Rassegna Lo stato dell’arte dei materiali

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Lo stato dell’arte dei materiali G. Maccauro, C. Piconi, V. De Santis, E. Pola, A. De Matthaeis, C. Fabbriciani Dipartimento di Scienze Ortopediche e Traumatologiche, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia Rassegna Clin Ter 2005; 156 (suppl.1) (6):9-18 Corrispondenza: Dr. Giulio Maccauro, Istituto Di Clinica Ortopedica, Università Cattolica Policlinico Gemelli, 00168 Roma; Tel: ++39 06 30154353; E-mail: [email protected] Riassunto Vengono passate in rassegna le principali caratteristiche biologiche e meccaniche dei materiali metallici, polimerici e ceramici, utilizzati come biomateriali in chirurgia ortopedica per la realizzazione di artroprotesi, sia come componenti strutturali che come rivestimenti osteoconduttivi. Le caratteristiche meccaniche sono considerate ade- guate se permettono al biomateriale di resistere alle elevate sollecita- zioni meccaniche cui è normalmente sottoposto a livello articolare. Il fallimento dei diversi materiali determina la liberazione dei prodotti di usura che attiva una cascata di eventi biologici che comporta il riassor- bimento osseo periprotesico e quindi la mobilizzazione dell’impianto stesso. Dalla revisione emerge come non esista un materiale ideale, ma dall’accurato accoppiamento dei diversi materiali, si ottiene un sistema che sia in grado di meglio resistere alle elevate sollecitazioni meccaniche e alla risposta biologica dell’ospite. Parole chiave: artroprotesi, biomateriali, corrosione, usura Abstract Biomaterials: state of the art The main biological and mechanical properties of metals, polymers and ceramics, currently used as Orthopaedic biomaterials, are repor- ted. Biomaterials are considered useful for the manufacturing of joint replacements if it allows resistance against high mechanical stresses related to walking. Material failure induces wear release leading to bone resorption and implant loosening. Review confirms that ideal biomaterial for joint replacement is not available at moment and the best results are obtained coupling different materials. Key words: biomaterials, corrosion, replacement, wear L’incremento dell’età media della popolazione ha trasformato le patologie degenerative e traumatiche delle grandi articolazioni, e specialmente dell’anca, in una vera e propria epidemia ortopedica, e ha fatto sì che il rapido recupero funzionale e l’inserimento nella società di questi pazienti fosse considerato uno dei problemi più importanti della chirurgia ortopedica degli ultimi 40 anni. L’avvento delle artroprotesi ha costituito la grande svolta nella chirurgia ortopedica fornendo un decisivo contributo al trattamento di queste patologie. Tuttavia la durata limitata di questi impianti e la sempre più frequente osservazione di episodi di fallimenti biologici e/o meccanici rende sempre attuale la ricerca e lo sviluppo in questo settore. La progettazione di artroprotesi richiede un certo numero di scelte, riguardanti sia aspetti anatomici sia aspetti relativi all’approccio chirurgico, e quindi alle dimensioni ed alla geometria della struttura da realizzare, in funzione dei cari- chi che il dispositivo dovrà sopportare una volta impiantato. L’attività del paziente portatore di artroprotesi è un fattore della massima importanza: anche con attività ridotta viene compiuto oltre un milione di cicli di carico per anno, con valori di picco che possono raggiungere cinque/sette volte il peso corporeo. È quindi necessario ricorrere a materiali che presentino la massima affidabilità meccanica, unitamente ad una elevata biocompatibilità. Tali caratteristiche sono proprie dei cosiddetti biomateriali, definiti come “material intended to interface with biological system to evaluate, treat, augment or replace any tissue, organ or function of the body” (1) che compongono le protesi, al fine di armo- nizzare gli aspetti di compatibilità biologica con l’ambiente fisiologico e di resistenza meccanica, per garantire la durata dell’impianto. Attualmente infatti per biocompatibilità si intende “the ability of a material used in a medical device to perform with an appropriate host response in a specific application” (1). Questa definizione tiene conto delle mutue interazioni tra il materiale e l’ambiente biologico, e supera una più vecchia concezione per cui il biomateriale doveva essere completamente inerte per essere considerato biocom- patibile. Nella Tab. 1 sono riportati alcuni esempi di impiego nelle diverse discipline mediche dei biomateriali. Nel caso dei materiali di un’artroprotesi, debbono essere presi in considerazione le seguenti caratteristiche: 1. proprietà meccaniche statiche

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9Lo stato dell’arte dei materiali

Lo stato dell’arte dei materialiG. Maccauro, C. Piconi, V. De Santis, E. Pola, A. De Matthaeis, C. Fabbriciani

Dipartimento di Scienze Ortopediche e Traumatologiche, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia

Rassegna Clin Ter 2005; 156 (suppl.1) (6):9-18

Corrispondenza: Dr. Giulio Maccauro, Istituto Di Clinica Ortopedica, Università Cattolica Policlinico Gemelli, 00168 Roma;Tel: ++39 06 30154353; E-mail: [email protected]

Riassunto

Vengono passate in rassegna le principali caratteristiche biologiche e meccaniche dei materiali metallici, polimerici e ceramici, utilizzati come biomateriali in chirurgia ortopedica per la realizzazione di artroprotesi, sia come componenti strutturali che come rivestimenti osteoconduttivi. Le caratteristiche meccaniche sono con siderate ade-guate se permettono al biomateriale di resistere alle elevate sollecita-zioni meccaniche cui è normalmente sottoposto a livello articolare. Il fallimento dei diversi materiali determina la liberazione dei prodotti di usura che attiva una cascata di eventi biologici che comporta il riassor-bimento osseo peri pro tesico e quindi la mobilizzazione dell’impianto stesso. Dalla revi sione emerge come non esista un materiale ideale, ma dall’accurato accoppiamento dei diversi materiali, si ottiene un sistema che sia in grado di meglio resistere alle elevate sollecitazioni mec caniche e alla risposta biologica dell’ospite.

Parole chiave: artroprotesi, biomateriali, corrosione, usura

Abstract

Biomaterials: state of the art

The main biological and mechanical properties of metals, polymers and ceramics, currently used as Orthopaedic bioma te rials, are repor-ted. Biomaterials are considered useful for the ma nufacturing of joint replacements if it allows resistance against hi gh mechanical stresses related to walking. Material failure in duces wear release leading to bone resorption and implant loo sening. Review confi rms that ideal biomaterial for joint re pla cement is not available at moment and the best results are ob tained coupling different materials.

Key words: biomaterials, corrosion, replacement, wear

L’incremento dell’età media della popolazione ha trasformato le patologie degenerative e traumatiche delle grandi articolazioni, e specialmente dell’anca, in una vera e propria epidemia ortopedica, e ha fatto sì che il rapido recupero funzionale e l’inserimento nella società di questi pazienti fosse considerato uno dei problemi più importanti della chirurgia ortopedica degli ultimi 40 anni. L’avvento delle artroprotesi ha costituito la grande svolta nella chirurgia ortopedica fornendo un decisivo contributo al trattamento di queste patologie. Tuttavia la durata limitata di questi impianti e la sempre più frequente osservazione di episodi di fallimenti biologici e/o meccanici rende sempre attuale la ricerca e lo sviluppo in questo settore.

La progettazione di artroprotesi richiede un certo numero di scelte, riguardanti sia aspetti anatomici sia aspetti relativi all’approccio chirurgico, e quindi alle dimensioni ed alla geometria della struttura da realizzare, in funzione dei cari-chi che il dispositivo dovrà sopportare una volta impiantato. L’attività del paziente portatore di artroprotesi è un fattore della massima importanza: anche con attività ridotta viene compiuto oltre un milione di cicli di carico per anno, con valori di pic co che possono raggiungere cinque/sette volte il

peso cor poreo. È quindi necessario ricorrere a materiali che pre sentino la massima affi dabilità meccanica, unita mente ad una elevata biocompatibilità. Tali caratteristiche sono proprie dei cosiddetti biomateriali, defi niti co me “material intended to interface with biological sy stem to evaluate, treat, augment or replace any tissue, organ or function of the body” (1) che compongono le protesi, al fi ne di armo-nizzare gli aspetti di compatibilità biologica con l’ambiente fi siologico e di resistenza meccanica, per garantire la durata dell’impianto. Attualmente infatti per biocompatibilità si intende “the ability of a material used in a medical device to perform with an appropriate host response in a specifi c application” (1). Questa defi nizione tiene conto delle mutue inte ra zioni tra il materiale e l’ambiente biologico, e supera una più vecchia concezione per cui il biomateriale dove va essere completamente inerte per essere considerato biocom-patibile. Nella Tab. 1 sono riportati alcuni esem pi di impiego nelle diverse discipline mediche dei bio materiali.

Nel caso dei materiali di un’artroprotesi, debbono essere

presi in considerazione le seguenti caratteristiche:1. proprietà meccaniche statiche

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10 G. Maccauro et al.

Dispositivo

Sistema cardiovascolare

Sistema cardiovascolareStimolatore del battitocardiaco (Pacemaker)

Defribillatore impiantabile

Valvola cardiaca artifi ciale

Protesi vascolare

Dispositivo di assistenzaventricolare (VAD)

Shunt vascolari, cateteri

Stent vascolari

Ortopedia

Mezzi di sintesi ortopedici,Fissatori, distrattori

Artroprotesi

Sostitutivi del tessuto osseo

Spaziatori vertebrali

Protesi esterne, corsetti

Odontoiatria e chirurgiamaxillo-facciale

Impianti dentali

Rialzo creste alveolari

Rigenerazione tissutale

Mezzi di sintesi maxillo-facciali

Scopo

Correzione delle aritmie del battito car diaco. Impiantato nella cavità toracica e connesso al muscolo cardiaco tramite un conduttoreintravascolare

In caso di fi brillazione, invia un impulso elettrico al cuore. Connessioni come per il Pacemaker

Sostituzione delle valvole cardiache naturali. Può essere costruita impiegando sia materiali di sintesi, che impiegando tessuti porcini trattati.

Sostituzione o bypass di un tratto di vaso sanguigno patologico

Aiuta il cuore a pompare sangue nell’aorta, impiantato a valle del ventricolo sinistro. Assistenza in attesa del trapianto o trattamento di infarto coronarico grave

Inseriti p.e. nel sistema cardiovascolare centrale o periferico per trasferire farmaci, per il prelievo o la trasfusione di sangue, per eseguire interventi terapeutici (p.es. angioplasica coronarica) o diagnostici (p.es. esplorazione endoscopica)

Supporto interno della parete vascolare, impiantato permanentemente per man tenere la pervietà del vaso

Chiodi endomidollari placche, staffe, viti, barre di Harrington, Ilizarov

Sostituzione funzionale dell’articolazionedell’anca, del ginocchio, della spalla, del gomito, del polso, della caviglia, delle dita della mano e del piede

Rialzo delle creste alveolari, protesi della teca cranica, ricostruzioni maxillo-facciali, riempimento di difetti tissutali (patologici o traumatici)

Fusione intervertebrale nel trattamento di fratture del rachide

Protesi degli arti superiori ed inferiori. Corsetti per la correzioni di difetti posturali

Sostituzione del dente mancante con una vite o un perno osteointegrati. Supporto allaricostruzione del dente

Impianto sostitutivo del tessuto osseo riassorbito

Rigenerazione guidata dei tessuti molli del cavo orale

Strumentari per la sintesi/riposizionamento delle ossa facciali

Esempi di biomateriali impiegati per la realizzazione del manufatto impiantabile

Involucro: Leghe titanio, acciaio InoxIncapsulanti:siliconi, resineepossidiche, elettrodi: leghe Pt o Pt/Ir

Involucro: Leghe titanio, acciaio InoxIncapsulanti: siliconi, resineepos sidiche, elettrodi: leghe Pt o Pt/Ir

Gabbiate: Leghe Titanio o Cr-Co-Mo, Occlusori: polimeri, carbonio pirolitico, DLC, anello di sutura: Dacronmateriali naturali trattati

Poliestere (Dacron velour, felt, knitted), Tefl on espanso, carbonio pirolitico

Leghe titanio, elastomeri, dacron, carbonio pi-rolitico,gommepolioleofi niche, compositi termoplastici

Polietilene, PVC, gomma siliconica, fi bre ottiche, acciaio, leghe titanio

Acciaio, leghe titanio, gomme siliconiche

Acciaio, leghe titanio, materiali compositi a matrice polimerica, compositi biodegradabili

Leghe titanio, leghe Co.Cr-Mo, acciaio Polietilene, Allumina. Testine: leghe Co.Cr-Mo, ceramiche (Al lumina, Y-TZP) Fissaggio: ceramiche calciofosfatiche, vetri bioreattivi, cementi PMMA

Ceramiche, vetri bioreattivi, Coralli trattati, cementi PMMA

Titanio, Allumina, Biovetro, vetroceramici apatite-wollastonite

Compositi a matrice polimerica, acciaio, leghe titanio, materiali naturali, polimeri

Titanio commercialmente puro, Idrossiapatite, vetro bioreattivo.

Idrossiapatite, vetro bioreattivo, coralli trattati.

Membrane in Tefl on

Titanio, copolimeri PGA/PLA

Tabella 1. Biomateriali utilizzati in discipline mediche

(segue tabella)

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11Lo stato dell’arte dei materiali

2. comportamento a fatica3. proprietà tribologiche4. resistenza alla corrosione5. sicurezza biologica6. lavorabilità7. economia di produzione

Nel seguito vengono descritte alcune delle caratteristiche dei materiali impiegati in ortopedia, ricorrendo ad una sche-matizzazione “classica”, raggruppando cioè i biomateriali in categorie dipendenti dalle loro proprietà chimico-fi siche: metalli, polimeri, ceramici. Nella Tab. 2 sono riportati alcune delle principali proprietà meccaniche dei biomateriali utiliz-zati in Ortopedia in rapporto alle proprietà dell’osso.

Materiali metallici

I materiali metallici sono utilizzati in chirurgia da ol tre un secolo, e, attualmente, un’ampia varietà di materiali metallici è disponibile per impianti acuti e cronici nel siste-ma muscolo-scheletrico. La scelta di metalli per impieghi cronici nel corpo umano viene fatta essenzialmente tra 3 leghe: acciaio inossidabile, leghe a base di titanio e a base di cobalto. Agli elementi base delle leghe metalliche (il ferro nell’acciaio, il titanio nelle leghe a base di titanio ed il cobalto nelle leghe a base di cobalto) si aggiungono altri elementi presenti in varie proporzioni, per migliorare le proprietà di resistenza chimica e meccanica della lega, quali

Altre applicazioniInfusori

Drenaggi /Stoma

Filtri per dialisi, linee ematiche

Dosatori di farmaci

Pelle artifi ciale

Protesi mammarie

Lenti a contatto

Impianti ossicolari auricolari

Dispositivi respiratori

Trachea artifi ciale

Collegate ad un catetere fi sso, consentono l’iniezione di farmaci o di nutrienti nel sistema cardiovascolare attraverso la cute, riducendo il rischio di infezioni

Drenaggi impiantabili per trattamento p.e. dell’idrocefalia, o per la rimozione di fl uidi dall’organismo. Ano artifi ciale

Membrane per la rimozione di metaboliti dal circuito ematico, tubi di collegamento

Pompe per il rilascio controllato di farmaci attraverso la cute, matrici biodegradabili impiantabili

Trattamento di ustioni

Sostituzione estetica del seno

Correzioni della visione

Sostituzione della catena ossicolaredell’orecchio medio

Tubi di ventilazione per assistenzarespiratoria, o per la somministrazione di anestetici, o altri farmaci

Ricostruzione/ supporto ai tessuti della tra-chea

Gomme siliconiche, polisulfone, leghe Titanio

Gomma siliconica, Silicone

Poliacrilonitrile, policarbonato, copolimeri stirene-acrilonitrile, Polivinilcloruro, acetato di cellulosa

Gomma siliconica,Polivinil alcol,Poliacriloammide

Collageno trattato, acido ialuronico

Siliconi, Dacron, gel siliconico

Polidrossimetimetacrilato

Ceramiche, vetri bioreattivi

Polivinilcloruro

Dacron, gomma siliconica, polietilene, titanio

(continua tabella 1 )

alluminio, cromo, manganese, molibdeno, niobio, nichel, tantalio, va nadio e tungsteno (2). L’acciaio inossidabile è utilizzato principalmente per realizzare mezzi di sintesi in traumatologia (chiodi endomidollari, placche e viti), mentre le altre due leghe vengono utilizzate principalmente per la realizzazione di protesi articolari.

I problemi principali dell’impiego dei metalli in chirurgia ortopedica sono connessi alla biocom pati bilità e alle proprietà meccaniche di questi materiali. Numerosi studi sono stati condotti per valutare la bio compatibilità in vitro ed in vivo dei metalli e specialmente del titanio e del cromo-cobalto: in particolare a Branemark nel 1969 (3) si deve il concetto di osseoin tegrazione, studiato per il titanio puro utilizzato per impianti dentali. Assume particolare rilevanza il concetto di contatto diretto osso-impianto senza inter posi zione di struttu-re fi brose per le componenti protesiche a diretto contatto con l’osso, cioè lo stelo ed il cotile (4). Aspetto essenziale delle artroprotesi è la loro rigidezza, che infl uenza la distribuzione delle sollecitazioni meccaniche sui tessuti periprotesici e quin-di contribuisce a modulare i processi di rimodellamento osseo. Mentre protesi rigide possono indurre riassorbimento osseo pe riprotesico a causa dello stress shielding, steli con bassa rigidezza possono generare micromovimenti all’in terfaccia osso-impianto, che si traducono nella formazione di tessuto fi broso ed ostacolo al contatto diretto osso-protesi (5). Ma il punto cruciale dell’impiego dei metalli è la loro suscettibilità, in forma e modi differenti, alla corrosione, malgrado il fi lm di passi vazio ne superfi ciale, che protegge le leghe metalliche dalla propagazione del fenomeno corrosivo (6).

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12 G. Maccauro et al.

Passando in rassegna le singole categorie di materia li me tallici usati nelle protesi ortopediche, vediamo che tran-ne il titanio “commercialmente puro” (7), utiliz zato come rivestimento osteoconduttore, i materiali me tallici per impieghi in chirurgia ortopedica sono generalmente usati come leghe.

Gli acciai inossidabili austenitici sono scelti per le applicazioni biomediche per la loro buona resistenza al la corrosione. L’aggiunta di molibdeno ed azoto alla lega migliora la resistenza alla corrosione a vaiolatura (pitting) ed in fessura (crevice) mentre il basso tenore di car bonio aumenta la resistenza alla corrosione intra gra nulare. Grazie alla buona lavorabilità ed al costo contenuto, questi materiali sono impiegati per la realizzazione della maggioranza dei mezzi di sintesi (chiodi, aghi, viti, placche), usati in ortopedia e destinati ad essere im piantati per un tempo limitato. La li-

Tabella 2. Proprietà di alcuni biomateriali e di tessuti biologici

Materiale

Acciaio Inox

Composition DComposition EAlto N

Titanio e leghe a basetitanio

Titanio “puro”Ti 6Al 4VTi 5Al 2.5FeTi 7Al 8Nb

Leghe a base cobalto

Co Cr MoCo Cr W NiCo Ni Cr MoCo Cr Ni Mo FeCo Ni Cr Mo W Fe

Ceramiche

AlluminaZirconia Y-TZPZirconia Mg-PSZIdrossiapatiteCarbonio piroliticoCarbonio pirolitico+SiULTI Carbon

Polimeri

Cemento PMMAPolietilene UHMWPE

Tessuti Umani

FemoreTibiaOmeroUlnaVertebraDentinaSmaltoCollageneElastina

Norma diriferimento

ISO 5832-1 DISO 5832-1 EISO 5832-9

ISO 5832-2ISO 5832-3ISO 5832-10ISO 5832-11

ISO 5832 -4ISO 5832 –5ISO 5832 –6ISO 5832 –7ISO 5832 -8

ISO 6474ISO 13356-ISO 13779---

ISO 5833ISO 5834 1/2

---------

σ r traz.MPa

690-1100800-1100740-1100

240-550860900900

665860800-1200950-1450600-1580

400-550900-1200--275-550550-620350-690

3030

1201401301483.5----

σ r comp.MPa

---

----

4000--40-150---

80-

1671601321175 – 10138241--

σ 0.2.MPa

190-690285-690430- n.d.

200-440780800800

450310300-1000450-1300275-1300

-------

--

---------

Note

AISI 316LAISI 317L

4 “gradi” da G1 a G4

Per getti

Semilavorati

ISO 15375 coatings

EGPa

200

100

130

30

380200--17 - 2820 - 3514 - 21

21

17.218.117.2180.213.848--

mitazione principale di queste leghe è dovuta alla presenza di nichel, ori gine in molti pazienti di reazioni allergiche (8) che, a loro volta, comportano la rimozione anticipata dei compo-nenti metallici, e alla facilità di corrosione in fessura (per gli acciai a basso molibdeno). Le norme ISO prevedono l’uso di quattro soli tipi di acciai in applicazio ni protesiche, ISO 5832 part 1 composition D, ISO 5832 part 1 composition E, e di un acciaio ad alto tenore di azoto, ISO 5832 part 9 (7).

Le leghe a base di cobalto sono impiegate come bio-materiali dagli anni 30 (Vitallium). Le loro buone caratteri-stiche meccaniche si accompagnano alla buona compatibilità ed alla buona resistenza alla corrosione. Le norme ISO com-prendono sia leghe per getti sia per la lavorazione plastica.

La lega ISO 5832 part 4 (7), contenente cobalto, cromo (26,5-30%) e molibdeno (4,5-7%), è impiegabile per getti. I limiti della lega per getti risiede nella qualità metallurgica del

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13Lo stato dell’arte dei materiali

nel siero e nelle urine fi no a 5 volte i livelli fi siologici. La modularità degli impianti, che consente l’adattamento della protesi all’anatomia del paziente, è considerato uno dei fat-tori che contribuisce al rilascio (12). Il rilascio dei metalli avviene in for ma di particelle di usura che hanno la stessa composizione della lega di partenza (13), ma soprattutto in for ma di ioni che si legano a proteine organiche tra cui l’al-bumina, formando complessi che possono indurre reazioni immunologiche del IV tipo.

La risposta biologica ai detriti metallici è caratterizzata da aspetti locali e sistemici, dipendenti sia dalla compo-sizione chimica e dalla valenza dell’elemento, sia dalla concentrazione e dalla velocità di escrezione. In taluni casi si osserva localmente la presenza di una membrana ricca di cellule istiocitiche che, in base al numero dei detriti fagocitati, presentano, alle colorazioni convenzionali tipo ematossilina-eosina, colori nel citoplasma che varia dal rosa al grigio al nero, espressione morfologica della morte cellulare (Fig. 2). Le membrane presentano aree di ricca vascolarizzazione con numerosi vasi linfatici contenenti quantità anche ingenti di detriti che vengono rimossi dal sito di produzione e immessi nel torrente linfatico (Fig. 3), alternate ad aree di necrobiosi in cui la componente cellulare è scomparsa dopo la necrosi delle cellule che hanno fagoci-tato i detriti ma persiste l’architettura fi brillare e aree necrosi (Fig. 4) in cui vi è anche la scompaginazione di quest’ultima (14). A livello sistemico gli effetti biologici dei metalli sono legati anche alla solubilità e della possibilità di accumulo dei diversi costituenti, scarsa per il cobalto, mentre il cromo è escreto più lentamente e tende ad accumularsi nei reni. Grande è il dibattito sia sulla sensibilizzazione agli ioni metallici (8), sia sui possibili effetti carcinogeni non tanto degli ioni in sé, ma di possibili effetti indotti dai composti: sotto questo aspetto il Co, il Cr e il Ni sono sospettati di attivare complessi carcinogeni (12).

prodotto, in quanto la resistenza a fatica dipende dai difetti presenti e dalla scarsa o nulla lavorabilità allo stato plastico. Le leghe di cobalto da de formazione plastica, ISO 5832 parts 5/6/7/8, (7), sono maggiormente costose, ma offrono carichi di rottura che, a seconda del tasso di incrudimento, possono superare i 1600 MPa.

Le leghe di cobalto sono impiegate soprattutto in orto pedia per la realizzazione di protesi articolari (anca, gi nocchio).

Il titanio e le sue leghe, sebbene la loro tecnologia sia abbastanza sofi sticata ed il costo relativamente elevato, sono i materiali metallici con la migliore bio com patibilità. Hanno buone caratteristiche meccaniche, peso contenuto ma soprattutto una notevole resistenza alla corrosione, grazie al sottile fi lm di ossido presente sulla loro superfi cie che si forma istantaneamente già per esposizione ambientale (9). Il loro limite è legato alla stabilità di questo fi lm: qualora la continuità del fi lm sia in terrotta (p.e. in condizioni di sfregamento – fretting), con frequenza tale da superare la velocità di formazione del fi lm di passivazione caratteristica del materiale, si possono innescare fenomeni di corrosione localizzata che costituiscono l’innesco di rotture per fatica del componente, mentre gli ioni metallici accumulati nei tessuti circostanti l’impianto sono origine di patologie classifi cate come metallosi da impianto.

Il titanio commercialmente puro è impiegato come rivestimento osteoconduttore in forma di reti, fi li, o di riporto plasma spray sulla superfi cie delle componenti di artroprotesi (anca, ginocchio, spalla) a contatto con il tessuto osseo. Tale materiale, ISO 5832 part 2, (7) è disponibile in quattro “gradi” il cui diverso tenore di ossigeno determina le caratteristiche meccaniche.

Le leghe a base di titanio sono caratterizzate dalle migliori proprietà meccaniche rispetto al titanio “puro”. Il titanio presenta due fasi, la fase alfa stabile a temperatura ambiente, che è duttile e saldabile, e la fase â che si forma a T > 885 °C, dura e fragile. Le leghe maggiormente uti-lizzate in applicazioni biomediche hanno struttura bifasica (alfa + beta), ottenuta con l’introduzione di elementi come l’alluminio o l’azoto che stabilizzano la fase alfa, e di vanadio, niobio, ferro quali stabilizzanti della fase beta a temperatura ambiente. Gli impieghi delle leghe di titanio, che sfruttano le elevate caratteristiche meccaniche, la buona biocompatibilità, la resistenza alla corrosione, il modulo di elasticità inferiore agli acciai ed alle leghe di cobalto di questi materiali, sono molteplici: spaziano dalle protesi ortopediche alle placche per osteosintesi. La normativa ISO prevede l’uso in campo biomedico di tre tipi di leghe titanio, di cui la più nota è la Ti6Al4V, ISO 5832-3, 7). La presenza di vanadio, e dubbi mai confermati sulla si curezza biologica dei prodotti di corrosione della lega, hanno indotto a sviluppare altre leghe in cui il vanadio è assente, peraltro notevolmente più costose.

Ancora oggi l’analisi dei dispositivi espiantati per fallimento degli impianti evidenzia fenomeni di rilascio e metallosi nei tessuti attorno all’impianto (10-11), ed ha di nuovo ravvivato l’interesse per gli studi sulla corrosione dei materiali metallici (Fig. 1). Tutte le leghe metalliche oggi in uso presentano elevata resistenza alla corrosione e all’usura in ambiente fi siologico. Tuttavia è noto che il loro impiego cronico determina il rilascio di ioni metallici

Fig. 1. Componente metallica di protesi modulare di anca che evidenzia graffi ature sulla superfi cie che si articola con l’inserto di polietilene.

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14 G. Maccauro et al.

Materiali ceramici

I materiali ceramici comprendono un’ampia classe di materiali inorganici non metallici. Nelle artroprotesi orto-pediche vengono impiegati sia materiali ceramici bioinerti (allumina, zirconia), sia bioreattivi (idros sia patite, fl uoroa-patite, vetri bioreattivi).

L’allumina e la zirconia sono usate nei giunti delle protesi articolari grazie alla loro elevata resistenza all’usura, alla loro stabilità chimica e dimensionale e alla scarsa o nulla reazione da corpo estraneo ai loro detriti. Queste ceramiche sono impiegate principalmente per la costruzione di testine per artroprotesi di anca, e di componenti delle protesi di ginocchio. Si calcola siano state impiantate nel mondo più di due milioni di testine in allu mina, e circa 500.000 in zirco-nia. Come le loro analoghe metalliche, le testine ceramiche vengono accoppiate a componenti acetabolari in polietilene ad altissimo peso molecolare (UHMWPE), ma vengono prodotti anche inserti in allumina per i cotili delle protesi di anca, realizzando così dei giunti ceramica/ceramica.

Sono in corso di sperimentazione giunti ceramici per le protesi di ginocchio, e sono in uso clinico componenti

Fig. 2. Membrana periprotesica ricca di detriti metallici fagocitati da cellule istiocitarie che presentano differente colore nel citoplasma variabile dal rosa al nero (EE 25x).

Fig. 3. Membrana periprotesica ricca di detriti metallici che migrano verso un vaso linfatico che ne permetterà il drenaggio sistemico (EE 25x).

Fig. 4. Membrana periprotesica ricca di detriti metallici con ampie aree di necrosi caratterizzata dalla scomparsa delle cellule e dallo scompaginamento dell’architettura fi brillare (EE 25x).

Fig. 5. Stereomicroscopia della superfi cie interna di testina in allumina che evidenzia ampi depositi di Titanio provenienti dalla corrosione del cono dello stelo ma non alterazione della superfi cie dell’allumina.

ceramici anche per articolazioni della spalla, del gomito e delle dita della mano e del piede.

L’allumina per impieghi biomedici, ISO 6474, (15) è costituita almeno dal 99,5% di fase alfa con micro strut tu ra formata da grani con diametro medio inferiore a 4 mm. Studi clinici hanno mostrato che l’impiego di ac cop piamenti allu-mina/allumina nei giunti protesici di minuisce di due ordini di grandezza il volume dei detriti di usura responsabili dell’at-tivazione dei meccanismi biologici che portano al fallimento dell’impianto pro te sico (Fig. 5). L’allumina è stata introdotta circa 30 an ni or sono (16) come materiale per la costruzione delle superfi ci articolari nelle protesi di anca. È noto che la durata di un impianto protesico può aumentare anche in virtù della relativa inerzia di un materiale ceramico e della sua resistenza all’usura: infatti i detriti di usura sono l’origine principale della cascata di eventi che conduce alla rimozione precoce delle protesi articolari. Le caratteristiche positive dell’allumina possono essere sintetizzate come (17):1. eccellente resistenza alla corrosione in ambiente biolo-

gico;2. elevata resistenza all’usura, determinata dalla durezza

estremamente elevata della-allumina (9 nella scala di Mohs), dalla resistenza della superfi cie all’abrasione da

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15Lo stato dell’arte dei materiali

parte di corpi estranei, dalla bagna bilità della superfi cie che determina l’adesione di un fi lm fl uido all’interfaccia delle superfi ci articolari;

3. elevata stabilità dimensionale, determinata dall’elevato modulo elastico (o di Young) e dall’assenza di creep;

4. buona resistenza meccanica statica e a fatica.

Il limite all’impiego dei componenti in allumina risiede nella meccanica della frattura fragile di questo materiale, che unito all’alto modulo di elasticità rende i componenti in allumina “sensibili” alle concentrazioni locali di tensioni, quali quelli che si possono verifi care negli accoppiamenti con i componenti metallici delle protesi, che debbono essere lavorati con tolleranza molto contenute.

Per superare i limiti dell’allumina, sono stati sviluppati componenti in zirconia (18). La Zirconia fu inizialmente studiata come zirconia parzialmente stabilizzata con ossido di magnesio come additivo (Mg-PSZ) (19). Anche altri stabilizzanti tra cui l’ossido di calcio (20) e l’ossido di cerio sono stati studiati in applicazioni biomediche, ma oggi la zirconia utilizzata e la Y-TZP (zirconia tetragonale policri-stallina stabilizzata con ossido di ittrio, ISO 13356, (21). Molto negli anni precedenti si è dibattuto sui possibili effetti carcinogeni dovuti alla radioattività dei precursori ceramici della zirconia, ma oggi è stato superato dimostrando che la polvere pura non è radioattiva (22) e non è cancerogena nè in vitro (23), nè in vivo (24).

Le ceramiche di zirconia presentano un certo grado di tenacità (K

ic = 8-15) poiché è possibile introdurre nella

loro microstruttura meccanismi dissipativi dell’energia di frattura basati sulla trasformazione di fase nella zona che “precede” la cricca (process zone). Le migliori proprietà meccaniche della zirconia rispetto all’allumina, la sua eccel-lente biocompatibilità e le proprietà tribo lo giche del giunto zirconia-polietilene che risultano so vrapponibili a quelle della coppia allumina-polie ti lene, rendono estremamente interessante l’uso di questo materiale.

Tests di biocompatibilità in vitro su colture cellulari ed in vivo su animali di esperimento hanno evidenziato la scarsa tossicità dei materiali relativamente inerti (25, 22), anche se recentemente tests di apoptosi hanno dimostrato che sia l’allumina che la zirconia possono modifi care alcune pro-prietà biologiche dei macrofagi che fagocitano i precursori in forma di polveri (26) .

Nonostante i risultati positivi ottenuti sia nelle prove di laboratorio, sia in circa dieci anni di impiego clinico, nume-rosi casi di fallimento che hanno recentemente riguardato alcune selezionate serie di testine in zir conia rendono dif-fi cile oggi fare previsioni sulla continuazione dell’impiego di questo biomateriale in ortopedia (27).

In caso di fallimenti protesici di accoppiamenti di allu-mina-allumina è stata osservata la formazione di membrane periprotesiche con cellule istiocitarie che fago ci tano i detriti di allumina di dimensioni di circa 2 µm cir ca di diametro, mentre nello spazio intercellulare ricco di fi bre collagene sono visibili cristalli di materiali ce ramici di dimensioni no-tevolmente superiori (Fig. 6). Scarsa è la vascolarizzazione della membrana e rare sono le cellule giganti responsabili dell’attivazione dell’o steo lisi periprotesica (28). Non sono descritti danni sistemici, grazie alla stabilità dell’alluminio nel materiale ceramico, dovuto all’elevata energia di legame

Al-O nella molecola dell’allumina, a differenza di quanto os-servato nel caso delle membrane dialitiche, al cui uso è stato correlato l’accumulo di alluminio nei tessuti cerebrali.

Sebbene la percentuale di fallimenti dei componenti in allumina sia bassissimo (0.004%) la ricerca è indirizzata verso lo sviluppo di materiali ceramici compositi, ed in particolare la ZTA (zirconia toughned alumina), e la AMC (Alumina Matrix Composite), che coniugano la durezza dell’Allumina e la tenacità della zirconia migliorando la resistenza meccanica e la affi dabilità dell’impianto (29).

I ceramici calciofosfatici costituiscono la più importante categoria di ceramici bioattivi. Essi presentano proprietà osteoconduttive (30), sono cioè in grado di supportare la crescita di differenti tessuti coinvolti nel l’osteogenesi tra cui vasi e osteoprogenitori da un letto osseo dell’ospite senza interposizione di tessuto fi broso (31), ma mai di formare osso in tessuti extra scheletrici. Questo comportamento, con diversa cinetica è comune ad alcuni vetri (Bioglass®), ad alcuni ceramici calcio fo sfatici (p.e. idrossiapatite, b-trical-cio fosfato) e ad alcuni vetroceramici (apatiti-wolla sto niti, AWGC). Le loro proprietà meccaniche non consentono l’uso in componenti strutturali (32), e quindi i ceramici bioattivi sono utilizzati come riempitivi di difetti ossee come i gra-nulati o come solidi porosi, ma soprattutto come rive stimenti osteoconduttori sugli steli metallici delle artroprotesi (33, 31, 34), per consentirne la stabi lizzazione nella sede impianto senza impiego di cementi os sei. Più recente è l’impiego di materiali porosi osteo conduttori per riempire gabbiette metalliche in titanio da utilizzare in chirurgia vertebrale per sostituire corpi vertebrali. Le caratteristiche dei riporti in HA sono riportate in Tab. 3.

La HA utilizzata deve essere la più pura possibile. Le impurezze, la riduzione della cristallinità con incremento della cosiddetta fase amorfa, e la porosità infl uenzano la solubilità del rivestimento che comunque è mag giore a basso valore di pH. La porosità peraltro è un fattore critico sia per la riduzione della resistenza meccanica del riporto, sia perché aumenta la superfi cie specifi ca e quindi la solu-bilità. Altro fattore critico è lo spes sore del rivestimento, che per valori superiori a 100 µm può mostrare la tendenza alla delaminazione.

Fig. 6. Microscopia elettronica a scansione di membrana periprote-sica ricca di detriti di Allumina.

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16 G. Maccauro et al.

Materiali polimerici

Le applicazioni dei biomateriali polimerici sono innume-revoli: esse spaziano dalle protesi vascolari alle fi bre cave per emodialisi, dalle superfi ci articolari per le protesi ortopediche alle lenti intraoculari, dalle protesi mammarie ai cateteri , dai cementi per ossa ai materiali da sutura. Si pensi inoltre a tutti i materiali monouso (siringhe, cannule, sacche) ed ai materiali impiegati nel confezionamento dei dispositivi medici, cui è affi data la salvaguardia della sterilità del contenuto. I tipi di materiali utilizzati sono di conseguenza i più vari: viene usato il polietilene ad alto peso molecolare (UHMWPE - Chiru-len®), il politetrafl uoroetilene (PTFE - Tefl on® - Goretex®), il polietilene tereftalato (PET - Dacron®, Mylar®), il polime-tilmetacrilato (PMMA - Perspex®, Plexiglass®, Lucite®), il silicone i poliu re tani.

In ortopedia due materiali polimerici rivestono partico-lare interesse: 1. il polietilene ad elevatissimo peso molecolare (>4.000.000

amu) - UHMWPE2. il polimetilmetacrilato - PMMA

L’UHMWPE è un cardine nella realizzazione delle ar-troprotesi, ma i detriti di usura di questo materiale so no da sempre ritenuti i principali responsabili dell’innesco della cascata di reazioni biologiche che portano alla mobilizzazione dell’impianto stesso (Fig. 7). I detriti di forma e dimensione

particolarmente variabile vengono prodotti in gran numero nei giunti delle artroprotesi, sia in condizioni di esercizio per il contatto tra le superfi ci articolari (testina e cotile nelle protesi di anca, condili femorali e piatto tibiale nelle protesi di ginocchio) sia per il contatto delle componenti in UHMWPE con altre superfi ci protesiche, p. es nelle protesi di anca, tra inserto in UHMWPE e il metal back della componente ace ta-bolare, specie se in presenza di fori per viti che espongono il materiale al contatto con l’osso.

La risposta biologica ai detriti di polietilene è caratte-rizzata dalla formazione di una membrana simil sino viale ricca di componente cellulare bifasica: i detriti di pic cola dimensione <10 µm di diametro sono fagocitati da istiociti mono o oligonucleati (Fig. 8), mentre i detri-ti di maggiori dimensioni (Fig. 9) sono fagocitati da cellule giganti plu-rinucleate (35). Lo stroma è povero di vasi che non rimuo-vono quindi i detriti dalla zona di formazione e tendono a rimanere nello spazio peripro te sico andando in particolare ad incunearsi tra stelo e os so e tra cotile e osso (36). Molti tentativi sono stati fat ti per sostituire il UHMWPE o eli-minarne del tutto l’u tilizzo negli accoppiamenti protesici (metallo-metal lo; allumina-allumina), o per migliorare le caratteristiche chimico-fi siche del polietilene attraverso l’introdu zione di additivi, o aumentando il cross-linking delle catene polimeriche.

Il PMMA è stato introdotto da Charnley nel 1970 (37) in chirurgia ortopedica ed utilizzato come materiale di ancorag-gio tra l’impianto e l’osso (cemento). Il ce mento negli anni ha dimostrato le sue luci e le sue om bre come dimostrano le casistiche di Wroblesky (38) con sopravvivenza di impianti a oltre 30 anni dall’impianto, ma soprattutto moltissimi casi di scollamento aset tico che sono ormai consolidato patri-monio di ogni chi rurgo ortopedico. La risposta biologica ai detriti di cemento si caratterizza per la formazione di reazione granulomatosa da corpo estraneo ricca di cellule giganti che circondano i detriti di cemento di differenti for-ma e dimensione. Per migliorare le prestazioni del cemento sono state suggeriti differenti soluzioni, consistenti sia nella preparazione del cemento sotto vuoto per rimuovere bolle e

Fig. 7. Usura ampia del versante cotiloideo di componente aceta-bolare in Polietilene.

Fig. 8. Membrana periprotesica che evidenzia detriti di Polietilene di piccole dimensioni fagocitate da cellule istiocitarie mono o oligonu-cleate e detriti di maggiore dimensioni fagocitati da cellule giganti (Gomori Halmi 25x).

Tabella 3. Caratteristiche tipiche di riporti osteoconduttori in idrossiapatite

Caratteristica Valore

composizione chimica Ca10(PO4)6(OH)2

purezza >95% HAelementi traccia <50ppm di metalli pesantirapporto Ca/P 1.67cristallinità >45%densità 2.98 g/cm3

porosità 5-20% spessore del rivestimento 50-100 µm resistenza al taglio (shear) >15 MPa resistenza alla trazione (tensile) >51MPa

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prevenire vuoti (39), sia nell’abbassamento della viscosità del cemento (40) e nella preparazione dell’osso (41).

Oltre che come sistema di ancoraggio di protesi metal-liche all’osso, attualmente il cemento viene utilizzato come riempitivo di cavità ossee dopo curettage di lesioni metae-pifi sarie sia benigne con tendenza alla recidiva locale, come il Tumore a Cellule Giganti, sia a bas so grado di malignità, p.es. condrosarcoma grado 1 e più raramente metastatiche o linfomatose. Nelle lesioni maligne può essere utilizzato anche in altri segmenti scheletrici sia da solo o in associazione a mezzi di sintesi, distanziatori, o protesi. Più recentemente il cemento è impiegato come sistema di dismissione di farmaci antibiotici nel trattamento delle protesi infette, per le proprietà meccaniche che il PMMA presenta e per la possibilità di dismettere farmaci antibiotici, attraverso un meccanismo mai ben chiarito ma sicuramente presente (42). Particolarmente promettente è l’impiego del cemento addizionato a farmaci antiblastici nel trattamento locale delle metastasi scheletriche, grazie alle pro prietà meccaniche e citotossiche del cemento e an ti neo plastico dei farmaci (43).

Altri polimeri impiegati in ortopedia sono il polie ten-tereftalato (Trevira), in forma di rete utilizzata per l’an-coraggio delle parti molli residue dopo resezione os sea e mu-scolare per neoplasie primitive e secondarie che coinvolgano l’osso. Studi di biocompatibilità in vi tro (44) e studi clinici (45) ne hanno confermato le buo ne proprietà biologiche.

Alcuni polimeri quali l’acido polilattico, l’acido po -liglicolico, il polidrossanone e l’acido butirrico-va lerianico sono impiegati per la realizzazione di piccoli mez zi di sintesi (viti, cambre) o di membrane bio degrada bili in-vivo.

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Fig. 9. Membrana periprotesica che evidenzia di detriti di Polietilene di varie dimensioni circondati da cellule giganti plurinucleate (Gomori Halmi 25x).

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