Page 37: Reality 59

39

Arte

TEXT Irene Barbensi

musei puoi essere un pezzo di museo

BENEFICI- La card ha validità illimitata.

- Sconto del 30% sull’acquisto di bigliet-ti, nei migliori posti, per gli spettacoli della Rassegna 11 Lune

- Sconto del 30% sulle iniziative orga-nizzate dalla Fondazione Peccioliper: visite guidate, tour in occasione di gran-di eventi espositivi di livello nazionale e internazionale

- Sconto del 30% su merchandising

- Ingresso gratuito al Polo Museale di Peccioli e a tutte le mostre organizzate dalla Fondazione Peccioliper

- 1 copia omaggio delle pubblicazioni e dei cataloghi editi dalla Fondazione Peccioliper

- Anteprime di spettacoli, inviti a prove aperte e a iniziative riservate

- Mailing informative sugli aggiornamen-ti dei benefici della Card

CONVENZIONI- Sconto del 20% presso la Libreria Fogola, Corso Italia 82 – Pisa (sono esclusi dalla convenzione libri scolastici e universitari)

- Trattamento speciale presso la Estorick Collection

of Modern Italian Art, 39a Canonbury Square - Londra: presentandosi in due si pagherà un solo biglietto

- Trattamento speciale presso la Casa Museo Ugo Guidi, via Matteo Civitali 33 Forte dei Marmi: ingresso gratuito con guida d’eccezione, sconti su cataloghi, pubblicazioni e gadget del bookshop

- Trattamento speciale presso la Casa Museo Carlo Pepi, Via I Gioielli 15. Loc. Ceppaiano, Crespina: possibilità di prenota-re visita gratuita con guida d’eccezione

Una tessera unica che consente di creare una solida rete di collabo-razioni e promozioni del nostro

territorio, alla scoperta dei tesori locali e regionali, nazionali e internazionali. È la Card Amici del Polo Museale di Peccioli pensata dalla Fondazione Peccioliper che riunisce in una sola offerta una serie di servizi e agevolazioni per i possessori. Non è solo un pass che racchiude tante iniziative, ma è essa stessa la vera iniziati-va del futuro che concilia la ricerca di un meccanismo di fidelizzazione con l’inizio di un percorso di sconti e benefici. La Card Amici del Polo Museale di Peccioli riunisce in un’unica offerta una serie di servizi fra i quali l’accesso gratuito o con riduzione ai musei del territorio nonché la possibilità di numerose agevolazioni pres-so le più prestigiose istituzioni culturali e di intrattenimento, esercizi commerciali e strutture ricettive.

Foto: in alto museo Arte Sacra, museo Merlinia destra museo Archeologico, museo Icone

Prima uscita per i possessori della Card

(prevista per la prossima primavera) alla scoperta

dei “Luoghi svelati in Palazzo Vecchio”, Firenze

Peccioli

Se non sei un pezzo da museo

Page 38: Reality 59

Most

re

40

Abbandonare il repertorio tradizio-nale della scultura in favore di com-posizioni variabili che rispondono

alla poetica della precarietà e dell’effi-mero, è uno degli orientamenti della pro-duzione scultorea contemporanea, rap-presentata in maniera significativa dalle opere di sedici artisti italiani e stranieri - Alexandra Bircken, Beth Campbell, Daniela De Lorenzo, Claire Morgan, Franco Menicagli, Ernesto Neto, Jorge Pardo, Cornelia Parker, Tobias Putrih, Tobias Rehberger, Tomas Saraceno, Bojan Sarcevic, Hans Schabus, Luca Trevisani, Pae White, Hector Zamora - presenti all’EX3 di Firenze, fino all’8 mag-gio, con la mostra collettiva Suspense - Sculture Sospese, a cura di Lorenzo Giusti e Arabella Natalini. Diversi per generazione e provenienza, gli artisti chiamati ad esporre propongono alcune delle opere realizzate nell’ultimo decen-nio, offrendo così uno spaccato sui recen-ti sviluppi della scultura internazionale, caratterizzata dal rifiuto di ogni forma stabile e dalla pratica della “sospensio-ne”, come formula di estrema libertà compositiva ed espressione dell’anelito della società odierna alla leggerezza e alla sobrietà. Esplorato in maniera epi-sodica da alcuni movimenti d’avanguar-dia del secolo scorso e soprattutto da Alexander Calder con le sculture mobiles, il concetto di sospensione raccoglie e sintetizza delle importanti riflessioni in materia di movimento, performance e casualità, e si traduce nella creazione di opere che, sospese nell’aria, rinunciano ad ogni saldo legame con il suolo. Non si tratta soltanto di un superamento dei valori tradizionali della scultura, quanto piuttosto del tentativo di “dilatare” le possibilità espressive del linguaggio scul-toreo, rinunciando al criterio della monu-mentalità in favore di rinnovate caratte-ristiche di levità e dinamismo. Le opere esposte non occupano semplicemente uno spazio, ma lo conformano mediante una serrata dialettica tra coppie di oppo-sti - morbido e rigido, pesante e leggero, statico e mobile, pieno e vuoto - che

TEXT D.P.

instillano in chi guarda lo stesso senti-mento di attesa e di precarietà che nasce di fronte ad un evento imprevedibile. Un aspetto che le accomuna è l’attenzio-ne ai valori tattili e alle potenzialità meta-morfiche di oggetti quotidiani e materiali abusati, che opportunamente manipo-lati e decontestualizzati, acquistano un nuovo significato ed una diversa identità. Gli interventi di trasformazione e di ricom-binazione di materie elementari traggono ispirazione anzitutto dai processi organici che si svolgono in natura, e si risolvono nella creazione di iconici vegetali pro-posti come elementi di un misterioso paesaggio immaginario. Così avviene, ad esempio, nell’opera di Claire Morgan, Garden, una suggestiva composizione di foglie e forme animali che, oltre a sugge-risce un’idea di ordine ed armonia, emana tutto il pathos drammatico della provviso-rietà, oppure nelle composite strutture astratte di Bojan Sarcevic, appartenenti alla serie Presence at Night, in cui l’inso-lita combinazione di rami di varie specie e di capelli umani mette in evidenza la dimensione dell’estinzione nell’evolu-zione, della precarietà del tempo nella continuità della vita, e ancora nel micro-cosmo di Tomas Saraceno, Biosphere 06, piccolo giardino in sospensione costituito da una sola cellula, che rimanda all’utilità delle moderne tecnologie come stru-mento che offre all’uomo nuovi territori di sopravvivenza. La forza vitale della sostanza organica si fa poesia nelle Cloud Clusters di Pae White, che si serve di ossature metalliche, colorate e sospese ad un’altezza significativa, per richiamare la presenza del cielo e “intrappolare” simbolicamente l’essenza effimera delle nuvole, mentre nelle sculture mobiles di Beth Campbell (You’ve really fucked up this time), un raffinato intreccio di fili ci guida nel cuore dell’immaginario artistico alla ricerca di un’estensione infinita. Con l’opera Lapses di Alexandra Bircken, il punto di vista si sposta dallo spazio natu-rale a quello antropizzato. Le sue stoffe, cucite con la stessa cura di una preziosa tappezzeria, si alternano come a voler

testimoniare la presenza del tempo e il passaggio dell’uomo, riuscendo in tal modo a coniugare un senso d’intimità e un’inquietante impressione di estranei-tà. Nelle gabbie umane di Jorge Pablo (Untitled), architettura, scultura e instal-lazione s’intersecano in un’unica formula espressiva: il corpo, trasformato dall’arti-sta in una complessa trama di linee con al centro una fonte luminosa, diventa il punto energetico in cui la prospettiva individuale si fonde a quella cosmologi-ca. I calchi in feltro di Daniela De Lorenzo, Falsetto/Escamotage, si basano sul recu-pero di un materiale povero che la crea-tività dell’artista fa rivivere nel presente. Il feltro, accartocciato o sovrapposto in più strati a creare lo spessore di una figura che emerge dal fondo, preserva la memo-ria dell’intervento artistico e assume una vera e propria valenza scultorea. Le crea-zioni di Luca Trevisani (Soap Bubble Skin) e di Franco Menicagli (Clues) mettono in luce le tante possibilità offerte dal riuso

1

2

la

eggerezzaformadellal

Page 39: Reality 59

del legno, in virtù soprattutto della sua straordinaria flessibilità. Mentre Trevisani assembla e ripiega su se stesse delle lamine di legno di colore differente crean-do un sottile gioco di rimandi e sugge-stioni tese al coinvolgimento del fruitore, Menicagli disegna lo spazio con un’ariosa installazione, che mette insieme assi di legno e oggetti d’uso quotidiano, dando vita ad associazioni visive e metaforiche di grande effetto. Nell’opera di Hans Schabus, Tomorrow will be like today, la semplicità dei mezzi utilizzati non impedi-sce una pluralità di significati e di letture. Si tratta di uno sgabello artigianale rico-perto da diversi strati di stoffa logorati dall’uso e abilmente sospeso nell’aria: se l’aspetto consunto dei tessuti racconta la storia di chi quest’oggetto l’ha realmente posseduto e utilizzato, la distanza da terra indica invece la necessità di recuperare il controllo del tempo, e con esso il piacere della pausa e della lentezza. Sulla parte-cipazione emotiva e sensoriale del pub-blico insistono le realizzazioni di Ernesto Neto (While Nothing Happens Baby) e Cornelia Parker (No Man’s Land), il primo mediante un’imponente scultura in lycra che incombe dall’alto e che stimola tanto la sfera visiva dello spettatore quanto quella olfattiva, grazie alle sabbie e alle spezie profumate che riempiono alcune parti dell’opera, la seconda realizzando una struttura che richiama la dinamica tra interno ed esterno, tra forze contra-stanti che si reggono sulla tensione degli opposti. Hector Zamora, con Synclastic Anticlastic, affronta il tema della relazio-ne tra opera e ambiente, tra sensazione e materialità, e concepisce i suoi lavo-ri come forme dinamiche che rivelano le tensioni latenti nello spazio. Tobias Rehberger (The Great Disarray Swindle) e Tobias Putrih (Soap Film Models), pro-pongono, infine, dei simbolici intrecci di fili e dispositivi elettrici, volti a fissare la

trama di una rete che leghi i differenti stati della materia e dell’esperienza indi-viduale.La mostra si protrarrà fino all’8 di mag-gio, con orari d’apertura dal mercoledì alla domenica, dalle 11.00 alle 19.00, il venerdì fino alle 22. Chiuso il lunedì e il martedì. Per info: EX3 - Centro per l’Arte Contemporanea, Viale Giannotti 81/83/85, Firenze, [email protected]

1. Franco Menicagli - Clues2. Opere di: Alexandra Bircken (a sinistra) Luca Trevisani (centrale) Hans Schabus (fondo)3. Ernesto Neto - While Nothing Happens Baby4. Daniela De Lorenzo - Falsetto - Escamotage5. Tobias Putrih - Soap Film Models (After Frei Otto)6. Beth Campbell - You’ve really fucked up this time7. Jorge Pardo - Untitled8. Hans Schabus - Tomorrow Will Be Like Today

3 4

6

5

7

841

Page 40: Reality 59

manifestazioni o apparizioni che chiedono la complicità dello sguardo e investono la sensibilità. Sono figure sulle quali si con-centrano e si esprimono dilatazioni mentali, memorie, sogni, affetti, persino turbamenti vissuti nella discrezione degli spazi intimi. Sono animali, fiori e altri momenti della natura, oggetti e attrezzature sceniche che l’artista ambiguamente gioca tra credibilità e invenzione dell’immagine poeticamente straniata. Per la consistenza tattile della materia pittorica e il registro basso del colore (soprattutto terre rosse e bruciate a riverberi gialli e qua è la screziate da timbri pungenti), si ha l’impessione che la ribalta di quegli accadimenti sia un interno anche quando la scena è di ambientazioni esterna. Si tratta di un luogo comunque avvolgente, nel quale l’effusione emotiva sommuove l’equilibrio compositivo della scena, talora abitata da presenze persino sovrabbondan-ti. Il clima che vi respira è caldo per la qualità

In tandem alla galleria Athena dipinti e incisioni di Stefano Ciaponi e Renzo Galardini

In alto: Aspettare il blu del cieloA fianco: Veglia notturna

42

Livorno

Pianeta

Most

re

Appartengono al variegato pianeta dell’immaginario, hanno un taglio visivo e uno stile diversi ma agi-

scono entrambi sui versanti strettamente correlati della pittura e dell’incisione, i due artisti di scena fino al 7 maggio alla galleria Athena di Livorno. Si tratta del livornese Stefano Ciaponi, che all’esercizio dell’arte alterna l’insegnamento alla cattedra di inci-

sione dell’Accademia di Carrara, e di Renzo Galardini, un pisano stabilmente insediato tra Montescudaio e Cecina, a suo tempo migrante per ragioni di scuola che da alcu-ni anni non sussistono, essendosi il suo impegno concentrato esclusivamente sulla pittura. C’è da dire che Ciaponi e Galardini hanno in comune anche la formazione primaria nella medesima scuola, l’Istituto d’Arte di Lucca, allievi di un maestro stra-

TEXT Nicola Micieli

ordinario: lo scultore e grafico Vitaliano De Angelis, fiorentino per nascita e formazione al Magistero artistico di Porta Romana, lui pure livornese di adozione.Si mostrano dunque nella compiutezza e nella duplice valenza dell’espressione pitto-rica e grafica un artista “indigeno”, che inci-de all’acquaforte le lastre con segno netto e vigoroso e dipinge con una materia di sedi-mentazione paramuraria, e un “oriundo”, transfuga divenuto e riconosciuto almeno per metà livornese, che incide alla vernice molle e dipinge con finezza d’impasto e definizione da miniatore, per quanto, in verità, nell’uno come nell’altro caso non ci sarebbe ragione di evocare appartenenze territoriali o stracittadine portatrici di even-tuali “rivalità” da campanile. Non si può dire, difatti, che nei due artisti siano rico-noscibili ascendenti locali, quanto a genesi e modalità d’uso dei rispettivi linguaggi. In definitiva, la loro forma pittorica e grafica rimanda ad altri climi: un intricante novecen-tismo postmetafisico e intimista nelle meta-fore visive di Ciaponi, una sorta di realismo magico a vocazione emblematica nei fastosi “teatri” di Galardini. Nel caso di Ciaponi siamo chiamati ad assistere a suggestive

dell’ mmaginario

Page 41: Reality 59

4343

A fianco: Pulcinella e la SirenaIn basso: Raccogliere l’erba del viaggio

poeticamente evocativa della materia, del colore, dello spazio simulato che sollecita i sensi e induce emozioni con il flusso proiet-tivo dei depositi psichici pesonali e dei loro portati simbolici.Renzo Galardini apparecchia una scena di diversa natura, tutta mentalmente filtrata, funzionale alla simulazioni d’un vero ottica-mente focalizzato e sottile, per quanto di appartenenza non iperreale né fotografica. Tutto è dato nella virtualità della spoglia cor-porale, nella riduzione delle effigi in simula-cri, dei paramenti in emblemi offerti quali trionfi o trofei di una festa dello sguardo che scopre il meraviglioso nel fasto visivo inso-spettato di presenze e oggetti marginali, persino desueti della quotidianità. Per non dire delle espressioni più qualificate della creatività umana consegnateci dalla storia e da Galardini rivisitate sin dai tempi giovanili, quando attingeva al molteplice e altissimo deposito della civiltà pisana i materiali pri-vilegiati del proprio repertorio. La materia e il colore sono in Galardini di estrema purificazione formale, usati con mano ferma e occhio educato, da virtuoso che fonda sulla probità e la puntualità del disegno analitico la qualificazione visiva dell’imma-gine. La medesima mano governa anche il “disegno” dell’incisore. I segni giocati dentro il recinto ovvero lo schermo ristretto della lastra determinano, se possibile, una definizione della forma ancor più rigorosa e nitida, al limite dell’assoluto metafisico.

Page 42: Reality 59

Arte

44

Giù per le scale dalla station e alte le cuspidie le grandi vetrate, fra nebbia e trafficie poi a sbucare di tralice sui rapidi

cerchi e le volute dell’Alberti: i sofficimarmi aerei.Santa Maria Novella.

Indietro nello svolgersi degli anni le ripercorro, strapazzato studente, quelle vie,le mie domande e i sensi e il suono ardentesul selciato.E le strate e come in via Fossi, la vetrina che fionda una luce di verdi e aranci

Natura e verità TEXT Valerio Vallini

Enzo Faraoni

narrazione in forma di versi

1. Il riferimento è all’attentato fatto da partigiani, al quale partecipò E. Faraoni, contro vagoni ferroviari nella stazione di Carmignano l’11 giugno 1944.2. Le parole sono di Dilvo Lotti scritte nel 1939; le cesure sono mie. 3. Si tratta di Paolo Marini, direttore insieme a P.Santi della Galleria L’Indiano in Firenze.4. E’ Piero Santi che lo scrisse. 5. Il virgolettato è un pensiero di Luigi Baldacci 6.Da Carlo Betocchi,1971

come una mattina nei Sessanta. Ovunque sono edicole, stemmi invadenti del potere.Sbuco in Santo Spirito, la facciata in riccioli di rosa.

Ancora passi e passi e infine, da uno scorcio di viucciola, scheggedi marrone bugnato e salendo, ecco, l’allargarsi dell’ampia veduta dei Pitti.

Natura e verità nella pittura di Enzo Faraonidispiega un alto stendardo, su fondo rossocalato a fianco dell’ampio portale. Sosto affacciato, un respiro, prima dell’inoltro Nel fondo cortile e su per le otto rampe di marmo.

In cima, dentro, nelle sale, una voce, di Enzo, mi rapisce e lo vedo nel bianco di uno schermo, passeggiare per orti e sentieri fra foglie di autunno inoltrato, e fitte di sole occiduo. Narra con calma, con pacatezza.Narra nel film l’asprezza degli oggetti, gli strumenti del suo lavoro, la grassa stesura dei colori: le biacche, le carnose sassifraghe,le case fitte nel paesaggio, la sua Carmignano,la sera tempestosa di fuoco, le ferite, svela l’incendio delle polveri, le esplosioni, il padre in divisa di ferroviere.

Inizio il percorso: “opericciole piccole in cuiil colore ritorna intatto/ e primordialecome alla prima luce”. In una tela ritrovo l’amico Paolo visto in molte guise: ora spavaldo, ora istrionee malinconico.Vedo lui stesso, Enzo, in maturità e vecchiaia, segno iconico e colore, le sue morte nature, chiare e cupe. “Gli oggetti avvolti nel proprio mistero di solitudine” di malinconia anche, nei ritratti di Arioe Leonetto, e di nuovo lui stesso in rosso e in vaporoso celeste. E le donne poi, addormentate, assorte, solari. E “certe ragazzine pensose con qualcosa di romantico e classico, derelitte o traviate…”

Mi soffermo alle sue grafiche, i disegniora secchi e nervosi, ora grassi di carboni, oravaporosi d’aria.

1

2

3

4

5

Page 43: Reality 59

45

Sento di esserne parte di averlo incontratoin qualche chiasso della Firenze anticanella sua varia umanità.Ora, giunto al commiato, i suoi luoghi: Carmignano, la cupa massiva delle rocce, la Gonfolina, Livorno, Empoli, Porta Romana;le sue cose: una tela imbiancata, la sedia in ferro, il basco, la conchiglia scabra,la pansé per Dianora,mi seguono all’Arno con la luce, nell’ora“che ha memoria dell’ombra”

Enzo Faraoni nasce a Santo Stefano Magra, il 29 dicembre 1920. Cresciuto in mezzo al paesaggio di Montelupo, undicenne frequenta la scuola d’arte di Porta Romana. Viaggiò in treno con Dilvo Lotti e Renato Alessandrini. Nel ‘36 vide con il padre, una mostra di Viani al Kursaal di Viareggio. Partecipò ai Littoriali, alla mostra della città di Empoli nel ‘38 e nel ’39 di San Miniato. Frequentò la cerchia di Rivoluzione, periodico del GUF fiorentino, dove scriveva-no anche Luzi e Parronchi.Nel ‘42 fu la prima personale al Fiore, presentata da Piero Santi. Le sue nature morte furono viste con interesse da Longhi. Nel ‘45 scopre la pittura di Cézanne e Van Gogh in mostra a Firenze.Nel ‘47 dopo un periodo di crisi, entra nella cerchia della Fiamma Vigo e negli anni ‘50 espone alle Biennali di Venezia.Nel ‘53 sposa Dianora Marandino, si rafforzava l’interiorità rigorosa delle sue incisioni, con una feconda stagione di ritratti. Cominciarono a fioccare premi. Nel ‘61 gli fu assegnato il premio Fiorino della “Città di Firenze” per il dipinto: Ragazza addormentata. Gli anni ‘70 lo videro presentare importanti personali alla Pananti e all’Indiano. Dagli anni ’90 al 2004, Faraoni si abbandona alla vena espressionistica.

6

NO

TIZI

A

Page 44: Reality 59

Arte

46

TEXT Romano Masoni PHOTO Jonathan Retico

ciano Massari non nacquero per stare in grandi spazi, isolate, senza punti di riferi-mento visibili e concreti, ma per guardarsi l’una con l’altra lungo il corso del paese, in mezzo alle case e al calore della gente. Da sole, all’aperto, ne uscirebbero sconfitte, impaurite, spaesate. Non reggerebbero. Qui, in questa piccola piazza, i punti di riferimento ci sono, altrettanto concreti e simbolici: davanti l’argine a far da quinta teatrale e dietro l’Arno a far memoria, pur col rischio delle muffe, dei vandalismi, dei furti, ma con una certezza, che la materia delle sculture sarà mutevole come mute-voli sono le foglie e invecchierà come pelle conciata dal tempo e dall’uomo.Piazza Pasolini, sono certo, farà suo questo “Parco delle foglie tenaci”, questo inedito Parco delle Rimembranze o meglio anco-ra, come suggerisce a tutte le Comunità di tutti i paesi del mondo Carlo Petrini, questo “granaio” della memoria e della bellezza, dove piante e sculture, in collo-quio continuo e silenzioso, diventeranno i testimoni delle nostre stagioni.

Sculturea Villa Pacchiani

Un ringraziamento, anche se tardivo, lo devo fare agli artisti e ai poeti di questa nostra terra, sognatori re-

sistenti di tutte le stagioni. In questi tempi maledetti ce n’è bisogno come il pane.Una premessa.Nell’estate del 1995 nasceva un progetto che aveva l’ambizione di riqualificare il centro storico con iniziative ed eventi cul-turali. Il progetto si chiamava “Pelle San-ta” e voleva raccontare la storia del nostro paese. Esso partiva da una riflessione: qui da noi, il gesto quotidiano del conciatore, pur nella fatica, diventa magico e creativo. Ciò che l’artista fa con la materia, l’operaio lo fa con la pelle: la muta, la trasforma. Il progetto comprendeva affreschi, mu-rali e sculture lungo il paese, lungo la via maestra di corso Mazzini.La pelle come metafora della vita: era il tema che ispirava gli artisti e dettava loro i tempi.Pelle come brivido: ho la pelle d’oca, ho i nervi a fior di pelle, salviamo la pelle. Pelle che si spella, che s’accarezza, che si eccita, che si scalda.Pelle santa del mondo. E quindi pelle della pittura e della scultura.Quel progetto, ahimè, morì in culla e non fu mai realizzato nella sua interezza.Rimangono alcune tracce, alcune testi-monianze appese ai muri di corso Mazzi-ni: sono le opere di Tista Meschi, Serafino Beconi, Giuseppe Lambertucci, Antonio Bobò, Ivo Lombardi, Gianfalco Masini, Mauro Corbani, Dilvo Lotti.Le sculture no. Esse presero subito un al-tro percorso, chissà per quale misterioso accidente. Ma ora dimentichiamo l’idea originaria e parliamo di questa nuova col-locazione e dello spirito che l’ha animata. Dunque, perchè qui, in piazza Pier Paolo Pasolini, in questo parco/giardino, dove stanno già posizionate altre sculture (quelle di Dolfo, di Massimo Villani, di Val-erio Comparini, di Fabio Nocenti) e dove piante di foglia caduca danno il senso delle stagioni.Appunto, perchè qui e non altrove.Perchè le sculture di Roberto Rocchi, di Franco Franchi, di Enzo Sciavolino, di Lu-

Giovedì 17 marzo, festa del 150° dell’Unità d’Italia, nel giardinetto di Piazza Pasolini, antistante il Centro di Attività Espressive Villa Pacchiani, sono state collocate le sculture di Franco Franchi, Luciano Mas-sari, Roberto Rocchi, acquisite dal co-mune di Santa Croce sull’Arno nell’ambito del progetto “Pelle Santa” inteso a in-serire opere d’arte nel centro urbano. Una quarta scultura, quella di Enzo Scia-volino, è stata collocata all’interno della Villa. L’inaugurazione è stata presieduta dal sindaco di Santa Croce Osvaldo Ciaponi e dall’assessore alla cultura Mari-angela Bucci, che hanno indirizzato agli artisti presenti e al numeroso pubblico un saluto augurale sottolineando il par-ticolare significato della manifestazione nella felice ricorrenza risorgimentale. Ha poi preso la parola il pittore Romano Ma-soni, l’ideatore del progetto e all’epoca direttore di Villa Pacchiani. Pubblichiamo il suo intervento.

nelle foto: Il Sindaco Osvaldo Ciaponi, l’assessore Mariangela Bucci ed il pittore Romano Masoni

nel 150° dell’Unità

Page 45: Reality 59
Page 46: Reality 59

L’A

RTE

INTO

RN

O A

TE

a cu

ra d

i Car

mel

o D

e Lu

ca

Figure, Il Rinascimento italiano, raccontato attraverso

50 magnifici capolavori provenienti dagli Uffizi e dal

British Museum, evidenzia la forza individualistica del

disegno nel settore delle arti. In sintonia con le nuove concezioni umanistiche, tale

disciplina si afferma quale espressione soggettiva in

Firenze rende omaggio ai 150 anni dell’Unità d’Italia con una mostra dedicata alle creazioni dell’Opificio delle Pietre Dure a partire dagli albori della nostra identità nazionale; infatti il celebre laboratorio ex granducale

11 maggio 201118 settembre 2011Museo del BargelloVia del Proconsolo 4

Bartolomeo Ammannati, illustre maestro della scultura accademica fiorentina del XVI secolo, ha il merito di estrapolare il concetto della fontana dalla sua funzione puramente decorativa, facendola assurgere a vera dimensione artistica, armonia architettonica degli elementi costitutivi, rivisitazione moderna della cultura classica, come dimostrano le tre splendide opere destinate al Salone dei 500, a Piazza della Signoria, al giardino della villa medicea di Castello. L’esposizione del Bargello è dedicata allo studio di questa importante triade di capolavori, che evidenziano il genio dell’artista capace di dare dinamismo scenografico ai giochi d’acqua attraverso l’esaltazione della dimensione scultorea. Leda e il Cigno, il Monumento Nari, il Genio Mediceo, il Marte Gradivo, la Venere del Prado, disegni, progetti, documenti, completano la mostra. Assolutamente da non perdere.

8 marzo 2011 - 12 giugno 2011Galleria degli UffiziPiazzale degli Uffizi

FIRENZE

FIR

EN

ZEL’

acq

ua, l

a p

ietr

a, il

fuo

co

Dagli splendori di corteal lusso borghese

17 maggio 201111 settembre 2011

Galleria d’Arte Moderna Piazza Pitti 1

FIR

EN

ZE

acquista nuova luce proiettandosi verso una dimensione cosmopolita grazie a prestigiose commissioni che varcano i confini granducali, basti menzionare lo zar di Russia e Ludwig II di Baviera. Ricercate lavorazioni, realizzate mediante l’utilizzo della scagliola, pietre semipreziose, marmi, impreziosiscono tavoli, medaglioni, cofanetti, pareti, oggetti d’arredo, diventando oggetti ricercatissimi fra la nobiltà e la ricca borghesia europea per la loro squisita fattura artigianale e, ancora, l’eccelsa produzione dell’Opificio trova degno consenso nei numerosi riconoscimenti attribuitigli da enti pubblici e privati. L’esposizione di Palazzo Pitti restituisce trasparenza, dignità, nuovo vigore alla prestigiosa istituzione che ha fatto assurgere la lavorazione della pietra al rango di creazione artistica.

memorie, spazio

simbiosi con l’affermazione universalistica dell’io nella dimensione quotidiana della realtà. Le opere in mostra recano la firma di grandi maestri, basti pensare a

Lorenzo Monaco, Beato Angelico, Filippo e Filippino Lippi, i Pollaiolo, Verrocchio, Botticelli, Perugino, Ghirlandaio, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, la scuola dell’Italia Settentrionale. L’uomo e la natura, osservata secondo i canoni della

cultura classica, rappresentano i soggetti partoriti dai maestri secondo tecniche, stili, sperimentazioni, interpretazioni di alto spessore, tale da rendere il disegno

un’arte, l’arte dello stupire per bellezza esteriore e interiore.

Page 47: Reality 59

Reality LA VETRINA

Il tesoro del Cremlino

FIRENZE

Il Cremlino, cuore di Mosca, custodisce un tesoro di inestimabile valore appartenuto alla casa regnante di Russia: abiti imperiali, pietre preziose, oggetti da cerimonia, d’uso quotidiano, una ricca collezione delle famose Uova di Fabergè, rendono questa collezione unica al mondo per bellezza, qualità artistica, rilevanza storica. Le sale di rappresentanza del Museo degli Argenti ospitano una oculata selezione di opere che ripercorrono la crescita artistica dell’oreficeria imperiale nel corso dei secoli, a partire dal XIII secolo caratterizzato dalla

27 maggio 201111 settembre 2011Firenze, Museo degli Argenti Piazza Pitti 1

Lorenzo Bartolini

31 maggio 20116 novembre 2011Galleria dell’AccademiaVia Ricasoli 58

Richiamandosi agli scultori del primo Rinascimento, il maestro esalta l’arte attraverso l’imitazione della natura allontanandosi dagli schemi accademici della lezione canoviana. Le sale espositive mostrano l’operato di uno scultore che decanta il sentimento, la memoria, i valori, relativamente al periodo neoclassico, purista, naturalistico. Le creazioni di Bartolini sono permeate di vivida luce interiore e un vigore espressivo intriso da una forte connotazione psicologica: lo dimostrano le 70 opere della mostra, provenienti da importanti istituzioni museali europee, che per la prima volta

Picasso, Mirò, Dalì:giovani arrabbiati

Gli albori della pittura contemporanea raccontata attraverso l’operato giovanile di Picasso, Mirò, Dalì. Del geniale Pablo, la mostra fiorentina esamina la produzione pre-cubista intrisa di ideali politici, sociali,

12 marzo 201117 luglio 2011Palazzo StrozziPiazza Strozzi 1

30 aprile 201122 maggio 2011

Centro PolivalenteVilla Pacchiani

FIRENZE

dialogano in un simbiotico confronto con i modelli custoditi nella gipsoteca dell’Accademia. L’evoluzione artistica dell’illustre cittadino pratese trova degna conferma in molti capolavori presenti nella Galleria, basti menzionare il Napoleone I, Elisa Napoleona col Cane, l’Ammostatore e Maria Naryškina Gourieva, Anne Lullin de ChateauvieuxEynard.

FIR

EN

ZE

SAN

TA C

RO

CE

SU

LL’A

RN

O

umani, come dimostra il famoso quaderno con i bozzetti preparatori della tela Le Demoiselles d’Avignon che rivoluziona i canoni del dipingere. Il giusto esercizio del governare anima il lavoro artistico di Mirò, divenendo strumento di rifiuto della pittura figurativa legata alle classi dominanti, somigliante per alcuni vincoli stilistici alle creazioni del giovane Dalì, che parte da tali ideali creativi per aderire, successivamente, alla corrente surrealista. Un sentimento di protesta ai soprusi dei potenti, il grido di ribellione ai vincoli, ai dettami, alla condizione del proletariato, vivacizza le opere di questi tre nomi della storia dell’arte come dimostrano le tele e gli oltre cento schizzi presenti nelle sale di Palazzo Strozzi.

Italian PosterRock Art Una mostra promossadal Comune di Santa Croce sull’Arno e dalla Commissione Cultura e Politiche Educative che raccoglie numerosi poster di gruppi musicali italiani.Il giorno dell’inaugurazione merenda beat e live set.Alla chiusura dell’evento,il 22 maggio, un incontrocon gli artisti che hanno fattola storia della musica italiana

ricercatezza di monili lavorati con la tecnica della granulazione o della filigrana, dalle suadenti icone, dai reliquiari, dagli arredi sacri in argento impreziositi da smalti. Nel settecento, Caterina II e Pietro il Grande aprono alla cultura europea e i gioielli presenti in mostra denotano un gusto decisamente barocco-rococò, solenne nella sua ricercatezza del particolare, del disegno, delle qualità dei materiali utilizzati.

Page 48: Reality 59

50

Santiago de Compostela è una grazia che si riceve. È una città che si deve meritare, con fatica, di raggiungere.

Sarebbe impossibile, infatti, arrivando in mistero spirituale del suo antico pel-legrinaggio. A Santiago tutti diventano inaspettatamente, e forse per grazia, dei pellegrini, anche una persona come me che non è partita per motivi religiosi. Lo stesso nome della città rivela un even-to prodigioso: la scoperta della tomba dell’apostolo San Giacomo Maggiore, il cui corpo, dopo il martirio in Palestina, sarebbe stato trasportato miracolosa-

una città di graziaSantiago Compostela

de

mente in queste terre. La tradizione vuole che nell’anno 813 l’eremita Pelayo, che viveva in quella che allora era l’antica dio-cesi di Iria Flavia, fosse attirato da strane luci a forma di stella provenienti dalla fitta boscaglia (il termine Compostela derive-rebbe dal latino campus stellae, “campo della stella” appunto). Avvertito di questi strani eventi il vescovo d’Iria, Teodomiro, si recava nel luogo indicato dall’eremita, dove scopriva la tomba del Santo e dei suoi due seguaci, Teodoro e Atanasio. Da quel momento aveva inizio il culto e, di conseguenza, il pellegrinaggio a Santiago de Compostela, come ci testimoniano le parole, risalenti alla prima metà del IX secolo, del teologo Floro di Lione: «Le ossa di questo Santissimo Apostolo, tra-sportate in Spagna e depositate ai con-fini, cioè di fronte al mare Britannico, vi ricevettero culto con venerazione famosa da parte di quella gente».

Terri

torio

TEXT&PHOTO Emanuele Greco

1

2

3 4

Page 49: Reality 59

51

È in una mite giornata di fine aprile che la città di Santiago si rivela ai miei occhi. Il sole che mi accoglie ha già qualcosa di prodigioso nelle terre di Galizia solitamente fredde e piovose. Il centro storico è tutto in pietra grigia; solo i muschi, dovuti appunto alle frequenti piogge, creano varie tonalità di verde e di giallo. Passando per i vicoli stretti e intricati della città sento talvolta le melodie magiche di una cornamusa, che mi ricordano le antiche origini celtiche di questo strano lembo di Spagna. All’improvviso le strade anguste mi portano nello spazio aperto della Praza do Obradoiro, la piazza prospiciente la mole austera della Cattedrale: il miracolo si rivela di fronte a me. Adesso riesco ad intuire quale grazia avesse dovuto rappresentare – e rappresenta tutt’oggi – per un pellegrino, giungere, dopo un viaggio diffi-coltoso, in questa piazza, di fronte all’arca di San Giacomo. Adesso anch’io sento di appartenere a quel sentimento antico che ha spinto per secoli le persone a partire in cerca del mistero del sacro. Entrando nella Cattedrale mi soffermo con lo sguardo sul trumeau del portale centrale del Portico della Gloria, opera romanica del Maestro Mateo, consunto dai pellegrini che hanno lasciato l’impronta della loro mano, scavando la pietra, bramosi di un contatto diretto, quasi fisico, con il divino. Intorno a me, nel silenzio oscuro dell’interno della Cattedrale, osservo le persone dirigersi, come elettrizzate, verso il busto-reliquiario del Santo, che vogliono abbracciare affettuosamente come si fa con un amico che si è ritrovato dopo molto tempo. Mi emoziono all’idea che ogni pietra, ogni immagine sacra, ogni piccola parte di questo edificio sia stata accarezzata dallo sguardo pieno di speranza e di meraviglia dei pellegrini. Per questo, forse, Santiago è la città dei pellegrini. È la città conquistata passo dopo passo, fatica dopo fatica, dai pellegrini. Anche il termine choiva, ovvero la “pioggia” in galiziano - la prima parola che si impara in quella lingua - a Santiago sembra nascondere al proprio interno il senso della fatica, sembra quasi voler significare il sudore del cammino del pellegrino. Certo sarebbe ingenuo, e forse riduttivo, credere che Santiago si riassuma tutta nelle sua Cattedrale e nel suo cammino. Un amico compostelano, infatti, mi ripete più volte, con il suo italiano dal forte accento galego, dello “sviluppo” e del riscatto economico della sua città, per anni rimasta al margine della Spagna, ma non si accorge che la modernità, molto spesso anonima e ormai globale, è ciò che mi interessa di meno di questo luogo, che, almeno nella mia mente, rimane immobile in uno spazio misterioso e arcaico come la storia dell’uomo.

1. Chiostro della Cattedrale 2. La Cattedrale, da Praza do Obradoiro.3. Personaggi sacri “viventi”. 4. Praza de Fonseca. 5. Scultura di Re David, parapetto della loggia, facciata della Cattedrale. 6. Scultura medievale di S. Giacomo 7. Scritta in galiziano con souvenirs di Santiago.

5 6

7

Page 50: Reality 59

la agradaFamìliaS

BarcelonaTe

rrito

rio

52

Il binomio Barcelona-Gaudí è uno dei dati di fatto dai quali non si può as-solutamente prescindere, quando si

pianifichi una visita al capoluogo catala-no. L’arte mirabile, ingegnosa ed estro-sa del grande architetto ci accompagna un po’ dappertutto in città, ma è nel quartiere dell’Eixample che troviamo ri-uniti alcuni dei segni più marcati che il genio artistico di Gaudí ha lasciato nel paesaggio metropolitano. Tra questi eccelle il Temple Expiatori de la Sagra-da Famìlia, divenuta una delle più note immagini-simbolo di Barcelona nel mondo e recentemente assurta alle cro-nache internazionali per la consacrazio-ne a Basilica, fattane da Papa Benedet-to XVI lo scorso 7 novembre 2010. La Basilica è facilmente raggiungibile con la metropolitana: con oltre due milioni di visitatori all’anno, è il monumento più visitato di tutta la Spagna. Questa immensa e incompiuta opera architet-tonica fu iniziata nel 1882, su un proget-to redatto dall’architetto diocesano Francisco de Paula del Villar. Antoni Gaudí fu incaricato di proseguire i lavo-ri alla fine del 1893, compito che esple-tò fino alla morte, nel 1926. Il tempio espiatorio, iniziato 129 anni fa, ha potu-to contare esclusivamente sulle dona-

zioni dei fedeli, “costruito dalla gente, che vi si rispecchia, è nelle mani di Dio e nella volontà della gente stessa”, come era solito affermare lo stesso illu-stre progettista. L’ipotesi di una data per il suo completamento viene collo-cata nei primi anni Trenta del XXI seco-lo. Per prima cosa venne realizzata la Cripta, terminata nel 1889, ma il grande progetto, che poteva prendere sempre più slancio, anche grazie alle cospicue donazioni, voleva significare, nell’inten-to di Gaudí, un supporto plastico e scul-toreo alla spiegazione catechistica dell’insegnamento dei Vangeli e della Chiesa Universale. Nel 1894 veniva ulti-mata la facciata absidale e nel 1910 ve-niva esposto, al Grand Palais di Parigi, un modello della facciata della Natività, in occasione di una mostra delle opere di Gaudì, patrocinata dal suo mentore Eusebi Güell. Dopo il 1914, l’architetto si ricavò una vera e propria bottega

all’interno dell’erigendo tempio (una stanza sotto l’abside) per realizzare mo-dellini in scala, eseguire schizzi e dise-gni, potendo contare su uno studio per sculture e un gabinetto fotografico. Nel 1911 era ultimato il progetto della fac-ciata della Passione; nel 1923 veniva completato il disegno definitivo delle navate e dei soffitti. Nel novembre 1925 era terminato il primo campanile della facciata della Natività (100 m). Pratica-mente fu l’unico campanile che Gaudí riuscì a vedere: il “papà” della Sagrada Famìlia periva infatti, di lì a pochi mesi (giugno 1926), travolto da un tram. Le sue spoglie furono traslate nella Cripta del tempio, dove riposano tuttora. Tra i più noti collaboratori del maestro, che condivisero con lui il progetto, si ricor-dano gli architetti Francesc Berenguer, Joan Rubió, Domènec Sugrañes, Josep Maria Jujol, Josep Canaleta, Francesc de Paula Quintana i Vidal, Josep Fran-cesc Ràfols, Cèsar Martinell, Isidre Puig i Boada, Lluís Bonet i Garí, Francesc Folguera e Joan Bergós; il disegnatore

TEXT&PHOTO Giuliano Valdes

Un ponte tra cielo e terra

Page 51: Reality 59

53

Ricard Opisso; gli scultori Llorenç Matamala, Joan Flotats, Joan Matama-la, Carles Mani e Pau Badia; alla realizzazione della grande opera hanno contribuito anche ceramisti, intagliatori in legno e fabbri. Alla morte di Gaudí, la direzione dei lavori fu assunta da uno dei suoi più stretti colla-boratori, Domènec Sugrañes, fino al 1938. Successivamente tale incarico fu rivestito da Francesc de Paula Quintana i Vidal, Isidre Puig i Boada e Lluís Bonet i Garí, tutti della bottega di Gaudí, e che seguirono i lavori fino al 1983. Seguirono Francesc de Paula Cardoner i Blanch e Jordi Bonet i Armengol (figlio di Lluís), che dirige il cantiere dal 1985. Nel 1930 veniva-no ultimati i campanili della facciata della Natività. La tragica vicenda del-la guerra civile spagnola inferse gravi danni anche al cantiere: la fiamme, appiccate dai repubblicani alla Cripta, devastarono il laboratorio di Gau-dí, portando alla distruzione dei progetti, dei disegni e di svariati modelli. Nonostante questa pagina oscura (luglio 1936) la costruzione del tempio è proseguita senza interruzioni, rispecchiando in toto le intenzioni e la volontà dell’originario progetto architettonico. Nel 1952, l’erigendo tem-pio accolse alcuni degli eventi collegati al XXXV Congresso Eucaristico Internazionale che ebbe luogo a Barcelona; sempre in quell’anno fu eret-ta la scalinata della Natività e la facciata fu illuminata per la prima volta. Nel 1954 furono iniziate le fondamenta della facciata della Passione; nel 1958 il gruppo scultoreo della Sacra Famiglia (Jaume Busquets) veniva collocato sulla facciata della Natività; nel 1961 veniva aperto un museo nella restaurata Cripta, relativo agli aspetti storici, artistici, architettonici e simbolici della Sagrada Famìlia. Tra il 1976 ed il 1977 venivano innalzati e completati i terminali dei campanili della Passione. A partire dal 1978 fu-rono terminate le fondazioni della navata, della crociera, con l’innalza-mento delle colonne, delle volte e delle facciate della navata maggiore e del transetto. A partire dal 1986, lo scultore Josep Maria Subirachs si è occupato dell’aspetto scultoreo della facciata della Passione, elaboran-dolo in uno stile suo proprio per circa 20 anni. Nel 2000 furono compiute le volte della navata centrale e del transetto e si pose mano alla fondazio-ne della facciata della Gloria. Lo stesso anno, in occasione del nuovo Mil-lennio, vi fu celebrata una Messa, in un contesto di grande suggestione. Nel 2001, la finestra centrale della facciata della Passione fu ornata da un’artistica vetrata (Resurrezione) di Joan Vila-Grau. Furono ultimate an-che le quattro colonne al centro della crociera. Il tempio fu al centro di eventi spettacolari nel 2002, quando Barcelona celebrò l’Anno Internazio-nale di Gaudí, in occasione dei 150 anni dalla sua nascita. Nel 2002, lo scultore Josep Maria Subirachs fece il progetto per il muro dei Profeti e dei Patriarchi, che Gaudí aveva posizionato nel porticato della facciata della Passione. Nel 2005 il gruppo scultoreo dell’Ascensione fu collocato tra le torri della facciata. Nel 2006 fu costruito il coro della facciata della Gloria, secondo i modelli di Gaudí; nel 2008 furono ultimate le volte del deambulatorio absidale. Nel 2010 sono state terminate le volte della cro-ciera e dell’abside. Su queste svetterà la torre della lanterna centrale, con una croce di 170 m, e la torre absidale, consacrata a Maria Vergine. Attor-no alla torre centrale ne verranno innalzate altre quattro, dedicate agli Evangelisti. A coronamento dell’interminabile progetto (il completamen-to effettivo è previsto non prima di 15-20 anni) verrà ultimata la facciata maggiore: quella della Gloria. Allora, nella variegata e suggestiva skyline di Barcelona, svetterà, finalmente compiuto, uno dei più arditi “ponti” tra terra e cielo.

Page 52: Reality 59

La Scuola superiore universitaria Sant’Anna di Pisa, fondata nel 1987, prende il suo nome da istituto ricordato

nel secolo XIV come monastero benedet-tino, ingrandito nel 1656 con l’acquisizione del convento dei Gesuati di S. Girolamo e diventato conservatorio nel 1785, dopo il motuproprio del granduca Pietro Leopoldo. Era stato poi riunito ai monasteri di S. Giuseppe e di S. Martino con l’intenzione di farne, assieme a S. Silvestro, un «Ritiro», «unicamente per educare le giovani del primo e secondo ceto», cioè del patriziato e della nobiltà, e dell’alta borghesia. Le suore del monastero così secolarizzate da allora in poi furono affiancate nell’inse-gnamento dalle «oblate» che erano le mae-stre o le serventi non religiose. Con l’annes-sione della Toscana all’Impero francese il conservatorio subì la legge di soppressione del 1808, ma fu riaperto con i decreti del 24 marzo e del 9 maggio 1809, riottenendo beni e rendite. Determinanti erano state le istanze dirette al sottoprefetto Francesco Mastiani, nelle quali era stato scritto che «la mancanza di questo istituto getterebbe … in grande imbarazzo non solamente questa città, ma Livorno non meno, e tutte le altre città e terre del Dipartimento» e che esso era «mantenuto con lustro» e dava «soven-te alla patria, e alla città delle buone madri di famiglia». Il che rappresenta bene la mentalità dell’epoca sullo scopo dell’edu-cazione femminile.Queste considerazioni sono riportate in alcu-ni documenti del 1808 1 e un’accurata descri-zione quasi «fotografica» del Sant’Anna si trova nel processo verbale del 28 giugno, redatto dopo la visita formale dei delegati prefettizi alla presenza della priora donna Aurora Cosi del Vollia e dell’operaio Bruno Scorzi. Tra gli atti è interessante l’inventario delle argenterie di sagrestia e dei paramenti sacri che erano calici, patene, un ostenso-rio, un turibolo, pianete e piviali, paliotti, ombrellini di stoffa, candelieri, cartaglorie, croci e crocifissi, e includevano anche un seggiolone con fodera di damasco rosso per l’arcivescovo in visita. La chiesa, che era quella già di S. Girolamo, presentava l’altare maggiore di marmo con

il Conservatorio nel 1808SANT’ANNAPisa

Terri

torio

54

TEXT Paola Ircani Menichini

1

Page 53: Reality 59

55

due gradini, quattro altari laterali, due quadri della Madonna e di S. Girolamo un coro dietro con un altare e l’organo «con i suoi registri e custo-dia, collocato sopra un’orchestra di legno tinta marmorizzata». Nelle stan-ze di sagrestia si trovavano, tra le altre cose, le immagini della Madonna di Montenero e della Madonna di Arezzo, l’ultima di marmo. Il cam-panile era fornito di tre campane di bronzo.Il convento comprendeva il refetto-rio, con sette tavoli di legno e 42 seggiole, e altri ambienti quali, per citarne alcuni, la stanza dei bucati, la scala regia, un terrazzo e un coretto con le grate di ferro, arredato con le statue della Madonna e dell’Angelo e una Via Crucis. Le celle (camere) avevano ciascuna un letto di varia forma e grandezza, con abbondanza di materassi, coltroni, cortine e zanza-riere, portiere, tavolini, «canterali», lucerne, quadri, «sedie di Barga» e «sedie pisane».Anche l’educatorio per le giovani allieve era un ambiente spazioso con due dormitori, la camera della maestra maggiore, la stanza del lavoro, la toelette, lo spogliatoio, un salotto a uso di scuola e un terrazzo. Aveva inoltre refettorio e cucina propri, un orto grande con il pozzo e un bel giardino con 54 vasi di piante di limoni. I letti, i cantera-li, le numerose sedie, le scrivanie ad altri

mobili, tutti ben descritti, facevano parte della proprietà personale delle suore o delle allieve ospiti.Della numerosa comunità femminile sono ricordati alcuni dati anagrafici. La priora, donna Aurora, aveva 92 anni ed era nativa di Pisa, mentre le suore più anziane erano le livornesi suor Fidalma Gaffuro di 79 anni e suor Elena Rinaldi di 75. Le religiose dette «corali» erano otto, provenienti, oltre che da Pisa e Livorno, da Fornacette, Siena, Peccioli,

Campiglia o dalla Lunigiana come donna Teresa Malaspina emigrata a Sant’Anna dal soppresso convento di S. Vincenzo di Prato. Le «oblate corali» erano sette e tra loro Teresa Bertier di Livorno di 55 anni aveva le funzioni di «maestra maggiore». C’erano poi ventitrè converse addette al servizio della comunità, di età per lo più fra i qua-ranta e i cinquanta anni, provenienti da S. Prospero, Titignano, Mezzana, Calci e da altri luoghi della campa-gna pisana.Infine le ospiti che erano divise secondo la maggiore o minore età. Le convittrici, sopra i 18 anni, erano sette ed originarie per lo più di Pisa e Livorno. Le educande, minori di 18 anni, ammesse alla scuola, erano ventitre: tra loro otto provenivano da Pisa, otto da Livorno, una da Milano (Ester Sala) e due da Genova

(Francesca Boccardi e Virginia Barbier). La maestra dell’educatorio era Teresa Grossi di Borgo a Buggiano; seconda maestra la livornese Luisa Torri. I lavori di fatica erano svolti da otto donne di servizio, ognuna ricordata con una propria camera arredata con pochi mobili e oggetti indispensabili.

Note: 1 Archivio di Stato di Livorno, Prefettura, II, 95.

1. La facciata della chiesa dell’ex conservatorio di Sant’Anna di Pisa. 2. Domenico Ghirlandaio, Madonna con Bambino, dipinto nel 1478 per i Gesuati di S. Girolamo e poi passato alle monache benedettine di Sant’Anna, oggi nel Museo Nazionale di San Matteo di Pisa

2

Page 54: Reality 59

Stor

ia

56

TEXT Luciano Marrucci

Si può dire che la cromolitografia dette il colore all’etichetta che conobbe quasi subito il suo apogeo; forse questo cartellino che noi chiamiamo etichetta raggiunse il suo splendore tra la fine

dell’800 e gli inizi del ’900. Nell’etichette cromolitografiche, che chiameremo chromos, è evidente la maestria dello stampatore e quella dell’artista. Nel procedimento antico della cromolito-grafia, i piani del disegno e i colori erano riportati in 12 o 13

pietre, corrispondenti ad un magico arcobaleno di luminescen-ze. La tredicesima pietra era impiegata per decorare questi mi-nuscoli capolavori di un fondale d’oro (in questo caso l’etichetta fa pensare alle miniature medioevali). Spesso, con un’ultima ti-ratura, si aggiungeva un sottile strato di lacca che può spiegare l’intatto splendore di questo prodotto. Nel processo di questa stampa non era possibile utilizzare i caratteri tipografici; questi venivano sovrapposti successivamente mediante il processo ti-pografico. Sempre in questo periodo assistiamo al trionfo del passpartout: si tratta di una medesima vignetta impiegata per liquori diversi. Un grande complesso tipografico creava una se-rie di etichette; queste venivano distribuite a diverse stamperie, che si occupavano di imprimere su di esse il nome di un vino o di un liquore secondo le richieste del committente. Accadeva che la stessa vignetta compariva ad illustrare prodotti diversi di diversi paesi. In qualche modo l’etichetta era il risultato di un prodotto assemblato. Disegni e colore creati a Parigi, Berlino e Milano distribuiti per tutta l’Europa in stamperie che aggiunge-vano tipograficamente indicazioni della bevanda e denomina-zioni del produttore. In pratica uno scambio di prodotti di base tra le principali stamperie europee.

Era il tempo in cui La Bonne Marchè aveva fatto affari d’oro im-piegando figurine che venivano collezionate a Parigi e fuori di Parigi; la Liebig, accogliendo la lezione pubblicitaria, vendeva

estratti di carne regalando le sue ricercatissime figurine. I pro-duttori di liquori si portano ben presto sul medesimo piano e praticamente attaccano queste figurine sulle loro bottiglie. La stamperia Bognard di Parigi, su commissione della Liebig, pro-

duce 12 figurine riproducenti 12 passaporti e le offre al tempo stesso all’industria dei liquori, che le impiega come etichette facendone un richiamo da collezione. L’avventore, che è poten-zialmente un collezionista, cerca di procurarsi in tutti i modi le

parte seconda

et i che t teattraversoi s e c o l i

Lo splendore della stampa cromolitografica: chromos e passpartout

Nascita di un collezionismo: le figurine dei grandi magazzini

1 2

3

Page 55: Reality 59

57

12 bottiglie che recano i diversi passapor-ti. Alla serie fortunata dei 12 Passaporti, corrispondenti a 12 Paesi, si allinea quella delle Banconote, tre delle quali sono de-dicate alla Francia.Le nazioni più importanti sono rappre-sentate in queste due serie. Si capisce la direzione pubblicitaria di questi prodotti destinati ai collezionisti di parecchi paesi. L’etichetta si propone come offerta pro-mozionale: non è propriamente una récla-me del prodotto, ma un dono destinato ad accontentare chi lo acquista.

Dall’ultima decade dell’800 fino alla Prima Guerra mondiale si svolge un periodo che avrebbe influenzato il clima sociale e ar-tistico non soltanto della Francia, ma an-che quello di altri paesi: la Belle Èpoque. Il fatto più rappresentativo di questo fe-nomeno sociale è probabilmente lo spet-tacolo, quello del cabaret spensierato e un pò sfrenato e quello dei teatri, le thèà-thee gai au boulevard, che rappresenta spesso una commedia satirica, ma priva di valenza sociale. Questo quadro lo ritro-viamo riprodotto nelle etichette di questo periodo. Esse ci presentano una società colta nel suo spontaneo atteggiarsi di fronte alla realtà: esprimono il gusto verso tutto ciò che è piacevole, raffinato e fuori del comune e ancora il rifiuto degli aspetti inquietanti della vita.Le etichette dei liquori di questo periodo sono esteticamente pregevoli. La tema-tica volge su temi ricorrenti: la scelta di scene caricaturali, satiriche e il gusto per l’esotico. Artisti come Pierre Lotì avevano parlato nelle loro opere d’incanti del Me-dio Oriente e delle spiagge della Poline-sia e dei Caraibi: ecco un tema d’evasione spaziale. L’evasione diventa temporale ed è sviluppata attraverso la rappresen-tazione di scene che riverberano il fasto dell’antichità classica.Successivamente e in concomitanza della Belle èpoque esplode lo stile floreale: il liberty. Il liberty introduce nelle etichette le sue corde di cetra, gli steli, le foglie e le corolle di papavero. Si rompe la geome-tria dei fregi marginali e le stesse scritte, presentate con caratteri di fantasia, pren-dono accenti di languore: rosolio di rosa, liquore di fata etc.

1.Significativa espressione di etichetta della Belle Epoque con i fregi movimentati che caratterizzano questo periodo.

2. Passaporto italiano 3. Passaporto inglese(Serie “passaporti” queste stesse figure erano accompagnate

da iscrizioni differenziate secondo la richiesta dei vari committenti) 4. Banconota americana 5. Banconota canadese

6. Banconota giapponese (Serie “banconote” queste etichette

erano ricercatissime dai collezionisti dell’epoca)7. Donna di Costantinopoli

(Etichetta dove è evidenziato il gusto per l’esotico di cui si è fatto interprete lo scrittore francese Pierre Lotì.)

www.old-labels.com

4

5

6

7

Uno specchio che ritrae una società: espressione di un’epoca.

(segue nel prossimo numero di Reality)

Page 56: Reality 59

Note alle poesie:1. Quando nel 1946 l’Italia diventò una repubblica, fu scelto come inno nazionale questo, scritto da Goffredo Mameli, morto per le ferite riportate mentre combatteva in difesa della Repubblica romana nel 1849, e musicato da Michele Novaro. Secondo le testimonianze, fu can-tato in pubblico per la prima volta nel novembre 1847 a Genova, e da allora la sua diffusione fu assai ampia, fino a diventare uno dei canti più popolari nel corso delle vicende risorgimentali. La scelta fu fatta tenendo conto che questa poesia ha una chiara ispirazione mazziniana e si rifà idealmente all’unica corrente del pensiero risorgi-mentale decisamente repubblicana. Metro: 5 strofe di senari, secondo lo schema abcbdeef2. L’autore della famosa Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo, che è “una delle prime cannonate della campagna del Romanticismo, dopo le Cinque Giornate di Milano”, visse in esilio fino alla morte. La sua fama po-etica poggia sulla poesia I profughi di Parga, commoven-te episodio della lotta dei greci contro i turchi.3. Sette erano i regni in cui era divisa l’Italia nel 1931.4. Luigi Mercantini, autore di questa “canzone” di into-nazione popolaresca. Fu scrittore di poesie patriottiche per i Martiri di Belfiore, per Daniele Manin, per i Caccia-tori delle Alpi.5. Carlo Alberto Bosi fu un avvocato fiorentino. Igno-to, se mai esistito, è l’autore della melodia. Addio, mia bella, addio, è un canto scritto a Firenze a un tavolino di caffè nel marzo del 1848. Si commemorano i caduti di Curtatone.

Il Romanticismo in Europa, significò il passaggio graduale dalla sensibilità del sensismo e del razionalismo a

quella dello spirito idealista e di forti sentimenti. Le opere più significative di questa temperie romantica furono le Lyrical Ballads di Wordsworth, la nuova poesia di André Chenier (1762-1794), la perfezione formale di Theophile

Gautier in Francia, fino agli Inni alla notte di Novalis e l’opera di Goethe in Germania.Da noi, in Italia, Romanticismo volle dire soprattutto risorgimento, patriottismo, concreto anelito di libertà e costruzio-ne di una identità nazionale. Significò recupero della storia fino al medioevo. Il Romanticismo si espresse, da Milano a Palermo, in quella fusione di poesia e musica che fu il melodramma. Giuseppe Verdi assunse il ruolo di padre culturale della patria al pari di Mazzini, Garibaldi e Cavour. Nelle arti figurative dominaro-no il realismo e il movimento macchiaio-lo. Romanticismo significò anche, nono-stante la lotta con la chiesa, principale ostacolo all’unità d’Italia, il recupero del sentimento religioso in contrapposizio-ne al teismo illuministico. Un grande specchio del dibattito socia-le e politico, letterario e artistico, che si agitava nella società italiana dell’Ot-tocento, fu la diffusione della stampa periodica. L’impegno alla chiarezza, la capacità di divulgazione, l’utilizzazione di un linguaggio accessibile al maggior numero di persone, rappresentarono lo sforzo di un’autentica ricerca di un linguaggio nuovo, un fare gli italiani attraverso le lettere. Sarebbe utilissimo per i lettori mostrare un panorama delle testate importanti che hanno segnato il

Per il 150° dell’Unità d’Italia si riscopre la poesia popolare

Lo sc

affal

e dei

poeti

58

TEXT Valerio Vallini

nostro Risorgimento, dal Conciliatore, all’Antologia, al Politecnico, agli Annali, le Gazzette, i Giornali di passatempo. Per restare nell’ambito di uno Scaffale di poesia, lasciando da parte per la poesia romantica e risorgimenta-le i grandi nomi di Vincenzo Monti, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni, Giosuè Carducci, già abbondantemente noti e studiati, almeno a livello scolastico, ho prefe-rito in questa occasione-celebrazione del 150° dell’ Unità d’Italia, ricordare alcuni poeti minori che troppo spesso sono dimenticati, ma che hanno assol-to una funzione sociale e politica nel senso più alto. Sono voci di una poe-sia popolare e patriottica come quel-le di Goffredo Mameli, Carlo Alberto Bosi, Arnaldo Fusinato, Silvio Pellico, Niccolò Tommaseo, Ippolito Nievo. In gran parte è gente che ha pagato con la prigione e con il proprio sangue la dedizione alla causa dell’Italia laica, unita e libera.

Immagini di: Giuseppe Verdi, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, nella pagina a fianco Goffredo Mameli

Risorgimento

della atr aPoes aP

Page 57: Reality 59

5959

Goffredo Mameli (Genova 1827- Roma 1849) 1

Inno di Mameli

Fratelli d’Italia,Italia s’è desta,dell’elmo di Scipios’è cinta la testa.Dov’è la vittoria?! Le porga la chioma,ché schiava di RomaIddio la creò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte; l’Italia chiamò.

Noi siamo da secolicalpesti, derisiperché non siam Popolo,perché siam divisi: raccolgaci un’unicabandiera, una speme:di fonderci insiemegià l’ora suonò.

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte; l’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,l’unione e l’amorerivelano ai popolile vie del Signore;giuriamo far liberoil suolo natio:uniti per Dio,chi vincer ci può!? Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte; l’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Siciliadovunque è Legnano,ogn’uom di Ferruccioha il core, ha la mano,i bimbi d’Italiasi chiaman Balilla,il suon d’ogni squillai Vespri suonò.

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte; l’Italia chiamò.

Son giunchi che pieganole spade vendute:ah l’aquila d’Austriale penne ha perdute;il sangue d’Italia bevé col Cosaccoil sangue polacco:ma il cuor le bruciò.

Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte; l’Italia chiamò.

Giovanni Berchet (Milano 1783- Torino 1852) 2

All’armi! All’armi!

(Ode scritta in occasione delle insurrezioni di Modena e Bologna del 1831)(due strofe)

Su figli d’Italia! Su, in armi! Coraggio!Il suolo qui è nostro: del nostro retaggioIl turpe mercato finisce pei re.Un popol diviso per sette destini, 3

In sette spezzato da sette confini,Si fonde in un solo, più servo non è.

Su Italia! Su, in armi! Venuto è il tuo dì!Dei re congiurati la tresca finì!Dall’Alpi allo Stretto fratelli siam tutti!Su i limiti schiusi, sui troni distruttiPiantiamo i comuni tre nostri color!Il verde, la speme tant’anni pasciuta;Il rosso, la gioia d’averla compiuta;Il bianco, la fede fraterna d’amor; Su Italia! Su, in armi! Venuto è il tuo dì!Dei re congiurati la tresca finì!

Luigi Mercantini (Ripatransone 1821-Palermo 1872 4

La spigolatrice di Sapri(tre strofe)

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Me ne andava al mattino a spigolarequando ho visto una barca in mezzo al mare:era una barca che andava a vapore,e alzava una bandiera tricolore.All’isola di Ponza si è fermata,è stata un poco e poi si è ritornata;s’è ritornata ed è venuta a terra:sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra. Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!

Sceser con l’armi e a noi non fecer guerra,ma s’inchinaron per baciar la terra.Ad uno ad uno li guardai nel viso:tutti aveano una lagrima e un sorriso.Li disser ladri usciti dalle tane,ma non portaron via nemmeno un pane;e li sentii mandare un solo grido.«Siam venuti a morir pel nostro lido». Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oroun giovin camminava innanzi a loro.Mi feci ardita, e, presol per la mano,gli chiesi: «Dove vai, bei capitano?».Guardommi e mi rispose: «O mia sorella,vado a morir per la mia patria bella».Io mi sentii tremare tutto il core,ne potei dirgli: «V’aiuti’l Signore!».

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti

Carlo Alberto Osi 5 (Firenze 1813- 1886)

Addio, mia bella, addio…(otto strofe)

Addio, mia bella, addio,L’armata se ne va;Se non partissi anch’ioSarebbe una viltà! Non pianger, mio tesoro,Forse ritornerò;Ma se in battaglia io moro,In ciel ti rivedrò. La spada, le pistole, Lo schioppo l’ho con me;Allo spuntar del soleIo partirò da tè. Il sacco è preparato,Sull’omero mi sta;Son uomo e son soldato;Viva la libertà’ Non è fraterna guerraLa guerra ch’io farò:Dall’italiana terraL’estraneo caccerò. L’antica tiranniaGrava l’ Italia ancor,Io vado in LombardiaIncontro all’oppressor. Saran tremende l’ire,Grande il morir sarà!Sì mora; è un bei morireMorir per libertà. Tra quanti morirannoForse ancor io morrò;Non ti pigliare affanno,Da vile non cadrò.

Se più del tuo dilettoTu non udrai parlar,Perito di moschettoPer lui non sospirar.

Io non ti lascio sola,Ti resta un figlio ancor;Nel figlio ti consolaNel figlio dell’amor.

Squilla la tromba, addio,L’armata se ne va:Un bacio al figlio mio;Viva la libertà!

Page 58: Reality 59

C’è una parola che tanto insi-stentemente è taciuta in que-sto periodo di celebrazioni per

il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, passata sotto silen-zio nonostante non si possa non incap-parvi scorrendo le pagine dei libri di storia che di quel periodo trattano:

questa parola è Nazionalismo. Le rego-le del politicamente corretto impon-gono forse ai retori delle celebrazioni ufficiali, anche quelle da salotto tv, di censurare un termine che viene invece comunemente utilizzato dagli storici per definire questo straordinario movi-mento internazionale che nell’Ottocen-to significò la nascita di un sentimento nazionale che non precludeva la fra-ternità fra popoli differenti, ma anzi, come insegna l’esperienza di Mazzini, accomunò tante genti nell’anelito di costruire uno Stato indipendente per la propria nazione. A chi si chiedesse il motivo di questo silenzio potremmo

rispondere che il divenire storico non risparmia le parole, le quali si prestano loro malgrado ad essere riempite di significati nuovi da parte dei loro nuovi utilizzatori, e così questo termine, sorto per significare una nobile aspirazione alla libertà dei popoli, ha finito col restare coinvolto in poco onorevoli sto-rie di persecuzioni, tedesche e non.Il nazionalismo democratico, che si affermò in Europa e in America Latina

nella prima metà dell’Ottocento, pen-sava alla nazione come comunità che coesiste pacificamente con le altre nazioni e credeva in un futuro luminoso di autodeterminazione dei popoli. Nulla a che vedere con le aspirazioni colonia-liste di cui si ammantò, anche in Italia, il nazionalismo del Novecento, che si faceva portatore di ideali di supposta superiorità della razza e con essi giusti-ficava l’asservimento di altri paesi.

Libr

i

60

TEXT Federica Cipollini

RisorgimentoGiuseppe Giustidi

Nei versi del poeta il sentimento nazionale e la fratellanza fra i popoli

il

Page 59: Reality 59

61

Per comprendere cosa abbia significato questo sentimento di solidarietà nazionale nulla ci pare più appropriato che ricordare i versi del poeta toscano Giuseppe Giusti, nativo di Monsummano Terme, oggi un po’ tra-scurato dalla didattica della letteratura italiana, ma autore di memorabili pagine di poesia satirica e non solo. Nella poesia Sant’Ambrogio, infatti, realizza la difficile fusione tra i toni satirici e l’autentica commozione ricordando un episodio realmente accadutogli nel 1846 quando, recatosi a Milano per incontrare l’amico Manzoni, incontrò in chiesa un gruppo di soldati dell’esercito austroungarico, rappresentanti di quell’occupazione straniera che con le sue poesie avversava. L’iniziale senso di ribrezzo di fronte al nemico occupatore è sostituito dal sentimento della profonda comunione umana con questi uomini, ungheresi e croati, strappati dalle proprie case e spediti lontano per fungere da pedine di manovre politi-che di cui forse non hanno nemmeno piena conoscenza.

A dura vita, a dura disciplina,muti, derisi, solitari stanno,strumenti ciechi d’occhiuta rapina,che lor non tocca e che forse non sanno;e quest’odio, che mai non avvicinail popolo lombardo all’alemanno,giova a chi regna dividendo, e temepopoli avversi affratellati insieme.

È il canto nostagico di questi soldati, il linguaggio universale dell’arte insomma, a suscitare l’epifania dei sentimenti, questo riconoscimento di un’umanità uguale dietro divise diverse, che rende tanto distante il nazio-nalismo sano ed egualitario dell’Ottocento, padre della nostra nazione, dal quel nazionalismo dell’odio che ha generato le tragedie del Novecento.

Nella pagina a fianco: foto casa Giusti a Monsummano Terme (PT), ritratto di Giuseppe Giusti, e in basso monumento scultoreo in suo onore nella piazza della sua città natale.

Page 60: Reality 59

A cura di Pierluigi CarofanoAtti della Giornata di StudiFrancesco Maria del Monte e CaravaggioEdizioni: Bandecchi & Vivaldi Editori

I saggi e i contributi raccolti in questo volume sono il risultato delle relazioni presentate nella Giornata di Studi Francesco Maria del Monte e Caravaggio: Roma, Siena, Bologna. Opere, Biografie e Documenti, tenutasi a Monte Santa Maria Tiberina,presso il Castello Bourbon del Monte il 2 ottobre 2010.La giornata di studi si proponeva lo scopo di riflettere su temi ancora aperti come i momenti che precedettero la morte di Caravaggio, il rapporto tra il cardinale Francesco Maria del Monte e Caravaggio, l’analisi iconografica e iconologica di opere capitali come la Cesta di frutta, la controversa attribuzione de La caraffa di fiori e la fortuna figurativa de I musicisti.

SAG

GIO

Virginia WoolfFlush. Biografia di un caneEdizioni: La Tartaruga

NA

RR

ATI

VA

Chiunque non sia un conoscitore eccellente di letteratura potrebbe rimanere un po’ stupito dell’opera appena citata. Ed ancora di più se sapesse che parlando di questa biografia non facciamo altro che citare due delle più grandi poetesse inglesi di sempre, Virginia Wolf, l’autrice, ed Elizabeth Barrett Browning, la co-protagonista dell’opera. Quest’ultima definita in patria come la “Shakespeare al femminile”, viene raccontata attraverso gli occhi del cagnolino. Nata ad inizio Ottocento nel nord est dell’Inghilterra fu fin da giovanissima attratta dalla letteratura, ed oltre allo studio si dilettò presto nel comporre versi e componimenti. Sembrerebbe questa la storia comune di tante scrittrici e poetesse di cui siamo abituati a leggere; in realtà Elizabeth trasformò proprio la sua vita in un grande romanzo, degna protagonista delle grandi saghe ottocentesche. Innamorata del poeta Robert Browning e osteggiata dalla propria famiglia, decise di sposarsi in segreto e da Londra si trasferì in Toscana. Visse a Firenze e qui divenne presto protagonista della vita culturale e politica della città. Appoggiò senza riserve la causa indipendentista italiana ed in particolare la figura di Cavour, ma non abbandonò mai la poesia, e proprio nei versi d’amore dedicati al marito Robert riuscì ad esprimere la grandezza della sua opera. Con Sonetti al Portoghese, raccolta di poesie pubblicata nel 1850, lascia ai posteri alcuni dei più bei versi d’amore di sempre.

Test

i crit

ici d

i Nic

ola

Mic

ieli

CA

RIS

MI p

er l’

Art

e 20

10E

diz

ioni

: Cen

tro

Tosc

ano

Ed

izio

ni

La Cassa di Risparmio di San Miniato S.P.A. presenta il secondo volume della collana “CARISMI per l’Arte”, edito da CTE, che riassume le mostre allestite dalla banca nel corso del 2010 nell’ambito dell’omonimo Progetto. Il volume presenta in ordine cronologico le varie iniziative realizzate presso le filiali della Banca e a Palazzo Inquilini. All’interno del volume sono riprodotte le singole opere, a memoria di un percorso artistico e dei momenti della fruizione pubblica. I testi critici sono stati curati da Nicola Micieli, giornalista e cristico d’arte. Il progetto Carismi per l’Arte è nato dalla Volontà della Cassa Risparmio di San Miniato SpA di valorizzare le molteplici espressioni artistiche del territorio e la divulgazione dell’arte, “contaminando” con essa gli ambienti lavorativi delle proprie sedi.

CATALOGO

NO

VIT

À E

DIT

OR

IALI

a cu

ra d

ii A

ngel

o E

rrer

a

Page 61: Reality 59

Reality LA VETRINA

STO

RIA

RACCOLTA

Jessie White nacque in Inghilterra nel 1832, fu amica di Garibaldi e Mazzini, sposò Alberto Mario e morì a Firenze nel 1906. Fu infermiera nella Spedizione dei Mille, giornalista, inviata di guerra e scrittrice.“Con professionalità e partecipazione, questo libro riempie un vuoto, che ancora oggi è alquanto insolito provare a colmare. Il vuoto di attenzione e di riconoscimento verso le tante donne che hanno costruito la storia ma che non emergono, a pari titolo, nella storia raccontata dagli uomini” (dalla prefazione di Anita Garibaldi)Paolo Ciampi, giornalista professionista e scrittore, è oggi redattore nell’Agenzia di informazione del governo regionale della Toscana. Da anni ricopre incarichi nell’Ordine dei Giornalisti e nell’associazione Stampa Toscana. Si divide tra la passione per i viaggi e le esplorazioni di tutti i tempi e la curiosità per i personaggi dimenticati nelle pieghe della storia.

Paolo CiampiMiss Uragano. La donna che fece l’ItaliaEdizioni: Romano Editore

Valerio ValliniIn Riva d’Arno e oltre

Edizioni: Edizioni dell’Erbae Centro Toscano Edizioni

Una raccolta di articoli, recensioni di libri, interviste, editi e inediti, dagli anni Ottanta ad oggi. Valerio Vallini, da Ponte a Egola (San Miniato 23 gennaio 1941), laureato in Scienze Politiche - indirizzo storico, ha pubblicato 7 libri di versi fra i quali Viaggio obbligato (Quaderni di Barbablù, Siena, 1986) con una lettera di Luigi Baldacci e Realtà dei Luoghi (Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 2008), Fra le ali dell’angelo, (Edizioni Titivillus, Corazzano, 2003), Fra passato e presente (Edizioni Ponte Blu,1987), Storia di Ponte a Egola (Edizioni Ponte Blu, 1990) Leporaja in Valdegola (Edizioni dell’Erba,1998) La Valdegola in Toscana (CLD Edizioni, 1999). In via di pubblicazione Politica e Società negli anni delle lotte di classi e della Liberazione in Quaderni dell’Istituto Storico Lucchese, Sezione Valdarno, n°2. Giornalista pubblicista: ha collaborato a Il Tirreno e La Nazione. Collabora al Grande Vetro, Erba d’Arno, Reality Magazine d’informazione

Francesca ChiricoArrovescioEdizioni: Rubbettino

Una sola lettura non basta per sviscerare tutte le piccole gemme nascoste in questa narrazione semplice che non ricorre a nessun artificio stilistico se non quello di accostarsi il più possibile ad un registro lessicale popolare che è al contempo la forza ed il sigillo di questo romanzo tanto breve quanto ricco. A rileggerlo più e più volte si scopriranno sempre sfumature nuove e si noteranno particolari che prima non si erano colti, perché il bello del romanzo sta proprio in questo: nella capacità della Chirico di restituire al lettore una descrizione vivida e palpabile di una storia che non soltanto si legge, ma si vede in tutto il suo arrovesciato compiersi.L’autrice Francesca Chirico è nata a Reggio Calabria e dopo aver conseguito la laurea in Lettere classiche con indirizzo archeologico e aver maturato alcune esperienze come docente di materie letterarie, nel 2001 si è accostata al giornalismo. Specializzata in cronaca nera, attualmente collabora con “Narcomafie”, mensile di analisi e documentazione del gruppo Abele, ed è tra i redattori dell’archivio multimediale www.stopndrangheta.it per il quale ha curato, tra l’altro, la pubblicazione nel febbraio 2010 di “Arance insanguinate – Dossier Rosarno”. “Arrovescio” è il suo primo romanzo.

RO

MA

NZO

Page 62: Reality 59

Dubai, ormai da alcuni anni consi-derata l’economia più dinamica del mondo arabo, è riuscita a

far diventare gli Emirati Arabi Uniti una delle mete turistiche più richieste. Il vol-to moderno di Dubai è rappresentato dalle sue icone che vanno dall’avveniri-stico Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo che ospita al suo interno l’Armani Hotel, al Burj Al Arab, l’alber-go a forma di vela costruito sul mare, fino alla Palm Jumeirah, l’isola artificia-le a forma di palma che ospita l’Atlan-tis Dubai, un hotel extra lusso con 1539 camere e l’acquario marino più grande del mondo. Un’altra attrazione turisti-ca di Dubai è il complesso denominato Madinat Jumeirah, ricostruzione di una antica cittadella araba con tanto di souk, boutiques, anfiteatro, ristoranti e il mo-

derno conference center che ogni anno ospita uno dei festival cinematografici più glamour del mondo arabo, il Dubai International Film Festival. La rassegna cinematografica, che si propone come ponte per il dialogo tra la cultura ara-

ba e quella occidentale, è suddivisa in sette sezioni: Contemporary World Ci-nema: uno sguardo a trecentosessanta gradi sul cinema indipendente di tutto il mondo; Arabian Nights: una selezione di circa venti film sul meglio della produ-

La rassegna degli Emirati Arabi porta fortuna a Colin Firth, premiato con l’Oscar per “Il Discordo del Re”

64

NTERNATIONALFilm FestivalDubaiC

inema

64

TEXT&PHOTO Andrea Cianferoni

Page 63: Reality 59

povertà e dallo sfruttamento sociale ed economico. A tener alta la bandie-ra dell’Italia cinematografica a Dubai ci hanno pensato ben tre produzioni. La prima capitanata dal regista cur-do, ormai naturalizzato italiano, Fa-riborz Kamkari che ha scelto di rac-contare il dramma di una storia d’amore durante lo sterminio del suo popolo perpetuato da Saddam Hussein. La seconda opera italiana è “20 siga-rette” del regista Aureliano Amadei, l’unico sopravvissuto alla strage di Nas-sirya del 2003 in cui morirono 19 soldati italiani, mentre l’ultima produzione è “Il padre e lo straniero” di Ricky Tognazzi. Sullo sfondo di una Roma dai toni medio-orientali si dipana un giallo con prota-gonisti l’italiano Diego e l’arabo Walid. I due stringono una profonda amici-zia, uniti dall’amore per i propri figli, purtroppo disabili. Diego, attraverso il rapporto con Walid, metterà in discussio-ne il significato di “diverso” e “normale”. E’ proprio questo il messaggio che vuole lanciare il Dubai film festival. Incoraggiare il dialogo tra culture e civiltà che solo apparentemente sono profondamente diverse.

zione cinematografica araba contempo-ranea; Operation Cultural Bridge: una sezione che presenta film che si pro-pongono di abbattere il muro dell’in-tolleranza e favorire il dialogo tra i due mondi; Bollywood Meets Hollywood: una selezione di classici e nuove produ-zioni della più conosciuta espressione del cinema indiano; Cinema from the Subcontinent: i nuovi autori emergenti dal Pakistan, dall’India, dallo Sri Lanka e dal Bangladesh; Destination Docu-mentary, Il cavallo, il falco e il deserto: una sezione dedicata al cinema docu-mentario con particolare attenzione verso le tematiche ambientali; Hi-Tech Hollywood: l’importanza delle nuove tecnologie nel cinema contemporaneo. La settima edizione del festival ha por-tato bene a Colin Firth; il cinquanten-ne attore inglese che ha inaugurato la rassegna cinematografica degli emirati con “Il discorso del Re” , si è visto poi assegnare l’Oscar come miglior inter-prete maschile sempre per lo stesso film, nel quale interpreta un giovane Duca di York, in seguito diventato Re Giorgio VI, alle prese con un grave pro-blema di balbuzie. Nonostante le molte difficoltà e grazie all’aiuto di un logo-pedista riuscirà a superare il problema e fare un proclama via radio alla nazio-ne contro la Germania nazista. Ben 3 le statuette conquistate dalla produzione, oltre quella andata a Colin Firth, al mi-glior film, migliore regia e sceneggia-tura. Ma gran parte dei film che hanno tenuto banco al festival di Dubai hanno ruotato intorno al mondo arabo. Circa metà delle opere del festival sono sta-te infatti prodotte, girate, scritte da ar-tisti arabi o ambientate in paesi arabi. Due le produzioni che hanno avuto grande riscontro sia del pubblico che della critica come nel caso del film egi-ziano “Six, Seven, Eight”, storia attua-lissima sulle molestie sessuali e “Cairo Exit”, ritratto sulle giovani generazioni egiziane che lottano per uscire dalla

Nella pagina precedente:

Madinat Jumeirah

In basso a sinistra: Colin Firth;

Jean Reno, Abdulla Al Kaabi e Cyrille Thouvenin; Il produttore de “Il discorso del Re”

Gareth Unwin con Enrico Pastura;Catherine Deneuve;

Carey Mulligan con il direttore Abdulhamid Juma; Khalid Al Mahmood; Colin Farrell;

Erfan Rashid; Jim Sturgess

A fianco:Madinat Jumeriah Complex

L’hotel Atlantis Dubai; L’acquario di Atlantis Dubai

Page 64: Reality 59
Page 65: Reality 59

67

Spett

acol

o

TEXT Irene Barbensi

La Festa della donna ha giocato d’anti-cipo sul colle di Peccioli con un omag-gio all’altra metà del cielo che supera

le divisioni di genere per farsi spunto di riflessione sul disagio psichico, sulla norma-lità convenzionale e su tutto ciò che sfug-ge alle convenzioni e spesso per questo viene definito “follia”. Domenica 6 marzo alle ore 18.00 presso il Centro Polivalente di Peccioli è andato in scena, dopo lo straordinario successo riscosso al Teatro del Giglio di Lucca, “Le libere donne di Magliano”, promosso dalla Fondazione Tobino e dalla Fondazione Peccioliper, con la regia di Andrea Buscemi, interpretato da Livia Castellana e con le musiche di Niccolò Buscemi, per offrire un omaggio non convenzionale all’universo femminile, tra forza e fragilità, determinazione e follia. Liberamente tratto da uno dei romanzi più noti di Mario Tobino, poeta, scrittore e medico psichiatra, ha messo in scena le storie e gli intrecci di vita delle figure femminili che rivivono raccontando le vicis-situdini della loro vita trascorsa all’ospedale psichiatrico di Maggiano, citato in modo criptico volutamente nel titolo, dove Tobino le ha potute osservare ed incontrare come medico. L’opera, scritta sotto forma di dia-rio, esprime il punto di vista del medico viareggino sui malati di mente: persone degne di stima, rispetto e amore, è un testo che ha aperto la strada ad una nuova con-

siderazione del disagio mentale e di chi ne porta i segni. “Abbiamo lavorato a questo spettacolo per un anno – ha raccontato l’interprete Livia Castellana. È stata una maturazione necessaria che mi ha fatto scoprire la bellezza del modo in cui Tobino parla di queste persone ed il coraggio che ha guidato il suo lavoro”.“Un tratto interessantissimo di questo spettacolo - spiega Paolo Vanelli, docente e critico letterario esperto della figura e dell’opera del medico scrittore - è la scelta di rendere costantemente ambiguo il punto di vista: l’interprete inizia a parlare usando la voce del narratore, ma con l’andare avan-ti accade che si stravolge, incontrando ed usando le voci dei vari personaggi, ed infi-ne si metamorfizza in essi, trasformandosi da voce narrante a voce narrata”.Un messaggio che travalica il genere e accompagna alla riflessione sui concetti di reclusione, annullamento, emargina-zione. Pazienti, infermiere, suore e con-tadine. Soprattutto donne assorbite dalla follia, incontrate e osservate da Tobino all’ospedale psichiatrico di Maggiano citato in modo volutamente criptico nel libro dove il confine tra sanità e pazzia è labile, a volte indistinguibile.Sulle musiche originali del giovane musici-sta pisano, lo spettatore ha iniziato un viag-gio dalle comode poltrone e si è addentra-to sempre di più nei meandri delle paure e

delle sofferenze che le donne esprimono. A volte con la voce, a volte con i gesti, ma sempre con una grandissima spinta emoti-va, un tumulto soffocato di lacrime, sogni, desideri d’amore.Un pubblico in completo trasporto si è alzato in piedi all’unanimità per applaudire l’intensa interpretazione di Livia Castellana. Il Sindaco di Peccioli Silvano Crecchi ha espresso una piena “soddisfazione per la nutrita partecipazione di pubblico e per la performance di Livia, storica attrice della Compagnia PeccioliTeatro che ci ha rega-lato tante pagine di ottimo teatro e che costituisce un arricchimento culturale per la nostra comunità”.Al termine dello spettacolo una Livia Castellana molto commossa ha ringraziato il pubblico. “Sono molto contenta delle emozioni che le persone che hanno assi-stito allo spettacolo mi hanno riportato”. “Si è rinnovata così la collaborazione con Peccioli per rivalutare l’opera letteraria di Tobino, poco conosciuto a livello teatra-le”, Andrea Buscemi, regista e direttore artistico della Compagnia PeccioliTeatro, porterà lo spettacolo in replica il 27 aprile nella suggestiva location del Cortile degli Svizzeri a Lucca.Per info: Fondazione Peccioliper, Piazza del Popolo 10; 56037 Peccioli (PI). 0587 672158, www.fondarte.peccioli.net; [email protected]

Peccioli Teatro

Maglianole libere donne

Page 66: Reality 59

Musi

ca

68

Ci sono personaggi nella storia della musica che hanno guidato le ten-denze di certi periodi apportando il

loro studio e la loro filosofia, senza essersi distinti come grandi compositori. Uno di questi personaggi è Giovanni Battista Doni, nato a Firenze intorno al 1594. Nel 1605, ini-zia i suoi studi di arte e lettere a Bologna, per continuare a Roma nel collegio dei Ge-suiti, dove si dedica alla filosofia, le lingue classiche, la geografia e la matematica. Nel 1613, suo padre lo invia a Bourges a studia-re diritto. Avrà come compagno di studi il suo cugino, Luigi Doni d’Attichy, che diven-terà vescovo a Riez. Più interessato per il la-tino, la filosofia e le lingue orientali che per il diritto, suo padre lo riportò in Italia, dove ottenne il suo dottorato presso l’Universi-tà di Pisa. Nel 1621, fu eletto per accom-pagnare a Parigi il cardinale Neri Corsini, ambasciatore del Papa Gregorio XV preso la corte del Re di Francia. In questo viaggio conobbe tra altri il Padre Marin Mersenne ( 1588 - 1648), Teologo, Filosofo, Matema-tico ed anche uno tra i teorici musicali più importanti di tutti tempi, spesso nominato “padre dell’acustica”. Questo incontro con Mersenne sarà decisivo nella carriera di Doni come teorico musicale, ed entrambi manterranno una fitta corrispondenza epi-stolare oltre a svariati incontri personali, lungo le loro vite. La morte d’uno dei suoi fratelli lo riporta a Firenze nel 1622, e nel 1623 ritorna a Roma, stavolta come segre-tario del cardinale Francesco Barberini, fu-turo Papa Urbano VIII, che assunse a quei

TEXT Gustavo Defeo

tempi l’incarico di decano del collegio car-dinalizio. Viaggiano insieme nelle missioni diplomatiche a Parigi nel 1625, e 1627, ed a Madrid nel 1626. In questi viaggi realizze-rà le sue prime ricerche alla scoperta della musica antica. Nel 1629, Doni è stipendiato come segretario del sacro collegio cardina-lizio, portando il manto viola dei ciambel-lani del Papa. Nonostante questo onore, scriverà ad un suo amico, che “non si sente con l’anima del cortigiano, ma la sua uni-

ca aspirazione é quella di continuare i suoi studi sulla antichità”. Nel 1633, dopo la morte di un secondo fratello, si dedicherà a tempo pieno allo studio della musica. In questo periodo lavorerà sulle tavole di Ali-pio, per interpretare la notazione musicale greca antica. Nel 1635 ritorna a Firenze per amministrare i beni famigliari, dopo la mor-te del suo terzo fratello. Diventa professore di retorica, è ammesso all’accademia della Crusca, e console dell’Accademia Fiorenti-na. Sposerà Margherita Fiaschi nel 1641. Appassionato per l’antichità greca, Doni si dedicherà alla ricerca di strumenti capaci di suonare nei modi antichi, e a riformare l’opera secondo i principi della Grecia an-tica. Frutto di questi studi e certamente degli insegnamenti di Marsenne, è un cu-

Srioso strumento basato sul Barbiton greco, e chiamato “Amphichordo”, perché aveva due facce, con due tipi di accordature: una con corde metalliche, e un’altra di budello. Doni l’ha anche nominato Lyra Barberina in onore al suo protettore, a quei tempi Papa Urbano VIII. Le ultime tracce di que-sto esemplare unico si perdono a Firenze a fine secolo XIX.Doni dedica la sua vita a collezionare anti-chità, e mantenne una fitta corrispondenza con Claude de Saumaise, René Moreau, Lucas Holste, Galileo Galilei, Athanasius Kircher, Isaac Voss, ed il Padre Marin Mer-senne tra altri. I suoi trattati musicali si con-tano tra le opere più importanti del genere, del suo periodo, e ci permettono un ap-proccio esaustivo ai modi antichi. Oltre ai suoi studi, è riconosciuto per aver rinomi-nato l’antica nota musicale “Ut”, in “Do”, a scopo di semplificare il solfeggio. Tra i suoi scritti più importanti possiamo citare “Compendia del trattato de’ generi et de’ modi della musica “(1635), “Annotazioni sopra il compendio” (1640) e “De prae-stantia musicae veteris” (1647). Antonfrancesco Gori, publica nel 1763 una descrizione della Lyra Barberina, oltre a di-verse lettere di Giovanni Battista Doni. Con indice a cura del noto musicista bolognese, Padre Giovanni Battista Martini, troviamo in alcuni dei suoi capitoli importanti riferi-menti alle musiche di Jacopo Peri, Claudio Monteverdi, Vincenzo Galilei, Giulio Cacci-ni, e la Camerata de’Bardi, in sintesi le basi fondali del melodramma.

la

1. Giovanni Battista Doni2. Lira Barberina detta amphicorde

3. Padre Marin Marsenne4. Rappresentazione del Barbiton

in un piatto Greco.

1 2 3 4

Giovanni Battista Doni, cambia nome all’antica

nota musicale “Ut” in “Do”

coperta deiuoni antichis

Page 67: Reality 59

CARROZZERIA AUTOSTILEVia Pisana 139 Loc. Pieve a Ripoli - 50050 Cerreto Guidi (FI)Tel. 0571 588191 - Cell. 336 686067 - Fax 0571 [email protected]

SMA

RTCO

DE

for

SMA

RTPH

ON

E

Ripristino internitecnologia restauro

interni in pelle

www.autostile.it

© w

ww

.cte

diz

ioni

.it

Page 68: Reality 59
Page 69: Reality 59

71

Musi

ca

TEXT Claudio Guerrini

usicisti

monumenti dei seventies, servendoci in-sieme alle immancabili birre minestroni musicali dai sapori più vari e originali, ma la bellezza del fenomeno sta nella sua popolarità. L’ascolto della musica dal vivo è nell’anima del popolo svedese, i locali dove ci sono le jams sono sempre pieni, i turisti le considerano ormai un’attrazione e le famiglie ci portano i figli. Dinamiche di respiro e libertà musicale che dalle nostre parti si vedono ben poco; pen-sate che anche se la durata media è di 4 ore per eventi speciali, qui possono superare in allegria le 12.

mV

Gamla Stan, un isolotto piccolo pic-colo, un fazzoletto di terra nel mare del nord che ha dato origine, di-

ventandone il centro storico, alla capitale svedese, e che curiosamente è diventato pure terreno fertile per fare di Stoccolma il nocciolo Blues del nord Europa, forse dell’Europa tutta.Vivono infatti in Svezia musicisti provenienti da mezzo mondo, che nei pubs stoccolmini (Stampen, Wirstroms, Santa Clara, Lilla Per-sien e Backstreet alcuni nomi.) danno vita a jams interminabili che vanno avanti per ore in qualsiasi giorno della settimana.Figura cardine di questo magico ribollire e ideatore e della jam session dello Stampen (la House of Blues di Svezia ) è il newyorkese Brian Kramer, bluesman di razza e musicista di talento. Un brunch all’Hard rock café di Stock è stato il pretesto per quattro chiacch-iere esplorative. Quando cresci a New York è molto fac-ile pensare che il mondo finisca lì mentre qui ci sono edifici che sono vecchi 2 volte la grande mela, e questo ti fa pensare. Ed è così che Brian qui ha trovato l´ispirazione per creare dal nulla un mondo musicale che mancava, che attira gente da mezzo pian-eta e che è diventato un fenomeno con cui gli Svedesi si identificano con orgoglio.In queste sessions musicali si alternano sullo stesso palco insieme alla house band musicisti famosi come giovincelli di belle speranze, gente dagli strumenti più origi-nali come vere e proprie reincarnazioni di

“È la più bella esperienza blues della mia vita” ci dice Brian, e parliamo di un musicista che ha suonato in giro per tutto il pianeta (Cam-bridge Folk Festival compreso), fatto dischi e diviso il palco con gente del calibre di Taj Mahal, Robben Ford, Bob Brozman etc.Fossi in voi cari musicisti italiani mi met-terei lo strumento in spalla e prenoterei un bel volo low cost (a Stoccolma ci arrivano Ryan, Easy Jet e Norwegian) ma prima date un’occhiatina a questi due siti web: www.briankramerblues.com www.stampen.se(foto Courtesy of Brian Kramer)

per

iaggi

Page 70: Reality 59

72

Musc

ia

Da dieci anni ormai io e mia moglie Daniela assistiamo al festival di San

remo. Iniziò tutto con la 51° edizione, per caso ci ritrovammo a passare da Sanremo tornando da una breve vacan-za in Francia. Come tappa scegliemmo proprio la città dei fiori. In quel periodo iniziava il Festival. Ci furono offerti dei biglietti per la serata iniziale e fu una grande bella esperienza. Da allora tutti gli anni facciamo una vacanza di qual-che giorno per assistere di persona a questa manifestazione canora. La città di Sanremo già dalla settimana che pre-cede l’inizio delle serate si trasforma in una grandissima passerella di cantan-ti, attori, personaggi del mondo dello spettacolo, per non parlare della marea di giornalisti e operatori del settore. Il clima che si respira è di festa, infatti il centro è sempre gremito di gente dalla mattina fino a notte inoltrata. hotel, bar, ristoranti e tutti i locali pubblici sono pieni di gente comune e di vip. Non è diffìcile andare a cena, ed avere al ta-volo accanto personaggi come Beppe Vessicchio, Gianni Morandi, Laura Fred-di, oppure prendere posto sulla navetta dell’hotel dove sei alloggiato e trovarsi con Mogol, Wilma de Angelis o le nuo-ve proposte come i Btwens.La cosa che ci piace del Festival è tut-to questo movimento di gente che fa da cornice all’evento, e che ti porta a vivere in prima persona in tutto e per tutto questa grande macchina orga-nizzativa. Per tutte e cinque le sera-te abbiamo preso posto nella platea dell’Ariston. La cosa più imbarazzante è il momento dell’ingresso al teatro.

TEXT&PHOTO Stefano Maffei e Daniela Bagnoli

Sanremoanremoè

Page 71: Reality 59

737373

La celebre passerella, con il suo tappe-to rosso con i lati transennati e pieni di gente mette in suggezione, crea un vero e proprio distacco tra colui che entra a vedere la serata e gli altri che non hanno avuto la possibilità di prendervi parte. Quando sei dentro inizi ad assaporare le emozioni che si provano assistendo ad un grande concerto. Un brulicare di gente, cantanti, vip; l’orchestra che ac-corda gli strumenti, gli ordini che arri-vano dalla regia per prendere posto ed accomodarsi . Ecco ci siamo! Lo spet-tacolo ha inizio! Sul palco dell’Ariston c’è la Clerici con la piccola figlia che passera il testimone al presentatore di questa 61° edizione del Festival, Gian-ni Morandi. Le “belle e brave” Belen e Elisabetta, i comici Paolo e Luca daran-no una bella mano a Gianni per tutte e cinque le serate, riuscendo molte volte a metterlo in salvo in momenti un po’ di crisi. Arrivano le canzoni, come sem-pre al primo ascolto non troppo entu-siasmanti, ma mano a mano iniziano ad entrarti dentro e farti capire quali sono quelle più orecchiabili e più belle. A differenza della precedente edizione, l’ordine di classificazione ha rispettato i gusti sia del pubblico dell’Ariston (or-chestra compresa) che degli ascoltatori a casa. Non sono volati gli spartiti, la vit-toria di Roberto Vecchioni era nell’aria fin dalle prime serate. Partecipando alla manifestazione, non hai neppure la sensazione del tempo che passa. Dal-le 20.30, momento dell’ingresso fino a mezzanotte e oltre, il tempo vola anche perché non ci sono momenti di vuoto. Quando in tv mandano le pubblicità, il palco dell’Ariston si anima in maniera impressionante. Truccatori, scenografi e addetti lo riempiono in pochi secon-di, sparendo tutti in un’attimo all’inizio della diretta! Eccezionale è stata la se-rata del giovedì, serata della celebra-zione del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia. L’ingresso del maestoso cavallo bianco (dal nome Ombra, fatto venire appositamente da Roma per l’occasio-ne) con il “Cavaliere” Roberto Benigni con in mano il Tricolore, è stato qualco-sa di veramente entusiasmante! L’inno di Mameli è stato spiegato da Rober-to in una maniera egregia, catturando l’attenzione di tutto il pubblico presen-te in maniera surreale. Non volava una mosca, c’era un’attenzione totale. Una lezione di storia che ha lasciato tutti a bocca aperta.

Sanremo, hotel tutti esauriti, gente dappertutto! All’Hotel Londra aveva sede “Casa Sanremo”. Nella hall e in altri spazi dell’hotel, si trovavano stand di importanti ditte e operatori del set-tore. Tantissimi i fotografi, giornalisti e curiosi che si accalcano vicino alle auto di servizio in arrivo all’hotel, per farsi concedere foto, interviste e autografi da personaggi del Festival.Al “Palafiori” era stata allestita una mostra dedicata a Guglielmo Marconi. Esposte nelle ampie sale della struttura c’erano radio, telegrafi, tv ed apparec-chiature di vario genere. Se non ci fosse stato Marconi forse non sarebbe esisti-to neanche il Festival di Sanremo. È chiaro che la ”Citta dei Fiori” da questo evento ha un’introito non indif-ferente. La gente residente sopporta volentieri il caos inerente alla manife-stazione, visto che l’economia del posto si basa sul turismo. Quindi possiamo dire che la gentilezza regna sovrana! Un bel Festival!!! Il bello è che ogni anno che prendia-mo parte alla manifestazione abbiamo un ricordo ancora più bello dell’anno precedente. Poi ormai dopo tutti questi anni siamo diventati un pò sanremesi.L’appuntamento che ci siamo prefissati io e Daniela è: - anno prossimo a San-remo…- magari vi racconteremo in ma-niera più dettagliata il 62° Festival della Canzone Italiana.

Foto: alcuni momenti delle serate del Festival, cantanti e attori che hanno partecipato all’evento

Page 72: Reality 59

FOP PRODOTTI PETROLIFERI SRLTel. 0571 30142 - Fax 0571 30915- Via Francesca Sud 132 - 56209 Santa Croce sull’Arno (Pisa)

www.fop-luciano.it - e-mail: [email protected]

Page 73: Reality 59

75

Spett

acol

o

TEXT&PHOTO Andrea Berti

75

Classica, contemporanea, moderna, hip hop. Stage, Concorsi e Rassegne

Internazionali di Danza. Grandi coreografi e straordinari protagonisti dello spettaco-lo e della tv. Un campus estivo ospitato nel verde del Parco Letterario della Co-masca, meta di relax per poeti e scrittori, a due passi dalla spiaggia della Versilia, per vivere un’esperienza indimenticabi-le. Tutta d’un fiato! Sudando e ballando. E ancora, show e party serali, importanti montepremi e borse di studio per chi di-mostrerà sul palco, di fronte al pubblico, di avere talento. E’ questo che al Festi-val Ballet cercano! Torna, puntuale come ogni estate, dal 6 al 9 luglio, a Marina di Massa (Ms), il Festival Ballet, il più esplo-sivo e il più giovane evento dedicato a ballerini professionisti e non di tutta Italia arrivato alla sesta edizione. Organizzato da Simone Ranieri con il Patrocinio della Provincia di Massa Carrara, Comune di Massa, Fondazione Cassa Risparmio di Carrara, e di importanti scuole e acca-demie internazionali, sponsor tecnici e media specializzati (Radio Bruno official radio), sono tante le novità per l’edizione 2011: dal ritorno del Concorso Ufficiale alla formula open card che permette, ai partecipanti, di non perdere nemmeno una lezione e vivere quattro giorni non-stop danzando ed imparando dai miglio-

ri interpreti e insegnanti (per iscrizioni e informazioni vai su www.festivalballet.it). Special Gust e conduttore della serata fi-nale del concorso lo show man e attore Paolo Ruffini, si quello di “Io Doppio” e dei doppiaggi in livornese, in questi mesi in tv, al fianco di Bonolis-Laurenti e Julia Roberts. Già in 5 mila hanno partecipato al Festival Ballet nel corso delle prime cin-que edizioni. Giovani di talento che grazie al format apuano sono riusciti a spiccare il volo e a conquistarsi un posto nel jet set della danza nazionale come Giordano Or-chi, Premio Talento nel 2008, e reclutato poche settimane dopo dal talent show della Rai “Italian Accademy”. Ma al Festi-val Ballet con chi danzerai? Classica con Ludmill Cakalli, Iride Sauri, Marco Pelle (neoclassica) e Bruno Vescovo. Modern Jazz con Teresa Firmani e Annarita Larghi; Jazz con Andre De La Roche; Modern con Pietro Pireddu, Susanna Beltrami; contem-poranea con Emanuela Tagliavia e Mauro Astolfi. Presiede la giuria del concorso ufficiale Giuseppe Carbone, direttore dei più grandi teatri italiani e tra i principali “interpreti” della danza nel mondo. Da-niele Baldi, Ilenja Rossi, Alice Cimoroni, Gus Bembery, Byron, Richy e Michael, Massy e Barbara La B completano il cast degli eccezionali insegnanti dell’Hip Hop Competition&Stage, l’altro grande even-

DANZAcon il Festival Ballet

to del Festival Ballet per radunare in To-scana il mondo urban. Il Festival Ballet è tutto questo, e molto altro ancora: stage, spettacolo, competizione, divertimento e vacanza, ma soprattutto talento. Il tuo.Per informazioni: www.festivalballet.itEmail: [email protected] Concorso: 320-0776603 (Simone Ranieri)

Aperte le iscrizioni alla VI° edizione dello Stage e Concorso Internazion-ale di Danza. Tra i docenti Andre De La Roche, Susanna Beltrami, Mauro As-tolfi, Ludmill Cakalli, Annarita Larghi, Emanuela Tagliavia e i presenter in-ternazionali di Hip Hop.

a Massa dal mondo

Page 74: Reality 59

PaulRegia: Greg MottolaDistribuzione: Universal PicturesData di uscita: 13 maggio 2011

Due grandi appassionati di film fantascientifici intraprendono un viaggio in camper diretti nella misteriosa “Area 51” dove ha sede una segretissima base militare. Il sogno dei due ragazzi si realizzerà nel momento in cui si imbattono in Paul, un alieno in fuga dalla stessa base...

CO

MM

ED

IA

Pirati dei CaraibiOltre i Confini del Mare

Regia: Rob MarshallDistribuzione: Walt Disney Studio

Data di uscita: 18 maggio 2011

Quando Jack (Johnny Depp) Sparrow ritrova una donna che appartiene al suo passato

(Penelope Cruz), non sa bene se ha ritrovato l’amore o soltanto un’avventuriera senza

scrupoli che intende usarlo per arrivare alla mitica Fontana della Giovinezza. La donna lo costringe ad imbarcarsi a bordo della Queen

Anne’s Revenge, la nave del minaccioso pirata Blackbeard (Ian McShane) coinvolgendolo in

un’avventura durante la quale non saprà se deve temere di più Blackbeard o la donna del

suo passato.

AVVENTURA

ThorRegia: Kenneth BranaghDistribuzione: Universal PicturesData di uscita: 27 aprile 2011

Punito per le sue esuberanze caratteriali, il guerriero Thor, viene spedito sulla Terra e costretto a vivere insieme agli umani nascosto da un’identità di facciata. Nel suo lungo percorso troverà modo di crescere ed imparare ad utilizzare al meglio i suoi poteri, soprattutto, quando le forze del male di Asgard giungeranno sulla Terra...

CO

MM

ED

IA

a cu

ra d

i Kir

illa

SOLO

IL M

EG

LIO

DE

L C

INE

MA

MariposaSemmai Semiplay

Page 75: Reality 59

Reality LA VETRINA

ThorRegia: Kenneth BranaghDistribuzione: Universal PicturesData di uscita: 27 aprile 2011

LA M

USIC

A C

HE C

I PIAC

E ASC

OLTA

RE

GagarinHoles

LucarielloI nuovi mille

MariposaSemmai Semiplay

Paolo BenvegnùHermann

Marcatamente inglesi anche se arrivano dal ter-ritorio toscano.La struttura dei 6 brani che compongono questo primo lavoro è assai interessante e varia tra pop e

L’intero album del rapper Lucariello ci guida in un percorso attraverso le tante anime che incar-nano la lotta per la legalità, la libertà e la de-mocrazia, citando esempi estranei alle luci della ribalta che hanno sofferto e dedicato la vita a costruire occasioni, come Don Peppino e Diana. Chi sono oggi i nuovi Mille? Lucariello rappre-senta e racconta le storie dei giovani protagoni-sti dell’Italia di oggi: un ricercatore, un operaio, un amministratore locale, un immigrato, un gior-nalista antimafia, un militare in missione. Ragazzi che lavorano lontano dai riflettori impegnati a costruire con il loro lavoro e i loro ideali una so-cietà civile, motore della storia moderna. Tutti i proventi derivanti dallo sfruttamento economi-co dell’album saranno interamente devoluti in beneficienza alla Fondazione Pol.i.s., la struttura promossa dalla Regione Campania per l’aiuto alle vittime innocenti della criminalità.

Paolo Benvegnù è il chitarrista-cantante fondatore degli Scisma, imprescindibi-le gruppo alternative-rock italiano ormai sciolto. Ha proseguito la sua carriera come artista solista, con ottimi riscontri di critica e pubblico. Lo scorso anno il live Dissolution chiudeva un ciclo, quello introspettivo, di Paolo Benvegnù. La volontà di guardare davanti a sé e di aprirsi al mondo (per usare le sue parole) lo ha portato a partire da lon-tano, per un nuovo, magnifico viaggio nella sua musica, nelle sue parole, nella sua poesia. Hermann: Il lavoro è composto da tredici brani inediti, e si snoda sul tema dell’uomo - della sua storia, la sua evoluzione (o involu-zione?) - intorno a cui si muove un mondo fatto di immagini, di intuizioni letterarie, di fantasia concreta come nessuna realtà.

Il nuovo inaspettato album dei Mariposa è un mix di funk bianco, elettronica e ritmi nervosi, con i testi surreali e visionari di Alessandro Fiori e le orchestra-zioni di Enrico Gabrielli, i Mariposa sono da anni la band più sorprendente e creativa del panorama indipendente italiano. Dopo 12 anni di palchi e 11 album di ricerca attorno alla forma canzone (nei quali Mariposa del 2009 rap-presenta l’elemento più ‘pop’), cambiano radicalmente direzione. Semmai Semiplay recupera la tradizione, tipica nel gruppo, del nonsense e questo è forse l’unico elemento di continuità col passato. Semmai Semiplay esibisce un sound evoluto, maturo, diretto, mai troppo semplice, coinvolgente. Uno shock, un nuovo brivido che provocherà animate discussioni. Lunga vita al colosso Mariposa

a cura di Luca G

ennai

rock, passando tra citazioni di gruppi inglesi che tutti ricordano i Radiohead venati di prog. Esistenzialisti, romantici, imprevedibili dosano, variandoli nei brani, effetti che ricordano le varie epoche del rock. Intarsi rumorosi, suoni di radio mal sintonizzate, riecheggia in tutto ciò il caos odierno (dell’ informazione). Loro si definiscono un gruppo Kraut Pop. Ascoltando l’al-bum si inizia un viaggio, vediamo col tempo dove ci condurranno...

Page 76: Reality 59

TEXT Stefania CatastiniPHOTO Gianni Bellucci

Un opificio in disuso e l’esigenza di portarvi all’interno un nuovo mondo contemporaneo sono i moventi che hanno portato alla reinterpretazione di uno spazio altrimenti dismesso.

Second Life è un’operazione filosofica (e non solo) che permette di individuare, migliorandoli, edifici in disuso inventando per loro una nuova vita. Dare così una secon-da chance a luoghi che altrimenti rimarrebbero ignorati.

Con questo concetto nasce lo spazio espositivo Artwood (il legno vissuto in maniera artistica), dove il prodotto vuole essere protagonista, principalmente vissuto e non solo venduto. Lo spazio è concepito come un accampa-mento nel bosco; il bosco è colui che fornisce il legno così da creare quasi un’operazione di ritorno alle origini denunciata anche dal logo stesso, ridisegnato nell’occa-sione per adeguarsi al nuovo progetto, dove si intuisce il prendere forma della casa dalla natura.

La volontà di annullare la presenza del contenitore gene-rante, mantenendo comunque la struttura originaria, porta a utilizzare il nero come non colore sui soffitti e sulle pareti smaterializzando così i confini che si fondo-no con l’aria scura di una notte estiva. Il velo nero della tenda, che risolve tecnologicamente anche funzioni architettoniche con il principio del massimo risultato con il minimo sforzo, è concepito come un limite da supera-re che permette il formarsi di un luogo interno diverso. Attraversando l’unico varco nel tendone voluttuoso ci ritroviamo in una zona che per percezione sensoriale appare come un mondo parallelo. Lo spazio è punteg-giato da volumi deformi volontariamente dispersi sotto un cielo stellato (il soffitto nero costellato da luci) la cui dislocazione permette al fruitore di muoversi come in un luogo aperto privo di confini. Sulla lunga parete posteriore si intravede l’immagine retroilluminata di un vivido bosco a tutta parete e tutt’altezza così da riportare direttamente alla memoria un’autenticità naturale che si respira anche negli oggetti prodotti.

Artwood è concepito come uno spazio aperto con una serie di episodi che si raccontano per gli arredi, dove i

Architetturae contemporaneità

SECOND LIFEReinventando un opificio

“… come sotto un cielo stellato”

Un progetto senza confini

Page 77: Reality 59

contenitori sono contenuti e le strutture diventano espo-sitori ribaltando così la comune concezione di spazio/mostra. La volontà di creare spazi con relazioni variabili tra loro crea una diversa fruizione/relazione del visitatore con lo spazio espositivo; troviamo infatti luoghi di sosta e di percorso inusuali e inaspettati. All’interno di ogni volume vi sono spazi di arredo dimostrativo, zona uffici, zona ricevimento clienti e servizi.

Passeggiare, sostare e vivere l’interno di questo edificio riesce a far perdere il senso di un luogo dedicato al com-mercio, portando la visita più su un piano esperienziale che commerciale.

1. Esterno, particolare ingresso2. Interno, zona ingresso3. Esterno, particolare angolo4. Esterno, panoramica prospetto principale5. Interno, volumi interni6. Interno, percorsi7. Interno, particolare volumi espositivi 8. Interno, zona uffici9. Logo

9

4

36

7

5

8

Le immagini si riferiscono all’edificio Artwood in via Brodolini 4, Castelfiorentino ( FI)

Il progetto è dello studio LDA.iMdA architetti associati, via XXIV Maggio 22/D, San Miniato - PI (www.ldaimda.it)

Page 78: Reality 59
Page 79: Reality 59

81

Inter

viste

TEXT Carla Cavicchini PHOTO Andrea Cianferoni

Un simbolo, un quadrifoglio, quattro cuoricini che ruotano formando un tondetto, oppure ciò che detta la

fantasia, l’importante è ciò che è scritto sotto, sotto nella cartella stampa che mi viene consegnata: ”Amare porta fortuna”.La linea è la ‘Blav’, di Lavinia Borromeo, Spring-summer 2011. Collection. Una nobil-donna che ama la moda ma che appa-re in estrema semplicità nel suo essere squisitamente sportiva: tacchi bassi, lunghi capelli biondi fluenti eppur liberi, classe innata. D’altronde, con quel suo cognome imponente assai, e quello del marito John Elkann. L’albero genealogico ci rimanda a santi, cardinali, e non solo. Pensiamo a quel 4 novembre: è l’onomastico di San Carlo Borromeo senza considerare poi la discen-denza ben perpetuata da buoni intellettuali, nobili, capitani d’industria.Madame è d’una gentilezza unica, squisi-ta, eppure avverto riservatezza e fermez-za. L’argomento è legato al mondo della moda, si può svolazzare verso qualcos’al-tro, ma il tessuto è il re del momento. Appena chiedo l’intervista scatta fulminea per non farmi aspettare sorridendo cor-tesemente. Gli occhi. Grandi, magnetici, espressivi, chiari ed acquosi come l’oce-ano. Specchio dell’anima. Ed è buona educazione guardar dritto l’interlocutore. Nelle famiglie ‘bene’ si insegna che chi non lo fa è timido, oppure ha qualcosa da nascondere…di non troppo sano. Ed ella la lezione l’ha imparata. Eccome. Donna Lavinia si occupa anche di onlus, in mezzo a quella miriade di impegni fatta di lavoro e famiglia. Spiega che: “Il mio rapporto con la moda per bambini è maggiormente sentito da quando sono arrivati Leone ed Oceano. Si, direi proprio una linea nata con loro, e che continua a crescere. Creo “da un anno, sino agli otto,” presentando molte collezioni. Punto molto sui partico-lari, qualità, tessuti, tutto rigorosamente “Made in Italy”. Osservo. Tra la favola al profumo di lavanda, il buon sapone di Marsiglia e torta di mele, vedo un giro-tondo di fiorellini liberty, quadretti vichy, e abitini double. Collezione unica ed inno-vativa, prosegue inoltre nel sodalizio con

Caovilla, con la linea calzature per piccoli, con scarpette fresche e leggere, rispet-tando l’esigenza del quotidiano.Lo sa che lei ha una ‘r’ molto ma molto francese…“Si, l’ho ereditata.”Da sempre sostiene che la sua è una famiglia estremamente normale. Seppur con i ‘blasoni’ aggiungerei! Insomma, gli impegni non sono pochi, ed ora c’è anche quello d’esser stilista. Come si organizza in tutto questo?”L’ha detto! Organizzandomi, come tutte le famiglie.”E’ in splendida forma“Non sto ferma, ho quest’impegno che mi piace e mi gratifica, e sto molto dietro ai miei bambini; creda, è un’ottima pale-stra. E poi sono fortunata.”Si, lo è. Snella nonché estremamente disinvolta nei movimenti.Mi parla dei suoi progetti futuri?“Si, certamente, ce n’è uno coi fratelli Guzzini nel campo del design.”Passiamo alla vita di coppia: - un mari-to, un compagno che ‘gode’ d’una eredità importante. Successore desi-gnato di Gianni Agnelli, vicepresi-

dente della Fiat…forse anche altro. Presumo abbia mille impegni più uno. Dicono che lei lo reclami un po’…sem-pre così affaccendato…Sorride. E’ il suo modo d’essere e forse non vuol mettermi in difficoltà.“Francamente la mia vita con lui è molto, molto serena. C’è e sono molto contenta di questo.” Mamma mia, quant’è inna-morata. Lo dicono gli occhioni azzurri capaci di brillar quali cristalli. Prosegue. “Ciò che fa è parte del suo mestiere, ha delle responsabilità ovviamente, ed io son contenta che lui le porti avanti seriamente.Tempo addietro lessi della sua grande passione per la barca assieme al suo compagno di vita. “Ci vuole coraggio, forza, nonché spirito indomito”. Lavinia, discretamente, sta-volta, la chiamiamo col nome di battesi-mo ne ha da vendere.P.S. Apprendiamo ora che la holding di casa Agnelli, la Exor, ha varato un’im-portante riorganizzazione sul piano internazionale e John Elkann ne è di-ventato oltre che presidente anche Amministratore delegato.

semplicitàLinea Blav. Lo stile della

Nella foto: John Elkann e la moglie Lavinia Borromeo

Page 80: Reality 59

Spor

t

82

TEXT Camilla Trillò

Santa Croce capitale della pallavolo per due giorni. E’ quello che è accaduto saba-to 12 e domenica 13 marzo quando la Lega Pallavolo di Serie A Femminile ha accolto la candidatura della Biancoforno per ospitare la Final Four di

Coppa Italia di A2. Un evento altisonante, che ha convogliato a Santa Croce il pubblico delle grandi occasioni, ed un’opportunità senza dubbio di spes-sore per una Società che, dopo aver militato per due anni nella serie cadetta, è riuscita a fare il grande salto nel mondo che conta, centran-do la promozione in A2 e approdando così nell’olimpo del volley nazionale. A questo si aggiungano gli ottimi risultati conquistati dalle squadre minori, grazie alla professionalità di staff tecnici e manageriali di prim’ordine, alla passione dei tifosi che ormai si identificano in questo sport, e soprattutto al grande, gran-dissimo contributo dello sponsor principale, la Biancoforno, industria pasticcera leader nel settore dolciario con sede a Fornacette (Pisa), ormai divenuto il marchio di fabbrica di questa Società. E’ stato l’insieme di tutti questi fattori, riconosciuti ormai anche a livello federale, che hanno portato all’assegnazione di un evento così importan-te per il volley italiano, ennesimo riconoscimento dell’importanza che Santa Croce sull’Arno ha ormai raggiunto nel panorama pallavolistico nazionale. Quattro squadre ai vertici della Lega Due, organizza-zione impeccabile, pubblico numeroso e acceso, e soprattutto una pallavolo a dir poco entusiasmante: sono stati questi gli ingredienti di due giorni che hanno lasciato davvero col fiato sospeso tutti gli appassionati di volley e non solo.Sabato 12 marzo: è il giorno delle semifinali, l’adre-nalina inizia a salire e l’attesa per la gara della Biancoforno diventa palpabile. Alle ore 16 scendono in campo le formazioni di Chieri e Loreto: una gara che la Esse-ti Loreto riesce a dominare chiudendo la pratica con un netto 3-0. Alle 18.30 scocca finalmente l’ora dell’atteso debutto della Biancoforno alla Final Four: avversario di turno una temibile Pontecagnano. Fin dalle battute iniziali è chiaro che si tratta di una

Santa Croce sull’Arno

A2finale

Page 81: Reality 59

83

battaglia colpo su colpo, una sfida di nervi. La tensione sale e le due squadre danno vita ad una sfida combattutissima: un pub-blico vibrante ed un PalaParenti ornato a festa sono la cornice ad una sfida davvero al cardiopalma. Il primo set viene deciso nelle battute finali e sono le ospiti ad avere la meglio; ma il riscatto della Biancoforno non tarda ad arrivare e si va sull’1-1. Nel terzo set è ancora Pontecagnano a chiu-dere in vantaggio, ma il quarto parziale è un dominio delle padrone di casa che rimandano così il verdetto finale al tie-break. Sugli spalti sale la temperatura, tutto si gioca nei minuti finali. Purtroppo l’allungo delle ospiti si rivela fatale e per la Biancoforno i sogni di gloria sono costretti ad interrompersi in semifinale.

Domenica 13 marzo: alle ore 16 arriva finalmente il momento della finalissima tra Loreto e Pontecagnano. Nonostante l’as-senza della Biancoforno da questa finale, si tratta di un appuntamento davvero imperdi-bile, uno degli appuntamenti più importanti e prestigiosi del volley nazionale. Ancora una volta le attese non vengono deluse: le due formazioni danno vita ad una sfida dav-vero vibrante, una pallavolo bella, spettaco-lare e in cui ancora una volta tutto si decide al tie-break quando è Loreto ad imporsi per 3-2 e vincere così l’agognata Coppa Italia. Oltre all’aspetto puramente sportivo, senza dubbio di spessore, questa Final Four ha segnato un risultato davvero prestigioso per l’intera Società di Santa Croce, riconosciuto ai massimi livelli: la Biancoforno è ormai dive-

nuta una realtà di punta del movimento pallavolistico nazionale, e questa Coppa Italia ne ha rappresentato il riconoscimento e la conferma.

Page 82: Reality 59

OASITrova la tuaTrova la

TERMOIDRAULICA PZ S.R.L.Cell. 333 6000991 www.termoidraulicapz.it e-mail: [email protected]

OASIdi freschezza

tua

Effetti sp

eciali per

parchi, gi

ardini, pi

scine

LaghettoNebulizzazionecamminamenti

Per parchie zone relax

Per stab

ilimenti

balneari

Per manifestazioni sportive,spettacoli, spiagge, discoteche

CONTATTACIPer informazioni

e preventivipersonalizzati

gratuiti

© w

ww

.cte

diz

ion

i.it

Totem ra

ffrescam

ento

Page 83: Reality 59

85

Spor

t

TEXT Gaia Simonetti

1. Stadio Libertas via Bellini Firenze2.Tessera socio degli anni 203. Stemma PGF - Libertas4. Rugby Italia

L’Italia del rugby è nella storia con il successo sulla Francia al Sei Nazio-ni. Questa è storia recente, quella

più antica ci riporta a Firenze alla prima partita che venne giocata il 10 novem-bre 1928. Era una domenica, l’orologio segnava le 13. “Il modernissimo giuoco americano che tanti entusiasmi suscitava nelle Arene di oltre oceano” venne salu-tato con stupore dalla città toscana.Firenze fu il teatro di una gara tra due formazioni di rilievo: l’Ambrosiana di Mi-lano ed il Bologna. “Oggi che il nuovo esercizio sta conquistando le masse per divenire in un non lontano domani popo-larissimo si scriveva nei giornali dell’epo-ca sarà interessante assistere ad un confronto per il quale vivissima è l’aspet-tativa. Il giuoco è combattutissimo, serra-to, e il regolamento che lo dirige è stato compilato sotto la scorta di utili ammae-stramenti. Senza dubbio tutta la Firenze sportiva non si vorrà privare domani di assistere a questo avvenimento ed affol-lerà il campo della Fiorentina come nelle grandi occasioni”.E così lo stadio Libertas di via Bellini, come emerge dalle ricerche storiche del presidente della P.G.F. Libertas, Paolo Crescioli, ebbe anche l’onore di tenere a battesimo il rugby. Lo stesso campo che, inaugurato il 2 aprile 1922, aveva visto correre sulla sua pista con curve paraboliche che facevano da cornice al campo di calcio, i più grandi campioni del periodo da Girardengo a Linari.Il velodromo venne poi demolito per allargare il campo di gioco, quando nel 1926, il Marchese Ridolfi impose la fusio-

il

Rugby

ne delle sezioni calcio delle due più forti squadre cittadine, la P.G.F. Libertas e il Club Sportivo, per dar vita alla Fiorentina.La squadra “viola”, sebbene il colore delle maglie inizialmente fosse bianco rosso, vi giocò fino al 1931, quando lo stadio Berta, il nostro Comunale, fu finalmente pronto.Lo stadio di via Bellini perse progressiva-mente di importanza fino ad essere de-molito negli anni cinquanta, per far posto all’espansione edilizia della città.

Il rugby in Italia aveva mosso i suoi primi passi a Genova alla fine dell’Ottocento per opera della comunità inglese.La prima partita di cui si ha notizia fu un incontro dimostrativo giocato a Torino nel 1910, tra le squadre del Racing Club de Paris ed il Servette di Ginevra.Il 2 aprile dell’anno successivo venne giocata la prima partita tra team, l’U.S. Milanese ed i francesi del Voiron.Nel settembre 1928 vide la luce la Fede-razione Italiana Rugby, sebbene già alla fine dell’Ottocento a Genova la comuni-tà inglese avesse iniziato a far conoscere questo sport.Ma per aver notizia delle prime parti-te giocate da squadre italiane si deve aspettare il 1910-11.Nel 1929 si svolse il primo campionato italiano con sei squadre partecipanti, che vide la vittoria dell’Ambrosiana Milano.Dal passato al presente, la passione per

1

2

3 4

il rugby non conosce né confini né l’oblio del tempo. A proposito, una curiosità: il rugby è lo sport più amato dalle donne. Viene da chiederci per lo spettacolo in campo o per il calendario, per molte indi-menticabile, che realizzarono gli azzurri?

Page 84: Reality 59

C M Y CM MY CY CMY K

Page 85: Reality 59

E chi l’avrebbe detto...Le due tenniste professioniste che hanno scritto la storia del circuito WTA 2010 la nostra

Francesca Schiavone vincitrice a sorpresa del Roland Garros e la danese Caroline Wozniacki divenuta N° 1 al Mondo senza vincere uno Slam ma con 6 titoli all’attivo nel suo anno di grazia - non sembrarono altrettanto irresistibili sui campi in rosso del Tennis Club Santa Croce sull’Arno, quando da juniores si cimenteranno nei tornei giova-nili che contano e che offrono punti pesanti per il ranking ITF. Francesca, ancora giovane ‘Leonessa’, classe 1980, varcò i cancelli del Cerri nel 1996 e presto fece le valigie per casa, sconfitta al primo turno dalla bella e talentuosa francese Kildine Chevalier, oggi scomparsa letteralmente dai palcoscenici importanti. Tanto shock deve aver causato la brutta figura alla nostra che la stagione successiva la Schiavone gioco i tornei di Firenze, Salsomaggiore e Milano, saltan-do però il Grade 1 di Santa Croce, forse evocatore di brutti ricordi. Correva invece l’anno 2005 quando Caroline Wozniacki, bellezza diafana già sulla vetta delle clas-sifiche mondiali under 18, arrivò a Santa Croce da superfavorita, salutando però tutti con la manina già all’esordio contro la nostra Erika Zanchetta giocatrice dotata di buona tecnica ma soggetta ai capricci di un metabolismo impietoso. Va detto che la bionda Wozniacki in quella stagione avrebbe vinto gli US Open junior e l’anno seguente avrebbe alzato al cielo il trofeo di Wimbledon (due tornei su superfici veloci), ma pesa sulla carriera junior della tennista di Odense l’eliminazione patita sui campi del Cerri in quel caldo martedì 10 maggio di sei anni addietro. Cosa significano que-ste storie? Tutto e niente, a seconda dei punti di vista. Con due attenuanti che si contraddicono. L’innata idiosincrasia per la terra rossa di Caroline Wozniacki non trova conferma nel caso di Francesca Schiavone (vincitrice sull’argilla di Parigi); lo spessore tecnico della giovane Chevalier (che arrivò ad essere N° 13 al mondo tra le junior nel 1997 e che giocò la finale a Firenze nel 1998, quando sconfisse nei quarti una certa Kim Cljister…) non può essere paragonato

TEXT Marco Massetani PHOTO Massimo Covato

a quello di una Erika Zanchetta che arrivò al N° 53 ITF giocando in tre anni la mise-ria di 4 tornei sui campi veloci, tra Australia e Lussemburgo. Quelli di Francesca e di Caroline Wozniacki non sono i soli due casi ‘storici’ a difesa della tesi sul difficile impatto che il Torneo Internazionale juniores “Città di Santa Croce” Mauro Sabatini (oltre 4000 gli atleti passati dai campi del Cerri in 32 edizioni e in rappresentanza di 100 Paesi) continua inesorabilmente ad avere sulle grandi pro-messe del tennis continentale. Un altro ex N° 1 al Mondo tra i grandi, tale Marcelo Rios, nel 1991 non riuscì ad andare oltre le qualificazio-ni, anche se 7 anni più tardi, nel periodo forse più buio vissuto dal tennis maschile, riuscì a salire sul trono ATP. Gli appassionati di tennis

87

Spor

tanche quest’anno potranno sfamare passio-ne, curiosità e interessi tecnici con l’edizione 33 del Torneo Internazionale juniores “Città di Santa Croce” Mauro Sabatini, che sarà di scena dal 9 al 15 maggio (7 e 8 le gare di qualificazioni) sui cinque campi outdoor del Cerri. La kermesse tennistica ‘vernissage’ del Bonfiglio di Milano - che sarà sponso-rizzata Mediolanum, Kemas, Gyrpoc - Saint Gobain, Goldengas, Conceria Meridiana e Nik Winters – vedrà presenti oltre 200 tra i talenti tennistici di circa 50 Nazioni. Regalando spettacolo, conferme e, come sempre, inaspettate sorprese…

DAL 9 AL 15 MAGGIo torna al Cerri l’appuntamento con la 33° kermesse internazionale juniores: una prova selettiva e spettacolare, che vide transitare da ‘meteore’ la Schiavone e la Wozniacki…

il TO NEOivelaz ioniR delle

Page 86: Reality 59

ANALISI CHIMICHEIGIENE AMBIENTALECONSULENZA ALLE IMPRESEAGENZIA FORMATIVA

Labostudio S.r.l.Via del Bosco, 71 - 56029 - Santa Croce sull’Arno (PI)Tel. 0571.33313 - Fax 0571.34572www.labostudio.it - [email protected]

© w

ww

.cte

diz

ion

i.it

Page 87: Reality 59

Se c’è un personaggio che nel corso dei decenni ha contribuito a far conoscere il polo in tutto il mondo,

questo è senz’altro il Principe Carlo d’In-ghilterra. Come non ricordare, tra gli anni Settanta e Ottanta, le partite di polo dell’ erede al trono inglese sotto l’occhio attento e divertito della madre, la Regina Elisabetta II. Il gioco del polo è molto antico e appro-da in Europa grazie alle truppe coloniali britanniche, le quali lo avevano scoperto in India durante il Diciannovesimo secolo. A loro volta gli indiani avevano sviluppato questo sport imitando un gioco tibetano, la cui palla era chiamata pulu. Il primo club di polo al mondo fu fondato nel 1862

dai coltivatori di tè britannici, a Silchar, ad ovest di Manipoor. Successivamente lo sport ha trovato un terreno fertile di diffusione in Argentina, grazie alle grandi distese terriere, l’ottimo clima, e la dispo-nibilità quasi illimitata di cavalli. Ogni partita di polo, che è divisa in tempi di sette minuti detti chukker, necessita di molti cambi di cavalli, in quanto questi ultimi devono essere sempre molto veloci e scattanti. L’idea di base di questo gioco è molto simile a quella di una partita di calcio e consiste nel far entrare la palla nella porta dell’avversario, costituita da due pali distanti tra loro 7,30 metri. La palla, generalmente di legno e del peso

FORTE DEI MARMI

TEXT&PHOTO Giampaolo Russo

89

Spor

t

La perla della Versilia, dopo Cortina d’Ampezzo, ospita dal 21 al 25 aprile la seconda tappa di Audi Polo Gold Cup

di circa 150 grammi, viene colpita con una mazza di bambù chiamata stecca la cui lunghezza dipende dall’altezza dei cavalli. Nelle squadre, composte di quattro gio-catori, ai numeri sulle maglie corrisponde un preciso ruolo in campo: il numero 1 è l’attaccante più avanzato, il 2 la seconda punta, il numero 3 è il regista, mentre il 4, denominato “back”, è il difensore. Nel polo non esiste il fuorigioco, ma qualsiasi giocatore che tagli la traiettoria dell’al-tro, o colpisca deliberatamente il cavallo dell’altro, commette fallo. I costi proibi-tivi per mantenere i cavalli e acquistare l’attrezzatura hanno limitato la diffusione ad un ristretto numero di persone. Ma queste non sono le uniche ragioni. Forza, nervi saldi, senso tattico sono doti fonda-mentali per ogni giocatore. Lo sa bene anche il presidente dei giovani industriali di Firenze Gabriele Poli, amministratore delegato di Dorado Communication ed ideatore della rivista Equestrio, diretta dalla pluridecorata Caterina Vagnozzi. Il simbolo di un giocatore di polo a cavallo ha portato fortuna a molti imprenditori nel settore della moda. Sei anni fa Lorenzo Nencini, imprenditore fiorentino manager di Incom, ha importato dagli Stati Uniti il marchio U.S. Polo ASSN, che ha con-quistato in pochissimo tempo, grazie a importanti campagne di comunicazione, uno spazio rilevante. Main sponsor della prima edizione dell’Audi Polo Gold Cup a Forte dei Marmi, dal 21 al 25 aprile, sarà la casa automobilistica tedesca. Per Audi l’appuntamento in Versilia rappresenta una novità assoluta di sicuro richiamo tanto per i giocatori quanto per il pubbli-co. Tutte le partite, infatti, si svolgeranno sulla sabbia “nobile” di Forte dei Marmi. La perla della Versilia è infatti nota per ospitare, soprattutto durante i mesi estivi, le più importanti famiglie dell’imprendito-ria italiana e della nobiltà.Capostipiti di questa tendenza furono gli Agnelli, che nel 1926 acquistarono Villa Costanza. In seguito vi si stabilirono i Moratti, che ancora oggi continuano

questa tradizione. La città, inoltre, ha dato i natali all’attuale Regina dei Belgi, Paola Ruffo di Calabria. Il tenore Andrea Bocelli vive stabilmente a Forte dei Marmi. La città è diventata meta preferita di una mondanità d’eccellenza, che ancora oggi coltiva le sue relazioni nelle ville immerse nel verde delle sue pinete. Una real-tà ancora a misura d’uomo, dove la salvaguardia dell’ambiente è stata e continua ad essere una delle priorità delle amministrazioni comunali transi-tate nella sua storia, ma che non le ha impedito di adeguarsi alle crescenti esigenze turistiche. Oggi, dunque, chi viene a Forte dei Marmi trova una città all’altezza della sua fama che ha accolto con piacere l’invito ad ospitare il torneo Audi Polo Gold Cup al Bagno Costanza di Forte dei Marmi.

on theBEACH

A lato: Giuseppe Ferrajoli, il Sindaco di Forte dei Marmi Umberto Buratti e Guglielmo Giovanelli Marconi. Sopra: uno scatto di una partita di polo sulla spiaggia.

POLO

Page 88: Reality 59

TECNOLOGIE MANGUSTA PELLAMI SRLViale Antonio Meucci, 6 - 56029 S. Croce sull’Arno (Pisa)Tel. 0571 33436 - Fax 0571 [email protected]

© w

ww

.cte

dizi

oni.i

t

Conceria dal 1973

V E R YM A D EI N I TA LY

LINEAPELLEPAD. 16

D51/D53

Page 89: Reality 59

91

Socie

Se la Capannina di Forte dei Marmi è il locale culto in Toscana per le notti dell’estate o comunque al mare, la

stessa cosa si può dire per la più storica di tutte le discoteche fiorentine: lo Yab di via Sassetti. E’ infatti da trentatré anni che questo locale è aperto cinque giorni su sette, cosa ormai rarissima in tutta Italia e può ancora vantarsi di avere un pubbli-co selezionato. Armando Casodi e Mara Agliata insieme ad altri soci fondarono addirittura nel 1979 lo Yab e continuati-vamente ne sono ancora responsabili , e tutti sanno coma la gestione di un locale notturno sia difficile in una città come Fi-renze. Ma lo Yab non teme nè confronti nè difficoltà. Da qualche anno un apporto di forze giovani ha contribuito al rinnova-mento dell’ambiente, il direttore artistico è infatti un giovane imprenditore fioren-tino di origine romana: Niccolò Armaroli, (sotto nella foto) che ha rinnovato, pur ri-manendo fedele alle più storiche serate. Ad esempio il giovedì la serata si chiama “I love Yab”, dedicato ad un pubblico adulto che a volte da più di trenta anni è fedele alle sue abitudini; qui si danno convegno attori, squadre di calcio e personaggi del mondo dello spettacolo. Un’ altra serata reinventata da Niccolò è quella del vener-dì dal titolo un po’ impegnativo di “snob” una occasione in stile club londinese dal pubblico trendy e griffato che inizia alle dieci con la cena-spettacolo. Il sSabato poi è chiamato “super” dove è sempre attivo il privé vip members club, un locale nel locale con servizio ai tavoli dedicato qui ad un pubblico più adulto. Ai più gio-vani è destinata la serata del mercoledì

TEXT&PHOTO Domenico Savini

per gli universitari che non pagano il bi-glietto d’ingresso se mostrano il libretto universitario. Il lunedì, infine, è dedicato soprattutto agli studenti straneri al quale si mescolano naturalmente quelli italiani. La storica discoteca fiorentina è gemellata con le più importanti d’Italia, il pubblico a volte può arrivare addirittura da altre re-gioni per passare una serata nel cuore di Firenze, non manca naturalmente un otti-mo servizio parcheggiatori con parcheggi convenzionati nel centro della città. Quest’anno come sempre le iniziative le-gate a Niccolo Armaroli hanno puntato sul fashion con alcune serate dedicate alla moda e non solo nel periodo di Pitti. Get-tonatissimi i due eventi legati a Miss e Mi-

91

ster Yab; l’agenzia “Alex Model” di Prato capitanata dal simpaticissimo patron Alex, attira sempre l’attenzione per i suoi tavoli dove si possono ammirare le bellissime indossatrici e gli aitanti modelli. Infine attendiamo come tutti gli anni l’attesa selezione di “Mister Italia” a fine stagione organizzata dallo Studio Movimenti dell’al-trettanto simpatico Claudio Vigiani che da venti anni ha l’esclusiva per la Toscana di questo concorso e l’esclusiva speciale per il suo prestigioso “Presidente di Giuria”.Altri eventi di rilievo “griffati” Moreschina Fabbricotti, come la presentazione delle nuove collezioni di Ermenegildo Zegna oppure la presentazione di “Arturo” a vil-la La Vedetta.Oliva Rucellai Toscani ha inagurato la sua nuova galleria d’arte contemporanea in via Maggio dove si sono dati convegno tutti gli amici e gli esperti del settore.La recentissima mostra delle camelie meri-ta un capitolo a parte. L’autore di questo contributo vuole espri-mere la sua simpatia a Mara, vero motore della già citata discoteca Yab; senza di lei da più di trenta anni le notti fiorentine sa-rebbero state monotone, senza lo Yab due generazioni di ragazzi toscani non si sareb-bero detti: “stasera andiamo a ballare”!

CRONACHE MONDANE

YABYABYABYABYABYABYABYAB

YABYABYABYABYABYABYABYABFORTEMENTE

YAB

Page 90: Reality 59

Napoleone lo beveva per procurar-si calore e forza, nel XVII secolo in Inghilterra se ne sostenevano

le qualità terapeutiche, J.S.Bach ne fu ispirato fino a comporre la “ Cantata del caffè”, oggi si sa che una tazzina di caffè contiene 2 Kcal se amaro, 9 se macchia-to, 15 se zuccherato; contiene 60 mg di caffeina che agisce: sul sistema nervoso centrale aumentando l’attenzione sulla muscolatura, la frequenza cardiaca sul metabolismo dei grassi aumentando la disponibilità di energia sullo stomaco aumentandone la secrezione.Naturalmente la risposta alla caffeina è soggettiva, ma poiché migliora le pre-stazioni atletiche, bere 12-15 tazzine di caffè è considerato doping. Inoltre ci sono nel caffè sostanze con spiccate at-tività antiossidante ed antinfiammatorie (acidi cloro-fenici) che potrebbero pre-venire il diabete tipo 2.Il caffè è sconsigliato negli ipertiroidei, ipertesi, ulcerosi. Riduce l’assorbimento del ferro e l’azione sedativa delle ben-zodiazepine. Comunque sia, sulle sue origini esistono parecchie storie, come

quella di Kaldi, un operaio dello Yemen, il quale, vedendo le sue capre ballare ec-citate intorno ad un cespuglio di bacche rosso brillante, incuriosito, ne mangiò pure lui ed anche lui si mise a ballare. Questa storia giunse presto al locale mo-nastero: l’Iman ed i suoi dervisci, man-giandole, furono aiutati a rimanere svegli durante le lunghe ore di preghiera.Un’altra storia è quella di Alì Bin Omar, asceta yemenita, tuttora il santo pro-tettore dei coltivatori di caffè e grande diffusore dell’uso del caffè, tant’è che in Algeria ancora oggi il caffè è chiamato “Shordhiline” come il suo cognome.Il caffè fu coltivato nello Yemen fin dal VI secolo e ci sono testimonianze del suo uso come medicinale presso gli Arabi, soltanto nel XIII secolo si cominciò a praticare la torrefazione dei chicchi per ricavarne una bevanda vagamente simi-le a quella di oggi.Il primo caffè pubblico fu aperto alla fine del XV secolo. In tutto il mondo arabo divenne simbolo di ospitalità e

Med

icina

TEXT Brunella Brotini PHOTO Alena Fialová

affèC me icinaè una

il

?

Page 91: Reality 59

nelle zone meridionali dell’Egitto e dell’ Uganda gli abitanti si scambiava-no chicchi di caffè in segno di amicizia.Naturalmente gli arabi erano gelosi del loro monopolio e non cedevano nem-meno un chicco, a meno che non fosse tostato o bollito e quindi sterile.Ma un indiano, Baba Budan, ne contrabbandò sette chicchi in India meri-dionale e dalle progenie di quelle piante gli olandesi diedero inizio alle loro piantagioni a Giava che per molti anni furono le più importanti del mondo.Il caffè arrivò in Italia all’inizio del XVII secolo e da qui passò in Francia, in Olanda ed Inghilterra dove però non ebbe forte diffusione essendo il governo propenso ad incoraggiare il commercio del thè.Nel 1715 Luigi XIV riesce a farsene portare una pianta dagli olandesi di Giava per arricchire l’orto botanico di Parigi e da qui il francese Gabriel Mathiew de Clieu ne porta una pianta in Martinica, dove l’arbusto crebbe benissimo. La storia più romantica sul caffè è quella secondo cui l’impera-tore brasiliano inviò nella Ghinea Francese un suo rappresentante che in-tesse una storia d’amore con la moglie del governatore francese la quale gli donò, nascosta in un mazzo di fiori, una piantina di caffè, senza sapere che quella piantina sarebbe diventata la base sulla quale sarebbe nato il più grande impero commerciale del mondo.Si pensi che Francesco Redi (nato ad Arezzo nel 1626) letterato e medi-co, attivo all’interno dell’Accademia della Crusca, fa dire al suo Bacco (nell’opera Bacco in Toscana): “l’amaro e rio caffè” e ben poco giudizio ha il musulmano che “ se lo cionca a precipizio”.

Page 92: Reality 59

94

Socie

Dire che la salute si gioca a tavola non è un luogo comune; la corret-ta alimentazione è fondamentale

per una buona qualità di vita e per invec-chiare bene.Il cibo è determinante per il nostro be-nessere e le prove scientifiche che certi alimenti più di altri aiutano a prevenire le malattie vengono oggi da un’imponente mole di indagini e analisi epidemiologi-che. Esiste un nesso tra alimentazione corretta e salute.Gli squilibri nutrizionali, se in una parte del mondo portano ancora a malnutri-zione e fame, nel mondo industrializzato generano diffusissime patologie legate ad una alimentazione sbagliata: malattie cardiovascolari, diabete, obesità, tumo-ri, responsabili di milioni di decessi e di enormi costi sanitari.Nei paesi occidentali l’obesità rappre-senta la seconda causa di morte preve-nibile dopo il fumo, quindi la prima nei soggetti non fumatori.Quindi è chiaro che il sovrappeso e l’obe-sità non sono solo problemi estetici, ma sopratutto di salute e influenzano non solo la qualità di vita, ma anche l’aspet-tativa di vita.Nel mondo industrializzato circa la metà della popolazione è in eccesso di peso, e il nostro paese non fa eccezione poi-chè un italiano adulto su dieci è obeso (circa 5 milioni di persone) e 34 italiani su cento hanno comunque problemi più o meno gravi di peso.

Dall’analisi dei più im-portanti studi emerge che si potrebbe pre-venire il sovrappeso e le patologie ad esso correlate, tra l’altro con un risparmio eco-nomico rilevante, mo-dificando lo stile di

il

TEXT Paola Baggiani

PesoSalute

vita: anzitutto la dieta e l’attività fisica.La prescrizione di un trattamento dieteti-co personalizzato stabilito in funzione dei fabbisogni energetici,delle preferenze e necessità individuali, è un compito com-plesso che spetta al Medico Specialista.Esistono tuttavia una serie di raccoman-dazioni di carattere generale che tutti possono seguire per migliorare la propria alimentazione.La cosidetta alimentazione italiana basa-ta sul modello mediterraneo tradiziona-le è quella che offre le maggiori garanzie di salute.Essa raccomanda di privilegiare larga-mente i carboidrati complessi (pasta, pane), la frutta, la verdura e il pesce; di consumare invece bassi quantitativi di carne rossa e un moderato consumo di vino rosso ai pasti. Limitare il consumo di zuccheri semplici, del sale e dei grassi di condimento dando la preferenza a quelli di origine vegetale ed in parti-colare all’olio d’oliva.Il raggiungimento di un giusto peso corporeo va realizzato oltre che attraverso il controllo

dell’alimentazione anche con uno stile di vita fisicamente attivo, intendendo un tipo di comportamento che dia la prefe-renza all’uso dei propri muscoli nell’esple-tamento delle attività quotidiane come il camminare, il salire le scale, etc..Non occorrono massacranti esercizi in pale-stra, è necessario scegliere tra le varie atti-vità quella che meglio si adatta alle proprie caratteristiche, gusti e impegni di lavoro.Ad oggi le modificazioni dello “stile di vita”orientate ad una alimentazione equi-librata e all’aumento dell’attività fisica sono l’unica terapia dimostratasi effica-ce verso le complicanze del sovrappeso e dell’obesità che si riducono solamente a fronte di un calo ponderale stabile.

[email protected]

e la

Page 93: Reality 59

EU

RO

PR

OG

ET

Via Genova, 5056038 Ponsacco - PisaTel.+39 0587 733606

Fax.+39 0587 729662

stand fieristici personalizzatishowrooms negozi spazi espositivi & mostre

Diteci dove e quando...A tutto il resto pensiamo noi.

www.europroget.eu [email protected]

Page 94: Reality 59

Grande successodi pubblico per la mostra fotografica del gruppo 0571 PhotographyCommunitya La limonaia a Fucecchio

Quando la fotografia racconta una poesia sembra che le sue immagi-ni parlino.

Quando la poesia viene rappresentata da una fotografia sembra che le parole si colo-rino. E’ ciò che è successo ammirando i la-vori del 1° Trittico Awards a La Limonaia di Fucecchio, locale giovane e all’avanguardia nonché music club di qualità, dove 24 bravi fotografi del gruppo “0571 Photography Community” hanno raccontato con 3 foto

una delle quattro poesie indicate dal con-corso. La scelta della poesia da rappresen-tare era fra: “Se non avessimo amato” di Oscar Wilde; “Raggio di sole” di Francesco De Gregori; “L’attesa” di Graziano Bellini e “Parigi di notte” di Jacques Prevert.Una splendida cornice di pubblico ha scal-dato la serata finale di domenica 30 genna-io 2011 quando alle 22,30 sono state aper-te le urne per decretare il vincitore del concorso fra gli artisti in gara, che con le loro opere hanno allestito questa mostra interessante e gradita ai visitatori. Il vincito-re è stato Marco Padovani che con un tritti-co di grande fascino ha rappresentato la poesia “L’attesa” di Graziano Bellini, men-tre al secondo posto si è classificata Silvia Bicchi e al terzo posto Emanuele Bertini entrambi rappresentando “Parigi di notte” di Jacques Prevert. La premiazione è stata presenziata dall’Assessore del Comune di Fucecchio Alessio Spinelli il quale, oltre a

Nelle immagini alcuni momenti della serata.In basso il momento della premiazione,

al centro il vincitore Marco Padovanicon l’Assessore del Comunedi Fucecchio Alessio Spinelli.

Nella pagina seguenteil trittico L’attesa di Marco Padovani

TEXT Graziano Bellini PHOTO Silvia Bicchi

trefotoTRITTICO AWARDS

per unapoesia

Even

ti

96

Page 95: Reality 59

complimentarsi con i partecipanti e con gli organizzatori, ha voluto regalare una targa ricordo al gruppo fotografico “0571 P.C.” come riconoscimento per le attività svolte sul territorio da questo nucleo di amici con la passione per la fo-tografia. I visitatori della mostra, che è durata 5 giorni, hanno manifestato un ottimo gradimento verso i lavori esposti e sono rimasti coinvolti nel gioco della critica di quelle opere che gli autori, ognuno con la propria fantasia e la propria interpretazione, hanno regalato alla vista di tutti realizzando delle raffigurazioni di sicuro effetto e di notevole qualità. “La Limonaia” di Fucecchio si è dimostra-ta da par suo una location di notevole efficacia ospitando questa mostra foto-grafica in un ambiente diverso dal solito, nell’affascinante scenario del Parco Corsini, all’ombra delle Torri Cadolinge.

Farmacia ComunaleSanta Croce Pubblici Servizi SrlCorso Mazzini 12256029 Santa Croce sull’Arno (PISA)Tel. 0571 30009

SERVIZIO C.U.P.(Centro Unico di Prenotazione)

puoi prenotare le tue visitee i tuoi esami medici

direttamente in Farmacia

Servizio attivo tutti i giornidalle ore 9.00 alle ore 13.00

Auto analisi

Misurazione della pressione

prodotti per diabetici

prodotti omeopatici

prodotti per l’infanzia

noleggio bilance e tiralatte

per neonati

cosmetici delle migliori marche

Novità

Farmacia ComunaleSanta Croce sull’Arno

Page 96: Reality 59

della famiglia; i recenti restauri voluti dai marchesi Bernardo e Vittoria, lo han-no riportato all’antico splendore; qui si danno convegno già da ora alcuni rap-presentanti della società internazionale

Si è svolta nei giorni scorsi nello storico palazzo Gondi di Firen-ze, la ventisettesima mostra della

camelia organizzata dal Garden Club di Firenze, la cui presidente marchesa Vittoria Gondi ha voluto quest’ anno il cortile del palazzo rinascimentale di fa-miglia. Le nobili dame fiorentine, socie del Garden, hanno contribuito al suc-cesso della manifestazione cui è segui-to un coktail nelle cantine del palazzo recentemente restaurate, offerto da “UniCredit PB”.Ma il vero protagonista dell’evento è stato il cortile del palazzo, per l’occa-sione adorno di splendide ortensie e, naturalmente delle camelie in gara. Il primo premio se lo è aggiudicato Wan-da Ferragamo, la grande mecenate della manifestazione, per la maggiore quantità di fiori esposti; a seguire Maria Teresa Guicciardini ed Alice Esclapon, per la composizione più originale dedi-cata al tricolore italiano. Il Giardino Bardini si è distinto per le numerose varietà; inoltre Maria Novella Batini per la più bella “higoromo”.Palazzo Gondi, vero gioiello del Rinasci-mento fiorentino a due passi da palazzo della Signoria, è da sei secoli residenza

per organizzare i loro eventi e si spera fra non molto si potranno ammirare anche i “fuochi di San Giovanni” dalle splendide terrazze con vista mozzafiato su Firenze e dintorni.

Marchesa Vittoria Gondi Palazzo Gondi

Socie

98

TEXT Domenico Savini PHOTO Andrea Cianferoni

signoreamelie

le

Cdelle

Page 97: Reality 59

LA COLLINELLA Casa Vacanze Bed & BreakfastVia S.Stefano, 147 - 50050 Montaione (FI)

e-mail: [email protected] www.agriturismolacollinella.it

Tel. 0571 69069 - Fax 0571 69069 - Cell. 329.5859541

Relax nel cuore della Toscana

© w

ww

.cte

diz

ion

i.it

Page 98: Reality 59

Co

RSI

Approvato con determinazioneDirigenziale n.5898 del 24/12/2010

È rivolto a chi non ha nessuna o scarsa conoscenza informatica. Il programma didattico è completo per formare l’utente finale del PC, sia stand-alone sia in rete.Comprende lo studio dei seguenti aspet-ti: cenni sull’HardWare del Personal com-puter; il Sistema Operativo Windows, i principali pacchetti applicativi in ambien-te Windows (MS Office XP); Internet e la posta elettronica; elementi base di com-puter Grafica e di Web-Multimedia.Alla fine del corso, previo superamento dell’esame finale, è possibile ottenere la qualifica regionale di ADDETTO INFOR-MATICO.

TEXT Carla Sabatini - Francesca Ciampalini

CoRSI DI FoRMAZIoNEper chi è in cerca di

impiego

Per iscrizioni e informazioni:

Fo.RI.UM.Via del Bosco 264/f - S. Croce sull’Arno (PI) - Tel 0571/360069 - [email protected]

Referente: Francesca CiampaliniNKey srl Soluzioni Informatiche

Via Pacinotti, 2 - S. Croce sull’Arno (PI) - Tel. 0571/367749 - e-mail [email protected]: Carla Sabatini

COME OTTENERELE QUALIFICHE PROFESSIONALI

L’Agenzia Fo.ri.um. s.c. in collaborazio-ne con la NKey Soluzioni Informatiche eroga da diversi anni corsi di formazio-

ne per il rilascio di qualifiche professionali

di base e altamente qualificate nel settore ICT rivolti a privati in cerca di impiego per fornire competenze specifiche secondo le normative vigenti ai sensi del Regolamento di Esecuzione ex art. 32 della LR 32/02, DP GR Toscana 8/8/03 e “Procedure operative” approvate con DGR n. 569/06.

I corsi riconosciuti sono quasi tutti a paga-mento con costi a carico degli iscritti defi-niti direttamente dagli enti che gestiscono le attività. A tal proposito è però possibile ottenere dei finanziamenti destinati alla for-mazione individuale (vouchers) per coloro che abbiano preventivamente concordato un percorso formativo con gli orientatori dei Centri Impiego. I corsi e gli esami si terranno presso il Test Center NKey accreditato da AICA, l’Associazione Italiana per l’Informa-tica ed il Calcolo Automatico. Inoltre si co-munica che per i lavoratori sono attivi anche quest’anno i percorsi di inglese e informati-ca intensivi in orario serale o pausa pranzo frequentabili a pagamento o gratuitamente con attivazione vouchers della Provincia se-condo requisiti di priorità.

Al via il corsoper addetto informatico e web design

Corso di ADDETTO INFORMATICOCON COMPETENZE IN ECDL E WEB DESIGN

Fror

mazio

ne

100

Page 99: Reality 59

101

Inter

viste

TEXT&PHOTO Andreas Quirici

Trentadue anni non sono una vita in senso letterale, ma rappresentano una bella fetta di vissuto. A 30 anni si è uo-

mini e Alessandro Francioni ha passato più o meno lo stesso tempo all’interno dell’As-sociazione Conciatori. Dal 1979 nel consiglio d’amministrazione e dal 1996 presidente per quattro mandati e vice presidente per tre anni. Se non è una vita poco ci manca e adesso che si avvicina il suo addio alla carica più importante dell’ente che rappresenta le aziende conciarie di Santa Croce sull’Arno, Castelfranco di Sotto e Ponte a Cappiano, per lui è tempo di bilanci, ma è comun-que il momento di guardare ancora avanti. Così come ha sempre fatto.Dodici anni di presidenza e tre di vice presi-denza sono un tempo molto lungo. Come ha visto cambiare l’Associazione Conciatori?“E’ stata un’evoluzione continua, ma sem-pre in base alle priorità. Il cambiamento più significativo, ma anche il più impegna-tivo è stato quello riguardante il rapporto tra l’AssoConciatori e le società collegate del sistema conciario. L’obiettivo di questo passaggio-chiave è stato quello di instaura-re una comunione d’intenti totale, in modo da realizzare completamente quella visione distrettuale d’insieme che è stata la nostra forza negli ultimi 15 anni. E se siamo riusci-ti a costruire qualcosa di buono è proprio questa unicità di azioni e di prospettive data all’intero settore”.Un aspetto di rilievo è stato anche il rap-porto con le istituzioni e con il mondo del credito... “Si, ma quello è venuto successivamente. Prima avevamo la necessità di saldare tutte le componenti del mondo conciario. A quel punto siamo stati in grado di far valere il peso delle nostre aziende nel contesto isti-tuzionale che abbiamo curato a tutti i livelli. Dall’ambito locale a quello nazionale, ma anche internazionale. Le numerose visite di delegazioni straniere, prime fra tutti quelle che accompagnarono il primo ministro cine-se e poi il presidente della stessa Repubbli-ca Popolare ne sono una dimostrazione. Il nostro fiore all’occhiello è stato il disinquina-mento che ha rappresentato una bella sfida, ma che ha permesso anche di dare un futuro al settore. Produrre con un’attività pesante

come quella conciaria in un territorio bello, ma ristretto come la Toscana e in particolare il Comprensorio del cuoio non era facile. Ma ci siamo riusciti. Il mondo del credito, poi, è stato un referente fondamentale per tutto il Comprensorio, anche se non è stato affat-to semplice relazionarsi con le banche in un contesto difficile come quello del biennio 2008-2009”.E’ stato il momento più difficile della sua gestione?“Sicuramente. La crisi rischiava di dimezzare il comparto di pelle e cuoio in Toscana, così come la maggior parte dei settori produttivi italiani. Il mondo del credito è stato fonda-mentale, ma siamo scesi in campo come As-sociazione nel tentativo di dare credibilità ad aziende che avevano sempre lavorato con onestà e redditività. Volevamo andare avanti senza perdere aziende, anche perché que-sto avrebbe creato notevoli problemi per la gestione ambientale. La sfida più grande, però, è stato credere nella ripresa e far cre-dere agli imprenditori che il settore aveva un futuro. In questo caso non abbiamo dovuto fare grandi sforzi, perché è stata proprio la forza di volontà dei miei colleghi che ha per-messo al settore di andare avanti”. Qual è il ricordo più significativo della sua esperienza all’Associazione Conciatori?“Non ce n’è uno in particolare, ma mi pas-sano davanti tutti gli apprezzamenti che il distretto ha ricevuto dal mondo istituzionale o gli attestati di stima di chi ci veniva a visi-tare. Dagli imprenditori non ti aspetti elogi e quando non arrivano critiche hai già fatto un buon lavoro. Credo che abbiano apprezza-to il fatto di aver lavorato con trasparenza e sempre nell’interesse del settore e del-le aziende. E’ chiaro che qualche frizione con qualcuno c’è stata, ma quando ci si dà da fare per temi forti come quelli che

riguardano il nostro comparto è inevitabi-le discutere”.Sta per finire il suo mandato. Cosa le viene in mente ripensando al recente passato?“Voglio ringraziare tutte le persone con cui ho lavorato. Dai direttori e i presiden-ti delle società collegate, ai membri del nostro consiglio d’amministrazione alla macchina operativa dell’Associazione conciatori senza la quale non funzionereb-be nulla. L’unità è stata la chiave di volta di questi ultimi 15 anni e se si è vincenti lo si è tutti insieme, senza distinzioni”. Cosa farà quando non sarà più presidente?“Il pensionato, ma sarò comunque a di-sposizione del settore e del nuovo presi-dente se vorrà un aiuto. Del resto questa è stata un’esperienza di vita eccezionale per me e, pur non essendo più presiden-te, non potrei mai distaccarmi del tutto dal mondo conciario”.E come vede il futuro della conceria?“Lo vedo florido, a patto che le aziende abbiano quel famoso ricambio generazio-nale su cui puntare per gli anni prossimi. Chi non ha collaboratori giovani pronti a calarsi in questa realtà e ad affrontare le sfide del mercato con coraggio è destina-to a scomparire. E’ inevitabile”.Il futuro è dei giovani anche in Associa-zione conciatori?“Direi di si, anche se l’esperienza del vis-suto è fondamentale nel portare avanti rapporti con le istituzioni e nell’affronta-re le tematiche che le concerie trattano ogni giorno e che passano fatalmente dall’Assoconciatori. E’ per questo che i giovani in Associazione sono e saranno fondamentali, ma con i cosiddetti vecchi al loro fianco per un mix di esperienza e freschezza che risulteranno determinanti nel futuro del settore conciario”.

Associazione Conciatori

AF

lessandrorancioni

Page 100: Reality 59

Inter

victe

102

dolfoMA atteucci

Nessun altro è da sei generazioni in conceria. Accade alla famiglia Matteucci, che aveva il mulino a

Molino d’Egola tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Ha iniziato Luigi, dopo di lui Valente, quindi Adolfo, dopo-diché il dottor Emilio Matteucci, l’attuale titolare Adolfo, che ha ora in azienda an-che il figlio Emilio. L’azienda è Legnotan Spa, che ha già festeggiato mezzo secolo d’attività. L’opificio è in via Pannocchia a Ponte a Egola, mentre in via Diaz è rima-sto il centro amministrativo di “commercio pelli e legname”. Nella stanza dei bottoni ci riceve il dott. Adolfo Matteucci.Perché Legnotan, mentre la maggior parte delle concerie ha nome di animali o cogno-me dei titolari?“Legnotan nasce nel 1948 quando mio padre Emilio, insieme ad altri soci, mise su un’azienda nella zona di Massa Carrara, vici-no alle Alpi Apuane con le piante di casta-gni. Il castagno viene cippato, ossia rotto in scaglie, poi bollito come si fa il tè, e quel che viene fuori è l’estratto tannico. Dunque dal legno si faceva il tannino, in quegli anni Cinquanta. Poi la nostra azienda conciaria è evoluta in pelli pregiate di rettili (diventata la specialità della casa). Abbiamo il piacere di cercare sempre l’innovazione”. Restando fedeli alla concia al vegetale?“Mio nonno Adolfo, si chiamava come me, lavorava i satinati. Oggi sono tornati di moda. E’ storia che la conciatura a cromo nasce nel dopoguerra, prima si conciava solo a vegetale. E però la gente aveva bi-sogno delle scarpe nere. Almeno un paio ci volevano. E per fare la scarpa nera, cioè la tomaia, si prendeva il nero d’inferno e con una spazzola si dava sopra la pelle. E quindi avvenivano rigature e striature, chia-mate satinati, al tempo della Prima guerra mondiale 1915-18”.Da un lato non s’inventa nulla, magari si re-cupera e s’aggiorna?“Si cerca sia l’innovazione sia soddisfare quelle che sono le esigenze di mercato. Bi-sogna sempre dare al cliente quel che chie-de. A volte invece siamo noi che, intuendo quel che il momento potrà chiedere, propo-niamo un articolo commerciale, tecnico”.

Ci parli della sua laurea. Il sociologo è un esperto dei fattori e degli elementi sociali, e delle relazioni umane. Che cosa ci fa in un mondo (cosiddetto) di pellai?“Avevo iniziato i miei studi in legge, e per un paio d’anni ho fatto metà università. Ma poi ha prevalso la passione per la filosofia. E in modo specifico per i filosofi più importanti tra quelli recenti: Immanuel Kant, il filosofo della conoscenza, e Georg Wilhelm Frie-drich Hegel. Cominciai a tenere alcuni loro volumi sul comodino, ce li ho ancòra”.Faccia un esempio. “Kant, con la “sintesi a priori” dice che quando l’uomo nasce è una tabula rasa, e quindi il mondo che lo circonda vene a contatto con lui e l’uomo conosce il mon-do. Ma esiste anche una predisposizione dell’uomo ad assorbire questa conoscen-za. Kant è stato il primo ad avere l’idea che dunque l’uomo è assimilabile al computer, perché i computer hanno un programma che è disponibile a ricevere nozioni e noti-zie, che infatti vengono annesse”. Come si applica la sociologia all’industria conciaria? “Mi diletto con la filosofia. E come tutti gli studi che facciamo, poi li usiamo nella vita quotidiana: la conoscenza, la competenza, anche l’esperienza”. Negli anni Sessanta, quando ci fu il boom della concia al cromo che dà alle pelli riempimento e pastosità, sembrava che il vegetale non avesse più futuro. “Il cromo, poiché è un minerale, fa la pelle anche più resistente. La conciatura avviene così: prima si fa l’ammollatura, poi la calcina, e la purga. A questo punto nasce il bivio: o la concia al vegetale, o quella al cromo. La pelle al vegetale ha la resistenza che può avere il legno. Ma ha caratteristiche più naturali”.Mai dire mai?“In questo momento c’è una ripresa nella ri-chiesta di cuoio da suola. Dato che c’è stato un grosso aumento nei prezzi del petrolio, e le suole di poliuretano nascono appunto da un succedaneo del petrolio, ecco che quelle suole sono raddoppiate di prezzo. E siccome contemporaneamente il cuoio era abbassa-

to molto di prezzo, ecco che è tornato com-petitivo e un certo mercato si sta facendo”. Insomma, la concia fa un prodotto che sa stare sul mercato. Non ha perso definitiva-mente la guerra il vegetale con il cromo, e nemmeno il cuoio con il poliuretano.“Però i volumi che si facevano in passato, oggi non si fanno, non si faranno più. Avevo 70 operai, ora ne ho 10. E mi contento così. Non li ho mandati via, ma progressivamen-te ho ridimensionato la produzione. Questo declino esiste”. Magari, con la moderna tecnologia fa la stessa produzione che in passato? “No. C’è minore richiesta, si lavora un po’ meno, e ritengo che anche il sapersi conten-tare sia una capacità”.L’industria conciaria che in questa zona ha fatto la ricchezza un po’ di tutti, che futuro avrà?“Si lavora un po’ nello sporco, c’è il contatto con il pellame. Oggi la gioventù concepisce il lavoro con una sedia, un tavolo e un com-puter. Il 90% vuole quello e basta, mentre io ritengo che il lavoro sia passione. Però che certi figli non abbiano passione per il lavoro dei padri, è normale. E inoltre dai figli dob-biamo prendere quello che danno, non si può dire da loro voglio; almeno per quanto mi riguarda. Poi bisogna avere anche il co-raggio di dare un po’ di fiducia, di credito e di libertà ai figli. A volte un genitore, più anziano, s’immagina che il figlio non riesca ad arrivare e si sforza di aiutarlo: ma bisogna stare attenti a non esagerare in quest’inva-sione di campo”. Il sentimento fa cambiare la logica?“Un po’ bisogna lasciarsi guidare dall’istinto paterno, dalla fiducia. E’ un rapporto diffici-le gestire la famiglia, i figli, tuttavia bisogna impegnarsi: ma con la coscienza più pulita possibile. Così anche negli affari: è giusto trarre l’utile, in quanto uno si alza la mat-tina per lavorare. Però guardarsi serena-mente allo specchio e guardare le persone negli occhi è importante. Io sono convinto, come dicevano Socrate e Aristotele, che fondamentale nei rapporti interpersonali sia la coscienza”.

il sociologo

TEXT&PHOTO Luciano Gianfreschi

Page 101: Reality 59

CR

MNei giorni scorsi ho tenuto presso

un’azienda un corso sull’utilizzo della nostra soluzione di Customer

Relationship Management (Workland CRM) e nell’occasione abbiamo affrontato, con la direzione ed i Venditori, varie tematiche, tra queste anche quella dell’aggiornamento della scheda cliente da parte dei Venditori.

Chi segue la nostra rubrica sa che ogni tanto mi piace riportare degli esempi di vita vissu-ta proprio perché sono aneddoti che spesso viviamo un po’ tutti all’interno delle nostre aziende. Tornando all’esperienza suddetta, durante il corso uno degli aspetti più osti-ci è stato proprio quello di far capire l’im-portanza di introdurre le informazioni che reperivano i Venditori, tramite le loro visite ai clienti, nel sistema informativo aziendale. Inizialmente la discussione si è fatta partico-larmente accesa in quanto da una parte si schierava la Direzione con le sue esigenze e dall’altra i Venditori con le proprie. Tutte le esigenze erano condivisibili ma difficilmente

conciliabili. A poco a poco ho poi comincia-to ad intravedere il reale motivo della discus-sione. I Venditori si sentivano come control-lati e obbligati a seguire degli schemi che temevano gli facessero perdere di vista la loro missione primaria: vendere. D’altronde la direzione reclamava la titolarità del cliente e la necessità di avere il maggior numero di informazioni su cui poi modellare delle stra-tegie. In effetti mi trovavo di fronte ad una situazione che viene descritta molto bene dal titolo di questo articolo, ripreso da una celebre frase del fondatore di quella che è stata definita la “rivoluzione keynesiana”. Per superare questo scoglio ho preso come spunto un capitolo di un libro di Heinz M. Goldmann che avevo letto di recente in cui l’autore spiega come esercitarsi alla confu-tazione delle obiezioni utilizzando il metodo del foglio di carta diviso in due. Da un lato le obiezioni che i clienti ci possono fare e dall’altro le risposte che possiamo dare. In effetti l’arma più efficace per un venditore è l’essere preparato ad ogni obiezione che il cliente può muovere all’articolo che si sta vendendo. Partendo da questo presuppo-sto ho spiegato ai Venditori dell’azienda come fosse possibile, in una sezione della scheda del cliente, inserire le obiezioni che lo stesso aveva mosso al venditore, in ma-niera semplice ed intuitiva, assegnandoli anche una Categoria (solitamente tutte le obiezioni dei clienti possono essere rag-gruppate in un massimo di dieci categorie). Queste informazioni potevano successiva-mente essere aggregate e mostrate grafi-camente in modo da portare all’evidenza

le principali cause delle mancate vendite e quindi offri-re l’opportunità alla direzione di modifica-re le proprie strategie, fornendo ai Venditori degli strumenti ( servizi aggiuntivi da abbinare agli articoli, modalità di pagamento particolari, consegne più rapide…) per avvicinarsi il più possibile a quello che il cliente desidera. In

sostanza quello che si sareb-

be attivato inserendo queste informazioni era un ciclo virtuoso dal quale ne uscivano vincitori sia la Direzione sia i Venditori. In ef-fetti sembra l’uovo di Colombo ma la cosa ha funzionato davvero: i Venditori hanno visto nella “perdita di tempo” di introdur-re informazioni nel sistema gestionale la possibilità di influire in maniera più incisiva sulle scelte aziendali e la Direzione ha avuto la possibilità di analizzare e tenere di con-to delle informazioni, che quotidianamente hanno a disposizione solo i Venditori, in una forma facilmente fruibile ed aggregabile. Ancora una volta ho potuto constatare che la sinergia tra i reparti aziendali è la chiave del successo, ed i preconcetti l’ostacolo da sormontare. L’azienda è come un enorme ingranaggio, se un reparto, o una singola persona si blocca o non svolge volentieri il proprio compito, tutto l’ingranaggio tende a rallentare o peggio a bloccarsi. I Vendi-tori in particolare sono il collante che lega i clienti all’azienda e non possono essere ob-bligati perché la loro capacità di vendita è data dall’articolo che vendono ma anche dal loro sentimento di successo, dall’iniziativa e dall’entusiasmo che ci mettono nell’azione di vendere. E’ per questo che è importan-te che la Direzione, ed in particolar modo il Direttore Commerciale, gestisca in maniera appropriata il proprio personale addetto alle vendite, anche offrendo delle opportunità di vendita semplici in quei momenti di scora-mento che ogni venditore può attraversare di tanto in tanto. Ad ogni modo, alla base di ogni buona organizzazione aziendale deve esserci un team di persone che credono in quello che fanno ed inoltre, visto che siamo nel ventunesimo secolo, deve esserci sem-pre un buon sistema informativo aziendale, meglio se un CRM (Customer Relationship Management) .

WORKLAND CRMTel. 0571.366980-367749 Fax 0571.367755

www.worklandcrm.it

103

TEXT Sergio Matteoni

“La difficoltànon sta nel crederealle nuove idee,ma nel fuggire dalle vecchie“

(J.M. Keynes padre della macroeconomiae considerato uno dei più grandieconomisti del XX secolo)

Lavo

ro

CRMPROVARE

credereper

CustomerRelationshipManagement

Page 102: Reality 59
Page 103: Reality 59

SensiLa libertà è la misura della maturità di un uomo e di una nazione

di Margot

Giovanni Paolo II (Karol Wojtyla) (1920-2005)

Page 104: Reality 59

Pia

ceri

di p

alat

o

Ristorante Bracalidove le stelle brillano davvero!

TexT&phoTo Claudio Mollo

Page 105: Reality 59

Uscita Gavorrano, della superstrada Livorno-Grosseto e poi ci si incammi-na verso Massa Marittima, tranquilla

cittadina, forse un po’ troppo, che si trova a circa quindici chilometri verso l’interno, proprio in piena campagna maremmana.A Massa Marittima da qualche mese a questa parte brilla una stella Michelin in più, quella che è andata ad accoppiarsi alla prima che il ristorante Bracali possedeva già da molti anni.Un nuovo ristorante 2 stelle Michelin in Toscana, che va ad affiancarsi ad altri bla-sonati colleghi e che, nella provincia di Grosseto, si aggiunge al ristorante “Caino” di Montemerano e al “Pellicano” situato a Porto Ercole, facendo balzare questa bellissima parte d’Italia agli onori della cronaca per quanto riguarda la ristorazione di prestigio.E quando si parla di ristorazione di un certo livello, purtroppo, si parla di locali che richiedono un certo impegno economico per chi li va a trovare, aspetto d’altra parte più che giusto quando si tratta di ristoranti come Bracali.Locali nei quali l’arte dell’accoglienza si concretizza a livelli molto alti e la cucina si esprime in raffinate preparazioni frutto di studi e prove fatte tra i fornelli, a dir poco maniacali.Ho sempre detto, a molte persone e in molti convegni o seminari, che per apprez-zare certi livelli culinari si deve andare preparati, come anche nell’enologia ad esempio, dove per bere e capire un gran-de vino bisogna aver “studiato” altrimenti è come parlare arabo.Comprendere il valore aggiunto di una pietanza è un aspetto complicato che prescinde dal costo finale, a meno che questo non sia “spropositato” e comple-tamente ingiustificato.Cosa che non succede dal momento in cui varchi la soglia di Bracali. Se si ha voglia di fare un’esperienza “unica”, quello è il posto giusto.Coccolati e seguiti da Luca, il maggiore dei due fratelli Bracali che gestiscono il locale, che insieme al resto dello staff di sala sup-porta il piacere dei piatti che arrivano ad allietare il palato.

Eleganza e raffinatezza, ma allo stesso tempo sobrietà dell’ambiente, ti ben dispongono ad un pranzo o cena che si annunciano notevoli. Nel frattempo un flute di bollicine, a scelta tra italiane o fran-cesi, mette a segno il primo colpo giusto.E da qui in poi è la cucina che inizia a presentarsi, in un susseguirsi di portate nelle quali si capisce la persona che c’è dietro ai fornelli: bellissimi accoppiamenti tra alimenti, armonia nei piatti e fusioni di sapori a dir poco eccellenti. Nessuna stonatura, nessun sormontarsi di gusti e ingredienti, ma sensazioni nitide e ben definite della grande materia prima uti-lizzata. Sì, la migliore; e si sente anche, senza per questo dover essere esperti. Una grande kermesse alimentare che ti viene proposta in modo impeccabi-le, preparata nella cucina a vista, dove Francesco Bracali si muove veloce tra una cottura e l’altra e compone i suoi piatti misurando anche i granelli di sale da aggiungere per dare il tocco finale al sapore ed alle guarnizioni.Quella di decidere dove andare a man-giare è una scelta ben precisa che va fatta con il senno di poi. La pizza è buona, piace a tutti e “non costa poco”, una bella trattoria ti ricorda i profumi delle cotture della nonna o della mamma, con odori decisi e gusti forti, che si propon-gono con prezzi equilibrati. Dopodiché si passa al ristorante, nome sotto il quale si celano una serie di possibilità che vanno dagli svarioni più eclatanti a corrette pro-poste alimentari e piacevoli modi di acco-gliere il cliente. Qui il costo inizia a salire e varia dal “pericoloso”, per quei posti nei quali promettono di farti mangiare “bene” spendendo poco e da li a salire di livello, fino ad arrivare a locali come Bracali, che almeno “una volta nella vita”, famosa battuta fatta da tanti ma mai messa in atto, bisognerebbe provare. Insomma, se volete provare un espe-rienza unica, andate qualche volta in meno in pizzeria o in trattoria e maga-ri, una volta l’anno fate rotta verso Massa Marittima, da Bracali, per vedere e capi-re quanto possono brillare le stelle... Michelin, naturalmente!

RISTORANTE BRACALI Via Di Perolla, 4 58024 Ghirlanda - Grosseto - Tel. 0566 902318

Page 106: Reality 59

1 2 3

Viag

gio

108

informazioni sulle attrattive cittadine anche senza chiederglielo. Superato la stadio inizia-le di una umana diffidenza, intuisci che quello è il loro modo di fare, non chiedono soldi e senza secondi fini ti fanno da “Cicerone” un po’ per farsi belli, un po’ per vena di cortesia; come quel tale che mi dice “ Lei si trova pro-prio nel salotto buono della mia Bordeaux! “, sciorinandomi poi tutto il suo sapere su Place De La Bourse laddove dove ci trovavamo. Mi giro con lo sguardo tutt’ intorno ed effettiva-mente la spazio è splendido, una vera vetrina di architettura in uno stile che ricorda Versail-les, realizzata da Ange Jacques Gabriel, ar-chitetto del Re Sole, con al centro la fontana “LeTre Grazie” dello scultore Visconti: grazie all’acqua rimasta sul suolo, dinanzi a lei, regala giochi di luce ed un effetto -specchio sublime che non si può non fotografare. La magnifica spinata si affaccia sulla Garonna, creando un ambiente curato, arioso, monumentale, dal sapore tipicamente parigino; qui Il grande fiume è scavalcato dallo splendido Pont de Pierre a 17 arcate, realizzato da Deschamps del 1810 per volere dell’imperatore Napo-leone Bonaparte, da cui si possono godere magnifiche vedute dell’agglomerato, soprat-tutto , al tramonto. Ah, tale curatissimo cen-tro storico si raggiunge passando attraverso la Porte Cailhau, autentico gioiello d’arte, vo-luta dal Re Carlo VIII per celebrare la sua vit-toria nella battaglia di Fornovo del 1495: da qui, il tragitto a piedi porta dritti sino alla Cat-

All’arrivo al Merignac, l’aeroporto di Bordeaux, ci si aspetterebbe di tro-vare una città godereccia se non altro

per il suo celebre vino, al contrario il centro urbano offre un ambiente assolutamente ri-lassato, tipico della provincia francese, dove il caffè viene rigorosamente servito al tavolo mai in piedi. Le enoteche e le taverne cit-tadine sono altrettanto prolifiche, per cui i cultori di Bacco hanno comunque modo di apprezzare quel nettare dell’ Aquitania che produce fortuna economica a questa terra fin dal 1840, quando con la sua esportazione in Inghilterra la città potenzia enormemen-te il proprio porto, assumendo un ruolo di prim’ordine anche grazie ai commerci con le colonie e il resto d’Europa. Ma godiamo-ci di quell’atmosfera che solo i nostri cugini d’oltralpe sanno creare, ad iniziare da Pla-ce de La Comédie brulicante di gente che chiacchiera, ride, scherza nei bistrots tutti all’aperto durante la bella stagione. La piaz-za, dominata dal settecentesco Grand Théa-tre preceduto dal colossale porticato a 12 colonne, è perfetta per una ottima colazio-ne; comodamente seduto il turista apprezza certamente gli aromi delle cioccolate calde che si mescolano alle fragranze dei croissan-ds o i brusii celtici di chi passeggia nell’ iso-la pedonale che qui dicono essere, con un pizzico di “grandeur” tutto francese, la più grande d’ Europa. Vogliamo credergli?Colà c’è sempre qualcuno pronto a darti

TEXT&PHOTO Carlo Ciappina

per ordeaux

tedrale di Sant’ Andrea, reso gradevole dalla totale assenza di auto nell’area “pietonne”. Il pregevole edificio di culto, con l’altissima guglia sormontata da una madonna dorata che ricorda quella del Duomo di Milano, è in rigoroso stile gotico, come gotica è pure la Basilica di Saint Michel con a fianco l’arditis-sima torre “Fleche” alta ben 114 metri. Più austera è la romanica Chiesa di Saint Croix, armonica nella sua semplicità, mentre il fasto barocco regna nel tempio di Notre Dame. L’elegante Palazzo Rohan, ubicato nel mede-simo quartiere descritto e costruito per l’arci-vescovo Ferdinand Maximilien Mériadec de Rohan nel 1771, rappresenta una vera reggia per dimensioni, lusso, armoniosità dell’in-sieme: assolutamente da non perdere.! Nel capo opposto del centro antico ci si imbatte davanti ai resti delle mura medievali con la celebre altra Porta, denominata la “Grosse Cloche” per la presenza di un’enorme cam-pana del peso di ben Kg. 780, che suonava solamente per gli eventi pubblici di estrema importanza.Cosa dire ancora? L’ Unesco ha inserito Bordeaux nella lista del Patrimonio Mondiale dell’ Umanità, possiede una rete tramviaria di 3 linee all’avanguardia per l’as-senza di fili aerei nelle zone turistiche ma la cosa importante, affinché si possa assapora-re tutto ciò che non ho potuto esternare per esigenze di spazio, è una verifica fatta con i propri occhi e gambe, buon viaggio quindi in Aquitania!

BA passeggio

Page 107: Reality 59

109

9 10

87

5

4

6

109

1. Basilica di Saint Michèl2. Basilica di Saint Croix3. Cattedrale di Saint André4. Palais Rohan5. Piazzetta di Bordeaux6. Porte Grosse Cloche7. Pont de Pierre sulla Garonna, sullo sfondo la Basilica di Saint Michèl8. Grand Théatre9. Place de la Bourse con Fontane delle tre Grazie di Visconti10. Porte Cailhau

Page 108: Reality 59

Pen

nella

te di

Tos

cana

nel

firm

amen

to d

i prim

aver

ad

i Fed

eric

a Fa

rini

Ari

ete

gem

ellit

or

o

Quando l’estate sboccia in giugno, la freschezza del segno dei Gemelli irrompe allegra, leggera come l’aria che lo

rappresenta. Gemelli, eterno adolescente pieno di sogni e sorrisi, che vuole crescere in fretta anche se non sa bene che cammino intraprenderà. Età della spensieratezza, della mente curiosa, regalo di Mercurio, irrequieto pianeta che lo governa. Frizzante come bollicine a festa, le quali inebriano senza bloccare l’energia guizzante che gli è propria. La Toscana gli dedica l’Isola del Giglio, perla del mare Maremmano, costa bagnata da acque limpide alternate da scogliere granitiche e calette cristalline. Giglio, isola originale, effervescente e variegata, proprio come le sfaccettatture del Gemelli: baie incantevoli per amanti delle immersioni e della pesca, territorio selvaggio e boschivo per lunghe passeggiate, meta per famiglie ma anche per giovani alla ricerca di equilibrio tra natura, vita notturna e cultura. Antichità e modernità immerse in particolari suggestioni, come quella regalata da Cala dell’Allume, dalla caratteristica forma a cuore, tra lo Scoglio Nero e la rupe della Penna, con le sue pietre striate giallo-ruggine, per la presenza di materiali ferrosi come la pirite.

Il segno zodiacale dell’Ariete, primo dei segni di Fuoco, si regala al mondo attraverso l’impeto che lo contraddistingue. Come

illustra Lisa Morpurgo, maestra dell’astrologia contemporanea, con l’Ariete inizia la festosa sagra primaverile che spinge il creato all’istinto di riproduzione. Il Sole si risveglia dopo il letargo invernale, incalzante nel virile Ariete, guida del gregge, testardo, istintivo e battagliero. A questo segno Tolomeo e Dante abbinavano il capoluogo toscano, Firenze, imbevuta da sempre della simbologia di Marte, pianeta governatore dell’Ariete, conquistatore del mondo circostante. Il crocevia ferroviario della città prende il nome di Campo di Marte e la sua impronta è evidente anche nel “calcio fiorentino”, gioco dalle tinte violente da cui deriva il moderno sport calcistico. Un’antica leggenda narra che all’epoca pagana i fiorentini dedicarono una statua al dio in qualità di protettore. Quando la città divenne cristiana e Marte fu sostituito da San Giovanni Battista, la statua venne spostata in riva all’Arno, provocando le sue ire, per cui Marte si rivalse su Firenze scatenando guerre che a lungo tormentarono la città.

Nel mese di maggio la primavera culmina nel segno zodiacale del Toro, governato da Venere, simbolo della donna che fiorisce

rigogliosa nella gravidanza, festa dei cinque sensi. Il nutrimento di cibi sostanziosi è necessario per accogliere la nuova vita, ecco perché il Toro incarna l’emblema della buona tavola, tripudio godereccio, concretezza radicata alla terra, suo elemento naturale. Amante della natura, con la quale vive in totale sintonia, nelle passeggiate e nella tranquillità di borghi immersi nel verde, come ad esempio il borgo di Montalcino, fortezza trecentesca arroccata su un colle che domina le dolci colline circostanti. Nel labirinto di botteghe artigiane e prodotti tipici si sprigiona l’essenza del segno zodiacale del Toro. Pensiamo al vino che Montalcino gli dona: il Brunello, corposo e caldo, perfetto con piatti strutturati, quali carni rosse e selvaggina. Il buongustaio Toro si fa strada tra le tipiche e ruspanti trattorie casalinghe, nei sapori tradizionali come il “tegamaccio con l’anatra arrosto”, profumata con aglio, peperoncino e rosmarino, in sugo al pomodoro, vino rosso e trito di pesci di lago.

110

Page 109: Reality 59

tra Suocera Nuora

a cura del Maestro di Cerimonie Alberto Presutti

vinca

www.albertopresutti.it

Bileon ton!

IBon Ton è la grazia del saper vivere, a partire dai rapporti che si sviluppano nell’alveo familiare, a principiare dalle

relazioni a volte difficili, che vengono in essere tra nuora e suocera a fronte dei rapporti tra genero e suocero, che, invece, scorrono più facili..Il vocabolario italiano contiene una parola che ha assunto un significato sgradevole, tanto da apparire quasi una offesa: è la parola suocera. La suocera ha una sua certa età, non più gio-vane, e una sua esperienza di vita, è stata a sua volta nuora, per cui è naturale che possa avere una sua visione delle “cose della vita” che non collima con quella della giovane o più giovane, nuora che deve astenersi dal relazionarsi in controtendenza ai valori della suocera, già solo per amore del marito.Per il Bon Ton è indiscutibile che la nuora debba essere padrona di vivere accanto a suo marito come ritiene più giusto ma è altrettanto vero che allora dovrà farlo basan-dosi solo sulle proprie forze. Fare la nuora può non essere facile se vi è invasione di campo da parte della suocera, atteggiamenti, poi, fraintesi dalla nuora per suscettibilità o arroganza.Una buona suocera darà e pretenderà rispet-to, in nome della educazione, ma eviterà di metter il dito nelle situazioni di coppia, che, in generale, non le competono.La brava nuora, avrà piacere di ascoltare e di accontentare la mamma del proprio sposo, entro i limiti del rispetto e del buon senso, mai creando gratuiti screzi.Fare il genero, rapportandosi al suocero, forse anche per la solidarietà tra uomini, risulta più lieve e meno oneroso, anche psi-cologicamente.Ciò non toglie, che il genero debba portare riguardo e attenzione, ai suoceri, mai man-candogli di rispetto, e soprattutto rivolgen-dosi sempre con il “Lei”, finchè non saranno loro a consentire il “Tu”.Infatti è da evitare la troppo confidenza, che tende a divenire, col tempo, permissivismo. Se ben inquadrati, i summenzionati rapporti, possono solo giovare all’armonia familiare e alla sana crescita dei nipoti.

Page 110: Reality 59

Maratonina di Carnevale 2011

Giunta alla sua XVII edizione, ha portato a Santa Croce sull’Arno mol-ti podisti circa 2500 iscritti la giornata e stata buona ed ha permesso un’ottima riuscita della stessa. La maratonina fa parte dei tre calendari: Pisa, Lucca e tre province. Naturalmente vista la data è la prima d’inizio anno, il che rende ancora più sportivi i suoi partecipanti, non ti lascia vittima dei bagordi di fine anno! Ogni spensierato ha un compito ed è assegnato in un luogo; il tutto sotto un ottima e attenta regia, ottima la coreografia che dà uno sprint alla corsa, la quale raggiunge il suo apice al traguardo; dove oltre al consistente ristoro si fa stretching, ballando e cantando in gruppo. A fine gara ai partecipanti è stata regalata una borsa con prodotti alimentari, questo anno è stata gentilmente offerta dall’industria pasticcera Biancoforno. A tutte le societa’ sportive oltre al regalo, in base al numero di partecipanti per ogni società, vengono omaggiate agende della polisportiva “Gli Spensierati” la quale giunta alla sua VI edizione riscuote curiosita’ e successo da parte di tutti. Non resta dire che, la polisportiva vi aspetta non solo alla maratonina, ma an-che come nuovi tesserati per poter correre o semplicemente camminare insieme tutto l’anno. A presto!

Page 111: Reality 59

Carnevale d’Autore 2011

La conclusione della manifestazione, ha decretato i suoi vincitori, certamente le nuove idee del Comitato, presidenziato da Mauro Dell’Unto, hanno dato un buon esito, le iniziative sono riuscite a coinvolgere l’intero centro, le maschere con il loro seguito gli hanno dato colore e vivacità; nonostante il maltempo la partecipazione del pubblico é stata numerosa, è ritornata la voglia di stare insieme, di vivere il paese prima e dopo le sfilate. Le targhe assegnate sono:

Targa Carnevale di domani assegnata al gruppo “IL NUOVO ASTRO”

Targa Maschera ecologica assegnata al gruppo “LA LUPA”

Targa Maschera Carnevale d’Autore assegnata al gruppo ”GLI SPENSIERATI”

Targa Pelleidea assegnata al gruppo”IL NUOVO ASTRO”(targa realizzata da Mariachiara Marcori)

Targa Maschera buffa assegnata al gruppo “LA NUOVA LUNA”

Il gruppo vincente del carnevale d’autore 2011 é stato il gruppo ”GLI SPENSIERATI”.

Popolo carnevalaio vi aspettiamo con nuove coloratissime e fanta-siose novità, alle sfilate del carnevale 2012.

foto di: Riccardo Lombardi (Fotoelle)

Page 112: Reality 59

Il melogranofrutto del paradiso

La storia di questa pianta affonda nella notte dei tempi. Ma si pensa che provenga dall’Asia e si sia diffusa dapprima nelle regioni del Caucaso, per poi conquistare l’area del Mediterraneo. I semi, splendidi come perle rosse,

accompagnavano i faraoni nelle loro ultime dimore terrene, nel fondo più segreto delle Piramidi. I greci immaginarono che il melograno nascesse dal sangue di Dionisio, e che avesse un ruolo primario nel mito di Persefone e di Era.I romani lo chiamarono “Malum punicum”, mela punica, o cartaginese, perché i primi frutti rossi arrivarono da quella regione, dove aveva sede il nemico di sem-pre, Cartagine. E sempre il frutto del melograno, chiamato melagrana o “balau-sta”, non ha mancato di illuminare l’immaginario degli uomini, con la sua bellezza e il suo sapore, fra il dolce e l’asprigno, così tipico dei suoi semi trasparenti, rivestiti come da uno scrigno, di un bel rosso cupo.In Turchia esiste ancora oggi una tradizione, l ega - ta al matrimonio e alla fertilità: le

spose lanciano a terra una melagrana, e il numero dei

figli che avranno sarà uguale ai semi che si

staccheranno dall’in-terno del frutto.

Per i Cristiani la melagrana è il frut-to della Passione di Cristo. In tante opere che rap-presentano la Madonna con il Bambino, si ha la presenza di que-sto frutto rosso

premonitore, come nella “Madonna

della Melagrana” di Sandro Botticelli (foto

in basso).Per gli Ebrei il numero

dei semi della melagrana è uguale alla somma delle pre-

scrizioni previste nella “Torah”, il sacro libro delle Leggi: 613. E in effetti, ad aver la pazienza di contarli tutti, sono circa 600 i grani luminosi rinchiusi nel guscio lucido e rotondo. Il Corano (Sura 6:141), parla del melograno e dell’olivo come doni di Allah, e invita i fedeli a mangiarne ma senza eccedere. Nella Sura 55: 68, invece, cita la pianta fra quelle che crescono in abbondanza nel Paradiso.In Spagna, nei pressi della Sierra Nevada, in piena Andalusia, fu fondata dagli arabi la città di Granada. Nello stemma della splendida città è presente una mela-grana, e per accedere al più bel palazzo mai costruito dagli uomini, l’Alhambra, si passa da una porta a tre arcate che porta il nome del nostro frutto. Chiudo con una considerazione…Il succo che si estrae dai semi rossi e traslucidi è chiamato “granatina”, e viene consumato soprattutto come sciroppo. Il suo sapore è come quello della vita: un po’ dolce e un po’ amaro.

Fiore

TEXT Paolo Pianigiani PHOTO Alena Fialová

114

Page 113: Reality 59

© Foto Alena Fialová

Page 114: Reality 59

Miti

e Legg

ende

e ireneL

L

S

e Sirene erano nei lontani tempi mitologici, le affascinanti figlie dell’Oceano. Abitava-no presso l’isola di Sardegna e posate sugli scogli o fra le onde, attendevano i naviganti per incantarli. Avevano volti bellissimi di donna e corpo terminante in coda di pesce. Il loro canto era così armonioso che nessuno poteva ascoltarlo senza esserne ammaliato inesorabilmente. I marinai, per udire le loro voci melodiose, dimenticavano di mangiare e si gettavano sulla tolda, lasciandosi con-sumare d’inedia o, attratti dall’irresistibile canto e dai volti delle ammaliatrici, si getta-vano a capofitto nel mare. Giasone e i suoi compagni, dopo essere fuggiti rapidamente dalla Colchide col Vello d’Oro che avevano conquistato, si erano diretti verso la Grecia. Avevano attraversato il Mar Nero, risalen-do il Danubio e attraverso il Po e il Roda-no erano arrivati all’isola di Sardegna ove stavano in agguato le figlie del mare. Esse, appena videro la bella nave costeggiare le rive si avvicinarono e cercarono, con i canti dolcissimi, accompagnati dal suono della lira, di fermarne il rapido viaggio. Ma Or-feo, il musico divino che faceva parte della spedizione, comprese il pericolo che li cir-condava e affinché i marinai non udissero le insidiose canzoni, prese a suonare la sua lira. La melodia di Orfeo era così deliziosa che tutti gli uccelli accorsero intorno alla nave per ascoltarla, i delfini circondarono la carena incantati e perfino le Sirene cessa-rono di modulare le loro canzoni maliarde. Così, nel silenzio religioso degli uomini e degli animali, entro le calme acque del Mar di Sardegna, passò incolume la bella nave. Cantò a lungo, instancabile, modulando dolcissimi accordi, finché la nave non ebbe superato i sinistri paraggi della Sardegna. Le Sirene attesero silenziose e tristi che il canto soave si allontanasse, poi indispettite e umiliate di essere state vinte da Orfeo, si gettarono dalle rocce in mare con i loro stru-menti. Giove, pietoso, le mutò in alte sco-gliere dominanti le acque della Sardegna.

Page 115: Reality 59
Page 116: Reality 59

Centro Toscano Edizioni

CTE