RAR Piemonte 2009 · Lino Scopacasa Comitato Paritetico Territoriale per la prevenzione infortuni...

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ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO Rapporto Annuale Regionale 2009 Piemonte

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ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONECONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO

Rapporto AnnualeRegionale 2009

Piemonte

Rapporto Regionale 2009 Supervisione: Pietro Spadafora - Direttore regionale Redazione: Pietro Spadafora Rosanna Brunetti Paola Fassone Maria Gullo Mirko Maltana Franca Moroni Carmela Sidoti Hanno collaborato: Gaetano Capizzi

Daniele Debernardi Confindustria Vercelli Valsesia

Luca Marmo Politecnico di Torino, Dipartimento di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica

Lino Scopacasa Comitato Paritetico Territoriale per la prevenzione infortuni di Torino e Provincia

Stampato dalla Tipolitografia IINAIL - Milano

Festival CinemAmbiente

Rapporto Annuale 2009 Indice Presentazione del Direttore regionale INAIL 5 Prima parte - Il fenomeno infortunistico e tecnopatico in Piemonte

1.1 L’andamento sociale economico 1.1.1 Il contesto internazionale e l’Italia 9 1.1.2 La congiuntura in Piemonte 9 1.1.3 La congiuntura nelle province 10

1.2 Gli infortuni e le tecnopatie

1.2.1 L’andamento generale 12 1.2.2 Le tipologie di rischio e gli infortuni mortali 15

1.2.3 Gli stranieri 16 1.2.4 Il territorio 17 1.2.5 Le malattie professionali 18

Seconda parte – L’attività di prevenzione sul territorio 2.1 Il progetto mappe di rischio 23 2.2 La sicurezza, le sinergie e il sistema bilaterale edile

nell’esperienza torinese 24 2.3 Un “laboratorio” per gestire la sicurezza a misura di azienda:

l’esperienza vercellese 27 2.4 Cinque cortometraggi per documentare le buone prassi 29 2.5 Atmosfere esplosive: la collaborazione con il Politecnico

e l’Unione Industriale di Torino 31

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Presentazione del Direttore regionale INAIL Il Rapporto annuale 2009 rispecchia nei numeri l’andamento economico e produttivo in Italia e in Piemonte e la costante e tendenziale diminuzione degli infortuni, registrata ininterrottamente da almeno un decennio, al netto delle flessioni congiunturali o della inversione settoriale di tendenza, come nel caso delle malattie professionali, legata a positivi fenomeni di emersione di tecnopatie in passato sottratte alla tutela assicurativa. Il Rapporto non può inoltre non registrare, in maniera circoscritta ma significativa, il processo di mutamento in atto nel mercato del lavoro, nella base produttiva, nei flussi migratori, che pongono alle parti sociali, agli esperti e agli operatori, problematiche affatto nuove, che necessitano per essere affrontate e risolte di risposte diverse che nel passato. Una gamma significativa, anche se certamente non esaustiva, delle risposte possibili, è quella che compare nei contributi monografici presenti nel volume e per i quali sinceramente ringrazio gli autori. Una stesura a più mani era, a ben vedere, l’unica pertinente, dal momento che le iniziative più qualificanti e i progetti più riusciti o promettenti, sono nati dalla volontà e dal lavoro comune. Se il numero degli infortuni diminuisce, anche al netto della congiuntura sfavorevole, ciò è la dimostrazione evidente e incontrovertibile che questi sforzi cominciano a dare i loro frutti. Attorno alla tutela del lavoro, pur permanendo sacche significative di lavoro nero e insicuro, l’attenzione continua a essere alta. Sul tema esiste oramai un’obiettiva e diffusa consapevolezza dei ruoli e delle responsabilità, che un tempo non c’era. Questo nuovo clima è forse più presente nel capoluogo, ma anche nel restante territorio regionale sono sempre più numerose le iniziative di informazione e formazione o di aggiornamento, che coinvolgono un elevato numero di maestranze e che vanno ben al di là, per finalità, gamma e professionalità di offerta, dei livelli minimi, obbligatori per legge. Le parti sociali e l’intero mondo produttivo ed economico, accanto alle autonome iniziative categoriali, partecipano attivamente ai lavori del Tavolo Misto attivo presso l’INAIL Piemonte, garantendo così una programmazione regionale degli interventi. La cultura della prevenzione ha trovato nelle scuole, associate nel sistema a rete regionale, uno strumento e un modo di organizzare l’attività didattica, valorizzando il messaggio della prevenzione nella sua accezione più ampia. Anche i linguaggi mutano, sfruttando la multimedialità e sistemi di diffusione più capillari, come nel caso delle cinque storie esemplari di sicurezza sul lavoro, raccontate in short movie che illustrano gli sforzi di altrettante aziende piemontesi per migliorare i Sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro. Quelli fatti sono solo alcuni esempi fra i tanti che, oltre all’intrinseco valore, testimoniano la coralità degli interventi e la comune “presa in carico” del problema. Un esempio di comunità locale consapevole della centralità del lavoro e della sua tutela.

Pietro Spadafora Direttore regionale INAIL

Prima parte

Il fenomeno infortunistico e tecnopatico in Piemonte

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1.1 L’andamento sociale economico Paola Fassone, Funzione Organizzazione INAIL Piemonte

1.1.1 Il contesto internazionale e l’Italia

Il 2009 è stato l’anno della massiccia ricaduta sull’economia reale della crisi finanziaria iniziata nel terzo trimestre del 2008. Il PIL nell’area OCSE ha segnato una contrazione del 3,4% (è il primo calo dal 1960, anno in cui è iniziato questo tipo di rilevazioni), contrazione che nell’area Euro è arrivata fino al 4%. In Italia la riduzione del PIL sul 2008 ha significato il peggior risultato economico dal 1971 risultando pari al 5%. La crescita a livello tendenziale nell’area OCSE del tasso di disoccupazione rispetto al dicembre 2008, pari all’1,8%, conferma come la crisi abbia inciso sul mercato del lavoro. In particolare nell’area Euro la disoccupazione si attesta al 10% e in Italia all’8,5%, raggiungendo però una media più alta rispetto agli altri Paesi per la disoccupazione giovanile. Nel 2009 le ore di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga) in Italia sono aumentate del 311,4%, passando dai 223 milioni del 2008 a 918 milioni. È da sottolineare come il ricorso alla CIG in deroga renda più difficile il confronto con l’anno precedente. Nel corso dell’anno in esame la produzione industriale italiana è diminuita del 17,4% rispetto al 2008. 1.1.2 La congiuntura in Piemonte

La crisi internazionale in Piemonte aveva iniziato a dare i primi segnali con la rilevazione negativa del terzo trimestre del 2008, avvenuta dopo undici trimestri consecutivi di crescita produttiva. Infatti, nel primo trimestre del 2009, le difficoltà del sistema produttivo locale hanno assunto i connotati di una crisi strutturale e generalizzata, con effetti anche nei successivi trimestri, registrando un forte calo della produzione e del fatturato delle imprese industriali. Il saldo tra nuove iscrizioni e cessazioni imprese registrate determina un tasso di crescita 2009 della base imprenditoriale piemontese di segno negativo (- 0,3%) Il PIL regionale si è contratto circa del 5,1%, sostanzialmente in linea con il dato nazionale. A partire dall’estate sono emersi segnali di recupero della domanda e le previsioni delle imprese industriali prefigurano una stabilizzazione del quadro congiunturale, senza però una chiara inversione di tendenza, anche se migliorano, per ciò che riguarda la domanda internazionale, i mezzi di trasporto (+ 6,4% nell’ultimo trimestre) e l’alimentare (+ 3,5%). Nel 2009 la produzione manifatturiera piemontese è scesa del 12,2% (registrando solo nell’ultimo trimestre un - 6%) con un tasso di utilizzo degli impianti pari al 60,2%. Manifestano flessioni superiori alla media regionale: il comparto dei metalli (- 20%), la meccanica (-10,7%), l’elettricità-elettronica (-8,8%). Anche nel settore delle costruzioni la congiuntura è rimasta negativa a causa della ridotta domanda per lavori pubblici dovuta agli stringenti vincoli di finanza pubblica e alla debolezza della domanda sul mercato dell’edilizia residenziale. Le esportazioni sono diminuite a livello regionale del 21,8%. Il dato dell’export risulta negativo nel corso del 2009 soprattutto per VCO, Asti e Torino (province che avevano chiuso il 2008 con segno positivo) e investe soprattutto i settori del comparto dei metalli (- 34,8%), delle macchine e apparecchiature (- 28%) e del tessile-abbigliamento (- 21,1%).

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Nei primi mesi del 2010, però, arrivano proprio dalla domanda estera i primi segnali di ottimismo: una quota di imprese piemontesi superiore alla media nazionale ha intrapreso azioni volte ad ampliare il numero dei mercati e la presenza produttiva all’estero. Il mercato del lavoro In Piemonte, dopo molti anni di crescita l’occupazione complessiva si è ridotta per effetto dell’ulteriore calo del numero degli addetti nell’industria e nei servizi; diminuendo nella media annua dell’1,3 %. Risulta in crescita, nello stesso periodo, il numero di occupati nei settori delle costruzioni, commercio e agricoltura. Nel complesso, al terzo trimestre del 2009 il tasso di occupazione della popolazione piemontese è risultato pari a 63,8% (inferiore di oltre l’1% rispetto al terzo trimestre 2008). Di pari passo, il tasso di disoccupazione passa dal 5% medio del 2008 al 6,8% del 2009. Il tasso di disoccupazione più alto si registra in provincia di Torino (8,3%). Le ore di CIG complessivamente autorizzate nel 2009 aumentano del 363,7% rispetto al 2008. Le ore settimanali lavorate si sono ridotte in Piemonte (includendo anche la Valle d’Aosta) del 4,9% complessivamente e del 12,6% nell’industria in senso stretto, in misura maggiore rispetto alla media nazionale (pari a - 3,7% e 9,9%). 1.1.3 La congiuntura nelle province

In provincia di Torino la produzione industriale è diminuita del 18,4% e l’export del 24,5%. Il tasso di crescita delle imprese registrate è pari allo 0,2% (unico dato positivo nella regione insieme alla provincia del VCO). Le ore autorizzate di CIG ordinaria sono state, nella provincia, oltre 71 milioni (di cui 47 nel solo settore meccanico). L’incremento rispetto al 2008 è stato pari al 600%. In provincia di Vercelli la produzione industriale ha subito un calo del 17,5% e una diminuzione dell’export del 15,4%. Il tasso di crescita delle imprese registrate è pari a - 0,7%. In provincia di Novara la produzione industriale ha registrato una flessione del 14,9% associata a un calo delle esportazioni del 19,6%. Il tasso di crescita delle imprese registrate è pari a - 0,4%. In provincia di Cuneo, la produzione manifatturiera è scesa del 9,4% e con il - 14,6% dell’export ha registrato le flessioni inferiori della regione, accompagnate dal tasso di disoccupazione più basso delle province piemontesi. In provincia di Alessandria la produzione industriale è calata del 7,4%, mentre l’export del 22,8%. La contrazione del tasso di crescita delle imprese registrate è pari a - 1,5%. In provincia di Asti la riduzione della produzione industriale ha registrato il picco più alto del Piemonte (- 19,7%), accompagnata da una diminuzione dell’export del 23,7%. Il tasso di crescita delle imprese registrate è pari a - 0,17%. In provincia di Biella il settore manifatturiero ha fatto registrare una diminuzione complessiva della produzione industriale del 15,4% cui si è accompagnato un calo delle esportazioni del 21,5%. Ha avuto il record negativo di crescita delle imprese registrate, pari a - 1,6%.

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Nella provincia del VCO la produzione industriale cala del 15%, mentre le esportazioni registrano il record negativo regionale con - 34% Il tasso di crescita delle imprese registrate è pari a 0,4%; da osservare, a questo proposito, che nella provincia, distretto per eccellenza dei casalinghi e della rubinetteria, nel 2010 si sta avviando a chiusura, per delocalizzazione della produzione all’estero, lo storico marchio della Bialetti e la Girmi (altro marchio caratteristico) ha già cessato la produzione. Riferimenti bibliografici: Piemonte congiuntura – pubblicazione trimestrale Unioncamere Piemonte Banca d’Italia – Economie regionali - L’economia del Piemonte Banche dati Sole 24 ore Ires – Piemonte economico sociale 2009

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1.2 Gli infortuni e le tecnopatie Mirko Maltana, Responsabile INAIL Moncalieri

1.2.1 L’andamento generale Nel 2009 in Piemonte sono stati denunciati 62.257 infortuni, cioè il 10,64% in meno rispetto all’anno precedente. Contemporaneamente, i casi mortali sono stati 53 e sono calati del 30,26% rispetto al 2008, anno nel quale in Piemonte si era scesi per la prima volta al di sotto dei 100 infortuni mortali, come mostrato dalla tabella 1 che riassume i valori assoluti del fenomeno infortunistico piemontese a partire dall’inizio del decennio.

Tabella 1

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

AGRICOLTURA 7.102 6.756 6.078 6.017 5.837 5.786 5.549 5.157 4.902 5.064

di cui mortali 21 18 18 13 17 16 15 10 7 10

INDUSTRIA E SERVIZI * 75.908 77.247 74.110 71.293 70.215 67.870 66.480 65.889 62.427 54.768

di cui mortali 103 102 123 107 92 77 91 95 69 43

DIPENDENTI CONTO STATO 2.590 2.183 1.688 1.807 1.921 2.004 2.013 2.083 2.343 2.425

di cui mortali 0 0 2 1 2 0 2 0 0 0

PIEMONTE 85.600 86.186 81.876 79.117 77.973 75.660 74.042 73.129 69.672 62.257

di cui Mortali 124 120 143 121 111 93 108 105 76 53

* riunisce tutte le attività, comprese quelle artigiane, assicurate in forma ordinaria all'INAIL tramite le tariffe dei premi INDUSTRIA; ARTIGIANATO; TERZIARIO e ALTRE ATTIVITA'

Questi risultati si inseriscono in un’ormai consolidata tendenza di lungo periodo piemontese che, a partire dal 2000, vede costantemente diminuire sia il numero complessivo degli infortuni denunciati che quello dei casi mortali, questi ultimi con qualche oscillazione di breve periodo. A partire dal 2008, però, si registra una netta accelerazione del decremento di entrambe le categorie di eventi che è più ampia per gli infortuni mortali e che è continuata nel 2009, come riportato dal Grafico 1 nel quale l’andamento infortunistico del decennio è stato normalizzato all’anno 2000.

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Lo scorso anno, per valutare la dinamica infortunistica del 2008, era stato ipotizzato che l’andamento fosse stato in parte influenzato dai primi effetti sull’occupazione della crisi economica, avvertiti proprio a partire dall’ultimo trimestre dell’anno. Sarebbe, quindi, logico attribuire anche il netto calo del 2009 alla congiuntura economica ed ai suoi effetti diretti ed indiretti sull’occupazione e sull’esposizione al rischio infortunistico. Se, però, si dovesse valutare l’impatto della crisi sul fenomeno infortunistico solamente sulla base della perdita di occupazione, se ne dovrebbe paradossalmente constatare la sostanziale irrilevanza, dato che, secondo l’Istat, gli occupati in Piemonte sono calati di circa l’1,3% a fronte di una contrazione degli infortuni quasi dieci volte maggiore. In realtà sul fenomeno infortunistico incidono una pluralità di fattori alcuni dei quali, come ad esempio le ore effettivamente lavorate o quelle di Cassa Integrazione Guadagni, sono direttamente connessi alla congiuntura economica, mentre altri, come ad esempio gli effetti di lungo periodo degli investimenti in prevenzione effettuati negli scorsi anni, sono meno sensibili alle oscillazioni congiunturali. In termini di andamento infortunistico non è, oltretutto, indifferente se, per effetto della crisi, la contrazione dell’attività lavorativa si concentri, o meno, in settori ad alto rischio infortunistico. Lasciando, quindi, ad economisti e sociologi il compito di valutare l’effettiva incidenza della congiuntura economica sull’andamento infortunistico, per dare un’idea della complessità degli elementi di valutazione, nella Tabella 2 si mettono a confronto le variazioni rispetto al 2008 di alcuni dei principali indicatori economici ed infortunistici regionali con la variazione nazionale delle ore lavorate nel 2009 per la produzione del Pil.1

1 Al momento della redazione di questo commento, nella banca dati Istat sono disponibili solamente i dati aggregati nazionali che rilevano un calo, in termini assoluti, di 1,65 miliardi di ore, ma non quelli regionali. Si ritiene, comunque, che quanto rilevato dall’Istat a livello nazionale in termini di variazione percentuale delle ore lavorate sia sostanzialmente rappresentativo, eventualmente per difetto, anche della contrazione registrata in Piemonte.

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Tabella 2 INFORTUNI DENUNCIATI IN PIEMONTE

OCCUPATI IN PIEMONTE

CASSA INTEGRAZIONE (ordinaria e straordinaria)

IN PIEMONTE 1

ORE LAVORATE IN ITALIA

AGRICOLTURA 3,30% 5,88% *** -2,50%

INDUSTRIA -24,12% -3,79% 360,99% -8,36%

di cui: Costruzione auto -31,98% N.D. 373,91% -14,38%

Edilizia -13,28% 1,40% 163,61% -3,74%

SERVIZI -5,29% -0,42% 447,07% -1,77%

di cui: Trasporti -19,82% N.D. 717,92% -0,98%

TOTALE -10,64% -1,27% 363,72% -3,63%

Fonte: INAIL

Fonte: ISTAT

Fonte: Regione Piemonte su dati INPS

Fonte: ISTAT

La tabella mostra piuttosto chiaramente come il calo infortunistico registrato nel 2009 sia concentrato quasi esclusivamente nel settore industria, con punte più elevate della media nel comparto auto, notoriamente strategico per l’economia piemontese, e nelle costruzioni. Il calo registrato nel settore dei servizi, pur essendo rilevante, è nettamente meno marcato ad eccezione del comparto dei trasporti che registra una riduzione quasi doppia rispetto alla media regionale. L’andamento infortunistico crescente del settore agricolo, invece, coincide con un aumento dell’occupazione, in controtendenza rispetto agli ultimi anni, e sembra confermare, per quel settore, l’esistenza di una correlazione diretta fra dinamica occupazionale e dinamica infortunistica. Tutto ciò ha determinato un lieve incremento del peso percentuale degli infortuni, anche mortali, del settore agricolo sul totale dei casi denunciati ed una contrazione dell’incidenza di tutti gli altri. Nel Grafico 2, che mette a confronto le variazioni percentuali dell’anno 2009 rispetto al precedente del totale degli infortuni e dei casi mortali, aggregate per gestione assicurativa INAIL2, si nota che nell’industria e nel terziario gli infortuni mortali sono calati con percentuali nettamente maggiori rispetto alla media regionale. Nell’agricoltura, invece, gli infortuni mortali sono aumentati ben più che proporzionalmente. Sebbene, in valori assoluti, questo aumento sia di soli tre casi e potrebbe a pieno titolo rientrare in un’oscillazione casuale, non va sottovalutata la possibilità che l’andamento sia correlato all’aumento del numero di lavoratori esposti a lavorazioni tradizionalmente piuttosto pericolose e che, quindi, vi sia margine per miglioramenti in termini prevenzionali.

1 In valori assoluti, nel 2009 in Piemonte sono state concesse 130 milioni di ore di cassa integrazione in più rispetto al 2008, quando ne erano state autorizzate complessivamente 36 milioni. Di queste ore in più, 125 milioni sono state utilizzate dall’industria (90 milioni dalle sole industrie meccaniche e metallurgiche) e 5 milioni dai servizi (la metà nel commercio), dove lo strumento della CIG era meno diffuso rispetto all’industria, il che spiega l’oscillazione percentuale più ampia rispetto all’industria. 2 Nella gestione “Industria e servizi” sono accorpate le attività produttive private di beni e servizi, comprese quelle effettuate in forma artigiana, mentre nella gestione “Conto stato” sono ricompresi gli infortuni occorsi a pubblici dipendenti.

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1.2.2 Le tipologie di rischio e gli infortuni mortali Come noto, gli infortuni sul lavoro comprendono tutti i casi avvenuti nell’ambiente ordinario di lavoro (fabbrica, cantiere, ufficio, ecc …) e tutti gli incidenti stradali che hanno coinvolto sia i lavoratori intenti alle loro normali attività lavorative (es. autotrasportatori) sia quelli intenti a recarsi dal proprio domicilio al luogo di lavoro o viceversa (infortuni in itinere). È di tutta evidenza che gli infortuni in itinere, pur essendo assimilati a tutti gli effetti agli infortuni sul lavoro, hanno poco a che fare con i rischi professionali strettamente intesi e che la loro corretta valutazione aiuta a comprendere il fenomeno infortunistico. Nel Grafico 3 sono riportate le percentuali di variazione rispetto al 2008 di queste tre tipologie di infortuni e si nota che, rispetto alla riduzione media del 10,64%, il calo dei casi complessivamente denunciati ha riguardato in maggior misura quelli avvenuti nell’ambiente ordinario di lavoro rispetto agli infortuni in itinere, mentre gli incidenti stradali che hanno colpito lavoratori addetti alle proprie mansioni sono leggermente aumentati. La contraddizione con la Tabella 2, che riporta un netto calo degli infortuni nel comparto trasporti, è solo apparente perché i lavoratori vittime di un incidente stradale nello svolgimento del proprio lavoro possono appartenere ad ogni comparto produttivo (si pensi, ad esempio, agli addetti ai cantieri stradali). Piuttosto, l’andamento in controtendenza degli infortuni derivanti da incidenti stradali durante lo svolgimento del proprio lavoro dimostra l’estrema pericolosità, anche in presenza di contrazioni dell’attività lavorativa, di tutte quelle attività lavorative svolte a contatto con la circolazione stradale.

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Per quanto concerne i casi mortali, invece, si nota che il calo medio del 30,26% ha riguardato quasi esclusivamente gli incidenti stradali di ogni genere: quasi dimezzati quelli occorsi ai lavoratori intenti alle loro abituali attività, più che dimezzati quelli in itinere. Le morti sul lavoro avvenute nell’ambiente ordinario di lavoro (cantieri, officine, ecc …), superano, a differenza dello scorso anno, la metà di tutti i casi mortali denunciati nel corso dell’anno e si riducono poco più del 3% rispetto al 2008, a fronte di un calo complessivo degli infortuni mortali superiore al 30% e del totale degli infortuni denunciati superiore al 10%1. Questo dato è abbastanza preoccupante perché, indipendentemente dall’entità dell’incidenza della situazione congiunturale sull’origine di queste variazioni, indica una sostanziale stabilità degli incidenti mortali negli ambienti ordinari di lavoro, nonostante la contemporanea riduzione del numero di infortuni avvenuti in questi luoghi, dell’occupazione e delle ore lavorate, soprattutto nel settore industriale2.

1.2.3 Gli stranieri La presenza di lavoratori stranieri in Piemonte è da tempo piuttosto elevata e, fino al 2008, la percentuale dei lavoratori appartenenti ad altre nazionalità rispetto al totale dei lavoratori che avevano subito un infortunio sul lavoro era costantemente in crescita. Nel 2009 questa tendenza si è interrotta perché, come illustrato nel Grafico 4, il calo degli infortuni, anche mortali, occorsi ai lavoratori stranieri è stato quasi doppio rispetto a quello registrato fra gli italiani.

1 I casi mortali avvenuti nell’ambiente ordinario di lavoro sono passati da 31 nel 2008, a 30 nel 2009. Una maggiore discontinuità si è avuta nel 2008 rispetto all’anno precedente, quando i casi sono passati dai 54 del 2007, ai 31 del 2008, con un calo del 44% circa. 2 Cfr. Tab. 2

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L’incidenza di infortunati stranieri sul totale si è, così, ridotta dal 16% del 2008 al 14,5% del 2009, mentre per quanto riguarda i casi mortali, se nel 2008 quasi un lavoratore deceduto su cinque era straniero, nel 2009 questa frequenza si è ridotta al 13% circa. Pur non essendo disponibili, al momento, dati Istat aggiornati circa l’occupazione dei lavoratori stranieri in Piemonte, è probabile che in questo caso l’andamento infortunistico sia da attribuire principalmente alla crisi economica che ha avuto, sugli immigrati, effetti più diretti ed immediati di quelli mediamente riscontrati sulla generalità dei lavoratori. 1.2.4 Il territorio L’analisi territoriale dei dati infortunistici piemontesi non riserva particolari sorprese perché la riduzione degli infortuni è stata pressoché omogenea in tutte le otto province della regione, con punte più elevate della media regionale in quelle a maggior incidenza industriale e più contenute in quelle a maggior incidenza agricola, settore nel quale, si rammenta, gli infortuni sono leggermente cresciuti nel corso dell’anno. Questa distribuzione dei valori assoluti, riferita all’ultimo triennio, è illustrata dalla Tabella 3 che evidenzia anche l’elevata concentrazione del fenomeno infortunistico nella provincia di Torino.

Tabella 3 2007 2008 2009

ALESSANDRIA 8.451 8.108 7.341 di cui mortali 14 7 7

ASTI 3.676 3.580 3.281 di cui mortali 9 7 3

BIELLA 1.978 1.904 1.632 di cui mortali 4 3 3

CUNEO 12.208 11.727 10.933 di cui mortali 21 18 12

NOVARA 5.582 5.329 4.756 di cui mortali 10 5 3

TORINO 35.258 33.513 29.885 di cui mortali 41 34 23

VERBANIA 2.251 2.168 1.809 di cui mortali 2 0 2

VERCELLI 3.725 3.343 2.620 di cui mortali 4 2 0

PIEMONTE 73.129 69.672 62.257 di cui mortali 105 76 53

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Il Grafico 5, invece, mostra il fenomeno infortunistico regionale dell’anno 2009 suddiviso per provincia ed incidenza delle gestioni assicurative INAIL1, ed evidenzia una netta distinzione fra le province a maggior vocazione agricola e quelle a maggior vocazione industriale. Nelle province di Cuneo ed Asti, infatti, il peso degli infortuni agricoli si attesta intorno al 20% del totale e in quelle di Alessandria e Vercelli si aggira intorno al 10%. Nelle province di Torino, Novara, Verbania e Biella, invece, gli infortuni agricoli non superano il 5%, mentre quelli industriali rappresentano più del 90% del totale, con la parziale eccezione di Biella che si ferma poco al di sotto di questo livello.

La dinamica dell’ultimo anno non modifica la distribuzione del fenomeno infortunistico, che, come nel passato, è concentrato per poco meno della metà del totale regionale nella provincia di Torino, mentre, tra le altre province, solo quelle di Cuneo, con il 17%, e di Alessandria, con il 12%, superano il livello del 10% del totale degli infortuni denunciati in Piemonte. 1.2.5 Le malattie professionali

L’andamento delle malattie professionali denunciate mostra, nel 2009, un aumento del 2,3% rispetto al 2008. Questa sostanziale stabilità nei numeri complessivi è dovuta alle caratteristiche intrinseche delle malattie professionali che le rende pressoché insensibili alle oscillazioni congiunturali di breve periodo2, ma nasconde degli aspetti molto interessanti. Osservando, infatti, il Grafico 6, che riporta l’andamento delle malattie denunciate dal 2005 ad oggi aggregate per gestione assicurativa INAIL3, si nota che nella gestione “Industria e 1 Cfr. pag. 14 2 La malattia professionale, a differenza dell’infortunio, non dipende necessariamente dall’attività attuale del lavoratore, ma dalla sua esposizione ad agenti o sostanze pericolose avvenuta nel corso della vita lavorativa, in molti casi anche a parecchi anni di distanza dalla manifestazione della malattia stessa. Per questo motivo l’anno in cui la malattia professionale viene denunciata all’INAIL dipende dai tempi nei quali si sviluppa rispetto al periodo dell’esposizione, senza particolari correlazioni con il contesto produttivo ed occupazionale al momento della denuncia. 3 Cfr. pag. 14

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servizi” vi è una sostanziale stabilità intorno al valore del 2005, attestato poco al di sotto delle 2.000 unità, nel settore pubblico vi è una crescita, limitata a poche decine di casi la cui variazione percentuale assume facilmente proporzioni piuttosto importanti, mentre nel settore agricolo vi è un aumento esponenziale dall’anno 2007, a partire dal quale si è assistito di anno in anno ad un costante raddoppio dei casi denunciati. Anche in questo caso si tratta di numeri relativamente limitati, ma la circostanza che le malattie professionali denunciate in agricoltura siano passate da 26 nel 2005, a 208 nel 2010 rende verosimile l’esistenza di un processo di emersione di patologie in precedenza non denunciate.

Per quanto riguarda la tipologia delle patologie denunciate non vi sono particolari variazioni rispetto allo scorso anno e, in tutte le gestioni assicurative INAIL, prevalgono le malattie non tabellate, con particolare incidenza, a seconda della gestione, delle sordità e delle malattie osteoarticolari, mentre le patologie tumorali sono quasi esclusivamente concentrate nella gestione “Industria e servizi”.

Seconda parte

L’attività di prevenzione sul territorio

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2.1 Il progetto mappe di rischio Maria Gullo, ConTARP INAIL Piemonte

Nella definizione delle linee strategiche perseguite nel 2009 INAIL Piemonte ha posto particolare attenzione alla realizzazione di uno strumento in grado di orientare gli interventi di prevenzione, vigilanza e informazione/formazione sui rischi lavorativi consistente nelle mappe territoriali di rischio. Le mappe sono state realizzate in collaborazione con la Direzione Sanità della Regione Piemonte Servizi di Prevenzione, SPreSAL, regionali nell’ambito delle sinergie da tempo attuate fra INAIL e Regione Piemonte. Il percorso di lavoro ha origine nel Piano socio-sanitario regionale 2007-2010 che, nel definire gli obiettivi di salute e sicurezza del lavoro, raccomandava ai Servizi di Prevenzione della Regione Piemonte la definizione delle priorità di intervento e il potenziamento delle attività sui rischi prioritari in relazione alla frequenza, gravità e prevedibilità degli infortuni e delle malattie professionali. In tal senso, nel Documento di indirizzo per la programmazione e la realizzazione dei piani di vigilanza degli SPreSAL per gli anni 2009-2010, le mappe territoriali di rischio sono state individuate come strumento utile ed efficace. Le mappe di rischio, infatti, permettono una lettura del territorio, in chiave di rischi professionali, più precisa consentendo, così, di incrementare l’efficacia delle attività di vigilanza, grazie ad una più efficiente programmazione degli interventi, e di orientare la scelta delle azioni di prevenzione da attuare nel territorio. Le mappe territoriali di rischio sono, quindi, uno strumento prevenzionale, a vocazione programmatoria, già positivamente utilizzato in diversi ambiti quali, ad esempio, la protezione civile. Dal punto di vista dell’analisi e della divulgazione, infatti, le mappe costituiscono uno strumento di lettura immediato anche per i non addetti ai lavori e rappresentano, inoltre, un importante veicolo di comunicazione nei confronti dei soggetti che possono condizionare le politiche di salute del territorio con particolare riferimento alla salute occupazionale. Dal punto di vista più strettamente tecnico le mappe consentono di riferire al territorio, attraverso opportuni applicativi di georeferenziazione, una molteplicità di dati. Limitatamente al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, questi dati attengono, ad esempio, alle aziende, agli addetti, agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali. Attraverso le mappe di rischio realizzate nel 2009 è stato, quindi, possibile rappresentare in maniera efficace le dimensioni del tessuto produttivo, in termini di aziende e addetti, la frequenza, la gravità e la prevedibilità dei rischi a scala territoriale per settore di attività e per talune caratteristiche aziendali opportunamente scelte, come per esempio le dimensioni, oltre che le moderne dinamiche occupazionali (lavoratori con contratti atipici, lavoratori stranieri). Le mappe sono state realizzate, nell’ambito di un gruppo di lavoro interistituzionale ad hoc istituito, dal CRED INAIL Piemonte, una volta selezionati gli applicativi informatici, le fonti dati e i criteri di utilizzo dei dati e sono state catalogate in un archivio informatico reso disponibile in rete ai potenziali fruitori. Una volta completata la prima fase di lavoro finalizzata alla produzione di mappe ad uso degli SPreSAL, INAIL Piemonte ha avviato, per il 2010, una fase di sviluppo per i bisogni orientata alla messa a punto di un programma operativo per la costruzione di mappe di rischio in ambito territoriale omogeneo in grado di orientare l’attività delle strutture, con particolare riferimento alle funzioni aziende, ispettiva, prevenzione e alle consulenze.

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2.2 La sicurezza, le sinergie e il sistema bilaterale edile nell’esperienza torinese Lino Scopacasa, Direttore del Comitato Paritetico Territoriale per la prevenzione infortuni di Torino e Provincia

Il sistema legislativo per la tutela e la garanzia della sicurezza del nostro Paese, le cui radici risalgono agli anni 50 del secolo scorso, è tra i più avanzati a livello internazionale. Le misure di tutela, previste dal recente d.lgs. 81/08 per il settore edile, consistono nella preliminare valutazione del rischio e la conseguente adozione delle azioni di prevenzione e protezione necessarie ad eliminare i rischi per gli addetti del cantiere. Infortuni sul lavoro e malattie professionali sono inaccettabili in qualsiasi latitudine e lo sono, a maggior ragione, per la nostra realtà territoriale e per il nostro Paese che si colloca tra le economie più avanzate del mondo. È noto che nella quasi totalità dei casi, gli infortuni e le malattie professionali, non sono da imputarsi ad un vuoto legislativo, bensì all’assenza o alla negligenza nell’applicazione delle misure di prevenzione e protezione prescritte e nel settore delle costruzioni, una causa fondamentale degli accadimenti infortunistici risiede negli errori di progettazione. Si stima che circa un terzo degli infortuni sia da attribuirsi a rischi che, se correttamente valutati in fase di progetto, si sarebbero potuti eliminare con l’adozione di misure adeguate. Non vanno certamente sottovalutati altri fattori come il ruolo della tecnologia, la formazione dei lavoratori, l’organizzazione della produzione, la precarietà del lavoro, l’uso spregiudicato di subappalti, la percezione del rischio da parte degli addetti e non ultimo l’adozione di un efficace sistema organizzativo-gestionale. Fare “sicurezza” è fare prevenzione e ciò significa predisporre soluzioni tecniche, organizzative, progettuali concrete per eliminare i rischi e far crescere nel contempo la cultura della sicurezza. La gravità del fenomeno infortunistico, richiede interventi efficaci da parte di tutti i soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza, anche alla luce delle responsabilità che il testo unico sulla sicurezza affida ai diversi soggetti. Va detto che l’azione finalizzata ad una maggiore sicurezza deve essere supportata con convinzione e coerenza; con comportamenti non episodici in grado di guidare la crescita di attività virtuose in un mix di vigilanza, assistenza, repressione e incentivazione. Dovrebbe essere assunto da parte di tutti i soggetti, a partire dal sistema imprenditoriale, il concetto che sicurezza e profitto non confliggono e vi è la necessità di investire con più convinzione sulla formazione, sull’informazione e sulla crescita della professionalità; che è necessario spendere in sicurezza e soprattutto applicare correttamente le norme, percorrendo tre direzioni:

1. controllo dell’ambiente, delle tecnologie e dell’organizzazione della produzione 2. miglioramento e qualificazione della forza lavoro 3. sviluppo delle potenzialità aziendali e individuali.

La formazione e l’informazione a tutti i livelli, infatti, sono un elemento portante per lavorare in modo sicuro e consapevole. È noto che il settore delle costruzioni rappresenta una nodale quota dell’economia ed è un protagonista nel processo di trasformazione e sviluppo del territorio. Nel corso dell’ultimo decennio, in Italia, si è determinata una profonda trasformazione del sistema organizzativo e strutturale delle imprese, pur mantenendosi largamente immutate le principali modalità costruttive adottate negli anni precedenti. La presenza di lavoratori autonomi e di lavoratori stranieri, spesso con inadeguata professionalità, il cui numero in provincia di Torino e nella nostra regione ormai supera un terzo della forza lavoro occupata in edilizia, se da un lato è il risultato evidente dei

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cambiamenti nel sistema delle imprese e del mercato del lavoro, dall’altro può rendere più complesse l’organizzazione del cantiere e la gestione della produzione. In un contesto così articolato, la “sicurezza” resta un elemento di forte criticità nonostante le opportunità offerte dalle innovazioni tecnologiche e di prodotto. Le parti sociali torinesi del settore edile si sono dotate da tempo di una strumentazione bilaterale solida ed efficiente che ha maturato esperienze significative utilizzate in tutta Italia. Il Comitato Paritetico Territoriale, costituito nel 1970 con un accordo sindacale, è stato, per quei tempi, il coraggioso tentativo innovativo e in controtendenza, concepito per arginare la spirale di morti nei cantieri della provincia che allora conosceva un periodo di forte espansione edilizia. Negli anni successivi il CPT ha consolidato e qualificato la sua struttura, divenendo il punto di riferimento per la maggior parte dei preventori del settore. Il Comitato a Torino svolge, infatti, attività gratuita di consulenza, assistenza e informazione, rivolta alle imprese e ai lavoratori e a tutti i soggetti interessati nella gestione della sicurezza nel settore delle costruzioni. La sua attività fondamentale è rappresentata ogni anno da oltre 4.000 sopralluoghi in più di 2.600 cantieri, dalla ricerca e dalla pubblicazione di materiale informativo e didattico, fornito a tutti i lavoratori ed alle imprese, e dalla informazione effettuata sui luoghi di lavoro sui rischi specifici e di fase. L’efficacia dell’azione dei tecnici del Comitato si può verificare allorquando, nel corso del secondo sopralluogo che di norma è svolto per controllare se quanto suggerito in precedenza è stato realizzato, si riscontra che in oltre 87% dei casi si sono adottate correttamente le misure consigliate in precedenza rendendo con certezza più sicuro il cantiere. L’azione repressiva è certamente utile, ma non può essere l’unico strumento su cui far leva, perché se i soggetti interessati non comprendono che lavorare in sicurezza è possibile oltre che conveniente, l’obiettivo del cantiere sicuro rimane lontano. Il cantiere per sua natura presenta sempre condizioni operative mutevoli ed ogni manufatto è da considerarsi un prototipo. Tali ragioni devono indurre a concepire in modo continuativo e sinergico l’azione di intervento per la tutela della salute e della sicurezza. Sinergia che deve necessariamente vedere coinvolti, ognuno nel rispetto del proprio mandato, tutti i soggetti preposti, siano essi pubblici o privati. Nell’ultimo decennio sono stati sottoscritti con la Regione Piemonte protocolli di collaborazione finalizzati alle grandi opere, in particolare: per i cantieri dell’Alta Velocità Torino Milano, la Metropolitana Torinese e le opere olimpiche. Queste esperienze non solo hanno consentito di realizzare le grandi opere e impostare i cantieri in condizioni di maggiore sicurezza e con una percentuale di infortuni nettamente inferiore alla media riscontrata in attività simili in altre parti d’Italia, ma sono state un catalizzatore nella costruzione di un linguaggio comune per un’interpretazione condivisa delle norme, tra i soggetti coinvolti nei processi di tutela della salute e della vigilanza che hanno partecipato ai progetti. Nel corso degli anni si è inoltre sperimentata un’evoluzione dell’attività di assistenza che è consistita nell’attivazione di un processo continuo di sostegno alle imprese e ai lavoratori per tutta la durata del cantiere, ottenendo così il risultato di far crescere la cultura e l’esperienza dell’impresa nella gestione della sicurezza, tenere costantemente monitorati i cantieri e nello stesso tempo, creare un clima di fiducia e di fidelizzazione verso il sistema bilaterale. Sulla base di tali esperienze, si è rafforzata una lunga e positiva sperimentazione nel campo della collaborazione con le strutture pubbliche che si occupano di sicurezza e, nell’ultimo periodo, si è ulteriormente consolidata la sinergia con la Direzione Regionale

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dell’INAIL Piemonte che ha consentito la predisposizione lo sviluppo e la realizzazione di importanti progetti di ricerca e di pubblicazioni di valenza nazionale. La sfida posta alla bilateralità dalla nuova normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro coinvolge l’intero sistema paritetico di settore e implica un maggiore sforzo di integrazione tra i sistemi paritetici, integrazione che ha costituito l’orientamento costante delle parti sociali di settore e del legislatore. Le nuove opportunità, offerte dal d.lgs. 81/08 agli organismi paritetici, devono essere considerate come il riconoscimento della potenzialità tecnico/organizzativa rappresentata dall’entità e dai risultati del lavoro svolto, dal radicamento nel sistema produttivo, dalla diffusione capillare sull’intero territorio nazionale, dalla concezione di un nuovo modello di relazioni sindacali, oltre che uno strumento primario di gestione della sicurezza in sinergia con gli enti preposti a cominciare da INAIL.

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2.3 Un “laboratorio” per gestire la sicurezza a misura di azienda Daniele Debernardi, Confindustria Vercelli Valsesia

Un'opportunità importante sia sul piano dell'attività di prevenzione, sia per ottimizzare all'interno della struttura aziendale procedure e costi. Questo in sintesi il valore aggiunto del progetto pilota avviato per il secondo anno consecutivo da Confindustria Vercelli Valsesia, grazie alla preziosa partnership di INAIL, e messo a disposizione delle imprese aderenti all'organizzazione. Obiettivo: partendo dal presupposto che la gestione della salute e della sicurezza rappresenta una parte essenziale della gestione aziendale, rafforzare le azioni preventive e di controllo in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, a vantaggio delle aziende associate e del loro personale. Un progetto innovativo. La fabbrica industriale piuttosto che il cantiere edile sono per loro natura potenzialmente “a rischio”, di qui, da sempre, il massimo impegno da parte di Confindustria Vercelli Valsesia in termini di risorse economiche, ma anche di formazione nella prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Ecco allora che, in aggiunta ai consueti servizi di consulenza e ai corsi di aggiornamento professionale promossi in ambito provinciale, un gruppo di aziende associate ha avuto la possibilità di essere protagonista del progetto innovativo di formazione chiamato “Un laboratorio chiamato sicurezza. La Qualità come strumento per la Sicurezza nei luoghi di lavoro”, partito nel 2009. Si tratta del primo progetto di questo tipo adottato dal sistema Confindustriale italiano e finanziato dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro. L'INAIL, infatti, ha voluto essere al fianco di Confindustria Vercelli Valsesia fin da principio, garantendo il suo appoggio anche per la seconda edizione dell'iniziativa, che attualmente è ancora in corso e si chiuderà a dicembre di quest'anno. Come si realizza. In base alla convenzione siglata fra l'Unione Industriale del Vercellese e della Valsesia e la sede INAIL di Vercelli, nel 2009 sono partiti i primi due percorsi formativi, volti a facilitare le aziende industriali e di costruzione nel difficile compito di definire e poi trasferire nella realtà lavorativa di tutti i giorni, il cosiddetto Sistema di gestione della sicurezza sul lavoro (SGSL), che deve essere coerente con le linee guida redatte dall’INAIL insieme all’UNI e con i Codici di comportamento elaborati da Confindustria e Ance. I corsi si rivolgono a datori di lavoro, responsabili per la sicurezza (RSPP) e responsabili per la gestione della qualità (RGQ). La normativa di riferimento. Tutto prende le mosse dalla legge n. 123/2007, che ha esteso la responsabilità amministrativa delle società (prevista dal d.lgs. 231/2001) ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro, prevedendo a carico delle imprese sanzioni economiche e interdittive dall’attività assai gravose. Fatta questa premessa, se è vero che il Testo Unico sulla sicurezza (art. 30 del d.lgs. 81/2008) introduce e fornisce indicazioni utili sui modelli di organizzazione e gestione della sicurezza aventi efficacia esimente della responsabilità per il datore di lavoro, è altrettanto vero che l’adozione di questi modelli necessita di figure professionali con competenze qualificate e pertanto comporta costi che non tutte le realtà aziendali sono in grado di sostenere, a maggior ragione se di piccole dimensioni. Di qui il progetto innovativo proposto da Confindustria in sinergia con l’Ance Vercelli – Sezione Costruttori Edili (aderente ad ANCE Associazione Nazionale Costruttori Edili). La prima edizione. Tenendo conto delle peculiari criticità del settore delle costruzioni, durante la prima edizione, le imprese sono state divise in due grandi categorie: comparto “industriale”, di cui le aziende sono state territorialmente distinte in due classi, con le

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lezioni organizzate presso la sede di Vercelli di Confindustria e gli uffici di Borgosesia, e comparto “edile”, i cui imprenditori a loro volta sono stati distinti in edili e stradali. In tutto, pertanto, si trattava di 4 classi per le quali l’attività formativa si articolava in 4 moduli che, cominciati a luglio, sono terminati a dicembre del 2009. La seconda edizione. Dopo il successo del primo anno di sperimentazione e l’interesse manifestato dal fronte imprenditoriale, Confindustria Vercelli Valsesia, e in particolare il Servizio Edilizia, Urbanistica e Sicurezza che ha messo a disposizione la sua struttura tecnica, di nuovo insieme all'INAIL, ha organizzato una seconda edizione dei corsi di formazione. Questa volta però a partecipare sono in prevalenza grandi aziende strutturate del comparto “industriale” che, per ottimizzarne la frequenza, sono state suddivise in due gruppi. Le lezioni, che sono partite nello scorso mese di giugno e termineranno a dicembre di quest'anno, si articolano in 6 moduli. La didattica. Rappresenta il core del progetto. I corsi di formazione, riservati alle aziende associate, sono organizzati dal Servizio Edilizia, Urbanistica e Sicurezza di Confindustria Vercelli Valsesia, la cui struttura tecnica svolge attività di coordinamento e tutoraggio, in stretta sinergia con una società specializzata nella consulenza in materia di qualità e sicurezza, che mette a disposizione la maggior parte dello staff docenti. Con riguardo alla docenza, prezioso è risultato il coinvolgimento dei tecnici INAIL della Consulenza Tecnica Regionale Accertamento Rischi e Prevenzione (ConTARP). Come metodo di didattica si è optato per un mix di nozioni teoriche e di pratica, con momenti in aula e in azienda dove viene data applicazione a quanto appreso durante gli incontri. In occasione della seconda edizione, i contenuti dei corsi sono sostanzialmente gli stessi, seppur migliorati e ampliati, ma tenendo presente l'esperienza del primo anno, si è cercato di ridurre le lezioni in aula e privilegiare invece gli incontri presso le singole imprese, in modo da guidarle concretamente nell'implementazione del sistema di gestione della sicurezza varato “su misura”, affrontando tutte le criticità del caso. In questo modo, viene fornito alle aziende uno strumento davvero utile per il controllo della gestione delle procedure sulla sicurezza ma anche per migliorare l'organizzazione integrata fra procedure produttive e quelle legate alla sicurezza. Il che consente alle aziende di diventare più virtuose e conquistare un’immagine più trasparente e soprattutto sicura nei confronti della clientela e nei rapporti con gli istituti di credito e le pubbliche amministrazioni. Tanto che alcune aziende hanno già manifestato la volontà di avviare l'iter per la certificazione dei modelli di gestione della sicurezza che hanno avuto l'opportunità di introdurre e rendere operativi all'interno della loro struttura. Tra l’altro questo genere di investimento può tradursi in uno “sconto” sul pagamento del premio assicurativo all’INAIL. Infatti le aziende che effettuano interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, entro il 31 gennaio di ogni anno possono presentare istanza di riduzione del tasso ai sensi dell’art. 24 delle Modalità di Applicazione delle Tariffe (MAT), purché si tratti di interventi di miglioramento nel campo della prevenzione travalicanti l’obbligo di legge.

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Nei suoi tredici anni di vita il Festival CinemAmbiente ha affrontato con continuità il tema del lavoro. I processi di produzione incidono profondamente sull’ambiente in termini di consumo delle risorse e di emissioni inquinanti. Provocano danni alla salute, alla vita delle persone, soprattutto dei lavoratori a contatto quotidiano con la produzione. Spesso la scarsa attenzione delle aziende all’impatto ambientale è figlia della stessa cultura che porta a trascurare la sicurezza. I lavoratori sono i primi a pagare gli effetti di un'idea della produzione centrata sul profitto immediato, come dimostrano i casi d’inquinamento da amianto o da diossina. Come festival di cinema ambientalista, queste, in estrema sintesi, sono le ragioni che ci hanno portato a occuparci dei problemi del lavoro e della sicurezza. In questi ultimi anni il “cinema di impegno” e soprattutto il documentario si sono evoluti, interrogandosi sull’efficacia dei modi in cui i propri contenuti vengono veicolati. I film drammatici e strettamente di denuncia, come ad esempio sono spesso quelli sull’ambiente, non ottengono sempre il risultato sperato, cioè la sensibilizzazione dello spettatore. A volte, invece di spingere alla consapevolezza e all’azione, certi film avviliscono gli spettatori impotenti di fronte a problemi così grandi. La denuncia è essenziale, ma serve anche la proposta di soluzioni praticabili, l’indicazione di cosa si possa fare individualmente e collettivamente per incidere sui problemi. Dopo una serie di rassegne di denuncia sul tema del lavoro, queste considerazioni, condivise con la Direzione Regionale INAIL per il Piemonte, hanno portato alla nascita del progetto “Sicurezza si può”. Pur nella consapevolezza della drammaticità delle statistiche sugli incidenti e sulle morti sul lavoro, l’idea fondamentale del progetto era quella di proporre film sulle buone pratiche della sicurezza, casi di eccellenza che potessero servire da esempio, che indicassero strade percorribili verso la meta di “incidenti zero”. Non sono molti i film che trattano questo punto di vista positivo, forse per la drammaticità dell’argomento o perché è più facile “rappresentare la guerra rispetto alla pace”. Assieme a INAIL abbiamo deciso di bandire un concorso nazionale per la realizzazione di alcuni brevi documentari che avessero un taglio costruttivo. Il bando è stato aperto a registi sotto i 35 anni con almeno due film alle spalle, cioè giovani, ma già con esperienza. La risposta è stata massiccia, si sono proposti circa cento aspiranti. Ne sono stati scelti dieci, invitati a Torino per un workshop, a cura di INAIL e Zenit, un’affermata società di produzione, sui temi della sicurezza e sullo standard di sviluppo di un progetto cinematografico. I dieci registi sono stati abbinati ad altrettante aziende del territorio piemontese particolarmente attente alla sicurezza che potessero servire quindi da esempio. Ogni regista ha avuto due mesi di tempo per studiare l’azienda e sviluppare un proprio progetto di film. In un successivo pitching, termine che nel mondo della produzione, soprattutto dei documentari, identifica il momento di incontro tra i filmaker e i potenziali produttori, sono stati scelti i cinque progetti che, per regolamento e disponibilità finanziaria, potevano essere prodotti. Una commissione, composta da Pietro Spadafora Direttore Regionale dell’INAIL Piemonte, Marco Stancati, ex responsabile della comunicazione di INAIL e oggi docente di comunicazione alla Sapienza, Paolo Manera, responsabile per i documentari della Film Commission Torino Piemonte, Edoardo Fracchia, produttore di documentari e dal sottoscritto, si è sobbarcata il difficile compito della selezione, vista la qualità dei lavori. I

2.4 Cinque cortometraggi per documentare le buone prassi Gaetano Capizzi, Direttore Festival CinemAmbiente

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cinque vincitori saranno proiettati in anteprima lunedì 15 novembre presso il cinema Massimo, in occasione della presentazione del Rapporto Annuale Regionale dell’INAIL. I documentari della durata media di dieci minuti saranno introdotti dai loro registi. Paolo Ceretto, trentunenne di Torino, già autore di Space Hackers, trasmesso da molte televisioni europee, presenterà La fabbrica di cioccolato, ambientato presso la Cioccolateria Peyrano di Torino. Il film descrive la reazione dei lavoratori all’introduzione di nuovi ausili per la sicurezza, qui coniugata con sistemi di produzione attenti alla tradizione. Alessandro Nucci, ventiseienne di Cosenza, già autore di Una stagione all’inferno, vincitore della sezione giovani del Premio Ilaria Alpi 2008, presenterà Rischio residuo, ambientato presso la TRW Automotive Italia - Stabilimento di Bricherasio (TO), sulla difficile lotta all’ultimo baluardo delle cause di infortunio: l’imprevedibilità del comportamento umano. Margherita Pescetti, ventinovenne di Milano, entra con il suo film in uno dei luoghi di lavoro che miete più vittime: il cantiere edile. Con Si salvi chi può, girato presso la Zublena di Settimo Torinese (TO), racconta l’impegno e la fatica necessari a realizzare la sicurezza nei cantieri e si interroga sul valore di questi sforzi nel mercato degli appalti pubblici. Alessandro Pugno, ventisettenne di Casale Monferrato, con La pressa, realizzato presso la Corcos Industriale di Pinerolo (TO), traccia la storia del rapporto tra uomo e macchina, sottolineando come l'iniziale paura delle macchine si sia trasformata in una fiducia quasi incondizionata. Ma la cultura della sicurezza può essere delegata al solo progresso tecnologico? Francesco Uboldi, trentatreenne, autore di diversi documentari, ci propone La ricetta della sicurezza, realizzato presso la Martini&Rossi di Pessione di Chieri (TO), in cui sottolinea che la sicurezza sul luogo di lavoro è garantita da impianti all’avanguardia, ma soprattutto da una cultura aziendale che tratta i dipendenti non come numeri, ma come individui. I film successivamente verranno iscritti ai festival specializzati, distribuiti in dvd, proposti alle televisioni italiane e messi a disposizione via internet. Siamo convinti che pur nella loro brevità, o forse per merito di questa, riusciranno a raggiungere la sensibilità del pubblico e a riempire, anche solo con una goccia, il lago della cultura della sicurezza.

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2.5 Atmosfere esplosive: la collaborazione con il Politecnico e l’Unione Industriale di Torino Luca Marmo, Dipartimento di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica, Politecnico di Torino

Il 17 febbraio 2010 il Politecnico di Torino, l’Unione Industriale e l’INAIL Piemonte hanno firmato un accordo triennale per la costituzione di un “Centro sperimentale di sicurezza industriale sulle atmosfere esplosive” presso il Dipartimento di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica. L’accordo prevede che il Centro, oltre all’attività di ricerca, svolga consulenze conto terzi al servizio delle aziende in cui siano presenti atmosfere esplosive causate da polveri combustibili di vario genere, da quelle organiche a quelle metalliche e alimentari. L’obiettivo è sviluppare una mappa di rischio caratteristica dei diversi comparti produttivi, individuati dall’INAIL e dall’Unione Industriale tra quelli particolarmente significativi nella realtà economica piemontese, per proporre ai soggetti interessati l’adozione di buone prassi in un’ottica di prevenzione. 1. CENNI STORICI L’esplosività delle polveri è ormai nota da lungo tempo. Varie associazioni ed enti governativi (soprattutto negli USA e in Germania) si occupano di raccogliere statistiche relative a questi incidenti con lo scopo di delineare i contorni del fenomeno [1]. Questo rischio interessa la maggior parte dell’industria di processo, in cui il 70% delle polveri sono classificate come combustibili [2]. Da statistiche riportate in USA, Germania, Inghilterra, ogni giorno nel mondo industrializzato si registra almeno un’esplosione in industrie che utilizzano materiale polverulento. Occorre precisare che gli eventi che non causano vittime, feriti gravi o incendi estesi potrebbero non essere registrati negli archivi della OSHA1 o degli altri organismi con funzioni analoghe, quali il CSB2 che collabora con l’EPA3 e l'OSHA [3]. Storicamente, l'industria carbonifera e quella molitoria dei cereali risultano essere quelle più colpite, in quanto ambedue producono rilevanti quantità di polveri combustibili. Molto frequenti in particolare sono le esplosioni nei silos per l’immagazzinamento dei prodotti agroalimentari. La crescente industrializzazione e la meccanizzazione hanno un ruolo molto importante in questo contesto, come il progressivo aumento delle capacità di stoccaggio e del numero di prodotti presentati sotto forma di polveri. Nelle aziende agricole di piccole potenzialità la ragione è da ricercare soprattutto nella scarsa conoscenza dei rischi derivanti dalla manipolazione e stoccaggio di sostanze vegetali generanti polveri molto minute. Esistono numerosi casi rilevanti, storici ma anche attuali; le prime documentazioni dettagliate risalgono alla fine del XVIII secolo. Esplosione di farina in un magazzino a Torino - 14 dicembre 1785 Questo è probabilmente l’evento incidentale citato più sovente in quanto rappresenta il primo resoconto scritto di un’esplosione da polveri. Cronista è il Conte Morozzo di Bianzè che non si limitò solamente a descrivere l’accaduto, ma interpretò la dinamica dei fatti dando una motivazione tecnica. La vicenda avvenne nella panetteria del signor Giacomelli 1 Occupational Safety and Health Administration: la principale agenzia federale il cui obiettivo è quello di garantire la sicurezza sul lavoro tramite l’introduzione di standard di riferimento. 2 U.S. Chemical Safety Board: un'agenzia indipendente che si occupa di sicurezza nel settore delle associazioni, organizzazioni professionali e compagnie negli USA. 3 U.S. Environmental Protection Agency: agenzia americana nata negli anni ’70 con la missione di proteggere la salute umana e l’ambiente attraverso idonee linee guida.

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a Torino, in Italia. "Il 14 dicembre, 1785, approssimativamente verso le sei di sera, si verifica nella casa del signor Giacomelli, panettiere in Torino un'esplosione talmente forte da distruggere le finestre del suo negozio e scagliarne i frammenti sulla strada antistante; ... Il ragazzo impegnato nella camera bassa nella raccolta di farina scavando piuttosto intensamente provocò il crollo di un grande quantitativo di polvere che fu seguito da una fitta nube la quale immediatamente prese fuoco, a causa della lampada, provocando la violenta esplosione. Il resoconto rappresenta il primo caso storico documentato nel quale vengono analizzati gli effetti provocati dall’esplosione della farina di grano[4]. Esplosione della polvere di grano in un mulino a Minneapolis, Minnesota, USA - 2 maggio 1878 Un altro esempio storico e famoso del potere distruttivo delle esplosioni di grano è quello del 1878 del mulino Washburn "A” a Minneapolis [5]. Il 2 maggio 1878, una scintilla innescò la polvere di farina nel mulino e l’esplosione che seguì sollevò i calcinacci dell’edificio in aria a molte decine di metri. Gli adiacenti mulini Humboldt e Diamond furono anch’essi rasi al suolo e un terzo del distretto commerciale della città fu distrutto dall’incendio. Deflagrazione di farina al Molino Cordero a Fossano, Piemonte, Italia - 16 luglio 2007 Il Molino Cordero fu colpito da una violenta esplosione di farina di grano, la quale provocò cinque vittime. L’evento accadde quando erano in corso le operazioni di ripompaggio della farina caricata in eccedenza su una cisterna e provocò il crollo parziale dello stabile e un violento incendio [6,7].

Altri episodi di esplosioni di polveri in Piemonte Nel recente passato sono accadute nel solo Piemonte diverse esplosioni di polveri, sia di alluminio che di fibre tessili. I casi più significativi sono raccolti nella Tabella 1, a testimonianza dei diversi settori industriali interessati al fenomeno.

Figura 1 - Ricostruzione del Conte Morozzo circa l’esplosione avvenuta nella panetteria del signor Giacomelli il 14 Dicembre 1785 [4].

Figura 2 - Ricostruzione dell’epoca del disastro al mulino Washburn [5].

Oltre alle cinque vittime, altri quattro operai sono stati ustionati in maniera grave. L’innesco è avvenuto in un condotto di trasporto pneumatico ad opera di una scarica elettrostatica. Da qui è partita una deflagrazione che ha investito la struttura causando l’apertura dei muri, realizzati in un misto di pietre e mattoni, e il crollo di parte dell’edificio.

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Tabella 1: Recenti esplosioni di polveri in Piemonte

Luogo Anno Morti/feriti Materiale coinvolto

Molino Cordero Fossano 2007 5/0 Farina [6,7]

Pettinatura Italiana Biella 2001 3/5 Lappole di lana [8]

Italcoffer Verbania 1999 1/2 Polvere di Alluminio [9-11]

Nicomax Verbania 2000 0/11 Polvere di Alluminio [9-11]

Federal Mogul Cuorgnè 2009 0/2 Polvere di Alluminio

Finelvo, Ochieppo (BI) 2001 0/3 Fibre di Nylon [12]

2. ESPLOSIVITÀ DELLE DISPERSIONI DI POLVERI Il termine “polvere” indica lo stato di suddivisione spinta in cui si trova una sostanza solida. Le esplosioni di polveri vengono definite univocamente dalla normativa europea e da quella statunitense come una rapida ossidazione o decomposizione di particolato sospeso in un volume di aria o altro gas ossidante. L’esplosione è caratterizzata da un decorso pressoché immediato, con conseguente rapida espansione del volume dei prodotti o aumento della pressione a seconda che l’azione avvenga in uno spazio libero o confinato [8]. Ogni materiale solido che può bruciare in aria, se ridotto in polvere, può dar luogo ad un’esplosione con una violenza ed una velocità di reazione che aumentano al diminuire delle dimensioni delle particelle fino a raggiungere uno stadio limitante in cui particelle troppo fini tendono ad aggregarsi a causa delle forze adesive. In questa categoria non vengono annoverate le polveri per impieghi esplosivi, quali ad esempio la polvere da sparo e il tritolo. Se il processo avviene in uno spazio aperto, è possibile che si verifichi solo una “fiammata” (definita “flash fire”). Ma se l’innesco della nube di polvere avviene in un volume confinato, anche parzialmente (apparecchiatura, silo, serbatoio …), gli effetti si manifestano nel raggiungimento di alte temperature, a causa della grande quantità di calore di combustione e di prodotti di reazione generati [3]. Tale evento determina un aumento di pressione a cui consegue la formazione di un’onda d’urto, che si propaga nell’ambiente con velocità che può variare da decine a centinaia di metri al secondo in base alla geometria del sistema. I materiali che possiedono caratteristiche tali da essere coinvolti in esplosioni si possono riassumere in quattro tipologie:

● materiali organici di origine naturale (per esempio grano, zucchero, legno) ● materiali organici di origine sintetica (per esempio plastiche, pigmenti organici,

pesticidi e tinte) ● combustibili (carbone e torba)

Figura 3 - Vista frontale del Molino Cordero dopo l’esplosione (a sinistra) [6,7] ed esplosione di polveri di alluminio presso Nicomax, VB [11].

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● metalli che si ossidano facilmente (per esempio alluminio, calcio, ferro, magnesio, zinco).

In generale una polvere può essere esplodibile se ha dimensioni inferiori a 500 μm o a 420 μm, rispettivamente secondo la normativa europea e statunitense. Polveri completamente ossidate, come minerali di roccia e calcestruzzo, non danno esplosioni perché non sono combustibili [2]. Una esplosione da polveri avviene se vi è concomitanza di cinque fattori: combustibile, ossidante, innesco, confinamento e dispersione della polvere affinché si ottenga una concentrazione infiammabile.

3. METODI DI CARATTERIZZAZIONE DELLE POLVERI In Europa si dispone di un corpo normativo unico, tecnico e legislativo, che ha portato all’emanazione della recente normativa ATEX1 nel 1996, tuttora in vigore. Questa, tra l’altro, indica chiaramente la necessità di caratterizzare le proprietà esplosive delle polveri allo scopo di valutare il rischio esplosione. A tale scopo occorre determinare quantitativamente alcuni parametri. Le prove devono essere effettuate secondo standard tecnici riconosciuti, come indicato in Tabella 2. Tabella 2 - Caratteristiche di esplosività delle polveri correlate alle normative di riferimento [13]

Caratteristiche di esplosività Normativa armonizzata Limite inferiore di esplosività (LEL) prEN 14034-3

Concentrazione limite di ossigeno (LOC) prEN 14034-4 Temperatura minima di accensione in nube (Tcl) EN 50281-2-1

Temperatura minima di accensione in strato (T5mm) EN 50281-2-1 Caratteristica specifica di esplodibilità (Kst) EN 26184-1; EN 26184-2; prEN 14034-2

Pressione massima di esplosione della nube (Pmax) EN 26184-1; EN 26184-2; prEN 14034-1Velocità massima di aumento della pressione

(dP/dt)max EN 26184-1; EN 26184-2; prEN 14034-2

Energia minima di accensione della nube (MIE) EN 13281 Limite inferiore e superiore di esplosività Le polveri sono contraddistinte da un campo di infiammabilità dotato di un limite inferiore (LEL, lower esplosivity limit) e di un limite superiore (UEL, upper esplosivity limit). Quando la concentrazione di polvere ricade all’interno di tali limiti, l’esplosione è possibile altrimenti la miscela non risulta in nessun caso esplodibile. Nella realtà industriale è piuttosto improbabile che nubi di polvere possano essere mantenute stabilmente in concentrazioni maggiori del UEL, e conseguentemente l'interesse per questo parametro risulta piuttosto scarso. Le concentrazioni esplosive minime si trovano correntemente nell’intervallo tra 20 e 100 g/m3. La misurazione del LEL può essere effettuata per mezzo della sfera da 1m3 o da 20 l di Siwek [11]. Concentrazione limite di ossigeno Detta anche LOC (Limit Oxygen Concentration) è il tenore di ossigeno al di sotto del quale l'esplosione diventa impossibile. Essa è in generale dell'ordine del 10-15% in volume, sebbene esistano prodotti capaci di provocare esplosioni a concentrazioni di ossigeno anche minori del 7% come l’alluminio e la parafolmaldeide. Per la misura di questo parametro vengono utilizzati gli stessi apparecchi impiegati per la misura del LEL [4].

1 È costituita da due direttive, 99/92/CE e 94/9/CE, che regolamentano le attività lavorative in materia di sicurezza.

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Temperatura minima di ignizione in nube e in strato (AITC e AITL) È la più bassa temperatura alla quale avviene l’innesco per riscaldamento. Nella pratica sono significative due diverse temperature per uno stesso materiale: la temperatura minima di innesco in nube e in strato da 5 mm. Tali dati vengono ottenuti grazie all’ausilio di specifici apparati, quali la fornace Godbert-Greenwald per la temperatura in nube [4]. Indici di classificazione della violenza dell’esplosione Le grandezze prese in considerazione sono la massima pressione raggiunta durante un’esplosione in ambiente confinato (Pmax) e la massima velocità di aumento della pressione (dP/dt)max, da cui deriva il Kst. Sono ottenuti da prove di esplosione in ambiente confinato con l’uso delle apparecchiature usate per il LEL. Mediante il Kst si classificano le polveri in quattro classi di rischio (tabella 3). In generale Kst aumenta al diminuire del diametro medio della polvere.

Tabella 3 Classi di esplodibilità delle polveri [4]. Classe Valore della Kst

[bar*m*s-1] Definizione della miscela Esempi

St 0 Kst = 0 Non esplosiva Polveri non combustibili St 1 0 < Kst < 200 Moderatamente esplosiva Polveri alimentari

St 2 200 < Kst < 300 Decisamente esplosiva Pigmenti organici St 3 Kst > 300 Estremamente esplosiva Polveri metalliche

Pmax e (dP/dt)max diminuiscono al diminuire della concentrazione di ossigeno. Anche la maggior presenza di umidità influisce su Kst e (dP/dt)max, che risentono di un sensibile abbassamento. Anche la tipologia di innesco condiziona i valori della Kst. Energia minima di innesco (MIE) Rappresenta la minima quantità di energia necessaria per avviare il processo di combustione. La MIE è di fondamentale importanza per stabilire i requisiti di sicurezza delle apparecchiature. Il metodo standard usato per la valutazione della MIE [14] è basato sull’uso del Tubo di Hartmann modificato [15, 16] dotato di un sistema d’innesco controllato. L’ignizione è ottenuta per mezzo di una scintilla ad alto voltaggio generata tra due elettrodi. 4. EQUIPAGGIAMENTO DEL CENTRO E PRESTAZIONI Il Centro sperimentale di sicurezza industriale sulle atmosfere esplosive sarà equipaggiato con la strumentazione necessaria a determinare i parmetri caratterizzanti la pericolosità delle polveri esplosive. È già ad oggi in funzione il tubo di Hartmann modificato per la misura della MIE. Faranno inoltre parte della dotazione, oltre alle consuete dotazioni di laboratorio:

• sfera di Siwek da 20 l • forno Godbert Greenwald • apparecchio per misura della LITL • apparecchio per test di combustibilità a filo incandescente • apparecchio per test di sensitività da impatto

per mezzo dei quali la struttura potrà effettuare misure di tutte le grandezze indicate in Tabella 2.1, in conformità alle norme tecniche citate nella medesima tabella. Il Centro inoltre, essendo inserito nella struttura del Dipartimento di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico, potrà avvalersi di tutte le strutture analitiche disponibili presso il Dipartimento stesso. In questo modo sarà possibile offrire un supporto analitico ad ampio spettro includendo misure più squisitamente analitiche (composizioni, ecc.), caratterizzazioni chimico-fisiche (granuliometrie, resistività, ecc.).

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Tutto ciò andrà ad affiancarsi all’attività di ricerca che il centro già effettua ad altissimo livello come dimostrano le pubblicazioni internazionali a nome dei responsabili del Centro [20, 21]. 5. BIBLIOGRAFIA [1] Jeske A., Beck H., Evaluation of dust explosions in the Federal Republic of Germany, in EuropEx Newsletter, Vol.9 , pp. 2 - 4, 1989.

[2] Armstrong G.M.,“Dust explosions: The potent power of powder”, in Journal of Failure Analysis and Prevention, Vol. 4, n. 6, pp. 6 - 8, 2004.

[3] Abbasi T., Abbasi S.A.,”Dust explosions – Cases, causes, consequences and control”, in Journal of Hazardous Materials, Vol. 140, n. 4, pp. 7 - 44, 2007

[4] Eckhoff Rolf K., Dust explosion in the process industries, 3 ed., U.S.A, Gulf Professional Publishing, 2003.

[5] Frame R.M.,"The Minneapolis Horror': The great mill explosion of 1878", in Old Mill News, Vol. 9, n. 1, pp. 8 - 11, 1981.

[6] Panzavolta P, Marmo L., Analisi sulle cause dell'esplosione presso il Molino Cordero di Fossano, Tecnica Molitoria, 2010, vol. 61, 592 – 606.

[7] Marmo L., Demichela M., Forensic reconstruction of a flour mill explosion, Eighth International Symposium on Hazards, Prevention, and Mitigation of Industrial Explosions, Yokohama (JP) 6-10 settembre 2010, 2010.

[8] Piccinini N., Dust explosion in a wool factory: Origin, dynamics and consequences, Fire Safety Journal 2008, vol 43, 3, 189-204.

[9] Lembo F., Patrucco M., Debernardi M.L., Marmo L., Tommasini R., Esplosioni da polveri nei processi di finitura di manufatti in alluminio e leghe nella realtà produttiva ASL 14 VCO: analisi del rischio e misure di prevenzione, Centro Stampa Regione Piemonte (ita), 2001, 1 – 127.

[10] Marmo L., Cavallero D., Debernardi M.L., Aluminium dust explosion risk analysis in metal workings, Journal of Loss Prevention in the Process Industries, 2004, vol. 17, 449 – 465.

[11] Lembo F, Mammoliti G, Patrucco M., Debernardi M.L, Marmo L, Nobile S, Tommasini R, Esplosioni da polveri nei processi di finitura di manufatti in alluminio e leghe nella realtà produttiva ASL 14 VCO: metodi di progettazione e gestione degli impianti ai fini della conservazione e del miglioramento della sicurezza nel tempo, Presgrafica (ita), 2006, 1 - 116, isbn: 88-902249-0-8

[12] Marmo L., Case study of a nylon fibre explosion: an example of explosion risk in a textile plant, Journal of Loss Prevention in the Process Industries, 2010, vol. 23, 106 – 111.

[13] Marigo M., La deflagrazione delle polveri e le direttive ATEX: analisi del rischio e progettazione delle misure di prevenzione e protezione, Roma, EPC libri, 2004

[14] UNI EN 13821:2004 - Determinazione dell’energia minima di accensione delle miscele polvere/aria.

[15] Cesana, C., Siwek R.,”Operating instructions for the Mike 3 minimum ignition energy”, in Adolf Kuhner AG, ASTM Committee E - 27.05, Svizzera, 2001.

[16] ASTM E 2019 - 99:2002 - Standard test method for minimum ignition energy of a dust cloud in air, in Annual Book of ASTM Standards, pp. 769 - 776, USA.

[20] Marmo L., Fois G., Luzzi R., The effect of explosive and inert dust on the minimum ignition energy, Eighth International Symposium on Hazards, Prevention, and Mitigation of Industrial Explosions, Yokohama (JP) 6-10 Settembre 2010, 2010.

[21] Marmo L., Cavallero D, Minimum ignition energy of nylon fibres, Journal of Loss Prevention in the Process Industries, 2008, vol. 21, 512 – 517.