Rapporto sull'economia 2010 - Volume Completo

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a cura di:

Uffi cio Statistica e Studi CAMERA DI COMMERCIO DI FORLÌ-CESENA

Area Studi e RicercheUNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

RAPPORTO SULL’ECONOMIAdella provincia di Forlì-Cesena

2010

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena 2010

Verso la fi ne di un modello? 7

Demografi a 33Lavoro 39Imprenditorialità 55

Agricoltura e pesca 65 Industria manifatturiera 79Edilizia 95Commercio interno 101Commercio estero 109Turismo 125Trasporti 137Credito 143

Artigianato 163Cooperazione e terzo settore 171

Lo scenario economico internazionale 183Lo scenario economico nazionale 193L’economia regionale 207Le previsioni per l’economia regionale 223

Appendice

L’economia provinciale nel 2010

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Il 2010 è stato un anno di grande incertezza nel corso del quale anche i Sistemi territoriali hanno affrontato direttamente la complessità della crisi in un contesto di diffi cile interpretazione. Sul fi nire dell’anno la crescita globale sembra aver accelerato il passo e i primi segnali confermano per il 2011 un ritmo più vivace e un buon incremento del Prodotto interno lordo mondiale. La ripresa si presenta però con velocità diverse nelle varie aree geoeconomiche: alta nei paesi emergenti, buona negli Stati Uniti, ottima in Germania, ma frenata nel nostro Paese per il quale si prevede lontano il ritorno ai livelli pre crisi.

In questa fase alcuni quesiti restano aperti:- come stabilizzare la ripresa estendendo i suoi

effetti progressivamente a tutti i settori, alle piccole imprese e ai livelli occupazionali?

- come coinvolgere nei processi di internazionalizzazione e di innovazione una platea più vasta di imprese per consolidare le fi liere produttive?

- come coniugare competitività, sostenibilità, dignità del lavoro e appartenenza al territorio?

- come favorire una virtuosa interconnessione fra quadro macroeconomico, politiche industriali e politiche per lo sviluppo?

Aspetti di criticità congiunturali si intrecciano quindi alle dinamiche del “ciclo di vita” del nostro modello di sviluppo che sembra essere entrato in una fase di maturità resa più visibile dai cambiamenti del contesto internazionale e dei fattori della competitività, cambiamenti che si sono manifestati con intensità e velocità tali da non consentire alle imprese di operare gli aggiustamenti necessari seguendo schemi consolidati e già noti.

In questo quadro si inseriscono le dinamiche del sistema economico provinciale per il quale i dati 2010 confermano il perdurare di una situazione diffi cile, che però lascia intravedere segnali positivi e uno scenario per alcuni aspetti alleggerito.Il Sistema territoriale ha necessità, per recuperare competitività, di riuscire a cogliere ogni elemento positivo supportandolo con azioni fi nalizzate a consolidare la crescita e a progettare, con una visione di lungo periodo, il proprio futuro.

Le analisi realizzate nella cornice del Rapporto annuale, valorizzate dalle rifl essioni sul nostro modello di sviluppo, sono in questo senso un contributo all’interpretazione della situazione, che si inserisce in un percorso di rifl essione avviato dalla Camera di Commercio mediante il raffronto con le problematiche delle realtà territoriali e rappresentano l’occasione ideale per il dialogo con le istituzioni locali e gli attori sociali ed economici.Questo percorso di analisi e condivisione proseguirà nel corso dell’anno con l’approfondimento di temi specifi ci e la progettazione delle scelte strategiche necessarie a consolidare i segnali di ripresa e a delineare gli scenari per uno sviluppo sostenibile e di coesione del nostro tessuto sociale ed economico.

Alberto Zambianchi Presidente Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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“…se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione”

Tu sei un ingenuo. Tu credi che se un uomo ha un’idea nuova, geniale,

abbia anche il dovere di divulgarla. Tu sei un ingenuo. Prima di tutto perché credi ancora

alle idee geniali. Ma, quello che è peggio, è che credi all’effetto benefi co

della divulgazione.No, basta guardarsi intorno per capire che non esiste una sola idea importante di cui la stupidità non abbia

saputo servirsi. Tu mi dirai che la diffusione di un pensiero che possa

evolvere il livello della gente è un dovere civile. Non riesci proprio a distaccarti da un residuo populista

e anche un po’ patetico. Purtroppo, oggi, appena un’idea esce da una stanza è

subito merce, merce di scambio, roba da supermercato. La gente se la trova lì, senza fatica, e se la spalma sul

pane, come la Nutella.No, qualsiasi pensiero nuovo ha bisogno di cure, di

protezione, di amore. E a volte anche di silenzio.

Perché se non è preservato dal frastuono della cattiva divulgazione soffre,

si affi evolisce e a poco a poco muore.

Giorgio Gaber, “l’ingenuo, prima parte”

Premessa. Dove eravamo rimasti?

Non si può che partire da qui, dallo scenario internazionale. Le statistiche diffuse dal Fondo Monetario Internazionale fotografano impietosamente la stagnazione che caratterizza l’economia italiana. Se si considerano tutti i Paesi del mondo negli ultimi dieci anni solo uno di essi, Haiti - colpito da un devastante terremoto - ha registrato un tasso di crescita del prodotto interno lordo inferiore a quello italiano. Se si getta lo sguardo al futuro le stime per il prossimo quinquennio delineano uno scenario nel quale la crescita dell’economia italiana sarà superiore solo a quella di Portogallo, Grecia e Venezuela.

Ci si potrebbe fermare qui, sono suffi cienti questi numeri per raccontare di un Paese che da almeno quindici anni ha smesso di crescere e che davanti a sé non vede prospettive che vadano oltre alla semplice sopravvivenza dettata dalla navigazione a vista.

Possiamo raccontarla in altro modo. Se nel 2011 l’Italia viaggerà ad una velocità di 30 km. orari il resto dell’area euro andrà ai 48 km. orari, la Germania ai 66 km. orari, il mondo ai 132, Cina ed India oltre i 250 chilometri orari. Se fosse una gara di velocità ci troveremmo ad affrontarla in bicicletta contro motocicli, automobili e macchine da formula uno. Una competizione impari, senza possibilità di successo.

Per nostra fortuna la velocità con la quale si corre non è tutto, contano maggiormente le condizioni con le quali si arriva al traguardo. Fuor di metafora, il prodotto interno lordo - pur rimanendo un termometro fondamentale per misurare lo stato di salute di un’economia - non riesce a cogliere tutti gli aspetti del percorso di sviluppo di un Paese, non è in grado di dirci se la crescita si realizza secondo modalità “sane” e sostenibili, senza lasciare vittime e feriti lungo il cammino.

Nel suo lento procedere, il Paese marcia compatto. Se l’Italia viaggia ai 30 km orari l’Emilia-Romagna - che continua ad essere una delle regioni più virtuose, seppure in misura meno marcata rispetto al passato - precede il Paese alla velocità di 38 km orari, Forlì-Cesena si muove ai 42 km orari. Dunque nel nostro territorio si procede un po’ più veloci, ma ancora troppo lenti per tenere il passo dei principali competitor internazionali.

I numeri sempre più negativi dei conti pubblici raccontano di una zavorra diventata ormai insostenibile, ma il nostro avanzare al rallentatore in termini di Prodotto interno lordo è la sommatoria di ritardi in larga parte dei fattori che compongono la crescita. Ciò è vero anche per il commercio con l’estero, da tutti indicata come la leva competitiva che ci ha consentito in tutti questi anni di non affondare. Nel periodo 2000-2009 le esportazioni dell’Italia sono cresciute meno della metà di quelle degli altri Paesi dell’area Euro, un terzo di quelle mondiali. Emilia-Romagna e Forlì-Cesena si presentano ancora con un differenziale leggermente positivo rispetto al resto del Paese, ma sempre distanti dai principali competitors internazionali.

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Fonte: nostra elaborazione su dati del Fondo Monetario Internazionale

Tavola 1. Crescita dei Paesi del mondo a confronto. Variazione del PIL negli anni 2000-2010 e previsione 2011-2015

Tavola 2. Variazione del PIL negli anni 2009-2012 e velocità di marcia.

2009 2010 2011 2012 …se l’Italia viaggia ai 30 km. orari…

Mondo -0,6 5 4,4 4,5 132

Stati Uniti -2,6 2,8 3 2,7 90

Area Euro -4,1 1,8 1,5 1,7 45

Germania -4,7 3,6 2,2 2 66

Francia -2,5 1,6 1,6 1,8 48

Italia -5 1 1 1,3 30

Spagna -3,7 -0,2 0,6 1,5 18

Giappone -6,3 4,3 1,6 1,8 48

Russia -7,9 3,7 4,5 4,4 135

Cina 9,2 10,3 9,6 9,5 288

India 5,7 9,7 8,4 8 252

Fonte: nostra elaborazione su dati del Fondo Monetario Internazionale

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Possiamo tentare di dare una spiegazione del perché la nostra economia sembra viaggiare ad un’andatura da cicloturista. Può essere d’aiuto fare riferimento al ciclo di vita di un prodotto, nello specifi co al cellulare. Il cellulare nasce nel 1973 da un’idea di un ingegnere americano della Motorola che crea un prodotto radicalmente innovativo capace di segnare una forte discontinuità con il passato. Solo nel 1985 il telefono portatile inizia ad essere commercializzato ed anche i primi clienti possono essere visti come degli innovatori desiderosi di

sperimentare il nuovo. Negli anni il cellulare progressivamente si afferma e conquista quote di mercato, nella fase di crescita per aumentare le vendite è suffi ciente apportare delle piccole modifi che al cellulare, delle innovazioni di tipo incrementale e non radicale: il design, lo sportellino, la vibrazione, la fotocamera…Tuttavia, inevitabilmente, si arriva ad una fase in cui non si riesce più a conquistare nuovi clienti, anzi si fatica a mantenere quelli esistenti. Allora occorre inventarsi qualcosa di nuovo, creare una nuova discontinuità con

Tavola 5. Variazione del PIL e delle esportazioni dal 2000 al 2009. Quadro di sintesi.

PIL Export Var. PIL 2000-2010 Var. Export 2000-2010

Forlì-Cesena 0,8% 4,1%

Emilia-Rom. 0,7% 4,0%

Italia 0,6% 3,1%

Area Euro 1,4% 7,7%

Mondo 3,8% 9,0%

Fonte: nostra elaborazione su dati del Fondo Monetario Internazionale e Unioncamere E-R - Prometeia

Fonte: nostra elaborazione su dati del Fondo Monetario Internazionale e Unioncamere E-R - Prometeia

Fonte: nostra elaborazione su dati del Fondo Monetario Internazionale e Unioncamere E-R - Prometeia

-7%-6%-5%-4%-3%-2%-1%0%1%2%3%4%5%6%

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Forlì-Cesena Emilia-Romagna Italia Area Euro Mondo

-30%

-20%

-10%

0%

10%

20%

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Forlì-Cesena Emilia-Romagna Italia Area Euro Mondo

Tavola 3. Variazione del PIL dal 2000 al 2010. Forlì-Cesena a confronto con l’Emilia-Romagna, l’Italia, l’area Euro e il mondo

Tavola 4. Variazione delle esportazioni dal 2000 al 2009. Forlì-Cesena a confronto con l’Emilia-Romagna, l’Italia, l’area Euro e il mondo

4,1% 4,0% 3,1%

7,7% 9,0%

FC ER IT EU MO

0,8% 0,7% 0,6%1,4%

3,8%

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il passato. Da qui lo Smartphone e l’I-Phone, che rappresentano prodotti radicalmente innovativi rispetto al telefono cellulare.In tutto questo ciclo di vita del cellulare le vendite delineano un grafi co che assume la forma di curva ad S, caratterizzato da una crescita lenta nella fase di innovazione radicale, di incremento sempre più accelerato nella fase di affermazione del prodotto, di rallentamento se non di fl essione in quella di maturità. L’i-phone e lo smartphone daranno vita ad una nuova curva, anch’essa destinata ad avere un andamento ad S.

Se guardiamo a molte delle nostre variabili economiche, sia quelle riferite alle singole imprese che quelle legate al territorio nel suo complesso, ci accorgiamo che riproducono esattamente la curva a forma di S ed oggi sembrano trovarsi nella parte terminale del grafi co, quella della fase di maturità.Ne è un esempio la ricchezza creata per abitante. La crescita è lenta nella fase di fermento e di discontinuità con il passato, riconducibile agli anni che fanno seguito

alla seconda guerra mondiale. Nel periodo successivo inizia ad affermarsi il modello distrettuale caratterizzato dalla vicinanza di processo e di prodotto e dalla presenza di imprese di medie e grandi dimensioni che fanno da traino ad un insieme più vasto di piccole aziende che con esse operano in un rapporto di committenza-subfornitura. Sono anni in cui la curva a forma di S cresce rapidamente, il mercato è in grado di accogliere tutto ciò che viene prodotto, le imprese più grandi commercializzano all’estero generando ricchezza e benessere diffuso sul sistema locale. Nei decenni successivi il modello distrettua-le non richiede grandi innovazioni, solo pic-coli aggiustamenti per garantirsi la compe-titività e continuare ad alimentare il circolo virtuoso tra crescita economica e benesse-re. Piccoli cambiamenti quali l’espansione al di fuori dei confi ni locali, oppure la nascita di nuove fi liere allargate a settori non mani-fatturieri. La vicinanza di processo e di pro-dotto non è più l’elemento caratterizzante, il modello pone al centro altri fattori aggre-

Tavola 6. La curva ad S. Telefonia cellulare

Fonte: nostra elaborazione su dati HSDent, Forrester, Census Bureau

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ganti, prima le strategie orientate al con-sumatore, successivamente l’innovazione e l’internazionalizzazione. In questo processo di lenta ma costante trasformazione il fulcro del modello rimane la presenza di imprese più strutturate che fanno da driver per quel-le di piccole dimensioni. Dalla seconda metà degli anni novanta la curva sembra aver raggiunto la sua fase di maturità, le variabili che descrivono e misurano il nostro modello hanno iniziato prima a rallentare e poi a declinare. Ciò che sta venendo meno è il fulcro del modello, il circolo virtuoso tra imprese e tra queste ed il territorio non produce più benessere e ricchezza diffusa. Quanto meno non con la stessa misura e capillarità raggiunta in passato.Se l’analogia con il ciclo di vita di un prodotto è corretta, allora per riprendere un percorso di crescita non è più suffi ciente apportare dei piccoli aggiustamenti al nostro modello, andare alla ricerca di nuovi fattori aggreganti. Occorre inventarsi un I-phone, un nuovo modello che segni una reale discontinuità con il passato.

Il perché il modello sia entrato in una fase di maturità e non permetta più di replicare

i risultati passati è in larga parte noto. Innanzitutto i cambiamenti del contesto internazionale e dei fattori che deteminano la competitività: l’intensità e la velocità con il quale sono avvenuti sono stati tali da non consentire alle nostre imprese di trovare i necessari aggiustamenti seguendo schemi consolidati e dinamiche già note. Tuttavia, le ragioni non vanno ricercate solamente nel modello e nel sistema relazionale che lega le imprese tra loro. Nelle nostre analisi abbiamo sempre focalizzato l’attenzione sul modo di mettere effi cacemente in relazione, in rete, le imprese, trattando quest’ultime quasi fossero una variabile esogena ed immodifi cabile. Oggi sono larga parte delle aziende stesse - i nodi della rete - ad apparire non adeguatamente attrezzate alle nuove sfi de, non solo il sistema - la rete - che le unisce.

Un’altra analogia può essere di aiuto nel chiarire e sviluppare il ragionamento. Se pensiamo al nostro sistema economico territoriale come ad una squadra di calcio possiamo affermare che sino alla metà degli anni novanta abbiamo ottenuto risultati eccellenti senza avere dei fuoriclasse - tranne poche eccezioni - in formazione.

Fonte: nostra elaborazione su fonti varie

Tavola 7. La curva ad S. Prodotto interno lordo per abitante.

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Eravamo una squadra con giocatori buoni o discreti ed un modulo di gioco vincente che ci ha consentito di raggiungere traguardi diffi cilmente immaginabili partendo dalla semplice somma dei singoli componenti. Un modulo vincente che ci ha consentito di trasformare ostacoli in opportunità, come la piccola dimensione che da limite è diventato elemento qualifi cante del modello distrettuale. Al modulo vincente va aggiunto un contesto ambientale favorevole che ha contribuito in maniera decisiva al conseguimento degli obiettivi. Oggi che i risultati sembrano non arrivare ci dobbiamo interrogare se sia suffi ciente cambiare modulo di gioco oppure se anche giocatori e formazione siano da rivedere.

Le rifl essioni sui cambiamenti del modello non possono essere circoscritte al solo ambito economico. Come ricordato nelle parti monografi che dei precedenti rapporti sull’economia della Camera di commercio la crisi denunciata dalle imprese sembra essere solo la punta dell’iceberg di una crisi ben più profonda che investe l’intera società. Crediamo sia opportuno riprendere un passaggio di quanto scritto l’anno scorso su questo argomento.Secondo l’economista Zamagni le crisi possono essere classifi cate in due differenti tipologie, dialettica ed entropica. La crisi dialettica nasce da uno scontro che prende corpo in determinate società e che contiene, al proprio interno le forze per uscirne. La rivoluzione francese è un esempio di crisi dialettica. Entropica, invece, è la crisi che tende a far collassare il sistema per implosione, senza modifi carlo. Questo tipo di crisi si sviluppa quando la società perde il senso – cioè, letteralmente, la direzione – del proprio incedere. Anche di tale tipo di crisi la storia ci offre esempi notevoli: la caduta dell’impero romano; la transizione dal feudalesimo alla modernità; il crollo del muro di Berlino e dell’impero sovietico.La crisi attuale ha natura entropica e la perdita di senso è ben visibile in molte sue contraddizioni, dalla separazione della sfera economica da quella sociale, dal lavoro separato dalla creazione della ricchezza, dal mercato separato dalla democrazia.Considerazioni analoghe si ritrovano negli scritti del sociologo Mauro Magatti.

Secondo Magatti negli ultimi due decenni la crescita economica ha avuto come unico obiettivo un aumento indiscriminato delle opportunità individuali, nell’ipotesi che tale aumento costituisse un bene in sé, da perseguire comunque. Il profi tto da mezzo e misura dell’effi cienza economica si è imposto come fi ne in sé stesso, l’economia ha perso di vista qualunque dimensione sociale e di “senso”, cioè qualunque valutazione - di ordine sociale, politico o morale - che non fosse tecnica.Perdita di senso intesa come direzione smarrita, ma anche come perdita di signifi cato dell’agire, dell’essere. La storia insegna che non si esce da una crisi entropica con aggiustamenti di natura tecnica o con provvedimenti solo legislativi e regolamentari – pure necessari – ma è fondamentale affrontare di petto e risolvere la questione del senso.

Proviamo a ripartire da qui, da queste suggestioni, dando come siamo soliti fare voce ed ascolto ai numeri. E tentiamo di farlo concentrandoci solamente sugli aspetti legati alle imprese, ben sapendo che vi è molto altro, che l’economia è solo un tassello di un puzzle molto più complesso.Se quanto affermato in premessa è corretto, è opportuno riportare al centro delle analisi innanzitutto i nodi della rete, le imprese, senza dimenticare che appartengono ad un sistema complesso dove le loro dinamiche devono essere lette contestualmente al sistema di relazioni nel quale operano.Si è detto della necessità di creare la discontinuità e di recuperare un senso. È possibile distinguere all’interno delle imprese quelle che seguono la strada dell’innovazione radicale - le portatrici di distruzione creatrice, come direbbe Schumpeter - oppure individuare le aziende che si sono avviate in un percorso di crescita dove il senso è visibile e ben defi nito, sia nell’accezione di direzione di marcia (visione) sia nel suo signifi cato dell’agire (responsabilità sociale)? In altri termini vi sono statistiche che ci consentono di individuare comportamenti di discontinuità, di reale novità rispetto al passato e che possono preludere alla nascita di un nuovo modello?

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Alla ricerca di numeri esplicativi

Lui. Lui, il mercato è dovunque. È avido e insaziabile, non si accontenta mai.

Lui per crescere ha bisogno di noi, ma stranamente non ha bisogno di gente che sceglie.

È Lui che sceglie per noi e determina la nostra vita con la sua quotidiana, invisibile presenza. Ma se un giorno, di

colpo, Lui sparisse? Se di colpo ci trovassimo esclusi da questo meccanismo

perfetto così al di fuori di qualsiasi morale? In fondo è Lui che ci procura benessere e ricchezza. Che

condiziona la nostra vita. La vita di ogni paese. Non c’è niente da fare.

Oggi come oggi chi rifi uta la sua logica rischia di non mangiare; chi l’accetta con allegria subisce grave danno

alle sue facoltà mentali, cioè l’annientamento totale delle coscienze.

Insomma, un uomo oggi non ha neanche la possibilità di schierarsi a favore o contro di Lui.

Incredibile. Ma, forse, se lo si sa, se ne si è consapevoli sì può praticare questa realtà senza pretendere di

risolvere le cose con un sì o con un no. Ecco la grande sfi da: allenarsi a vivere senza certezze con la certezza che qualcosa possa nascere da questa

nostra contraddizione. Allora forse, magari a fatica, troveremo altre risorse,

allora forse si ritorna a pensare e a sognare... ...perché l’individuo non muore, resiste fra tanto frastuono e si

muove nel dubbio che in fondo è da sempre il destino dell’uomo.

E pian piano ritorni ad esser vivo più presente più reattivo la tua mente rivede affi orare in un mondo

sommerso un percorso diverso. L’individuo non muore cerca nuovi ideali e ritrova l’antica

emozione di avere le ali di avere le ali…

Giorgio Gaber, “Il mercato”

Quando si analizzano i numeri il più delle volte si va alla ricerca di evidenze empiriche a tesi già precostituite, oppure si cercano nei dati risposte ad interrogativi chiaramente defi niti e formulati. Molto meno semplice è avvicinare i numeri senza avere domande precise da rivolgergli né tantomeno una vaga idea di cosa e dove cercare. Allora si procede per tentativi, nella speranza che da qualche elaborazione spunti fuori una percentuale in grado di accendere una luce. È questa la situazione in cui ci troviamo, nessuna tesi di partenza, nessuna idea guida, solo domande confuse attorno alla presunta fi ne di un modello di sviluppo. Le pagine che seguiranno sono il racconto di questa ricerca della Percentuale Illuminante, un percorso di analisi che abbiamo scelto di raccontare tappa per tappa – elaborazione per elaborazione - perché numeri che per noi sono rimasti spenti possono apparire ad altri luminosi ed illuminanti. Anche il commento segue questa logica, un ragionamento che si sviluppa con il procedere delle elaborazioni, interrogativi sollevati dai numeri a cui si tenta di dare risposta nelle elaborazioni successive.

Elaborazione 1. Come prima elaborazione consideriamo alcuni dati desunti dai bilanci delle società di capitale. Sotto la lente di osservazione poniamo un sottoinsieme di imprese che potremmo defi nire durature e, per molti aspetti, eccellenti. Sono le oltre mille società di capitale della provincia di

-3,1%

1,5%

4,0%3,0%

-0,2%

2,6%

5,2%4,5%

< 2 mln. 2-5 mln. >5 mln. Totale

Emilia-Romagna Forlì-Cesena

2,6%

6,1% 6,2%5,9%

1,0%

6,1%

3,4% 3,4%

< 2 mln. 2-5 mln. >5 mln. TotaleE.-R. FC Inv. Rischio = 0

Tavola 8. Tasso di crescita del fatturato e rendimento del capitale investito. Valore medio anni-2002-2009

Variazione media annua del fatturato Rendimento del capitale investito (ROE)

Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida

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Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida

Tavola 9. Tasso di crescita del fatturato e rendimento del capitale investito. Valore medio anni-2002-2009 - Forlì-Cesena

1 Il Roe è stato calcolato come rapporto tra utile e il patrimonio al netto dell’utile

Forlì-Cesena che erano già attive nel 2002 e lo sono ancora nel 2009.Una prima indicazione si evince suddividendole per classe dimensionale. Le società più grandi nell’arco temporale 2002-2009 hanno ottenuto risultati migliori delle piccole: i ricavi delle aziende con oltre 5 milioni di fatturato sono cresciuti mediamente del 5,2% all’anno, un saggio di variazione che è risultato di segno negativo per le imprese con meno di 2 milioni di fatturato.

C’è di più. Nel periodo considerato il rendimento del capitale investito misurato attraverso il ROE1 è risultato pari al 3,4% medio annuo. Se invece di mettere il capitale nell’impresa si fosse investito in titoli di stato, quindi effettuando investimenti con assenza di rischio, il rendimento sarebbe stato del 3,9% annuo, dunque superiore. In altri termini investire in imprese piccole ed in quelle grandi ha reso meno rispetto ad investimenti a rischio zero, mentre il capitale è stato remunerato maggiormente solo per le imprese di medie dimensioni (in questa elaborazione identifi cabili con

un fatturato compreso tra i 2 e i 5 milioni). Sono prime indicazioni che meritano di essere approfondite attraverso una maggior disaggregazione dei dati.

Elaborazione 2. Proviamo ad esaminare le due variabili (variazione del fatturato e rendimento del capitale) in funzione del settore di appartenenza. Innanzitutto il commercio al dettaglio: nel periodo 2002-2009 si assiste al crollo del fatturato - oltre l’8% in meno ogni anno – e il rendimento del capitale risulta ampiamente negativo. Complessivamente i settori manifatturieri presentano dati migliori rispetto agli altri comparti. Davanti a tutti si trovano le imprese della meccanica, con ricavi in forte crescita ed elevato rendimento del capitale investito. Bene anche le calzature; il commercio all’ingrosso è l’unico comparto non industriale a registrare fatturato in crescita ed una redditività superiore a quella dell’investimento a rischio zero.

Crescono in volume di affari ma appaiono poco redditizi i settori dell’alimentare, del tessile-abbigliamento e dell’agricoltura.

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Una maggior disaggregazione dimensionale conferma il buon andamento delle imprese con fatturato compreso tra i 2 e i 5 milioni, le imprese comprese tra i 10 e i 50 milioni di ricavi crescono considerevolmente e sono suffi cientemente redditizie, quelle con fatturato superiore ai 50 milioni risultano scarsamente appetibili per i portatori di capitale. Per capirci qualcosa di più conviene disaggregare ulteriormente.

Elaborazione 3. Come ulteriore disaggregazione incrociamo i dati delle classi dimensionali con quelli dei settori. La fotografi a vista precedentemente diventa più nitida e, in alcuni casi, restituisce un’immagine differente. Il dato fortemente negativo del commercio al dettaglio resta tale per la grande dimensione, mentre gli esercizi commerciali con ricavi compresi tra i 2 e i 5 milioni nel periodo considerato sono cresciuti in fatturato con valori di redditività apprezzabili.Al contrario il buon risultato delle calzature deriva dalle imprese più grandi, anche se le medie mantengono una buona capacità di

remunerare il capitale investito. Crescita e redditività diffusa per le imprese dei mobili e della metalmeccanica, nell’alimentare cresce il fatturato di tutte le classi dimensionali ma la redditività delle più grandi è scarsa. Da queste prime elaborazioni emerge uno scenario negativo per la piccola dimensione (pur con alcune eccezioni in importanti comparti dell’economia provinciale), cresce la grande dimensione anche se con margini di redditività spesso insuffi cienti, mentre i risultati migliori sembrano attenere alla media dimensione.

Complessivamente il racconto dei primi numeri è confortante, le imprese esaminate – che, ricordiamolo sono quelle durature, quindi al netto di quelle che hanno cessato l’attività e delle start up – hanno proseguito nella loro attività anche in anni diffi cili, anche se la remunerazione del capitale non sempre è stata adeguata. I numeri sollevano anche alcuni interrogativi, per esempio sulla tenuta anche nei prossimi anni delle piccole imprese del sistema moda o delle piccole società che operano nei servizi alle imprese.

Tavola 10. Tasso di crescita del fatturato e rendimento del capitale investito. Valore medio anni-2002-2009 - Forlì-Cesena

Var. media annua del fatturato Var. media annua del ROE

< 2 mln. 2-5 mln. >5 mln. Totale < 2 mln. 2-5 mln. >5 mln. Totale

Agricoltura 7,8% 0,6% 7,5% 6,5% -1,8% -3,8% 2,7% 1,0%

Alimentare 2,9% 1,8% 6,7% 6,5% 21,3% 7,3% -3,2% -1,9%

Tessile-abbigliamento -0,9% 4,8% 2,6% 2,2% -3,0% 4,8% -2,1% -1,7%

Calzature -4,4% -5,0% 4,5% 3,3% -5,5% 16,0% 14,6% 14,6%

Legno, mobili 2,8% 1,8% 4,0% 3,4% 5,1% 9,6% 6,7% 6,9%

Carta, chimica, plastica 0,0% 3,9% 2,9% 2,9% -11,8% 6,8% 9,2% 7,9%

Metalmeccanica 2,2% 2,9% 4,7% 4,2% 9,3% 10,5% 9,1% 9,3%

Altro industria -3,1% 3,0% 5,8% 3,9% -0,6% 8,2% 1,4% 1,6%

Costruzioni -0,7% 1,7% 9,0% 6,8% 10,6% 9,7% 4,1% 5,6%

Commercio ingrosso 1,8% -0,7% 8,2% 7,3% 3,0% 6,2% 6,3% 5,9%

Commercio dettaglio 0,4% 2,7% -10,2% -8,4% -4,7% 13,2% -4,7% -4,2%

Trasporti, magazz., alloggio 2,4% 5,7% 3,0% 3,5% 6,5% -0,4% 5,6% 3,7%

Servizi imprese -5,3% 16,7% 3,0% 1,7% -0,2% 4,3% 1,5% 1,3%

Servizi persone 3,6% 5,2% 3,3% 3,5% -5,7% 2,2% 6,8% 1,7%

TOTALE -0,2% 2,6% 5,2% 4,5% 1,0% 6,1% 3,4% 3,4% Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida. Per il fatturato in rosso i valori negativi. Per il Roe in rosso i valori inferiori al rendistato medio annuo del periodo.

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 201016

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Per cogliere meglio alcuni aspetti emersi nelle elaborazioni precedenti può essere opportuno, da un lato, estendere la batteria degli indicatori includendo altri rapporti caratteristici, dall’altro, restringere il campo di osservazione al periodo 2007-2009, un triennio nel quale convivono un anno di crescita apprezzabile (2007), un anno iniziato positivamente e chiuso con diffi coltà (2008) ed un terzo (2009) di forte crisi.

Elaborazione 4. Manteniamo il criterio della compresenza, nel periodo 2007-2009 le imprese per le quali si dispone dei bilanci sono 2.086. Ripetiamo l’analisi precedente mettendo a confronto fatturato e redditività. Solo il settore delle costruzioni nel triennio 2007-2009 ha registrato un aumento del fatturato mantenendo una redditività superiore a quella di investimenti in assenza di rischio. Le imprese di media dimensione remunerano suffi cientemente il capitale ma non crescono in termini di ricavi, le grandi aumentano il volume di affari senza garantire un’adeguata redditività. Tre i settori con riduzione del fatturato e redditività del capitale insuffi ciente: tessile-abbigliamento, meccanica e commercio al dettaglio. Dati negativi anche per le piccole imprese.

Se nel lungo periodo, 2002-2009, sembra es-serci una correlazione positiva tra variazione del fatturato e redditività d’impresa – come è logico attendersi nel normale funziona-mento di un’azienda – nell’ultimo triennio le due variabili viaggiano separatamente senza nessun legame apparente.Le ragioni possono essere molteplici, da un processo di riposizionamento dell’impresa che porta a sacrifi care i risultati economici nel breve periodo a favore di una maggior solidità patrimoniale e fi nanziaria, a scel-te che puntano a privilegiare la crescita o la redditività attraverso azioni con ricadute immediate. Una dinamica che sembra acco-munare le imprese manifatturiere riguarda la progressiva riduzione dell’incidenza del co-sto del lavoro sui costi complessivi di pro-duzione. Il calo è più sensibile per le imprese manifatturiere di dimensione media e grande, dove l’incidenza non supera l’11-12%, men-tre per le piccole il costo del lavoro si attesta attorno al 22-23% dei costi complessivi.

Elaborazione 5. L’aver circoscritto l’arco temporale agli ultimi tre anni ci consente di attribuire a ciascuna impresa il numero dei dipendenti2. Nonostante le diffi coltà del 2009 alcuni comparti aumentano sia il fatturato che l’occupazione.

Tavola 11. Tasso di crescita del fatturato e rendimento del capitale investito. Valore medio anni-2007-2009 - Forlì-Cesena

Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida

2 I dati dell’occupazione sono di fonte SMAIL, il nuovo osservatorio della Camera di commercio sull’occupazione

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Male il manifatturiero anche per quanto riguarda la tenuta dell’occupazione: la contrazione dell’incidenza del costo del lavoro vista precedentemente è con ogni probabilità da mettere in relazione ad una riduzione del numero degli addetti. Ciò trova conferma nei dati del costo del lavoro per addetto, in crescita nell’ultimo triennio.Dal 2007 al 2009 solo l’agricoltura ed il

comparto del legno e dei mobili hanno registrato un calo del costo del lavoro per addetto e della produttività (misurata come rapporto tra valore aggiunto ed addetto). La produttività – complice ovviamente la crisi del 2009 – è aumentata solo nel comparto dei servizi, sia alle imprese che alle persone, nel commercio al dettaglio, nell’alimentare, nella carta e nel comparto delle altre

Tavola 13. Costo del lavoro per addetto e produttività (valore aggiunto per addetto) a confronto. Anni 2007-2009 - Forlì-Cesena

Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida e SMAIL

Tavola 12. Variazione dei dipendenti e del fatturato. Variazione anni-2007-2009. Imprese compresenti - Forlì-Cesena

Addetti FatturatoPiccole Medie Grandi Totale Piccole Medie Grandi Totale

Agricoltura 8,0% 8,8% 12,6% 11,9% 3,2% -11,7% -2,6% -3,1%Alimentare -3,5% 2,1% 10,3% 9,9% 6,9% 5,9% 2,5% 2,6%Tessile-abbigliamento -6,6% 4,5% -1,8% -2,7% -6,9% -1,3% -0,4% -1,3%Calzature -7,6% -6,9% -3,4% -4,1% -9,1% -9,1% -0,6% -1,4%Legno, mobili -0,3% -8,4% 1,0% -0,3% 5,4% -9,7% -6,2% -5,8%Carta, chimica, plastica -8,9% -0,6% -2,6% -3,0% -9,6% -2,9% -3,7% -4,0%Metalmeccanica -7,3% -2,6% -3,8% -4,1% -5,8% -4,3% -7,3% -6,8%Altro industria -6,7% 0,2% 3,0% 0,2% 2,1% -1,7% 15,3% 10,8%Costruzioni -9,1% 1,4% 1,3% -0,7% -2,5% -1,3% 4,1% 2,2%Commercio ingrosso -2,4% -4,4% 1,1% -0,1% -0,9% -3,8% 3,0% 2,4%Commercio dettaglio 11,2% 0,0% -32,0% -15,6% 4,9% -1,7% -23,3% -17,1%Trasporti, magazzinaggio -7,8% 3,4% 22,9% 10,6% 1,6% 10,0% 7,2% 6,9%Servizi imprese 21,9% -2,1% 3,4% 8,9% 3,4% -10,9% 31,9% 18,4%Servizi persone 5,9% 5,8% 14,7% 9,8% 5,1% 6,8% 7,7% 6,9%Totale 2,4% -0,3% 3,0% 2,4% -0,5% -3,5% 1,5% 0,9%

Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida e SMAIL

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Tavola 14. Incidenza della tassazione sul reddito ante imposte1 e imprese in utile. Valore 2009 - Forlì-Cesena

Incidenza delle imposte e tasse Imprese in utile

Piccole Medie Grandi Totale Piccole Medie Grandi Totale

Agricoltura 22,9% 25,8% 43,7% 36,9% 39,4% 60,0% 66,7% 52,2%

Alimentare 37,9% 37,7% 44,3% 43,6% 72,7% 50,0% 76,5% 71,9%

Tessile-abbigliamento 47,7% 37,7% 50,2% 44,9% 42,9% 60,0% 37,5% 43,9%

Calzature 48,0% 45,6% 44,8% 44,9% 61,5% 80,0% 69,2% 67,7%

Legno, mobili 37,5% 54,5% 48,4% 48,1% 60,0% 70,6% 77,8% 67,1%

Carta, chimica, plastica 38,8% 32,0% 41,5% 40,5% 42,9% 57,7% 79,2% 56,5%

Metalmeccanica 39,4% 41,0% 38,9% 39,2% 55,2% 62,1% 69,6% 60,5%

Altro industria 49,4% 41,0% 42,6% 42,7% 64,0% 71,0% 78,9% 69,0%

Costruzioni 37,9% 32,4% 45,1% 40,3% 62,2% 74,5% 84,2% 69,6%

Commercio ingrosso 40,5% 45,3% 44,4% 44,0% 61,8% 72,1% 79,5% 69,7%

Commercio dettaglio 43,1% 42,7% 39,1% 41,5% 60,8% 64,7% 58,3% 61,1%

Trasporti, magazzinaggio 35,7% 36,8% 64,6% 47,0% 68,1% 66,7% 60,0% 65,9%

Servizi imprese 34,7% 36,7% 33,0% 33,9% 67,9% 78,8% 66,7% 69,0%

Servizi persone 40,1% 42,5% 47,3% 45,2% 54,5% 77,8% 68,8% 58,6%

Totale 37,6% 38,4% 42,1% 41,0% 60,1% 69,3% 73,7% 64,9%

Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida1 l’incidenza delle imposte e tasse è calcolata solo per le imprese che hanno chiuso in utile

industrie al cui interno si trova il settore dell’energia.Alla fl essione dei ricavi non è corrisposto un calo di analoga intensità dei costi di produzione e ciò ha determinato una riduzione del valore aggiunto. Vediamo come questo incide nella formazione del risultato d’esercizio fi nale.

Elaborazione 6. A fronte dei sensibili cali di fatturato e di occupazione, nonostante la riduzione del valore aggiunto, quasi due terzi delle imprese ha chiuso il 2009 in utile.

È vero che si tratta di un insieme selezionato di imprese - quelle operanti almeno dal 2007 e che risultano ancora attive nel 2010 – però la percentuale di aziende che hanno realizzato un utile di esercizio è particolarmente elevata, prossima al 75% per le società con almeno 5 milioni di fatturato.Come visto - anche a seguito di una tassazione che per alcune categorie di imprese supera abbondantemente la metà del reddito conseguito prima delle imposte – in molti casi l’utile risulta di entità non suffi ciente a remunerare adeguatamente il capitale, tuttavia è di segno positivo.

Quali conclusioni trarre da queste prime elaborazioni? In una fase congiunturalmente diffi cile le imprese della provincia riducono fatturato e redditività, si riorganizzano riducendo i costi di produzione, tagliano posti di lavoro anche se questo non si traduce in un minor costo del lavoro per addetto. Chiudono in utile, dimostrando di poter reagire positivamente, almeno nel breve periodo, alle diffi coltà. Non sembrano emergere settori capaci di affrontare meglio di altri le diffi coltà, alcuni crescono in dimensione ma perdono in redditività, altri seguono il percorso inverso. Solo il settore del tessile ed abbigliamento sembra presentare tutti gli indicatori verso il basso, anche se la disaggregazione per classe dimensionale rivela andamenti differenti.

Queste elaborazioni condotte seguendo lo schema classico di analisi che suddivide le imprese per settore e per classe dimensionale non consentono di dire chi è andato bene e chi no. Ancor meno permettono di rispondere alla domanda iniziale, sulle imprese creatrici di discontinuità e/o con un senso ben defi nito.

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Tavola 15. Schema riassuntivo per settore e classe dimensionale. Variazione del fatturato, degli addetti e redditività del capitale - Forlì-Cesena

Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida

Probabilmente anche i nostri fi ltri statistici sono inadeguati, non riescono a cogliere quanto sta avvenendo. Forse anch’essi necessiterebbero di discontinuità e di

recuperare un senso per poter afferrare e misurare il nuovo e ciò che ha vero signifi cato nell’interpretare le dinamiche in atto. Proviamo allora con un approccio differente.

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Resilienti o vulnerabili?

L’appartenenza non è lo sforzo di un civile stare insieme, non è il conforto di un normale voler bene

l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

L’appartenenza non è un insieme casuale di persone non è il consenso a un’apparente aggregazione

l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.

Uomini uomini del mio passato che avete la misura del dovere e il senso collettivo dell’amore io non pretendo

di sembrarvi amico mi piace immaginare la forza di un culto così antico e questa strada non sarebbe disperata se in ogni uomo ci fosse un po’ della mia vita ma piano

piano il mio destino é andare sempre più verso me stesso e non trovar nessuno.

L’appartenenza è assai di più della salvezza personale è la speranza di ogni uomo che sta male e non gli basta

esser civile. E’ quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa che in sé travolge ogni egoismo personale con

quell’aria più vitale che è davvero contagiosa.

Uomini uomini del mio presente non mi consola l’abitudine a questa mia forzata solitudine io non

pretendo il mondo intero vorrei soltanto un luogo un posto più sincero dove magari un giorno molto presto io fi nalmente possa dire questo è il mio posto dove rinasca

non so come e quando il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.

L’appartenenza è un’esigenza che si avverte a poco a poco si fa più forte alla presenza di un nemico, di un

obiettivo o di uno scopo è quella forza che prepara al grande salto decisivo che ferma i fi umi, sposta i monti

con lo slancio di quei magici momenti in cui ti senti ancora vivo.

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciarea dire noi.

Giorgio Gaber, “Canzone dell’appartenenza”

Elaborazione 7. Alla luce della scarsa capacità esplicativa delle chiavi interpretative tradizionali, usciamo dalla logica settoriale e dimensionale e lasciamo che siano i numeri ad individuare le imprese più virtuose e quelle maggiormente esposte ai rischi della competizione. L’elaborazione dei dati di bilancio e dell’occupazione condotta attraverso tecniche statistiche restituisce quattro tipologie di imprese:

• le imprese “resilienti”, che nel triennio 2007-2009 hanno aumentato i propri ricavi, hanno garantito una redditività superiore a quella degli investimenti a

rischio zero e hanno tenuto o aumentato i livelli occupazionali;

• le imprese “vulnerabili”, quelle maggiormente a rischio, che hanno registrato sensibili cali di fatturato, dell’occupazione e redditività insuffi ciente;

• le imprese “attendiste”, che hanno mantenuto i livelli occupazionali (o aumentati), ma con risultati economici contrastanti (aumento dei ricavi ma scarsa redditività o viceversa) o del tutto insoddisfacenti;

• le imprese “interventiste”, che davanti alla diffi coltà hanno reagito diminuendo l’occupazione e, contestualmente, conseguendo risultati economici apprezzabili.

La classe più numerosa è quella delle imprese attendiste, quasi la metà del totale; quelle interventiste e quelle vulnerabili incidono rispettivamente per circa il 18%, mentre il gruppo meno consistente è costituito dalla società resilienti, poco meno del 17% delle aziende esaminate.

È da sottolineare come tale distribuzione si ripeta con poche differenze all’interno di ciascun settore ed ogni classe dimensionale. Vi sono alcuni settori maggiormente a rischio, su tutti meccanica e sistema moda, tuttavia appare chiaro che l’essere resilienti o vulnerabili non è strettamente connesso all’attività svolta - al cosa si fa - o al numero degli addetti, ma dal come si svolge l’attività stessa - al come si fa.

Per i criteri con i quali sono stati creati i quattro raggruppamenti è evidente che i risultati economici sono migliori per le società resilienti e peggiori per quelle vulnerabili. Diventa quindi scarsamente interessante soffermare l’analisi sui dati di bilancio, tuttavia il dato sulla produttività e sul costo del lavoro per addetto va sottolineato.Le imprese resilienti e quelle interventiste sono state le più produttive nel corso del 2009 e sono anche quelle con il costo del lavoro per addetto più elevato. Per le società resilienti ogni euro investito sul personale produce 1 euro e 62 centesimi di valore aggiunto, per quelle vulnerabili il rapporto è pari ad 1,02, dunque un effetto moltiplicatore praticamente azzerato. Ovviamente il rapporto tra produttività e costo del lavoro

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Tavola 16. Distribuzione delle quattro tipologie di impresa per settore, classe dimensionale e forma giuridica - Forlì-Cesena

resilienti attendiste interventiste vulnerabili TOTALE

Piccole 17,9% 49,1% 16,0% 17,0% 100%

Medie 12,8% 45,5% 22,0% 19,7% 100%

Grandi 16,6% 42,0% 20,5% 21,0% 100%

Agricoltura 13,0% 56,5% 15,9% 14,5% 100%

Alimentare 25,0% 53,1% 9,4% 12,5% 100%

Tessile-abbigliamento 12,2% 46,3% 14,6% 26,8% 100%

Calzature 9,7% 29,0% 29,0% 32,3% 100%

Legno, mobili 18,6% 31,4% 25,7% 24,3% 100%

Carta, chimica, plastica 16,3% 47,8% 15,2% 20,7% 100%

Metalmeccanica 9,2% 43,3% 16,1% 31,4% 100%

Altro industria 12,0% 47,0% 21,0% 20,0% 100%

Costruzioni 14,2% 41,7% 23,5% 20,6% 100%

Commercio ingrosso 20,4% 45,8% 16,4% 17,4% 100%

Commercio dettaglio 15,7% 51,9% 21,3% 11,1% 100%

Trasporti, magazzinaggio 13,6% 55,7% 14,8% 15,9% 100%

Servizi imprese 20,5% 50,5% 18,2% 10,9% 100%

Servizi persone 22,3% 51,0% 16,6% 10,2% 100%

Cooperative 11,5% 56,8% 16,7% 15,1% 100%

Società per azioni 17,0% 45,9% 18,3% 18,7% 100%

TOTALE 16,6% 46,9% 18,1% 18,4% 100%

Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida

20.000

25.000

30.000

35.000

40.000

45.000

50.000

55.000

60.000

65.000

attendiste interventiste resilienti vulnerabili

produttività costo lav. per addetto

-30,0%

-20,0%

-10,0%

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

attendiste interventiste resilienti vulnerabili

2006-07 2008-09

Tavola 17. Produttività e costo del lavoro per le quattro tipologie di impresa. Anno 2009 - Forlì-Cesena

Produttività e costo del lavoro per addetto. Anno 2009 Produttività e costo del lavoro per addetto. Var. 2009 su 2007

Fonte: nostra elaborazione su dati Ghibli-Aida

per addetto è esplicativo quando l’attività di produzione è svolta internamente all’azienda e non delocalizzata, per cui valori elevati di produttività possono in realtà essere indice non di un comportamento virtuoso, ma di

un processo delocalizzativo. Solo le resilienti presentano una variazione della produttività superiore a quella del costo del lavoro per addetto.Se il differente andamento tra le tipologie di

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3 L’aggancio è stato effettuato per tutte le imprese dell’Emilia-Romagna, successivamente i dati sono stati elaborati per provincia. Per assicurare la necessaria signifi catività statistica per tutte le elaborazioni, nelle tabelle pubblicate in questo studio si è preferito riportare i dati regionali. I dati di Forlì-Cesena risultano perfettamente allineati con quelli regionali, pertanto tutte le considerazioni restano perfettamente valide ed estendibili alla provincia di Forlì-Cesena.

37,8% 40,8%28,0%

48,6%38,9%

32,8% 30,1%

32,3%

29,4%

31,6%

29,4% 29,1%39,8%

22,0%29,5%

attendiste interventiste resilienti vulnerabili TOTALE

più di 20 anni 10-20 anni meno di 10 anni

53,3% 51,9% 48,4%55,0% 52,7%

30,6% 31,3%31,5%

29,5% 30,6%

16,1% 16,8% 20,1% 15,4% 16,7%

attendiste interventiste resilienti vulnerabili TOTALE

più di 50 anni da 40 a 50 anni meno di 40 anni

Tavola 18. Età dell’impresa ed età degli imprenditori. Anno 2009 - Forlì-Cesena

Età dell’impresa Età degli imprenditori

Fonte: nostra elaborazione su dati registro delle imprese

Tavola 19. Variazione del fatturato, degli investimenti e dell’occupazione - Emilia-Romagna

Fatturato Investimenti Occupazionetipo 2006/07 2008/09 2006/07 2008/09 2006/07 2008/09Attendiste 2,8 2,7 2,9 2,2 1,6 1,9Interventiste 2,4 3,0 3,1 2,2 1,3 -0,3Resilienti 4,6 4,8 4,6 3,5 3,2 3,2Vulnerabili 2,2 -2,2 2,3 -0,5 0,8 -1,5TOTALE 2,8 1,8 2,9 1,6 1,5 0,9

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’innovazione

impresa va ricercato non nel “cosa” si fa ma nel “come” si fa, per tentare di individuare gli elementi di diversità è necessario allargare il campo di osservazione ad altri numeri. Per fare ciò abbiamo “agganciato” alle imprese così classifi cate i risultati di due indagini campionarie condotte nel corso del 2010, una relativa all’internazionalizzazione ed una all’innovazione3.

Elaborazione 8. Prima ancora dei dati dell’indagine, una importante differenza emerge già dalla lettura dei dati anagrafi ci delle imprese. Tra le imprese resilienti quelle costituite da vent’anni e più sono circa un quarto, tra le vulnerabili la quota sale al 50%. Ancora, il 40% delle resilienti ha meno di 10 anni, percentuale che scende sotto il 30% per le attendiste e le interventiste, al 20% per le vulnerabili.Non solo l’età dell’impresa è un fattore di differenziazione, anche quella dell’imprendi-

tore sembra avere il suo peso. Mediamente il management delle resilienti è composto da persone più giovani, la percentuale mag-giore di titolari con oltre cinquant’anni (con quota rilevante di ultrasettantenni) si ritrova nelle aziende vulnerabili.

Elaborazione 9. Dall’indagine sull’innova-zione viene una prima conferma di quanto rilevato nei dati di bilancio. Le imprese re-silienti non solo hanno incrementato in mi-sura maggiore il fatturato ed occupazione, anche gli investimenti sono cresciuti di più, sia nel periodo 2008/09 sia nel biennio pre-cedente 2006/07.

La dicotomia tra resilienti e vulnerabili emerge chiaramente dal dato delle imprese che hanno effettuato investimenti, oltre il 75% delle resilienti rispetto a circa il 60% delle vulnerabili. L’aspetto più rilevante riguarda la tipologia dell’investimento effettuato.

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Le resilienti puntano poco su investimenti riguardanti innovazioni di prodotto o di processo e, sembrano ancor meno interessate a cambiamenti di tipo radicale. Le resilienti hanno individuato nell’organizzazione aziendale la chiave di volta per la competitività. Esattamente il contrario di quanto fatto dalle vulnerabili che, quando hanno investito, hanno scelto di innovare prodotti e processi, spesso in maniera radicale, toccando solo in misura marginale la sfera dell’organizzazione interna.I dati suggeriscono che all’interno delle imprese vulnerabili convivono due tipologie: quelle che non investono e che stanno subendo pesantemente gli effetti della crisi e quelle che stanno reagendo e, sulla spinta dei risultati economici non soddisfacenti, investono per cambiare radicalmente il proprio percorso di sviluppo. Per quest’ultimo gruppo di aziende la vulnerabilità, se le scelte strategiche si riveleranno azzeccate, può essere vista come una fase transitoria per ricostruire una competitività su basi differenti.

Tra la categoria delle vulnerabili e quella delle resilienti si collocano le attendiste

e le interventiste. Le attendiste – che, ricordiamo, sono quelle che hanno mantenuto od incrementato i livelli occupazionali pur di fronte a risultati economici negativi – sembrano spingere maggiormente sull’innovazione di prodotto, anche radicale, ripensando profondamente anche la propria organizzazione interna. Le interventiste – che possono essere viste come imprese vulnerabili particolarmente reattive che hanno scelto di operare i cambiamenti partendo dalla riduzione dei livelli occupazionali - guardano anche all’innovazione di processo, mentre sembrano scarsamente interessate a quella organizzativa.

Ridurre i costi ed aumentare la produttività sono gli obiettivi principali che si pongono tutte le imprese nelle loro strategie di investimento. Leggendo più attentamente i numeri emergono delle differenze sostanziali tra le differenti tipologie, in particolare le attendiste sono maggiormente rivolte all’esterno (penetrare in nuovi mercati, adeguarsi alla concorrenza, aumentare le

Tavola 20. Imprese che hanno effettuato investimenti in innovazione per tipologia. Anno 2009 - Emilia-Romagna

di prodotto di processo innovazioneorganizzativaNessuno Incrementale radicale incrementale radicale

Attendiste 30,9% 32,0% 9,3% 18,6% 5,2% 32,0%Interventiste 28,6% 31,4% 5,7% 25,7% 5,7% 22,9%Resilienti 24,2% 24,2% 3,0% 18,2% 9,1% 36,4%Vulnerabili 38,3% 21,7% 6,7% 26,7% 11,7% 20,0%TOTALE 31,6% 28,0% 7,1% 21,8% 7,6% 28,0%

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’innovazione

0,0%

5,0%

10,0%

15,0%

20,0%

25,0%

30,0%

35,0%

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45,0%

50,0%

2007 2008 2009

attendiste interventiste resilienti vulnerabili TOTALE

Tavola 21. Percentuale di imprese che investono in misura signifi cativa o cospicua in innovazione - Emilia-Romagna

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’innovazione

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quote di mercato…), le resilienti guardano all’interno e all’organizzazione (migliorare l’impiego delle risorse, migliorare il servizio ai clienti,…). L’attenzione al funzionamento interno dell’azienda e alle relazioni con l’esterno si traduce anche in investimenti in innovazione rivolti al personale: un numero crescente di resilienti investe per favorire un miglior

clima aziendale e per meglio conciliare vita lavorativa e vita familiare. L’attenzione al lavoratore si ritrova anche nelle attendiste e forse non è casuale che all’interno di queste due tipologie vi siano le aziende che hanno quanto meno assicurato i livelli occupazionali di inizio periodo. Sono le stesse imprese con la percentuale più alta di laureati e con la quota maggiore di addetti riconducibili alle

Tavola 22. Quali sono per la vostra impresa i principali obiettivi dell’innovazione? - Emilia-Romagna

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’innovazione

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attendiste interventiste resilienti vulnerabili

2006-07 2008-09

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attendiste interventiste resilienti vulnerabili

2006-07 2008-09

Tavola 23. Percentuale di lavoratori laureati e addetti operanti in uffi cio tecnico e d ricerca e sviluppo - Emilia-Romagna

Laureati Addetti Uffi cio Tecnico e R&S

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’innovazione

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attività legate all’innovazione e alla ricerca e sviluppo.Va sottolineato che la quota di laureati in azienda è in fl essione, le assunzioni effettuate negli ultimi anni hanno privilegiato personale con competenze diverse. Nelle imprese attendiste diminuisce anche la quota di personale tecnico, con ogni probabilità si è scelto di potenziare altre aree aziendali o di incrementare il personale legato direttamente alla produzione. All’interno delle attendiste si ritrovano molte imprese che hanno effettuato ingenti investimenti produttivi negli anni passati ed oggi devono fare i conti con macchinari che non trovano pieno utilizzo e personale in esubero.

Nell’elaborazione precedente sono stati indicati gli obiettivi che le aziende si pongono con l’innovazione. È interessante vedere

quanto questi corrispondano effettivamente ai benefi ci avuti. Per le resilienti la corrispondenza è buona, gli investimenti si sono tradotti in una miglior organizzazione e un clima aziendale più favorevole. Per le attendiste si conferma l’attenzione rivolta fuori dell’azienda, per le vulnerabili il benefi cio maggiore ha riguardato un miglior utilizzo delle materie prime, per le interventiste non sembrano esserci effetti positivi particolarmente rilevanti. Per circa il 30% delle imprese investire in innovazione ha portato ad una miglior qualità dei prodotti e dei servizi.

Elaborazione 10. Aggiungiamo un altro tassello al nostro percorso di analisi. Complessivamente le imprese vulnerabili sono maggiormente esposte al mercato estero per quanto riguarda le esportazioni

Tavola 24. Le innovazioni introdotte nella vostra impresa quali benefi ci/effetti hanno comportato? - Emilia-Romagna

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’innovazione

Tavola 25. Principale mercato di riferimento delle proprie produzioni - Emilia-Romagna

provincia regione resto Italia Europa Resto del mondoAttendiste 28,2% 19,6% 37,6% 8,2% 6,3%Interventiste 32,6% 21,3% 37,1% 3,4% 5,6%Resilienti 29,0% 25,8% 32,3% 6,5% 6,5%Vulnerabili 23,0% 24,4% 31,1% 14,1% 7,4%Totale 27,7% 21,8% 35,3% 8,7% 6,5%Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’innovazione

Tavola 26. Principale fornitore. Area di riferimento - Emilia-Romagnaprovincia regione resto Italia Europa Resto del mondo

Attendiste 27,7% 20,7% 41,8% 5,5% 4,3%Interventiste 34,1% 24,2% 38,5% 2,2% 1,1%Resilienti 33,3% 19,0% 25,4% 11,1% 11,1%Vulnerabili 23,9% 25,4% 41,3% 8,0% 1,4%Totale 28,5% 22,3% 39,2% 6,2% 3,8%Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’innovazione

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- oltre un quinto di esse ha come principale mercato di riferimento un’area al di fuori dei confi ni nazionali – mentre l’area di riferimento dei fornitori è prevalentemente nazionale. Le resilienti hanno un forte radicamento territoriale sia come mercato di sbocco che di acquisizione di materie prime e/o servizi, per oltre un terzo di esse i fornitori principali appartengono alla stessa provincia. Vi è anche quasi un quarto delle imprese resilienti che ha fatto scelte diverse, eleggendo l’estero quale principale area di riferimento per reperire i fornitori. Le interventiste operano su una rete corta, un terzo di esse si rifornisce e vende all’interno dei confi ni provinciali, oltre la metà non esce dalla regione.

Ad una prima occhiata esportare non è un fattore discriminante. Anzi, per quanto riguarda il 2009 si direbbe che la presenza sui mercati esteri sia stata penalizzante, infatti la percentuale più alta di imprese esportatrici la si ritrova tra le vulnerabili. Però le resilienti sono quelle che realizzano la quota maggiore di fatturato all’estero, un dato che consiglia una lettura più attenta dei numeri sul commercio estero. Se si guarda alla percentuale di imprese che ha aumentato il valore delle esportazioni nel corso del 2009 le considerazioni precedenti cambiano radicalmente, il 44% delle resilienti ha incrementato il fatturato estero nel corso del 2009, solo il 16% ha registrato una fl essione dell’export. Tra le vulnerabili

55,5%56,2% 55,7%

64,7%

58,0%

attendiste interventiste resilienti vulnerabili TOTALE

35,6 35,5

38,8

35,5 35,8

attendiste interventiste resilienti vulnerabili TOTALE

Tavola 27. Percentuale di imprese esportatrici e quota di fatturato realizzato all’estero. Anno 2009 - Emilia-Romagna

Percentuale di imprese esportatrici Fatturato realizzato all’estero

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’internazionalizzazione

20,2% 26,0%44,2%

11,2%20,2%

40,3%40,0%

39,5%

36,5%39,0%

39,5% 34,0%16,3%

52,2%40,8%

attendiste interventiste resilienti vulnerabili Totale

aumento stabile diminuzione

Tavola 28. Variazione dell’export nel 2009. Percentuale di imprese che hanno dichiarato stabilità, aumento e diminuzione - Emilia-Romagna

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’internazionalizzazione

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solamente una ogni dieci è riuscita a crescere sui mercati esteri, oltre la metà ha subito fl essioni signifi cative. Anche in questo caso la spiegazione delle diverse dinamiche andrebbe ricercata non nel cosa si fa (esportare) ma nel come lo si fa. L’analisi dei mercati di riferimento non danno indicazioni nette, vi è da parte delle vulnerabili una maggior presenza sul mercato europeo, le resilienti si rivolgono in percentuale superiore al mercato asiatico (13% di esse esporta verso l’Asia contro una media complessiva del 9%). Le resilienti che esportano in Africa (il 10%) realizzano sul mercato africano quote di mercato importanti (circa un terzo del loro fatturato export complessivo).

Il 60% circa delle resilienti e delle vulnerabili hanno al proprio interno un uffi cio export, nel 2005 la percentuale delle resilienti era pressoché la stessa, quella delle vulnerabili era di venti punti percentuali inferiore. Numeri che non consentono di giungere a

conclusioni certe, tuttavia sembra emergere un approccio maggiormente strutturato e radicato nel tempo delle resilienti che consente loro di essere presenti e con quote importanti anche in mercati lontani, mentre per le vulnerabili la presenza sui mercati esteri appare ancora un’attività in via di defi nizione. Il dato inoltre sembra confermare quel processo di transizione che riguarda molte imprese vulnerabili.

Elaborazione 11. Altri numeri sembrano supportare questa ipotesi. Fare accordi con imprese estere per la commercializzazione è prassi diffusa per tutte le imprese esportatrici, una modalità di relazionarsi che trova più ampia applicazione tra le imprese attendiste e quelle interventiste.Le imprese resilienti, che nel 2005 erano quelle con la percentuale più elevata di accordi con imprese estere, oggi sembrano percorrere una strada differente, quella della presenza diretta sui mercati esteri. Il 31% delle resilienti ha uffi ci vendita e fi liali

Tavola 29. Imprese che hanno stretto accordi con imprese estere e imprese che hanno aperto uffi ci vendita o fi liali all’estero - Emilia-Romagna

Accordi imprese estere uffi ci vendita, fi liali

2005 2010 Previsione 2011 2005 2010 Previsione

2011Attendiste 22,5% 33,1% 15,9% 8,6% 17,1% 4,5%Interventiste 26,5% 24,3% 20,0% 14,3% 11,5% 3,3%Resilienti 29,5% 28,9% 9,4% 9,1% 31,1% 9,7%Vulnerabili 27,7% 24,6% 13,6% 14,1% 16,3% 6,0%TOTALE 25,7% 28,4% 15,4% 11,7% 17,0% 5,1%

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’internazionalizzazione

all’estero, un altro 10% conta di aprirli nel 2011. Percentuali che sono nettamente superiori a quelle riscontrate in tutte le altre categoria di impresa, confermando quanto i cambiamenti organizzativi siano la strada maestra nel percorso di crescita delle imprese resilienti.

Le relazioni con l’estero possono passare anche attraverso l’affi damento di commesse a subfornitori stranieri, oppure mediante la produzione diretta in altri Paesi all’interno di un processo di delocalizzazione. Il ricorso a subfornitori stranieri è quasi raddoppiato negli ultimi 5 anni, quasi un quarto delle imprese affi da commesse all’estero (o prevede di affi darle nel 2011). La subfornitura

dall’estero interessa tutte le categorie di imprese, in misura lievemente superiore quelle attendiste e quelle interventiste.Differenze più sostanziali si ritrovano con riferimento alla delocalizzazione. Le resilienti sono quelle che meno hanno delocalizzato le attività produttive all’estero - il 4,4% nel 2010 al quale si aggiungerà un altro 2,4% nell’anno successivo - una percentuale che nel 2011 sarà circa la metà di quella relativa alle imprese interventiste.

Come interpretare questi dati? Le elaborazioni fatte, per quanto innovative, non sfuggono ai limiti evidenziati nelle analisi per settore e classe dimensionale, quelli legati alla scarsa capacità esplicativa

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dei dati aggregati e, conseguentemente, delle statistiche che misurano gli andamenti medi delle imprese. Più correttamente, i numeri misurano effi cacemente la performance delle singole aziende, la diffi coltà nasce quando si tratta di portare a sintesi i risultati ed individuare fattori comuni. Ed è una diffi coltà che ogni giorno si avverte di più, perché sempre più differiscono le strategie adottate dalle imprese.Ciò premesso, possiamo tentare di individuare le casistiche ricorrenti, consapevoli che all’interno di ciascuna casistica non mancano le eccezioni.

Partiamo dalle resilienti, le imprese che nell’ultimo triennio hanno ottenuto i risultati migliori. I tratti identifi cativi sono una minor età dell’impresa e degli imprenditori ed una maggior attenzione agli investimenti innovativi, in particolare quelli rivolti all’organizzazione aziendale. Mostrano un forte radicamento territoriale e quando si presentano all’estero lo fanno in maniera non estemporanea ma ben strutturata. Lo stimolo all’innovazione nasce dal coinvolgimento dei dipendenti, le resilienti investono sul personale, sul loro benessere e sul miglioramento del clima aziendale, puntano sulla formazione e sui laureati. Sulla base dei canoni con i quali abitualmente leggiamo l’economia potremmo defi nirle le imprese eccellenti. Prendendo in prestito il linguaggio delle scienze sociali – e, in particolare, citando Robert Dilts – le resilienti sono quelle con Ego e Anima in equilibrio, cioè quelle dove sono chiare e ben defi nite la missione e la visione dell’azienda e, cosa ancora più importante, queste sono

allineate con il ruolo e le ambizioni del personale4. Per riprendere le domande che ci eravamo posti nei capitoli precedenti potremmo rispondere che le resilienti sono imprese che hanno il senso, probabilmente non la discontinuità. Forse proprio perché dotate di visione e signifi cato dell’agire non hanno necessità di ricercare il nuovo, non sono ancora giunte nella fase di maturità della curva ad S; piccoli aggiustamenti, per lo più organizzativi, sono suffi cienti per garantirsi la competitività.

Nelle vulnerabili convivono due diverse tipologie d’impresa, accomunate dagli scadenti risultati economici. Vi sono quelle che non investono, alcune di esse di fronte alle diffi coltà del mercato interno tentano la strada delle esportazioni, ma i comportamenti ancora inesperti ed occasionali con le quali si rivolgono all’estero non consentono il raggiungimento di risultati soddisfacenti. In larga parte sono imprese che davanti ai cambiamenti imposti dalla crisi sono rimaste paralizzate, incapaci (o strutturalmente inadeguate) di reagire proattivamente. Si trovano nella parte discendente della curva ad S e, cosa più preoccupante, non sembrano avere la forza di creare la discontinuità.All’interno delle vulnerabili troviamo anche quelle che hanno adottato un comportamento opposto, che investono anche in innovazione radicale, che esportano seppur con strategie ancora non consolidate, che riducono l’occupazione, ma assumono (o non riducono) i laureati. Il loro primo obiettivo è quello di ridurre i costi e migliorare il risultato economico. Potremmo defi nire queste imprese come quelle che

Tavola 30. Imprese che si rivolgono a subfornitori esteri e imprese che hanno delocalizzato - Emilia-Romagna

Subfornitori esteri delocalizzazione

2005 2010 Previsione2011 2005 2010 Previsione

2011Attendiste 7,0% 19,3% 6,3% 2,7% 5,3% 3,5%Interventiste 10,2% 18,3% 4,9% 5,1% 7,7% 4,2%Resilienti 9,1% 17,8% 5,6% 4,5% 4,4% 2,4%Vulnerabili 10,7% 14,3% 6,1% 3,4% 6,5% 1,8%TOTALE 9,1% 17,4% 6,0% 3,6% 6,1% 3,0%

Fonte: nostra elaborazione su dati osservatorio sull’internazionalizzazione

4 Per approfondire il tema dell’allineamento tra Ego e Anima si rimanda alla parte monografi ca del rapporto sull’econo-mia di Forlì-Cesena del 2009.

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sulla spinta degli scarsi risultati stanno cercando di uscire dalla fase discendente attraverso il nuovo, la discontinuità. Si muovono all’interno non di una visione di lungo periodo, ma, al contrario, inseguendo obiettivi che possano portare a risultati immediati.

Le interventiste possono essere viste come delle imprese vulnerabili appartenenti a questa seconda tipologia che stanno vivendo una fase più avanzata. Hanno ridotto l’occupazione ed hanno investito nel tentativo di adeguarsi alla concorrenza, l’innovazione è di prodotto e di processo, raramente è rivolta agli aspetti organizzativi. L’export è un’attività mordi e fuggi, affrontata con modalità estemporanee, lontane da un progetto di internazionalizzazione più strutturato. Dalla rete corta che ancora caratterizza questa tipologia di imprese si sta passando ad una delocalizzazione produttiva spinta. Le imprese interventiste hanno percorso la curva nella sua fase di maturità ed hanno deciso di tentare la strada della discontinuità. I risultati economici di breve periodo sembrano premiare questa scelta, tuttavia se - come appare dal racconto dei numeri - si è in assenza di una visione vera e propria, porsi dei dubbi sulla sostenibilità nel lungo periodo sembra legittimo.

Come ricordato, le imprese attendiste sono quasi la metà del totale. Il tratto comune che sembra unire queste imprese è il tentativo di sopravvivere attraverso piccoli aggiustamenti, in attesa di tempi migliori. Reagiscono, a differenza delle vulnerabili “paralizzate”, ma non con la stessa capacità delle resilienti. Anch’esse investono nell’organizzazione, anche se sembra prevalere una logica di breve periodo per cui l’investimento deve produrre risultati immediati. Esportano poco e con modalità che non si traducono in risultati concreti, si rivolgono a subfornitori esteri per ridurre i costi. Sono imprese che sembrano essere ostaggio degli eventi, pronte a ripartire - e, forse, passare al gruppo delle resilienti - se le condizioni internazionali lo consentiranno; a rischio di scivolare verso la paralisi se la crisi dovesse perdurare.

Sarà interessante seguire queste imprese nei prossimi anni, vedere se gli aggiustamenti in-

crementali delle resilienti saranno suffi cienti per assicurarsi la competitività, se le scom-messe sulla discontinuità delle interventi-ste pagherà anche nel lungo periodo, se le vulnerabili troveranno le risorse per prose-guire nella loro attività, se il cammino delle attendiste percorrerà una fase discendente oppure una ripresa verso l’alto.

Come sistema camerale continueremo a seguirle attraverso i nostri numeri, con l’obiettivo di trarre da essi indicazioni utili per accompagnare le imprese con strumenti e servizi nuovi, sempre più allineati ai percorsi di sviluppo delle aziende. Perché la ricerca del senso e della discontinuità riguarda ciascun attore del territorio, imprese, persone, e tutto il mondo associativo ed istituzionale che per semplicità espositiva possiamo chiamare governance. E tutti sono chiamati a domandarsi quale tratto della curva stanno percorrendo. Per le imprese, come abbiamo visto, è il mercato a dare la risposta, per le persone è la ricchezza o, anche se più diffi cile da cogliere nei numeri, la qualità della vita. E per la governance? Per quest’ultima la risposta non può che essere cercata nel posizionamento delle imprese e delle persone. Più correttamente, nel differenziale che esiste tra quello che sarebbe il loro posizionamento in assenza di governance e quello effettivamente conseguito.

Riprendendo l’analogia iniziale con la squadra di calcio i risultati dell’allenatore si misurano sulla base di quelli conseguiti dalla squadra; se essa ha i punti che avrebbe avuto senza una direzione tecnica ma semplicemente come risultanza delle capacità dei singoli giocatori allora il giudizio non può essere positivo. Se, al contrario, la squadra ha ottenuto risultati superiori alle attese è presumibile ipotizzare che il ruolo dell’allenatore abbia avuto un peso importante. Un coach, oltre che dai punti conquistati sul campo, è valutato positivamente quando riesce ad impostare la squadra con una tattica di gioco ben defi nita, quando ciascun giocatore ha ben chiaro il ruolo che deve ricoprire, quando sa motivare i calciatori e creare il giusto clima nella spogliatoio. L’allenatore vincente ha il coraggio di fare

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scelte anche diffi cili, sa capire quando è giunto il momento di operare dei cambiamenti e li attua con tempestività.Così dovrebbe essere anche per la governan-ce di un territorio. Quando in passato affer-mavamo che il paradigma “imprese competitive fanno il territorio competitivo” andava sostitui-to con “si è competitivi come imprese e come persone se si è inseriti all’interno di un contesto territoriale competitivo” intendevamo che sta alla governance creare le condizioni perché la squadra fatta di persone ed aziende ottenga risultati superiori alle aspettative, cioè mette-re i giocatori nelle condizioni di dare il loro meglio all’interno di un contesto territoriale (lo spogliatoio calcistico) favorevole.Come per un allenatore creare le condizioni favorevoli signifi ca innanzitutto dare senso, cioè una strategia di gioco che preveda degli

obiettivi ed una tattica per raggiungerli. Un modulo di gioco dove ogni giocatore si senta valorizzato e possa realizzarsi personalmen-te senza perdere di vista l’obiettivo fi nale, il risultato della squadra. E, come accade agli allenatori vincenti, se necessario una buona politica del territorio deve saper favorire la discontinuità attraverso il governo dei cam-biamenti, non limitarsi a subirne gli effetti.

I numeri di oggi raccontano di un territorio che sta percorrendo la curva ad S nella sua fase di maturità. Come raccontato per le imprese il tempo ci dirà se nell’affrontare questa fase come governance siamo stati resilienti, attendisti, interventisti o vulnerabili. Ma, proprio come per le imprese, in caso di scelte sbagliate o non fatte, scoprirlo tra qualche anno potrebbe essere troppo tardi.

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Barbari o imbarbariti?

Tu sei un ingenuo. Tu sei un ingenuo perché credi che la politica possa

risolvere i problemi. Cercare oggi di cambiare le condizioni di vita del Paese

con qualsiasi tipo di politica, è come fare un po’ di pulizie a bordo del Titanic che sta

affondando. Tu sei un ingenuo, anche quando credi che un po’ di

misticismo di seconda mano ti possa salvare. E allora tu mi dirai: “Non c’è speranza”.

No, questo non si può dire. Le risorse dell’uomo sono imprevedibili.

Si potrebbe forse cominciare a pensare o anche a operare

nel senso di un cambiamento sostanziale dell’animale uomo.

Una specie di… mutazione antropologica.

Giorgio Gaber, “l’ingenuo parte 2”, 1999

Nella premessa iniziale si era scelto di focalizzare lo studio sulle imprese, tuttavia in chiusura non possiamo esimerci dall’allargare lo sguardo a tutto il contesto sociale ed economico del territorio. Nel farlo aggiungiamo un’ulteriore suggestione colta in alcuni scritti di Baricco all’interno dei quali affronta il tema della perdita di senso della società e della discontinuità.

Secondo Baricco è in corso una mutazione che non può essere spiegata con il normale affi narsi di una civiltà, ma sembra essere, più radicalmente, il tramonto di una civiltà e, forse, la nascita di un’altra.

Lo scrittore opera una distinzione tra “nuovi barbari” ed “”imbarbariti”. Ai primi dà un’accezione positiva, sono coloro che portano la discontinuità, che creano il nuovo. Gli imbarbariti sono coloro che oramai si sono omologati e, per certi versi, hanno smarrito il senso. E cita anche qualche esempio:

“Quando penso ai barbari penso a gente come Larry Page e Sergey Brin (i due inventori di Google) o Steve Jobs (tutto il mondo Apple) o Jimmy Wales (fondatore di Wikipedia). Quando penso agli imbarbariti penso alle folle che riempiono i centri commerciali o al pubblico dei reality show. Quando penso ai barbari penso a Mozart (il Don Giovanni sembrò piuttosto barbaro all’imperatore che lo pagò) e quando penso agli imbarbariti penso alle signorine aristocratiche che strimpellavano ottusamente sonatine di Salieri nei loro saloni cadenti”.

Di solito le grandi mutazioni scattano esattamente quando scattano simultaneamente i due fenomeni, e in modo spesso inestricabile. Da una parte una certa civiltà marcisce, dall’altra una nuova civiltà insorge (anche nel senso di ribellione). E’ lo spettacolo davanti a cui ci troviamo adesso: ma bisogna stare molto attenti a isolare, all’interno di un unico grande movimento, le due forze opposte che stanno lavorando. Baricco afferma:

“… perché non ci arrendiamo all’idea che l’imbarbarimento è una sorta di scarico chimico che la fabbrica del futuro non può fare a meno di produrre?”

In quest’ultima considerazione va cercata la nota di speranza. Essere nuovi barbari, essere resilienti, saper determinare la propria posizione nella curva ad S: tutto ciò sembra impossibile all’interno di un imbarbarimento collettivo ogni giorno più evidente.Tuttavia, nella società come nelle dinamiche economiche, con ogni probabilità vi è già al lavoro una fabbrica del futuro, vi sono nuovi barbari che stanno tentando di creare la discontinuità. Una fabbrica del futuro che ancora sfugge ai nostri numeri, anch’essi imbarbariti.

La stessa nota di speranza si legge nelle note di Giorgio Gaber che hanno accompagnato questo studio. L’imbarbarimento è nel frastuono della cattiva divulgazione che a poco a poco uccide il pensiero, nel mercato nel quale chi rifi uta la sua logica rischia di non mangiare; chi l’accetta con allegria subisce grave danno alle sue facoltà mentali, cioè l’annientamento totale delle coscienze, nella politica, cercare oggi di cambiare le condizioni di vita del Paese con qualsiasi tipo di politica è come fare un po’ di pulizie a bordo del Titanic che sta affondando. Nonostante tutto ciò, la decadenza della società non è senza speranza, essa passa dall’animale uomo, dalla sua mutazione antropologica, dalla sua capacità di avere una nuova coscienza Forse basterebbe pochissimo per appartenere alla fabbrica del futuro. Per creare la discontinuità e “fare la propria rivoluzione” sarebbe suffi ciente “mangiare un’idea” e perseguirla con l’antica emozione di avere le ali”, basterebbe “essere certi di cambiare la propria vita se si potesse cominciare a dire noi”.

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MOD

ELLO

?Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

Sì, forse come sostiene Giorgio Gaber, non è da ingenui pensare che basterebbe pochissimo…

Sì, basterebbe pochissimo. Non è poi così diffi cile. Basterebbe smettere di piagnucolare, criticare, affermare, fare il tifo …e leggere i giornali.Essere certi solo di ciò che noi viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l’uomo più mediocre diventa geniale se guarda il mondo con i suoi occhi.Basterebbe smascherare qualsiasi falsa partecipazione. Smettere di credere che l’unico obiettivo sia il miglioramento delle nostre condizioni economiche, perché la vera posta in gioco è la nostra vita. Basterebbe smettere di sentirsi vittime del denaro, del destino, del lavoro e persino della politica, perché anche i cattivi governi sono la conseguenza naturale della stupidità degli uomini.Basterebbe opporsi all’idea di calpestare gli altri, ma anche alla fi nta uguaglianza. Smascherare le nostre presunte sicurezze, smascherare la nostra falsa coscienza sociale.Subito.Qui e ora.

Basterebbe pochissimo. Basterebbe capire che un uomo non può essere veramente vitale se non si sente parte di qualcosa.Basterebbe smettere di credere di poter salvare il mondo con l’illusione della cosiddetta solidarietà.Rendersi conto che la crescita del mercato può anche essere indispensabile alla nostra sopravvivenza,ma che la sua inarrestabile espansione ci rende sempre più egoisti e volgari.Basterebbe abbandonare l’idea di qualsiasi facile soluzione, ma abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare fi nalmente l’audacia di frequentare il futuro con gioia.Perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente.La spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese.La spinta utopistica è subito. Qui e ora.

Giorgio Gaber, “Una nuova coscienza”, 1999

La relazione di questo capitolo è stata curata daGuido Caselli - Direttore Area Studi e Ricerche Unioncamere Emilia-Romagna.

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E M O G R A F I AD Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

In base agli ultimi dati disponibili, relativi al 30/11/20101, la popolazione della pro-vincia di Forlì-Cesena ammonta a 395.121 abitanti. Di questi, 207.606 risiedono nel comprensorio di Cesena e 187.515 in quello di Forlì. Per quanto riguarda le zone altime-triche, 319.556 abitanti risiedono in pianura, 61.482 in collina e 14.083 in montagna. Gli abitanti del Comune di Forlì sono 118.069 e quelli di Cesena 96.963.Nel periodo gennaio-novembre 2010, l’in-cremento della popolazione provinciale è stato del 7,1‰. Il comprensorio di Cesena cresce abbondantemente più di quello di Forlì: rispettivamente +9,9‰ e +4,1‰; lo stesso discorso vale per i due comuni ca-poluogo: rispettivamente Cesena +8,2‰ e Forlì +4,4‰. Per quanto riguarda le zone al-timetriche, si è avuta una crescita del 7,7‰ in pianura, del 5,4‰ in collina e dello 0,9‰ in montagna.

Per un’analisi più completa e dettagliata del-la struttura e della dinamica demografi -ca provinciale si esaminano di seguito i dati relativi all’ultimo anno intero disponibile.Al 31/12/2009 nella provincia di Forlì-Cese-na risulta una popolazione di 392.329 abi-tanti. Il saldo naturale nell’anno (differenza nati e morti) è pari a –371; è leggermente diminuita la sua passività rispetto al 2008 (-392).

Di converso, il saldo migratorio (numero degli immigrati meno numero degli emigrati) ha registrato nel 2009 una sensibile diminu-zione, segnalando un’inversione di tendenza rispetto al trend degli ultimi anni: il valore è sceso da +5.702 del 2008 a +5.373 nel 2009. Il saldo demografi co totale risulta pertanto in attivo di 4.309 unità, a fronte delle 4.978 del 2008; rispetto all’anno precedente si è dunque registrata una diminuzione del saldo totale demografi co. La popolazione provin-ciale continua comunque a crescere per ef-fetto dei nuovi arrivi da fuori provincia.

MOVIMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTEProvincia di Forlì-Cesena - da gennaio a novembre 2010

COMUNIe aggregazioniterritoriali

Popolazioneresidenteall’inizio

del periodo

natinel

periodo

mortinel

periodo

iscrittinel

periodo

cancellatinel

periodo

Popolazioneresidentealla fi ne

del periodo

variazione‰

CESENA 96.171 789 891 2.604 1.710 96.963 +8,2‰

FORLI’ 117.550 991 1.148 3.065 2.389 118.069 +4,4‰

PROVINCIA DI FORLÌ - CESENA 392.329 3.439 3.670 12.562 9.539 395.121 +7,1‰

COMPRENSORIO DI FORLI’ 186.748 1.614 1.898 5.417 4.366 187.515 +4,1‰

COMPRENSORIO DI CESENA 205.581 1.825 1.772 7.145 5.173 207.606 +9,9‰

MONTAGNA 14.070 96 169 363 277 14.083 +0,9‰

COLLINA 61.152 545 650 2.074 1.639 61.482 +5,4‰

PIANURA 317.107 2.798 2.851 10.125 7.623 319.556 +7,7‰

Fonte: Comuni della Provincia di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

1 La fonte dei dati è Demografi a online database alimentato dalle comunicazioni che i Comuni forniscono mensilmente all’Istat col modello D7B, che sono da ritenersi defi nitive. Tuttavia, la parte relativa alle iscrizioni e cancellazioni anagrafi che è suscettibile di correzioni in sede di controllo delle quadrature, allorché viene resa disponibile la serie relativa all’intero anno.

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L’immigrazione dall’estero nel 2009 rap-presenta, con 4.417 unità, il 49,2% dell’im-migrazione da fuori provincia, registrando una lieve crescita rispetto al 2008 (48,3%). Anche l’emigrazione verso Paesi esteri, con 574 unità, è in aumento: dal 14,4% al 15,2% del totale dei trasferimenti fuori provincia.Per quanto riguarda il movimento demogra-fi co interno ai confi ni nazionali, composto da 4.565 immigrati e 3.206 emigrati, la quota più rilevante d’immigrazione rimane costitu-ita dagli arrivi e trasferimenti da e per le altre province dell’Emilia-Romagna (1.863 immi-grati, pari al 40,8% del totale; 1.586 emigra-ti, pari al 49,5%). Le altre principali regioni per entità degli arrivi nella nostra provincia sono: la Campania (420 immigrati), la Puglia (417), la Lombardia (290) e la Sicilia (267). L’ordine di graduatoria per destinazione de-gli emigrati vede invece al primo posto, dopo l’Emilia-Romagna, la Puglia (267), seguita poi da Lombardia (204), Campania (198) e Sicilia (152).Anche per quanto riguarda il valore netto dei nuovi arrivi dalle varie regioni (cioè il sal-do fra immigrati ed emigrati), quello più si-gnifi cativo riguarda l’Emilia-Romagna (+277), seguita dalla Campania (+222), dalla Puglia (+150) e dalla Sicilia (+115).Gli immigrati dall’estero ammontano in totale a 4.417, mentre gli emigrati sono 574.Fra i principali Paesi di provenienza in termi-ni di fl usso, la Romania, con 760 immigrati,

si conferma al primo posto della graduato-ria; ma col 17,2%, la sua incidenza sul totale dell’immigrazione dall’estero è scesa a livelli più vicini a quelli dei Paesi che la seguono (nel 2008 era invece del 25,7%). Seguono la Cina, da cui provengono 565 immigrati, l’Al-bania con 518, il Marocco con 475, l’Ucrai-na con 267 e la Polonia con 228. Anche per quanto riguarda l’emigrazione, il principale Paese è la Romania con 87 emigrati.

Il Quaderno Popolazione, pubblicato dall’Uf-fi cio Statistica e Studi della Camera di Com-mercio, riporta il dato della consistenza del-la popolazione straniera residente nei Comuni e nelle aggregazioni territoriali della provincia di Forlì-Cesena. Al 31/12/2009, su una popolazione totale di 392.329 abitan-ti, risultano residenti in provincia 38.887 stranieri. La crescita provinciale rispetto al 31/12/2008 è stata dell’11,1%, superiore sia a quella nazionale (+8,8%) sia a quella regio-nale (+9,5%). L’incidenza dei residenti stra-nieri sul totale della popolazione provinciale ha raggiunto la quota del 9,9% a fi ne 2009, ma si mantiene maggiore in regione (10,5%) mentre è minore a livello nazionale (7%). L’incidenza degli stranieri è maggiore nel comprensorio di Forlì, mentre la crescita è stata quasi analoga in entrambi i compren-sori: in quello di Forlì si è passati da un’inci-denza del 9,6% di fi ne 2008 al 10,5% di fi ne 2009; in quello di Cesena dall’8,5% al 9,4%. Un discorso analogo vale per i due Comuni capoluogo di Provincia: a Forlì si è passati dal 9,6% di fi ne 2008 al 10,6% di fi ne 2009, mentre a Cesena dal 7,8% all’8,7%.La quota di stranieri è in crescita in tutti i comuni della provincia. Come fenomeno strutturale, la presenza straniera continua ad essere polarizzata in alcuni Comuni della fascia collinare-montana del comprensorio di Forlì e nell’area del basso Rubicone, ma le presenze sono ormai signifi cative nella mag-gior parte dei Comuni. L’incidenza maggiore si conferma a Galeata, dov’è stata toccata quota 20,3% (dal 20,1% del 2008). Seguono Civitella di Romagna, dov’è salita dal 13,6% del 2008 al 15,3% del 2009, Savignano sul Rubicone, dal 12,4% al 13,9% e Premilcuore, dal 12,4% al 13,2%. Vi sono poi numerosi al-tri Comuni con incidenze superiori a quella media provinciale: Meldola (12,5%), Gatteo e San Mauro Pascoli (12,4%), Castrocaro Terme e Terra del Sole (11,5%), Santa So-

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fi a (11%), Dovadola (10,8%), Gambettola (10,4%) e Roncofreddo (10%). Col 4,1% Tre-dozio è il comune con più bassa incidenza di stranieri.Secondo i dati Istat aggiornati al 31/12/2009, le nazionalità più rappresentative fra gli stra-nieri residenti in provincia di Forlì-Cesena sono quella albanese (17% del totale residen-

ti stranieri), quella rumena (15,5%) e quella marocchina (14,3%). In Emilia-Romagna le nazionalità più rappresentate fra gli stranieri residenti sono la marocchina (14,6%), la ru-mena (13,1%) e l’albanese (12,6%). In Italia le prime tre nazionalità rispecchiano lo stes-so ordine d’importanza verifi catosi a livello provinciale, ma l’incidenza dei rumeni appa-

POPOLAZIONE RESIDENTE E STRANIERI Provincia di Forlì-Cesena

COMUNIPopolazione Stranieri % Stranieri su popolazione residente

residente al 31/12/09 residenti al 31/12/09 al 31/12/08 al 31/12/09

Bagno di Romagna 6.191 394 5,8 6,4

Bertinoro 10.901 815 6,9 7,5

Borghi 2.703 190 6,1 7,0

Castrocaro-Terra del S. 6.599 756 10,9 11,5

Cesena 96.171 8.320 7,8 8,7

Cesenatico 25.375 2.221 8,4 8,8

Civitella di Romagna 3.840 588 13,6 15,3

Dovadola 1.719 186 10,5 10,8

Forlì 117.550 12.483 9,6 10,6

Forlimpopoli 12.944 1.098 8,3 8,5

Galeata 2.507 508 20,1 20,3

Gambettola 10.367 1.075 9,2 10,4

Gatteo 8.649 1.073 10,8 12,4

Longiano 6.862 478 6,9 7,0

Meldola 10.140 1.272 11,7 12,5

Mercato Saraceno 7.002 689 8,9 9,8

Modigliana 4.814 454 8,5 9,4

Montiano 1.698 120 6,0 7,1

Portico - S.Benedetto 803 47 5,3 5,9

Predappio 6.484 603 8,6 9,3

Premilcuore 827 109 12,4 13,2

Rocca S.Casciano 2.047 102 4,3 5,0

Roncofreddo 3.365 338 9,9 10,0

S. Mauro Pascoli 10.959 1.363 11,3 12,4

Santa Sofi a 4.269 471 10,1 11,0

Sarsina 3.704 268 6,0 7,2

Savignano sul Rub. 17.329 2.405 12,4 13,9

Sogliano al Rubicone 3.226 311 8,7 9,6

Tredozio 1.304 54 3,5 4,1

Verghereto 1.980 96 4,6 4,8

Comprensorio di ForlìComprensorio di Cesena

186.748 205.581

19.546 19.341

9,68,5

10,59,4

PROVINCIA DI FORLI’-CESENA 392.329 38.887 9,0 9,9

Fonte: Comuni della provincia di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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re più signifi cativa rispetto a Forlì-Cesena (21%); seguono a distanza quella albanese (11%) e la marocchina (10,2%).Fra gli stranieri residenti in provincia, sono minorenni il 23,1% del totale (stessa inci-denza in regione, 22% in Italia). Coloro che, fra gli stranieri residenti, sono nati in Italia sono il 13% del totale provinciale (a fronte del 14,5% in regione e del 13,5% in Italia).

Il rapporto dell’Osservatorio sull’Immigra-zione, redatto dall’Amministrazione Provin-ciale di Forlì-Cesena in collaborazione col Polo Scientifi co-didattico di Forlì dell’Uni-versità di Bologna, fornisce una fotografi a approfondita del fenomeno sul territorio locale.Dai vari dati presentati (aggiornati al 1/1/2010) si conferma, come nell’anno pre-cedente, la concentrazione della popolazio-ne straniera nelle classi d’età più giovani, in particolare quelle inferiori ai 34 anni, an-che se nella componente maschile si nota un aumento nella fascia fra i 35 e i 44 anni. Un dato signifi cativo per quanto riguarda la composizione per sesso è che per la prima volta la componente femminile ha superato quella maschile. A differenza dell’anno prece-dente, si registra un forte calo dei permessi di soggiorno rilasciati per ricongiungimenti familiari, mentre i permessi per lavoro sono saliti al 60,6% del totale. Per quanto riguarda i percorsi di formazione professionale, au-

menta il numero degli stranieri che vi acce-dono, ma poiché contemporaneamente è più che raddoppiato anche il numero di italiani, l’incidenza straniera è scesa dal 21% al 10% circa. Gli stranieri sono in diminuzione an-che fra la popolazione universitaria dei due poli di Forlì e Cesena (-55% rispetto all’an-no accademico precedente); il polo forlive-se continua ad essere il più frequentato, ma con circa il 66% del totale dei due poli la sua incidenza è in diminuzione. La componente femminile continua ad essere maggioritaria (56%) ma in calo. I principali Paesi di prove-nienza degli studenti sono l’Albania, la Cina e la Romania. Sul fronte dell’occupazione, il numero di nuovi avviamenti di rapporti di lavoro dipendente che riguardano persone straniere risulta stabile rispetto all’anno pre-cedente; la componente maschile continua ad essere prevalente, ma è in diminuzione. Il 79% dei nuovi contratti è a tempo determi-nato. Continuano ad aumentare gli stranieri iscritti all’anagrafe sanitaria: +0,9% all’ASL di Cesena e ben +11% in quella di Forlì. I tassi di accesso degli stranieri al pronto soccorso restano superiori a quelli degli italiani, ma il divario si va riducendo; inoltre, la differen-za riguarda prevalentemente la popolazione maschile e non quella femminile. Le donne straniere costituiscono il 23% delle parto-rienti a Cesena e il 27% a Forlì; si confer-mano mediamente più giovani delle italiane: circa il 60% ha meno di trent’anni, mentre il 70% delle italiane ne ha più di trenta. L’inci-denza di infortuni fra i lavoratori stranieri è più alta rispetto agli italiani; il tipo di man-sione ha un peso rilevante nel determina-re questo fenomeno, ma giocano un ruolo importante anche altri fattori, come il rap-porto di lavoro precario, spesso stagionale, la diffi coltà a garantire adeguata formazione ecc. Infi ne, per quanto riguarda la casa, dimi-nuisce l’incidenza dei nuclei familiari stranie-ri sul totale delle assegnazioni di alloggi di edilizia popolare residenziale.

Per quanto attiene la distribuzione terri-toriale complessiva della popolazione resi-dente, la densità demografi ca provinciale a fi ne 2009 è pari a 165,1 abitanti per kmq, in leggero aumento rispetto al 2008 (163 ab/kmq). Il comprensorio cesenate presen-ta una densità maggiore di quello forlivese: 184,1 ab/kmq contro 148,2.

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Esaminando i principali indici demografi -ci provinciali relativi al 20092, si osserva una lieve diminuzione dell’indice generico di na-talità, sceso dal 9,6 del 2008 (cioè 9,6 nati su 1000 abitanti) al 9,5 del 2009; nell’anno precedente si era invece registrato un lieve aumento. Scende anche l’indice generico di mortalità: dal 10,7 per mille del 2008 al 10,5 del 2009. Torna a diminuire leggermente an-che l’indice generico di fecondità (dato dal numero dei nati su 1000 femmine fra i 15 e i 49 anni), che è sceso dal 42,5 del 2008 al 42,3 del 2009. Un altro dato positivo è la prosecuzione della diminuzione dell’indice di vecchiaia, dato dal numero degli abitan-ti con più di 65 anni per ogni 100 abitanti con meno di 15 anni, che è sceso dal 170,1 del 2008 al 167,8 del 2 009. Continua poi a crescere (anche se lievemente) l’indice di di-pendenza, o di carico sociale, che passa dal 54,5 del 2008 al 54,8 del 2009. L’aumento risulta però a carico solo della componente giovanile: l’indice di dipendenza giovanile è infatti cresciuto dal 20,2% al 20,5%, mentre l’indice di dipendenza degli anziani è rimasto stabile al 34,3%.Esaminan do la situazione dei due comprenso-

ri, si conferma la maggiore dinamicità demo-grafi ca del comprensorio cesenate rispetto a quello forlivese. Aumenta rispetto all’anno precedente la differenza fra i tassi di nata-lità nei due territori (9,2 nel comprensorio di Forlì, 9,8 in quello di Cesena); permane la forbice fra i tassi di mortalità (11,3 a Forlì, 9,8 a Cesena). A differenza dell’anno precedente, anche il tasso di fecondità risulta più alto nel compr ensorio di Cesena (42,7 contro 41,9). Si mantiene molto più alto di quello cesenate l’indice di vecchiaia del comprensorio forli-vese: 182,6 contro 155,1. Conseguentemen-te a ciò, l’indice di dipendenza degli anziani si conferma più elevato nel comprensorio di Forlì (36,8) che in quello di Cesena (32,1). Come già registrato per l’anno precedente, l’indice di dipendenza giovanile è invece più alto nel comprensorio cesenate (20,7 contro 20,2). Anche gli indici relativi alla popolazio-ne in età lavorativa confermano il maggior sbilanciamento demografi co verso la fasci a anziana del comprensorio forlivese rispetto a quello cesenate: l’indice di struttura è pari a 119 nel primo e a 117,2 nel secondo; ma soprattutto l’indice di ricambio è pari a 160 nel primo e a 140,9 nel secondo.

2 Per una spiegazione più approfondita del signifi cato degli indici e del metodo di calcolo si rimanda al Quaderno di Stati-stica Popolazione redatto dall’Uffi cio Statistica e Studi della Camera di Commercio di Forlì-Cesena.

INDICATORI DEMOGRAFICI Provincia di Forlì-Cesena e comprensori - anno 2009

Provincia di Forlì-Cesena

Comprensorio di Forlì

Comprensorio di Cesena

superfi cie territoriale (Kmq) 2.376,8 1.260,1 1.116,7

densità demografi ca (abitanti/Kmq) 165,1 148,2 184,1

tasso generico di natalità (x1000 abitanti) 9,5 9,2 9,8

tasso generico di mortalità (x1000 abitanti) 10,5 11,3 9,8

tasso generico di fecondità (x1000 femmine da 15 a 49 anni) 42,3 41,9 42,7

indice di vecchiaia (x100 abitanti) 167,8 182,6 155,1

indice di dipendenza totale (o di carico sociale) (x100 abitanti) 54,8 57,0 52,8

indice di dipendenza giovanile (x100 abitanti) 20,5 20,2 20,7

indice di dipendenza degli anziani (x100 abitanti) 34,3 36,8 32,1

indice di struttura della pop. in età lavorativa (x100 abitanti) 118,0 119,0 117,2

indice di ricambio della pop. in età lavorativa (x100 abitanti) 149,7 160,0 140,9

rapporto di mascolinità (maschi ogni 100 femmine) 95,3 94,7 95,9

Fonte: Comuni della Provincia di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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SIMET:Le rappresentazioni grafi che riportate in questa pagina sono ottenute tramite SIMET - Sistema Integrato di Monitoraggio dell’Economia e del Territorio - strumento di analisi realizzato dalla Camera di Commercio di Forlì-Cesena e sviluppato dalla sua azienda speciale CISE. Si tratta solo di un esempio delle potenzialità di elaborazione e di analisi attualmente disponibili.

I-58 - Saldo naturale I-67 - Saldo migratorioDifferenza tra il numero dei nati e il numero dei morti nell’ anno Differenza tra immigrati ed emigrati nell’anno

Territorio: Forlì-CesenaSesso: Tutti

Analisi nel periodo 1995-2009Valore anno 2009: -371 personeValore minimo nel periodo: -1.125 persone (anno 1997)Valore massimo nel periodo: -171 persone (anno 2004)Valore medio nel periodo: -681 persone

Territorio: Forlì-CesenaProvenienza/Destinazione: Mondo

Analisi nel periodo 1995-2009Valore anno 2009: 5.373 personeValore minimo nel periodo: 1.125 persone (anno 1995)Valore massimo nel periodo: persone 5.702 (anno 2008)Valore medio nel periodo: 3.715 persone

Modalità di lettura dei cruscotti Il valore dell’indicatore nel 2009, indicato dalla freccia, è posto in relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 1995 al 2009 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione indica i valori positivi (verde), negativi (rosso), normali (giallo) assumibili dall’indicatore.

I-22 - ImmigratiTotale immigrati alla fi ne del periodo considerato

Composizione degli immigrati per paese di provenienza

Territorio: Forlì-Cesena Territorio: Forlì-CesenaPeriodo di riferimento: 2005 Periodo di riferimento: 2009

Italia Albania Cina Romania Marocco Altro

I-22 .- Immigrati (persone) I-22 .- Immigrati (persone)

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Quadro generaleIl clima di forte criticità registrato nel mercato del lavoro a causa della grave crisi fi nanziaria ed economica che ha contrassegnato gli ultimi mesi del 2008, in modo particolare il 2009 e in parte anche il 2010, non ha ancora trovato una soluzione rassicurante e positiva.Il processo di ripresa si sta manifestando a livello mondiale con caratteristiche diverse e sembra essere in alcune aree geoeconomiche particolarmente lento e incerto: i sistemi fi nanziari hanno subito effetti pesanti così come le famiglie e le imprese di alcuni paesi, mentre il contesto generale, per certi aspetti sicuramente alleggerito, risulta ancora diffi cile e richiede strategie di “rientro” del debito pubblico. I principali sistemi di osservazione e le valutazioni espresse dalla maggior parte degli attori della scena economica e sociale, delineano un quadro che vede attualmente le dinamiche di creazione della ricchezza in miglioramento, mentre i livelli occupazionali continuano a mostrare diffi coltà. Il tema del “lavoro” è d’altronde uno dei nodi cruciali che condizionano in modo sostanziale le prospettive per agganciare e stabilizzare positivamente la ripresa in quanto è strettamente legato al livello di coesione dei sistemi territoriali. Per questo sono necessarie azioni per limitare gli effetti negativi sui livelli occupazionali in relazione non solo alla disoccupazione “visibile”, ai precari e ai lavoratori stranieri, ma anche a quella “invisibile” (inoccupati), promuovendo strumenti di sostegno al reddito e di riallocazione delle risorse per non disperdere le competenze. Un aspetto ritenuto importante è la necessità di riformare gli ammortizzatori sociali per rendere il sistema più adeguato ad un mercato del lavoro che non è più rigido come in passato. Sarebbe strategico inoltre creare le condizioni per un miglioramento dell’incontro della domanda di lavoro espressa dal tessuto produttivo e l’offerta “prodotta” dagli investimenti del sistema scolastico-formativo e delle famiglie. In particolare nel nostro paese, la disoccupazione giovanile ha raggiunto valori decisamente elevati ed è diventata un problema sempre più grave sul quale si misura la qualità delle politiche del sistema sociale ed economico.

Il mercato del lavoro a livello nazionale.Le dinamiche che hanno caratterizzato nell’anno appena trascorso l’andamento del mercato del lavoro in Italia, sono sintetizzate in base alle valutazioni dell’Istituto Nazionale di Statistica sui dati delle Forze di Lavoro, disponibili, alla data di chiusura del presente rapporto, nella versione defi nitiva solo per i primi tre trimestri dell’anno appena trascorso.Nel terzo trimestre 2010 il numero di occupati, al netto dei fattori stagionali, è risultato pari a 22.811.000 e rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è sceso di 176.000 unità (-0,8%). In termini tendenziali il calo dell’occupazione ha riguardato in particolare il Mezzogiorno. I dati non destagionalizzati evidenziano dati stabili dell’occupazione femminile rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (-0,1%), mentre il calo di quella maschile si mantiene sostenuto (-1,5%). Il calo degli occupati sintetizza un’ulteriore sostenuta fl essione della componente italiana (-342.000 uomini, -80.000 donne) e una crescita di quella straniera (+131.000 uomini e +69.000 donne).Rispetto ai dati complessivi degli occupati per posizione professionale, la lieve crescita tendenziale del lavoro autonomo (+0,4%), concentrata nelle piccole attività dei servizi alle imprese, si accompagna ad un’ulteriore e forte discesa delle posizioni alle dipendenze (-1,4%).In merito alla dinamica per settore, l’agricoltura fa rilevare un recupero dei

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livelli occupazionali con un aumento su base annua dell’1,3%. La signifi cativa riduzione tendenziale del numero di occupati nell’industria in senso stretto (-3,2%), comunque inferiore a quella registrata nei precedenti cinque trimestri, riguarda in misura consistente i dipendenti delle regioni settentrionali e le imprese di più grande dimensione. Le costruzioni, dopo quattro trimestri consecutivi in discesa e la moderata crescita tendenziale segnalata tra aprile e giugno, manifestano una stabilità dei livelli occupazionali.Il terziario registra un leggero calo dell’oc-cupazione (-0,5%) dovuto alla riduzione dei lavoratori dipendenti non compensata dalla modesta crescita degli indipendenti. Il calo dei dipendenti si rileva principalmente nel commercio e nella Pubblica Amministrazio-ne; non si arresta, peraltro, l’aumento del numero dei dipendenti nei servizi alle fami-glie, dove trovano in gran parte impiego le donne straniere.Nell’industria e nei servizi 214.000 occupati dichiarano di non avere lavorato, nella settimana di riferimento dell’indagine, o di avere svolto un numero di ore inferiore alla norma, perché in Cassa integrazione guadagni. Anche se ancora consistente, tale stima è però decisamente inferiore rispetto al picco del terzo trimestre 2009.Il tasso di occupazione 15-64 anni si è attestato al 56,7 %, con una fl essione di otto decimi di punto percentuale rispetto al terzo trimestre 2009. L’indicatore

scende al 67,6% (-1,2 punti percentuali su base annua) per gli uomini e al 45,8 % (-0,3 punti percentuali) per le donne. Dopo la discesa registrata dal primo trimestre del 2009 al secondo trimestre 2010, il tasso di occupazione degli stranieri rimane pressoché stabile su base annua, e si attesta al 63,7%. Il risultato sintetizza un aumento positivo per gli uomini e una persistente fl essione per le donne.Nel terzo trimestre 2010 il numero delle persone in cerca di occupazione è risultata pari a 2.068.000 unità. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente il numero dei disoccupati sale del 3,1%. Secondo i dati non destagionalizzati, nel terzo trimestre del 2010 la crescita della disoccupazione, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, continua ad interessare in misura più signifi cativa gli uomini (+38.000 unità) rispetto alle donne (+12.000 unità). Rispetto al recente passato, l’aumento della disoccupazione riguarda quasi esclusivamente la componente italiana. Alla crescita della disoccupazione femminile straniera (+17.000 unità), ha corrisposto la fl essione di quella maschile (-13.000 unità). L’aumento della disoccupazione si è concentrato tra gli ex-inattivi con precedente esperienza nel Centro Italia e tra gli uomini che hanno perso il lavoro nel Mezzogiorno.Nel terzo trimestre 2010, il tasso di disoccupazione è stato pari all’8,3% ed è aumentato di tre decimi rispetto al terzo trimestre 2009. L’aumento registrato, in base ai dati non destagionalizzati negli ultimi dodici mesi, è stato di 0,3 punti percentuali per la componente maschile e di 0,1 punti percentuali per quella femminile. Nel Nord la sostanziale stabilità dell’indicatore (dal 5,1 al 5,2%) ha riguardato sia gli uomini sia le donne; nel Centro il tasso si è portato al 7,0% (era 6,5% un anno prima), per una crescita dovuta ad entrambe le componenti di genere. Nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione è risultato pari al 12,1% (era l’11,7% un anno prima), con una punta del 13,9% per le donne.Dopo sei aumenti tendenziali consecutivi, il tasso di disoccupazione degli stranieri si è portato al 9,8%, sette decimi di punto in meno rispetto a un anno prima (dal 9,9 all’8,1% per gli uomini e dall’11,5 al 12,2% per le donne).

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Il tasso di disoccupazione dei giovani (15-24 anni) ha raggiunto il 24,7%, con un massimo del 36% per le donne del Mezzogiorno. Nella classe tra i 20 e i 24 anni, il tasso di disoccupazione si è attestato al 22,5% (20,8% nel terzo trimestre 2009).Nel terzo trimestre 2010 il tasso di inattività (15-64 anni) si è attestato al 38,6%, sei decimi di punto in più rispetto ad un anno prima. Per gli uomini si è registrato un incremento più sostenuto rispetto a quello rilevato per le donne. Nel Nord l’indicatore ha raggiunto il 31,6%. Nel Centro si è posizionato al 34,1%, scontando la crescita della componente maschile e il calo di quella femminile. Nel Mezzogiorno il tasso di inattività ha fatto registrare un aumento tendenziale di un punto percentuale attestandosi al 50,0%. Il risultato rifl ette il signifi cativo incremento della componente maschile e la moderata crescita di quella femminile, per la quale il tasso di inattività rimane comunque particolarmente elevato (64,5%).

Tasso di occupazione: rapporto tra le persone occupate e la corrispondente popolazione di riferimento.Tasso di disoccupazione: rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le corrispondenti forze di lavoro.Tasso di inattività: rapporto tra persone non appartenenti alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione di riferimento.

Il mercato del lavoro a livello provincialeNel corso del 2010 il mercato del lavoro ha fatto rilevare un andamento contrassegnato da persistenti elementi di diffi coltà confermati, per alcuni aspetti,

dalle valutazioni che seguono relative ai dati provenienti dalle principali fonti informative disponibili con dettaglio provinciale.

Secondo elaborazioni camerali sui risultati dell’indagine Istat Forze di lavoro, riferiti alla media dei primi tre trimestri del 2010, i principali indicatori di sintesi risultano in lieve miglioramento rispetto al 2009. Premesso che per una corretta lettura dei dati va detto che ai fi ni della rilevazione, le persone in cassa integrazione sono considerate ”occupate”, il confronto con il dato medio del tasso di occupazione 15-64 anni dei primi tre trimestri 2009 evidenzia che i livelli occupazionali in provincia sono risultati nel complesso in leggero miglioramento (da 66,8% a 68,8%); in regione invece il tasso complessivo ha fatto registrare un calo (da 69,1% a 67,5%) così come a livello nazionale (da 57,6% a 56,9%). Va però detto che in provincia si era già verifi cato un ridimensionamento

TASSI DI OCCUPAZIONE - ETÀ 15-64 ANNI Media primi tre trimestri - Valori percentuali

2007 2008 2009 2010

Maschi e Femmine

Maschi e Femmine

Maschi e Femmine

Maschi Femmine Maschi e Femmine

FORLI’-CESENA 68,2 66,4 66,8 77,8 59,7 68,8

EMILIA-ROMAGNA 70,2 70,4 69,1 75,1 59,9 67,5

ITALIA 58,6 58,8 57,6 67,7 46,0 56,9

Tasso di occupazione: rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimentoFonte: elaborazione Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati ISTAT

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netto dei livelli occupazionali tra il 2007 e il 2008 (da 68,2% a 66,4%) che non si è verifi cato negli altri livelli territoriali.Il tasso di occupazione totale 2010, pari al 68,8%, si è attestato quindi su un valore migliore di quello regionale (67,5%) e ancor più nettamente del dato nazionale (56,9%).Osservando i dati per genere, si rileva che il tasso di occupazione maschile provinciale è pari al 77,8%, contro il 75,1% dell’Emilia Romagna e il 67,7% dell’Italia. Il tasso di occupazione femminile provinciale, pari al 59,7%, ampiamente distante dal valore rilevato per i maschi, si conferma in linea con quello regionale (59,9%) e decisamente superiore a quello nazionale (46,0%).Il tasso di disoccupazione (15 anni e oltre), dato generale per il totale maschi e femmine, è risultato pari al 6,0%; il dato provinciale è quindi più elevato rispetto al 5,6% rilevato a livello regionale, mentre resta una distanza positiva dall’8,3% nazionale.Rispetto ai dati 2009, si rileva una situazione di stabilità per la provincia che passa dal 6,1% al 6,0%, mentre a livello regionale il tasso di disoccupazione peggiora e passa dal 4,5% al 5,6%; in evoluzione negativa anche il dato italiano (dal 7,5% all’8,3%).La differenza tra i tassi rilevati per genere si conferma netta: 4% per i maschi rispetto all’8,5% rilevato in relazione alla componente femminile. Il tasso di disoccupazione maschile provinciale si è portato su valori lievemente migliori rispetto a quello emiliano-romagnolo (4,5%) e si conferma

nettamente meno preoccupante rispetto a quello nazionale (7,5%). Per le femmine si rileva invece un tasso di disoccupazione provinciale decisamente superiore a quello regionale (6,9%) che resta migliore di quello nazionale (9,6%).

Un approfondimento interessante sulle dinamiche dell’occupazione nelle imprese private nelle fasi più signifi cative della crisi è possibile tramite il Sistema Informativo sul Mercato del Lavoro1 del Sistema camerale dell’Emilia-Romagna.Sulla base delle elaborazioni effettuate risulta che nel biennio 2007-2009, la contrazione occupazionale provinciale, premesso che i lavoratori che hanno usufruito di ammortizzatori sociali sono conteggiati tra gli addetti in forza presso l’impresa, risulta di poco inferiore al punto percentuale (-0,9%). In questo periodo di grave crisi si è evidenziata quindi una certa tenuta del sistema produttivo locale nel suo insieme con un andamento leggermente migliore alla media regionale che ha fatto rilevare una perdita di occupazione dell’1,2%.Nel biennio la fl essione è stata determinata soprattutto dalle attività manifatturiere (-4,6%) e dalle costruzioni (-3,2%) ed è stata quasi completamente compensata dalla crescita dei servizi (+1,7%) e delle public utilities (+6,1%), mentre l’agricoltura è risultata stabile (-0,6%). Nell’ambito delle attività manifatturiere i settori industriali che hanno fatto registrare le maggiori contrazioni sono state l’elettronica

TASSI DI DISOCCUPAZIONE - ETÀ 15 ANNI E OLTRE Media primi tre trimestri - Valori percentuali

2007 2008 2009 2010

Maschi e Femmine

Maschi e Femmine

Maschi e Femmine

Maschi Femmine Maschi e Femmine

FORLI’-CESENA 3,2 5,0 6,1 4,0 8,5 6,0

EMILIA-ROMAGNA 2,8 3,1 4,5 4,5 6,9 5,6

ITALIA 5,9 6,6 7,5 7,5 9,6 8,3

Tasso di disoccupazione: rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le corrispondenti forze di lavoroFonte: elaborazione Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena su dati ISTAT

(1) SMAIL - Il Sistema di Monitoraggio Annuale delle Imprese e del Lavoro fotografa la consistenza e l’evoluzione delle imprese attive in regione e dei loro addetti. Il sistema informativo, accessibile on-line dai siti delle Camere di Commercio della regione e di Unioncamere Emilia-Romagna (www.uc-rer.camcom.gov.it), è il frutto di un complesso procedimento statistico che incrocia e integra le diverse fonti disponibili, vale a dire il Registro Imprese delle Camere di commercio e gli archivi occupazionali dell’INPS. Per verifi care il campo di osservazione vedi nota metodologica alla pagina http://emilia-romagna.smailweb.net).

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(-8,9%), il tessile-abbigliamento-calzature (-8,8%), la metalmeccanica (-6,3%) e legno-mobili (-5,7%).In netta controtendenza l’industria alimentare, che presenta nel periodo considerato un incremento occupazionale del 5,2%. Nei servizi, in forte crescita è stata la sanità-assistenza (+10,2%), i servizi operativi alle imprese (+8%) e l’istruzione privata (+8%). In contrazione invece i trasporti e le attività connesse (-4,8), che hanno risentito oltre che di problemi

strutturali anche del calo dei livelli produttivi e degli scambi.Concentrando l’attenzione sull’ultimo anno a disposizione (cioè tra dicembre 2008 e dicembre 2009), il mercato del lavoro privato in provincia ha registrato una riduzione dell’1% nel numero di addetti “meno pesante” rispetto a quello che si è rilevato complessivamente in Emilia-Romagna (-1,6%).Anche questa fl essione è stata determinata dall’industria (-3,9%) e dalle costruzioni

ADDETTI ALLE UNITÀ LOCALI PER SETTORE DI ATTIVITÀ ECONOMICA

Settori Addetti al 31/12/2009

Variazione %su 31/12/2008

Variazione %su 31/12/2007

TOTALE EMILIA-ROMAGNA 1.573.799 -1,6 -1,2

TOTALE PROVINCIA FORLÌ-CESENA 144.369 -1 -0,9

AGRICOLTURA E PESCA 15.603 -0,5 -0,6

INDUSTRIA 41.957 -3,9 -4,6

Alimentari, bevande e tabacco 7.021 4,7 5,2

Tessile, abbigliamento e calzature 5.830 -8,2 -8,8

Legno e mobili 5.709 -3,2 -5,7

Chimica, gomma e plastica 2.826 -3,9 -3,7

Lavorazione minerali non metalliferi 1.248 -1,3 -1,4

Metalmeccanica 13.772 -6,3 -6,3

Elettronica 2.684 -5 8 -8,9

Altre industrie 2.867 -2,5 -4,6

PUBLIC UTILITIES (energia, gas, acqua, ambiente) 1.660 2,9 6,1

COSTRUZIONI 15.535 -2,1 -3,2

SERVIZI 69.592 0,8 1,7

Commercio e riparazioni 27.288 0 -0,6

Servizi di alloggio, ristoranti e servizi turistici 9.941 1 3,8

Trasporti e attività connesse 6.600 -1,1 -4,8

Servizi operativi alle imprese 5.598 3,1 8

Credito, assicurazioni e servizi fi nanziari 4.428 0,4 1,8

Servizi di informazione e comunicazione 2.264 -0,1 1,8

Sanità e assistenza sociale 3.729 3,7 10,2

Servizi avanzati alle imprese 3.101 2,3 4,3

Istruzione 692 1,2 8

Altri servizi 5.951 2,6 3,6

Attività mancante 22 450 633,3

Fonte: Sistema Informativo Mercato del Lavoro - Sistema Camerale Emilia-RomagnaElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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(-2,1%), mentre la stabilità dei servizi (+0,8%) e dell’agricoltura (-0,5%) e la crescita delle public utilities (+2,9%) hanno consentito al sistema produttivo locale di contenere nel 2009 il calo complessivo dell’occupazione all’1%.

Ad integrazione degli aspetti trattati e in considerazione del fatto che anche nel tessuto sociale ed economico locale è rilevante la problematica di un incontro non ottimale tra domanda e offerta di lavoro, è utile riportare di seguito alcuni spunti relativi ai principali risultati provinciali del sistema informativo Excelsior sulle caratteristiche della domanda di lavoro delle imprese.Premesso che i risultati oggetto di commento sono relativi alle imprese private non agricole con dipendenti e la rilevazione è stata effettuata nei primi mesi dell’anno scorso, le stime elaborate per il 2010 da Unioncamere Italia e Ministero del Lavoro evidenziano un calo dell’1% e confermano la cautela delle imprese nelle assunzioni. Il quadro occupazionale sostanzialmente quindi non cambia. La tendenza alla fl essione rilevata nella nostra provincia è in linea con quella degli altri territori di riferimento; i dati provinciali evidenziano, però, cali meno accentuati rispetto al -1,4% dell’Emilia-Romagna e del Nord Est e al -1,5% rilevato a livello nazionale. In provincia le imprese propense ad assumere sono il 22,6% (in calo rispetto al 24,5% del 2009); i dati regionali (19,2%),

del Nord Est (20,1%) e nazionali (18,6%) sono però più negativi.Sotto il profi lo della dinamica “quantitativa”, quindi, la nostra provincia mostra una buona capacità di tenuta e adattamento; più critico è il confronto sul piano “qualitativo” della domanda di lavoro espressa dalle nostre imprese.Dal punto di vista della dinamica dei fl ussi occupazionali, va evidenziato l’andamento del tasso di variazione, che è passato dal +1,2% del 2008, al -1,6% del 2009, per ridimensionarsi al -1% del 2010; sempre nello stesso arco temporale, che osserva il periodo pre e post crisi, le assunzioni annuali “non stagionali” stimate sono passate da oltre 6.800 a circa 4.900.L’analisi per tipologia contrattuale evidenzia, per esempio, che solo il 15,7% delle assunzioni sarà a tempo indeterminato, a fronte di incidenze nettamente migliori per l’Emilia-Romagna (25,8%), il Nord Est (24,6%) e l’Italia (31,8%).Anche il livello di istruzione richiesto si conferma mediamente più basso di quanto rilevato negli altri livelli territoriali: rispetto al totale delle assunzioni “non stagionali”, solo per l’8,2% è richiesto il titolo universitario a fronte dell’11,1% segnalato dalle imprese regionali e del Nord Est e del 12,5% dato italiano.Fra le tendenze principali, va evidenziato che alcuni aspetti di “frizione” nell’incontro domanda e offerta di lavoro sembrano più “distesi”: risultano in netto e graduale calo le assunzioni di profi li considerati di diffi cile reperimento.Per quanto riguarda le professioni più richieste dalle imprese, la ripartizione del fabbisogno è la seguente: 3,7% per quelle intellettuali, scientifi che e ad elevata specializzazione, 14,1% per quelle tecniche, 12% impiegatizie, 16,9% professioni qualifi cate nel commercio e nei servizi, il 20,2% per operai specializzati, il 17,9% per conduttori d’impianti e operai semiqualifi cati ed il restante 15,3% per professioni non qualifi cate.Le fi gure più richieste fra le professioni tecniche sono state previste quelle dell’amministrazione e dell’organizzazione, dei rapporti con i mercati e delle scienze ingegneristiche.Tra le professioni impiegatizie ha rilevanza il personale addetto alla gestione degli stock,

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degli approvvigionamenti, dei trasporti e cassieri, addetti allo sportello ed assimilati.Nell’area delle professioni relative alle attività commerciali e nei servizi si evidenziano gli addetti alla ristorazione e ai pubblici esercizi e gli addetti alle vendite al minuto.Tra gli operai specializzati i più richiesti sono gli “addetti alle lavorazioni alimentari”, “operai specializzati addetti alle rifi niture delle costruzioni”, “meccanici, montatori, riparatori, manutentori di macchine fi sse e mobili”, “addetti alle costruzioni e al mante-nimento di strutture edili”.Nel gruppo dei “conduttori di impianti e operai addetti a macchinari fi ssi e mobili” i più richiesti risultano gli “operai addetti a macchine confezionatrici”, “conduttori di veicoli a motore” e “conduttori di macchine movimento terra, sollevamento e maneggio dei materiali”.Infi ne per quanto concerne il personale non qualifi cato è rilevante la domanda di personale addetto ai servizi di pulizia, igienici, di lavanderia ed assimilati.Il 26% delle assunzioni non stagionali è relativo a fi gure professionali che le imprese considerano diffi cili da reperire. Fra le professioni intellettuali e tecniche le più diffi cili da reperire sono gli specialisti delle scienze della vita e personale non qualifi cato nell’agricoltura. Nel gruppo degli impiegati sono di diffi cile reperimento il personale con funzioni specifi che in campo amministrativo, gestionale e fi nanziario, mentre fra le professioni qualifi cate nelle attività commerciali e nei servizi riscontriamo le professioni qualifi cate nei servizi sanitari. Infi ne fra gli operai specializzati fi gurano i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica ed assimilati, fra i semiqualifi cati gli operai conduttori di catene di montaggio automatizzate e di robot industriali.

Per quanto riguarda le dinamiche della disoccupazione a livello provinciale, i dati rilevati nel 2010 dal Sistema Informativo La-voro dei Centri per l’Impiego dell’Ammi-nistrazione Provinciale confermano il per-durare della situazione di crisi nonostante qualche debole segnale di senso positivo. I disoccupati, in costante aumento nel cor-so dell’anno, sono arrivati al 31/12/2010 a 28.671 e hanno fatto registrare un aumento del 9,6% rispetto al corrispondente periodo

del 2009, un incremento deciso, ma comun-que nettamente inferiore rispetto a quanto registrato alla fi ne del 2009 (+19,4%).Nella distinzione per genere gli incremen-ti rilevati riportano valori abbastanza alli-neati: +10,1% per i maschi e +9,3% per le femmine. L’incidenza percentuale conferma invece le maggiori diffi coltà per le donne che costituiscono il 58,6% dei disoccupati a fronte del 41,4% degli uomini.La situazione continua quindi ad essere preoccupante e il rischio della perdita del lavoro ha interessato, anche se in misura diversa, non solo le fasce di lavoratori più “deboli” (giovani, donne e stranieri), ma la generalità dei lavoratori. In particolare è risultata colpita la popolazione adulta (dai 30 a 49 anni) che rappresenta il 54,7% del totale dei disoccupati e gli ultracinquantenni (pari al 24,9%), in un contesto nel quale non si sono verifi cate nemmeno le condizioni per l’inserimento nel sistema produttivo dei lavoratori più giovani. L’aumento dei disoccupati è stato continuo nel corso dell’anno con l’eccezione di una diminuzione (-2,7%) da marzo a giugno 2010 che però non può essere intesa come segnale di ripresa, ma solo come calo “fi siologico” della disoccupazione, se non addirittura come sintomo di scoraggiamento delle persone nella ricerca attiva di lavoro.A fi ne anno i disoccupati che hanno perso una precedente occupazione sono stati pari all’88,5% del totale, mentre le persone alla ricerca di una prima occupazione hanno rappresentato l’11,5%.

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Al numero consistente dei disoccupati va inoltre “aggiunto” quello signifi cativo di lavoratori che, pur mantenendo formalmente il diritto al proprio posto di lavoro, sono stati sospesi temporaneamente dall’attività lavorativa con la copertura degli ammortizzatori sociali.L’incremento della disoccupazione è stato alimentato dal notevole aumento (+25,1%) dei lavoratori iscritti in lista di mobilità che hanno raggiunto a fi ne 2010 le 3.479 laboratori, dei quali 1.875 maschi e 1.604 femmine.Anche per il 2010 si conferma un aumento più consistente dei lavoratori iscritti a seguito di licenziamento individuale (+29%) da imprese con organico inferiore ai 15 dipendenti e in particolare del commercio e dei servizi, rispetto a quello delle iscrizioni per effetto di licenziamenti collettivi che pure si è incrementato in modo netto (+15%).Nel complesso sono risultati in crescita anche i disoccupati stranieri (+14,8%) che hanno raggiunto le 7.077 unità e rappresentano il 24,7% del totale e sono distribuiti per 3.181 nel CPI di Forlì, 2.791 in quello di Cesena e 1.105 nel CPI di Savignano sul Rubicone.L’aumento delle assunzioni registrato nel

2010 (+3,6%), secondo le valutazioni dei Servizi Provinciali per l’Impiego, non può però essere letto come segnale di ripresa economica e di uscita dalla crisi, perché il sistema produttivo sta tuttora attraversando un periodo di stasi senza incrementi reali dell’occupazione, soprattutto di quella stabile, ed è ancora lontano dai positivi saldi pre-crisi tra avviamenti e cessazioni (14.776 posti di lavoro creati nel 2008). Infatti il saldo 2010 tra gli avviamenti e le cessazioni dei rapporti di lavoro (-592), pur segnalando una minore riduzione delle perdita di posti di lavoro rispetto ai posti di lavoro persi nel 2009 (-4.259), continua ad evidenziare diffi coltà nel consolidare effetti di reale ripresa. Inoltre, se anche rispetto all’intero anno 2009 gli avviamenti sono lievemente aumentati, non è opportuno spingersi in previsioni ottimistiche di ripresa dell’occupazione, dato che, oltre al saldo negativo tra assunzioni e cessazioni, si rileva in particolare dal secondo semestre un netto calo tendenziale degli avviamenti.Osservando la tipologia dei rapporti di lavoro instaurati nel 2010 si denota una “stabilizzazione della precarietà”, data dall’incremento dei contratti a tempo determinato a discapito di quelle a tempo indeterminato, che rappresentano solo il 9,2% del totale degli avviamenti.Infatti si rileva un calo del 23,9% dei contratti a tempo indeterminato: in particolare quelli ad orario pieno sono complessivamente diminuiti del 28,2% e rappresentano rispetto al totale delle assunzioni solo il 5,9% e così anche quelli a tempo parziale (-14,7%) che costituiscono una fetta ancora più esigua del totale degli avviamenti (3,3%). Le assunzioni a tempo determinato al contrario rappresentano anche nel 2010 la tipologia di contratto maggiormente utilizzata con il 90,8% del totale delle assunzioni e risultano aumentate del +7,6%.Nell’ambito dei contratti a termine si rileva inoltre un netto aumento di quelli di somministrazione (prevalentemente a tempo determinato) del +44,9% che rappresentano però solo il 5,4% (4% nel 2009, 5,7% nel 2008 e 7,2% nel 2007) dei contratti a tempo determinato e il 4,9% del totale delle assunzioni.I contratti di apprendistato, assimilati nor-mativamente a quelli a tempo indetermina-to, sono compresi nel totale dei contrat-

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UTENTI IN STATO DI DISOCCUPAZIONE (*) dei Centri per l’Impiego della Provincia di Forlì-Cesena

Dato di Stock Maschi Femmine TotaleIncidenza % su

Totale disoccupati stesso anno

Disoccupati con precedenti lavorativial 31 dicembre 2010 10.736 14.646 25.382 88,5%al 31 dicembre 2009 9.706 13.351 23.057 88,1%Variazione % 10,6% 9,7% 10,1%Inoccupati in cerca di prima occupazioneal 31 dicembre 2010 1.139 2.150 3.289 11,5%al 31 dicembre 2009 1.079 2.021 3.100 11,9%Variazione % 5,6% 6,4% 6,1% di cui STRANIERI (*)Totale Disoccupati Maschi Femmine Totale

al 31 dicembre 2010 11.875 16.796 28.671 3.437 3.640 7.077

al 31 dicembre 2009 10.785 15.372 26.157 3.086 3.076 6.162

Variazione % 10,1% 9,3% 9,6% 11,4% 18,3% 14,8%

Specifi ca per fasce di età - stock Maschi Femmine TotaleIncidenza % su

Totale disoccupati stesso anno

15/18 annial 31 dicembre 2010 148 87 235 0,8%al 31 dicembre 2009 141 91 232 0,9%Variazione % 5,0% -4,4% 1,3%19/24 annial 31 dicembre 2010 1.205 1.411 2.616 9,1%al 31 dicembre 2009 1.155 1.236 2.391 9,1%Variazione % 4,3% 14,2% 9,4%25/29 annial 31 dicembre 2010 1.256 1.732 2.988 10,4%al 31 dicembre 2009 1.138 1.663 2.801 10,7%Variazione % 10,4% 4,1% 6,7%30/49 annial 31 dicembre 2010 6.345 9.343 15.688 54,7%al 31 dicembre 2009 5.809 8.721 14.530 55,5%Variazione % 9,2% 7,1% 8,0%oltre 50 annial 31 dicembre 2010 2.921 4.223 7.144 24,9%al 31 dicembre 2009 2.542 3.661 6.203 23,7%Variazione % 14,9% 15,4% 15,2%

Specifi ca per iscritti in lista di mobilità L. 223/91 - stock Maschi Femmine Totale

Incidenza % su Totale disoccupati

stesso annoLavoratori licenziati a seguito di procedura collettiva di mobilitàal 31 dicembre 2010 548 327 875 3,1%al 31 dicembre 2009 442 319 761 2,9%Variazione % 24,0% 2,5% 15,0%Lavoratori iscritti L. 236/93 a seguito di licenziamento individualeal 31 dicembre 2010 1.327 1.277 2.604 9,1%al 31 dicembre 2009 1.000 1.019 2.019 7,7%Variazione % 32,7% 25,3% 29,0%Totale iscritti in lista di mobilitàal 31 dicembre 2010 1.875 1.604 3.479 12,1%al 31 dicembre 2009 1.442 1.338 2.780 10,6%Variazione % 30,0% 19,9% 25,1%

(*) a seguito della presentazione della dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento ed alla ricerca di un’attività lavorativa ai sensi del D. Lgs. n. 297/02Fonte: Sistema Informativo Lavoro - Amministrazione Provinciale di Forlì-CesenaElaborazione: Servizi provinciali per l’impiego - Uffi cio Adempimenti amministrativi collocamento ordinario - Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena

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COMUNICAZIONI DI ASSUNZIONE pervenute ai Centri per l’Impiego della provincia (*)

Dato di Flusso Maschi Femmine Totale di cui STRANIERI (*)Totale Assunzioni Maschi Femmine TotaleAnno 2010 42.347 49.316 91.663 13.640 12.476 26.116Anno 2009 40.042 48.424 88.466 13.041 11.893 24.934Variazione % 5,8% 1,8% 3,6% 4,6% 4,9% 4,7%

(*) ExtraCEE e Unione Europea

Specifi ca per tipologia contrattuale Maschi Femmine TotaleTempo indeterminato orario pienoAnno 2010 3.534 1.872 5.406Anno 2009 4.882 2.646 7.528Variazione % -27,6% -29,3% -28,2%Tempo indeterminato part-timeAnno 2010 975 2.059 3.034Anno 2009 1.196 2.362 3.558Variazione % -18,5% -12,8% -14,7%Tempo determinato orario pienoAnno 2010 33.083 33.595 66.678Anno 2009 29.489 32.208 61.697Variazione % 12,2% 4,3% 8,1%Tempo determinato part-timeAnno 2010 4.755 11.790 16.545Anno 2009 4.475 11.208 15.683Variazione % 6,3% 5,2% 5,5%Contratti di somministrazione (ulteriore specifi ca del t. determinato)Anno 2010 2.787 1.673 4.460Anno 2009 1.851 1.227 3.078Variazione % 50,6% 36,3% 44,9%Contratti di apprendistato (ulteriore specifi ca del t. determinato) Anno 2010 2.428 1.856 4.284Anno 2009 2.202 1.747 3.949Variazione % 10,3% 6,2% 8,5%

Specifi ca per settori produttivi Maschi Femmine TotaleAgricolturaAnno 2010 8.457 7.597 16.054Anno 2009 8.467 7.925 16.392Variazione % -0,1% -4,1% -2,1%IndustriaAnno 2010 11.074 4.600 15.674Anno 2009 11.318 5.069 16.387Variazione % -2,2% -9,3% -4,4%ServiziAnno 2010 20.657 26.705 47.362Anno 2009 18.141 24.841 42.982Variazione % 13,9% 7,5% 10,2%Pubblica Amministrazione / Enti LocaliAnno 2010 2.159 10.414 12.573Anno 2009 2.116 10.589 12.705Variazione % 2,0% -1,7% -1,0%

(*) assunzioni pervenute dai datori di lavoro privati e pubblici, a seguito di obbligo previsto dalla vigente normativa (L. 296/06), riferite alle assunzioni di lavoratori in aziende del territorio provinciale di tutte le tipologie di lavoro subordinato, a progetto, CO.CO.CO., associazioni in partecipazione, socio-lavoratore di coop., nonchè di tirocini formativi Fonte: Sistema Informativo Lavoro - Amministrazione Provinciale di Forlì-CesenaElaborazione: Servizi provinciali per l’impiego - Uffi cio Adempimenti amministrativi collocamento ordinario - Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena

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ti a tempo determinato sono aumentati dell’8,5%, e sono pari al 4,7% del totale degli avviamenti.Le assunzioni di lavoratori stranieri sono aumentate del 4,7%.Rispetto ai settori produttivi di impiego dei lavoratori, si rileva una generale diminuzione delle comunicazioni di assunzione in quasi tutti i settori produttivi ad esclusione del settore dei servizi (+10,2%): -2,1% in agricoltura, -4,4% in industria e -1% di assunzioni nel settore pubblico.Nel 2010 le cessazioni dei rapporti di lavoro hanno fatto rilevare rispetto al 2009 in generale una situazione stabilità (-0,5%). Le cessazioni dovute alla motivazione più ricorrente (fi ne contratto a termine) sono aumentate del 7,9%; quelle per “risoluzione in periodo di prova” del 9%.In calo invece le cessazioni per dimissioni (-1,5%) e quelle per motivi più direttamente riconducibili alla crisi quali il licenziamento, la riduzione e la chiusura di azienda (-12,6%).

Secondo le valutazioni dei Servizi Provinciali per l’Impiego l’andamento delle cessazioni, che si potrebbe intendere come un segnale positivo di superamento della crisi, va letto congiuntamente al dato degli ammortizzatori sociali, notevolmente aumentato, il cui utilizzo ha evitato alle aziende di procedere immediatamente ai licenziamenti consentendo di sospendere l’attività produttiva preservando però la disponibilità dei propri dipendenti.

Per delineare meglio le dinamiche del mercato del lavoro sono importanti le valutazioni predisposte dall’Uffi cio Prevenzione e Gestione Crisi aziendali dell’Amministrazione Provinciale, che ha il compito, qualora in sede sindacale non venga raggiunto un accordo, di procedere all’esame congiunto con le parti sociali preliminare alla messa in mobilità del personale o al ricorso agli interventi di cassa integrazione straordinaria. Tali procedure

COMUNICAZIONI DI CESSAZIONE dei rapporti di lavoro pervenute ai Centri per l’Impiego della provincia (*)

Dato di Flusso Maschi Femmine Totale di cui STRANIERI (*)Totale Cessazioni Maschi Femmine TotaleAnno 2010 42.745 49.510 92.255 13.423 12.183 25.606Anno 2009 42.955 49.770 92.725 13.920 11.727 25.647Variazione % -0,5% -0,5% -0,5% -3,6% 3,9% -0,2%

(*) ExtraCEE e Unione Europea

Specifi ca per motivo cessazione (più ricorrente) Maschi Femmine TotaleFine contratto a termineAnno 2010 23.879 33.150 57.029Anno 2009 21.378 31.486 52.864Variazione % 11,7% 5,3% 7,9%Risoluzione in periodo di provaAnno 2010 972 804 1.776Anno 2009 906 723 1.629Variazione % 7,3% 11,2% 9,0%DimissioniAnno 2010 8.030 5.973 14.003Anno 2009 7.969 6.246 14.215Variazione % 0,8% -4,4% -1,5%Licenziamento/Riduzione/Chiusura aziendaAnno 2010 2.698 2.046 4.744Anno 2009 3.283 2.147 5.430Variazione % -17,8% -4,7% -12,6%

(*) Comunicazioni di cessazione pervenute dai datori di lavoro privati e pubblici, a seguito degli obblighi previsti dalla vigen-te normativa (L. 296/06) in Aziende ubicate nel territorio provinciale di tutte le tipologie di lavoro subordinato, a progetto, CO.CO.CO., associazioni in partecipazione, socio-lavoratore di cooperative nonchè di tirocini formativi Fonte: Sistema Informativo Lavoro - Amministrazione Provinciale di Forlì-CesenaElaborazione: Servizi provinciali per l’impiego - Uffi cio Adempimenti amministrativi collocamento ordinario - Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena

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si applicano esclusivamente alle aziende che occupano almeno 15 dipendenti e che intendono richiedere interventi di cassa integrazione straordinaria o procedere al licenziamento di almeno cinque lavoratori nell’arco temporale defi nito in sede di accordo. Pertanto le valutazioni riportate di seguito, per quanto di notevole signifi catività, sono parziali perché non comprendono le crisi delle aziende di piccole dimensioni che rappresentano una parte consistente del tessuto produttivo locale.Al termine del secondo anno di crisi, i dati rilevati non sono incoraggianti, durante tutto il 2010 il ritmo di ricorso alle procedure per l’accesso ad interventi di cassa integrazione straordinaria (CIGS) o di mobilità non ha mostrato segnali di rallentamento e anzi, rispetto all’anno precedente, si è registrato un lieve incremento. Rispetto alle 84 procedure trattate dall’uffi cio nel 2009, nell’anno appena terminato si è registrato un incremento percentuale dell’11,9% con 94 procedure concluse per un totale di 3.183 lavoratori coinvolti (+21,2% rispetto ai dati del 2009).Le procedure per ricorso alla CIGS sono state complessivamente 39 (38 nel 2009), le procedure di mobilità 37 (32 nel 2009), soltanto 2 i contratti di solidarietà comunicati quest’anno (8 nel 2009). Sono aumentate invece le aziende che hanno contestualmente richiesto il ricorso sia alla CIGS che alla mobilità (13) per facilitare l’esodo volontario anticipato dei lavoratori grazie agli sgravi per assunzioni legati all’iscrizione nelle liste; 3 procedure

sono state ritirate, ma poi riproposte in tempi successivi. Il settore maggiormente coinvolto si conferma l’industria con 82 procedure, a fronte delle 11 nel settore servizi/commercio e una nel settore agricolo. Le procedure nei singoli comparti sono così distribuite: 44 metalmeccanica, 7 gomma plastica, 7 legno arredamento, 11 tessile abbigliamento, 3 edile industria, 4 alimentare, 2 piastrelle ceramica e refrattari, inoltre risultano interessati i comparti della grafi ca ed editoria, saccarifero e fotolaboratori con una procedura ciascuno. Nel settore del commercio/servizi risulta maggiormente coinvolto il comparto commercio, turismo e servizi con 8 procedure, inclusi i due contratti di solidarietà, un ricorso alla CIGS nell’autotrasporto merci e logistica e una procedura di mobilità nelle telecomunicazioni.Il dato più signifi cativo che ha caratterizzato l’anno in corso rispetto al precedente è la maggiore incidenza del ricorso agli ammortizzatori sociali per cessazione dell’attività o per procedura concorsuale e quindi fallimento o concordato. In alcuni casi le aziende già in cassa integrazione per crisi aziendale, dovuta ad evento improvviso ed imprevisto, hanno dovuto rettifi care la causale a seguito di sopravvenuta dichiarazione di fallimento o per cessazione dell’attività. In relazione a tali motivazioni sono state concluse 20 trattative: 14 per cessazione dell’attività e 6 per sopravvenuta dichiarazione di fallimento o ammissione al concordato preventivo. Praticamente tutti i settori sono stati interessati dalle cessazioni o dalle procedure concorsuali e i lavoratori coinvolti sono stati circa 538. Nell’anno precedente erano stati segnalati soltanto 2 casi di ricorso a procedura concorsuale e 5 cessazioni di attività.Dal punto di vista territoriale, mentre nel 2009 si era notata una maggiore incidenza delle crisi nel territorio forlivese rispetto al cesenate, nel 2010 questo divario non è più riscontrabile essendo entrambi i territori stati coinvolti in ugual misura.Un ulteriore elemento che merita attenzione, è il notevole incremento che si è verifi cato del ricorso i tavoli istituzionali di confronto istituiti per consentire interventi di “prevenzione” delle crisi al verifi carsi delle prime situazione di diffi coltà.Fra i fenomeni signifi cativi per interpretare

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le dinamiche occupazionali, va segnalato l’andamento degli ammortizzatori sociali e in particolare degli interventi di Cassa Integrazione Guadagni; va precisato però che i dati disponibili, si riferiscono alle ore autorizzate e non a quelle realmente effettuate.Secondo gli indicatori di sintesi sulla crisi occupazionale elaborati dal Servizio Lavoro della Regione Emilia-Romagna su dati INPS, in provincia nel periodo gennaio-dicembre 2010 sono state autorizzate complessivamente 9.946.060 ore di cui 2.507.416 di cassa integrazione ordinaria, 2.502.565 di straordinaria e 4.936.079 in deroga (vedi accordo Regione Emilia-Romagna, UPI, ANCI e Parti sociali del 18 maggio 2009). Rispetto al totale, ben 8.455.709 hanno riguardato imprese del settore manifatturiero.A titolo puramente indicativo, senza considerare le necessarie ponderazioni per le diverse specifi cità, dimensioni e mix produttivo delle varie province della regione, ma solo osservando il valore assoluto delle ore complessivamente autorizzate nei primi dieci mesi dell’anno, Forlì-Cesena è la quinta provincia in regione per numero di ore. Le altre province in ordine decrescente per numero di ore sono: Bologna, (26.990.164), Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Piacenza, Rimini, Ravenna, Parma (3.377.170).Le variazioni percentuali rispetto al periodo gennaio-dicembre 2009 sono state del +64,9% per il complesso delle ore, -26,9% per la CIGO, +148,8% per la CIGS, +209,3% per la CIG in deroga.Gli aumenti rilevati, anche se molto netti sintetizzano una buona parte dell’anno con andamenti sostenuti, mentre negli ultimi mesi del 2010 si è verifi cata una “frenata” nel numero di ore autorizzate.I settori che hanno fatto rilevare complessivamente il maggior numero di ore sono stati: meccanica, pelli cuoio e calzature, lavorazione del legno, abbigliamento, edilizia, commercio, chimica.Gli accordi sindacali inoltrati alla Regione per accedere alla CIGS in essere al 1/1/2011 hanno riguardato 64 unità locali e 3.869 lavoratori.

In merito ai fl ussi di lavoratori stranieri, secondo i dati dello Sportello Unico per l’Immigrazione, i lavoratori effettivamente

arrivati nel 2010 per lavoro nella nostra provincia, in seguito ad autorizzazioni rilasciate dalla Prefettura di Forlì sulla base delle quote dei vari decreti di regolamentazione (stagionali e non) del 2008,2009 e 2010, sono stati: 138 in base al Decreto Flussi per lavoro subordinato 2008, 557 al Decreto Flussi stagionali (turistico alberghiero - agricoltura), 12 per casi particolari (art 27 Legge 286/98), 850 per “emersione” colf e badanti (Legge 102/2009) in relazione alla sanatoria di cittadini extracomunitari già presenti sul territorio nazionale i cui datori di lavoro hanno richiesto la regolarizzazione dichiarando che erano occupati dal 1/4/2009.

Le informazioni che seguono, fornite dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Forlì-Cesena (DPL), arricchiscono ulteriormente il quadro informativo. Alla DPL sono infatti affi date competenze che vanno dall’attività ispettiva a quelle di conciliazione, all’Os-servatorio sulla cooperazione e le azioni di promozione della legalità, prevenzione e sicurezza nei cantieri edili per garantire la regolarità dei rapporto di lavoro, il contra-sto al lavoro nero e la tutela della salute e della sicurezza nei settori ad elevato rischio infortunistico.In merito alle situazioni di irregolarità riscontrate nel 2010, premesso che non sono disponibili elementi di valutazione di confronto con altre realtà provinciali, l’attività del Servizio Ispezione del Lavoro (SIL) della DPL, in parte congiuntamente con INPS, INAIL, AUSL, Carabinieri, Guardia di

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Finanza, Questura, Polizie Municipali, Vigili del Fuoco, si è concentrata nei settori del manifatturiero, trasporti-logistica, pubblici esercizi, commercio, agricoltura, edilizia (con attenzione specifi ca agli appalti-somministrazione) e cooperazione. Nel settore edile, su un totale di 278 aziende controllate dal Servizio Ispettivo, l’unità operativa di vigilanza tecnica ha ispezionato 80 aziende rilevando per il 55% di esse irregolarità in materia di salute e sicurezza. Relativamente al solo settore edile sono state contestate 52 maxisanzioni per lavoro nero su un totale di 438 maxisanzioni complessive contestate nei vari settori.Nelle imprese del settore agricolo, a fronte dell’attività ispettiva, che si è concentrata nel periodo di raccolta di fragole, pesche e della potatura delle viti, sono state riscontrate irregolarità contributive e un maggiore utilizzo di pensionati, mentre il dato riferito ai lavoratori extracomunitari è in linea con l’anno precedente. In particolare, durante il periodo della vendemmia, si è rilevato un ricorso marcato al “lavoro accessorio” con l’utilizzo di voucher.

Nell’ambito della Direttiva del Ministero del Lavoro del 7/7/2010, che prevedeva campagne su “obiettivi sensibili”, il piano di vigilanza presentato dalla DPL per la nostra provincia, ha individuato, oltre a quanto previsto in via ordinaria, il settore del mobile imbottito gestito da etnie straniere. Le ispezioni sono state effettuate nei mesi di ottobre e novembre unitamente dalla DPL e dal Gruppo Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro nell’ambito del piano d’azione promosso dalla Prefettura e che ha coinvolto, coordinati dalla DPL, gli istituti, le Forze dell’Ordine comprese le polizie municipali, con AUSL e Vigili del Fuoco.Gli interventi hanno riguardato inoltre i settori tessile-abbigliamento e manifatturiero in generale nei quali sono risultati occupati numerosi lavoratori stranieri e sono stati accertati reati in relazione a presenza di clandestini, violazione di norme in materia di igiene e sicurezza, nonché reati di ordine pubblico.Nel complesso, secondo la DPL, l’attività programmata nel 2010 è stata indirizzata ad una migliore e più effi cace presenza sul territorio al fi ne di reprimere con maggiore incisività i fenomeni di illegalità: ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 81/08, sono state sospese 68 imprese in relazione alle quali sono risultati 150 lavoratori totalmente in nero e 10 clandestini.Anche gli interventi del Servizio Politiche del Lavoro della DPL in materia di conciliazione e controversie di lavoro sono stati consistenti, sia con riferimento alle richieste individuali e plurime nei tentativi obbligatori davanti alle Commissioni di Conciliazione di Forlì e di Cesena e/o ai Collegi del Pubblico Impiego, sia in relazione alle problematiche che hanno interessato la collettività dei lavoratori di alcune aziende. Nel corso del 2010 si è confermato, a livello provinciale, un livello sostenuto di confl ittualità: nel settore privato, sono risultate alla DPL oltre 2.000 controversie di lavoro individuali, dato che evidenzia il disagio sociale causato dal persistere di una diffusa situazione di crisi che già aveva determinato lo scorso anno un incremento deciso della vertenzialità rispetto al 2008. I risultati ottenuti con l’attività di conciliazione, secondo la DPL sono da considerarsi ottimali, poiché hanno dato esiti positivi con la sottoscrizione dei verbali di conciliazione per circa il 65% delle

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controversie trattate. In questo senso è stato fondamentale il ruolo “super partes” svolto dai membri delle Commissioni nell’attività di mediazione, che ha contribuito a proporre la conciliazione come una reale opportunità di risoluzione del confl itto e non solo come passaggio obbligato dal punto di vista procedurale. Peraltro, le buone pratiche conciliative rappresentano un dato storico sul territorio provinciale.Signifi cativi sono stati anche gli interventi richiesti alla DPL in materia di vertenzialità collettiva, che hanno riguardato i casi di cambi d’appalto nel settore del pulimento e del facchinaggio e nei settori del mobile imbottito, metalmeccanica, nautica, case di cura private, trasporti. La confl ittualità ha riguardato in particolare le aziende che si sono aggiudicate “appalti al ribasso” nel settore dei servizi di pulizia, del facchinaggio e della logistica, che spesso hanno fatto registrare una scarsa correttezza nell’applicazione dei CCNL e la mancata corresponsione degli stipendi, anche per lunghi periodi. Sono stati necessari interventi oltre che sulle imprese stesse, anche sugli enti committenti, responsabili dell’affi damento dei servizi e delle opportune verifi che formali e sostanziali.

Le informazioni relative all’andamento degli infortuni sul lavoro, elaborate dalla Direzione INAIL di Forlì, consentono di completare il quadro informativo. Gli ultimi dati disponibili riportano, per il 2009, 10.064 denunce di infortunio rispetto alle 11.783 del 2008. Si registra quindi un calo del 14,6% degli infortuni denunciati in provincia, trend positivo più netto di quello rilevato mediamente in regione (-13,1%). Va considerato però che la forte fl essione nell’andamento degli infortuni è

stata determinata anche dell’aumento della disoccupazione, dal massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali e dalla conseguente riduzione delle ore lavorate.Per quanto riguarda nello specifi co le modalità degli infortuni, si rileva un calo del 15,1% di quelli in ambiente di lavoro, del 20,4% nella circolazione stradale in occasione di lavoro e del 7,6% in itinere. L’analisi per settore evidenzia una diminuzione del 16,3% per l’agricoltura, del 15% per i servizi e un aumento dell’11,2% nella gestione per conto dello Stato. Il numero degli infortuni con esito mortale (9) è risultato uguale al 2008.

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La dinamica del sistema imprenditoriale della provincia di Forlì-Cesena nel 2010 ha fatto registrare i primi segnali di ripresa, dopo che nel 2009 aveva subito fortemente gli effetti della crisi economica. Torna ad essere attivo il saldo fra le aperture di nuove imprese, il cui numero è in crescita, e le cessazioni, che invece sono in diminuzione. Fra i settori economici, positiva è stata la dinamica del terziario, in particolare del settore alloggi e ristorazione e delle attività immobiliari, ma anche il commercio ha registrato un trend positivo sebbene limitato. Continuano inoltre a crescere le società di capitale, ad indicare la prosecuzione del processo di consolidamento del sistema produttivo provinciale. Rimangono però elementi di diffi coltà che segnalano che la crisi non è ancora alle spalle: continua la fl essione delle imprese del settore manifatturiero e dei trasporti, nonché dell’insieme delle imprese artigiane.La provincia di Forlì-Cesena si conferma un territorio con imprenditorialità diffusa. Il rapporto fra abitanti e imprese attive si mantiene meno elevato rispetto agli altri ambiti territoriali: un’impresa ogni 9,7 abitanti, contro una ogni 10,2 in regione e una ogni 11,4 a livello nazionale.

Secondo Movimprese, banca dati di Infocamere, alla fi ne del 2010 le imprese “registrate” presso la Camera di Commercio di Forlì-Cesena sono risultate 44.791, delle quali 40.538 attive. Nel corso dell’anno si sono iscritte 2.832 imprese e ne sono cessate 2.729 (dato al netto delle cancellazioni d’uffi cio); il saldo è pertanto positivo (+103 unità). Questi dati segnalano un’inversione di tendenza rispetto al 2009, quando si era registrato un saldo negativo (-256). La differenza è dovuta sia ad un aumento delle iscrizioni (2.832 nel 2010 contro 2.619 nel 2009), sia ad una diminuzione delle

cessazioni (2.729 nel 2010 contro le 2.875 del 2009). Considerando i dati degli ultimi cinque anni, il saldo fra aperture e cessazioni è sempre stato in attivo, ad eccezione del 2009; il valore del saldo nel 2010 risulta il più basso nel periodo considerato, escludendo il valore negativo del 2009. Ciò è dovuto al fatto che il valore delle nuove iscrizioni del 2010 è il più basso dal 2006, sempre ad eccezione del 2009. Parallelamente, però, anche il valore delle cessazioni del 2010 è il più basso del quinquennio considerato. Il quadro che emerge, dunque, è quello di un sistema imprenditoriale che risente dei segni della crisi economica, ma che sembra in ripresa rispetto al momento più diffi cile attraversato nell’anno precedente.Le imprese attive hanno fatto rilevare una lieve fl essione dello 0,3% rispetto al 2009, sostanzialmente analoga a quella regionale (-0,2%), mentre a livello nazionale il valore è rimasto stabile. Le variazioni calcolate al netto del settore agricolo mostrano per la provincia di Forlì-Cesena una leggera crescita dello 0,3%, a fronte del +0,2% regionale e del +0,4% nazionale.

IMPRENDITORIALITA’

imprese attive 31/12/2010

popolazione * 31/12/2009

imprese ogni 1.000 abitanti

abitanti per im-presa

Forlì-Cesena 40.538 392.329 103,3 9,7

Emilia-Romagna 428.867 4.377.435 98,0 10,2

Italia 5.281.934 60.340.328 87,5 11,4

Fonte: Movimprese (Infocamere) e Istat (* Bilancio demografi co 2009)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 201056

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Secondo le analisi che seguono, che escludono il settore agricolo in quanto presenta dinamiche e caratteristiche particolari, le imprese attive sono risultate 32.268. La movimentazione nel corso dell’anno in esame è stata la seguente: 2.598 iscrizioni e 2.229 cessazioni al netto delle cancellazioni d’uffi cio (saldo: +369).Fra i settori più signifi cativi, quanto a numerosità delle imprese attive, si rileva una moderata crescita del commercio (+0,4%) che costituisce il 27,1% delle imprese attive al netto dell’agricoltura. Risultano invece sostanzialmente stabili le costruzioni (-0,1%), che rappresentano il 20,9%. Il settore manifatturiero, che nel 2009 è stato quello che fra i settori più signifi cativi aveva subito l’impatto più forte della crisi economica nel territorio locale, continua nel trend di diminuzione (-1,7%); la sua incidenza è del 12,5%.Seguono per incidenza i settori “alloggio e ristorazione” (8,3% sul totale), in crescita dell’1,4%; le attività immobiliari (incidenza del 7,8%), con una crescita del 2,6%; “altre attività di servizo” (incidenza del 5,4%), con +1,0%; “trasporti e magazzinaggio” (incidenza del 5,1%), che continua nel suo trend di forte diminuzione (-3,4%).Prosegue infi ne il calo delle imprese agricole,

con un tasso del –2,6% rispetto al 2009. Un po’ meno pronunciata la diminuzione del settore in Emilia-Romagna (-2,3%) e a livello nazionale (-2%).

Passando all’analisi delle forme giuridiche delle imprese attive (escludendo le imprese agricole), i dati confermano quanto già registrato l’anno precedente, ossia che la situazione di crisi ha determinato - a tutti i livelli territoriali - il consolidamento del sistema produttivo nelle sue componenti strutturalmente più robuste, ossia le società

ANDAMENTO DELLE IMPRESE ATTIVEesclusa Agricoltura (Ateco 2002 fi no al 2009 e Ateco 2007 dal 2010)

Forlì - Cesena Emilia - Romagna Italia

Fonte: Infocamere (Movimprese)

trimestri

indi

ce (1

° tri

mes

tre 1

999

= 10

0)

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105

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IMPRESE ATTIVE PER SETTOREForlì-Cesena - 31/12/2010

Agricoltura e pesca

Industria e Costruzioni

Commercio

Alberghi e Ristoranti

Trasporti

Servizi e altro

20%

27% 22%

4%

7%

20%

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010 57

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Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

CONSISTENZA DELLE IMPRESE ATTIVE

FORLI’-CESENA EMILIA ROMAGNA ITALIA

Anno 2010

variazione % Anno 2010 su Anno 2009

inciden-za %

Anno 2010

variazione % Anno 2010 su Anno 2009

inciden-za % Anno 2010

variazione % Anno 2010 su Anno 2009

inciden-za %

Sezioni di attività economica

A Agricoltura, silvicoltura pesca 8.270 -2,6 25,6 68.945 -2,3 19,2 850.999 -2,0 19,2

B Estrazione di minerali da cave e miniere

25 +0,0 0,1 213 -0,9 0,1 3.848 -2,2 0,1

C Attività manufatturiere 4.029 -1,7 12,5 49.048 -1,7 13,6 546.379 -1,2 12,3

D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore...

50 +42,9 0,2 332 +50,2 0,1 4.626 +25,9 0,1

E Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di...

61 -4,7 0,2 576 -2,4 0,2 9.271 +1,4 0,2

F Costruzioni 6.745 -0,1 20,9 75.231 -0,8 20,9 830.253 +0,3 18,7

G Commercio all’ingrosso e al dettaglio; rip. ...

8.758 +0,4 27,1 96.194 +0,7 26,7 1.422.566 +0,3 32,1

H Trasporto e magazzinaggio 1.653 -3,4 5,1 16.392 -2,7 4,6 164.391 -1,5 3,7

I Attività dei servizi alloggio e risto-razione

2.663 +1,4 8,3 27.846 +2,3 7,7 341.556 +2,6 7,7

J Servizi di informazione e comunica-zione

578 +1,6 1,8 7.972 +3,0 2,2 108.689 +2,2 2,5

K Attività fi nanziarie e assicurative 697 +2,3 2,2 8.442 +0,0 2,3 108.985 +0,5 2,5

L Attività immobiliari 2.519 +2,6 7,8 26.924 +1,5 7,5 244.246 +1,7 5,5

M Attività professionali, scientifi che e tecniche

1.204 +5,3 3,7 14.996 +2,6 4,2 168.914 +3,7 3,8

N Noleggio, agenzie viaggio, servizi di supp. ...

651 +2,4 2,0 9.615 +2,9 2,7 138.613 +3,0 3,1

O Amministrazione pubblica e difesa; assic. ...

- - - - - - 61 -4,7 0,0

P Istruzione 114 +4,6 0,4 1.374 +3,1 0,4 22.652 +3,7 0,5

Q Sanità e assistenza sociale 211 +7,7 0,7 1.805 +5,0 0,5 28.485 +4,3 0,6

R Attività artistiche, sportive, di intratte-nimeno...

550 +2,0 1,7 5.317 +2,0 1,5 56.728 +3,9 1,3

S Altre attività di servizi 1.738 +1,0 5,4 17.368 +1,5 4,8 220.654 +1,6 5,0

T Attività di famiglie e convivenze come datori...

- - - 1 +0,0 0,0 5 +0,0 0,0

U Organizzazioni ed organismi extra-territoriali

- - - - - - 5 +0,0 0,0

Nc Imprese non classifi cate 22 -69,9 0,1 276 -63,4 0,1 10.008 -60,5 0,2

TOTALE 40.538 -0,3 428.867 -0,2 5.281.934 -0,0

TOTALE (esclusa Sez. A - Agricoltura) 32.268 +0,3 100,0 359.922 +0,2 100,0 4.430.935 +0,4 100,0

Natura giuridica (esclusa Sez. A - Agricoltura)

Società di capitale 5.611 +4,6 17,4 75.845 +2,3 21,1 918.690 +2,8 20,7

Società di persone 8.053 -0,1 25,0 79.396 -1,2 22,1 853.209 -1,4 19,3

Ditte individuali 17.783 -0,8 55,1 196.184 -0,1 54,5 2.546.356 +0,0 57,5

Altre forme 821 +1,6 2,5 8.497 +3,1 2,4 112.680 +2,8 2,5

Natura giuridica (Sez. A - Agricoltura)

Società di capitale 140 +11,1 1,7 854 +8,4 1,2 10.650 +9,2 1,3

Società di persone 1.100 +5,3 13,3 9.468 +1,8 13,7 56.281 +2,4 6,6

Ditte individuali 6.953 -4,0 84,1 57.969 -3,1 84,1 772.785 -2,5 90,8

Altre forme 77 -2,5 0,9 654 -0,3 0,9 11.283 -0,3 1,3

(*) Per equiparare il confronto con l’anno corrente, ai dati del 2009 sono stati aggiunti i valori dei 7 comuni del pesarese (Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria, Talamello) che dal primo trimestre 2010 sono entrati a far parte della provincia di Rimini Fonte: Movimprese (Infocamere) Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 201058

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di capitali e le altre forme giuridiche; queste sono le uniche due tipologie che registrano una crescita, mentre le altre forme giuridiche sono in diminuzione, anche se contenuta, o rimangono stabili.Le società di capitale in provincia nel 2010 hanno registrato una crescita annua del 4,6%. Questa forma giuridica rappresenta il 17,4% delle imprese attive non agricole provinciali.L’aumento provinciale è risultato maggiore sia di quello regionale (+2,3%) sia di quello nazionale (+2,8%). L’incidenza provinciale di questa forma giuridica resta comunque minore di quella regionale (21,1%) e nazionale (20,7%).Le “altre forme” giuridiche in provincia sono cresciute dell’1,6%, crescita minore di quella regionale (+3,1%) e nazionale (+2,8%). L’incidenza provinciale è del 2,5%, incidenza analoga a quella nazionale, mentre in regione è del 2,4%.Le ditte individuali, pari al 55,1% delle imprese (54,5% in regione, 57,5% in Italia), sono diminuite dello 0,8%. Le società di persone, pari al 25% del totale (22,1% in regione, 19,3% in Italia), sono rimaste stabili (-0,1%).Complessivamente i tassi di crescita delle imprese registrate relativi al 2010 (elaborati al netto dell’agricoltura e depurati dall’effetto prodotto dalle cancellazioni d’uffi cio) mostrano una crescita dell’1,02% per la provincia, dell’1,14% per l’Emilia-Romagna e dell’1,72% per l’Italia.

Al 31/12/2010 le imprese artigiane attive risultano 13.751 (-1,7% rispetto al 2009); la

movimentazione è stata di 953 iscrizioni e 1.200 cessazioni (saldo: -247).

In provincia nel corso del 2010 sono stati dichiarati 65 fallimenti (4 in più rispetto al 2009). Il settore più colpito è quello manifatturiero, con 24 fallimenti dichiarati, dato che conferma lo stato di diffi coltà che sta attraversando a seguito della crisi economica; seguono le costruzioni con 16 fallimenti e il commercio con 13. 56 fallimenti sono a carico di società, mentre 8 di ditte individuali.

Per quanto riguarda gli imprenditori stranieri, cioè nati al di fuori dei confi ni nazionali, secondo i dati elaborati da Infocamere, fra 2009 e 2010 le persone con cariche nate all’estero sono salite da 3.876 a 3.964 (+2,3%), mentre gli italiani sono rimasti sostanzialmente stabili (da 64.096 a 64.061). Fra gli stranieri, quelli nati in paesi extracomunitari sono cresciuti dell’1,9%, mentre quelli nati in paesi comunitari del 3,3%.Rispetto al numero totale degli stranieri con cariche, 2.530 sono da riferirsi ad imprese individuali, gestite quindi da imprenditori stranieri, 899 operano in società di persone, 438 in società di capitale. I paesi di nascita più ricorrenti sono, a parte la Svizzera con 430 persone, l’Albania con 599, la Romania con 328, la Cina con 326, il Marocco con 301 e la Tunisia con 209.I settori economici nei quali la presenza di stranieri è più rilevante sono in ordine di importanza: costruzioni (1.481 persone); commercio (905); attività manifatturiere (451); “attività dei servizi alloggio e ristorazione” (379); “trasporto e magazzinaggio” (137) e agricoltura (124).

Da evidenziare anche il ruolo dell’imprenditoria femminile nel tessuto produttivo locale che è oggetto di uno specifi co monitoraggio da parte di Infocamere. Sono infatti disponibili i dati relativi alle imprese femminili presenti nel Registro Imprese delle Camere di Commercio e individuate secondo quanto previsto dalla legge 215/92 e successive precisazioni.Al 30/6/2010 in provincia sono risultate attive 8.681 imprese femminili su un totale di 40.622 imprese, corrispondenti al 21,4%;

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incidenza lievemente superiore a quella regionale (20,8%), ma inferiore a quella nazionale (24,1%).Per quanto riguarda la disaggregazione per settore di attività, in provincia il 27,5% delle imprese femminili appartiene al commercio ed il 20,9% all’agricoltura. Seguono, in ordine di importanza, il settore degli “alberghi e ristoranti” e le “altre attività dei servizi” (entrambi col 10,8%), il settore manifatturiero (8,2%) e le attività immobiliari (6,1%).Se si prendono in considerazione i primi sei settori in ordine di importanza, che raggruppano l’84,3% delle imprese femminili della provincia, quello più femminilizzato è il settore delle “altre attività di servizi” con oltre la metà delle imprese totali esistenti in provincia (54,4%). Tale settore comprende attività quali lavanderie, estetiste, parrucchiere ecc.L’analisi delle imprese femminili per natura giuridica mostra come il 65,6% siano imprese individuali, il 24,4% società di persone e solo l’8,6% società di capitali (la loro incidenza però è in leggero aumento: erano l’8,3% al 30 giugno 2009). Nel territorio operano anche 92 cooperative “femminili” (1,1%).Il confronto col dato regionale e nazionale vede nella provincia di Forlì-Cesena una minore incidenza delle società di capitali ed una maggiore delle società di persone rispetto al resto del territorio: infatti le prime in Regione sono il 12,3% ed in Italia l’11,5%, mentre le società di persone sono rispettivamente il 21,1% ed il 20%.E’ possibile valutare l’impresa femminile anche relativamente al grado di presenza femminile, cioè alla percentuale di quote possedute da donne quando si tratta di forme societarie. Vengono previsti tre gradi di presenza crescenti: “maggioritaria”, “forte” ed “esclusiva”.Sul totale delle imprese individuate come “femminili”, l’87,8% è a presenza “esclusiva”, il 9,5% “forte” e il 2,7% “maggioritaria”. Se si escludono le imprese individuali, per le quali ovviamente esiste solo la modalità “esclusiva”, in quanto l’analisi viene fatta sulle titolari di impresa, le imprese femminili possedute da donne in forma esclusiva sono il 78,6% per le società di persone, il 41,3% per le cooperative e il 26,3% per le società di capitale della provincia. In regione e in Italia la distribuzione delle imprese a presenza

femminile esclusiva fra le classi di natura giuridica segue un andamento simile, anche se è più accentuata l’esclusività femminile nelle società di persone e in Italia anche nelle cooperative.

Un altro dato utile a descrivere la struttura imprenditoriale locale è quello della distribuzione delle persone con cariche per classi di età. Ripartendo le persone secondo tre classi d’età - minore di 30 anni, fra 30 e 49 anni, 50 anni e oltre - in provincia di Forlì-Cesena si conferma nel 2010 un dato già registrato l’anno precedente, che può destare qualche preoccupazione: la classe più anziana, infatti, col 48,8% del totale ha superato per incidenza - anche se di poco - la classe mediana (46,6%), che fi no all’anno precedente era la più numerosa. A differenza del 2009, però, anche in regione si è verifi cato questo fenomeno: la classe d’età con 50 e più anni, infatti, in Emilia-Romagna ammonta al 48,3%, a fronte del 47,2% di quella fra i 30 e i 49 anni. A livello nazionale, invece, la classe mediana, col 49,1%, rimane

IMPRENDITORI PER CLASSE DI ETA’ - 31/12/2010

valori assoluti indici di composizione

Forlì-Cesena

non disponibile 34 0,0%

meno di 30 anni 3.058 4,5%

fra 30 e 49 anni 31.804 46,6%

50 anni e più 33.299 48,8%

TOTALE 68.195 100,0%

Emilia-Romagna

non disponibile 289 0,0%

meno di 30 anni 31.841 4,5%

fra 30 e 49 anni 336.732 47,2%

50 anni e più 344.809 48,3%

TOTALE 713.671 100,0%

Italia

non disponibile 17.434 0,2%

meno di 30 anni 457.804 5,7%

fra 30 e 49 anni 3.971.685 49,1%

50 anni e più 3.643.762 45,0%

TOTALE 8.090.685 100,0%

Fonte: Infocamere (Stock View)Elaborazione: Uffi cio Statistica e StudiCamera di Commercio di Forlì-Cesena

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 201060

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prevalente su quella più anziana (45%). La classe degli under 30 è la meno numerosa in tutti gli ambiti territoriali (4,5% in provincia e in regione, 5,7% in Italia). Il dato può destare preoccupazione per il futuro sul piano del ricambio generazionale delle imprese, d’altra parte rifl ette un fenomeno più generale, ovvero l’invecchiamento complessivo della popolazione.

In merito alle performance economiche, patrimoniali e fi nanziarie delle imprese, uno strumento prezioso di rifl essione è rappresentato dal Quarto rapporto sui bilanci delle società di capitale che ha come riferimento l’arco temporale 2007-2009, periodo nel corso del quale si è passati da anni (2007 e primi nove mesi del 2008) di forte crescita economica, ad anni (fi ne 2008 e intero 2009) nei quali il tessuto economico e sociale ha affrontato una delle più pesanti recessioni degli ultimi cinquant’anni.In sintesi le linee di fondo emerse dal lavoro di analisi svolto sono le seguenti:- le società di capitale compresenti della

provincia di Forlì-Cesena, oggetto del rapporto, hanno subito in maniera signifi cativa gli effetti della crisi economica con un arretramento del 5,7% nel 2009, che è stato più accentuato per il Manifatturiero con un -14%;

- nonostante questo trend negativo le società di capitale della provincia hanno dimostrato una migliore tenuta nell’arretramento del fatturato rispetto alla media regionale, aspetto che presuppone anche il mantenimento di quote di mercato;

- emerge una penalizzazione sia a livello di volumi di ricavi che di indebitamento fi nanziario nei confronti delle società di capitale con fatturato inferiore a 5 milioni di euro. Queste società hanno assorbito in maggior parte la riduzione complessiva dei ricavi, e nel contempo sono le imprese che nel periodo 2008-2009 hanno effettuato i maggiori investimenti fi nanziati in prevalenza con capitale di debito. L’effetto combinato di questi fattori ha creato una situazione di criticità fi nanziaria, accentuata dal peso degli oneri fi nanziari, che ha “assorbito” i positivi risultati economici

e fi nanziari che questa classe di impresa riesce a registrare in misura superiore rispetto alle medie e grandi imprese;

- permane una situazione di minor equilibrio fi nanziario complessivo in ambito provinciale, a causa di un peso del debito sul capitale proprio (Debt-Equity) e di un correlato peso degli oneri fi nanziari, superiori alle medie regionali, mitigato in parte da una migliore capacità di generazione di cassa operativa rispetto al dato dell’Emilia Romagna;

- i rendimenti sul capitale investito (ROI) risultano in calo generalizzato a causa di una contrazione dei margini sulle vendite (ROS), quest’ultima particolarmente accentuata per le Costruzioni e il Manifatturiero;

- il comparto cooperativo ha dimostrato di saper reggere meglio della media regionale gli effetti della crisi economica, sia a livello di fatturato che di rendimenti sul capitale, anche se in questo ambito si conferma una situazione di maggiore diffi coltà per la piccola dimensione;

- le società posizionate nei settori “High-Technology” ottengono rendimenti a due cifre sul capitale investito, ma hanno un peso limitato in ambito provinciale pur costituendo una interessante opportunità di investimento.

Il rapporto suggerisce che, nonostante la diffi cile congiuntura economica che ha contraddistinto il periodo osservato, esistono sul territorio situazioni che possono costituire una interessante opportunità per gli investitori di capitale. Si tratta in particolare dei settori “High Technology” di scarso peso attualmente nell’economia provinciale ma di elevati rendimenti sul capitale investito, superiori alle medie regionali. Ma si tratta anche delle piccole imprese che, svincolate dal peso di un eccessivo debito fi nanziario, offrono margini economici superiori a quelle delle imprese di maggiore dimensione, e alle medie regionali di riferimento.Sono situazioni queste appena delineate che meritano un esame e un approfondimento specifi co, che può essere utile anche per indirizzare eventuali scelte di politica economica del territorio.

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010 61

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Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

I-350– Cariche sociali nelle imprese attive

Territorio: Forlì-Cesena

Analisi nel periodo 2000-2009Valore nell’anno 2009: 68.155 personeValore minimo nel periodo: 66.457 persone (anno 2000)Valore massimo nel periodo: 68.853 persone (anno 2007)Valore medio nel periodo: 68.086 persone

Il grafi co rappresenta le serie storiche in cui, fatto 100 il valore del primo anno disponibile (2000), gli anni successivi sono di conseguenza riproporzionati.

Numero di cariche sociali nelle imprese attive

Territorio: Forlì-Cesena Nazionalità: Italiana

Incidenza % delle cariche di sesso femminilesul totalePeriodo di riferimento: 2009Nazionalità: ItalianaSesso: Femmine

I-350– Cariche sociali nelle imprese attive – Analisi dell’imprenditoria femminile italiana

Modalità di lettura dei cruscotti Il valore dell’indicatore nel 2009, indicato dalla freccia, è posto in relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 2000 al 2009 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione indica i valori positivi (verde), negativi (rosso), normali (giallo) assumibili dall’indicatore.

Le rappresentazioni grafi che riportate in questa pagina sono ottenute tramite SIMET - Sistema Integrato di Monitoraggio dell’Economia e del Territorio - strumento di analisi realizzato dalla Camera di Commercio di Forlì-Cesena e sviluppato dalla sua azienda speciale CISE. Si tratta solo di un esempio delle potenzialità di elaborazione e di analisi attualmente disponibili.

SIMET:

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 201062

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ÀCamera di Commerciodi Forlì-Cesena

I-350– Cariche sociali nelle imprese attive – Analisi per età degli imprenditori italiani

Modalità di lettura del cruscotto Il valore dell’indicatore nel 2009, indicato dalla freccia, è posto in relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 2000 al 2009 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione azzurra del cruscotto individua un’area centrata sulla media dei valori nel periodo e di ampiezza pari al doppio della deviazione standard.

I-350– Cariche sociali nelle imprese attive – Analisi per nazionalità degli imprenditori

Territorio: Forlì-CesenaNazionalità: Straniera

Analisi nel periodo 2000-2008Valore nell’anno 2008: 3.719 personeValore minimo nel periodo: 1.374 persone (anno 2000)Valore massimo nel periodo: 3. 719 persone (anno 2008)Valore medio nel periodo: 2.476 persone

Andamento storico dell’imprenditoria straniera

Il grafi co rappresenta le serie storiche in cui, fatto 100 il valore del primo anno disponibile (2002), gli anni successivi sono di conseguenza riproporzionati.

Territorio: Forlì-Cesena Nazionalità: Italiana

Incidenza % delle cariche di etàtra 18 e 29 anni sul totaleTerritorio: Forlì-CesenaPeriodo di riferimento: 2009Nazionalità: ItalianaFascia d’età: 18-29 anni

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010 63

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Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

Composizione delle cariche sociali per nazionalità: confronto storicoTerritorio: Forlì-Cesena Periodo di riferimento: 2000

Territorio: Forlì-Cesena Periodo di riferimento: 2009

Italiana Extra Comunitaria Non classifi cata Comunitaria

Italiana Extra Comunitaria Comunitaria

Imprese infdividuali Società di persone Società di capitale Cooperative Altre forme

F G D I Altro

F (Costruzioni), G (Commercio all’ingrosso e al dettaglio; Ri-parazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa), D (Attività manifatturiere), I (Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni)

Composizione delle cariche sociali per classe di natura giuridica

Composizione delle cariche sociali per nazionalità nelle imprese individuali

Composizione delle cariche sociali per settore di attività nelle imprese individuali straniere

Territorio: Forlì-Cesena Periodo di riferimento: 2009Nazionalità: Italiana

Territorio: Forlì-Cesena Periodo di riferimento: 2009Classe di natura giuridica: Imprese individuali

Territorio: Forlì-Cesena Periodo di riferimento: 2009Classe di natura giuridica: Imprese individualiNazionalità: Straniera

Territorio: Forlì-Cesena Periodo di riferimento: 2009Nazionalità: Straniera

97% 97%

1% 1% 1% 4% 1,9% 0%

35%

22%

6% 1,9% 0%

35%

22%

64%

11%2% 1% 0%

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G R I C O L T U R A E P E S C AA Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

Per l’anno 2010, il valore complessivo della produzione lorda vendibile provincia-le è stato di 595 milioni di euro. Tale valo-re è stato realizzato dalle aziende agricole della provincia sulla base delle stime fatte congiuntamente all’Assessorato Provinciale all’Agricoltura e dei prezzi alla produzione rilevati nel corso dell’anno dall’Uffi cio Prezzi della Camera di Commercio di Forlì-Cese-na. La PLV così calcolata risulta distribuita nei tre grossi comparti: 109 milioni di euro (pari al 18,3%) sono relativi alle coltivazioni erbacee, 136 milioni alle legnose (il 22,9%) e 350 milioni di euro all’intero settore zoo-tecnico (pari al 58,8% del totale della produ-zione provinciale).

Nel complesso il valore della produzione agricola è aumentato, nel 2010, dell’1,9%; tale aumento è imputabile al livello generale dei prezzi che, dopo la caduta del 2009, è risalito, per la maggior parte dei prodotti.Note negative, invece, per le quantità pro-dotte che risultano in calo rispetto al 2009. Il calo è risultato a carico soprattutto del volume fi sico delle coltivazioni erbacee il cui valore complessivo è sceso del 17,9% rispetto al 2009, con punte superiori al 25% per i cereali in generale, oltre il 60% per il pomodoro da industria. Note positive per i prezzi al produttore che vedono un au-mento generale per l’intero comparto pari al +15,1%. Le coltivazioni legnose, invece, hanno confermato una situazione di stabilità per quanto riguarda la produzione raccolta (+1,3%), mentre i prezzi, dopo il calo drasti-co del 2009, vedono una ripresa signifi cativa (+23,2%).Per quanto riguarda la zootecnia, il valore complessivo delle produzioni risulta in calo (-2%), per l’effetto combinato del calo dei

prezzi (-3,6%) e dell’aumento volume fi sico (+1,6). All’interno del comparto le uniche note positive provengono dalle produzioni (volume fi sico) avicunicole (+2% l’aumen-to del volume fi sico della produzione sia di pollame che di uova), mentre continuano a

PRODUZIONE LORDA VENDIBILEForlì-Cesena - Annata 2010Variazione su annata precedente per grandi comparti

prezzi plv volume fi sico

COLTIVAZIONI ERBACEE +15,1% -6,5% -17,9%

COLTIVAZIONI LEGNOSE +23,2% +23,2% +1,3%

PRODOTTI ZOOTECNICI -3,6% -2,0% +1,6%

TOTALE GENERALE +4,8% +1,9% -2,7%

Fonti: Servizio Agricoltura e Spazio Rurale e Uffi cio Prezzi - Camera di Commercio di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

PRODUZIONE LORDA VENDIBILE Forlì-Cesena - Anno 2010

Pollame35,5%

Bovini, ovini,caprini, suini

3,9%

Coltivazionilegnose 22,9%

Coltivazioni erbacee18,3%

Altri prodotti2,0%Uova

17,4%

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PRODUZIONE LORDA VENDIBILE IN AGRICOLTURA - FORLI’-CESENAINDICI CON VALORI A PREZZI CORRENTI (NON DEFLAZIONATI)

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

COLTIVAZIONI ERBACEE 100,0 101,3 94,8 90,5 98,7 109,8 112,4 120,6 124,4 110,5 83,2 94,0 105,4 74,3 69,2

di cui:

Cereali 100,0 82,8 89,7 89,7 98,7 86,2 100,2 93,5 106,8 86,8 106,8 153,6 120,2 100,2 106,8

Patate e ortaggi 100,0 97,3 92,3 87,9 97,8 115,4 135,1 157,5 107,5 105,3 91,5 96,8 107,5 69,2 76,6

COLTIVAZIONI LE-GNOSE 100,0 95,8 119,8 92,7 114,6 143,8 108,9 166,4 136,1 101,9 137,2 142,2 172,4 111,9 137,2

di cui:

- vite 100,0 113,3 176,7 180,0 163,3 156,7 116,2 142,0 161,4 148,4 135,5 142,0 122,6 122,6 103,3

- pesco e nettarine 100,0 89,3 107,8 59,2 104,1 132,0 94,0 182,3 120,3 80,8 141,0 137,2 191,7 99,6 154,1

PRODOTTIZOOTECNICI 100,0 94,6 90,1 83,3 104,8 107,0 95,3 111,8 98,7 88,6 93,8 122,0 125,0 134,0 131,3

di cui:

- bovini 100,0 105,3 105,3 100,0 100,0 100,0 101,9 101,9 81,5 81,5 91,7 81,5 71,3 81,5 71,3

- suini 100,0 94,2 78,8 67,3 71,2 100,0 78,2 74,5 67,0 59,6 63,3 55,9 59,6 52,1 52,1

- avicoli 100,0 93,2 89,0 81,5 107,1 106,5 88,6 108,8 96,8 84,9 85,5 125,1 123,2 135,2 132,6

- uova 100,0 100,0 96,4 92,8 117,1 110,8 116,9 136,1 115,1 106,4 125,6 153,5 172,7 183,2 181,4

TOTALEGENERALE 100,0 96,8 97,1 87,3 104,8 114,8 103,0 125,0 113,5 97,7 98,8 117,4 128,1 111,8 113,7

Fonti: Servizio Agricoltura Amm.ne provinciale Forlì-Cesena, Uffi cio Prezzi - Camera di Commercio di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

PRODUZIONE LORDA VENDIBILE IN AGRICOLTURA - FORLI’-CESENAINDICI CON VALORI A PREZZI DEFLAZIONATI

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

COLTIVAZIONI ERBACEE 100,0 99,5 91,5 86,0 91,5 99,1 98,8 103,7 104,9 91,6 67,6 75,1 81,6 57,1 53,2

di cui:

Cereali 100,0 81,3 86,6 85,2 91,5 77,8 88,1 80,4 90,1 72,0 86,8 122,7 93,0 77,0 82,1

Patate e ortaggi 100,0 95,5 89,2 83,5 90,7 104,1 118,8 135,4 90,6 87,3 74,4 77,4 83,2 53,2 58,9

COLTIVAZIONI LE-GNOSE 100,0 94,1 115,7 88,1 106,2 129,7 95,8 143,1 114,8 84,4 111,5 113,6 133,5 86,0 105,4

di cui:

- vite 100,0 111,3 170,6 171,1 151,4 141,4 102,2 122,1 136,1 123,1 110,2 113,5 94,9 94,3 79,4

- pesco e nettarine 100,0 87,8 104,1 56,3 96,6 119,2 82,7 156,8 101,5 67,0 114,6 109,7 148,4 76,6 118,5

PRODOTTI ZOOTECNICI 100,0 92,9 87,0 79,2 97,2 96,6 83,8 96,2 83,2 73,4 76,3 97,5 96,7 103,0 101,0

di cui:

- bovini 100,0 103,4 101,7 95,0 92,7 90,3 89,6 87,6 68,8 67,6 74,6 65,2 55,2 62,7 54,8

- suini 100,0 92,6 76,2 64,0 66,0 90,3 68,8 64,0 56,5 49,4 51,5 44,6 46,1 40,1 40,1

- avicoli 100,0 91,5 85,9 77,4 99,3 96,1 78,0 93,5 81,7 70,4 69,5 100,0 95,4 103,9 102,0

- uova 100,0 98,2 93,1 88,2 108,6 100,0 102,8 117,0 97,1 88,2 102,1 122,7 133,6 140,8 139,4

TOTALE GENERALE 100,0 95,1 93,8 82,9 97,2 103,6 90,6 107,5 95,8 81,0 80,3 93,8 99,1 85,9 87,4

Fonti: Servizio Agricoltura Amm.ne provinciale Forlì-Cesena, Uffi cio Prezzi - Camera di Commercio di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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IMPRESE AGRICOLE E TOTALE IMPRESESituazione al 30/9/2010

IMPRESE AGRICOLE

TOTALE IMPRESE

Imprese agricole ogni 100 imprese

della provincia

Indice di compo-sizione agricol-tura sul totale

regionale

Indice di composizione

totale imprese sul totale regionale

Piacenza 6.043 88.092 6,9% 8,7% 20,5%

Parma 6.918 34.674 20,0% 10,0% 8,1%

Reggio Emilia 7.383 40.656 18,2% 10,6% 9,5%

Modena 9.347 68.070 13,7% 13,5% 15,8%

Bologna 10.449 43.311 24,1% 15,1% 10,1%

Ferrara 9.010 28.874 31,2% 13,0% 6,7%

Ravenna 8.745 37.856 23,1% 12,6% 8,8%

Forlì-Cesena 8.366 52.603 15,9% 12,1% 12,2%

Rimini 3.080 35.785 8,6% 4,4% 8,3%

EMILIA-ROMAGNA 69.341 429.921 16,1% 100,0% 100,0%

ITALIA 857.620 5.291.575 16,2% - -

Fonte: Stock View (Infocamere)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-CesenaAteco 2007

registrare diffi coltà alcune voci della zootec-nica “pesante”, fra cui soprattutto i bovini; la produzione complessiva delle aziende di su-ini è diminuita, nel corso del 2010, del 5,7%.La gravità della situazione dell’agricoltura si coglie appieno se si analizza l’andamen-to in un arco suffi cientemente lungo. Dal 1996 al 2010, la produzione agricola nel suo complesso, considerata a prezzi correnti, cioè a valori non defl azionati, è aumentata del 13,7%, ma con una situazione alquanto differenziata fra i tre comparti. Quello del-le coltivazioni erbacee risulta decisamente diminuito (-30,8%), mentre le coltivazioni legnose registrano un aumento del 37,2%. Il solo settore che regge nel lungo perio-do, anche se nell’ultimo anno si registra un piccolo calo, è quello zootecnico (+31,3%), soprattutto per la buona performance del settore avicolo. Nello stesso arco di tem-po, se si depura il valore della produzione agricola della perdita del potere d’acquisto secondo le variazioni dell’indice dei prezzi al consumo registrato dall’Istat (+32,1% dal 1996 al 2010), il valore complessivo della produzione agricola del 2010 è nettamente inferiore a quello del 1996 di ben 12,6 pun-ti percentuali, così differenziato: coltivazioni erbacee -46,8%, le produzioni zootecniche

+1,0%, mentre coltivazioni legnose presen-tano un aumento del 5,4%.

Prima di analizzare l’andamento dei vari com-parti si riporta la situazione imprenditoriale secondo i dati del Registro delle Imprese.Alla fi ne del terzo trimestre 2010 risultano iscritte al Registro della Camera di Com-mercio di Forlì-Cesena 8.366 imprese agricole, che rappresentano il 12,1% delle imprese agricole della regione e il 20,6% delle aziende attive in provincia. In regione presentano valori superiori a quest’ultimo le province di Ravenna, Ferrara e Piacenza. La distinzione delle aziende agricole iscritte al Registro Imprese per natura giuridica rive-la che in provincia di Forlì-Cesena l’84,4% è costituito da ditte individuali; l’incidenza è in linea rispetto al dato regionale (84,3%), ma inferiore a quello nazionale (90,9%).La forma societaria è rappresentata in pro-vincia per l’1,6% da società di capitali e per il 13% da società di persone; il restante 0,9% è costituito da consorzi e cooperative. Va segnalato che l’incidenza delle società di ca-pitali nelle imprese agricole della provincia è superiore sia al dato regionale che a quello nazionale (entrambi con l’1,2%).Se si confronta la struttura della natura giu-

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ridica delle imprese agricole col totale delle attività, in agricoltura si ha una netta preva-lenza delle imprese individuali(84,4%); tutto ciò conferma che l’agricoltura è basata so-prattutto sull’impresa diretto-coltivatrice a carattere famigliare.Dal Registro Imprese si possono rilevare informazioni anche sull’età degli imprendi-tori, elemento non secondario per valutare il ricambio e la propensione all’innovazione. Suddividendo questi ultimi per classe di età si possono individuare tre gruppi: “giovani” (fi no a 29 anni) “adulti” (dai 30 ai 49 anni) e “anziani” (50 anni e oltre). Il confronto con gli altri territori evidenzia una percentuale di giovani imprenditori agricoli pari al 2,2% in provincia, 2,6% in regione e 3,8% in Italia. Esaminando il complesso di tutte le attivi-tà economiche della provincia, i “giovani” rappresentano il 4,7% degli imprenditori, stessa proporzione si rileva a livello regio-nale (4,7%), mentre in Italia i “giovani” sono il 6,1%. La classe intermedia, dai 30 ai 49 anni, rappresenta il 28,6% degli imprendito-

ri agricoli della provincia, dato leggermente superiore a quello regionale (27,8%) e in-feriore al nazionale (32,7%). Nel complesso delle attività tale classe rappresenta il 47,4% degli imprenditori forlivesi; la percentuale è di qualche punto inferiore rispetto al valore regionale e nazionale. In provincia il restante 69,3% è rappresentato da imprenditori agri-coli appartenenti alla classe degli “anziani”, valore analogo a quello regionale (69,6%), ma superiore al dato nazionale (63,5%). Se si considerano tutte le attività, la percentuale di imprenditori con 50 anni e più in provin-cia è del 47,9%, in regione del 47,2% e in Italia del 44,1%.

Continuando nell’analisi dei dati strutturali, per quanto riguarda l’andamento del merca-to fondiario il terreno agricolo continua ad essere considerato un bene di rifugio, e, con-trariamente ad altri settori la richiesta rimane vivace. Questo fenomeno comporta una lievi-tazione dei prezzi, andamento non coerente con la bassa redditività del settore agricolo.L’attuale bassa redditività del settore, unita all’incertezza delle prospettive future, non ha modifi cato il diffuso disinteresse nei con-fronti delle attività agricole da parte delle

IMPRESE PER NATURA GIURIDICASituazione al 30/9/2010

Totale attività Agricoltura

Forlì-Cesena

Società di capitale 14,1% 1,6%

Società di persone 22,6% 13,0%

Imprese individuali 61,1% 84,4%

Altre forme 2,2% 0,9%

TOTALE 100,0% 100,0%

Emilia-Romagna

Società di capitale 17,9% 1,2%

Società di persone 20,8% 13,6%

Imprese individuali 59,2% 84,3%

Altre forme 2,1% 1,0%

TOTALE 100,0% 100,0%

Italia

Società di capitale 17,5% 1,2%

Società di persone 17,3% 6,5%

Imprese individuali 62,8% 90,9%

Altre forme 2,3% 1,3%

TOTALE 100,0% 100,0%

Fonte: Infocamere (Stock View)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

IMPRENDITORI PER CLASSE DI ETA’Situazione al 30/9/2010

Totale attività Agricoltura

Forlì-Cesena

<30 anni 4,7% 2,2%

30-49 anni 47,4% 28,6%

50 anni e oltre 47,9% 69,3%

TOTALE 100,0% 100,0%

Emilia-Romagna

<30 anni 4,7% 2,6%

30-49 anni 48,0% 27,8%

50 anni e oltre 47,2% 69,6%

TOTALE 100,0% 100,0%

Italia

<30 anni 6,1% 3,8%

30-49 anni 49,9% 32,7%

50 anni e oltre 44,1% 63,5%

TOTALE 100,0% 100,0%

Fonte: Infocamere (Stock View)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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nuove generazioni che si affacciano al mon-do dell’impresa. Di conseguenza è prosegui-ta, anche nell’annata in esame, la tendenza al sempre maggior invecchiamento dì questa classe imprenditoriale.Va rilevato un forte interesse nei confronti dei Pannelli Fotovoltaici da parte delle azien-de agricole.In concreto: dove le Amministrazioni loca-li lo hanno permesso, sono sorti numerosi impianti posizionati direttamente sui terreni agrari oltre a quelli posati su capannoni di servizio o strutture dedicate agli allevamenti zootecnici.Si ritiene che aumenterà l’interesse per questi impianti, valutati economicamente re-munerativi da parte delle aziende agricole, anche per gli incentivi di cui si può usufruire.Visti gli scarsi risultati ottenuti sono rimasti timidi e sporadici gli investimenti nel settore della “coogenerazione” e nei “digestori per biomasse”.Per quanto riguarda l’andamento meteo-rologico, il 2010 è stato uno degli anni più piovosi dall’87 ad oggi. Infatti, le precipita-zioni, registrate nel solo periodo gennaio-giugno 2010, hanno raggiunto una quota di

642,7 mm, di poco inferiore al valor medio registrato per un anno intero nella provincia di Forlì-Cesena. Le semine primaverili, per-tanto, hanno subito fl essioni notevoli. Le su-perfi ci destinate alla semina di cereali quali frumento, orzo, mais sono diminuite di oltre il 20% e sono aumentate quelle investite a sorgo, girasole e quelle destinate a foraggie-re. A causa dell’andamento climatico grano ed orzo hanno subito una forte riduzione delle rese unitarie. Le qualità molitorie della granella si sono rivelate in generale soddi-sfacenti per i grani teneri (anche se con pesi specifi ci un po’ inferiori a quelli dell’anna-ta precedente); insoddisfacenti, invece, per i grani duri a causa della diffusa presenza di anomalie delle cariossidi. Le produzio-ni di mais, sorgo e soprattutto di girasole hanno superato nettamente le rese unitarie abitualmente registrate per la provincia di Forlì-Cesena.Ad un periodo di inizio estate tendenzial-mente caldo-asciutto, che ha consentito di procedere alla raccolta di grano ed orzo in condizioni ottimali, ha fatto seguito (da ago-sto a settembre) una serie di precipitazio-ni molto intense ed in rapida successione,

Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre

Prec

ipita

zion

i (m

m)

Tem

pera

ture

°C

Pluviometria Climatica Pluviometria Annata 2010 Min. Climatiche Max Climatiche Min. Annata 2010 Max Annata 2010

Fonte: Arpa Regione Emilia-RomagnaElaborazione: Uffi cio Studi e Statistica - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

ANDAMENTO CLIMATICO - Piovosità e temperature mensili

Novembre Dicembre

140

120

100

80

60

40

20

0

35,0

30,0

25,0

20,0

15,0

10,0

5,0

0

-5,0

I dati climatici si riferiscono alla media del periodo 1991 - 2005

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 201070

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proseguite per tutto il successivo bimestre di ottobre-novembre. Le piogge hanno co-stretto gli operatori a posticipare l’inizio ed a prolungare ben oltre la norma, l’esecuzio-ne, delle operazioni di trebbiatura di mais, sorgo e girasole, nonché le semine dei ce-reali a ciclo autunno-primaverile che si sono protratte fi no a tutto dicembre e ai primi mesi del 2011.In conseguenza all’andamento climatico del 2010 le colture foraggere hanno dato rese decisamente modeste (per carenza di piog-ge alla ripresa vegetativa) e qualità insoddi-sfacente (a causa delle precipitazioni verifi -catesi in fase di raccolta) per il primo sfalcio; produzioni quantitativamente e qualitativa-mente nella media per il secondo e il terzo.Leggermente inferiori alle medie abituali le produzioni peschicole, danneggiate però, specie nel comprensorio cesenate, da una serie di grandinate verifi catesi in giugno.Leggere fl essioni si registrano sia per la produzione di pomacee sia per il comparto viti-vinicolo, di poco sotto la media. Crollo disastroso della produzione di olive, a causa delle gelate invernali.

Dopo il calo registrato nel 2009, i prezzi unitari dei principali “mezzi tecnici” per l’agricoltura hanno visto segnali di ripresa. Secondo l’ISMEA, con riferimento al mese di dicembre, i prezzi dei mezzi di produzione sono aumentati nell’ultimo anno del 4,3%. Analizzando le voci più caratteristiche che compongono i mezzi di produzione pos-siamo notare una situazione di sostanziale stabilità per quanto riguarda il prezzo degli antiparassitari (+0,2% rispetto all’anno pre-cedente) ed un leggero aumento per quanto riguarda i concimi (+4,1%). Situazione diffe-rente per i prezzi unitari dei mangimi per la zootecnia, che vedono per il 2010 una for-te ripresa (+14%); concreto aumento anche per i prodotti energetici (+4,6%); più conte-nuto, invece, l’aumento dei salari (+2%).

Passiamo ora all’analisi delle diverse colture partendo da quelle erbacee. Per i cereali autunno-primaverili l’andamento stagionale dell’anno non ha certamente favorito le pro-duzioni. Di conseguenza le rese unitarie del grano e dell’orzo si sono attestate su livelli decisamente deludenti, penalizzate fra l’altro

PREZZI MEDI DI ALCUNI MEZZI DI PRODUZIONE euro/tonnellata

(*) Valutazioni indicative delle Associazioni delle imprese produttrici di alimenti per animali sulla base delle medie annue dei principali componenti degli alimenti per animali rilevati nelle Borse di Milano e Bologna, in sacchi da 50 kg. resi franco magazzino del venditore. (**) Rilevazioni settimanali sulla piazza di Forlì

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mangime completo per pollo da carne (*) mangime completo per galline ovaiole (*) mais nazionale (**)

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dalle scarse cure colturali riservate ai semi-nati e dalla mancata esecuzione dei neces-sari interventi fi tosanitari (anche per il dif-fi cile accesso ai campi a causa delle piogge) da parte della maggior parte dei produttori agricoli, delusi da prezzi dei loro prodotti al momento non remunerativi. Sommando per-tanto la scarsa superfìcie coltivata nell’anno (inferiore del 10% circa rispetto a quella del-la precedente campagna agraria) alla scarsa resa unitaria (inferiore del 25%-30% rispetto alle già modeste medie del 2009), ne conse-gue che la produzione provinciale di cereali a ciclo autunno-primaverile abbia raggiunto i livelli più bassi degli ultimi decenni.Soddisfacente in generale il grano tene-ro soprattutto per la qualità della granella (buono il tenore proteico, solo leggermen-te al disotto della media il peso specifi co); più scadente la qualità del grano duro, per la diffusa presenza di cariossidi “fusariate” e “puntate”.Le quotazioni al produttore, al limite dei co-sti dagli inizi dell’anno fi no a tutto agosto, sono state poi infl uenzate positivamente dalla scarsa disponibilità del prodotto e dalla crescente richiesta sui mercati mondiali. Le quotazioni hanno iniziato una rapida e visto-sa ascesa a decorrere dal mese di settembre fi no a raggiungere a fi ne anno, per il prodot-to nazionale, valori superiori a quelli realiz-zati “sotto trebbiatura”: un aumento attor-no all’80% per il grano tenero, del 50% per il grano duro e quasi raddoppiate per l’orzo.Circa le semine autunnali, iniziate in ritar-do per cause stagionali ed ancora in corso agli inizi del 2011, si deve rilevare un’inver-sione di tendenza rispetto alla progressiva diminuzione degli investimenti verifi catasi nell’ultimo biennio. Si prevede, perciò, un in-cremento delle superfi ci valutabile intorno al 10-15% per i grani e del 35-40% per l’or-zo, con riferimento ai valori della campagna agraria 2009-2010.Per quanto riguarda le colture primaveri-li, l’annata 2010 è stata senz’altro favorita dall’andamento climatico molto piovoso. Infatti, seminati in condizioni ottimali, favo-riti dall’elevata piovosità dell’annata, ed in particolare dalla presenza di adeguate pre-cipitazioni nei periodi di maggiori necessità idriche delle piante (levata e fi oritura) mais e sorgo hanno dato produzioni decisamente elevate, e del tutto eccezionali per gli stan-dard della nostra provincia: 80-100 q/ha per

il sorgo e 100-110 q/ha per il mais da granel-la in coltura asciutta. Prezzi al produttore in progressiva ascesa nel corso dell’anno, a so-miglianza di grano e orzo, con incrementi, da inizio a fi ne anno, rispettivamente del 68,7% e del 74,6%. Di ottimo livello anche le pro-duzioni di mais a raccolta allo stato “ceroso”, coltura che sta gradualmente sostituendo il prodotto da granella. Da notare, però, che le persistenti piogge autunnali hanno reso in qualche caso diffi coltose le operazioni di trebbiatura ed hanno costretto a prolungar-le oltre il periodo tradizionale. Nella media le produzioni del girasole: 25-28 quintali per ettaro. Ancora deludenti le produzioni di colza, che ha scontato un andamento stagio-nale non favorevole alla coltura e le cui su-perfl ci si sono ridotte ormai a poche decine di ettari. Sempre minore l’interesse riserva-to al favino e al pisello proteico a causa delle scarse produzioni e del prezzo non remune-rativo. Invariate le superfi ci coltivata a coltu-re portaseme e ad orticole da pieno campo a destinazione industriale, quali: pomodoro, spinacio, fagiolino, patata; le produzioni sono state nella norma e le quotazioni, almeno per alcuni periodi, interessanti.Nessuna ripresa per la fragola, vanto un tempo delle nostre aziende ad alta specia-lizzazione, ridotta ormai da qualche anno a meno di 300 ettari, localizzati tutti nel comprensorio cesenate, penalizzata anche quest’anno da produzioni non elevate e dif-fi coltà di reperimento di manodopera per la raccolta.

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Per quanto riguarda le coltivazioni ar-boree, le produzioni fruttifere per l’annata 2010 sono state in generale soddisfacenti ri-spetto alla precedente annata. Quantitativa-mente nella media la produzione di pesche e nettarine con pezzature elevate e nettamen-te superiori a quelle della precedente cam-pagna. Da tenere in considerazione che alcu-ni pescheti della provincia sono stati colpiti dalle grandinate estive. I prezzi al produttore, attesi su livelli remunerativi, si sono rivelati mediamente migliori di quelli dello scorso anno, ma non hanno comunque soddisfatto le attese dei frutticoltori. In particolare sono state ben quotate le varietà precoci, deci-samente insoddisfacenti sono stati i prezzi delle varietà a maturazione media e tardiva. Inferiore alla media, invece, la produzione delle pomacee (da -15 a -20%). Per questo comparto, infatti, viene dato maggior inte-resse alle nuove cultivar introdotte grazie a contratti esclusivi con operatori economici. Per ciò che riguarda l’actinidia, la produzio-ne inizialmente stimata è risultata scarsa, mentre a raccolta ultimata si sono rilevate situazioni stazionarie. Quotazione ritenute mediamente buona per i produttori. L’anna-ta 2010 è da considerarsi eccellente per la produzione di kaki, con una buona produ-zione sia per quantità che per qualità. Ottimi i prezzi che fra l’altro si sono mantenuti tali fi no ad esaurimento del prodotto.Per la campagna viti-vinicola, la superfi cie provinciale è risultata in leggera diminuzione a conseguenza degli estirpi, senza rimpiaz-zo, di alcuni vigneti a fi ne carriera. La pro-

duzione dell’anno è stata quantitativamente soddisfacente, anche se di poco inferiore (da -3 a -3,5%) a quella, peraltro ottima, del-la vendemmia 2009. L’ andamento climatico dell’annata ha portato ad una riduzione me-dia di 0,75-1 gradi, rispetto alla preceden-te vendemmia, la buona qualità delle uve ha consentito di ottenere vini di elevato pre-gio qualitativo, in linea con le produzioni del precedente triennio. Purtroppo, proseguen-do un trend in atto da qualche anno, il mer-cato dei vini continua ad essere in diffi coltà anche se al momento sembra che il mercato dia segni di una timida ripresa.Per quanto riguarda l’olivo, le gelate verifi ca-tesi durante i mesi invernali hanno arrecato dei gravissimi danni alla vegetazione, provo-cando, di conseguenza, un vero e proprio crollo della produzione, con riduzione gene-rale della stessa, rispetto alla raccolta 2009, del 70-80%, con punte dell’85-90% in alcune aree della prima collina cesenate.Ottima, anche per la totale assenza di Dacus oleae la qualità delle poche drupe raccolte.

In merito alle avversità fi topatologiche, l’andamento climatico piovoso della mag-gior parte dell’anno e le non elevate tem-perature dell’estate hanno rallentato note-volmente l’attività degli artropodi parassiti. Modesta pertanto, in generale, la presenza degli insetti sia sulle colture erbacee che ar-boree, (controllati effi cacemente sui frutteti anche dal diffuso impiego della “confusione sessuale”) e degli acari. In particolare, sulla vite, ben contenute, con l’adozione di alcuni formulati di recente registrazione, le tigno-le, la cui presenza era in ogni caso mode-sta; in espansione invece le cocciniglie, non più ostacolate dall’uso di insetticidi ad am-pio spettro di azione, sostituiti negli ultimi anni da nuovi formulati più specifi ci e selet-tivi. Anche sulle colture orticole la presenza di insetti ed acari è stata tendenzialmente contenuta. Hanno fatto eccezione i tripidi ed i miridi, i cui attacchi su lattuga, in pie-na estate, si sono rivelati più diffusi rispetto al passato; mentre non ha dato problemi la temibile tignola della patata, la cui presenza è stata limitata da un clima non suffi ciente-mente caldo. Situazione diametralmente op-posta per quanto concerne le crittogame, la cui eccezionale pressione ha creato non pochi problemi.In particolare, sul grano, nei confronti del

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quale nella maggior parte dei casi non è sta-to, eseguito alcuni intervento fi tosanitario, oltre alla normale presenza di ruggini e oidio si è riscontrata una preoccupante diffusione di septoria. Sulla vite si sono verifi cati, spe-cie nel periodo maggio-giugno, dei ripetuti attacchi di peronospora e di oidio, contenuti

nella maggior parte dei casi con una serie ravvicinata di interventi. Attacchi che han-no danneggiato però le produzioni in quei vigneti sui quali non si è intervenuti con trattamenti tempestivi e frequenti. Diffusa anche la presenza di botrite. Sui pescheti, le piogge ricorrenti ed il protrarsi a tutto giu-

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Actinidia Fragole P. C. Fragole Serra Ciliegie

Prezzi medi alla produzione 1991-2010

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Cachi Pere Mele

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Prezzi alla produzione 1991-2010

Pesche normali Albicocche AlbicocchePesche nettarine

Fonte: Uffi cio Prezzi - Camera Commercio di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Studi e Statistica - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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gno dell’attività vegetativa delle piante, con la conseguente impossibilità di procedere ad una effi cace “potatura verde estiva”, hanno provocato un forte lussureggiamento della vegetazione, offrendo in tal modo ai parassiti fungini un ambiente ideale per lo sviluppo. Piuttosto diffuse di conseguenza le infezioni di monilia. Da rilevarsi, invece sulle pomacee

una forte pressione della ticchiolatura, che ha interessato la maggior parte dei meleti ed in seconda battuta dei pereti, ed il cui con-trollo è stato reso diffi coltoso dalle piogge ricorrenti, che hanno pregiudicato in molti casi la possibilità di accedere ai frutteti per eseguire tempestivamente gli interventi.Sulle colture orticole: adeguatamente con-

POLLO BIANCO PESANTE - PREZZI MEDI

Media annuaMedie mensili

Media annuaMedie mensili

UOVA SELEZIONATE pezzatura L - PREZZI MEDI - euro/100 pezzi

Media annuaMedie mensili

TACCHINI maschi pesanti - PREZZI MEDI

Fonte: Uffi cio Prezzi - Camera Commercio di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Studi e Statistica - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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tenuti in generale, mediante l’impiego di for-mulati di recente registrazione ed immissio-ne sul mercato, gli attacchi delle principali crittogame: bremia tactucae e peronospora della patata.Più problematico invece il contenimento della peronospora del pomodoro, diffusasi verso la fi ne del ciclo vegetativo della coltu-ra, e di batteriosi della lattuga.

Passando all’analisi delle produzioni zoo-tecniche, per quanto riguarda i bovini, il patrimonio delle vacche da latte è sempre stato, nella nostra provincia, di modeste di-mensioni. La riduzione del numero dei capi è stata poco rilevante nell’anno, in quanto le stalle di modeste dimensioni sono ormai del tutto scomparse. Le cause di questo anda-mento sono da imputare ad una bassa red-ditività del prodotto e alla scarsa vocazione territoriale che ne limita la competitività. Anche l’installazione di distributori automa-tici di latte fresco, effettuato da alcune azien-de nel territorio urbano, ha contribuito, solo in parte, all’incremento di redditività delle aziende stesse.L’allevamento dei bovini da carne costitui-sce certamente l’aspetto più rilevante della nostra provincia, sia in termini quantitativi che qualitativi, essendo imperniato sostan-zialmente su due razze da carne fortemente specializzate quali la Romagnola (in grande prevalenza) e la Limousine che accresce la propria consistenza sul territorio. L’alleva-mento delle fattrici, come è noto, è disloca-to ormai quasi esclusivamente nel territorio collinare-montano della provincia; territo-rio che consente di usufruire di 6-7 mesi di pascolo, permettendo di contenere i costi di produzione dei vitelli da ristallo. Resta-no comunque nettamente insoddisfacenti le quotazioni dei ristalli destinati ai centri di ingrasso, centri ben strutturati ed in gra-do di soddisfare in maniera continuativa la Grande Distribuzione, che costituisce l’ac-quirente principale dei vitelloni Romagnoli a marchio I.G.P (Indicazione Geografi ca Pro-tetta). Ultimamente gruppi di allevatori della collina-montagna si sono consorziati al fi ne di completare il ciclo dell’intero allevamen-to, entrando direttamente nella distribuzio-ne, con risultati sicuramente soddisfacenti e recupero di redditività. Purtroppo l’ultimo trimestre del 2010 è stato caratterizzato da un’impennata del prezzo dei cereali forag-

geri e conseguentemente dei mangimi, con rilevante incidenza sui costi di produzione che si traduce in una riduzione della redditi-vità; redditività che ci si augura possa essere recuperata da un incremento delle quota-zioni dei capi da macello. I prezzi dei vitel-li da ristallo, che rappresentano la maggior parte del prodotto provinciale, hanno subito una costante diminuzione nel corso dell’an-no, attestandosi su valori non remunerativi, condizionali soprattutto dalle offerte degli ingrassatori che hanno teso a recupera-re, a scapito dell’anello più debole e meno organizzato della fi liera, i loro redditi erosi dall’aumento dei prezzi dei mangimi. Stazio-nari, su redditi anch’essi logorati dall’aumen-to dei prezzi di mangimi e foraggi, i prezzi al produttore dei vitelloni da macello.Per gli allevatori di suini, anche il 2010 ha conservato un decorso ampiamente nega-tivo, protraendo la drammatica crisi che si trascina ormai da un quinquennio, che ha ridotto il numero delle aziende e la consi-stenza del numero dei capi allevati. Il recente incremento del costo dei mangimi ha aggra-vato ulteriormente la situazione; anche le aziende meglio organizzate di conseguenza non hanno più spazi di manovra che con-sentano recuperi di redditività. Tali recuperi possono essere ottenuti solo da quotazioni di mercato adeguate ai costi di produzione.Il patrimonio provinciale e le quotazioni de-gli ovini non hanno subito sostanziali varia-zioni nell’arco del 2010; il prezzo del latte, che costituisce la voce di reddito più signi-fi cativa, continua a mantenere livelli decisa-mente insoddisfacenti, così pure quello degli

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agnelli. Migliore è la redditività delle aziende che caseifi cano in proprio e che possono così contare su quotazioni del formaggio, più soddisfacenti. Come per i comparti pre-cedenti, anche in questo caso l’incremento consistente del costo dei mangimi è l’ele-mento negativo che infl uisce sulla compo-nente reddituale delle aziende.Per quanto riguarda la zootecnia cosiddetta “leggera”, la produzione avicola provinciale è composta principalmente da tre voci: pollo da carne, tacchino e uova da consumo fre-sco. La produzione del pollo da carne è lievemente aumentata nel corso del 2010, attestandosi oltre i 13 milioni di capi pre-senti in allevamento e con una produzione annua superiore ai 60 milioni di capi.Il prezzo per i produttori, nel corso del 2009, era costantemente calato fi no a raggiungere valori di poco superiori ai 0,70 euro/kg. An-che i primi cinque mesi del 2010 hanno visto il prezzo del pollo da carne al di sotto del livello medio generale, ma, da giugno fi no a dicembre 2010, il prezzo ha superato il va-lore di 1 euro/kg. Si può dire che il prezzo ai produttori sia in ripresa, anche se non è tor-nato ai livelli pre-crisi. Rispetto al valor me-dio dei prezzi per il pollo da carne, il 2010 ha fatto registrare una variazione negativa pari al 5,2%.In aumento la produzione di tacchini (+6,7%) attestatasi, nel corso del 2010, a poco meno di 2 milioni di capi. Il prezzo ha subito un

concreto aumento pari all’8,8%, infatti, da agosto 2010 è avvenuta un’inversione di trend che ha fatto raggiungere picchi positivi tra i più alti degli ultimi tre anni.La provincia di Forlì-Cesena, con un patri-monio di 3 milioni e 400 mila galline ovaiole è una delle principali aree di produzione ita-liana di uova da consumo; infatti nel 2010 si sono prodotte poco più di 950 milioni di pezzi di uova. Il prezzo, contrariamente all’andamento degli ultimi tre anni, è risulta-to in leggera fl essione, infatti, dopo il livello massimo registrato a marzo 2010 pari 12,52 euro per cento pezzi. la quotazione è anda-ta rapidamente calando fi no ad agosto rag-giungendo i 9,96 euro, per poi riprendersi nell’ultimo periodo dell’anno.Per i conigli sono ulteriormente diminuite le quantità rispetto al 2009, di quasi il 10,6% a causa del proseguimento della chiusura degli allevamenti di piccola dimensione.I prezzi, per l’anno 2010 hanno subito un an-damento altalenante caratterizzato da una forte fl essione iniziata a marzo e terminata a luglio ed una ripresa proseguita a fi ne anno. Mediamente nel 2010 i prezzi sono diminuiti del 6,5%. Ulteriore diminuzione per la consi-stenza dei colombi, i cui prezzi sono dimi-nuiti del 3,4% nel corso del 2010.

PESCANel Mercato Ittico di Cesenatico, nell’an-no 2010, sono stati commercializzati 21.988 quintali di prodotto per un valore di 6.341.519 euro.Analizzando i dati si deduce che il settore sta attraversando un periodo di crisi. La quanti-tà venduta nel 2010 è lievemente aumenta-ta rispetto all’anno precedente (+0,8%), ma il fatturato ha subito una brusca fl essione (-9,8%). Questo è lo scenario che risulta da un generale abbassamento dei prezzi, infat-ti, il prezzo medio dei prodotti della pesca è risultato in diminuzione di ben 8,5 punti percentuali attestandosi a 2,88 euro per kg.L’anno 2010 è stato caratterizzato da un primo trimestre negativo a causa delle con-dizioni meteo-marine avverse (neve e ghiac-cio) che hanno arrecato danni alla produ-zione generale considerando che gran parte dei produttori appartiene al comparto del-la “piccola pesca”. Nel restante periodo dell’anno, fatta eccezione per il periodo esti-vo (giugno, luglio e agosto), si sono registra-te condizioni climatiche favorevoli. Periodo

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positivo registrato dopo il fermo biologico avvenuto anche quest’anno in settembre, anche se la diminuzione della produzione di triglie rimane netta.Nel 2010 si sono registrati cali di produ-zione anche per: sgomberi, sogliole, suri e merluzzi.Per tutto il periodo di riferimento la doman-da è stata costante raggiungendo livelli sod-disfacenti, grazie soprattutto alla qualità dei prodotti venduti e alla cura nella lavorazione e commercializzazione.Rispetto al 2009 si registra un calo della produzione per le seguenti specie: sgom-bri (-32,3%); sarde (-3,2%); cefali (-8,7%); ghiozzi (-28,2%); merluzzi (-58,4%); palamite (-28,9%); saraghi (-34,1%); sogliole (-34,5%); suri (-36,0%); triglie (-39,3%); seppie (-15,5%); scampi (-21,6%).Si registrano aumenti, invece, per: alici (+15,7%); tonni (+229,7%); bobe (+51,8%); caponi (+6,8%); moli (+24,5%); calamari (+109,5%); mazzancolle (+12,8%); pannoc-chie (+11,7%); lumachine (+38,4%); murici (+10,6%).Nel Mercato Ittico di Cesenatico viene orientativamente commercializzato circa il 70% del pescato; la parte restante segue strade diverse di accesso ai mercati: è il caso ad esempio delle cozze prodotte negli allevamenti o delle alici esportate direttamente nel mercato spagnolo.In questo periodo di crisi generalizzata in merito al pescato commercializzato nel Mercato Ittico, e quindi con le procedure di accreditamento della clientela previste, non si è presentato il problema degli insoluti e dei ritardi di pagamento riscontrato invece frequentemente per altri settori economici.Nel compresso si può dire che il settore

ha risentito negativamente delle condizioni meteo-marine negli ultimi due anni con una conseguente minore produzione. Anche il livello dei prezzi dei combustibili è segnalato come un problema sentito dagli operatori. Inoltre l’allargamento delle maglie previsto dalla normativa europea sta penalizzando l’attività di pesca del nostro mare caratterizzato da specie di piccola pezzatura.Dal punto di vista della compagine imprenditoriale, si può dire che c’è stata una tenuta del tessuto (100 imprese invariate come numero rispetto al 2009 nel settore Pesca e acquacoltura) che ha fatto rilevare circa quattro o cinque anni fa un buon ricambio con l’avvento di imprenditori più giovani.

QUANTITA' E VALORE DELLA PESCA NEL MERCATO ITTICO DI CESENATICO

PERIODOVAR % SU PERIODO PRECEDENTE

QUANTITA’ (qli) VALORE IN EURO quantità valore

Anno 2009 21.815 7.031.829 -5,7 -0,6

Anno 2010 21.988 6.341.519 +0,8 -9,8

N.B.: sono esclusi i quantitativi provenienti da altri mercatiFonte: Gesturist Cesenatico spa su dati del Mercato Ittico di CesenaticoElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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N D U S T R I A M A N U FAT T U R I E R AI Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

L’economia internazionale, come si può leggere approfonditamente in appendice a questo rapporto, ha segnato nel 2010 un progressivo miglioramento, dopo la grave battuta d’arresto registrata nell’anno prece-dente.Nel suo aggiornamento di gennaio 2011 del World Economic Outlook, il Fondo Mone-tario Internazionale stima per il 2010 un au-mento del prodotto globale del 5,0% e un incremento del commercio mondiale di beni e servizi del 12% sull’anno precedente.I migliori risultati sono quelli segnati dai paesi emergenti e in via di sviluppo (+7,1%), sempre capeggiati da Cina (+10,3%) e India (+9,7%). Per le economie avanzate, invece, si stima una crescita del 3,0% che non potrà compensare le perdite registrate nel 2009 (-3,4%).Per il 2011 si prevedono tassi di crescita un po’ più contenuti (+4,4% nella media mon-diale); queste stime rappresentano un lieve miglioramento rispetto a quelle di ottobre.I prezzi hanno subìto un generale rialzo, ab-bastanza contenuto per i prodotti manufatti, ma assai rilevante per le materie prime ed in particolare quelle energetiche. Il prezzo del petrolio, al di sotto degli 80 dollari al barile ad inizio anno, è costantemente cresciuto fi no a chiudere il 2010 oltre i 90 dollari e giungere, nei giorni in cui si chiudono queste note, in prossimità del suo massimo storico segnato nel 2008. Anche i prezzi delle mate-rie prime non energetiche hanno registrato un deciso rialzo: metalli e cotone, ma anche generi alimentari come cereali, zucchero e caffè, sono rincarati mediamente del 20%, non tanto in seguito alla ripresa del ciclo produttivo, quanto piuttosto per fenomeni speculativi incoraggiati dal persistere di bas-si livelli del costo del denaro. Questo feno-meno, che ha colpito anche generi di prima necessità, ha causato forti tensioni sociali in alcuni paesi, fra cui alcuni nostri vicini quali la Tunisia e l’Egitto. Non ne è rimasto esente il prezzo dell’oro, che ha chiuso l’anno a 1.400 dollari l’oncia. Così come nel 2008, l’im-pennarsi dei prezzi delle materie prime in un quadro macroeconomico ancora fonda-mentalmente fragile potrebbe preludere ad una fase di nuova instabilità, specialmente in aree particolarmente esposte ad un ecces-sivo surriscaldamento (su tutte, l’economia cinese).Sempre secondo le stime del Fondo Mo-netario Internazionale, nei paesi della zona

Euro la crescita del prodotto interno lor-do (+1,8%) è stata trainata ancora una volta dalla Germania (+3,6%). Il risultato segnato nel 2010 dall’Eurozona è stato più contenu-to rispetto a quello degli Stati Uniti (+2,8%) e del Giappone (+4,3%); la crescita prevista per il 2011 è dell’1,5%.Per quanto riguarda le valute, l’euro ha se-gnato intense oscillazioni con un minimo a giugno (1,19 dollari per un euro) ed un massimo a novembre (1,42), chiudendo l’an-no a quota 1,33. La competitività dei pro-dotti europei sui mercati mondiali non ha tratto giovamento da questi livelli di cambio. Strettamente legata ai timori sulla solidità dei bilanci pubblici di alcuni paesi membri (quali Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Ita-lia e Belgio), l’instabilità vissuta dalla moneta unica potrebbe protrarsi nel 2011 qualora i piani di salvataggio varati dalle autorità eu-ropee non dovessero risultare credibili agli occhi dei mercati.Come emerge dal già citato documento del FMI, l’Italia permane nella sua ormai più che decennale fase di debole crescita (+1,0% per il 2010), restando ancora una volta lar-gamente al di sotto della media europea. Anche il prossimo biennio dovrebbe essere caratterizzato da tassi di sviluppo modesti, con un aumento del PIL pari all’1,0%% nel 2011 e all’1,3% nel 2012. Il rilancio produtti-vo tanto atteso da tutti rimane dunque ben oltre l’orizzonte.La capacità di spesa delle famiglie resta scar-sa, condizionata da diffi coltà occupazionali, aumento dei prezzi, razionamento del credi-to. L’indice di fi ducia dei consumatori italiani

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misurato da ISAE è risultato in discesa fi no all’autunno, con una leggera risalita verso la fi ne dell’anno. L’analogo indice della fi ducia delle imprese manifatturiere, sostenuto da migliori prospettive sull’andamento della domanda, è apparso invece in costante re-cupero per tutto l’anno, fi no a raggiungere valori simili a quelli pre-crisi.Secondo la rilevazione effettuata dall’Istat, nel 2010 (dicembre) l’indice della produ-zione industriale è stato superiore del 5,3% al dato dell’anno precedente (+5,6% per le sole attività manifatturiere). I rialzi più forti si sono verifi cati nei settori dei beni inter-medi e dei beni strumentali, mentre i beni di consumo durevoli sono risultati ancora in contrazione. Tutti i settori analizzati dall’isti-tuto hanno registrato valori positivi ad ec-cezione delle attività estrattive. Fra i settori che, a livello nazionale, hanno avuto risultati superiori alla media vanno citati quelli della fabbricazione di macchinari (+12,3%), di ap-parecchiature elettriche e per uso domesti-co (+9,1%), della metallurgia e dei prodotti in metallo (+8,8%), dei prodotti chimici (+6,6%); fra quelli cresciuti meno troviamo l’industria dei prodotti farmaceutici (+0,5%), del legno, della carta e stampa (+0,9%), di alimentari e bevande (+1,6%), di articoli in gomma e plastica (+2,2%). Gli ordinativi dell’industria, rilevati anch’essi dall’Istat, han-no segnato un buon miglioramento (+13,9% complessivamente), con una crescita della domanda estera del 21,2% e di quella nazio-nale del 9,9%, consentendo un buon incre-mento del fatturato (+10,1%).La rilevazione congiunturale predisposta da

Unioncamere, limitata alle imprese manifat-turiere al di sotto dei 500 addetti ed aggior-nata a dicembre 2010, descrive invece una situazione meno vivace (+1,3% della pro-duzione nella media 2010 rispetto al 2009). Le esportazioni sono aumentate anche se permangono, in particolare sui mercati ex-tra UE, alcuni ostacoli di natura strutturale, soprattutto per le piccole imprese che non dispongono di adeguate risorse economi-che e organizzative e che non trovano un adeguato supporto da parte degli organismi preposti.Per quanto riguarda gli investimenti, le im-prese manifatturiere ed estrattive contatta-te da ISAE ad ottobre prospettano un’ulte-riore contrazione della spesa sia per il 2010, sia per il 2011. A contenere la dinamica degli investimenti 2010 sembra essere stata prin-cipalmente la scarsa domanda (il 43% degli intervistati la giudicano “limitativa” o “molto limitativa”), seguita dalla diffi coltà nell’acces-so alle risorse fi nanziarie (38%) e da fattori tecnici (36%). Per il 2011 queste ragioni sono tutte giudicate limitanti in misura inferiore rispetto all’anno precedente. In entrambi gli anni gli investimenti sono prevalentemente indirizzati alla sostituzione di impianti obso-leti, ma per il 2011 il 26% degli intervistati indica come obiettivo principale l’amplia-mento della capacità produttiva. I processi di razionalizzazione sono rivolti all’automa-zione dei processi esistenti, ma è rilevante la quota di coloro che indicano come obiettivo anche l’introduzione di nuove tecniche pro-duttive ed il risparmio energetico. Le spese di ampliamento sono nella maggior parte dei casi fi nalizzate ad introdurre nuovi prodotti sia per il 2010 (72%) che per il 2011 (80%).Sul piano occupazionale, la rilevazione dell’Istat sulle forze di lavoro, aggiornata a settembre, indicava per gli occupati nell’in-dustria in senso stretto (4.577.000 persone) un ulteriore calo (-3,2%) rispetto a settem-bre 2009.Anche l’economia regionale ha segnato andamenti positivi, ma con tassi non suffi -cienti per recuperare quanto perso nel 2008 e nel 2009. Per il manifatturiero, gli scenari previsionali di Unioncamere Emilia-Roma-gna e Prometeia prospettano una crescita annua del valore aggiunto del 4,1%. L’indagi-ne congiunturale della stessa Unioncamere ha rilevato per il 2010 un aumento medio dell’1,7% della produzione, dell’1,8% del fat-

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turato e del 2,0% della domanda. L’occupa-zione nell’industria, stimata dall’Istat, è inve-ce ancora in calo a causa prevalentemente del settore delle costruzioni.

INDUSTRIA MANIFATTURIERA LOCALENella defi nizione del settore manifatturiero e dei suoi dettagli si adotta per la prima vol-ta la codifi ca Istat Ateco 2007 in luogo della precedente (2002); in generale la modifi ca ha comportato una riduzione del numero delle imprese per il passaggio di alcune atti-vità ad altri comparti e quindi per consenti-re i raffronti col passato sono stati ricalcola-ti anche i dati degli anni precedenti.Secondo la banca dati StockView di Infoca-mere (con aggiornamento al 30/9/2010), nella provincia di Forlì-Cesena il settore ma-nifatturiero (cioè la sezione C della codifi ca Istat Ateco 2007 delle attività economiche) conta 4.029 imprese attive che occupano 33.414 addetti. La dimensione media è di 8,3 addetti per impresa; le imprese con oltre 19 addetti sono l’8,0% ed impiegano il 58,4% de-gli addetti del settore. Sul totale delle attività provinciali (compresa l’agricoltura) il setto-re manifatturiero rappresenta il 9,9% delle imprese e il 25,2% degli addetti; le ditte in-dividuali sono il 43,2% mentre le società di capitali sono 995 e rappresentano il 24,7% del totale delle imprese manifatturiere con-tro il 14,1% rilevato nel totale delle attività. Il 94,4% delle persone con cariche è nato in Italia mentre il 3,8% è di origine extracomuni-taria. Secondo quanto emerge dalla banca dati Bext di Infocamere, le 951 società manifattu-riere che hanno presentato il bilancio 2009 assommano un valore della produzione di 4,8 miliardi di euro (-20,7% rispetto al 2008) ed un valore aggiunto di 1,1 miliardi (-10,2%).

In analogia con quanto riscontrato a livello regionale e nazionale, anche per le imprese del territorio il 2010 è stato migliore dell’an-no precedente che, però, fu particolarmente negativo; per questo motivo, la crescita regi-strata non ha consentito di tornare sui livelli produttivi raggiunti in precedenza.Il quadro che emerge conferma che la ca-duta dello scorso anno, seppure ormai alle spalle, ha lasciato profondi segni anche nel tessuto economico locale. Tessuto che, per le sue caratteristiche di specializzazione set-toriale e di livello qualitativo dei prodotti, ha sofferto un po’ meno se confrontato con

quello di altre aree. Le imprese più penaliz-zate in passato, tipicamente le più piccole, si stanno dimostrando ora più dinamiche rispetto a quelle di maggiori dimensioni nel cogliere i segnali di ripresa.La produzione, sostenuta da una ripresa del-la domanda interna ed estera, ha segnato valori buoni ma non suffi cienti a recuperare quanto perso.Anche il fatturato è tornato a crescere, ma non sempre a seguito di un ciclo virtuoso. A volte le vendite sono state ottenute accet-tando scarsi margini di profi tto pur di mi-gliorare la liquidità; in altri casi si è rischiato di più, lavorando con clienti con minori ga-ranzie di solvibilità; in altri ancora si è opera-ta una riduzione delle scorte che ora, però, sono da reintegrare a costi superiori. Prati-cata su vasta scala in tutto il mondo durante il 2009, la riduzione delle scorte ha riacceso la speculazione nel 2010 portando a feno-meni di accaparramento di materie prime che sicuramente incideranno sui prezzi delle produzioni locali. L’aumento di questi ed al-tri costi, in questa fase di domanda ancora contenuta, diffi cilmente potranno essere ri-baltati sui prezzi di vendita dei prodotti.In generale si è assistito ad un contenimen-to delle spese cercando di concentrare le poche risorse disponibili sugli investimenti che, comunque, sono stati molto contenu-ti. La situazione appare molto diversifi cata: le imprese più grandi e meglio capitalizzate hanno affrontato la crisi come una “oppor-tunità” per raffi nare le tecnologie utilizza-te, migliorare i propri prodotti, potenziare

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l’organizzazione, rafforzarsi sui mercati; per le unità di minori dimensioni e in maggiori diffi coltà fi nanziarie, invece, il rilancio attra-verso gli investimenti è stato precluso.Resta il problema della debolezza fi nanzia-ria che, per aziende che come si è più volte evidenziato sono generalmente poco capi-talizzate, ha aumentato le diffi coltà di acces-so al credito; l’ottenimento di fi nanziamenti è spesso avvenuto grazie all’intervento dei consorzi fi di, che è risultato particolarmente gradito agli istituti bancari.L’accesso al credito, appunto, si è dimostra-to sempre più diffi cile ed ha condizionato la dinamica degli investimenti; il sistema banca-rio locale, gravato da problematiche di varia natura, si è dimostrato più attento alla solvi-bilità dei debitori, pretendendo maggiori ga-ranzie e una documentazione più dettagliata non solo sullo stato di solidità fi nanziaria dell’impresa ma anche sui progetti in corso e sulle strategie commerciali.Si è poi assistito ad un aggravio del problema dei mancati pagamenti da parte della clien-tela che, pur trovando la sua motivazione nelle diffi coltà generali dello scorso anno, sta assumendo dimensioni sistemiche, tali da compromettere quella fi ducia indispen-sabile al buon funzionamento di un sistema economico; da più parti si auspica qualche intervento normativo in grado di arrestare questo circolo vizioso, poiché lo stato attua-le della giustizia civile non consente di ga-

rantire il rispetto degli impegni contrattuali.I segnali di ripresa non hanno infl uito sull’an-damento occupazionale che registra con qualche mese di ritardo le perdite già segna-te dagli altri indicatori. Da parte delle im-prese si è osservato, in generale, il tentativo di mantenere la struttura produttiva anche grazie alla Cassa Integrazione Guadagni per la quale si sono rilevati ricorsi più contenu-ti ad interventi ordinari più che compensati dalla crescita di quelli straordinari e in de-roga. Ora, col termine del periodo previsto per gli interventi in deroga, alcune stanno avviando accordi per l’uscita dei dipendenti.In conclusione, anche se le prospettive sono buone, la ripresa resta lenta; sono buone anche le attese sugli ordini dall’estero, ma la recrudescenza della concorrenza inter-nazionale impone che le posizioni acquisite sui mercati consueti, in prevalenza europei, siano consolidate ed espanse anche verso nuove aree; è evidente che le nostre impre-se hanno grandi potenzialità per un rilancio ma fattori esterni legati al contesto interna-zionale e allo scarso supporto del sistema paese e fattori interni come la loro debolez-za fi nanziaria, ne condizionano fortemente la ripresa.

Sul territorio provinciale l’andamento con-giunturale dell’industria manifatturiera è monitorato dalla Camera di Commercio attraverso una rilevazione trimestrale rivol-

MANIFATTURIERO - Forlì-Cesena - 31/12/2010Produzione, fatturato, ordinativi e occupazione (variazioni medie negli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti)Esportazioni (percentuale sul fatturato - medie degli ultimi 12 mesi)

SETTOREDIATTIVITÀ

PRODUZIONEa volume

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EXPORT% sul

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ORDINI DAL

MERCATOESTERO

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Alimentare +1,4 +4,3 4,7 +0,6 +2,1 +2,0

Confezioni +3,4 +3,6 15,8 -2,6 -0,7 -0,6

Calzature +5,1 +7,4 35,5 +8,6 +6,1 +0,9

Legno +0,6 +1,6 20,8 -3,9 -0,6 -2,4

Chimica e plastica +8,2 +14,6 29,0 +9,7 +6,4 -1,0

Prodotti in metallo +7,2 +16,7 17,0 +7,4 +8,6 -3,2

Macchinari +6,2 +8,2 45,1 +7,9 +10,4 -3,1

Mobili +7,6 +8,4 32,0 +10,9 +3,6 +5,5

Altre industrie -4,4 +3,4 22,8 -2,5 +5,0 -4,3

Manifatturiero +4,2 +8,4 25,6 +5,0 +5,7 -1,0

Fonte: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena Indagine sulla congiuntura nelle imprese manifatturiere

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ta ad un campione di aziende con almeno 10 addetti; i questionari raccolti per ogni trimestre sono stati circa 190 e le impre-se rispondenti occupano complessivamente oltre 17.000 addetti. Da questa indagine, i cui risultati sono disponibili sul sito della Ca-mera di Commercio al quale si rimanda per

un’analisi più dettagliata, sono tratti nume-rosi indicatori fra i quali si sono scelti, per il commento sintetico che segue, quelli che evidenziano l’andamento medio del periodo da gennaio a dicembre 2010 rispetto ai 12 mesi precedenti, poiché riferiti ad un perio-do suffi cientemente lungo per eliminare le distorsioni dovute a fenomeni stagionali e ad altri fattori occasionali.Da tale rilevazione emerge che l’industria manifatturiera provinciale ha segnato una ri-presa rispetto al 2009; molto incerta all’ini-zio dell’anno, ha preso via via più slancio fi no al terzo trimestre per raffreddarsi un po’ verso la fi ne del 2010.Il volume fi sico della produzione su base annuale è cresciuto del 4,2%. La quasi totali-tà dei settori osservati ha ottenuto un risul-tato positivo; l’unico che ha ancora un saldo positivo è quello delle “altre industrie”. I ri-sultati migliori sono stati ottenuti dal setto-re della “chimica e plastica” seguito da “mo-bili”, “prodotti in metallo”, “macchinari” e “calzature”. Il dato è stato positivo anche fra tutte le classi di addetti osservate: i risultati migliori si sono concentrati fra le imprese con addetti compresi fra 20 e 249. La ripresa produttiva ha presentato una larga diffusio-ne fra le imprese: quelle che hanno indica-to un aumento della produzione nel quar-to trimestre 2010 rispetto al quarto 2009 sono state il 55,7% (erano il 28,3% lo scorso anno) mentre le segnalazioni negative sono scese al 31,2% contro il 55,6% del 2009. Il grado di utilizzo degli impianti, attestatosi al 74,5%, è risultato superiore a quello calcola-to un anno fa di circa tre punti percentuali.Il fatturato, misurato a valori correnti, è cresciuto dell’8,4%. Le vendite sono state realizzate per il 25,6% all’estero; l’aumento di questa percentuale, da attribuire ad una maggiore dinamicità dei mercati internazio-nali rispetto a quello interno, non è ancora suffi ciente a colmare quel differenziale nega-tivo nei confronti della media regionale sia per la percentuale di imprese esportatrici sia per la quota di esportazione sul fatturato.Complessivamente la domanda è stata in crescita del 5,4%; la componente interna è aumentata del 5,0% ed anche quella estera, che ha rappresentato il 21,0% degli ordina-tivi, è stata superiore del 5,7%; il periodo di produzione assicurata dagli ordini già acqui-siti al 31 dicembre era di quasi 68 giornate lavorative, valore decisamente superiore a

MANIFATTURIERO - Forlì-CesenaProduzione

rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

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50%

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aumento stazionarietà diminuzione

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Tassi di crescita annua 4° trimestre 2009 - 4° trimestre 2010

variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti

Produzione

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Ordini Esteri

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quello indicato per il 2009 che era di appena 47 giorni.L’occupazione, invece, registra ancora una contrazione: il numero degli addetti è ulte-riormente diminuito (-1,0%). I settori che maggiormente hanno perso addetti sono quelli delle “altre industrie”, dei “prodotti in metallo”, dei “macchinari” e del “legno” mentre quelli che li hanno aumentati sono quello dei “mobili” e l’ ” alimentare”; tutte le classi al di sotto dei 100 addetti hanno registrato un risultato negativo, in partico-lare quelle al di sotto dei 50. Confrontando la media di ore effettivamente lavorate si registra un aumento di circa il 4% rispetto al 2009; fra le imprese intervistate, infatti, il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni negli ultimi 12 mesi si è ridotto grazie al mi-nore utilizzo della componente ordinaria; la straordinaria è, però, cresciuta in misura ri-

levante. I settori in cui gli interventi di soste-gno sono stati più elevati sono il “legno” e i “macchinari” mentre sono risultati nulli nel settore “alimentare”.

Le prospettive evidenziate dagli operato-ri intervistati per il primo trimestre 2011, perlopiù di segno positivo, sono improntate alla fi ducia e rappresentano un miglioramen-to rispetto a quelle espresse lo scorso anno tranne che per l’occupazione.

Si passano ora in rassegna i settori più rile-vanti per la manifattura provinciale riporta-ti nell’ordine proposto dalla classifi cazione delle attività economiche.

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MANIFATTURIERO - Forlì-CesenaOrdini esteri

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ALIMENTAREIl settore “alimentare” (divisioni 10 e 11 della codifi ca delle attività economiche Istat Ate-co 2007) è costituito da tutte le industrie alimentari e delle bevande e dall’industria del tabacco che in provincia di Forlì-Cesena non è rappresentata; dal punto di vista nu-merico prevalgono i produttori di prodotti da forno e di paste alimentari ma dal punto di vista degli addetti occupati emergono an-che le attività di lavorazione e conservazione delle carni e i mangimifi ci. L’adozione della nuova classifi cazione ha comportato la mi-grazione di numerose attività in altri settori. Attualmente comprende 367 imprese attive che occupano 3.144 addetti. La dimensione media è di 8,6 addetti per impresa e le im-prese con oltre 19 addetti sono il 5,7% ma impiegano il 60,3% degli addetti del settore. Per il 34,1% si tratta di ditte individuali men-tre le società di capitale sono il 15,3% con numerose imprese di dimensione rilevante in particolare quelle operanti nella macel-lazione degli avicoli. Il 94,9% delle persone con cariche è nato in Italia mentre il 2,4% è di origine extracomunitaria. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali il settore “alimentare” rappresenta il 9,1% delle im-prese e il 9,4% degli addetti.Le industrie alimentari locali hanno segna-to un altro anno positivo seppure con tassi molto contenuti. Le imprese che hanno di-chiarato un andamento positivo nel quarto trimestre 2010 rispetto allo stesso dello scorso anno sono state il 38,9% come nel 2009 ma quelle che hanno riscontrato una

diminuzione della produzione (44,4%) sono aumentate; a dicembre la produzione è ri-sultata ancora in aumento (+1,4%) con un utilizzo degli impianti pari all’83,7%. Il fattu-rato, realizzato per appena il 4,7% all’este-ro, è cresciuto del 4,3% a valori correnti. Complessivamente la domanda è risultata in

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ALIMENTARE - Forlì-Cesena

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Tassi di crescita annua 4° trimestre 2009 - 4° trimestre 2010

(variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti)(variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti)

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rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 201086

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crescita dello 0,7%; la domanda interna è au-mentata dello 0,6% ed anche quella estera, che ha rappresentato il 3,8% degli ordinativi, è stata superiore del 2,1%.Il numero degli addetti è aumentato del 2,0%. Le imprese intervistate non hanno di-chiarato alcun ricorso ad interventi di Cassa

Integrazione Guadagni negli ultimi 12 mesi.Nelle previsioni per il primo trimestre 2011 traspare un certo pessimismo anche se più contenuto rispetto allo scorso anno: ci si aspetta, in concordanza col ciclo di stagio-nalità settoriale, una riduzione della produ-zione e del fatturato dovuta a minori ordini dall’estero e alla stagnazione della domanda interna. Anche l’occupazione è prevista in lieve calo.

CONFEZIONIIl settore “confezioni” (divisioni 13 e 14 della codifi ca delle attività economiche Istat Ateco 2007) è composto prevalentemente dalle industrie di confezionamento di articoli di vestiario ma anche da quelle tessili e dalle maglierie; appare in continua riduzione nel numero dei laboratori, nella loro dimensione e nella loro attività, sempre meno manifatturiera e sempre più commerciale. Esso comprende 360 imprese attive che occupano 1.959 addetti. La dimensione media è di 5,4 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono il 5,3% ed impiegano il 42,1% degli addetti del settore. Per il 60,6% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il 16,4%. L’88,8% delle persone con cariche è nato in Italia mentre il 9,8% è di origine extracomunitaria. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali il settore rappresenta l’8,9% delle imprese e il 5,9% degli addetti.Le imprese che hanno dichiarato un anda-mento della produzione positivo nel quarto trimestre 2010 sono salite al 46,2% contro il 41,7% di anno scorso mentre quelle che hanno riscontrato una diminuzione sono scese passando dal 41,7% del 2009 al 38,5% di quest’anno. La produzione è aumentata del 3,4% con un utilizzo degli impianti pari al 62,6%. Il fatturato, realizzato per il 15,8% all’estero, è cresciuto del 3,6% a valori cor-renti. Complessivamente la domanda è risul-tata in calo del 2,3%; la domanda interna è diminuita del 2,6% mentre quella estera, che ha rappresentato il 13,2% degli ordinativi, è stata inferiore dello 0,7%.Fra le imprese rispondenti all’indagine il nu-mero degli addetti complessivo è diminuito dello 0,6%. Il ricorso ad ammortizzatori so-ciali quali la Cassa Integrazione Guadagni è stato ancora più elevato rispetto allo scorso anno ma tutto sommato nella media del ma-

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CONFEZIONI - Forlì-Cesena

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Ordini Interni

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Tassi di crescita annua 4° trimestre 2009 - 4° trimestre 2010

variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti

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CONFEZIONI - Forlì-CesenaProduzione

rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

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aumento stazionarietà diminuzione

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010 87

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nifatturiero; sono aumentati sia gli interventi di tipo ordinario sia quelli straordinari.Le previsioni a breve per le imprese tessili e dell’abbigliamento, seppur di segno positi-vo per il ciclo stagionale, appaiono con tassi che assumono valori più contenuti rispetto allo scorso anno per produzione, fatturato ed ordinativi; l’occupazione è attesa in dimi-nuzione.

CALZATUREIl settore “calzature” (divisione 15 della codifi ca delle attività economiche Istat Ateco 2007) comprende, in realtà, tutte le attività di lavorazione delle pelli e del cuoio in genere; per la nostra provincia, tuttavia, esso è fortemente caratterizzato dalla produzione di scarpe e loro parti (tomaie, tacchi, suole, sottopiede ecc.) e pertanto si è ritenuto di defi nirlo con l’appellativo di “calzature”; è costituito da 264 imprese attive che occupano 3.755 addetti. La dimensione media è di 14,2 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono il 15,2% ed impiegano il 74,2% degli addetti del settore. Per il 55,7% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il 19,7%. L’86,7% delle persone con cariche è nato in Italia mentre l’11,5% è di origine extracomunitaria. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali questo settore rappresenta il 6,6% delle imprese e l‘1,2% degli addetti.Il calzaturiero locale, caratterizzato da pro-duzioni di fascia medio-alta, ha attraversato una fase congiunturale abbastanza soddisfa-cente caratterizzata da segnali di ripresa. In-fatti, le imprese che hanno dichiarato un an-damento positivo nel quarto trimestre 2010 rispetto allo stesso dello scorso anno, sono passate dal 22,2% del 2009 al 73,7%, mentre quelle che hanno riscontrato una diminuzio-ne della produzione sono scese dal 72,2% di anno scorso al 21,0% di quest’anno. Negli ultimi dodici mesi la produzione è aumen-tata del 5,1% rispetto ai precedenti con un utilizzo degli impianti pari al 72,9%. Il fattu-rato, realizzato per il 35,5% all’estero, è cre-sciuto del 7,4% a valori correnti. Comples-sivamente la domanda è risultata in crescita dell’8,9%; la domanda interna è aumentata dell’8,6% ed anche quella estera, che ha rap-presentato il 33,0% degli ordinativi, è stata superiore del 6,1%.Il numero degli addetti è aumentato dello

0,9%. L’utilizzo dello strumento della Cassa Integrazione Guadagni ordinaria si è ridot-to rispetto ai livelli rilevati nel 2009. Ad un minor numero di interventi ordinari ha cor-risposto una crescita di quelli straordinari.Le prospettive espresse per prossimi mesi indicano fi ducia nella domanda estera ma an-

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CALZATURE - Forlì-Cesena

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Tassi di crescita annua 4° trimestre 2009 - 4° trimestre 2010

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CALZATURE - Forlì-CesenaProduzione

rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

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che nel mercato italiano che si accompagna a crescite produttive e di fatturato. Il riavvio del ciclo non dovrebbe incidere sull’occupa-zione che, anzi, è attesa in diminuzione.

LEGNOIl settore “legno” (divisione 16 della codifi ca

delle attività economiche Istat Ateco 2007) è costituito da tutte le industrie della lavo-razione del legno ed in particolare della co-struzione di prodotti in legno come porte, fi nestre, cornici, imballaggi, fogli e pannelli; ri-spetto agli anni precedenti l’analisi è stata di-stinta dalle industrie del mobile. Comprende 271 imprese attive che occupano 2.267 ad-detti. La dimensione media è di 8,4 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 ad-detti sono il 3,0% ed impiegano il 60,3% de-gli addetti del settore. Per il 50,2% si tratta di ditte individuali mentre le società di ca-pitale sono il 13,3%. Il 96,4% delle persone con cariche è nato in Italia mentre il 2,1% è di origine extracomunitaria. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali il settore rappresenta il 6,7% delle imprese e il 6,8% degli addetti.Le imprese provinciali che hanno dichiarato un andamento positivo nel quarto trimestre 2010 rispetto allo stesso dello scorso anno (40,0%), sono state un po’ meno rispetto al 2009; stesso risultato per quelle che hanno riscontrato una diminuzione della produzio-ne che rivela una maggiore concentrazione sulle situazioni di stabilità. La produzione è aumentata dello 0,6% con un utilizzo degli impianti pari al 60,6%. Il fatturato, realizzato per il 20,8% all’estero, è cresciuto dell’1,6% a valori correnti. Complessivamente si rile-va una contrazione degli ordini: la domanda interna è diminuita del 3,9% ed anche quella estera, che ha rappresentato il 12,9% degli ordinativi, è stata inferiore dello 0,6%.Il numero degli addetti è diminuito del 2,4%. L’utilizzo dell’istituto della Cassa Integrazio-ne Guadagni da parte delle imprese inter-vistate è stato intenso e superiore ai livelli dello scorso anno; gli interventi di tipo ordi-nario sono apparsi stabili mentre quelli stra-ordinari sono raddoppiati.Secondo l’opinione degli imprenditori con-tattati i prossimi mesi saranno ancora ca-ratterizzati dalla stagnazione della domanda interna ed estera: produzione, fatturato e occupazione diminuiranno.

CHIMICA E PLASTICAIl settore “chimica e plastica” (divisioni 19, 20, 21 e 22 della codifi ca delle attività economiche Istat Ateco 2007) è caratterizzato da una prevalenza di imprese che lavorano prodotti in materiali plastici ma anche colori, profumi, cosmetici,

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LEGNO - Forlì-Cesena

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variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti

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LEGNO - Forlì-CesenaProduzione

rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

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detergenti, fertilizzanti e materie plastiche in forma primaria; esso comprende 161 imprese attive che occupano 3.027 addetti. La dimensione media è di 18,8 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono il 21,7% ed impiegano il 79,1% degli addetti del settore. Per il 15,5% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il 59,6%. Il 95,1% delle persone con cariche è nato in Italia mentre il 2,4% è di origine extracomunitaria. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali questo settore rappresenta il 4,0% delle imprese e il 9,1% degli addetti.Le imprese che hanno dichiarato un anda-mento positivo nel quarto trimestre 2010 rispetto allo stesso dello scorso anno sono salite dal 38,9% al 52,6% mentre quelle che hanno riscontrato una diminuzione della produzione sono scese dal 50,0% del 2009 al 26,3% di quest’anno. La produzione è au-mentata dell’8,2% con un utilizzo degli im-pianti pari al 75,5%. Il fatturato, realizzato per il 29,0% all’estero, è cresciuto del 14,6% a valori correnti. Complessivamente la do-manda è risultata in crescita del 9,3%; la domanda interna è aumentata del 9,7% ed anche quella estera, che ha rappresentato il 27,5% degli ordinativi, è stata superiore del 6,4%.Il numero degli addetti è diminuito dell’1,0%. Fra le imprese intervistate si è riscontrata una riduzione nel ricorso alla Cassa Integra-zione Guadagni: diminuisce l’ordinaria ma compare la straordinaria.Complessivamente le prospettive appaiono prudenti: ad un livello produttivo e di fattu-rato a bassa crescita si dovrebbe accompa-gnare una ripresa della domanda interna ma non di quella estera. In ripresa anche l’occu-pazione.

PRODOTTI IN METALLOIl settore dei “prodotti in metallo” (divisioni 24 e 25 della codifi ca delle attività economiche Istat Ateco 2007) in provincia è caratterizzato da costruttori di strutture metalliche, oggetti in metallo ed esecutori di lavori di meccanica generale; nella provincia esso conta 838 imprese attive che occupano 6.197 addetti. La dimensione media è di 7,4 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono il 7,5% ed impiegano il 48,2% degli addetti del settore. Per il 43,9% si tratta di ditte individuali mentre le società

di capitale sono il 25,1%. Il 96,2% delle persone con cariche è nato in Italia mentre il 2,2% è di origine extracomunitaria. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali rappresenta il 20,8% delle imprese e il 18,5% degli addetti.Le imprese che hanno dichiarato un anda-

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CHIMICA E PLASTICA - Forlì-Cesena

Produzione

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Tassi di crescita annua 4° trimestre 2009 - 4° trimestre 2010

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CHIMICA E PLASTICA - Forlì-CesenaProduzione

rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

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aumento stazionarietà diminuzione

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mento positivo nel quarto trimestre 2010 rispetto allo stesso dello scorso anno, sono passate dal 20,0% del 2009 al 59,0% mentre quelle che hanno riscontrato una diminu-zione della produzione (33,3%) sono scese rispetto allo scorso anno (62,9%). Il volume fi sico della produzione industriale è aumen-

tato del 7,2% con un utilizzo degli impianti del 70,9%. Il fatturato, realizzato per il 17,0% all’estero, è cresciuto del 16,7% a valori cor-renti. Anche la domanda, complessivamente, è risultata in crescita (+8,5%); la domanda interna è aumentata del 7,4% ed anche quel-la estera, che ha rappresentato il 15,6% de-gli ordinativi, è stata superiore dell’8,6%. La speculazione internazionale e la scarsa com-petizione in un mercato dominato da pochi attori, ha determinato l’aumento dei prezzi delle materie prime fra cui anche acciaio e gas tecnici.Il numero complessivo degli addetti è dimi-nuito del 3,2%. Il ricorso alla Cassa Integra-zione Guadagni rilevato fra le imprese del campione è stato circa lo stesso dello scor-so anno con minori interventi di tipo ordi-nario e comparsa di quelli straordinari.Le prospettive per il primo trimestre evi-denziano una ripresa della domanda, soprat-tutto interna, ma ancora diminuzione della produzione e del fatturato; l’occupazione è indicata in crescita.

MACCHINARIIl settore dei “macchinari” (divisioni 26, 27, 28, 29 e 30 della codifi ca delle attività economiche Istat Ateco 2007) in provincia è maggiormente rappresentato da attività di costruzione di macchine per l’agricoltura e da cantiere, di costruzione di imbarcazioni, di fabbricazione di carrozzerie per autoveicoli, rimorchi e semirimorchi e di macchine per l’industria alimentare oltre a numerose tipologie di macchine per impieghi generali e speciali. Si tratta di produzioni con un discreto livello di automazione. Sul territorio si contano 622 imprese attive che occupano 6.260 addetti. La dimensione media è di 10,1 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono il 10,9% ed impiegano il 66,8% degli addetti del settore. Per il 34,7% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il 37,0%. Il 94,9% delle persone con cariche è nato in Italia mentre il 2,6% è di origine extracomunitaria. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali il settore rappresenta il 15,4% delle imprese e il 18,7% degli addetti.Le imprese che hanno dichiarato un anda-mento positivo nel quarto trimestre 2010, rispetto allo stesso dello scorso anno, sono decisamente cresciute rispetto al 2009 (62,5% contro l’11,8%), mentre quelle che

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PRODOTTI IN METALLO - Forlì-Cesena

Produzione

Fatturato

Ordini Interni

Ordini Esteri

Occupazione

Tassi di crescita annua 4° trimestre 2009 - 4° trimestre 2010

variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti

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PRODOTTI IN METALLO - Forlì-CesenaProduzione (a volume fi sico)

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PRODOTTI IN METALLO - Forlì-CesenaProduzione

rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

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hanno riscontrato una diminuzione della produzione (21,9%) sono scese rispetto allo scorso anno (70,6%). Il volume fi sico del-la produzione industriale è aumentato del 6,2% con un utilizzo degli impianti al 73,4%. Il fatturato, realizzato per il 45,1% all’estero, è cresciuto dell’8,2% a valori correnti. Anche la domanda, complessivamente, è risultata in crescita (+9,8%); la domanda interna è au-mentata del 7,9% ed anche quella estera, che ha rappresentato il 33,3% degli ordinativi, è stata superiore del 10,4%. Finora la richiesta di macchine più piccole è stata più vivace rispetto a quelle di macchinari di grandi di-mensioni.Il numero complessivo degli addetti è dimi-nuito del 3,1%. Il ricorso alla Cassa Integra-zione Guadagni rilevato fra le imprese del campione è stato considerevole e superiore allo scorso anno; ad una netta riduzione de-gli interventi di tipo ordinario si accompagna un forte incremento di quelli straordinari.Le prospettive per il primo trimestre evi-denziano una stagnazione della produzione e del fatturato ma buone aspettative per la raccolta degli ordini in particolare sul mer-cato italiano.

MOBILIIl settore dei “mobili” (divisione 31 della codifi ca delle attività economiche Istat Ateco 2007) comprende 370 imprese attive che occupano 2.758 addetti; in provincia fanno spicco le attività di produzione di poltrone e divani che da sole rappresentano quasi la metà delle imprese e degli occupati seguite dalle produzioni di altri mobili e di materassi. E’ costituito da una struttura di piccoli laboratori che, secondo il modello della produzione in conto terzi, ruotano attorno ad alcune imprese che, per le maggiori dimensioni e la migliore organizzazione commerciale, svolgono una funzione trainante. La dimensione media è di 7,5 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti sono il 7,6% ed impiegano il 46,1% degli addetti del settore. Per il 36,5% si tratta di ditte individuali mentre le società di capitale sono il 26,2%. Il 92,6% delle persone con cariche è nato in Italia mentre il 6,4% è di origine extracomunitaria. Sul totale delle attività manifatturiere provinciali il settore “mobili” rappresenta il 9,2% delle imprese e l’8,3% degli addetti.Le imprese provinciali che hanno dichiarato

un andamento positivo nel quarto trimestre 2010 rispetto allo stesso dello scorso anno, sono raddoppiate (dal 23,1% al 53,3%) men-tre quelle che hanno riscontrato una dimi-nuzione della produzione sono passate dal 46,2% del 2009 al 26,7% di quest’anno. La produzione è aumentata del 7,6% con un

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MACCHINARI - Forlì-Cesena

Produzione

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variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti

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MACCHINARI - Forlì-CesenaProduzione

rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

100%

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 201092

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utilizzo degli impianti pari al 77,2%. Il fattu-rato, realizzato per il 32,0% all’estero, è cre-sciuto dell’8,4% a valori correnti. Comples-sivamente si rileva una crescita degli ordini acquisiti (+9,1%) con risultati giudicati po-sitivi ed incoraggianti: la domanda interna è aumentata del 10,9% ed anche quella estera,

che ha rappresentato il 31,0% degli ordinati-vi, è stata superiore del 3,6%.Il numero degli addetti è aumentato del 5,5%. L’utilizzo dell’istituto della Cassa In-tegrazione Guadagni da parte delle impre-se intervistate, è stato superiore rispetto ai livelli già elevati dello scorso anno e con-centrato prevalentemente sugli interventi di tipo ordinario.Secondo l’opinione degli imprenditori con-tattati i prossimi mesi saranno ancora carat-terizzati dalla stagnazione con diminuzione per quanto riguarda la produzione e rifl es-si anche sul fatturato; ci si aspetta, però, un aumento della domanda interna. Ancora in calo l’occupazione.Dopo due anni di diffi coltà la situazione sembra, quindi, in recupero ma i livelli attuali sono ancora inferiori a quelli raggiunti prima della crisi. Inoltre, numerosi fattori fra cui la diffi coltà di accesso al credito ed il crescente ruolo della grande distribuzione fra la clien-tela, portano ad una erosione dei margini.

ALTRE INDUSTRIEIl settore qui defi nito “altre industrie” rag-gruppa tutte le divisioni non comprese nei settori precedentemente descritti: si parla di attività per le quali, a causa della minore con-centrazione sul territorio provinciale e della bassa signifi catività del campione, non si è ritenuto di poterne dettagliare gli andamen-ti separatamente. Le attività aggregate sono quelle della fabbricazione e lavorazione della carta, della stampa e della lavorazione di mi-nerali non metalliferi; a queste si aggiungono le produzioni di gioielleria, di strumenti me-dici e dentistici e la riparazione, manutenzio-ne ed installazione di macchine ed apparec-chiature. Complessivamente si tratta di 776 imprese attive che occupano 4.047 addetti. La dimensione media è di 5,2 addetti per im-presa e le imprese con oltre 19 addetti sono il 5,3% ed impiegano il 44,3% degli addetti del settore. Per il 47,7% si tratta di ditte in-dividuali mentre le società di capitale sono il 20,5%. Sul totale delle attività manifatturie-re provinciali questo settore rappresenta il 19,3% delle imprese e il 12,1% degli addetti.La percentuale di imprese che hanno dichia-rato un andamento positivo nel quarto tri-mestre 2010 rispetto allo stesso dello scor-so anno è salita dal 39,3% al 55,6% mentre quelle che hanno riscontrato una diminuzio-ne della produzione sono scese dal 50,0%

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MOBILI - Forlì-Cesena

Produzione

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rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

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0%4° trim 2009 1° trim 2010 2° trim 2010 3° trim 2010 4° trim 2010

aumento stazionarietà diminuzione

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del 2009 al 37,0%. La produzione è diminuita del 4,4% con un utilizzo degli impianti pari al 75,2%. Il fatturato, realizzato per il 22,8% all’estero, è cresciuto del 3,4% a valori cor-renti. Complessivamente la domanda è ri-sultata stazionaria; la domanda interna è di-minuita del 2,5% mentre quella estera, che ha rappresentato il 21,7% degli ordinativi, è stata superiore del 5,0%.Il numero degli addetti è diminuito del 4,3%; la sola componente operaia è diminuita del 5,8%. Il ricorso alla Cassa Integrazione Gua-dagni è cresciuto rispetto al 2009 (sia negli interventi ordinari sia in quelli straordinari) anche se resta uno dei settori più misurati nell’impiego di questo strumento.Le prospettive espresse dagli operatori per il primo trimestre non appaiono buone: la ripresa della domanda, sia italiana che este-ra, non sarà tale da sostenere produzione e fatturato che, anche per cause stagionali, sono previsti in calo; permane leggermente negativa l’occupazione.

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ALTRE INDUSTRIE - Forlì-Cesena

Produzione

Fatturato

Ordini Interni

Ordini Esteri

Occupazione

Tassi di crescita annua 4° trimestre 2009 - 4° trimestre 2010

variazioni medie degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti

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Tass

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itaALTRE INDUSTRIE - Forlì-Cesena

Produzione (a volume fi sico)

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3° t.

t.

ALTRE INDUSTRIE - Forlì-CesenaProduzione

rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedenteripartizione percentuale delle risposte

100%

50%

0%4° trim 2009 1° trim 2010 2° trim 2010 3° trim 2010 4° trim 2010

aumento stazionarietà diminuzione

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Le rappresentazioni grafi che riportate in questa pagina sono ottenute tramite SIMET - Sistema Integrato di Monitoraggio dell’Economia e del Territorio - strumento di analisi realizzato dalla Camera di Commercio di Forlì-Cesena e sviluppato dalla sua azienda speciale CISE. Si tratta solo di un esempio delle potenzialità di elaborazione e di analisi attualmente disponibili.

SIMET:

Modalità di lettura del cruscotto Il valore dell’indicatore nel 2009, indicato dalla freccia, è posto in relazione con l’intervallo dei valori assunti dal 2000 al 2009 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione indica i valori positivi (verde), negativi (rosso), normali (giallo) assumibili dall’indicatore.

Imprese per intensità tecnologica - Tassonomia di PavittLa Tassonomia di Pavitt è una classifi cazione dei settori merceologici compiuta sulla base delle fonti e della natura delle opportunità tecnologiche e delle innovazioni, dell’intensità della ricerca e sviluppo e della tipologia dei fl ussi di conoscenza. Defi nisce le seguenti categorie:• Settori dell’industria tradizionale (industrie alimentari e delle bevande, produzione di oli e grassi, industria

tessile, abbigliamento, orefi ceria e gioielleria, ceramica, giocattoli, edilizia)• Settori con elevate economie di scala (fabbricazione della carta, editoria, prodotti petroliferi, industria chimica,

profumi e cosmetici, gomma, industria metallurgica, elettrodomestici, autoveicoli, motoveicoli)• Settori caratterizzati da offerta specializzata (industria meccanica, fabbricazione di macchine per la produzione

di energia, industria cantieristica, fabbricazione di mezzi di trasporto)• Settori caratterizzati da una elevata intensità di ricerca e sviluppo (industria farmaceutica, informatica elettronica

e telecomunicazioni, fabbricazione di apparecchiature per il controllo dei processi industriali, strumenti ottici e attrezzature fotografi che, apparecchi medicali e ortopedici, veicoli spaziali)

I-286 – Imprese attiveIncidenza % Settori caratterizzati da una elevata intensità di ricerca e sviluppo

rispetto alle attività manifatturiere

Territorio: Forlì-CesenaSettore di attività: Settori caratterizzati da una elevata intensità di ricerca e sviluppo in rapporto alle attività ma-nifatturiere

Analisi nel periodo 2000-2009Valore nell’anno 2009: 5,20 %Valore minimo nel periodo: 5,01 % (anno 2004)Valore massimo nel periodo: 5,25 % (anno 2000)Valore medio nel periodo: 5,12 %

Composizione del settore manifatturiero rispetto alla Tassonomia di Pavitt

Territorio: Forlì-Cesena Periodo di riferimento: 2009 Settore di attività: Attività manifatturiere

Territorio: Emilia-RomagnaPeriodo di riferimento: 2009Settore di attività: Attività manifatturiere

Settori dell’industria tradizionale Settori con elevate economie di scalaSettori caratterizzati da offerta specializzata Settori caratterizzati da una elevata intensità di ricerca e sviluppo

I-286 – Imprese attive (imprese) I-286 – Imprese attive (imprese)

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D I L I Z I AE Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

Nel 2010 il comparto delle costruzioni è apparso fra i settori più in diffi coltà. Contrariamente a quanto avvenuto in altri comparti la crisi economica ha propagato i suoi effetti molto più lentamente ma non per questo ha sortito un esito meno preoccupante. Infatti se un ciclo produttivo più ampio da un lato aiuta ad assorbire repentine decelerazioni del mercato dall’altro, una volta rallentato, richiede più tempo e più energia per essere rilanciato e necessita di politiche adeguate. E così il perdurare di una situazione diffi cile determina effetti negativi a volte irreversibili. Il più evidente di questi è l’aumento della disoccupazione a cui spesso si associa anche un indebolimento strutturale delle imprese che, in questo modo, disperdono i proprio patrimonio umano e tecnico.L’altro effetto, più velato ma non meno grave, sta nell’aumento di fenomeni di concorrenza sleale e nel ricorso a forme di lavoro sommerso; dal punto di vista del prezzo fi nale delle opere, l’impresa seria e strutturata non può sostenere il confronto con quella sleale ed improvvisata in un settore in cui l’attività prevalente è ancora manuale e la professionalità è indispensabile per garantire qualità al prodotto. Per ultimo va sottolineato che con l’aggravamento delle diffi coltà del settore si favorisce l’infi ltrazione mafi osa ormai segnalata anche nelle nostre zone. Un segnale del livello di diffi coltà rilevato ci è data da una manifestazione avvenuta a fi ne anno nella capitale. Una rappresentanza di imprenditori e di organizzazioni sindacali dei lavoratori ha organizzato una manifestazione congiunta per denunciare a forze politiche ed opinione pubblica una situazione giudicata ormai insostenibile e per sollecitare la defi nizione e l’attuazione di una politica a sostegno del comparto; trattandosi di un settore strategico e fortemente correlato a numerosi altri settori produttivi sui quali riveste ancora una grande infl uenza, non può attendere a lungo gli interventi necessari senza propagare le sue diffi coltà nell’intero tessuto economico. Le principali proposte avanzate sono state: - la modifi ca del patto di stabilità per mettere

in condizione gli enti locali di investire in opere pubbliche;

- l’equiparazione della cassa integrazione

dell’edilizia a quella dell’industria portandola da 3 a 12 mesi;

- lo sblocco dei fi nanziamenti per le infrastrutture già deliberate;

- l’erogazione da parte della Pubblica Amministrazione dei pagamenti sospesi;

- l’aumento del livello di formazione e il varo di nuove regole di accesso alla professione di costruttore;

- l’attuazione di azioni a tutela della legalità.Il clima di fi ducia delle imprese italiane di costruzioni ha segnato ad inizio anno il suo minimo restando per tutto il 2010 su livelli molto bassi anche se in costante miglioramento. Secondo l’inchiesta condotta dall’Isae su un panel di circa 500 imprese, a novembre, l’indice, considerato al netto dei fattori stagionali, segna un recupero rispetto ad ottobre e si riposiziona su valori vicini a quelli registrati ad inizio 2009. La crescita dell’indice sarebbe sata determinata da un deciso miglioramento delle aspettative sull’occupazione, mentre i giudizi sui piani di costruzione rimangono sostanzialmente stabili ma con prospettiva di recupero. Il saldo delle previsioni sui prezzi praticati nel settore subisce un lieve deterioramento. La maggior parte delle imprese dichiara di aver trovato ostacoli all’attività di costruzione. L’ostacolo principale è ancora l’insuffi cienza di domanda seguita da vincoli di natura fi nanziaria. Il recupero della fi ducia generale riassume però andamenti differenziati a livello settoriale: l’indice è in deciso recupero nel settore dell’ingegneria

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civile e in quello dei lavori di costruzione specializzati, mentre è in lieve diminuzione in quello della costruzione di edifi ci.Secondo l’Istat la grave crisi rilevata lo scorso anno è perdurata anche nel 2010 ma con valori progressivamente in miglioramento; nel terzo trimestre l’indice grezzo della produzione nelle costruzioni ha segnato una piccola crescita (+0,5%) rispetto al terzo trimestre del 2009. Anche l’indice corretto per i giorni lavorativi, per il medesimo arco temporale, è stato calcolato in crescita (+1,3%). Nel confronto tra i primi tre trimestri del 2010 ed il corrispondente periodo del 2009, l’indice grezzo e quello corretto per i giorni lavorativi hanno registrato entrambi una variazione negativa (-3,6% il primo e -3,9% il secondo).I costi di costruzione sono in crescita contenuta: relativamente ai fabbricati residenziali l’indice calcolato dall’Istat evidenzia un aumento del 2,1% nel terzo trimestre, rispetto a quello corrispondente del 2009. Questo indicatore, come è noto, misura la variazione dei costi diretti di realizzazione di un fabbricato residenziale prendendo in considerazione le principali voci di spesa. Hanno subìto un netto rialzo i costi della mano d’opera (+2,8%) e dei trasporti e dei noli (+3,1%); complessivamente più contenuto l’aumento del costo dei materiali (+0,7%); fra questi spiccano i ribassi di inerti, leganti, laterizi ecc. (compresi fra lo 0 ed il 5%) e gli aumenti dei metalli (+15,0%).

Secondo l’indagine Istat sulle forze di lavoro, l’occupazione nel settore delle costruzioni in Italia, dopo quattro trimestri consecutivi di discesa, ha mostrato tra aprile e giugno 2010 una moderata crescita; nel terzo trimestre si contano a settembre 712.000 occupati autonomi (-0,2% rispetto a settembre 2009) e 1.197.000 occupati alle dipendenze (+0,1%).

Il settore delle costruzioni (ramo F della codifi ca delle attività economiche Istat Ateco 2007) nel territorio di Forlì-Cesena è senza dubbio un settore importante nel tessuto economico: le 868 imprese che hanno depositato il loro bilancio per l’anno 2009 assommavano un valore della produzione di 1,4 miliardi di euro (-21% rispetto al 2008) ed un valore aggiunto di 257 milioni (-27%).Secondo la banca dati StockView di Infocamere il settore è rappresentato da 6.767 imprese attive che impiegano 15.931 addetti. Negli ultimi 12 mesi lo stock delle registrate è apparso in costante crescita con un turn-over abbastanza elevato. Si tratta di una struttura imprenditoriale diffusa, ma anche alquanto frammentata: la dimensione media è di appena 2,4 addetti per impresa e le imprese con oltre 19 addetti (72 in tutto) superano appena l’1% anche se impiegano quasi il 24% degli addetti del settore. Per il 70% si tratta di ditte individuali (in diminuzione rispetto allo scorso anno), mentre le società di capitale sono il 12,6% ed hanno segnato un incremento che sfi ora il 10%. Pare confermata la tendenza ad un irrobustimento della compagine imprenditoriale verso forme meglio strutturate come quella costituita da società di capitale e da imprese con oltre 19 addetti. Si riscontra anche una particolare concentrazione di imprenditori stranieri. Analizzando i dati sulle cariche sociali, per il settore edile provinciale, risulta che ogni 100 cariche in imprese attive 14,6 sono coperte da individui nati in paesi stranieri: 11,0 da persone nate in paesi extracomunitari (in maggioranza albanesi, che da soli costituiscono il 4,8%, seguiti da tunisini, macedoni, svizzeri, marocchini e serbi) e 3,6 da nati in paesi dell’Unione Europea (rumeni, polacchi e bulgari). Il 91,9% degli stranieri ha meno di 50 anni contro il 59,6% degli imprenditori italiani.

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IMPRENDITORI PER CLASSE DI ETÀ E NAZIONALITÀSettore F (Costruzioni) - Forlì-Cesena - imprese attive al 30/9/2010

stranieri italiani % stranieri sul totale

fi no a 29 anni 252 443 36,3%

da 30 a 49 anni 1.104 4.708 19,0%

da 50 a 69 anni 114 3.022 3,6%

>= 70 anni 5 467 1,1%

TOTALE 1.475 8.640 14,6%

Fonte: Infocamere (StockView)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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IMPRENDITORI PER CLASSE DI ETÀ E NAZIONALITÀSettore F (Costruzioni) - Forlì- Cesena imprese attive al 30/09/2010

fi no a 29 anni da 30 a 49 anni da 50 a 69 anni >= 70 anni

Fonte: Infocamere (StockView)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

stranieriitaliani

I dati, disponibili per la provincia evidenziano una congiuntura in ulteriore rallentamento rispetto allo scorso anno. Secondo gli scenari redatti da Prometeia a novembre il valore aggiunto del settore nel 2010 è stimato in diminuzione del 2,9%.Le indicazioni derivanti dalla rilevazione sulla congiuntura condotta da Unioncamere per il 2010, descrivono, a livello nazionale una forte contrazione media del volume d’affari (-5,0% nella media dei quattro trimesti); in Emilia-Romagna la riduzione è più contenuta (-2,7%) e a Forlì-Cesena, sempre in relazione al volume d’affari, la situazione appare analoga (-3,2%): per la provincia si tratta del sesto trimestre negativo consecutivo. La quota di imprese che hanno dichiarato diminuzione del fatturato nel quarto trimestre rispetto al precedente è stata del 32%, percentuale superiore a quella registrata nel 2009 che fu del 27%. Per quanto riguarda la produzione,

la quota di imprese che hanno dichiarato una diminuzione nel quarto trimestre è stata dell’8% contro il 26% dello scorso anno.

Nel mercato dell’edilizia residenziale si registra un’ulteriore fl essione della produzione con un elevato stock di immobili invenduti. L’eccesso di offerta a fronte di una domanda in calo per la limitata disponibilità economica delle famiglie e la contrazione operata dalle banche nella concessione di mutui e prestiti, hanno determinato una stagnazione del mercato immobiliare.Le cause del rallentamento sono sempre quelle individuate in passato: in primo luogo la diffi coltà a pagare regolarmente le rate dei mutui da parte delle famiglie dovuta agli effetti della crisi economica che, anche su coloro che non ne sono stati direttamente colpiti induce alla prudenza nell’investimento. Tuttavia il calo dei prezzi

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degli immobili è molto lento; a sostenere i prezzi è il tentativo degli investitori di non cedere a cifre che determinerebbero una perdita dato l’alto costo fi nanziario sostenuto per la ritardata vendita. In questa situazione è diffi cile anche promuovere iniziative che puntino ad elevare il livello qualitativo del costruito: questa politica è raramente premiata da un mercato che invece guarda al prezzo come fattore principale di valutazione. Solo su unità abitative medio-alte, quelle che superano i 400.000 euro ad alloggio, si può riscontrare una certa qualità; questo segmento dimostra una certa vivacità anche se spesso, paradossalmente, comporta per il costruttore la realizzazione di margini di guadagno più ridotti. Secondo l’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del Territorio, il numero delle transazioni nei primi sei mesi del 2010, diminuito un po’ ovunque in regione, nella provincia di Forlì-Cesena risulta invece cresciuto del 4,3% rispetto allo stesso semestre del 2009.L’edilizia industriale, in seguito alle diffi coltà che nel 2009 hanno segnato il manifatturiero e in generale le attività economiche, non ha dato segni apprezzabili di ripresa.

Le perduranti ristrettezze economiche degli enti locali, frutto delle scarse risorse a disposizione e dei vincoli imposti dal “patto di stabilità”, hanno determinato un ulteriore ritardo nell’avvio di opere pubbliche che costituiscono il mercato più importante per le imprese della provincia. Il fatturato generato da questo settore per ora è sceso fra il 10 e il 15%, ma le aspettative sono ulteriormente improntate al pessimismo; basti pensare che i bandi di gara riferiti alla provincia sono scesi di circa il 30% in numero e in valore. Come sempre gli enti appaltatori più importanti sono stati i comuni seguiti dalle province. Gli ambiti di più frequente intervento sono la sanità, l’edilizia residenziale e quella scolastica. Nelle aggiudicazioni ottengono maggiori successi le imprese meglio strutturate ed integrate e quelle che riescono ad associarsi.Restano forti gli ostacoli burocratici che appaiono particolarmente gravi in un momento in cui i lavori disponibili sono così scarsi. Il settore delle costruzioni, seppure connesso con numerosi altri ad alta tecnologia, rimane ancora caratterizzato da un’elevata intensità di lavoro. L’occupazione ha mostrato ulteriori segni di cedimento. Il numero dei dipendenti per i quali sono stati

COSTRUZIONI - FATTURATO - FORLI’-CESENAVariazione del volume di affari (fatturato) sullo stesso trimestre dell’anno precedente e

variazione degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti

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variazione percentuale nel trimestre in esame rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedentevariazione media degli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 precedenti

Fonte: Evoluzione congiunturale del settore delle Costruzioni - Unioncamere Emilia-Romagna

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fatti versamenti presso le Casse Edili della provincia è diminuito sensibilmente anche quest’anno (-8,8% nell’annata edile che va da ottobre 2009 a settembre 2010 rispetto alla precedente); la contrazione è riscontrabile in tutte le classi di età dei dipendenti, ma la fascia di età compresa fra i 30 e i 50 anni è diminuita in misura inferiore rispetto ai più giovani, mentre i più anziani sono addirittura aumentati. L’età media delle maestranze continua quindi ad aumentare. Le ore lavorate, denunciate dalle 1.413 imprese iscritte presso le Casse Edili, superano di poco i nove milioni e confermano una diminuzione del 5,9% rispetto all’anno precedente.Inoltre, dopo anni di utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni legato esclusivamente a motivazioni climatiche, si registrano ricorsi derivanti dalla mancanza di commesse. Nei primi 11 mesi del 2010, per il solo settore dell’edilizia, vi è stato un aumento (+94,5% sul 2009) nel ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni sia negli interventi ordinari (circa 504.000 ore), concessi per scarsità di ordinativi e per problematiche climatiche, sia per quelli in deroga (34.000 ore).Per ora sono poche le imprese che hanno effettivamente attuato precise politiche di riduzione del personale, anche per non disperdere troppo il proprio capitale umano ma è comunque sempre più frequente il ricorso a forme di lavoro esternalizzato o più precario; la situazione occupazionale inizia quindi ad assumere connotati preoccupanti e merita attenzione.Le prospettive espresse evidenziano poca fi ducia nel futuro e confermano la fase negativa caratterizzata da una domanda, pubblica e privata, sempre più scarsa e che trova il suo sostegno prevalentemente nelle opere già cantierate; fase che potrebbe ulteriormente aggravarsi per la scarsità di ordini acquisiti e di progetti disponibili.

Non sono rari i problemi di natura fi nanziaria con aumento delle diffi coltà di riscossione dei crediti e di ottenimento di nuovi fi nanziamenti soprattutto fra le imprese più piccole, in maggioranza artigiane, mentre paiono resistere meglio quelle imprese che si sono preoccupate di dotarsi di adeguate risorse e competenze tecniche, fi nanziarie e commerciali.

In conclusione il 2010 è stato un anno decisamente diffi cile per le imprese locali e nel quale gli sforzi delle imprese hanno avuto esiti poco soddisfacenti. I tentativi di cercare nuovi ordini in ambiti inconsueti rispetto alla specializzazione dell’impresa, passando da committenza privata a pubblica o viceversa, hanno raccolto scarsi risultati; la ricerca di mercati alternativi a quello locale è stata realmente percorribile per poche organizzazioni di dimensione maggiore; la realizzazione di immobili di pregio o di più alta qualità o con soluzioni innovative non sempre ha avuto il giusto riconoscimento del mercato.

CASSE EDILIForlì-Cesena - anni edili 2008/09 e 2009/10

2008/09 2009/10 var. % 2009/10 su 2008/09

NUMERO IMPRESE 1.541 1.413 -8,3%

DIPENDENTI 8.404 7.667 -8,8%

ORE LAVORATE 9.619.629 9.052.834 -5,9%

Fonte: Casse Edili della provincia di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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Anche il 2010 è stato un anno diffi cile per il commercio, che ha risentito del protrarsi della crisi economica del Paese, i cui effetti si sono avvertiti chiaramente anche nel territorio provinciale. Il settore ha sofferto per l’ulteriore calo dei consumi, diretta conseguenza della diminuita capacità di spesa delle famiglie. Queste ultime hanno dovuto far fronte contemporaneamente al protrarsi delle diffi coltà occupazionali e all’aumento dei costi per spese ineludibili, quali i carburanti, i trasporti, l’energia elettrica, le imposte sui rifi uti e le assicurazioni auto. Ciò è andato a scapito dei consumi, che hanno subito un’ulteriore riduzione. A farne le spese sono stati soprattutto i beni durevoli e i consumi d’impulso. Si è assistito a un cambiamento nelle abitudini di spesa: nella situazione di diffi coltà attuale questa non è più vissuta come una prerogativa voluttuaria individuale, ma come un’attività che riguarda l’intera famiglia e che va pianifi cata razionalmente. A risentirne sono stati anche i fatturati delle imprese commerciali, che hanno registrato una diminuzione generalizzata.Le indagini sull’andamento del settore confermano il calo delle vendite; la dinamica imprenditoriale mostra invece un saldo meno negativo fra aperture e cessazioni di attività rispetto all’anno precedente, dovuto a una diminuzione di entrambe.Come già l’anno scorso, gli operatori ritengono che gli sviluppi a breve termine del settore dipendano interamente dall’evoluzione della situazione economica generale. E’ diffuso un certo scetticismo circa la possibilità di un miglioramento in tempi brevi, poiché non si scorgono gli elementi che possano portare a una rapida ripresa dei consumi. L’auspicio formulato da più parti è che vengano messe in atto politiche di sostegno ai redditi e d’incentivo ai consumi, oltre che agli investimenti nell’ammodernamento della rete di vendita.

Per quanto riguarda l’andamento dei settori merceologici nel territorio provinciale, continuano a godere di buona salute l’elettronica, trainata quest’anno dalle vendite di televisori e decoder spinte dal passaggio delle trasmissioni al digitale terrestre, e la telefonia, con gli acquisti degli smartphone di ultima generazione che registrano una dinamica molto vivace anche per i modelli più costosi.

Il calo dei consumi invece ha iniziato a farsi sentire nel settore alimentare, considerato tradizionalmente anticiclico, ad eccezione dei prodotti biologici e di quelli cosiddetti a chilometro zero (prodotti del territorio e di qualità acquistati direttamente presso il produttore). Anche i pubblici esercizi e la ristorazione hanno cominciato a risentire del calo dei consumi; continua infi ne la crisi del settore dell’abbigliamento e calzature.Anche le vendite del periodo natalizio non sono state molto soddisfacenti. Si è registrata una ripresa del settore alimentare, trainata dalle vendite dei prodotti di qualità del territorio. Positivi anche i risultati nel settore dei giocattoli. Non ha invece benefi ciato della stagione natalizia il settore abbigliamento, dove anzi l’imminenza dell’inizio dei saldi ha spinto molti a rimandare gli acquisti a dopo Capodanno.A questo proposito, quella dei saldi è ormai una questione problematica per il settore commerciale. La loro regolamentazione è giudicata contraddittoria da alcune associazioni di categoria, poiché vengono ristretti a periodi limitati (che però si tende ad anticipare e allungare sempre più), mentre nel contempo si consentono durante tutto l’anno le vendite promozionali, che vengono considerate sostanzialmente la stessa cosa. Da un lato il periodo dei saldi è atteso dagli operatori dell’abbigliamento, con la speranza di risollevare in parte l’andamento negativo delle vendite; d’altro canto proprio il continuo anticipo dell’inizio dei saldi, unitamente alla crisi economica, fa sì che i consumatori rinviino gli acquisti, evitando di

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farli nei periodi di alta stagione, in particolare in quello natalizio. Alcuni commercianti del settore abbigliamento stimano che il 30% delle loro vendite hanno ormai luogo nel periodo dei saldi. In questo modo però si verifi ca un declino della redditività delle attività commerciali, al punto che alcuni segnalano vendite non suffi cienti a coprire i costi di esercizio. Infi ne risulta diffi cile trovare un accordo fra gli operatori per una nuova regolamentazione dei saldi e delle vendite promozionali. Secondo i sondaggi di alcune associazioni di categoria, gli operatori sono divisi pressoché equamente fra chi vuole il mantenimento dello status quo e chi vorrebbe rivedere i periodi di saldi; ma questi ultimi a loro volta si dividono fra chi vorrebbe una restrizione e chi un ampliamento di tali periodi.Anche la grande distribuzione ha risentito pienamente della crisi generalizzata del settore: le vendite nel 2010, in Italia, sono diminuite non solo a rete corrente ma – per la prima volta in trent’anni – anche considerando le nuove aperture. Inoltre, sempre per la prima volta, il numero di cessazioni nel corso dell’anno ha superato le aperture di nuovi punti vendita. I principali gruppi nazionali della GDO segnalano non solo una situazione molto critica al sud Italia, ma anche diffi coltà crescenti al nord, con il calo delle vendite alimentari e l’orientamento

dei consumatori verso i prodotti a prezzo basso. Le catene della grande distribuzione stanno reagendo con una politica di prezzi aggressiva e il ricorso massiccio alle promozioni, ma c’è il timore che la situazione scoraggi ulteriori investimenti nel settore. Le aperture di nuovi punti vendita sono in diminuzione e si preferisce piuttosto la ristrutturazione di quelli esistenti. Gli operatori del settore chiedono politiche di sostegno ai redditi per rilanciare i consumi e incentivi agli investimenti per le nuove aperture e soprattutto le ristrutturazioni, che potrebbero contribuire anche al miglioramento della situazione occupazionale.Le associazioni di categoria segnalano che anche per il commercio ambulante il 2010, come già l’anno precedente, è stato un anno diffi cile. Il settore merceologico più sviluppato fra i commercianti ambulanti del nostro territorio è infatti quello dell’abbigliamento, che ha risentito della stessa situazione di crisi che colpisce gli esercizi in sede fi ssa. A ciò si sono aggiunte condizioni climatiche non favorevoli, nel periodo natalizio e non solo: gli operatori stimano che si siano perse numerose giornate di lavoro a causa delle avverse condizioni meteorologiche. Anche l’andamento delle vendite in occasione di sagre e fi ere non è stato giudicato

2007

INDICATORE DEL CLIMA DI FIDUCIA DEI CONSUMATORI ITALIANIISAE - Clima totale - indice base 1980=100

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soddisfacente, nonostante l’alta affl uenza di pubblico a queste manifestazioni.

Tra gli indicatori esplicativi del contesto generale, l’indice del clima di fi ducia dei consumatori, misurato dall’ISAE, ha mostrato una tendenza, seppur altalenante, al peggioramento nei primi otto mesi dell’anno, scendendo dal valore di 111,5 di gennaio (valore massimo dell’anno e sostanzialmente in linea con quelli degli ultimi mesi del 2009) a 104,2 in agosto, valore minimo dell’anno. Negli ultimi quattro mesi del 2010 l’indice ha registrato invece una risalita piuttosto rapida, denotando una ripresa della fi ducia dei consumatori, fi no a raggiungere a dicembre quota 109,1.

Nel 2010 l’indice dei prezzi al consumo ha registrato un andamento altalenante nella prima metà dell’anno e una tendenza al rialzo nella seconda metà. Partendo da un valore dell’1,3% in gennaio, si è saliti fi no a raggiungere a dicembre il valore più alto (+1,9%). L’indice del Comune capoluogo di Forlì ha registrato un andamento simile; rispetto all’andamento nazionale, però, nella prima metà dell’anno si è evidenziata una più netta tendenza alla diminuzione, scendendo dal +0,9% di gennaio al +0,5% di giugno; nel secondo semestre invece anche a livello provinciale si è verifi cato un aumento, fi no a raggiungere il +1,7% di dicembre. Confrontando l’andamento dell’indice nazionale con quello di Forlì, si nota che quest’ultimo ha registrato costantemente valori più bassi durante l’intero arco dell’anno. La crescita media annua dell’indice dei prezzi è stata dell’1,6% in Italia e dell’1,1% a Forlì.

Analizzando l’andamento medio dell’indice Istat nazionale del valore delle vendite del commercio al dettaglio in sede fi ssa nel periodo gennaio-novembre 2010 (ultimo dato disponibile), si riscontra una situazione di stabilità (+0,1%) rispetto ai primi undici mesi dell’anno precedente. Per una migliore valutazione del dato occorre tenere presente che tale indice incorpora sia la variazione delle quantità, sia quella dei prezzi, e che, nello stesso periodo di tempo, questi ultimi sono cresciuti dell’1,5%; ne consegue quindi che, in termini reali, le vendite sono diminuite nel periodo considerato. Il settore alimentare

ha registrato una diminuzione dello 0,4%, il non alimentare invece è aumentato dello 0,3%. La grande distribuzione ha registrato una crescita dello 0,8%, mentre le imprese operanti su piccole superfi ci hanno registrato una fl essione dello 0,3%. All’interno della grande distribuzione, risultano in lieve fl essione gli ipermercati (-0,3%), mentre crescono i discount alimentari (+1,1%) e i supermercati (+0,5%); in notevole crescita invece il valore delle vendite negli esercizi

INDICE DEI PREZZI AL CONSUMOPER LE FAMIGLIE DI OPERAI E IMPIEGATIAL NETTO DELLA SPESA PER TABACCHIAUMENTI PERCENTUALI ANNUALINELL’ANNO 2010

Forlì Italia

Gennaio 0,9 1,3

Febbraio 0,6 1,3

Marzo 0,9 1,5

Aprile 1,1 1,6

Maggio 0,8 1,5

Giugno 0,5 1,3

Luglio 1,3 1,7

Agosto 1,3 1,5

Settembre 1,1 1,6

Ottobre 1,3 1,7

Novembre 1,4 1,7

Dicembre 1,7 1,9

Media annuale 1,1 1,6

Fonte: IstatElaborazione: Uffi cio Statistica e StudiCamera di Commercio di Forlì-Cesena

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specializzati (+2,3%) e nei non specializzati a prevalenza non alimentare (+1,9%). Il valore delle vendite è diminuito dell’1% nelle piccole imprese (fi no a 5 addetti), dello 0,4% nelle medie imprese (da 6 a 49 addetti) ed è aumentato dell’1,4% nelle grandi imprese (oltre 50 addetti).

L’indagine congiunturale sul commercio al dettaglio di Unioncamere Italiana e Unioncamere Emilia-Romagna anche nel 2010 mostra per la provincia di Forlì-Cesena un andamento negativo, peggiore di quello regionale ma migliore di quello nazionale. Il valore medio delle vendite dell’anno 2010 in provincia è diminuito dell’1,6% rispetto al 2009. A livello regionale si è avuta una fl essione dello 0,7% e a livello nazionale una contrazione del 3,3%. In tutti gli ambiti territoriali le vendite hanno registrato un segno negativo in tutti i trimestri dell’anno; in provincia si è avuto un netto peggioramento fra il primo trimestre (-0,7%) ed il secondo (-3,3%), e un successivo miglioramento nel terzo e quarto (rispettivamente –1,5% e –1%). Una dinamica negativa più contenuta si è verifi cata a livello regionale, con fl essioni più modeste di quelle provinciali (rispettivamente: -0,8%, -1%, -0,7% e –0,3%). A livello nazionale invece si sono registrate perdite molto più cospicue e un progressivo peggioramento nel corso dei primi tre trimestri (rispettivamente: -2,5%, -3,8% e -4,8%). Anche a livello nazionale, come negli altri ambiti territoriali, il quarto trimestre ha registrato un miglioramento, anche se è

rimasto il segno negativo (-1,9%), ad indicare che il periodo natalizio ha consentito una certa ripresa delle vendite.Le previsioni degli operatori per l’evoluzione nel prossimo anno, sempre rilevate dall’indagine congiunturale di Unioncamere, segnalano a tutti i livelli territoriali un atteggiamento di cautela. La maggioranza assoluta degli operatori (più del 60%) prevede una situazione stabile, il che signifi ca anche il permanere di diffi coltà. La percentuale di coloro che si aspettano un miglioramento oscilla fra il 25% e il 40%. Quasi nessuno comunque prevede un ulteriore peggioramento (meno del 5%).

La banca dati StockView di Infocamere, basata sul Registro delle Imprese, fornisce i dati sulla struttura imprenditoriale del settore commerciale. Al 30/9/2010 le imprese attive del commercio nella provincia di Forlì-Cesena sono risultate 8.752; rispetto al 30/9/2009 si è registrato un piccolo aumento (+0,2%). Anche in regione si è rilevato un lieve incremento (+0,3%) e in Italia una situazione di stabilità. L’incidenza del commercio sul totale delle imprese provinciali compresa l’agricoltura (21,5%) è minore sia di quella regionale (22,3%) sia soprattutto di quella nazionale (26,8%).Le imprese di vendita e riparazione di auto e motoveicoli con 941 unità costituiscono il 10,8% del totale del commercio in provincia (dato in linea con gli altri ambiti territoriali). Rispetto all’anno precedente si è avuta una fl essione dello 0,1%, mentre a livello

INDAGINE CONGIUNTURALE SUL COMMERCIOAL DETTAGLIOAndamento delle vendite nel trimestre di riferimento rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente

variazione percentuale

Forlì-Cesena

Emilia-Romagna

Italia

I° trimestre 2010 -0,7 -0,8 -2,5

II° trimestre 2010 -3,3 -1,0 -3,8

III° trimestre 2010 -1,5 -0,7 -4,8

IV° trimestre 2010 -1,0 -0,3 -1,9

MEDIA -1,6 -0,7 -3,3

Fonte: Indagine congiunturale Unioncamere italiana eUnioncamere Emilia-RomagnaElaborazione: Uffi cio Statistica e StudiCamera di Commercio di Forlì-Cesena

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regionale e nazionale si è registrata una modesta crescita (rispettivamente +0,8% e +0,4%). Il commercio all’ingrosso e intermediari (3.375 imprese attive) rappresenta il 38,6% del commercio provinciale, dato leggermente inferiore a quello regionale (39%) e decisamente superiore a quello nazionale (32,3%). In provincia si è registrata una fl essione dello 0,4%, mentre a livello regionale si è verifi cata una leggera crescita (+0,3%) e a livello nazionale una sostanziale stabilità (+0,1%).Infi ne, con 4.436 imprese il commercio al dettaglio e riparazione di beni personali e per la casa rappresenta la componente maggioritaria del settore commerciale provinciale (50,7%). Questa incidenza è in linea con quella regionale (50,2%), ma

inferiore a quella nazionale (57,1%). Il comparto registra una crescita dello 0,8% in provincia, a fronte di una lieve crescita dello 0,3% in regione e di una situazione stabile a livello nazionale.

Esaminando brevemente la movimenta-zione degli esercizi commerciali in provin-cia di Forlì-Cesena, si rileva che nei primi nove mesi del 2010 sono diminuite, rispetto allo stesso periodo del 2009, sia le aperture di nuove attività, sia le cessazioni di attività esistenti. Complessivamente, si sono regi-strate 364 nuove aperture a fronte di 453 cessazioni di esercizi, per un saldo negativo di -89 unità. Rispetto allo stesso periodo del 2009, le aperture sono diminuite del 5,9% e le cessazioni del 18,7%. Nel commercio al dettaglio si sono avute 199 aperture a fron-

IMPRESE ATTIVE DELLA SEZIONE G (Commercio) e delle divisioniG 45 Commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicliG 46 Commercio all’ingrosso (escluso quello di autoveicoli e di motocicli)G 47 Commercio al dettaglio (escluso quello di autoveicoli e di motocicli)

30/9/2009 30/9/2010 var. % 2010/2009

incidenza % 2010 (*)

FORLI’-CESENA

G45 942 941 -0,1% 10,8%

G46 3.389 3.375 -0,4% 38,6%

G47 4.402 4.436 +0,8% 50,7%

G 8.733 8.752 +0,2% 100,0%

TOTALE IMPRESE 40.781 40.781 +0,0% 21,5%

EMILIA ROMAGNA(**)

G45 10.216 10.296 +0,8% 10,7%

G46 37.380 37.482 +0,3% 39,0%

G47 48.102 48.253 +0,3% 50,2%

G 95.698 96.031 +0,3% 100,0%

TOTALE IMPRESE 431.843 429.921 -0,4% 22,3%

ITALIA

G45 149.429 149.966 +0,4% 10,6%

G46 457.913 458.208 +0,1% 32,3%

G47 810.223 810.036 -0,0% 57,1%

G 1.417.565 1.418.210 +0,0% 100,0%

TOTALE IMPRESE 5.297.780 5.291.575 -0,1% 26,8%

(*) incidenza % all’interno della sezione G e G su totale (ATECO 2007)(**) Per equiparare il confronto con l’anno corrente, ai dati del 2009 sono stati aggiunti i valori dei 7 comuni del pesarese (Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria, Talamello) che dal primo trimestre 2010 sono entrati a far parte della provincia di Rimini Fonte: Infocamere, banca dati StockViewElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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te di 233 cessazioni, per un saldo negativo di -34 unità; le aperture sono diminuite del 6,6% e le cessazioni del 23,9%.Prosegue l’incremento dell’imprenditoria extracomunitaria, che è una realtà ormai consolidata nel territorio provinciale, pur non toccando ancora i livelli raggiunti in regione. Si tratta di una presenza forte specialmente nel settore dei pubblici esercizi, degli alimentari e dei servizi alla persona (lavanderie ecc.). La novità rispetto agli anni precedenti, in particolare nei pubblici esercizi e negli alimentari, è che gli imprenditori stranieri non si limitano più al mercato dei prodotti etnici, indirizzati a una clientela straniera, ma hanno iniziato a gestire anche esercizi rivolti a un pubblico più largo, comprendente anche la clientela italiana. L’imprenditoria straniera inoltre è forte in particolare nel settore ambulante, anche perché questa modalità del commercio è più vicina alle abitudini e alle tradizioni dei paesi di provenienza, tanto degli imprenditori quanto dei clienti.Analizzando i dati di StockView sulle persone con cariche nelle imprese attive del commercio al dettaglio e limitando l’esame alle imprese individuali, in cui la carica di titolare coincide con la persona fi sica dell’imprenditore, in provincia di Forlì-Cesena risultano, al 30/9/2010, 430 titolari di imprese individuali extracomunitari1, pari

al 13,6% del totale. Il fenomeno è dunque decisamente signifi cativo, anche se non ha ancora raggiunto l’incidenza registrata a livello regionale (16,5%) e nazionale (15,6%). Rispetto al 30 settembre 2009 il numero di titolari extracomunitari d’imprese individuali operanti nel commercio al dettaglio è aumentato del 7,5% in provincia, a fronte del 5,8% in regione e in Italia. Molto più modesta è la presenza di imprenditori provenienti da altri Paesi della UE: 45 persone, pari all’1,4% (1,5% in regione, 1,3% in Italia). Il restante 84,9% delle persone titolari d’imprese individuali commerciali provinciali è italiano, a fronte dell’82% regionale e dell’82,8% nazionale.Secondo le valutazioni delle associazioni di categoria, sul versante dei rapporti fra le diverse tipologie distributive la principale questione riguarda gli effetti delle nuove aperture di grandi strutture previste per il 2011: in particolare l’ipermercato di Forlì, la cui apertura è attesa fra Pasqua e metà anno, ma anche una nuova struttura di 20.000 mq a Faenza, che comprenderà 125 negozi di fascia medio-alta e che si va aggiungere all’iper aperto sempre a Faenza nel 2010. Ci si attende che l’ipermercato di Forlì nell’immediato avrà un forte impatto sulle medie strutture alimentari e sulle piccole strutture non alimentari del territorio urbano, già sofferenti per la crisi economica.

ISCRIZIONI E CESSAZIONISettore commercio - Forlì-Cesena - da gennaio a settembre

Divisione ATECO2009 2010 var. % 2010/2009

Iscrizioni Cessa-zioni

Saldo Iscrizioni Cessa-zioni

Saldo Iscrizioni Cessa-zioni

G 45 Commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazionedi autoveicoli e motocicli

26 39 -13 35 43 -8 34,6% 10,3%

G 46 Commercio all'ingrosso (escluso quello di autoveicoli e di motocicli)

148 212 -64 130 177 -47 -12,2% -16,5%

G 47 Commercio al dettaglio (escluso quello di autoveicoli e di motocicli)

213 306 -93 199 233 -34 -6,6% -23,9%

TOTALE 387 557 -170 364 453 -89 -5,9% -18,7%

Fonte: Infocamere, banca dati StockViewElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

1 Si precisa che quanto rilevato dalla banca dati StockView e defi nito “nazionalità” è il Paese di nascita della persona, desunto dal codice fi scale presente nella visura dell’impresa. Va inoltre tenuto presente che all’interno dei Paesi extracomunitari è presente anche la Svizzera, Paese in cui risultano nati anche alcuni imprenditori di nazionalità italiana.

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In generale, dal momento che il bacino di utenza di una grande struttura ha un raggio di un centinaio di chilometri (specie se è posta vicino all’autostrada o comunque in punti facilmente raggiungibili), si attendono ripercussioni in tutto il territorio circostante, a cominciare dagli esercizi dei centri storici, che sono penalizzati da diffi coltà di accesso e che stentano rispetto ai centri commerciali a presentarsi come un soggetto unitario. Inoltre gli imprenditori locali faticano ad inserirsi all’interno delle gallerie commerciali della grande distribuzione, perché tali strutture preferiscono rapportarsi alle catene di franchising nazionali, che sono più abituate a lavorare con la GDO. E’ anche vero che i consumatori del territorio provinciale hanno già a disposizione una nutrita offerta di strutture della grande distribuzione, da Ravenna a Faenza a Savignano sul Rubicone a Rimini, per cui si può anche ipotizzare che le nuove aperture avranno come primo effetto quello d’intercettare il fl usso di clientela che fi nora si è rivolta a tali analoghe strutture. Si prevede comunque che la valutazione dell’impatto effettivo di queste nuove aperture sulla rete commerciale del territorio non potrà essere fatta prima della fi ne del 2011, poiché in genere una situazione di equilibrio dopo cambiamenti così signifi cativi si raggiunge dopo circa sei mesi, nei quali si prevede che le attività commerciali esistenti soffriranno notevolmente per l’intensifi carsi della competizione.Un altro problema è quello della regolamentazione delle aperture domenicali. La normativa regionale le liberalizza nei centri a prevalente economia turistica. Alcune associazioni di categoria però ritengono che lo status di “centro ad economia turistica” venga riconosciuto con troppa facilità a territori, come le periferie dei maggiori centri urbani o i Comuni di cintura, che in realtà non hanno vocazione turistica ma che vedono insediate sul loro territorio strutture della grande distribuzione. Questa situazione non è ritenuta equa nei confronti degli esercizi dei centri storici, in particolare quelli del settore abbigliamento e calzature, che, per loro natura, sono fondati sulla conduzione individuale o familiare, a differenza degli esercizi in franchising dei centri commerciali, e perciò non possono reggere la competizione sull’apertura domenicale continuativa. Pertanto viene

auspicato che le Amministrazioni del territorio si mantengano fedeli allo spirito della normativa e siano più attente a salvaguardare una situazione di equilibrio nel regolamentare le aperture festive degli esercizi commerciali. D’altro canto, le stesse associazioni di categoria riconoscono che negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento nelle abitudini di acquisto che, a seguito delle trasformazioni sociali e della nuova organizzazione familiare, sono ora concentrate nei weekend; alcuni operatori segnalano addirittura che l’incasso del weekend ormai equivale a quello del resto della settimana. Pertanto si riconosce la necessità che anche i piccoli imprenditori dei centri storici accettino la sfi da e si organizzino per garantire maggiormente le aperture nei giorni festivi, se questo benefi cia la redditività dei loro negozi. L’auspicio degli operatori è che si crei un rapporto più profi cuo fra amministratori e associazioni di categoria per una regolamentazione concertata delle aperture domenicali. Ci si propone inoltre di puntare maggiormente all’inserimento di tali aperture all’interno di progetti di qualifi cazione delle domeniche nei centri storici, collegandole per esempio ad eventi culturali come mostre, o ad altre iniziative promozionali, valorizzando quindi l’aspetto di opportunità per i piccoli imprenditori che le aperture festive possono avere, evitando invece che vengano vissute come un ulteriore onere.Per quanto riguarda le prospettive di sviluppo del settore, alcuni operatori ritengono che un ambito promettente su cui puntare

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sia quello dei piccoli esercizi alimentari specializzati in prodotti freschi e di qualità del territorio, sulla falsariga del modello degli acquisti a chilometro zero, esercizi che dovrebbero insediarsi nelle zone residenziali e svolgere in forma nuova le funzioni dei vecchi esercizi di vicinato. Da sondaggi fatti sui consumatori risulta che l’idea di acquisti di minor entità ma più frequenti e concentrati su prodotti freschi e di qualità, incontra il favore e l’interesse del pubblico. Per questo è in atto un progetto per incentivare e sostenere l’apertura nel comprensorio forlivese di nuovi esercizi concepiti secondo questo modello; il progetto prevede anche la creazione di un marchio di qualità per questi esercizi e per i prodotti venduti. Una condizione per la buona riuscita di questo tipo di esercizi è che gli imprenditori investano su un solido percorso formativo, necessario per acquisire gli strumenti per fornire quei servizi e quell’assistenza alla clientela irrinunciabili per un’attività commerciale che sia moderna e competitiva. Una formazione adeguata degli addetti del resto è ritenuta fondamentale anche per il settore non alimentare, in quanto l’attività commerciale, per essere competitiva anche per i piccoli esercizi, dovrà essere sempre più specializzata e fornire un surplus di servizi alla clientela.Altre associazioni di categoria sottolineano che la crisi ha stimolato la volontà di resistere dei piccoli imprenditori e li ha incentivati ad assumere maggiormente una concezione di gruppo per poter competere in modo unitario con la grande distribuzione; cosa che fi nora è risultata molto diffi cile poiché i piccoli imprenditori agiscono tipicamente in un’ottica individuale.Tali associazioni lamentano poi la mancanza da parte degli enti locali di un piano d’azione organico a sostegno del commercio; vi sono interventi, ma sono ritenuti disorganici e quindi carenti di una visione di fondo. Ad esempio viene sottolineata la necessità di politiche urbanistiche coerenti e ad ampio respiro per la qualifi cazione e lo sviluppo dei centri storici, che prevedano al loro interno

anche l’individuazione di aree strategiche per l’insediamento di attività commerciali e di laboratori artigianali qualifi cati. Sempre in quest’ottica si sottolinea la necessità di un progetto di viabilità e accesso ai centri storici unitario e coordinato con le suddette politiche di qualifi cazione, invece di piccoli interventi parziali e privi di una visione di fondo. Le zone pedonali totali sono giudicate benefi che allo sviluppo delle attività commerciali, purché sostenute da adeguati interventi infrastrutturali (parcheggi sotterranei, navette e mezzi pubblici ecc.). Al contrario vengono giudicate controproducenti le zone a traffi co limitato - che non eliminano defi nitivamente il traffi co e quindi non incentivano lo shopping a piedi - oltre alla carenza e all’alto costo dei parcheggi. Per quanto riguarda specifi camente il centro storico forlivese, alcune associazioni segnalano anche il livello ormai insostenibile, data l’attuale situazione di crisi, degli affi tti dei negozi e l’eccessiva diffusione degli sportelli bancari che hanno tolto molti spazi per l’apertura di attività commerciali in zone strategiche che sarebbero state invece molto adatte.Un altro problema strutturale del settore segnalato da altri operatori è la sua perdita di attrattiva nei confronti dei giovani, per cui anche nei centri storici le nuove aperture di vere attività commerciali locali sono sempre più rare, sostituite da punti vendita in franchising, con una conseguente tendenza all’omologazione e quindi all’impoverimento.In sintesi, ci sarebbe molto da fare, ma l’urgenza non si accorda coi tempi lunghi della burocrazia e l’ampiezza degli interventi richiesti si scontra con l’esiguità dei fondi che nell’attuale situazione di crisi colpisce le amministrazioni locali. In ogni caso, gli operatori auspicano da esse azioni che consentano al settore di trovare a breve una via d’uscita dalla crisi. La richiesta è quella di uno sforzo urgente per l’individuazione di una scala di priorità condivisa fra amministrazioni e associazioni di categoria per ridare slancio alla parte dinamica del settore con progetti concreti e mirati.

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O M M E R C I O E S T E R OC Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

Le stime sul quadro generale per il 2010 del Fondo Monetario Internazionale (FMI), riviste recentemente nell’ambito del World Economic Outlook Update del 26 gennaio 2011, confermano che la ripresa mondiale sta continuando con la modalità preannunciata nell’Outlook di ottobre 2010. Una crescita a due velocità, da una parte i “paesi sviluppati” la cui crescita, con alcune eccezioni, stenta a consolidarsi e, dall’altra i paesi emergenti e in via di sviluppo le cui economie - viceversa - corrono il rischio di surriscaldamento. Il 2010 si è chiuso con un aumento del PIL pari al 5,0% che si è sostanziato in un +3,0% per le economie avanzate (+1,8% Area Euro ed un +1,0% per l’Italia), ed in un +7,1% per le economie emergenti ed in via di sviluppo (+10,3% per la Cina e +7,5% per il Brasile).Le previsioni FMI per il futuro lasciano intravedere un certo ottimismo, anche se la ripresa viene prevista con intensità variabile da paese a paese e di tono comunque inferiore a quello del 2010. Il PIL mondiale è previsto per il 2011 in aumento del 4,4%, con i paesi sviluppati che dovrebbero crescere del 2,5% a fronte di un aumento del 6,5% per le economie emergenti ed in via di sviluppo. In questo contesto, è previsto che l’Italia registri una variazione del PIL pari all’1,0% per il 2011 e all’1,3% nel 2012, stima rivista in ribasso rispetto ai dati, sempre FMI, dell’ottobre 2010. Va notato come le stime (dati consultivi) e le previsioni (dati prospettici) per l’Italia indichino - da diverso tempo a questa parte - una crescita più debole rispetto alla media delle economie avanzate.Questo è il contesto nel quale si è mosso il commercio mondiale nel 2010 e lo scenario nel quale si muoverà nel corso dei prossimi anni. La situazione appena descritta deve essere combinata col fatto, messo in luce anche in occasione del rapporto dello scorso anno, che il commercio estero mondiale, da diverso tempo a questa parte, mostra la tendenza ad amplifi care le variazioni del PIL, ciò a seguito del crescente livello di interdipendenza delle economie mondiali e degli effetti della globalizzazione.Premesse queste considerazioni, non deve stupire che l’aumento del 5,0% del PIL mondiale stimata per il 2010 si sia tradotto, sempre secondo le ultime stime disponibili dell’FMI, in +12,0% per il commercio mondiale di beni e servizi. Una variazione

capace di compensare il calo registrato nel 2009 e del quale s’è dato conto nel precedente rapporto. Le previsioni per il 2011 parlano di una variazione positiva del commercio mondiale pari al 7,1%, che dovrebbe essere seguita da un aumento del 6,8% per il 2012. Nel corso del 2011 le esportazioni dei paesi sviluppati dovrebbero crescere del 6,2%. Quelle dei paesi in via di sviluppo di un più notevole 9,2%.

Le esportazioni italiane nei primi nove mesi del 2010 hanno registrato un aumento, secondo gli ultimi dati ISTAT a disposizione, del 14,3%, a fronte di una contrazione del 23,7% registrata l’anno passato.Il valore delle esportazioni della provincia di Forlì-Cesena nel periodo gennaio-settembre 2010 è stato pari a 1.864.323 migliaia di euro, mostrando un aumento, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, pari al 14,2%. L’anno passato si era registrata una variazione negativa del 29,4%. A parte qualche differenza misurabile in decimali di punti percentuali, la situazione che si delinea a Forlì-Cesena è la stessa che troviamo a livello regionale e nazionale. Siamo di fronte ad una ripresa del commercio estero “a due cifre”, anche se i forti aumenti messi a segno quest’anno devono scontare gli ancor più poderosi cali registrati l’anno passato. A seguito della situazione descritta, il peso di Forlì-Cesena sulle esportazioni regionali si mantiene, sostanzialmente, costante a fronte del calo registrato l’anno passato che aveva interrotto la lunga serie di aumenti del peso

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dell’export provinciale verifi catasi lungo il decennio precedente.Non tutte le province della regione fanno registrare variazioni positive del proprio export per il periodo considerato. La provincia di Piacenza riporta, infatti, una contrazione dell’export pari al 12,2%. Per due tra le maggiori province esportatrici della regione, Modena e Reggio Emilia, gli aumenti registrati sono minori della media regionale (rispettivamente, 11,5% e 12,1%). Prossima alla variazione regionale l’aumento dell’altra maggior provincia esportatrice, Bologna, col 15,3%. Le province che riportano i risultati più brillanti sono Ferrara (+34,2%), Parma (+24,9%), Rimini (24,8%) e Ravenna (+22,2%).Il peso delle esportazioni dell’Emilia-Romagna sul dato nazionale rimane, sostanzialmente, costante al 12,7% del 2009. Dopo il picco del 2008 (13%) questo valore torna prossimo a quello del 2007.

Dall’analisi dell’export per settore emerge che, sostanzialmente, tutti i settori con un peso sull’export provinciale superiore all’1% registrano un aumento del valore

delle proprie esportazioni. Fanno eccezione due settori, quello degli apparecchi elettrici (facente parte del più generale comparto della meccanica) che riporta una diminuzione delle esportazioni del 4,5% e quello degli articoli in pelle e simili (prevalentemente calzature), che vede diminuire il proprio export del 9,8%. Quest’ultimo fatto non è certo di poco conto visto che il settore in questione pesa per il 9,8% sulle esportazioni di Forlì-Cesena. Escludendo per il momento i settori che fanno capo alla meccanica, quelli che fanno registrare le migliori performance sono quello delle sostanze e prodotti chimici (+39,1%), quello dei mobili, in particolare imbottiti, (+34,1%) ed i prodotti delle altre attività manifatturiere (+24,9%). Di assoluto riguardo anche la performance degli articoli sportivi che incrementano le proprie esportazioni del 21,1%. Il comparto della meccanica, globalmente considerato, riporta un aumento del 20%. Questo comparto, con un peso superiore al 42%, è sicuramente il più importante per le esportazioni provinciali ma non riveste la stesso ruolo preminente che ricopre in altre realtà della regione, come risulta immediato considerando che

ESPORTAZIONIProvince dell’Emilia-Romagna e ItaliaGennaio-Settembre - valori in migliaia di euro

VALORI ASSOLUTI var. %

2010/2009

INDICI DI COMPOSIZIONE

2009 2010 (*) 2009 2010 (*)

SU EMILIA-ROMAGNA

Piacenza 1.650.067 1.449.356 -12,2% 6,1% 4,6%

Parma 2.867.061 3.580.445 24,9% 10,5% 11,5%

Reggio Emilia 4.869.678 5.459.958 12,1% 17,9% 17,5%

Modena 6.147.149 6.855.560 11,5% 22,6% 22,0%

Bologna 6.124.924 7.064.911 15,3% 22,5% 22,6%

Ferrara 1.048.982 1.407.559 34,2% 3,9% 4,5%

Ravenna 1.952.447 2.386.400 22,2% 7,2% 7,6%

Forlì-Cesena 1.632.564 1.864.323 14,2% 6,0% 6,0%

Rimini 923.087 1.152.068 24,8% 3,4% 3,7%

EMILIA-ROMAGNA 27.215.960 31.220.579 14,7% 100,0% 100,0%

EMILIA-ROMAGNA SU ITALIA

ITALIA 215.391.695 246.226.855 14,3% 12,6% 12,7%

(*) - Dati provvisoriFonte: ISTAT - banca dati CoewebElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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ESPORTAZIONI PER SETTOREGennaio-Settembre - valori in migliaia di euro

CLASSIFICAZIONE CPATECO

Forlì-Cesena INDICI DI COMPOSIZIONE

2009 2010(*) variaz.%2010/2009

Forlì-Cesena 2010(*)

Emilia- Romagna 2010(*)

Italia 2010(*)

A-PRODOTTI DELL'AGRICOLTURA, DELLA SILVICOLTURA E DELLA PESCA

163.447 173.761 6,3% 9,3 1,9 1,6

B-PRODOTTI DELL'ESTRAZIONE DI MINERALI DA CAVE E MINIERE

174 144 -17,1% 0,0 0,1 0,4

CA-Prodotti alimentari, bevande e tabacco 139.508 150.695 8,0% 8,1 8,2 6,3

CB13-Prodotti tessili 17.703 20.200 14,1% 1,1 0,9 2,6

CB14-Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia)

47.608 54.842 15,2% 2,9 7,8 4,5

CB15-Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili

203.569 183.567 -9,8% 9,8 2,0 4,0

CC-Legno e prodotti in legno; carta e stampa 44.893 50.294 12,0% 2,7 1,1 2,1

CD-Coke e prodotti petroliferi raffi nati 214 124 -42,3% 0,0 0,1 4,2

CE-Sostanze e prodotti chimici 41.923 58.298 39,1% 3,1 5,9 6,6

CF-Articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici

6.065 8.155 34,5% 0,4 2,2 4,1

CG-Articoli in gomma e materie plastiche, altri pro-dotti della lavorazione di minerali non metalliferi

117.365 134.567 14,7% 7,2 11,1 6,2

CH-Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti

168.237 248.069 47,5% 13,3 7,8 11,3

CI-Computer, apparecchi elettronici e ottici 36.241 74.173 104,7% 4,0 2,2 3,2

CJ-Apparecchi elettrici 134.839 128.798 -4,5% 6,9 5,5 5,6

CK-Macchinari ed apparecchi n.c.a. 285.794 295.782 3,5% 15,9 27,6 17,1

CL-Mezzi di trasporto 32.830 44.467 35,4% 2,4 10,2 10,1

CM31-Mobili 80.166 107.473 34,1% 5,8 3,1 5,4

CM323-Articoli sportivi 98.091 118.764 21,1% 6,4 1,1 2,2

CM-Prodotti delle altre attività manifatturiere (esclusi mobili e articoli sportivi)

188.877 235.839 24,9% 12,7 0,4 0,2

D-ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA CONDIZIONATA

- - - 0,0 0,0 0,3

E-PRODOTTI DELLE ATTIVITA' DI TRATTAMEN-TO DEI RIFIUTI E RISANAMENTO

1.944 1.523 -21,7% 0,1 0,3 0,4

J-PRODOTTI DELLE ATTIVITA' DEI SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE

1.107 611 -44,8% 0,0 0,5 0,5

M-PRODOTTI DELLE ATTIVITA' PROFESSIONA-LI, SCIENTIFICHE E TECNICHE

16 8 -47,9% 0,0 0,0 0,0

R-PRODOTTI DELLE ATTIVITA' ARTISTICHE, SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO E DIVERTI-MENTO

54 37 -32,2% 0,0 0,0 0,1

S-PRODOTTI DELLE ALTRE ATTIVITA' DI SER-VIZI

- - 0,0 0,0 0,0

V-MERCI DICHIARATE COME PROVVISTE DI BORDO, MERCI NAZIONALI DI RITORNO E RESPINTE, MERCI VARIE

154 368 138,5% 0,0 0,1 1,2

TOTALE 1.632,564 1.864.323 14,2% 100,0 100,0 100,0

(*) - Dati provvisori; il totale può non coincidere con lo stesso dato di altre tabelle causa arrotondamentoFonte: ISTAT - banca dati CoewebElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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il peso medio regionale del settore è del 53%. Tornando al livello provinciale non tutti i settori che vengono “integrati” all’interno del comparto meccanica hanno avuto comportamenti omogenei. In particolare, si passa dal +104,7% di computer apparecchi elettronici ed ottici, al -4,5% degli apparecchi elettrici, al +47,5% dei metalli e prodotti in metallo, al +35,4% dei mezzi di trasporto e al +3,5% degli apparecchi e macchinari.Notevole, poi, il ruolo giocato dalle esportazioni dei prodotti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca che registrano in provincia un peso pari al 9,3%, ben al di sopra di quanto fatto rilevare a livello regionale (1,9%) e nazionale (1,6%). L’incidenza del comparto alimentare (industria alimentare, bevande e tabacchi) è pari all’8,1% in provincia; dato in linea coi valori registrati a livello regionale (8,2%), ma superiore al livello nazionale (6,3%). Altri due settori di specializzazione locale possono essere considerati quello dei mobili, che registra un peso in provincia del 5,8%, contro una media regionale del 3,1% e quello degli articoli sportivi che riporta un peso sulle esportazioni totali del 6,4%, contro una media regionale dell’1,1%.Passando ad un’analisi dinamica, il comparto alimentare ha riportato variazioni inferiori alla media (agricoltura, silvicoltura e pesca

hanno registrato un +6,3% mentre i prodotti alimentari riportano un +8,0%).

Dall’analisi delle esportazioni per i principali mercati di destinazione è possibile notare che nei primi nove mesi del 2010, analogamente a quanto registrato nei primi nove mesi del 2009, e da molto tempo a questa parte, il maggior mercato di sbocco per le imprese della provincia è costituito dall’Unione Europea, verso cui sono indirizzate il 61,5% delle esportazioni, percentuale in ulteriore aumento rispetto all’anno passato (60,4%). L’orientamento verso l’Unione Europea dell’economia della provincia rimane ancora leggermente superiore a quello regionale (57,1%) anche per l’effetto del peso sull’export locale dell’agricoltura. Una parte dei prodotti agricoli, infatti, ha un tempo di vita utile molto limitato è può essere esportato solo verso paesi limitrofi . Alle spalle dell’Unione Europea, l’area che maggiormente assorbe le esportazioni di Forlì-Cesena è costituita dall’Europa extra-UE, con un peso dell’11,9%. La stessa situazione si riscontra a livello regionale, anche se con una minore intensità (9,8%). L’Europa nel suo complesso risulta, quindi, essere destinataria di ben il 73,4% delle esportazioni della provincia (percentuale

SCAMBI CON L’ESTERO PER AREA GEOGRAFICA - PROVINCIA DI FORLÌ-CESENAGennaio-Settembre 2010 - valori assoluti e variazione

AREA 2009 2010 (*) var 2009-2010

import export import export import export

Unione Europea 559.295.934 986.729.068 704.611.041 1.147.184.231 26,0% 16,3%

Europa extra UE (**) 36.858.795 215.371.298 44.090.476 222.521.533 19,6% 3,3%

Africa settentrionale 28.612.561 43.621.423 22.242.897 46.857.954 -22,3% 7,4%

Altri paesi africani 42.877.409 34.422.001 36.854.691 36.828.628 -14,0% 7,0%

America settentrionale 47.561.442 92.704.197 14.321.448 102.835.259 -69,9% 10,9%

America centro-meridionale 34.329.559 32.230.758 41.559.558 42.267.959 21,1% 31,1%

Medio Oriente 5.310.744 77.507.043 13.073.357 74.736.246 146,2% -3,6%

Asia centrale 31.584.891 26.716.316 45.748.094 29.885.897 44,8% 11,9%

Asia orientale 144.767.369 103.640.780 185.206.319 137.798.161 27,9% 33,0%

Oceania e altri territori 2.581.625 17.783.976 4.328.252 22.811.240 67,7% 28,3%

Altre destinazioni - 1.837.051 - 595.403 -67,6%

TOTALE GENERALE 933.780.329 1.632.563.911 1.112.036.133 1.864.322.511 19,1% 14,2%

(*) - Dati provvisori(**) Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Isole Faeroer, Andorra, Gibilterra, Turchia, Albania, Ucraina, Bielorussia, Molda-via, Fed.di Russia, Croazia, Bosnia e Erzegovina, Serbia e Montenegro, Rep. Iugoslava di MacedoniaFonte: ISTAT - banca dati CoewebElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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analoga a quella dell’anno passato) e del 66,9% di quelle emiliano-romagnole (l’anno scorso era il 68,3%). Scendendo lungo questa classifi ca, le successive posizioni sono occupate dall’Asia Orientale (7,4%) e dall’America Settentrionale (5,5%).Passando da un’ottica statica ad una dinamica, è possibile concentrarsi sulle variazioni delle esportazioni nelle diverse aree geo-economiche. Quelle che hanno fatto registrare la maggior crescita a livello provinciale sono l’Asia Orientale (+33,0%) e l’America Centro-meridionale (+31,1%). Si tratta delle due aree del mondo dove sono collocati i paesi che fanno registrare la maggior crescita economica (Cina, India e Brasile). Le esportazioni provinciali non crescono verso tutte le aree geo-economiche, infatti, verso il Medio-Oriente si registra una diminuzione del 3,6%. Risultati positivi, ma non brillanti, quelli verso Europa extra-UE (+3,3%).I dati a disposizione consentono di affi nare l’analisi dei mercati di sbocco con l’identifi cazione dei paesi che attraggono maggiormente le esportazioni provinciali. Il paese leader di questa graduatoria è la Germania col 15,4%. Alle spalle della maggiore economia del continente troviamo

un altro paese europeo, la Francia, con l’11,7%. Segue la Gran Bretagna che, col 5,8%, ha riacquistato la terza posizione che l’anno passato era stata della Russia, ora scesa alla quarta posizione (5,4%). Gli Stati Uniti rimangono in quinta posizione col 4,8%.Fra i paesi non europei, è di interesse la situazione della Cina (2%), che vede in un solo anno triplicare gli acquisti di prodotti provenienti dalla provincia. Si spiega in questo modo la considerevole variazione delle esportazioni verso l’Asia Orientale sopraccennata. L’importanza della Cina come meta delle esportazioni locali viene sottolineata anche dal fatto che, considerando anche le esportazioni verso Hong Kong (storicamente porta alternativa di ingresso nel paese di molte merci), la quota cinese sull’export provinciale si piazza a metà strada tra quella della Polonia e quella della Spagna, due mercati tradizionali per le imprese del territorio.Le variazioni delle esportazioni verso i primi venti partner commerciali della provincia non sono tutte positive. Grecia, Belgio, Svizzera e Giappone hanno acquistato nei primi nove mesi del 2010 meno merci di quella comprate nei primi nove mesi del 2009. Svizzera e Giappone, in particolare,

SCAMBI CON L’ESTERO PER AREA GEOGRAFICAGennaio-Settembre 2010(*) - incidenza percentuale

AREAIMPORTAZIONI ESPORTAZIONI

Forlì-Cesena Emilia Romagna Forlì-Cesena Emilia Romagna

Unione Europea 63,4% 63,0% 61,5% 57,1%

Europa extra UE (**) 4,0% 6,4% 11,9% 9,8%

Africa Settentrionale 2,0% 1,4% 2,5% 3,1%

Altri paesi africani 3,3% 1,0% 2,0% 1,7%

America Settentrionale 1,3% 2,8% 5,5% 7,5%

America Centrale e del Sud 3,7% 3,9% 2,3% 3,7%

Medio Oriente 1,2% 1,0% 4,0% 4,5%

Asia Centrale 4,1% 1,8% 1,6% 2,5%

Asia Orientale 16,7% 18,4% 7,4% 8,7%

Oceania e altri territori 0,4% 0,4% 1,2% 1,2%

Altre destinazioni 0,0% 0,0% 1,2% 1,3%

TOTALE GENERALE 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

(*) - Dati provvisori(**) Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Svizzera, Isole Faeroer, Andorra, Gibilterra, Turchia, Albania, Ucraina, Bielorussia,Moldavia, Fed.di Russia, Croazia, Bosnia e Erzegovina, Serbia e Montenegro, Rep. Iugoslava di MacedoniaFonte: ISTAT - banca dati CoewebElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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hanno ridotto di molto i propri acquisti (-14,6 e -22,3%). I paesi più dinamici sono stati, oltre alla Cina, la Danimarca (+127,4%), l’Austria (+40,9%), la Turchia (+34,8%) e l’India, l’altro grande paese asiatico in forte crescita (+24,7%).

Per valutare il grado di innovatività delle esportazioni della provincia, i prodotti sono stati riclassifi cati in base al contenuto tecnologico intrinseco e alla tecnologia utilizzata nel processo produttivo, venendo così a creare una nuova classifi cazione dei prodotti in tre macroclassi.Dall’analisi degli ultimi dati provinciali disponibili, relativi all’anno 2009, emerge che le esportazioni di prodotti specializzati e high tech rappresentano il 36,6% del totale provinciale, mentre costituiscono il 47,3% di quello regionale, il 42,7% di quello del Nord-est ed il 43,3% di quello nazionale. Il confronto coi dati corrispondenti del 2008 mette in luce un ridimensionamento rispetto all’anno passato del peso delle esportazioni di prodotti appartenenti a questa classe di contenuto tecnologico per tutti i contesti territoriali presi ad esame, ad eccezione di quello nazionale.Le esportazioni dei prodotti tradizionali e standard sono il 53,6% del valore provinciale, il 50,6% di quello regionale, il 55,1% di quello del Nord-est ed il 54,8% di quello nazionale. Il peso di questo tipo di esportazioni colloca

la provincia, sostanzialmente, a metà strada tra la situazione a livello regionale (che vede una minore incidenza di questa tipologia di prodotti) e quella a livello nazionale (che, invece, ne registra un’incidenza maggiore). Nel confronto con l’anno passato, il peso di questa classe tecnologica di prodotti è in aumento, anche se con intensità diverse, in tutti gli ambiti territoriali in analisi, ad eccezione di quello nazionale.Le esportazioni dei prodotti dell’agricoltura e materie prime sono il 9,8% del totale provinciale, il 2,0% di quello regionale, il 2,2% di quello del Nord-est e l’1,9% di quello nazionale, a conferma della marcata vocazione agricola della provincia. Va notato che le esportazioni di prodotti dell’agricoltura sono, giustamente, considerate in maniera a se stante nella classifi cazione adottata dall’Istituto Tagliacarne e qui riproposta. Il semplice fatto che un prodotto sia di origine agricola, infatti, non dice nulla sul livello tecnologico del processo produttivo che ne ha consentito l’ottenimento. Un prodotto agricolo può, infatti, essere il frutto di un processo produttivo residuale ed anacronistico oppure uno dei maggiori ritrovati della tecnologia contemporanea, basti pensare ai processi bio-tecnologici che spesso sostengono l’agricoltura e allo sforzo tecnologico e organizzativo implicito nella commercializzazione del prodotto (selezione e cernita, packaging, catena del

CONTENUTO TECNOLOGICO DI IMPORT ED EXPORTAnno 2009 - valori assoluti in migliaia di euro e composizione sul totale provinciale

IMPORTAZIONI

Agricoltura materie prime Prodotti tradizionali e standard Prodotti specializzati e high tech

Forlì-Cesena 107.359.527 8,7 740.334.179 60,1 384.727.891 31,2

Emilia Romagna 1.327.476.814 6,1 12.645.882.237 58,4 7.671.933.248 35,4

Nord-Est 4.935.099.255 8,0 35.321.238.039 57,3 21.421.920.843 34,7

ITALIA 54.305.801.495 18,5 136.663.442.290 46,5 103.243.557.420 35,1

ESPORTAZIONI

Agricoltura materie prime Prodotti tradizionali e standard Prodotti specializzati e high tech

Forlì-Cesena 217.479.910 9,8 1.186.370.987 53,6 808.920.293 36,6

Emilia Romagna 736.166.226 2,0 18.444.350.438 50,6 17.236.012.315 47,3

Nord-Est 1.988.012.344 2,2 49.849.744.284 55,1 38.682.338.972 42,7

ITALIA 5.574.736.997 1,9 158.899.721.171 54,8 125.638.159.030 43,3

Fonte: elaborazioni Istituto Tagliacarne su dati ISTAT

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freddo, delivery nel minor tempo possibile, ecc). L’esportazione di prodotti agricoli da parte della provincia di Forlì-Cesena deve essere considerata come segnale della forte specializzazione territoriale in questo comparto, che ha visto la nascita di molte imprese cresciute con successo nel settore e che contribuiscono in maniera positiva all’accrescimento del livello tecnologico complessivo dell’area.Questa considerazione è in grado di porre sotto nuova luce il differenziale esistente con la media regionale in termini di esportazioni di prodotti ad alto contenuto tecnologico, infatti una cospicua parte dell’export provinciale di prodotti dell’agricoltura potrebbe essere annoverata tra le esportazioni di livello tecnologico medio alto o alto, andando a limare il gap esistente con la media regionale.A parte questa doverosa considerazione, dobbiamo notare come la contrazione dell’export avvenuta lungo il corso del 2009 e della quale abbiamo dato nota nella precedente edizione del presente rapporto, abbia determinato una modifi cazione del rapporto di composizione dell’export in termini di contenuto tecnologico, con una crescita del peso delle esportazioni di prodotti tradizionali e standard.

Il valore delle importazioni per i primi nove mesi del 2010 è pari a 1.112.036 migliaia di euro, con un aumento del 19,1% rispetto al valore dello stesso periodo del 2009. Le importazioni hanno, quindi segnato un aumento del proprio valore superiore a quello delle esportazioni.I settori dell’import che hanno fatto registrare le performance più signifi cative durante il periodo in analisi, prendendo in considerazione soltanto quelli con un peso superiore all’1% per garantire la signifi catività dell’analisi, sono stati: i mezzi di trasporto (+80,5%), i computer apparecchi elettronici ed ottici (+55,5%), i prodotti delle altre attività manifatturiere esclusi mobili e articoli sportivi (+53,8%) e le sostanze e prodotti chimici (+50,2%). Il comparto dei prodotti in metallo e prodotti in metallo risulta in forte crescita (+46,2%) e rappresenta il 10,4% delle importazioni provinciali. Per il comparto dei mobili, che rappresenta il 4,2% delle importazioni, la variazione è stata del 31,8%. Le importazione

degli articoli in gomma e materie plastiche sono cresciute del 26,9% e rappresentano il 6,5%. Le importazioni di prodotti in legno, che in provincia hanno un peso (6,4%) superiore a quello regionale (4,1%) e quasi doppio rispetto a quello nazionale (2,8%), hanno fatto rilevare un forte aumento, pari al 26,1%. Di interesse anche le performance degli articoli di abbigliamento (+23,2% e costituiscono l’8,5% dell’import), dei prodotti tessili (20,5% per un peso dell’1,5%) e anche degli articoli in pelle (+5,2% e per una incidenza del 2,1%). Per i prodotti agricoli, che costituiscono l’8,4% delle importazioni provinciali - rispetto al 5,2% regionale e al 3% nazionale - l’incremento è stato del 15,3%.Non tutti i settori hanno visto aumentare il valore delle proprie importazioni. Alimentari, bevande e tabacchi, che però rappresentano ben il 16,6% del totale, sono stazionari col -0,2%. Gli apparecchi elettrici e macchinari ed apparecchi sono invece in contrazione col -11,2 ed il -17,2%.L’esame delle importazioni per le principali aree di provenienza geografi ca indica un forte orientamento all’Unione Europea anche negli acquisti dall’estero. Dall’UE la provincia acquista il 63,4% delle proprie importazioni. Seguono, per importanza, l’Asia Orientale, col 16,7% e l’Asia Centrale col 4,1% e l’Europa extra UE col 40%.Passando a considerare i singoli paesi, è possibile notare come, anche per quel che riguarda le importazioni, il maggior partner commerciale della provincia sia la

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IMPORTAZIONI PER SETTOREGennaio-Settembre - valori in migliaia di euro

CLASSIFICAZIONE CPATECO

Forlì-Cesena INDICI DI COMPOSIZIONE

2009 2010(*) variaz.%2010/2009

Forlì-Cesena 2010(*)

Emilia- Romagna 2010(*)

Italia 2010(*)

A-PRODOTTI DELL'AGRICOLTURA, DELLA SILVICOLTURA E DELLA PESCA

81.418 93.883 15,3% 8,4 5,2 3,0

B-PRODOTTI DELL'ESTRAZIONE DI MINERALI DA CAVE E MINIERE

685 1.255 83,1% 0,1 1,2 16,0

CA-Prodotti alimentari, bevande e tabacco 184.964 184.538 -0,2% 16,6 14,3 6,9

CB13-Prodotti tessili 13.951 16.805 20,5% 1,5 1,4 1,7

CB14-Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia)

76.493 94.238 23,2% 8,5 6,8 3,4

CB15-Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili

22.195 23.347 5,2% 2,1 1,7 2,3

CC-Legno e prodotti in legno; carta e stampa 56.897 71.726 26,1% 6,4 4,1 2,8

CD-Coke e prodotti petroliferi raffi nati 425 2.397 463,8% 0,2 0,7 2,3

CE-Sostanze e prodotti chimici 66.146 99.328 50,2% 8,9 10,5 8,9

CF-Articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici

12.120 15.032 24,0% 1,4 1,6 4,9

CG-Articoli in gomma e materie plastiche, altri pro-dotti della lavorazione di minerali non metalliferi

56.565 71.808 26,9% 6,5 4,6 3,2

CH-Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti

79.430 116.152 46,2% 10,4 11,3 9,9

CI-Computer, apparecchi elettronici e ottici 73.548 114.357 55,5% 10,3 7,5 7,9

CJ-Apparecchi elettrici 41.927 37.210 -11,2% 3,3 4,4 3,6

CK-Macchinari ed apparecchi n.c.a. 109.715 90.896 -17,2% 8,2 10,4 6,3

CL-Mezzi di trasporto 15.640 28.233 80,5% 2,5 10,1 10,5

CM31-Mobili 35.832 47.239 31,8% 4,2 3,7 2,9

CM323-Articoli sportivi 4.860 7.925 63,1% 0,7 1,5 0,5

CM-Prodotti delle altre attività manifatturiere (esclusi mobili e articoli sportivi)

17.159 26.384 53,8% 2,4 0,3 0,2

D-ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA CONDIZIONATA

1.351 0 -100,0% 0,0 0,0 1,0

E-PRODOTTI DELLE ATTIVITA' DI TRATTAMEN-TO DEI RIFIUTI E RISANAMENTO

2.959 2.361 -20,2% 0,2 0,2 1,0

J-PRODOTTI DELLE ATTIVITA' DEI SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE

984 1.010 2,6% 0,1 0,3 0,3

M-PRODOTTI DELLE ATTIVITA' PROFESSIONA-LI, SCIENTIFICHE E TECNICHE

0 0 9,7% 0,0 0,0 0,0

R-PRODOTTI DELLE ATTIVITA' ARTISTICHE, SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO E DIVERTI-MENTO

137 56 -58,6% 0,0 0,0 0,0

S-PRODOTTI DELLE ALTRE ATTIVITA' DI SERVIZI

0 0 - 0,0 0,0 0,0

V-MERCI DICHIARATE COME PROVVISTE DI BORDO, MERCI NAZIONALI DI RITORNO E RESPINTE, MERCI VARIE

400 165 -58,8% 0,0 0,0 1,3

TOTALE 933.780 1.112.036 19,1% 100,0 100,0 100,0

(*) - Dati provvisori; il totale può non coincidere con lo stesso dato di altre tabelle causa arrotondamentoFonte: ISTAT - banca dati CoewebElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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Germania, col 13,2%, seguita dai Paesi Bassi che, col 12,0% (l’anno passato era il 9,4%), scalzano la Cina, anche se per poco, dalla seconda posizione occupata l’anno passato. Anche la Cina vede aumentare la propria quota dell’import dal 10,4% all’11,8%. Va notato che nel corso dell’ultimo anno la concentrazione delle importazioni da questi tre paesi è aumentata, passando dal 33,3% al 37,1%.E’ bene rammentare che il notevole aumento della quota di importazioni provenienti dai Paesi Bassi risente certamente del cosiddetto “effetto Rotterdam” dovuto al fatto che molte merci indirizzate ai paesi europei raggiungono il continente via nave tramite il porto di Rotterdam e, quindi, possono effettuare in Olanda le operazioni doganali per essere poi riesportate verso altri paesi

dell’UE, tra cui l’Italia. A seguito di questa situazione, si ha che le merci provenienti da un medesimo paese terzo possono essere annoverate, un determinato anno, come provenienti da esso se raggiungono l’Italia tramite un porto nazionale (in cui “fanno dogana”, come si suol dire) e, l’anno successivo, essere invece considerate come provenienti dai Paesi Bassi se, raggiungono l’Italia tramite il porto di Rotterdam (nel caso in cui espletino le formalità di importazione in quel porto). Questa situazione di fatto spiega una parte della notevole variabilità della quota olandese dell’import.Anche per le importazioni è possibile svolgere l’analisi relativa al contenuto tecnologico del prodotto importato o del processo produttivo che ne ha consentito l’ottenimento. Rispetto alla media regionale,

PRIMI 20 PAESIPER DESTINAZIONE DELL’EXPORTForlì-Cesena - Gennaio-Settembre 2010(*)

PRIMI 20 PAESIPER PROVENIENZA DELL’IMPORTForlì-Cesena - Gennaio-Settembre 2010(*)

PAESE migliaia di euro

indici di comp.

sul totale export

PAESE migliaia di euro

indici di comp.

sul totale import

1 0004-Germania 286.188 15,4% 1 0004-Germania 147.080 13,2%

2 0001-Francia 218.806 11,7% 2 0003-Paesi Bassi 133.624 12,0%

3 0006-Regno Unito 107.918 5,8% 3 0720-Cina 131.747 11,8%

4 0075-Russia 101.304 5,4% 4 0001-Francia 90.444 8,1%

5 0400-Stati Uniti 89.618 4,8% 5 0011-Spagna 80.479 7,2%

6 0011-Spagna 77.517 4,2% 6 0017-Belgio 47.578 4,3%

7 0060-Polonia 62.482 3,4% 7 0063-Slovacchia 34.345 3,1%

8 0003-Paesi Bassi 58.985 3,2% 8 0038-Austria 29.906 2,7%

9 0009-Grecia 54.784 2,9% 9 0006-Regno Unito 26.532 2,4%

10 0038-Austria 52.086 2,8% 10 0664-India 22.717 2,0%

11 0017-Belgio 39.635 2,1% 11 0064-Ungheria 21.963 2,0%

12 0039-Svizzera 39.536 2,1% 12 0666-Bangladesh 20.529 1,8%

13 0720-Cina 37.545 2,0% 13 0302-Camerun 19.088 1,7%

14 0052-Turchia 32.237 1,7% 14 0052-Turchia 17.661 1,6%

15 0008-Danimarca 30.002 1,6% 15 0528-Argentina 16.789 1,5%

16 0740-Hong Kong 25.621 1,4% 16 0736-Taiwan 15.838 1,4%

17 0732-Giappone 23.267 1,2% 17 0400-Stati Uniti 12.932 1,2%

18 0066-Romania 22.876 1,2% 18 0030-Svezia 11.421 1,0%

19 0664-India 21.225 1,1% 19 0039-Svizzera 11.105 1,0%

20 0061-Ceca, Repubblica 21.034 1,1% 20 0009-Grecia 10.818 1,0%

(*) - Dati provvisoriFonte: ISTAT - banca dati CoewebElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

(*) - Dati provvisoriFonte: ISTAT - banca dati CoewebElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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anche quest’anno l’import di prodotti dell’agricoltura (e materie prime) è superiore in provincia (8,7%) che a livello regionale (6,1%). Possiamo registrare la stessa situazione anche per i prodotti tradizionali e standard (60,1% in provincia contro il 58,4% in regione). Per converso, il peso delle importazioni di prodotti specializzati ed high-tech in provincia è pari al 31,2% mentre in regione raggiunge il 35,4%. Rispetto all’anno passato, è possibile registrare un aumento della quota dei prodotti agricoli e materia prime (da 7,3 a 8,7%) e dei prodotti specializzati e ad alta tecnologia (da 30,2 a 31,2%).I dati fi nora utilizzati per l’analisi dell’export e dell’import della provincia di Forlì-Cesena possono essere tra loro combinati rendendo possibile l’analisi dei saldi commerciali.

Prima di procedere con quest’analisi è doveroso proporre di seguito un’avvertenza in merito ai dati in oggetto. I saldi commerciali tra importazioni ed esportazioni, man mano che si passa dal livello nazionale a quello provinciale, perdono signifi catività poiché i prodotti commercializzati vengono attribuiti ai territori sulla base della documentazione necessaria ai fi ni doganali. Mentre per muoversi da uno Stato all’altro dell’UE o per attraversare il confi ne doganale comune è necessario che la merce sia accompagnata dalla prevista documentazione (Intrastat nel primo caso, DAU nel secondo). Invece per muoversi all’interno del territorio italiano, la merce non deve essere accompagnata da alcuna documentazione rilevante ai fi ni statistici per il commercio estero.

Di conseguenza, una merce proveniente da un paese extra UE che sia stata acquistata da un importatore della provincia che ne curi le pratiche doganali può, in un secondo momento, essere ceduta ad un cliente di un’altra provincia che la utilizza per il proprio processo produttivo, senza che la cosa venga in alcun modo registrata dalle statistiche sul commercio estero. Questo fenomeno fa si che la merce in questione risulti defi nitivamente registrata come importazione di Forlì-Cesena non essendo possibile annotare l’uscita verso la provincia terza in questione.Fatta questa precisazione, è possibile notare che il saldo commerciale della provincia per i primi nove mesi del 2010 è in attivo per 752.286 migliaia di euro in aumento rispetto allo stesso periodo del 2009 (quanto era pari a 698.784 migliaia di euro). Il miglioramento del saldo è avvenuto nonostante le importazioni siano aumentate più velocemente delle esportazioni. Questo è stato possibile perché le esportazioni si collocano storicamente su valori più elevati di quelli delle importazioni.Il saldo commerciale è positivo nei confronti di quasi tutte le aree geo-economiche. Fanno eccezione l’Asia Orientale, l’Asia Centrale e gli Altri Paesi Africani. Mentre il saldo commerciale nei confronti di quest’ultima area è notevolmente migliorato, tanto da sfi orare il pareggio, il disavanzo commerciale riportato verso l’Asia Orientale e Centrale è andato ingrossandosi. Caso a parte la situazione commerciale verso l’America Centrale e Meridionale verso la quale il disavanzo commerciale dell’anno passato s’è strasformato in un avanzo durante i primi nove mesi del 2010.Fra i saldi commerciali positivi spiccano per il loro ammontare quelli nei confronti delle maggiori economie del continente: Germania (+139.108 migliaia di euro), Francia (+128.362 migliaia di euro) e Regno Unito (+81.386 migliaia di euro). Di particolare interesse anche il saldo positivo riportato nei confronti della Grecia che risulta essere il quinto in ordine di grandezza (43.967 migliaia di euro) nonostante le ridotte dimensioni dell’economia del paese. Ciò è dovuto ad un notevole sbilanciamento tra import ed export verso la Grecia pur in assenza di volumi complessivamente molto elevati. Fra i saldi commerciali negativi spiccano quello verso la Cina (-94.201 migliaia di euro) e quello verso i Paesi Bassi (-74.639 migliaia

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IMPORT-EXPORT PER PAESEForlì-Cesena - Gennaio-Settembre 2010 (*) - valori in migliaia di euro

PAESI IMPORTAZIONI ESPORTAZIONI SALDO COMMERCIALE

UNIONE EUROPEA

Francia 90.444 218.806 +128.362

Paesi Bassi 133.624 58.985 -74.639

Germania 147.080 286.188 +139.108

Regno Unito 26.532 107.918 +81.386

Irlanda 10.484 8.814 -1.669

Danimarca 8.558 30.002 +21.444

Grecia 10.818 54.784 +43.967

Portogallo 4.441 16.959 +12.517

Spagna 80.479 77.517 -2.962

Belgio 47.578 39.635 -7.943

Lussemburgo 3.039 4.018 +979

Svezia 11.421 14.984 +3.564

Finlandia 8.484 8.449 -35

Austria 29.906 52.086 +22.180

Malta - 3.707 +3.707

Estonia 227 1.246 +1.018

Lettonia 153 1.429 +1.276

Lituania 299 3.882 +3.584

Polonia 8.466 62.482 +54.015

Repubblica Ceca 5.096 21.034 +15.938

Slovacchia 34.345 12.875 -21.470

Ungheria 21.963 14.085 -7.878

Romania 9.082 22.876 +13.794

Bulgaria 6.943 6.147 -797

Slovenia 5.142 12.990 +7.848

Cipro 7 5.276 +5.269

Provviste di bordo UE - 11 +11

TOTALE Unione Europea 704.611 1.147.184 +442.573

Altri Paesi d'Europa 44.090 222.522 +178.431

Africa Settentrionale 22.243 46.858 +24.615

Altri paesi africani 36.855 36.829 -26

America Settentrionale 14.321 102.835 +88.514

America Centrale e del Sud 41.560 42.268 +708

Vicino e medio Oriente 13.073 74.736 +61.663

Asia Centrale 45.748 29.886 -15.862

Asia Orientale 185.206 137.798 -47.408

Oceania e altri territori 4.328 22.811 +18.483

Altre destinazioni - 595 +595

TOTALE GENERALE 1.112.036 1.864.323 +751.691

(*) - Dati provvisoriFonte: ISTAT - banca dati CoewebElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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di euro). Sia i saldi positivi, sia quelli negativi dei quali si è appena dato conto risultano in aumento prefi gurando un ruolo ben preciso per la provincia di Forlì-Cesena: importatrice dalle economie asiatiche (soprattutto Cina) ed esportatrice verso le maggiori economie europee (Germania, Francia e Gran Bretagna). Nel prossimo futuro meriterà particolare attenzione la situazione commerciale descritta verso la Grecia. Questo Paese ha infatti adottato una serie di misure di austerità di notevole importanza che non potranno che infl uire negativamente sulla capacità di spesa della popolazione.

E’ possibile cogliere l’occasione della fi ne del primo decennio del nuovo millennio per approfondire quali siano state le tendenze di medio-lungo periodo del commercio estero della provincia di Forlì-Cesena. Nell’analisi che segue si farà riferimento ai valori dei primi nove mesi degli ultimi 10 anni e verrà posta attenzione al progressivo modifi carsi della composizione del commercio estero, in termini settoriali e geografi ci, posto che la tendenza di fondo è stata quella di un progressivo aumento del valore complessivo del commercio estero provinciale fi no allo scoppiare della crisi che ha, come noto, ridotto notevolmente il valore complessivo sia dell’export, sia dell’import.Osservando la composizione merceolo-gica delle esportazioni, è possibile notare che per tutto il decennio il comparto di mag-gior rilevanza è stato quello della meccanica,

il cui peso relativo ha raggiunto il massimo nel 2006 (51,7%) per poi ridiscendere pro-gressivamente e toccare il proprio minimo decennale nel periodo gennaio-settembre del 2009 (40,3%). Il comparto agro-alimen-tare sembrava essersi avviato lungo una len-ta ma progressiva diminuzione del proprio ruolo nell’export locale fi no al 2006, quando il suo peso ha ripreso a crescere raggiun-gendo il massimo decennale l’anno passato. A parziale spiegazione degli andamenti indi-cati per questi due comparti così importanti, va citata la diversa elasticità (cioè, sensibili-tà) delle esportazioni dei due settori verso il ciclo economico. Mentre la meccanica, in-fatti, è un settore fortemente ciclico, l’agro-alimentare ha una sensibilità molto inferio-re alle vicende macroeconomiche ed è per questo motivo defi nito anti-ciclico. Come conseguenza di questa diversa natura, nei periodi di espansione, il commercio estero di prodotti meccanici tende a crescere più velocemente della media, aumentando così la propria incidenza sul totale, proprio men-tre le esportazioni di prodotti agro-alimen-tari vedono diminuire il proprio peso.I prodotti in pelle (in particolare, le calzature) hanno vissuto due diverse stagioni nell’arco dell’ultimo decennio. Il loro peso sull’export provinciale si è mantenuto stabile fi no al 2006 per poi registrare un notevole aumento fi no al 2009, anno in cui ha ripreso a discendere, probabilmente a causa del ridursi della capacità di assorbimento di alcuni mercati che hanno risentito maggiormente della crisi, come l’Europa extra-UE.Gli articoli sportivi hanno registrato una progressiva crescita del proprio ruolo fi no allo scoppiare della crisi, quando avevano raggiunto un peso del 7,5% sul totale. La loro incidenza è ora in ripresa.Anche i mobili sembrano aver avuto una minor sensibilità al ciclo economico. Durante l’espansione, infatti, il loro ruolo è andato progressivamente diminuendo per poi rivitalizzarsi dopo la recessione quando hanno risentito, meno di altri, del calo generalizzato dell’export provinciale.Dall’analisi del peso sulle esportazioni di quelli che nel 2010 sono stati i maggiori paesi acquirenti di merci della provincia è possibile notare alcune tendenze di fondo. In primo luogo il ruolo della Russia che è andato consolidandosi dal 2002 in poi, prima lentamente e poi sempre più velocemente

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fi no al 2008 quando la crisi ha ridotto le capacità di spesa, anche se la stabilità del peso del paese sull’export provinciale (a valori di poco inferiori al 6%) mette in luce che l’andamento non si è discostato molto dalla media. In secondo luogo, è possibile notare il progressivo ridimensionarsi del ruolo del Regno Unito e degli Stati Uniti. Di interesse la situazione della Germania che fi no al 2006 sembrava destinata ad assorbire una quota sempre più ridotta dell’export provinciale per poi registrare un nuovo aumento di incidenza fi no a quest’anno. Stesso discorso per la Francia anche se questo paese ha toccato il minimo di incidenza sulle esportazioni locali nel 2008. Parabola speculare a quella tedesca quella disegnata dalla Spagna che ha superato l’8% di peso nel 2006, per poi calare progressivamente fi no a poco più del 4% nell’anno appena trascorso.Passando a considerare la composizione geografi ca delle importazioni il fenomeno che appare più evidente è quello della Cina. Il paese è passato da un peso sull’import del 3,2% del 2002 a quasi il 12% del 2010. Sostanzialmente stabile il peso di Gran Bretagna (ad eccezione di un picco registrato nel 2006 per l’importazioni di oltre 211 milioni di euro di computer ed apparecchi elettronici), Stati Uniti e Francia mentre appare in lento ridimensionamento il ruolo della Germania.

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I-631 - Saldo commerciale normalizzatoRapporto tra il saldo export-import e il totale di import ed export, moltiplicato per 100

Territorio: Forlì-Cesena

Analisi nel periodo 2000-2009Valore nell’anno 2009: 28,40%Valore minimo nel periodo: 25,75 % (anno 2003)Valore massimo nel periodo: 34,94 % (anno 2007)Valore medio nel periodo: 30,19 %

Modalità di lettura dei cruscotti. Il valore dell’indicatore nel 2009, indicato dalla freccia, è posto in re-lazione con l’intervallo dei valori assunti dal 2000 al 2009 (corona grigia esterna al cruscotto); la colorazione indica i valori positivi (verde), negativi (rosso), normali (giallo) assumibili dall’indicatore.

Territorio: Emilia-Romagna

Analisi nel periodo 2000-2009Valore nell’anno 2008: 25,52 %Valore minimo nel periodo: 23,14 % (anno 2007)Valore massimo nel periodo: 27,43 % (anno 2001)Valore medio nel periodo: 25,11 %

SIMET Le rappresentazioni grafi che riportate in questa pagina sono ottenute tramite SIMET - Sistema Integrato di Monitoraggio dell’Economia e del Territorio - strumento di analisi realizzato dalla Camera di Commercio di Forlì-Cesena e sviluppato dalla sua azienda speciale CISE. Si tratta solo di un esempio delle potenzialità di elaborazione e di analisi attualmente disponibili.

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Composizione delle movimentazioni di export per categoria merceologica dei prodotti(divisione Ateco 07)Territorio: Forlì-Cesena Territorio: Forlì-CesenaPeriodo di riferimento: 2000 Periodo di riferimento: 2009

DK 29 DN 36 AA 01 DC 19 DA 15 DJ 27 DH 25 DB 18 DM 35 DJ 28 DL 31 ALTRO

I-607 - Valore monetario exportSomma dei valori movimentazione di export (euro)

Prodotti specializzati Prodotti tradizionali in evoluzione Prodotti standard Prodotti dell’agricoltura Prodotti tradizionali Prodotti High Tech

Composizione delle movimentazioni di export per contenuto tecnologico dei prodotti

Territorio: Forlì-Cesena Territorio: Forlì-CesenaPeriodo di riferimento: 2000 Periodo di riferimento: 2009

Germania Francia Stati Uniti d’America Regno Unito Spagna Paesi Bassi Grecia Belgio Austria Altro

Germania Francia Stati Uniti d’America Regno Unito Spagna Paesi Bassi Grecia Russia Polonia Altro

Composizione delle movimentazioni di export per paese di destinazione

Territorio: Forlì-Cesena Territorio: Forlì-CesenaPeriodo di riferimento: 2000 Periodo di riferimento: 2009

AA 01 (Prodotti agricoli, animali e della caccia), CA 10 (Prodotti alimentari), CB 14 (Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia)), CB 15 (Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili), CG 22 (Articoli in gomma e materie plastiche), CH 24 (Prodotti della metallurgia), CJ 27 (Apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche), CK 28 (Macchinari e apparecchiature nca), CM 31 (Mobili), CM 32 (Prodotti delle altre industrie manifatturiere)

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U R I S M OT Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

Il nostro territorio, crocevia strategico sulle direttrici di comunicazione tra Nord, Centro e Sud Italia, si presenta come mosaico composito in cui le diverse tessere sono la costa e le sue località, l’Appennino con i borghi, le terme e la natura, le città, piccole e grandi, animate e vivaci, luoghi tutti dove la qualità della vita è considerata un valore e una risorsa. E il “buon vivere” è la caratteristica più evidente ed apprezzata dai turisti che considerano vacanza un insieme di fattori e di opportunità, ai fi ni dello svago che è relax, cultura, tradizione, “shopping”, ma anche divertimento, enogastronomia, sport.Da qui deriva l’esigenza di promuovere la nostra provincia, mettendone in mostra le eccellenze e valorizzandone le tipicità, in Italia e all’estero mediante la collaborazione tra enti ed istituzioni, accomunati dalla stessa fi nalità, far conoscere il territorio e proporlo in tutti i suoi aspetti; è strategia recente l’agire in collegamento con le realtà dei territori limitrofi , in particolare con Ravenna, secondo un’ottica di collaborazione, per la maggior riuscita delle iniziative che, puntando alle singole peculiarità, vanno oltre gli stretti confi ni amministrativi. Diventa importante “fare sistema”, unendo le risorse per rendere competitiva l’offerta turistica, per lanciare eventi dal respiro nazionale, per promuovere un modo nuovo di far turismo che coinvolga italiani e stranieri lungo un arco di tempo più ampio della solita stagione estiva. Per far ciò, accanto al miglioramento delle strutture ricettive, al perfezionamento del “calendario eventi”, alla salvaguardia dell’ambiente, all’organizzazione dei servizi, occorre sviluppare una adeguata rete infrastrutturale e dei trasporti.In tema di riqualifi cazione degli esercizi, importante è rispondere alle esigenze di un turismo che si è modifi cato nel tempo.Per questo la struttura ricettiva della provincia è già da tempo oggetto di ristrutturazione, adeguamento dei locali e dei servizi, sempre all’insegna del buon rapporto qualità-prezzo, comunque alla base del consenso riscosso dalle nostre strutture e della “tenuta” del modello turistico proposto, pur in questo particolare momento di crisi e nell’evoluzione del concetto stesso di vacanza. Molta attenzione quindi alla formula del “tutto compreso”, senza però rinunciare alla qualità dei servizi.

La consistenza della struttura ricettiva rilevata dalla provincia di Forlì-Cesena nel periodo gennaio-novembre 2010, appare, rispetto allo stesso periodo 2009, sostanzialmente stabile. Infatti nel complesso, nel 2010, gli esercizi alberghieri, complementari e privati della provincia di Forlì-Cesena raggiungono il numero di 2.902 (2.911 a dicembre 2009), con aumento del numero delle camere, 26.293 (25.128 nel 2009), dei bagni, 24.082 (23.032 nel 2009) e dei posti letto,78.952 (76.978 nel 2009).Invariati gli esercizi alberghieri che, comprese le 17 residenze turistico alberghiere, si attestano sui 596 esercizi. I più numerosi, in numero uguale al 2009, sono gli alberghi a tre stelle, pari a 368; gli hotel a quattro stelle sono 36, come nel 2009; diminuiscono ancora gli esercizi a due stelle, 127 (contro i 128 del 2009); sempre numericamente bassi gli alberghi a una stella, 48. Il numero totale dei letti, nell’alberghiero, ammonta a 46.826 (44.942 nel 2009) e quello dei bagni a 21.018 (19.957 nel 2009), con un rapporto, sostanzialmente invariato rispetto al 2009) di 1 bagno ogni 2,2 letti.Non sono presenti in provincia strutture alberghiere di categoria 5 stelle.In sintesi, gli alberghi a qualifi cazione medio-alta (tre e quattro stelle), rappresentano il 67,8% degli esercizi alberghieri, e l’82,2% dei posti letto; mentre gli alberghi di categoria “basic” (uno e due stelle), costituiscono il 29,4%, con il 14,8% dei posti letto.Sono compresi negli “esercizi complemen-

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010126

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tari” i campeggi, i villaggi turistici, gli alloggi in affi tto gestiti in forma imprenditoriale, gli agriturismi, gli ostelli, le case per ferie, i ri-fugi alpini, per un totale di 414 esercizi (3 in più rispetto al 2009) con numero totale di letti pari a 24.649 (erano 24.353 nel 2009).In crescita il numero degli agriturismi che da 106 (2009) diventano 109 nel 2010, con 1.488 letti, contro i 1.344 dell’anno passato. Invariato il numero dei campeggi (16); gli ostelli sono 12, i rifugi 3, le case per ferie 50.I bed & breakfast e gli alloggi privati nella provincia sono 1.892 (1.904 nel 2009), per un totale di 7.477 posti letto (7.683 nel 2009); in particolare i bed & breakfast sono 111, contro i 97 del 2009, con il relativo aumento di letti che diventano 402 (354 nel 2009).

I dati desunti dal Registro Imprese, riguardanti la consistenza delle imprese attive, connesse al turismo (codifi ca Ateco 2007 sezione I: attività dei servizi alloggio e ristorazione) al terzo trimestre 2010 evidenziano un leggero aumento, 2.654 pari a +1,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (2.624). Riguardo alla forma giuridica le società di capitale sono aumentate del 10%, quelle di persone e le imprese individuali invece sono diminuite rispettivamente dello 0,1% e dell’1,8%.Il settore in Emilia-Romagna conta, alla stessa data, 27.778 imprese attive, il 2,1% in più rispetto al 2009, (+2,5% in Italia). Sotto il profi lo della forma giuridica, analogamente a quanto accade nella nostra provincia, crescono maggiormente le società di

RICETTIVITA’ Forlì-Cesena - da gennaio a novembre 2010

Classifi cazione e tipologia Numero esercizi Camere Bagni Posti letto

ESERCIZIALBERGHIERI

5 stelle 0 0 0 0

4 stelle 36 2.378 2.441 5.596

3 stelle 368 14.029 14.490 32.879

2 stelle 127 2.774 2.882 5.529

1 stelle 48 745 731 1.428

Residenze turistico alberghiere 17 465 474 1.394

Totale 596 20.391 21.018 46.826

ESERCIZICOMPLEMENTARI

Campeggi (*) 16 931 257 3.296

Villaggi turistici (*) 0 0 0 0

Campeggi e Villaggi turistici in forma mista (*) 23 2.377 302 9.743

Alloggi in affi tto gestiti in forma imprenditoriale 201 368 452 1.284

Alloggi agroturistici e country house 109 601 550 1.488

Ostelli per la gioventù 12 246 260 1.529

Case per ferie 50 1.083 1.001 7.152

Rifugi alpini 3 23 19 157

Altri esercizi 0 0 0 0

Totale 414 5.629 2.841 24.649

Totale es. alberghieri e es. complementari 1.010 26.020 23.859 71.475

ALLOGGI PRIVATIIN AFFITTO

Bed & Breakfast 111 204 170 402

Altri alloggi privati 1.781 69 53 7.075

Totale 1.892 273 223 7.477

TOTALE GENERALE 2.902 26.293 24.082 78.952

(*) Camere = Piazzole; Bagni = WCFonte: Uffi cio Statistica Provinciale del Turismo - Provincia di Forlì-Cesena

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capitale (+3,2%), in aumento le società di persone (+2,2%), in crescita le ditte individuali (+1,1%).Secondo i dati del Registro Imprese il numero delle persone che ricoprono cariche in imprese (titolari di ditte individuali o amministratori di società) in provincia di Forlì-Cesena è pari a 4.786, di cui il 7,8% costituito da stranieri (372). In Emilia-Romagna l’incidenza degli stranieri è del 10,2% sul totale delle cariche del comparto (sono 49.254 le persone con cariche, di cui 5.048 stranieri).

Per ciò che riguarda la stagione turistica 2010 nella regione Emilia-Romagna, si può delineare una situazione meno brillante rispetto a quella dell’anno precedente di sostanziale tenuta, nonostante la grave crisi economica. “Il positivo ritorno della clientela straniera non è riuscito a pareggiare i vuoti lasciati da quella italiana, mentre è proseguita la tendenza alla riduzione del periodo medio di soggiorno”: questo evidenzia il “Rapporto 2010 sull’economia regionale” di Unioncamere Emilia-Romagna e Regione Emilia-Romagna, stilato in gran parte sulla base dei dati delle singole province e con il contributo dell’indagine condotta dal Centro Studi Turistici di Firenze per conto di Assoturismo Emilia-Romagna. Nei primi otto mesi del 2010, restringendo l’analisi alle province di Bologna, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, “i numeri sono negativi: arrivi -0,2%, presenze -1%, confermando la tendenza fl essiva della clientela italiana ed espansiva di quella straniera.” Riguardo alle sole province romagnole, relativamente al periodo gennaio-settembre 2010, il quadro non cambia. Infatti “arrivi e presenze accusano diminuzioni pari rispettivamente all’1,1% e 1,6% e ancora una volta è da sottolineare la buona intonazione della clientela internazionale, sia sotto l’aspetto degli arrivi (+5,9%) che delle presenze (+3%), a fronte del calo degli italiani: arrivi -2,6%, presenze -2,7%”Nei primi nove mesi del 2010, nelle province romagnole, “la Germania continua ad essere il paese più rappresentato con quasi un quarto dei pernottamenti stranieri, ma si tratta di un primato sempre più in discussione se si considera che nel 2000 nelle tre province romagnole si aveva, su base annua, un peso del 41,2%” Seguono

per importanza la clientela svizzera, russa - che ha superato quella francese – con un forte incremento sia negli arrivi (+39,3%) che nelle presenze (+44,6%). “Si tratta di un’autentica performance, che segue la pesante caduta rilevata nel 2009, frutto della recessione che aveva investito il paese, e che è stata favorita dall’apertura di nuovi collegamenti aerei”.Riguardo alla redditività delle aziende turi-stiche, i risultati dell’indagine Assoturismo Emilia-Romagna evidenziano un decremen-to del fatturato, in percentuali più elevate tra gli operatori delle terme e del benessere e della costa adriatica. In sintesi, dall’indagi-ne stessa emergono alcuni elementi: la forte competizione sulle tariffe del ricettivo, l’ele-vata incidenza del movimento turistico del week-end e la diminuzione dei consumi tu-ristici e della permanenza media degli ospiti.

Nel complesso, la stagione turistica 2010 nella nostra provincia ha avuto un andamento di sostanziale tenuta: arrivi e presenze in leggero calo: infatti in totale, da gennaio a novembre 2010 si sono registrati 974.373 arrivi (-0,4% rispetto ad analogo periodo 2009), e 5.812.932 presenze (-0,4%).Per quanto riguarda i turisti italiani la percentuale di variazione negli arrivi è negativa, pari, rispetto all’analogo periodo del 2009, a -0,9%, come pure in fl essione il dato “presenze” con -1,1%; opposta è la valutazione del movimento degli stranieri che presenta dati di segno positivo: infatti arrivi +2,4% e presenze +2,6%. Se consideriamo

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le componenti delle presenze turistiche nel complesso, calcolate in percentuali, notiamo che l’82,1% sul totale generale, proviene dall’Italia e il 17,9% dai paesi esteri.L’alberghiero, che raccoglie l’81,9% degli arrivi totali e il 66,6% delle presenze, è in una condizione di stabilità negli arrivi (-0,1%) e una fl essione pari al -1,1% nelle presenze; gli esercizi complementari, che ospitano il 16,1% degli arrivi e il 27,8% delle presenze, mostrano calo del -1,5% negli arrivi e aumento dell’1,8% nelle presenze; gli alloggi privati in affi tto comprendono l’1,9% degli arrivi e il 5,5% degli arrivi e rilevano + 1,1% di arrivi e -3% di presenze rispetto al 2009. Nettamente più numerosi gli arrivi dei turisti italiani nelle strutture alberghiere, rispetto a quelle complementari (654.490 arrivi negli alberghi, 129.493 nelle strutture complementari, e 17.656 negli alloggi privati), con percentuali di aumento, in riferimento allo stesso periodo dell’anno passato, pari a -0,6% negli alberghi, -2,6% nelle strutture complementari e -0,2% nelle private. Si registra -1,2% riguardo alle presenze italiane nell’alberghiero, -0,3% con riferimento alle presenze extralberghiere e –3,4% negli alloggi privati.Mettendo a confronto le aree si ricava che gli italiani preferiscono le località marine, con l’84% delle presenze totali nazionali, seguite dalle località termali con l’8,6% delle presenze e dalle città d’arte con il 4,9% delle presenze. Gli stranieri invece scelgono, nell’ordine, le località marine (con il 90,1% delle presenze straniere), seguite dalle città

d’arte (con il 4,6% delle presenze) e le terme (con il 2,9% delle presenze).Dai dati relativi ai turisti italiani divisi per regione, si nota che le presenze più numerose siano, come è immaginabile, dall’Emilia-Romagna, con 1.592.529 presenze che costituiscono il 33,4% sul totale delle presenze italiane; seguono i lombardi che sono il 27,6% degli italiani e i piemontesi che invece sono il 7,4%.Continua a scendere la parabola che disegna l’andamento del periodo medio di soggiorno da parte di italiani e stranieri, con un valore medio che da 6,9 giorni nel 2004, si abbassa a 6 nel 2010. Il valore cambia a seconda delle località di soggiorno: la durata media in località marine è pari a 7,6 giorni, in luoghi termali è uguale a 3,9 giorni, in quelle montane (inclusi i parchi), nel complesso, è di 3,1 giorni, mentre nelle città d’arte è pari a 1,7.

Il comparto marittimo registra all’interno del settore il più alto numero di arrivi e presenze (le presenze corrispondono quest’anno all’85,1% di tutte le presenze turistiche della provincia), concentrati nei quattro comuni costieri (Cesenatico, Gatteo, S.Mauro, Savignano). I dati che emergono dal comparto nel periodo gennaio-novembre 2010, rapportato al corrispondente periodo dell’anno precedente, mostrano un andamento relativamente stabile: nel complesso in calo gli arrivi (-1,8%), invariate le presenze. Meglio l’andamento del fl usso degli stranieri: gli arrivi infatti sono in calo dello 0,3%, mentre le presenze crescono del 2,2%. Situazione peggiore per i turisti italiani, con gli arrivi a -2,2% e le presenze a -0,5%.Fra i comuni della costa Cesenatico è quello che registra il più alto movimento con 469.979 arrivi complessivi (-2,5% rispetto al 2009) e 3.689.641 presenze (-0,6% rispetto al 2009), in leggera fl essione rispetto all’anno precedente; il dato disaggregato mostra l’unico segno “più” riferito alle presenze della componente straniera, +4% rispetto al 2009, segnale positivo, in linea con l’andamento generale che vede un buon affl usso di turisti stranieri.Situazione in chiaro-scuro a Gatteo, con 119.595 arrivi, pari a +1,9% rispetto al 2009, ma leggero decremento delle presenze in calo dello 0,9% (785.358 unità).

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In ripresa l’andamento turistico a San Mauro Pascoli che, rispetto all’anno passato, presenta buoni risultati sia in termini di arrivi (38.469, pari a +1,6) che di presenze (298.733, +9,3%). Flessione del fl usso turistico a Savignano, dove si riscontrano valori pari –11,4% negli arrivi e +0,6% nelle presenze.Un comparto, quello costiero, che ha mantenuto il livello competitivo soprattutto grazie ai prezzi bassi. Nonostante però il buon livello dei servizi, l’ottimo rapporto qualità-prezzo, il moltiplicarsi di iniziative destinate ai turisti, si è avvertita nelle località balneari una certa sofferenza, specie da parte delle attività commerciali non inserite nella formula del “tutto compreso”, alle prese con una clientela dalle limitate risorse e perciò meno dedita ai consumi. Da considerare anche il problema dell’effi cienza delle strutture, spesso da adeguare alle esigenze di un turismo ormai abituato all’utilizzo dell’informatica come supporto a prenotazioni, informazioni su offerte, pacchetti, eventi, ecc. Per quanto riguarda il sistema ricettivo sono in progetto, per il prossimo futuro, riqualifi cazioni di aree dedicate a nuovi complessi residenziali, alberghieri e termali che comporteranno importanti interventi urbanistici.

Tra le iniziative di valorizzazione del terri-torio, nell’ottica di destagionalizzare i sog-giorni, buon riscontro hanno avuto quelle relative all’organizzazione di eventi sporti-vi – molto attesi e partecipati gli appunta-menti cicloturistici, sui quali Cesenatico sta puntando in modo signifi cativo - culturali o enogastronomici, con sagre, mercati, fi ere, spettacoli e mostre per interessare un tu-rista alla ricerca delle tradizioni, della storia e della cultura del luogo scelto come meta.Una particolare attenzione va rivolta alle infrastrutture (collegamenti viari e aeroportuali con il resto del Paese, parcheggi), quanto mai necessarie per la valorizzazione dell’intera costa.

Andamento negativo per il comparto termale nella stagione 2010. Negli undici mesi del 2010, rispetto allo scorso anno, gli arrivi nel totale evidenziano una leggera fl essione pari allo 0,1%, le presenze calano del -2,8%; in particolare gli arrivi e le presenze dei turisti italiani sono scesi, con percentuale pari a -0,2%, e a -2,6%. Gli arrivi stranieri sono in aumento, con percentuale uguale a +1,4%, le presenze straniere invece calano (-5,5%).L’esame dei dati delle singole località porta a considerazioni diverse: nel complesso

Presenze turistiche per tipologia di localitàda gennaio a novembre 2010provincia di Forlì - Cesena

Presenze turistiche per nazionalitàda gennaio a novembre 2010 provincia di Forlì - Cesena

9%

L. di interesse storico e artisticoL. termaliL. montane e parchiL. marine

ItalianiStranieri

Fonte: Uffi cio Statistica Provinciale del TurismoProvincia di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e StudiCamera di Commercio di Forlì-Cesena

Fonte: Uffi cio Statistica Provinciale del TurismoProvincia di Forlì-CesenaElaborazione: Uffi cio Statistica e StudiCamera di Commercio di Forlì-Cesena

85% 82%

8% 18%2%

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deludente l’andamento della stagione a Bagno di Romagna, dove gli arrivi (62.625) sono pressoché stazionari (+0,1%), rispetto a gennaio–novembre 2009; -2,4% per le presenze complessive (249.822).I dati 2010 confermano un rallentamento del fl usso turistico di Bagno, nonostante le tante iniziative per vivacizzare il centro termale e i contatti con gli operatori di altre parti d’Europa. Particolare rilievo viene dato dalle istituzioni locali, oltre che alle rinomate acque, alla costante valorizzazione del patrimonio culturale, naturalistico ed enogastronomico, attraverso la realizzazione di eventi dedicati alla scoperta delle bellezze della montagna, lungo anche itinerari per escursioni e trekking.Per quanto riguarda il turismo nel comune di Bertinoro, in cui è compreso lo stabilimento termale di Fratta Terme, il 2010 si è chiuso con un bilancio non del tutto positivo: infatti gli arrivi aumentano del +1%, ma calano le presenze del 2,6% rispetto al 2009. A

differenza di quanto verifi catosi nel 2009, il fl usso degli stranieri è in diminuzione: -9,1 negli arrivi e -11,6% nelle presenze. Il centro termale della Fratta, di antica origine, che sorge su un’area di circa 2.000 metri quadrati e comprende anche un ampio parco, è senza dubbio un punto di riferimento in grado di offrire insieme cura, relax e benessere, in collegamento anche con i circuiti golfi stici del circondario.A Castrocaro Terme e Terra del Sole si è registrato, nel complesso, un leggero calo negli arrivi (27.311), pari al -1,4% rispetto allo scorso anno, e un calo ancora maggiore nelle presenze (120.186), -3,7%. In fl essione le presenze italiane, -3%, e anche quelle straniere: -13,1%. Costante è l’impegno di operatori ed istituzioni per la promozione del territorio, impegno rivolto, oltre che allo stabilimento termale con centro benessere e al suo ampio parco gratuitamente aperto, alla ristrutturazione del borgo e alle sue molteplici realtà artigianali, commerciali e

MOVIMENTO DEI CLIENTI NEL COMPLESSO DEGLI ESERCIZI RICETTIVI DISTINTI PER SETTORE E NAZIONALITA’ Forlì-Cesena - da gennaio a novembre 2010

ITALIANI STRANIERI TOTALIpre-senza me-dia

arrivi presenze arrivi presenze arrivi presenze

2010var.%

su 2009

2010var.%

su 2009

2010var.%

su 2009

2010var.%

su 2009

2010var.%

su 2009

2010var.%

su 2009

PROVINCIA 801.639 -0,9 4.773.262 -1,1 172.734 +2,4 1.039.670 +2,6 974.373 -0,4 5.812.932 -0,4 6,0

L. MARINE 515.993 -2,2 4.008.090 -0,5 133.118 -0,3 936.845 +2,2 649.111 -1,8 4.944.935 -0,0 7,6

L. TERMALI 103.419 -0,2 411.170 -2,6 8.451 +1,4 30.475 -5,5 111.870 -0,1 441.645 -2,8 3,9

L. MONTANE 16.576 +3,5 47.738 +1,4 1.784 +30,6 6.900 +23,9 18.360 +5,6 54.638 +3,7 3,0

L. PARCHIMONTANI 17.415 -9,8 52.184 -12,0 2.660 +30,3 12.905 +22,1 20.075 -5,9 65.089 -6,8 3,2

C. INTERESSE STO-RICO ARTISTICO 136.908 +4,1 232.809 -4,6 24.978 +13,0 47.802 +7,1 161.886 +5,4 280.611 -2,8 1,7

L. INTERESSE STO-RICO ARTISTICO E L. LIMITROFE GRANDI CENTRI

11.328 -0,7 21.271 -10,1 1.743 +36,8 4.743 +42,4 13.071 +3,1 26.014 -3,6 2,0

LEGENDA AREELocalità marine: Cesenatico, Gatteo, San Mauro Pascoli, Savignano sul RubiconeLocalità termali: Bagno di Romagna, Bertinoro, Castrocaro Terme e Terra del SoleLocalità montane: Borghi, Civitella di Romagna, Dovadola, Galeata, Meldola, Mercato Saraceno, Modigliana, Predappio, Rocca San Casciano, Roncofreddo, Sarsina, Sogliano al Rubicone, VergheretoLocalità in parchi montani: Portico e San Benedetto, Premilcuore, Santa Sofi a, TredozioCittà di interesse storico artistico: Cesena, ForlìLocalità di interesse storico artistico: Forlimpopoli, Longiano, MontianoLocalità limitrofe a grandi centri di attrazione turistica: Gambettola

Fonte: Uffi cio Statistica Provinciale del Turismo - Provincia di Forlì-CesenaDati estratti il 10/02/2011Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010 131

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MOVIMENTO DEI CLIENTI DISTINTI PER SETTORE E TIPOLOGIA RICETTIVAForlì-Cesena - da gennaio a novembre 2010

arrivi var. % su 2009 presenze var. % su

2009presenza

media

ALBERGHIERI

PROVINCIA 798.339 -0,1% 3.872.578 -1,1% 4,9

L. MARINE 532.530 -1,8% 3.205.967 -0,9% 6,0

L. TERMALI 91.800 2,1% 355.508 -1,6% 3,9

L. MONTANE 7.509 0,8% 24.292 6,2% 3,2

L. PARCHI MONTANI 3.774 -8,2% 11.820 -17,1% 3,1

C. INTERESSE STORICO ARTISTICO 153.584 4,9% 256.520 -2,7% 1,7

L. INTERESSE STORICO ARTISTICO E L. LIMITROFE GRANDI CENTRI 9.142 -3,1% 18.471 -10,7% 2,0

COMPLEMENTARI

PROVINCIA 157.258 -1,5% 1.618.280 1,8% 10,3

L. MARINE 103.129 -1,7% 1.452.788 2,6% 14,1

L. TERMALI 17.874 -10,3% 57.848 -7,7% 3,2

L. MONTANE 9.910 8,3% 28.506 0,4% 2,9

L. PARCHI MONTANI 16.140 -5,7% 52.085 -5,0% 3,2

C. INTERESSE STORICO ARTISTICO 6.603 18,6% 20.356 -6,6% 3,1

L. INTERESSE STORICO ARTISTICO E L. LIMITROFE GRANDI CENTRI 3.602 20,0% 6.697 17,0% 1,9

ALLOGGI PRIVATI IN AFFITTO

PROVINCIA 18.776 1,1% 322.074 -3,0% 17,2

L. MARINE 13.452 -2,2% 286.180 -3,2% 21,3

L. TERMALI 2.196 4,3% 28.289 -7,0% 12,9

L. MONTANE 941 19,4% 1.840 29,0% 2,0

L. PARCHI MONTANI 161 43,8% 1.184 50,6% 7,4

C. INTERESSE STORICO ARTISTICO 1.699 9,2% 3.735 17,2% 2,2

L. INTERESSE STORICO ARTISTICO E L. LIMITROFE GRANDI CENTRI 327 32,9% 846 46,1% 2,6

TOTALE

PROVINCIA 974.373 -0,4% 5.812.932 -0,4% 6,0

L. MARINE 649.111 -1,8% 4.944.935 0,0% 7,6

L. TERMALI 111.870 -0,1% 441.645 -2,8% 3,9

L. MONTANE 18.360 5,6% 54.638 3,7% 3,0

L. PARCHI MONTANI 20.075 -5,9% 65.089 -6,8% 3,2

C. INTERESSE STORICO ARTISTICO 161.886 5,4% 280.611 -2,8% 1,7

L. INTERESSE STORICO ARTISTICO E L. LIMITROFE GRANDI CENTRI 13.071 3,1% 26.014 -3,6% 2,0

LEGENDA AREELocalità marine: Cesenatico, Gatteo, San Mauro Pascoli, Savignano sul RubiconeLocalità termali: Bagno di Romagna, Bertinoro, Castrocaro Terme e Terra del SoleLocalità montane: Borghi, Civitella di Romagna, Dovadola, Galeata, Meldola, Mercato Saraceno, Modigliana, Predappio, Rocca San Casciano, Roncofreddo, Sarsina, Sogliano al Rubicone, Verghereto Località in parchi montani: Portico e San Benedetto, Premilcuore, Santa Sofi a, Tredozio Città di interesse storico artistico: Cesena, Forlì Località di interesse storico artistico: Forlimpopoli, Longiano, Montiano Località limitrofe a grandi centri di attrazione turistica: Gambettola

Fonte: Uffi cio Statistica Provinciale del Turismo - Provincia di Forlì-CesenaDati estratti il 10/02/2011Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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di ristorazione, al restauro della fortezza medievale e della sua cannoniera, delle mura medicee, al potenziamento dei percorsi naturalistici.

Annata decisamente buona per le località turistiche dell’Appennino forlivese e cesenate. Infatti è cresciuta l’affl uenza dei turisti nel territorio montano e collinare, da gennaio a novembre 2010, rispetto al corrispondente periodo 2009. I dati nella loro globalità registrano infatti un +5,6% negli arrivi e un +3,7% nelle presenze. Positivi gli arrivi e le presenze degli italiani, rispettivamente +3,5% e +1,4%, degli stranieri, con percentuale pari a +30,6%, arrivi, e +23,9%, presenze, per un aumento complessivo del 5,6% negli arrivi e del 3,7% nelle presenze. Fra le località montane, fl ussi positivi sia per gli arrivi che per le presenze si sono riscontrati a Civitella (+18,1% e +7,4%), Mercato Saraceno (+10,5% e +10,6%), Modigliana (+132,9% e +59,4%), Rocca San Casciano (+16,9% e 40,9%), Roncofreddo (+8,6% e +39,4%); a Sarsina arrivi con segno “meno” (-5,6%) e presenze a +10,8%.Hanno evidenziato percentuali negative negli arrivi e nelle presenze Galeata, con -19,9% e -20,5%, Predappio, con -9,7% e -9,9% e Verghereto, con -6% e -7%, percentuali tuttavia riferite a valori numerici bassi.Relativamente ai centri inseriti nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (Portico e San Benedetto, Premilcuore,

Santa Sofi a e Tredozio), si osserva un andamento turistico sfavorevole: sono con segno meno nel complesso gli arrivi (-5,9%) e le presenze (-6,8%). Arrivi e presenze di italiani sono in fl essione (rispettivamente -9,8% e -12%), mentre positivi sono gli arrivi e le presenze degli stranieri (rispettivamente +30,3% e +22,1%). Santa Sofi a, che mostra fra queste località maggiore fl usso turistico, evidenzia percentuali negative sia negli arrivi (-11,7%), che nelle presenze (-9,3%). A Portico e San Benedetto si segnalano arrivi in aumento, +2,3%, e presenze in calo, -10,8%; Premilcuore registra –33,8% negli arrivi e -34% nelle presenze; Tredozio è l’unico comune del parco a vedere una forte crescita sia di arrivi (+85,5%) che di presenze (+96,8%).Il nostro Appennino, su cui si estende la vasta area verde del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, rappresenta una realtà di indubbio interesse, ma che necessita di un rilancio. L’accordo tra varie istituzioni – comunità e unioni montane, Provincia e Camera di Commercio – porta all’individuazione di azioni nel campo dell’innovazione, delle risorse naturali ed energie rinnovabili, delle infrastrutture e dei servizi, nonché all’organizzazione di fi liere di prodotto, in particolare carne e ortofrutta. Si tratta di trasformare questi luoghi, suggestivi dal punto di vista naturalistico, in un’opportunità per il territorio, attraverso la riqualifi cazione delle strutture, degli esercizi pubblici, l’ospitalità, e la creazione anche di nuove fi gure professionali per l’animazione turistica, sportiva e culturale del territorio. Ciò sfruttando i tanti elementi di attrazione per il turista: la fi tta rete di sentieri ben segnalati, percorribili sia d’estate che d’inverno; gli itinerari attrezzati per il trekking, il turismo equestre, la mountain bike; le piste per sciatori e le passeggiate per chi usa le ciaspole; le mete per il turismo religioso e culturale (eremi, vecchi borghi abbandonati, scavi archeologici), la diga di Ridracoli e “Idro”, l’eco-museo attiguo, i giardini botanici, fonti di notizie e curiosità per gli amanti della natura, della fl ora e fauna locali.Importante nella promozione del territorio, l’associazione “Strada dei Vini e dei Sapori dei colli di Forlì e Cesena” – l’itinerario della strada si sviluppa per oltre 287 km.- che punta sull’incontro tra gastronomia, vini,

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tradizioni e cultura della Romagna, per far conoscere l’ospitalità e i servizi proposti, con competenza e professionalità, dalle oltre cento aziende associate.

Per ciò che riguarda il turismo nelle città d’arte, Forlì e Cesena, oltre alla componente congressuale e d’affari, stanno rivolgendo grande attenzione al fl usso di visitatori interessati agli appuntamenti culturali ed artistici organizzati nelle due città, in particolar modo alle mostre, eventi di rilevanza nazionale che hanno fatto apprezzare ovunque il nostro territorio.Negli undici mesi del 2010 gli arrivi sono aumentati notevolmente: nei due centri principali di Forlì e Cesena, la crescita è stata, complessivamente del 5,4% rispetto al 2009, le presenze invece hanno evidenziato una battuta d’arresto: -2,8%. In linea con l’andamento descritto, aumentano gli arrivi dei turisti italiani (+4,1%, ma presenze pari -4,6%), e stranieri (+13%) che però, secondo il trend dell’anno, crescono anche come presenze (+7,1%). Più numerosi, in termini assoluti, gli arrivi (89.490) e le presenze (156.242) nel comune di Forlì, rispetto a quelli di Cesena (arrivi 72.396 e presenze 124.369). Come percentuali di aumento, rispetto al 2009, però Cesena registra dati positivi, al contrario di Forlì, dove calano le presenze: arrivi a Forlì +6,5%, a Cesena +4,1%, presenze a Forlì -5%, a Cesena +0,2%.Da alcuni anni si è sviluppata, da parte di istituzioni, banche e fondazioni bancarie, associazioni e privati, una collaborazione che ha trasformato il singolo evento in una attrazione che coinvolge l’intero territorio; questo è senza dubbio un fatto importante per le sinergie che hanno reso possibile la preparazione di percorsi alla scoperta dei tanti luoghi limitrofi , interessanti ma poco conosciuti, l’organizzazione di manifestazioni collaterali che puntano sulle tradizioni gastronomiche, la promozione di “pacchetti” che comprendono visita a mostre, accessi alla terme, sconti in ristoranti, negozi, musei, ecc…. Hanno contribuito alla creazione e diffusione delle iniziative sia l’APT, a livello provinciale e regionale, sia i Club di prodotto, in collegamento con l’aeroporto e con le locali associazioni di categoria, impegnati tutti a creare sinergia fra le diverse componenti dell’offerta

turistica. A Forlì continua la valorizzazione del territorio attraverso le grandi mostre che annualmente sono proposte nel complesso museale del San Domenico (nel 2010 si sono svolte la mostra dedicata ai Fiori, che ha attirato oltre 80.000 visitatori, e quella sui reperti dell’antico Egitto, con 35.000 ingressi). A Cesena, il Festival del cibo da strada, gli eventi legati alla Grande Malatestiana e alla cultura in generale, e le opportunità fornite dalla presenza in serie A della squadra calcistica, rappresentano altrettanti elementi che contribuiscono a vivacizzare il panorama locale. A queste manifestazioni si aggiungono gli avvenimenti sportivi, gli appuntamenti fi eristici e le attività svolte da Casa Artusi, il centro di cultura gastronomica unico in Italia dedicato alla cucina domestica, che mette a disposizione la professionalità ed esperienza degli operatori per iniziative rivolte non solo al mercato nazionale ma anche estero.

Se si considera la composizione del mo-vimento turistico straniero continua il trend positivo dei turisti tedeschi che co-stituiscono, in quanto a presenze, come nel 2009, il 31,5% della clientela estera, con una durata media del loro soggiorno di 7,4 giorni. E’ cresciuto il fl usso dei turisti sviz-zeri che si collocano al secondo posto, per numero di presenze, nella graduatoria del movimento dei clienti nelle strutture ricet-tive distinti per nazionalità, fl usso che ha re-gistrato un incremento di arrivi (+1,6%) e

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MOVIMENTO DEI CLIENTI NEGLI ESERCIZI RICETTIVI DISTINTI PER NAZIONALITA’Provincia di Forlì-Cesena - gennaio-novembre 2010

ESERCIZIALBERGHIERI

ESERCIZI COMPLEMENTARI E ALLOGGI PRIVATI

TOTALE 2010 Var.% 2010/2009 Pre-senza media

NAZIONALITA’ Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi PresenzeAustria 8.787 54.918 9.628 60.500 9.645 60.782 -0,3% -2,1% 6,3Belgio 7.178 52.275 8.023 59.982 8.104 60.972 -17,6% -14,6% 7,5Bulgaria 533 1.681 581 1.916 584 1.944 30,1% -34,8% 3,3Cipro 33 108 35 116 35 116 -37,5% -6,5% 3,3Croazia 587 1.429 638 1.859 646 1.938 33,7% 35,9% 3,0Danimarca 670 2.885 2.009 16.165 2.023 16.209 -16,7% -15,8% 8,0Estonia 93 201 144 268 145 275 27,2% -49,6% 1,9Finlandia 222 763 708 3.841 709 3.870 63,7% 89,4% 5,5Francia 10.320 64.367 11.499 72.632 11.588 73.552 -8,0% -9,6% 6,3Germania 35.347 247.427 44.188 325.669 44.414 327.891 -0,4% 2,2% 7,4Grecia 439 829 479 1.027 480 1.029 0,0% -10,4% 2,1Irlanda 401 1.566 506 2.312 511 2.318 9,9% 4,7% 4,5Islanda 47 96 51 104 51 104 -35,4% -87,2% 2,0Lettonia 82 236 95 392 95 392 -26,9% -9,9% 4,1Lituania 140 301 151 420 164 458 -27,8% -28,8% 2,8Lussemburgo 883 5.861 978 6.483 982 6.514 2,4% -8,4% 6,6Malta 239 716 243 732 245 736 315,3% 449,3% 3,0Norvegia 468 2.604 672 4.319 675 4.325 -10,1% 3,0% 6,4Paesi Bassi 2.836 13.750 6.435 54.577 6.497 54.831 -2,9% 2,5% 8,4Polonia 20.147 81.149 21.769 95.779 21.811 96.166 -2,2% 19,9% 4,4Portogallo 290 818 305 877 306 878 -3,5% -40,9% 2,9Regno Unito 2.480 9.464 3.027 12.123 3.050 12.371 -5,6% -9,5% 4,1Repubblica Ceca 2.332 9.869 4.263 40.261 4.301 40.539 0,5% 44,1% 9,4Romania 2.539 15.239 2.959 18.943 3.058 20.113 34,9% 11,1% 6,6Russia 6.384 13.023 6.530 14.299 6.557 15.050 49,1% 57,8% 2,3Slovacchia 599 1.524 731 2.835 747 3.079 14,7% -7,1% 4,1Slovenia 603 1.333 708 1.676 724 1.849 13,8% 5,2% 2,6Spagna 1.530 3.437 1.760 4.433 1.775 4.517 -1,4% -19,7% 2,5Svezia 1.269 5.669 2.046 11.785 2.062 12.032 -8,6% -16,2% 5,8Svizzera e Liecht. 18.945 128.601 20.856 141.088 20.951 142.355 1,6% 3,2% 6,8Turchia 291 878 340 1.039 341 1.040 27,2% -17,4% 3,0Ucraina 2.289 3.297 2.349 3.689 2.362 3.745 307,2% 8,9% 1,6Ungheria 1.548 4.187 1.763 5.623 1.774 5.690 77,9% 44,1% 3,2Altri Europei 4.468 15.139 5.091 19.059 5.127 19.769 12,8% 10,5% 3,9Canada 456 1.296 504 1.404 512 1.417 -6,6% 0,9% 2,8U.S.A. 1.419 4.459 1.695 5.708 1.724 5.848 8,2% 24,7% 3,4Messico 221 552 232 715 233 716 53,3% 82,2% 3,1Venezuela 69 158 71 176 77 199 -11,5% -6,1% 2,6Brasile 444 1.116 476 1.364 494 1.409 6,2% -4,2% 2,9Argentina 219 485 250 552 257 792 37,4% 43,0% 3,1Altri America Lat. 577 1.942 709 5.489 740 5.617 22,9% -20,6% 7,6Cina 943 1.380 972 1.496 973 1.499 41,8% 8,9% 1,5Giappone 576 1.978 620 2.172 626 2.222 28,5% 40,7% 3,5Corea del Sud 102 257 102 258 103 259 77,6% 59,9% 2,5India 90 319 99 359 99 359 -30,8% -15,9% 3,6Altri: Asia 300 1.030 570 6.218 572 6.220 7,5% 108,0% 10,9Israele 227 475 284 681 287 685 8,3% 28,3% 2,4Altri Medio Or. 237 709 265 819 268 822 -14,6% -40,3% 3,1Egitto 107 410 153 752 154 757 -3,8% -31,2% 4,9Africa Med. 443 1.788 511 2.967 523 3.034 -8,4% -19,1% 5,8Sud Africa 185 744 196 758 199 761 86,0% 44,1% 3,8Altri Africa 383 1.225 400 1.340 400 1.340 4,7% -23,6% 3,4Australia 479 1.549 531 1.734 536 1.749 63,9% 76,7% 3,3Nuova Zelanda 83 236 93 261 95 263 -18,8% -16,0% 2,8Altri Paesi 1.270 5.622 1.321 6.249 1.323 6.253 7,3% -17,4% 4,7TOTALE STRANIERI 143.849 773.370 171.614 1.028.295 172.734 1.039.670 2,4% 2,6% 6,0TOTALE ITALIANI 654.490 3.099.208 783.983 4.462.563 801.639 4.773.262 -0,9% -1,1% 6,0TOTALE GENERALE 798.339 3.872.578 955.597 5.490.858 974.373 5.812.932 -0,4% -0,4% 6,0NOTE: Altri Paesi America Latina: Colombia, Guyana, Ecuador, Cile, Perù, Bolivia, Paraguay, Uruguay, Suriname. Altri Paesi Medio Oriente: Siria, Irak, Iran, Giordania, Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Oman, Yemen. Africa Mediterranea: Libia, Tunisia, Algeria, Marocco. Fonte: Uffi cio Statistica Provinciale del Turismo - Provincia di Forlì-CesenaDati estratti il 10/02/2011Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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di presenze (+3,2%), rispetto al precedente anno. Seguono per numerosità i polacchi, che hanno superato i francesi, con presen-ze aumentate del 19,9%. Arrivi e presenze francesi sono in calo: rispettivamente -8% e -9,6%. Seguono, per numerosità, i belgi, con decremento degli arrivi (-17,6%) e delle pre-senze (-14,6%).Meno numerosi anche gli austriaci, con ar-rivi pari a -0,3% e presenze a -2,1%; calo dei turisti olandesi (-2,9% negli arrivi ma +2,5% nelle presenze); considerevole aumento delle presenze dei turisti provenienti dalla Repubblica Ceca (+44,1% a fronte di +0,5% negli arrivi). Romania e Russia evidenziano percentuali largamente positive sia negli ar-rivi che nelle presenze. Presenze spagnole, inglesi e svedesi invece sono in netto calo.

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Nonostante i segnali di ripresa rilevati nel 2010, l’Italia e l’Europa stanno tuttora attra-versando una fase di diffi coltà come si evince anche dall’andamento del trasporto merci a livello nazionale registrato dalla Confedera-zione generale italiana dei trasporti e della logistica nel primo semestre del 2010. La UE a 27, in particolare, sia per numero di spedi-zioni (+2%), sia in termini di fatturato (+1%), resta all’ultimo posto tra le aree geoecono-miche nella “risalita” dalla crisi economica mondiale. Rispetto al primo semestre del 2009, infatti, Centro e Sud America segnano +13% con un fatturato a +20%, l’Asia è a +12% (fatturato +20%), l’Africa a +10% (fat-turato +20%), il Giappone segna +2% (fattu-rato +4%), il Nord America +6% (fatturato +5%) mentre l’ex Urss è a +6% (fatturato +4%).Il primo semestre del 2009 è stato il peggio-re degli ultimi sessant’anni. È logico, quindi, che i primi sei mesi di quest’anno godano di un effetto rimbalzo ed è positivo che ci siano dati confortanti di ripresa. Tuttavia è opportuna cautela nella valutazione di questi risultati, perché mentre le spedizioni inter-nazionali, in generale, crescono a un buon ritmo, non altrettanto si può dire dei tra-sporti nazionali e internazionali di merci su strada.In particolare, i trasporti su strada hanno registrato a livello nazionale, nel primo semestre 2010, un +2%, senza benefi ci in termini di fatturato. Mentre i trasporti inter-nazionali sono aumentati del 7%, con fattu-rato a +2%. I corrieri hanno chiuso il primo semestre con una crescita delle consegne pari a 8% e un fatturato a +2%.Per quanto riguarda i transiti di mezzi pe-santi lungo i principali valichi alpini, si regi-strano valori positivi, che, però, recupera-no per meno di un terzo il crollo del 20% registrato nel primo semestre 2009: +8,7% al Frejus;+7,5% al traforo del Monte Bian-co (dato riferito al periodo gennaio-aprile 2010); +1,6% al Brennero (anche qui genna-io-aprile 2010). Il Gran San Bernardo segna un valore negativo pari a -8,3.Per quanto attiene alle spedizioni interna-zionali, il recupero maggiore si registra nella modalità aerea (+15% in termini di volumi e +25% in termini di fatturato); segue la mo-dalità marittima (+13% per le spedizioni e +15% per il fatturato).Il trasporto ferroviario ha fatto registrare

+9% (fatturato +8%), mentre le spedizioni su strada hanno crescita zero e restano sugli stessi valori depressi del 2009.Considerando anche i dati AISCAT, che per il traffi co autostradale considerano i veicoli per chilometro, non segnano, tra gennaio e aprile 2010, alcuna variazione rispetto allo stesso periodo del 2009.I numeri sulle ferrovie raccolti da Assoferr indicano una crescita, nel primo semestre 2010, dell’8,6%, misurata in tonnellate per chilometro.Passando al traffi co di container nei porti italiani, alcuni scali registrano ancora dati fortemente negativi: Taranto (transhipment) è a -16,7%, Gioia Tauro (altro porto di tran-shipment) è a -17%; seguito da un -3,2% di Ravenna e -1,4% di Venezia. In ripresa gli scali liguri: La Spezia a +18,1% e Genova a +16,2%. Anche il porto di Trieste conferma un recupero sul 2009 pari a +9% e Livorno segna +5,6%.Il traffi co aereo di merci (Assaeroporti) re-gistra, poi, un aumento del 23,8%; con punte di +33,1% per il polo milanese Malpensa-Li-nate, del 28,3% per il polo romano Ciampi-no-Fiumicino. Orio al Serio (Bergamo) chiu-de con un +5,3%.

Per quello che riguarda l’andamento dei trasporti a livello provinciale, secondo

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TRASPORTI TERRESTRI DI MERCI E PASSEGGERI(Esclusi quelli ferroviari e mediante condotte - Ateco 2007)

al 30/9/2009 al 30/9/2010 var % 2010/2009

imprese unità locali imprese unità locali imprese unità locali

Piacenza 1.037 1.181 1.011 1.158 -2,5% -1,9%

Parma 1.003 1.193 1.003 1.198 0,0% 0,4%

Reggio Emilia 1.621 1.821 1.574 1.790 -2,9% -1,7%

Modena 2.290 2.625 2.206 2.553 -3,7% -2,7%

Bologna 3.992 4.292 3.894 4.198 -2,5% -2,2%

Ferrara 1.020 1.122 968 1.074 -5,1% -4,3%

Ravenna 1.274 1.384 1.211 1.325 -4,9% -4,3%

Forlì-Cesena 1.559 1.707 1.493 1.654 -4,2% -3,1%

Rimini (*) 1.042 1.152 1.011 1.106 -3,0% -4,0%

EMILIA-ROMAGNA (*) 14.838 16.477 14.371 16.056 -3,1% -2,6%

ITALIA 137.521 154.085 134.277 151.404 -2,4% -1,7%

(*) Per equiparare il confronto con l’anno corrente, ai dati del 2009 sono stati aggiunti i valori dei 7 comuni del pesa-rese (Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria, Talamello) che dal primo trimestre 2010 sono entrati a far parte della provincia di Rimini Fonte: Infocamere (Stock View) Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

i dati del Registro delle Imprese, la consi-stenza del settore del trasporto su strada di persone e merci (esclusi quelli ferro-viari e mediante condotte) a livello provin-ciale, costituito prevalentemente da piccole e piccolissime imprese che operano singo-larmente o associate in cooperative, a fi ne settembre 2010, è risultata pari a 1.493 imprese attive. Rispetto al 30/9/2009, i dati continuano a segnalare un forte ridimensio-namento delle imprese del settore. Infatti, il numero complessivo di queste risulta pari a 1.559 determinando, quindi, una varia-zione negativa del 4,2%. Tale diminuzione registrata per la provincia di Forlì-Cesena è superiore al valore medio registrato per le province dell’Emilia-Romagna: solamente Ferrara e Ravenna presentano variazioni più marcate (rispettivamente -5,1% e -4,9%). La provincia di Parma, invece, è quella che mo-stra la performance migliore all’interno del contesto regionale, seppur presentando una situazione di stabilità. Il dato medio riscon-trato per l’Emilia-Romagna (-3,1%) denota un andamento peggiore di ciò che si registra a livello nazionale (-2,4%).

Per quanto riguarda la struttura del settore dei trasporti di merci su strada va rilevato

che gli addetti medi per impresa sono risul-tati pari a 2,6 in provincia a fronte della me-dia di 3,3 registrata nel complesso dei com-parti. Come si evince dalla relativa tabella, tale indicatore, con riferimento alla nostra provincia, è tra i più bassi rilevati in regio-ne. La frammentazione del settore in unità di piccole dimensioni è più elevata di quanto emerso a livello regionale e ancor più a livel-lo nazionale, ad eccezione di alcune provin-ce emiliane (Piacenza e Parma).Si conferma dunque la prevalenza di imprese di piccole dimensioni, i cosiddetti “padronci-ni”, caratteristica confermata anche dall’inci-denza delle imprese artigiane sul totale delle imprese dei trasporti: infatti a fi ne settembre 2010 il settore dei trasporti terrestri presen-ta in provincia di Forlì-Cesena una percen-tuale di imprese artigiane attive sul totale pari al 90,3%, a fronte della media emiliano-romagnola dell’88,5% e nazionale del 73,9%.Il settore dei trasporti di merci e passeggeri a fi ne settembre 2010 rappresenta il 3,7% del totale delle imprese, rapporto lieve-mente inferiore a quello del 2009. In ambi-to regionale solo la provincia di Bologna ha evidenziato un’incidenza più elevata, pari al 4,4%; a livello nazionale tale rapporto si at-testa sul 2,5%.

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La percentuale scende se si effettua il con-fronto in termini di addetti alle imprese; in questo caso si ha una percentuale del 2,9%. Spicca nel panorama regionale il dato di Pia-cenza che presenta un rapporto di 5,8% di addetti nei trasporti sul totale degli addetti. Le restanti province assumono valori che vanno da 2,2% a 3,4%.

Alcuni spunti preziosi sul settore sono contenuti nell’indagine svolta nel 2010 da CNA FITA sulle imprese di trasporto monoveicolare forlivesi e cesenati alla quale si rimanda nella sua completezza per eventuali approfondimenti. Nel quadro di sintesi che emerge, è netta la prevalenza di imprese che operano in un territorio circoscritto: più della metà entro i confi ni regionali e un terzo entro quelli nazionali. I risultati confermano problemi noti quali la ridotta dimensione aziendale che limita fortemente il raggio d’azione, la costante ascesa dei prezzi dei carburanti e la concorrenza sleale di autotrasportatori dell’Est Europa. La maggior parte delle imprese si dedica esclusivamente al trasporto di un’unica tipologia di merce prevalentemente nel settore edile, nel

trasporto di materie prime e prodotti fi niti per l’industria. La specifi cità che caratterizza la provincia è però il trasporto alimentare per lo più svolto con mezzi in ATP (per merci deperibili). Questa tipologia di trasporto è effettuato soprattutto da “padroncini”, spesso consorziati in strutture del territorio che lavorano per imprese di portata nazionale e hanno sede presso il Polo Logistico di Pievesistina. In merito alla tipologia dei veicoli, quasi la metà delle imprese lavora con mezzi superiori alle 11,5 tonnellate (spesso acquistati con leasing e fi nanziamenti), mentre il 20% con mezzi piccolissimi (sotto le 3,5 tonnellate). Tenuto conto della specifi ca struttura aziendale e del numero di mezzi a disposizione, si rileva che circa un terzo del campione realizza in media un solo viaggio al giorno su scala regionale o al massimo nazionale. Dal punto di vista dell’operatività risulta fondamentale, in particolare per le imprese monoveicolari di trasporto locale-regionale, ottimizzare i costi pianifi cando tragitti e percorsi per limitare i costi dei viaggi improduttivi. Va però evidenziato che mantenere la rapidità e l’effi cienza del servizio di trasporto è valutato come un punto di forza per

TRASPORTI TERRESTRI DI MERCI E PASSEGGERI AL 30/9/2010(Esclusi quelli ferroviari e mediante condotte - Ateco 2007)

TRASPORTI TERRESTRI(Ateco H.49.3 e H.49.4)

TOTALE ATTIVITÀAddetti

perimpresa nei tra-

sporti

Addetti per

impresa totali

Addet-ti nei

trasporti ogni 100

addetti totali

Impre-se nei

trasporti ogni 100 imprese

totaliimprese addetti imprese addetti (*)

Piacenza 1.011 4.823 28.874 83.871 4,8 2,9 5,8 3,5

Parma 1.003 5.376 43.311 157.943 5,4 3,6 3,4 2,3

Reggio Emilia 1.574 5.269 52.603 204.563 3,3 3,9 2,6 3,0

Modena 2.206 6.698 68.070 259.494 3,0 3,8 2,6 3,2

Bologna 3.894 11.449 88.092 376.273 2,9 4,3 3,0 4,4

Ferrara 968 2.310 34.674 94.953 2,4 2,7 2,4 2,8

Ravenna 1.211 3.394 37.856 119.063 2,8 3,1 2,9 3,2

Forlì-Cesena 1.493 3.889 40.656 132.466 2,6 3,3 2,9 3,7

Rimini 1.011 2.495 35.785 115.254 2,5 3,2 2,2 2,8

EMILIA-ROMAGNA 14.371 45.703 429.921 1.543.880 3,2 3,6 3,0 3,3

ITALIA 134.277 473.074 5.291.575 16.832.735 3,5 3,2 2,8 2,5

Fonte: Infocamere (Stock View)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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ottimizzare costi e risorse aziendali delle imprese manifatturiere. Ben il 60% delle imprese lavorano per un unico committente, mentre circa il 25% riesce a diversifi care con almeno cinque committenti. La maggior parte delle imprese non svolge alcuna attività complementare al servizio di trasporto, ma si dedica esclusivamente all’attività di movimentazione della merce.Per quanto attiene l’andamento congiuntu-rale, nel primo semestre del 2010, il 50% delle imprese ha segnalato una diminuzione e il 40% una stagnazione dell’attività conse-guente al calo generalizzato della produzio-ne e dei consumi dell’intero sistema econo-mico. Il calo è stato più marcato nell’edilizia e in relazione al trasporto di prodotti fi niti o materie prime; mentre sono risultati più stabili i settori specialistici come il traspor-to in ADR (merci pericolose) o quello di rifi uti. Le dinamiche non sempre corrette della concorrenza hanno provocato una so-stanziale stabilità delle tariffe applicate, no-nostante il sensibile aumento registrato sui costi fi ssi. In generale il ricorso al credito è stato limitato per una scarsa conoscenza degli strumenti da parte degli imprendito-ri, ma anche a causa del già elevato livello di indebitamento delle imprese, molte delle quali, nella situazione economica attuale, ri-schiano di non riuscire a “rientrare”. Un’al-tra criticità è dovuta ai fl ussi di liquidità: le imprese monoveicolari di trasporto paga-no prevalentemente i fornitori a 60 giorni e ricevono i pagamenti dai committenti a 120 giorni. Le imprese segnalano anche la necessità di nuove infrastrutture (casello autostradale Rubicone, Via Emilia Bis, Tan-

genziale Forlì) e una migliore manutenzione di quelle esistenti. Particolarmente sentito è inoltre il tema del rispetto della legalità e la lotta all’abusivismo. La competitività di questa tipologia di aziende è in sintesi fortemente minacciata da fattori, non solo congiunturali, ma anche strutturali e la defi -nizione di azioni che promuovano forme di collaborazione, relazioni e reti è percepita come un passaggio strategico per migliorar-ne le prospettive.

In merito agli indicatori di movimentazio-ne, è signifi cativo integrare le valutazioni sul trasporto di merci su strada con il monito-raggio del traffi co autostradale effettuato dalla Società Autostrade e relativo ai tre ca-selli della provincia: Forlì, Cesena e Cesena Nord.Relativamente ai primi nove mesi del 2010, il traffi co è risultato così distribuito: nel ca-sello di Forlì è transitato il 37,1% dell’intero traffi co provinciale, su quello di Cesena il 24,3% e su quello di Cesena Nord il 38,6%. Rispetto allo scorso anno è lievemente dimi-nuita l’incidenza del casello di Cesena Nord e di Cesena, mentre è aumentato quello forlivese. L’importanza del casello di Cese-na Nord va crescendo nel tempo: infatti nel 1996 registrava il transito del 29,6% dell’in-tero traffi co provinciale; inoltre su questo casello è concentrata quasi la metà del traffi -co pesante provinciale (il 48,4%): questa inci-denza è aumentata ulteriormente rispetto ai primi nove mesi del 2009. Ovviamente gran parte del traffi co è determinato dal collega-mento con la superstrada E45 e ai raccordi con la città di Ravenna, in particolare, con la

MOVIMENTO DI VEICOLI NEI CASELLI AUTOSTRADALI Transiti giornalieri medi - Provincia di Forlì-Cesena

VEICOLI ENTRATI E USCITI

Leggeri Pesanti TOTALE

anno 1996 24.600 7.730 32.330

anno 2009 40.112 12.623 52.735

gen 2009-set 2009 40.697 12.742 53.439

gen 2010-set 2010 41.823 12.930 54.753

var 2010-2009 2,8% 1,5% 2,5%

var 2009-1996 63,1% 63,3% 63,1%

Fonte: Società Autostrade Spa Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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sua struttura portuale, con la statale Romea ed anche con il centro dell’autotrasporto di Pievesestina situato nelle vicinanze.Per quanto riguarda la distinzione dei veico-li, quelli defi niti “pesanti” rappresentano il traffi co merci o quello di grossi vettori quali i pullman, mentre quelli “leggeri” sono rela-tivi al traffi co delle autovetture o dei piccoli vettori. Il traffi co complessivo dei tre caselli nei primi nove mesi del 2010, è apparso in aumento (+2,5%) rispetto allo stesso perio-do del 2009. Infatti il traffi co medio gior-naliero è stato di 54.753 veicoli, rispetto ai 53.439 del periodo precedente.Osservando i dati dei singoli caselli, quello di Forlì presenta un deciso aumento (+4,8%), mentre si registrano aumenti più ridotti per quello di Cesena Nord (+1,6%) e quello di Cesena (+0,5%). Considerando un periodo più lungo e confrontando anni interi (dal 1996 al 2009) si conferma la vivacità del ca-sello di Cesena Nord (+114%). Nello stesso arco di tempo la variazione per Cesena è stata del +23,7% e per Forlì del +56,3%. Fra i 54.753 veicoli transitati in media giornal-mente in provincia, il 76,4% è costituito da veicoli leggeri e il 23,6% da veicoli pesanti. Il concreto aumento dell’ultimo periodo (+2,5%), è da attribuire principalmente al traffi co leggero (+2,8%), e secondariamente a quello pesante (+1,5%); nel periodo 1996-2009 il traffi co di veicoli pesanti è però cre-sciuto del 63,3%, mentre quello dei veicoli leggeri è aumentato del 63,1% con variazio-ne, nel complesso, sempre del 63,1%.

Per quanto riguarda i trasporti aerei va rilevato che la compagine azionaria della società che gestisce l’aeroporto Luigi Ridolfi di Forlì, SEAF S.p.A., è composta principalmente dal Comune di Forlì, dalla Regione Emilia-Romagna, dall’Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena e dalla Camera di Commercio di Forlì-Cesena.Secondo i dati elaborati da Assaeroporti (Associazione Italiana Gestori Aeroporti), lo scalo di Forlì ha movimentato nel 2010 lo 0,5% del totale dei passeggeri del traffi co commerciale nazionale (poco meno di 140 milioni di viaggiatori) e il 9,2% di quello dei quattro aeroporti della Regione (6.930.878): Parma, Bologna, Forlì e Rimini. Gli aeroporti della Regione hanno movimentato nel 2010 il 5% del traffi co commerciale nazionale.

I collegamenti di linea interni da Forlì si prevede saranno attivi nel 2011 con le città di Catania, Olbia, Lampedusa e Palermo.I collegamenti di linea operativi nel 2010 verso i Paesi dell’Unione Europea sono stati: Amsterdam, Berlino, Parigi, Londra, Praga, Bucarest, Cluj, Timisoara, Budapest, Sofi a, Katowice, Bratislava (Wroclaw) e Varsavia. Fra i paesi extra-UE Mosca e Tirana.Le destinazioni dei voli charter nel corso del 2010 con partenza dall’aeroporto di Forlì, sono state: Copenaghen (aprile-ottobre), Ibiza (luglio-agosto), Minsk (giugno-settembre), Nis (fi no ad ottobre), Tallin (giugno-settembre), Riga (giugno-settembre) e Zante (fi ne luglio, agosto). Da maggio 2010 sono iniziati i voli per San Pietroburgo (fi no ad ottobre). A marzo 2010 sono stati soppressi i 3 voli verso l’Ucraina (Ivano-Frankovsk, Kiev, Cernovtsy), mentre da giugno a settembre sono cominciati i voli per Lampedusa e Olbia.Da segnalare, infi ne, che nel periodo da settembre a dicembre 2010 sono stati effettuati collegamenti cargo notturni (4 notti a settimana per 2 voli).Secondo i dati SEAF Spa, dopo un 2009 che aveva rilevato un drastico calo del traffi co,

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nel corso dell’anno 2010, da gennaio a dicembre, sono stati movimentati, con voli di linea e charter, 639.295 passeggeri rispetto ai 521.244 del 2009, con un aumento del 22,6%.Nonostante l’aumento globale dei passeggeri si è rilevato un drastico calo per i voli charter (-55,9%) e invece un deciso aumento (+25,6%) per quelli di linea. Questi ultimi rappresentano il 98,7% del totale dei passeggeri movimentati.Analizzando i dati per nazionalità, l’aumento maggiore dei passeggeri si è riscontrato per i voli internazionali all’interno dell’Unione Europea (+91%), mentre i voli extra UE sono diminuiti del 17,7%; in calo anche i voli nazionali del -6,2%. Va sottolineato che i voli interni alla UE hanno movimentato,

nel 2010, il 48,6% dei passeggeri, rispetto al 31,1% del 2009, mentre per quelli nazionali i due valori sono stati, rispettivamente, il 41,8% e il 54,5 %.Nel complesso il movimento degli areomobili in arrivo e in partenza nell’aeroporto forlivese è aumentato del 7,3% rispetto al 2009. Con riferimento al solo traffi co commerciale (voli di linea e charter) l’incremento è stato pari al 14,5% principalmente sostenuto dalle tratte internazionali UE (+70,3%).La società di gestione dell’aeroporto (SEAF) sta attraversando una fase delicata per il suo futuro: è attualmente aperto un bando di gara europeo per l’ingresso di soci privati nella compagine azionaria e parallelamente sono in corso verifi che con Aeradria per valutare possibili forme di integrazione.

MOVIMENTO COMMERCIALE NELL’AEROPORTO DI FORLI’ (a)gennaio - dicembre

2009 2010 var.%2010/2009

Aeromobili

Passeggeri (b)

Linea

Charter

Totale

5.424

261

5.685

6.411

96

6.507

+18,2

-63,2

+14,5

Linea

Charter

Totale

502.390

18.854

521.244

630.975

8.320

639.295

+25,6

-55,9

+22,6

Fonte: S.e.a.f.Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

(a) Escluso l’aviazione generale.(b) Escluso i passeggeri transitati direttamente: 1.504 nel 2009 e 609 nel 2010

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Il fi nanziamento dell’economia.Gli effetti della più grave crisi economica del dopoguerra si sono fatti sentire soprattutto nel 2009. Per il valore aggiunto provinciale è stata stimata una straordinaria fl essione, in termini reali, pari al 6,0%, appena inferiore a quella regionale del 6,5%.Le conseguenze sul sistema bancario nazionale sono risultate tuttavia relativamente limitate rispetto a quanto avvenuto negli Stati Uniti d’America e in alcuni stati europei. In Italia gli interventi si sono limitati a 4,1 miliardi di euro, pari allo 0,4% del totale. I cosiddetti “Tremonti bond” sono stati erogati ad appena quattro istituti bancari e nessuno di essi aveva la sede amministrativa in Emilia-Romagna. I principali rifl essi si sono avuti sulla politica delle banche. L’acuirsi delle diffi coltà fi nanziarie di famiglie e imprese ha causato una rapida espansione degli accantonamenti ai fondi rischi su crediti, oltre al deterioramento della qualità dei portafogli prestiti. Questa situazione ha indotto le banche ad una particolare cautela nell’erogazione dei crediti e a una maggiore richiesta di garanzie, soprattutto nei confronti delle imprese di più piccole dimensioni.Nel 2010 l’economia ha ripreso a salire, sia pure lentamente. Per la provincia di Forlì-Cesena lo scenario di novembre 2010, predisposto da Prometeia e da Unioncamere regionale, ha previsto un aumento reale del valore aggiunto pari all’1,9%, superiore a quanto previsto per la regione (+1,5%).In questo contesto di moderata crescita economica, il sistema bancario forlivese-cesenate ha mostrato fi no al mese di maggio 2010, un maggiore dinamismo nel concedere prestiti rispetto a quanto avvenuto sia in regione che nel Paese. I prestiti “vivi”, che corrispondono ai fi nanziamenti erogati alla clientela residente, (non sono comprese le istituzioni monetarie e fi nanziarie) al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine attivi, sono aumentati tendenzialmente del 2,8%, a fronte della crescita zero riscontrata in regione e dell’incremento dello 0,6% rilevato in Italia.L’analisi dei mesi successivi diventa piuttosto problematica a causa dei profondi cambiamenti introdotti dal mese di giugno. Per effetto del Regolamento BCE/2008/32 e di alcune modifi che apportate alle Segnalazioni di vigilanza, le serie storiche

dei prestiti e dei depositi hanno registrato una discontinuità statistica. In particolare, la serie storica dei prestiti ha incluso tutti i prestiti cartolarizzati, o altrimenti ceduti, che non soddisfano i criteri di cancellazione previsti dai principi contabili internazionali (IAS), in analogia alla redazione dei bilanci. L’applicazione ha comportato la re-iscrizione in bilancio di attività precedentemente cancellate e passività ad esse associate, con un conseguente incremento delle serie storiche dei prestiti e dei depositi.Gli effetti di queste modifi che si sono fatti sentire soprattutto sui crediti erogati alle famiglie consumatrici e soggetti assimilabili. Dal mese di giugno 2010 il relativo incremento tendenziale è salito al 19,0%, rispetto alla crescita media del 4,1% riscontrata nei dodici mesi precedenti, mantenendosi sugli stessi ritmi nei mesi successivi. Nell’ambito delle imprese l’impatto è stato invece più “dolce”, nel senso che il tasso di crescita di giugno, pari al 3,8%, si è discostato in misura molto più contenuta dalla crescita media dei dodici mesi precedenti pari al 2,7%.I dati sui prestiti “vivi” aggiornati a ottobre 2010 hanno evidenziato una dinamica meno intonata rispetto al resto della regione. Se si effettua il confronto con il mese di giugno, in modo da avere una piena omogeneità, la provincia di Forlì-Cesena registra un aumento dello 0,5%, che è apparso in sostanziale linea con l’evoluzione nazionale (+0,4%), ma più contenuto rispetto alla crescita dell’1,5% riscontrata in Emilia-Romagna. La sostanziale stasi dei

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prestiti “vivi” è da attribuire alla frenata congiunturale di ottobre, rappresentata da una diminuzione dello 0,7% rispetto al mese precedente, più ampia di quelle rilevate sia in regione che in Italia, pari rispettivamente allo 0,4 e 0,2%.Per quanto concerne i prestiti “vivi” alle imprese, che hanno rappresentato circa il 68% del totale, fi no a maggio emerge una situazione meglio intonata rispetto a quanto registrato in regione e in Italia. L’aumento tendenziale della provincia di Forlì-Cesena si attesta al 2,3%, distinguendosi dai cali del 3,9 e 3,0% rilevati rispettivamente in Emilia-Romagna e Italia. In ottobre la situazione tende a stemperarsi, con un incremento di appena lo 0,3% nei confronti del precedente (e omogeneo) mese di giugno, che appare più contenuto rispetto alla crescita dell’1,4% registrata in regione. La situazione cambia tuttavia di segno se il confronto viene effettuato con il Paese, segnato da un decremento dello 0,1%.Se scomponiamo l’andamento dei prestiti “vivi” relativi alla provincia per i grandi rami di attività, si può notare il rallentamento per le imprese manifatturiere, che a maggio hanno registrato un decremento del 3,7% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, in linea con quanto avvenuto in regione (-11,0%) e in Italia (-8,1%). La situazione di ottobre 20101, che è confrontabile solo con i dati risalenti al mese di giugno dello stesso anno, ha evidenziato una situazione ancora appannata, come testimoniato dal decremento del 2,9%, che è apparso più netto di quelli rilevati in Emilia-Romagna (-1,1%) e Italia (-1,6%).L’industria edile ha registrato a maggio una fl essione tendenziale dei prestiti “vivi” pari al 6,0%, più elevata rispetto ai cali registrati sia in regione (-2,0%) che nel Paese (-2,1%). In ottobre la situazione appare in leggera risalita. Rispetto a giugno2 si registra un incremento dello 0,8%, tuttavia più contenuto rispetto agli aumenti registrati in Emilia-Romagna e Italia rispettivamente pari all’1,6 e 1,7%.Il composito ramo dei servizi si è distinto dalla situazione di basso profi lo che ha

caratterizzato le attività industriali. Secondo i dati della vecchia codifi ca delle attività, a maggio è stato registrato un incremento tendenziale del 7,0%, che si è largamente discostato dall’andamento sia regionale (+0,7%) che nazionale (-0,7%). In ottobre è stato registrato, rispetto al precedente mese di giugno, un aumento dello 0,9%, ma in questo caso l’evoluzione di Forlì-Cesena è risultata un po’ più lenta rispetto a quanto avvenuto in regione (+2,1%), ma in contro tendenza rispetto all’andamento nazionale (-0,3%).Per quanto concerne la dimensione delle imprese, i dati aggiornati fi no a maggio hanno registrato la maggiore vivacità delle imprese fi no a diciannove addetti, i cui prestiti “vivi” sono aumentati tendenzialmente del 3,7%, a fronte della crescita dell’1,9% rilevata in quelle con almeno venti addetti. L’erogazione del credito da parte delle banche forlivesi, almeno fi no a maggio, non ha quindi penalizzato la piccola impresa, che di solito è più debole contrattualmente rispetto alle imprese più strutturate e tale andamento può dipendere dal forte legame che le banche forlivesi, di respiro prevalentemente locale, hanno con il territorio nel quale operano. Secondo l’indagine dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne eseguita nello scorso autunno, il 74,2% delle imprese forlivesi-cesenati ha dichiarato di rivolgersi esclusivamente o principalmente a banche di credito cooperativo o altre banche locali, a fronte della media regionale del 66,7%. Dal confronto fra la situazione di ottobre e quella di giugno, emerge tuttavia un certo appiattimento. La consistenza dei prestiti “vivi” delle imprese meno strutturate appare praticamente stabile (+0,2%) e lo stesso avviene per quelle più grandi, con almeno venti addetti (+0,3%). In regione è emerso un andamento un po’ più differenziato nel senso che le piccole imprese fi no a diciannove addetti non hanno mostrato alcun incremento (-0,1%), a fronte dell’aumento dell’1,8% di quelle con almeno venti addetti. In ambito nazionale al leggero progresso delle piccole imprese (+0,5%) si è contrapposto il moderato decremento di quelle più strutturate (-0,2%). Al di là

1 Con le segnalazioni di giugno 2010, in sostituzione della precedente classifi cazione proprietaria di cui alla Circolare 140/1991, è stata adottata la classifi cazione ATECO 2007 predisposta dall’ISTAT, che ha reso problematico ogni confronto con i dati retrospettivi.2 Tra maggio (vecchia codifi ca) e giugno 2010 (nuova codifi ca Ateco2007) la consistenza dei prestiti “vivi” all’industria delle costruzioni della provincia di Forlì-Cesena aumenta del 38,7%.

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di questi variegati andamenti, resta tuttavia una situazione di fondo di bassa crescita, pur tenendo conto della limitatezza del confronto temporale.Il minore dinamismo palesato dalle imprese della provincia di Forlì-Cesena nei confronti della regione, relativamente al periodo giugno-ottobre 2010, si riallaccia al peggioramento delle condizioni di accesso al credito evidenziato dall’indagine dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne3 effettuata nello scorso autunno, di cui diamo conto nei paragrafi successivi. Secondo l’indagine, il 43,2% del campione di imprese forlivesi-cesenati intervistate (il 70% industriali) ha giudicato inadeguata la quantità di credito disponibile, risultando in aumento rispetto alla percentuale del 37,7% rilevata nell’indagine condotta tra marzo e aprile. Di tutt’altro segno l’andamento regionale. Nella rilevazione autunnale la percentuale di “scontenti” è scesa al 42,9%, rispetto alla quota del 47,8% rilevata in primavera.

Per quanto concerne i prestiti “vivi” delle famiglie e dei soggetti assimilati, l’evoluzione del 2010 è apparsa più vivace rispetto a quanto osservato per le imprese. A maggio la crescita tendenziale del 7,5% si è attestata su livelli più ampi di quelli riscontrati in regione (+6,2%), ma inferiori a quelli dell’Italia (+8,4%). Tra giugno e ottobre 2010 l’aumento è stato dell’1,5% e in questo caso l’evoluzione forlivese-cesenate è risultata superiore sia a quanto registrato in regione (+0,8%) che nel Paese (+1,0%). I dati aggiornati a settembre 2010, da valutare sempre con molta cautela a causa dei cambiamenti descritti precedentemente (il peso degli IAS non è trascurabile), hanno evidenziato una crescita della consistenza dei fi nanziamenti destinati all’acquisto della casa pari al 21,4% rispetto all’analogo periodo del 2009, in sintonia con quanto avvenuto sia in regione (+19,3%) che in Italia (+25,0%).Una ulteriore spinta alla crescita dei prestiti delle famiglie può essere venuta inoltre dai prestiti concessi dalle banche per l’acquisto

IMPIEGHI PER ABITANTE AL 31 DICEMBRE 2009 Valori in euro

Fonte: elaborazione su dati della Banca d’Italia e Istat.

CESENA

FORLÌCESENATICO

TOTALE PROVINCIALEGAMBETTOLA

SAVIGNANO SUL RUBICONESAN MAURO PASCOLI

GATTEOFORLIMPOPOLI

BAGNO DI ROMAGNALONGIANO

SANTA SOFIA

PREDAPPIOMERCATO SARACENO

MELDOLA

SARSINABERTINORO

CASTROCARO T. E TERRA DEL SOLEMODIGLIANA

RONCOFREDDOVERGHERETO

0 10.000 20.000 30.000 40.000 45.000

42526

38792

35360

31436

29879

29736

28053

27672

22151

21159

18218

15405

15092

14603

12911

11222

10605

10083

6468

5140

14650

5.000 15.000 25.000 35.000

3 Nel corso del 2010 sono state effettuate due indagini tramite interviste telefoniche con il sistema CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing). La prima indagine, che è stata effettuata nel periodo 19 marzo-14 aprile 2010, ha visto il coinvolgimento di 151 imprese industriali, commerciali e dei servizi alle imprese. La seconda indagine ha avuto luogo tra il 25 ottobre e l’11 novembre 2010 e ha riguardato 155 imprese.

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di beni durevoli. Pur con i dovuti distinguo dovuti ai cambiamenti di cui abbiamo dato conto, a settembre 2010 la provincia di Forlì-Cesena ha accresciuto del 12,7% la consistenza dei relativi fi nanziamenti bancari rispetto all’analogo periodo del 2009, in sintonia con quanto avvenuto in regione (+17,3%) e nel Paese (+13,3%).La buona intonazione del credito al consumo per l’acquisto di beni durevoli non ha tuttavia trovato eco nell’andamento dei relativi acquisti. Secondo i dati Prometeia – Findomestic, nel 2010 la spesa complessiva delle famiglie forlivesi-cesenati destinata all’acquisto di elettrodomestici, mobili, autovetture, motocicli e informatica, pari a 501 milioni di euro, è scesa dell’1,0% rispetto all’anno precedente e del 2,7% in termini di spesa per famiglia, rispecchiando quanto avvenuto in regione: -0,8 per la spesa complessiva; -2,0% quella pro capite. Il ridimensionamento dei consumi traspare ancora di più se il confronto viene eseguito con i valori medi del triennio 2007-2009. In questo caso la provincia di Forlì-Cesena registra per la spesa complessiva un calo del 4,7% (-6,2% in regione) che sale al 6,4% relativamente alla spesa per famiglia (-7,1% in regione). A raffreddare la spesa per beni durevoli sono stati gli acquisti di autovetture soprattutto nuove, che forse complice l’assenza di incentivi alla rottamazione, sono diminuiti dell’8,9% rispetto al 2009 e del 12,3% nei confronti del triennio 2007-2009. Un analogo andamento ha caratterizzato gli acquisti di motocicli, la cui spesa complessiva è scesa del 15,8% rispetto al 2009 e del

17,2% nei confronti del triennio precedente. La situazione è apparsa meglio intonata per mobili, informatica ed elettrodomestici, soprattutto bruni. Per questi ultimi può avere fatto da traino il passaggio alla tv digitale, visto che la spesa complessiva è lievitata del 15,2 rispetto al 2009 e del 14,0% nei confronti del triennio precedente, in piena sintonia con quanto avvenuto in regione.Un ulteriore aspetto degli impieghi bancari riguarda la classifi cazione per gruppi dimensionali di banche. Le banche sono suddivise a seconda della consistenza dei fondi medi intermediati. Quelle “maggiori” sono defi nite tali in quanto amministrano fondi intermediati superiori ai 60 miliardi di euro; quelle “grandi” rientrano nella fascia compresa tra 26 e 60 miliardi di euro; le “medie” si collocano tra i 9 e 26 miliardi di euro; le “piccole” stanno fra 1,3 e 9 miliardi. Chiudono la classifi cazione le banche “minori”, i cui fondi intermediati sono inferiori a 1,3 miliardi di euro. Fatta questa premessa, più che porre l’accento sull’andamento temporale, che avrebbe in ogni caso un respiro ristretto (i dati sono disponibili dal quarto trimestre del 2008) e sarebbe di diffi cile lettura per l’effetto degli IAS, è più utile verifi care l’incidenza dei vari gruppi dimensionali nel mercato dei prestiti. Secondo la situazione aggiornata a giugno 2010, le banche “piccole” e “minori” hanno coperto in provincia di Forlì-Cesena il 56,2% della consistenza delle somme impiegate, a fronte della media regionale del 34,1% e nazionale del 31,1%. Si conferma pertanto la peculiarità del sistema bancario forlivese-cesenate, dove prevalgono le banche di respiro locale, per lo più di credito cooperativo, eredi delle Casse rurali e artigiane.In ultima analisi, passiamo a valutare il rapporto impieghi per abitante per singolo comune. Secondo le statistiche più recenti raccolte da Bankitalia nei comuni con un congruo numero di sportelli bancari, a fi ne 2009 è stato nuovamente il comune di Cesena, con un rapporto pro capite di 42.527 euro, ad occupare la prima posizione in ambito provinciale, equivalente alla decima posizione della graduatoria regionale, la stessa del 2008. Seguono Forlì, con 38.792 euro (16° in regione) e la località turistica di Cesenatico con 35.361 euro (25° in regione).

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Tutti gli altri comuni hanno evidenziato valori inferiori alla media provinciale di 31.437 euro, in un arco compreso tra i 29.880 euro di Gambettola e i 5.141 di Verghereto.Per chiudere il discorso sui fi nanziamenti all’economia, giova analizzare l’evoluzione dei crediti di fi rma, che a giugno 2010 sono ammontati in provincia di Forlì-Cesena a circa 1 miliardo e 224 milioni di euro, a fronte di 15 miliardi e 646 milioni di euro di impieghi. Con l’apertura di tali crediti la banca s’impegna ad assumere o a garantire un’obbligazione del cliente tramite avalli, fi deiussioni e accettazioni. Le ragioni che spingono un cliente a richiedere un’apertura per credito di fi rma possono essere diverse. Di solito si cerca di evitare esborsi di denaro per effettuare depositi cauzionali, oppure si vuole agevolare la conclusione di scambi commerciali, in particolare con i mercati esteri. Altre motivazioni possono essere rappresentate dalla necessità di garantire le proprie obbligazioni per partecipare a gare e appalti o di ottenere a condizioni migliori un credito per cassa. Il rallentamento del ciclo economico e il conseguente aumento della rischiosità insita in tali operazioni (la banca può essere chiamata ad adempiere l’obbligazione del cliente o di dover trasformare il credito di fi rma in un credito per cassa, nel caso d’insolvenza dell’affi dato), è senz’altro alla base delle fl essioni tendenziali che hanno caratterizzato gli ultimi nove mesi del 2009 e i primi tre del 2010. Dal secondo trimestre dell’anno scorso la situazione si è stabilizzata (+0,4%), in contro tendenza con quanto avvenuto in regione (-1,1%), ma in linea con l’andamento nazionale (+2,7%).I fi nanziamenti per cassa rappresentano un ulteriore aspetto dei fi nanziamenti all’economia. Corrispondono all’ammontare dei crediti per cassa, al netto delle sofferenze, censiti dalla Centrale dei rischi, accordati o erogati dagli intermediari segnalanti4. L’utilizzato delle somme accordate dalle banche ai propri clienti si differenzia dagli impieghi per l’assenza delle sofferenze e per la presenza dei pronti contro termine. I fi nanziamenti per cassa rappresentano nella sostanza una variabile assai prossima ai prestiti “vivi” commentati precedentemente,

con la “tara” dei pronti contro termine, il cui importo ha la caratteristica di variare signifi cativamente nel tempo. A ottobre 2010 è ammontato a circa 492.000 euro, rispetto ai circa 800.000 di euro di luglio e un milione di aprile.Rispetto ai prestiti “vivi” che derivano dalle segnalazioni di vigilanza, i dati dei fi nanziamenti per cassa hanno il vantaggio di non risentire degli effetti dovuti agli IAS, in quanto segnalati dalla Centrale dei rischi, consentendo pertanto confronti tra valori omogenei.I dati aggiornati a settembre 2010 hanno evidenziato un rallentamento dell’accordato operativo5, rappresentato da un calo tendenziale dello 0,2%, che si è aggiunto alla diminuzione del 7,1% riscontrata in giugno. L’andamento della provincia di Forlì-Cesena si è discostato da quello regionale, che a settembre è stato caratterizzato da un lieve incremento tendenziale (+0,5%), dopo la leggera diminuzione rilevata tre mesi prima (-0,3%). Il sistema bancario forlivese-cesenate ha in pratica tirato un po’ il freno in termini di quantità di credito disponibile, con rifl essi puntualmente registrati dall’indagine dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, che nello scorso autunno ha rilevato un aumento delle imprese insoddisfatte relativamente alla quantità di credito disponibile. La frenata assume proporzioni maggiori sotto l’aspetto del credito a breve termine (fi no a 1 anno), che è quello maggiormente utilizzato dalle imprese per fi nanziare le attività correnti. In questo caso il mese di settembre 2010 ha accusato una fl essione del 5,9% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente (-1,9% in regione), che ha consolidato la tendenza negativa emersa nei due trimestri precedenti. L’utilizzo delle somme accordate è tuttavia apparso in aumento a settembre del 3,9%, recuperando parzialmente sulla fl essione del 5,5% registrata a giugno. Non altrettanto è avvenuto per le somme utilizzate a breve termine, la cui consistenza è diminuita dello 0,4% (+3,1% in regione), consolidando la tendenza al ridimensionamento emersa nei due trimestri precedenti, entrambi segnati da una fl essione tendenziale del 6,5%.

4 L’aggregato comprende le operazioni autoliquidanti, a revoca, a scadenza oltre ai fi nanziamenti a procedura concorsuale.5 Ammontare del credito direttamente utilizzabile dal cliente in quanto riveniente da un contratto perfezionato e perfettamente effi cace.

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Dall’incrocio di tali andamenti emerge che a crescere è stato il segmento del credito a medio-lungo termine sia in termini di accordato (+4,9%) che di utilizzato (+3,9%). Resta da chiedersi quanto possano avere infl uito le ristrutturazioni del credito da breve termine a scadenza protratta, fenomeno questo che in regione ha assunto proporzioni non trascurabili, come evidenziato dalle indagini della Banca d’Italia.Altre considerazioni che si possono fare sulle statistiche dei fi nanziamenti per cassa riguardano le garanzie richieste dalle banche. A settembre 2010 hanno rappresentato il 50,3% delle somme utilizzate, ben al di sopra della media regionale (40,5%) e nazionale (45,1%). In Emilia-Romagna solo la provincia di Rimini ha evidenziato una incidenza superiore, pari al 56,7%, con Ravenna subito a ruota di Forlì-Cesena, con una percentuale del 49,2%. Le banche romagnole si distinguono pertanto dal resto della regione per l’elevata richiesta di garanzie, e con tutta probabilità questa caratteristica può dipendere dalla larga diffusione delle attività turistiche e commerciali, considerate maggiormente a rischio rispetto ad altri settori. A tale proposito giova sottolineare che secondo i dati di settembre 2010 relativi all’intero territorio regionale, il tasso applicato per le operazioni autoliquidanti e a revoca ai servizi di alloggio e ristorazione, che sono quelli maggiormente infl uenzati dal turismo, è risultato del 6,34%, a fronte della media settoriale del 4,47%. Tra i vari comparti solo le attività legate alla fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata hanno evidenziato un trattamento peggiore (6,79%).Per quanto concerne lo sconfi namento delle somme accordate, che può essere il sintomo di un certo disagio sotto l’aspetto della solvibilità, la situazione emersa a settembre è stata caratterizzata da un cospicuo aumento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (+42,3%), largamente superiore alla crescita del 7,1% rilevata in regione. Solo la provincia di Ferrara ha evidenziato un incremento più sostenuto (+47,6%). Al di là dell’entità della crescita, la percentuale di sconfi namento sull’utilizzato della provincia di Forlì-Cesena si è tuttavia mantenuta su livelli che possiamo giudicare fi siologici (1,9%), in sostanziale linea con il

valore medio regionale (1,8%), ma su livelli inferiori alla media nazionale (2,2%).

Le prospettive sull’evoluzione del credito.Prometeia nel rapporto previsionale dello scorso gennaio colloca negli ultimi tre mesi del 2011 l’inizio della fase di rialzo dei tassi di politica monetaria, sia nell’Unione europea monetaria che negli Stati Uniti d’America. Per l’Italia nel 2011 si prevede una graduale crescita dei tassi attivi pari a 57 punti base.Nel triennio 2011-2013 Prometeia prevede una ulteriore crescita del tasso d’indebitamento delle famiglie italiane che dovrebbe salire al 70%, pur mantenendosi su livelli inferiori alla media europea, che nel 2010 si è attestata al 98%. Il trend dell’indebitamento sarebbe trainato soprattutto dalla domanda di mutui, mentre il credito al consumo risentirebbe della bassa dinamica dell’acquisto di beni durevoli.Nell’ambito del sistema bancario, la modesta crescita economica attesa per il biennio 2011-2012 si dovrebbe rifl ettere in una sostanziale stabilità del tasso di crescita tendenziale della domanda di prestiti. Nel 2011 al rallentamento della componente delle famiglie, dovrebbe associarsi una accelerazione della domanda da parte delle imprese (da +2,2 a +4,6%), prevalentemente sul segmento a breve termine sensibile alla ripresa del ciclo economico (da +1,7 a +5,1%). La crescita degli investimenti in macchinari e attrezzature e la crescita nulla prevista per quelli in costruzioni dovrebbero portare a un incremento del fabbisogno fi nanziario delle imprese. Il graduale aumento dei tassi attivi bancari, stimato, come descritto precedentemente, in 57 punti base nel 2011, concorrerà tuttavia a contenere la domanda di prestiti.Nel 2011 è previsto un rallentamento del tasso di crescita delle sofferenze (+25,5% rispetto al +31,1% del 2010), che dovrebbe proseguire anche nel biennio successivo. Tra le passività, i depositi sono destinati ad aumentare del 3,9%, in misura più contenuta rispetto all’evoluzione del 2010 (+6,3%), soprattutto a causa della forte frenata attesa per le operazioni Pronti contro Termine, mentre le obbligazioni torneranno a crescere (+3,1%), dopo avere segnato il passo nel 2010 (-0,4%).

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La qualità del credito.L’analisi della qualità del credito deve essere effettuata con la dovuta cautela a causa dei cambiamenti, come descritto precedentemente, avvenuti nel mese di giugno 2010. Al di là della non piena omogeneità dei dati, resta tuttavia una linea di tendenza abbastanza chiara, rappresentata da una qualità del credito che è apparsa in deterioramento, anche se con una intensità meno accentuata rispetto a quanto avvenuto in regione e in Italia.Secondo i dati raccolti dalla Banca d’Italia, aggiornati a ottobre 2010, le sofferenze bancarie, pari a quasi 513 milioni di euro, sono cresciute del 35,8% rispetto alla situazione dello stesso mese dell’anno precedente, in accelerazione rispetto al trend riscontrato mediamente nei dodici mesi precedenti (+26,7%). Le sofferenze sono apparse in costante diminuzione tra dicembre 2008 e giugno 2009, per poi aumentare gradatamente dal mese successivo, fi no a superare costantemente da agosto la soglia del 30% d’incremento. Di spessore ancora più ampio è apparso l’andamento regionale, che in ottobre è stato caratterizzato da un incremento tendenziale del 43,4%, che ha consolidato la serie di aumenti superiori al 40% in atto da novembre 2009. Nel Paese

la crescita tendenziale dello scorso ottobre è risultata relativamente più contenuta (+31,4%), con un rallentamento nei confronti del trend superiore agli otto punti percentuali. Se guardiamo all’andamento delle altre province dell’Emilia-Romagna troviamo situazioni più negative in quattro province, con la situazione estrema di Reggio Emilia le cui sofferenze, pari a 1 miliardo e 147 milioni di euro, sono più che raddoppiate rispetto alla situazione di un anno prima. L’incremento relativamente più contenuto ha riguardato la provincia di Parma (+23,3%).Il rapporto sofferenze/prestiti totali bancari si è attestato in ottobre 2010 al 3,25%, in peggioramento rispetto al trend del 2,81% registrato nei dodici mesi precedenti. In Emilia-Romagna il corrispondente rapporto si è attestato al 4,08% (3,61% il trend), in Italia al 4,37% (3,95% il trend). La provincia di Forlì-Cesena ha pertanto evidenziato, e non è una novità, una rischiosità dei prestiti relativamente meno accentuata. Tra dicembre 2007 e luglio 2010 il rapporto sofferenze/impieghi si è mantenuto costantemente sotto la soglia del 3% e solo dal mese successivo l’ha superata. In regione, solo due province, vale a dire Bologna e Ravenna, hanno evidenziato una

Percentuale delle sofferenze sui prestiti totali. Periodo dicembre 2007 - ottobre 2010.

Forlì-Cesena Emilia - Romagna

dic-07 dic-08 apr ago

Fonte: elaborazione su dati della Banca d’Italia.

aprapr agoago dic-09

1,00

1,50

2,00

3,00

4,00

2,50

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situazione meglio intonata di quella di Forlì-Cesena, con un rapporto sofferenze/prestiti totali pari rispettivamente al 3,07 e 2,83%. La situazione relativamente più diffi cile è stata nuovamente registrata a Ferrara (7,80%), seguita da Reggio Emilia con il 5,28%. In ambito nazionale Forlì-Cesena si è collocata nel gruppo delle province più virtuose, occupando la undicesima posizione, preceduta, oltre che da Ravenna e Bologna, da Trento, Bolzano, Roma, Cuneo, Siena, Sondrio, Milano e Trieste che è la provincia che ha vantato il migliore rapporto sofferenze/prestiti (1,59%). La situazione più negativa ha riguardato nuovamente la provincia sarda di Carbonia-Iglesias, con un rapporto pari al 12,77%.

La relativa migliore qualità del credito forlivese-cesenate trae origine dalla peculiarità del sistema produttivo. Secondo un’indagine dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, la principale forma di fi nanziamento delle imprese è rappresentata da risorse “interne”. La maggior parte delle imprese operanti in provincia basa la propria attività sull’autofi nanziamento (46,5% dei casi) a cui si aggiunge il capitale familiare, o quello dei soci (20,6%). Il ricorso ai fi nanziamenti bancari, e quindi al potenziale rischio di sofferenze, è stato dichiarato dal 43,2% delle imprese forlivesi e cesenati, in misura più contenuta rispetto alla media regionale del 44,3%. Solo Bologna e Ravenna, che, come descritto precedentemente, sono le province che vantano i rapporti più contenuti sofferenze/prestiti, hanno

evidenziato percentuali di ricorso ai fi nanziamenti bancari più contenute di quella forlivese-cesenate. Un altro aspetto della migliore qualità del credito è stato inoltre rappresentato dall’attenuazione del rischio di fi nanziamento dovuta all’elevata percentuale di imprenditori locali che ha utilizzato i Confi di. Le imprese forlivesi-cesenati hanno fatto ricorso a tali soggetti in misura più pronunciata (34,4%) rispetto a tutte le altre province dell’Emilia-Romagna (27,9%).In ambito settoriale, gli incrementi dei crediti in sofferenza delle famiglie consumatrici e assimilabili e delle imprese, che comprendono le società non fi nanziarie e le famiglie produttrici, si sono sostanzialmente differenziati: +24,4% le prime; +39,1% le seconde. Di ben altro tenore sono apparsi gli incrementi tendenziali della regione, le cui famiglie e imprese hanno accusato rispettivamente aumenti tendenziali del 43,2 e 43,3%, che in Italia si sono attestati al 39,7 e 28,9%.Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti, il gruppo delle imprese forlivesi ha evidenziato una forte accelerazione, se si considera che le sofferenze erano cresciute mediamente del 27,1%. Un andamento meno negativo ha riguardato le famiglie consumatrici, il cui incremento del 24,4% è apparso leggermente inferiore al trend del 25,3%.Il rapporto sofferenze/prestiti totali delle imprese è così salito al 3,77%, in peggioramento rispetto al trend del 3,16% riscontrato nei dodici mesi precedenti. Da quando sono disponibili le statistiche territoriali mensili, ovvero da dicembre 2007, non era mai stato registrato un valore così elevato. Nell’ambito delle famiglie, il rapporto è stato del 3,03%, in sostanziale linea con il trend del 3,01%.Questi segnali negativi, comunque più attenuati, come visto, rispetto a quanto avvenuto in regione, sono stati confermati dall’evoluzione delle sofferenze rettifi cate relative alle società non fi nanziarie e famiglie produttrici. Questo indicatore ne rapporta i fl ussi in un trimestre agli impieghi “vivi” relativi ai dodici mesi che terminano nel periodo indicato, che nel nostro caso è riferito al trimestre luglio-settembre 2010. In questo periodo le sofferenze rettifi cate sono arrivate ad incidere per lo 0,61%,

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superando il trend dei dodici mesi precedenti, pari allo 0,35%. La situazione più negativa ha riguardato le famiglie “produttrici”, il cui tasso di decadimento è salito allo 0,79%, a fronte del trend dello 0,53%. Nelle società non fi nanziarie il decadimento è apparso più contenuto (0,59%), ma anch’esso in peggioramento rispetto al trend dello 0,34%.In ambito regionale la provincia di Forlì-Cesena ha evidenziato una situazione meno intonata rispetto alle altre province della regione. Solo Ferrara e Parma hanno registrato, per società non fi nanziarie e famiglie produttrici, incidenze superiori pari rispettivamente allo 0,95 e 0,86%. Se estendiamo il confronto all’ambito nazionale, la provincia di Forlì-Cesena si colloca in una posizione “mediana” ovvero al 53esimo posto su 107 province. La situazione più critica è appartenuta alla provincia di Napoli (3,29%), quella migliore a Sondrio e Savona entrambe con un tasso di decadimento dello 0,13%.L’indisponibilità di dati provinciali relativi ad altri crediti a rischio, i cosiddetti “fi nanziamenti deteriorati”, non consente di approfondire il discorso sulla qualità del credito. I dati relativi all’Emilia-Romagna hanno tuttavia registrato una crescita di queste poste, anche se più contenuta rispetto agli elevati ritmi del 2009. Secondo i dati della Banca d’Italia aggiornati a settembre 2010, le partite incagliate, che riguardano esposizioni verso affi dati in temporanea situazione di obiettiva diffi coltà, prevedibilmente superabile in un congruo periodo di tempo, sono cresciute del 32,4% rispetto alla situazione di un anno prima. Nell’ambito delle esposizioni scadute o sconfi nanti da più di 90 giorni, l’incremento relativo alla totalità della clientela emiliano-romagnola è stato del 5,4%, con una punta del 40,6% relativa alle “fi nanziarie famiglie consumatrici e istituzioni sociali private”.Ancora più eclatante è apparsa l’evoluzione delle esposizioni ristrutturate6 che a settembre 2010 hanno superato 1 miliardo e 194 milioni di euro, vale a dire circa sei

volte in più l’importo dell’anno precedente.

Le condizioni del credito e il rapporto banca-impresa.In una fase congiunturale caratterizzata dalla lenta ripresa del ciclo produttivo, l’indagine condotta dalla Banca d’Italia presso le principali banche operanti in Emilia-Romagna, che hanno rappresentato poco meno del 90% dei prestiti a imprese della regione, ha evidenziato relativamente al primo semestre 2010 una moderata ripresa della domanda rispetto ai sei mesi precedenti. Nelle previsioni delle banche, tale tendenza dovrebbe rafforzarsi nella seconda metà dell’anno. La ripresa della domanda, come sottolineato dalla Banca d’Italia, sarebbe frutto di una più lenta caduta della componente legata al fi nanziamento degli investimenti e di un incremento di quella per il circolante e, soprattutto, per la ristrutturazione del debito. A proposito degli investimenti, giova sottolineare che secondo lo scenario predisposto nello scorso novembre da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, il 2010 dovrebbe chiudersi, per la regione, con una crescita reale prossima al 2%, dopo tre anni caratterizzati da una fl essione media superiore al 6%, che nel solo 2009 è stata del 13,6%. Al di là della risalita, resta tuttavia un livello degli investimenti ben lontano dalla situazione precedente la crisi. Dal lato dell’offerta, nei primi sei mesi del 2010 le condizioni creditizie sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto alla seconda metà del 2009. Si è pertanto interrotta la tendenza all’inasprimento che, seppure in attenuazione, perdurava dal quarto trimestre 2008, periodo di inizio della rilevazione. Le banche prevedono per il secondo semestre un moderato allentamento delle condizioni creditizie.Secondo l’indagine sul credito bancario (BLS)7 c’è stato in Italia un progressivo irrigidimento fi no a settembre dell’approvazione di prestiti e aperture di linee di credito a favore delle imprese. Nel trimestre successivo l’irrigidimento si è allentato, con prospettive

6 Ammontare dei rapporti per cassa per i quali una banca, a causa del deterioramento delle condizioni economico-fi nanziarie del debitore, acconsente a modifi che delle originarie condizioni contrattuali che diano luogo ad una perdita.7 L’indagine ha preso il via nel gennaio del 2003 ed è condotta dalle banche centrali nazionali dei paesi che hanno adottato la moneta unica in collaborazione con la Banca centrale europea. Si rivolge ai responsabili delle politiche del credito delle principali banche dell’area (oltre 110); per l’Italia partecipano le capogruppo di otto gruppi creditizi.L’indagine consente di evidenziare in maniera distinta, da un lato, i fattori che infl uenzano l’offerta di credito nonché i termini e le condizioni praticate alla clientela e, dall’altro, l’andamento della domanda di credito con le relative determinanti.

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a breve di un mantenimento della situazione registrata negli ultimi tre mesi del 2010. E’ in sostanza emerso un andamento che è risultato in sostanziale linea con quanto rilevato dall’indagine della sede regionale della Banca d’Italia. Il momento più critico è stato toccato nel secondo semestre del 2008, quando stavano manifestandosi in tutta

la loro evidenza le turbolenze fi nanziarie innescate dalla crisi dei mutui ad alto rischio statunitensi.Se si sposta l’analisi sulle imprese, in base al sondaggio eseguito dalla Banca d’Italia su di un campione di unità produttive operanti in regione, emerge che un quinto delle imprese dell’industria in senso stretto e dei

Rapporto banca - impresa. Rilevazioni di primavera e autunno 2010. Provincia di Forlì-Cesena ed Emilia-Romagna - Valori percentuali (a).

GIUDIZIO SULL’ACCESSO AL CREDITOPrimavera (b) Autunno (c)

FC ER FC ER

Quantità di credito disponibile/ Adeguato 62,3 49,5 53,5 50,4

erogabile Inadeguato 37,7 47,8 43,2 42,9

Non sa/Non risponde 0,0 2,7 3,2 6,7

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

Tipologia di strumenti fi nanziari Adeguato 62,3 53,6 54,2 55,4

offerti Inadeguato 36,4 43,3 38,7 36,9

Non sa/Non risponde 1,3 3,1 7,1 7,7

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

Tempi di valutazione/accettazione Adeguato 61,6 51,1 54,8 50,7

richieste fi do Inadeguato 34,4 44,3 41,3 41,4

Non sa/Non risponde 4,0 4,6 3,9 7,9

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

Tasso applicato Adeguato/Accettabile 51,7 43,4 47,7 43,2

Inadeguato/Oneroso 47,0 52,9 48,4 48,6

Non sa/non risponde 1,3 3,6 3,9 8,2

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

Garanzie richieste Adeguato/Accettabile 48,3 44,2 44,5 42,5

Inadeguato/Oneroso 49,7 51,5 52,3 49,1

Non sa/non risponde 2,0 4,4 3,2 8,5

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

Costo complessivo del Adeguato/Accettabile 46,4 43,0 41,3 40,3

fi nanziamento Inadeguato/Oneroso 48,3 51,4 52,3 49,4

Non sa/non risponde 5,3 5,6 6,5 10,3

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0

(a) Nell’indagine di primavera sono state intervistate nella provincia di Forlì-Cesena e in Emilia-Romagna rispetti-vamente 151 e 1.402 imprese industriali, commerciali e dei servizi alle imprese. Nell’indagine di autunno le imprese intervistate sono risultate rispettivamente 155 e 1.500.(b) Interviste effettuate nel periodo 19 marzo - 14 aprile 2010.(c) Interviste effettuate nel periodo 25 ottobre - 11 novembre 2010.

Fonte: Istituto Guglielmo Tagliacarne.

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010 153

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servizi e la metà di quelle delle costruzioni ha registrato un inasprimento nell’accesso al credito, rappresentato per lo più da un peggioramento delle condizioni di costo e garanzia sui nuovi fi nanziamenti. Tali quote sono tuttavia risultate inferiori a quelle di un anno prima, coerentemente con l’interruzione della tendenza all’inasprimento evidenziata dalle banche. Nei comparti dell’industria in senso stretto e dei servizi le richieste di rientro, anche parziale, delle posizioni debitorie già in essere hanno interessato il 4% delle imprese; le domande di nuovi fi nanziamenti non accettate sono state pari al 6%. Per le costruzioni si registrano valori signifi cativamente superiori, a ulteriore conferma della relativa maggiore rischiosità del settore rispetto agli altri.Nella realtà forlivese-cesenate, l’Osser-vatorio sul credito predisposto dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne, con la collaborazione di Unioncamere Emilia-Romagna (vedi nota 3) ha registrato, nel corso del 2010, un certo deterioramento del rapporto banca-impresa.Nell’indagine autunnale il 43,2% delle imprese forlivesi ha reputato inadeguata la quantità di credito disponibile/erogabile presso le banche, mostrando un peggioramento rispetto alla situazione relativa al periodo primaverile, quando si aveva una percentuale di “scontenti” pari al 37,7%. Di tutt’altro segno l’evoluzione regionale che nell’indagine effettuata tra ottobre e novembre ha registrato una percentuale del 42,9% che ha giudicato inadeguata la quantità di credito disponibile/erogabile, in diminuzione rispetto alla quota del 47,8% rilevata nella precedente rilevazione. Per restare nel tema dell’accesso al credito, un analogo andamento ha riguardato la tipologia degli strumenti fi nanziari offerti. Per quanto minoritaria (38,7%), la quota di insoddisfatti ha superato di oltre due punti percentuali quella emersa nell’indagine primaverile.

Anche in questo caso la provincia di Forlì-Cesena si è distinta negativamente dall’andamento regionale che ha invece registrato un ridimensionamento della quota di insoddisfatti pari a più di sei punti percentuali. Sono inoltre aumentati i tempi di valutazione/accettazione delle richieste di fi do, mentre è peggiorato il costo del fi nanziamento sotto l’aspetto del tasso

d’interesse applicato. In questo caso la percentuale di imprese forlivesi-cesenati, che lo ha giudicato oneroso, è salita al 48,4% (48,6% la media regionale), contro il 47,0% rilevato nell’indagine primaverile (52,9% la media regionale) e ancora una volta la provincia si è distinta negativamente dalla tendenza emersa in regione, rappresentata da una riduzione dei giudizi di onerosità superiore ai quattro punti percentuali.E’ da sottolineare che questa situazione, come documentato dalle statistiche della Banca d’Italia, è maturata in un contesto di leggero rialzo dei tassi attivi applicati alle imprese. Anche la richiesta di garanzie per ottenere fi nanziamenti ha subito un certo deterioramento. Nel campione di 155 imprese, altamente rappresentativo della realtà produttiva provinciale, il 52,3% ha giudicato oneroso il costo del fi nanziamento legato alle garanzie richieste dalle banche, superando di quasi tre punti percentuali la quota emersa nell’indagine primaverile. Ancora una volta la provincia di Forlì-Cesena ha evidenziato un andamento dissimile da quello riscontrato in regione, dove la quota di imprese “critiche” è scesa tra primavera e autunno dal 51,5 al 49,1%. Questa differenza si collega ai fi nanziamenti per cassa erogati da Banche, Finanziarie e Veicoli segnalanti la Centrale dei rischi. A settembre 2010, secondo i dati della Banca d’Italia gli importi garantiti hanno inciso per il 50,3% del totale delle somme utilizzate, largamente al di sopra della media regionale del 40,5% e nazionale del 45,1%.

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Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010154

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Le banche cercano comprensibilmente di tutelarsi nel concedere i prestiti, ma qualche interrogativo può semmai sorgere sull’entità della percentuale di garanzie sull’utilizzato, che è apparsa tra le più ampie della regione, nonostante la relativa migliore qualità del credito. Con tutta probabilità più la banca è di piccole dimensioni, e a Forlì-Cesena sono in maggioranza, e più ci si cautela in fatto di garanzie.In estrema sintesi il sistema bancario della provincia di Forlì-Cesena sembrerebbe avere adottato politiche un po’ più restrittive rispetto al resto della regione e non è pertanto un caso che l’accordato operativo, secondo i dati della Banca d’Italia, abbia segnato il passo nello scorso settembre. Le imprese intervistate, come descritto precedentemente, hanno evidenziato un peggioramento delle condizioni di accesso al credito, che non ha risparmiato alcuna voce, risultando in questo in dissonanza con l’andamento regionale che ha invece registrato, come visto, condizioni relativamente più distese. Le banche forlivesi-cesenati hanno

insomma mostrato una maggiore cautela, rendendo meno accessibile il credito oltre che più oneroso, sia in termini di tassi che di garanzie. Questa situazione è maturata in un contesto strutturale che vede le imprese forlivesi-cesenati fortemente sbilanciate verso le banche di respiro locale, con una percentuale del 74,2%, la più alta della regione. La maggiore attenzione che solitamente le banche locali riservano alla propria clientela sembrerebbe pertanto essere venuta un po’ meno, ma al di là di questa ipotesi, suggerita dall’andamento emerso dalle due indagini, resta tuttavia una situazione che non desta particolare allarme rispetto al resto della regione. Questa affermazione si basa sul fatto che in autunno solo l’8,0% delle imprese ha avuto, rispetto ad aprile 2010, una richiesta di rientro del fi do, in misura inferiore alla media regionale del 9,4%. Un ulteriore aspetto positivo viene inoltre dalla percentuale di sconfi namenti8 rispetto alle somme utilizzate al netto delle sofferenze. Secondo i dati della Banca d’Italia, a settembre 2010 si aveva in provincia di

DEPOSITI PER ABITANTE AL 31 DICEMBRE 2009 Valori in euro

Fonte: elaborazione su dati della Banca d’Italia e Istat.

CESENA

FORLÌSAN MAURO PASCOLI

GATTEOTOTALE PROVINCIALE

GAMBETTOLACESENATICO

SARSINABERTINORO

SAVIGNANO SUL RUBICONEFORLIMPOPOLI

MODIGLIANA

BAGNO DI ROMAGNALONGIANO

MELDOLA

CASTROCARO T. E TERRA DEL SOLESANTA SOFIA

PREDAPPIOMERCATO SARACENO

VERGHERETORONCOFREDDO

0 5.000 10.000 15.000 20.000

21449

17447

16455

15820

13673

12986

12632

12528

12422

11885

11121

10304

10274

8008

7800

7595

6180

4477

10727

25.000

19335

18204

8 Si tratta della differenza positiva tra fi do utilizzato, escluse le sofferenze, e fi do accordato operativo. Viene calcolato per ogni operazione segnalata da ciascun intermediario alla Centrale dei rischi, senza alcuna compensazione né fra le operazioni che presentino margini di utilizzo né fra gli intermediari che segnalino lo stesso affi dato.

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Forlì-Cesena una percentuale dell’1,9%, a fronte della media regionale dell’1,8% e nazionale del 2,2%.

I depositi bancari e la raccolta indiretta.I depositi costituiscono uno dei principali aspetti della raccolta bancaria. Le statistiche messe a disposizione dalla Banca d’Italia comprendono sotto questa voce i depositi con durata prestabilita, a vista, overnight e rimborsabili con preavviso, oltre a buoni fruttiferi, certifi cati di deposito, conti correnti, pronti contro termine passivi e, a partire da dicembre 2008, anche gli assegni circolari. Le modifi che apportate nel mese di giugno 2010, che abbiamo illustrato in apertura di capitolo, si sono rifl esse sull’aggregato dei depositi bancari in misura sostanzialmente trascurabile, consentendo pertanto un’analisi abbastanza attendibile della realtà.A fi ne ottobre 2010 le somme depositate nella totalità delle banche dai clienti residenti in provincia di Forlì-Cesena sono ammontate a poco più di 7 miliardi di euro, con una crescita del 3,5% rispetto allo stesso mese del 2009. Si tratta di un incremento che può essere giudicato positivamente, se si considera che è apparso più ampio rispetto a quanto riscontrato in Emilia-Romagna (+1,2%). In regione solo due province, vale a dire Ravenna e Rimini, hanno evidenziato una crescita dei depositi più sostenuta di quella forlivese, pari rispettivamente a +5,1 e + 8,5%. Non sono mancate le diminuzioni come nel caso di Parma, i cui depositi sono scesi tendenzialmente del 5,7%.

Il gruppo più importante, ovvero quello delle famiglie “consumatrici” e assimilabili - hanno rappresentato circa i due terzi delle somme depositate - ha registrato, in ottobre, un decremento del 2,2% rispetto alla situazione di un anno prima, in linea con quanto avvenuto in regione (-1,1%). Il magro risultato conseguito in ottobre ha consolidato la tendenza al rifl usso in atto dai primi mesi del 2010. Dalla crescita del 10,3% di dicembre 2009 si è passati al +5,4% di marzo e +4,1% di giugno, per approdare infi ne, ai cali dello 0,1 e 2,2% di settembre e ottobre. Il ridimensionamento dei depositi delle famiglie ha interessato anche altre quattro province della regione, in un arco compreso tra il -0,2% di Ravenna e il -9,1%

di Reggio Emilia. Nelle restanti province gli incrementi sono apparsi abbastanza contenuti, con l’unica eccezione di Rimini, le cui famiglie hanno registrato una crescita del 7,5%. Nell’arco di un anno le famiglie forlivesi-cesenati hanno visto scendere i propri depositi per un totale di circa 103 milioni e 267 mila euro. Questo andamento è maturato in un contesto di ripresa, sia pure parziale, dell’economia. Alla crescita del valore aggiunto dell’1,9%, dopo la straordinaria caduta del 6,0% rilevata nel 2009, si è associato l’aumento dell’1,5% del reddito disponibile delle famiglie e delle istituzioni sociali private. C’erano in sostanza tutti i presupposti per una ripresa dei depositi che invece non è avvenuta. Con tutta probabilità le famiglie forlivesi, dopo le profonde incertezze vissute nel 2009 a causa delle turbolenze fi nanziarie, hanno ripreso a impiegare i propri risparmi in prodotti fi nanziari più remunerativi.Per quanto concerne le imprese - hanno coperto quasi il 30% delle somme depositate - i relativi depositi registrati a ottobre sono cresciuti dell’8,4% rispetto all’analogo periodo del 2009. In termini assoluti c’è stato un accrescimento prossimo ai 160 milioni di euro. Si tratta di una cifra rispettabile, che è maturata in un contesto congiunturale segnato dall’inversione del ciclo negativo che aveva affl itto l’industria nel biennio 2008-2009. La ripresa dei depositi delle imprese ha riguardato la quasi totalità delle province dell’Emilia-Romagna,

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con l’unica eccezione di Parma (-13,1%). Questo andamento può essere attribuito ad una maggiore liquidità dovuta alla ripresa del fatturato, ma può anche essere dipeso da un ciclo degli investimenti che stenta a decollare dopo la fl essione rilevata nel 2009. Le imprese preferirebbero “parcheggiare” nei depositi bancari le somme destinate agli investimenti, in attesa che la ripresa prenda un certo slancio.In ambito comunale, secondo i dati aggiornati a dicembre 2009, il comune che ha vantato il più elevato rapporto depositi per abitante è risultato Cesena, con 21.450 euro. In ambito regionale si è classifi cato al tredicesimo posto, sui 223 comuni rilevati in regione. Seguono Forlì e San Mauro Pascoli

- nella graduatoria regionale occupano rispettivamente la 17esima e 27esima posizione - rispettivamente con 19.336 e 18.205 euro. L’ultima posizione della provincia è appartenuta a Roncofreddo, con 4.477 euro per abitante, che è corrisposta anche all’ultima posizione in Emilia-Romagna. Il comune più dotato di depositi dell’Emilia-Romagna è risultato Collecchio, in provincia di Parma, con 35.891 euro per abitante, seguito da Bologna con 35.568 e Sassuolo con 30.011. Se analizziamo l’evoluzione dei depositi per abitante rispetto alla situazione dei cinque anni precedenti9, possiamo notare che il comune più dinamico è risultato Cesena con una crescita percentuale del 46,0%, largamente superiore sia all’incremento

Tassi attivi sui fi nanziamenti per cassa e per localizzazione della clientela. Periodo dicembre 2008 - settembre 2010

Trimestri

Totale clientela ordinaria resi-dente

Società non fi nanziarie e famiglie produttrici

Famiglie consumatrici, istituzioni sociali

Rischiautoliqui-

danti

Rischi ascadenza

Rischi arevoca

Rischiautoliqui-

danti

Rischi ascadenza

Rischi arevoca

Rischiautoliqui-

danti

Rischi ascadenza

Rischi arevoca

Forli-Cesena

IV2008 5,81 6,01 7,77 5,80 6,15 7,74 6,97 5,90 8,57

I2009 4,19 4,48 6,23 4,18 4,49 6,26 5,86 4,55 7,02

II2009 3,42 3,78 5,57 3,41 3,71 5,58 5,30 3,78 6,29

III2009 3,06 3,23 5,39 3,04 2,99 5,42 5,23 3,41 5,74

IV2009 2,89 3,11 5,29 2,88 2,86 5,34 5,07 3,16 5,75

I2010 2,86 3,00 5,47 2,85 2,74 5,57 4,71 3,08 5,98

II2010 2,85 2,78 5,20 2,84 2,79 5,18 4,73 2,98 5,63

III2010 2,90 2,77 5,51 2,89 2,77 5,51 4,91 2,97 5,59

Emilia-Romagna

IV2008 6,11 5,60 8,24 6,13 6,00 8,43 6,58 5,83 8,40

I2009 4,55 4,30 6,73 4,58 4,42 6,91 5,90 4,60 6,97

II2009 3,77 3,44 5,95 3,79 3,51 6,16 5,53 3,79 6,04

III2009 3,43 2,90 5,68 3,45 2,87 5,89 5,22 3,38 5,78

IV2009 3,33 2,69 5,63 3,36 2,72 5,84 5,19 3,09 5,61

I2010 3,41 2,60 5,68 3,44 2,59 5,99 5,28 2,99 5,57

II2010 3,29 2,51 5,58 3,32 2,60 5,94 5,24 2,88 5,42

III2010 3,32 2,53 5,61 3,33 2,64 6,00 5,22 2,89 5,22

Fonte: Banca d’Italia.

9 A fi ne dicembre 2004 non erano censiti i comuni di Roncofreddo e Verghereto per la riservatezza statistica dovuta all’insuffi ciente numero di sportelli.

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medio provinciale (+31,2%) che regionale (+37,4%). Alle spalle di Cesena si è collocato il comune collinare di Sarsina, il cui aumento percentuale, tra il 2004 e 2009, è stato del 39,7%. Oltre la soglia del 30% di crescita troviamo inoltre San Mauro Pascoli, Forlì e Bagno di Romagna. Non tutti i comuni del forlivese sono riusciti ad accrescere i depositi per abitante. Santa Sofi a, che si trova nel parco nazionale delle foreste Casentinesi, ha sostanzialmente mantenuto l’importo pro capite del 2004 (-0,1%), mentre hanno perso terreno Gatteo (-6,7%) e Longiano (-7,7%). Un altro interessante indicatore dei depositi è rappresentato dal rapporto con gli sportelli. In questo caso quelli più “produttivi” sono dislocati nel comune di San Mauro Pascoli, con un valore pro capite prossimo ai 25 milioni di euro. Segue Forlì con 22 milioni e 284 mila euro, davanti a Gatteo (21.557.714 euro) e Cesena (20.628.280). Chiude la fi la il comune di Verghereto, i cui sportelli hanno registrato mediamente poco più di 3 milioni di euro. In ambito regionale è il comune di Collecchio, lo stesso che registra, come descritto precedentemente, il più elevato rapporto per abitante, a primeggiare con quasi 50 milioni di euro. San Mauro Pascoli, prima nel forlivese-cesenate, fi gura 18esimo in ambito regionale.Un altro aspetto della raccolta bancaria è rappresentato dalla raccolta indiretta. Si tratta di un aggregato che comprende i titoli di terzi in deposito a custodia o in amministrazione (al netto delle passività di propria emissione), connessi con lo svolgimento di banca depositaria o con l’attività di gestione di portafogli10. Si tratta in sostanza di un ulteriore indicatore della ricchezza di un territorio. I dati provinciali sono disponibili solo dal primo trimestre 2010 e non vi è di conseguenza alcuna possibilità di eseguire confronti di un certo respiro con il passato. Se guardiamo all’evoluzione avvenuta nel corso del 2010, si può tuttavia notare che la provincia di Forlì-Cesena tra marzo e settembre ha accresciuto la raccolta indiretta dello 0,8%, distinguendosi dalla diminuzione dello 0,2%

avvenuta in regione. L’entità della raccolta indiretta è imponente. A fi ne settembre ammontava in provincia a quasi 6 miliardi e mezzo di euro, appena al di sotto dei depositi bancari. Il rapporto per abitante si è attestato sui 16.374 euro, largamente al di sotto della media regionale di 33.848 euro e nazionale di 30.859 euro. In Emilia-Romagna solo le province di Ferrara e Rimini hanno registrato valori inferiori a quelli di Forlì-Cesena. A primeggiare è Bologna con un rapporto pro capite di 58.216 euro.

I tassi d’interesse.In un contesto di politiche monetarie espansive al fi ne di stimolare l’economia11, i tassi d’interesse bancari hanno evidenziato una dinamica di aumento.Il tasso Euribor12 a tre mesi, che serve generalmente da base per i tassi sui mutui indicizzati, dallo 0,68% di inizio anno è arrivato all’1,02% di dicembre. Nello stesso arco di tempo quello a dodici mesi è passato dall’1,23 all’1,53%. Il livello medio del 2010 è tuttavia risultato più contenuto di quello rilevato nel 2009, vale a dire 0,42 punti percentuali in meno per l’Euribor a tre mesi e 0,27 punti in meno per quello a dodici mesi.Nell’ambito dei titoli di Stato quotati al Mercato telematico della Borsa di Milano, c’è stato un andamento che ha generalmente ricalcato quanto osservato per i tassi Euribor. Il tasso dei Bot è passato dallo 0,561% di gennaio all’1,569% di dicembre. Quello dei Cct a tasso variabile è salito dallo 0,932 al 2,589%. I Ctz si sono portati dall’1,162% al 2,223%. Il tasso dei Buoni poliennali del tesoro è cresciuto dal 4,010 al 4,551%. Per quanto concerne il Rendistato, che rappresenta il rendimento medio ponderato di un paniere di titoli pubblici, si è passati dal 3,245% di gennaio al 3,963% di dicembre. Se confrontiamo il livello medio dei tassi del 2010 con quello dell’anno precedente, possiamo notare che la tendenza espansiva dei titoli del debito pubblico avvenuta nel corso del 2010 ha innalzato il livello medio di Bot, Cct e Ctz, in un arco compreso tra i 0,085 e 0,160 punti percentuali, mentre

10 La valorizzazione è al fair value (valore di mercato calcolato secondo le regole previste dai principi contabili non internazionali). Con riferimento ai soli titoli non quotati in custodia o in amministrazione, ove il fair value non sia agevolmente determinabile, la valutazione è al valore contabile.11 Nel 2010 la Banca centrale europea ha mantenuto invariato all’1,0% il tasso di riferimento “fi xed rate”, dopo averlo frequentemente ritoccato al ribasso nel 2009 per favorire la ripresa dell’economia.12 Si tratta del tasso medio che regola le transazioni fi nanziarie in euro tra le banche europee.

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sono apparsi in ridimensionamento i titoli di più ampia durata quali i Btp (-0,227 punti percentuali).

In provincia di Forlì-Cesena i tassi attivi in generale sono apparsi tendenzialmente in crescita. Quello applicato alle operazioni relative ai rischi autoliquidanti13 della totalità della clientela residente, a settembre 2010 è arrivato al 2,90%, risultando leggermente superiore a quanto registrato nei due trimestri precedenti. Rispetto al dato medio regionale è tuttavia emerso nuovamente un miglior trattamento, quantifi cabile in 0,42 punti percentuali in meno, che salgono a 0,78 se il confronto viene eseguito con l’Italia. In Emilia-Romagna nessuna provincia ha registrato tassi più contenuti. Se guardiamo alle condizioni proposte alle società non fi nanziarie e famiglie produttrici, che comprendono gran parte del mondo della produzione di beni e servizi destinabili alla vendita, a settembre è stata registrata una leggera recrudescenza del tasso salito al 2,89% rispetto al 2,85% di marzo. Al di là dell’aumento avvenuto nel corso del 2010, resta tuttavia un differenziale favorevole rispetto al valore medio regionale, pari a 0,44 punti percentuali, che testimonia una maggiore attenzione del sistema bancario forlivese-cesenate verso le imprese locali, dovuta alla relativa migliore qualità del credito e al forte radicamento nel territorio delle banche, dove assume contorni importanti la forma della cooperazione. E’ da sottolineare che nessuna provincia dell’Emilia-Romagna ha registrato tassi più contenuti. Anche nell’ambito delle famiglie consumatrici, assieme alle istituzioni sociali private, i tassi attivi applicati alle operazioni autoliquidanti sono apparsi in ripresa nel corso del 2010, ma anche in questo caso la provincia di Forlì-Cesena ha evidenziato condizioni più vantaggiose rispetto alla regione nell’ordine di 0,31 punti percentuali.Per quanto concerne i tassi attivi applicati alle operazioni sui rischi a scadenza14, c’è

stato un leggero ridimensionamento. Dal 3,00% di marzo 2010 si è progressivamente scesi al 2,77% di settembre 2010, con un miglioramento di 0,26 punti percentuali rispetto al trend dei dodici mesi precedenti. In questo caso Forlì-Cesena ha registrato, per operazioni considerate per la loro natura relativamente meno rischiose rispetto ad altre, tassi ancora una volta meno convenienti rispetto a quelli medi regionali, con uno spread che a settembre 2010 è stato di 0,24 punti percentuali, comunque più ridotto rispetto a quello rilevato nei trimestri precedenti. Nell’ambito delle società non fi nanziarie e famiglie produttrici, tra marzo e settembre 2010 il tasso è cresciuto dal 2,74 al 2,77%, in misura leggermente più contenuta rispetto a quanto registrato in regione, in quanto il differenziale a sfavore si è ridotto nello stesso arco di tempo da 0,15 a 0,13 punti percentuali. La situazione cambia di segno per quanto riguarda i tassi applicati alle famiglie “consumatrici” e istituzioni sociali private. Dal 3,08% di marzo 2010 si scende al 2,97% di settembre, riducendo lo spread a sfavore ad appena 0,08 punti percentuali rispetto alle condizioni proposte mediamente in Emilia-Romagna.Per quanto concerne i tassi relativi ai rischi a revoca15 si registra una tendenza moderatamente espansiva. Gli interessi applicati alla clientela sono di norma superiori a quelli relativi alle operazioni autoliquidanti e a scadenza, in quanto presumono una maggiore rischiosità, tanto che le banche si riservano la facoltà di recedere anche senza giusta causa. Si tratta in sostanza di operazioni la cui natura può essere infl uenzata dai cicli economici. Dal 5,47% di marzo 2010 praticato alla totalità della clientela si è arrivati al 5,51% di settembre 2010, mantenendo tuttavia condizioni più vantaggiose rispetto alla media regionale per tutto il corso del 2010, anche se è emersa una tendenza al riallineamento, in quanto lo spread a favore della clientela forlivese-cesenate si è ridotto tra marzo e

13 Categoria di censimento della Centrale dei rischi nella quale confl uiscono operazioni caratterizzate da una forma di rimborso predeterminato, quali i fi nanziamenti concessi per consentire l’immediata disponibilità dei crediti che il cliente vanta verso terzi. Si tratta nella sostanza di operazioni che confi gurano uno smobilizzo di crediti, quali ad esempio lo sconto di portafoglio.14 Categoria di censimento della Centrale dei rischi relativa a operazioni di fi nanziamento con scadenza fi ssata contrattualmente e prive di una fonte di rimborso predeterminata, quali ad esempio mutui e anticipazioni attive non regolate in conto corrente15 Categoria di censimento della Centrale dei rischi nella quale confl uiscono le aperture di credito in conto corrente.

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settembre da 0,21 a 0,10 punti percentuali. In Emilia-Romagna solo la provincia di Bologna ha proposto a settembre tassi più contenuti (4,66%). Il differenziale a favore deriva dalle migliori condizioni riservate alle imprese, il cui spread ha oscillato tra i 0,42 punti percentuali di marzo 2010 e i 0,49 di settembre. La situazione cambia di segno relativamente alle famiglie “consumatrici”. In questo caso i tassi sono apparsi in diminuzione nel corso del 2010, ma il loro livello si è costantemente mantenuto oltre la media regionale, con un differenziale a sfavore, a settembre, di 0,37 punti percentuali.

Gli sportelli bancari e i servizi telematici.La rete degli sportelli bancari si sta ridimensionando. Dopo avere toccato il culmine di 361 sportelli operativi a fi ne dicembre 2008, nei trimestre successivi si è instaurata una tendenza negativa che ne ha ridotto la consistenza ai 353 di fi ne settembre 2010, vale a dire l’1,4% in meno rispetto all’analogo periodo del 2009. Il rifl usso della provincia di Forlì-Cesena ha avuto tuttavia una intensità leggermente inferiore rispetto a quanto avvenuto in Emilia-Romagna, i cui sportelli sono diminuiti, nell’arco di un anno, dell’1,6%. Questo andamento è la conseguenza della politica di razionalizzazione avviata dalle banche, con il dichiarato scopo di comprimere i costi e quindi alleggerire bilanci gravati dalla prosecuzione del deterioramento della qualità del credito.La diffusione sulla popolazione forlivese è di 90 sportelli ogni 100.000 abitanti16 rispetto alla media regionale di 81 e nazionale di 56. In Emilia-Romagna solo una provincia, vale a dire Rimini, ha evidenziato una densità maggiore, pari a 101 sportelli ogni 100.000 abitanti. Se allarghiamo il confronto al territorio nazionale, la provincia di Forlì-Cesena ha mantenuto la terza posizione raggiunta nel 2008, alle spalle, come detto, di Rimini (101 sportelli ogni 100.000 abitanti) e Trento (106). La densità più contenuta è appartenuta alle province di Crotone (21) e Caserta (23). La totalità dei comuni di Forlì-Cesena è servita da sportelli bancari. In Emilia-Romagna la percentuale scende al 96,0%, in Italia al 73,0%.

Se analizziamo la situazione dei comuni del forlivese-cesenate, possiamo vedere che la densità maggiore (i dati si riferiscono in questo caso alla situazione di fi ne dicembre 2009) ha riguardato soprattutto i piccoli comuni. In testa troviamo nuovamente il comune di Portico e San Benedetto, (secondo in regione dopo Tornolo), con uno sportello ogni 402 abitanti, a fronte della media provinciale di 1.090. Seguono Verghereto (495), Tredozio (652), Sarsina (741), Premilcuore (827) e Dovadola (860). La minore densità è stata rilevata a Montiano, con uno sportello ogni 1.698 abitanti, davanti a Castrocaro Terme e Terra del Sole con 1.650. Nel comune di Forlì ogni sportello ha servito mediamente 1.152 abitanti, a Cesena 962.Per quanto concerne la classifi cazione degli sportelli per gruppi istituzionali - siamo tornati alla situazione di settembre 2010 - in provincia di Forlì-Cesena prevalgono le società per azioni (63,2% del totale), anche se in misura molto più contenuta rispetto alla media emiliano-romagnola del 76,0% e nazionale del 77,1%. Questa tangibile differenza dipende dal fatto che in provincia di Forlì-Cesena è molto forte il peso delle banche di Credito cooperativo, eredi delle “antiche” Casse rurali e artigiane, la cui incidenza, pari al 27,2%, è risultata la più elevata dell’Emilia-Romagna, davanti a Rimini (24,8%) e Ravenna (14,3%). In ambito nazionale solo cinque province, sulle centodieci oggetto dell’analisi, hanno evidenziato una incidenza maggiore, in un arco compreso fra il 28,0% di Caltanissetta e il 60,4% di Trento. Questi dati, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, sottintendono la dimensione squisitamente locale del sistema bancario forlivese, nella quale sono le dimensioni più piccole a gestire la quota più ampia di impieghi e depositi. Le banche di Credito cooperativo, che in taluni casi operano dagli inizi dello scorso secolo, sono concepite in modo da far utilizzare il risparmio depositato prevalentemente in ambito locale. Strutturate come cooperative, devono accordare fi nanziamenti prevalentemente ai propri soci, che hanno l’obbligo di risiedere ed operare con continuità nel territorio in cui si trova la banca.

16 Il confronto è stato eseguito sulla base della popolazione residente in essere a inizio 2010.

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Per quanto concerne le banche Popolari cooperative, il loro peso in provincia di Forlì-Cesena si è attestato al 9,6% rispetto all’11,4% regionale e 9,1% nazionale. L’incidenza percentuale di queste banche ha subito un drastico ridimensionamento tra giugno e settembre 2007. In provincia di Forlì-Cesena sono diminuite da 40 a 32, in Emilia-Romagna da 609 a 373. Alla base di questa fl essione, c’è la trasformazione in società per azioni di alcuni istituti, tra i quali la Banca Popolare di Lodi. In Emilia-Romagna questo istituto bancario può contare su più di una sessantina di sportelli distribuiti tra Bologna, Forlì-Cesena, Parma, Piacenza, Ravenna e Rimini.Per il resto si conferma l’assenza di fi liali di banche estere. Gli undici sportelli presenti in regione, gli stessi di un anno prima, sono localizzati nelle province di Bologna, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia, a fronte dei 296 attivi in Italia, in gran parte localizzati tra Milano (126), Roma (60), Brescia (18) e Torino (15).La classifi cazione degli sportelli bancari per gruppi dimensionali di banche, conferma l’esistenza di tutta una rete di piccoli istituti, coerentemente con la larga diffusione delle

banche di Credito cooperativo. A settembre 2010 gli sportelli delle banche “piccole” e “minori”, ovvero con una consistenza media di fondi intermediati inferiore ai 9 miliardi di euro, incidevano per il 68,8% del totale, a fronte della media regionale del 43,0% e nazionale del 39,6%. In ambito regionale, solo la provincia di Rimini aveva registrato una percentuale più ampia, pari al 71,3%.Una interessante analisi riguarda la media degli impieghi per sportello. A settembre 2010 spicca nuovamente l’elevato rapporto delle banche “medie” - i fondi intermediati sono compresi tra i 9 e i 26 miliardi di euro - pari a circa 233 milioni e mezzo di euro, a fronte della media generale di quasi 45 milioni di euro. In Emilia-Romagna il corrispondente rapporto per sportello si è attestato su valori largamente inferiori a quelli forlivesi, attorno i 61 milioni e 358 mila euro, mentre in Italia ci si è attestati sui circa 58 milioni e 313 mila euro. Il dato forlivese degli impieghi per sportello delle banche “medie” appare di conseguenza quasi anomalo e di diffi cile interpretazione, a meno di conoscere l’esposizione di ogni singola banca.Per quanto concerne i depositi medi per sportello, che possono essere interpretati come una sorta di indice di produttività, a settembre 2010 sono state nuovamente le banche “grandi” a evidenziare il valore medio più elevato, pari a poco più di 28 milioni di euro. Seguono più distanziate quelle “piccole”, con una quota per sportello di circa 18 milioni e 860 mila euro e “minori” che sono quelle con il più basso livello di fondi medi intermediati, la cui media per sportello si è aggirata sui 18 milioni e 222 mila euro. La forte ramifi cazione di questi istituti, che spesso coincidono con il gruppo istituzionale delle banche di credito cooperativo, ha permesso di vantare un rapporto superiore a quello di banche fortemente strutturate, ma meno ramifi cate, quale quelle “maggiori”, attestate su quasi 14 milioni e mezzo di euro. Anche in regione sono state le banche “grandi” a registrare la più ampia raccolta per sportello, con 28 milioni e 317 mila euro, appena al di sopra del rapporto rilevato per Forlì-Cesena.L’ultima analisi sulla struttura bancaria riguarda i servizi telematici offerti dalle banche alla propria clientela. Per quanto concerne i Pos17 attivati da banche e

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intermediari fi nanziari, a inizio 2010 ne sono risultati attivi 7.676 rispetto agli 8.315 di inizio 2009 e 7.053 di inizio 2005. Se rapportiamo il loro numero alla popolazione residente, la provincia di Forlì-Cesena ne ha registrati 1.957 ogni 100.000 abitanti, a fronte della media emiliano-romagnola di 2.460 e nazionale di 2.010. In regione solo due province hanno registrato una densità più contenuta, vale a dire Ferrara (1.874) e Reggio Emilia (1.919). La maggiore diffusione appartiene a una provincia ad alta vocazione turistica quale Rimini, con 4.130 Pos ogni 100.000 abitanti.Nell’ambito degli Atm18 a inizio 2010 ne sono risultati attivi 448, rispetto ai 469 di inizio 2008 e 303 di inizio 1998. La diminuzione è apparsa in linea con quanto avvenuto in Emilia-Romagna, la cui consistenza è scesa, tra inizio 2009 e inizio 2010, da 5.287 a 4.504 unità. In rapporto alla popolazione, Forlì-Cesena registra una densità di 114,2 Atm ogni 100.000 abitanti, appena al di sopra della media regionale di 102,9 e ben oltre quella nazionale di 75,8. In ambito emiliano-romagnolo, la provincia di Forlì-Cesena ha guadagnato la quarta posizione, preceduta da Bologna (117,3), Ravenna (120,4) e Rimini (115,9).I servizi di home e corporate banking19 a inizio 2010 hanno coinvolto più di 101.000 famiglie (erano quasi 91.000 a inizio 2009) e 14.294 tra enti e imprese (14.876 nell’anno precedente). Siamo alla presenza di un andamento fortemente dinamico, se si considera che a inizio 1998 erano interessate appena 262 famiglie e 1.596 tra enti e imprese. Un analogo andamento ha caratterizzato la regione, i cui servizi alle famiglie, tra inizio 1998 e inizio 2010, sono cresciuti da 5.421 a 1.377.483, mentre per le imprese si è passati da 24.277 a 189.950. Rispetto alla situazione dell’anno precedente, si è interrotta la tendenza espansiva dei servizi a enti e imprese, ma con tutta probabilità alla base di questo andamento, comune a quanto avvenuto nel Paese, c’è la forte crisi economica che ha colpito il 2009. La densità dei servizi alle famiglie di home e corporate

banking sulla popolazione vede Forlì-Cesena nuovamente in terz’ultima posizione tra le province dell’Emilia-Romagna, con 2.579 clienti ogni 10.000 abitanti, a fronte della media regionale di 3.147 e nazionale di 2.68, seguita da Ferrara (2.057) e Piacenza (2.229). La densità più elevata è stata nuovamente riscontrata a Bologna con 4.196 servizi alle famiglie ogni 10.000 abitanti. Per quanto concerne enti e imprese, Forlì-Cesena, con una densità di 364 clienti ogni 10.000 abitanti, è salita al sesto posto in Emilia-Romagna, guadagnando una posizione rispetto alla situazione di inizio 2009. Il primo posto è stato occupato da Bologna, con una densità di 549 clienti ogni 10.000 abitanti, seguita da Modena con 495.I servizi di Phone banking che sono attivabili tramite la digitazione di codici via telefono, a inizio 2010 sono risultati quasi 52.000, vale a dire il 3,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2009, che ha parzialmente recuperato sulla pesante fl essione accusata nell’anno precedente. Un analogo andamento ha riguardato Emilia-Romagna (+2,2%) e Italia (+0,9%). La diffusione sulla popolazione è conseguentemente risalita da 1.293 a 1.325 servizi ogni 10.000 abitanti, a fronte della media emiliano-romagnola di 1.836 e nazionale di 1.692. In ambito regionale solo la provincia di Ferrara ha evidenziato una diffusione più contenuta (1.163).

L’occupazione.Secondo i dati della Banca d’Italia, a inizio 2010 i dipendenti delle banche forlivesi-cesenati sono risultati 2.606, rispetto ai 2.659 di un anno prima, vale a dire una diminuzione del 2,0%, che è tuttavia apparsa più contenuta rispetto a quanto avvenuto in regione (-2,3%) e in Italia (-4,1%). La riduzione di personale si associa al ridimensionamento degli sportelli operativi descritto precedentemente e rappresenta anch’essa un segnale della necessità delle banche di comprimere i costi e alleggerire di conseguenza bilanci sempre più appesantiti dal deterioramento della qualità del credito. Nell’ambito della dimensione delle banche

17 Si tratta delle apparecchiature che consentono l’addebito automatico sul proprio conto bancario delle spese sostenute presso gli esercizi commerciali.18 Si tratta di apparecchiature automatiche abilitate a operare con il pubblico per effettuare determinate operazioni (i bancomat sono tra questi).19 Rappresentano i servizi dispositivi e/o informativi prestati alla clientela per via telematica.

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20 Si tratta di banche i cui fondi intermediati medi sono compresi tra 1,3 e 9 miliardi di euro. 21 Smail include tutte le imprese private iscritte alla Camera di commercio. Risultano escluse le attività della Pubblica amministrazione, le istituzioni pubbliche e private senza obbligo di iscrizione alla Camera di commercio e le attività libero professionali non costituite in forma d’impresa.

c’è stata una generale riduzione, con l’unica eccezione di quelle “piccole”20 - in provincia rappresentano circa il 40% degli sportelli - i cui dipendenti sono aumentati del 4,7%, a fronte della stabilità riscontrata in regione.La provincia di Forlì-Cesena registra un basso rapporto dipendenti per sportello, che a inizio gennaio è stato di 7,2 dipendenti contro gli 8,7 della media regionale e i 9,3 di quella nazionale. In regione solo le province di Ravenna e Rimini hanno registrato rapporti più contenuti (6,9 per entrambe).Se si estende l’analisi dell’occupazione a tutte le attività fi nanziarie e assicurative, secondo i dati Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro)21 a inizio 2010 la

provincia di Forlì-Cesena contava su 4.428 addetti (esclusi gli interinali), distribuiti in 1.142 unità locali presenti sul territorio, di cui 3.750 alle dipendenze. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente la consistenza degli addetti è cresciuta dello 0,4% (+0,5% in regione), in misura certamente modesta, ma tuttavia apprezzabile se si considera che l’occupazione complessiva provinciale è diminuita dell’1,0%. Per i soli dipendenti la crescita è stata dello 0,3% (+0,6% in regione), ma anche in questo caso è da sottolineare l’andamento in contro tendenza rispetto a quello generale, segnato da una diminuzione dell’1,6%, equivalente in termini assoluti a più di 1.600 persone.

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Componente importante nell’economia del territorio è senza dubbio l’artigianato, considerato come insieme di competenze, professionalità, esperienze, ma anche tecnologia, estro, fantasia innovativa, tutte doti che rendono il nostro tessuto imprenditoriale ben radicato nella tradizione, ma nello stesso tempo proiettato verso il futuro.Il sistema imprenditoriale provinciale infatti ha una forte componente artigiana che con le sue 13.740 aziende rappresenta, al 30/9/2010, il 33,8% del totale, con attività concentrate soprattutto nel settore edile (40,5%), manifatturiero (22,1%), altre attività di servizi (11,4%), trasporti e magazzinaggio (10%); gli imprenditori, titolari e soci, sono 19.459, di cui 3.910 donne (il 20,1% del totale). I dati riferiti alla regione Emilia-Romagna rilevano una consistenza di 142.982 imprese artigiane, equivalente al 33,3% del totale. Per l’Italia si evidenziano valori pari a 1.460.547 imprese artigiane, che costituiscono il 27,6% del totale.A livello della provincia di Forlì-Cesena il comparto, dopo aver vissuto il 2009 tra diffi coltà e incertezze, dimostra nel 2010 di aver retto alla crisi meglio delle altre province della regione.

A livello regionale, dove l’artigianato rappresenta una delle realtà economiche più importanti, secondo il “Rapporto 2010 sull’economia regionale” di Unioncamere Emilia-Romagna e Regione Emilia-Romagna, “il settore ha dato qualche segnale di ripresa, dopo la fase spiccatamente recessiva che aveva caratterizzato il 2009, ma il bilancio

dei primi nove mesi del 2010 è risultato ancora negativo.Secondo l’indagine del sistema camerale, per l’artigianato manifatturiero dell’Emilia-Romagna il periodo gennaio-settembre 2010, rispetto ad analogo periodo 2009, è contraddistinto da fl essione della produzione (-2,2%, decisamente più attenuata rispetto alla fl essione del -15,4% rilevata un anno prima), calo delle vendite (-1,9%), e della domanda (-2,3%), diminuzione dell’export (-1,5%).Per quanto riguarda il periodo assicurato dal portafoglio ordini, da evidenziare il fatto che nel terzo trimestre è stata superata la soglia dei due mesi, cosa che non accadeva dall’autunno 2008; decremento pari all’1,2% nei prezzi di vendita, leggermente più ampio di quello rilevato nei primi nove

IMPRESE ARTIGIANEDistribuzione per natura giuridica Forlì-Cesena al 30 settembre

2010 var. % 2010/2009 composizione 2010

IMPRESA INDIVIDUALE 9.960 -2,5% 72,5%

SOCIETA' DI PERSONE 3.228 -2,2% 23,5%

SOCIETA' DI CAPITALE 515 5,5% 3,7%

COOPERATIVE 26 0,0% 0,2%

CONSORZI 10 0,0% 0,1%

ALTRE FORME 1 0,0% 0,0%

TOTALE IMPRESE ARTIGIANE 13.740 -2,1% 100,0%

Fonte: Infocamere (Stock View)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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mesi del 2009 (+0,9%); l’abbassamento dei listini sottintende la necessità di rimanere competitivi, anche a costo di ridurre i margini di guadagno.I dati relativi al IV trimestre 2010, rispetto ad analogo periodo 2009, disponibili in chiusura di queste note, rilevano, per il settore artigiano a livello regionale, un aumento della produzione (+1,4%), del fatturato (+1,4%), degli ordinativi (+1,8%), fl essione nelle esportazioni (-1,3%). Il portafoglio ordini assicura la produzione per 1,8 mesi mentre l’andamento dei prezzi rimane pressoché stazionario (+0,2%).Per quanto concerne il credito, “l’attività del Consorzi di garanzia Unifi di, costituito nell’anno 1977 su iniziativa delle Associazioni regionali CNA e Confartigianato, ha dato qualche segnale di rifl usso, dopo il sensibile aumento del 2009. Tra gennaio e settembre 2010 sono state deliberate 8.927 operazioni rispetto alle 9.793 dell’analogo periodo 2009, per un totale di circa 689 milioni di euro, il 2,5% in meno rispetto all’importo dell’anno precedente. Le domande pervenute sono 1.264, contro le 1.855 dell’anno precedente con conseguente fl essione degli importi pari al -33,1%”. Ciò è dovuto all’operatività del Consorzio che

è fortemente concentrata su operazioni di consolidamento e ristrutturazione dei debiti e ad un certo ristagno degli investimenti che non si sono ancora ripresi del tutto, se si esclude il settore del fotovoltaico che appare in forte incremento. Le prospettive, comunque, appaiono buone.La leggera ripresa produttiva rilevata nel terzo trimestre non ha impedito di ricorrere massicciamente agli ammortizzatori sociali, Cassa Integrazione guadagni in primis. Tra gennaio e ottobre le ore autorizzate in deroga in Emilia-Romagna all’artigianato sono ammontate a quasi 28 milioni di ore, contro i quasi 2 milioni e 300 mila dell’analogo periodo 2009. Più di metà delle ore autorizzate è stato destinato al settore metalmeccanico (oltre 16 milioni), seguito dal settore moda (5 milioni); nel comparto installazione impianti per l’edilizia si è sfi orato il milione e mezzo di ore autorizzate, contro le appena 35.000 dei primi dieci mesi del 2009.Secondo l’aggiornamento dei dati a gennaio 2011, le ore di cassa integrazione autorizzate in deroga in Emilia-Romagna all’artigianto hanno sfi orato i 32 milioni e 200.000 (+424,5% rispetto al 2009).In generale la consistenza delle imprese artigiane regionali, attive a fi ne settembre 2010, quasi 143.000, è calata del 2%, rispetto al 2009. Il calo è da attribuire essenzialmente alla diminuzione dei settori numericamente più consistenti, quali costruzioni (-2,4%), manifatturiero (-3,4%), trasporti magazzinaggio (-3,9%). Stabili le “altre attività dei servizi” che includono tutta la gamma dei servizi alla persona (parrucchieri, barbieri, estetiste…). L’aumento più signifi cativo, pari al 5,5%, ha riguardato il ramo “noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese”. Anche le “costruzioni” hanno arrestato la loro corsa. Se si rapporta la consistenza delle imprese artigiane con la popolazione residente in Emilia-Romagna, si osserva una incidenza di 324 imprese attive ogni 10.000 abitanti, dato che pone la nostra regione subito dietro a Valle d’Aosta (334) e Marche (324); in Italia la media nazionale è di 242 imprese ogni 10.000 abitanti.

I dati di seguito riportati sono desunti da Stock View, la banca dati del Registro Imprese che rileva la consistenza di tutti i

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soggetti economici tenuti all’iscrizione nel Registro stesso. Secondo tali informazioni nella provincia di Forlì-Cesena le imprese artigiane iscritte al 30/9/2010 sono 13.740 con un saldo negativo pari a -298 unità, equivalente ad un calo del 2,1%, rispetto alla stessa data 2009. Il comprensorio di Forlì conta 6.229 posizioni attive (fl essione pari al 2,7% rispetto al 2009), quello di Cesena 7.504 (calo dell’1,6% rispetto al 2009). Continuano a calare numericamente le iscrizioni, in misura maggiore rispetto a quanto avvenuto nel 2009 e in modo diverso a seconda delle località: in calo le imprese nelle località di montagna, (507 nel 2010, in calo dell’1%), stesso andamento per collina (-1,8%) e pianura (-2,2%). La montagna forlivese con 159 imprese, è numericamente meno consistente di quella cesenate che invece conta 348 imprese e che si mantiene su percentuali di incremento positive (+0,6%). La collina forlivese conta un maggior numero di attività artigiane, con 1.571 imprese contro le 800 del cesenate (entrambe con percentuali di variazione di segno “meno”, rispettivamente -2,2% e -1%). Più forte la pianura cesenate, con 6.356 imprese, (decremento dell’1,8% rispetto al 2009), a confronto con la pianura forlivese che presenta 4.499 imprese (calo del 2,8% rispetto al 2009). Considerando ancora le aggregazioni territoriali, si evidenzia come vi sia solo un segno “più” nelle percentuali di variazione tra il 2009 e il 2010, relativo alle attività artigianali della Valle Uso-Rubicone (+0,9%), indizio di indebolimento del comparto.

Per ciò che riguarda la natura giuridica delle imprese provinciali sono in calo le imprese individuali che da 10.212 nel 2009 passano a 9.960 nel 2010 (-2,5%); diminuiscono le società di persone che da 3.300 diventano 3.228 nel 2010 (-2,2%), crescono però le società di capitale, che da 488, nel 2009, diventano 515 a settembre 2010 (+5,5%); le cooperative sono 26, in numero invariato rispetto all’anno precedente, i consorzi scendono a 10. Nella graduatoria per indici di composizione le imprese individuali, che rappresentano il 72,5% delle imprese artigiane, sono al primo posto, seguite dalle società di persone con il 23,5%, le società di capitale costituiscono il 3,7%, le cooperative lo 0,2%, e i consorzi lo 0,1%. Una struttura

provinciale quindi, che evidenzia un calo leggero ma costante, con forte prevalenza di microimprese: sono infatti 7.607 le aziende con un addetto dichiarato e 4.474 quelle con un numero di addetti da 2 a 5.

Riguardo al numero di imprese iscritte per rami di attività, i dati 2009 di Stock View sono suddivisi secondo la classifi ca delle attività Istat Ateco 2007. Dall’analisi dei dati al 30/9/2010 si rileva come più consistente il comparto delle costruzioni, con 5.569 imprese (40,5% del totale delle imprese artigiane), in leggera fl essione in quanto a numerosità, rispetto ad analogo periodo 2009; il settore del manifatturiero è il secondo con 3.043 aziende attive (22,1% del totale), in calo del 3,4%; segue il comparto “altre attività di servizi” con 1.566 imprese (sono compresi in questa classe tutti i servizi alla persona, 11,4% del totale), in leggerissima crescita pari a +0,3%; il settore “trasporti e magazzinaggio” è il quarto con 1.377 imprese (10% del totale), in fl essione del 5,6%. Il settore “commercio ingrosso e dettaglio e riparazione” conta 653 imprese (4,8% del totale), le “attività dei servizi di alloggio e ristorazione” sono invece 543 (4% del totale), stabili; le “attività professionali, scientifi che e tecniche” sono 297 (2,2% del totale) pari a -0,7%; il settore “noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese”, fra le quali si annoverano le imprese di informatica, sono 247 (1,8% del totale) in aumento del 3,3%, come pure in crescita (+5%) le “attività artistiche, sportive, di intrattenimento” (0,8% del totale).Nel settore dell’artigianato artistico osserviamo come siano 220 (4 in meno rispetto allo stesso periodo 2009) nel complesso le imprese che hanno ottenuto il riconoscimento di “Lavorazioni artistiche tradizionali e dell’abbigliamento su misura”, ai sensi del DPR 288/2001, comprendente un insieme di attività che usano diversi materiali (cuoio, fotografi a, legno, metalli, manufatti tessili, vetro, ceramica, pietra, prodotti alimentari) per una produzione di qualità spesso legata alle tradizioni culturali del territorio. Le botteghe artistiche, che producono manufatti di pregio, sono sempre più spesso inserite in circuiti turistici che associano ad itinerari artistici e culturali anche percorsi dedicati all’espressione delle nostre tipicità, non solo enogastronomiche.

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Se si esaminano i dati elaborati dalla CPA sulla base della cittadinanza, risulta che i nuovi imprenditori artigiani provenienti dai paesi extracomunitari, iscritti nel corso dell’anno 2010 sono 260 (erano 254 nel 2009). Di questi 198 sono titolari (di cui 31 donne) e 62 collaboratori(di cui 16 donne). Il paese più rappresentato è l’Albania (con 101 iscritti), seguito da Cina (59 iscritti), Tunisia (30 iscritti) e Macedonia (16 iscritti).Dei 260 iscritti, 152 sono attivi nel campo dell’edilizia (fra questi sono comprese anche 6 donne; 85 di nazionalità albanese e

24 tunisina); 22 (20 cinesi e 2 marocchini) nel settore tomaifi ci/pelletteria, 21 (cinesi) nella produzione di salotti e tappezzerie, 16 (di cui 15 cinesi) nell’abbigliamento, 11 (di cui 8 pakistani) in rosticcerie, 10 (di cui 5 albanesi) nell’imbiancatura.Stabile il numero delle imprenditrici (con carica di titolari, soci, amministratrici), che rappresentano in provincia il 20,1% del totale delle persone con carica (sono 3.910 su un totale di 19.459 unità).Il quadro provinciale che emerge dai dati, tenuto conto anche delle considerazioni

IMPRESE ISCRITTE ALL’ALBO ARTIGIANIper ramo di attività economica(*)Forlì-Cesena - consistenza al 30 settembre

2010 var.2009-2010

Indice dicomposizione

2010

A Agricoltura, silvicoltura pesca 76 0,0 0,6

B Estrazione di minerali da cave e miniere 13 0,0 0,1

C Attività manifatturiere 3.043 -3,4 22,1

D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condiz... 1 0,0 0,0

E Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione d... 32 0,0 0,2

F Costruzioni 5.569 -1,9 40,5

G Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di aut... 653 -2,1 4,8

H Trasporto e magazzinaggio 1.377 -5,6 10,0

I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 543 0,0 4,0

J Servizi di informazione e comunicazione 139 -0,7 1,0

K Attività fi nanziarie e assicurative 1 0,0 0,0

L Attivita' immobiliari 0 - 0,0

M Attività professionali, scientifi che e tecniche 297 -0,7 2,2

N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle im... 247 3,3 1,8

O Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale ... 0 - 0,0

P Istruzione 28 0,0 0,2

Q Sanita' e assistenza sociale 31 0,0 0,2

R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e diver... 106 5,0 0,8

S Altre attività di servizi 1.566 0,3 11,4

T Attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro p... 0 - 0,0

X Imprese non classifi cate 18 -18,2 0,1

TOTALE 13.740 -2,1 100,0

(*) Nell’ambito dei diversi rami sono previste attività specifi che dell’artigianato, in particolare:

Fonte: Infocamere (Stock View) Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

- A: servizi connessi all’agricoltura e alla zootecnia - G: riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa - I: catering e banqueting, ristorazione da asporto, gelaterie e pasticcerie di produzione propria- N: noleggio di macchinari e attrezzature, Informatica e attività connesse- P: autoscuole, scuole di pilotaggio - R: restauratori - S: lavanderie, parrucchieri, barbieri e trattamenti estetici

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espresse dai testimoni “privilegiati”, dai rappresentanti, cioè, delle Associazioni di Categoria, riguardo all’andamento congiunturale del settore, evidenzia alcuni indicatori in leggera ripresa e fa emergere una situazione che appare migliore rispetto a quella delle altre province della regione. Pur non ancora fuori dalla crisi che coinvolge da mesi, in varia misura tutti i comparti del nostro sistema produttivo, si registrano “performance positive nella produzione/domanda, fatturato e ordini” (Confartigianato, indagine congiunturale, II semestre 2010), anche se per recuperare il fatturato perso, occorrerà ancora molto tempo. Il discorso non può essere generalizzato, dal momento che all’interno di ogni settore esistono aziende che grazie alla fl essibilità o innovazione della produzione, oppure al tipo di prodotto, considerato “di nicchia”, hanno evitato ristagni signifi cativi.A parere unanime i settori che più accusano i colpi della crisi, causa anche problemi strutturali precedenti, sono l’edilizia e i trasporti.Il comparto edile soffre, e con lui tutte le maestranze collegate: mancano le opere pubbliche, l’edilizia residenziale è ferma, con una mole notevole di unità invendute, il privato preferisce ristrutturare; l’offerta di manodopera è alta, specialmente da parte di extracomunitari. La manutenzione del patrimonio esistente invece “regge”, come pure può presentare spazi di apertura tutto il mondo della “green economy”, delle energie rinnovabili, del fotovoltaico (nel 2010 in notevole espansione), del cosiddetto effi cientamento energetico.I trasporti sono l’altro settore problematico all’interno del comparto artigiano. I prezzi contenuti e le spese alte, con conseguente riduzione dei margini di guadagno, la concorrenza, che spesso impedisce il rispetto delle più elementari norme di sicurezza, - motivata è l’esigenza di un Codice Etico anche nel trasporto – nonché una struttura imprenditoriale da innovare secondo criteri logistici di effi cienza, sono fra le cause del peggioramento di una situazione già precaria.Tendenza alla risalita invece, dopo un pessimo 2009, per il metalmeccanico, con il recupero, da settembre, di parte di quanto si è perso precedentemente, nonostante gli alti costi delle materie prime derivanti

anche dalla maggior richiesta da parte dei paesi emergenti.Diffi coltà pure per il comparto del Mobile imbottito, dove mancano marchi “forti” di riferimento, soggetto a una forte concorrenza, spesso sleale, tuttavia chi lavora con prodotti di qualità elevata o chi cerca nuovi mercati non risente di grosse diffi coltà. Distretto di qualità, ma fi liera in crisi anche nel campo del calzaturiero, dove un discorso di tenuta è legato alle produzioni di alta qualità dei manufatti analogamente a quanto accade nell’abbigliamento e moda in generale. Nel campo della nautica, fi liera importante con aziende di grandi dimensioni e ampio indotto, si profi lano prospettive incoraggianti.

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Situazione buona per quanto riguarda l’agroalimentare, che diversifi cando le offerte, (prodotti di nicchia, per clientele particolari) specializzando le produzioni, valorizzando le tipicità, ottiene risultati soddisfacenti. Andamento stabile per ciò che riguarda i servizi, dove, nonostante la contrazione dei consumi, il mercato “tiene”. Un discorso a parte meritano le imprese collegate a prodotti e servizi innovativi che hanno sfruttato intelligentemente la richiesta di piani promozionali, di marketing, di valorizzazione dei marchi, di innovazione, da parte delle aziende più lungimiranti.Alcuni problemi ricorrenti, evidenziati dalle Associazioni di Categoria, interferiscono pesantemente sull’andamento del comparto artigiano, in particolare, amplifi cato nel 2010, il ritardo dei pagamenti che compromette la stabilità delle aziende, la necessità di uno snellimento burocratico e di una omogeneizzazione delle norme e dei regolamenti da parte degli enti pubblici, così come la riduzione dei tempi di rilascio delle concessioni, ed ancora e non ultimo, l’accesso al credito.Dalle indagini condotte a livello regionale per conto delle Associazioni di categoria, viene la conferma di qualche spiraglio, fra le diffi coltà nel comparto. Secondo l’”Osservatorio congiunturale sull’artigianato e la piccola impresa in Emilia-Romagna” (indagine realizzata da Confartigianato Federimprese Emilia-Romagna, in collaborazione con AES - Analisi Economiche e Sociali - che coinvolge un campione di oltre 900 imprese

regionali dei settori manifatturiero, edilizia, servizi alle imprese, servizi alle persone e analizza indicatori quali fatturato, ordini, occupazione e investimenti), nel secondo semestre 2010 si conferma, a livello regionale, per la produzione/domanda, una certa stabilità dei livelli; la ripresa è ancora incerta seppure il periodo più critico sembri essere alle spalle. Leggera fl essione del fatturato (-0,3%); in questa seconda parte dell’anno si assiste a un trend al rialzo dei prezzi dei fornitori. Nell’occupazione si evidenziano andamenti del mercato del lavoro caratterizzati da tendenze negative con fl essione degli addetti intorno al punto e mezzo percentuale, non sono previsti movimenti particolari in entrata e in uscita; leggera ripresa degli investimenti e altrettanto leggera crescita dell’export. La provincia di Forlì-Cesena, assieme a Piacenza, dimostra di avere buone potenzialità di sviluppo anche nel prossimo semestre 2011, oltre ad evidenziare performance positive nella produzione/domanda, fatturato e ordini, come già detto; una frenata si prevede però negli investimenti; negativa la dinamica occupazionale, pur con la possibilità di invertirne nei prossimi sei mesi la tendenza.Sulla base dei dati della rilevazione TrendER, “Osservatorio congiunturale sulla micro e piccola impresa dell’Emilia-Romagna”, realizzato da CNA Emilia-Romagna con Federazione Banche di Credito Cooperativo, Istat, Unioncamere E.R e Regione, nel primo semestre 2010, l’andamento nella provincia di Forlì-Cesena conferma in linea tendenziale la ripresa congiunturale del fatturato avviata alla fi ne del 2009, ripresa seppur modesta; le imprese manifatturiere mostrano un importante segnale di inversione di tendenza poiché il fatturato del primo semestre 2010 pone fi ne ad una caduta che durava da 5 semestri.Nelle aziende CNA di Forlì-Cesena, nell’anno 2010, sul versante “occupazione”, si riscontra che sono stati assunti 597 apprendisti (+4,7% rispetto al 2009) con la formula di apprendistato “professionalizzante”, contratto a contenuto formativo, con il coinvolgimento di 321 imprese (+8,8% rispetto al 2009). Sono invece 443 (-14,1% rispetto al 2009) gli apprendisti in regola con la vecchia normativa, che comprende gli assunti prima della legge sull’apprendistato professionalizzante. I

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collaboratori coordinati a progetto sono 966 al 31/12/2010, soprattutto inseriti nel campo della produzione manifatturiera, costruzioni, installazione di impianti e servizi ma anche nei settori “comunicazione e terziario avanzato” e artigianato artistico-tradizionale.Gli extracomunitari occupati come dipendenti al 31/12/2010, secondo la CNA, risultano essere, rispetto al totale degli occupati, il 12,7% (in termini numerici: 1..618) e sono in aumento, rispetto al 2009, del 3,8%. Le aziende con alle dipendenze cittadini extra-UE rappresentano il 28,7% del totale delle imprese, in leggera fl essione (-0,8%) rispetto al 2009. Albania, Marocco, Cina, Senegal, Tunisia e Burkina Faso, sono i paesi più rappresentati; molti di questi lavoratori sono impiegati nei settori manifatturiero (670), edile (348), autotrasporto (154), tessile, abbigliamento calzature (116) e alimentare (114). Sempre secondo statistiche CNA i lavoratori dipendenti, cittadini europei, sono in totale 585 (in aumento dell’8,9% rispetto al 2009; nel forlivese +7,3%, percentuale più alta nel cesenate, pari a +10,3%), di cui 391 rumeni, 95 bulgari e 52 polacchi. Gli autonomi

stranieri sono, a fi ne 2010, 647 in numero complessivo (in aumento del 13,3%), di cui 118 cittadini europei (-11,9%) e 529 extracomunitari (+21%), in gran parte attivi nell’edilizia in numero di 239.Sulla base delle informazioni fornite dalle Associazioni di Categoria, continua ad essere di grande rilevanza il problema dell’accesso al credito e del rapporto con le banche; gli imprenditori in particolare riconoscono ai Confi di un ruolo importante nel fi nanziamento delle loro aziende. Da parte delle imprese artigiane, nel 2010 rispetto al 2009, il ricorso a UNIFIDI Emilia-Romagna, - il Confi di regionale unitario dell’artigianato -, è calato: meno operazioni, ma di “taglio” mediamente più elevato. Secondo i dati CNA Forlì-Cesena nel 2010 si sono riscontrati quasi 78 milioni e 800.000 euro di fi nanziamenti agevolati, contro i 79 milioni del 2009 (-0,3%), per un totale di pratiche deliberate pari a 1.030 (l’importo medio di ogni pratica è in crescita rispetto al 2009: circa 76.500 euro, contro 62.000); da sottolineare il fatto che passa dal 20% al 25,3% la percentuale relativa al numero di pratiche destinato ad investimenti, mentre si attestano al 75,7% la pratiche per liquidità.

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OOPERAZIONE E TERZO SETTOREC Camera di Commerciodi Forlì-Cesena

La cooperazione rappresenta un asset tradizionale e al tempo stesso dinamico e strategico del nostro tessuto imprenditoriale ed è rappresentato da realtà produttive importanti che operano in settori diversi dell’economia locale.Prima di analizzare l’andamento congiunturale 2010 dei vari settori, è opportuno delineare il quadro delle principali dimensioni che descrivono la cooperazione attraverso alcune informazioni desunte dai bilanci delle imprese associate alle tre Centrali Cooperative: Lega Cooperative, Confcooperative e Associazione Generale Cooperative Italiane. Si tratta dei dati disponibili più aggiornati riferiti al numero delle imprese associate, ai soci, agli occupati e al valore della produzione. A fi ne 2009 le imprese associate sono risultate 554, con un numero di soci complessivo in provincia pari a 168.543. Gli occupati totali, soci lavoratori e lavoratori non soci, sono stati 26.258. Il valore globale della produzione è stato di 5.832 milioni di euro. In relazione a quest’ultimo valore possiamo notare un’inversione di tendenza: dopo una serie di anni caratterizzati da variazioni positive, nel 2009 si è registrato un leggero calo (-0,7%). Da rilevare però che il numero di soci e occupati è aumentato lievemente, rispettivamente dell’1,3% e dell’1,6%; il numero di cooperative è rimasto invariato rispetto all’anno precedente.

Un ulteriore contributo alla comprensione delle dinamiche del settore nelle fasi immediatamente precedenti la crisi e in quelle più critiche può essere rappresentato dai risultati dalle analisi svolte sulle performance delle società cooperative di capitale della provincia negli anni 2007, 2008 e 2009. L’andamento del fatturato complessivo delle società cooperative compresenti e che hanno depositato il bilancio nei tre anni del periodo osservato, evidenzia incrementi positivi nel 2008 e 2009, anche se in diminuzione nell’ultimo anno a causa anche degli effetti della crisi economica generale. Il confronto con l’Emilia Romagna è comunque premiante per le cooperative della provincia che si collocano sempre al di sopra delle variazioni medie regionali. A livello di macro settori si conferma la migliore performance delle società cooperative della provincia

che, con l’unica eccezione del comparto delle Costruzioni (-28,5%), ottengono negli anni 2008 e 2009, variazioni percentuali positive e al di sopra delle medie regionali. Complessivamente, nel periodo 2007-2009, l’Agricoltura cresce del 17,5%, il Manifatturiero del 9,1% e i Servizi del 11,4%.Il valore aggiunto complessivo, come il fatturato, fa registrare variazioni positive negli anni 2008 e 2009, con un andamento contrastante nel raffronto con le medie regionali. Infatti nell’anno 2008, le società cooperative provinciali, crescono in misura inferiore rispetto alla variazione dell’Emilia Romagna, mentre nell’anno 2009, rilevano una signifi cativa crescita del 6,9%, a fronte di un arretramento dell’1% in ambito regionale. Complessivamente, nel periodo 2007-2009, la crescita su Forlì-Cesena è superiore a quella riscontrata mediamente in Emilia Romagna.In merito all’equilibrio economico, inteso come capacità di ottenere rendimenti sul capitale investito superiori al costo sopportato per fi nanziarlo e quindi come capacità di creare valore, l’esame complessivo del ROI (Return on investment) a livello provinciale, registra rendimenti che si collocano sempre al di sopra delle medie regionali, in misura peraltro signifi cativa anche nell’anno 2009. Il confronto con il ROD (Return on debt), evidenzia dei differenziali sempre positivi anche se contenuti, aspetto che dimostra una capacità di generare rendimenti sugli investimenti superiori al costo sostenuto per remunerare il capitale di debito. Per quello che attiene la capacità di

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fi nanziare in maniera corretta il capitale investito nell’attività di impresa, l’esame dell’equilibrio patrimoniale complessivo, evidenzia un corretto fi nanziamento delle immobilizzazioni, da parte delle società cooperative della provincia di Forlì-Cesena, diversamente da quello che avviene in ambito regionale, dove la media generale mostra una situazione di disequilibrio nel fi nanziamento degli investimenti immobilizzati.L’analisi dell’equilibrio fi nanziario, quindi della capacità di mantenere un corretto rapporto tra i debiti fi nanziari e il capitale proprio, al fi ne di tenere sotto controllo il profi lo di rischio fi nanziario dell’azienda, mostra un rapporto tra debiti fi nanziari e capitale proprio al di sotto delle medie regionali e con un trend in diminuzione nel periodo 2007-2009, a dimostrazione di una buona situazione di equilibrio fi nanziario delle cooperative in ambito provinciale.L’osservazione della redditività netta complessiva, permette di verifi care la capacità dell’impresa di remunerare adeguatamente il capitale di rischio apportato dai soci. Sotto questo aspetto emerge una buona capacità di creare un differenziale positivo rispetto al Rendistato medio, anche se in calo nel periodo 2007-2009. Il confronto con i dati dell’Emilia Romagna è comunque premiante, considerato che a livello regionale, solamente nell’anno 2007 si registrano differenziali positivi tra ROE e Rendistato medio.In sintesi i risultati delle analisi dedicate al settore della cooperazione evidenziano nel complesso andamenti confortanti in rapporto alle medie regionali; tali risultati appaiono però contrastanti se analizzati per macro settori e classe di fatturato. Con riferimento specifi co agli andamenti 2009 rispetto al 2008, il fatturato delle

società cooperative compresenti ha fatto rilevare una variazione del +1,7% rispetto al -2% in ambito regionale. Il comparto dell’Agricoltura è cresciuto del +3,7% rispetto al +8,3% regionale, il Manifatturiero ha segnato un +5,3% contro il -1,5% dell’Emilia Romagna e i Servizi hanno fatto registrare valori quasi invariati con un +1% a fronte di un -3,2% dell’Emilia Romagna. L’unico comparto a registrare una pesante fl essione è quello delle Costruzioni che è arretrato del 15,8% rispetto al -10,3% della media regionale. L’osservazione per classe di fatturato risulta penalizzante per le piccole società cooperative che sono le uniche a registrare un calo pari al 8,4% nel 2009.L’analisi dei rendimenti (ROI) sul capitale operativo investito netto delle società cooperative, evidenzia buoni risultati, con un dato complessivo medio pari nel 2009 al 7,3% contro il 3,6% dell’Emilia Romagna. Anche in questo ambito emerge una polarizzazione tra le piccole e le grandi società cooperative, con le prime che ottengono nel 2009 rendimenti sul capitale operativo investito netto del 3,1%, decisamente al di sotto del 8,9% delle grandi società cooperativeIl comparto cooperativo ha dimostrato quindi di saper reggere meglio della media regionale agli effetti della crisi economica, sia a livello di fatturato che di rendimenti sul capitale, anche se in questo ambito si conferma una situazione di maggiore diffi coltà per la piccola dimensione.Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla pubblicazione “Quarto rapporto sui bilanci delle società di capitale della provincia di Forlì-Cesena”

Nella fase di grave crisi che ha interessato anche il sistema economico provinciale, va evidenziata una buona capacità reattiva delle imprese cooperative nel loro com-

CENTRALI COOPERATIVEForlì-Cesena - Bilancio sociale

2008 2009 var 2009-2008

Soci 166.443 168.543 1,3%

Imprese associate 554 554 0,0%

Occupati 25.842 26.258 1,6%

Valore produzione (mln €) 5.874 5.832 -0,7%

Fonti: AGCI - CCI - LNCM - sede di ForlìElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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plesso, pur con situazioni differenti nei vari settori. Per quanto pienamente coinvolte dalle dinamiche negative generali, in partico-lare rispetto al problema di presidiare i livelli occupazionali, le cooperative hanno utilizza-to in misura ridotta gli ammortizzatori so-ciali spesso attivando “ammortizzatori inter-ni” per garantire reddito e lavoro ai propri soci. Nel generale “disorientamento” che ha caratterizzato il 2010, il settore cooperativo provinciale, ha infatti percorso prioritaria-mente soluzioni quali l’utilizzo dei fondi di riserva e le riduzioni concordate di orario.Il contesto operativo non è stato facilitante, così come per tutto il sistema delle imprese, soprattutto in relazione ad alcune dinami-che specifi che e settoriali; tra i fattori pe-nalizzanti la ridiscussione da parte di alcune Pubbliche Amministrazioni di alcune scelte di esternalizzazione di servizi che avevano aperto spazi alla cooperazione sociale, il ri-tardo nei tempi di pagamento, la complessità burocratica e delle procedure nei rapporti con gli enti locali, il mancato avvio di opere di interesse pubblico e la pratica degli appalti al massimo ribasso. Nonostante le diffi coltà generali non sono mancati però segnali po-sitivi in termini di investimenti, operazioni di capitalizzazione e, in qualche caso, tentativi

di “emancipazione” dal rapporto con il mer-cato pubblico. Da un punto di vista più generale, anche per la cooperazione, si può che la crisi più che colpire interi settori, ha interessato le singole imprese in base alla risposta strategica che avevano maturato.Fra gli aspetti che caratterizzano storica-mente il sistema cooperativo e che assu-mono un particolare valore in contesti così fortemente esposti agli effetti della globa-lizzazione, va rilevato il legame particolare con il territorio, la scarsa propensione alla delocalizzazione e la valorizzazione in misu-ra prioritaria dei prodotti/servizio realizzati dai soci.Una serie di motivazioni porta quindi a considerare che sarebbe utile sensibilizzare maggiormente i giovani sulle potenzialità di questa particolare forma di impresa, predisponendo percorsi di orientamento che promuovano la cooperazione come valida soluzione occupazionale. La stessa ricollocazione di lavoratori espulsi dal ciclo produttivo a seguito di crisi aziendali potrebbe, in alcuni casi, essere risolta con percorsi di formazione e di responsabilizzazione che agevolino la nascita di nuove cooperative.

IMPRESE COOPERATIVE Situazione al 30/9/2010

IMPRESE COOPERATIVEcooperative ogni

100 imprese

Indice di composizione

cooperative sul totale regionale

Indice di com-posizione totale

imprese sul totale regionale

REGISTRATE ATTIVE

Piacenza 580 337 1,2% 6,3% 6,7%

Parma 817 586 1,3% 10,9% 10,1%

Reggio Emilia 1035 717 1,4% 13,4% 12,3%

Modena 1305 899 1,3% 16,8% 16,0%

Bologna 1586 1.125 1,3% 21,0% 20,5%

Ferrara 505 372 1,1% 6,9% 8,1%

Ravenna 546 451 1,2% 8,4% 8,9%

Forlì-Cesena 770 546 1,3% 10,2% 9,5%

Rimini 493 326 1,0% 6,1% 7,9%

EMILIA-ROMAGNA 7.637 5.359 1,2% 100,0% 100,0%

ITALIA 152.714 81.011 1,5% - -

Fonte: Stock View (Infocamere)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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Prima di passare all’analisi dei principali comparti economici, si analizzano alcuni dati sulla consistenza e sulla struttura delle imprese cooperative secondo i dati del Registro delle Imprese.Al 30/09/2010 sono risultate 770 imprese cooperative con sede in provincia delle quali 546 attive. Le cooperative attive rappresentano l’1,3% del totale delle imprese (1,2% il dato regionale e 1,5% quello nazionale) e costituiscono il 10,2% dei sodalizi nell’intera regione.

Per quanto riguarda i settori di attività, il 14,7% delle cooperative svolge attività “artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento”, l’11,4% appartiene al settore delle “costruzioni”, le cooperative del settore “sanità e assistenza sociale” rappresentano l’11,2% del totale delle cooperative e comprendono realtà di rilevanza nazionale da un punto di vista occupazionale.Le cooperative agricole hanno un’incidenza del 10,1% pari a quella di quelle che operano in “attività professionali, scientifi che e tecniche. Le restanti sono distribuite prevalentemente nelle “attività manifatturiere”, “noleggio, agenzie e servizi alle imprese”, “commercio”.

Segue ora un’analisi sintetica sull’andamento del 2010 dei vari comparti sulla base anche degli spunti contenuti nella relazione della Direzione Provinciale del Lavoro.Secondo valutazioni già rilevate nel primo semestre 2010, in un contesto economico

generale di diffi coltà, il mondo della cooperazione sembra abbia subito la crisi in misura leggermente minore rispetto al resto delle imprese in virtù dei suoi fattori distintivi quali la diversa impostazione “societaria” e lo spirito solidaristico.Le criticità maggiori si sono riscontrate nelle aree culturali, servizi, sociale, autotrasporti e in alcuni comparti dell’agricoltura. Anche il comparto edile mostra segni di sofferenza. Alcune situazioni di disavanzo gestionale sono state affrontate con la ricapitalizzazione da parte dei soci e con riduzioni volontarie delle retribuzioni.Anche la cooperazione sociale che aveva affrontato meglio la crisi nella sua prima fase, nel 2010 ha evidenziato diffi coltà derivanti principalmente dalla “compressione” delle convenzioni in atto e dal calo delle commesse dalle imprese profi t che rende particolarmente diffi cile mantenere i livelli occupazionali di inserimento di soggetti svantaggiati. I ritardi nei pagamenti da parte della committenza pubblica hanno inciso negativamente sulle dinamiche gestionali Più specifi catamente, in relazione all’intero 2010, le cooperative di consumo di maggiore dimensione, pur in un momento di stagnazione e di calo generalizzato delle vendite stimato fra il 10% e il 15%, hanno sostanzialmente tenuto puntando su un livello dei prezzi concorrenziale, sulla qualità dei prodotti, su offerte promozionali, sulla pubblicizzazione di prodotti a marchio proprio, su forme di ristorno diversifi cate e sulla qualifi cazione delle risorse. Alcuni aspetti di novità hanno caratterizzato le dinamiche più recenti quali la progressiva diffusione delle parafarmacie, continua riorganizzazione e miglioramento della fruibilità degli spazi espositivi, installazione di distributori di benzina negli spazi adiacenti, ampliamento delle attività di panifi cazione.Nell’ambito delle principali componenti della cooperazione agricola, il comparto avicolo, dopo alcuni anni di diffi coltà, ha registrato nel 2010 una leggera crescita: il fatturato è aumentato dell’8% rispetto al 2009 e l’occupazione, anche se nella maggior parte dei casi a tempo determinato, è aumentata del 5%.Da segnalare l’orientamento ad una parziale riconversione della produzione in un’ottica di miglioramento della qualità del prodotto e nella realizzazione di prodotti elaborati.

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Oltre al mercato interno i sodalizi mirano ai mercati esteri ed in particolare ai Paesi del Bacino mediterraneo e in misura minore verso alcuni mercati dell’Est Europa.

La campagna vitivinicola del 2010 ha fornito buoni risultati sia in termini quantitativi che qualitativi. Note negative, invece, per i prezzi alla produzione che rimangono ancora non soddisfacenti. Calano i consumi, a partire dal mercato interno, anche se le cooperative della provincia da anni puntano sulla qualità con grande attenzione all’uso di tecnologie avanzate e commercializzazione con marchio DOC. Tali sforzi, però, non sono ripagati da prezzi adeguati. In questo contesto appare remunerativa solo la produzione biologica che rappresenta però una nicchia di mercato valutata attorno al 10%.Il comparto ortofrutticolo continua a rap-presentare, sia in relazione al prodotto fre-sco che surgelato, un segmento produttivo tra i più signifi cativi dell’economia provin-ciale e sicuramente il più importante all’in-

terno del settore agricolo. La cooperazione che opera in questo ambito risente di alcu-ni aspetti che caratterizzano in generale il tessuto imprenditoriale agricolo: un settore ormai prevalentemente costituito da azien-de marginali e di lavoro part time con una ridotta presenza, in termini di numerosità, di imprese professionali, che necessita di una forte modernizzazione e razionalizzazione e sconta gli effetti di un mancato rinnovo generazionale. In questo contesto il ruolo della cooperazione può essere trainante per promuovere strategie innovative, pur nella diffi coltà che caratterizza quest’area di pro-duzione nella quale l’equilibrio tra domanda e offerta è precario e i rapporti di forza con la grande distribuzione spesso delicati. La sinergia tra produzione, lavorazione, com-mercializzazione e promozione potrebbe rappresentare un’occasione strategica per riuscire per agevolare un’evoluzione ritenu-ta fondamentale nella percezione del pro-dotto ortofrutticolo: quella da commodity a prodotto di marca.

IMPRESE COOPERATIVE ATTIVE ISCRITTE AL REGISTRO IMPRESEForlì-Cesena - consistenza al 30 settembre 2010

Settori Ateco 2007 IMPRESE ATTIVE Indice di composizione imprese

A Agricoltura, silvicoltura pesca 55 10,1%B Estrazione di minerali da cave e miniere - 0,0%C Attività manifatturiere 36 6,6%D Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condiz... 1 0,2%E Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione d... 4 0,7%F Costruzioni 62 11,4%G Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di aut... 33 6,0%H Trasporto e magazzinaggio 27 4,9%I Attività dei servizi alloggio e ristorazione 14 2,6%J Servizi di informazione e comunicazione 26 4,8%K Attività fi nanziarie e assicurative 14 2,6%L Attivita' immobiliari 17 3,1%M Attività professionali, scientifi che e tecniche 55 10,1%N Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle im... 34 6,2%O Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale ... - 0,0%P Istruzione 17 3,1%Q Sanita' e assistenza sociale 61 11,2%R Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e diver... 80 14,7%S Altre attività di servizi 9 1,6%T Attività di famiglie e convivenze come datori di lavoro p... - 0,0%X Imprese non classifi cate 1 0,2%

TOTALE 546 100,0%

Fonte: Stock View (Infocamere)Elaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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Ad integrazione di queste rifl essioni, e tornando a quanto riportato nella relazione della DPL, i punti ritenuti importanti dagli esperti del comparto sono le aggregazioni aziendali, una maggiore uniformità della produzione, un miglioramento nella logistica, la tutela delle produzioni di eccellenza e la lotta alla contraffazione, una maggiore regolamentazione nell’ambito UE per contenere la speculazione, agevolare il reperimento di manodopera, la creazione di un osservatorio dei prezzi a livello europeo e la reciprocità a livello di esportazione.Nel segmento della surgelazione va evidenziato la presenza di importanti realtà in termini di dimensione economica e tecnologia applicata. Il settore dei trasporti continua ad attraversare un momento diffi cile. Molte delle imprese della nostra provincia presentano situazioni gestionali problematiche con preoccupanti disavanzi di esercizio. Le cause principali della crisi sono legate all’aumento dei costi industriali e al calo delle commesse in un contesto economico caratterizzato dall’eccessiva parcellizzazione delle imprese, nonostante gli sforzi intrapresi dalle associazioni di rappresentanza volti a favorire fusioni e/o aggregazioni di imprese. Da evidenziare anche le diffi coltà di accesso al credito da parte di imprese che mai hanno

avuto problemi di solvibilità. A ciò si aggiunge la concorrenza sleale di alcune imprese provenienti da altre regioni e dall’Est Europa e la scelta della committenza di vettori con prezzi fuori mercato. In questo senso, si segnala il proposito della Prefettura di approntare una sorta di “codice etico” del settore per combattere abusivismo e aziende illegali e che eviti comportamenti scorretti, quali l’evasione dell’IVA e di contributi previdenziali, il mancato rispetto dei tempi di guida e di riposo e il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario.Alcune cooperative, per evitare i licenziamenti, hanno sottoscritto accordi con le OO.SS. dei lavoratori per l’avvio di ”contratti di solidarietà”.Il comparto produzione e lavoro / edile anche nel 2010, ha sofferto di una diffi cile congiuntura con ripercussioni sul fatturato. Nonostante vi siano molte costruzioni invendute, i prezzi continuano ad essere elevati. Gli appalti delle grandi opere sono praticamente fermi e non si intravedono segnali di ripresa. I gravi ritardi nei pagamenti e l’arrivo sul territorio di sodalizi non rispettosi delle regole nei rapporti di lavoro non fanno che aggravare una situazione già delicata.Il settore produzione e lavoro / tessile-abbigliamento attraversa da tempo una fase di crisi e si presenta scarsamente competitivo in un mercato sempre più concorrenziale dal punto di vista del prezzo che vede una presenza crescente di imprenditori extracomunitari. Nel settore del produzione e lavoro / facchinaggio e della logistica, strettamente legati all’autotrasporto, operano una serie di cooperative storiche che nel tempo si sono però riorganizzate sia in termini di risorse umane che strumentali. Anche in questo settore si stanno verifi cando forme di concorrenza non sempre rispettosa delle regole.Le cooperative del comparto produzione e lavoro / pulimento hanno raggiunto situazioni di eccellenza sia sotto l’aspetto del materiale impiegato che delle risorse umane a disposizione tecnologie avanzate, rispettose dell’ambiente, e una formazione continua sono i fattori di successo di sodalizi ormai collaudati. Anche in questo comparto, si rileva il problema dell’utilizzo da parte degli Enti appaltanti della pratica

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del “massimo ribasso” che spesso fi nisce con il privilegiare società non rispettose delle regole e provenienti in massima parte dal Sud Italia. Sempre più frequente è l’affi damento del servizio in sub-appalto con poca chiarezza sulle eventuali responsabilità sui servizi offerti.Il settore della pesca continua ad avere problemi sia rispetto alla quantità che alla qualità del pescato.Nonostante il fermo pesca nel mese di agosto, da molti non ritenuto suffi ciente per il ripopolamento di diverse specie, la penuria è stata evidente con un calo del 15% complessivo rispetto all’anno precedente dovuto anche alle condizioni meteo non ottimaliDai dati forniti dall’Associazione Produttori Pesca di Cesenatico, in particolare la produzione di alici e sardine ha avuto un consolidamento rispetto all’anno precedente grazie alla maggior presenza di unità impegnate alla pesca “volante”. In costante diminuzione, invece, il cosiddetto “prodotto misto” e i molluschi/crostacei derivanti dalla pesca “con divergente”. Interessante, invece, la produzione di mitili, risultata di gran lunga superiore all’anno 2009, sia per l’aspetto quantitativo (+40%) che per quello qualitativo. La variazione di produzione e di qualità è dovuta essenzialmente alle condizioni climatiche favorevoli che hanno interessato la fascia di mare interessata

alla coltivazione favorendone la crescita e maturazione del prodotto. Le quantità esportate (soprattutto in Francia, Olanda e Spagna) sono risultate, per l’anno 2010, quasi il 35% della produzione totale, mentre per l’anno passato tale incidenza superava di poco il 23%.La situazione di crisi congiunturale che ha investito larga parte dell’economia provinciale, ha visto l’impegno, seppure in diversa misura, delle cooperative di credito e di quelle di garanzia.Le società cooperative di garanzia di diversa matrice e collegate alle associazioni di rappresentanza, hanno incentivato ulteriormente la loro attività offrendo prestiti grazie al rapporto consolidato con numerosi istituti di credito.L’incremento di tale attività si è attestato su un ulteriore 30% del totale dei fi nanziamenti concessi rispetto all’anno 2009. Tali cooperative, grazie al rapporto fi duciario sviluppato nel tempo con Enti istituzionali del territorio quali Provincia, Comune e Camera di Commercio, hanno potuto aumentare le proprie risorse fi nanziarie e di conseguenza i fi nanziamenti concessi ai soci. Le Banche di Credito Cooperativo si sono maggiormente “esposte” rispetto agli altri istituti, al fi ne di supportare le aziende e i lavoratori locali toccati dalla crisi svolgendo un ruolo di sostegno al credito in forza del loro particolare radicamento nel territorio.

CONSISTENZA DELLE COOPERATIVE SOCIALIForlì-Cesena

anno Comprensorio di Forlì Comprensorio di Cesena Totale

2000 32 30 62

2001 37 36 73

2002 42 39 81

2003 43 41 84

2004 47 44 91

2005 50 46 96

2006 50 48 98

2007 47 42 89

2008 45 43 88

2009 42 43 85

2010 49 45 94

Fonte: Direzione Provinciale del Lavoro di Forlì - Ministero del Lavoro e Previdenza SocialeElaborazione: Uffi cio Statistica e Studi - Camera di Commercio di Forlì-Cesena

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TERZO SETTORELa quantifi cazione delle realtà che rientrano in quell’ambito di forte rilevanza sociale ed economica che viene defi nito “terzo settore” non è semplice a causa della varietà delle forme organizzative. Tra le principali vi è certamente un sottoinsieme delle imprese cooperative costituito da quelle defi nite “sociali” che operano nel settore dei servizi alle persone con diffi coltà, fornendo assistenza o favorendo il loro inserimento lavorativo. Questo tipo di imprese è regolamentato da un’apposita legge (381/1991) che classifi ca le cooperative in: operanti in ambito socio-sanitario assistenziale (tipo a), operanti nell’inserimento lavorativo di persone in diffi coltà (tipo b) oppure nei due ambiti in forma mista. Al 31/12/2010 in provincia di Forlì-Cesena si registra un totale di 94 cooperative sociali (49 nel forlivese e 45 nel cesenate). La cooperazione sociale, pur continuando a rappresentare una realtà importante nell’ambito dei servizi socio-sanitari e assistenziali e dell’inserimento dei soggetti svantaggiati, sta attraversando un momento diffi cile a causa di alcuni fenomeni di diversa natura.La cooperazione sociale è per certi aspetti un settore giovane che si è sviluppato a partire dai primi anni ‘80 e ha fatto in questi anni grandi progressi e si sta emancipando rispetto al “pubblico” anche con investimenti importanti; sono infatti in aumento le cooperative proprietarie delle strutture nelle quali operano. Negli ultimi anni le cooperative sociali hanno avuto performance diverse a seconda del loro modello relazionale e operativo: quelle che lavorano con il “pubblico” hanno risentito pesantemente dei tempi particolarmente lunghi di pagamento; quelle che operano in autonomia e con limitate convenzioni con la PA hanno avuto problemi minori. Nello specifi co si è registrato un generale rallentamento delle attività delle cooperative di inserimento di soggetti svantaggiati. Questa situazione è stata determinata sia per la cessazione di alcune importanti commesse affi date da società profi t in crisi, sia per una generalizzata contrazione delle convenzioni messe a punto dai diversi enti appaltanti della provincia.La cooperazione sociale merita l’attenzione da parte degli enti e di tutte le parti

sociali del territorio per la competenza e la progettualità che ha raggiunto in questi anni e che ha avuto in diversi casi risultati signifi cativi e apprezzamenti.

Altre due tipologie di organizzazioni riconducibili all’area del “terzo settore” sono le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte presso il registro pubblico tenuto dalle Amministrazioni Provinciali - Assessorato al Welfare.Per organizzazioni di volontariato si intendono tutti gli organismi liberamente costituiti a fi ni di solidarietà e di impegno civile che operano per prevenire o rimuovere situazioni di emarginazione, di disagio, di bisogno socio-economico o culturale o comunque a tutela dei diritti primari.Per attività di volontariato si deve intendere in questo contesto quella prestata in modo personale, spontaneo, volontario e gratuito dagli aderenti, senza fi ni di lucro e per fi ni di solidarietà. Le organizzazioni, qualunque sia la forma giuridica assunta, devono essere caratterizzate per normativa statutaria e situazione effettiva da: assenza di fi ni di lucro nonché di remunerazione degli associati sotto qualsiasi forma, reimpiego degli utili nelle attività istituzionali, elettività e gratuità delle cariche associative, gratuità e continuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, democraticità della struttura, obbligo di formazione del bilancio.Le organizzazioni di volontariato iscritte nel Registro provinciale di Forlì-Cesena al 31/12/2010, sono risultate complessivamente 312: 176 nel comprensorio forlivese e 136 nel comprensorio cesenate. I soci iscritti risultano essere 53.894 dei quali 8.794 attivamente impegnati. Operano in più ambiti di attività ed aree di intervento: 99 organizzazioni, pari al 31,7% nell’area socio-assistenziale. Per quanto riguarda l’impatto economico di tali organizzazioni, secondo una indagine della Regione Emilia-Romagna relativa al 2008 rivolta a 332 organizzazioni, 66 fra le 282 imprese rispondenti, hanno dichiarato di avvalersi di personale retribuito dipendente, collaboratori e prestatori d’opera: 141 tra dipendenti e collaboratori e 301 prestatori d’opera occasionale. Le entrate sono risultate complessivamente di poco inferiori a 15 milioni di euro di cui il 43,7% di fonte pubblica e il 56,3% di fonte privata.

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Altri soggetti non profi t da evidenziare, sono le associazioni di promozione sociale. Si tratta di organizzazioni senza scopo di lucro le cui azioni sono prevalentemente fi nalizzate al soddisfacimento dei bisogni condivisi dagli associati. Gli ambiti di attività previsti dalla normativa sono vari: culturale, sportivo, ricreativo, socio-assistenziale, sanitario, di protezione civile, ecc., mentre non possono essere iscritti, ai sensi di questa legge, i partiti, le organizzazioni sindacali e professionali di categoria. La legge 7 dicembre 2000 n. 383 istituisce e riconosce formalmente la fi gura delle associazioni di promozione sociale, ovvero quelle che, pur rivolgendo azioni prevalentemente ai soci, contribuiscono alla crescita morale, sociale e culturale della società diventando potenziale strumento per la promozione di forme attive di cittadinanza.L’iscrizione al Registro provinciale delle associazioni di promozione sociale è condizione necessaria per la stipula delle convenzioni e per gli altri interventi di sostegno da parte degli enti pubblici.Le APS iscritte al 31/12/2010, sono complessivamente 320 di cui 42 pro-loco; delle restanti 278, 145 associazioni hanno sede nei comuni del comprensorio cesenate e 133 nel territorio forlivese.Le pro-loco, 20 nel territorio cesenate e 22 in quello forlivese, operano nella promozione turistica locale, mentre le altre associazioni risultano impegnate in vari ambiti fra i quali prevale quello culturale con 113 associazioni pari al 40,6% del totale. I restanti settori sono quello sportivo, ricreativo, tutela dell’ambiente, educativo e formativo.Il numero dei soci iscritti alle associazioni è 111.271 dei quali 14.290 attivamente impegnati.

In merito al rapporto tra terzo settore, welfare e sviluppo del sistema territoriale, il progressivo invecchiamento della popolazione e altre trasformazioni demografi che ed economiche in atto, unitamente alle diffi coltà da parte del

sistema pubblico nel garantire direttamente livelli adeguati di prestazioni, aprono alle imprese che operano nel sociale spazi ampi di sviluppo. Il passaggio culturale che sarebbe necessario è che il welfare non è solo un costo ma anche una opportunità e le politiche di coesione, oltre alla socializzazione dei rischi individuali, devono avere come obiettivo l’identifi cazione e la realizzazione di un dividendo sociale. Inoltre valorizzare la sinergia tra caratteristiche peculiari del nostro territorio, quali la forte presenza di organizzazioni del terzo settore e di competenze universitarie specifi che, rappresenta un’opportunità concreta di crescita per tutto il sistema locale.

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ESTRATTO DAL RAPPORTO SULL’ECONOMIA REGIONALE 2010

a cura di UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

chiuso il 10 dicembre 2010

LO SCENARIO ECONOMICO INTERNAZIONALE

LO SCENARIO ECONOMICO NAZIONALE

L’ECONOMIA REGIONALE

181Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010

Camera di Commercio

di Forlì-Cesena

LE PREVISIONI PER L’ECONOMIA REGIONALE

1 9 3

1 8 3

2 0 7

2 2 3

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O S C E N A R I O E C O N O M I C O I N T E R N A Z I O N A L EL1.1.1. L’economia mondialeProsegue la ripresa dell’economia mondiale, ma la sua velocità si è ridotta e il suo procedere è divenuto più incerto. Il prodotto e il commercio mondiale sono in rallentamento rispetto alla prima parte dell’anno. Ciò è dovuto alla graduale riduzione di una serie di fattori temporanei che hanno operato a sostegno della crescita, tra cui gli interventi di politica fi scale effettuati da vari paesi e l’avvio di un ciclo positivo delle scorte. Gli effetti positivi di questi fattori non sono stati sostituiti dall’instaurarsi di una crescita caratterizzata da una dinamica capace di auto sostenersi. Ci si attende che la fase di debole crescita attualmente in corso non debba proseguire a lungo e che dopo il 2011 l’espansione possa riprendere a ritmi più sostenuti, grazie al carattere espansivo delle politiche monetarie, nonostante le manovre di consolidamento fi scale avviate in molti paesi.Rispetto all’evoluzione del quadro economico prospettata nelle previsioni, i fattori di rischio in senso negativo prevalgono sulle possibilità di un risultato migliore. In particolare i rischi per la crescita possono derivare dall’interconnessione di fattori relativi alla persistente fragilità dei mercati fi nanziari, alla riduzione del peso dell’indebitamento sui bilanci delle famiglie, alla sostenibilità e crisi di

fi ducia del debito sovrano, in particolare nei paesi periferici dell’Unione europea, e, infi ne, alle tensioni sui mercati dei cambi.

Prodotto e commercio mondialeNei prossimi mesi, le economie dei paesi sviluppati non dovrebbero sperimentare accelerazioni nella crescita, non del tipo di quelle sperimentate in precedenti fasi di ripresa, e anche i paesi emergenti cresceranno a tassi leggermente inferiori rispetto agli attuali, anche se maggiormente sostenibili. Il prodotto mondiale, quindi, dovrebbe aumentare tra il 4,8 e il 4,6 nell’anno che giunge al termine e attorno al 4,2 per cento nel 2011 (tab. 1.1.1 e 1.1.2). Il commercio mondiale ha fornito sostegno alla crescita e continuerà a farlo, anche se aumenterà il ruolo della domanda interna, in particolare nei paesi emergenti. Nel 2010 il commercio mondiale dovrebbe aumentare tra l’11,4 e il 12,3 per cento, successivamente la dinamica della crescita si ridurrà tra il 7,0 e l’8,3 per cento nel 2011.

Cambi e oroGrandi oscillazioni nel cambio delle due principali valute occidentali vanno di pari passo ad un loro progressivo indebolimento nei confronti delle

Fig. 1.1.1. Cambi e quotazione dell’oro. Dic.2005 – Nov.2010

Fonte: Financial Times

Dollaro statunitense / Rupia indiana (Rs per $)

Dollaro statunitense / Real brasiliano (R$ per $)

Euro / Dollaro statunitense ($ per €)

Oro. COMEX gold 1 futures chain front month. 2005-2009

Dollaro statunitense / Chinese Renminbi (Yuan per $)

Dollaro statunitense / Yen (¥ per $)

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Tab. 1.1.1. La previsione del FMI (a)(b) - 1

2009 2010 2011 2009 2010 2011Prodotto mondiale -0,6 4,8 4,2 Commercio mondiale(c ) -11,0 11,4 7,0Prezzi (in Usd) - Prodotti manufatti (d) -6,2 3,1 1,4 - Materie prime no fuel (e) -18,7 16,8 -2,0 - Materie prime -31 19,9 1,2 - Food & Beverage -13,1 7,4 -3,3 - Energia (f) -36,9 21,9 3,1 - Input industriali -24,8 28,7 -0,7 - Petrolio (g) -36,3 23,3 3,3 - Input industriali agricoli -17,0 23,9 -5,6

- Input industriali metalli -28,6 31,4 1,92009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011Economie avanzate Emergenti e in sviluppo Stati Uniti

Quota prodotto mondiale PPP (h) 20,4 20,2 19,9Quota prodotto mondiale in Us$ 68,9 66,5 65,2 31,1 33,5 34,8 24,4 23,6 23,2Pil reale -3,2 2,7 2,2 2,5 7,1 6,4 -2,6 2,6 2,3Importazioni (c ) -12,7 10,1 5,2 -8,2 14,3 9,9 n.d. n.d. n.d.Esportazioni (c ) -12,4 11,0 6,0 -7,8 11,9 9,1 n.d. n.d. n.d.Domanda interna reale -3,5 2,6 1,9 n.d. n.d. n.d. -3,6 3,0 2,2Consumi privati -1,0 1,6 1,7 n.d. n.d. n.d. -1,2 1,5 2,0Consumi pubblici 2,3 1,4 -0,5 n.d. n.d. n.d. 1,9 1,5 -1,2Investimenti fi ssi lordi -12,3 1,8 4,4 n.d. n.d. n.d. -14,8 2,2 6,4Saldo di c/c in % Pil -0,3 -0,3 -0,1 1,9 1,5 1,4 -2,7 -3,2 -2,6Infl azione (defl attore Pil) 0,7 1,1 1,3 n.d. n.d. n.d. 0,9 0,9 1,3Infl azione (consumo) 0,1 1,4 1,3 5,2 6,3 5,2 -0,3 1,4 1,0Tasso di disoccupazione 8,0 8,3 8,2 n.d. n.d. n.d. 9,3 9,7 9,6Occupazione -2,2 -0,2 0,7 n.d. n.d. n.d. -3,8 -0,3 1,2Avanzo primario A.P. in % Pil (i) -7,7 -6,8 -5,4 n.d. n.d. n.d. -11,2 -9,5 -8Saldo Bilancio A.P. in % Pil -8,8 -8,0 -6,7 -4,5 -3,7 -2,9 -12,9 -11,1 -9,7Debito delle A.P. in % Pil 89,9 95,9 100,2 37,7 36,9 36,7 84,3 92,7 99,3

Area dell’Euro Giappone New. Ind. Asian economies

Quota prodotto mondiale PPP (g) 6,0 5,8 5,7Quota prodotto mondiale in Us$ 21,6 19,5 18,6 8,8 8,7 8,7 2,8 3,0 3,0Pil reale -4,1 1,7 1,5 -5,2 2,8 1,5 -0,9 7,8 4,5Importazioni (c ) -12,7 8,7 4,1 n.d. n.d. n.d. -9,9 12,1 7,7Esportazioni (c ) -14,4 10,5 5,6 n.d. n.d. n.d. -6,9 12,2 7,8Domanda interna reale -3,4 1,0 0,9 -4,0 1 1,3 -3,0 7,0 4,2Consumi privati -1,1 0,6 0,9 -1,0 1,6 0,6 0,5 4,3 4,1Consumi pubblici 2,4 1,2 -0,2 1,5 1,4 -0,6 4,6 0,2 1,3Investimenti fi ssi lordi -11,3 -0,1 1,6 -14,0 -0,4 4,4 -3,7 9,1 5,4Saldo di c/c in % Pil (l) -0,4 0,2 0,5 2,8 3,1 2,3 8,5 7,1 6,9Infl azione (defl attore Pil) 1,0 1,3 1,4 -0,9 -2,1 -1,2 1,7 1,2 2,5Infl azione (consumo) (m) 0,3 1,6 1,5 -1,4 -1,0 -0,3 1,3 2,6 2,7Tasso di disoccupazione 9,4 10,1 10,0 5,1 5,1 5,0 4,3 3,8 3,7Occupazione -1,9 -0,9 0,1 -1,6 -0,6 -0,1 -0,2 1,1 1,3Avanzo primario A.P. in % Pil (h) -3,8 -3,9 -2,3 -9,1 -8,2 -7,2 n.d. n.d. n.d.Saldo Bilancio A.P. in % Pil -6,3 -6,5 -5,1 -10,2 -9,6 -8,9 -1,5 0,1 0,7Debito delle A.P. in % Pil 79 84,1 87,0 217,6 225,9 234,1 37,8 36,6 35,1

(a) Tra le assunzioni alla base della previsione economica: 1) tassi di cambio reali effettivi invariati ai livelli medi prevalenti nel periodo 4 agosto - 1 settembre 2010, ciò implica per il 2010 e per il 2011 rispettivamente un tasso di cambio U.S. dollar/euro pari a1.308 e 1.284 e un tasso yen/U.S.dollar di 88.5 e 84.2 ; 2) tassi di interesse: LIBOR: a) sui depositi a 6 mesi in U.S.$ 0,6 nel 2010 e 0,8 nel 2011; tasso sui depositi a 6 mesi in yen 0,6 nel 2010 e 0,4 nel 2011; tasso sui depositi a 3 mesi in euro 0,8 nel 2010 e 1,0 nel 2011; 3) si ipotizza che il prezzo medio al barile risulti in media pari a $76.20 nel 2010 e a $78.75 nel 2011. Riguardo alle assunzioni relative alle politiche economiche si veda Box A.1 in Imf, Weo, October 2010. (b) Tasso di variazione percentuale sul periodo precedente, ove non diversamente indicato. (c) Beni e servizi in volume. (d) Indice del valore unitario delle esportazioni di prodotti manufatti dei paesi ad economia avanzata. (e) Media dei prezzi mondiali delle materie prime non fuel (energia) pesata per la loro quota media delle esportazioni di materie prime. (f) Comprende:petrolio, gas naturale e carbone. (g) Media dei prezzi spot del petrolio greggio U.K. Brent, Dubai e West texas Intermediate. (h) Quota del prodotto lordo mondiale misurata in termini di parità di potere d’acquisto. (i) Indebitamento al netto della spesa netta per interessi. (l) Calcolato come somma dei saldi individuali dei paesi dell’area dell’euro. (m) Basato sull’indice dei prezzi al consumo armonizzato Eurostat. (n) Pagamenti per interessi sul debito complessivo in percentuale delle esportazioni di beni e servizi. (o) Onere totale del debito estero, interessi e ammortamento, in percentuale delle esportazioni di beni e servizi. (*) Newly Industrialized Asian economies: Hong Kong SAR, Korea, Singapore, Taiwan Province of China.

IMF, World Economic Outlook, October 2010

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valute dei paesi emergenti e del “nuovo” strumento di riserva di valore internazionale, l’oro (fi g. 1.1.1). Durante i momenti di maggiore incertezza, il dollaro tende a rivalutarsi in quanto è ritenuto la valuta di rifugio di maggiore sicurezza per i capitali internazionali. Nel corso dell’anno la Fed è apparsa come il prestatore mondiale di ultima istanza. Nella prima parte dell’anno la buona fase di ripresa economica negli Stati Uniti e il manifestarsi sempre più palese dell’importanza della crisi di fi ducia nel debito sovrano di alcuni paesi europei ha determinato un progressivo indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro statunitense. Dalla metà dell’anno, il salvataggio della Grecia e il sorgere di dubbi su di un rallentamento della crescita americana, a livelli tali da non generare un adeguato aumento dell’occupazione, hanno portato ad un indebolimento del dollaro. Questa

tendenza si è accentuata per il diffondersi di voci relative a piani di intervento della Federal Reserve per sostenere l’attività economica attraverso un nuovo incremento dell’offerta di moneta. La Fed ha poi uffi cializzato i piani di acquisto di titoli del Tesoro per $600bn, aumentabili, tra la fi ne del 2010 e la prima parte del 2011. La notizia ha in parte deluso le aspettative createsi sui mercati per un intervento di maggiore ampiezza ed è giunta insieme al ripresentarsi della questione del debito sovrano europeo, posta dalla crisi irlandese. Ne è derivato un nuovo indebolimento dell’euro.La crescita debole in Europa e negli Stati Uniti, l’eccezionale aumento della liquidità determinato dalla Fed e la crisi di fi ducia nell’euro hanno portato alla rivalutazione delle valute dei paesi emergenti, oggetto di enormi affl ussi di capitale. Questa tendenza è stata fronteggiata dai paesi emergenti in

Tab. 1.1.2. La previsione economica dell’Ocse – principali aree e paesi dell’Ocse

2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011

Prodotto mondiale (a) -1,0 4,6 4,2Commercio mondiale (b,c) -11,1 12,3 8,3

Paesi dell’Ocse Stati Uniti Giappone Euro Area (1)Pil (b,d) -3,4 2,8 2,3 -2,6 2,7 2,2 -5,2 3,7 1,7 -4,1 1,7 1,7Consumi fi n. privati (b,d) -1,3 1,9 2,1 -1,2 1,7 2,4 -1,0 2,4 1,0 -1,1 0,6 1,0Consumi fi n. pubb.(b,d) 2,3 1,5 0,7 1,9 1,1 1,0 1,5 1,6 1,7 2,4 1,0 0,0Investimenti f. lordi (b,d) -12,1 2,4 5,0 -14,8 3,4 7,2 -14,0 -0,1 3,2 -11,3 -1,0 1,6Domanda interna tot. (b,d) -3,8 3,0 2,4 -3,6 3,4 2,7 -4,0 1,7 1,6 -3,4 0,9 1,0Esportazioni (b,d,e) -11,5 11,6 7,4 -9,5 11,4 8,1 -23,9 25,4 6,7Importazioni (b,d,e) -12,8 11,8 7,5 -13,8 14,3 9,9 -16,7 10,5 6,6Saldo di c/c in % Pil (d,e) -0,5 -0,7 -0,7 -2,7 -3,4 -3,7 2,8 3,4 3,7 -0,4 -0,2 0,3Infl azione (defl att. Pil) (b) 1,1 1,4 1,4 0,9 1,0 1,2 -0,9 -1,8 -0,8 1,0 0,8 1,0Infl azione (p. cons.) (b) -0,3 1,6 1,1 -1,4 -0,9 -0,8 0,3 1,5 1,3Tasso disoccupazione (f) 8,1 8,3 8,1 9,3 9,7 9,5 5,1 5,1 4,9 9,3 9,9 9,6Occupazione (b)Indebit. pubblico % Pil -7,9 -7,6 -6,1 -11,3 -10,5 -8,8 -7,1 -7,7 -7,5 -6,2 -6,3 -4,6Tasso int. breve (3m) (g) 0,9 0,5 0,7 0,3 0,2 0,2 1,2 0,8 1,1

Germania Francia Spagna Regno UnitoPil (b,d) -4,7 3,5 2,5 -2,5 1,6 1,6 -3,7 -0,2 0,9 -5,0 1,8 1,7Consumi fi n. privati (b,d) -0,1 -0,1 1,3 0,6 1,5 1,6 -4,2 1,5 1,7 -3,3 1,2 1,7Consumi fi n. pubb.(b,d) 2,9 2,6 0,7 2,8 1,6 0,6 3,2 0,3 -0,8 1,0 1,9 -1,1Investimenti f. lordi (b,d) -10,0 4,9 2,7 -7,0 -1,8 2,8 -16,0 -6,8 -1,8 -15,1 2,0 2,3Domanda interna tot. (b,d) -1,9 2,3 1,5 -2,3 1,5 2,0 -6,0 -0,7 0,4 -5,5 2,7 1,3Esportazioni (b,d,e) -14,3 15,2 9,0 -12,2 9,9 6,4 -11,6 9,2 8,1 -11,1 4,4 5,0Importazioni (b,d,e) -9,4 13,6 7,4 -10,6 8,8 7,5 -17,8 6,4 5,8 -12,3 7,5 3,1Saldo di c/c in % Pil (d,e) 4,9 5,1 5,9 -1,9 -2,2 -2,3 -5,5 -5,5 -5,2 -1,3 -2,2 -1,6Infl azione (defl att. Pil) (b) 1,4 0,8 1,0 0,5 0,4 1,0 0,6 0,4 0,2 1,4 3,3 2,0Infl azione (p. cons.) (b) 0,2 1,0 1,2 0,1 1,6 1,1 -0,2 1,5 0,9 2,2 3,1 2,6Tasso disoccupazione (f) 7,4 6,9 6,3 9,1 9,3 9,1 18,0 19,8 19,1 7,6 7,9 7,8Occupazione (b)Indebit. pubblico % Pil -3,0 -4,0 -2,9 -7,6 -7,4 -6,1 -11,1 -9,2 -6,3 -11,0 -9,6 -8,1Tasso int. breve (3m) (g) 1,2 0,8 1,1 1,2 0,8 1,1 1,2 0,8 1,1 1,2 0,7 0,9Previsione chiusa con le informazioni al 12 novembre 2010. (1) Riferita ai quattordici paesi dell’area dell’euro membri dell’Ocse. (a) Riferito solo ai paesi dell’Ocse più Brazile, Russia, India e Cina, che rappresentano l’81% del prodotto mondiale considerato a parità di potere d’acquisto. (b) Tasso di variazione percentuale sul per-iodo precedente. (c) Tasso di crescita della media aritmetica del volume delle importazioni mondiali e delle esportazioni mondiali. (d) Valori reali. (e) Beni e servizi. (f) Percentuale della forza lavoro. (g) Stati Uniti: depositi in eurodollari a 3 mesi. Giappone: certifi cati di deposito a 3 mesi. Area Euro: tasso interbancario a 3 mesi. Fonte: Oecd, Economic Outlook, 18th November 2010.

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parte con interventi sui mercati delle valute, in parte con l’introduzione di controlli di capitale. Da giugno la Cina ha svincolato lo yuan dallo stretto aggancio al dollaro, reintrodotto nell’estate del 2008, ma non ha smesso di controllarne attivamente il cambio e la rivalutazione.Gli interventi di Europa e Stati Uniti stanno proponendo il rischio di una svalutazione reale delle loro valute. Un evento particolarmente grave per i paesi emergenti detentori di eccezionali riserve di valute estere, nella quasi totalità dollari e in minore misura euro. Gli interventi sui cambi operati dai paesi emergenti per garantire la competitività delle loro esportazioni hanno fatto emergere queste tensioni sul mercato delle materie prime e in particolare dell’oro, che sempre più appare come il “nuovo” strumento di riserva di valore internazionale. Le quotazioni dell’oro sono andate progressivamente aumentando, parallelamente alla crescente consapevolezza dei rischi connessi alla quotazione e alla posizione internazionale del dollaro americano, all’eccezionale crescita della liquidità sui mercati e all’elevata quota del debito pubblico rispetto al Pil nelle economie dei principali paesi sviluppati. Dall’inizio dell’anno il prezzo dell’oro in dollari è salito del 25 per cento (fi g. 1.1.1).

Prezzi delle materie primeI prezzi del petrolio e in particolare dei metalli sono andati crescendo dall’inizio dell’anno, al di là della correzione estiva, sostenuti dalla forte domanda proveniente dal mercato cinese (fi g. 1.1.2). I prezzi delle materie prime agricole sono stati guidati al rialzo dalle avverse condizioni meteorologiche in alcuni paesi, che hanno fortemente ridotto raccolti e scorte. Le proiezioni sono orientate verso ulteriori rialzi dei prezzi, anche se di minore ampiezza. Le quotazioni di molte materie prime, con l’eccezione del petrolio, non sono distanti dai precedenti massimi dell’estate del 2008, o li hanno raggiunti e superati. Occorre ricordare come nell’estate di due anni fa la crescita delle economie emergenti subì un duro colpo dall’aumento dei prezzi delle materie prime. Anche oggi l’acuirsi dell’infl azione e il surriscaldamento dell’attività nei paesi più dinamici dell’Asia e dell’America Latina mettono a repentaglio la crescita dell’economia mondiale. Il prezzo in dollari del petrolio, secondo il Fondo monetario internazionale, dovrebbe fare registrare un aumento del 23 per cento nel 2010 e di un ulteriore 3 per cento nel 2011 (tab. 1.1.1). L’aumento delle quotazioni in dollari delle materie prime non energetiche risulterà inferiore (+17 per cento), per

Petrolio: NYMEX WTI Crude Oil Front Month

Mais: CBT future

Zucchero bianco: LIFFE sugar no5 futures chain fr

Fig. 1.1.2. Prezzi delle materie prime. Dic. 2005 – Nov. 2009

Rame: COMEX high grade copper futures

Wheat: CBT future

Cotone: ICE Us c1 cotton no2 futures chain

Fonte: Finacial Times

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effetto della minore tensione sul complesso delle alimentari, mentre sono in forte ripresa i prezzi degli input industriali agricoli (+24 per cento) e, in particolare, dei metalli (+31 per cento).Dall’inizio dell’anno, le quotazioni del Wti sono salite del 10 per cento. Il prezzo del rame è aumentato del 21 per cento, quello del mais è salito del 34 per cento, quello del grano del 37 per cento, mentre le quotazioni dello zucchero sono cresciute del 3 per cento e quelle del cotone del 100 per cento. Il Fondo monetario internazionale ritiene che la tendenza positiva delle quotazioni non dovrebbe proseguire come tale anche nel 2011, quando nel

complesso faranno segnare un aumento di appena l’1 per cento.

1.1.2. Stati UnitiDopo una forte ripresa nella seconda metà del 2009 e nella prima parte del 2010, la crescita economica statunitense ha rallentato nel secondo e terzo trimestre di quest’anno. Le politiche fi scali espansive comportano tuttora costi notevoli, ma gli effetti dello stimolo sulla crescita vanno via riducendosi. Il ritmo della ripresa economica atteso per il 2011-2012 dovrebbe essere moderato (tab. 1.1.1 e 1.1.2). Infatti le famiglie continueranno a mantenere un

Stati Uniti: S&P 500

Stati Uniti

Brasile: Sao Paulo Se Bovespa Index

India: S&P CNX 500 Index - NSE

Fig. 1.1.4. Mercati azionari. Dic. 2005 – Nov. 2009

Fig. 1.1.3. Curva dei rendimenti per scadenza. 08 Dic. 2010

Europa: FTSEurofi rst 300 Index

Euro zona

Russia: RTS Index

Cina: Shanghai Composite Index

Fonte: Finacial Times

Fonte: Financial Times.

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freno sui consumi per procedere a ricostruire la loro ricchezza netta e la disoccupazione diminuirà solo lentamente.La Federal Reserve ha assunto impegni enormi a sostegno della crescita, come la manovra di “quantitative easing” da $600bn. L’intervento pare opportuno ora che l’infl azione resta limitata e che l’economia procede ben al di sotto del livello potenziale. Ci si attende che i tassi di interesse di politica monetaria vengano mantenuti sostanzialmente immutati. Per garantire la stabilità dei prezzi la Fed sta valutando l’adozione di espliciti obiettivi di infl azione a medio termine, sulla scia del Canada. Qualora la crescita dovesse continuare a procedere al di sotto del potenziale, risultando inferiore alle stime, ci si attendono ulteriori interventi di espansione monetaria. Questi interventi non sono privi di rischi e le incertezze al riguardo sono notevoli, per i timori che la massa di liquidità introdotta nel sistema statunitense si diffonda ovunque nel mondo e, non trovando adeguate forme di investimento produttivo, vada a danno di un’effi cace allocazione dei capitali e a sostenere bolle fi nanziarie.Il bilancio pubblico è fortemente squilibrato e il debito sta crescendo rapidamente. Ciò nonostante, il defi cit pubblico può essere ridotto solo gradualmente per evitare di rallentare o bloccare la ripresa e la stabilizzazione del rapporto debito pubblico/Pil è attesa solo per il 2015. Nel caso però gli squilibri fi scali fossero tali da potere suggerire la possibilità di una sostanziale azione orientata alla svalutazione del dollaro per fare fronte al crescente debito, gli effetti sui tassi e sui cambi farebbero apparire l’attuale crisi del debito sovrano europeo come uno scherzo.

1.1.3. GiapponeIl Giappone ha risposto al rallentamento della crescita nel corso del 2010 con due interventi di politica fi scale che dovrebbero fornire un sostegno all’attività economica nel corso del 2011 (tab. 1.1.1 e 1.1.2). Al graduale svanire degli effetti dello stimolo della politica fi scale, la crescita dovrebbe venire sostenuta da un rafforzamento della domanda per consumi e investimenti, che trarranno origine rispettivamente dal miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro e dall’elevata profi ttabilità delle imprese. Ciononostante il processo di defl azione dovrebbe proseguire e la disoccupazione mantenersi al di sopra dei livelli precedenti la crisi.Il traino alla crescita derivante dai risultati del settore manifatturiero orientato all’esportazione sarà sempre minore in futuro. La forte rivalutazione del cambio ha reso sempre più costosa la produzione in Giappone e ha favorito i concorrenti esteri e il trasferimento all’estero dei processi produttivi da

parte delle imprese giapponesi. Il debito pubblico lordo dovrebbe superare il 200 per cento del Pil nel 2011. In queste condizioni pare scontato che i piani di consolidamento fi scale dovranno essere più ampi di quelli attualmente considerati, evitando ulteriori stimoli fi scali e riducendo la spesa pubblica. Occorrerà certamente incrementare le entrate fi scali per dimezzare il disavanzo primario del bilancio pubblico tra il 2010 e il 2015.La banca centrale ha aumentato la quantità di moneta nel sistema, ma occorrono interventi più decisi per fare fronte ad un processo di defl azione radicato e tali provvedimenti dovranno essere mantenuti a lungo, sino a che la dinamica dei prezzi non torni stabilmente positiva.Il governo giapponese ha varato una nuova strategia per la crescita, che per avere successo dovrebbe intervenire con riforme strutturali profonde capaci di sostenere lo sviluppo grazie a forti aumenti della produttività, per niente affatto elevata, dei settori non manifatturieri.

1.1.4. Area euroÈ in corso una ripresa graduale dell’attività nell’area dell’euro, trainata dalla vivacità delle esportazioni e dall’aumento dei consumi e degli investimenti (tab. 1.1.1 e 1.1.2). La fi ducia è andata riprendendosi e consolidandosi e le condizioni sui mercati fi nanziari sono migliorate. Tuttavia la velocità della crescita sarà probabilmente moderata. Diversi fattori ne vanno a limitare le possibilità. La disoccupazione si è stabilizzata a livelli elevati e toglie fi ato ai consumi. Le imprese fi nanziarie e le famiglie stanno procedendo al riequilibrio dei loro bilanci, contenendo il credito e i consumi. I bilanci pubblici si sono fatti carico di notevoli interventi di sostegno anti crisi e ora vengono messi in atto interventi di politica fi scale restrittivi, sia pure gradualmente ove possibile. In alcuni paesi periferici sono in corso profondi aggiustamenti dei conti pubblici che richiederanno tempi lunghi e che non hanno esito certo. La crisi del debito pubblico di questi paesi si è associata a problemi di disavanzo dei conti correnti e a forti squilibri nei bilanci del settore privato, in particolare in quello bancario. Nel caso dell’Irlanda l’emergere degli squilibri nel settore del credito ha condotto, attraverso gli interventi di salvataggio pubblico delle banche, alla crisi del debito pubblico. Non tutti gli squilibri esistenti nel settore privato di questi paesi sono stati evidenziati e l’esito degli “stress test” sulle banche europee non ha favorito l’emersione e l’esatta valutazione dei problemi, incrementando i dubbi e la sfi ducia dei mercati. Qualora il contagio potesse essere limitato a Grecia, Irlanda e, forse, Portogallo, la crisi potrebbe essere contenuta e gestita con gli attuali strumenti. La soluzione

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dei problemi di bilancio di questi paesi dipende strettamente dalla loro possibilità di riprendere un ciclo di crescita economica. Se però si dovesse verifi care un rallentamento dell’economia mondiale nel corso dei prossimi mesi, si porrebbero seri dubbi sulla possibilità che la Spagna non si trovi ad affrontare le stesse pressioni sperimentate da Grecia e Irlanda. Affrontare l’eventuale crisi della Spagna porrebbe i paesi dell’euro di fronte alla necessità di dotarsi di nuovi strumenti di intervento. Nel caso di assenza di una pronta soluzione, verrebbero esposti a immediati gravi rischi l’esistenza della moneta unica nella sua forma attuale e la fi nanza pubblica dell’Italia e forse della Francia. In merito occorre ricordare che lo spread, ovvero la differenza tra i tassi di rendimento, dei titoli decennali italiani rispetto a quelli tedeschi era pari a 40 punti base prima della crisi ed è andato progressivamente aumentando

tanto che ha raggiunto e superato i 200 punti base, pari a 2 punti percentuali, a fi ne novembre, per la prima volta dal 1998. Una chiara indicazione dei cambiamenti all’orizzonte è data da alcune scelte fatte dalla Banca centrale europea: quella di non considerare i limiti di qualità del credito per i titoli degli stati coinvolti nella crisi e posti a garanzia delle operazioni di rifi nanziamento da parte delle banche del sistema e quella di procedere ad acquisti diretti sul mercato di titoli del debito pubblico dei paesi sotto attacco, anche se, per ora, sterilizzando gli effetti di questi interventi sulla creazione di moneta. Non si sa però fi no a quando la Bce continuerà a drenare la liquidità immessa nel sistema vendendo titoli dei paesi dell’area dell’euro con migliore valutazione del credito, cioè Bund tedeschi.Nei prossimi anni dovranno essere messi a punto credibili piani di consolidamento fi scale. In

Tab. 1.1.3. La previsione del FMI (a)(b) – 2

Germania Francia Regno Unito2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011

Quota prodotto mondiale PPP (h) 4,0 3,9 3,8 3,0 2,9 2,9 3,1 3,0 2,9Quota prodotto mondiale in Us$ 5,8 5,3 5,1 4,6 4,1 4,0 3,8 3,6 3,7Pil reale -4,7 3,3 2,0 -2,5 1,6 1,6 -4,9 1,7 2,0Domanda interna reale -1,9 2,5 1,2 -2,4 1,4 1,6 -5,4 2,4 1,4Consumi privati -0,2 0,0 0,9 0,6 1,3 1,1 -3,3 0,9 1,5Consumi pubblici 2,9 2,9 0,7 2,8 1,5 0,6 1,2 2,0 -1,0Investimenti fi ssi lordi -10,1 5,9 3,0 -7,1 -1,9 1,7 -15,0 1,0 3,0Saldo di c/c in % Pil 4,9 6,1 5,8 -1,9 -1,8 -1,8 -1,1 -2,2 -2,0Infl azione (defl attore Pil) 1,4 2,1 1,4 0,5 0,9 1,6 1,3 3,4 2,4Infl azione (consumo) 0,2 1,3 1,4 0,1 1,6 1,6 2,1 3,1 2,5Tasso di disoccupazione 7,5 7,1 7,1 9,4 9,8 9,8 7,5 7,9 7,4Occupazione 0,0 -0,2 -0,1 -1,3 -0,5 0,1 -1,6 0,0 1,2Avanzo primario A.P. in % Pil (i) -0,8 -2,2 -1,5 -5,5 -5,8 -3,6 -8,4 -7,6 -5,2Saldo Bilancio A.P. in % Pil -3,1 -4,5 -3,7 -7,6 -8,0 -6,0 -10,3 -10,2 -8,1Debito delle A.P. in % Pil 73,5 75,3 76,5 78,1 84,2 87,6 68,5 76,7 81,9Note alla tabella 2.1.1IMF, World Economic Outlook, October 2010

Fig. 1.1.5. Rendimento dei titoli pubblici decennali ed esigenze di fi nanziamento degli stati europei nel 2011 (miliardi di euro)

Fonte: Financial Times, Thomson Reuters Datastream; Evolution Securities

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particolare i paesi con un ampio carico di debito pubblico e privato dovranno ricondurre il rapporto tra debito pubblico e Pil verso livelli di sicurezza. Nell’attesa che la crescita prosegua, anche se a livelli moderati, si porrà l’esigenza di ritirare gli interventi di politica monetaria accomodante che sono stati adottati. Tutti i paesi dell’area dovranno implementare ampie riforme strutturali per ridare effi cienza e competitività al sistema economico. Occorrerà verifi care i limiti dei bilanci pubblici e il rapporto tra costi ed effi cacia delle politiche sociali.

1.1.5. Altre aree e paesi

Brasile Dopo avere fatto registrare forti tassi di crescita nella prima parte dell’anno, l’economia brasiliana ha rallentato in misura marcata (tab. 1.1.4 e 1.1.5). Ci si attende però un rimbalzo grazie al sostegno fornito ai consumi dall’aumento dei redditi e da una dinamica espansione del credito. La crescita nei prossimi anni dovrebbe trovare sostegno in massicci progetti infrastrutturali (Mondiali di calcio nel 2012 e Olimpiadi 2016 tra l’altro). Nei prossimi due anni, l’infl azione dovrebbe mantenersi al di sopra del tasso obiettivo del 4,5 per cento. A sostenerla contribuiranno le tensioni sul mercato del lavoro e lo svanire degli effetti della forte rivalutazione del cambio (fi g. 1.1.1).A primavera la banca centrale aveva avviato una fase di restrizione della politica monetaria, che è stata interrotta per evitare un ulteriore eccessivo rafforzamento del real. Con lo stesso scopo e anche per ridurre la liquidità del sistema sono state introdotte misure di controllo all’ingresso dei capitali. La politica monetaria dovrebbe ora essere riorientata al fi ne di bloccare le crescenti pressioni infl azionistiche. La spesa pubblica si è gonfi ata prima delle elezioni presidenziali. Data la fase avanzata della ripresa ciclica, gli stimoli fi scali dovrebbero venire rimossi rapidamente per evitare un surriscaldamento dell’economia.

RussiaLa ripresa economica successiva alla crisi è stata buona , ma non particolarmente forte e la crescita permetterà di recuperare e chiudere l’output gap solo nel 2012 (tab. 1.1.4 e 1.1.5). L’infl azione si è fortemente impennata a seguito della spinta proveniente dai prodotti alimentari, rinnovata quest’anno dalle forti perdite di raccolto a seguito della siccità e degli incendi estivi. Gli altri fattori di infl azione paiono però essere limitati. L’attivo della bilancia dei conti correnti dovrebbe dimezzarsi tra il 2010 e il 2012. Il livello del debito pubblico dovrebbe mantenersi ridotto. Sono stati programmati tagli, in termini reali, alla spesa pubblica, che limiteranno la

crescita della domanda interna, ma paiono adeguati.È opportuno che la politica monetaria resti accomodante sino a quando non venga ridotta la differenza tra il prodotto effettivo e quello potenziale, in particolare sino a quando l’impennata dei prezzi agricoli non determini un aumento degli investimenti nel settore. Ritorna di primaria importanza l’esigenza di aumentare il tasso di crescita potenziale dell’economia attraverso l’introduzione di politiche di riforma strutturale. A tal fi ne occorre che nella fase di consolidamento del bilancio pubblico si provveda a eliminare i sussidi introdotti all’interno delle misure anti crisi.

IndiaL’economia indiana ha registrato una notevole espansione nel corso del 2010. L’agricoltura è stata in forte ripresa, dopo i danni dello scorso anno, a seguito del ritorno di un normale ciclo delle precipitazioni. La ripresa negli altri settori ha continuato a rafforzarsi. Verso la fi ne dell’anno, il ritmo dell’attività è andato rallentando, rispetto alla dinamica precedente, insolitamente elevata, e si sta orientando verso una forte crescita sostenibile (tab. 1.1.4 e 1.1.5). Gli interventi di stimolo fi scale vengono ritirati, ma la crescita risulterà trainata da un forte ciclo di investimenti da parte delle imprese e da un‘impennata dei consumi, sostenuta da una ripresa dei redditi agricoli. La ripresa nel settore agricolo ha fornito un importante contributo nel contenere l’infl azione, che pare avere raggiunto un picco e ci si attende continui a ridursi nel breve termine. Si tratta di un fattore fondamentale per l’economia e la politica indiana, entrambe in notevole parte dipendenti da larghe masse di popolazione che vivono al limite della sussistenza. La forza della domanda interna, sostenuta dalla crescita dei redditi dei settori avanzati, e il defi cit dei conti correnti, che tende ad ampliarsi, richiedono da parte del governo e della banca centrale un deciso e forte impegno ad un pronta stabilizzazione del bilancio pubblico e a procedere alla normalizzazione della posizione di politica monetaria, attualmente espansiva. Si tratta di premesse necessarie per garantire una crescita equilibrata in futuro.

CinaL’impatto del piano di stimolo adottato in risposta alla crisi globale è andato scemando e la forte espansione dell’economia cinese ha mostrato segni di rallentamento nella prima metà del 2010. Da allora però ha nuovamente accelerato. Questa nuova tendenza positiva dovrebbe protrarsi per tutto il 2011 e il 2012 (tab. 1.1.4 e 1.1.5).Una crescita più veloce della domanda interna dovrebbe controbilanciare un ulteriore

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Tab. 1.1.4. La previsione del FMI (a)(b) – 3 altre aree economiche e selezione delle principali economie emergenti e in sviluppo

2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011Europa Centrale Orientale Comunità di Stati Indip. Medio Oriente Nord Africa

Quota prodotto mondiale PPP (h)Quota prodotto mondiale in Us$ 2,8 2,8 2,8 2,8 3,1 3,4 3,4 3,6 3,7Pil reale -3,6 3,7 3,1 -6,5 4,3 4,6 2,0 4,1 5,1Importazioni (c ) -17,9 7,7 6,6 -24,8 9,3 12,8 -0,2 5,1 6,5Esportazioni (c ) -11,0 7,9 6,0 -11,6 8,4 5,8 -3,0 1,0 6,9Ragioni di scambio (c ) 3,1 -2,7 0,0 -18,3 6,1 1,4 -16,9 9,9 1,5Saldo di c/c in % Pil -2,5 -3,7 -4,0 2,6 3,8 3,0 2,6 4,4 5,2Infl azione (prezzi consumo) 4,7 5,2 4,1 11,2 7,0 7,9 6,7 6,8 6,2Debito estero in % Pil 69,2 65,6 64,4 45,0 38,9 36,3 36,2 30,6 29,4Pagamenti interessi % exp. (i) 5,3 4,2 4,5 5,6 4,6 3,3 2,8 2,2 1,7Onere debito estero % exp. (l) 68,2 60,1 57,3 47,5 37,5 31,4 20,0 18,9 18,0

Paesi Asiatici in Sviluppo Centro e Sud America Africa Sub SaharianaQuota prodotto mondiale PPP (h)Quota prodotto mondiale in Us$ 13,6 14,7 15,6 6,9 7,6 7,7 1,5 1,7 1,7Pil reale 6,9 9,4 8,4 -1,7 5,7 4,0 2,6 5,0 5,5Importazioni (c ) -0,4 21,0 13,1 -15,5 16,6 6,1 -7,0 7,5 7,5Esportazioni (c ) -8,1 18,8 13,1 -9,6 12,9 5,3 -3,0 2,1 6,3Ragioni di scambio (c ) 5,6 -3,2 0,5 -5,4 0,9 -1,3 -11,3 10,7 -0,5Saldo di c/c in % Pil 4,1 3,0 3,0 -0,6 -1,2 -1,6 -1,7 -1,1 -1,9Infl azione (prezzi consumo) 3,1 6,1 4,2 6,0 6,1 5,8 10,4 7,5 7,0Debito estero in % Pil 15,3 14,5 14,1 22,7 21,3 21,4 25,0 21,9 22,6Pagamenti interessi % exp. (n) 2,0 1,6 1,5 5,9 5,1 4,6 2,3 2,0 2,2Onere debito estero % exp. (o) 22,2 18,2 17,2 39,0 29,5 29,6 17,4 14,4 11,4

Russia Turchia CinaQuota prodotto mondiale PPP (h) 3,0 3,0 3,0 1,3 1,3 1,3 12,6 13,3 14,0Quota prodotto mondiale in Us$ 2,1 2,4 2,6 1,1 1,2 1,2 8,6 9,3 9,8Pil reale -7,9 4,0 4,3 -4,7 7,8 3,6 9,1 10,5 9,6Saldo di c/c in % Pil 4,0 4,7 3,7 -2,3 -5,2 -5,4 6,0 4,7 5,1Infl azione (defl attore Pil) 2,5 10,7 8,7 5,2 8,0 6,0 -0,6 3,5 3,3Infl azione (prezzi consumo) 11,7 6,6 7,4 6,3 8,7 5,7 -0,7 3,5 2,7Tasso di disoccupazione 8,4 7,5 7,3 14,0 11,0 10,7 4,3 4,1 4,0Avanzo primario A.P. in % Pil (h) -5,9 -4,3 -2,9 -1,1 0,1 0,7 n.d. n.d. n.d.Saldo Bilancio A.P. in % Pil -6,2 -4,8 -3,6 -5,6 -3,5 -2,6 -3,0 -2,9 -1,9Debito delle A.P. in % Pil 10,9 11,1 12,9 45,5 43,4 42,4 18,6 19,1 18,9

India Mexico BrasileQuota prodotto mondiale PPP (h) 5,1 5,3 5,5 2,1 2,1 2,1 2,9 2,9 2,9Quota prodotto mondiale in Us$ 2,1 2,3 2,4 1,5 1,6 1,6 2,7 3,3 3,4Pil reale 5,7 9,7 8,4 -6,5 5,0 3,9 -0,2 7,5 4,1Saldo di c/c in % Pil -2,9 -3,1 -3,1 -0,6 -1,2 -1,4 -1,5 -2,6 -3,0Infl azione (defl attore Pil) 2,6 8,5 6,8 4,3 3,7 2,6 4,8 6,7 5,0Infl azione (prezzi consumo) 10,9 13,2 6,7 5,3 4,2 3,2 4,9 5,0 4,6Tasso di disoccupazione n.d. n.d. n.d. 5,5 5,0 4,5 8,1 7,2 7,5Avanzo primario A.P. in % Pil (h) n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. 2,1 3,3 3,2Saldo Bilancio A.P. in % Pil -9,6 -9,2 -8,5 -4,9 -3,6 -3,1 -3,2 -1,7 -1,2Debito delle A.P. in % Pil 74,2 71,8 71,4 44,9 45,2 45,7 68,9 66,8 66,6Note alla tabella 1.1.1.

IMF, World Economic Outlook, October 2010

rallentamento delle esportazioni. L’attivo di conto corrente dovrebbe così stabilizzarsi attorno al 5,5 per cento del Pil. Ci si attende che un’accelerazione dei prezzi non alimentari sia controbilanciata da una riduzione dell’infl azione degli alimentari, tanto da stabilizzare l’infl azione a poco più del 3 per cento.

Nel corso del 2010 la banca centrale cinese (Pboc - Zhongguó Rénmín Yínháng) è più volte intervenuta tentando di limitare l’infl azione (in particolare la dinamica dei prezzi alimentari) e contenere i rischi di una bolla immobiliare, senza agire sui tassi di interesse, ma operando ripetuti aumenti dei

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coeffi cienti di riserva obbligatori e ponendo limiti quantitativi all’espansione del credito, che sono differenziati per tipologia di istituti e destinazioni del credito. L’aumento dei prezzi trova riscontro in una forte dinamica dei salari, che si è consolidata in un clima di forte spinta rivendicativa, soprattutto nelle imprese estere con sede in Cina. Ci sono le premesse per l’instaurarsi di una spirale salari prezzi che potrebbe avere pesanti effetti sulla competitività delle imprese e sull’equilibrio sociale.

Il bilanciamento degli squilibri commerciali non verrà favorito dall’andamento del cambio. Infatti, nonostante un leggero apprezzamento del tasso di cambio del renminbi rispetto al dollaro, il tasso di cambio effettivo (pesato per le quote del commercio estero) si è indebolito. La sostenibilità dello sviluppo economico potrebbe essere migliorata da politiche del tasso di cambio maggiormente orientate a permettere un apprezzamento rispetto ad un gruppo di valute e da un riorientamento della spesa pubblica a favore della componente sociale.

Tab. 1.1.5. La previsione economica dell’Ocse – economie emergenti

Brasile Sud Africa Russia India Cina

2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011 2009 2010 2011

Pil (b,d) -0,2 7,5 4,3 -1,8 3,0 4,2 -7,9 3,7 4,2 7,7 9,1 8,2 9,1 10,5 9,7Saldo di c/c in % Pil (d,e) -1,5 -2,6 -3,2 -4,0 -3,4 -4,9 3,9 5,7 3,6 -2,8 -3,2 -3,0 6,0 5,8 5,9Infl azione (p. cons.) (b) 4,3 5,6 5,3 7,1 4,2 4,5 11,7 6,8 7,7 -0,7 3,1 3,3Indebit. Pubblico % Pil -3,3 -0,9 -0,5 -7,6 -5,0 -3,9 -5,3 -2,7 -2,0 -9,6 -8,3 -7,4 -1,2 -1,9 -2,2Note alla tabella 1.1.2.Fonte: Oecd, Economic Outlook, 18th November 2010.

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O S C E N A R I O E C O N O M I C O N A Z I O N A L EL1.2.1. I conti economici nazionali

Prodotto interno lordoLa recessione dell’economia italiana è durata sette trimestri, dal secondo 2008 al quarto 2009, ed è terminata all’inizio di quest’anno, ma la ripresa sucessiva è stata caratterizzata da un crescita molto debole e incerta nel primo trimestre (+0,5 per cento tendenziale), un’accelerazione nel secondo trimestre (+1,3 per cento) e un leggero rallentamento nel terzo (+1,0 per cento). Nei primi nove mesi dell’anno, il prodotto interno lordo italiano è aumentato quindi di solo l’1,0 per cento sullo stesso periodo dell’anno precedente. In termini reali il prodotto interno lordo italiano si trova ora su livelli già raggiunti nel 2003 (fi g. 1.2.1). Gli enti internazionali e gli istituti di ricerca che elaborano previsioni hanno rivisto in senso negativo le stime economiche, negli ultimi mesi, seguendo l’emergere nei dati congiunturali progressivamente disponibili di una debolezza della ripresa dell’attività economica nei paesi sviluppati e in particolare in alcuni paesi dell’area dell’euro. Le più recenti previsioni riguardanti l’Italia, elaborate tra ottobre e dicembre, sono state riviste in considerazione dell’aumentato livello di incertezza relativa al quadro dell’economia internazionale e in particolare alla crisi del debito dell’Unione europea. Le attese relative alla variazione del Pil reale italiano per il 2010 sono orientate verso un aumento compreso tra l’1,0 e l’1,1 per cento. Dopo l’estate i segnali di rallentamento congiunturale hanno fornito sostegno all’ipotesi di una ripresa debole che non trova forte supporto nella domanda interna e nemmeno nelle esportazioni nette. Nel 2011 non si ritiene si possa andare oltre una crescita del Pil compresa tra lo 0,7 e l’1,3 per cento. Nella Decisione di fi nanza pubblica di settembre, le indicazioni fornite

dal Governo appaiono allineate con le previsioni estive, più ottimistiche, che avevano prospettato un incremento del Pil dell’1,2 per cento nel 2010, allo stato attuale semplicemente irrealizzabile, e un’ulteriore crescita dell’1,3 per cento nel 2011.

Commercio esteroLa ripresa del commercio internazionale c’è stata, ma si è determinato un ulteriore peggioramento del saldo. Secondo i dati dei conti economici trimestrali (a valori concatenati, destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi), nei primi sei mesi del 2010 le importazioni e le esportazioni hanno mostrato una crescita pressoché analoga (+6,2 e +6,4 per cento rispettivamente in termini reali). Effettuando l’analisi a valori correnti, destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi, risulta che le importazioni sono salite del 12,4 per cento, mentre le esportazioni hanno mostrato una minore capacità di ripresa (+9,9 per cento). La diversa dinamica dei prezzi giustifi ca questo risultato, essendo caratterizzata da una più forte ripresa per il complesso delle importazioni, determinata dall’aumento delle quotazioni delle materie prime, a fronte di un minore incremento del defl atore delle esportazioni. Il saldo estero negativo si è rapidamente ampliato passando da -3.491 milioni di euro dei primi sei mesi del 2009, a -8.422 milioni di euro dello stesso periodo dell’anno in corso.I dati doganali grezzi, in valore, riferiti solo alle merci, a partire da febbraio, hanno registrato l’inversione della tendenza delle esportazioni, ma la ripresa delle importazioni si è avviata prima ed è stata decisamente più intensa. Nel periodo gennaio-settembre 2010, rispetto al corrispondente periodo del 2009, le esportazioni sono aumentate del 14,3 per cento (246,2 miliardi di euro), con una dinamica di poco più vivace per i paesi extra Ue (più 15,1 per cento) rispetto a quelli comunitari (più 13,7

Fig. 1.2.1. Prodotto interno lordo, valori concatenati, dati destagionalizzati e corretto (numero indice 2000=100).

Fonte Istat, Stima preliminare del Pil

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per cento), mentre le importazioni sono salite del 20,9 per cento (265,4 miliardi di euro), con un incremento del 26,5 per cento per l’area extra Ue e del 16,6 per cento per quella Ue. L’aumento del valore delle esportazioni, confrontato con lo stesso periodo del 2009, è determinato da una crescita dei valori medi unitari (più 5,3 per cento) più contenuta di quella dei volumi (più 8,5 per cento). Anche dal lato delle importazioni, i valori medi unitari hanno registrato incrementi inferiori a quelli dei volumi (rispettivamente più 9,2 per cento e più 10,8 per cento), ma queste variazioni risultano entrambe superiori a quelle corrispondenti delle esportazioni. La ripresa economica globale ha ridato fi ato alle esportazioni, ma ha determinato un sostanziale incremento del valore della componente riferita alle materie prime delle importazioni, sia per effetto della risalita dei prezzi di queste voci a livelli prossimi ai massimi del 2008, sia per l’aumento della domanda derivante dalla sia pur moderata ripresa dell’attività economica in Italia. Mentre le importazioni hanno raggiunto valori prossimi a quelli del 2008, le esportazioni non hanno mostrato la stessa capacità di recupero (fi g. 1.2.2). Il defi cit commerciale (19,2 miliardi di euro) è risultato notevolmente più ampio di quello del corrispondente periodo del 2009 (4,1 miliardi di euro). Esso deriva per quasi 3,3 miliardi dal defi cit con i paesi dell’Unione europea e per circa 16,0 miliardi di euro da quello con i paesi non appartenenti alla Ue. In particolare, da gennaio a

settembre, la dinamica del commercio globale dei soli prodotti delle attività manifatturiere è risultata sostanzialmente in linea con quella del complesso del commercio. L’aumento delle esportazioni (+15,0 per cento) è risultato sensibilmente inferiore a quella delle importazioni (+20,7 per cento). Il saldo positivo per l’Italia si è ridotto ancora, scendendo a 30.164 milioni di euro. La maggiore incertezza sulla solidità della ripresa internazionale si sono rifl esse nelle previsioni per le quali dopo la ripresa nel 2010, dovremmo assistere ad un rallentamento della dinamica del commercio estero nei dodici mesi succesivi. In termini reali, nel 2010 le importazioni di beni e servizi dovrebbero aumentare tra il 5,5 e il 6,8 per cento e le esportazioni tra il 6,8 e il 7,9 per cento. Nel 2011, il rallentamento del commercio mondiale dovrebbe limitare la crescita delle esportazioni tra il 2,2 e il 6,7 per cento, mentre la più lenta ripresa dell’attività econimica in Italia nazionale dovrebbe contenere l’aumento delle importazioni tra l’1,2 e il 4,8 per cento. Su questa linea erano anche le indicazioni di settembre del Governo di un aumento delle esportazioni (7,1 per cento) superiore a quello delle importazioni (+5,9 per cento) nel 2010 e di un rallentamento della crescita nel 2011, al 3,4 per cento per le importazioni e al 4,8 per cento per le esportazioni. Per le sole merci, a prezzi costanti, secondo Prometeia, le esportazioni dovrebbero aumentare del 7,9 per cento nel 2010, di contro ad un

Tab. 1.2.1. Previsioni per l’economia italiana effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo diversa indicazione. 2010

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Ocsenov-09

Ref.Irsott-10

Ocsenov-10

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Prodotto interno lordo 1,2 1,0 1,1 1,0 1,1 1,0Importazioni 5,9 n.d. 5,5 6,6 6,8 6,4Esportazioni 7,1 n.d. 6,8 7,9 7,9 7,8Domanda interna 0,6 0,4 0,7 0,0 0,7Consumi delle famiglie 0,5 0,7 0,1 0,4 0,4 0,4Consumi collettivi 0,3 0,2 0,3 -0,3 -0,4 -0,3Investimenti fi ssi lordi 2,2 2,2 1,5 2,0 2,4 1,4- macc. attrez. mezzi trasp. 7,5 n.d. 6,6 -19,0 9,5 [6] 6,9- costruzioni -2,5 n.d. -3,0 -6,7 -2,8 -3,3Occupazione [a] -1,5 -0,7 -1,6 n.d. -1,4 -1,8Disoccupazione [b] 8,7 8,7 n.d. 8,6 8,4 8,5Prezzi al consumo 1,6 [2] 1,6 1,5 1,5 1,6 [1] 1,6Saldo c. cor. Bil Pag [c] -3,6 -2,9 -3,4 -3,3 -3,2 -3,3Avanzo primario [c] -0,3 -0,8 -0,6 n.d. -0,4 -0,8Indebitamento A. P. [c] 5,0 5,1 5,3 5,0 5,0 5,2Debito A. Pubblica [c] 118,5 118,4 119,1 n.d. 118,9 119,2

[a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di infl azione armonizzato Ue. [2] Defl atto-re dei consumi privati. [3] Programmata. [4] Saldo conto corrente e conto capitale (in % del Pil). [5] Saldo commerciale (in % del Pil). [6] Investment in equipment.

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incremento del 6,3 per cento delle importazioni. Per l’istituto bolognese la tendenza alla ripresa dovrebbe affi evolirsi nel 2011, tanto che la crescita delle vendite all’estero (4,5 per cento) dovrebbe risultare solo di poco più ampia dell’aumento degli acquisti dall’estero (4,2 per cento). Occorre soffermarsi su un aspetto particolare. I modelli di previsione ipotizzano una crescita delle esportazioni più rapida di quella delle importazioni, cioè un positivo effetto di traino sull’economia italiana da parte della ripresa internazionale. I dati di consuntivo hanno però mostrato qualcosa di diverso: anche una bassa crescita interna, ampiamente inferiore a quella dei paesi dell’europa centrale e dei nostri principali partner commerciali, determina una crescita delle importazioni superiore a quella delle esportazioni e un incremento del disavanzo commerciale. Ciò pare suggerire che sia in corso una profonda crisi del nostro sistema produttivo e del nostro modello di sviluppo.

InvestimentiSecondo i dati dei conti economici trimestrali gli investimenti hanno fatto registrare un lieve aumento dell’1,1 per cento in termini reali tra gennaio e giugno di quest’anno rispeto allo stesso periodo del 2009. Sulla scia della ripresa produttiva, gli investimenti in macchinari e attrezzature hanno segnato una buona ripresa (+7,6 per cento). Hanno invece tratto minore vantaggio dalla congiuntura positiva quelli destinati all’acquisto di mezzi di trasporto (+4,7 per cento). Infi ne, una nuova riduzione della spesa per investimenti in costruzioni (-3,9 per cento) ha rifl esso la fase di profonda crisi del settore. Le simulazioni confermano i rifl essi della debole fase di ripresa sulla spesa per investimenti. Per l’anno

in corso gli investimenti fi ssi lordi in termini reali dovrebbero aumentare solamente tra l’1,4 e il 2,4 per cento. L’andamento dovrebbe risultare positivo per gli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto, con un incremento compreso tra il 6,6 e il 9,5 per cento, e ancora negativo per gli investimenti in costruzioni, in diminuzione tra -3,3 e -2,8 per cento. Il rallentamento della crescita atteso per il 2011 dovrebbe rifl ettersi anche sul ciclo degli investimenti che dovrebbero aumentare in misura lievemente minore, tra l’1,3 e il 2,2 per cento. Si assisterà ad una decelerazione sia della crescita degli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto (tra +3,2 e +4,0 per cento), sia della riduzione di quelli in costruzioni, con variazioni comprese tra -1,3 e +0,1 per cento. Secondo la Decisione di fi nanza pubblica, Dfp, di settembre, l’aumento degli investimenti fi ssi lordi reali per l’anno in corso dovrebbe risultare del 2,2 per cento, ma nelle attese del Governo si prospetta un incremento del 2,5 per cento per il 2011.Banca d’Italia ha condotto tra il 20 settembre e la prima metà di ottobre, l’usuale sondaggio congiunturale sulle imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi privati non fi nanziari, con almeno 20 addetti. Dal sondaggio risulta che le imprese restano caute sui propri piani d’investimento: oltre il 60 per cento di esse ritiene, infatti, che per il complesso del 2010 la spesa risulterà sostanzialmente in linea con il programma, già ridimensionato, dell’inizio dell’anno. Tra le altre imprese sono più numerose quelle che hanno segnalato una spesa inferiore a quanto pianifi cato, in particolare quelle con almeno 200 addetti. Per il 2011 quasi l’80 per cento degli operatori non prevede un’accelerazione dell’accumulazione rispetto all’anno in corso. Il saldo

Fig. 1.2.2. Esportazioni ed importazioni, milioni di euro a valori correnti, agosto 2008 – settembre 2010

Esportazioni

m.m. a tre termini

Importazioni

destagionalizzati

Fonte Istat

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tra le percentuali di attese di incremento e quelle di diminuzione è sostanzialmente nullo (era negativo per circa sei punti percentuali nella rilevazione del 2009).

Consumi delle famiglieSulla base dei dati dei conti economici trimestrali, a valori concatenati, destagionalizzati e corretti per i giorni lavorativi, i consumi delle famiglie hanno messo a segno un leggero recupero (+0,7 per cento) nella prima metà dell’anno, anche se hanno mostrato una dinamica inferiore a quella del prodotto interno lordo. Anche le previsioni confermano lo scarso sostegno che i consumi dovrebbero fornire alla crescita per l’anno in corso, con aumenti stimati tra lo 0,1 e lo 0,7 per cento. Per il 2011 si stima una crescita leggermente superiore, compresa tra lo 0,3 e l’1,2 per cento, che potrebbe realizzarsi solo nel caso di un alleggerimento della grave situazione nel mercato del lavoro. Prudenti anche le indicazioni del Governo sulla dinamica dei consumi stimati in crescita dello 0,5 per cento per l’anno in corso e dello 0,8 per cento per il 2011.L’indice Isae del clima di fi ducia dei consumatori ha seguito una tendenza negativa da gennaio ad agosto, che si è invertita a settembre, per tornare a novembre in prossimità dei livelli di febbraio. L’indice comunque ha raggiunto i livelli prevalenti tra il 2006 e il 2007, già sperimentati nel 1997. Restano lontani i livelli del periodo 1998-2002 (fi g. 1.2.3). La media dell’indice, nei primi undici mesi del 2010, si è

infatti collocata a quota 106,9 un livello leggermente inferiore rispetto al valore di 107,2 riferito allo stesso periodo dello scorso anno.

1.2.2. La fi nanza pubblica

La fi nanza pubblica continua ad essere uno dei nodi più critici del sistema Italia, soprattutto a causa della dimensione abnorme del debito pubblico, la cui consistenza a fi ne settembre è arrivata alla nuova cifra record di 1.844.817 milioni di euro. Infatti l’elevato debito pubblico espone a gravi rischi il paese nel caso di un innalzamento dei tassi d’interesse nazionali o a livello europeo, che non sia accompagnato da un’adeguata ripresa dell’attività economica a livello nazionale. In queste condizioni potrebbe venirsi a determinare un aumento della spesa per interessi destabilizzante per il rapporto tra debito e Pil.In merito occorre ricordare che lo spread, ovvero la differenza tra i tassi di rendimento, dei titoli decennali italiani rispetto a quelli tedeschi era pari a 40 punti base prima della crisi ed è andato progressivamente aumentando tanto che ha raggiunto e superato i 200 punti base, pari a 2 punti percentuali, a fi ne novembre, per la prima volta dal 1998.Secondo quanto prospettato nella Decisione di fi nanza pubblica, nel 2010 il debito pubblico è destinato a salire al 118,5 per cento del Pil rispetto al 115,9 per cento dell’anno precedente. Come sottolineato dal Governo, tra le cause del

Tab. 1.2.2. Previsioni per l’economia italiana effettuate negli ultimi mesi, variazioni percentuali annue a prezzi costanti salvo diversa indicazione. 2011

Governoset-10

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Ref.Irsott-10

Ocsenov-10

Ue Com.nov-10

Prometeiaott-09

Prodotto interno lordo 1,3 1,0 0,7 1,3 1,1 0,8Importazioni 3,4 n.d. 1,2 3,7 4,3 4,8Esportazioni 4,8 n.d. 2,2 6,7 5,6 5,3Domanda interna 1,1 0,4 0,6 0,0 0,8Consumi delle famiglie 0,8 1,2 0,3 0,6 0,9 0,7Consumi collettivi -0,1 -1,4 0,0 0,1 0,0 -0,3Investimenti fi ssi lordi 2,5 2,2 1,3 1,5 1,6 1,9- macc. attrez. mezzi trasp. 4,1 n.d. 3,8 0,8 3,2 [6] 4,0- costruzioni 0,8 n.d. -1,3 0,4 0,1 -0,7Occupazione [a] 0,7 0,4 -0,2 n.d. 0,4 0,2Disoccupazione [b] 8,7 8,6 n.d. 8,5 8,3 9,3Prezzi al consumo 1,8 [2] 1,7 1,6 1,4 1,8 [1] 1,4Saldo c. cor. Bil Pag [c] -3,2 -2,7 -2,9 -2,8 -2,7 -2,8Avanzo primario [c] 0,8 0,4 0,1 n.d. 0,5 0,4Indebitamento A. P. [c] 3,9 4,3 4,8 3,9 4,3 4,4Debito A. Pubblica [c] 119,2 119,7 121,3 n.d. 120,2 119,2

[a] Unità di lavoro standard. [b] Tasso percentuale. [c] Percentuale sul Pil. [1] Tasso di infl azione armonizzato Ue. [2] Defl atto-re dei consumi privati. [3] Programmata. [4] Saldo conto corrente e conto capitale (in % del Pil). [5] Saldo commerciale (in % del Pil). [6] Investment in equipment.

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peggioramento ci sono le maggiori emissioni che si sono rese necessarie per fi nanziare il contributo italiano alla Grecia sull’orlo del default, che ha di fatto neutralizzato il miglioramento del fabbisogno. Sotto questo aspetto, l’incidenza dell’indebitamento netto della Pubblica amministrazione sul Pil dovrebbe attestarsi al 5,0 per cento, in leggero miglioramento rispetto al rapporto del 5,3 per cento registrato nel 2009, ma ben oltre il limite del 3,0 per cento previsto dal trattato di Maastricht. I dati parziali divulgati da Banca d’Italia confermano questa tendenza. Il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche è ammontato, nei primi nove mesi del 2010, a circa 66 miliardi e mezzo di euro, in diminuzione rispetto ai 72 miliardi e 594 milioni dello stesso periodo del 2009. Per quanto concerne i fl ussi di spesa delle Amministrazioni pubbliche, il 2010 recherà un peggioramento. Le spese fi nali sono state previste in 807 miliardi e 653 milioni di euro, un ammontare superiore rispetto a quanto preventivato in sede di Relazione unifi cata oltre che in aumento rispetto ai 798 miliardi e 854 milioni del 2009. Le sole spese correnti, compresi gli interessi passivi, ammonteranno a 748 miliardi e 214 milioni di euro contro i circa 733 miliardi del 2009. All’appesantimento della spesa pubblica ha fatto da contraltare una ripresa delle entrate, che dovrebbero risultare superiori (quasi 3 miliardi in più) rispetto a quanto previsto nello scorso maggio. Nella Decisione di fi nanza pubblica sono attese a quota 730 miliardi e 528 milioni di euro, rispetto

ai circa 718 miliardi del 2009. Le entrate tributarie, in particolare quelle indirette, benefi ceranno della ripresa del ciclo economico, arrivando a 447 miliardi e 786 milioni di euro, vale a dire circa 6 miliardi in più rispetto al 2009. Nonostante l’aumento delle entrate la pressione fi scale è destinata a scendere rispetto al 2009, passando dal 43,2 per cento al 42,8 per cento, mentre il saldo primario, pur rimanendo negativo (-0,3 per cento sul Pil), dovrebbe risultare in leggero miglioramento rispetto al 2009, quando si era attestato a -0,6 per cento). E’ da sottolineare che questa variabile non presentava valori negativi dal 1991.Relativamente alla fi nanza pubblica le previsioni sono concordi nel prospettare un’evoluzione verso un quadro di potenziale destabilizzazione del rapporto tra debito pubblico e Pil. Questo rapporto costituisce non solo un enorme vincolo per l’operare della politica economica del Governo, ma un fattore di rischio elevato a fronte di un possibile aumento dell’onere del fi nanziamento del debito o di una crisi di fi ducia nella sostenibilitá del debito da parte degli investitori internazionali. Nella migliore delle ipotesi gli effetti di una necessaria politica di rientro graveranno a lungo sulla crescita del paese. Secondo le stime, l’avanzo primario dovrebbe risultare anche quest’anno negativo e compreso tra -0,8 e -0,4 per cento del Pil. Nonostante la debole ripresa attesa per il 2011, per fare fronte alle necessità di risanamento dei conti pubblici, le previsioni ne indicano il ritorno su valori positivi nel corso del prossimo anno, quando dovrebbe risultare compreso tra lo 0,1 e lo 0,5 per cento del Pil. Il rapporto tra indebitamento netto della A.P. e Pil risulterà ancora particolarmente elevato per il 2010, compreso tra il 5,0 e il 5,3 per cento, ma si ridurrà nel 2011, su valori compresi tra il 3,9 e il 4,8 per cento. Nelle stime, il rapporto tra debito della Pubblica amministrazione e Pil dovrebbe risultare su livelli compresi tra 118,4 e 119,2 per cento a fi ne 2010 e peggiorare ulteriormente nel 2011 verso livelli compresi tra il 119,7 e 121,3 per cento.

1.2.3. I prezzi

Prezzi delle materie primeLa crisi ha spezzato la forte tensione sui prezzi delle materie prime registrata tra giugno e dicembre del 2008. La ripresa ha successivamente riproposto il tema degli effetti sui prezzi della forte domanda di materie prime da parte dei paesi emergenti, prima gradualmente e poi con più netta progressione. Le quotazioni dei metalli e di molte materie prime agricole sono su livelli massimi assoluti o molto prossime ad essi. Solo il petrolio è ancora relativamente lontano dai massimi di giugno 2008. L’elevata tensione caratterizzerà a lungo i mercati

Fig, 1.2.3. Clima di fi ducia dei consumatori, indice destagionalizzato, base 1980=100

Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso i consumatori.

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delle materie prime, nonostante ci si possano attendere anche rapide inversioni della tendenza nel caso si verifi cassero rallentamenti nella crescita dei paesi emergenti. L’indice generale Confi ndustria in dollari, ponderato con le quote del commercio mondiale, è salito del 31,0 per cento tra gennaio e settembre, rispetto allo stesso periodo del 2009. Lo scorso anno l’indice era sceso del 30,7 per cento. Tra gennaio 2002 e settembre 2010 l’indice è aumentato del 254,6 per cento. L’indice generale Confi ndustria in euro, ponderato con le quote del commercio italiano, ha rilevato un aumento del 37,9 per cento nella media dei primi nove mesi del 2010, sullo stesso periodo del 2009, dopo che lo scorso anno si era registrato una diminuzione del 27,3 per cento. Tra gennaio 2002 e settembre 2010 l’incremento dell’indice è comunque stato pari al 116,8 per cento. L’euro forte ha svolto un importante ruolo nel contenere l’onere e la dinamica di questi fattori di costo a vantaggio dell’industria nazionale.

Prezzi alla produzione Tra gennaio e ottobre, la dinamica dell’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali (Istat) ha segnato un incremento del 2,7 per cento. Le variazioni tendenziali mensili dell’indice hanno assunto un segno positivo a partire da febbraio e un’ampiezza sensibile (tra il 3 e il 4 per cento) da marzo a ottobre. L’andamento dell’indice è stato determinato dai prezzi dell’energia (+10,3 per cento) e dei beni intermedi (+3,1 per cento), mentre i prezzi dei beni di consumo sono saliti solo leggermente (+0,4 per cento) e quelli dei beni fi nali strumentali si sono lievemente ridotti (-0,1 per cento), a testimonianza della debole fase congiunturale. L’indice relativo ai prezzi dei prodotti venduti sul mercato interno ha registrato un’aumento tendenziale del 2,8 per cento, mentre per i beni venduti sul mercato estero l’indice è salito del 2,5 per cento in termini tendenziali. Nello stesso periodo, l’indice dei soli prodotti manufatti ha registrato un incremento del 3,1 per cento. Secondo le previsioni di ottobre di Prometeia, la dinamica dell’indice generale dei prezzi alla produzione, pari a -5,4 per cento nel 2009, ritornerà positiva nel 2010, pari a +3,1 per cento, quindi tenderà a stabilizzarsi nel 2011, attorno a +1,1 per cento. La variazione dell’indice dei prezzi dei soli manufatti non alimentari, dopo la diminuzione del 2,6 per cento dello scorso anno, dovrebbe risultare in aumento quest’anno del 2,0 per cento, per poi crescere l’anno prossimo solo dello 0,8 per cento, con il rallentamento della ripresa.

Prezzi al consumoA fi ne 2009, l’andamento dei prezzi al consumo, compresi i tabacchi, aveva fatto segnare un’aumento

dello 0,8 per cento sia per l’indice generale per l’intera collettività nazionale (NIC), sia per l’indice generale armonizzato Ue (IPCA) e dello 0,7 per cento per l’indice generale per le famiglie di operai e impiegati (FOI). L’accelerazione della dinamica dei prezzi si è avviata negli ultimi due mesi dello scorso anno ed è stata pressoché continua nel corso del 2010. Nei primi dieci mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la variazioni dell’indice riferito alle famiglie di operai e impiegati è stata dell’1,5 per cento. Tra gennaio e novembre gli indici riferiti alla collettività nazionale e quello armonizzato Ue hanno fatto segnare rispettivamente aumenti dell’1,5 per cento e dell’1,6 per cento. Secondo il Governo, l’infl azione media annua, misurata dal defl atore dei consumi, dovrebbe risultare pari all’1,6 per cento nel 2010 e risalire all’1,8 per cento nel 2011. Le previsioni degli istituti di ricerca e degli enti internazionali non sono sostanzialmente difformi. Nel 2010, la crescita dei prezzi al consumo dovrebbe essere compresa tra l’1,5 e l’1,6 per cento. Il rallentamento della ripresa mondiale previsto per il 2011 dovrebbe contenere l’ulteriore accelerazione dell’infl azione e la dinamica dei prezzi resterà contenuta tra l’1,4 e l’1,8 per cento. 1.2.4. I tassi di interesse e il credito

CreditoLa più grave crisi economica dal dopoguerra, innescata dall’insolvenza dei mutui ad alto rischio statunitensi, ha interessato il sistema bancario italiano in misura meno accentuata rispetto a quello di altri paesi. L’acuirsi delle diffi coltà fi nanziarie di famiglie e imprese ha causato una rapida espansione degli accantonamenti ai fondi rischi su crediti, oltre al deterioramento della qualità dei portafogli prestiti. Questa situazione ha indotto le banche ad una particolare cautela nell’erogazione dei crediti e a una maggiore richiesta di garanzie, soprattutto nei confronti delle imprese di più piccole dimensioni. Dopo avere toccato un minimo ad inizio anno, la dinamica del credito non si è ancora adeguatamente ripresa. Secondo Banca d’Italia, in agosto la crescita sui dodici mesi dei prestiti bancari al settore privato non fi nanziario è salita leggermente, all’1,8 per cento (fi g. 1.2.4). Permangono differenze tra le diverse categorie dimensionali di banche: il credito erogato dai primi cinque gruppi italiani (al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine) è diminuito in agosto dell’1,1 per cento rispetto allo stesso mese del 2009; quello concesso dalle altre banche ha continuato a crescere (3,3 per cento).Come per lo scorso anno, la dinamica dei prestiti bancari è riconducibile sia agli effetti sulla domanda

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della diffi cile congiuntura economica, sia a condizioni di offerta che permangono restrittive. Le banche italiane partecipanti all’indagine sul credito bancario dell’Eurosistema (Bank Lending Survey) hanno segnalato che i criteri adottati per la concessione dei prestiti sarebbero rimasti invariati. Solo i criteri di erogazione del credito al consumo e degli altri prestiti alle famiglie avrebbero invece registrato una moderata restrizione, rifl ettendo soprattutto valutazioni meno favorevoli delle banche riguardo al merito di credito dei consumatori. Le indagini presso le imprese hanno segnalato ancora diffi coltà di accesso al credito. Dal lato della raccolta, gli intermediari hanno segnalato il peggioramento delle condizioni di accesso al fi nanziamento all’ingrosso, in particolare nel mercato monetario con scadenze superiori alla settimana e in quello dei titoli di debito. I tassi d’interesse bancari hanno continuato

a ridursi, sostanzialmente in linea con gli andamenti osservati nell’insieme dell’area dell’euro. I tassi medi sui nuovi fi nanziamenti a breve scadenza sono scesi lievemente. I tassi praticati sui prestiti a breve termine alle imprese, inclusi quelli in conto corrente, sono risultati pari al 3,5 per cento. Con riferimento ai nuovi mutui alle famiglie, il costo di quelli a tasso fi sso ha registrato variazioni molto contenute, attestandosi al 4,4 per cento; quello dei mutui a tasso variabile è al 2,4 per cento.È rimasta bassa la qualità del credito. Nel secondo trimestre del 2010 il fl usso di nuove sofferenze rettifi cate in rapporto ai prestiti si è ridotto all’1,7 per cento, dal 2,0 del trimestre precedente, al netto dei fattori stagionali e in ragione d’anno, rimanendo elevato se confrontato con il livello medio del biennio 2007-08 (1,1 per cento).Ad agosto la crescita sui dodici mesi della raccolta complessiva delle banche italiane, tra depositi, buoni fruttiferi, certifi cati di deposito, conti correnti, pronti contro termine passivi e assegni circolari, è risultata appena positiva (0,1 per cento). Le emissioni obbligazionarie si sono ridotte (-1,0 per cento) mentre è proseguita la crescita dei depositi dei residenti, sebbene a un ritmo più moderato (2,1 per cento). Tra questi ultimi, l’espansione dei conti correnti, benché ancora sostenuta dal basso livello dei tassi sulle attività alternative, è diminuita marcatamente, al 4,7 per cento.Nel primo semestre del 2010, secondo le relazioni consolidate dei primi cinque gruppi bancari italiani, la redditività ha continuato a ridursi. Il rendimento del capitale e delle riserve (ROE), valutato su base annua, è sceso al 4 per cento, circa un punto percentuale in meno rispetto a un anno prima. Gli accantonamenti e le rettifi che per il deterioramento dei crediti si sono ridotte del 13 per cento. Al netto delle imposte, gli utili sono diminuiti dell’8 per cento.É proseguito l’incremento dei coeffi cienti patrimoniali dei cinque maggiori gruppi bancari che si era avviato nel 2009. A giugno il coeffi ciente relativo al patrimonio di migliore qualità (core tier 1 ratio) ha raggiunto il 7,7 per cento, era il 7,2 a fi ne 2009; i coeffi cienti relativi al patrimonio di base (tier 1 ratio) e alle risorse patrimoniali complessive (total capital ratio) sono saliti, rispettivamente, all’8,8 per cento (dall’8,3) e al 12,2 per cento (dall’11,8).

Tassi di mercatoSecondo Prometeia, il tasso sui Bot a tre mesi scenderà dallo 0,8 per cento del 2009 allo 0,7 per cento del 2010 e dovrebbe risalire leggermente all’1,0 per cento per il 2011. Il tasso medio sugli impieghi bancari, dovrebbe passare dal 4,8 per cento del 2009 al 4,0 per cento nel 2010, ma poi risalie in parte sino al 4,4 per cento nel 2011.I tassi di politica monetaria dovrebbero rimanere

Fig. 1.2.4. Prestiti bancari al settore privato non fi nanziario (1) dati mensili; variazioni percentuali)

(1) Le variazioni percentuali sono calcolate al netto di riclassifi cazioni, variazioni del cambio, aggiustamenti di valore e altre variazioni non derivanti da transazioni. I prestiti includono anche una stima di quelli non rilevati nei bilanci bancari in quanto cartolarizzati. – (2) I dati sono depurati della componente stagionale, quando presente.Fonte: Banca d’Italia.

Fig. 1.2.5. Tassi di interesse bancari a breve termine (1)(dati mensili; valori percentuali)

(1) I tassi sui prestiti e sui depositi si riferiscono a operazioni in euro e sono raccolti ed elaborati secondo la metodologia armonizzata dell’Eurosistema. – (2) Tasso medio sui prestiti alle famiglie e alle imprese con scadenza non superiore a un anno. – (3) Tasso medio sui depositi in conto corrente di famiglie e imprese.Fonte: Banca d’Italia e BCE.

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invariati sino alla fi ne del 2011, i mercati si attendono la prosecuzione della ripresa dei tassi a breve termine nei primi mesi del prossimo anno, con un aumento più marcato nella seconda metà dell’anno, quando dovrebbero portarsi attorno all’1,30-1,40 per cento. I rendimenti dei titoli governativi a 10 anni dovrebbero avviare un lieve trend crescente dai primi mesi del prossimo anno.

1.2.5. Il mercato del lavoro

Forza lavoro, occupazione, disoccupazioneLa ripresa internazionale non ha determinato una svolta in positivo per le condizioni del mercato del lavoro. Secondo l’indagine Istat, tra gennaio e ottobre, rispetto all’analogo periodo del 2009, l’offerta di lavoro è rimasta sostanzialmente invariata (+11 mila unità), le forze di lavoro sono salite a quota 25 milioni 3 mila unità. Il tasso di attività della popolazione da 15 a 64 anni è sceso leggermente, passando da 62,5 a 62,3 per cento. È in particolare questa diminuzione dell’offerta che testimonia la diffi cile condizione del mercato del lavoro. Gli occupati sono risultati in media 22 milioni 908 mila, 160 mila unità in meno, pari ad un decremento tendenziale dello 0,7 per cento. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni si è ridotto di 0,6 punti rispetto a un anno prima, risultando pari al 57,0 per cento. La diffi cile condizione del mercato del lavoro si è rifl essa in un ulteriore limitato aumento delle persone in cerca di occupazione (+8,8 per cento, pari a 170 mila unità), che ha portato il totale a quota 2 milioni 95 mila. Il tasso disoccupazione è quindi salito dal 7,7 per cento all’8,4 per cento.Nel solo primo semestre, la riduzione tendenziale dell’occupazione era stata dello 0,9 per cento, derivante da variazioni contrapposte nei macrosettori: in aumento nell’agricoltura (+1,8 per cento), nelle costruzioni (+0,6 per cento) e nei servizi (+0,6 per cento), a fronte della forte diminuzione nell’industria in senso stretto (-5,5 per cento). Il calo dell’occupazione è stato sostanzialmente determinato dalla diminuzione delle posizioni lavorative dipendenti, scese di 424 mila unità (-1,2 per cento), certamente limitato grazie all’impiego della cassa integrazione guadagni, mentre quelle indipendenti hanno registrato un marginale incremento (+0,2 per cento, pari a 20 mila unità).Le previsioni prospettano per il 2010 una nuova fl essione dell’occupazione (intesa come impiego effetivo di lavoro nel processo produttivo, espresso in unità di lavoro standard) compresa tra -1,8 e -0,7 per cento. Il rallentamento della ripresa atteso per il 2011 non depone a favore del mercato del lavoro e l’andamento dell’occupazione dovrebbe determinare

variazioni stimate tra -0,2 e +0,4 per cento. Il tasso di disoccupazione nel 2010 salirà a livelli compresi tra l’8,4 e l’8,7 per cento, per aumentare ancora nel 2011 a valori tra l’8,3 e il 9,3 per cento. Le indicazioni elaborate dal Governo a settembre sono per una diminuzione dell’occupazione dell’1,5 per cento per l’anno in corso e un suo aumento dello 0,7 per cento nel 2011, tanto da mantenre stabile il tasso di disoccupazione all’8,7 per cento, sia nel 2010, sia nel 2011.Nei primi nove mesi del 2010, in media, l’occupazione nelle grandi imprese ha subito un calo dell’1,8 per cento al lordo della Cig e dell’1,0 per cento al netto della Cig, rispetto allo stesso periodo del 2009. L’anno in corso ha mostrato una minore divergenza delle variazioni dell’occupazione nell’industria e nel settore dei servizi. Nell’industria l’occupazione al lordo della Cig si è ridotta del 2,5 per cento, ma al netto della Cig la diminuzione è stata di solo lo 0,6 per cento. Nei servizi, la variazione è stata di -1,4 per cento al lordo della Cig. e di -1,3 per cento al netto della stessa.Nonostante la condizione negativa del mercato del lavoro, nel periodo gennaio-ottobre 2010, le retribuzioni orarie contrattuali hanno messo a segno un aumento del 2,2 per cento rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente.

Cassa integrazione guadagni Le indicazioni giunte dalla cassa integrazione guadagni appaiono decisamente negative. Nella valutazione dei dati occorre ricordare che, come tutti gli indicatori del mercato del lavoro, la Cig rifl ette l’andamento del ciclo economico con un certo ritardo e risente di tempi amministrativi. I dati dell’ocupazione non hanno ancora pienamente rifl esso la pesantezza della crisi per effetto del massiccio ricorso alla cassa integrazione guadagni, che nei primi dieci mesi del 2010 è arrivata a superare il miliardo di ore autorizzate, con un incremento del 44,2 per cento rispetto al già abnorme totale riferito all’analogo periodo del 2009 (fi g. 1.2.6).In particolare da gennaio ad ottobre 2010, le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni ordinaria, di matrice prevalentemente anticongiunturale, sono risultate quasi 299,6 milioni, in diminuzione del 36,9 per cento. La diminuzione rilevata pare rifl ettere un minimo di ripresa dell’attività, ma soprattutto il raggiungimento dei termini massimi applicabili alla Cig ordinaria. I dati sono comunque eccezionali, pur se inferiori ai valori dello scorso anno, e non trovano riscontro nel passato. Sono avvicinati solo dagli oltre 229 milioni di ore autorizzate nel 1983 e dagli oltre 240 milioni di ore autorizzate nel 1993, anche se, per un confronto corretto, occorre considerare che i cambiamenti della normativa intercorsi hanno

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notevolmente ampliato i soggetti per cui può essere richiesta l’autorizzazione. Le ore autorizzate per interventi straordinari, non in deroga, concesse per stati di crisi aziendale oppure per ristrutturazioni, sono risultate quasi 406,7 milioni, con un aumento del 159,6 per cento rispetto ai primi dieci mesi del 2009. Nonostante il fenomeno sia in aumento la sua ampiezza è risultata anch’essa limitata dal raggiungimento dei termini massimi applicabili, come per le autorizzazioni ordinarie. Il raggiungimento dei termini massimi applicabili previsti dalle norme per la Cig strordinaria si è rifl esso, infatti, nel notevole aumento del ricorso alla cassa integrazione in deroga. Le ore autorizzate nei primi dieci mesi sono risultate oltre 320,2 milioni, in aumento del 295,9 rispetto ai quasi 80,9 milioni di ore dello stesso periodo dello scorso anno.Anche per la cassa integrazione straordinaria e in deroga si tratta di valori assoluti quasi senza senza precedenti. Tenuto conto delle variazioni della normativa intercorse, il raffronto non è più possibile con gli oltre 250 milioni di ore autorizzate nel 1993 e nel 1994, ma deve essere fatto con i livelli toccati nel periodo dal 1981 al 1988, che andarono da minimi di oltre 310 milioni sino ad un picco di 548 milioni di ore nel 1984. Il perdurare della crisi potrebbe portarci ben oltre tali livelli nel corso del 2011. Qual’ora non si facesse un più ampio ricorso alle autorizzazioni in deroga si avrebbero massicce espulsioni di forza lavoro e un notevole aumento del tasso di disoccupazione. Questi fenomeni non potranno comunque essere evitati se la ripresa non si consoliderà.

2.2.6. I settori

IndustriaIl crollo dell’attività industriale che si è verifi cato dalla seconda metà del 2008 non ha eguali nel passato. A causa della debolezza della ripresa dell’attività in

corso, il livello della produzione industriale rimarrà per lungo tempo inferiore a quello precedente la crisi. Anche nel caso vada lentamente consolidandosi una ripresa dell’attività economica complessiva, si determinerà, probabilmente, un ridimensionamento dell’importanza del settore industriale, non solo in termini relativi, ma in termini assoluti, con pesanti ripercussioni in termini di valore aggiunto, ma più ancora di riduzione della struttura industriale e dell’occupazione. L’esperienza delle recessioni del 1981 e del 1992, meno profonde dell’attuale, mostra quali possono essere gli effetti in termini di processi di ristrutturazione delle imprese, riallocazione dei processi produttivi e degli addetti tra settori e aree del paese e a livello globale. A ciò si aggiunga che le diffi coltà del sistema creditizio, ad ora tutt’altro che risolte, potrebbero avere pesanti ripercussioni negli anni a venire sulle imprese industriali. Ne potrebbero risentire particolarmente soprattutto le piccole e medie imprese che hanno fatto da sempre particolare affi damento al credito come fonte di capitale e che non hanno, e diffi cilmente potranno avere, accesso diretto al mercato del credito, come fonte alternativa di fi nanziamento.Nei primi nove mesi del 2009, l’indice grezzo del fatturato dell’industria ha registrato un incremento del 9,7 per cento, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, variazione che risulta del 9,3 per cento per l’indice corretto per gli effetti di calendario. La ripresa è stata di minore ampiezza per il fatturato realizzato sul mercato nazionale (+7,4 per cento) e maggiore per quello derivante dai mercati esteri (+15,3 per cento). La ripresa si è confermata trainata dalle esportazioni e ha avvantaggiato soprattutto i settori industriali maggiormente orientati ai mercati internazionali. Restano ben lontano i valori massimi dell’indice toccati all’inizio del 2008 (fi g. 1.2.7). Nello stesso periodo, il fatturato del solo settore manifatturiero ha fatto segnare un aumento del 9,4 per cento, tenuto conto degli effetti del calendario.In termini congiunturali, l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha fatto segnare variazioni mensili positive durante tutti i primi otto mesi del 2010, ma ha accusato un rallentamento a settembre, in concomitanza con il diffondersi di dubbi sulla solidità della ripresa a livello mondiale e del debito dei paesi periferici dell’area dell’euro. Nei primi nove mesi del 2010, l’indice grezzo della produzione industriale è aumentato del 6,0 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, variazione che si riduce al 5,7 per cento, tenuto conto degli effetti del calendario. Nello stesso periodo l’indice della sola produzione manifatturiera ha registrato un incremento di analoga ampiezza (+6,0 per cento). I segni del passaggio della crisi sono ben evidenti, l’indice della produzione industriale

Fig. 1.2.6. Ore autorizzate di cassa integrazione guadagni ordinaria, straordinaria non in deroga, in deroga (milioni).

Fonte: Inps

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Ordinaria Straordinaria In deroga

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resta molto lontano dai valori massimi dell’indice raggiunti nella primavera del 2008 (fi g. 1.2.8).Sulla base delle previsioni Isae, nel 4° trimestre 2010, l’indice grezzo della produzione industriale dovrebbe registrare un nuovo incremento tendenziale del 4,6

per cento, tale da determinare nel complesso del 2010 un aumento della produzione industriale del 5,6 per cento (fi g. 1.2.8). Prometeia ritiene che il miglioramento della congiuntura internazionale non possa proseguire con questo ritmo e che un rallentamento dell’attività, in particolare nel nostro paese, non permetterà alla produzione industriale di risalire più di un ulteriore 2,3 per cento nel corso del 2011.A due anni dall’avvio della crisi, si conferma la necessità di una rifl essione sulla questione industriale, cioè sulle prospettive di esistenza nel nostro Paese di un ampio e competitivo settore industriale. Si tratta di un fattore chiave che sta alla base delle possibilità crescita dell’attuale modello di sviluppo nazionale. Proprio la dimensione e la competitività del settore industriale sono sempre più in discussione. Ricordiamo ancora che delle numerose cause della questione industriale italiana, molte non dipendono da caratteri specifi ci del settore stesso, ma sono da attribuire ad aspetti afferenti ad altri settori che contribuiscono a defi nire il sistema paese e la sua mancanza di competitività complessiva. L’andamento degli ordini fornisce indicazioni positive sulla prosecuzione nel breve periodo della ripresa, essendo risultato migliore di quello del fatturato. Da gennaio a settembre 2010, l’indice grezzo degli ordini è aumentato in termini tendenziali del 14,1 per cento. Come per il fatturato, anche per gli ordini la crescita è stata più limitata sul mercato nazionale, +9,4 per cento, e più ampia su quelli esteri, +23,2 per cento. Nonostante l’avvio della ripresa, i livelli massimi dell’indice toccati ad inizio 2008 restano ben lontani (fi g. 1.2.9).Il grado di utilizzo degli impianti industriali, secondo quanto risulta dall’inchiesta trimestrale Isae, nella media del periodo da gennaio a settembre, si è ripreso, risalendo a quota 69,7 per cento. L’impiego della capacità produttiva è andato progressivamente aumentando nel corso dell’anno (fi g. 1.2.10). Ancora si può rilevare però che in assenza di una più sostanziale ripresa, il permanere di un grado di utilizzo degli impianti ridotto determinerà effetti negativi non solo sulla programmazione degli investimenti, ma sulla consistenza della struttura industriale.Secondo l’indagine Isae, il clima di fi ducia delle imprese manifatturiere ed estrattive, dopo avere toccato un minimo a marzo 2009 è andato progressivamente e quasi ininterrottamente migliorando sino a novembre di quest’anno. Nonostante ciò, il clima non è ancora dei migliori. L’indice a novembre si colloca a quota 10,6 ben al di sotto dei livelli raggiunti nel 2006 (fi g. 1.2.13).

Costruzioni Come atteso, si conferma ancora negativo il

Fig. 1.2.7. Indice destagionalizzato del fatturato dell’industria. Periodo: settembre 2008 – settembre 2010

Fonte: Istat.

Fig. 1.2.8. Indice destagionalizzato della produzione industriale. Periodo: settembre 2008 - dicembre 2010

Fig. 1.2.9. Indice destagionalizzato degli ordinativi dell’industria. Periodo: settembre 2008 - settembre 2010

Fonte: Istat ed elaborazioni Isae su dati Istat.

Fonte: Istat.

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quadro nel settore delle costruzioni. A partire dal secondo trimestre 2008, la produzione ha registrato variazioni congiunturali di segno negativo ogni trimestre sino al primo dell’anno in corso. Quindi ha invertito la tendenza e nei due trimestri

successivi ha fatto registrare incrementi del 3,0 e del 3,2 per cento, rispettivamente. Ciò nonostante, nel confronto tra i primi tre trimestri del 2010 e il corrispondente periodo del 2009, l’indice corretto per gli effetti di calendario e l’indice grezzo hanno registrato diminuzioni, rispettivamente, del 3,9 e del 3,6 per cento. La caduta registrata dall’inizio della crisi è comunque notevole (fi g. 1.2.11).L’indice destagionalizzato del clima di fi ducia del settore delle costruzioni (Isae) ha toccato un minimo assoluto a febbraio e poi ha mostrato una quasi costante tendenza ascendente nel resto dell’anno, fi no a giungere a novembre a livelli superiori ai massimi dello scorso anno (fi g. 1.2.14). Ciò nonostante da gennaio ad ottobre, in media, l’indice è sceso rispetto allo scorso anno. Considerando le serie componenti l’indice, sono migliorati i giudizi sui piani di costruzione, mentre sono rimasti sostanzialmente stabili i giudizi rifl essi nell’indice delle tendenze della manodopera, nonostante oscillazioni congiunturali più ampie rispetto allo scorso anno. Si tratta dell’indice che esprime il saldo tra il numero di imprenditori che prevedono nei prossimi tre mesi un incremento dell’occupazione presso la propria azienda e quelli che si orientano verso un decremento.

Commercio e serviziNel periodo gennaio-settembre del 2010 il valore delle vendite complessive del commercio, a prezzi correnti, ha registrato un lieve incremento tendenziale, più 0,1 per cento (fi g. 1.2.12). Si tratta di un risultato abbastanza deludente, tenuto conto che la rilevazione avviene ai prezzi correnti e che da gennaio a settembre di quest’anno i prezzi al consumo (Nic), comprensivi dei tabacchi, sono aumentati dell’1,4 per cento. L’analisi delle vendite per forma distributiva conferma il quadro congiunturale negativo del commercio a fronte della debolezza dei consumi. Infatti il risultato complessivo deriva da un aumento dello 0,7 per cento per le imprese della

Fig. 1.2.10. Grado di utilizzo degli impianti e ore lavorate, indice destagionalizzato.

Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese manifatturiere ed estrattive.

Fig. 1.2.11. Indice trimestrale destagionalizzato della produzione nelle costruzioni.Periodo: II trimestre 2005 - II trimestre 2009

Fig. 1.2.12. Indice del valore delle vendite del commercio fi sso al dettaglio (2005=100). Periodo: settembre 2008 - settembre 2010

Variazioni percentuali tendenziali Indice

Fonte: Istat.

Fonte: Istat

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grande distribuzione e da una diminuzione dello 0,3 per cento per le imprese operanti su piccole superfi ci. Nello stesso periodo, considerando i macro gruppi di prodotto, risulta che le vendite di prodotti alimentari sono diminuite dello 0,4 per cento e quelle di prodotti non alimentari sono aumentate dello 0,3 per cento.Il clima di fi ducia delle imprese del commercio (Isae) si è mantenuto sui livelli massimi dell’anno, nei primi mesi del 2010, ed ha succesivamente avviato una tendenza cedente che lo ha condotto sui minimi ad agosto. Da allora ha iniziato una nuova ripresa (fi g. 1.2.15). Nei primi undici mesi del 2010 la media dell’indice è comunque migliorata rispetto allo stesso perido dello scorso anno. Esaminando le serie che entrano nella defi nizione del clima di fi ducia, nella media del periodo, sono migliorati i giudizi relativi all’andamento corrente degli affari, le aspettative espresse nei giudizi sulle attese del volume futuro delle vendite, mentre solo le valutazioni relative ad un eccesso delle giacenze sono in aumento.

Il clima di fi ducia dei servizi di mercato ha mostrato segni di debolezza nel corso della tarda primavera, facendo toccare all’indice un minimo a maggio, il clima è poi migliorato e l’indice è giunto a novembre sui livelli con cui aveva iniziato l’anno. Si è quindi consolidata la ripresa, che aveva caratterizzato i sei mesi centrali del 2009, con un netto miglioramento medio rispeto allo scorso anno (fi g. 1.2.16). Nello stesso periodo, il clima di fi ducia migliora soprattutto nel settore dei servizi alle imprese e quindi in quello dei servizi turistici, mentre per i settori dei servizi di informazione e comunicazione e dei servizi di trasporto e magazzinaggio, si è assistito ad un consolidamento della ripresa sui livelli della fi ne dello scorso anno.

1.2.7. Alcune valutazioni qualitativeNella classifi ca del Global Competitiveness Index redatta dal World Economic Forum, l’Italia si trova a notevole distanza dai migliori paesi al mondo, lontano dai principali paesi europei (5° Germania, 12° Regno Unito, 15° Francia, 39° Polonia, 42° Spagna) e prossima a un’ampia schiera di paesi emergenti che stanno scalando la graduatoria anno dopo anno. Nel confronto con alcuni paesi dell’Unione europea, l’Italia mette in luce notevoli ritardi riguardo a istituzioni, infrastrutture, sviluppo dei mercati fi nanziari, competenza tecnologica, innovazione; carenze per ambiente macroeconomico, educazione superiore e formazione, effi cienza dei mercati dei beni e del lavoro e livello di evoluzione delle imprese (fi g.1.2.17).Il Wall Street Journal e la Heritage Foundation hanno tracciato il cammino della libertà in economia nel mondo per oltre 15 anni, con la redazione

Fig. 1.2.13. Clima di fi ducia delle imprese manifatturiere ed estrattive, indice destagionalizzato, base 2005=100

Fig. 1.2.14. Clima di fi ducia delle imprese delle costruzioni, base 2005=100

Fig. 1.2.16. Clima di fi ducia delle imprese dei servizi, indice destagionalizzato

Fig. 1.2.15. Clima di fi ducia delle imprese delle commercio, indice destagionalizzato, base 2005=100

Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese manifatturiere ed estrattive.

Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese delle costruzioni.

Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese dei servizi.

Fonte: Isae, Inchiesta mensile presso le imprese del commercio al minuto tradizionale e della grande distribuzione.

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dell’Index of Economic Freedom. A tal fi ne vengono presi in considerazione elementi relativi alla libertà di impresa e del commercio internazionale, al peso fi scale, alla spesa pubblica, alla stabilità del livello dei prezzi, alla libertà degli investimenti esteri, all’interferenza sui mercati fi nanziari, alla tutela dei diritti di proprietà, al peso della corruzione e alla libertà del mercato del lavoro. Nella classifi ca dell’edizione 2010, l’Italia fi gura al 74° posto, tra 183 paesi, con un punteggio di 62,7/100, ben lontana dai paesi economicamente più aperti, ma anche dai principali partner europei (tab. 1.2.3). Nel 2000 l’Italia occupava la 68° posizione con un punteggio di 61,9/100 Dallo studio “Paying Taxes 2011” realizzato dalla Banca Mondiale e dalla società di consulenza PwC (PricewaterhouseCoopers) emerge che su 183 paesi esaminati, l’Italia risulta al 167/o posto, ovvero tra i Paesi in cui complessivamente è più pesante il carico del prelievo. L’Italia è al primo posto in Europa per

peso delle tasse sulle imprese. Il peso complessivo di tributi nazionali e locali e dei contributi sociali è del 68,6%, il più alto tra i Paesi europei e tra i più alti al mondo. La media europea è del 44,2% e quella mondiale del 47,8%. A pesare particolarmente sono le tasse sul lavoro che rispetto al tasso complessivo del 68,6% rappresentano il 43,4% del carico. Ma non c’è solo l’onere del fi sco a vessare le imprese italiane: c’è anche il carico di adempimenti. Ogni azienda in Italia impiega 285 ore l’anno per adempiere ai propri doveri fi scali, oltre 60 ore in più della media europea. In termini di peso degli adempimenti l’Italia occupa la 123/o posizione.Transparency International ha diffuso lo scorso ottobre il suo annuale report relativo all’indice di percezione della corruzione. Sulla base del Corruption Perceptions Index 2010, che attribuisce un punteggio da 0 (molto corrotti) a 10 (molto corretti) a 178 paesi, Danimarca, Nuova Zelanda e Singapore si trovano a parimerito in cima alla

Fig. 1.2.17. Indice della competitività globale del World Economic Forum 2010

Classifi ca Confronto tra alcuni paesi dell’Unione europea

Fonte: The Global Competitiveness Report 2010-2011, september© 2010 World Economic Forum

Tab. 1.2.3. Classifi ca dell’Index of Economic Freedom, edizione 2010

Rank Paese Punti Rank Paese Punti Rank Paese Punti

1 Hong Kong 89,7 11 United Kingdom 76,5 71 Poland 63,22 Singapore 86,1 12 Mauritius 76,3 72 South Africa 62,83 Australia 82,6 13 Bahrain 76,3 73 Greece 62,74 New Zealand 82,1 14 Luxembourg 75,4 74 Italy 62,75 Ireland 81,3 15 The Netherlands 75 75 Bulgaria 62,36 Switzerland 81,1 16 Estonia 74,7 76 Uganda 62,27 Canada 80,4 17 Finland 73,8 77 Namibia 62,28 United States 78 18 Iceland 73,7 78 Cape Verde 61,89 Denmark 77,9 19 Japan 72,9 79 Belize 61,5

10 Chile 77,2 20 Macau 72,5 80 Kyrgyz Republic 61,3

Fonte: The Wall Street Journal and The Heritage Foundation

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classifi ca con 9.3 punti. L’Italia nel 2010 si colloca la 67°posto con 3.9 punti (fi g. 1.2.18). Continua ad aggravarsi la percezione della corruzione nel nostro

paese che nel 2009 occupava la 63esima posizione con 4.3 punti. Nel 2000 l’Italia fi gurava al 39esimo posto con 4.6 punti.

Fig. 1.2.18. Mappa dei risultati del Corruption Perceptions Index 2010

Fonte: Transparency International

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‘ E C O N O M I A R E G I O N A L ELIl quadro economico regionale

[...]

In un contesto nazionale di moderata ripresa, secondo le stime redatte nello scorso novembre da Unioncamere regionale e Prometeia, l’Emilia-Romagna dovrebbe chiudere il 2010 con un aumento reale del Pil dell’1,5 per cento, recuperando solo in minima parte sulle fl essioni dell’1,5 e 5,9 per cento rilevate rispettivamente nel 2008 e 2009. La fase più acuta della crisi dovrebbe essere ormai alle spalle. L’Emilia-Romagna è stata tra le regioni italiane che ha maggiormente risentito della recessione mondiale, a causa della forte apertura verso i mercati esteri1, ma la ripresa del commercio internazionale permetterà alla regione di avere maggiori opportunità rispetto ad altre aree del Paese. Nell’arco di due mesi c’è stato tuttavia un ridimensionamento della stima di crescita del Pil di 0,2 punti percentuali, che rifl ette, in linea con quanto previsto nel Paese, un rallentamento dell’economia. Se la ripresa ha avuto inizio, non sono tuttavia mancate le zone d’ombra, legate soprattutto al mercato del lavoro. Se dovessimo paragonare l’economia della regione a un malato, dovremmo dire che è iniziata la convalescenza, ma che occorre ancora molto tempo per una completa guarigione. Tra i segnali positivi possiamo annoverare l’inversione del ciclo negativo di produzione, fatturato e ordini dell’industria in senso stretto, di cui hanno benefi ciato soprattutto le imprese più strutturate e quindi più orientate al commercio estero, che hanno tratto vantaggio della ripresa del commercio internazionale. A tale proposito giova sottolineare che l’export dei primi sei mesi del 2010 è cresciuto dell’11,7 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009. Nel settore del credito i prestiti bancari sono apparsi in leggera risalita, mentre l’accesso al credito è risultato un po’ meno problematico. Un altro aspetto positivo è stato rappresentato dalla riduzione dei tassi d’interesse. Nell’ambito dei trasporti, quelli stradali hanno stabilizzato la propria attività, dopo la caduta del 2009. Il porto di Ravenna è apparso in ripresa, mentre negli aeroporti c’è stato un signifi cativo incremento del traffi co passeggeri. L’infl azione si è costantemente mantenuta sotto la soglia del 2 per cento, nonostante le tensioni dovute alla ripresa dei prezzi energetici e delle materie prime in generale. L’agricoltura è apparsa in ripresa. Le prime parziali stime dell’Assessorato

regionale all’agricoltura prospettano una crescita in valore della produzione superiore al 5 per cento. Gli investimenti hanno dato qualche timido segnale di ripresa, dopo la caduta registrata nel 2009.Le zone d’ombra, come accennato, non sono tuttavia mancate. La moderata ripresa del Pil non ha avuto alcun effetto sull’occupazione, che è apparsa in calo, mentre è contestualmente cresciuta la disoccupazione. La Cassa integrazione guadagni è apparsa in forte aumento, soprattutto dal lato degli interventi in deroga. La ripresa dell’industria in senso stretto è stata meno evidente nelle piccole imprese e nell’artigianato, in quanto meno orientati a commerciare con l’estero. L’edilizia ha evidenziato un nuovo calo delle attività, anche se meno accentuato rispetto al passato, con rifl essi negativi su occupazione e consistenza delle imprese. Per quanto riguarda il commercio, il basso profi lo della spesa delle famiglie – si stima un aumento di appena lo 0,8 per cento - si è associato a un minore volume di vendite, anche se in misura meno intensa rispetto al 2009, che ha colpito gli esercizi medio-piccoli. Arrivi e presenze turistiche sono apparse in leggero calo rispetto all’anno precedente, a causa dei vuoti lasciati dalla clientela italiana, solo parzialmente bilanciati dalla ripresa dei fl ussi internazionali. Nel credito, alla moderata risalita dei prestiti, si è associato un fl usso di nuove sofferenze, che si è attestato su valori più elevati rispetto a quelli del passato. Protesti e fallimenti aumentati, mentre la compagine imprenditoriale è apparsa in ulteriore, anche se leggero, ridimensionamento, a causa dei cali accusati dalle forme giuridiche “personali”, solo parzialmente compensati dall’aumento delle società di capitale.Lo scenario economico predisposto da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, redatto nell’ultima decade dello scorso novembre, ha interpretato i segnali di moderata ripresa emersi dai vari indicatori, disegnando per il 2010 un quadro dalle tinte un po’ più rosee, anche se, come descritto precedentemente, restano zone d’ombra. Alla crescita del Pil, stimata, come descritto precedentemente, all’1,5 per cento, si dovrebbe associare un analogo andamento per la domanda interna che è stata prevista in aumento, in termini reali, dello 0,7 per cento. Questo andamento ha rifl esso da un lato la moderata ripresa dei consumi e, dall’altro, il recupero degli investimenti fi ssi lordi, tornati a crescere dell’1,9 per cento, dopo la pesante fl essione del 2009 (-13,6 per cento). La ripresa, seppure moderata, dell’acquisizione di capitale fi sso

1 Nel 2009 il rapporto tra export e valore aggiunto di agricoltura, silvicoltura e pesca e industria in senso stretto è sceso al 113,5 per cento, rispetto al 131,9 per cento del 2008. Dalla terza posizione del 2008 la regione è passata alla quinta del 2009. Il ridimensionamento del grado di apertura all’export ha riguardato la maggioranza delle regioni, in un arco compreso tra i 46,1 punti percentuali della Sardegna e i -1,2 della Calabria. I miglioramenti hanno riguardato solo due regioni: Liguria e Toscana.

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costituisce un primo segnale della volontà di ripartire, ma il cammino verso i livelli precedenti la crisi sarà piuttosto lungo. Secondo l’indagine Confi ndustria Emilia-Romagna, tra le aziende associate è aumentata la platea di imprese intenzionate ad investire, mentre l’indagine della Banca d’Italia ha registrato tra le imprese industriali una certa cautela, dovuta a margini di capacità produttiva ancora elevati. Per quanto concerne i consumi fi nali, alla diminuzione di quelli delle Amministrazioni pubbliche e delle Istituzioni sociali private, si è contrapposto il leggero incremento della spesa delle famiglie, pari allo 0,8 per cento, in contro tendenza rispetto al calo dello 0,3 per cento riscontrato nel 2009. Nella stima effettuata nello scorso settembre si prospettava una crescita più contenuta pari allo 0,5 per cento. Al di là del miglioramento della previsione, resta tuttavia uno scenario di bassa crescita, che si è associato alla perdurante debolezza delle vendite al dettaglio emersa dalle indagini effettuate dal sistema camerale. Le esportazioni di beni, in uno scenario caratterizzato dalla ripresa del commercio internazionale, sono state previste in aumento in termini reali del 6,4 per cento, recuperando parzialmente sulla fl essione prossima al 23 per cento rilevata nel 2009. In questo caso la stima di novembre ha evidenziato una situazione meno intonata rispetto a quella prospettata due mesi prima (+6,7 per cento), scontando il rallentamento previsto per l’economia mondiale. Per quanto concerne la formazione del reddito,

il valore aggiunto ai prezzi di base dei vari rami di attività nel 2010 è stato stimato in crescita in termini reali dell’1,5 per cento rispetto all’anno precedente, recuperando solo in parte sulla straordinaria fl essione del 6,5 per cento registrata nel 2009. Il ritorno alla crescita, dopo due anni negativi, è stato determinato in primo luogo dall’industria in senso stretto, che ha interrotto, con un incremento del 4,1 per cento, il ciclo spiccatamente negativo che aveva caratterizzato il biennio 2008-2009. Anche i servizi hanno invertito la tendenza negativa che aveva segnato il 2009, ma con una intensità più contenuta rispetto a quella manifestata dall’industria in senso stretto (+1,2 per cento). Anche per le attività dell’agricoltura, silvicoltura e pesca si attende un incremento reale del valore aggiunto, che dovrebbe tuttavia risultare più contenuto rispetto a quello rilevato nel 2009 pari al 2,8 per cento. L’industria delle costruzioni si è distinta negativamente dallo scenario di crescita del valore aggiunto. Nel 2010 lo scenario di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia prevede una diminuzione del 2,3 per cento, che si è aggiunta alla fl essione dell’8,3 per cento del 2009. La ripresa delle attività non ha avuto effetti sull’intensità del lavoro. Alla diminuzione dell’occupazione, intesa come consistenza degli addetti (si prospetta un calo dello 0,9 per cento su base annua), è corrisposto un minore impiego del lavoro, in parte riconducibile, per l’occupazione alle dipendenze, al massiccio utilizzo degli

Fig. 2.1.2. Prodotto interno lordo dell’Emilia-Romagna. Variazioni percentuali in termini reali sull’anno precedente. Periodo 1980 – 2012.

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat e Scenario economico Unioncamere Emilia-Romagna-Prometeia.

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1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010* 2012*

*previsioni 2010-2012

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ammortizzatori sociali, Cig in primis. Lo scenario predisposto da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia prevede una diminuzione delle unità di lavoro, che misurano il volume di lavoro svolto, prossimo al 2 per cento, con un picco del 7,7 per cento nell’industria in senso stretto, che sale all’8,6 per cento relativamente ai soli dipendenti. Per quanto concerne i parametri caratteristici del mercato del lavoro, è da sottolineare la crescita del tasso di disoccupazione al 5,5 per cento dal 4,8 per cento del 2009. Passiamo ora ad illustrare più dettagliatamente alcuni temi specifi ci della congiuntura del 2010, rimandando ai capitoli specifi ci coloro che ambiscono a un ulteriore approfondimento.

La demografi a delle imprese è stata caratteriz-zata da un leggero decremento della consistenza delle imprese attive pari allo 0,4 per cento, che ha consolidato la tendenza negativa emersa nel 2009. Il saldo tra imprese iscritte e cessate, al netto delle cancellazioni d’uffi cio che non hanno alcuna valenza congiunturale, è tuttavia risultato positivo per 3.236 unità, in contro tendenza rispetto al passivo rilevato nei primi nove mesi del 2009. I mancati effetti di questo andamento sulla consistenza delle imprese sono da attribuire all’impatto delle cancellazioni d’uffi cio, che nei primi nove mesi del 2010 hanno interessato più di 1.900 imprese.Nonostante il calo della compagine imprenditoriale, in ambito nazionale l’Emilia-Romagna è tuttavia risultata la sesta regione italiana in termini di diffusione delle imprese sulle popolazione, con 974 imprese ogni 10.000 abitanti. Tra i vari settori, agricoltura e industria hanno registrato decrementi della consistenza delle imprese pari rispettivamente al 2,3 e 1,7 per cento, a fronte della leggera crescita del terziario. In ambito industriale è da sottolineare il calo dell’1,3 per cento accusato dall’edilizia, che ha consolidato la tendenza negativa emersa nel 2009, dopo anni di continui incrementi. Analogo andamento per l’industria manifatturiera (-2,4 per cento), che ha risentito principalmente delle diminuzioni accusate dalle industrie della moda e metalmeccaniche. Il leggero incremento dei servizi è da attribuire, in particolare, alla vivacità espressa dai comparti del “Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese” (+3,1 per cento) e dei “Servizi di informazione e comunicazione” (+2,8 per cento). Dal lato della forma giuridica, si è ulteriormente rafforzato il peso delle società di capitale, mentre hanno perso nuovamente terreno le forme giuridiche “personali”, ovvero società di persone e imprese individuali. Le cariche presenti nel Registro imprese hanno accusato un lieve calo, dovuto soprattutto ai soci, mentre è continuata l’onda lunga degli stranieri,

che sono arrivati a rappresentare il 7,1 per cento delle persone iscritte nel Registro rispetto al 2,8 per cento di fi ne 2000. Per quanto concerne l’imprenditoria femminile, a fi ne settembre 2010 le cariche ricoperte da donne sono aumentate dello 0,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una diffusione del 56,12 per mille sulla popolazione residente. Solo due regioni, vale a dire Umbria e Valle d’Aosta, hanno saputo fare meglio, con incidenze rispettivamente pari al 56,30 e 71,65 per 1.000.

L’andamento del mercato del lavoro è risultato negativo . Al minore impiego del lavoro – le relative unità sono previste in diminuzione dell’1,9 per cento – dovuto al massiccio utilizzo della Cassa integrazione guadagni, è corrisposto un analogo andamento per la consistenza dell’occupazione. Nel contempo è cresciuta la platea delle persone in cerca di lavoro, con conseguente peggioramento del tasso di disoccupazione.La consistenza degli occupati dell’Emilia-Romagna è mediamente ammontata nella prima metà del 2010 a circa 1.929.000 unità, con un decremento del 2,2 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, equivalente, in termini assoluti, a circa 44.000 persone. Nella prima metà del 2009 era stata invece rilevata una moderata crescita pari allo 0,3 per cento, che era equivalsa a circa 5.000 persone. La fl essione dell’occupazione regionale è risultata più accentuata rispetto a quanto avvenuto in Italia (-0,9 per cento) e nella più omogenea ripartizione nord-orientale (-0,8 per cento). In ambito regionale l’Emilia-Romagna si è collocata nella fascia più negativa, se si considera che solo tre regioni, vale a dire Puglia, Basilicata e Sicilia, hanno evidenziato riduzioni più sostenute rispettivamente pari al 2,3, 3,1 e 2,6 per cento.Sotto l’aspetto del genere, sono state le donne ad accusare la fl essione più accentuata (-3,4 cento), a fronte della diminuzione dell’1,3 per cento rilevata per gli uomini. Dal lato della posizione professionale, sono stati gli occupati autonomi a determinare il calo dell’occupazione (-7,4 per cento), rispetto alla sostanziale tenuta degli occupati alle dipendenze (-0,3 per cento). In ambito settoriale è emerso un andamento omogeneo, nel senso che nessun ramo di attività è risultato esente da cali.L’agricoltura è diminuita del 6,0 per cento per effetto della fl essione dell’11,9 per cento accusata dagli occupati autonomi, che nel settore primario occupano un ruolo tradizionalmente preponderante, avendo rappresentato, nella prima metà del 2010, circa il 72 per cento del totale degli occupati.

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L’industria ha chiuso negativamente i primi sei mesi del 2010, dopo la sostanziale stabilità riscontrata nella prima metà del 2009. L’occupazione è mediamente diminuita del 2,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un totale di circa 20.000 addetti. La più grave crisi economica del dopoguerra ha lasciato evidenti strascichi, che sarebbero stati ancora più ampi se non si fosse ricorso massicciamente alla Cassa integrazione guadagni. Per quanto riguarda i principali comparti industriali, alla fl essione dell’industria in senso stretto (-2,9 per cento) si è associata una diminuzione di analogo tenore delle costruzioni e installazioni impianti. I servizi hanno consolidato la tendenza negativa emersa nel 2009, dopo la fase espansiva che aveva caratterizzato gli anni precedenti. La consistenza degli occupati è scesa dell’1,5 per cento. Dal lato del genere, sia gli uomini che le donne hanno contribuito alla diminuzione complessiva, con cali pari rispettivamente all’1,3 e 1,8 per cento.Sul fronte della disoccupazione si sono accentuate le tensioni emerse nel 2009. Nel primo semestre del 2010 le persone in cerca di occupazione sono risultate in Emilia-Romagna circa 123.000, vale a dire il 40,3 per cento in più rispetto al primo semestre 2009 che è equivalso, in termini assoluti, a circa 35.000 persone. Il forte appesantimento della disoccupazione si è concretizzato in un aumento del relativo tasso salito dal 4,3 al 6,0 per cento, ovvero al livello più elevato dal 2004, anno dal quale è partita la nuova rilevazione “continua” delle forze di lavoro. L’incremento delle persone in cerca di occupazione è stato determinato soprattutto dalle donne, che sono aumentate da circa 42.000 a circa 66.000 unità (+57,5 per cento), a fronte dell’incremento, comunque ragguardevole, degli uomini (+24,7 per cento). Sotto l’aspetto della condizione, la crisi economica ha inciso profondamente sulle persone con precedenti esperienze lavorative, che nella prima metà del 2010 sono arrivate alla cifra record di circa 104.000 unità, superando del 35,8 per cento la consistenza dell’analogo periodo del 2009.La crisi economica ha avuto conseguenze tangibili sui dati fondamentali del mercato del lavoro emiliano-romagnolo, senza tuttavia deprimere eccessivamente la posizione di preminenza che la regione vanta nell’ambito delle regioni italiane. Nel secondo trimestre del 2010 la grande maggioranza delle regioni italiane ha visto ridurre il proprio tasso di occupazione sulla popolazione in età 15-64 anni rispetto all’analogo periodo del 2009. I cali più consistenti, pari a 1,8 punti percentuali, hanno riguardato Emilia-Romagna e Toscana, davanti a Umbria, Basilicata, Sicilia e Lombardia. Dal migliore tasso di occupazione nazionale di un anno prima, l’Emilia-Romagna è scesa al terzo posto, che resta

comunque una posizione eccellente, superiore sia alla media nazionale che a quella della più omogenea ripartizione nord-orientale. Da sottolineare che nessuna regione ha raggiunto la soglia del 70 per cento, che è uno degli obiettivi del 2010 contemplato dalla strategia di Lisbona. In termini di tasso di attività, pari al 72,2 per cento, l’Emilia-Romagna ha confermato il primato del 2009, in virtù della elevata partecipazione femminile. Per quanto concerne il tasso di disoccupazione, la regione ha registrato nel primo semestre un peggioramento di 1,7 punti percentuali, che ha fatto retrocedere l’Emilia-Romagna dal secondo al settimo posto della graduatoria nazionale.

Per quanto riguarda l’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali è emerso uno scenario improntato al pessimismo, anche se in misura meno accentuata rispetto a quanto prospettato per il 2009. Secondo le aspettative manifestate dalle imprese, nel 2010 l’occupazione di industria e servizi dovrebbe diminuire dell’1,4 per cento. La moderata ripresa attesa per il 2010 non ha infl uenzato le decisioni delle imprese che sono rimaste estremamente caute nel redigere i piani di assunzione.

L’annata agraria 2009-2010 è stata caratterizzata, sotto l’aspetto climatico, da un inverno sostanzialmente piovoso, con diffuse nevicate anche a quote basse. Il ciclo delle precipitazioni si è protratto anche nella primavera, con temperature che in alcuni periodi sono risultate al di sotto delle medie stagionali. Questa situazione ha avuto l’effetto di bloccare lo sviluppo di talune colture, specie frutticole, determinando un calo delle rese. L’estate è stata caratterizzata da un’alternanza di periodi piuttosto caldi e relativamente più freschi, con il consueto calo delle precipitazioni che non ha tuttavia causato problemi all’irrigazione grazie al suffi ciente apporto del fi ume Po. Non sono mancati gli ormai consueti eventi estremi rappresentati da grandinate rovinose e fortunali, quale quello, ad esempio, che verso la metà di agosto ha investito circa 600 ettari nel comune di Mirabello, compromettendo gran parte dei raccolti. Altri eventi rovinosi sono stati registrati a fi ne marzo nella zona di Bagnolo in Piano e ancora nell’alto ferrarese a metà giugno. Il ciclo di precipitazioni è poi ripreso nel mese di settembre, senza tuttavia toccare picchi di particolare intensità. In ottobre c’è stata una costante discesa delle temperature, con precipitazioni che si sono concentrate nell’ultima decade. Novembre è stato caratterizzato, fi no alla seconda decade, da temperature sostanzialmente miti per le medie del periodo e da abbondanti precipitazioni piovose. Nell’ultima decade un fronte freddo proveniente dalla Scandinavia ha causato un brusco abbassamento delle temperature e

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abbondanti precipitazioni, anche a carattere nevoso che hanno provocato qualche problema alle semine del frumento.Secondo le prime valutazioni dell’Assessorato regionale all’agricoltura si profi la un’annata discretamente intonata sotto il profi lo economico. Le prime stime indicano un aumento del valore della produzione superiore al 5 per cento, da attribuire, in parte, alla buona intonazione dei prezzi di alcune importanti produzioni, quali frumento tenero, mais, orzo, patate, meloni, cocomeri, fragole, soia, girasole, mele, pere, pesche, nettarine, vino e latte vaccino, quest’ultimo trainato dalla decisa crescita dei prezzi del Parmigiano-Reggiano. Restano tuttavia ancora problemi legati al divario tra i costi di produzione e i ricavi delle imprese agricole, mentre la redditività continua ad essere estremamente bassa. Più segnatamente, i prezzi dei cereali quotati alla Borsa di Bologna nel corso del 2010 sono apparsi in ripresa. Le quotazioni del raccolto 2010 sono apparse in forte aumento soprattutto per quanto concerne il frumento tenero e il granoturco. A ottobre la varietà di tenero “speciale di forza” ha spuntato più di 251 euro per tonnellata, superando del 48,8 per cento la quotazione di un anno prima, mentre il mais ha superato i 205 euro a tonnellata (+51,7 per cento). Per quanto concerne la zootecnia, la borsa merci dell’importante piazza di Modena ha registrato, relativamente ai suini grassi da macello, da oltre 156 a 176 kg, quotazioni in ascesa fi no a giugno, e un’inversione di tendenza nei cinque mesi successivi, che ha lasciato sostanzialmente invariata la quotazione media di gennaio-novembre rispetto all’analogo periodo del 2009. In ambito bovino, le quotazioni medie dei vitelli baliotti da vita pezzati neri di prima qualità (kg 40-55) rilevate dalla Camera di commercio di Modena, nei primi undici mesi del 2010 sono apparse assai vivaci fi no a marzo, per poi rifl uire tra aprile e agosto e ripartire nuovamente nel bimestre successivo, con successiva battuta d’arresto in novembre. Al di là dell’andamento decisamente altalenante, il prezzo massimo medio dei primi undici mesi ha superato del 4,7 per cento il livello dell’analogo periodo del 2009. Non altrettanto è avvenuto In ambito avicunicolo. Le rilevazioni della Camera di commercio di Forlì-Cesena hanno registrato, tra gennaio e novembre, quotazioni prevalentemente cedenti. Negli allevamenti “a terra”, le diminuzioni hanno oscillato tra il 3,6 per cento dei polli bianchi e gialli “leggeri”, e il 21,7 per cento delle galline “medie”. Una analoga tendenza ha riguardato gli allevamenti in batteria, con cali che hanno superato il 21 per cento sia per le galline leggere che medie. Segnali di recupero sono

invece venuti dal mercato dei tacchini, in particolare le femmine “pesanti” (+9,9 per cento). Per i conigli il mercato è apparso cedente fi no a settembre, per poi riprendere nei due mesi successivi, senza tuttavia impedire diminuzioni medie delle quotazioni attorno al 7 per cento. Le quotazioni delle uova sono apparse in generale discesa dalla primavera, con decrementi medi che hanno oscillato attorno al 15-16 per cento. Per quanto concerne l’andamento delle principali coltivazioni erbacee, i magri risultati economici ottenuti nel 2009 hanno provocato un diffuso calo delle superfi ci investite a cereali, con l’unica eccezione del frumento duro. Per quanto riguarda le rese, c’è stato un generalizzato miglioramento, ad esclusione del frumento duro. Le varietà di frumento tenero più penalizzate dall’anomalo andamento climatico sono state quelle a ciclo vegetativo precoce. Tra le coltivazioni orticole sono diminuite le aree investite a fagioli freschi, fragola, indivia, lattuga, radicchio, melone, pomodoro e aumentate quelle coltivate a cipolla e zucchine. In quelle industriali c’è stata una generale risalita delle aree coltivate, soprattutto per la soia. Tra le coltivazioni legnose si sono ridotti soprattutto gli investimenti a pesche e nettarine, mentre dal lato delle rese i cali hanno interessato in particolare kiwi, pere e susine. Il raccolto di frutta fresca è apparso prevalentemente in diminuzione, uniche eccezioni albicocche e ciliegie. La vendemmia è stata giudicata di buona qualità, con livelli produttivi inferiori di circa il 5 per cento a quelli dell’annata precedente e prezzi in risalita del 5,5 per cento.In un quadro produttivo espansivo (la produzione dei primi dieci mesi è cresciuta del 2,5 per cento) il mercato del Parmigiano-Reggiano è apparso in netto recupero. Come segnalato dal Servizio informativo fi liera Parmigiano-Reggiano, i contratti pubblicati in novembre hanno evidenziato un nuovo rialzo dei prezzi da caseifi cio a stagionatore. Le vendite della produzione 2009 si sono concluse a 10,69 euro al kg, mentre i lotti a marchio 2010 hanno toccato una media di 10,58 euro al kg. Secondo i dati raccolti dalla Camera di commercio di Modena, nei primi undici mesi c’è stata una crescita media delle quotazioni dei vari livelli di stagionatura compresa tra il 24 e 26 per cento. Secondo le rilevazioni della società Nielsen i prezzi al consumo sono apparsi a settembre generalmente in crescita rispetto all’anno precedente, soprattutto negli Iper e Supermercati (+3,6 per cento) e nei Liberi servizi2 (+2,9 per cento).La buona intonazione di mercato si è associata all’alleggerimento delle giacenze nei magazzini generali, che alla fi ne dello scorso ottobre sono risultate tendenzialmente in diminuzione del 5,9 per

2 Si tratta di strutture con aree di vendita al dettaglio che vanno dai 100 ai 400 metri quadri.

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cento. Le sole scorte di formaggio di oltre 18 mesi di stagionatura sono apparse in calo del 12,7 per cento.Nell’ambito dei derivati del latte, le quotazioni dello zangolato rilevate sul mercato di Reggio Emilia sono scese nei primi mesi dell’anno per poi stabilizzarsi e avviare dalla metà di aprile una ripresa che le ha portate su livelli inferiori solo ai massimi pluriennali del settembre 2007. Da gennaio a novembre la quotazione media è aumentata del 79 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009. Una analoga tendenza è emersa dalle quotazioni registrate presso la borsa merci di Modena.L’export dell’Emilia-Romagna di prodotti dell’agri-coltura e della caccia della prima metà del 2010 - circa il 90 per cento delle merci ha preso la strada dell’Europa – è riuscito a recuperare quasi total-mente sulla fl essione registrata nel 2009, che era av-venuta in un contesto di sensibile calo del commer-cio internazionale. Rispetto all’analogo periodo del 2009, è stata rilevata una crescita del 13,6 per cento, (+16,3 per cento in Italia). La Germania si è confer-mata il principale cliente acquirente, con una quota equivalente a un terzo delle esportazioni emiliano-romagnole, evidenziando nei confronti della prima metà del 2009, un aumento del 12,7 per cento, che ha parzialmente recuperato sulla fl essione del 22,1 per cento di un anno prima. Segno opposto per il secondo partner commerciale, vale a dire la Fran-cia, che ha registrato una diminuzione del 6,4 per cento. Nei restanti paesi è da sottolineare il forte incremento dell’Austria (+64,0 per cento), che è di-venuta il terzo cliente dopo Germania e Francia. Al-tri aumenti degni di nota hanno riguardato Grecia, Regno Unito, Polonia, Romania e Repubblica Ceca. A fi ne settembre 2010 la consistenza delle imprese attive nel settore delle coltivazioni agricole e produzioni di prodotti animali, caccia e servizi connessi si è ridotta del 2,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009, consolidando il pluriennale trend negativo, in gran parte determinato da una effettiva riduzione e ristrutturazione del sistema imprenditoriale, da attribuire soprattutto a motivi economici e al mancato ricambio di chi si ritira dal lavoro.L’occupazione è apparsa in diminuzione. Nel primo semestre 2010 è mediamente ammontata a circa 82.000 addetti, vale a dire il 6,0 per cento in meno rispetto all’analogo periodo del 2009, che a sua volta aveva registrato una crescita del 9,3 per cento rispetto all’anno precedente. Il calo è stato determinato dalla posizione professionale più consistente, vale a dire gli occupati indipendenti (-11,9 per cento), a fronte della crescita del 13,5

per cento di quelli alle dipendenze, equivalente in termini assoluti a circa 3.000 addetti. Per quanto riguarda il settore della pesca, la ripresa della domanda mondiale non ha avuto effetti sul commercio estero. L’export di pesci e altri prodotti della pesca e prodotti dell’acquacoltura dell’Emilia-Romagna è apparso in diminuzione, nei primi sei mesi del 2010, del 14,2 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, ampliando il calo del 5,4 per cento registrato nella prima metà dell’anno precedente. In Italia è stata invece rilevata una crescita in valore del 6,0 per cento, a fronte del calo dell’10,9 per cento delle quantità esportate. Dall’incrocio di questi andamenti è emersa una certa pesantezza delle quotazioni implicite all’export, che sono scese del 4,4 per cento rispetto alla prima metà del 2009. Gran parte del pescato dell’Emilia-Romagna viene destinato, e non è una novità, al mercato europeo, che ha assorbito il 95,0 dell’export. Il principale acquirente è la Spagna, con una quota del 45,1 per cento. Seguono Francia (18,2 per cento), Germania (16,9 per cento), Olanda (5,5 per cento), Regno Unito (5,3 per cento) e Tunisia (4,8 per cento). I primi sei clienti hanno assorbito quasi il 96 per cento dell’export emiliano-romagnolo, denotando una concentrazione diffi cilmente riscontrabile in altri prodotti.Il ridimensionamento dell’export è da attribuire in primo luogo all’arretramento del principale cliente, ovvero la Spagna, i cui acquisti sono diminuiti in valore del 22,5 per cento rispetto alla prima metà del 2009, complice, con tutta probabilità, la recessione che si è protratta nel 20103. Segno moderatamente positivo per la Francia, che ha mantenuto la seconda posizione, in virtù di un incremento del 2,2 per cento. Per quanto concerne i rimanenti clienti, il mercato tedesco è tornato a crescere in misura signifi cativa (+30,7 per cento), dopo la battuta d’arresto registrata nel 2009 (-9,0 per cento). In questo caso la ripresa del Pil (+3,3 per cento), dopo la fl essione del 4,7 per cento registrata nel 2009, può avere esercitato un ruolo importante nel trascinare gli acquisti. Note ugualmente positive per il quarto cliente, ovvero l’Olanda, che è riuscita, con un incremento del 23,6 per cento, a superare anche i livelli della prima metà del 2008. Il Regno Unito ha ridotto i propri acquisti in misura drastica (-61,7 per cento), ridimensionando la propria quota dall’11,8 al 5,3 per cento. La Tunisia ha registrato una crescita del 34,9 per cento, che l’ha confermata al sesto posto tra la clientela del pescato dell’Emilia-Romagna. E’ da sottolineare che nella prima metà del 2007 l’ex colonia francese non aveva effettuato alcun acquisto. La Svizzera, fi no a qualche anno

3 Secondo l’Outlook di ottobre del Fmi, nel 2010 il prodotto interno lordo spagnolo diminuirà dello 0,3 per cento, dopo la fl essione del 3,7 per cento registrata nell’anno precedente.

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fa tra i principali clienti, ha evidenziato un nuovo decremento (-15,5 per cento), che si è sommato alla pesante fl essione riscontrata nella prima metà del 2009 (-74,0 per cento).La compagine imprenditoriale di pesca e acquacoltura a fi ne settembre 2010 era costituita da 1.957 imprese attive, vale a dire l’1,3 per cento in più rispetto all’analogo periodo del 2009, in contro tendenza rispetto alla diminuzione generale dello 0,4 per cento. Il saldo tra iscrizioni e cancellazioni, escluse quelle d’uffi cio che, come noto, non hanno alcuna valenza congiunturale, è risultato in attivo di 36 unità4. Sotto l’aspetto della forma giuridica, il settore della pesca e acquacoltura dell’Emilia-Romagna, si è distinto dal resto del Registro imprese per la bassa incidenza delle società di capitale, risultate appena 22 sulle 1.957 totali (1,1 per cento del totale). Chi esercita la pesca lo fa prevalentemente in forma individuale (81,9 per cento del totale) oppure associandosi ad altre persone (13,9 per cento). A fi ne settembre 2010 le cooperative in attività sono risultate 58, praticamente le stesse della situazione in atto nell’analogo mese del 2009.

L’industria in senso stretto ha dato qualche segnale di ripresa, dopo la pesante recessione che aveva colpito il 2009. Secondo lo scenario previsionale di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia dello scorso novembre, il valore aggiunto dovrebbe crescere nel 2010 in termini reali del 4,1 per cento, recuperando parzialmente sulle fl essioni del 15,0 e 5,2 per cento riscontrate rispettivamente nel 2009 e 2008. Al di là del recupero, il tono dell’attività dell’industria regionale è tuttavia apparso ben lontano dai livelli precedenti la crisi. L’aumento reale del valore aggiunto ha trovato conferma nelle indagini congiunturali effettuate dal sistema camerale nelle imprese fi no a 500 dipendenti.Nei primi nove mesi del 2010 la produzione dell’Emilia-Romagna è mediamente aumentata dello 0,9 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2009, che a loro volta avevano registrato una fl essione prossima al 15 per cento. Il ritorno del segno positivo è da attribuire all’inversione di tendenza del ciclo negativo registrata nel secondo trimestre, dopo due anni caratterizzati da diffusi cali. Il fatturato, a fronte di prezzi praticati alla clientela praticamente stazionari, è aumentato dell’1,1 per cento, recuperando parzialmente sulla pesante fl essione riscontrata nei primi nove mesi del 2009 (-15,0 per cento). Alla ripresa produttiva e

commerciale non è stata estranea la domanda, che è risultata in crescita del 1,3 per cento, e anche in questo caso c’è stata una inversione della tendenza pesantemente negativa emersa tra gennaio e settembre 2009 (-15,3 per cento). La ripresa del commercio internazionale ha avuto effetti sulle esportazioni, che sono aumentate del 2,6 per cento, a fronte della fl essione dell’8,2 per cento dei primi nove mesi del 2009. Questo andamento si è coniugato alla crescita delle vendite all’estero rilevate da Istat, che nei primi sei mesi del 2010 sono salite dell’11,3 per cento rispetto all’analogo periodo del 20095. Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini è tornato sopra la soglia dei due mesi. Per quanto concerne le giacenze di magazzino, si è dimezzata, rispetto al 2009, la quota di imprese che le ha giudicate in esubero e anche questo è un segnale del migliorato clima congiunturale.La ripresa delle attività non si è tuttavia rifl essa sull’occupazione. Secondo le indagini Istat sulle forze di lavoro, la consistenza degli occupati è mediamente ammontata, nel primo semestre 2010, a circa 522.000 addetti, con un decremento del 2,9 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, equivalente, in termini assoluti, a circa 16.000 persone. Dal lato del genere, sono state le donne ad accusare il calo più sostenuto (-6,5 per cento), a fronte della diminuzione dell’1,3 per cento registrata per gli uomini. Per quanto concerne la posizione professionale è stata l’occupazione autonoma a pesare maggiormente sul calo complessivo, con una fl essione del 7,1 per cento, a fronte della diminuzione del 2,4 per cento degli occupati dipendenti. Sotto l’aspetto delle unità di lavoro totali, che misurano il volume di lavoro effettivamente svolto, lo scenario predisposto da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia nello scorso novembre ha prospettato per il 2010 una fl essione del 7,7 per cento, che si è sommata ai decrementi del 2,8 e 5,8 per cento registrati rispettivamente nel biennio 2008-2009. Nell’ambito delle unità di lavoro dipendenti la diminuzione è salita all’8,6 per cento, in misura largamente superiore a quanto emerso nel 2009 (-5,3 per cento) e nel 2008 (-2,2 per cento). Il massiccio ricorso alla Cassa integrazione guadagni è tra le principali cause di questo andamento. L’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali ha nuovamente offerto un quadro a tinte grigie, in linea con la tendenza negativa emersa dalle rilevazioni sulle forze di lavoro. Sono state previste 23.000 uscite a fronte di 15.710 entrate, equivalenti a un

4 Non è stato possibile eseguire il confronto con l’analogo periodo del 2009, a causa della indisponibilità dei dati relativi alle cancellazioni d’uffi cio dei sette comuni aggregati dalla provincia di Pesaro e Urbino (Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello).5 Le rilevazioni dell’Istat riguardano l’universo delle imprese, mentre quelle del sistema camerale riguardano le imprese fi no a 500 di-pendenti.

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calo percentuale dell’1,7 per cento su base annua, che sale al 3,0 per cento nelle piccole imprese da 1 a 9 dipendenti. Al calo dell’occupazione si è associato il forte incremento delle ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni che nei primi dieci mesi del 2010 sono aumentate complessivamente del 90,5 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009. I soli interventi in deroga hanno sfi orato i 32 milioni di ore autorizzate, circa dodici volte in più rispetto a un anno prima.Sotto l’aspetto del credito, non ci sono stati rifl essi della ripresa dell’attività, almeno fi no al mese di maggio, che ha registrato, relativamente all’industria manifatturiera, una fl essione tendenziale dei prestiti “vivi”, cioè al netto delle sofferenze e dei pronti contro termine, dell’11,0 per cento, più ampia di quella riscontrata in Italia6. In settembre c’è stato tuttavia un moderato recupero rispetto a giugno (+0,4 per cento), che potrebbe derivare dalla ripresa dell’attività produttiva in atto dal secondo trimestre. I tassi d’interesse si sono alleggeriti. A giugno 2010 quelli sulle operazioni in euro autoliquidanti e a revoca si sono attestati al 3,97 per cento, a fronte della media generale delle attività economiche pari al 4,46 per cento. Rispetto al trend dei dodici mesi precedenti c’è stata una riduzione di 0,21 punti percentuali, più elevata di quella generale (-0,14 punti percentuali).Le dichiarazioni di fallimento sono apparse in ulteriore crescita. Nelle province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia nei primi nove mesi del 2010 ne sono state registrate 149 rispetto alle 101 dello stesso periodo dell’anno precedente, per una variazione percentuale del 47,5 per cento, largamente superiore all’aumento medio generale del 19,6 per cento.La compagine imprenditoriale dell’industria in senso stretto si è articolata a fi ne settembre 2010 su 50.293 imprese attive, vale a dire il 2,2 per cento in meno rispetto all’analogo periodo del 2009. Il saldo fra iscrizioni e cessazioni, al netto delle cancellazioni d’uffi cio che, come noto, non hanno alcuna valenza congiunturale, è risultato negativo per un totale di 738 imprese.

L’industria delle costruzioni dovrebbe chiudere il 2010 negativamente. Secondo lo scenario economico predisposto nello scorso novembre da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, il valore aggiunto dovrebbe diminuire in termini reali del 2,3 per cento, sommandosi alla pesante fl essione registrata nel 2009 (-8,3 per cento).

Le indagini effettuate dal sistema camerale hanno evidenziato una situazione in linea con quanto previsto nello scenario previsionale. Nei primi nove mesi del 2010 il volume d’affari è risultato mediamente in calo del 3,3 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, consolidando la tendenza negativa in atto dall’estate del 2008. Il ridimensionamento del fatturato ha riguardato ogni classe dimensionale, con una particolare accentuazione nella dimensione più piccola da 1 a 9 dipendenti, che ha accusato una fl essione del 3,8 per cento. Le diffi coltà emerse nell’industria edile hanno trovato conferma anche dalle indagini di Bankitalia e dell’Osservatorio congiunturale sulla micro e piccola impresa. Secondo il sondaggio eseguito da Bankitalia, nei due terzi delle imprese il valore totale della produzione si collocherebbe sotto il livello raggiunto nel 2009. Per Trender le micro e piccole imprese edili hanno registrato nel primo semestre un calo reale del fatturato prossimo all’1 per cento.Il basso profi lo di produzione e fatturato si è associato al negativo andamento dell’occupazione. Nei primi sei mesi del 2010 secondo le indagini sulle forze di lavoro è stato registrato un calo medio del 2,8 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, equivalente in termini assoluti a circa 4.000 addetti. La diminuzione è stata essenzialmente determinata dai dipendenti (-4,2 per cento), a fronte della più moderata diminuzione di quelli autonomi (-1,4 per cento). Sotto l’aspetto del volume di lavoro effettivamente svolto, lo scenario Unioncamere Emilia-Romagna – Prometeia, redatto nello scorso novembre, ha previsto un leggero incremento delle unità di lavoro (+0,7 per cento), destinato a scendere allo 0,5 per cento nella sola occupazione dipendente. Si tratta tuttavia di un parziale recupero rispetto alla diminuzione che aveva caratterizzato il 2009. L’indagine Excelsior, che valuta le intenzioni di assumere delle imprese edili con almeno un dipendente, ha registrato un clima piuttosto negativo, in linea con la tendenza emersa nelle rilevazioni sulle forze di lavoro. Secondo le previsioni delle aziende effettuate nei primi mesi dell’anno, nel 2010 a 4.530 entrate dovrebbero corrispondere 7.190 uscite, per una variazione negativa dell’occupazione alle dipendenze pari al 3,3 per cento. La compagine imprenditoriale è apparsa nuovamente in calo. A fi ne settembre 2010 le imprese attive iscritte nel Registro sono risultate 75.438, vale a dire l’1,3 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2009. Tra gennaio e settembre il saldo tra iscrizioni e cessazioni, escluso le cancellazioni

6 L’analisi tendenziale si ferma al mese di maggio 2010, in quanto dal mese successivo è cambiata la codifi ca delle attività, con l’adozione della codifi ca Istat Ateco2007, mentre sono intervenuti signifi cativi mutamenti sul trattamento dei prestiti cartolarizzati (vedi note nel capitolo dedicato al Credito).

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d’uffi cio, è risultato ampiamente negativo (-550). In ambito immobiliare nel primo semestre, secondo i dati dell’Agenzia del territorio, c’è stata una riduzione del 2,5 per cento delle compravendite, mentre i prezzi delle abitazioni sono apparsi in leggero aumento (+0,5 per cento). Il basso profi lo dell’attività produttiva, unitamente ad una maggiore cautela da parte delle banche nell’erogare prestiti, ha determinato un rifl usso della dinamica del credito, almeno fi no al mese di maggio che ha registrato una diminuzione tendenziale dei prestiti “vivi” del 2,0 per cento, in misura leggermente più accentuata rispetto al calo dell’1,5 per cento riscontrato a fi ne 2009. In settembre – i dati non sono confrontabili con quelli disponibili fi no a maggio – c’è stata tuttavia una signifi cativa risalita rispetto al mese di giugno (+5,5 per cento). I tassi d’interesse rilevati nello scorso giugno relativi alle operazioni in euro autoliquidanti e a revoca si sono attestati al 5,21 per cento, senza variazioni signifi cative rispetto al trend dei dodici mesi precedenti (5,24 per cento). Da sottolineare che il livello dei tassi applicati è risultato tra i più ampi nell’ambito dei settori di attività, sottintendendo una relativa maggiore rischiosità.Per quanto riguarda le opere pubbliche, c’è stata una ripresa degli importi sia dei bandi che degli affi damenti, ma gran parte di questo andamento è da attribuire al forte peso economico di due opere rappresentate dai lavori legati alla Superstrada Ferrara – Porto Garibaldi e alla Cispadana. La ricaduta sulle imprese con sede in regione è stata tuttavia negativa. L’ammontare delle relative gare vinte è stato di 288,8 milioni di euro rispetto ai 308,2 della prima metà del 2009, per un decremento del 6,3 per cento. Per quanto concerne il partenariato pubblico-privato, tra gennaio e ottobre 2010 sono state messe a gara 233 opere pubbliche, rispetto alle 113 dell’analogo periodo del 2009. In termini d’importo si è invece passati da 773,9 a 446,8 milioni di euro. Occorre tuttavia precisare che il 2009 era fortemente infl uenzato da due grandi appalti. Se si escludono tali gare, l’importo dei primi dieci mesi del 2010 risulta superiore a qualsiasi valore annuo dal 2002 a oggi. I fallimenti sono apparsi stabili. Tra gennaio e settembre 2010, in sette province, vale a dire Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia, ne sono stati dichiarati 78, gli stessi dell’analogo periodo dell’anno precedente.

L’indagine del sistema camerale sul commercio interno ha registrato nuovi segnali negativi, anche se meno evidenti rispetto a quelli emersi nel 2009. Nei primi nove mesi del 2010 è stato rilevato in Emilia-Romagna un decremento nominale delle

vendite al dettaglio prossimo all’1,0 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, più contenuto rispetto al calo del 3,2 per cento registrato nell’anno precedente. Nella piccola e media distribuzione le diminuzioni sono salite rispettivamente al 3,1 e 1,9 per cento, mentre quella grande ha evidenziato una crescita dello 0,9 per cento, in contro tendenza rispetto alla contrazione rilevata nei primi nove mesi del 2009 (-1,0 per cento). In ambito settoriale sono stati i prodotti non alimentari ad accusare la diminuzione più sostenuta (-2,0 per cento). Per quelli alimentari il calo è stato un po’ più contenuto, pari all’1,8 per cento. In entrambi i casi c’è stata un’attenuazione del trend negativo emerso nel 2009. Nell’ambito del commercio despecializzato (Ipermercati, supermercati e grandi magazzini) c’è stato invece un aumento dell’1,8 per cento, a fronte del basso profi lo rilevato un anno prima (+0,2 per cento). Secondo l’indagine di Unioncamere nazionale e Ref sulle vendite dei soli supermercati e ipermercati, nella prima metà del 2010 c’è stato un aumento del 2,0 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, in rallentamento rispetto alla crescita del 2,8 per cento riscontrata l’anno precedente. L’aumento complessivo è stato determinato in eguale misura sia dai prodotti non alimentari che alimentari, compresi quelli destinati alla cura degli animali, della casa e della persona. L’indagine del Ministero dello sviluppo economico, anch’essa riferita al primo semestre 2010, ha evidenziato una tendenza in linea con quella emersa dall’indagine del sistema camerale. Le vendite al dettaglio7 sono rimaste praticamente al palo (+0,3 per cento), a causa del basso profi lo degli esercizi piccoli e medi (-1,4 per cento), che ha raffreddato la crescita della grande distribuzione (+2,0 per cento). Il basso profi lo congiunturale si è rifl esso sull’occupazione. Nella prima metà del 2010 gli addetti del commercio e della riparazione di autoveicoli, motoveicoli e beni per la casa e di consumo sono mediamente ammontati a circa 295.000 unità, vale a dire il 2,3 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2009 che, a sua volta, aveva registrato una diminuzione del 4,1 per cento. Il calo è da attribuire agli addetti indipendenti (-5,9 per cento), a fronte della tenuta di quelli alle dipendenze. Per quanto concerne il genere, sono state le donne a far pendere negativamente la bilancia dell’occupazione (-10,8 per cento), a fronte dell’aumento del 5,1 per cento rilevato per gli uomini. Secondo l’indagine Unioncamere Emilia-Romagna-Istituto Guglielmo Tagliacarne, condotta nello scorso ottobre, l’11,2 per cento del campione di 188 imprese

7 L’indagine esclude il settore auto, le rivendite di tabacchi e di generi di monopolio, il commercio ambulante, le riparazioni oltre a esercizi di diffi cile rilevazione come quelli adibiti alla vendita di oggetti usati, per corrispondenza, all’asta, ecc.

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commerciali ha previsto di chiudere il 2010 con una diminuzione dell’occupazione, a fronte del 5,3 per cento che ha invece prospettato un aumento. Una tendenza negativa è emersa anche dall’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali, secondo la quale il 2010 dovrebbe chiudersi per il commercio al dettaglio con un saldo negativo di 750 dipendenti, equivalente ad una diminuzione percentuale su base annua dello 0,9 per cento. Altri segni negativi sono emersi nel “Commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli” (-1,8 per cento) e nel commercio all’ingrosso (-1,3 per cento). E’ in sostanza emerso un clima improntato al pessimismo, in sintonia con quanto evidenziato nella prima metà dell’anno dall’indagine sulle forze di lavoro. Alla fl essione dell’occupazione indipendente emersa dall’indagine sulle forze di lavoro non si è tuttavia associato un analogo andamento per quanto concerne la compagine imprenditoriale iscritta nel Registro delle imprese. A fi ne settembre 2010, le imprese attive del commercio all’ingrosso e al dettaglio, comprese le riparazione di autoveicoli e motocicli, sono risultate in Emilia-Romagna poco più di 96.000, praticamente le stesse dell’analogo mese del 2009 (+0,3 per cento). La tenuta del settore commerciale è stata dovuta all’affl usso netto di 1.646 imprese8, che ha annullato il saldo negativo di 841 imprese avvenuto tra gennaio e settembre 2010. Per quanto riguarda i fallimenti dichiarati nel commercio e riparazione di beni di consumo è emerso un andamento negativo. Nelle province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia, relativamente ai primi nove mesi del 2010, ne sono stati conteggiati 88 rispetto ai 73 dell’analogo periodo del 2009, per una variazione percentuale del 20,5 per cento, leggermente superiore alla crescita generale del 19,6 per cento.

Nella prima metà del 2010 le esportazioni dell’Emilia-Romagna sono ammontate a circa 20 miliardi e 235 milioni di euro, vale a dire l’11,7 per cento in più rispetto all’analogo periodo del 2009. La ripresa dell’export è andata in crescendo nel corso dei mesi. Dall’aumento del 7,2 per cento del primo trimestre si è passati al +17,5 per cento dei tre mesi successivi.L’andamento dell’’Emilia-Romagna, dopo la pesante fl essione del 2009 (-23,3 per cento su base annua) si è allineato a quanto avvenuto nelle altre regioni italiane – le uniche eccezione sono state Basilicata (-17,3 per cento) e Calabria (-6,1 per cento) – con toni leggermente più accentuati rispetto a quanto emerso nel Nord-est (+11,4 per cento), ma un po’

più contenuti rispetto all’evoluzione nazionale (+12,4 per cento). La ripresa del commercio mondiale, dopo la caduta del 2009, ha fatto sentire i suoi effetti su uno dei sistemi economici più aperti all’internazionalizzazione. Nel 2009 l’Emilia-Romagna registrava il quinto migliore rapporto nazionale tra export e il totale del valore aggiunto di agricoltura e industria in senso stretto. I primi sei mesi del 2010 hanno confermato la terza posizione dell’Emilia-Romagna, in termini di quota sull’export nazionale (12,5 per cento), alle spalle di Veneto (13,6 per cento) e Lombardia (27,9 per cento). Per quanto concerne i principali prodotti, quelli metalmeccanici, che hanno inciso per il 55,0 per cento del totale dell’export, hanno benefi ciato di un aumento dell’11,7 per cento, che è coinciso con quello generale. In questo ambito, il miglior andamento ha riguardato i prodotti legati all’elettricità-elettronica e meccanica di precisione (+28,1 per cento). Altri incrementi degni di nota sono stati registrati nei prodotti in metallo (escluso macchinari e attrezzature) e nel sistema auto e motori connessi. I prodotti agro-alimentari che nel primo semestre hanno costituito la seconda posta più importante dell’export dell’Emilia-Romagna, con una quota del 10,0 per cento, sono cresciuti in misura leggermente più contenuta (+11,2 per cento) rispetto all’aumento generale, ma in questo caso, contrariamente ad altri prodotti, è stato superato del 4,4 per cento anche il livello precedente la crisi. Per i prodotti della moda è proseguita la tendenza negativa emersa nel 2009. Il valore delle esportazioni è diminuito del 2,9 per cento rispetto alla prima metà del 2009 e del 12,4 per cento nei confronti di quella del 2008. Gli aumenti riscontrati nei settori tessile e pelli-cuoio-calzature9 sono stati annullati dalla fl essione del 6,2 per cento accusata dagli articoli di abbigliamento. I prodotti della trasformazione dei minerali non metalliferi (comprendono l’importante comparto delle piastrelle in ceramica), che rappresentano la quarta voce più importante dell’export emiliano-romagnolo (8,3 per cento del totale), hanno dato segni di ripresa (+7,6 per cento), ma insuffi cienti a raggiungere i livelli della prima metà del 2008 (-18,7 per cento). Nell’ambito degli altri prodotti manifatturieri è da sottolineare il forte aumento dei prodotti chimici (+33,7 per cento), il cui export è quasi tornato ai livelli della prima metà del 2008, oltre ai buoni andamenti di gomma-materie plastiche e carta-stampa-editoria. Note ancora negative per i mobili, le cui esportazioni sono diminuite del 7,7 per cento, e del 24,0 per cento se il confronto viene eseguito con il primo semestre 2008.

8 Le variazioni che avvengono nel Registro delle imprese possono essere rappresentate, tra le altre, da imprese erroneamente dichia-rate cessate che possono ritornare attive; da modifi che dell’attività esercitata; dal trasferimento della sede legale dell’impresa presso la CCIAA nella cui circoscrizione territoriale siano già istituite sedi secondarie o unità locali.9 Sono compresi anche gli articoli di vestiario in pelle e le pellicce.

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Per quanto riguarda i mercati continentali di sbocco, è stato riscontrato un generale miglioramento. L’Europa si è confermata il mercato principale con una quota del 68,0 per cento delle merci esportate dall’Emilia-Romagna, in leggero calo, quasi un punto percentuale, rispetto ai primo semestre 2009. La perdita di peso è da attribuire ad una crescita apparsa più lenta (+10,3 per cento), rispetto a quella generale dell’11,7 per cento. Tale andamento è stato dovuto alla diminuzione, attorno al 3 per cento, dell’export verso i paesi extracomunitari, che ha “raffreddato” la buona intonazione dell’Europa comunitaria (+13,0 per cento). La crescita più ampia dell’export è stata riscontrata verso il continente americano (+16,8 per cento), grazie alla vivacità degli scambi con l’America latina (+35,7 per cento), in particolare il Brasile (+82,8 per cento). Il ricco mercato nord-americano è cresciuto molto più lentamente (+9,4 per cento), risultando ben al di sotto dei livelli precedenti la crisi della prima metà del 2008 (-28,6 per cento). Negli altri ambiti continentali, l’Asia si è collocata anch’essa tra i mercati in ripresa, con un incremento del 16,4 per cento), che ha consentito di avvicinare l’export ai livelli della prima metà del 2008. Se apriamo una fi nestra sul colosso cinese, si registra un aumento ancora più consistente rispetto alla media del continente asiatico (+55,0 per cento), che ha consentito di superare signifi cativamente anche i livelli della prima metà del 2008 (+42,8 per cento). Il continente africano è salito del 6,4 per cento rispetto alla prima metà del 2009 e anche in questo caso c’è stato un avvicinamento alla situazione precedente la crisi. L’Oceania assieme ad altri territori ha confermato la propria marginalità nell’ambito del commercio estero emiliano-romagnolo, con una incidenza dell’1,3 per cento, la stessa rilevata nell’anno precedente. Per quanto concerne il turismo, dai dati raccolti ed elaborati da sei Amministrazioni provinciali relativi al periodo gennaio-giugno è emerso un leggero ridimensionamento dei fl ussi di arrivi e presenze, dovuto essenzialmente ai vuoti lasciati dalla clientela italiana, solo parzialmente compensati dalla ripresa del turismo internazionale, soprattutto proveniente dall’Europa dell’est, Russia in testa. Sotto l’aspetto della tipologia degli esercizi, sono state le strutture diverse dagli alberghi a manifestare la situazione meno intonata, mentre è continuata l’erosione del periodo medio di soggiorno. Se si estende l’analisi fi no a settembre, perdendo però il contributo statistico di alcune province, emerge una situazione sostanzialmente analoga a quella emersa nei primi sei mesi. Se analizziamo il quadrimestre giugno-settembre, che costituisce il cuore della stagione turistica, possiamo notare che nel complesso delle province di Forlì-

Cesena, Ravenna e Rimini è emerso un andamento che si può giudicare di sostanziale tenuta. Alla crescita dell’1,6 per cento degli arrivi si è associato il moderato decremento delle presenze (-1,0 per cento), con conseguente riduzione del 2,5 per cento del periodo medio di soggiorno. La contrazione dei pernottamenti è stata il frutto dei cali osservati nei mesi di giugno (il maltempo non è stato di aiuto), agosto e settembre, a fronte della discreta intonazione di luglio, le cui presenze sono aumentate tendenzialmente dell’1,8 per cento. Anche in questo caso la clientela straniera si è distinta da quella italiana per la maggiore vivacità, facendo registrare, nel complesso degli esercizi, una crescita per arrivi e presenze rispettivamente pari al 4,5 e 1,5 per cento. La clientela italiana ha evidenziato una crescita degli arrivi più contenuta (+0,9 per cento), che si è associata alla diminuzione dell’1,5 per cento delle presenze.

In un contesto di ripresa del commercio internazionale, il traffi co marittimo ha dato ampi segnali di recupero, dopo la caduta registrata nel 2009. Secondo i dati raccolti dall’Autorità portuale di Ravenna, nei primi nove mesi del 2010 il movimento merci, pari a circa 16 milioni e mezzo di tonnellate, è aumentato del 19,3 per cento nei confronti dell’analogo periodo del 2009, che a sua volta aveva accusato una fl essione del 30,0 per cento. A trainare l’aumento sono state soprattutto le merci varie in colli (+42,8 per cento), che comprendono, tra le altre, i trasporti in container e sui Roll-on/Roll-off, le cosiddette autostrade del mare. Le rinfusa solide hanno evidenziato una crescita un po’ più lenta (+11,7 per cento), a causa dei vuoti emersi nei traffi ci di cereali, mangimi/semi oleosi e fertilizzanti, e lo stesso è avvenuto per le rinfusa liquide (sono compresi i prodotti petroliferi), che rivestono tuttavia un ruolo marginale nell’economia portuale ravennate (+6,5 per cento). Per quanto concerne la movimentazione dei container, che sono tra le voci a più elevato valore aggiunto, i primi nove mesi del 2010 hanno registrato un moderato calo del volume di ingombro misurato in teus (-2,2 per cento), sintesi della fl essione prossima al 20 per cento dei “vuoti” e dell’aumento del 2,6 per cento dei “pieni”, che hanno costituito circa l’82 per cento della movimentazione.

Nel settore del trasporto aereo, l’andamento complessivo del traffi co passeggeri rilevato negli scali commerciali di Bologna, Forlì, Parma e Rimini è apparso in crescita, in linea con quanto avvenuto in Italia. Nei primi dieci mesi del 2010 i passeggeri arrivati e partiti nei quattro aeroporti commerciali dell’Emilia-Romagna hanno sfi orato i 6 milioni di unità, con un aumento del 16,8 per cento rispetto all’analogo periodo del 200910. Questo risultato è

10 Sono esclusi i passeggeri dello scalo bolognese movimentati tramite i voli dell’aviazione generale.

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stato determinato dal buon andamento rilevato nell’aeroporto di Bologna - nel 2009 ha rappresentato circa l’80 per cento del movimento passeggeri regionale - e dalla forte ripresa degli scali di Forlì e Rimini. Segno positivo anche per le merci, che in regione gravano per lo più sullo scalo bolognese.Nel principale aeroporto della regione, il Guglielmo Marconi di Bologna, i primi dieci mesi del 2010 si sono chiusi con un bilancio lusinghiero. I passeggeri movimentati sono aumentati del 14,8 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, per effetto soprattutto della forte crescita dei voli Low Cost, a fronte della sostanziale stabilità rilevata nei voli di linea e charter. Le rotte internazionali sono cresciute più velocemente (+17,9 per cento) rispetto a quelle nazionali (+7,6 per cento) e per entrambe è stato decisivo l’apporto dei voli a basso costo, a fronte della sostanziale stasi di quelli di linea e charter. Gli aeromobili movimentati sono risultati 54.325 vale a dire il 7,1 per cento in più rispetto ai primi dieci mesi del 2009. Coerentemente con quanto osservato relativamente al traffi co passeggeri, la crescita è dipesa dai voli Low Cost, che sono aumentati del 52,1 per cento rispetto all’anno precedente. Il trasporto merci via aerea è apparso in aumento (+7,7 per cento), mentre la posta è diminuita del 9,9 per cento. L’aeroporto Federico Fellini di Rimini ha chiuso positivamente i primi dieci mesi del 2010. Alla crescita del 20,3 per cento degli aeromobili movimentati, tra voli di linea e charter, si è associato l’andamento ancora più positivo del relativo movimento passeggeri - a Rimini il grosso del traffi co è costituito di norma dai voli internazionali - passato da 351.564 a 497.706 unità, per un variazione positiva del 41,6 per cento. Sotto l’aspetto della nazionalità dei passeggeri, è da sottolineare il raddoppio del movimento passeggeri registrato per i russi, che hanno rafforzato la propria incidenza sul traffi co passeggeri, portandola dal 34,5 per cento al 48,1 per cento. Altri incrementi degni di nota hanno riguardato le rotte con Germania (+23,7 per cento) e Regno Unito (+49,2 per cento). Altri aumenti di una certa entità hanno interessato i collegamenti con Svezia, Egitto, Svizzera (ha giovato il nuovo collegamento con Basilea), Grecia, Ucraina, Tunisia, Austria e Albania, ma non sono mancati i cali come nel caso di Francia, Lussemburgo, Norvegia, Finlandia, Olanda, Polonia e Romania. Con quest’ultima nazione c’è stata una fl essione dell’83,2 per cento. I collegamenti con l’Italia hanno subito anch’essi una signifi cativa battuta d’arresto (-29,1 per cento), che ne ha ridotto il peso dal 9,5 al 4,7 per cento. Note ugualmente positive per l’aeroporto Luigi Ridolfi di Forlì, che nei primi dieci mesi del 2010 ha benefi ciato di una crescita del 23,8 per cento del traffi co passeggeri rispetto all’analogo periodo del 2009, esclusivamente

dovuta all’ampio aumento riscontrato nei voli di linea (+27,3 per cento), a fronte della fl essione del 56,6 per cento accusata da quelli charter, il cui peso è comunque marginale nell’economia dell’aeroporto. Negli altri ambiti passeggeri è stata rilevata una ulteriore diminuzione dell’aviazione generale, che esula dall’aspetto meramente commerciale (-12,0 per cento), mentre i passeggeri transitati direttamente sono scesi da 946 a 546. Nell’ambito delle varie rotte, sono stati i collegamenti internazionali con l’Unione europea a sostenere il traffi co passeggeri, in virtù di un aumento pari al 94,6 per cento, che ha ampiamente colmato le diminuzioni registrate nelle rotte interne (-4,3 per cento) e internazionali extra Ue (-17,7 per cento). Gli aeromobili movimentati hanno evidenziato un andamento speculare a quello del traffi co passeggeri. La crescita complessiva del 9,0 per cento è stata determinata dai soli collegamenti di linea, aumentati del 18,9 per cento rispetto alla fl essione del 63,6 per cento accusata da quelli charter. Note negative anche per l’aviazione generale, la cui movimentazione è diminuita del 9,1 per cento. La movimentazione delle merci, pari a 633 tonnellate, è ritornata a caratterizzare lo scalo forlivese, dopo un 2009 segnato da appena una tonnellata, ma si tratta di un andamento straordinario, in quanto da settembre lo scalo forlivese ha accolto merci dirottate dall’aeroporto bolognese, alle prese con lavori notturni di manutenzione della pista. L’aeroporto Giuseppe Verdi di Parma ha chiuso i primi undici mesi del 2010, facendo registrare una moderata diminuzione della movimentazione. I passeggeri arrivati e partiti sono risultati 227.503, vale a dire il 3,8 per cento in meno rispetto all’analogo periodo del 2009. La diminuzione del traffi co passeggeri è da attribuire a tutte le tipologie. I voli di linea, che hanno caratterizzato circa il 95 per cento del movimento passeggeri, hanno registrato una diminuzione prossima al 3 per cento, mentre decisamente più ampi sono apparsi i vuoti rilevati nei voli charter (-25,3 per cento) e tra aerotaxi e aviazione generale (-12,7 per cento). Gli aeromobili movimentati sono risultati poco più di 9.000, con un calo del 6,8 per cento rispetto ai primi undici mesi del 2009. Anche in questo caso sono stati charter e aerotaxi-aviazione generale ad accusare le diminuzioni più sostenute, rispettivamente pari al 6,3 e 8,4 per cento, a fronte del calo del 4,3 per cento relativo ai più importanti voli di linea. Del tutto assente il movimento merci, in linea con quanto emerso nei primi dieci mesi del 2009.

Nell’ambito del credito, nello scorso giugno i prestiti alla clientela residente in Emilia-Romagna sono aumentati tendenzialmente dello 0,5 per cento, in leggera risalita rispetto alla diminuzione dell’1,1

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per cento rilevata a dicembre 2009.Nella prima parte dell’anno i prestiti alle famiglie hanno continuato ad aumentare, a fronte della fl essione di quelli alle imprese. L’esposizione di quest’ultime nei confronti delle banche si è ridotta tendenzialmente del 3,1 per cento, in misura leggermente inferiore a quella riscontrata alla fi ne del 2009 (-3,7 per cento). Il calo, come sottolineato dalla Banca d’Italia, è interamente imputabile ai prestiti con scadenza inferiore ai 5 anni. Per i fi nanziamenti con durata superiore c’è stato invece un incremento, da ascrivere in parte alla ristrutturazione di posizione debitorie in essere. Alla diminuzione del 4 per cento dei prestiti concessi alle imprese medio-grandi si è solo in parte contrapposto l’incremento di quelle piccole (+0,5 per cento) e delle famiglie produttrici (+2,0 per cento). Dal lato dell’offerta, secondo l’indagine della Banca d’Italia nel primo semestre del 2010 le condizioni creditizie sono rimaste pressoché invariate rispetto a sei mesi prima. Si è pertanto interrotta la tendenza all’inasprimento che, seppure in attenuazione, perdurava dall’inizio della rilevazione (quarto trimestre del 2008). Le banche hanno previsto un moderato allentamento delle condizioni creditizie nella seconda parte del 2010.Il credito al consumo erogato da banche e società fi nanziarie è diminuito dell’1,6 per cento, a fronte di una crescita del 5,9 per cento a dicembre 2009. La fl essione, dovuta alla debolezza dei consumi di beni durevoli (la caduta delle immatricolazioni di autovetture in primis) è interamente imputabile alla componente offerta dagli intermediari bancari.La qualità del credito è apparsa in deterioramento.Nella media dei quattro trimestri terminanti a giugno 2010 le sofferenze rettifi cate sono ammontate all’1,92 per cento della consistenza dei prestiti a inizio periodo, a fronte della quota dell’1,59 per cento rilevata nell’anno precedente. Il peggioramento è apparso più ampio per le imprese, la cui incidenza è salita al 2,50 per cento contro il 2,02 per cento di giugno 2009. Per le famiglie consumatrici e assimilabili il deterioramento è risultato più contenuto. Il relativo rapporto è stato dell’1,23 per cento, rispetto all’1,03 per cento di un anno prima.A giugno il tasso di crescita dei depositi di imprese e famiglie consumatrici è cresciuto del 3,2 per cento, in rallentamento rispetto all’incremento del 4,8 per cento rilevato a fi ne 2009. La frenata dei depositi ha riguardato sia le famiglie consumatrici che le imprese. I conti correnti hanno continuato a espandersi a ritmi elevati, soprattutto quelli detenuti dalle famiglie consumatrici (+11,0 per cento), favoriti dalla ricomposizione verso forme più liquide in un contesto di bassi tassi d’interesse. I tassi praticati in Emilia-Romagna dal sistema bancario alla clientela residente non hanno risentito

della tendenza espansiva che ha caratterizzato nel 2010 i tassi Euribor e i rendimenti di alcuni titoli di Stato. Quelli attivi sulle operazioni a revoca - è una categoria di censimento della Centrale dei rischi nella quale confl uiscono le aperture in conto corrente - si sono attestati a giugno 2010 al 5,57 per cento, risultando in calo di 0,16 punti percentuali rispetto al trend dei dodici mesi precedenti. Nell’ambito dei tassi attivi sui fi nanziamenti per cassa applicati alle famiglie consumatrici è stato rilevato un analogo andamento. Dalla media del 3,50 per cento registrata tra il secondo trimestre 2009 e il primo trimestre 2010 si è scesi al 3,08 per cento di giugno 2010. I tassi sulla raccolta hanno seguito la tendenza riduttiva di quelli attivi. Secondo la rilevazione della sede regionale della Banca d’Italia, il tasso medio passivo sui conti correnti in giugno è stato pari allo 0,34 per cento, uguagliando nella sostanza quello di fi ne 2009, ma risultando inferiore di circa 30 punti base rispetto alla situazione dei dodici mesi precedenti. Lo sviluppo della rete degli sportelli bancari si è arrestato, dopo un lungo periodo di espansione. A fi ne giugno 2010 ne sono risultati operativi 3.541 rispetto ai 3.592 di fi ne giugno 2009 e 3.593 di marzo 2010. Se si considera che nel 2010 l’Emilia-Romagna ha acquisito sette comuni dalla provincia di Pesaro e Urbino con i relativi sportelli il calo assume proporzioni un po’ più sostenute. Secondo l’indagine Excelsior sui fabbisogni occupazionali, il 2010 dovrebbe chiudersi per il settore dei “Servizi fi nanziari e assicurativi” dell’Emilia-Romagna in termini moderatamente negativi. Le aziende del settore hanno previsto di assumere 1.470 persone a fronte di 1.530 uscite, per una variazione negativa dello 0,1 per cento, molto più contenuta rispetto al calo dell’1,1 per cento prospettato per il 2009. La compagine imprenditoriale è rimasta sostanzialmente stabile rispetto a settembre 2009.

L’artigianato manifatturiero ha dato qualche segnale di ripresa, dopo la fase spiccatamente recessiva che aveva caratterizzato il 2009. Il bilancio complessivo dei primi nove mesi del 2010 è tuttavia risultato ancora negativo.Secondo l’indagine del sistema camerale, il periodo gennaio-settembre 2010 si è chiuso con una diminuzione media della produzione del 2,2 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, decisamente più attenuata rispetto alla fl essione del 15,4 per cento rilevata un anno prima. La battuta d’arresto, leggermente più contenuta rispetto a quanto rilevato in Italia (-2,4 per cento), è dipesa soprattutto dalla diminuzione del 7,8 per cento registrata nei primi tre mesi. Nel trimestre successivo la riduzione si è sensibilmente attenuata (-0,6 per cento), preludendo

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ad una crescita, nei tre mesi successivi, dell’1,8 per cento. Era dall’estate del 2007 che l’artigianato manifatturiero non registrava segni positivi. Al calo produttivo si è associato un analogo andamento per vendite e ordini, ma anche in questo caso l’aumento del trimestre estivo ha mitigato i cali osservati nei mesi precedenti. Anche l’export è apparso in diminuzione, ma in misura meno evidente rispetto all’involuzione di produzione, vendite e domanda. Il calo medio dei primi nove mesi del 2010 è stata dell’1,5 per cento, in contro tendenza rispetto a quanto registrato in Italia (+0,8 per cento). Anche in questo caso è stata la fl essione del primo trimestre a determinare il risultato negativo, a fronte degli aumenti emersi nei mesi successivi. La consistenza delle imprese attive manifatturiere è diminuita, a fi ne settembre 2010, del 3,4 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009, in misura più elevata rispetto al decremento del 2,0 per cento dell’universo delle imprese artigiane. Per quanto concerne i fi nanziamenti, è da sottolineare il leggero ridimensionamento dell’attività del consorzio di garanzia Unifi di, in parte dovuto a un ciclo degli investimenti che stenta ancora a riprendere. Gli importi deliberati nei primi nove mesi del 2010 sono diminuiti del 2,5 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009.

Per quanto concerne l’andamento economico della cooperazione, desunto dai primi dati di preconsuntivo forniti dalle centrali regionali di AGCI, Confcooperative e Legacooperative, si prospetta per il 2010 un andamento tra qualche luce e non poche ombre. La grave crisi del 2009 non è stata ancora completamente assorbita. Tra le cooperative aderenti alla Lega, le più penalizzate sembrano essere quelle di abitazione e pesca poiché per esse è prevista la diminuzione di tutti i parametri disponibili (valore della produzione, margini, soci e occupazione). Per le cooperative di servizi è previsto un calo di margini, soci e occupati e stabilità del valore della produzione. Esiste poi una fascia intermedia di cooperative per le quali i margini sono previsti in diminuzione, a fronte della stabilità delle altre grandezze (produzione e lavoro, cooperative sociali e agroindustriali). Anche le cooperative di consumo hanno fatto registrare un calo dei margini, mitigato dall’incremento del numero dei soci. Il settore cooperativo che sembra reagire meglio nel corso del 2010 è quello dei dettaglianti, che hanno registrato un aumento del valore della produzione, dei dipendenti e del numero dei soci in aumento e stabilità dei margini.I dati di preconsuntivo 2010 confermano che anche le cooperative associate a Confcooperative stanno vivendo, seppure in misura inferiore rispetto ad altri

comparti dell’economia regionale, la crisi dei consumi generata dalla forte diminuzione della capacità di spesa delle famiglie italiane. L’indagine congiunturale sulle associate fa riaffi orare, però, una certa dose di ottimismo soprattutto in quelle cooperative che si rivolgono in maniera signifi cativa ai mercati esteri. Continua a tenere l’occupazione, a fronte di modeste variazioni in termini di fatturato.I dati forniti da AGCI Emilia-Romagna consentono un confronto della situazione al primo dicembre 2009 con quella al 30 novembre 2010. Per quel che riguarda il complesso delle cooperative aderenti, il fatturato è apparso in diminuzione mentre risultano in aumento il numero delle cooperative aderenti, i soci e l’occupazione. All’interno del fenomeno occupazione, la crescita più sostenuta ha riguardato quella relativa ai dipendenti non soci rispetto alla dinamica dei dipendenti soci.

Gli ammortizzatori sociali che sono diffusamente commentati nel capitolo dedicato al mercato del lavoro, han no avuto un larghissimo impiego, nonostante la ripresa produttiva avviata nel secondo trimestre. Nei primi dieci mesi del 2010 la Cassa integrazione guadagni nel suo complesso è arrivata a sfi orare i 100 milioni di ore autorizzate, a fronte dei circa 46 milioni e 641 mila dell’analogo periodo del 2009. Gran parte dell’aumento è dipeso dal massiccio ricorso alla Cig in deroga, che è ammontata a quasi 46 milioni di ore, rispetto ai circa 3 milioni e 800 mila ore dei primi dieci mesi del 2009. Le iscrizioni nelle liste di mobilità dei primi dieci mesi sono risultate quasi 24.405, con un incremento del 5,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009. Le domande di disoccupazione hanno iniziato a rifl uire, dopo il massiccio impiego registrato nel 2009. Secondo le elaborazioni della Regione su dati Inps, nei primi dieci mesi del 2010 ne sono state registrate complessivamente, tra ordinaria e con requisiti ridotti, 126.183, con un decremento del 17,7 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009. Al di là del calo, resta tuttavia un quantitativo che è apparso ancora al di sopra della situazione del 2008 (+25,4 per cento).

Nei primi nove mesi del 2010 i protesti cambiari levati in otto delle nove province dell’Emilia-Romagna a carico dei residenti hanno evidenziato nel lor o complesso una tendenza al ridimensionamento, dopo il forte aumento rilevato nel 2009, sia come consistenza (+8,6 per cento), che importo (+20,7 per cento). Al di là di una certa cautela, dovuta alla provvisorietà dei dati 2010, resta tuttavia un segnale di ritorno a quote più normali, dopo le turbolenze causate dalla più grave crisi economica del dopoguerra.Gli effetti protestati e i relativi importi sono diminuiti rispettivamente del 5,7 e 17,0 per cento rispetto all’analogo periodo del 2009. La diminuzione

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complessiva delle somme protestate è stata determinata da ogni tipo di effetto. Le diffuse tratte accettate-cambiali pagherò, pur essendo cresciute come consistenza (+2,6 per cento), sono diminuite in termini di importi del 3,2 per cento, con conseguente fl essione del 5,6 per cento dell’importo medio. Molto più vistosa è apparsa la riduzione delle tratte non accettate11 - hanno inciso per appena il 3 per cento del totale delle somme in protesto - sia come numero effetti (-28,9 per cento), che consistenza (-54,8 per cento). Anche in questo caso c’è stato un decremento, pari al 36,5 per cento, dell’importo unitario. La tratta non accettata corrisponde in pratica a un ordine di pagamento emesso dal creditore (traente) che non ha avuto una risposta positiva. Nel 2009 la crisi economica ha comportato grossi problemi di liquidità inducendo taluni creditori a ingiungere il pagamento delle somme dovute tramite tratte. Il ritorno a livelli decisamente più ridotti sembra sottintendere un segnale di normalizzazione, dopo le forti tensioni fi nanziarie emerse nell’anno precedente.

Gli assegni sono diminuiti del 24,2 per cento, e dello stesso tenore è stato il calo delle somme protestate (-24,7 per cento). Il relativo importo medio per effetto è rimasto praticamente lo stesso dei primi nove mesi del 2009 (-0,7 per cento).

Per quanto riguarda i fallimenti, la situazione emersa in sette province12 dell’Emilia-Romagna è risultata di segno negativo, sottintendendo un’onda lunga della crisi che ha colpito duramente l’economia nel 2009. I fallimenti dichiarati nell’insieme delle sette province nei primi nove mesi del 2010 sono risultati 434 rispetto ai 363 dell’analogo periodo del 2009, per un aumento percentuale pari al 19,6 per cento. Da sottolineare la crescita del 47,5 per cento accusata dalle industrie manifatturiere, che hanno rappresentato oltre un terzo dei fallimenti dichiarati. In ambito commerciale l’incremento si è attestato al 20,5 per cento, mentre l’edilizia è rimasta invariata.

[...]

11 Le tratte non accettate non sono oggetto di pubblicazione sul Registro Informatico dei Protesti, che è stato introdotto con legge 18 agosto 2000, n. 235, consentendo alle Camere di commercio di sostituire la pubblicazione cartacea dell’elenco protesti già effet-tuata dagli stessi enti ai sensi della Legge 12 Febbraio 1955, n.77.12 Hanno collaborato all’indagine le Camere di commercio di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Parma, Piacenza, Ravenna e Reggio Emilia.

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E P R E V I S I O N I P E R L ’ E C O N O M I A R E G I O N A L ELSul fi nire della stagione autunnale tornano in primo piano i timori sull’andamento del ciclo economico internazionale, in un quadro sensibilmente mutato. Nel G-20 è mancato l’accordo in tema di valute e di riduzione degli squilibri internazionali. In Cina si teme che l’impennata dell’infl azione, cui ha fatto seguito l’aumento dei coeffi cienti di riserva bancari, sia il preludio a nuovi rialzi dei tassi, con il rischio di una brusca frenata dell’attività. L’impegno della Federal Reserve ad immettere valuta attraverso $600bn di acquisti di titoli di stato per sostenere l’attività è giunto insieme a segnali di ripresa negli

Stati Uniti, nonostante il permanere dell’elevato livello della disoccupazione, e non ha determinato ulteriori deprezzamenti del dollaro. Si è indebolita la ripresa in Germania e sono tornati in primo piano i temi interconnessi della crescita debole dell’Area dell’euro, della crisi del debito pubblico dei paesi periferici e del sistema bancario europeo. I prezzi delle materie prime, minerali e agricole, sono prossimi ai massimi del 2008 ed esercitano una pressione infl azionistica sulle economie emergenti, interessate da ingenti affl ussi di capitali esteri. Il rischio di una bolla speculativa, di una fi ammata

Emilia Romagna Italia

2009 2010 2011 2012 2009 2010 2011 2012

Conto economico

Prodotto interno lordo -5,9 1,5 1,0 1,4 -5,0 1,1 0,8 1,1

Domanda interna -3,1 0,7 0,9 1,2 -3,5 0,6 0,7 1,0

Spese per consumi delle famiglie -0,3 0,8 0,9 1,0 -1,9 0,6 0,7 0,8

Spese per consumi AAPP e ISP 0,5 -0,5 -0,4 0,1 0,6 -0,2 -0,3 0,2

Investimenti fi ssi lordi -13,6 1,9 2,1 2,8 -12,1 1,4 1,7 2,7

Importazioni di beni dall’estero -19,3 -2,7 4,7 5,1 -16,2 6,3 4,2 4,6

Esportazioni di beni verso l’estero -22,9 6,4 5,2 5,6 -20,7 7,9 4,5 5,0

Valore aggiunto ai prezzi base

Agricoltura 2,8 1,2 0,7 0,9 -3,1 1,2 0,8 1,0

Industria -15,0 4,1 1,9 2,1 -15,1 4,0 1,9 2,1

Costruzioni -8,3 -2,3 -0,1 0,5 -6,7 -2,6 -0,4 0,3

Servizi -3,1 1,2 1,1 1,2 -2,6 0,9 0,9 1,0

Comm., rip., alb. e rist., trasp. e com. -3,4 1,9 1,4 1,5 n.d. n.d. n.d. n.d.

Interm. mon. e fi n., att.à imm. e imprend. -1,9 0,9 1,5 1,5 n.d. n.d. n.d. n.d.

Altre attività di servizi -4,6 0,7 0,2 0,5 n.d. n.d. n.d. n.d.

Totale -6,5 1,5 1,2 1,4 -5,5 1,2 1,0 1,2

Unità di lavoro

Agricoltura -0,2 0,0 -0,9 -0,6 -1,8 0,0 -0,9 -0,6

Industria -5,8 -7,7 1,0 1,7 -8,1 -8,2 0,6 1,3

Costruzioni -3,3 0,7 -0,4 0,0 -0,7 0,3 -0,7 -0,2

Servizi -1,2 -0,1 0,5 1,0 -1,3 -0,4 0,3 0,8

Comm., rip., alb. e rist., trasp. e com. -1,2 0,4 0,6 0,7 n.d. n.d. n.d. n.d.

Interm. mon. e fi n., att.à imm. e imprend. 0,3 0,1 0,1 0,5 n.d. n.d. n.d. n.d.

Altre attività di servizi -2,1 -0,9 0,8 1,6 n.d. n.d. n.d. n.d.

Totale -2,4 -1,9 0,5 1,0 -2,6 -1,8 0,2 0,7

Rapporti caratteristici

Tasso di occupazione(2)(3) 45,3 44,5 44,0 43,6 38,5 38,1 37,7 37,4

Tasso di disoccupazione(2) 4,8 5,5 6,3 7,1 7,8 8,5 9,3 10,0

Tasso di attività(2)(3) 47,6 47,1 47,0 47,0 41,8 41,6 41,6 41,6

Reddito disponibile a prezzi correnti -3,0 1,6 2,2 3,0 -2,7 1,2 2,0 2,6

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2010

Tab. 2.15.1. Previsione per Emilia Romagna e Italia. Tassi di variazione percentuali su valori concatenati, anno di riferimento 2000

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infl azionistica, dell’introduzione di limitazioni ai movimenti di capitale e di un rallentamento della crescita si è elevato.

2.15.1. Pil e conto economico

L’Area studi e ricerche di Unioncamere Emilia-Romagna, in collaborazione con Prometeia, ha predisposto “Scenario economico provinciale”, la previsione macro-economica per l’Emilia-Romagna fi no al 2012.

Con la recente diffusione dei conti economici regionali, l’Istat ha rivisto al ribasso il dato relativo alla variazione del Pil regionale nel 2008, da -1,0 a -1,5 per cento, e fornisce la prima indicazione riferita al 2009, pari a -5,9 per cento. Lo scenario riduce quindi la stima della crescita reale del Pil dell’Emilia-Romagna sia per il 2010 a +1,5 per cento, sia per il 2011, a +1,0 per cento.Per l’Italia si prospetta un aumento reale, pari all’1,1 per cento per il 2010 e dello 0,8 per cento per il 2011. La crescita prevista fi no al 2012 permetterà di ottenere solo un parziale recupero della caduta del Pil accusata nel biennio 2008-2009.Dopo la fl essione del 3,1 per cento registrata nel 2009, la domanda interna dovrebbe lentamente riprendersi nel 2010, con un incremento dello 0,7 per cento, ampiamente inferiore al Pil, per crescere poco di più nel 2011. Questo andamento non fa che tradurre il modesto tono dei consumi delle famiglie, che nel 2010 dovrebbero aumentare dello 0,8 per cento, mantenendo questo ritmo anche nel 2011, con un +0,9 per cento. Sui consumi si rifl ette pesantemente la grave condizione del mercato del lavoro. Dopo una caduta del 13,6 per cento, gli investimenti fi ssi lordi torneranno anch’essi ad aumentare nel 2010 (+1,9 per cento), ma fi no al 2012 la loro crescita proseguirà a tassi contenuti, insuffi cienti per colmare, almeno in parte, la forte diminuzione registrata a partire già dal 2007Anche in regione la ripresa è stata trainata dal commercio estero, come confermano i dati Istat riferiti alle esportazioni regionali del primo semestre. Alla fl essione reale del 22,9 per cento registrata nel 2009 dovrebbe fare seguito un aumento delle esportazioni del 6,4 per cento nel

Fig. 2.15.1. Previsione regionale: tasso di variazione delle variabili di conto economico, valori concatenati, anno di rif. 2000.

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2010

-5,9

-19,3

-22,9

-0,3

-13,6

1,5

-2,7

6,4

0,8 1,9 1,0

4,7 5,2

0,9 2,1

-24,0

-20,0

-16,0

-12,0

-8,0

-4,0

0,0

4,0

8,0

Prodotto interno lordo

Import Export Consumi privati

Investimenti fissi lordi

2009 2010 2011

Fig. 2.15.2. Previsione regionale: tasso di variazione, valori concatenati, anno di rif. 2000, e quota del valore aggiunto settoriale (2009).

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2010

2,8 1,2 0,7

-15,0

4,1 1,9

-8,3

-2,3 -0,1

-3,1

1,2 1,1

-20

-15

-10

-5

0

5

10

2009 2010 2011

Agricoltura Industria Costruzioni Servizi 2,1

6,3

66,9

24,7

Fig. 2.15.3. Previsione regionale: evoluzione della composizione del valore aggiunto.

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2010

5,1 3,6 3,0 2,4 1,9

30,0 29,6 28,6 28,0 25,2

4,6 4,1 4,7 6,1 5,9

60,3 62,7 63,7 63,5 67,0

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1992 1997 2002 2007 2012

Agricoltura Industria Costruzioni Servizi

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2010. Si tratta di un risultato lievemente peggiore rispetto a quello atteso per l’export nazionale (+7,9 per cento). Durante il biennio 2011-2012 la velocità della crescita delle vendite all’estero della regione dovrebbe ridursi lievemente, ma risultare superiore a quella dell’export nazionale. Al termine del 2012 il valore delle esportazioni regionali, risulterà ancora inferiore del 10 per cento al livello massimo pre-crisi del 2007. La debolezza dell’attuale fase di ripresa è sottolineata anche dalla fl essione delle importazioni, in diminuzione del 2,7 per cento nel 2010, che non corrispondono solo a domanda di consumi, ma costituiscono in ampia parte input del processo produttivo.

2.15.2. La formazione del valore aggiunto: i settori

L’aspetto cruciale dell’analisi della formazione del reddito è rappresentato dalla ripresa dell’industria in senso stretto, che nel 2010 dovrebbe registrare un buon incremento del valore aggiunto, pari al 4,1 per cento, che tuttavia, colmerà solo parzialmente la forte caduta accusata tra il 2008 e il 2009. Le prospettive appaiono meno buone nel biennio successivo, che dovrebbe registrare un sensibile rallentamento della crescita del valore aggiunto industriale.La crisi continuerà a gravare, invece, sul settore delle costruzioni, il cui valore aggiunto dovrebbe ridursi ancora nel 2010 (-2,3 per cento). Le prospettive non appaiono buone, tanto che il reddito derivante dall’edilizia dovrebbe restare pressoché invariato nel 2011.

Per il variegato ramo dei servizi, il valore aggiunto dovrebbe crescere nel 2010 dell’1,2 per cento e il ritmo delle sua espansione dovrebbe mantenersi costante nel biennio successivo, permettendo di giungere, a fi ne 2012, a superare il livello del reddito toccato nel 2008. La spinta maggiore dovrebbe venire per l’anno in corso dal comparto del “commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni”, che nel biennio successivo si vedrà affi ancato dal settore dell’”intermediazione monetaria e fi nanziaria, delle attività immobiliari e imprenditoriali”.

Fig. 2.15.4. Previsione nazionale: tasso di variazione delle variabili di conto economico, valori concatenati, anno di rif. 2000.

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2010

-5,0

-16,2

-20,7

-1,9

-12,1

1,1

6,3 7,9

0,6 1,4 0,8

4,2 4,5

0,7 1,7

-24,0

-20,0

-16,0

-12,0

-8,0

-4,0

0,0

4,0

8,0

Prodotto interno lordo

Import Export Consumi privati

Investimentfissi lordi

2009 2010 2011

Fig. 2.15.5. Previsione nazionale: tasso di variazione, valori concatenati, anno di rif. 2000, e quota del valore aggiunto settoriale (2009).

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2010

Fig. 2.15.6. Previsione nazionale: evoluzione della composizione del valore aggiunto.

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2010

3,5 3,2 2,6 2,1 1,7

24,4 24,4 22,4 21,4 19,3

6,2 5,1 5,4 6,1 5,8

66,0 67,3 69,7 70,4 73,2

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

1992 1997 2002 2007 2012

Agricoltura Industria Costruzioni Servizi

1,8

6,0

73,1

18,8

-3,1

1,2 0,8

-15,1

4,0 1,9

-6,7

-2,6 -0,4

-2,6

0,9 0,9

-20

-15

-10

-5

0

5

2009 2010 2011

Agricoltura Industria Costruzioni Servizi

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2.15.3. Il mercato del lavoro

L’inversione della tendenza del ciclo tarderà a tradursi in un miglioramento della condizione del mercato del lavoro, che in particolare in Italia, risente sempre con un sostanziale ritardo dell’andamento economico. La forte crisi ha determinato un eccesso di capacità produttiva, che non porterà nell’immediato a un pronto rientro della forza lavoro espulsa. Le imprese si adeguano a ritmi produttivi più bassi e tendono a conservare il “cuore” dell’occupazione, facendo ampio ricorso alla cassa integrazione, tagliando i contratti precari e le fi gure non ritenute indispensabili. Ciò proseguirà sino a quando la crescita non risulterà consolidata. Le imprese industriali hanno aumentato la produzione, cogliendo l’occasione della ripresa avviata con il secondo trimestre dell’anno, facendo un minore ricorso alla cassa integrazione. L’allontanarsi nel tempo di una sostanziale fase di espansione potrebbe portare quindi ad un più ampio deterioramento del mercato del lavoro rispetto a quello atteso per i prossimi mesi, che è già scontato come effetto della crisi trascorsa.Nel 2010 l’impiego di lavoro nel processo produttivo, valutato in termini di unità di lavoro e quindi al netto della cassa integrazione guadagni, è previsto in ulteriore diminuzione, -1,9 per cento, una fl essione che va ad aggiungersi all’eccezionale diminuzione rilevata nel 2009 (-2,4 per cento). Si tratta di una tendenza in linea con quella prospettata a livello nazionale. Per la sola occupazione alle dipendenze ci si attende un calo ancora più sostenuto, pari al 2,9 per cento nel 2010. La crescita del Pil non dovrebbe quindi determinare un incremento dell’impiego di lavoro nelle attività produttive prima del 2011, quando dovrebbe registrarsi solo un lieve aumento (+0,5 per cento). A livello settoriale, per il 2010, si prevede una pesante caduta dell’impiego di lavoro nell’industria regionale -7,7 per cento, che potrà essere solo minimamente recuperata nel 2011 (+1,0 per cento). Risulterà ancora in lieve fl essione l’impiego di lavoro nei servizi (-0,1 per cento), che è atteso in ripresa per il 2011 (+0,5 per cento).In termini di persone fi siche, nel 2010, il numero

degli occupati dovrebbe ridursi nuovamente dello 0,9 per cento e ci si attendono ulteriori variazioni negative anche per il 2011 (-0,4 per cento) e per il 2012, tanto che non si giungerà ad una stabilizzazione dell’occupazione entro l’orizzonte di previsione.Gli indicatori relativi al mercato del lavoro evidenziano un quadro in progressivo deterioramento. Il tasso di attività si ridurrà al 47,1 per cento nel 2010 e si manterrà stabile su questi livelli nel biennio successivo. Il tasso di occupazione dovrebbe risultare del 44,5 per cento, con una fl essione di 2 punti percentuali rispetto al 2007 e dovrebbe ulteriormente ridursi di un punto percentuale entro la fi ne del 2012.Il tasso di disoccupazione era del 2,8 per cento nel 2007. Dal 4,8 per cento del 2009, salirà al 5,5 per cento al termine dell’anno in corso, anche per l’esteso impiego in deroga della cassa integrazione, ma dovrebbe crescere ulteriormente, giungendo a toccare il 7,1 per cento nel 2012.

Nel complesso si conferma un quadro piuttosto pesante, che impone al sistema economico locale e alle singole imprese un’estrema capacità di adattamento a condizioni competitive in rapido mutamento e mette alla prova la tenuta dei sistemi industriale e sociale della regione.

Fig. 2.15.7. Previsione regionale e nazionale: tasso di variazione e numero indice del Pil (1991=100)

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, Scenario economico provinciale, novembre 2010

131,2

123,4126,1

124,7

116,9120,5

95

100

105

110

115

120

125

130

135

-8,0

-6,0

-4,0

-2,0

0,0

2,0

4,0

6,0

92

93

94

95

96

97

98

99

00

01

02

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10 11 12

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227Rapporto sull’economia della provincia di Forlì-Cesena - 2010

Camera di Commercio

di Forlì-Cesena

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Si ringraziano tutti coloro che con cortesia e disponibilità hanno fornito dati e informazioni rendendo possibile la realizzazione di questo volume.

Il rapporto è stato chiuso in data 17 febbraio 2011 ed è consultabile su Internet nel sito:http://www.fc.camcom.it/studiestatistica/

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Innovazione, ricerca, Università, sviluppo sostenibile, imprenditorialitàleve importanti per la competitività del sistema economico e opportunità per lo sviluppo del territorio

Regolazione del mercato,trasparenza e cultura conciliativatutela della fede pubblica e della proprietà intellettuale attraverso strumenti di giustizia alternativa più snelli

Credito e finanza d’impresasupporto alle imprese per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie ad avviare investimenti innovativi, nell’ottica di una più ampia diffusione della cultura finanziaria in azienda.

Internazionalizzazionea fianco delle imprese per incentivare il marketing internazionale e facilitare l’incontro fra operatori italiani e stranieri

Identità e marketing territoriali, valorizzazione tipicità ed eccellenzeazioni e progetti per coniugare le potenzialità turistiche e le eccellenze produttive come espressione di identità territoriale

Informazione statistica economica e socialeattività di aggiornamento, ampliamento del patrimonio informativo e diffusione dell’informazione a favore del sistema locale

Semplificazione amministrativaservizi innovativi, semplificazione degli adempimenti burocratici e riduzione dei tempi per l’avvio dell’attività d’impresa in una struttura più efficiente al servizio degli operatori

Comunicazione, informazione, identità fattori strategici per un’immagine efficace della Camera e della sua identità, rafforzando il complesso sistema di relazioni

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Rapporto sull’Economia della provincia di Forlì-Cesena 2010

Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Forlì-Cesena

Presidente: Alberto ZambianchiSegretario Generale: Antonio Nannini

Responsabile Uffi cio Statistica e Studi: Cinzia Cimatti

La predisposizione del Rapporto è stata curata dai seguenti redattori:Cinzia Cimatti, Paola Mettica, Luciano Ravaioli, Fabio Strada, Vanni Ugolini

della Camera di Commercio di Forlì-Cesenae

Guido Caselli, Matteo Beghelli, Federico Pasqualinidell’Area Studi e Ricerche di Unioncamere Emilia-Romagna

Grafi ca su progetto di: Videoimpaginazione e stampa: Grafi che MDM s.r.l.

Fotografi e: Giorgio Sabatini

FEBBRAIO 2011

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