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555 G ITAL CARDIOL | VOL 16 | OTTOBRE 2015 Trattamento percutaneo delle occlusioni coronariche croniche: stato dell’arte e prospettive future Roberto Garbo 1 , Andrea Gagnor 2 , Francesco Colombo 1 1 S.S. Emodinamica, Ospedale San Giovanni Bosco, Torino 2 Divisione di Cardiologia, Ospedale degli Infermi, Rivoli (TO) Coronary chronic total occlusions (CTO) are a frequent finding in patients undergoing coronary angiography. However, a low percentage of patients is still referred for percutaneous coronary intervention. The main rea- sons lie in the skepticism concerning the real benefit and high technical complexity of these interventions. In recent years, thanks to the growing operators’ experience and the introduction of new techniques and ma- terials, the procedural success has increased with relatively low complication rates. There is growing evidence in recent literature that percutaneous recanalization improves symptoms and quality of life, increases ejection fraction and prolongs survival. Appropriate patient selection alone may involve a real clinical benefit in case of percutaneous CTO treatment. The key to procedural success is to use the right method and the knowledge of dedicated techniques and devices: CTO recanalization should be performed by experienced operators, and non-CTO interventionalists should approach these procedures only after specific training. Key words. Chronic total occlusion; Coronary artery disease; Percutaneous coronary intervention. G Ital Cardiol 2015;16(10):555-564 INTRODUZIONE Si definisce occlusione cronica totale (CTO) la presenza di un segmento coronarico occluso con flusso TIMI 0 che perdura da almeno 3 mesi 1 . Tali lesioni vengono riscontrate, a seconda del- le casistiche, nel 18-52% dei pazienti sottoposti a coronaro- grafia 2 . Differenti possono essere le presentazioni cliniche: es- se variano dalla sindrome coronarica acuta, alla cardiopatia ischemica cronica stabile e/o all’ischemia silente. Pertanto l’oc- clusione può rappresentare tanto la lesione determinante la sin- tomatologia quanto un reperto accidentale. Numerosi studi re- trospettivi hanno mostrato un miglioramento dei sintomi e del- la qualità di vita 3 , un incremento della frazione di eiezione 4 e un prolungamento della sopravvivenza 5-7 nei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione percutanea (PCI) efficace. Nonostante l’alta incidenza, per la complessità tecnica, il basso tasso di successo procedurale e il timore di complicanze, ancora relativamente pochi pazienti vengono sottoposti a tentativo di disostruzione coronarica percutanea 8 . D’altra parte negli ultimi anni si è assi- stito a un incremento del successo procedurale (dal 50-70% al- l’attuale 80-90%) senza che questo comportasse un aumento del tasso di complicanze: ciò è stato reso possibile grazie alla crescente esperienza degli operatori e all’introduzione di nuo- vi materiali e tecniche dedicate 9,10 . Singolare è il tasso di PCI sul numero di CTO riscontrate: si va dal 10% al 61% a seconda del centro cui si fa riferimento 2 . Questi dati sono indice del sot- toutilizzo del trattamento percutaneo ma anche della mancan- za di un approccio standardizzato nella selezione dei pazienti. SELEZIONE DEI PAZIENTI La selezione dei pazienti da sottoporre alla PCI di una CTO de- ve essere accurata. Non vanno innanzitutto tralasciate alcune considerazioni cliniche generali quali l’età, le comorbilità asso- ciate e l’aspettativa di vita. I principali fattori sulla base dei quali indirizzare la scelta te- rapeutica sono i sintomi (angina od equivalenti) e la presenza di ischemia o vitalità miocardica. Sintomi Quando il controllo dei sintomi con terapia medica massimale non è efficace, appare ragionevole considerare l’eventualità del- la rivascolarizzazione. Come emerge dai dati della letteratura, nei pazienti sottoposti a ricanalizzazione con successo, vi è un effetto positivo non solo sulla riduzione dell’angina residua e ri- corrente ma anche sul miglioramento della qualità di vita 3,11,12 . Spesso i pazienti affetti da CTO non lamentano la classica an- gina ma si presentano piuttosto con una ridotta tolleranza allo sforzo. È pertanto fondamentale un’accurata valutazione clini- ca perché la paucisintomaticità può anche essere conseguenza di un’autolimitazione nelle attività quotidiane. La presenza di miocardio ischemico e/o vitale rappresenta l’altro fattore da considerare nell’algoritmo decisionale per il trattamento. Ischemia È stato ampiamente dimostrato che un carico ischemico coin- volgente più del 10% del miocardio ha un impatto sfavorevole © 2015 Il Pensiero Scientifico Editore Ricevuto 24.07.2015; accettato 03.08.2015. Il dr. Garbo dichiara di aver svolto attività di consulenza per Alvimedica, Kardia, Terumo e Volcano. Il dr. Gagnor dichiara di aver svolto attività di consulenza per Kardia. Il dr. Colombo dichiara nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr. Roberto Garbo S.S. Emodinamica, Ospedale San Giovanni Bosco, Piazza del Donatore di Sangue 3, 10154 Torino e-mail: [email protected] RASSEGNA

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Trattamento percutaneo delle occlusioni coronarichecroniche: stato dell’arte e prospettive future

Roberto Garbo1, Andrea Gagnor2, Francesco Colombo1

1S.S. Emodinamica, Ospedale San Giovanni Bosco, Torino2Divisione di Cardiologia, Ospedale degli Infermi, Rivoli (TO)

Coronary chronic total occlusions (CTO) are a frequent finding in patients undergoing coronary angiography.However, a low percentage of patients is still referred for percutaneous coronary intervention. The main rea-sons lie in the skepticism concerning the real benefit and high technical complexity of these interventions. Inrecent years, thanks to the growing operators’ experience and the introduction of new techniques and ma-terials, the procedural success has increased with relatively low complication rates.

There is growing evidence in recent literature that percutaneous recanalization improves symptoms and qualityof life, increases ejection fraction and prolongs survival. Appropriate patient selection alone may involve a realclinical benefit in case of percutaneous CTO treatment. The key to procedural success is to use the right methodand the knowledge of dedicated techniques and devices: CTO recanalization should be performed by experiencedoperators, and non-CTO interventionalists should approach these procedures only after specific training.

Key words. Chronic total occlusion; Coronary artery disease; Percutaneous coronary intervention.

G Ital Cardiol 2015;16(10):555-564

INTRODUZIONE

Si definisce occlusione cronica totale (CTO) la presenza di unsegmento coronarico occluso con flusso TIMI 0 che perdura daalmeno 3 mesi1. Tali lesioni vengono riscontrate, a seconda del-le casistiche, nel 18-52% dei pazienti sottoposti a coronaro-grafia2. Differenti possono essere le presentazioni cliniche: es-se variano dalla sindrome coronarica acuta, alla cardiopatiaischemica cronica stabile e/o all’ischemia silente. Pertanto l’oc-clusione può rappresentare tanto la lesione determinante la sin-tomatologia quanto un reperto accidentale. Numerosi studi re-trospettivi hanno mostrato un miglioramento dei sintomi e del-la qualità di vita3, un incremento della frazione di eiezione4 e unprolungamento della sopravvivenza5-7 nei pazienti sottoposti arivascolarizzazione percutanea (PCI) efficace. Nonostante l’altaincidenza, per la complessità tecnica, il basso tasso di successoprocedurale e il timore di complicanze, ancora relativamentepochi pazienti vengono sottoposti a tentativo di disostruzionecoronarica percutanea8. D’altra parte negli ultimi anni si è assi-stito a un incremento del successo procedurale (dal 50-70% al-l’attuale 80-90%) senza che questo comportasse un aumentodel tasso di complicanze: ciò è stato reso possibile grazie allacrescente esperienza degli operatori e all’introduzione di nuo-vi materiali e tecniche dedicate9,10. Singolare è il tasso di PCI sulnumero di CTO riscontrate: si va dal 10% al 61% a seconda del

centro cui si fa riferimento2. Questi dati sono indice del sot-toutilizzo del trattamento percutaneo ma anche della mancan-za di un approccio standardizzato nella selezione dei pazienti.

SELEZIONE DEI PAZIENTI

La selezione dei pazienti da sottoporre alla PCI di una CTO de-ve essere accurata. Non vanno innanzitutto tralasciate alcuneconsiderazioni cliniche generali quali l’età, le comorbilità asso-ciate e l’aspettativa di vita.

I principali fattori sulla base dei quali indirizzare la scelta te-rapeutica sono i sintomi (angina od equivalenti) e la presenzadi ischemia o vitalità miocardica.

SintomiQuando il controllo dei sintomi con terapia medica massimalenon è efficace, appare ragionevole considerare l’eventualità del-la rivascolarizzazione. Come emerge dai dati della letteratura,nei pazienti sottoposti a ricanalizzazione con successo, vi è uneffetto positivo non solo sulla riduzione dell’angina residua e ri-corrente ma anche sul miglioramento della qualità di vita3,11,12.Spesso i pazienti affetti da CTO non lamentano la classica an-gina ma si presentano piuttosto con una ridotta tolleranza allosforzo. È pertanto fondamentale un’accurata valutazione clini-ca perché la paucisintomaticità può anche essere conseguenzadi un’autolimitazione nelle attività quotidiane.

La presenza di miocardio ischemico e/o vitale rappresental’altro fattore da considerare nell’algoritmo decisionale per iltrattamento.

IschemiaÈ stato ampiamente dimostrato che un carico ischemico coin-volgente più del 10% del miocardio ha un impatto sfavorevole

© 2015 Il Pensiero Scientifico EditoreRicevuto 24.07.2015; accettato 03.08.2015.Il dr. Garbo dichiara di aver svolto attività di consulenza perAlvimedica, Kardia, Terumo e Volcano. Il dr. Gagnor dichiara di aversvolto attività di consulenza per Kardia. Il dr. Colombo dichiaranessun conflitto di interessi.Per la corrispondenza:Dr. Roberto Garbo S.S. Emodinamica, Ospedale San Giovanni Bosco,Piazza del Donatore di Sangue 3, 10154 Torinoe-mail: [email protected]

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test. Nel caso in cui si voglia comunque avere una dimostrazio-ne di ischemia, è necessario l’esecuzione di test molto accurati(quali la scintigrafia miocardica, l’ecocardiografia da stress o larisonanza magnetica) per evitare un “undertreatment” di que-sti pazienti. Non vanno poi tralasciati gli ulteriori benefici cheemergono da un trattamento efficace delle CTO16:

– la protezione da eventi cardiovascolari futuri. La rivascola-rizzazione incompleta, e in particolar modo la presenza diuna CTO residua, si associano ad un maggior tasso di even-ti al follow-up17. Per contro la ricanalizzazione efficace diuna CTO (in procedura stadiata) riscontrata occasional-mente nei pazienti con infarto miocardico acuto con so-praslivellamento del tratto ST si associa a una minor mor-talità cardiaca e a un più basso tasso di eventi cardiovasco-lari a 2 anni18;

– il miglioramento della sopravvivenza a lungo termine. Que-sto dato può essere dedotto indirettamente dagli studi so-vracitati17, dalla riduzione del carico ischemico13 e del “bur-den” di aritmie potenzialmente fatali (come attestato dal-l’alto tasso di scariche appropriate nei pazienti con CTOportatori di defibrillatore impiantabile in prevenzione pri-maria19). Ma è anche un dato confermato dai risultati di re-centi registri5-7 e da studi di metanalisi20.

Disfunzione ventricolare sinistra e vitalità miocardicaI pazienti con riduzione della frazione di eiezione possono be-neficiare di una disostruzione efficace. In presenza di alterazio-ni della cinesi segmentaria (aree di ipo- o acinesia) le metodicheper immagine (scintigrafia miocardica, ecocardiografia da stresse risonanza magnetica) permettono anche la ricerca di miocar-dio vitale. In pazienti con disfunzione ventricolare sinistra e vi-talità miocardica, la disostruzione di una CTO è associata ad unmiglioramento della funzione sistolica globale21. Ciò è statoconfermato anche da studi di risonanza magnetica cardiaca:l’estensione transmurale della necrosi (TEI) è correlata con un ri-modellamento ventricolare sinistro favorevole e con l’incre-mento della frazione di eiezione. In particolare l’inspessimentoparietale migliora già a 5 mesi per una TEI <25% (dato che simantiene anche ad un follow-up di 3 anni) e a 3 anni per unaTEI del 25-75%22. I pazienti con una TEI >75% non hannoquindi indicazione ad intervento di rivascolarizzazione dellaCTO per assenza di vitalità miocardica significativa, e quindiscarsi o nulli benefici di un’eventuale PCI efficace.

PIANIFICAZIONE DELLA PROCEDURA

Vi è generale consenso che le ricanalizzazioni di CTO non va-dano eseguite immediatamente dopo l’esame diagnostico (co-siddette PCI ad hoc) per minimizzare l’esposizione a radiazioniionizzanti e al mezzo di contrasto. Una procedura stadiata con-sente infatti una migliore pianificazione della strategia di diso-struzione dopo un’accurata analisi dell’angiografia coronarica.Questa deve essere mirata alla procedura di disostruzione, per-mettendo di valutare la lunghezza e le caratteristiche dell’oc-clusione e il circolo collaterale. Qualora l’esame diagnostico nonpermetta tali valutazioni, si può considerare una sua ripetizio-ne prima di procedere all’intervento di rivascolarizzazione. Inparticolar modo sono fondamentali iniezioni di mezzo di con-trasto e grafie prolungate con un campo non eccessivamenteingrandito (per visualizzare il maggior numero possibile di col-laterali), proiezioni specifiche (es. la proiezione obliqua ante-

sulla prognosi13. Anche il territorio di miocardio sotteso da unaCTO può essere ischemico. Inoltre la presenza e l’estensione deicollaterali all’angiografia non correlano con la severità del-l’ischemia14,15. In sostanza la presenza di circolo collaterale inpiù del 90% dei casi protegge dalla necrosi ma non previenel’ischemia. È pertanto indicato, prima di procedere ad un’even-tuale disostruzione, ricercare la presenza o assenza di ischemia.In caso di occlusione prossimale di un grande vaso coronarico(es. discendente anteriore del terzo tipo o coronaria destra do-minante) in un paziente giovane e con cinesi segmentaria delventricolo sinistro conservata, la probabilità che il vaso occlusodetermini ischemia è elevatissima. Pertanto in questo caso puòessere anche giustificata la rivascolarizzazione senza ulteriori

CHIAVE DI LETTURA

Ragionevoli certezze. Le occlusioni coronarichecroniche totali sono un reperto frequente neipazienti sottoposti a coronarografia. Larivascolarizzazione coronarica incompleta, e inparticolar modo un’occlusione residua, sonoassociate ad un più alto tasso di eventicardiovascolari al follow-up. È inoltreampiamente dimostrato che la presenza dicollaterali non è in grado di proteggeredall’ischemia (se non in una limitata percentualedi casi). Per lungo tempo il trattamentopercutaneo è stato considerato con grandediffidenza vista l’alta complessità tecnica. Tuttaviain letteratura sono crescenti le evidenze a suofavore: dai dati disponibili è emerso un beneficioin termini di riduzione dei sintomi emiglioramento della qualità di vita e dellasopravvivenza.Aspetti controversi. Il numero di pazientisottoposti a tentativi di ricanalizzazionepercutanea è attualmente basso e soprattutto variada centro a centro. Questo è indice dellamancanza di un approccio standardizzato neicriteri di selezione. Il progresso delle tecniche el’introduzione di materiali dedicati ha portato adun aumento del successo procedurale e ad unariduzione dei tassi di complicanze, soprattutto sequeste procedure vengono eseguite da operatoriesperti, il cui numero è tuttavia ristretto.Attualmente mancano in letteratura datiprovenienti da studi randomizzati.Prospettive. In attesa dei risultati degli studirandomizzati in corso, l’incremento del successoprocedurale, la riduzione delle complicanze e idati emersi in letteratura a favore delledisostruzioni coronariche percutanee sonoun’esortazione a considerare questa strategiaterapeutica. Sono tuttavia fondamentaliun’appropriata selezione dei pazienti e l’interventoda parte di operatori esperti, nell’ottica di fornireun reale beneficio clinico.

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TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLE CTO

riore destra 30° senza angolazione caudo-craniale per la valu-tazione dei collaterali settali) ed evitare di muovere il tavolo ra-diologico (l’immagine deve essere ferma per non perdere di vi-sta il decorso dei rami collaterali). Talora può essere utile ese-guire una tomografia computerizzata coronarica per una mi-gliore valutazione di lunghezza, decorso, tortuosità e calcifica-zioni del segmento occluso.

Strategia proceduraleLa scelta degli accessi arteriosi e del catetere guida è legata al-l’esperienza e alla preferenza dell’operatore ma in presenza dicircolo collaterale eterocoronarico è fondamentale l’utilizzo diun doppio accesso per l’iniezione controlaterale. Questa per-mette innanzitutto la visualizzazione del letto vascolare distaleall’occlusione fornendo un punto di riferimento sul target di-stale da raggiungere (Figura 1). Inoltre, durante l’avanzamen-to di una guida anterograda, permette di evitare iniezioni an-terograde di mezzo di contrasto che possono estendereun’eventuale dissezione del vaso. Con la tecnica della doppiainiezione aumentano quindi le possibilità di successo procedu-rale e si riducono le complicanze1,23. Una procedura condotta“alla cieca”, con sole iniezioni anterograde di mezzo di con-trasto, è gravata invece da un alto tasso di complicanze ed ègiustificata solo in assenza completa di circoli collaterali etero-coronarici all’occlusione. Durante la PCI è fondamentale un at-tento monitoraggio del livello di anticoagulazione con misura-zioni ripetute del tempo di coagulazione attivato (ACT) che vaidealmente mantenuto sopra i 250 s per le procedure antero-grade e sopra i 300 s per quelle retrograde1.

Approccio anterogradoLa ricanalizzazione per via anterograda rappresenta l’approc-cio più impiegato con un tasso di successo procedurale che va-ria tra il 50% e l’80%. Questa tecnica si basa sull’impiego diguide dedicate per attraversare il segmento occluso e raggiun-gere il vero lume distale. La dimensione del catetere guida è la-sciata alla discrezione dell’operatore ma alcuni autori suggeri-scono di adoperare cateteri di grandi dimensioni (7F o mag-giori) al fine di aumentare il supporto passivo e migliorare lacapacità e la precisione di manipolazione dei fili guida e dei di-spositivi. Se si prevede l’impiego di una sonda intravascolare

associata all’utilizzo di microcateteri, è generalmente necessa-rio un catetere guida 8F. I microcateteri risultano utili per in-crementare il potere di penetrazione ed ottimizzare il controllodei fili guida. Permettono inoltre un rapido e non traumaticoscambio delle guide stesse in base alle necessità che si deter-minano durante la procedura.

Sono stati proposti molti algoritmi per la scelta delle guidee della strategia da seguire durante le procedure con accessoanterogrado24,25 (Figura 2). Nella nostra esperienza la tecnica“step-up/step-down”, che prevede l’incremento graduale di“peso” della punta del filo guida per superare il cappuccioprossimale, con un eventuale successivo decremento del pote-re di penetrazione della guida a seconda delle caratteristichedella lesione, risulta efficace e sicura.

In caso di decorso subintimale della guida da disostruzionel’utilizzo contemporaneo di una seconda guida, sfruttando ildecorso della prima come riferimento aggiuntivo, può permet-tere di raggiungere il vero lume distale (tecnica della “parallelwire”). In alternativa una guida “stiff” con decorso subintima-le può essere scambiata attraverso un microcatetere con unaguida più “soft”, conformandone la punta con una curva estre-mamente accentuata (cosiddetta curva a “manico d’ombrel-lo”): applicando una spinta con forza adeguata si può ottene-re un rientro “spontaneo”, ancorché non controllato, nel verolume distale (tecnica STAR). Il rientro è legato al fatto che, neltratto non occluso del vaso, la resistenza al rientro nello spazioluminale è inferiore a quella per superare lo strato avventizia-le26. Lo stent viene pertanto posizionato nello spazio subav-ventiziale con conseguente perdita dei collaterali a partenza datale tratto. Un rientro nel vero lume in posizione più prossima-le è ottenibile con guide di nuova generazione a punta più“soft” (Fielder XTA, XTR, FC e Sion black; Asahi Intecc, Aichi,Giappone)27.

Recentemente sono stati ideati strumenti dedicati per otte-nere un rientro controllato nel vero lume distale. Il più promet-tente (Stingray, BridgePoint Medical, Plymouth, MN, USA) è unpallone a conformazione piatta in grado di auto-orientarsi se-condo l’anatomia del vaso, che viene spesso utilizzato dopo avercreato una intenzionale dissezione con il passaggio subintimaledi un microcatetere dedicato (Crossboss, Boston Scientific, Na-tick, MA, USA). Nel corpo dello Stingray sono presenti due fori

Figura 1. Occlusione cronica dell’arteria interventricolare anteriore prossimale con circo-lo collaterale da rami settali della coronaria destra. A: con la sola iniezione anterogradanon è possibile intuire la lunghezza dell’occlusione e il decorso del vaso. B: iniettandocontemporaneamente coronaria sinistra e coronaria destra si visualizzano la distalità delvaso occluso e la lunghezza dell’occlusione (che in questo caso risulta breve).

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giustapposti che si vengono a trovare in direzione rispettiva-mente dello spazio luminale e dello spazio extravascolare ed unaguida dedicata viene avanzata fino al foro di uscita rivolto ver-so il lato luminale dell’arteria e avanzato fino a creare una con-nessione tra lo spazio subintimale in cui si trova il pallone e ilvero lume distale. Questa tecnica risulta particolarmente utilenei casi di fallimento dell’approccio anterogrado tradizionale,quando non è possibile utilizzare l’approccio retrogrado per im-possibilità ad attraversare i collaterali settali o epicardici.

Approccio retrogradoLa tecnica retrograda si basa sull’assunto che il cappuccio di-stale dell’occlusione sia solitamente più soffice di quello pros-simale28. Originariamente è stata utilizzata solo in caso di falli-mento di tentativi anterogradi, in quanto la possibilità di avereuna doppia opzione (anterograda e retrograda) consente di su-perare l’occlusione ed ottenere una connessione vero lume-ve-ro lume a monte e a valle dell’occlusione in una elevata per-centuale di casi che invece falliscono per via anterograda. At-tualmente, quando è presente un adeguato circolo collaterale,viene anche impiegata come tecnica di prima scelta per le oc-clusioni molto lunghe, severamente calcifiche e localizzate agliosti (Figura 3).

La ricanalizzazione retrograda può essere effettuata sfrut-tando rami collaterali settali, epicardici, atriali o anche condot-ti di bypass aortocoronarici. Sia la coronaria occlusa che il vasodonatore vengono selettivati con un catetere guida. Una guida“soft” (le più recenti guide della famiglia Sion o la Fielder XT-R, Asahi Intecc) viene impiegata per raggiungere il segmento di-stale del vaso occluso e lì eventualmente sostituita con una gui-da “stiff” per attraversare l’occlusione (approccio retrogradopuro). La selezione del collaterale più appropriato da attraver-sare può avvenire tramite iniezioni selettive di mezzo di con-trasto da microcateteri (es. Finecross, Terumo, Tokyo, Giappo-ne o Corsair, Asahi Intecc) o tramite la tecnica del “surfing”con una guida “soft” polimerica (idealmente la Sion Black, Asa-hi Intecc). Quest’ultima permette di navigare connessioni settaliesistenti ancorché non visibili all’angiografia ma va riservataesclusivamente all’attraversamento dei rami settali.

Le procedure retrograde possono essere distinte in base al-la direzione dell’attraversamento da parte della guida (antero-

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grado o retrogrado) e alla sua modalità (dilatazione o dissezio-ne del corpo dell’occlusione o meno) (Tabella 1).

La guida retrograda può essere utilizzata come semplicemarcatore del segmento distale del vaso occluso per risparmiaremezzo di contrasto ed avere una chiara visualizzazione del tar-get distale. In questo caso una guida anterograda attraversa ilcorpo dell’occlusione senza necessità di dilatazione o dissezio-ne dell’occlusione (tecnica “kissing wire”).

Una pietra miliare dell’approccio retrogrado è stata la de-scrizione da parte di Surmely et al.29 della tecnica CART (con-trolled antegrade and retrograde tracking). Nel caso in cui laguida retrograda penetri in un falso lume, si esegue il gonfiag-

Figura 2. Flow-chart per le disostruzioni di occlusioni croniche totali con ap-proccio anterogrado. IVUS, ecografia intravascolare.

Figura 3. Flow-chart per le disostruzioni di occlusionicroniche totali con approccio retrogrado. IVUS, ecografia intravascolare.

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TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLE CTO

gio di un pallone per via retrograda, creando una dissezionesubintimale localizzata che permette ad una guida inserita pervia anterograda il rientro nel vero lume distale. Questa tecnicaè stata abbandonata negli ultimi anni in favore della variante“reverse CART” nella quale la dissezione viene creata e allar-gata mediante pallone per via anterograda e l’occlusione at-traversata con l’avanzamento di una guida retrograda (Figura4); tale modifica procedurale rende i risultati più prevedibili. Incaso di fallimento di questa tecnica, si può tentare il posizio-namento di uno stent anterogrado per evitare il ritorno elasti-co della parete del vaso dopo lo sgonfiaggio del pallone (pro-cedura “reverse CART” con stent facilitata).

La tecnica “knuckle” è derivata dal concetto della CART: inquesto caso la dissezione subintimale è creata formando unanello (“loop”) con la guida mentre la guida controlaterale vie-ne utilizzata per raggiungere il vero lume prossimale o distale.Una volta raggiunto il vero lume prossimale con la guida retro-grada, è necessario inserire la guida nel catetere guida contro-laterale, a livello del vaso occluso. Questo passaggio è fonda-mentale per poter poi posizionare il microcatetere nel catetereguida e sostituire la guida retrograda con una guida dedicatada 330 cm (RG3, Asahi Intecc). Questo filo guida lungo può es-sere esternalizzato, uscendo dal catetere guida controlaterale.Si crea così un circuito tra i due cateteri guida (Figura 5). At-traverso questo circuito si riesce poi ad eseguire la PCI, con di-latazioni ed impianto di stent inseriti attraverso la guida ester-nalizzata.

Un’opzione più recente, riservata ai casi più complessi, èl’utilizzo di un catetere guida Mother-and-Child (GuideLiner,Vascular Solution, Minneapolis, MN, USA; Guidezilla, BostonScientific; Guidion, IMDS, Roden, Olanda) per facilitare il rien-tro della guida retrograda e quindi l’esternalizzazione dellaRG3.

ECOGRAFIA INTRAVASCOLARE

Una sezione a parte va dedicata all’impiego dell’ecografia in-travascolare (IVUS) che ha notevolmente aumentato le possibi-lità di successo delle ricanalizzazioni percutanee. Essa offre im-portanti vantaggi sia che si utilizzi l’approccio anterogrado chequello retrogrado.

Nelle procedure eseguite per via anterograda l’IVUS può es-sere utilizzata:

a) per identificare il corretto sito di puntura del cappuccio an-terogrado in caso di CTO senza invito (“blunt stump”) econ un ramo collaterale che emerga a livello del sito di oc-clusione. Una guida convenzionale è posizionata nel ramocollaterale e la sonda IVUS è avanzata fino a identificare ilvero lume collassato del segmento occluso. Per queste ap-plicazioni la sonda “ideale” è quella elettronica (Eagle Eyee Short-tip, Volcano, Rancho Cordova, CA, USA), in quan-to il trasduttore posizionato distalmente sulla punta dellasonda ne consente l’utilizzo anche in rami collaterali moltocorti. Generalmente una chiara visualizzazione del cappuc-cio d’ingresso del sito di occlusione è ottenibile molto age-volmente. La visualizzazione del cappuccio permette diidentificarne le caratteristiche e di scegliere pertanto la gui-da più adeguata per tentare l’attraversamento. Altra infor-mazione facilmente ottenibile è la posizione della guida dadisostruzione rispetto al cappuccio prossimale. Una posi-zione centrale è un forte predittore di successo procedura-le mentre una posizione più eccentrica aumenta il rischiodi passaggio subintimale della guida rendendo impossibile

Figura 4. Tecnica “reverse CART”. A: la guida retrograda (freccia) non riesce ad oltrepassare l’oc-clusione. B: si crea pertanto una dissezione subintimale localizzata con una guida anterograda. C:questa viene estesa con il gonfiaggio di un pallone per via anterograda. D: ciò a sua volta facilitala connessione nello spazio subintimale tra la guida anterograda e quella retrograda, permetten-do alla guida retrograda il rientro nel vero lume prossimale.

Tabella 1. Tecniche per l’approccio retrogrado.

Dilatazione/dissezione Attraversamento dell’occlusionedel corpo della CTO

Anterogrado Retrogrado

Sì CART Reverse CARTKnuckle

No Kissing wire Retrograde crossing

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il rientro nel vero lume distale (Figure 6 e 7). Con sempliciottimizzazioni dei parametri e dei guadagni della sondaIVUS è talora anche possibile seguire il decorso della guidanel primo tratto del corpo della CTO confermando il cor-retto posizionamento “centrale” della guida;

b) per eseguire un rientro controllato in caso di migrazione su-bintimale della guida da CTO. Questa è una tecnica gene-ralmente molto complessa e utilizzata solo dopo fallimen-

to della tecnica con guide parallele in casi in cui non sia pos-sibile un approccio retrogrado. Dopo adeguata predilata-zione (generalmente con pallone di diametro 2.0 mm) lasonda IVUS è fatta avanzare nello spazio subintimale in cuisi trova la guida da disostruzione nell’ottica di fornire unavisualizzazione tridimensionale dei rapporti tra il vero lumee la posizione della guida. Ciò consente di orientare conmaggior precisione una guida con elevata capacità di pe-

Figura 5. Occlusione cronica della coronaria destra prossimale oltrepassata per via retro-grada navigando un ramo settale dell’arteria interventricolare anteriore. A: si noti il rien-tro della guida retrograda (freccia con linea continua) nel catetere guida posizionato al-l’ostio della coronaria destra; la sonda intravascolare (freccia con linea tratteggiata) haconfermato la posizione della guida nel vero lume prossimale. B: la guida viene a questopunto avanzata nel catetere (cerchio) per l’esternalizzazione dal secondo accesso arte-rioso.

Figura 6. A: occlusione cronica dell’arteria interventricolare anteriore. B: posizionamento della sonda intravasco-lare nel ramo diagonale (linea continua). C: durante il ritiro della sonda intravascolare si evidenzia il sito di ingres-so dell’occlusione (linea tratteggiata). D: penetrazione del cappuccio prossimale dell’occlusione con guida intra-vascolare. E: risultato finale.

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netrazione (solitamente Conquest pro12, Asahi Intecc) fi-no ad ottenere una corretta puntura del vero lume dellaCTO. La conferma della corretta posizione della guida vie-ne confermata da una nuova scansione IVUS. L’impiego diquesta tecnica richiede un catetere guida di ampio calibro,almeno 7F per l’utilizzo contemporaneo di sonda IVUS emicrocatetere Finecross e 8F se si utilizza un microcatetereCorsair.

Durante le procedure retrograde la sonda IVUS (avanzatasu guida anterograda) può essere utilizzata:

a) per chiarire la posizione della guida retrograda in rapportoalla guida anterograda e il vero lume dell’arteria;

b) per scegliere la corretta dimensione del pallone per la re-verse CART;

c) per identificare la posizione più favorevole per dilatare il pal-lone anterogrado nel corpo della CTO durante reverseCART visualizzando la distanza tra le guide nei diversi seg-menti e l’estensione e localizzazione delle calcificazioni;

d) durante procedura di rientro della guida retrograda in sededi biforcazione (es. tronco comune) per escludere il rischiodi rientro troppo prossimale con rischio di compromissionedi importante ramo collaterale.

Anche dopo il corretto superamento della guida con rag-giungimento del vero lume anterogrado l’IVUS può contribui-re a scegliere l’estensione del segmento da sottoporre a im-pianto di stent e la dimensione degli stessi evitando iniezionianterograde di mezzo di contrasto che possono estendereun’eventuale dissezione del vaso.

L’utilizzo estensivo dell’IVUS nelle procedure percutanee perCTO consente inoltre di ridurre in modo importante il consumodi mezzo di contrasto, dato importante soprattutto in pazienticon insufficienza renale cronica.

Anche per le procedure retrograde, l’utilizzo della sondaIVUS elettronica è sicuramente consigliato rispetto alle tradi-zionali sonde meccaniche: non visualizzando la guida antero-grada su cui è posizionata la sonda IVUS stessa, è molto piùsemplice valutare la posizione della guida retrograda nel con-testo anatomico della CTO.

COMPLICANZE

Le complicanze più temibili sono la perforazione (con il conse-guente rischio di tamponamento cardiaco), la dissezione, latrombosi del vaso donatore e la perdita del circolo collaterale.La durata prolungata di queste procedure si può inoltre asso-ciare a nefropatia da mezzo di contrasto e danni da radiazione.

In mani esperte la ricanalizzazione delle CTO è tuttavia as-sociata a un’incidenza di complicanze periprocedurali ed in-traospedaliere di poco superiore rispetto a quella delle comuniangioplastiche. I dati riportati dagli operatori dell’Euro CTOClub10,30 e del registro J-CTO9 e quelli che emergono dal Na-tional Cardiovascular Data Registry31 americano sono confor-tanti in questo senso. Un basso rischio di complicanze proce-durali risulta anche da una recente metanalisi su 18 061 pa-zienti di 65 studi pubblicati tra il 2000 e il 2011 che ha mo-strato una mortalità dello 0.2%, di bypass aortocoronarico ur-gente dello 0.1%, di infarto miocardico del 2.5%, di infarto

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TRATTAMENTO PERCUTANEO DELLE CTO

Figura 7. A: occlusione cronica di arteria circonflessa al tratto medio (freccia) con circolo collaterale dalla corona-ria destra (linea tratteggiata); si posiziona sonda intravascolare nel ramo marginale (cerchio). B: l’ecografia intra-vascolare mostra inizialmente una posizione eccentrica subintimale della guida da disostruzione. C: la guida vienedirezionata in posizione più centrale e riesce a penetrare l’occlusione raggiungendo il vero lume distale dell’arte-ria circonflessa (come evidenziato dall’iniezione controlaterale). D: risultato finale.

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miocardico Q dello 0.2%, di perforazione coronarica del 2.9%,di tamponamento cardiaco dello 0.3% e di nefropatia da mez-zo di contrasto del 3.8%32 (Tabelle 2 e 3). Il tasso di successoprocedurale è stato del 77%.

Questi risultati indicano un favorevole rapporto rischio/be-neficio. L’operatore che si accinge alla disostruzione di una CTOdeve tuttavia essere ben consapevole delle complicanze legatea queste procedure ed essere preparato a trattarle. In partico-lar modo è fondamentale la disponibilità di materiali dedicatiquali stent ricoperti e micro-spirali a rilascio controllato (“deta-chable coils”), che consentono un ottimale trattamento delleperforazioni.

APPRENDIMENTO DELLE TECNICHE PER IL TRATTAMENTO DELLE OCCLUSIONI CORONARICHECRONICHE TOTALI E LORO APPLICAZIONI NELLE ANGIOPLASTICHE COMUNI

Le disostruzioni percutanee restano procedure tecnicamentecomplesse e vanno pertanto eseguite da operatori esperti. Cre-scente è l’interesse verso le PCI delle CTO e un numero sempremaggiore di cardiologi interventisti è desideroso di cimentarsi in

questo tipo di procedure. Non ci si può tuttavia accingere a ese-guirle senza un adeguato addestramento a fianco di operatoricon provata esperienza. L’affiancamento è fondamentale perimparare a conoscere le caratteristiche dei materiali dedicati edapprendere le tecniche specifiche di disostruzione. Fa parte diun programma di addestramento mirato anche l’apprendi-mento di come prevenire le potenziali complicanze e soprat-tutto come trattarle. È infine necessario dotarsi presso il pro-prio laboratorio di tutti i materiali dedicati quali microcateteri,guide specifiche, stent ricoperti e micro-spirali.

Va infine sottolineato che l’apprendimento delle tecnicheda disostruzione e la conoscenza dei materiali non risultano co-munque fini a se stessi. Nella nostra esperienza di operatori de-dicati alle disostruzioni percutanee, essi sono infatti tornati par-ticolarmente utili anche nelle angioplastiche “di tutti i giorni”,in particolar modo quando queste si rivelano particolarmentedifficoltose o si complicano. Alcuni esempi possono essere:

– l’impiego dei microcateteri come supporto nell’attraversa-mento di stenosi particolarmente strette o calcifiche;

– l’impiego di microcateteri e guide dedicate per riaprire ra-mi collaterali che si occludono dopo impianto di stent nelvaso principale;

– la tecnica “knuckle” per riguadagnare il lume distale nelcaso di dissezioni coronariche;

– il rilascio delle spirali per trattare le perforazioni coro na -riche.

CONCLUSIONI

Le CTO sono un reperto frequente nella pratica clinica. Da ta-luni sono state a lungo considerate lesioni “benigne”, un falsomito che è ormai sfatato dai diversi lavori che dimostrano l’esi-stenza di ischemia anche in presenza di circolo collaterale14,15 eda quelli che indicano una ridotta sopravvivenza in caso di ri-vascolarizzazione incompleta17,18. A nostro avviso quindi un’op-zione terapeutica per queste lesioni deve essere presa in consi-derazione.

Nella pratica quotidiana, ancora pochi dei pazienti con in-dicazione clinica a disostruzione coronarica vengono sottopo-

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Tabella 2. Complicanze periprocedurali delle disostruzioni percutanee(anni 2000-2011, n=18 941 occlusioni croniche totali).

Eventi cardiovascolari maggiori 3.1%Mortalità 0.2%Bypass aortocoronarico urgente 0.1%Ictus <0.01%Infarto miocardico 2.5%Infarto miocardico Q 0.2%Perforazione coronarica (per lesione) 2.9%Tamponamento cardiaco 0.3%Trombosi intrastent acuta 0.3%Complicanze vascolari 0.6%Sanguinamenti maggiori 0.4%Nefropatia da mezzo di contrasto 3.8%Danni cutanei da irradiazione <0.01%

Modificata da Patel et al.32.

Tabella 3. Complicanze periprocedurali delle disostruzioni retrograde (anni 2008-2012, n=1582 occlusioni croniche totali).

Totale Successo Insuccesso p(n=1582) procedurale procedurale

(n=1191, 75%) (n=391, 25%)

Complicanze periprocedurali 6.8% 5.5% 11% 0.0001Versamento pericardico senza tamponamento 0.6% 0.6% 0.5%Versamento pericardico con tamponamento 1.0% 0.8% 1.3%Versamento pericardico trattato chirurgicamente 0.1% 0% 0.5%Perforazione collaterali/ematoma 2% 1.5% 3.3% 0.02Trombosi intrastent 0.2% 0.1% 0.2%Complicanze vascolari 1% 0.8% 1.5%Trombosi/dissezione del vaso donatore 1.9% 1.4% 3.3% 0.02

Eventi intraospedalieriInfarto miocardico non Q 0.3% 0.3% 0.5%Infarto miocardico Q 0.1% 0.2% 0%Bypass aortocoronarico d’urgenza 0.1% 0.08% 0.2%Angioplastica d’urgenza 0.1% 0.08% 0.2%Morte 0.1% 0% 0.5%Ictus 0% 0% 0%

Modificata da Galassi et al.30.

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sti ad un trattamento di rivascolarizzazione percutanea. Questopuò essere in primo luogo legato alla mancanza di prove defi-nitive provenienti da studi randomizzati. Attualmente sono incorso tre lavori di questo genere33. Lo studio DECISION-CTOTrial (Drug-Eluting Stent Implantation Versus Optimal MedicalTreatment in Patients With Chronic Total Occlusion) si occupe-rà di valutare se, confrontata con la terapia medica ottimale, laPCI delle CTO riduca l’endpoint composito di morte da tutte lecause, infarto miocardico, ictus e rivascolarizzazione a 3 anni.Lo studio EURO-CTO (A Randomized Multicenter Trial to Eva-luate the Utilization of Revascularization or Optimal MedicalTherapy for the Treatment of Chronic Total Coronary Occlu-sions) mette a confronto pazienti sottoposti a PCI di CTO constent al biolimus ed in terapia medica ottimale con pazienti ge-stiti con sola terapia medica ottimale; l’endpoint primario è laqualità di vita a 12 mesi e il composito di morte e infarto mio-cardico non fatale a 36 mesi. Infine lo studio EXPLORE (Evalua-ting Xience V and Left Ventricular Function in Percutaneous Co-ronary Intervention on Occlusions After ST-Elevation Myocar-dial Infarction) sta arruolando 300 pazienti con infarto miocar-dico acuto con sopraslivellamento del tratto ST e CTO di unacoronaria non responsabile dell’infarto, randomizzandoli a di-sostruzione coronarica entro 7 giorni dalla presentazione o aterapia medica standard. Gli endpoint primari di questo studiosono la frazione di eiezione e il volume telediastolico del ven-tricolo sinistro a 4 mesi, misurati con risonanza magnetica car-diaca.

Pur in assenza di studi randomizzati, analizzando i dati pro-venienti dalla letteratura (derivati da registri e studi osservazio-nali), vi sono evidenze crescenti a favore di un beneficio deltrattamento percutaneo. Esso si associa infatti ad una riduzio-ne della sintomatologia anginosa, un incremento della frazio-ne di eiezione e un miglioramento della sopravvivenza a di-stanza.

Il secondo fattore limitante la PCI delle CTO sono state le re-more legate alla complessità tecnica di queste procedure. At-

tualmente appaiono tuttavia ingiustificate se si considerano glialti tassi di successo procedurale (che si attestano ormai a oltreil 90%) e quelli ridotti delle complicanze (di poco superiori aquelle delle comuni angioplastiche coronariche) in mano adoperatori esperti e in possesso di un’adeguata conoscenza deimateriali e delle tecniche dedicate.

In conclusione, il trattamento percutaneo delle CTO rap-presenta una valida opzione terapeutica. L’approccio standar-dizzato alla procedura, l’utilizzo del giusto metodo associatoovviamente ad una selezione corretta del paziente, si associa-no ad un alto tasso di successo, una riduzione del rischio dicomplicanze ed un indubbio beneficio clinico.

RIASSUNTO

Le occlusioni coronariche croniche totali sono un riscontro fre-quente nei pazienti sottoposti a coronarografia, tuttavia è ancoramolto bassa la percentuale di coloro che vengono sottoposti a ri-vascolarizzazione con angioplastica coronarica percutanea. Le prin-cipali ragioni risiedono nello scetticismo relativo al reale beneficioe nell’elevata complessità tecnica di questi interventi. Negli ultimianni, grazie alla crescente esperienza degli operatori e all’introdu-zione di nuove tecniche e materiali, si è tuttavia assistito ad un in-cremento del successo procedurale con tassi di complicanze relati-vamente bassi.

Dai dati più recenti della letteratura stanno emergendo evidenzecrescenti a favore della ricanalizzazione percutanea in termini dimiglioramento dei sintomi e della qualità di vita, incremento dellafrazione di eiezione e prolungamento della sopravvivenza. Solo unacorretta selezione dei pazienti può comportare un concreto bene-ficio clinico in caso di rivascolarizzazione percutanea. La chiave delsuccesso procedurale è l’utilizzo del giusto metodo, la conoscenzadelle tecniche e dei materiali specifici: questi interventi vanno ese-guiti da operatori con provata esperienza mentre chi volesse ac-cingersi ad essi può farlo solo dopo un’adeguata formazione.

Parole chiave. Malattia coronarica; Occlusioni croniche totali; Pro-cedura coronarica percutanea.

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del 10% dei casi il circolo collateraleprovvedeva ad una normale riservafunzionale sotto stress. Lo stesso datosi è potuto osservare considerando so-lo i pazienti con funzione ventricolaresinistra conservata.

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