Ramayana · 2014-11-03 · Ramayana vengono messi insieme amore ed eroismo, ahimsa e...

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Ramayana INDICE - Prefazione editoriale - Autore Valmiki - Spiegazione del testo - Nota - Introduzione di Swami Venkatesananda SRIMAD RAMAYANA - Bala Kandam - L'infanzia di Rama - Ayodhya Kandam - La vita ad Ayodhya - Aranya Kandam - La vita nella foresta - Kishkindha Kandam - Il soggiorno a Kishkindha - Sundara Kandam - La magnifica impresa - Yuddha Kandam - La grande battaglia - Uttara Kandam - Dopo l'incoronazione - Commento - Glossario MAHARISHI VALMIKI: RAMAYANA Edizioni Vidyananda Titolo originale dell'opera: Valmiki's Ramayana Daily Readings by Siva Pada Renu Swami Venkatesananda. Traduzione italiana a cura di Pasquale D'Adamo (un devoto dello Swami). Click on 'Name' for Details

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Ramayana

INDICE

- Prefazione editoriale- Autore Valmiki- Spiegazione del testo- Nota - Introduzione di Swami Venkatesananda

SRIMAD RAMAYANA- Bala Kandam - L'infanzia di Rama- Ayodhya Kandam - La vita ad Ayodhya - Aranya Kandam - La vita nella foresta - Kishkindha Kandam - Il soggiorno a Kishkindha - Sundara Kandam - La magnifica impresa - Yuddha Kandam - La grande battaglia - Uttara Kandam - Dopo l'incoronazione

- Commento

- Glossario

MAHARISHI VALMIKI: RAMAYANA Edizioni Vidyananda

Titolo originale dell'opera: Valmiki's Ramayana Daily Readings by Siva Pada Renu Swami Venkatesananda.Traduzione italiana a cura di Pasquale D'Adamo (un devoto dello Swami).

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Carmelo:Io faccio parte del gruppo Cca si scrivi sulu sicilianu e da noi la Q si scrive.

Girolamo:A chi mi chiedeva cosa significa 'nama ssittari', rispondo che anche un siciliano ha difficoltà a leggere. La frasesarebbe invece: Ni amu a assittari. Letteralmente in italiano: Ci abbiamo a sedere (ci dobbiamo sedere). Il sicilianoparlato, scritto, semplifica, con qualche apostrofo, la frase: N' am' a ssittari.

Girolamo:Vorrei far notare a chi chiede informazioni sulle parole e frasi siciliane, che la lingua siciliana è una lingua neolatinacome l'italiano. Se, quando vedete scritte frasi siciliane, non capite il significato, in minima parte dipende dalle parolein vernacolo, in massima parte dipende dal fatto che la lingua siciliana e la sua grammatica, non sono mai statestudiate dai siciliani, i quali, a quanto pare, appena si mettono a scrivere in siciliano, dimenticano le più elementarileggi grammaticali comuni a tutte le lingue: Soggetto, verbo, predicato, complemento. Nella lingua siciliana attuale,tutto diventa una insalata mista di suoni e rumori fatti 'ca linghua muzza'.

Andrea:Perchè non c'è la Q in siciliano?

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PREFAZIONE

Il Ramayana di Maharishi Valmiki è una delle due grandi epiche che formano l'anima della nazioneindiana; esso ha lo scopo dichiarato di glorificare il Dharma e inculcare le verità spirituali chedischiudono all'uomo la via della perfezione suprema. Esso rappresenta il vero spirito Indù di strettae incondizionata aderenza alla Legge della Giustizia e al fedele svolgimento del proprio dovere. Unodegli scopi del Ramayana è quello di proclamare la grandezza di una vita d'azione basata suiprincipi di giustizia della legge dell'Essere Divino. La vita dell'uomo perfetto descritta nel Ramayanavuole spronare tutti gli uomini a sforzarsi di diventare incarnazioni del Dharma. Il Dharma è l'animadella vita, e una vita senza Dharma non è degna di questo nome.Tutte le azioni, gli sforzi, i tentativi e le aspirazioni basati sull'adharma, sull'egoismo e l'arroganzadell'individuo, sono condannati a fallire stritolati dalle mani della Legge Divina. Il Ramayana dipingemagnificamente la vittoria del Dharma e la sconfitta finale dell'adharma. Rama e Ravanasimboleggiano rispettivamente queste due forze dell'universo. Sri Rama, l'incarnazione di Dio,rappresenta in sé il figlio ideale, il fratello ideale, il marito ideale, il re ideale e l'emblema dellaDivinità sulla terra.Swami Sivananda scrisse: "Lo Srimad Ramayana è l'anima stessa dell'India. Gli ideali supremi diogni indiano sono racchiusi e dipinti in questa sacra Scrittura, che è una guida completa allarealizzazione di Dio. È un libro pieno di morali, che ispira i giovani a sublimi ideali di comportamentoe di carattere. Esso contiene lezioni reali per mogli e mariti, per genitori e figli, per fratelli e sorelle. Èun libro meraviglioso che contiene l'essenza di tutti i Veda e di tutte le Scritture".Da sempre il Ramayana ha esercitato una profonda influenza sulle idee, i sentimenti e la coscienzadel popolo indiano, fungendo da fonte inesauribile di ispirazione per saggi, santi, artisti e poeti. Perquesto è impossibile comprendere l'India senza conoscere il Ramayana.A partire dal Ramayana di Valmiki, nel corso dei secoli successivi molti grandi santi e poeti sonostati ispirati a riscrivere la storia di Sita e Rama: così sono nati l'Adhyatma Ramayana, il VasishthaRamayana, l'Ananda Ramayana e l'Agastya Ramayana in sanscrito; e le versioni vernacolari delRamayana curate da Tulsidas in hindi, da Kamba in tamil, da Kirtivasa in bengali, da Ezuthachan inmalayalam, ecc.Malgrado la sua insuperata popolarità, o forse proprio per questo, il Ramayana non ci è giunto nellaforma originaria datagli da Valmiki, ma a tratti modificato e sfigurato da aggiunte e interpolazionisuccessive di vario genere. La maggior parte degli studiosi è dell'opinione che l'intero settimo libro(Uttara Kandam) e parte del primo siano aggiunte posteriori.Tra i libri sacri dell'India, il Ramayana è considerato un Itihasa, una storia epica permeata di

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mitologia che facendo uso dell'allegoria magnifica delle realtà oggettive (interne o esterne). Lostudio del testo diventa più affascinante, grazie agli elementi mitologici che contiene. La filosofia o irituali da soli non sono sufficienti. Non si può separare filosofia e mitologia nella religione.Ricordiamo che sono il Ramayana e il Mahabharata che tengono uniti culturalmente milioni dipersone come un popolo, malgrado le numerose differenze che sembrano dividerle.La bellezza del Ramayana è davvero al di là di ogni descrizione, perché è la rivelazione ricevuta daun Rishi, e non il mero lavoro intellettuale di uno scrittore; perciò il suo significato è 'integrale' e vapreso globalmente. Infatti nessuna considerazione parziale o unilaterale potrebbe rendergli giustizia.Nessuna traduzione potrà mai rendere la sua bellezza poetica e la musicalità metrica dei versettioriginali.Il poeta-veggente Valmiki ci descrive la vita nella sua totalità: individuale, sociale e spirituale. NelRamayana vengono messi insieme amore ed eroismo, ahimsa e kshatriya-dharma. Bhakti e yoga,karma e jnana sono fusi in un tutt'uno.

VALMIKI

La grande epica di Valmiki è chiamata in sanscrito Adikavya (il primo poema), perché è il primolavoro letterario di genuina poesia, e il suo autore è chiamato Adikavi (il primo dei poeti).Valmiki era un maharishi, un grande veggente della Verità, uno che attraverso lo sforzo personalenella pratica spirituale aveva ottenuto la grazia di Dio. In lui l'occhio divino dell'intuizione era statoaperto e la conoscenza scaturiva dal di dentro. La sua immortale opera letteraria, semplice e nellostesso tempo sublime, è prova evidente del suo stato di realizzazione.Il grande saggio, però, non apparteneva a un lignaggio di uomini spirituali. Egli era un uomo delpopolo che per mantenere la sua famiglia, non trovando di meglio, era diventato un ladro e unpredone di strada. Si dice che un giorno Valmiki attaccasse il grande saggio Narada, che si trovavaa passare dalle sue parti. Il saggio lo rimproverò per la vita violenta e disonesta che stavaconducendo, ma Valmiki si difese dicendo che in qualche modo doveva mantenere la sua famiglia, eche non riuscendo a guadagnarsi da vivere con mezzi leciti, era stato in un certo senso costretto aricorrere a mezzi illeciti.Narada gli rispose che questo non giustificava il suo comportamento e che lui personalmenteavrebbe dovuto pagare per i grandi peccati che commetteva, e non i suoi familiari, per i quali dicevadi rubare. Fortemente scosso dalle parole del saggio, Valmiki si precipitò a casa e chiese allamoglie, ai figli e agli anziani genitori se erano pronti a rispondere karmicamente per i suoi modiilleciti di sostenere la famiglia, e a condividere quindi le conseguenze dei suoi misfatti. Essirisposero che era suo dovere mantenerli, ma che a loro non interessava quali mezzi usasse alloscopo. Insomma, essi non volevano avere niente a che fare con i suoi peccati e le giuste punizioniche avrebbe dovuto subire a causa delle sue malefatte.Questo duro scontro con la realtà aprì gli occhi di Valmiki, che tornò subito da Narada e lo supplicòdi dargli un mezzo di redenzione. Il saggio celeste ebbe pietà del ladrone, e lo iniziò alla ripetizionedella parola sacra 'Rama'; ma quell'uomo rustico riuscì a pronunciare la parola sacra solo nella suaforma inversa di 'Mara'. Tuttavia il saggio lo incoraggiò a continuare la ripetizione, anche in quellaforma invertita. Nel corso del tempo, la ripetizione continua 'mara mara mara' divenne 'Rama RamaRama'.Questo trasformò la sua mente. Il cambiamento avvenne in lui in maniera spontanea e immediata,come se si fosse svegliato da un brutto sogno. Egli fu assorbito così profondamente nella ripetizionedel sacro mantra che presto dimenticò ogni coscienza del corpo. Sintonizzandosi con il mantra, eglientrò dentro e s'immerse nella sorgente dell'eterna beatitudine. Seduto a meditare su quella Realtà,rimase totalmente assorto in sé. Col tempo delle formiche costruirono sopra e intorno a lui unformicaio, e ricoprirono il suo corpo; ma il saggio, completamente assorto in samadhi, non ne fuconsapevole. Egli rimase immerso in samadhi dentro il formicaio per moltissimo tempo. Da qui vieneil suo nome Valmiki, che significa 'colui che divenne un saggio dentro un formicaio (valmika)'.Sri Rama è la personificazione del suono mistico 'Rama'. La realizzazione spirituale ottenutaattraverso la ripetizione incessante del mantra 'Rama' fece vedere intuitivamente a MaharishiValmiki l'intera storia di Sri Rama. E quello che lui vide lo trascrisse in bellissimi versi nel sacro

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poema che chiamò Ramayana (l'epopea di Rama).

ADHYATMA RAMAYANA

Il conflitto tra Rama e Ravana non è tanto tra due razze quanto tra due civiltà e due modi di vivere.Uno degli scopi del poema è quello di mostrare che il vero progresso dell'umanità sta nella suaevoluzione morale e spirituale, e non nel suo sviluppo scientifico e materiale. Il vero progressodell'uomo è interno, non esterno. Esternamente egli potrebbe condurre una vita semplice edessenziale, e nello stesso tempo vivere ad altissimi livelli morali e spirituali.Viceversa l'uomo potrebbe essere molto evoluto scientificamente, ricco e opulento materialmente, etuttavia rimanere un essere primitivo nel campo morale e spirituale, dedito all'alcool, alla violenza ealla sensualità. I rakshasa o i demoni del Ramayana sono esempi di questo tipo, e Valmiki mostra ledifferenze tra le civiltà di Lanka, Kishkindha e Ayodhya, sottolineando che il vero progresso non èmateriale, ma morale. La vera civiltà non dev'essere giudicata dalle sue conquiste materiali, madalle sue realizzazioni spirituali.Le due forze del bene e del male sono presenti dappertutto, dentro e fuori di noi. Per questo in molteScritture sacre (come la Gita e il Chandi) troviamo la nota costante della battaglia cruenta tra leforze opposte del bene e del male, a simboleggiare la battaglia in atto in ogni sadhaka tra leabitudini, le forze, le tendenze e le qualità divine contro quelle demoniache. Il Ramayana dà alleforze benigne il nome di Rishi, sempre devoti alla meditazione, alle austerità e al sacrificio. Le forzemaligne sono chiamate rakshasa o demoni, sempre dediti alla violenza e alla sopraffazione. Imalvagi sono prepotenti e intraprendenti, e sembrano avere facilmente successo. I virtuosi sonoprudenti e diffidenti, e sembrano continuamente in difficoltà. Ma il Ramayana insegna che attraversoun sentiero apparentemente facile e prosperoso i malvagi si avviano verso la distruzione; mentre ivirtuosi subiscono continuamente prove e tribolazioni, che hanno lo scopo di mettere alla prova lasincerità del loro carattere. Alla fine essi trionfano sempre.La storia del Ramayana è una verità eterna in atto nelle menti di tutte le anime che si sforzano diraggiungere l'unione spirituale. In questo modo il Ramayana è rappresentato perennemente da e intutti i jivatman che anelano alla riunione con l'Amato. La gloria del Ramayana consiste nel proiettarepersonalità oggettive che incarnano le varie forze al lavoro nell'uomo. Così Rama rappresenta ilParamatman, Dio, l'Assoluto trascendente. Sita rappresenta il jivatman, l'anima individuale, che èuna scintilla del Divino. Quello che Sita è per Rama, il jivatman è per il Paramatman. Come Sita èeternamente unita a Rama, così l'anima individuale ha il suo essere in Dio.Re Dasaratha dev'essere visto come l'uomo comune del mondo posto in un ambiente di ricchezza edi piacere, e che cade vittima delle istigazioni della sua mente maligna (Manthara) affascinata daglioggetti dei sensi (Kaikeyi).Il corpo di ogni essere umano è Lanka. Il jivatman che è racchiuso nel corpo, o prigioniero nell'isoladi Lanka, ha sempre desiderato vivere unito a Rama, al Paramatman. Ma i demoni voglionoimpedirlo. I demoni rappresentano certi aspetti (guna) del carattere. Questi guna impediscono aljivatman, Sita, prigioniero nel corpo, di riunirsi con il Paramatman. Ma l'anima prigioniera che cercadi riunirsi con il suo Signore riceve la visita del Guru, Hanuman, che le mostra l'anello del Signore(cioè, la conoscenza suprema che distrugge ogni illusione). In questo modo Sita trova la strada perriunirsi con Sri Rama, l'anima individuale si riunisce con Dio.Il Signore s'incarnò come Rama, Bharata, Lakshmana e Satrughna. Sebbene in quattro formedifferenti, in realtà essi erano Uno. Similmente la Realtà Cosmica si rivela come Shiva, Vishnu,Shakti, ecc. La conoscenza di uno di questi aspetti equivale alla conoscenza dell'unica RealtàAssoluta.Nella natura e nell'uomo ci sono tre disposizioni o qualità chiamate guna: sattva, rajas e tamas.Sattva promuove la purezza, rajas risveglia la passione e la lussuria, mentre tamas favorisce sonno,apatia e inerzia. Dei tre fratelli di Lanka, Vibhishana è fatto di sattva; e infatti si oppone allemalvagità di Ravana. Kumbhakarna è fatto di tamas; e perciò non fa altro che dormire e mangiare inmaniera sregolata. Ravana incarna il rajas, e rappresenta l'ego o la mente libidinosa con i cinqueorgani di percezione e i cinque organi d'azione; questi dieci organi sono allegoricamenterappresentati dalle sue dieci teste.

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L'ego, la mente malvagia (Ravana), cerca di separare l'anima individuale (Sita) dalla sua eternaunione con il Paramatman (Rama), e strappandola dal suo Amato fa di tutto per stabilire con lei unarelazione impossibile. Mentre l'anima Sita ignora le proposte maligne della mente Ravana, e siangustia anelando alla riunione con Dio (Rama).Il guru o il maestro spirituale è il più grande devoto di Dio; è lui che agisce da tramite per riunire iljivatman con il Paramatman. Egli è un grandissimo devoto, puro, fedele, leale ed eccezionale da tuttii punti di vista. A lui Dio affida il compito di andare in cerca dell'anima rapita dall'ego e nascosta neimeandri del samsara, a lui è affidato il compito di consolarla e mostrarle l'anello dell'Amato,assicurandole che presto sarà riunita al suo Signore. Hanuman è la personificazione del guru e delpiù grande devoto di Dio.Prima di lasciare questo mondo, il Signore Rama si riunì con tutti i suoi devoti perché, come disse aSugriva, Lui e i suoi devoti sono inseparabilmente Uno. Egli non sarebbe mai entrato nella suadimora suprema (Parama Padam) lasciando dietro i suoi devoti.Anche Hanuman era andato per immergersi definitivamente nel suo Signore, ma Rama gli affidòuna diversa funzione cosmica. Egli doveva essere un Ciranjivi, un essere immortale semprepresente sulla terra. Come incarnazione del guru, Hanuman non potrà mai lasciare questo mondo.Dovunque c'è Rama e Sita, dovunque si studiano e si vivono gli ideali del Ramayana, la suabenevola presenza è certa, per dare forza e conforto all'aspirante.Vibhishana pure era andato ad Ayodhya, pronto ad unirsi al suo Ideale, ma anche a lui Ramaassegnò un compito diverso. Egli dovrà continuare a regnare sul mondo materiale (Lanka) fino aquando ci saranno aspiranti spirituali in cerca di salvezza. Fino ad allora Sattva-guna continuerà adassolvere il suo sacro dovere di purificatore.Editrice Vidyananda

Il Ramayana di Valmiki è diviso in sette libri:PRIMO - Bala Kandam - L'infanzia di RamaSECONDO - Ayodhya Kandam - La vita ad AyodhyaTERZO - Aranya Kandam - La vita nella forestaQUARTO - Kishkindha Kandam - Il soggiorno a KishkindhaQUINTO - Sundara Kandam - La magnifica impresaSESTO - Yuddha Kandam - La grande battagliaSETTIMO - Uttara Kandam - Dopo l'incoronazione

NOTA

Per facilitare la lettura dei nomi e dei termini sanscriti al lettore non specializzato, abbiamo usatouna traslitterazione che venisse incontro il più possibile alla lingua italiana senza però alterarel'originale.Abbiamo omesso gli accenti lunghi sulle vocali, e i puntini sotto le consonanti linguali.La r vocalica è stata a volte tradotta ri.La s palatale è stata lasciata semplicemente s.La s cerebrale sibilante è stata sempre trascritta come sh.Ricordiamo che la lettera c si legge sempre dolce, come l'italiano cena; ad esempio, Marica si leggeMaricia. Similmente, la lettera g si legge sempre dura come ghiro; ad esempio, Gita si legge Ghita.

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INTRODUZIONEdi Swami Venkatesananda

Prima di cominciare la lettura del testo, penso sia opportuno fare alcune considerazioni riguardo lastoria e la geografia del Ramayana.Nel libro 'Towards Acquarius' Vera W. Reid dice quanto segue riguardo le date: "Il Ramayana, cheimmortalò il nome di Rama, fu scritto nella sua forma attuale nel quarto secolo a.C. Tuttavia non c'èdubbio che si trattava di un'epica indiana insegnata e trasmessa oralmente già centinaia o forsemigliaia d'anni prima. Così esso contiene preziose testimonianze di vita sociale e religiosa di periodidi tempo per i quali non esistono testimonianze storiche. Esso indica anche che Rama era unpersonaggio veramente esistito e non, come si pensava, un personaggio mitologico. Nel poemavengono infatti descritte in maniera dettagliata le posizioni in cui si trovavano i pianeti al momentodella nascita di Rama. Questo costituisce il primo oroscopo personale esistente e stabilisce il fattoche la persona per la quale fu fatto nacque prima del 3.102 a.C.- probabilmente intorno al 5.000a.C.".Poteva trattarsi di un'epica indiana, ma penso che quasi sicuramente l'India attuale non è il posto incui visse Rama. Certamente la geografia della terra era molto diversa settemila o diecimila anni fa.Gli stessi scienziati hanno varie teorie riguardo la deriva dei continenti, i flussi delle maree, la grandealluvione, ecc. Io azzardo persino l'ipotesi che tali cataclismi siano stati causati da una grandeguerra in cui furono usate, molto liberamente, potentissime armi atomiche. Sono convinto chealmeno il territorio chiamato Lanka, sul quale ebbe luogo la grande guerra, fu sommerso dallagrande alluvione che seguì l'abuso di armi nucleari. L'attuale Sri Lanka non è certamente la Lankadel Ramayana.Il fatto che il Ramayana sia in sanscrito non giustifica l'affermazione che sia indiano. Il sanscritogiunse in India insieme agli Ariani, che emigrarono dal Circolo Polare Artico attraverso l'Asiacentrale e occidentale. Il Ramayana potrebbe fare benissimo parte della storia degli Ariani durante illoro periodo di migrazione.Penso che le armi usate fossero indubbiamente nucleari, se non qualcosa di peggio che la scienzamoderna deve ancora scoprire. È interessante notare che le armi erano prodotte da 'saggi', ma nonusate da essi; anche oggi lo scienziato accademico progetta le armi che useranno gli uomini delleforze armate.I 'demoni' non erano particolari esseri sovrumani o subumani. Ritengo che la parola 'demone' nonabbia maggiore significato della parola 'nemico' usata in guerra. Ciascun lato chiama l'altro 'nemico'.Uno studio approfondito del testo originale ci incoraggia a pensare che le forze di Rama, i vanara,non erano costituite da scimmie, orsi e simili creature, ma che tali nomignoli indicassero piuttosto inomi di certe tribù montanare. È possibile che alcune storie, da cui sembra che essi fossero di natura subumana, sianointerpolazioni fatte da un poeta successivo che, con la sua vena, ha aggiunto umore e giochi diparole al racconto, per renderlo più interessante.Ho inteso invariabilmente 'volare' per significare prendere un velivolo; come ai nostri giorni diciamo:'Il Signor.... è volato in Giappone'. Le descrizioni suggeriscono diversi tipi di velivoli allora in uso.Il Ramayana è indubbiamente preistorico. Allora perché dovremmo studiarlo? Mettere da parte ilRamayana considerandolo un mito o la fantasia di un poeta, significherebbe gettare via un tesoro.D'altra parte considerarlo solo una Scrittura da venerare e leggere con devozione, significherebberimanere ciechi al tesoro.Che il Ramayana - almeno la versione originale di Valmiki - sia un semplice documento storico nonpuò essere messo in dubbio. Possono esserci delle esagerazioni, ma c'è molta esagerazione anchenei giornali. Nonostante la narrazione veli le identità tribali degli eroi, si tende a parteggiare e aidentificarsi con l'uno o con l'altro, indulgendo in giudizi - tutte cose che inevitabilmente generanoviolenza nel nostro cuore.Come documento storico è una semplice registrazione di eventi. Ma il narratore non sa fare a menodi razionalizzare le azioni dell'eroe e del villano, insinuandovi motivi. Il moderno psicologo fa questocontinuamente. Quest'analisi però esiste solo nella mente dell'analista, e potrebbe non avere alcunabase. "Perché Rama ha fatto questo, o Ravana ha fatto quello?". La sola risposta è: "Rama ha fattoquesto!".Letto così, il Ramayana è ancora lontano da voi e state trattando Rama, Ravana e gli altri comeoggetti del vostro studio psicanalitico. Invece la saggezza risiede nello studiare il testo in manierache sia assimilato, in modo che diventi parte di voi, e allora il tesoro sarà vostro.Studiate il Ramayana senza pregiudizi, e allora sarete capaci d'assimilarlo. Allora il Ramayanastesso agirà, e la sua azione, priva d'interesse e volontà personale, sarà non-violenta. InstallateRama sul trono del vostro cuore, senza giudicarlo (né come Dio né altro). Allora Rama stesso agiràdall'interno di voi stessi.

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Quando il Ramayana viene studiato come sacra Scrittura, si fa esperienza di un sentimento diverso:poiché le caratteristiche razziali o regionali dei personaggi sono mascherate, 'vediamo' nellaScrittura uno specchio nel quale si riflettono il nostro cuore e la nostra mente. Rama allora diventa ilDivino nel nostro cuore. Sita è il simbolo di ogni grande passione (la nostra fede, ideologia, ecc.), eRavana è l'aggregato dei (dieci) sensi. Si può trarre da questo tutta la saggezza che siamo pronti aderivarne!Che Dio vi benedica.Swami Venkatesananda

MAHARISHI VALMIKI

SRIMAD RAMAYANA

Libro primo: BALA KANDAM - L'infanzia di Rama

Valmiki chiese al grande saggio Narada:"C'è qualcuno in questo mondo che è di natura gentile, potente, giusto, risoluto, istruito, abile nell'azione,veritiero nel parlare, esemplare nella condotta, dedito al benessere di tutte le creature, capace, piacevolenell'aspetto, autocontrollato, che ha vinto la collera, risplendente e libero dalla gelosia, e del quale anche gli dèihanno paura quand'è adirato?".Felicissimo, dopo avere magnificato le glorie del Signore Rama, che era la persona che rispondeva alladescrizione implicita nella domanda di Valmiki, il saggio Narada gli narrò brevemente l'intero Ramayana:"Rama è pari al Signore Vishnu! Nella sua natura egli è come l'oceano, l'Himalaya, la Madre Terra, il dio dellaprosperità e l'incarnazione del Dharma". Quindi Narada raccontò la storia di Sri Rama.Dopo la narrazione Narada andò per la sua strada. Mentre Valmiki, accompagnato dal discepolo Bharadvaja,andò verso il fiume Tamasa per fare le abluzioni e il bagno di mezzogiorno. Fu allora che vide un cacciatoreuccidere crudelmente una gru maschio che giocava con la sua compagna, e udì il lamento straziante dellafemmina.Preso dalla compassione e adirato per la crudeltà del cacciatore, Valmiki pronunciò una maledizione: "Per questopeccato, perderai la tua pace mentale per innumerevoli anni".Riprendendosi prontamente, Valmiki si pentì della maledizione (che gli era uscita dalle labbra sotto forma di unverso espresso in un metro incantevole), e l'annullò dicendo: "Sarà un verso e non una maledizione". Eppure, ilmistero che persino lui era potuto andare in collera, rischiando di perdere i meriti del suo ascetismo,l'affascinava.Mentre continuava a pensarci ritornò nel suo eremitaggio, dove ebbe la visione del divino Brahma, il Creatore.Valmiki Lo adorò.Conoscendo lo stato mentale dell'asceta, Brahma gli disse: "Il metro nel quale hai pronunciato quelle parole, oValmiki, ti porterà grandi benedizioni. Canta con lo stesso metro la gloria e la storia di Sri Rama; sviluppa ciò cheNarada ti ha già raccontato. Tutti i dettagli riguardanti la storia di Rama saranno svelati alla tua visione; nulla diciò che esprimerai sarà falso. La tua composizione sarà cantata finché splenderanno il sole e la luna".Dopo averlo benedetto, il Signore Brahma ritornò nel proprio regno. Subito dopo Valmiki cominciò a comporrel'epica immortale - il Ramayana - nello stesso stile in cui aveva pronunciato il suo primo verso rivolto alcacciatore.Valmiki entrò in meditazione profonda, e nello stato di supercoscienza vide realmente tutto ciò che era avvenutonel passato, così chiaramente come avrebbe visto un frutto nel palmo della sua mano. L'intera storia si palesòalla sua coscienza in ogni dettaglio, compreso ciò che i vari personaggi avevano detto o pensato, e comeridevano o si comportavano.La narrazione fluì dalle sue labbra sotto forma di un dolce poema, e sebbene il suo tema centrale sial'esposizione dettagliata del Dharma e del moksha (liberazione), tratta anche della prosperità (artha) e delpiacere (kama), e incanta la mente tanto quanto illumina l'anima. La storia che gli si rivelò andava dalla nascitaall'incoronazione di Rama, fino al suo regnare come monarca; e consisteva di ventiquattromila versi.Ora Valmiki si stava chiedendo: "Chi è quell'uomo intelligente, dotato di memoria quasi sovrumana, che impareràl'intero poema a memoria e lo trasmetterà ai posteri?". In quell'istante entrarono Lava e Kusa, che s'inchinaronodavanti a lui. Essi erano i figli di Rama e Sita; ed erano nati nello stesso eremo di Valmiki dopo che Sita, banditadalla corte di Rama, vi aveva preso rifugio. E a Kusa e Lava, che erano i suoi migliori discepoli, Valmiki affidò ilpoema epico - l'intero Ramayana, che comprende la grande storia di Sita - chiamandolo Paulastya Vadham,poiché tratta della vittoria su Ravana o Paulastya.

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I due giovanetti memorizzarono presto l'intera epica. Avevano delle voci melodiose ed erano esperti di musica.Nel loro aspetto erano come immagini di Sri Rama. Un giorno recitarono l'epica in un'assemblea di saggi e santi,che rimasero incantati dalla musica e rapiti dalla sublimità dell'epica stessa. Essi proclamarono che il racconto diValmiki aveva immortalato la storia di Rama, che era così vivida che ascoltarla era come riviverla. Inoltre i saggipremiarono i due ragazzi con doni adeguati.Incoraggiati, i due giovani si misero a viaggiare, narrando la storia divina ovunque andassero. Un giorno giunseroad Ayodhya, la capitale del Kosala, dove regnava Rama. Anche qui furono accolti calorosamente dalla gente. Laloro fama giunse alle orecchie di Rama, che li invitò a palazzo e li ricevette con gli onori dovuti agli asceti e aisaggi. Quindi disse ai suoi fratelli: "Ascoltate attentamente il poema epico che questi due giovani s'apprestano acantare".Allora, seguendo l'ordine di Sri Rama, i due ragazzi cominciarono a cantare la storia nello stile che si convienealla dignità del poema. Lo stesso Rama era tra il pubblico e presto la sua mente fu presa dalla narrazione.Kusa e Lava dissero:La storia sublime che stiamo per narrare è quella dei discendenti del grande re Ikshvaku, tra i cui antenati c'era ilfamoso Sagara. Essa è conosciuta come Ramayana. Ascoltate senza pregiudizio, mentre raccontiamo la storia findall'inizio.Sulle rive del sacro fiume Sarayu c'è un potente regno chiamato Kosala. La sua capitale è Ayodhya, città costruitadallo stesso Vaivasvata Manu, il primo regnante della terra nell'attuale ciclo cosmico. Quest'immensa città siestende per dodici yojana (oltre 150 km) in lunghezza e tre yojana (oltre 38 km) in larghezza. È una cittàpotente e prosperosa, ben progettata e circondata da un fossato invalicabile. Vi sono ambasciate di re cheonorano l'imperatore, e mercanti provenienti da molti paesi del mondo.Le sue strade sono larghe e pulite, e il suo perfetto sistema idrico fornisce acqua dolce e buona a tutti gliabitanti. Ci sono edifici di sette piani decorati con pietre preziose, e la città risplende come un corpo celeste.Inoltre essa è protetta da ogni lato da guerrieri potenti e fedeli che la rendono ancor più inespugnabile.I cittadini che vivono in questa magnifica città sono felici, devoti alla giustizia, istruiti, saggi, sinceri, contenti deibeni che hanno e perciò liberi dall'avarizia. In questa città nessuno è povero o indigente, nessuno è ignorante ocrudele. Tutti conducono una vita ben regolata, fatta di devozione e carità. Ognuno ha fede in Dio e nelle sacreScritture, e ciascun membro delle comunità dei due-volte-nati (dvija) è ben istruito nelle tradizioni sacre.Ottusaggine e meschinità sono sconosciute in questa città. I brahmana si dedicano devotamente allo studio deitesti sacri, ad una vita autocontrollata libera dal desiderio e dall'odio, e alla promozione della giustizia nel mondo.Mentre coloro che appartengono alle altre tre comunità (i regnanti e i guerrieri, gli agricoltori e i commercianti, e i servi del popolo) seguono la direzione dei brahmana.In questo regno e in questa città regnava il famoso re Dasaratha, che era istruito nei Veda, ed era tanto potentequanto saggio. Egli era veramente un saggio reale; un saggio a cui era capitato d'occupare un trono. Conducevauna vita austera, con i sensi e la mente sotto il suo pieno controllo. Dalla capitale Ayodhya (dal nomesignificativo, che vuol dire invincibile), resa invulnerabile dalle sue porte possenti e risplendente con le suebellissime case abitate da migliaia di persone, il signore del mondo - Dasaratha - governava il regno come Indragoverna il cielo.Re Dasaratha aveva otto ministri. Vasishtha e Vamadeva erano i suoi precettori; e aveva anche altri consiglieri.I ministri possedevano nobili qualità di statisti: erano ricchi e modesti, potenti e autocontrollati, maestosi esinceri. Erano cortesi e avevano sempre il sorriso sulle labbra. Erano severi, ma non andavano mai in colleraneanche se venivano provocati. Avevano tatto, ma non deviavano mai dal sentiero della verità. Erano giusti, enon esitavano a punire i colpevoli anche quando si fosse trattato dei propri figli. Mentre non perseguitavanoneanche un nemico, se non era colpevole.Si preoccupavano che i forzieri dello stato fossero pieni, ma per raggiungere tale scopo non usavano mezziingiusti. Quando emanavano una sentenza, prendevano sempre in considerazione la debolezza o la forza delcolpevole. La loro condotta aveva l'approvazione dei precettori. Erano famosi e potenti, e la reputazione della lorosaggezza e della loro abilità di governo giungeva fino in terre straniere.Sebbene il re fosse giusto e desiderasse tanto avere un figlio ed erede al trono, non aveva ancora avuto questabenedizione. Perciò un giorno disse tra sé: "Perché non dovrei compiere il sacrificio-del-cavallo per ottenere labenedizione di un figlio?". Quindi chiamò immediatamente a consiglio i suoi precettori e i sacerdoti.Il re disse: "Nonostante goda di tutte le benedizioni di questo mondo, non ho la fortuna di guardare il volto di unfiglio, e questo mi rattrista. Per ottenere questa benedizione, penso che dovrei compiere il sacrificio-del-cavallo.Vi prego, disponete affinché ciò sia possibile!".I precettori approvarono l'idea; e consigliarono di liberare un buon cavallo e di assicurarne l'incolumità. Quindichiesero che per il rito sacro si preparasse il terreno sulla riva nord del fiume Sarayu.Il re decretò che tutto questo fosse fatto immediatamente. Dopo avere affidato il cavallo alle cure di un nobileprincipe, si assicurò che i riti preliminari relativi al sacrificio fossero compiuti a dovere dai sacerdoti, perché non cifossero pecche nella sua conclusione; altrimenti l'esecutore del rito avrebbe perso la sua prosperità. I ministri e isacerdoti diedero subito inizio ai compiti che avevano ricevuto.Infine il re annunciò il suo proposito alle mogli, e concluse dicendo loro: "Sottoponetevi alla necessariaconsacrazione insieme a me". Quando udirono questo, i loro volti sbocciarono come i fiori di loto al termine dellastagione invernale.Il ministro Sumantra disse al re:"La seguente storia fu originariamente attribuita al saggio Sanatkumara, che ti profetizzò la nascita di quattrofigli. La sua profezia continuava dicendo:"Il saggio Kasyapa ha un figlio chiamato Vibhandaka, che avrà un figlio di nome Rshyasringa. Questi vivràsempre nella foresta, dedito al servizio e alla sacra e sola compagnia di suo padre."Perciò Rshyasringa praticherà il brahmacharya (celibato) sia nel suo aspetto di continenza fisica che in quello ditrasformazione spirituale di tutto il suo essere. Non avendo mai posto gli occhi su persone del sesso opposto,possiederà l'innocenza dell'ignoranza."In quello stesso periodo, il potente Romapada sarà re di Anga, e il suo regno soffrirà gli stenti di una forte

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siccità causata dal karma del re e dei suoi sudditi."Quindi il re chiederà consiglio ai dotti brahmana, che proferiranno l'unica soluzione alla crisi: "Se farai venire ilgiovane saggio Rshyasringa nel tuo regno e gli darai in sposa tua figlia adottiva Shanta, gli dèi sarannocompiaciuti e invieranno una pioggia abbondante"."Ma chi avrebbe potuto indurre il potente saggio ad allontanarsi da suo padre?"Il re affiderà il compito ai brahmana. Mentre il sacerdote di famiglia gli suggerirà: "Impiega allo scopo le tuecortigiane più graziose"."Il re acconsentirà, e un gruppo delle più belle damigelle si recherà nella foresta dove vivrà il saggio. Notandolefuori dell'eremitaggio, Rshyasringa le inviterà ad entrare e tributerà loro gli onori che si riservano agli ospiti."Esse a loro volta gli offriranno della frutta, ma si congederanno presto da lui, per paura d'incorrere neldisappunto di suo padre."La loro compagnia, il loro contatto e il loro tenero abbraccio, farà sorgere nel giovane innocente il desiderio distare ancora in loro compagnia. Presto egli lascerà l'eremitaggio e seguirà le tracce delle cortigiane. Ed ecco! Alsuo ingresso nel regno di Anga ci sarà l'attesissimo scroscio di pioggia."Il re accoglierà il giovane asceta con gli onori dovuti, chiedendogli per prima cosa di concedere un dono: "Possatuo padre non adirarsi con noi, né maledirci"."Questo verrà concesso. Quindi il re accompagnerà il giovane saggio negli appartamenti privati e gli darà insposa la figlia adottiva Shanta. Il glorioso saggio Rshyasringa trascorrerà così il suo tempo in compagnia dellamoglie Shanta".Il ministro Sumantra continuò:"Il saggio Sanatkumara profetizzò ancora quanto segue: "Un discendente di Ikshvaku, chiamato re Dasaratha,coltiverà l'amicizia di re Romapada e un giorno si rivolgerà a lui con questa richiesta: 'O re, poiché non ho figli,permetti che Rshyasringa conduca un rito sacro, affinché possa essere benedetto con un figlio'. Acconsentendoalla richiesta, Romapada darà al saggio l'incarico di condurre il rito sacro attraverso il quale Dasaratha saràbenedetto con dei figli"."Perciò, mio re, vi esorto a fare subito quanto necessario per convincere il saggio Rshyasringa a venire qui perpresiedere il rito sacro che avete intrapreso".Con il permesso dei precettori e dei sacerdoti, re Dasaratha andò subito in cerca del santo Rshyasringa.Raggiunto l'eremitaggio nella foresta, trovò il re Romapada in compagnia del saggio. Romapada ricevetteDasaratha con grande gioia e rispetto. Dopo avere trascorso alcuni giorni nell'eremitaggio, re Dasaratha pregòRomapada: "Permetti che tua figlia e il suo saggio marito vengano ad Ayodhya, a benedire il sacro rito che stoper cominciare".Romapada comunicò la richiesta alla coppia benedetta, che acconsentì immediatamente.Tutti insieme lasciarono l'eremitaggio. Re Dasaratha inviò dei veloci messaggeri ad Ayodhya, per comunicare aicittadini la buona novella della visita del saggio e chiedere loro di riservargli un'accoglienza regale. Felici icittadini celebrarono con una festa l'entrata del saggio nella capitale. Il saggio e sua moglie godettero per alcunigiorni dell'ospitalità del re.All'inizio della primavera re Dasaratha avvicinò Rshyasringa e lo pregò di dar inizio al rito sacro. Il saggio diede leistruzioni necessarie. Il re riunì i precettori e i sacerdoti e disse: "Desidero compiere il sacrificio-del-cavallo peressere benedetto con un figlio. Sono certo che grazie al potere spirituale di Rshyasringa il mio desiderio saràesaudito". I sacerdoti e i precettori applaudirono le parole del re.Allora Rshyasringa diede ordini sulla maniera giusta di liberare il cavallo e di preparare il luogo del rituale.Da parte sua, il re chiese ai sacerdoti d'aver cura che il rito fosse condotto in maniera impeccabile, poiché ilminimo errore nella conduzione avrebbe potuto causare un risultato contrario. I sacerdoti risposeropositivamente e diedero inizio ai preparativi della cerimonia sacra. Dopo essersi accertato personalmente dellagiusta esecuzione del rito, re Dasaratha si ritirò nei suoi appartamenti.Un anno era trascorso. Secondo le ingiunzioni delle Scritture ora il re era pronto a dare inizio al sacrificio-del-cavallo. Con umiltà egli andò dal suo precettore Vasishtha e gli disse: "Tu sei per me un caro amico e ilprecettore supremo: tu solo puoi assumerti la responsabilità del giusto compimento di questo rito". Il saggioVasishtha si assunse immediatamente l'incarico.Secondo gli ordini di Vasishtha, una nuova cittadina sorse sulla riva nord del sacro fiume Sarayu, con buche per isacrifici, palazzi per le famiglie reali, residenze per i sacerdoti officianti, e stalle per i cavalli, gli elefanti e le altrebestie, e pozzi e mercati. Tutto era stato ben fatto per sopperire alle necessità dei numerosi ospiti che sarebberovenuti ad onorare l'occasione. Vasishtha ordinò di persona: "Ogni casa dev'essere fornita di viveri e ogni altranecessità. Accertatevi che le persone di tutte le comunità siano ben nutrite e servite con riguardo, senza maimancare di rispetto e riverenza. Che nessuno mostri la minima mancanza di rispetto o intolleranza - per nonparlare d'ira - verso gli ospiti".Tutti gli incaricati accettarono umilmente il loro compito. Vasishtha chiese a Sumantra d'invitare a partecipare allacerimonia sacra i principi e i re dei paesi vicini e di quelli lontani. Ben presto essi cominciarono ad arrivare,portando ricchi doni per re Dasaratha. Ogni incaricato riferì a Vasishtha di aver portato a termine il compito chegli era stato affidato. Di nuovo Vasishtha li ammonì: "Servite i nostri ospiti, dando loro tutto il necessario, madate con rispetto. Non servite con disprezzo o scherzosamente; il servizio irriverente distrugge chi serve".Al termine dell'anno di consacrazione anche il cavallo sacro era tornato. Sotto la guida di Rshyasringa i sacerdotiiniziarono il sacrificio-del-cavallo, i mantra furono recitati correttamente e tutto si svolse secondo le ingiunzionidelle Scritture. Vasishtha aveva detto: "Date, date cibo e vestiti a tutti", e gli incaricati eseguirono alla lettera ilsuo ordine. Tutti gli ospiti furono pienamente soddisfatti e invocarono benedizioni per il re. I vari animali con iquali si dovevano adorare le diverse divinità furono portati nel salone. Lo stesso cavallo fu riccamente adornato evenerato dalle regine. Felice dell'ottima riuscita del sacrificio-del-cavallo, il re diede quella terra in dono aisacerdoti, che a loro volta gliela restituirono accettando da lui più utili doni in denaro. Tutti erano estremamentecompiaciuti.Il re cadde ai piedi di Rshyasringa, e il saggio gli assicurò che il suo desiderio sarebbe stato esaudito.Il saggio Rshyasringa si raccolse profondamente per alcuni-minuti e poi disse a re Dasaratha: "Celebrerò un rito

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sacro prescritto nell'Atharva Veda, adottando il metodo degli esseri celesti che hanno raggiunto la perfezione, perassicurarti la grazia della progenie".Quando il saggio diede inizio al rito sacro, gli dèi e i siddha (semidèi) discesero nella sala del culto nelle loroforme eteree, e così pregarono Brahma, il Creatore: "Signore, approfittando del dono che tu gli hai concesso, ildemone Ravana ci sta opprimendo tutti. Secondo quel dono, egli non può venire ucciso da dèi, semidèi edemoni: perciò siamo impotenti nei suoi confronti. Persino gli elementi naturali gli obbediscono. Ti preghiamo:trova un modo per distruggere il nostro tormentatore".Sentendo questo, il Creatore fu molto dispiaciuto e rispose: "Nel suo orgoglio Ravana pregò soltanto che dèi,semidèi e demoni non potessero ucciderlo: egli teneva l'uomo in così poco conto che non si curò d'includerlonella lista! Perciò potrà essere ucciso solo da un essere umano".Non appena Brahma terminò di parlare, apparve il Signore Vishnu. Ora gli dèi si rivolsero a Lui con un'accoratapreghiera: "Signore, rimettiamo su di Te il peso della nostra afflizione. Ti preghiamo, incarnaTi come essereumano e distruggi questo Ravana, che è un nemico del mondo, e non può essere vinto dagli dèi. Tutti noi - dèi,semidèi, demoni, saggi ed eremiti - prendiamo rifugio sotto le ali della Tua protezione. Tu sei invero il nostrosupremo rifugio". Il Signore Vishnu assicurò che avrebbe fatto il necessario.In quello stesso istante il Signore Vishnu decise che si sarebbe incarnato come figlio di Dasaratha, esaudendo nelcontempo anche il desiderio degli dèi. Subito il Signore divenne invisibile a tutti.Nello stesso tempo, un essere divino emerse dal fuoco sacro, tenendo in mano una coppa d'oro contenentepayasam (un preparato di riso e latte). Egli disse a re Dasaratha: "Io sono un messaggero di Vishnu. Con questorito sacro hai propiziato il Signore. Questo payasam preparato dagli dèi è capace di concederti il dono dellaprogenie; prendilo e dallo alle tue mogli". Detto questo il messaggero scomparve nel fuoco sacro.Re Dasaratha diede subito il payasam alle sue mogli. Metà lo diede a Kausalya, metà del rimanente lo diede aSumitra, metà del resto a Kaikeyi, e ciò che rimase lo diede nuovamente a Sumitra.Era tale la potenza del payasam celeste che tutte le quattro mogli risplendettero immediatamente con la luce cheproveniva dalla presenza dell'essere divino nei loro grembi.Brahma, il Creatore, ordinò agli dèi: "Proiettate parte delle vostre energie nel mondo mortale, affinché da voinascano degli esseri potenti che aiutino il Signore".Seguendo il comando del Creatore, per mezzo di donne-vanara gli dèi generarono figli maestosi, potenti e forti,che avevano l'apparenza e la forma esterna dei loro padri celesti. Hanuman, il figlio del dio del vento, era il piùintelligente e capace di tutti.Poi trascorse un anno. Alla fine del dodicesimo mese da quando avevano ingerito il payasam celeste, nel nonogiorno della quindicina ascendente del mese di Caitra (aprile-maggio) Kausalya diede alla luce il risplendenteRama - il Signore dell'universo adorato da tutti - che di fatto era la manifestazione di metà del Signore Vishnu.Quindi Kaikeyi diede alla luce Bharata, che era la manifestazione di un quarto del Signore Vishnu. Mentre Sumitradiede alla luce i gemelli Lakshmana e Satrughna, che insieme costituivano l'altro quarto del Signore Vishnu.Queste nascite furono occasione di grande gioia non solo ad Ayodhya e nel regno di Kosala, ma anche nel regnodei cieli, poiché il Signore incarnato come figlio dell'uomo avrebbe posto fine al regno di terrore del demoneRavana. Per festeggiare l'evento i cittadini manifestarono in pieno tutta la loro gioia.Come precettore del re, il saggio Vasishtha battezzò i quattro bambini Rama, Lakshmana, Bharata e Satrughna, edistribuì profusamente doni a tutti da parte del re. Lakshmana divenne il compagno inseparabile di Rama; essierano una sola vita in due corpi, e senza Lakshmana Rama non sarebbe andato neppure a dormire. Allo stessomodo, Bharata e Satrughna erano cari l'uno all'altro. Con il passare degli anni essi divennero dei giovani saggi eintelligenti, eruditi nelle sacre Scritture, esemplari nella condotta e devoti al benessere di tutti. Il re eraimmensamente felice di vederli crescere e diventare uomini.Un giorno il saggio Visvamitra andò ad Ayodhya, e con le guardie che stavano all'ingresso del palazzo mandò adire al re che desiderava incontrarlo. Dasaratha corse incontro al saggio, che era un Rajarishi (perché didiscendenza regale) che in seguito, per mezzo di grandi austerità, era diventato un Brahmarishi (pari a unsaggio-brahmana). Il re venerò il saggio, che a sua volta abbracciò calorosamente tutti gli uomini santi presentinella corte reale. Quindi il re offrì di fare tutto ciò che era in suo potere per servire Visvamitra; e questa offertafece molto piacere al saggio.

[NOTA: Ho preferito mantenere il termine 'vanara' invece di adottare la traduzione 'scimmia'; il termine potrebbeindicare un membro di una tribù della foresta, specialmente se ricordiamo che i figli avevano la forma e il valoredei propri padri divini.]

Udendo le nobili parole del re, Visvamitra si commosse e, per incoraggiare maggiormente le sue nobili intenzioni,disse: "Al mondo non c'è nessuno che ti sia pari, o grande re! Tu appartieni a una stirpe gloriosa, e per di più haicome tuo precettore e guida spirituale lo stesso saggio Vasishtha".Il saggio continuò: "Ho preso dei voti per compiere un rito sacro, che però viene ostacolato da una coppia didemoni. Potrei affrontarli facilmente io stesso, ma i voti mi trattengono dal soccombere all'ira. Perciò, ti prego,manda con me tuo figlio Rama per proteggere questo rito sacro. Sotto la mia guida e con le sue doti egli sapràfare quanto è necessario. Ti assicuro che i due demoni possono già considerarsi morti, poiché conosco il potereineguagliabile di Rama, così come lo conoscono Vasishstha e gli altri saggi. Ho bisogno di lui solo per dieci giornie dieci notti, perché è imperativo che il rito sacro si concluda entro questo periodo e non venga prolungato dalleinterruzioni".Udendo queste parole re Dasaratha svenne. E dopo alcuni minuti, riprendendo coscienza, disse con vocetremante a Visvamitra: "Rama ha appena sedici anni! Non credo che sia pronto a combattere, soprattutto controi demoni. Dimmi cosa devo fare. Manderò con te il mio grande esercito. Verrò io stesso con te e combatterò idemoni, ma senza Rama non posso vivere neanche per pochi minuti. Egli è solo un bambino e non è capace divalutare la forza dei nemici. Dopo moltissimo tempo mi è stato dato questo figlio prezioso come dono degli dèi;come potrei mai pensare di separarmi da lui? No, verrò io con il mio esercito a combattere i demoni".Visvamitra reiterò la sua domanda con queste parole: "C'è un potente demone chiamato Ravana, un discendente

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di Pulastya. Non viene lui personalmente a ostacolare i riti sacri, ma manda due altri demoni, Marica e Sabahu,perché li disturbino; questi infatti gettano immondizie, sangue e carne nel fuoco sacro. È contro tali nemici chechiedo l'aiuto di Rama, perché solo lui può distruggere questi demoni".Fortemente turbato da queste parole, il re replicò: "Oh no, neanch'io posso affrontare in battaglia il potenteRavana. Ma se si tratta solo d'affrontare Marica e Sabahu, verrò io di persona con il mio esercito; in nessun casoperò potrò mandare il mio amato figlio Rama. Invero tu sei un saggio famoso e conosci il Dharma: perciò siibenevolo e abbi misericordia di noi. Non mi chiedere di mandare Rama con te. Se vuoi verrò io con te. E sequesto ti è inaccettabile, ti prego di perdonare la mia incapacità di aiutarti".Colmo d'ira il saggio Visvamitra disse a re Dasaratha: "Quant'è ignobile e indegno di un re, che dopo averepromesso ritratti la tua parola! Questo disonora la stirpe gloriosa alla quale appartieni. Ma, se questa è la tuadecisione, me ne andrò. Goditi la vita nell'ignominia!".Vedendo questo, il saggio Vasishtha intervenne e disse a re Dasaratha: "O re, tu discendi da un lignaggioininterrotto di monarchi famosi per la loro giustizia. Non si conviene che tu abbandoni il sentiero della verità. Senon manterrai la promessa fatta al saggio Visvamitra, perderai tutti i meriti che hai guadagnato compiendograndi riti religiosi. Il saggio Visvamitra è un grande maestro nelle arti militari. Egli è padrone di tutti i missili(astra) più micidiali, che ha ottenuto direttamente dal Signore Shiva. Inoltre può anche inventare nuovi missiliancora più mortali. Perciò non è che lui abbia paura dei demoni, di cui potrebbe facilmente sbarazzarsi da solo,ma sta chiedendo l'aiuto di Rama per il bene dello stesso principe! Perciò non esitare ad acconsentire allarichiesta di Visvamitra, mantenendo nel contempo la tua promessa".Queste parole rassicurarono il re, che riacquistò immediatamente la sua compostezza e sicurezza e decise dimandare Rama con il saggio per proteggere il suo rito. Quindi mandò a chiamare Rama, l'abbracciò di cuore, lobaciò sul sommo della testa e lo benedì.Anche il precettore familiare, Vasishtha, benedì Rama con sacre invocazioni vediche. La stessa Natura benedìRama. E mentre Rama e l'inseparabile Lakshmana si avviavano al seguito del saggio, soffiò una brezza soave e cifu una pioggia di fiori dall'alto.Era una visione divina vedere Rama e Lakshmana, con le armi da guerra a tracolla, camminare con l'austeroasceta Visvamitra. Mentre stavano ancora camminando lungo la riva meridionale del sacro fiume Sarayu,rivolgendosi a loro il saggio disse: "Rama, senza perdere altro tempo, t'inizierò ai misteri di Bala e Atibala (forza eforza suprema); quando ne sarai padrone, non sarai più soggetto alla fatica o alla febbre, né la tua bella formasarà soggetta ad alcun cambiamento avverso. Né i demoni potranno avere la meglio su di te, neanche nel sonno,se conoscerai questi misteri".Dopo la necessaria purificazione preliminare, Rama fu iniziato dal saggio nei misteri divini; e immediatamenterifulse di un nuovo splendore. I tre passarono la notte sulla riva del sacro fiume Sarayu, mentre Rama eLakshmana rendevano al saggio tutti i servigi personali che un discepolo deve al precettore.

[NOTA: Le armi: 'bana' solitamente tradotto come 'freccia' sembra essere più una 'bomba' o un missile.Ancor'oggi la parola 'bana' è usata nell'India del sud per indicare i fuochi pirotecnici che vengono proiettati nellospazio e ivi esplodono. 'Dhanus', che è solitamente inteso come 'arco', poteva essere qualcosa di simile a uncannone. Vi erano due tipi di armi: sastra e astra. Sastra era un congegno meccanico; astra era un congegnoastrale.]

All'alba del giorno dopo, il saggio svegliò amorevolmente i principi e insieme fecero le loro preghiere mattutine. Idue principi salutarono devotamente il precettore, pronti a ubbidirgli. Sotto la sua guida continuarono il viaggio epresto raggiunsero la confluenza del Sarayu e del sacro Gange. Qui essi videro diversi eremitaggi. I principi eranocuriosi e il saggio disse loro:"Nei tempi antichi Cupido aveva una forma fisica. Una volta che il Signore Shiva era impegnato in austeritàincredibili proprio in questo luogo, Cupido cercò di distrarre il Signore. Con il semplice suono 'hum' e con il fuocoche emanò dal suo occhio, il Signore distrusse il corpo di Cupido, che da allora non ha più una forma fisica. E ilterritorio dove egli lasciò le membra (anga) del suo corpo fu chiamato Anga. Questi eremiti dediti qui alle loroausterità sono seguaci del Signore Shiva".Mentre guadavano il fiume sacro vicino alla confluenza, Rama udì un rombo provenire dall'acqua. Visvamitraappagò nuovamente la sua curiosità con questa storia: "Vicino al monte Kailash c'è un lago chiamato ManasaSarovar, perché nacque dalla mente di Brahma. Il fiume Sarayu è così chiamato perché nasce da quel Sarovar. Ilrombo che hai udito è causato dalla forza con la quale il fiume si precipita per unirsi al sacro Gange. O Rama,offri i tuoi saluti ai fiumi sacri, alla loro confluenza.Presto raggiunsero una spaventosa foresta, che metteva paura ad entrarci. Ancora una volta Visvamitra spiegò:"Una volta quest'area era un paese prosperoso. Quando anticamente Indra uccise il demone Vritra, che di nascitaera un brahmana, dovette espiare la colpa di avere ucciso un brahmana. I saggi e i brahmana celebrarono ilrituale d'espiazione con le acque dei fiumi sacri. Quando le impurità furono rimosse, Indra rifulse col suosplendore originario. Le impurità rimosse da Indra si depositarono qui. Felice d'esserne libero, Indra vollemostrare la sua gratitudine al luogo in cui caddero. Perciò donò a questo paese la prosperità e gli diede i nomi diMalada e Karusha."Da allora i principati di Malada e Karusha furono ricchi e prosperosi, finché non comparve la demonessa Tataka,moglie del demone Sunda: essi hanno un figlio terribile chiamato Marica. Tataka infonde il terrore nei cuori degliabitanti di Malada e Karusha e ha trasformato questa terra fertile e prosperosa in un luogo desolato e in unaforesta. Rama! Ora tocca a te distruggere questa famiglia demoniaca e ridare a questo paese la gloria e laprosperità che aveva una volta".Rama manifestò il suo stupore: "Come può una fragile donna possedere tanta energia e tanta forza?". Allora ilsaggio Visvamitra gli raccontò tutta la storia di Tataka, che è questa:"C'era una volta un potente semidio chiamato Suketu, che non aveva figli. Desiderando avere un figlio, si mise apraticare austerità. Il Creatore, Brahma, altamente compiaciuto, gli diede in dono una figlia, che benedì con laforza di mille elefanti. E una fortuna che il Creatore non gli diede un figlio maschio! La ragazza era tanto bella

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quant'era forte. Suketu la diede in sposa al demone Sunda, e dalla loro unione nacque il terribile Marica."Sunda era stato maledetto a morte dal saggio Agastya. Tataka volle vendicare la morte del marito e si scagliòcontro il saggio. Agastya pronunciò una maledizione anche contro Tataka: "D'ora in poi perderai l'aspetto disemidea e diventerai una terribile demonessa"."Non farti bloccare dal pensiero che si tratta di una donna. Per il bene della società, devi distruggerla. Puòcapitare che per la protezione dei suoi sudditi un sovrano debba compiere sia azioni lodevoli che biasimevoli, eanche delle azioni che sembrano ingiuste e peccaminose. Questo è invero l'eterno dovere di coloro ai quali èaffidato l'oneroso compito d'amministrare lo stato. Perciò distruggi questa donna malvagia, che non sa chesignifica Dharma!".Rama rispose prontamente: "Quando m'affidò alla tua protezione, mio padre mi comandò di obbedirti in ognicosa. Perciò, ubbidendo a te, farò il mio dovere sia verso di te che verso mio padre!". Così dicendo, preparò lasua arma; e il suono che essa produsse terrificò gli abitanti della foresta e insospettì Tataka.Ella si precipitò verso la fonte di quel suono e, quando fu in vista, Rama scherzando indicò a Lakshmana quellaforma terribile. "Guarda questa demonessa, o Lakshmana, la renderemo immobile amputandole le gambe e lebraccia: non mi sento incline a uccidere questa donna. Visvamitra tuonò 'hum' e spronò i principi.Tataka lanciò delle enormi rocce contro Rama, che le rispose lanciandole dei missili con la sua arma. Tatakascomparve alla vista, e Visvamitra ammonì Rama: "Non scherzare più con questa demonessa. Esse diventano piùpotenti al calare della notte. Uccidila rapidamente". Benché fosse invisibile, Rama la colpì, facendosi guidaresoltanto dal suono. Tataka cadde a terra esanime.In quello stesso istante la foresta rifulse del suo antico splendore.All'alba del giorno dopo, il saggio Visvamitra parlò amorevolmente a Rama: "Sono molto contento di te. Perciò tidarò un armamentario dei missili più potenti, con l'aiuto dei quali potrai sottomettere tutti i tuoi nemici, sianoessi esseri terreni o celesti. Ecco, prendi possesso dei migliori missili esistenti:"Il Dharma cakram, il Kala cakram, il Vishnu cakram e anche il terribile cakram di Indra. Ti do il Danda cakram eanche il missile che ha il potere del tuono (Vajra), il Shulam (di Shiva), il Brahma-shiras e un altro ancoraconosciuto come aisikam, che è come un filo d'erba. Ti do il potentissimo Brahma-astram, che distrugge tutto, eanche i missili a forma di clave. Ed ecco il missile dei gandharva che confonde e stupisce il nemico. Questi altrimissili sono capaci di fare addormentare il nemico e di cambiare il suo stato d'animo da malvagio a pacifico."Ti do ancora questi altri missili che possono produrre la pioggia o fare inaridire il terreno, o generare un caloreinsopportabile e bruciare il nemico. E ancora, un altro missile che produce nel nemico una specie d intossicazionee un altro che fa insorgere in lui la passione. Quest'altro missile possiede lo splendore del sole e abbaglierà ilnemico. Ti do tutte queste e molte altre armi che sono potenti e preziose in guerra, persino contro gli essericelesti".Rama vide tutte quelle armi davanti a sé. Soddisfatto, prese la risoluzione che le avrebbe usate solo quando illoro uso sarebbe stato necessario. Inchinandosi al saggio Visvamitra, Rama disse: "Signore ti prego, istruisciminell'arte di neutralizzare l'effetto di questi missili"Allora, il saggio istruì Rama e Lakshmana sul sistema anti-missile. A tal fine, il saggio diede loro molti altri missili,chiamati con nomi che indicavano il loro modo di funzionare: alcuni visibili e altri invisibili, alcuni che simuovevano in avanti e altri che si muovevano all'indietro alcuni con dieci 'teste', altri con cento 'addomi', alcuniche sembravano carbone ardente, altri che si manifestavano come fumo denso.Tutti questi missili e missili anti-missili furono messi di fronte a Rama, in attesa del suo ordine; stavano ai suoipiedi, per così dire, per offrirgli il loro servizio. Egli li annotò nella sua mente e decise che li avrebbe usati soloquando sarebbe stato assolutamente necessario.Ormai erano giunti al termine della densa foresta. Appena fuori videro un bellissimo e sacro eremitaggio. Ramachiese di esso e il saggio Visvamitra narrò la seguente storia riguardo al Siddhashrama.

[NOTA: Questo capitolo, che menziona moltissimi tipi di quelli che ovviamente erano missili nucleari e non,dovrebbe essere studiato alla luce della moderna conoscenza degli armamenti.]

Visvamitra disse: "Tanto tempo fa, lo stesso Vishnu dimorò qui per migliaia d'anni, praticando austerità. Qui c'èanche l'eremitaggio del Signore Vamana noto col nome di Siddhashrama. Quello che ti racconto accadde duranteil periodo in cui re Bali regnava su cielo e terra. Bali, che era il re dei demoni, stava celebrando un potentissimorito, al termine del quale sarebbe diventato come Indra. Tutti gli dèi, con a capo Indra, chiesero aiuto al SignoreVishnu."Nello stesso tempo il saggio Kasyapa aveva concluso con successo una sacra osservanza durata mille anni.Quando il Signore apparve davanti a lui e gli offrì di concedergli un dono, il saggio pregò: "Se, compiaciuto dame, vuoi concedermi un dono, allora Ti prego, diventa mio figlio"."Volentieri il Signore S'incarnò come figlio del saggio e di sua moglie Aditi. Il Suo aspetto fisico era quello di unnano. Immediatamente andò nel luogo di culto di Bali e chiese al re di concedergli tre passi di terra. Quandoquesto gli fu concesso, il Signore misurò il cielo e la terra con due passi (recuperandoli così per Indra) e con ilterzo benedì il re, ponendogli il piede sulla testa. Questo ashrama (eremo), così chiamato perché elimina shrama(la fatica fisica e mentale), era abitato dal Signore stesso, ed ora vi abito io che sono Suo devoto. Venite,entriamo nell'eremo, perché è tanto vostro quanto mio. Adesso comincerò il rito sacro. Vi prego, proteggetelodalle interferenze dei demoni".I principi risposero con gioia: "Signore benedetto, inizia il rito sacro; noi eseguiremo il tuo ordine". La mattinaseguente il rito ebbe inizio. Il saggio Visvamitra aveva preso il voto del silenzio; perciò altri istruirono Rama eLakshmana: "Sorvegliate la casa della preghiera per sei giorni e sei notti". E così fecero, senza un attimod'assopimento, sempre vigili durante il giorno e la notte.Era l'ultima notte. Il fuoco rituale divampava con insolito splendore. Ci fu un forte boato nel cielo. Come le nuvoledei monsoni, scure e turbolente, i due demoni apparvero nel cielo. Ci fu una pioggia di carne e sangue e d'ognisorta di cose terribili."Lakshmana, guarda come li disperdo in tutte le direzioni", disse Rama, lanciando il missile chiamato Siteshu (il

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missile freddo), che come il vento disperde le nuvole scagliò il demone Marica in mezzo all'oceano, a unadistanza di ottocento miglia. Marica non venne ucciso. Poi, con un missile di fuoco, Rama distrusse l'altro demoneSubahu. Infine, con il missile del vento, Rama disperse i demoni inferiori. Il rito continuò fino alla sua conclusionesenza incontrare altri ostacoli.Compiuta la loro missione, i principi dormirono nell'eremo e la mattina seguente si svegliarono di buon'ora. Dopoavere terminato le preghiere mattutine, avvicinarono il saggio Visvamitra a mani giunte e gli chiesero: "Siamo ituoi umili servi, o saggio; comandaci, che cosa dobbiamo fare?".Visvamitra li benedì e rispose: "Re Janaka di Mithila sta per celebrare un rito sacro, e vorrei che vi partecipasteinsieme a me. A Mithila vedrete anche un'arma straordinaria che ha sconcertato uomini potenti, demoni e dèi. Adire il vero è stata donata dagli dèi molti anni fa; ma siccome nessuno finora è riuscito a maneggiarla, è statareligiosamente messa da parte".Immediatamente il saggio si preparò alla partenza. S'inchinò per salutare la foresta e chiese il permesso aglialberi: "Dio vi benedica, adesso me ne sto andando nell'Imalaya". Molti saggi, bestie e uccelli accompagnaronoVisvamitra! Tuttavia dopo un po' il saggio li convinse tutti a tornare nella foresta. Gli eremiti cheaccompagnavano Visvamitra fecero ancora un tratto con lui prima di ritirarsi per la notte sulle rive del fiumeSone.Visvamitra disse: "C'era una volta un re chiamato Kusa, che era figlio di Brahma, il Creatore. Egli aveva quattrofigli: Kusamba, Kusanabha, Asurtarajasa e Vasu, ai quali affidò il compito di proteggere gli abitanti del regno. Iquattro figli costruirono quattro città: e cioè, rispettivamente, Kaushambi, Mahodaya (Kanauj), Dharmaranya eGirivraja (Rajgir). Queste città erano circondate da colline. Allora il fiume Sone, che scorreva tra queste colline,era anche chiamato Magadhi, perché attraversa il territorio Magadha."Kusanabha aveva cento figlie, nate dalla ninfa celeste Ghrtaci. Quando crebbero e diventarono delle belleragazze, il dio del vento andò da loro e disse: "Desidero sposarvi tutte. Abbandonate l'idea che siete esseri umanie ottenete la longevità. La giovinezza è evanescente; specialmente tra gli esseri umani. Diventate eternamentegiovani e immortali, accettando la mia proposta". Udendo questo le ragazze si rattristarono: "Come possiamoaccettarti come nostro marito - tu che entri in tutti gli esseri? Inoltre nostro padre è il nostro signore e maestro,anzi il nostro dio; solo colui al quale egli ci darà, sarà nostro marito". Offeso da questo rifiuto il dio del ventoentrò in tutte loro causando nei loro arti delle deformità (come l'artrosi)."Così deformate e con gli occhi pieni di lacrime esse andarono da loro padre Kusanabha. Disperato il re loropadre chiese: "Ditemi, chi ha causato queste terribili deformità nelle vostre belle forme"?"."Le ragazze narrarono al padre quanto era accaduto. Re Kusanabha lodò molto la condotta delle figlie e disse:"La pazienza è il più grande ornamento di uomini e donne - il tipo di pazienza che avete mostrato nel vostrocomportamento con il dio del vento. La pazienza è il dono più grande, la verità, la forma migliore d'adorazione, èla gloria, la giustizia e il sostegno del mondo"."Presto il re cominciò a pensare di darle in matrimonio a un uomo degno. In quello stesso periodo c'era ungrande asceta chiamato Chuli, che aveva intrapreso austerità senza precedenti. Durante la pratica egli fu servitoda una ragazza chiamata Somada. Estremamente compiaciuto del suo devoto servizio, l'asceta le disse: "Sonocontento del tuo servizio, chiedimi un dono". Subito ella rispose: "Non sono sposata, né mi sposerò. Concedimiperciò la grazia di un figlio attraverso il potere del tuo ascetismo"."Felice di questa preghiera, l'asceta espresse la volontà che ella concepisse e desse alla luce un bambino: el'energia cosmica (Brahmica) realizzò tutto questo. Il figlio così concepito e dato alla luce fu chiamatoBrahmadatta (dono di Brahma), e in seguito diventò re di Kampilya. E fu a Brahmadatta che re Kusanabha diedein matrimonio le sue cento figlie. Quando, durante la cerimonia, Brahmadatta toccò la mano di ogni ragazza,tutte le deformità scomparvero ed esse riacquistarono la loro bellezza e il loro fascino."Quindi re Kusanabha pregò perché gli nascesse un figlio. Suo padre Kusa lo benedì dicendo: 'Certamente tinascerà un figlio pio'; e detto ciò ascese in cielo. Presto Kusanabha fu benedetto con un figlio, che chiamò Gadhi,secondo il desiderio del suo nobile padre. O Rama, quel Gadhi è mio padre; ed io sono anche chiamato Kausika,perché sono un discendente di Kusa."Ho avuto anche una sorella maggiore chiamata Satyavati, che fu data in matrimonio al saggio Ricika. Ella eramolto devota a suo marito. Di conseguenza, quando il saggio se ne andò da questo mondo, lei ascese in cielocon tutto il corpo, e in seguito per la magnanimità del suo cuore ridiscese sulla terra come un fiume, il Kosi. Ecome tale, o Rama, ella continua ad esistere fino ad oggi. Poiché amavo molto mia sorella, ho vissuto perqualche tempo sulle rive del fiume Kosi. In seguito lasciai quel posto e mi trasferii al Siddhashrama, dove - graziea te - ho portato a compimento il rito più sacro."Così, o Rama, ti ho narrato la storia di questo luogo. La notte è fonda; è ora che tutti voi andiate a dormire".La mattina presto, il saggio annunciò di nuovo l'alba ed esortò i principi ad alzarsi e a prepararsi a partire.Attraversato il fiume Sone, il gruppo continuò fino a raggiungere il sacro Gange.Come al solito, Rama pose una domanda, a beneficio di tutto il gruppo: stavolta voleva sapere la storia delGange. Il saggio Visvamitra disse:"Himavan (l'Himalaya) sposò la figlia di Meru (la calotta polare) chiamata Mena. Essi ebbero due figlie: lamaggiore è Ganga e la minore è Uma. Per il bene di tutti gli esseri dei tre mondi (il cielo, la terra e lo spaziointermedio), gli dèi chiesero a Himavan di dare a loro Ganga. Il magnanimo Himavan acconsentì"Fu così che la sacra Ganga ascese in cielo e divenne un fiume celeste. In seguito ridiscese sulla terra sottoforma di un corso d'acqua purificatore. L'altra figlia - Uma - Himavan la diede in sposa allo stesso Signore Shiva".Con la curiosità stimolata da questo breve racconto, Rama chiese al saggio di narrare la storia sublime entrandomaggiormente nei particolari. Il saggio acconsentì e raccontò dettagliatamente la storia di Uma, consorte delSignore Shiva, e anche la storia della discesa di Ganga sulla terra:"Il Signore Shiva aveva sposato Uma, figlia di Himavan. Per molto tempo la coppia rimase a godere dei piacericoniugali. L'energia creativa del Signore cresceva sempre più d'intensità; e persino gli dèi temevano che la terranon sarebbe stata capace di sostenere la sua progenie."Perciò, facendosi coraggio, essi osarono interrompere l'unione della coppia divina per offrire una preghiera:"Signore, ti preghiamo di fermare la tua energia creativa con il tuo autocontrollo. I mondi non saranno in grado

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di sopportare il pieno impatto della tua energia creativa. Soltanto grazie all'autocontrollo praticato da te e dallatua consorte i mondi sopravviveranno"."Il Signore acconsentì subito alla loro preghiera, e chiese: "Che possiamo fare con l'energia già creata?".L'energia infatti aveva già coperto la terra."Gli dèi chiesero l'aiuto del fuoco e del vento. Il fuoco concentrò l'energia, che ora prese la forma di unamontagna che, spinta a sua volta dal vento, divenne un canneto - che alla fine avrebbe assunto la forma diKartikeya (il figlio del Signore Shiva)."Tuttavia la consorte del Signore, Uma, fu infastidita dall'interferenza degli dèi durante la sua unione con ilmarito. Perciò lanciò su di essi la maledizione che non avrebbero mai avuto figli"."Mentre Uma e il Signore Shiva ritornarono alle loro austerità, gli dèi capeggiati da Indra andarono da Brahma, ilCreatore, e gli chiesero umilmente: 'Signore, il divino Shiva ci ha concesso il dono che gli abbiamo chiesto, e cioèdi benedirci con un condottiero. Questo comandante può nascere solo dalla sua energia. Dopo avere liberatoquest'energia, il Signore Shiva è ritornato alle sue austerità, insieme alla sua consorte Uma. Ti preghiamo, dicciche cosa dobbiamo fare'."Brahma rispose: 'Le parole di Uma sono sacrosante. Nessun dio può ricevere l'energia di Shiva per dargli uncorpo. Ecco la celestiale Ganga: che il dio del fuoco porti l'energia del Signore a Ganga, che allora darà alla luce ilbambino. Certamente Ganga considererà suo il bambino e anche Uma gli darà il suo affetto; in questo modo saràamato da tutti'."Allora gli dèi si rivolsero al dio del fuoco perché adempisse gli ordini del Creatore. A sua volta il dio del fuoco sirivolse alla celeste Ganga, pregandola di ricevere l'energia creativa del Signore. Ganga assunse la forma di unabellezza eterea; e vedendola, l'energia si fuse in lei. Così il dio del fuoco la riempì con l'energia divina."Incapace di sostenere a lungo l'energia divina, su consiglio del dio del fuoco la sacra Ganga la lasciò cadere sudi un fianco dell'Himalaya. Ovunque scorreva l'energia, tutto diventava oro. Qualsiasi cosa l'energia toccava sitrasformava in oro e argento di splendore incomparabile; il semplice calore dell'energia trasformava gli oggettipiù lontani in rame e ferro. Persino le sue 'impurità' divennero stagno e piombo. Così apparvero i minerali sullaterra."Come ho già detto, l'energia si sparse tra i canneti sulle rive del fiume Ganga. Gli dèi raccolsero quell'energia,che poi diventò un bambino. Quindi gli dèi ordinarono alle divinità che presiedevano alla costellazione Krittika dinutrire il bimbo con il loro latte; per questo gli venne dato il nome di Kartikeya. Inoltre egli è chiamato ancheSkanda, perché è 'sceso' con il fiume Gange."In pochi giorni questo bimbo divino divenne potentissimo e distrusse le schiere di demoni che tormentavano glidèi. Così egli divenne il comandante delle armate divine.Questa è la storia della nascita del figlio del Signore Shiva conosciuto anche col nome di Kumara. Chi è devoto aKartikeya godrà di una lunga vita, sarà benedetto con figli e nipoti, e un giorno diventerà una sola cosa con ilsignore Skanda".O Rama, adesso ti racconterò la storia della discesa di Ganga sulla terra.Uno dei tuoi antenati era il potente re Sagara. Egli però non aveva un erede al trono, nonostante avesse duemogli: Kesini, la figlia di re Vidarbha, e Sumati, figlia del saggio Aristanemi e sorella dell'uccello divino Garuda.Re Sagara praticò grandi austerità; e compiaciuto di lui, il saggio Bhrigu concesse al re una strana grazia: "Unadelle tue mogli darà alla luce un figlio per la perpetuazione della tua stirpe; mentre l'altra darà alla lucesessantamila figli".A suo tempo, Kesini diede alla luce un figlio, che fu chiamato Asamanja. Sumati invece partorì un uovo (a formadi zucca) dal quale uscirono sessantamila figli. Sumati li conservò in recipienti di burro chiarificato (ghì), e benpresto crebbero e diventarono dei bei giovani. Fedele al suo nome, Asamanja si dimostrò un giovane malvagiocon pericolose tendenze sadiche, che si divertiva a torturare e ad affogare anche i bambini. Al contrario, suofiglio Amsuman era pio e nobile e immensamente amato dal popolo.Re Sagara decise di compiere il sacro rito-del-cavallo. Perciò scelse il terreno più sacro tra l'Himalaya e i Vindhya,che dai saggi è considerato particolarmente adatto alla celebrazione dei riti sacri, e diede inizio al sacrificio. Ilcavallo sacro fu affidato alla custodia del valoroso Amsuman, il nipote del re.Tuttavia, in un momento critico del rito, Indra - il capo degli dèi - sotto le guise di un fantasma riuscì a rubare ilcavallo. I sacerdoti esclamarono: "O re, cattura il ladro e uccidilo; fa' che il rito sia portato a termine consuccesso, altrimenti ne conseguirà una grande disgrazia".Il re mandò a chiamare i suoi sessantamila figli e comandò loro di setacciare la terra e ritrovare il cavallo. Essiricevettero persino il permesso di scavare la terra.I sessantamila non riuscirono nel compito che era stato assegnato loro. Non trovando il cavallo in superficie,cominciarono a scavare sotto terra.Assistendo all'inutile e spietata distruzione della vita in superficie e nel sottosuolo, gli dèi e i demoni pregaronoBrahma, il Creatore: "Signore, la vita sulla terra sta per essere distrutta dai figli di Sagara. Anche le creatureacquatiche e quelle del sottosuolo sono tormentate. Sospettando che questo o quell'altro possa essere il nemicodel rito, e che il cavallo possa essere nascosto qui o là, essi stanno arrecando un grande danno agli esseriviventi".Il Creatore Brahma rispose: "La Madre Terra è per così dire la consorte del Signore Vishnu, il protettoredell'universo. I figli di Sagara, che stanno devastando lei e le sue creature andranno sicuramente incontro al lorodestino per mano del Signore Stesso, che ora è incarnato sulla terra nelle sembianze del saggio divino Kapila. Lastessa devastazione della terra avviene in ogni epoca; non è una cosa insolita. Coloro che sono dotati di visioneinteriore vedono che le persone sconsiderate colpevoli di crimini contro la benevola terra saranno punitegiustamente". Le trentatré divinità che presiedono sugli elementi naturali tornarono soddisfatte alle loro dimore.I figli di Sagara non riuscirono a trovare il cavallo, malgrado avessero cercato dappertutto e scavato persino laterra. Ma il re li spronò: "Scavate in profondità, facendo a pezzi la stessa terra". E così fecero. Mentreperlustravano la terra incontrarono quattro elefanti che sembravano montagne (o forse il contrario?): Virupakshaa est, Mahapadma a sud, Saumanasa ad ovest e Bhadra a nord. Offrirono ad essi i loro rispettosi saluti econtinuarono le ricerche, procedendo infine in direzione nord-est. Erano delusi e adirati. Alla fine del tunnel

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attraverso la terra, quando emersero all'aperto, videro Kapila seduto in meditazione. E poiché videro anche ilcavallo sacro che pascolava pacificamente vicino all'eremitaggio, scambiarono il saggio per il ladro del cavallo.Gridando di collera essi si precipitarono contro il saggio. Ma intonando semplicemente 'hum', il saggio Kapiladalla gloria incomparabile li ridusse tutti in cenere.Stanco di aspettare il ritorno di figli e cavallo nel luogo del sacrificio, il re mandò suo nipote Amsuman perscoprire cos'era successo. Amsuman seguì gli stessi percorsi e incontrò e s'inchinò agli stessi 'elefanti', che lorassicurarono che avrebbe trovato il cavallo. Quando infine raggiunse l'eremitaggio di Kapila, vide il cavallo e leceneri degli zii. Mentre stava pensando al modo più appropriato di fare le esequie ai defunti, vide l'uccello divinoGaruda, che lo consigliò: "Non angustiarti, o valoroso, la distruzione dei tuoi zii da parte del Signore Kapila ègiusta. Non è giusto usare l'acqua terrestre per propiziare le loro anime. Quando la divina Ganga scenderà suquesta terra, e quando le loro ceneri saranno toccate dalle acque del Gange, anch'essi ascenderanno in cielo".Amsuman tornò nel luogo del sacrificio con il cavallo, e il re portò a termine il rito. Sagara regnò per molto tempoma morì senza riuscire a trovare un metodo per far discendere il divino fiume Gange sulla terra e realizzare il suodesiderio di purificare le ceneri dei suoi figli con il fiume sacro.Alla morte di re Sagara, il popolo chiamò amabilmente Amsuman ad occupare il trono. Egli s'impegnò in continueausterità per molti anni, allo scopo di far discendere Ganga; ma morì prima che le austerità dessero frutto. Dopola sua morte divenne re suo figlio Dilipa, che era talmente addolorato per la morte dei suoi prozii che non riuscì afare nulla per loro. Alla sua morte, salì al trono suo figlio Bhagiratha.Bhagiratha si ritirò sul monte Gokarna (forse Gomukh), nell'Himalaya, per praticare intense austerità col duplicescopo di far discendere Ganga e avere un figlio. Praticò austerità incredibili, e un giorno, compiaciuto dalla suadevozione, gli apparve il Signore Brahma e gli concesse la grazia che voleva. Bhagiratha scelse le due cose cheaveva in mente. "Ecco Ganga - disse Brahma - ma solo il Signore Shiva può sostenere l'impatto della sua discesasulla terra".Allora Bhagiratha rivolse la sua devozione al Signore Shiva. Restando in piedi sulla punta dell'alluce per un annointero, Bhagiratha invocò la grazia del Signore Shiva. Compiaciuto dalla sua devozione il Signore gli apparve e glidisse: "Soddisferò il tuo nobile desiderio e sosterrò il Gange sulla mia testa".Subito dopo il fiume celeste Ganga discese con tutta la sua potenza e maestà sulla testa del Signore Shiva. Icapelli intrecciati del Signore sembravano le cime imalayane, e imbrigliato nelle crocchie dei suoi capelli il fiume siprecipitò nel suo corso terreno. Il Signore lo fece cadere nel lago celeste Bindusara: da lì il Gange fuoriuscì in tredirezioni diverse, come sette ruscelli.Col suo cocchio Bhagiratha fece strada al ruscello principale. Il corso del fiume, come il corso delle nostre vite,era tranquillo in alcuni posti e tortuoso in altri, calmo qui e tumultuoso là, serpeggiante, curvo e diritto, e a voltetornava persino indietro. Le acque del Gange, toccate dalla testa del Signore Shiva, sono estremamente pure.Anche coloro che a causa di una maledizione sono caduti dal cielo vengono purificati bagnandosi nel Gange.Mentre Bhagiratha conduceva il Gange sulla terra, passarono vicino al luogo d'adorazione del saggio Jahnu, cheallora era impegnato in un rito sacro. Le acque del Gange inondarono il luogo sacro. Irritato, il saggio bevvel'intero fiume, che così scomparve dentro di lui. Poi, per intercessione degli dèi, il saggio permise al Gange diuscire dal suo orecchio! Di nuovo il Gange seguì il cocchio di Bhagiratha, e finalmente essi raggiunsero il tunnelscavato dai figli di Sagara. Bhagiratha realizzò lo scopo dei suoi sforzi sovrumani: il sacro Gange passò sulleceneri dei figli di Sagara, che furono istantaneamente purificati e liberati.Il Creatore Brahma si congratulò con Bhagiratha per aver raggiunto il suo scopo superando tutti gli ostacoli conuno sforzo sovrumano, e decretò che d'allora in poi il fiume sacro che Bhagiratha aveva portato sulla terrasarebbe stato chiamato Bhagirathi (figlia di Bhagiratha). Inoltre decretò che chiunque ascolterà il raccontoglorioso dell'impresa sovrumana, risoluta, vittoriosa e senza precedenti di Bhagiratha (di riportare il Gange sullaterra), vedrà realizzati tutti i suoi desideri, gli saranno rimessi tutti i peccati, e godrà di fama e lunga vita.Così il saggio Visvamitra concluse la storia di Ganga. La mattina seguente di buon'ora essi attraversarono ilGange e raggiunsero la città di Vishala. Ancora una volta Rama chiese a Visvamitra di narrare le storie relative aVishala. Il saggio rispose:"Nell'era conosciuta come Satya Yuga c'erano due sorelle, Diti e Aditi, che diedero alla luce rispettivamente moltifigli potenti e molti figli pii. Quando crebbero, in loro crebbe anche il desiderio di liberarsi della vecchiaia e dellamalattia, e diventare quindi immortali. Guardando l'oceano di latte (la via lattea) nello spazio esterno, pensaronoche se avessero potuto trovare un bastone e una corda adatti avrebbero potuto zangolare l'oceano e ricavarecertamente il nettare che avrebbe conferito loro l'immortalità. Allora usarono il monte Mandara come bastone, eil serpente Vasuki come corda, e cominciarono a zangolare l'oceano."Ma il primo dono dell'oceano fu deludente e doloroso, poiché venne fuori il terribile veleno Halahala. Gli dèiatterriti cercarono rifugio nel Signore Shiva. E per salvare gli dèi e tutta la creazione, Shiva bevve subito quelterribile veleno, come fosse stato nettare."La zangolatura continuò. Ma il bastone, il monte Mandara, cominciò a sprofondare. Gli dèi pregarono il SignoreVishnu, che prendendo la forma di una tartaruga sostenne il monte sul suo dorso. Dopo molto tempo apparve ilmedico divino: Dhanvantari. Poi venne un gruppo di ninfe celesti: e poiché erano la panna (rasa) stessadell'oceano (ap), furono chiamate apsara. Poi venne fuori un liquore inebriante chiamato Varuni. I demonirifiutarono di berlo, ma gli dèi lo bevvero. Perciò i demoni sono chiamati asura (perché non presero il liquore osura) e gli dei sono chiamati sura. Quindi venne fuori un cavallo divino, una gemma divina, e infine il nettare, chesia gli dei che i demoni volevano e per il quale cominciarono a lottare. Ma il Signore Vishnu, nelle sembianze diuna bella donna, portò via il nettare. I demoni che si opposero al Signore furono sconfitti e gli dèi, con Indra acapo, ottennero la sovranità!"."Afflitta di dolore per la morte dei suoi figli (i demoni) per mano dei figliastri (gli dèi), Diti volle vendicare la lorodistruzione. Con gli occhi pieni di lacrime implorò suo marito, il saggio Kasyapa: "Ti prego, benedicimi, affinchépossa dare alla luce un figlio che ucciderà Indra, il capo dei figli che hai avuto da Aditi"."Messo sulle spine, il saggio espresse astutamente la sua benedizione: "Così sia. Se praticherai intense austeritàper mille anni, e se riuscirai a completarle senza la minima negligenza, darai alla luce un figlio capace di uccidereIndra".

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"Diti intraprese subito intense austerità. E Indra stesso (il figliastro) la serviva, portandole la legna, l'acqua, lafrutta e tutte le altre cose che le servivano, e lavandole devotamente i piedi mentre dormiva. I mille annipassarono. Molto contenta di Indra, Diti disse: "Sto praticando queste austerità per avere un figlio che tiucciderà! Però tu mi hai servito devotamente per tutti questi anni; farò quindi in modo che il tuo nuovo fratello tisia amico, e che insieme conquistiate il mondo"."Poco dopo, a mezzogiorno, Diti sprofondò nel sonno. Sfortunatamente, proprio quel giorno, la posizione nellaquale s'addormentò era impura e immorale: aveva la testa tra i piedi. Approfittando subito di questa impurità,grazie al suo potere magico Indra entrò nel corpo di lei e, con la sua potente arma (il fulmine), cominciò atagliare il feto: il suo nemico non ancora nato. L'aveva tagliato in sette pezzi, quando cominciarono a piangere;ma egli continuò a tagliarli, dicendo: 'Non piangete, non piangete'. E intanto li aveva tagliati ancora, ciascuno insette pezzi (quarantanove in tutto)."Diti si svegliò e gridò: "Non ucciderli, non ucciderli". Udendola gridare, Indra uscì dal suo corpo e la pregò diperdonarlo: "Tu hai commesso un atto di negligenza e hai quindi perso la grazia che mio padre ti avevaconcesso; perciò ho cercato di distruggere il mio nemico ancora prima che nascesse. Ti prego di perdonarmi"."Sebbene fosse nuovamente addolorata per la perdita, Diti si rese conto che era stata colpa sua, e quindiperdonò Indra e gli disse: "Questi quarantanove pezzi nasceranno come divinità del vento, in gruppi di sette. Tustesso li hai chiamati Matura (gridando loro ma-ruda, non piangete). Questi sette gruppi di divinità del ventoriempiranno il cielo, la terra e lo spazio intermedio e si muoveranno al tuo comando"."Così Indra e la sua matrigna raggiunsero un accordo. O Rama, questo è il luogo sacro dove Diti praticò le sueausterità e Indra stesso la servì".Visvamitra e i principi, accompagnati da altri saggi, passarono la notte a Vishala; e la mattina seguente partironoper Mithila.In prossimità di Mithila, Rama vide un eremo abbandonato e chiese a Visvamitra: "Ti prego, dimmi di chi eraquest'eremo - che non ha più eremiti e sembra desolato?".Con il cuore colmo di gioia il saggio Visvamitra rispose: "Anticamente questo meraviglioso eremitaggioapparteneva al famosissimo saggio Gautama, che viveva qui con la sua fedele, devota e bellissima moglieAhalya."Un giorno Indra, il capo degli dèi, approfittando dell'assenza del saggio entrò nell'eremitaggio nelle sembianzedello stesso Gautama, e desiderò unirsi con Ahalya. La pia e devota Ahalya riconobbe subito che sotto iltravestimento c'era lo stesso Indra; tuttavia cedette al suo desiderio, poiché la compiaceva molto il fatto che ilcapo degli dèi l'avesse avvicinata."Mentre Indra s'apprestava a lasciare l'eremitaggio, ella lo mise in guardia contro l'ira di Gautama e lo pregò distare attento. Ma Gautama rientrò proprio mentre Indra stava uscendo. Pieno di collera Gautama maledì Indra:"Assumendo la mia forma, hai commesso un grande peccato: perciò perderai la tua virilità". E rivolgendosi allamoglie infedele, il saggio maledì anche lei: "Vivendo d'aria, giacendo sulla cenere, invisibile a tutti, vivrai qui perlunghissimo tempo; ma quando Rama visiterà quest'eremitaggio, riacquisterai la tua purezza". Così, dopo averlimaledetti entrambi, il saggio se ne andò nell'Himalaya."Avendo perso la sua virilità, Indra supplicò gli dèi e gli altri esseri celesti: "In ciò che ho fatto volevo solo serviregli dèi: ho provocato la collera del saggio Gautama, che mi ha maledetto con la perdita della virilità e cosìfacendo ha perso l'energia guadagnata con le sue austerità. Vi prego, fate qualcosa per restituirmi la virilità". Glidèi andarono quindi dal capo dei Mani e lo pregarono: "Trasferite i genitali di questo ariete su Indra; l'arietecastrato sarà una delizia anche per voi". Il capo dei Mani acconsentì e restituì la virilità a Indra trapiantandogli igenitali dell'ariete."Ora che sei qui, o Rama, la fine, della maledizione di Ahalya è vicina. Entra nell'eremo". Appena Rama misepiede nell'eremo, Ahalya gli venne incontro. Tutte le sue impurità furono rimosse alla vista di Rama ed ellarisplendette della sua bellezza e radiosità eteree. Ella adorò devotamente gli ospiti divini. Nel frattempo eratornato anche Gautama. Ambedue offrirono la loro devozione e ospitalità a Rama e poi ripresero le loro austerità.Rama procedette verso Mithila.Ben presto il gruppo raggiunse la sala di culto di Janaka, dove il rito sacro era già cominciato. Era sorta unanuova cittadina, e Rama ammirò le eccellenti preparazioni predisposte da Janaka. Migliaia di brahmana eruditi neiVeda erano giunti da diverse parti del paese ed erano stati comodamente alloggiati.Quando Janaka seppe dell'arrivo di Visvamitra, corse ad incontrarlo. Da parte sua il saggio s'informò sulla salutedel re e su come procedeva il rito sacro; quindi salutò anche gli altri saggi presenti nella sala. Re Janaka disse:"Ora, con la tua presenza, la mia devozione e il rito sacro che sto celebrando hanno dato frutto. Oggi sono statomolto fortunato, sono stato davvero benedetto". Poi informò il saggio che il rito sacro sarebbe durato dodicigiorni, e nell'ultimo giorno gli stessi dèi sarebbero apparsi per ricevere personalmente le offerte.Guardando i principi, il re chiese umilmente a Visvamitra: "Chi sono questi giovani? Sembrano dèi. Il loroportamento è maestoso come quello degli elefanti. Questi giovani eroici hanno la forza della tigre e del toro. Iloro occhi ricordano i petali del loto. Essi sono belli come gli Asvini Kumara (i medici celesti)". Poi Janakas'informò anche sullo scopo della loro visita a Mithila.Il saggio Visvamitra spiegò al re chi erano Rama e Lakshmana e ciò che avevano compiuto fino ad allora.Venendo a sapere della loro visita all'eremo di Gautama e della redenzione di Ahalya, Satananda - che era ilsacerdote di famiglia di re Janaka, e figlio di Gautama e Ahalya - s'informò amorevolmente sulla salute dei suoigenitori. Visvamitra rispose: "Tutto ciò che era necessario fare per loro l'abbiamo fatto. Gautama e Ahalya sonostati riuniti".Felice di questo, Satananda si rivolse a Rama e disse: "Benvenuto, o principe tra gli uomini! È davvero unagrande fortuna per te essere venuto qui, sotto la guida del saggio Visvamitra. Egli è un saggio che ha fatto coseincredibili; è un Brahmarishi, pieno d'effulgenza spirituale e del potere delle austerità. Io lo reputo il migliorerifugio. Ascolta, ti racconterò tutto quello che so di lui:Questo saggio era un grande e nobile re, devoto alla giustizia, ma che teneva sotto controllo i suoi nemici. Egli èfiglio di Gadhi, e nipote di Kusha. Una volta re Visvamitra andò in giro per il mondo con un grande esercito.Durante il suo giro giunse all'eremo del saggio Vasishtha. Quell'eremo meraviglioso era dimora di dèi ed esseri

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celesti, come pure di fiori e animali selvatici. Nel suo splendore era uguale al paradiso di Brahma.Il saggio Vasishtha diede il benvenuto a re Visvamitra e gli offrì l'ospitalità dell'eremitaggio. Com'era d'uso, il res'informò se le attività religiose dell'eremo si svolgevano come dovuto. Rispondendo, il saggio informò il re chetutto andava bene per l'eremo e per gli eremiti che vi abitavano. Da parte sua Vasishtha chiese al re: "Va tuttobene per te? Stai proteggendo il tuo popolo, aderendo strettamente al Dharma? Sono fedeli i tuoi servi? I tuoinemici sono sotto controllo? Va tutto bene con l'esercito, le finanze, gli amici e la famiglia?". E re Visvamitrarispose che anche per lui tutto andava bene.Il saggio Vasishtha continuò: "Posso offrire a te e al tuo vasto esercito l'ospitalità dell'eremo? Vi prego d'accettaree di essere miei ospiti oggi". Il re rimase perplesso: cosa potevano offrire quest'asceta e quest'eremitaggio a lui eal suo vasto esercito! Forse l'offerta era più d'intenzione che di fatto. Prendendola per tale, il re rifiutògentilmente l'offerta. Ovviamente il saggio conosceva il pensiero del re e ripeté più volte l'offerta. Infine,incuriosito dal suo comportamento, il re accettò."Sabala - chiamò Vasishtha, e davanti a lui apparve una vacca - Oggi desidero intrattenere questo re e il suogrande esercito; ti prego di fare il necessario. Rendi disponibile qualsiasi tipo di vivanda ciascuno dei nostri ospitidesideri". E cosi la vacca fece! Cibo e bevande di ogni tipo, secondo il desiderio di ognuno, compresi i piatti e leposate - in breve, un banchetto reale di un lusso e una prodigalità mai visti prima - furono messi davanti a reVisvamitra e al suo numeroso esercito.Davanti a questo miracolo inaudito il re rimase stupefatto, e dopo il pranzo andò da Vasishtha e gli disse: "Devofarti una richiesta. La vacca Sabala è davvero un gioiello di vacca; e i gioielli appartengono al re. Perciò dammiSabala, e io ti darò in cambio centomila vacche".Gentilmente, ma con fermezza, Vasishtha declinò l'offerta e rifiutò di separarsi da Sabala: "Tutte le mie attivitàreligiose e i miei riti sacri dipendono da lei. Non mi separerò da lei neanche per un miliardo di vacche!". Il re nons'arrese, e offrì molto di più! Migliaia d'elefanti e cavalli, milioni di vacche, enormi quantità di gemme e gioielli... ilre era pronto a dare a Vasishtha ricchezze illimitate, ma voleva Sabala.Parimenti adamantino fu il saggio nel rifiutare tutte le offerte del re, spiegando ripetutamente che la vacca gli eraindispensabile per i riti sacri e le elemosine quotidiane; e infine egli chiuse l'argomento dicendo: "A che servonotante parole: non ti darò Sabala".Quando Vasishtha rifiutò di separarsi da Sabala, la vacca che appaga i desideri, re Visvamitra la portò via con laforza. Ma ben presto la vacca si liberò dei rapitori, tornò da Vasishtha e si lamentò: "O saggio, perché mi haiabbandonato?". Il saggio rispose amorevolmente: "Io non ti ho abbandonato, Sabala; ma il re ha un grandeesercito e perciò è più potente di me. Che cosa posso fare?".Sabala rispose prontamente: "Si dice che in questo mondo i veri potenti non sono i regnanti. Sono i saggi adessere potenti: perché il potere dei forti è limitato alle loro armi, mentre il potere dei saggi è divino einfinitamente superiore. Se è tuo desiderio, metterò fine al re e al suo esercito". Accettando il consiglio, Vasishthale ordinò: "Produci un potente esercito per distruggere l'armata del re".Sabala creò immediatamente centinaia di guerrieri Pahlava; e quando furono uccisi dall'armata del re produssecentinaia di altri guerrieri di razza mista Shaka-Yavana, belli e di carnagione chiara. Essi combatteronofuriosamente, ma il re usò tutte le armi che aveva, e gli Yavana, i Kamboja e i Barvara (tutti stranieri) furonodecimati. Allora Vasishtha ordinò a Sabala di produrre più guerrieri. Dalla sua bocca uscirono Kamboja, dallemammelle Barvara, dalle parti posteriori Yavana e Shaka, dagli stessi pori della sua pelle Harita, Kirata e altristranieri. In brevissimo tempo tutti insieme distrussero l'intero esercito di Visvamitra, e perfino i suoi figli.Solo un figlio sopravvisse alla carneficina. Affidandogli il regno, Visvamitra andò nell'Himalaya a pregare, adoraree meditare. Compiaciuto dalle sue austerità, il Signore Shiva gli apparve e gli concesse un dono. Visvamitrapregò: "Voglio conoscere i segreti di tutti i missili posseduti da dèi, demoni ed esseri celesti". Shiva esaudì la suapreghiera e gli svelò i segreti vitali riguardanti i missili.Armatosi di questi, il re pensava fieramente che Vasishtha sarebbe stato facilmente sconfitto. Recatosiimmediatamente all'eremo di Vasishtha, mise a sacco il luogo sacro con i missili. Scoppiò un terribile incendio, egli eremiti fuggirono per la paura, anche se Vasishtha cercava di far loro coraggio promettendo di trattare il re adovere. Anche gli uccelli e le bestie lasciarono l'eremitaggio.Fortemente adirato dal corso degli eventi, il saggio Vasishtha disse a re Visvamitra: "Che tu sia maledetto: haiprofanato questo sacro eremitaggio, rendendolo un luogo desolato". Il saggio stava lì dritto con il bastone alzato.E il suo bastone sembrava il bastone del giudizio di Yama, come il fuoco senza fumo che presagisce ladissoluzione cosmica.La fiducia che il re aveva nelle armi e nella forza non fu scossa dal bastone da mendicante che Vasishthaimpugnava. "Aspetta un momento", disse Visvamitra, e lanciò al saggio il mortale missile di fuoco. "Sto qui -disse Vasishtha - fai del tuo peggio, vile guerriero! Può la stupida forza di un guerriero affrontare il poterespirituale di un conoscitore dell'infinito Brahman?". Con stupore di Visvamitra, il missile di fuoco fu neutralizzatodal bastone di Vasishtha!Uno dopo l'altro, Visvamitra usò tutti i missili i cui segreti gli erano stati rivelati dal Signore Shiva: il missilesoporifico, il missile inebriante, i missili che producono un calore insopportabile, il missile che secca tutto, ilmissile che disintegra ogni cosa, il missile che infrange tutto come il fulmine, e un altro missile ancora fatalecome la morte. Ma l'energia sprigionata da tutti questi missili fu assorbita facilmente dal bastone magico delsaggio Vasishtha!Sconfitto nel suo scopo, Visvamitra decise di usare il più potente di tutti i missili, il Brahma-astra, che potevadistruggere ogni cosa creata. Persino gli dèi e gli esseri celesti guardavano ansiosi e col fiato sospeso. Ma ilbastone impugnato dal saggio rese impotente anche il Brahma-astra. Tuttavia l'impudenza del re provocò l'ira delsaggio: da ogni poro della sua pelle emanò un'energia soprannaturale. Allora gli dèi e gli esseri celestisupplicarono Vasishtha: "Ti preghiamo, arresta questo flusso d'energia divina". Il saggio si calmò; ma Visvamitrafu umiliato completamente: "Nulla è la potenza di un re! La vera forza è quella che possiede un brahmana(conoscitore dell'Assoluto). Con il suo solo bastone, questo saggio ha neutralizzato tutti i miei missili mortali!Tornerò a praticare austerità: poiché è con le austerità che si ottiene lo stato di brahmana". Dicendo questos'avviò verso sud e cominciò le sue austerità.

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Dopo anni d'intense austerità, lo stesso Brahma, il Creatore, apparve davanti a lui e gli disse: "Ti do ilriconoscimento di saggio reale", ma Visvamitra non fu soddisfatto. Egli voleva essere un brahmana! Perciòcontinuò le sue austerità.In quello stesso periodo viveva un re chiamato Trisanku, che desiderava ascendere in cielo con tutto il corpo! Egliandò da Vasishtha con questa richiesta: "Desidero ascendere in cielo con tutto il corpo; e a tal fine praticheròcento riti sacri. Ti prego di condurre questi riti". Ma Vasishtha rifiutò. Trisanku però non era disposto adarrendersi, perciò andò dai figli di Vasishtha e chiese loro di fargli il favore di condurre i cento riti sacri, affinchépotesse ascendere in cielo con tutto il corpo.

[NOTA: 'Brahmana' non si riferisce solo a uno nato nella casta brahmana. Altri saggi anch'essi brahmana dinascita) fuggirono, ma non Vasishtha. Brahmana perciò è colui che conosce l'Assoluto. I missili qui nominati sonoquelli che in seguito Visvamitra darà a Rama.]

Seccati dalla richiesta di Trisanku, i figli di Vasishtha risposero: "Il santo guru Vasishtha è devoto alla verità. Egliha respinto la tua proposta: come puoi quindi rivolgerti ad altri con la stessa proposta? Se egli ha detto che nonpuò essere o che non dev'essere fatto, bisogna lasciar perdere! Fare ciò che lui ha proibito equivarrebbe ainsultarlo" Ma orgoglioso e avido, pur essendo un sovrano pio e nobile, re Trisanku non rinunciò al suo scopo.Così disse ai figli di Vasishtha: "Bene, allora cercherò aiuto altrove!". Questo fu per loro intollerabile; e lomaledirono: "Ti sei allontanato dalla luce della verità (il guru) e hai abbracciato le tenebre dell'egoismo. Perciòdiventerai un essere scuro (candala), tanto impuro e sporco all'esterno come lo sei all'interno".La mattina seguente re Trisanku si svegliò e s'accorse che anche il suo aspetto era cambiato, e che qualsiasi cosatoccava o veniva a contatto con lui diventava inquinata e sporca. Vedendo questa trasformazione, i suoi ministri eseguaci lo abbandonarono e tornarono in città. Il re, che era diventato un intoccabile, cercò rifugio da Visvamitra.Pieno di compassione, Visvamitra chiese a Trisanku qual era la causa della terribile trasformazione; e questi narròtutto ciò che era accaduto. Di com'era andato da Vasishtha e dai suoi figli con le migliori intenzioni, ma che nonera servito a niente. E invece d'ascendere in cielo con tutto il corpo, aveva perso anche l'aspetto fisico di re edera diventato un essere disprezzabile. "Sono sempre stato un re giusto e onesto. Volevo compiere cento ritireligiosi che mi avrebbero permesso di ascendere in cielo con tutto il corpo. Guarda il mio stato attuale! Solol'invisibile volontà del divino è suprema; lo sforzo personale sembra futile. La volontà divina domina tutto;soltanto la volontà divina è la nostra ultima risorsa. Oggi prendo rifugio in te. Non ho altro rifugio. Ti prego dìtrovare il modo di vincere il mio fato attraverso lo sforzo personale".Commosso dalla preghiera del re, Visvamitra mandò i suoi discepoli in tutte le direzioni per invitare uomini santi esacerdoti al rito sacro che aveva deciso di condurre per realizzare il desiderio di Trisanku: "Invitate tutti da partemia, anche i figli di Vasishtha". Tutti accettarono l'invito e andarono subito all'eremo di Visvamitra, tranne i figli diVasishtha, che rifiutarono sprezzanti. Saputo questo, Visvamitra li maledì: "Nonostante si supponga che sianouomini santi dediti alla pratica di austerità, in questo modo essi mi insultano! Perciò moriranno e per settecentovolte rinasceranno come intoccabili, dediti a lavori spregevoli".Prima di cominciare il rito sacro che avrebbe permesso a Trisanku d'ascendere in cielo con tutto il corpo,Visvamitra si rivolse ai grandi saggi e ai sacerdoti riuniti là con lui e disse: "Impegnatevi a celebrare insieme a meil rito sacro che permetterà a Trisanku d'ascendere in cielo col suo corpo fisico".Visvamitra stesso condusse il rito sacro, che tutti celebrarono seguendo fedelmente le ingiunzioni delle Scritturerelative a quel rito. Quindi invocarono la presenza degli dèi affinché ricevessero le offerte: ma gli dèi nonarrivarono. L'ira di Visvamitra fu terribile. Versando un'oblazione sul fuoco sacro, egli dichiarò: "Come solaricompensa per le austerità che ho praticato esercitando il mio libero arbitrio, io reclamo l'ascensione fisica diTrisanku in cielo. O re, guarda il potere della mia volontà e del mio sforzo personale: tramite essi io ti mando incielo con tutta la tua forma fisica".Immediatamente, tra lo stupore di tutti, Trisanku cominciò ad ascendere in cielo nella sua forma fisica. Ma Indra,sovrano degli dèi e delle sfere celesti, lo scacciò dalle porte del cielo, dicendo: "Poiché sei stato maledetto dal tuoguru, qui non c'è posto per te! Ritorna sulla terra". Con queste parole Indra lo buttò fuori, e Trisanku cominciò aprecipitare. Ma mentre stava per cadere sulla terra, egli riuscì a gridare a Visvamitra: "Salvami, proteggimi!".Fuori di sé dalla collera, Visvamitra gridò: "Fermati!". E Trisanku s'arrestò, rimanendo sospeso nello spazio. Coimeriti guadagnati con le sue austerità e col proprio sforzo personale, e sfidando la volontà degli dèi, Visvamitracominciò a creare un altro cielo, un altro gruppo di stelle e pianeti, un altro insieme di 'sette costellazioni' (comel'Orsa Maggiore) che dovevano ruotare intorno a Trisanku (come le altre ruotano intorno alla stella polare). Difatto egli creò una nuova galassia nell'emisfero meridionale dello spazio. Pensava anche di creare un altro Indra,o forse voleva lasciare il nuovo cielo senza un capo.Sconfitti, gli dèi e i demoni andarono umilmente da Visvamitra e affermarono: "O santo, Trisanku aveva persotutti i suoi meriti facendosi maledire dal suo guru, e ignorando il consiglio del suo guru. Perciò non puòascendere fisicamente in cielo". Visvamitra rispose: "Ho dato la mia parola che ci andrà, e non posso infrangerela mia promessa. Perciò lasciategli godere la beatitudine celeste là dove si trova, e lasciate anche che i corpicelesti che ho creato continuino ad esistere per questo ciclo cosmico". Gli dèi acconsentirono, e concesseroanche che Trisanku rimanesse sospeso nello spazio, ma felice come un dio.Tutto ciò fu però d'ostacolo alle pratiche spirituali di Visvamitra, che con questo incidente perse tutti i meriti cheaveva guadagnato con le sue austerità precedenti. Perciò lasciò la sua dimora nel sud e andò a Pushkar, adovest, dove ricominciò le sue pratiche.In quel periodo regnava ad Ayodhya re Ambarisha, che era allora impegnato a celebrare il sacrificio-del-cavallo.Come al solito, Indra rubò il cavallo. Pieno d'amarezza il sacerdote ufficiante disse al re: "Il cavallo è stato rubatoa causa della vostra negligenza; il peccato di negligenza distrugge un monarca. Se egli non riesce a trovare ilcavallo, l'espiazione prescritta è l'offerta di un sacrificio umano".Turbato da queste frasi solenni, il re cercò di trovare il cavallo, ma non riuscì a trovarlo da nessuna parte. Nelcorso dei suoi viaggi arrivò all'eremitaggio del saggio Ricika, al quale chiese di offrire uno dei suoi figli perl'espiazione. Il saggio rifiutò di separarsi dal suo primogenito, mentre sua moglie rifiutò di separarsi dall'ultimo

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figlio. Allora il figlio mezzano, chiamato Sunahsepa, osservò: "Il figlio maggiore è indispensabile al padre; ilminore è indispensabile alla madre; credo che io, che sono il mezzano, sia l'unico non necessario". Sunahsepa sioffrì di andare con il re. Questi diede abbondanti doni ai genitori del ragazzo e partì con lui.Lungo la strada, Sunahsepa notò Visvamitra intento nelle sue austerità, e cercando rifugio in lui lo pregò:"Signore, non ho nessuno che si prenda cura di me in questo mondo; perciò cerco rifugio in voi. Per carità, fatequalcosa perché il sacrificio del re si possa concludere con successo, e io possa godere di una lunga vita perpraticare austerità e andare in cielo". Mosso a compassione, il saggio reale si rivolse ai suoi figli e chiese chi diloro avrebbe preso il posto di Sunahsepa per salvarlo. Uno dei figli rimproverò aspramente il padre: "Com'èstrano, padre, che desideri gettare via i tuoi figli, per salvare il figlio di un altro!".Visvamitra s'adirò per l'impudenza del figlio. E tale impudenza doveva essere punita, sia che si trattasse dei figlidi un altro o dei propri. Perciò il saggio pronunciò questa maledizione: "Subirai lo stesso fato dei figli diVasishtha".Rivolto a Sunahsepa, Visvamitra disse: "Durante il rito sacro, recita i due inni che ora t'insegnerò, e conseguirai iltuo scopo". Ambarisha riprese il rito interrotto e lo portò a compimento. Al momento giusto Sunahsepa recitò gliinni, e lo stesso Indra - compiaciuto nell'udirli - apparve sul posto. Egli benedì Ambarisha e benedì Sunahsepacon una lunga vita.Visvamitra continuò le sue austerità a Pushkar.Dopo mille anni di austerità, gli dèi - capeggiati da Brahma, il Creatore - andarono dall'asceta Visvamitra e glidissero: "Ora sei diventato un rishi, non semplicemente un saggio reale". Ma Visvamitra continuò le sue austeritàcon rinnovato zelo.Un giorno la ninfa celeste Menaka andò a fare il bagno nel lago di Pushkar. Il rishi la vide e perse il suo cuore perlei. Anche lei rispose al suo invito; ed essi cominciarono a vivere insieme nell'eremitaggio del rishi. Per dieci annivissero insieme, godendo di tutti i piaceri. Un giorno però egli realizzò che anche questo era un altro ostacolo allesue pratiche spirituali! Percependo il cambiamento che era avvenuto in lui, Menaka cominciò a tremare di paura:ma congedandosi da lei con parole affettuose, il rishi se ne andò al nord.Ancora una volta riprese le austerità. Persino gli dèi erano stupefatti. Insieme a Brahma, essi andarono di nuovoda Visvamitra e gli dissero: "Siamo compiaciuti delle tue austerità, ora tu sei il più grande dei rishi, perciò sei unmaharishi". Visvamitra rispose umilmente: "Se m'aveste chiamato brahmarishi, avrei pensato che voi ritenevateche io avessi conquistato i sensi". "Non ancora - rispose Brahma, che aggiunse: Continua!". Visvamitra intensificòle sue austerità. Con le braccia alzate, stando in piedi senza alcun sostegno, senza mangiare, circondandosi con icinque fuochi d'estate, rimanendo solo col cielo sulla testa nella stagione delle piogge, e giacendo sulla nudaterra d'inverno - egli intraprese austerità inaudite.Gli dèi s'inquietarono, perché le austerità di Visvamitra minacciavano la loro posizione e il loro potere. AlloraIndra disse a un'altra ninfa celeste, chiamata Rambha: "Va' e distrai la sua mente". Ma siccome lei temeva lamaledizione del saggio, Indra la rassicurò: "Non temere, anch'io sarò con te; ti starò vicino sotto forma diuccello".Convinta, Rambha andò all'eremitaggio. Ma non appena Visvamitra la vide, capì il tranello e la maledì: "Tu seivenuta a rovinare le mie austerità! Bene, resta lì pietrificata. Dopo tanto tempo il saggio Vasishtha ti faràriacquistare la tua forma celeste". Rambha fu mutata in pietra. Indra e Cupido volarono subito via!Visvamitra però non si rallegrò. Aveva vinto la battaglia contro la lussuria; ma era caduto vittima dell'ira, e diconseguenza aveva perso quanto aveva acquisito con le sue austerità. "Conquisterò la collera - disse a sé stesso- non parlerò, non respirerò nemmeno. Finché non raggiungerò lo stato di brahmana, rimarrò qui in piedi, senzacibo né bevanda, senza neanche respirare". Un tale voto non era stato preso da nessuno prima di Visvamitra.Per l'ultimo periodo delle sue pratiche spirituali Visvamitra scelse l'oriente. Questa volta esse furono più dure chemai. Per quanto venisse fortemente provocato, non s'adirava mai. Dopo mille anni, concluso con successo il votodi silenzio e digiuno, mentre stava per rompere il digiuno e s'accingeva a mangiare, Indra stesso gli apparvesotto le sembianze di un mendicante e gli chiese del cibo. Con calma, senza perdere la pazienza, Visvamitra glidiede il cibo che aveva preparato per sé, e poiché non ne rimase altro, continuò il digiuno e il silenzio per altrimille anni.Il 'fuoco' delle sue austerità, l'energia psichica prodotta dalle sue pratiche, divenne enorme. Sembrava che la suaenergia avrebbe consumato il mondo intero.Allora gli dèi andarono da Brahma e lo pregarono "L'energia generata dalle austerità di Visvamitra sta bruciandoil mondo. Noi tutti abbiamo cercato di distrarlo in maniere diverse: ma la sua pratica continua indisturbata. Oranon c'è altra alternativa che concedergli quello che vuole, anche se fosse il governo degli dèi".Brahma e gli dèi si recarono da Visvamitra, e il Creatore gli disse "Sono estremamente compiaciuto delle tueausterità, o Brahmarishi! Con la forza delle tue austerità hai veramente raggiunto lo stato di brahmana".Felicissimo di udire le benedizioni del Creatore, Visvamitra affermò: "Se tale è la tua volontà, Signore, fa' che'Om' e Vashat e i Veda entrino nel mio cuore e diventino parte del mio essere. Inoltre vorrei che il riconoscimentod'essere un Brahmarishi mi venisse dal supremo saggio Vasishtha".Allora Brahma e gli altri dèi andarono dal saggio Vasishtha con quella proposta. Vasishtha acconsentìimmediatamente, e andato da Visvamitra, lo salutò amichevolmente e gli disse: "Tu sei davvero un Brahmarishi,pienamente realizzato". Così le straordinarie austerità di Visvamitra avevano portato frutto."O Rama, questa è la storia della vita gloriosa del potente saggio Visvamitra; e invero tu sei tre volte benedetto agodere della sua guida e compagnia" - concluse Satananda.Re Janaka, che aveva ascoltato questa storia esaltante, cadde ai piedi di Visvamitra ed esclamò: "Sono davverofortunato che, in compagnia di Rama, tu hai benedetto il rito sacro che sto conducendo. Sono stato moltoispirato dalla storia della tua vita narrata da Satananda Desidererei ascoltare ancora, ma adesso devo scusarmi,perché s'avvicina l'ora della preghiera serale. Ti prego di benedirmi di nuovo con la tua presenza domani".La mattina seguente, di buon'ora, re Janaka invitò nel suo palazzo Visvamitra e i principi Rama e Lakshmana. Alloro arrivo li onorò debitamente, e quindi si rivolse a Visvamitra: "O santo, attendo i tuoi ordini: cosa posso fareper te?". In risposta, Visvamitra disse: "I due figli di Dasaratha qui presenti desiderano vedere il famoso dhanusin tuo possesso".

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Il re mandò a prendere il dhanus, e nel frattempo raccontò la storia dell'arma, dicendo:"Voi sapete come il Signore Rudra distrusse anticamente il rito sacro di Daksha. Irritato perché gli dèi non gliavevano lasciato nemmeno una parte delle offerte rituali, egli minacciò di distruggerli tutti con la sua arma. Alloragli dèi caddero ai suoi piedi e appagarono il Signore. Subito soddisfatto, il Signore lasciò loro l'arma comericordo. E a loro volta gli dèi la diedero a un mio antenato, chiamato re Devarata."Alcuni anni fa, mentre aravano una parte del mio terreno, trovai in un solco una bambina divina. Perciò lachiamai Sita, e l'adottai come figlia. Crescendo diventò una bellissima ragazza, e molti principi la chiesero insposa. Ma io non volevo dare Sita, che ha avuto una nascita immacolata, a una persona indegna. Fu deciso chesolo quell'eroe che fosse riuscito a far funzionare quest'arma avrebbe ottenuto la mano di Sita. Tutti questiprincipi ed altri ancora hanno provato, ma essi non hanno saputo neppure cosa farci; non hanno saputo nétoccarla né tenerla in mano. Se Rama riuscirà a usare quest'arma, gli darò in sposa Sita che è d'origine divina".Intanto cinquemila uomini eccezionalmente robusti avevano portato l'arma nella sua pesante custodia montatasu ruote.Il saggio Visvamitra disse a Rama: "Giovanotto, ti prego, osserva quest'arma". Rama aprì la custodia ed esclamò:"So che cos'è: penso che riuscirò a maneggiarla e anche a farla funzionare". E mentre migliaia di personeguardavano, Rama la prese, la caricò e quindi tirò: con un rumore assordante l'arma si spezzò nel mezzo.Re Janaka disse: "Sant'uomo, ora ho visto la forza di Rama, e ho visto con i miei occhi quest'avvenimentosupremamente meraviglioso, incredibile e vero. Sita ha trovato il suo sposo, e darà alla famiglia dei Janakagrande fama e gloria".Quindi re Janaka e il saggio Visvamitra inviarono veloci messaggeri ad Ayodhya per informare re Dasaratha e perinvitare tutti a Mithila per il fausto matrimonio di Rama e Sita.Gli ambasciatori di re Janaka giunsero presto ad Ayodhya e chiesero un'udienza con re Dasaratha. Con le manigiunte e con voce dolce, essi dissero: "Maestà, re Janaka vi manda i suoi saluti tramite noi, suoi umili servi, es'informa sulla vostra salute. Tramite noi egli vi manda il seguente messaggio di gioia: "Tu saprai già che avevopromesso che chi fosse riuscito a usare la potente arma degli dèi, che è in mio possesso, avrebbe conquistato lamano di mia figlia Sita. Questa condizione è stata realizzata dal tuo grande e degno figlio Rama. Perciò pregoumilmente che tu ci benedica presto con la tua presenza, affinché possa adempiere la mia promessa e dare Sitain sposa a Rama". Questo messaggio ha la viva approvazione sia di Visvamitra che di Satananda".Dasaratha fu felicissimo di udire questo messaggio. Subito egli fece chiamare i suoi consiglieri e precettori, diedeloro la bella notizia e chiese il loro consiglio: "Se le credenziali di re Janaka sono per voi accettabili, alloraprocederemo verso la sua capitale senza perdere tempo". I consiglieri e tutti gli altri acclamarono la proposta, e ilre compiaciuto decise che sarebbero partiti il giorno dopo.Secondo le sue istruzioni, re Dasaratha era preceduto dai suoi tesorieri, che portavano ingenti ricchezze egemme preziose; da un potente esercito; quindi dai saggi e dai precettori, e infine dai sacerdoti di famiglia.Nel frattempo gli ambasciatori di re Janaka gli portarono la notizia, ed egli organizzò a Mithila un grandericevimento in onore di re Dasaratha. L'incontro di questi due monarchi fu commovente e ispirante.Nel suo discorso di benvenuto, re Janaka disse: "Mi sento onorato e benedetto dalla tua visita a Mithila, omigliore tra gli uomini! Presto vedrai i tuoi eroici figli. Il mio casato viene elevato da questa alleanza dimatrimonio con il casato di Raghu. Domattina, dopo le debite cerimonie, e con le benedizioni dei saggi, assisteraiallo sposalizio".Nella sua risposta, re Dasaratha disse: "Così ho sentito dire: chi riceve un dono è nelle mani del donatore! Tu seiil donatore, in quanto desideri dare tua figlia in sposa a mio figlio. E certamente io farò tutto quello che dici".Quest'espressione di benignità e dolcezza da parte dell'anziano re Dasaratha commosse re Janaka.Poco dopo il ricevimento regale, Dasaratha vide e abbracciò Rama e Lakshmana, che toccarono umilmente i piedidel padre. Poi ognuno di loro si ritirò nel proprio appartamento.La mattina seguente re Janaka mandò a chiamare suo fratello Kusadvaja, re di Sankasya, dopo averlo informatodelle imminenti celebrazioni. Poi invitò gentilmente re Dasaratha alla corte reale, insieme al suo precettore e aisacerdoti.Dopo aver preso posto nella corte, Dasaratha disse: "Il saggio Vasishtha è il nostro portavoce, a lui chiedo diportarvi a conoscenza della nostra discendenza". Vasishtha elencò i nomi degli antenati di Dasaratha, tra i qualic'erano Marici, Kasyapa, Vivasvan, Manu, Ikshvaku, Mandhata e Asita.Quest'ultimo era morto nell'Himalaya, lasciando due mogli che aspettavano ognuna un bambino. Una di lorodiede del veleno all'altra, per distruggerne il feto. Ma Kalindi incontrò il saggio Chyavana, per grazia del quale ilfeto che era stato avvelenato rimase illeso. Il bambino che era stato avvelenato prima di nascere fu chiamatoSagara, poiché era 'sa' (con) 'garena' (veleno). Dopo Sagara vennero Amsuman, Bhagiratha, Kakutstha, Raghu, ecosì via fino ad Aja, il cui figlio è Dasaratha, i cui figli sono Rama e Lakshmana.E Vasishtha concluse: "Immacolato è il lignaggio di re Dasaratha, fin dalle origini. Poiché tutti i re sono stati pii,eroici e veritieri. Io chiedo le mani delle vostre due figlie per Rama e Lakshmana. A spose tanto meritevolidevono essere dati sposi degni di loro".A sua volta, lo stesso re Janaka elencò la sua discendenza, poiché come disse: "In occasione del matrimoniodella propria figlia con un degno sposo, chi appartiene ad una dinastia rispettabile deve fare conoscere i propriantenati". Tra i suoi antenati c'erano Nimi, Mithi, il primo Janaka, Suketu, Devarata, Maharoma, Swarnaroma eHriaswaroma.Janaka continuò: "Quest'ultimo ebbe due figli: mio fratello Kusadvaja e me medesimo. Dopo avermi insediato sultrono, nostro padre si ritirò nella foresta. In seguito, il potente re di Sankasya - di nome Sudhanva - invaseMithila; ma fu sconfitto e ucciso da me. Quindi io installai Kusadvaja sul trono di Sankasya."Questa è la mia discendenza. Io dico, e lo ripeto tre volte al di là di ogni dubbio, che ti do le mie due figlie: Sita- che è d'origine divina - e anche la mia seconda figlia Urmila, perché siano tue nuore; Sita come moglie di Ramae Urmila come moglie di Lakshmana. Perciò si dia subito inizio alle cerimonie auspicali che precedono le nozze. Eil terzo giorno a partire da oggi si celebreranno le nozze. Che si diano abbondantemente doni per auspicare ilbenessere di Rama e Lakshmana".I due potenti saggi Vasishtha e Visvamitra avvicinarono re Janaka e gli dissero: "O re, la dinastia di re Dasaratha

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e la tua sono grandissime e senza pari. E perciò naturale che le tue figlie sposino i figli di re Dasaratha. Ma c'è dipiù! Noi suggeriamo che le due figlie di tuo fratello Kusadvaja siano date in matrimonio agli altri due figli di reDasaratha".Felice, re Janaka rispose con grande umiltà: "Considero un'incomparabile benedizione che questa proposta vengada due saggi come voi. Perciò così sia: che le figlie di Kusadvaja diventino le mogli di Bharata e Satrughna".Alzandosi dal suo seggio, re Janaka indicò due posti elevati riservati ai due saggi nel padiglione delle nozze, echiese loro umilmente: "Voi avete conferito il più grande dharma (benedizione o merito) su di me. Io sono ilvostro umile discepolo! O migliori tra i saggi, accettate benignamente questi seggi elevati. Vi prego di condurre lecerimonie auspicali".Nello stesso tempo re Dasaratha si congedò da re Janaka e da re Kusadvaja e si ritirò nel suo accampamento,per condurre la parte delle cerimonie che riguardava gli sposi. Là, per il bene dei suoi figli, egli diede in caritàmigliaia di vacche adornate d'oro alle persone religiose.Nello stesso giorno arrivò Yudhajit, cognato di re Dasaratha e fratello della regina Kaikeyi, con il messaggio che ilpadre della regina desiderava vedere suo nipote Bharata e anche Satrughna.La vera e propria cerimonia nuziale ebbe inizio nel padiglione. Dasaratha s'avvicinò all'entrata e si feceannunciare a Janaka, che gli rispose: "Questa è la casa dell'imperatore Dasaratha! Ha forse bisogno di chiedere ilpermesso a qualcuno per entrare? Vieni! Tutti noi aspettavamo con ansia il tuo arrivo".Come preliminare alla cerimonia delle nozze, cominciò l'adorazione del fuoco sacro. I più santi tra i saggirecitarono i mantra. Al culmine della cerimonia re Janaka condusse Sita da Rama e, ponendo la mano di lei inquella di lui, gli disse: "O Rama, questa è Sita, mia figlia, che da oggi è la tua compagna nella vita. Accettala.Tieni la sua mano nella tua. Lei ti seguirà sempre come la tua ombra". Il mondo intero e gli esseri celestigioirono. Poi Janaka diede Urmila a Lakshmana; e quindi, a nome di suo fratello, diede Mandavi a Bharata eSrutakirti a Satrughna.Ora le quattro coppie benedette adorarono il fuoco sacro e s'inchinarono umilmente ai saggi e ai genitori perricevere le loro benedizioni. Quindi si ritirarono nei loro appartamenti. Dopo averli accompagnati, anche i re etutti gli altri si ritirarono nei propri alloggi.La mattina seguente, tutti i re, i saggi e gli ospiti erano pronti a partire. Il saggio Visvamitra si congedò dai re epartì immediatamente per l'Himalaya. Anche re Dasaratha si stava preparando a partire, quando re Janaka gliconsegnò un'ingente e ricca dote: migliaia di vacche, tappeti, carri, serve, ecc. Quindi re Janaka tornò a Mithila.Mentre re Dasaratha tornava ad Ayodhya con i suoi figli, le nuore e tutti gli altri, lungo la strada ci furono siabuoni che cattivi presagi!Ben presto essi videro a distanza una terribile tempesta di polvere. Quindi apparve davanti ai loro occhi il terribileParasurama, il nemico giurato degli kshatriya, con la sua ascia e i capelli intrecciati sulla testa. I saggi e isacerdoti intorno al re rimasero perplessi, ma ricevettero Parasurama con grande rispetto e devozione.Tuttavia, inflessibile nella sua determinazione, Parasurama si rivolse a Rama dicendo: "Ho sentito parlare dellatua meravigliosa impresa nell'usare l'arma che possedeva re Janaka. Ne ho portata un'altra con me! Caricala eusala, o Rama; mostrami il tuo valore e la tua forza. Se ci riuscirai, ti sfiderò a duello".Scosso da quanto aveva udito, re Dasaratha disse: "O brahmana, avevi promesso che non avresti più ucciso icondottieri e i sovrani (gli kshatriya), dopo averne ammazzati tanti. Perché ora vieni meno alla tua parolad'onore? Certamente sei venuto qui per annientarmi del tutto; perché senza di Rama nessuno di noi quicontinuerà a vivere.Ignorando queste parole, Parasurama continuò a rivolgersi a Rama: "L'arma che hai rotto a Mithila e quella cheho qui con me furono entrambe forgiate da Visvakarma. Il Signore Shiva usò quell'altra, mentre questa fu data alSignore Vishnu. Una volta gli dèi vollero determinare quale delle due divinità fosse più potente. Istigati daBrahma, i due cominciarono a combattersi in duello. Ma il Signore Vishnu fece tacere l'arma di Shiva. E quindifecero pace. Sconfitto, il Signore Shiva diede la sua arma (quella che tu hai rotto di recente) a Devarata. Mentrel'arma in mio possesso il Signore Vishnu la diede al saggio Ricika, che a sua volta la diede a mio padre. Masiccome egli rifiutò di usarla, approfittando di questo Sahasrabahu lo uccise. Per vendicare la sua morte, io uccisitutti gli kshatriya, conquistai il mondo e lo offrii al saggio Kasyapa."Dopo questi fatti mi sono ritirato dal combattimento attivo e ora vivo sul monte Mahendra. Ma avendo saputodella tua impresa a Mithila, sono venuto qui a sfidarti. Carica anche quest'arma, e usala se puoi. Poi ti sfiderò aduello".Dopo un rispettoso silenzio, in omaggio agli anziani presenti nell'assemblea, Rama rispose: "Sant'uomo, hosentito parlare di te e del modo in cui hai vendicato l'assassinio di tuo padre: e l'approvo. Adesso guarda il miovalore!". Prendendo l'arma, Rama la caricò e la preparò; quindi disse con ira a Parasurama: "Non posso ucciderticon questa, perché sei un adorabile brahmana. Ma una volta preparata essa dev'essere usata. Dimmi: a che cosadevo puntarla? O ti renderò impossibile muoverti, oppure ti priverò dei mondi che hai guadagnato".Parasurama disse: "Vinsi tutta la terra e la offrii al saggio Kasyapa. Poi egli mi disse: "Non devi vivere nel mioregno", e quindi mi ritirai sul monte Mahendra. Ma ti prego, non privarmi del movimento. Ritornerò subito sulmonte Mahendra. Puoi privarmi dei mondi che ho guadagnato. Non mi vergogno d'essere stato sconfitto da te:perché so che tu sei il Signore Vishnu in persona, e per questo conoscevi bene l'arma! Usa l'arma, Rama, e iopartirò".Rama lanciò il missile. E dopo aver salutato umilmente Rama, Parasurama andò sul monte Mahendra.Vedendo che re Dasaratha era ancora esterrefatto, Rama lo informò rispettosamente della partenza diParasurama. Tutto il gruppo continuò il viaggio, e presto raggiunse Ayodhya, la capitale.I cittadini, che erano stati già informati e delle imprese di Rama e del suo matrimonio, si raccolsero lungo ilpercorso del corteo regale per potere vedere, salutare e benedire Rama.Arrivati al palazzo, i giovani e le loro spose furono amorevolmente ricevuti dalle regine. Da allora le quattrocoppie divine vissero felicemente, adempiendo tutti i loro doveri familiari, sociali e religiosi.Un giorno re Dasaratha ricordò a Bharata e a Satrughna che lo zio di Bharata era in attesa di condurli a far visitaal nonno. Quindi, dopo aver salutato i genitori e anche Rama, Bharata partì insieme a Satrughna per andare atrovare suo nonno.

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Rama e Lakshmana continuarono a servire i genitori e i precettori, rendendo in particolare a questi ultimi tutto ilservizio che doveva essere fatto. In questo modo essi deliziavano i cuori di re Dasaratha, dei saggi e di tutti glialtri. Il popolo era molto contento della nobile indole di Rama. Sita e Rama erano immensamente devoti l'unl'altro. Sita conosceva anche le intenzioni e i desideri inespressi di Rama, e li esaudiva con amore.

FINE DEL BALA KANDAM

Libro secondo: AYODHYA KANDAM - La vita ad Ayodhya

Vedendo l'amato figlio Rama crescere e diventare un giovane principe pieno di qualità insuperabili, la reginaKausalya era piena di gioia suprema; come lo era stata Aditi nel vedere crescere Indra. Rama era un giovaneperfetto, che possedeva tutte le nobili qualità: era dotato di perfetto autocontrollo ed era paziente con gli erroridegli altri, ma lui stesso non agiva mai male. Cercava la compagnia degli anziani e dei saggi. Era molto colto eraffinato, e anche il suo comportamento era molto educato. Le sue azioni erano governate dal più alto codice digiustizia; e non era interessato ad una condotta indegna. Nell'arte della guerra era più che un maestro. Sapevaquando usare la violenza e quando controllarsi. Anche il suo corpo era perfetto, sano, forte e bello. Era svelto dimente, e capace di leggere il pensiero e le intenzioni di chiunque andasse da lui. Era molto preparato nelle sacreScritture, e perciò conosceva bene le ingiunzioni e le proibizioni riguardanti i tre scopi della vita (il Dharma, ilbenessere materiale, e anche la ricerca del piacere). Egli non dimostrava simpatie o antipatie verso gli altri, equindi conquistava l'amicizia di tutti. Era veramente l'incarnazione di tutte le buone qualità, ed era - per così dire- la vita stessa delle persone che si muoveva all'esterno dei loro corpi.Re Dasaratha era felicissimo di tutto ciò: era molto fiero di Rama e l'amava molto. Ma in questo periodo avvertìdei presagi di terribili mali. E poi stava pure invecchiando; perciò gli fu naturale pensare che la sua fine eraprossima. E si chiese: "Come posso fare per assicurarmi che Rama ascenda al trono mentre sono ancora in vita?Invero egli è più che degno d'essere re. Io sono vecchio e ho vissuto abbastanza. Sarebbe per me la più grandebenedizione vedere Rama, l'amato di tutti, governare la terra prima che io vada in cielo".Il re non perse molto tempo prima d'informare i ministri, i precettori ed altri del suo desiderio. E poiché Rama eraassai benvoluto da tutti i sudditi, dai ministri e dai precettori, non ci fu di fatto alcun problema né impedimentoalla sua ascesa al trono. Allora il re invitò a corte i capi delle comunità di tutte le città e i paesi del suo regno, perconoscere la loro opinione. Inoltre invitò i re e i governanti di tutti i regni e gli stati confinanti, per avere anche laloro approvazione, affinché Rama fosse sicuro non solo della lealtà dei suoi sudditi, ma anche dell'amicizia di tuttii vicini. Tuttavia, per una svista, re Dasaratha aveva dimenticato d'invitare suo suocero, il re dei Kekaya, e ilsuocero di suo figlio, re Janaka.Quando tutti gli invitati arrivarono, furono riuniti a corte.Ora re Dasaratha si rivolse all'assemblea con queste parole: "Ho vissuto a lungo e per molto tempo ho portatosulle spalle gli onerosi doveri di un re. Questo corpo è vecchio e stanco. Desidero nominare mio figlio perproteggere il mio popolo, e dare a questo corpo il necessario e meritato riposo, ritirandomi. Sono convinto cheegli sarà superiore a me e a tutti i miei antenati, e che il suo regno sarà una grandissima fortuna per la terra. Èquesto accettabile per voi?". L'assemblea applaudì di cuore la proposta del re, e il suo portavoce disse: "Maestà,davvero ci avete governato bene e a lungo. È ora che Rama, il nostro prediletto, salga al trono".Il re si rivolse nuovamente a loro: "Sono contento della vostra spontanea risposta. Ma vi prego, ditemi, perchévolete che Rama sia incoronato mentre io sono ancora in vita?".La risposta fu di nuovo spontanea e immediata. L'assemblea assicurò il re di non essere dispiaciuta con lui, mache adorava Rama. Il portavoce disse ancora: "Rama è un sat-purusha, l'uomo ideale devoto alla verità, la fontedella giustizia e del benessere. Egli è dotato di grande conoscenza, saggezza, valore, compassione, autocontrolloe ogni altra buona qualità che l'uomo ideale deve possedere; inoltre egli s'identifica totalmente con le gioie e idolori del popolo e, come tale, è il regnante ideale. Egli è degno di governare i tre mondi, non solo questo: e néla sua ira né il suo piacere sono senza motivo. Noi sentiamo che il regno è impaziente di vedere Rama installatosul trono. Sappiamo che tutto il popolo, e specialmente le donne, pregano ogni giorno perché egli diventi il lorore. Dasaratha fu felicissimo e li ringraziò tutti per il consenso dato alla sua proposta.Dopo che l'assemblea s'era sciolta, re Dasaratha disse umilmente al saggio Vasishtha: "Signore santo, fa' che siprepari presto tutto quanto è necessario per installare Rama sul trono". Vasishstha a sua volta diede istruzioni aiministri, che in seguito riferirono al re che tutto era stato preparato. Allora il re mandò a chiamare Rama, chenon appena giunse si prostrò ai piedi del padre. Dopo averlo abbracciato, il re gli comunicò le sue intenzioni: "Tusei il maggiore e il più amato dei miei figli; e anche il prediletto del nostro popolo. Perciò sali al trono come

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yuvaraja (principe ereditario). Tu eccelli in tutto: ma prima dell'incoronazione ti darò questo consiglio: "Scaccia ivizi e abbraccia la virtù. Fa' ciò che piace ai tuoi amici e al popolo, ed essi ti saranno devoti". Nel frattempo alcuniamici di Rama andarono da sua madre Kausalya e le comunicarono la bella notizia. La regina e tutti quelli che nevennero a conoscenza pregarono Dio per il successo dell'incoronazione.Ripensandoci, re Dasaratha decise di far chiamare nuovamente Rama! Vedendo di nuovo Sumantra fuori dei suoiappartamenti e chiedendosi perché fosse tornato, Rama lo sollecitò: Dimmi senza riserve cos'hai in mente".Sumantra disse soltanto: "Il re vuole rivederti immediatamente".Rama andò, e il re gli parlò di nuovo: "Ho vissuto molto e ho goduto di tutti i piaceri reali, ho dato tanto in caritàe ho praticato molti riti religiosi. Dopo tante preghiere, mi sei nato tu. Ho pagato tutti i debiti che un uomo deveai saggi, agli dèi e ai Mani. L'unica cosa che mi resta da fare è vederti sul trono di Ayodhya. E ho visto molticattivi presagi, molti sogni terribili, che presagiscono calamità. Anche gli astrologi dicono che, secondo le miestelle, una calamità è imminente. Perciò, desidero incoronarti immediatamente: domani! Devo farlo prima che lamente volubile cambi; perché la mente degli esseri umani è volubile. Ti ho fatto richiamare per dirti questo:domani ci sarà la tua incoronazione. Perciò stasera devi digiunare, insieme a Sita, e osservare una rigidadisciplina. Penso sia meglio che tu salga al trono mentre Bharata è lontano da Ayodhya. Egli è certamente ungiovane nobile; ma nessuno può dire cos'è capace di fare la mente".Rama lasciò il re e tornò nel suo appartamento, ma riuscì subito per andare in cerca di sua madre. Kausalya,insieme a Sumitra e a suo figlio Lakshmana, era andata nel tempio a offrire preghiere al Signore per il successodell'incoronazione. Rama stesso annunciò loro le intenzioni del re e chiese le loro benedizioni. Felice, Kausalya lobenedì: "Rama, figlio mio, possa tu vivere a lungo, senza nemici. Possa tu portare gioia ai miei parenti e a quellidi Sumitra. Ti ho avuto dopo anni d'infelicità e di austerità, che però ora rimangono solo come vaghe memorie.Le mie preghiere non sono state invano!". Poi Rama si rivolse a Lakshmana: "Io vivo per te, fratello, e anchequesta corona l'accetto per amor tuo. Gioisci e godi della sovranità!". Quindi Rama si ritirò per la notte.Ma il re non riposava ancora! Mandò a chiamare Vasishtha e gli comunicò la sua decisione: "Ti prego, va' daRama e digli tutto ciò che deve fare stanotte". Vasishtha si recò al palazzo di Rama, anche se non fu facile. S'erasparsa infatti la voce dell'incoronazione, e le strade erano piene di gente; e se era difficile muoversi, lo era ancorpiù guidare un veicolo! Le strade di Ayodhya furono pulite e spruzzate con acqua profumata. C'erano bandiere efestoni dappertutto. In qualche modo Vasishtha arrivò da Rama e gli ingiunse di digiunare, ecc. Poi tornò dal re el'informò che tutto il necessario era stato fatto. Quindi il re si ritirò nel suo appartamento.Non appena Vasishtha lasciò il suo palazzo, Rama fece il bagno e andò nel tempio del Signore Narayana. Dopoaver adorato il Signore, lui e Sita s'adagiarono su una stuoia di paglia, con i sensi sotto controllo e la menterivolta ai piedi del Signore Narayana. Poi egli si svegliò tre ore prima del sorgere del sole e si mise ad adorare ilSignore e a compiere i vari riti religiosi che precedono la cerimonia dell'incoronazione.In ogni parte della città la gente si riuniva e discuteva il glorioso evento del giorno. Numerose compagnie diartisti recitavano, e alcune di esse mettevano in scena opere che parlavano di Rama e dei suoi antenati.Dappertutto il popolo aveva eretto dei 'dipa-vriksha' (alberi con lampade decorative). Tutti cantavano le glorie diRama.Non si sa come, ma Kaikeyi (l'ultima moglie di Dasaratha) non era stata informata di tutto ciò. La sua servaManthara aveva visto per caso i festeggiamenti e le celebrazioni che si svolgevano in città, e aveva anche notatoche le serve di Kausalya erano vestite lussuosamente. Informandosi, era venuta a sapere la causa di tuttoquesto.Allora si precipitò da Kaikeyi, che era già andata a dormire, e scuotendola violentemente le disse con grandeagitazione: "Alzati! Come puoi riposare? T'aspetta una grande disgrazia. La persona che tu ami di più, la personache finge d'amarti teneramente e di cui ti fidi ciecamente, sta per tradirti e gettarti nella miseria".Tutta calma, Kaikeyi le chiese: "Stai male? Che cosa stai dicendo?". Ma agitandosi ancora di più, Manthararispose: "La tua rovina è vicina. Domani re Dasaratha incoronerà Rama".Manthara continuò: "Tu sei figlia di un re. Tu sei la sposa prediletta di un grande re. Eppure non capisci lecomplessità degli intrighi di palazzo. Io sono solo la tua serva, devota al tuo benessere. Perciò prevedochiaramente la tua rovina quando Rama, e quindi sua madre Kausalya, diventeranno potenti; allora la tua buonafortuna finirà, e di conseguenza anche la mia. Oh, quale tragedia: tu ti sei fidata del re e lo hai amato, senzarenderti conto che tenevi un rettile velenoso vicino al tuo seno. Tu e tuo figlio Bharata siete stati ingannati dal re.Svegliati, Kaikeyi, e agisci prontamente per salvarti".Felice delle buone notizie ricevute e senza corrispondere al panico che aveva invaso Manthara, Kaikeyi diede allaserva dei ricchi doni di valore, e disse: "Io non vedo alcuna differenza tra Rama e Bharata. Perciò sono felice disentire che il re sta per incoronare Rama".Gettando sprezzante i preziosi doni reali, Manthara continuò: "Com'è sciocco da parte tua gioire del successo deltuo nemico! Beata Kausalya! Presto ti avrà a capo delle sue serve. E il tuo amato figlio Bharata, che potrebbeessere re, che avrebbe il diritto di essere re, perché è degno di diventarlo quanto Rama, potrebbe anche esserecacciato dal regno, se non da questa terra!". Disgustata da queste parole, Kaikeyi disse con fermezza: "Che tiprende, Manthara? Rama mi è tanto caro quanto Bharata. Anche Rama mi tratta con immensa devozione e miserve ancor più di quanto non serva Kausalya. Se viene incoronato Rama, è come se venisse incoronato Bharata,perché Rama stima Bharata più di se stesso".Tuttavia non fu possibile azzittire Manthara, che continuò con i suoi consigli malvagi finché la sua insistenza nonebbe successo. Infatti alla fine riuscì a suscitare l'ira di Kaikeyi, che le disse: "Escogita dunque un piano: cosaposso fare?". Esultante per la vittoria, Manthara rispose lesta: "Naturalmente ho già un piano. Tu stessa mi haidetto che durante una battaglia tra Indra e i demoni, re Dasaratha rimase ferito e privo di sensi, e tu gli salvastila vita. Allora egli ti offri due doni, che però in quel momento non hai scelto. Probabilmente avrai dimenticato:ma siccome ti voglio bene, ti ricordo questa storia. Prima di tutto fatti promettere dal re che adesso egli onoreràla sua promessa e ti concederà i due doni che sceglierai. E che saranno: primo, Bharata dovrà salire al trono;secondo, Rama sarà bandito dal regno per quattordici anni. Se Rama andrà via per quattordici anni, Bharata -che ha tutte le qualità di un sovrano - potrà conquistare la fiducia del popolo e consolidare la sua posizione. Il reti ama molto e non ti negherà questi due doni. Tuttavia potrebbe offrirti in cambio oro e gioielli: rifiutali. Che

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nulla ti faccia deviare dal tuo duplice scopo. Non accontentarti dell'incoronazione di Bharata: insisti sull'esilio diRama".La forza di persuasione di Manthara fece apparire il male come bene! Non solo Kaikeyi si fece convincere dallaserva, ma addirittura la lodò: "Dicono che le persone deformi siano malvagie e corrotte, mentre la tua gobba èpiena d'espedienti meravigliosi. Dovrei adorare questa gobba, che aumenta il tuo fascino". Manthara tornò alpunto: "Nessuno costruisce una diga quando l'acqua è già defluita! Agisci ora". Entrando nella 'stanza del pianto',Kaikeyi si spogliò dei gioielli che l'adornavano e s'accasciò al suolo. Poi disse a Manthara: "Rama andrà nellaforesta e Bharata sarà re, oppure informerai il re che sono morta". Ancora una volta Manthara ricordò a Kaikeyi ilpericolo imminente e le consigliò di decidere presto.Concluse tutte le preparazioni per l'incoronazione, il re volle comunicare la felice notizia all'amata moglie Kaikeyi.Perciò entrò nel suo palazzo, che risplendeva come una dimora celestiale. Tuttavia non la trovò nella stanza daletto, e preso dall'intenso desiderio di stare con lei s'informò dove fosse. Mai prima d'allora la regina era mancatadal salutarlo amorevolmente a quell'ora! Una serva informò il re: "Molto adirata, la regina giace nella stanza delpianto".Profondamente turbato da questa notizia, il re si precipitò nella stanza e vide la sua regina più amata stesa aterra, con i gioielli sparsi tutt'intorno. Sedutosi accanto a lei e prendendole la mano, il re le rivolse queste paroleconsolanti: "Mia amata, non stai bene? Dimmelo: chiamerò per te i dottori più bravi e qualificati. Forse qualcunoti ha insultata? O desideri che venga ucciso qualcuno che non lo merita, o desideri che sia liberato uncondannato? Desideri che arricchisca un povero o che privi della sua ricchezza un ricco? Me stesso e tutto ciò chem'appartiene è tuo, ed io non posso andare contro i tuoi desideri. Ti prego, alzati e dimmi qual è il problema".Così confortata, Kaikeyi decise di tormentare ulteriormente il marito, e disse: "Prima promettimi che farai ciò cheti chiederò; e poi ti dirò cosa voglio". Felice all'idea della riconciliazione, il re disse: "Nel nome di Rama, che amopiù di ogni cosa e senza il quale non posso vivere neanche un istante, prometto di fare tutto ciò che desideri".Questo il re lo promise tre volte, pregandola ancora una volta di esprimere il suo desiderio.Approfittando immediatamente della situazione, con queste parole Kaikeyi chiamò gli stessi dèi come testimoni:"Tu sei un monarca giusto: lascia che gli dèi siano testimoni del tuo voto solenne". E continuò: "Ricordi chequando ti salvai la vita sul campo di battaglia, tu mi offristi due doni? Allora ti dissi che te li avrei chiesti in unaltro momento. Ecco, li voglio adesso". Legato dal suo voto, il re attese pazientemente che nominasse qualierano i doni.Kaikeyi continuò: "Tu hai fatto dettagliate preparazioni per insediare Rama sul trono. Usando le stessepreparazioni, mio figlio Bharata deve salire al trono. Questo è il mio primo desiderio. E il secondo è: che Ramavada immediatamente nella foresta Dandaka e vi rimanga come eremita per quattordici anni. Vestito di cortecciad'alberi e pelle di daino, che Rama diventi un eremita, mentre Bharata godrà della sovranità del regno. Tu seidevoto alla verità, e i saggi dicono che l'osservanza della verità è la chiave del paradiso. Perciò mantieni la tuapromessa".Colpito dagli strali crudeli delle parole di Kaikeyi, per alcuni momenti il re rimase ammutolito. E si chiese: "Stosognando o sono pazzo, o forse la mia mente sta rivivendo un evento passato, o forse sono malato?". Ma unosguardo a Kaikeyi lo convinse che non era niente di tutto ciò. Era vero; e subito svenne. Quando si riprese, sirivolse a Kaikeyi con grande ira e dolore: "Donna malvagia, cosa ti ha fatto Rama per essere tanto crudele conlui? Egli è più devoto a te che a sua madre: e tu stessa lo elogiavi a me. Il mondo intero canta la sua gloria. Perquale colpa lo esilierò? Oh no! Abbandonerò Kausalya, Sumitra, tutte le mie ricchezze e anche la mia vita: manon abbandonerò il mio amato Rama. Se lo desideri, incoronerò Bharata".Kaikeyi però era ostinata, e continuò: "Ah, bene, se desideri ritrattare la tua parola, se desideri disonorare lafama della tua dinastia, se vuoi essere deriso dai saggi e dai nobili, fallo! Abbandonando la giustizia, vorrestigoderti la vita con Rama e Kausalya? Vergogna. Se non mi concederai i miei doni, prenderò del veleno emorirò!". Dasaratha cominciò a gemere e a delirare: ma Kaikeyi non sembrava neanche ascoltare. Vedendo ladeterminazione della regina e la terribile promessa fatta da lui, Dasaratha pensò a Rama e cadde come un alberoreciso.Ancora una volta Dasaratha implorò: "Se acconsentissi alle tue richieste il popolo direbbe di me: "Per una donna,il re ha bandito il nobile e giusto Rama; come ha potuto un tale folle regnare su Ayodhya per tanto tempo?". Peramor tuo ho ignorato l'amabile servizio che mi ha reso Kausalya, anche se per me lei era nello stesso tempo unaserva, un'amica, una moglie, una sorella e una madre, e soprattutto la madre del mio figlio più caro. Ah, nonm'ero reso conto che nelle tue sembianze nutrivo un cobra velenoso! Se mando via Rama, anche Lakshmanaandrà con lui. E incapace di sopportarne la separazione, io morirò. Tu regnerai da vedova: e quanto crudelmentegovernerai il mio amato popolo! Se dicessi a Rama "Vai nella foresta", egli mi ubbidirebbe prontamente. Egli è ilDharma incarnato. Come puoi mai concepire che questo giovane e glorioso principe vada nella foresta e viva difrutta e radici, vesta rozzamente e vada in giro a piedi? Se Bharata approva la tua proposta di bandire Rama, nondeve neppure farmi i funerali. Donna crudele, quando hai pronunciato quelle terribili parole i tuoi denti dovevanofrantumarsi e caderti dalla bocca. Non m'importa se svieni, ti dai fuoco, muori o sprofondi nelle viscere dellaterra: non farò ciò che mi chiedi. M'inchino a te, tocco anche i tuoi piedi. Fammi questa grazia e salvami".Dasaratha si prostrò a terra, ma le sue mani non riuscirono a raggiungere i piedi di Kaikeyi.Kaikeyi però rimase imperturbabile e ripeté: "Sto solo chiedendo i doni che ho guadagnato e che mi spettano. Tuprometti, rompi la promessa, e pretendi anche d'essere giusto!". Dasaratha svenne di nuovo. Poi, tornato in sé,implorò: "Di certo morirò quando Rama lascerà Ayodhya. E se nell'altro mondo rispondessi agli dèi: 'Rama èandato nella foresta a causa del mio amore per Kaikeyi', anche questo sarebbe falso. Come posso chiedere almio amato Rama di andare nella foresta Dandaka? Se morissi prima di dare a Rama questo dolore immeritato,sarebbe per me la cosa migliore". Kaikeyi restava impassibile, ma il tempo passava.S'avvicinava l'alba. I musici di palazzo cominciarono a suonare il motivo con il quale erano soliti svegliare il re;ma quella mattina il re li fermò. Era sveglio, angosciato e irrequieto. Vedendo ciò, Kaikeyi disse: "Tu mi haipromesso i doni; perché resti steso così? Dovresti darti da fare e adempiere la tua promessa. Coloro che sannoqual è il giusto modo d'agire dichiarano che la verità è il solo Dharma supremo; aderendo fermamente alla verità,io ti incito a fare ciò che è giusto. Re Shibi raggiunse lo stato supremo aderendo alla verità e sacrificando il suo

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stesso corpo. Privandosi dei suoi occhi e dandoli a un brahmana, re Alarka ottenne fama. Aderendo alla verità eadempiendo la sua promessa, l'oceano non oltrepassa i suoi confini. Attieniti alla verità. Manda tuo figlio nellaforesta. Se non lo farai, morirò qui davanti a te".Dasaratha vide chiaramente che era legato dalla sua parola. E piangendo disse: "Io rinnego te e tuo figlio.Quando morirò, che sia Rama ad offrire le libagioni; e non tu o tuo figlio. Ho visto la gioia nei volti dei mieisudditi; come farò a vedere i loro volti addolorati quando Rama partirà per la foresta?". Ma Kaikeyi lo incalzò: "Iltempo sta passando. Invece di lamentarti, chiama Rama; quando l'avrai mandato nella foresta e avrai installatosul trono Bharata, avrai fatto il tuo dovere". Dasaratha acconsentì: "Sono incatenato dal Dharma; ho perso ilsenno. Voglio vedere Rama".Pronti ad iniziare le cerimonie auspicali, Vasishtha e il suo seguito arrivarono al palazzo. Il saggio mandòSumantra ad annunciare il suo arrivo al re, comunicandogli che tutto era pronto per la cerimoniadell'incoronazione. Entrando nella stanza dov'era il re, Sumantra lo svegliò con sublimi parole; ma queste furonostrazianti per l'angosciato re, che lo interruppe. Visto che il re non riusciva a parlare, Kaikeyi disse a nome suo:"Il re è stato sveglio tutta la notte ed è stanco; ora desidera vedere Rama". Perplesso, Sumantra guardò il re,che confermò: "Vai a chiamare Rama". Ed egli partì.I brahmana avevano preparato tutto per le cerimonie dell'incoronazione. I vasi d'oro contenenti le acque deifiumi sacri, raccolte per la maggior parte alle loro sorgenti, erano pronti. E tutti gli accessori, come il parasole, iventagli, l'elefante ed il cavallo bianco, erano ugualmente pronti.Però il re non si presentava, malgrado il sole fosse già sorto e l'ora fausta s'avvicinasse rapidamente. Il popolo e isacerdoti si chiedevano: "Chi può svegliare il re, e dirgli di far presto?". In quel momento Sumantra uscì dalpalazzo e, vedendoli, disse: "Su ordine del re, sto andando a chiamare Rama". Ma ripensandoci, sapendo che iprecettori e i sacerdoti suscitavano anche il rispetto del re, egli tornò indietro per comunicare al re che lo stavanoaspettando. In piedi vicino al re, Sumantra cantò: "Alzati, o re! La notte è volata. Alzati e fa' ciò che dev'esserefatto". Ma il re esausto chiese: "Ti ho ordinato di fare venire qui Rama; non sto dormendo. Perché non fai quelloche ti dico?". Questa volta Sumantra uscì di corsa e s'affrettò verso il palazzo di Rama.Giunto al palazzo e attraversando liberamente i cancelli e le porte, Sumantra vide il divino Rama e gli disse: "Ilre, che si trova in compagnia della regina Kaikeyi, desidera vederti immediatamente".Allora, rivolgendosi a Sita, Rama le disse: "Sono certo che il re e madre Kaikeyi vogliono discutere con me deidettagli importanti relativi alla cerimonia. Vado e torno subito". Da parte sua, Sita offrì dal profondo del suocuore questa preghiera agli dèi: "Possa io avere la benedizione di servirti umilmente durante la fausta cerimoniadell'incoronazione!".Quando Rama uscì dal suo palazzo ci fu grande gioia tra la gente, che lo salutò e l'applaudì. Montando sul suoagile cocchio egli s'avviò verso il palazzo del re, seguito dalla scorta reale. Dalle finestre delle loro case, e vestitea festa per esprimere tutta la loro gioia, le donne fecero piovere fiori su di lui. Esse lodavano Kausalya, suamadre; e Sita, la sua sposa: "Di certo deve aver fatto molte austerità per averlo come marito".I cittadini gioivano come se loro stessi dovevano salire al trono, e parlando tra loro dicevano: "L'incoronazione diRama è una vera benedizione per tutti. Durante il suo regno, e egli regnerà per lunghissimo tempo, nessuno avràmai esperienze spiacevoli né sofferenze". Anche Rama era felice di vedere la grande folla di persone, gli elefantie i cavalli; tutte cose che indicavano come molti erano venuti ad Ayodhya da lontano per assistereall'incoronazione.Mentre Rama procedeva sul suo cocchio radioso verso il palazzo di suo padre, i cittadini dicevano tra loro:"Quando Rama sarà re saremo molto felici. Ma perché pensare a quella felicità? Quando vedremo Rama sultrono, raggiungeremo la beatitudine eterna!".Mentre avanzava lungo la strada regale, Rama ascoltava tutte queste lodi e gli omaggi devoti del popolo conestrema indifferenza. Il cocchio attraversò il primo cancello del palazzo. Da lì Rama continuò a piedi ed entròrispettosamente negli appartamenti del re. Le persone che l'avevano accompagnato aspettarono fuori impazienti.Con ardore e rispetto, Rama andò subito dal padre e s'inchinò ai suoi piedi, quindi toccò devotamente anche ipiedi di sua madre Kaikeyi. "O Rama!", disse il re. Ma non riuscì a dire altro, perché fu soffocato dalle lacrime edal dolore. Egli non riusciva né a guardare né a parlare al figlio. Rama percepì un grande pericolo: come seavesse messo il piede su un serpente velenosissimo.Rivolgendosi a Kaikeyi, Rama le chiese: "Perché oggi il re non mi parla benevolmente? Forse l'ho offeso inqualche modo? O non si sente bene? Oppure ho offeso il principe Bharata o una delle mie madri? Oh, com'èstraziante! Se gli avessi arrecato dispiacere, non potrei vivere nemmeno un'ora. Ti prego, dimmi la verità".Con tono calmo, misurato e severo, Kaikeyi disse a Rama: "Il re non è malato e neppure è arrabbiato con te. Ciòche deve dirti non vuole dirlo, per paura di dispiacerti. In passato egli mi concesse due doni; ma quando oraglieli ho chiesti si è tirato indietro. Come può un uomo di verità, un re giusto, ritrattare la sua parola? Eppure èquesta la sua condizione adesso. Ti dirò la verità se tu mi assicuri che rispetterai la promessa di tuo padre".Per la prima volta Rama fu addolorato: "Ah, vergogna! Ti prego, non dirmi queste cose! Per amore di mio padreposso gettarmi nel fuoco. E t'assicuro che Rama non dice menzogne. Perciò dimmi cosa vuole il re che si faccia".Senza perdere tempo, Kaikeyi disse: "Molto tempo fa resi un grande servigio al re, ed egli mi concesse due doni.Adesso glieli ho richiesti, ed egli ha promesso. Queste sono le due cose che ho chiesto: che Bharata siaincoronato, e che tu vada via subito nella foresta Dandaka. Se vuoi che si sappia che tu e tuo padre sieteentrambi devoti alla verità, lascia che Bharata sia incoronato con gli stessi preparativi fatti per te; e tu vattenenella foresta per quattordici anni. Fallo, Rama, perché questa è la parola di tuo padre; e così salverai il re".Prontamente e senza mostrare il minimo segno di dispiacere, Rama disse: "Così sia! Andrò immediatamente nellaforesta, e là vivrò coperto di cortecce e pelli d'animali. Ma perché il re non mi parla né si sente felice in miapresenza? Vi prego di non fraintendermi: partirò, e io stesso darò con gioia a mio fratello Bharata il regno, lericchezze, Sita e anche la mia vita, ma tutto questo mi sarà più facile se lo farò in obbedienza al comando di miopadre. Mi si spezza il cuore vedendo che mio padre non mi dice neanche una parola direttamente".Kaikeyi rispose con durezza: "Penserò io a tutto quanto, e manderò a chiamare Bharata. Penso tuttavia che tunon debba ritardare di un attimo la tua partenza da Ayodhya. Neppure la considerazione che tuo padre non tiparla di persona deve fermarti. Finché non lascerai la città, egli non farà il bagno né mangerà". Sentendo queste

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parole, il re gemette a voce alta: "Ahimè, ahimè!", e perse di nuovo i sensi. Ora Rama decise di partire subito, edisse a Kaikeyi: "Non amo le ricchezze e i piaceri: ma sono devoto alla verità, come lo sono i saggi. Anche se miopadre non m'avesse comandato, e tu m'avessi chiesto d'andare nella foresta, l'avrei fatto lo stesso! Adessoinformerò mia madre, e anche Sita, e subito dopo partirò per la foresta".Rama non fu affatto turbato dall'improvviso cambiamento degli eventi. Uscendo dal palazzo con Lakshmana, gliattendenti cercarono di porre su di lui il parasole regale: ma egli li allontanò. Continuando a parlare con amore edolcezza alla gente, egli entrò nella residenza di sua madre. Felice di vederlo, Kausalya si mise a glorificarlo e abenedirlo, e gli chiese di sedere sul seggio regale. Ma senza sedersi, Rama le disse con calma: "Madre, il re hadeciso d'incoronare Bharata come principe ereditario, mentre io devo andare nella foresta e viverci come eremitaper quattordici anni".Udendo ciò, la regina svenne, abbattuta dal dolore. E quando si riprese disse con voce soffocata: "Se fossi statasterile, sarei stata infelice, ma non avrei dovuto sopportare questa terribile agonia. In tutta la mia vita non hoavuto un giorno felice. Ho dovuto sopportare gli scherni e gli insulti delle altre mogli del re. Da lui stesso sonostata sempre trattata con meno affetto e rispetto delle serve di Kaikeyi. Pensavo che dopo la tua nascita e la tuaincoronazione la mia sorte sarebbe cambiata. Ma le mie speranze sono state infrante, e anche la morte midisdegna. Devo certo avere un cuore duro, se non si spezza neanche in questo momento di grande disgrazia edolore. Senza di te non vale la pena vivere. Perciò se devi andare nella foresta, io ti seguirò".Lakshmana prese la parola e disse: "Penso che Rama non debba andare nella foresta. Il re ha perso la testa,sopraffatto dalla vecchiaia e dalla lussuria. Rama è innocente; e nessun uomo giusto nelle sue piene facoltàmentali tradirebbe il figlio innocente. Inoltre anche un principe con una minima conoscenza di governoignorerebbe il comando puerile di un re che ha perso la testa". E rivolto al fratello disse: "Sono qui, Rama,devoto a te, dedito alla tua causa. Sono pronto a uccidere chiunque interferisca con la tua incoronazione - anchese si trattasse dello stesso re! Lascia che la cerimonia dell'incoronazione prosegua senza ritardo".Kausalya disse: "Hai sentito l'opinione di Lakshmana. Non puoi andare nella foresta solo perché lo vuole Kaikeyi.Se, come dici, sei devoto al Dharma, allora il tuo dovere è quello di restare qui e servire me, tua madre. Comemadre, io sono tanto degna della tua devozione e del tuo servizio quanto lo è tuo padre. Ma io non ti do ilpermesso d'andare nella foresta. E se mi disubbidirai, la tua sofferenza nell'inferno sarà terribile. Io non potròvivere qui senza di te. Se partirai, digiunerò fino alla morte".Allora Rama, devoto com'era al Dharma, rispose: "Tra i nostri antenati ci furono re che ottennero la fama e ilparadiso eseguendo gli ordini dei loro padri. Madre, io sto solo seguendo il loro nobile esempio". E rivolto aLakshmana disse: "Conosco la tua devozione e il tuo amore per me; il tuo coraggio e la tua forza. L'universo èbasato sulla verità: e io sono devoto alla verità. La madre non ha compreso la mia visione della verità, e quindisoffre. Ma io non posso abbandonare la mia risoluzione. Abbandona la tua risoluzione basata sul principio dellaforza. Segui il Dharma. Non lasciare che il tuo intelletto diventi aggressivo. Il Dharma, la prosperità e il piaceresono gli scopi dell'umanità; e la prosperità e il piacere seguono sicuramente il Dharma: come il piacere e lanascita di un figlio derivano dalla dedizione di una moglie devota al marito. Bisogna evitare quell'azione o mododi vita che non assicura il conseguimento di tutti e tre gli scopi della vita, e del Dharma in particolare; poichédalla ricchezza nasce l'odio, e la ricerca del piacere non è lodevole. Chi non è di carattere spregevole, per amoredel Dharma deve obbedire agli ordini del guru, del re e del padre anziano, anche quando venissero pronunciati inun momento d'ira, d'allegria o di lussuria. Perciò io non posso deviare dal sentiero del Dharma, che vuole cheubbidisca senza riserve a nostro padre. Inoltre non è giusto per te, madre, abbandonare tuo marito e seguire menella foresta, come se fossi una vedova. Perciò, madre, benedicimi perché nella foresta possa avere un periodoprospero e piacevole".

[NOTA: Qui comincia il Vangelo di Rama.]

Rivolgendosi di nuovo al fratello, Rama disse: "Non perdiamo tempo. Liberiamoci delle cose approntate perl'incoronazione e con uguale rapidità prepariamoci perché io lasci immediatamente il regno. Solo così possiamoesser certi che madre Kaikeyi riavrà pace. Altrimenti potrebbe pensare che i suoi desideri non vengano esauditi.Adempiamo la promessa di nostro padre. Perché fin quando non si realizzeranno i due desideri di Kaikeyi, ci saràconfusione nella mente di tutti. Io devo partire immediatamente per la foresta; poi Kaikeyi manderà a chiamareBharata e lo farà installare sul trono. Di certo questo è il volere divino, e io devo rispettarlo senza indugio. Il mioesilio dal regno, come pure il mio ritorno, è tutto frutto delle mie azioni (kritanta). Altrimenti, come avrebbepotuto la nobile Kaikeyi concepire un pensiero tanto indegno? Io non ho mai fatto alcuna distinzione tra lei e miamadre; né lei aveva mai mostrato finora il minimo disamore verso di me.Il risultato delle proprie azioni non può essere previsto: e quello che chiamiamo 'daiva' (provvidenza o volontàdivina) non può essere conosciuto ed evitato da nessuno. Piacere, dolore, paura, collera, guadagno, perdita, vitae morte: sono causati dal 'daiva'. Persino saggi e grandi asceti sono indotti dal volere divino ad abbandonare illoro autocontrollo e sono soggetti alla lussuria e all'ira. Il volere divino è sacro e imprevedibile. Perciò non cidev'essere astio verso Kaikeyi; ella non ha colpa. Tutto questo non è cosa sua, ma è volontà del divino".Lakshmana ascoltò tutto questo con sentimenti contrastanti: rabbia alla svolta che avevano preso gli eventi, eammirazione per l'attitudine di Rama. Tuttavia non poteva accettare la situazione come aveva fatto Rama, edesplose furibondo: "Il tuo senso del dovere è maldiretto, come lo è la tua stima del volere divino. Com'è possibileche pur essendo un astuto governante tu non vedi che ci sono persone false che fingono d'essere buone solo perconseguire i loro scopi egoistici e disonesti? Se tutti questi doni e promesse fossero veri, potevano essere chiestie dati molto tempo fa! Perché hanno dovuto aspettare la vigilia dell'incoronazione per mettere in atto questafarsa? Tu ignori quest'aspetto e parli di volere divino! Solo i codardi e i deboli credono in un invisibile voleredivino: gli eroi e i forti di mente non ci credono. Oggi il popolo vedrà come la mia determinazione e il mio impetospazzerà via qualsiasi decreto della volontà divina possa essere implicato in quest'ingiusto complotto. Chi haprogettato il tuo esilio andrà in esilio! E oggi tu sarai incoronato! Queste braccia, Rama, non sono graziosemembra, né porto queste armi per ornamento: esse sono al tuo servizio".

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[NOTA: Le parole 'kritanta' e 'daiva' significano molto di più che fato, provvidenza, frutti delle azioni passate, ecc.'Kritanta' significa lo sviluppo logico della propria azione. 'Daiva' vuol dire 'gioco divino'. In questo caso Kaikeyidovette fare ciò che fece perché era quello che volevano gli dèi.]

A questo punto Kausalya disse: "Come farà Rama, nato dà me e dal potente imperatore Dasaratha, a vivereraccogliendo i cereali, i vegetali e i frutti che sono d'avanzo? Lui, i cui servi mangiano leccornie e cibi prelibati,come farà a sostentarsi di frutti e radici? Senza di te, Rama, il fuoco della tua separazione mi brucerà a morte.No, se devi andare, portami con te".Rama rispose: "Madre, questo sarebbe estremamente crudele verso mio padre. Finché mio padre vive, ti pregodi servirlo: questo è il Dharma eterno. Per una donna il proprio marito è invero Dio stesso. Sono certo che ilnobile Bharata sarà molto gentile con te e ti servirà come ti ho servito io. Vorrei tanto che alla mia partenza tuconsolassi il re, affinché egli non avverta per niente la mia separazione. Anche una donna pia e altrimenti giusta,sarebbe condannata come peccatrice se non servisse il marito. Mentre colei che serve il proprio marito vienebenedetta, quantunque potrebbe non adorare gli dèi, non praticare i rituali o non onorare i santi".Vedendo che Rama era inflessibile nella sua risoluzione, Kausalya riacquistò la sua compostezza e lo benedì.Infine disse: "Aspetterò ansiosamente il tuo ritorno ad Ayodhya, dopo i tuoi quattordici anni nella foresta".Raccogliendo rapidamente quant'era necessario, Kausalya fece un rito sacro per propiziare le divinità,assicurando così la salute, la sicurezza, il felice soggiorno e il rapido ritorno di Rama. Infine concluse dicendo aRama:"Possa il Dharma, che tu hai protetto con tanto zelo, proteggerti sempre. Possano coloro ai quali t'inchinerailungo le strade e nei templi proteggerti! Possano le armi che ti ha dato il saggio Visvamitra assicurare la tuaincolumità. Possano tutti gli uccelli e le bestie della foresta, gli dèi e gli esseri celesti, le montagne e gli oceani, etutte le divinità che presiedono le fasi della luna, i fenomeni naturali e le stagioni essere a te propizi. Possa tugodere della stessa benedizione che ebbe Indra quando distrusse il suo nemico Vritra, quella stessa che Vinataelargì a suo figlio Garuda e che Aditi pronunciò per suo figlio Indra, quando questi combatteva contro i demoni;quella stessa della quale godeva Vishnu mentre misurava il Cielo e la terra. Possano i saggi, gli oceani, icontinenti, i Veda e i piani celesti esserti propizi".Quando Rama si prosternò per toccarle i piedi, Kausalya l'abbracciò amorevolmente e gli baciò la fronte; e infine,prima di congedarlo, girò rispettosamente intorno a lui.

[NOTA: Rama (e Valmiki) amano usare le parole 'dharma sanatana' per definire una questione etica. In Indial'Induismo è chiamato Sanatana Dharma.]

Dopo essersi congedato dalla madre, Rama andò in cerca dell'amata consorte. Da parte sua, Sita - che avevarispettato tutte le ingiunzioni e le proibizioni relative alla vigilia dell'incoronazione, e si stava preparando apartecipare al fausto evento - vedendo entrare nel palazzo il suo sposo divino, andò ad accoglierlo col cuorepieno di gioia e d'orgoglio. Tuttavia il suo contegno la rese perplessa: il suo volto rifletteva ansia e dolore. Eintuendo che c'era qualcosa che non andava, chiese a Rama: "L'ora propizia è vicina: e tuttavia, cosa vedo!Signore, perché non sei accompagnato dalla scorta regale, dagli uomini con il parasole cerimoniale, dai cavalli edall'elefante reale, dai sacerdoti che cantano i Veda, e dai bardi che cantano le tue glorie? Perché il tuo volto èoffuscato dalla tristezza?".Senza perdere tempo e parlando con naturalezza, Rama le disse: "Sita, il re ha deciso d'installare sul tronoBharata e d'inviare me nella foresta per quattordici anni. Sto per partire e sono venuto a salutarti. Ora cheBharata è il principe ereditario, anzi il re, ti prego di comportarti con lui di conseguenza. Ricorda: le persone alpotere non sopportano quelli che decantano gli altri davanti a loro. Perciò non lodarmi in presenza di Bharata. Edè meglio che non mi lodi neanche in presenza delle tue compagne. Sii devota alle tue pratiche religiose e servimio padre, le mie tre madri e i miei fratelli. Bharata e Satrughna devono essere trattati come tuoi fratelli o figli.Stai ben attenta a non arrecare la minima offesa a Bharata, il re. I re ripudiano anche i loro figli, se gli sonoostili; mentre sono benigni perfino con gli stranieri, purché gli siano amici. Questo è il mio consiglio".Fingendosi adirata - mentre in realtà era divertita - Sita rispose a Rama: "Il tuo consiglio che io debba restare quial palazzo è indegno di un principe eroico come te. Mentre padre, madre, fratello, figlio e nipote vivono la propriabuona o cattiva sorte, solo la moglie condivide la vita di suo marito. L'unico rifugio per una donna, sia in questomondo che nell'altro, è soltanto il marito, e non certamente il padre, né la madre, né il figlio, né gli amici. Perciòverrò con te nella foresta. Andrò davanti a te, aprendoti il sentiero nella foresta. La vita con il marito èincomparabilmente superiore alla vita in un palazzo, o in una dimora celeste, o a un viaggio in paradiso! Nonresterò qui. T'assicuro che non ti sarò di peso o d'impedimento nella foresta; né considererò la vita nella forestacome un esilio o una sofferenza. Stando al tuo fianco essa sarà per me più che un paradiso, non sarà affatto unavita dura; mentre senza di te, anche il paradiso è un inferno".Pensando alle dure prove che avrebbero dovuto affrontare nella foresta, Rama cercò di dissuadere Sita conqueste parole: "Tu provieni da una ricchissima famiglia devota alla giustizia. Perciò è giusto che tu rimanga qui eserva i miei. Così, evitando le avversità della foresta e servendo amorevolmente i miei cari, farai felice il miocuore. La foresta non è luogo per una principessa come te. Essa è piena di grandi pericoli: nelle caverne ci sonodei leoni, e il loro ruggito è terrificante. Le bestie feroci non sono abituate a vedere gli esseri umani, e il modo incui attaccano gli uomini fa orrore anche solo a pensarci. I sentieri sono pieni di spine ed è difficile camminarvi. Ilcibo è costituito da pochi frutti caduti spontaneamente dagli alberi: e nutrendosi di questi bisogna contentarsiper tutto il giorno. I nostri indumenti saranno fatti di pelli e cortecce; mentre i capelli dovranno essere intrecciatie legati sulla testa. Si dovrà rinunciare alla collera e alla cupidigia, la mente dovrà concentrarsi sulle austerità, ebisognerà vincere la paura anche laddove essa viene naturale. Totalmente esposti alle inclemenze della natura,circondati da animali selvatici, serpenti, e così via, la foresta è piena d'indicibili difficoltà. Non è un posto per te,mia cara".La continua insistenza di Rama commosse Sita fino alle lacrime: "La tua benevola sollecitudine per la mia felicitàrende solo più ardente il mio amore per te, e più forte la mia determinazione a seguirti. Hai parlato d'animali:

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essi non s'avvicineranno mai a me mentre ci sarai tu. Hai parlato del dovere di servire i tuoi: ma l'ordine di tuopadre che tu vada nella foresta esige che ci vada anch'io. Io sono la tua metà: e per questo non posso viveresenza di te. Tu hai spesso dichiarato che una vera moglie non potrà vivere separata dal marito. Inoltre, ascolta!Tutto ciò non mi è nuovo: perché quando vivevo in casa di mio padre, molto prima di sposarci, dei saggi astrologipredissero giustamente che avrei passato qualche tempo nella foresta. Se ben ricordi, ho desiderato vivere perun pò nella foresta, poiché mi sono addestrata per tale eventualità. Signore, sono davvero felice al solo pensieroche finalmente andrò nella foresta, per servirti costantemente. Servendo te, non incorrerò nel peccato di lasciarei tuoi genitori. Questo ho sentito dire da coloro che ben conoscono i Veda e le altre Scritture, che una mogliedevota resta unita al proprio marito anche dopo aver lasciato questa terra. Perciò non c'è un motivo valido percui tu debba volermi lasciare qui e andar via da solo. Se rifiuti ancora di portarmi con te, non ho altra scelta chetogliermi la vita".

[NOTA: Rama ripete le parole 'duhkham ato vanam - la spaventosa foresta' quasi in ogni verso. Un'efficacetecnica persuasiva.]

All'ennesimo discorso persuasivo di Rama, Sita rispose seccata, mostrando coraggio e fermezza. E rimproveròperfino Rama, dicendo: "Quando ti ha scelto come genero, non si è reso conto mio padre Janaka che avevi uncuore di donna in un corpo di uomo? Altrimenti perché tu, che sei tanto valoroso e coraggioso, dovresti temereper me? Se non mi porterai con te, morirò sicuramente; ma invece d'aspettare la morte, preferisco moriredavanti a te. Se non cambi subito parere, prenderò del veleno e morirò". Presa dall'angoscia, il timbro della suavoce divenne sempre più acuto, e un torrente di lacrime ardenti sgorgò dai suoi occhi.Rama la prese tra le braccia e le parlò amorevolmente, con grande gioia: "Sita, non potevo leggere nella tuamente e perciò ho cercato di dissuaderti dal venire con me. Ora vieni, seguimi. Non posso abbandonare l'idead'andare nella foresta, neanche per amor tuo. Non potrei vivere se disubbidissi il comando dei miei genitori.Invero mi chiedo come si potrebbe adorare il Dio invisibile, se uno fosse contrario ad ubbidire ai comandi deigenitori e del guru che si possono vedere. Nessuna attività religiosa, neanche l'eccellenza morale, può uguagliareil servizio dei propri genitori per ottenere la felicità suprema. Qualunque cosa uno desideri e in qualunqueregione uno desiderasse ascendere dopo aver lasciato questa terra, tutto si ottiene servendo i genitori. Perciòfarò come mi è stato comandato da mio padre; questo è il Dharma eterno. E tu hai deciso giustamente diseguirmi nella foresta. Vieni, prepariamoci. Offri doni generosi ai brahmana e distribuisci il resto dei tuoi averi aiservi e agli altri".Ora Lakshmana disse a Rama: "Se sei determinato a partire, allora andrò innanzi a te". Rama però cercò didissuaderlo: "So bene che sei il mio compagno più prezioso, ma penso che dovresti rimanere qui e aver curadelle nostre madri. Kaikeyi potrebbe non trattarle bene. E con questo servizio mi proverai la tua devozione". MaLakshmana rispose prontamente: "Sono sicuro che Bharata si prenderà cura delle madri, ispirato dal tuo spirito dirinuncia e dalla tua aderenza al Dharma. Se così non fosse, potrei sterminarli tutti in un attimo. Inoltre Kausalyaè abbastanza grande e potente da badare a se stessa: per questo ha dato alla luce te! Rama, il mio posto èvicino a te; il mio dovere è servirti".Felice di udire questo, Rama rispose: "Allora andiamo! Ma prima di partire desidero dare in elemosina ai santibrahmana tutto ciò che possiedo. Ti prego di riunirli. Congedati dai tuoi amici e prepara anche le nostre armi".Il primo a beneficiare dei doni di Rama fu Suyajna, un figlio di Vasishtha, il sacerdote di famiglia. Poi vennero unfiglio del saggio Agastya e un figlio di Visvamitra. Poi il brahmana che si occupava dei riti religiosi che Kausalyafaceva ogni giorno: a lui furono dati un veicolo, dei servi, degli abiti di seta e molte ricchezze. A Citraratha,l'auriga-ministro, donarono gioielli, indumenti e bestiame. Poi si rivolsero ai casti studenti che s'erano dedicaticompletamente allo studio delle Scritture e che, perciò, non avevano alcuna entrata economica: ad essi donaronocammelli carichi di gioielli e carri pieni di cibo. Rama distribuì le sue ricchezze ai brahmana, ai giovani, aglianziani e ai poveri; e chiese loro di custodire i Suoi palazzi e quelli di Lakshmana durante il periodo della loroassenza.Ci fu un particolare commovente in questa grande cerimonia. In un sobborgo di Ayodhya viveva un brahmanachiamato Trijata, che era povero e aveva molti figli. Quel giorno la moglie gli disse: "Benché come moglie nondovrei istruirti, ma servirti come mio dio, ti suggerisco di buttare l'accetta che porti sempre con te - e con laquale vai scavando radici da mangiare - e andare da Rama. Egli ti darà certamente del denaro con il qualealleviare la nostra povertà". Trijata arrivò al palazzo proprio mentre Rama stava distribuendo le sue ricchezze, elo pregò d'aiutarlo. Indicando le vacche che stavano sull'altra riva del fiume Sarayu, Rama disse al brahmana:"Lancia il tuo bastone con tutta la tua forza. Tutte le vacche che si troveranno da questa parte del bastonesaranno tue". L'emaciato e debole brahmana lanciò il bastone con tale forza che raggiunse l'altra riva del fiume ecadde vicino a un toro. Rama gli disse sorridendo: "Ho scherzato con te, per vedere la tua forza Queste migliaiadi vacche sono tue. Se desideri di più, chiedi! Ho acquisito tutte le mie ricchezze solo per la protezione dellepersone spirituali. Donandole a te sarò benedetto". Il brahmana andò via felice con le vacche. Non ci fu adAyodhya un solo brahmana, parente, servo o povero che non ricevette parte delle ricchezze di Rama.Quindi Rama s'avviò verso il palazzo di Kaikeyi per congedarsi dal re. Le persone che avevano saputo della svoltadegli eventi si accalcavano per vedere Rama, Lakshmana e anche Sita (che fino ad allora non era mai stata vistacamminare per strada), e tra loro dicevano: "Sicuramente il re è posseduto da uno spirito maligno, per mandareRama nella foresta. Anche noi andremo nella foresta, come Lakshmana. Allora la foresta diventerà una città, equesta città diventerà una foresta. Che Kaikeyi regni pure su una città in rovina abitata solo da ratti e serpenti".Vedendo l'addolorato Sumantra fuori del palazzo, Rama gli chiese d'informare il re del suo arrivo. Il re disse aSumantra: "Prima fai venire qui velocemente tutte le mie mogli; voglio vedere Rama solo in loro presenza".Sumantra corse negli altri appartamenti ed esortò le mogli del re ad andare da lui. Trecentocinquanta di esse sistrinsero intorno a Kausalya, la regina principale, e con lei s'affrettarono verso il palazzo di Kaikeyi. Quandoarrivarono, il re disse a Sumantra: "Fai entrare Rama".Non appena Rama fu in sua presenza - seguito da Lakshmana e da Sita - il re si alzò e gli corse incontro abraccia aperte, ma perse coscienza e cadde. Colpiti da questa scena commovente, tutti i presenti emisero un

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gemito. Quando il re si riprese, Rama gli disse: "Padre, sono pronto a congedarmi da te e andare nella foresta: tiprego di benedirmi. Anche Sita e Lakshmana insistono per accompagnarmi, benché abbia fatto del mio meglioper dissuaderli. Dacci il permesso di partire". Il re gridò forte: "Ahimè, io non ero cosciente quando ho concessoquel dono a Kaikeyi. Perciò è giusto che tu non tenga conto del mio ordine; fammi prigioniero e incoronati re".Rama rispose umilmente: "Non ho ambizioni per il trono, padre. Possa tu regnare per moltissimo tempo, affinchéal mio ritorno, tra quattordici anni, io possa inchinarmi ai tuoi piedi". Nello stesso tempo Kaikeyi ammonì il re anon fare alcun compromesso. Il re disse a Rama: "Figlio amatissimo, va' nella foresta; possa il tuo viaggio esserefelice e piacevole. Tu sei devoto alla verità e la tua decisione non può essere cambiata; ma ti prego, resta ancoraoggi e parti domani. Ti assicuro che quanto è successo non mi piace affatto; è tutta opera di questa donna, chesi è comportata come brace ardente nascosta da ceneri fredde. Malgrado ciò, tu - verità incarnata - haimantenuto la mia promessa e hai tenuto alto il prestigio della nostra dinastia".Rama rispose gentilmente: "Chi mi darà domani le cose buone che posso avere oggi? Preferisco andare via ora.Padre, metà della tua promessa a Kaikeyi viene così esaudita; esaudisci anche l'altra metà. Che la corona passi aBharata. Io non desidero né il regno né la felicità né questa terra; né i piaceri né il paradiso e neppure la vita: iodesidero onorare la tua parola. Sapendo questo, ti prego di non angosciarti, padre. Madre Kaikeyi ha detto: "Va'subito nella foresta", e così sarà. Per noi non sarà cosa dura. Sono certo che saremo felici tra le miti gazzelle, glianimali e gli uccelli. Tu devi consolare gli altri e asciugare le loro lacrime: non devi piangere. Fa' subito ilnecessario per installare Bharata sul trono". Il re abbracciò Rama, e subito perse coscienza.A questo punto il nobile ministro Sumantra, che aveva osservato tutto questo con la mente profondamenteagitata, pensando che insultando Kaikeyi avrebbe potuto farle cambiare idea, esplose dicendo: "Io ti considerol'assassina di tuo marito e di tutta la famiglia; sembra che non ci sia limite alla tua cattiveria. Con l'inganno haiinfranto l'antichissima tradizione di questa dinastia; e cioè, che il figlio maggiore erediti il trono. Vuoi che il tuoBharata regni su Ayodhya? Allora noi tutti lasceremo il paese insieme a Rama. Abbandonata dai brahmana, daiparenti e dai saggi, che cosa otterrai installando tuo figlio sul trono? Ahimè, perché la terra non si apre sotto ituoi piedi e non t'inghiotte? Mi meraviglio inoltre come il dolore provato dai saggi come Vasishtha non si trasformiin una lingua di fuoco che ti consumi."Somigli proprio a tua madre. Tuo padre aveva ottenuto da un saggio la facoltà di comprendere la lingua degliuccelli. Una notte udì due uccelli che comunicavano tra loro e si mise a ridere. Tua madre volle sapere il motivodi quella risata, e non cedette neanche quando tuo padre le disse che rivelare la causa avrebbe significato la suamorte! Infine, su consiglio del saggio, il re esiliò tua madre e ritrovò la pace. Davvero hai preso di tua madre enon dai valore alla vita di tuo marito. Se non rinunci immediatamente a questo piano malvagio, otterrail'ignominia eterna". Ma Kaikeyi non prestò attenzione a queste parole!Allora Dasaratha disse a Sumantra: "Lascia stare. Sotto il mio comando, che un vasto esercito, un gran numerodi serve, di guardie e anche tutto il mio tesoro accompagni Rama nella foresta, affinché egli non senta privazionidurante il suo lungo soggiorno là".Udendo questo, Kaikeyi esplose infuriata: "Oh no! Questo non puoi farlo. Bharata non sarà sovrano di un regnofantasma, con le casse del tesoro vuote!". Dasaratha si adirò e gridò: "Questo non l'hai pattuito prima comecondizione! Perché ora contraddici i miei ordini?". Ma l'inflessibile Kaikeyi continuò: "Il tuo antenato Sagara esiliòsuo figlio Asamanja, ma non gli diede un esercito, servi e ricchezze. Rama andrà via senza niente".Il primo ministro Siddhartha intervenne dicendo: "Asamanja era sadico e malvagio, e uccideva anche i neonati;perciò Sagara lo bandì.Rama non solo è innocente, ma è dotato di tutte le qualità divine. Bandire una persona tanto perfettadepriverebbe anche Indra dei suoi meriti. Basta, regina, con questa storia. Lascia che Rama governi il regno".Il re fece eco al primo ministro e disse: "Se il tuo cuore non è cambiato, anch'io andrò nella foresta con Rama;regna sul paese insieme a Bharata".Rama disse: "Padre, ho rinunciato al regno e a tutti i suoi piaceri; che ne farò dell'esercito e del tesoro? Chi, senon un folle, dopo aver abbandonato un elefante si tiene la catena? L'esercito e il tesoro saranno utili a Bharata.Io sarò contento se le serve di madre Kaikeyi mi faranno dono dei ruvidi indumenti che portano gli asceti chevivono nella foresta". Udendo questo, e senza perdere tempo, la stessa Kaikeyi portò dei rozzi vestiti fatti dicorteccia d'albero per Rama, Sita e Lakshmana.Rama prese umilmente i suoi e li indossò lì stesso, spogliandosi degli abiti principeschi. Lakshmana fecealtrettanto. Ma Sita rimase perplessa e impacciata dal ruvido vestito di fibre che Kaikeyi le aveva dato: lo provò indiversi modi, ma non sapeva come indossarlo. Allora chiese aiuto a Rama, che immediatamente glielo avvolseintorno. Nel contempo, le donne lì presenti si lamentavano in preda a un dolore irrefrenabile; ma Rama non sene curò.Commosso fino alle lacrime dalla scena che gli stava davanti, il saggio Vasishtha disse: "Malvagia Kaikeyi, il calicedel tuo peccato trabocca. Non ti basta aver ingannato il re, carpito da lui i due doni più ingiusti e portatodisgrazia a tutta la dinastia? La principessa Sita non è obbligata e non deve andare nella foresta. Ella è lo stessosé di Rama; poiché la moglie è davvero l'alter ego del marito. Se ambedue andranno via, noi tutti li seguiremo.Sono sicuro che anche Bharata e Satrughna partiranno. E tu sarai l'unica sovrana di questo regno abbandonato.Tu non conosci Bharata: egli non acconsentirà a governare il regno abbandonato da Rama. Perciò hai agitocontro l'interesse di tuo figlio. Tu hai solo chiesto che Rama sia esiliato. Lascia dunque che Sita parta con gli abitie i gioielli principeschi". Ma Kaikeyi ignorò tutto questo e Sita finì d'indossare gli abiti ascetici.Tutti i presenti gridarono: "Vergogna, vergogna". Mentre Dasaratha, in preda alla più terribile angoscia, imploròKaikeyi: "Risparmia almeno a Sita questa crudeltà. Che cosa ti ha fatto? Mi hai ingannato per farti concedere idue terribili doni, per i quali merito certamente la morte, ma essi non richiedono questo crudele trattamento diSita. Hai davvero superato ogni limite di decenza e giustizia; hai deciso d'andare all'inferno". Ma non vi furisposta a questa supplica!A questo punto Rama si fece avanti e disse a Dasaratha: "Padre, dacci il permesso d'andare. Ma prima di partiredevo farti una preghiera: tratta mia madre con maggiore considerazione, poiché è anziana e sopraffatta daldolore. Fa' che la separazione da me non le causi maggiore sofferenza. Fa' che non lasci questo mondo per ladisperazione".

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Dasaratha gemette ancora nell'agonia: "Devo aver separato molti vitelli dalle loro madri, perciò sto soffrendo cosìtanto. Vedendo il mio amato figlio vestito da asceta, perché la vita non mi lascia?". Poi gridò: "Rama", e persecoscienza. Quando riprese i sensi disse a Sumantra: "Porta il cocchio più bello, con i migliori cavalli". E rivolto altesoriere ordinò: "Ricorda che Sita passerà quattordici anni nella foresta. Porta abbastanza vestiti e gioielli pertutto quel tempo". Gli ordini furono subito eseguiti. Sita rispettò i desideri del suocero e indossò abiti e gioiellireali.Abbracciandola amorevolmente, Kausalya disse: "Le donne malvagie abbandonano anche il caro marito quandoquesti è sopraffatto dalla cattiva sorte. Il loro cuore è incostante. Né il loro stato familiare né quanto è stato fattoper loro, né l'istruzione né i doni ricevuti e neppure i voti nuziali le trattengono. Ti prego, sii come le donne rette,e tratta sempre Rama come il tuo dio". Sita rispose immediatamente: "Certamente osserverò il tuo consiglio,madre. Una vina senza corde non è una vina, un carro senza ruote non è un carro, e una donna senza marito -anche se avesse cento figli - non può avere felicità in questo mondo. Poiché il padre, il fratello e il figlio dannoalla donna solo una piccola felicità; mentre il marito le dà una felicità immensa. Come potrebbe dunque nonadorarlo?".Quindi Rama pregò sua madre di continuare similmente ad adorare suo padre. Poi, inchinandosi a Kaikeyi, disse:"Ti prego di perdonarmi se negli anni trascorsi insieme ti ho offesa in qualche modo". Udendo questo, le donnegemettero forte. Infine Rama, Sita e Lakshmana fecero un giro intorno al re e si congedarono da lui. Sicongedarono poi da Kausalya, e quindi andarono da Sumitra (la madre di Lakshmana). Ella era felice che suofiglio accompagnasse Rama, e lo benedì e lo istruì: "Considera Rama come lo stesso Dasaratha (tuo padre);tratta Sita come fosse tua madre; considera la foresta come Ayodhya, e va' con gioia, amato figlio mio".Il cocchio era pronto. Appena Rama vi salì, Sumantra disse: "Il periodo dell'esilio, che è di quattordici anni,comincia da questo momento". Il cocchio si mosse, e commosse i cuori dei cittadini di Ayodhya che lorincorrevano gridando: "Va' piano". Anche Dasaratha e Kausalya lo inseguirono gridando: "Va' piano". Ma Ramaesortò Sumantra: "Va' veloce. E se dopo ti chiederanno, potrai dire: 'Non ho sentito'. Non bisogna prolungare ildolore della separazione!". Il cocchio prese velocità. I ministri pregarono il re di tornare al palazzo: "Non doveteandare troppo lontano per vedere partire uno di cui desiderate il ritorno".Le persone che fino all'ultimo videro Rama seduto sul cocchio, che in silenzio e con le mani giunte salutava tutti icittadini di Ayodhya, gridarono angosciate: "Dove va il nostro Signore, il solo rifugio e protettore dei poveri, deideboli e degli asceti; colui che non s'adirava neanche quando gli si mancava di rispetto, che cercava dicompiacere anche quelli che erano in collera con lui, e per il quale piacere e dolore erano uguali? Quel Rama chetrattava noi, suo popolo, con lo stesso amore, devozione e riverenza con cui trattava sua madre - dove staandando? Il re ha sicuramente perso la testa, per bandire un tale principe". Anche il re udì ciò che diceva lagente, e questo lo rese ancora più triste.Sopraffatta dal dolore, la gente non voleva occuparsi delle faccende quotidiane, mondane o religiose. Anche glianimali erano riluttanti a pascolare o a mangiare. Gli stessi esseri celesti erano ulteriormente confusi. La partenzadi Rama fu contrassegnata da minacciose nuvole nere, da tempeste di sabbia e da un terremoto ad Ayodhya.Avvilita al solo pensiero che tale ingiustizia avesse potuto prevalere ad Ayodhya, la gente sembrava aver persoogni interesse nei confronti della vita e del prossimo. Le menti e i cuori di tutti erano totalmente assorti nel solopensiero di Rama.Dasaratha rimase sulla strada a guardare il cocchio che scompariva nella nuvola di polvere che sollevava. Con ilcollo proteso e gli occhi spalancati, egli si sforzava d'intravedere il figlio amato. Quando non riuscì più a vedere,cadde a terra svenuto. Kausalya e Kaikeyi s'inginocchiarono subito per sollevarlo. Rinvenendo, il re ammonìKaikeyi: "Non toccare il mio corpo, peccatrice! Non ti considero più mia moglie. Non sopporto più neanche la tuavista". Mentre camminava aiutato da Kausalya, il re si voltò indietro, guardò a terra e vide le impronte lasciatedalle ruote del cocchio e dagli zoccoli dei cavalli: "Vedo queste impronte - gemette - ma non vedo Rama". Poiaggiunse: "Presto si stenderà per dormire sulla dura e nuda terra, e il suo corpo si coprirà di polvere. Anche Sita,che non è abituata alla vita della foresta, dovrà sostenere privazioni indicibili. Sono certo che gli abitanti dellaforesta vedranno Rama come gli indifesi percepiscono il Signore del mondo". E rivolto a Kaikeyi disse: "Non sonocapace di vivere senza Rama! Presto morirò, e tu governerai da vedova!".Sempre più irrequieto, il re ordinò ai suoi attendenti: "Qui non trovo pace. Portatemi nel palazzo della reginaKausalya". Giunto là, giacendo su un sofà, il re disse alla regina: "Kausalya, ti prego, toccami con la mano. Ionon ti vedo: la mia vista ha seguito Rama e non è più tornata".Kausalya disse al re: "Avrei preferito che Rama fosse rimasto ad Ayodhya, anche come servo di Kaikeyi, se leil'avesse voluto. Ora che Rama è andato nella foresta, lontano da noi, non so neanche che cosa gli stiasuccedendo e che cosa lei gli farà ancora. La fortuna di Kaikeyi è in ascesa, è sulla cresta dell'onda: mi chiedocos'altro farà. Verrà mai quel giorno in cui Rama e Lakshmana torneranno ad Ayodhya, portando gioia e felicità alloro popolo? Come desidero vedere i volti dei tre giovani! Di certo in una vita passata devo aver mutilato lemammelle di una vacca e privato i vitelli del loro sostentamento. Come un leone abbatte un vitello e priva lavacca del suo piccolo, così Kaikeyi mi ha privato di mio figlio".Allora la saggia Sumitra, la madre di Lakshmana, che era rimasta molto più calma, disse a Kausalya: "Colui checonsideri tuo figlio è nobile e forte: non c'è bisogno che piangi per lui. Con la sua rinuncia suprema al regno haguadagnato molto merito sia in questo mondo che nell'altro. Anche Lakshmana ha acquisito molto merito,andando con Rama per servirlo. E pensa all'eroica principessa Sita, che con coraggio e consapevolezza harifiutato gli agi del palazzo e ha scelto di stare col marito per servirlo costantemente!"Sono certa che l'intera natura risponderà generosamente allo splendore e alla gloria spirituale di Rama. Anche ladolce brezza e la piacevole freschezza della luna lo serviranno. I missili e le armi che il saggio Visvamitra gli hadato, e che egli ha portato con sé, gli daranno la massima sicurezza. Nessun nemico può affrontare lo splendoredella devozione di Rama al Dharma. E poi tornerà presto, dopo aver completato il periodo di vita ascetica."Devoto al Dharma com'è, egli è la luce nel sole, il calore del fuoco, la prosperità della ricchezza, e l'essenzastessa della gloria e della pazienza. Non solo: io credo che egli sia il Dio degli dèi, l'essere più eccelso. Che egliviva nella foresta o nella città, cosa può capitargli di male? Sita - che è la stessa dea Lakshmi - l'accompagna, e ilpotente Lakshmana lo protegge giorno e notte: come può essere colpito da qualche male! Non aver paura. Non

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angustiarti. Presto egli tornerà ad Ayodhya. Presto i tuoi occhi potranno rivederlo. E quando lo accoglierai dinuovo ad Ayodhya verserai lacrime; non come queste, ma lacrime d'amore. Asciugati queste lacrime nate daldolore, o regina benedetta. Presto, quando Rama tornerà e s'inchinerà davanti a te e a tutte le tue amiche, allorasarà il momento di versare lacrime, lacrime d'amore".Le sagge parole di Sumitra, madre di Lakshmana, diedero grande conforto alla regina Kausalya.I cittadini di Ayodhya che avevano seguito Rama non volevano tornare in città. Quando vide che il sole stava pertramontare, Rama si rivolse loro con affetto: "Amati cittadini di Ayodhya! L'amore e l'adorazione che nutrite perme, mostrateli anche a Bharata, per amor mio. Bharata è nobile nel carattere e nelle azioni, e farà tutto ciò chesarà necessario per il vostro bene e la vostra felicità. Inoltre vi prego, per amor mio, di comportarvi in manieratale da non causare la minima preoccupazione al cuore del re, mio padre".Qualunque cosa facesse per dissuaderli sembrava piuttosto persuaderli che solo lui era degno di governarli. Ibrahmana si fecero avanti e parlarono a nome di tutti: "Cari cavalli, non tirate il cocchio verso la foresta, mariportate il vostro padrone Rama ad Ayodhya. Questa è la preghiera di tutti gli esseri". Quando Rama vide i santibrahmana, scese dal cocchio e camminò umilmente con loro, pur non tenendo conto dei loro argomenti.Vedendo che Rama procedeva ancora verso la foresta, i brahmana lo pregarono: "Finora le nostre menti sonostate devote ai Veda; ma ora, Rama, stanno seguendo te nella foresta. Una volta che i nostri cuori sono entratinel tuo essere, non c'è ritorno. Se tu non tornerai ad Ayodhya, come potrà regnarvi il Dharma? Non odi: gli alberiche non possono seguirti perché trattenuti dalle loro radici ti pregano, ti supplicano (con il suono stridente cheproducono) di tornare! Guarda quegli uccelli: accovacciati, immobili, ti sollecitano a tornare. O tucompassionevole, abbi misericordia di tutte queste creature e ritorna". Mentre dicevano queste cose, raggiunserola riva del fiume Tamasa. E anche il fiume sembrava dire "Ritorna", perché sbarrava e ostruiva il cammino diRama.Sumantra sciolse i cavalli e li lasciò a pascolare. Rama disse a Lakshmana: "Passeremo la notte qui. Nondobbiamo stare in ansia per i nostri genitori. Bharata, che è il Dharma incarnato, si prenderà cura di loro. Sonocontento che sei venuto, mi sarai di grande aiuto per proteggere Sita". Dopo le preghiere, Sumantra preparò illetto di Rama. E su un giaciglio fatto di foglie d'alberi Rama e Sita si coricarono e ben presto s'addormentaronoprofondamente. Lakshmana restò sveglio, raccontando a Sumantra le glorie di Rama. Quando Rama si svegliòvide i cittadini ancora addormentati e disse a Sumantra: "Porta subito il cocchio e partiamo prima che si sveglino.E dovere dei principi salvaguardare il popolo dall'infelicità causata dagli stessi principi". Appena il cocchio fupronto, Rama chiese a Sumantra d'andare prima verso nord e poi di tornare velocemente verso la foresta. Tuttoquesto per confondere i cittadini, perché smettessero di seguirli e tornassero in città.I cittadini di Ayodhya che avevano accompagnato Rama si erano addormentati sulla riva del fiume Tamasa.Quando si svegliarono si accorsero che Rama era andato via. E sinceramente addolorati maledirono il sonno:"Maledetto il sonno dal quale siamo stati privati della nostra consapevolezza, senza la quale adesso non vediamoRama. Pur essendo tanto premuroso con i suoi devoti, come mai Rama ci ha abbandonati ed è fuggito dinascosto? Egli trattava noi di Ayodhya come fossimo suoi figli; eppure è andato via nella foresta. Dovremmoseguirlo tutti oppure morire qui stesso. Come possiamo tornare dalla gente di Ayodhya e dire: "Siamo andati conRama, ma siamo tornati senza di lui".Poi videro per terra le impronte delle ruote del cocchio e, gioendo alla prospettiva d'incontrare di nuovo Rama, leseguirono. Ma quando d'un tratto queste s'interruppero bruscamente senza lasciare altre tracce, i cittadinirimasero addolorati e perplessi. Delusi, dovettero tornare ad Ayodhya, consolati dal pensiero che tutto questo eraopera degli dèi. Eppure rientrando nelle loro case non vi trovarono alcuna gioia; il dolore accecava i loro occhi edessi si muovevano come ciechi, come se fossero stati privati della vita stessa.Da allora nulla poteva far gioire la gente di Ayodhya. Le donne erano letteralmente possedute dall'angoscia edicevano ai mariti: "A che servono le mogli, le ricchezze, i figli, i piaceri e le case a coloro che non possonovedere Rama? Lakshmana è certamente la sola persona buona del mondo, in quanto ha accompagnato Rama. Lecolline, gli alberi e i fiumi della foresta sono più fortunati di noi, perché servono Rama. Andiamo dov'è lui: perchéegli è la nostra sola mèta e rifugio. Dov'è Rama non c'è paura né sconfitta". E inoltre decisero: "Non ciassoggetteremo mai al governo di Kaikeyi. Incapace di sopportare la separazione da Rama, il re forse moriràpresto. E allora forse Kaikeyi dominerà il regno. In tal caso dovremmo o bere del veleno e morire, o seguireRama, o almeno andare lontano. Oh, quale crudeltà che Rama, Lakshmana e Sita siano stati esiliati nella foresta.Certamente ora Rama illumina la foresta... Rama il cui volto è come la luna piena, che ha un torace possente edelle lunghe braccia, che sottomette i suoi nemici, e che ha gli occhi simili al loto; che è il primo a parlare a tutti,con dolcezza e sincerità; che è forte e buono, che dà gioia a tutto il mondo come la luna; il migliore tra gliuomini, con il coraggio di un elefante".Così il popolo di Ayodhya si lamentava e dava sfogo al proprio dolore. Ayodhya sembrava una città morta.Continuando il viaggio verso la foresta, Rama disse a Sumantra: "Penso al giorno in cui tornerò ad Ayodhya evagherò nelle vicine foreste col pretesto d'andare a caccia. Io non amo cacciare. La caccia agli animali selvatici fupraticata nei tempi antichi per amore dei saggi e degli asceti che vivevano nelle foreste. Col passare del tempodivenne un passatempo per le persone che maneggiavano armi".Quando il territorio Kosala stava per scomparire all'orizzonte, Rama si volse verso di esso e con le mani giunte sicongedò da Ayodhya. Rivolgendosi alla gente dei villaggi che si era radunata intorno a lui, la invitò a tornarsenea casa con queste parole: "E peccato prolungare la sofferenza; andate e applicatevi ognuno ai vostri compiti".A un'andatura più lenta, perché non era più seguito, Rama guidò il cocchio fino a raggiungere la riva del sacroGange. Il fiume sacro era fiancheggiato da molti eremi di saggi. Dèi e devoti di dèi, demoni ed esseri celesti(gandharva = artisti), ninfe e mogli di gandharva, tutti adoravano il Gange e si bagnavano nelle sue acque.Turbolento e 'furioso' in alcuni posti, placido e allegro in altri; quasi immobile e calmo in certi luoghi, rapido efragoroso in altri, il fiume dava gioia continua a tutti. Prendendo origine dai piedi di loto del Signore Vishnu, ilfiume immacolato distruggeva ogni peccato.Rama giunse nella città chiamata Sringaverapura, sulle rive del Gange, e decise di passarvi la notte. Da lontanovide un grande albero d'ingudi e decise d'accamparsi sotto la sua ombra. Il capo di Sringaverapura era Guha, unamico di Rama; e quando seppe dai suoi uomini che Rama era giunto fin là, si precipitò ad accoglierlo. Al loro

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incontro i due amici s'abbracciarono affettuosamente. Guha fu confuso nel vedere Rama vestito da asceta. Feceportare subito dei cibi prelibati e poi disse a Rama: "Benvenuto, o potente! Tutta la terra è tua. Tu sei il Signore:noi siamo i tuoi umili servi. Dacci la tua protezione e la tua guida. Qui ci sono quattro tipi di cibo: cibo chedev'essere masticato, cibo soffice, bevande e cibi prelibati ridotti in pasta. Ecco del cibo per i cavalli; ed ecco deimagnifici letti per il vostro riposo".Rama abbracciò nuovamente Guha e gli disse: "Sono felice di vederti, e constatare che stai bene. Grazie per latua ospitalità, amico: ma ora non mi occorre. Ho preso il voto di condurre vita ascetica. Ti chiedo comunque delcibo per i cavalli, che sono i prediletti di re Dasaratha, mio padre". Guha fornì il cibo per i cavalli. Rama presesolo l'acqua del Gange. Rama e Sita dormirono sotto l'albero, mentre Lakshmana e Guha restarono svegli sottoun altro albero.Guha disse a Lakshmana: "Noi, fratello, siamo abituati alla vita nella foresta, ma tu no. Ecco un letto per te,stenditi e dormi. Resterò io di guardia". Ma Lakshmana rifiutò dicendo: "E proprio come dici. Però non micoricherò in presenza di mio fratello". E mentre sedevano entrambi a vigile guardia, Lakshmana espresse a Guhala sua angoscia: "Forse questa è la notte del castigo di Ayodhya. Forse nostro padre è morto; e forse anche lenostre madri. Il popolo è affranto dal dolore. La nostra sola preghiera è che i quattordici anni passino presto, cosìche Rama torni ad Ayodhya".All'alba, Rama si svegliò e fece le sue preghiere. Poi disse a Guha: "Ti prego, disponi per farci attraversare ilGange". Quando la barca fu pronta, Rama disse a Sumantra: "Penso che ci hai accompagnati abbastanzalontano; ora devi tornare con il cocchio ad Ayodhya". Sumantra non poté sopportare quel pensiero neanche perun momento; e pianse amaramente: "Come posso tornare senza di te? La vita di brahmacharya e lo studio deiVeda, la coltivazione di virtù come la bontà e la sincerità... tutto mi sembra infruttuoso, quando penso che devisubire quest'esilio. No, permettimi di restare con te. Se rifiuti di farmi venire, mi darò fuoco insieme al cocchio eal resto".Rama però parlò dolcemente all'angosciato Sumantra: "Tu sei l'unico vero amico della nostra famiglia. Tu sei ilnostro saggio consigliere. Perciò devi tornare ad Ayodhya e consolare il re con questo messaggio da parte mia:'Né io né Lakshmana siamo dispiaciuti per aver dovuto lasciare Ayodhya e vivere nella foresta'. Ti prego dicomportarti col re in maniera tale da non causargli alcun dispiacere. Ti prego di portare un messaggio a Bharata:'Tratta tutte le nostre madri con uguale amore e riverenza'. E importante che tu torni ad Ayodhya, Sumantra.Solo quando madre Kaikeyi vedrà che sei tornato in città senza di me sarà convinta che sono andato nellaforesta. E quando Bharata sarà incoronato, i suoi desideri saranno esauditi. Per amor mio, Sumantra, ti prego ditornare ad Ayodhya".A Guha, Rama disse: "Sotto il voto dell'ascetismo, non posso restare in foreste abitate. Permettimi di partire". Maprima di separarsi ottenne da lui il lattice che trasuda dal banyan e con esso s'intrecciò i capelli alla maniera degliasceti. Congedatosi da Guha, Rama chiese a Lakshmana di salire per primo sulla barca e quindi d'aiutare Sita;infine vi montò anche lui. D'allora in poi questo fu l'ordine nel quale camminarono. Sita offrì una preghiera alGange per la loro incolumità nella foresta e per un sicuro ritorno ad Ayodhya. Giunti sull'altra riva, nel territorioVatsa, Rama e Lakshmana uccisero quattro animali, che insieme ad alcune erbe costituirono il loro pasto.Passarono quella notte senza Sumantra: la prima notte del loro esilio trascorsa da soli. Il pensiero di Ayodhyatornò nella mente di Rama, che disse a Lakshmana: "Chissà cosa sta succedendo ad Ayodhya. Sicuramentenostro padre è tormentato dal dolore. Forse Kaikeyi dorme tranquillamente. Se Bharata è tornato in città, leipotrebbe anche togliere la vita al re. Considerando gli eventi degli ultimi giorni, comincio a pensare che il piaceredei sensi sia più potente della ricchezza e del Dharma. Altrimenti, come avrebbe potuto il re bandire il figlio chenon ha dato alcun motivo di scandalo? Eppure chi ignora il Dharma e la propria prosperità, e si dedica ai piaceridei sensi, va presto incontro al dolore, come ha fatto re Dasaratha. Stasera sto pensando al fato delle nostremadri, che sono di certo le più duramente colpite dalla svolta degli eventi, e il loro dolore è il peggiore. Nelle suevite passate mia madre deve aver privato altre madri dei loro figli; per questo ora deve subire questa sofferenza.Il dolore di Kausalya è grande e intollerabile. Sono davvero in ansia per lei. Ti prego, torna ad Ayodhya ed abbicura delle nostre madri; io riuscirò sicuramente a proteggere Sita nella foresta". La risposta di Lakshmana fuenfatica e definitiva: "Ayodhya è già stata privata della sua luce, in quanto tu sei andato via. Ma ora è inutilepreoccuparsene. Per nessun motivo, però, io ti lascerò e tornerò ad Ayodhya". Rama accettò questa decisione, edal quel momento in poi furono in tre!Dopo aver trascorso la notte su un letto di paglia preparato da Lakshmana sotto un grande albero, Rama, Sita eLakshmana proseguirono e raggiunsero presto la confluenza dei fiumi Gange e Yamuna. Rama notò del fumo inlontananza e con gioia esclamò: "Guarda, Lakshmana, quello è un chiaro segno che il saggio Bharadvaja è nelsuo eremitaggio e custodisce il fuoco sacro".Bharadvaja riservò loro una calda accoglienza. "Aspettavo la vostra venuta; ho saputo degli avvenimenti adAyodhya. Questo è un bel posto. Potete trascorrere qui tutto il periodo dell'esilio". Ma Rama rispose: "Certoquesto luogo è bello e sacro, però è troppo vicino alle grandi città; e la gente di Ayodhya, del Kosala e di altripaesi potrebbe venire spesso a vedere Sita o me. Perciò sento che non dobbiamo fermarci qui. Vi prego disuggerirci qualche altro posto".Accettando questa considerazione, Bharadvaja continuò: "A una certa distanza da qui c'è la collina sacra diCitrakuta. Chi guarda le cime di quelle montagne gode di prosperità e non cade mai in errore. Essa è dimora dimolti saggi. Stabilitevi là". Rama fu d'accordo con questa proposta.Il saggio Bharadvaja, che frequentava la collina di Citrakuta, indicò dettagliatamente a Rama la strada perarrivarci. Inoltre offrì delle preghiere particolari per la loro incolumità e il successo della loro missione. Rama siprostrò davanti al saggio e disse: "Seguirò le tue indicazioni". Poi si rivolse a Lakshmana dicendo: "Di certo inpassato dobbiamo avere acquisito molti meriti per ricevere tutto questo affetto dal saggio".Per prima cosa si accinsero ad attraversare il fiume Yamuna; e per questo dovettero costruirsi una zattera con leloro mani. Quando fu pronta, aiutarono Sita a salirvi e poi vi montarono anche loro. Arrivati in mezzo al fiume,Sita offrì delle preghiere alla dea Yamuna perché potessero concludere senza pericoli il loro esilio di quattordicianni e tornare salvi ad Ayodhya. Raggiunta l'altra sponda lasciarono la zattera e trovarono il segno indicato dalsaggio: un albero di banyan. Secondo le istruzioni del saggio, Sita offri delle preghiere anche al banyan.

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Si misero in marcia: Lakshmana faceva strada, Sita lo seguiva, e Rama seguiva Sita. Ogni volta che Sita vedevadei bei fiori selvaggi chiedeva a Rama cos'erano; e spesso Lakshmana raccoglieva e le donava un mazzetto difiori di campo. Dopo aver camminato così per un certo tempo, scelsero un altro grande albero sotto il qualepassare la notte.All'alba Rama si svegliò e quindi svegliò Lakshmana: "Ascolta la dolce musica degli uccelli; la notte è passata edè ora di muovessi". Dopo aver fatto il bagno nel fiume Yamuna e aver pregato, essi proseguirono verso Citrakuta.Lungo tutto il cammino, Rama indicava a Sita le bellezze della flora e della fauna della foresta. Quandos'avvicinarono a Citrakuta, egli la indicò con gioia a Sita e a Lakshmana e disse che là avrebbero trascorso ilperiodo del loro esilio, vivendo felicemente nella foresta. Rama disse al fratello: "E una collina deliziosa, con unagrande varietà di alberi e piante rampicanti, e frutti e radici in abbondanza. Essa fa vibrare il mio animo. E poi quivivono molti saggi e santi. Penso che dovremmo stabilirci qui".Quindi entrarono nell'eremo del saggio Valmiki, che li accolse affettuosamente. Su ordine di Rama, Lakshmanacostruì rapidamente una capanna di legno col tetto di paglia. Subito dopo celebrarono la cerimonia diconsacrazione del loro eremitaggio, per impedire che gli spiriti maligni occupassero la nuova dimora e per far sìche l'abitazione avesse un'atmosfera più sublime e spirituale. Quando infine Rama entrò nella capanna, si sentìcompletamente liberato dell'infelicità causata dagli eventi dei giorni precedenti.Mentre Sumantra attraversava le vie della città con il cocchio vuoto, tutti gemettero di nuovo a voce alta,realizzando che Rama era veramente andato via. Disperando di poterlo rivedere ancora, dicevano: "Il solopensiero costante di Rama era: 'Che cosa vuole il popolo, che cosa gli piace, e che cosa lo renderà felice', e citrattava come suoi figli".Quando Sumantra entrò nel palazzo, le consorti del re espressero ancora una volta il loro dolore: "Ritornandosenza Rama, in che modo Sumantra può consolare la regina Kausalya? Vedendo il fato di Kausalya, pensiamo chesia tanto penoso rinunciare alla propria vita quanto lo sia viverla quando si è colpiti dalle disgrazie".Quando fu in presenza del re, Sumantra gli portò il saluto di Rama, e il re svenne di nuovo. Quindi la reginaKausalya invitò il fedele ministro a non avere riserve, perché Kaikeyi non era presente. Riprendendo coscienza, ilre disse a Sumantra di esporre dettagliatamente tutti gli eventi e i messaggi di Rama.Con la voce strozzata dal pianto, il re chiese a Sumantra: "Come è stato possibile per Rama, Sita e Lakshmana,di discendenza reale, abituati alla vita regale del palazzo e ad essere accuditi da servi e ancelle adattarsi alla duravita degli asceti? Ti prego, dimmi come ora Rama siede, caccia, mangia e dorme".Dopo aver narrato del viaggio verso la foresta, Sumantra riferì i messaggi di Rama. Innanzitutto Rama desideravache i piedi del venerabile re fossero adorati. Secondo, Rama inviava questo messaggio alla regina Kausalya: "Siidevota al Dharma. Mantieni il fuoco sacro. Adora i piedi del nostro signore, il re, considerandolo come dio. Neirapporti con le altre mie madri non farti prendere né dall'orgoglio né da un falso senso di dignità; e questo ancorpiù nel caso di Kaikeyi, particolarmente amata dal re. Considera Bharata come re: perché anche se giovani, i redevono essere rispettati. Questo è il Dharma politico".Il messaggio di Rama per Bharata riguardava soprattutto il suo atteggiamento verso le madri: "Ti prego,considera la regina Kausalya come tua madre: ella mi ama profondamente e soffre molto per la mia assenza".Sumantra aggiunse: "Mentre pronunciava queste parole, gli occhi di Rama erano inondati da lacrime di dolore".Sumantra continuò: "Lakshmana però era adirato. Era ancora aspramente contrario all'esilio di Rama e diceva:"Come può essere considerato padre chi bandisce Rama? Come si può considerare re chi ha esiliato Rama controil volere del popolo?". Sita, invece, stava zitta e il suo viso piangente era sempre rivolto a Rama, quando questi eLakshmana mi parlavano".Sumantra continuò: "Dopo essermi congedato da Rama, tornai verso Ayodhya; ma i miei cavalli non volevanotornare senza Rama. Perciò passai un paio di giorni con Guha. Speravo che Rama mi mandasse a chiamare perraggiungerlo: ma non lo fece. Col cuore oppresso dal dolore, mi diressi verso Ayodhya. Ma Ayodhya senza Ramaè un corpo senz'anima. M'accorgevo che i fiumi, gli alberi, le foreste, e tutti gli esseri viventi sulla terra, in cielo enell'acqua, si comportavano come fossero senza vita. Mentre attraversavo Ayodhya, nessuno mi salutava o misorrideva. Quando vedevano il cocchio vuoto, le persone si coprivano viso e occhi e piangevano. In questo c'eratotale unanimità: sia che essi fossero stati amichevoli, ostili o indifferenti verso Rama, erano tutti affranti daldolore".Dasaratha si lamentò di nuovo: "Ahimè, ho commesso l'errore più grande della mia vita e del mio regno. Hoagito impulsivamente per compiacere mia moglie, mentre avrei dovuto ascoltare il consiglio dei miei precettori edei miei ministri. Se avessi chiesto il loro consiglio, questa calamità si sarebbe potuta evitare. Forse questa è lavolontà degli dèi. O Rama, o Lakshmana, o Sita! Voi non sapete che sto morendo d'intenso dolore, come undestituto e un orfano. O Sumantra, non mi porteresti dov'è il mio amato Rama?".Guardando Kausalya, il re descrisse vividamente l'oceano di dolore in cui era sprofondato. E mentre lo faceva,incapace di sopportare l'angoscia, svenne di nuovo.Vedendo questo, Kausalya fu presa dal terrore e s'accasciò al suolo; poi, guardando Sumantra, disse: "Ti prego,portami subito da Rama e Lakshmana. Non posso vivere qui senza di loro neanche per un momento".Allora il saggio Sumantra si rivolse con calma alla regina: "Vi prego, mettete fine al vostro dolore, alla delusione ealla confusione causata dalla vostra infelicità. Rama ha abbandonato l'angoscia mentale, e sicuramente vivrànella foresta senza la minima tristezza. Anche Lakshmana, devoto com'è a Rama e al suo servizio, sta acquisendomolto merito religioso. Il cuore di Sita è totalmente assorto in Rama. Anzi, in compagnia di Rama, ella hal'impressione di essere in un bosco appena fuori Ayodhya, e non sente affatto il dolore dell'esilio. Perciò neancheil suo corpo mostra segni di fatica o le conseguenze del rigido clima e dei disagi della vita nella foresta. Ellasembra proprio la stessa persona celestiale che vedevamo qui. Oh no, non dobbiamo rattristarci per loro, eneanche tu e il re dovete rattristarvi. Tutto ciò che sta succedendo ora sarà ricordato dall'umanità per tutto iltempo a venire".Affranta dal dolore, la regina Kausalya disse al marito: "Tu sei certamente un re glorioso e giusto, pieno d'amoree generosità. Eppure non hai pensato per un attimo a come i tuoi figli e tua nuora Sita avrebbero potuto viverenella foresta. Cresciuti nei palazzi, ora devono vivere in una capanna. Abituati a cibi ricchi, ora devono vivere colvitto degli asceti. Le loro orecchie, abituate ad ascoltare dolce musica, ora devono udire gli ululati e i ruggiti degli

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animali selvaggi della foresta. Come puoi pensare che Rama, abituato a riposare su morbidi letti, possa dormiresu giacigli di stuoie, usando il suo braccio come cuscino? Ahimè, mi vergogno del mio cuore di granito che nonscoppia in mille pezzi al solo pensiero dell'esilio di Rama nella foresta. Ahimè, tu sei colpevole di una grandecrudeltà verso Rama, in quanto l'hai bandito dal regno."Mi chiedo anche se dopo i quattordici anni d'esilio Rama ascenderà al trono. Tutti sanno che i brahmana nonmangiano le rimanenze del cibo già dato ad altri. Le persone pie considerano le cose già usate come indegned'essere adoperate di nuovo in un rito sacro. Come pensi, dunque, che Rama accetterà il trono che gli è statousurpato, e che un altro ha usato e poi gli ha restituito? Questo figlio della verità tu l'hai ingiustamente banditonella foresta; è difficile credere che tu conosca il significato di Dharma. Ahimè, sono stata privata di ognisostegno. Si dice che il marito sia il primo sostegno di una donna, il figlio il secondo, e il terzo i parenti; ma nonce n'è un quarto. Sì, con questa azione ingiusta tu hai distrutto il regno, il popolo e i ministri, me e mio figlio".Udendo queste dure parole, Dasaratha perse di nuovo coscienza, pronunciando: "Rama".Quando riprese coscienza, sconvolto dal dolore e con le mani giunte il re disse alla moglie: "Kausalya, abbi pietàdi me, ti prego, non dirmi queste dure parole".Piena di rimorso, Kausalya prese le mani giunte del marito, le pose sulla sua testa e gli disse: "Perdonami,signore. Ho sbagliato, e la mia colpa è imperdonabile. La donna che con le sue azioni costringe il marito adinchinarsi a lei, non è degna di lode né in questo mondo né nell'aldilà. Pur conoscendo il corso del Dharma, ilgrande dolore mi ha temporaneamente privato della ragione, perciò ho detto cose che non avrei dovuto dire. Ildolore distrugge il coraggio, la saggezza appresa e ogni altra cosa; perciò non c'è nemico più grande del dolore.Questi cinque giorni senza Rama sono stati come cinque anni per me, e perciò l'angoscia ha raggiunto il culmine.Com'è terribile quest'angoscia!.Era la sesta notte dopo la partenza di Rama per la foresta. Dopo la conversazione con Kausalya, il re dormì unpò; ma a mezzanotte si svegliò, ricordandosi una sua cattiva azione passata. Allora narrò questa storia aKausalya:"Qualunque cosa un uomo faccia, sia essa buona o cattiva, riceve i frutti di quell'azione. Chi non si rende contodelle gravi o leggere conseguenze delle sue azioni sin dall'inizio, è davvero immaturo e infantile. Ciò che sto perraccontarti accadde prima che ci sposassimo, quand'ero un giovane principe. Avevo imparato l'arte di tirare ad unbersaglio senza vederlo, aiutandomi col suono che emana dal bersaglio stesso."Ero andato a caccia nella foresta. Il sole era tramontato ed era scesa la notte. Mi diressi verso la riva del fiumeSarayu. Quella notte volevo catturare un grande bufalo o un elefante. Era buio; e nel silenzio della foresta udiiciò che pensai fosse il suono fatto da un elefante. Non potevo vedere l'elefante, ma il suono mi era sufficiente.Mirai e tirai."All'alba, dalla stessa direzione dalla quale era venuto il suono, udii una voce umana che gemeva in terribileagonia: "A chi poteva interessare togliere la vita ad un innocente asceta? A chi ho causato la minima offesa? Erovenuto in questo posto solitario sulla riva del fiume, a prendere l'acqua per placare la sete dei miei genitori; ma,ahimè, sono stato colpito e ferito a morte. L'assassino non potrà guadagnare nulla da quest'azione malvagia; maraccoglierà solo cattivi frutti. Non mi preoccupo tanto della mia vita quanto del futuro dei miei genitori ciechi, chedipendono completamente da me e sono sempre stati accuditi da me. Di certo, quando sapranno che sono mortovorranno morire anche loro. Solo un folle con questa stolta azione poteva causare questo triplice omicidio."Udendo questo lamento, corsi sul posto. Avevo colpito un giovane asceta. Questi stava riempiendo la sua broccad'acqua, e io avevo scambiato il suono fatto dall'acqua che entrava nella brocca per quello fatto dagli elefanti.M'inginocchiai pentito ai suoi piedi. Egli mi fissò con gli occhi resi ardenti dalle austerità e disse: 'Vai subito damio padre e chiedi il suo perdono; altrimenti la sua collera potrebbe distruggerti. Quel sentiero ti condurrà dovevivono i miei genitori. Ma prima d'andare liberami dal dolore, tirando fuori la freccia ficcata nel mio corpo e chemi causa grande dolore. Non temere con questo di causare la morte di un brahmana, perché io sono nato dapadre vaishya e da madre sudra'. Per liberarlo dall'atroce dolore tirai fuori la freccia, e in un attimo morì".Re Dasaratha continuò:"Dopo aver commesso quella terribile azione, ponderai sul modo migliore per espiarla. Presi il sentiero indicatodal giovane morente e ben presto raggiunsi l'eremitaggio dove viveva l'anziana coppia cieca. Quando il padre udìi miei passi, disse: 'Amato figliolo, perché hai impiegato tanto tempo per andare a prendere l'acqua? Tu seisoccorso per gli impotenti e vista per i ciechi, tutte le nostre forze vitali sono concentrate in te. Ma perché non miparli? figlio mio, se io o tua madre ti abbiamo offeso, non prendertela; non sei forse un asceta?'. L'ansia, la paurae il rimorso riempivano il mio cuore. Sforzandomi d'esprimere ciò che sentivo in quel momento, dissi:"Sant'uomo, io non sono vostro figlio. Sono un principe chiamato Dasaratha. Per colpa di una mia malvagia eignorante azione, tuo figlio è stato gravemente ferito da me. Io sono responsabile della morte di tuo figlio.Adesso ti prego, dimmi che cosa devo fare"."Inebetito dal dolore, il vecchio asceta rispose: "Se tu non fossi venuto di persona a confessarmi la tua azionemalvagia, la tua testa sarebbe scoppiata in un milione di pezzi. Inoltre, come hai detto, hai commesso il peccatonell'ignoranza, senza saperlo. Altrimenti tutta la tua famiglia sarebbe stata distrutta. Ora, guidaci dove il nostroamato figliolo giace esanime"."Condussi l'anziana coppia cieca nel posto in cui giaceva il corpo del giovane asceta. Il vecchio toccò il corpo delfiglio, e nella terribile e straziante agonia si lamentava: "Chi si occuperà di noi come facevi tu, amato figlio?". Edenumerò tutte le cose che il giovane faceva per loro. Poi continuò: "Aspetta, figliolo, perché presto anche noi tiseguiremo nel regno dei morti, e là pregheremo il dio della morte di concederci che tu possa continuare a starecon noi e a servirci. Possa tu fonderti nell'Essere Supremo, che è la mèta dei santi". Quindi il vecchio celebrò i ritifunebri del figlio, il cui spirito salì in cielo. Infine il padre si rivolse a me: "Prima che io vada, devo pronunciarequesta maledizione su di te: Poiché hai causato questo dolore nato dalla separazione da mio figlio, anche tumorirai per il dolore causato dalla separazione da tuo figlio". Subito dopo lui e l'anziana moglie si consegnaronoal rogo funebre, per godere in cielo della compagnia del figlio".E Dasaratha concluse: "Ora sto subendo le conseguenze di quel peccato, o Kausalya".Ben presto il re perse ogni sensazione, e disse: "Il dolore causato dalla separazione da mio figlio staprosciugando tutte le mie forze vitali. O Rama, sei davvero andato via? O Kausalya, o Sumitra, non vedo più

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nessuno". E gemendo il re perse coscienza.La mattina seguente, gli attendenti del re si riunirono nel palazzo per andarlo a svegliare con la consueta musica,coi panegirici e i versi di benedizione delle sacre Scritture. Era poco prima del levar del sole. Udendoli gli uccelli sisvegliarono, ma non il re, e neanche le due regine Kausalya e Sumitra, che dormivano sullo stesso letto.Allora le altre consorti del re entrarono nella camera reale e scossero dolcemente il letto, nel tentativo disvegliare il re e le regine; ma anche questo non sortì lo scopo. Esaminandolo più da vicino, esse si accorsero cheil re non respirava. Prese dal terrore, cominciarono a lamentarsi a voce alta; e udendo quei lamenti, Kausalya eSumitra si svegliarono. Per lo stesso fatto che le regine avevano dormito nello stesso letto con il re, esse giunseroalla conclusione che il re fosse morto nel sonno. Il lamento delle regine fu straziante. Kausalya e Sumitragridarono forte: "O Signore", e caddero a terra.Le splendide regine avevano perso tutto il loro lustro, ora che avevano perso il marito. In tutto il palazzo cifurono pianti e lamenti incontrollabili.Presa da un'angoscia e da un dolore inconsolabile e incontrollabile, Kausalya diede sfogo a tutta la sua amarezza,rivolgendo lo sguardo a Kaikeyi, che pure era addolorata: "Sei soddisfatta ora, Kaikeyi! Tu sei la causa dellamorte del re. Ora non hai più nemici: goditi la sovranità del regno. Come può una donna casta sopravvivere allamorte del marito? Eppure nella tua bramosia tu hai causato la sua morte, come pure la distruzione di tutta lanostra dinastia. Tu hai portato dolore e tristezza a re Janaka, a Sita e a tutta la famiglia. Affranto dal dolore per ilmale che è stato fatto alle sue figlie, re Janaka sicuramente morirà. E né Sumitra né io stessa potremosopravvivere alla morte di nostro marito".Quando gli ufficiali della casa reale scoprirono il decesso del re, prepararono tutto ciò che si doveva fare.Imbalsamarono il corpo del re in una vasca d'olio e fecero le dovute preparazioni per il rito funebre. Ma ilfunerale stesso non si poteva fare senza la presenza del figlio del re; perciò si fece ricorso all'imbalsamazione.Guardando il corpo imbalsamato di re Dasaratha, le sue consorti - ora vedove - si lamentavano continuamenteper la crudeltà del loro fato: sia per il dolore della morte del marito, sia per la paura di mali peggiori che Kaikeyipoteva serbare ancora per loro.Tutte le regine e il popolo di Ayodhya erano unanimi nella condanna di Kaikeyi, la cui azione crudele era statal'unica causa della morte del re.La mattina seguente, i ministri di stato, come pure i consiglieri e i saggi, si riunirono sotto la presidenza delsaggio Vasishtha per decidere sull'immediato da farsi. I ministri dissero all'assemblea: "Incapace di sopportare laseparazione dai suoi figli Rama e Lakshmana, re Dasaratha è asceso in cielo. Dei suoi figli, Rama e Lakshmanasono nella foresta; e Bharata e Satrughna sono presso il loro zio nel regno dei Kekaya. Bisogna nominare subitoun re, poiché senza un re il regno andrebbe in rovina. I mali dell'anarchia sono ben noti a tutti: i cittadini nonpotrebbero fare tranquillamente le loro cose sacre e mondane, e non sarebbero possibili né la giustizia né lenormali occupazioni né i giusti divertimenti. I ladri e i furfanti prospererebbero; e prima o poi i malvagiprenderebbero il potere e assumerebbero l'autorità di governanti. Ogni forma di progresso sarebbe arrestata, enon s'intraprenderebbe alcuna attività costruttiva. La legge e l'ordine finirebbero. La giustizia non potrebbeprevalere. La moralità sarebbe ignorata. Non ci sarebbero né riti religiosi né pubblici spettacoli. Ci sarebbe ansiae paura nel cuore di ognuno. E invero anche gli asceti e i saggi sarebbero riluttanti a muoversi liberamente."Quando regna l'anarchia, nessuno può considerare sua qualcosa; come il pesce grande mangia quelli piccoli,così il forte ha il sopravvento sui deboli. Quello che gli occhi sono per il corpo, questo è il re per il paese.Incarnando in sé virtù e nobiltà, il re è veramente il padre e la madre di un regno. O saggio Vasishtha, tipreghiamo, decidi cosa bisogna fare adesso".Vasishtha disse: "Bharata è già stato nominato re. Ora egli si trova in casa di suo zio. Che dei veloci messaggerisiano inviati immediatamente per riportarlo qui". I ministri e i consiglieri acconsentirono di cuore con questaproposta. Vasishtha chiamò dunque alcuni messaggeri scelti perché si recassero subito nel territorio Kekaya, pertrasmettere il seguente messaggio a Bharata: "Tanti saluti a te, o Bharata; i saggi di Ayodhya ti chiedono ditornare subito in città, poiché t'aspetta un compito importante". Vasishtha però li avvertì: "Non dite a Bharata nédell'esilio di Rama né della morte del re, e neanche della cattiva sorte subita dalla grande dinastia".I messaggeri partirono quasi subito da Ayodhya. Attraversando il fiume Gange ad Hastinapura, continuaronoverso ovest. Passarono i territori Kurujangala e Pancala, attraversarono il fiume Ikshumati e oltrepassarono ilmonte Sudana, fino al regno Bahlika; poi attraversarono il fiume Vipasa e altri fiumi ancora, e quindi raggiunserola città di Girivraja, la capitale del regno Kekaya.Da un'altra parte, nelle ultime ore di quella stessa notte Bharata ebbe un incubo. Di conseguenza il giorno doponon si sentiva di divertirsi. Vedendolo depresso, i suoi compagni si sforzarono come meglio poterono di distrarlo,circondandolo di musiche, danze, scenette, giochi e scherzi. Ma Bharata non prestò molta attenzione a questecose, assorto com'era a rimuginare sul suo sogno.Quando i suoi amici l'interrogarono, egli raccontò loro le parti essenziali del sogno:"La scorsa notte ho fatto un sogno terribile. Ho visto mio padre cadere dalla cima di una montagna in uno stagnodi sterco di vacca. L'ho visto bere olio dai suoi palmi uniti. Ho visto anche che gli oceani si erano prosciugati; laluna era caduta sulla terra; e dappertutto regnavano i demoni. Ho visto le zanne dell'elefante reale rotte. Hovisto dei grandi fuochi estinti in un attimo. Delle ragazze scure colpivano il re, che era seduto su un seggio diferro. Il re, con addosso dei fiori cremisi, era portato verso sud in un cocchio tirato da asini. Un'orribiledemonessa rideva del re. Questo è il sogno che ho fatto nell'ultimo quarto della notte. Qualcuno morirà: o il re, oio, o Rama o Lakshmana. Si dice infatti che chi sogna un cocchio tirato da asini vedrà il fumo alzarsi da un rogofunebre. Dopo aver fatto questo brutto sogno, mi sento in ansia. Benché non veda cause immediate da temere,c'è molta paura nel mio cuore. Perciò non riesco a godere di ciò che altrimenti mi avrebbe reso felice".Più o meno in quel momento arrivarono i messaggeri da Ayodhya. Essi cercarono rapidamente Bharata e glicomunicarono il messaggio che era stato affidato loro. Da parte sua Bharata volle sapere dettagliatamente del re,di Rama, Lakshmana, le sue madri, ecc. Ma i messaggeri diedero una risposta ambigua e diplomatica alle suedomande: "Tutti coloro sulla cui salute t'informi stanno bene. La dea della fortuna è in tuo favore. Non ritardarela tua partenza".Quindi Bharata chiese il permesso del nonno materno, che non solo glielo diede, ma lo caricò di doni (in cambio

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dei doni preziosi che i messaggeri da Ayodhya avevano portato per il vecchio e suo figlio, cioè lo zio di Bharata).Tuttavia Bharata non fu reso per nulla più felice dall'amore, l'affetto e i doni preziosi che gli erano stati dati. Nelsuo cuore c'era una paura irrazionale, causata dal sogno della notte precedente e dalla misteriosa fretta mostratadai messaggeri.Quando tutto fu pronto, Bharata entrò negli appartamenti interni e si congedò dal nonno e dallo zio. Quindi,accompagnato da Satrughna, il nobile Bharata salì sul cocchio che a gran galoppo si diresse verso Ayodhya,scortato da un contingente dell'esercito Kekaya.Da Girivraja (o Rajagriha) Bharata si diresse verso Ayodhya, attraversando i fiumi Sudama, Hradini, Satadru eAiladhana; attraversò il territorio Aparaparvata e i monti Salyakarshana e Mahasaila. Poi attraversò i fiumiSarasvati e Gange, il territorio Viramatsya, e quindi lo Yamuna e poi di nuovo il Gange a Pragvata. Infine lasettima sera giunse ad Ayodhya.Entrando ad Ayodhya, Bharata fu sconvolto nel vedere il grande cambiamento. La città era in lutto. Nullasembrava normale: non c'era gioia né allegria né alcun segno fausto. Ed egli chiese all'auriga: "Perché è così? Hosentito dire come appare una città quando muore il re, e tali sono le scene che vedo ad Ayodhya!".Subito si diresse nell'appartamento del padre. Ma non trovandolo là, con la mente turbata si precipitò in quello disua madre. Ella l'aspettava con ansia, gli corse incontro e con grande gioia l'abbracciò e gli diede il benvenuto.Poi gli chiese del viaggio, ed egli le raccontò tutto nei dettagli. Gli chiese anche notizie di suo padre e suofratello, ed egli le rispose che stavano bene. Infine Bharata le chiese: "Dov'è mio padre? Stava quasi sempre neltuo appartamento, disteso su quel divano dorato. Desidero inchinarmi a lui e toccare i suoi piedi. Dov'è?".Ora Kaikeyi, che era stata mentalmente squilibrata dall'avidità, disse con calma al figlio (che non sapeva nulla)ciò che sapeva lei, come se fosse stato qualcosa di molto bello: "Tuo padre è andato laddove infine vanno tutti:all'altro mondo". Bharata fu come trafitto da un fulmine e cadde a terra piangendo. Ella cercò di consolarlodicendo: "Alzati, tirati su, o re! Perché stai a terra in quel modo? Le persone come te riverite dall'alta società nonpiangono così!"."Sono venuto in fretta, pensando che l'invito significasse o l'incoronazione di Rama o la celebrazione di un ritosacro. Ma ahimè! Non trovo mio padre! Dimmi madre: quali sono state le ultime parole di mio padre?", chieseBharata. Kaikeyi rispose: "Egli ha lasciato il corpo sospirando forte i nomi di Rama, Lakshmana e Sita, e ha detto:"Solo coloro che potranno vederli al loro ritorno dalla foresta saranno beati'". Ancora più scosso, Bharata chiese:"Dov'è Rama?". E Kaikeyi rispose: "Rama, con Sita e Lakshmana, è andato nella foresta". Profondamente agitato,Bharata chiese ancora: "Per quale crimine Rama è stato esiliato?". In risposta a questa domanda vitale Kaikeyinarrò l'intera storia, e concluse: "Figlio mio, tu conosci il Dharma, ora devi prendere le redini del regno nelle tuemani. E stato per amor tuo che ho fatto tutto questo. Non essere triste, non preoccuparti, questo regno oradipende da te. Esegui senza indugio il rito funebre di tuo padre e sali al trono".La terribile rivelazione della verità da parte di Kaikeyi provocò in Bharata un attacco incontrollabile di collera, natada un'angoscia inesprimibile. Egli disse: "Che cosa ho a che fare io con il regno, addolorato come sono, privato dimio padre e di mio fratello, che per me è come un padre? Tu mi hai dato un dolore dopo l'altro, causando lamorte di mio padre e facendo esiliare mio fratello nella foresta. Tu hai sterminato la nostra dinastia; e dici che haifatto tutto questo per amor mio."Certamente, accecata dalla brama di potere non ti sei accorta di quanto amore e riverenza nutro per Rama.Come posso prendere le redini di un governo che lui e solo lui può tenere? Ricordati, anche se per mezzo diqualche potere psichico o intellettuale acquisissi l'abilità di governare il paese, non salirei mai al trono; perchénon esaudirò mai il tuo malvagio desiderio. Nella nostra dinastia è sempre stato il primogenito a salire al trono.Ora tu hai distrutto questa nobile tradizione; ma io non permetterò che ciò accada. Andrò nella foresta, econvincerò Rama a tornare ad Ayodhya, e poi o vivrò nella foresta al suo posto o verrò qui a servirlo."Per questo peccato imperdonabile, tu meriti l'inferno. D'ora in poi non hai più il diritto di parlarmi; tu chesembreresti mia madre, sei in realtà mia nemica. La tua condotta è riprovevole; sei piena d'ambizione politica ehai assassinato tuo marito. Tu non sei degna di considerarti figlia del nobile re Ashvapati, mio nonno. Ti seiguadagnata una cattiva reputazione per sempre. Quali terribili sofferenze hai causato a madre Kausalya! Non saiche un figlio nasce da ogni parte di sé e dal proprio cuore, ed è perciò l'essere più amato della madre? Eppure,crudeltà incarnata come sei, hai privato madre Kausalya di suo figlio."Ho udito questa leggenda: Una volta Indra vide la vacca divina Surabhi che piangeva. Interrogata dal dio,Surabhi indicò due vitelli che si erano accasciati esausti per la fatica, e disse: "Indra, soffro nel vedere i miei duefigli che giacciono esausti, perché un agricoltore insensato e malvagio che li aveva aggiogati al suo aratro li hatrattati con crudeltà e spietata avidità. Vedendo i miei figli così maltrattati, esausti e sofferenti, sono moltoaddolorata: non c'è nessuno tanto caro quanto un figlio"."Quale dolore incommensurabile hai causato nel cuore di madre Kausalya! Non posso sopportare neanche ilpensiero del grande peccato che hai commesso. Puoi gettarti nel fuoco o andare nella foresta o impiccarti: puoifare quello che ti pare. Io ho deciso d'andare nella foresta e riportare Rama ad Ayodhya". Terribilmente scossodal dolore, Bharata cadde privo di sensi.Nel frattempo i ministri s'erano raccolti intorno a Bharata, che dopo aver ripreso i sensi disse: "Non ho maidesiderato il trono; né ho consigliato mia madre al riguardo".Udendo la voce di Bharata, Kausalya andò ad incontrarlo; mentre, nello stesso tempo, anche Bharata la cercava.Vedendo che era svenuta per il dolore, Bharata e Satrughna le massaggiarono i piedi. Quando riprese coscienza,ella disse: "Il regno è tuo, Bharata, vinto per te da tua madre. Per me c'è solo un grande dolore. Sarebbe meglioche andassi nella foresta, dov'è Rama". Con le mani giunte, Bharata le rispose umilmente, con il viso grondantedi lacrime: "Madre, non conosci me e il mio amore per Rama? Allora perché dici queste dure parole? No, l'esilio diRama non è cosa mia; davvero, non lo sapevo neanche! Lo giuro: se sono responsabile di questo delitto, possaio subire le conseguenze di tutti i peccati menzionati nelle Scritture."Possa il responsabile dell'esilio di Rama attirare a sé i peccati di maltrattare una vacca, di un padrone chederuba il servo, di tradimento, di tirannia, di crimini di guerra, di mostrare disprezzo agli anziani, d'ingannare unamico, di ricattarlo, di mangiare del cibo senza condividerlo con la famiglia e i servi, di dormire all'alba e altramonto, d'incendio doloso, di adulterio, di trascurare il servizio dei genitori, d'inquinare le acque, d'avvelenare

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qualcuno, e di mostrare parzialità testimoniando in una disputa. Che egli diventi indolente, inattivo, ingrato,respinto e odiato da tutti. Che diventi la dimora di tutti i vizi condannati nelle nostre Scritture: che ogni sorta didisgrazia e sfortuna s'abbatta su di lui".Kausalya fu profondamente commossa dalle parole di Bharata, e con affetto gli disse: "Basta così, figliolo: tuaggiungi la tua angoscia a chi è già angosciata dalla perdita del figlio. Per fortuna il tuo cuore non ha deviato dalsentiero del Dharma; figlio mio, tu sei devoto alla verità e ascenderai ai reami divini". E così dicendo Kausalyaprese in grembo Bharata e lo consolò.La mattina seguente, il saggio Vasishtha disse: "Basta con il dolore, Bharata: che si proceda con il rito funebre".Il corpo del re fu tirato fuori dalla vasca con l'olio. E vicino al cadavere Bharata si lamentò ed espresse ancorauna volta il suo dolore. Vasishtha gli disse: "Il funerale del re dev'essere fatto con mente serena, senza alcunaagitazione". Allora i sacerdoti portarono il fuoco sacro che lo stesso re aveva diligentemente mantenuto a casasua e con il quale sarebbe stata accesa la propria pira funeraria. Quando il rogo fu acceso, ci furono gridastrazianti da parte delle donne del palazzo.L'undicesimo giorno Bharata fece il necessario rito di purificazione; e il dodicesimo compì la cerimonia specificaper la pace dell'anima dipartita, durante la quale distribuì abbondanti doni ai brahmana e ai poveri. La mattinadel tredicesimo giorno, Bharata pianse ancora una volta il re, quando andò a raccogliere le ceneri nel luogo dellacremazione. Piangendo incontrollabilmente, Bharata cadde privo di sensi.Anche Satrughna svenne; e quando riprese coscienza si lamentò a voce alta: "L'oceano di dolore generato dallamalvagia Manthara - che ha preso la forma dei due doni concessi da mio padre - infestato dai coccodrillidell'avidità di Kaikeyi, ci ha inghiottiti. Il nostro caro padre ci accudiva con tanto amore e affetto, e soddisfacevatutti i nostri bisogni. Ora chi si prenderà cura di noi?". Udendo i due fratelli che si lamentavano, tutta la gente delpalazzo espresse il proprio dolore.Vedendo ciò, il saggio Vasishtha disse a Bharata: "Questo è il tredicesimo giorno; le cerimonie connesse alfunerale devono essere fatte oggi. Queste tre coppie di opposti: nascita e morte, gioia e dolore, guadagno eperdita, sono inevitabili nella vita di tutti gli esseri; perciò non dovete comportarvi così". Udendo l'ammonimentodel saggio, i due principi si alzarono e continuarono i riti del tredicesimo giorno di lutto.Più tardi Satrughna disse a Bharata: "Rama è veramente il rifugio di tutti gli esseri che soffrono, ma quel Ramadotato di tutte le nobili qualità è stato esiliato nella foresta da una donna! Ciò che è ancora più strano è che ilpotente Lakshmana abbia tollerato tutto l'accaduto senza impedire a nostro padre di commettere questa terribileingiustizia".Mentre Satrughna diceva queste parole, entrò la gobba Manthara. "Questa peccatrice è responsabile di tutta latragedia", disse Bharata. E consegnandola a Satrughna continuò: "Dalle la punizione che merita". QuandoSatrughna afferrò Manthara, tutte le sue amiche fuggirono e andarono a chiedere aiuto nell'appartamento diKausalya! Incapace d'affrontare l'ira e il rimprovero di Satrughna, Kaikeyi chiese aiuto a suo figlio!Allora Bharata disse a Satrughna: "Non uccidiamo queste donne, fratello. Io stesso avrei ucciso questa malvagiaKaikeyi, ma non l'ho fatto per paura d'offendere il giusto e nobile Rama, che potrebbe non approvarequest'azione. Anche se uccidessimo questa gobba, egli sarebbe dispiaciuto con noi. Perciò lasciala andare"Libera dalla presa di Satrughna, Manthara si dileguò in compagnia di Kaikeyi, che cercava di consolarla.Il quattordicesimo giorno dopo la morte di re Dasaratha i consiglieri personali del re si riunirono e dissero aBharata: "Dasaratha è morto, dopo aver mandato Rama e Lakshmana nella foresta. Ti preghiamo, sii nostro re.Non c'è alcun male in questo, poiché sei stato nominato al trono. Il nostro regno è senza un sovrano, e ciò non èdesiderabile".Le cose necessarie per l'incoronazione erano già state preparate; e Bharata vide le persone che avevano portatotutto il necessario. Con il capo chino e le mani giunte, egli fece un giro intorno a quegli articoli in segno divenerazione, e poi parlò ai consiglieri: "Voi che siete uomini di cultura e di saggezza non dovreste darmi talesuggerimento. Di certo Rama, che è il nostro fratello maggiore, sarà il re. Io andrò al suo posto nella foresta e vidimorerò per quattordici anni. Vi prego di preparare un contingente del nostro esercito con tutto il necessario.Andrò nella foresta, cercherò Rama ovunque sia, e là stesso celebrerò la cerimonia d'insediamento e lo faròtornare ad Ayodhya. In nessun caso permetterò che si realizzi il desiderio malvagio di colei che si ritiene miamadre. Io vivrò nella foresta, e Rama sarà re. Perciò mandate i nostri architetti, ingegneri e operai ad aprire unastrada adeguata che permetta a tutti noi di andare nella foresta".I consiglieri e tutti gli altri che udirono questa lodevole decisione di Bharata l'approvarono di cuore e lobenedirono. Questo, a sua volta, fece piacere a Bharata. Architetti, ingegneri, artigiani, operai, e altri, furonoinviati immediatamente a preparare la strada affinché l'esercito e tutti gli altri che godevano di prerogative regiepotessero andare nella foresta.Il gruppo era composto di geologi, genieri, macchinisti, architetti, ingegneri meccanici, ingegneri civili, falegnami,rabdomanti, costruttori di ponti e gallerie, oltre a cuochi, ciabattini e domestici. Tutti questi, insieme alcontingente delle forze armate, apparivano come un oceano d'umanità in movimento. Con la rapidità del fulmine,essi costruirono strade, livellarono dossi, riempirono fossati e burroni, piantarono alberi dov'era necessario e litagliarono quando ostruivano il passaggio, scavarono pozzi e costruirono dighe, creando così anche dei laghi. Inpochissimo tempo essi costruirono un'ottima superstrada. Man mano che avanzavano piantavano le loro tende,che erano numerose quanto le stelle del firmamento. Questi accampamenti avevano i loro templi per le preghieree le celebrazioni dei riti sacri anche durante la marcia.Costruita da esperti, la superstrada appariva molto bella e fu presto pronta per l'uso.La mattina seguente, gli ufficiali di corte che non erano al corrente della decisione di Bharata si stavanopreparando per le cerimonie relative alla sua incoronazione. I musicisti e i panegiristi di corte s'avvicinarono alpalazzo di Bharata e cominciarono a cantare le sue lodi e la gloria della sua dinastia. Essi fecero il loro doveremattutino; e come l'avevano fatto prima per re Dasaratha, ora lo facevano per Bharata.Svegliato dal loro frastuono, Bharata si sentì doppiamente triste. Ordinò loro di fermarsi, e rivolto a Satrughnaespresse così la sua tristezza: "Ahimè, che terribile errore ha commesso mia madre! Dasaratha è andato all'altromondo; e Rama, che è il Dharma incarnato, è andato nella foresta. Mi sento affogare in un oceano di dolore. Eanche lo stato è senza un sovrano".

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Il potente saggio Vasishtha s'era seduto sul suo seggio dorato nella corte reale, circondato dai suoi degnidiscepoli. E ordinò ai messaggeri di corte: "Vi prego, sollecitate i capi della nostra comunità, e anche Bharata eSatrughna, insieme ai loro amici, a venire presto a corte. Ci sono cose urgenti". I santi brahmana, i sacerdoti, icomandanti dell'esercito, i consiglieri ed altri ancora arrivarono prontamente. Quando entrò Bharata loapplaudirono, com'erano soliti fare con Dasaratha.Il saggio Vasishtha si fece portavoce dei sentimenti dell'assemblea e così si rivolse a Bharata: "Figliolo, reDasaratha ha lasciato a te questo regno, insieme a tutti i suoi tesori e ai suoi sudditi leali. Rama, che avevaricevuto dal re l'ordine di andare nella foresta, ha ubbidito prontamente al comando di suo padre. Allo stessomodo, è giusto che tu ascenda al trono. Sali al trono che ti è stato donato sia da tuo padre che da tuo fratello, eincoronati re".Queste parole furono molto penose per Bharata, che con la voce tremante, che esprimeva profondo dolore,disse: "Come può un figlio di re Dasaratha usurpare il trono che appartiene giustamente a un altro? Rama è ilprimogenito ed è in ogni cosa superiore a me. Usurpando il trono guadagnerò solo infamia e castigo eterno perme stesso e disgrazia per la dinastia. Questa malvagità è stata commessa da mia madre, ma a me non piace.Stando qui io saluto Rama. Io seguirò lui e solo lui, perché solo lui è degno d'essere re. Reverendi saggi, ho giàdato ordini perché un contingente dell'esercito e tutti i nostri capi vengano con me nella foresta dove si trovaRama. Convincerò o forzerò Rama a ritornare. Se, però, egli rifiutasse, io resterò con lui nella foresta comeLakshmana. Una magnifica strada è già in preparazione per il gioioso ritorno di Rama ad Ayodhya".Ben presto un maestoso fiume d'umanità devota cominciò a fluire da Ayodhya verso la foresta. I capi dellacomunità, i membri della corte reale, i consiglieri personali, i rappresentanti di ogni tipo di artigiani, i membridelle varie corporazioni - falegnami, muratori, calzolai, ingegneri, architetti, artisti, vasai, tessitori, orefici egioiellieri, medici, sarti e lavandai, musicisti e ballerini - facevano parte di quest'imponente spedizione, condottada novemila elefanti riccamente bardati, sessantamila carri e uomini muniti di varie armi e una cavalleria forte dicentomila unità.Tutti si chiedevano: "Quando vedremo Rama, colui che scaccia il dolore del mondo intero, che ha il colore dellenuvole cariche di pioggia, che ha braccia possenti, che è fermamente stabilito nella divinità, ed è saldo nelle suerisoluzioni? Nel momento in cui lo vedremo le nostre angosce svaniranno, come svaniscono le tenebre del mondoquando sorge il sole". Dei brahmana d'eccelsa sapienza, splendenti del lustro della meditazione profonda e dellerealizzazioni spirituali, seguivano Bharata nei loro carri trainati da buoi.Presto raggiunsero la riva del sacro Gange. Bharata ordinò di piantare le tende e d'accamparsi sulla riva per lanotte. Quel mare di persone attirò l'attenzione di Guha. Mentre rifletteva per capire chi fossero, egli vide Bharatache in piedi in mezzo alle acque del Gange offriva libagioni per la pace del defunto re. Guha si chiese per qualemotivo Bharata stava conducendo un esercito così potente nella foresta: "Forse Bharata vuole uccidere Rama, edassicurarsi l'occupazione continua del trono? Rama è il mio Signore e anche mio amico". Infine disse ai suoicompagni: "Dobbiamo fare diligentemente ciò che è nell'interesse di Rama. Se Bharata sta andando nella forestaper fare del male a Rama, non gli lasceremo attraversare il Gange; se invece Bharata è disposto favorevolmenteverso Rama, allora saremo felici d'aiutarlo ad attraversare il fiume".Prendendo del miele e dei frutti selvatici, Guha s'avviò verso la tenda di Bharata. Vedendolo arrivare, Sumantra -che già conosceva Guha - lo annunciò subito a Bharata: "Guha è davvero un tuo caro amico e fratello, perchétale è considerato da Rama. E bene che tu lo riceva e sia amichevole con lui; perché sicuramente egli sa dov'èRama". Con grande gioia, Bharata fece subito entrare Guha nella sua tenda. Con naturale e spontanea umiltàGuha offrì i frutti e il miele a Bharata, e disse cordialmente: "Benché indipendente, noi consideriamo il nostroprincipato come un sobborgo di Ayodhya. Che tu sia benvenuto, Bharata. Noi ti auguriamo un soggiornopiacevole in questa regione".Il nobile Bharata accettò l'ospitalità di Guha con sincera gratitudine. Quindi gli chiese: "Ti prego, dimmi qualesentiero il mio amato fratello ha seguito per raggiungere l'eremo di Bharadvaja?". Guha rispose subito: "Staicerto, Bharata, che i miei uomini ti guideranno attraverso la foresta. Ma prima vorrei porti una domanda; e vorreiuna risposta sincera. Stai forse cercando Rama con cattive intenzioni? L'esercito che ti circonda fa sorgere questodubbio nella mia mente".Bharata si sentì scosso da questa domanda e rispose gentilmente: "Fratello, ti prego, sii clemente con me e mettida parte quel pensiero. Rama è il mio stimatissimo fratello maggiore che io considero come un padre. Ti dico laverità: sto andando da Rama per implorarlo di tornare ad Ayodhya".Guha fu molto colpito da questa rivelazione, e con gioia e amore disse a Bharata: "Beato davvero sei tu, oBharata: io non vedo alcuno uguale a te sulla terra, poiché tu desideri rinunciare al regno che ti si è presentatosenza cercarlo. La tua gloria sarà cantata eternamente in tutti i mondi, in quanto desideri far tornare Rama equindi rovesciare la sua cattiva sorte".Mentre parlavano, il sole calò dietro l'orizzonte d'occidente e le tenebre avvilupparono la terra. Ma col cuoreincendiato dal dolore, Bharata non riusciva a dormire. Oppresso dal fardello del suo dolore, si girava e si rigirava,senza trovare pace. Vedendo questo, però, Guha si convinse pienamente delle nobili intenzioni di Bharata.Per alleviare in qualche modo la sua angoscia, Guha gli narrò gli eventi della notte in cui aveva dormito sullostesso terreno insieme a Rama, Lakshmana e Sita, e disse: "Cercai di persuadere Lakshmana a dormire,assicurandolo che conoscevo molto bene la foresta e che li avrei protetti da qualsiasi pericolo. Ma egli non volle.'Come possiamo dormire, Guha - mi disse il nobile Lakshmana - quando vediamo questa coppia reale, Rama eSita, che dorme sulla nuda terra con dell'erba come giaciglio?'. Poi egli cominciò a rimuginare sul fato di Ayodhyae della famiglia reale, e mi disse: 'Incapace di sopportare la separazione da Rama, sicuramente il re morirà. Iocredo che né madre Kausalya né mia madre sopravviveranno a questa notte: anche se mia madre vivesse inattesa di Satrughna, madre Kausalya morirà. Dopo aver completato i quattordici anni d'esilio, Rama ed iotorneremo ad Ayodhya insieme a Sita'. E così passammo la notte parlando del glorioso Rama. Il giorno dopo idue eroi partirono con Sita, con il portamento d'elefanti reali, con i capelli intrecciati sulla testa, vestiti di cortecced'alberi e pelli d'animali, e con le armi in spalla".La vivida descrizione della maniera in cui Rama, Lakshmana e Sita erano partiti per la foresta, portò Bharata acontemplare i piedi di Rama. Con calma si concentrò per un pò, ed essi divennero vivi nella sua coscienza.

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Visualizzò la famiglia reale nel ruvido abbigliamento ascetico, e subito svenne! Allora Satrughna gemette a vocealta; e udendolo, le regine si precipitarono nella tenda di Bharata. Madre Kausalya lo sollevò amorevolmente, conmolta tenerezza. Al suo dolce tocco, egli riprese i sensi. E Kausalya gli chiese: "Stai bene figliolo? Da te oradipende la vita di tutti noi e dei cittadini di Ayodhya".Dopo aver rassicurato Kausalya, Bharata chiese a Guha: "Mostrami dove mio fratello ha dormito con Sita. Su checosa s'è adagiato, e cosa ha mangiato la notte che ha trascorso qui?". Guha rispose: "Posi davanti al nobile Ramafrutti e diversi altri piatti deliziosi, che egli gentilmente rifiutò dicendo: 'Amico, noi non accettiamo doni; sappiamosolo come donare'. Lui e Lakshmana presero solo dell'acqua del sacro Gange. Poi Lakshmana preparò un giacigliod'erba, sotto quell'albero d'ingudi, e là dormirono Rama e Sita, senza mostrare il benché minimo disagio".In un'estasi mista a intenso dolore, Bharata disse: "Qui, sotto quest'albero d'ingudi, il nobile Rama ha trascorsola notte con la principessa Sita. Questi sono i fili d'erba benedetta che hanno toccato il corpo di Rama. Abituati adormire su morbidi letti, a camminare su pavimenti lastricati d'oro e pietre preziose, come hanno potuto il nobileprincipe e la sua principessa dormire sull'erba? Lui che era abituato ad essere svegliato da bardi e musicisti -come ha potuto passare la notte in questa densa foresta, ascoltando gli ululati e i ruggiti degli animali selvatici? Eincredibile, non mi sembra vero; tutto mi fa pensare che è solo un sogno. Di certo anche gli dèi sono soggettialla sorte avversa che ha fatto dormire Rama, figlio di re Dasaratha, sulla nuda terra, e ha permesso che Sita -figlia di re Janaka e nuora di re Dasaratha - dormisse sulla nuda terra! Qui ha dormito chiaramente la beata Sita;alcuni fili d'oro del suo vestito sono rimasti imbrigliati nell'erba. Ah, la moglie devota ha trovato moltoconfortevole questo giaciglio d'erba condiviso col marito. Beato Lakshmana, che è andato con Rama per servirlo.Ayodhya è desolata ora che il re e Rama l'hanno lasciata. Adesso neppure i nemici desiderano invaderla,nonostante sia stata lasciata indifesa! D'ora innanzi anch'io porterò i capelli intrecciati sulla testa e mi vestirò dicortecce d'alberi. Rama tornerà ad Ayodhya e io prenderò il suo posto nella foresta. E se egli non tornasse,anch'io rimarrò con lui come asceta e come suo servo".Bharata, Satrughna, le regine, i sacerdoti e tutto il seguito passarono la notte nello stesso luogo dove Rama,Lakshmana e Sita avevano trascorso la notte prima di partire per Citrakuta. La mattina dopo molto prestoBharata vide Satrughna ancora a letto e gli disse: "Svegliati! E già ora d'attraversare il Gange. Vai subito achiamare Guha, perché ci faccia attraversare il fiume". Satrughna rispose: "Non dormivo, fratello, anch'iocontemplavo il glorioso Rama". In quel momento arrivò Guha, che s'informò se i principi avevano trascorso unanottata riposante. Dopo aver dato la risposta appropriata, Bharata concluse: "Amico, siamo impazientid'attraversare il Gange al più presto".In pochi minuti Guha raccolse una flottiglia di parecchie centinaia di barche grandi e piccole, per fare attraversareil sacro Gange a tutto il seguito reale. Lui stesso condusse un magnifico battello coperto di tappeti per i principi ele regine. Tutti entrarono nelle barche, che ora cominciarono ad attraversare il fiume. Gli elefanti passarono anuoto con i loro guidatori. Molti furono i cittadini zelanti che attraversarono il fiume a nuoto, alcuni usando giarevuote che li aiutavano a tenersi a galla e altri dipendendo solo dalla forza delle proprie braccia. Raggiunta l'altrariva del Gange, la comitiva arrivò presto nella foresta vicino Prayaga (Allahabad).Bharata lasciò il seguito accampato nella foresta e continuò fino all'eremitaggio di Bharadvaja, accompagnatosoltanto dai saggi e dai sacerdoti. Bharadvaja li accolse come si conviene. Vasishtha e Bharadvaja si salutaronocon grande riverenza, informandosi reciprocamente del loro benessere.Bharadvaja conosceva intuitivamente l'identità di Bharata, e l'apostrofò: "Tu dovresti essere ad Ayodhya, agovernare; cosa fai qui? A causa di un complotto macchinato da una donna, il nobile Rama è andato nella forestacon suo fratello e sua moglie. Spero che tu non voglia perseguitarlo per fargli del male". Bharata fu molto scossodalle parole del saggio. E in tono supplichevole e con la voce strozzata dal pianto rispose: "Signore, che un talepensiero non trovi posto nella tua mente santa. Tutto quello che è successo ad Ayodhya durante la mia assenza ètotalmente contrario ai desideri del mio cuore. Invero sto andando ad incontrare Rama per supplicarlo di tornaread Avodhya. Sono venuto qui per sapere dove si trova il nobile principe". Estremamente compiaciuto, Bharadvajarassicurò Bharata: "Conoscevo bene le tue intenzioni, ma ho espresso il dubbio per rafforzare la tuadeterminazione e manifestare la tua gloria. So anche dov'è Rama: sulla collina di Citrakuta. Ma stanotte passalaqui e parti domattina".Bharata fu d'accordo con il saggio Bharadvaja, ma all'offerta dell'ospitalità dell'eremitaggio il principe risposecortesemente: "La gioia con cui ci avete ricevuto è di per sé un'ospitalità più che sufficiente".Realizzando pienamente la riluttanza del principe ad approfittare dell'ospitalità dell'eremita, il saggio rise di cuoree disse: "Sei davvero nobile, Bharata, poiché non desideri approfittare indebitamente della nostra ospitalità. Mami farebbe davvero molto piacere ospitare e servire te e anche il tuo seguito. Perché hai lasciato l'esercito e tuttii cittadini così lontano nella foresta?".Bharata rispose di nuovo umilmente: "O santo, li ho lasciati indietro e sono venuto da solo di proposito! I re e iprincipi devono sempre cercare di non invadere gli eremi degli asceti. C'è un grande esercito e un numero ancorapiù grande di cittadini di tutti gli strati sociali che m'accompagnano in questo pellegrinaggio. Non volevo ches'avvicinassero a questo pacifico eremitaggio, inquinandone le acque e la terra, e danneggiando gli alberi e lecapanne".Felice della premura di Bharata, il saggio chiese comunque al principe di fare entrare l'esercito e tutto il seguitonel terreno dell'eremo per godere della sua ospitalità. Mentre Bharata dava gli ordini necessari, il saggio si ritirònella sua capanna e dopo i dovuti riti preliminari entrò in profonda meditazione e comunione con gli dèi (le forze)che controllano tutti i fenomeni naturali.In quello stato di santa comunione (samyama), il saggio pregò: "Possa Visvakarma (il Signore di ogni azione)concedermi d'intrattenere i miei ospiti oggi. Possano Indra e le tre divinità guardiane della terra manifestarsi quie permettermi di servire adeguatamente gli ospiti. Possano tutti i fiumi che scorrono sulla terra e nelle regionicelesti essere presenti qui nelle loro forme sottili. Possano ruscelli d'acqua pura e di bevande alcooliche e nonalcooliche scorrere in questo eremitaggio per il piacere dei miei ospiti. Possano i musicisti e le ninfe celestimanifestarsi in questo eremitaggio per servire e intrattenere i miei ospiti reali. Desidero anche che appaiano'alberi' carichi di abiti, gioielli e frutti deliziosi. Possano apparire subito in questo eremitaggio ghirlandeprofumate, e bibite, carni e vivande prelibate".

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Il saggio, che si trovava in un profondo stato supercosciente di samadhi, pronunciò gli inni idonei ad invocare lapresenza delle divinità desiderate. Mentre pregava mentalmente, con le mani giunte, tutte le divinità simanifestarono là ad una ad una. In quell'istante spirò sul luogo una dolce e fresca brezza che liberò tutti da ognifatica.Gli esseri celesti si manifestarono presto. Ci furono musiche e danze dappertutto. Bharata e il suo seguitoguardavano tutto con occhi stupefatti. Mentre guardavano, proprio dinanzi a loro chilometri e chilometri diterreno divennero istantaneamente pianeggianti e si coprirono d'un soffice prato. Dappertutto apparvero alberida frutta. Bellissime dimore si materializzarono ovunque, comprese le stalle per gli animali della comitiva reale.Nel mezzo si materializzò un palazzo reale ornato di ghirlande, drappi e bandiere a tutti gli ingressi. Bharataentrò nel palazzo. E visualizzando Rama seduto sul trono, vi girò intorno umilmente e s'inchinò a Rama che vi eraassiso; quindi sedette sul seggio del primo ministro.Dopo un pò apparvero ruscelli di latte e altre bevande. In quella città istantanea si materializzarono centinaia diuomini e donne celesti; e musicisti divini che cominciarono a cantare davanti a Bharata, mentre altri lointrattenevano con le loro danze. Di fatto, mentre tutta quell'umanità guardava, gli alberi dell'eremitaggio sitrasformarono in musicisti, tamburini e ballerini. Altri alberi ancora divennero subito servi reali, uomini e donne.Questi servi dissero ai membri delle forze armate: "Quelli di voi che sono abituati alle bevande alcoliche, siservano pure; quelli che hanno fame, prendano pure latte e vivande; e quelli che lo desiderano, mangino le carnie gli altri cibi prelibati. Mangiate e bevete a volontà secondo il vostro desiderio". Le donne materializzateall'istante aiutarono i soldati a lavarsi e a vestirsi. E li aiutarono anche a lavare e a nutrire gli animali. Disorientatida tutto ciò, gli animali non riconoscevano più i padroni e viceversa!Abbagliati da quanto avevano visto quella sera, i soldati dicevano: "Non vogliamo andare nella foresta Dandaka,né vogliamo tornare ad Ayodhya! Possano Rama e Bharata essere benedetti e felici!". Contenti d'aver visto ipoteri del saggio Bharadvaja, dicevano tra loro: "Questo è proprio il paradiso". Tutti presero nuovi e costosiindumenti dagli alberi. Davanti a loro c'erano vassoi d'oro e d'argento pieni di dolci prelibati e di ogni tipo divivande. C'erano pozzi pieni di vino e bevande. E per ognuno c'era un gran numero di piatti d'oro da cuimangiare. Era stato fornito ogni articolo di lusso, fino a migliaia di stuzzicadenti, specchi, pettini e spazzole per icapelli, scarpe e sandali di legno, sedie e letti.Così trascorse la notte. La mattina presto gli dèi e gli esseri celesti si congedarono dal saggio Bharadvaja, el'eremitaggio riprese l'aspetto consueto. Gli uomini di Bharata rimasero stupefatti dalla meravigliosadimostrazione dei poteri divini del saggio.Con grande umiltà mista a gioia e gratitudine, Bharata andò da Bharadvaja; e il saggio gli chiese: "Avetetrascorso una notte riposante, tu, il tuo esercito e tutto il seguito; vi è stato dato tutto il necessario?".Bharata rispose umilmente: "Sì, signore. Ora sono ansioso di raggiungere mio fratello. Vi prego di benedirmi ed'indicarmi la sua dimora". Il saggio gli diede istruzioni complete e dettagliate.Manifestando la sua gratitudine, Bharata s'inchinò di nuovo davanti al saggio. Anche le nobili regine s'inchinaronoa lui, mentre Bharata gliele presentava: "Questa, signore, è Kausalya, la regina più anziana, la madre di Rama, ilpiù eccelso tra gli uomini. Questa è Sumitra, la seconda regina, madre di Lakshmana e Satrughna. Questa terzaè la malvagia e crudele regina Kaikeyi, mia madre, che ha dato a tutti noi quest'immensa infelicità; è a causa delsuo terribile complotto che il re è morto e Rama è andato nella foresta".Ma il saggio Bharadvaja, che era dotato d'onniscienza, lo interruppe prontamente e disse: "Non accusare Kaikeyi,Bharata: perché l'esilio di Rama sarà certamente fonte d'immensa felicità per tutti. È per il bene degli dèi, deidemoni e dei saggi che Rama è andato nella foresta".Bharata s'inchinò nuovamente davanti al saggio, e subito dopo partì con tutto il seguito verso la collina Citrakuta.Dopo che avevano viaggiato per un certo tempo, Bharata disse al saggio Vasishtha: "O santo, penso che ormaisiamo molto vicini al luogo che ci ha indicato il saggio Bharadvaja. Ecco la collina Citrakuta, ed ecco anche ilfiume Mandakini. E là c'è la foresta dove sicuramente vive Rama".Dal promontorio sul quale si trovava, Bharata indicò a Satrughna: "Guarda quest'esercito e quest'enormecarovana che s'avvicinano alla foresta. Guarda la polvere che sollevano e che vela temporaneamente il cielo. Laforesta che era disabitata e quindi silenziosa, ora risuona del fragore prodotto da queste persone e da questianimali: a me sembra come la stessa Ayodhya".Bharata ordinò all'esercito di fermarsi e mandò alcuni soldati in esplorazione, per cercare di rintracciare dove sitrovava la capanna di Rama. Essi videro del fumo che s'alzava in lontananza e, tornati da Bharata, dissero:"Guardate quel fumo che si solleva laggiù: in questa foresta disabitata, è certamente un segno d'abitazione. Dicerto ci vive Rama o qualche altro asceta".D'accordo con loro, Bharata ordinò all'esercito d'accamparsi là e decise di procedere facendosi accompagnaresolo da Sumantra e da Dhrti.Rama, Lakshmana e Sita si erano stabiliti nell'eremitaggio sulla collina Citrakuta, ed avevano cominciato adamare la semplice e austera vita della foresta.Spesso Rama vagava per la foresta insieme a Sita, mostrandole i tanti scenari meravigliosi che costituivano laricchezza e la gloria di Citrakuta, e diceva: "Un semplice sguardo a questa piacevole e deliziosa montagna mi fadimenticare la perdita del trono e perfino la separazione dai nostri cari amici di Ayodhya. Penso che le ricchezzeminerarie di queste montagne siano incalcolabili. Alcuni picchi luccicano come l'argento, alcuni sono rossi, altrigiallastri; e qui e là si possono vedere anche gemme preziose, come topazi e cristalli, che splendono del coloredel fiore ketaka. Guarda quegli uccelli dalle piume graziose; e anche questi daini bellissimi. E che cosastraordinaria che questi leopardi, tigri e orsi siano completamente inoffensivi. Si potrebbero passare ore, giorni eanni ad ammirare l'infinita varietà di alberi che si trovano sulle colline e nella foresta."E guarda questi uomini e queste donne dall'aspetto celestiale che si divertono felici nella foresta. Non sonomeravigliose queste cascate? Non ti fanno sentire che questa montagna è un essere vivente? Non conoscerò maiil dolore se vivrò molto a lungo in questa foresta, naturalmente con te e Lakshmana. Venendo in questa foresta,sono felice d'aver potuto esaudire la promessa di mio padre e sono anche felice che Bharata è stato installato sultrono. Inoltre ho sentito dire che, secondo i miei antenati, la vita nella foresta aiuta molto a ottenere la libertàdal ciclo di nascite e morti. Per di più questa collina supera la capitale del regno celeste per la sua bellezza e la

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sua ricchezza."Sita, guarda il sacro fiume Mandakini. Guarda quei graziosi cigni Guarda gli alberi sulle due rive del fiume chefanno cadere una pioggia di fiori sulle acque. Ogni mattina in questo fiume si bagnano saggi ed asceti coi capelliintrecciati sulla testa e vestiti di pelli di daino e cortecce. Ce ne sono altri che pregano il sole, stando in piedinell'acqua. Le acque del fiume sacro sono pure e anche purificatrici; sono splendenti chiare, pulite e sante. Vieni,vieni nel fiume insieme a me, e bagnati in queste sacre acque in cui si bagnano anche i saggi e gli asceti chehanno bruciato tutte le loro impurità nel fuoco delle austerità."Sita, riverisci coloro che dimorano nella foresta come faresti con gli uomini spirituali di Ayodhya; consideraquesto fiume come il Sarayu. Come sono felice d'avere te e Lakshmana, che mi siete entrambi devoti e viprestate gioiosamente ai miei comandi".Mentre si trovava seduto fuori dell'eremitaggio con Sita e Lakshmana, e stava mostrando a Sita dei fruttiselvatici, spiegando le loro proprietà e il loro uso, improvvisamente Rama si fermò e disse: "Lakshmana, sento unrumore tumultuoso e laggiù vedo una nuvola di polvere. Ti prego, sali su quell'albero e guarda che cosa stasuccedendo. Forse una comitiva reale è venuta a caccia nella foresta". Lakshmana s'arrampicò sull'albero,guardò, e rimase esterrefatto: "C'è un grande esercito che circonda la collina. Sembra minaccioso. Fa' rifugiareSita in quella grotta; ed è meglio che tu prenda le armi".Rama gli chiese. "Non puoi vedere di quale esercito si tratta?".Lakshmana riuscì a vedere di quale esercito si trattava, e disse con ira: "Ah, è Bharata. Ora che s'è seduto sultrono, non vede l'ora d'ucciderci entrambi e assicurarselo per sempre. Vedo chiaramente la sua insegnapersonale sul cocchio. Vedo anche cavalieri giubilanti ed elefanti in marcia verso questo eremitaggio. Vieni,presto, prepariamoci a combattere. Sono felice che oggi vedrò quel traditore di Bharata, che è la causa di tutte lenostre pene e l'usurpatore del trono di Ayodhya. Oggi egli andrà incontro al suo fato, per mano mia. Non èpeccato uccidere chi ha commesso un atto così deplorevole, come quello che ha fatto Bharata. O Rama, non èsaggio lasciare impunito un criminale. E se è venuta Kaikeyi, ucciderò anche lei. Libererò questa terra da quellaterribile fonte di peccato. Distruggerò l'intero esercito, propiziando così le mie armi!".Dopo avere ascoltato freddamente tutto questo, Rama rispose: "Ho fatto voto d'esaudire la promessa di nostropadre; e il mio proposito fallirebbe se uccidessimo Bharata! Una grande ignominia s'abbatterebbe su di noi. Chene faremo di un trono così disonorato? Qualunque cosa io cerchi in questo mondo (ricchezza, piacere, Dharma,ecc.) è solo per amore del vostro bene; ma non cercherò il regno dei cieli con mezzi ingiusti. Sono pienamenteconvinto che Bharata non intende farci del male. Sicuramente ha saputo del nostro esilio ed è talmenteaddolorato dalla svolta degli eventi che è venuto per riportarci ad Ayodhya, forse anche col consenso di nostropadre. Che cosa ti fa dubitare di lui, Lakshmana? Se è per amore del trono che dici questo, chiederò a Bharata difarti regnare per sempre! E so che egli non rifiuterà".Appena Rama disse questo, Lakshmana fu sopraffatto dalla vergogna. Guardando di nuovo, vide l'elefante realeche s'avvicinava e disse: "Sta venendo anche il re". Ma quando Rama vide che mancava il bianco parasole reale,si preoccupò e chiese a Lakshmana di scendere.Dopo avere ordinato all'esercito e al gruppo reale d'accamparsi ai margini della foresta, Bharata inviò dei soldatiin tutte le direzioni alla ricerca dell'eremitaggio di Rama. Se fosse stato necessario, decise che avrebbe cercatolui stesso per tutta la foresta: "Finché non vedrò i nobili Rama, Lakshmana e Sita, la mia mente non avrà pace.Come potrò avere pace finché non avrò posato il capo ai piedi del mio amato fratello Rama, i cui piedi portanoimpresso il segno della regalità. No, non potrò avere pace finché quel nobile principe non sarà installato sul tronoche gli appartiene per nascita". Dopo un pò salì su un albero per guardare intorno, e dall'alto vide poco distantedel fumo che s'alzava da un eremitaggio. Il solo pensiero che poteva trattarsi dell'eremo di Rama fece sussultaredi gioia tutto il suo essere.Rivolgendosi a uno dei suoi attendenti, gli disse: "Fai venire qui le mie madri: abbiamo localizzato l'eremitaggio diRama". Mentre avanzavano nella direzione dalla quale proveniva il fumo, Bharata vide diversi segni checonfermavano la sua supposizione: vide la capanna in lontananza, vide dei sentieri battuti, della legna tagliata,dei petali di fiori per terra (petali che ovviamente erano caduti mentre li portavano per l'adorazione), e qui e làvide delle striscette di tessuto legate agli alberi per servire da guida.Pieno di gioia, Bharata esclamò: "Molto presto vedrò il viso di loto di Rama"; ma questo durò solo un attimo,perché dopo un momento egli fu tormentato dal pensiero che il nobile principe nato per governare il mondo, pergodere della sovranità, per gioire dei piaceri regali, stava seduto per terra in una capanna in mezzo alla densaforesta, assoggettando le sue membra delicate a severe privazioni - e tutto questo per colpa sua (di Bharata).Descrivendo questo più volte ai suoi compagni, Bharata scoppiò in lacrime.Avevano raggiunto l'eremitaggio. Da lontano Bharata vide le armi dorate di Rama appese fuori della capanna.Vide l'altare rituale presso il quale Rama offriva ogni giorno le sue preghiere.Ben presto vide lo stesso Rama, seduto per terra nella veranda esterna della capanna, insieme a Sita e aLakshmana. Vedendo l'amato fratello vestito da asceta, il cuore di Bharata si spezzò. Vide che Rama aveva icapelli intrecciati e raccolti sulla testa ed era vestito con pelli e cortecce. Allora si precipitò ai suoi piedi, e dissepiangendo: "O nobile fratello", ma non riuscì a dire altro. La sua gola era strozzata dal pianto. Le lacrimescendevano anche sulle guance di Satrughna. Rama si alzò e li abbracciò entrambi, mentre le lacrimescendevano profusamente anche dai suoi occhi.Vedendo Bharata dopo molto tempo, Rama fu pieno di gioia, e dopo averlo abbracciato più volte e baciato sullafronte con tenero affetto, lo fece sedere sulle sue ginocchia e gli chiese come stava lui e tutti quelli di Ayodhya."Sono felice di vederti dopo tanto tempo, Bharata: ma perché sei venuto in questa foresta disabitata epericolosa? Perché hai lasciato nostro padre da solo nel palazzo e sei venuto qui? Come farà il vecchio re asopportare la tua assenza? Spero che il re sia sopravvissuto alla grande tragedia che lo ha colpito. Spero ancheche non abbia lasciato questo mondo. E tu stai bene, Bharata? Spero che non ti abbiano sottratto il regno conl'inganno, puro e semplice di cuore come sei. Ti prego, dimmi anche come sta il venerabile saggio Vasishtha? Loonori e lo adori come dovresti, mio amato fratello? Come sta mia madre Kausalya, e come sta Sumitra; come stala nostra gloriosa madre Kaikeyi, spero che adesso sia felice."Come stanno i sacerdoti della casa reale? Li tratti con il dovuto rispetto, ed essi compiono correttamente i loro

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doveri religiosi? Onori gli dèi, i nostri antenati, i servi reali, i precettori - che sono degni d'adorazione quanto ilproprio padre - gli anziani, i medici e i santi brahmana? Ti prendi cura del tuo maestro personale Sudhanva, cheè un esperto nell'arte della guerra e conosce i segreti delle armi? Hai scelto i giusti consiglieri che sappianoaiutarti? Questo è essenziale; perché è importante avere dei ministri che sappiano mantenere il più strettoriserbo; questo è infatti il segreto della vittoria. Spero che tu non agisca senza consigliarti con i ministri; e nellostesso tempo spero che tu non chieda consiglio a troppe persone. Spero ancora che non proclami le tue decisioniprima che diventino effettive. E inoltre t'assicuri che i segreti di stato non siano rivelati da ufficiali poco degni difiducia?"Comprendi che un solo saggio è più utile al paese che migliaia di stolti? Hai affidato i ministeri più importanti adufficiali di prima qualità, i ministeri secondari ad ufficiali mediocri, e così via? Il popolo ha fiducia nei ministri chehai nominato? Hai messo una persona coraggiosa, saggia e capace a capo dell'esercito? Perché è importanteliberarsi: di un medico le cui cure aumentano le sofferenze del malato, di un servo ribelle e di un eroe desiderosodi potere politico - chi non si libera di queste persone verrà distrutto. Spero che i servitori dello stato ricevanopuntualmente la loro paga, al momento stabilito; altrimenti la macchina amministrativa diventa inefficiente".Rama continuò: "Spero che tu stia attento, come deve un saggio governante, e che tu abbia un servizio segretoche osservi costantemente i principali funzionari dello stato, quelli che ti sono favorevoli e quelli che potrebberonon essere ben disposti verso di te. Soprattutto quelli che ti sono stati ostili e che poi sono ritornati nel tuogruppo devono essere osservati attentamente. Spero, Bharata, che non incoraggi quei brahmana mondani che siconsiderano sapienti, ma che in realtà sono esperti in opere distruttive."Dimmi, Bharata, è Ayodhya inespugnabile com'è sempre stata, e come implica il suo nome? I cittadini dei diversigruppi e delle diverse classi continuano a impegnarsi diligentemente nelle loro rispettive professioni? Il nostroregno è sempre stato libero dal crimine e dalla violenza, dalla povertà e dalla siccità, e pieno di ricchezze di ognitipo, abitato da donne e uomini istruiti, con uno spiccato senso del bene comune; stai mantenendo questatradizione, caro fratello? Gli agricoltori e gli imprenditori godono della tua protezione particolare, in modo chel'economia dello stato sia prospera? E le donne del regno sono ben assistite e protette da ogni privazione esfruttamento? E, cosa ugualmente importante, spero che non si faccia eccessivo affidamento su di loro né chericevano le tue confidenze sulle questioni della sicurezza nazionale."Ora dimmi: sono ben tenute le foreste nel nostro paese? Sono ben curate le vacche e gli altri animali? Controlliche la tua fortezza e le altre fortificazioni abbiano un adeguato rifornimento di cibo e munizioni? Spero chemalgrado tutto tu riesca a pareggiare il bilancio e a non andare in perdita. E ora una cosa molto importante: haifatto in modo che la legge e l'ordine siano rigorosamente rispettati nello stato, che un ladro non rimangaimpunito per colpa dell'avidità di ufficiali corrotti, che le corti di giustizia siano assolutamente imparziali e chenessun innocente sia mai punito? Perché le lacrime versate dall'innocente punito per errore distruggono laprosperità del re."E tu, Bharata, segui personalmente il codice del giusto vivere? Sei regolare nelle preghiere e nelle pratichereligiose? Ti prego, non lasciare che il Dharma, la prosperità materiale e il godimento dei giusti piaceri sisovrappongano l'un l'altro. Ogni cosa a suo tempo, è una buona regola. Ricorda che lo stesso re dev'essere unesempio di tutte le virtù che ci s'aspetta dal popolo. Inoltre devi sapere come comportarti con gli altri re e comeconquistarti l'amicizia degli uomini, delle donne e dei bambini del paese. E stato governando secondo il Dharmache i nostri antenati si sono goduti la vita qui e hanno ottenuto il cielo nell'aldilà".Infine Rama chiese a Bharata: "Ora ti prego, dimmi, perché sei venuto nella foresta, abbandonando il tuo giustoposto ad Ayodhya?".In lacrime e con le mani giunte, Bharata rispose: "Nostro padre, il re, fu spinto da sua moglie, mia madre, acommettere il più terribile dei peccati. Ma tormentato dall'angoscia causatagli dalla tua separazione, è salito incielo. Mia madre, invece, responsabile di quest'atto riprovevole, scenderà presto all'inferno. O Rama, io sono iltuo umile servo. Ti prego, concedimi questa grazia... torna ad Ayodhya e sii il nostro re. Questa è la preghiera ditutti i nostri amici e parenti, e di tutto il popolo". Bharata si prostrò ai piedi di Rama e li toccò con la testa.Rama lo sollevò e, abbracciandolo amorevolmente, gli disse con espressione serena: "Il mio cuore rifuggel'ingiustizia, Bharata. Metterò da parte il Dharma per amore di un regno? Non turbarti, Bharata. Io non vedoalcuna colpa in te, assolutamente. Non ti ritengo responsabile dell'accaduto. E ti prego, non accusare neanchetua madre. Gli anziani hanno la libertà di fare ciò che desiderano con la moglie, i figli e i discepoli. Perciò anchenostro padre era motivato per quello che ha fatto. Che m'avesse installato sul trono o mandato nella foresta, egliaveva il diritto di fare ciò che voleva. Lo stesso vale per le nostre madri. Noi siamo tenuti a obbedire ai loroordini. Una volta che nostra madre mi ha comandato di vivere nella foresta, come posso andare contro il suoordine? Similmente, a te è stato ordinato di governare Ayodhya; e anche tu dovresti obbedire)".Bharata rispose: "Poiché il figlio minore non è eleggibile al trono, io non sono legato da questa regola dicondotta! Nella nostra dinastia il trono è sempre stato trasmesso dal padre al figlio primogenito. Come possoviolare questa regola? Il popolo considera il re come fosse un uomo; colui che governa con giustizia portando lostato alla prosperità, lo considerano un superuomo; ma io penso che il re sia davvero una divinità. E questo saràprovato se tu salirai al trono)".Ricordando re Dasaratha, Bharata disse a Rama: "Nostro padre è morto poco dopo che tu hai lasciato Ayodhya,mentre io ero ancora nel regno Kekaya. Vieni fratello, offrigli delle libagioni. Poiché dicono che le libagioni offertedalle persone care si dimostrano di un bene inestimabile per l'anima dipartita: e tu eri molto caro a nostro padre,che ha lasciato questo mondo pensando a te e desiderando la tua compagnia".Quando gli fu ricordato che suo padre era morto, Rama svenne. Sita e i tre fratelli gli spruzzarono subitodell'acqua sul viso e su tutto il corpo, e l'aiutarono a riprendersi rapidamente.Una volta ripresa coscienza, Rama espresse il suo dolore: "Il re è morto, e tu vuoi che io torni ad Ayodhya! Checosa dovrei fare ad Ayodhya ora che il re non c'è più; chi governerà Ayodhya ora che il migliore dei re ci halasciati? Bharata, tu e Satrughna siete davvero fortunati in quanto avete potuto servire il re e celebrare i riti delsuo funerale. Neanche dopo la scadenza dei quattordici anni nella foresta mi sentirò di tornare ad Ayodhya, orache nostro padre non c'è più. Chi mi guiderà, chi mi chiamerà con affetto, chi mi sussurrerà tenere paroleall'orecchio quando farò qualcosa di buono?".

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Poi andarono tutti quanti al fiume Mandakini. Stando in piedi nel fiume, Rama offrì libagioni d'acqua per la pacedell'anima dipartita: "Possa quest'acqua da me offerta esserti utile, o re, adesso che ti sei riunito con i nostriantenati". Quindi egli offrì la pasta dell'albero ingudi insieme a dei frutti: "Ti prego, accetta quest'offerta, o re,perché questo è il nostro cibo: infatti il cibo che un uomo mangia, quello stesso egli offre agli dèi".Dopo il rituale Rama tornò nella capanna insieme ai suoi fratelli e a Sita. L'intera foresta e la collinariecheggiavano dei lamenti dei principi.Gli uomini dell'esercito e tutti i membri della comitiva reale che s'erano accampati ad una certa distanzadall'eremitaggio, udirono quelle grida strazianti e furono presi dall'angoscia. Nello stesso tempo dedussero cheBharata aveva scoperto l'eremitaggio di Rama. Allora si precipitarono verso l'eremitaggio, verso il posto dal qualeprovenivano i suoni. Alcuni scesero dai mezzi e dalle cavalcature e cominciarono a correre a piedi. Mentre altri, ipiù anziani, andarono là sui mezzi o a cavallo o su altri animali.Anche da lontano potevano vedere Rama seduto fuori della sua capanna insieme a Sita e agli altri fratelli. Essiavevano perduto perfino la speranza di posare nuovamente gli occhi su di lui. Per questo, tutti avevanomaledetto mentalmente la malvagia Kaikeyi, ritenendola responsabile dell'esilio di Rama. In un'estasi di totaleoblio di se stessi essi videro Rama; i loro occhi bagnati dalle lacrime si rallegrarono alla vista di Rama. AncheRama corrispose il loro amore, e salutò ciascuno nella maniera appropriata. Era uno scenario molto commovente,e le lacrime scorrevano profusamente.Infine le regine e il saggio Vasishtha s'avvicinarono all'eremo di Rama. Kausalya indicò a Sumitra il sentiero fattoda Lakshmana che portava dall'eremo alla riva del fiume. Poi Kausalya vide l'offerta di pasta d'ingudi che Ramaaveva fatto all'anima del re defunto, e proruppe in un lamento: "Ahimè, il potente monarca deve accontentarsi diquesta misera offerta; poiché suo figlio, il principe Rama, che è nato per regnare, conduce una vita da asceta".Quando Rama le vide avvicinarsi alla capanna, corse loro incontro, si prostrò e strinse loro i piedi. Dopo di lui,Lakshmana s'inchinò dinanzi a loro, seguito immediatamente anche da Sita. Kausalya abbracciò Sita e le dissepiangendo: "Vedendoti sopportare tutte queste privazioni, il fuoco del dolore mi consuma". Quindi Ramas'inchinò ai piedi del saggio Vasishtha. Infine tutti presero posto. Bharata sedette proprio dietro a Rama, con lemani giunte. Tutti erano impazienti di sentire ciò che Bharata aveva da dire.La mattina presto del giorno dopo, si riunirono tutti come prima e Bharata disse: "Il regno mi è stato dato da miopadre e da mia madre. Esso è mio. Ma io adesso lo do a te, Rama! Nessun altro eccetto te può esserne re. Ionon sono alla tua altezza". L'intera assemblea approvò all'unanimità.Rama prese la parola e rispose: "L'essere incarnato non è libero, Bharata, ma è condotto qui e là dai risultatidelle sue azioni. In ogni caso, tutto in questo mondo ha come fine la distruzione, ogni innalzamento finisce inuna caduta, ogni incontro ha per fine la separazione, e ogni essere vivente ha per fine la morte. La chiaraconsapevolezza che un frutto deve cadere e che un uomo deve morire libera dalla paura. Tutto ciò è naturale einevitabile. Non ci si addolora per la morte più di quanto non ci si affligga per il fatto che un frutto matura ecade! Non addolorarti per un altro, Bharata, stai all'erta e renditi conto che la vita sta passando sia che tu sieda oti muova. Gli stolti non percepiscono lo scorrere della vita. Allo stesso modo la gente non s'accorge che il tempoavvicina e separa le persone, come dei tronchi d'albero sono avvicinati e separati nell'acqua. Percependochiaramente tutto ciò, uno deve lavorare diligentemente alla propria felicità: perché in effetti la vera felicità è lamèta di ognuno."Il nostro nobile padre, che era devoto alla giustizia, ha completato la missione della sua vita ed è deceduto.Piangere per lui non ritarderà la nostra morte! Torna ad Ayodhya, Bharata, e fa' ciò che devi fare: amministra ilregno. E anch'io continuerò a fare ciò che devo: vivere nella foresta per quattordici anni. Questo è il corso delDharma".Bharata si rivolse nuovamente a Rama: "In tutto il mondo non c'è nessuno pari a te. Poiché conosci il Sé, nonperdi mai la tua equanimità neanche in mezzo alla più grande calamità. In mia assenza mia madre ha commessoun'azione terribilmente malvagia; e anche se fu fatta per amor mio, io la detesto. Se non fosse perché onoro ilcodice che proibisce ad un principe d'uccidere una donna, l'avrei uccisa. Io reputo lei la sola responsabile, e nonnostro padre. Egli era nobile, con moltissime nobili azioni in suo conto, e poi era anziano, e come padre per meera come Dio stesso; ma soprattutto ora è deceduto. Di certo se fosse stato pienamente cosciente egli nonavrebbe mai sancito questo peccato. La sua azione conferma la verità dell'antico detto, che la mente si confondequando s'avvicina la morte. Come degno figlio di nostro padre, è giusto che tu ripari il suo errore. Perché questoviene considerato il dovere di un figlio rispettoso: correggere gli errori del padre. Se lo farai, allora salverai me,mia madre e anche mio padre dal peccato e dalla calunnia. Non mischiare la vita nella foresta con il governo, iltenere i capelli intrecciati sulla testa con la funzione regale di proteggere il popolo: ti prego, non permetterequest'incoerenza nella tua condotta. Il dovere d'un principe è quello d'ascendere al trono e governare congiustizia: sfuggire questo dovere e abbracciare la vita ascetica non è corretto.Se sei avverso ai piaceri, puoi condurre una vita ascetica ad Ayodhya, anche mentre amministri il regno. Io sonopiù giovane e inferiore a te in tutti i sensi; non posso prendere il tuo posto. Ho portato con me tutti i sacerdoti e iministri: fatti consacrare al trono qui e ora. Se però non accetterai, anch'io rimarrò con te nella foresta".Ma Rama rimase impassibile. Vedendo ciò, tutti furono fieri della fermezza di Rama, pur essendo dispiaciutiperché non voleva farsi incoronare re. Tutti applaudirono Bharata.Rama rispose: "Sono d'accordo con ciò che hai detto, Bharata; ma ci sono altre considerazioni. Quando nostropadre chiese in sposa tua madre, egli offrì in cambio lo stesso regno; il che significava che il figlio di lei o il suoprescelto sarebbe stato re. Inoltre tu sai che egli le aveva promesso due doni, che infine lei ha reclamato. Noidobbiamo mantenere la parola data da nostro padre. E il sacro dovere di un figlio; e poiché salva il padredall'inferno chiamato 'put', il figlio viene chiamato 'putra'. Tu torna ad Ayodhya; io andrò nella foresta Dandaka.Tu governa il popolo; io governerò gli abitanti della foresta. Tu avrai il parasole reale sulla testa; io troveròl'ombra di un albero. Tu hai Satrughna, ed io ho Lakshmana come compagno. Così entrambi faremo il nostrodovere nei confronti di nostro padre".Un brahmana di nome Jabali intervenne nel dialogo e disse a Rama: "E giusto che uno mantenga la sua parola;ma in primo luogo tu non avresti dovuto prendere questo voto improprio. In questo mondo, o Rama, nessuno èparente a qualcun altro; ciascuno viene solo e se ne va da solo. Soltanto gli stolti pensano che qualcuno sia suo

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padre o sua madre, ecc. Queste relazioni sono ripari temporanei che uno inventa e nei quali ci si rifugia nel corsodel viaggio della propria vita. Abbandonando l'idea illusoria che il re era tuo padre, e che tu debba onorare la suaparola, ecc., torna ad Ayodhya e ascendi al trono che t'appartiene. Preoccuparsi degli antenati deceduti esforzarsi di compiacerli è folle, Rama. Se fosse possibile soddisfare l'antenato deceduto offrendo da qui libagionidi riso, allora perché non lo si fa anche per appagare la fame di un parente in viaggio in terre lontane? Basatisulla percezione diretta e fai quello che consideri giusto; non dipendere da ciò che viene detto".A Rama diede fastidio che un brahmana avesse potuto dare questo consiglio eretico, e lo rimproverò: "Seseguissi il tuo consiglio, diventerei un ipocrita. Pur sembrando buono, in realtà sarei l'esatto contrario. Se facessiciò che mi pare o ciò che considero giusto, darei un cattivo esempio; e il popolo emulerebbe il mio esempio. Ionon devierò dal sentiero della Verità: poiché soltanto la Verità è segno di un'encomiabile condotta regale. Ilregno e il mondo intero sono stabiliti sulla Verità. La gente teme, sospetta ed evita l'uomo che non è sincero eche infrange le sue promesse. In questo mondo soltanto la Verità è Dio; il Dharma si fonda sulla Verità; non c'èreligione superiore alla Verità. Sapendo questo, come potrei deviare dal sentiero della Verità, o brahmana! Ioporto questa Verità sulla testa: tengo i capelli intrecciati perché così li portano anche le persone sante. La genteignorante pensa il male, dice menzogne e indulge in azioni malvagie; e così si perde tutto ciò che è buono esalutare in questo mondo. Se seguissi il tuo consiglio, anch'io sarei colpevole di questo triplice peccato. No, iocontinuerò a vivere nella foresta, adempiendo il mio dovere verso mio padre. Una volta venuto in questo mondod'attività, uno deve impegnarsi in giuste azioni. Il fuoco, il vento e il soma condividono i frutti dell'azionedell'uomo".Allora Jabali rispose: "Io non sono un miscredente né dico quello che dicono i miscredenti; né la miscredenzaesiste. In conformità col tempo sono diventato di nuovo un credente, e a tempo debito diventerò unmiscredente. Ciò che ho detto è servito al suo scopo: ha espresso il mio desiderio e quello del popolo d'averticome re, e ha manifestato la tua gloria di persona saldamente stabilita nella Verità".

[NOTA: L'azione dell'uomo influenza l'atmosfera: il fuoco, l'aria e il soma (che non è solo la luna, ma anchel'azoto).]

Vedendo che Rama era rimasto offeso dalle parole di Jabali, il saggio Vasishtha intervenne dicendo: "O Rama,Jabali sa bene ciò che va fatto e ciò che non va fatto in questo mondo, ma ha parlato nella speranza di fartitornare ad Ayodhya. Adesso voglio dirti della tua discendenza a partire dal Creatore; di suo figlio Marici, che ebbeper figlio Kasyapa, il cui figlio Vivasvan - il sole - fondò la dinastia solare alla quale appartieni tu. Manu era figliodi Vivasvan, e suo figlio Ikshvaku governò Ayodhya.Poi Vasishtha citò per nome tutti gli antenati di Rama. Il trono era stato invariabilmente trasmesso al figlioprimogenito di ogni re. Vasishtha disse: "Questa tradizione non dev'essere violata da te". E continuò: "Padre,madre e precettore - questi tre sono i guru di una persona. Il padre gli dà solo la nascita, mentre il precettore glidà la saggezza suprema, e per questo è chiamato guru. Seguendo il mio consiglio non commetterai alcunpeccato".Rama fu inflessibile nella sua decisione, e rispose al saggio Vasishtha: "Il debito che uno ha con il padre e lamadre è davvero grande: per tutto il tenero e amorevole servizio che ha ricevuto da loro, nel nutrirlo, nelmetterlo a letto e nel sussurrargli dolci parole. Per questo non verrò meno al comando di mio padre di viverenella foresta".A questo punto Bharata si rivolse decisamente a Sumantra e gli ordinò: "Prepara un letto d'erba kusha per medavanti a questa capanna; giacerò lì, senza mangiare e senza bere, finché Rama non tornerà ad Ayodhya".Sumantra guardò Rama!E Rama disse a Bharata: "Tale condotta non s'addice a un principe! Un brahmana può fare una cosa del genere.No, Bharata, abbandona quest'impresa impossibile e torna ad Ayodhya". Allora Bharata si rivolse al popolo:"Perché non cercate di dissuadere Rama dalla sua risoluzione?". E il portavoce del popolo rispose: "Noi viabbiamo ascoltato entrambi. Ciò che tu dici è giusto e nobile; ma vediamo che Rama è saldamente stabilito nellaVerità e non desidera trasgredire il comando di suo padre. Perciò siamo incapaci di dire qualcosa".Bharata fece un ultimo tentativo, e disse: "Tutti voi sapete che non ho desiderato il trono né ho desiderato l'esiliodi Rama. Se Rama insiste a voler rimanere nella foresta, io mi offro umilmente come suo sostituto. Che Ramaritorni ad Ayodhya".Ma Rama rispose: "Oh, no! Un impegno preso da nostro padre non può essere annullato né da te né da me. Etrovare un sostituto significherebbe non attenersi sinceramente a quell'impegno. Io farò la mia parte, Bharata: etu dovresti adempiere la tua".Sia i saggi che erano presenti sul terreno dell'eremo di Rama, sia i saggi che assistevano a quest'evento divinodai loro reami invisibili, tutti lodarono la giusta condotta d'entrambi i fratelli. Quindi essi si rivolsero a Bharata e lopregarono d'accettare il consiglio di Rama: "Anche noi desideriamo che Rama adempia la promessa che suopadre ha fatto a Kaikeyi". Rama si sentì immensamente incoraggiato da questo consiglio dei saggi e cantò le loroglorie.Bharata fece un ultimo tentativo, e reiterò i punti fondamentali: "Rama, tu sei ugualmente obbligato a seguire letradizioni della famiglia, e ad ascoltare le preghiere mie e di tua madre. Inoltre, io non posso governare il regno.Tutti i cittadini vogliono che tu sia il loro re". Ancora una volta Bharata cadde ai piedi di Rama e se li posòstrettamente sulla testa. E ancora una volta Rama prese Bharata in grembo e gli disse con affetto: "Tu sei dotatodi un'umiltà genuina e naturale, Bharata, con la quale potrai governare il mondo intero. La luna potrebberimanere senza luce, l'Himalaya potrebbe rimanere senza neve e l'oceano potrebbe rompere i suoi argini, ma ionon disonorerò la promessa fatta da nostro padre. E questa è la preghiera che ti faccio: qualunque sia stato ilmotivo per cui madre Kaikeyi ha fatto il suo gesto, non dartene pensiero, e continua a trattarla come madre".Il saggio Vasishtha suggerì un compromesso! Rama avrebbe fatto dono a Bharata dei suoi sandali di legno, chesarebbero stati installati sul trono al posto di Rama. Bharata pose immediatamente i sandali di fronte a Rama e lopregò di benedirli. Dopo che Rama li benedì, Bharata si prostrò dinanzi ad essi e disse: "La conduzione degliaffari di stato sarà affidata a questi sandali, Rama; e vivendo di frutti e radici, io vivrò fuori Ayodhya, attendendo

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con ansia il tuo ritorno. Se tu non tornerai il giorno dopo la scadenza dei quattordici anni, io mi getterò nelfuoco". Rama fu d'accordo.I due fratelli e le madri si congedarono da Rama con gli occhi pieni di lacrime; e con gli occhi pieni di lacrimeRama rientrò nella sua capanna.Ponendosi con riverenza i sandali di Rama sulla testa, Bharata s'avviò verso Ayodhya. Lungo la strada incontrò dinuovo il saggio Bharadvaja e gli raccontò tutto quello ch'era successo a Citrakuta. Il saggio Bharadvaja fu felice epronunciò con gioia le seguenti parole di benedizione: "Non c'è da meravigliarsi che in te risiedano tutte le nobiliqualità, o Bharata, come l'acqua cerca i punti più bassi della terra. Tu sei davvero umile. Beato quel padre che haun figlio come te".Bharata rientrò ad Ayodhya, che sembrava completamente priva di vita, di gioia e di qualunque segno diprosperità. Era un città in lutto. Lutto per il defunto re Dasaratha, e lutto per l'esilio di Rama. Bharata sospirò edisse: "Certamente la città ha perso tutto il suo splendore perché mio fratello l'ha lasciata".Non appena le sue madri entrarono nei loro appartamenti, Bharata annunciò la sua decisione: "Partiròimmediatamente per Nandigrama, e là vivrò sopportando questo grande dolore causatomi dalla separazione daRama".I consiglieri furono d'accordo con la sua proposta. Sumantra aveva il cocchio già pronto. Tutti i precettori, iconsiglieri, i capi delle varie amministrazioni, e anche l'esercito, accompagnarono Bharata a Nandigrama.Lungo tutto il tragitto per Nandigrama, Bharata tenne devotamente i sandali di Rama sulla sua testa.Arrivati a Nandigrama, Bharata annunciò di nuovo: "Questo regno mi è stato dato sulla fiducia da mio fratello,che mi ha anche dato questi suoi preziosi sandali, che si prenderanno cura del benessere del regno. Durante ilperiodo dell'assenza di Rama, io amministrerò il regno come suo fiduciario, aspettando con ansia il giornobenedetto del suo ritorno ad Ayodhya. Subito dopo il suo ritorno gli passerò le redini del regno e gioirò quandometterà ancora una volta questi sandali ai suoi piedi. Così lascio fin d'ora l'onere dello stato a Rama, ai suoisandali benedetti; e quindi m'assolvo dal peccato di usurpare il trono".Il nobile Bharata stabilì la sua residenza a Nandigrama, vivendo vestito di corteccia d'albero e coi capelliintrecciati e raccolti sulla testa. Egli stesso teneva il parasole reale sui sandali di Rama. E prima di emetterequalsiasi editto reale, lo offriva ai sandali per l'approvazione. Egli installò sul trono e incoronò i sandali di Rama e,rimanendo subordinato ad essi, portò avanti l'amministrazione del regno.Qualunque attività bisognasse intraprendere, qualunque decisione dovesse essere presa, e qualunque tributofosse stato ricevuto - Bharata offriva tutto per prima cosa ai sandali di Rama e quindi faceva quant'era necessariofare.Un giorno, avvicinatosi ad un anziano eremita, Rama gli chiese umilmente: "Signore santo, noto una certainquietudine tra gli eremiti che vivono qui; e dal loro comportamento intuisco che noi ne siamo la causa. Vi pregodi dirmi: sono stato colpevole di azioni indegne dell'onore della mia famiglia? Oppure mio fratello più giovaneLakshmana ha fatto qualcosa che ha offeso i saggi? O forse la giovane Sita ha commesso un attod'indiscrezione?".L'anziano saggio rispose prontamente: "Oh no, Rama, tutti noi non abbiamo visto altro che la condotta piùesemplare in te, Lakshmana e Sita. Ma è vero che c'è dell'inquietudine tra noi. E questa ci viene causata da undemone chiamato Khara, che è uno dei fratelli minori di Ravana. Egli è cannibale, e ha già molestatoripetutamente i saggi che vivono a Janasthana. Ora da qualche tempo a questa parte egli ha rivolto la suaattenzione verso questo posto. Noi pensiamo che egli abbia in odio la tua presenza qui. E fino a quando tu vivraiqui, questi demoni continueranno a molestare gli asceti. Essi dissacrano i nostri altari e inquinano la stessaatmosfera. E per questo motivo oggi stesso desideriamo lasciare questo posto e andarcene altrove. Questidemoni non hanno alcuna simpatia per te, Rama: e anche tu faresti bene a spostarti da qui". Quindi gli eremitilasciarono Citrakuta.Qualche tempo dopo, Rama pensò tra sé: "Anch'io lascerò questo posto, ma per altri motivi. È stato qui cheabbiamo incontrato Bharata, le mie madri e i cittadini di Ayodhya. Il ricordo di quell'incontro si protrae e disturbail nostro equilibrio mentale. Inoltre, gli elefanti e i cavalli che accompagnavano Bharata hanno inquinato il posto.È meglio per noi muoverci".Prendendo questa decisione, Rama lasciò Citrakuta, insieme a Sita e a Lakshmana, e si diresse verso la forestaDandaka.Ben presto raggiunsero il sacro eremitaggio del saggio Atri, che li ricevette calorosamente. Egli chiamò suamoglie, l'illustre Anasuya, e le chiese d'accogliere Sita. Allora Anasuya fece entrare Sita nella capanna. Sitas'inchinò alla venerabile donna, che a sua volta la benedì e poi le disse: "Seguendo il tuo nobile marito, eabbandonando parenti e amici, hai fatto la cosa giusta, Sita. Quella nobile donna che ama suo marito, sia chequesti viva in una città o in una foresta, sia egli buono o non tanto buono, eredita i mondi gloriosi. Anche sefosse un uomo di cattiva condotta, lussurioso e povero, per le nobili donne il marito soltanto è il dio supremo.Servi tuo marito, nobile Sita, trattandolo come fosse il tuo dio; e allora otterrai fama qui e il paradiso nell'aldilà".Felice di udire il saggio consiglio di Anasuya, Sita le rispose: "Ti sono grata per le tue parole piene di saggezza,adorabile signora! È proprio vero quello che hai detto, che una nobile donna deve trattare il marito come dio,anche se egli avesse un cattivo carattere. E quanto più se egli è divino come lo è Rama! In verità il modo in cuidovevo comportarmi con lui mi fu indicato chiaramente da mia suocera: anzi no, da mia madre stessa, ancorprima del matrimonio. Quello che tu hai detto ha confermato e ribadito la loro esortazione: che eccetto il servizioal marito, la donna non ha altre forme d'adorazione o d'ascetismo. Io ho bene in mente le vite esemplari diquelle donne che hanno incarnato questo grande principio: la grande Savitri, e Rohini, e tu stessa".Anasuya fu compiaciuta dalle parole pronunciate da Sita e le disse: "Ho accumulato molto merito con le mieausterità. Ti prego, Sita, chiedi qualunque cosa desideri: ti darò tutto quello che vuoi". Che cosa avrebbe potutochiedere o desiderare Sita? Perciò rimase in silenzio, dopo aver detto: "Le tue benedizioni sono più che sufficientiper me". Ammirando la sua modestia e la sua mancanza di desideri, Anasuya continuò: "Bene, allora sceglierò iostessa qualcosa per te! Qui ci sono ghirlande divine, abiti, gioielli e cosmetici che metteranno ancor più in risaltola bellezza del tuo corpo. Queste cose ti faranno godere di una bellezza che non sfiorisce e accresceranno ladelizia del tuo nobile marito, Rama.

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Sita accettò umilmente i doni della nobile donna. Poi Anasuya le chiese di narrarle come avvenne il suomatrimonio con Rama. Con grande gioia Sita le raccontò la storia della sua nascita immacolata, della sua infanziaa corte come figlia di re Janaka, del proclama del re riguardo i suoi pretendenti, dell'arma divina del SignoreShiva, della visita di Rama a Mithila insieme a Lakshmana e al saggio Visvamitra, e infine della prodezza di Ramanell'usare la possente arma."Quindi - concluse Sita - mio padre mi offrì subito in sposa a Rama; che però esitò, non sapendo quale sarebbestata la reazione di suo padre! Ben presto arrivò anche re Dasaratha, che approvò l'alleanza; e così ottenni lamano di Rama".Più tardi gli eremiti della foresta dissero a Rama: "Ci sono molti demoni in quella foresta laggiù. Sono cannibali, ehanno molte e differenti forme. Bevono sangue. Si nutrono di asceti o brahmachari che sono stati impuri o pocovigilanti. O Rama, ti preghiamo di distruggerli. Se prenderai quel sentiero, entrerai in quella densa foresta".

FINE DELL'AYODHYA KANDAM

Libro Terzo: ARANYA KANDAM - La vita nella foresta

Rama entrò nella densa e paurosa foresta chiamata Dandaka. Eppure anche là essi trovarono eremi di saggi cheavevano fatto della foresta la loro dimora. Intorno a ciascuno di questi eremitaggi si potevano vederedappertutto seggi di stuoie e di pelli di daino. Le piccole capanne erano ancora molto ben tenute. L'ambientecircostante era pulito. Gli altari per la celebrazione del rito del fuoco proclamavano la santità del luogo. Latranquillità con la quale gli uccelli e gli animali selvaggi giocavano intorno agli eremitaggi testimoniava l'amorecosmico che irradiava dal cuore dei saggi. Gli stessi saggi riempivano tutta l'atmosfera col suono benedetto delcanto degli inni vedici.Rama s'avvicinò a loro con riverenza e umiltà, con le armi scariche e inguainate. Anche i saggi ricevettero Rama,Lakshmana e Sita con grande gioia e affetto. Dopo averli accolti e avere offerto loro frutti, radici, ecc., i saggi sirivolsero a Rama con amore e riverenza: "Tu sei nostro re, Rama, sia che tu viva in una città o nella foresta; e anoi spetta la tua protezione. Il re che tiene lo scettro è degno d'adorazione in quanto è considerato unamanifestazione parziale del Signore stesso. Noi eremiti abbiamo rinunciato alla violenza e alla collera, e siamototalmente dediti alla conquista della nostra mente e dei nostri sensi: perciò è tuo compito proteggere le nostrepersone".Rama trascorse una notte nell'eremitaggio che era situato proprio all'inizio della densa foresta. La mattinaseguente si congedò dai saggi e continuò per la sua strada. La foresta diventava sempre più cupa e spaventosa.Ben presto Rama vide un terribile demone di forma indescrivibilmente sgraziata e terrificante. Anche il demonevide Rama, Lakshmana e Sita, e urlò forte.Il mostro scattò verso Sita, la prese, e dopo essersi allontanato ad una certa distanza disse a Rama e aLakshmana: "Ehi voi! Che cosa avete a che fare con questa giovane donna - voi che sembrate asceti? Voi sieteun disonore per il sacro ordine degli asceti. Io mi porterò via questa donna e la sposerò. Io, il demone Viradha,ucciderò voi due peccatori e berrò subito il vostro sangue".Sita era sconvolta dalla paura. Profondamente afflitto, Rama disse a Lakshmana: "Che tragedia, mio caroLakshmana, proprio all'inizio della nostra vita nella foresta! Certo madre Kaikeyi sarà molto contenta di sentireche tutti noi siamo stati uccisi ancor prima di stabilirci nella foresta. Per me non c'è nulla di più doloroso chevedere l'amata Sita toccata da un altro uomo".Il coraggioso Lakshmana consolò Rama con queste parole: "Non preoccuparti, Rama! Tra pochi istanti la terraberrà il sangue di questo demone".Il mostro urlò di nuovo: "Ehi, voi due! Ditemi chi siete e dove state andando". Rama rispose garbatamente: "Noisiamo principi di nascita e apparteniamo alla famosa dinastia di Ikshvaku. Ora ti preghiamo, dicci chi sei tu e checosa fai in questa foresta".Il demone rispose: "O nobile re! Ti dirò chi sono. Mio padre si chiama Jiva e mia madre Shatahrada. Qui miconoscono come Viradha. Con le mie austerità propiziai il Signore Brahma, il Creatore, e ottenni da lui il dono diessere invulnerabile alle armi e quello di non morire a causa di ferite o fratture agli arti. Perciò non puoiuccidermi! Lascia questa donna e fuggi via da qui!".

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Sfidandolo, Rama lo colpì con parecchi missili. Ma benché trafitto, il demone non morì. Però lasciò Sita e si lanciòcontro i due fratelli con una lancia. Rama spezzò la lancia con i suoi missili, ma le sue armi non avevano poterecontro Viradha: lo colpivano, ma non appena egli apriva bocca cadevano a terra! Viradha afferrò Rama eLakshmana, e sollevandoli con una mano ciascuno li portò via. Lakshmana cercò di fermarlo, ma Rama gli disse:"Lascia che ci porti dove vuole: sta andando nella stessa direzione in cui vogliamo andare noi".Sita però era atterrita, e gridò: "O migliore dei demoni! Ti prego, prendi me e gettami alle bestie feroci; ma lasciastare i principi". Udendo questo, Rama e Lakshmana decisero di liberarsi del demone. Mentre erano ancoraseduti sulle sue spalle, i due principi gli ruppero un braccio ciascuno. Viradha cadde a terra; ed essi, che orastavano in piedi vicino a lui, cominciarono a colpirlo con i pugni. Poi Rama disse a Lakshmana: "È protetto daldono che ha ricevuto; non possiamo ucciderlo in questo modo Scava una fossa nel terreno. Lo seppelliremo:questa è l'unica maniera in cui potrà morire".In quel momento il mostro Viradha parlò: "Sono stato sconfitto da te, Rama, e la mia fine è vicina. A causadell'influsso della qualità demoniaca dell'ignoranza non ho riconosciuto la tua gloria. Io ero un essere celestechiamato Tumburu; ma incorsi nella collera di Kubera, che mi maledì, e quindi diventai un demone. Però dopoaverlo supplicato egli mi disse: "Quando Rama ti ucciderà in combattimento, allora tornerai in cielo". Liberato daquella maledizione, ora tornerò in cielo. Laggiù vive il saggio Sarabhanga; ti prego, passa a trovarlo, dopo avermiseppellito in quella fossa. Questa è infatti l'antica tradizione con la quale si trattano i demoni".Lakshmana finì presto di scavare un'enorme buca, nella quale seppellirono il mostro Viradha. Riunitisi a Sita, idue principi continuarono il loro cammino.Quindi Rama disse a Lakshmana: "Questa è davvero una foresta terribile e abbiamo già avuto un assaggio dellasua vera natura. Affrettiamoci verso l'eremitaggio del saggio Sarabhanga".Avvicinandosi all'eremitaggio, Rama vide una cosa meravigliosa davanti ai suoi occhi: un radioso veicolo spazialestava sospeso senza toccare terra. In esso c'era il capo degli dèi, lo stesso Indra, che rifulgeva con lo splendoredel sole. Mentre Indra parlava con il saggio Sarabhanga, angeli e saggi lo servivano in molti modi. Indicando alfratello questo prodigio, Rama gli disse: "Guarda che meraviglia, Lakshmana! Indra, il dio degli dèi, che visitapersonalmente l'eremo del saggio Sarabhanga. Ho sentito dire che egli visita così il rito del fuoco dei saggi; maora l'ho visto. Guarda quegli esseri celesti che l'accompagnano. Hanno tutti le sembianze di giovani di venticinqueanni: infatti ho sentito dire che gli esseri celesti hanno sempre venticinque anni! Ti prego, rimani qui con Sita,mentre io vado a vedere se si tratta proprio di Indra". Ma non appena Rama s'avvicinò di più all'eremitaggio,Indra disse al saggio: "Sta venendo Rama. Questa però non è l'occasione giusta perché io lo veda. Lo vedròdopo che avrà ucciso in battaglia il malvagio Ravana. Rama deve compiere molte grandi meraviglie qui. Ora vadovia. E anche tu, muoviti e vagli incontro". Il veicolo spaziale di Indra si levò nel cielo.Rama permise poi a Lakshmana e a Sita di accompagnarlo, e tutti e tre s'inchinarono al saggio Sarabhanga.Spinto dalla curiosità, Rama chiese perché Indra aveva visitato l'eremitaggio. Il saggio rispose: "Egli era venuto aprendermi per portarmi nel regno supremo conosciuto come Brahma Loka, che io ho guadagnato con le mieausterità. Ma sapendo che tu eri nei dintorni, non sono voluto andare nel Brahma Loka senza prima vederti eservirti come bisogna servire un ospite. Ora che ti ho visto, ascenderò una dopo l'altra le regioni supreme. Le hoguadagnate a forza di austerità; e oggi le offro umilmente a te, Rama. Degnati di accettarle".Profondamente commosso dall'amore e dall'affetto del potente saggio, Rama rispose: "Invero posso offrirti tutti imondi, o saggio! Ma ora ti prego, indicaci un posto in questa foresta dove possiamo stabilirci". Il saggio rispose:"Passate per l'eremo del saggio Sutikshna, che di certo saprà indicarvi dove potete stabilirvi". Dopo aver dettoquesto, mentre Rama guardava, il saggio accese il fuoco sacro e vi entrò dentro. Il fuoco consumò il suo corpofisico, e quindi il saggio risplendette della luce del fuoco e riacquistò il corpo di un giovane di venticinque anni.Quindi ascese al Brahma Loka e fu accolto dal Creatore.Poco dopo l'ascensione al cielo del saggio Sarabhanga, i saggi e gli asceti dei dintorni si rivolsero a Rama. Questisaggi appartenevano a diversi ordini ascetici. C'erano dei Vaikhanasa e dei Valakhilya, che si dice siano uscitidalle unghie e dai capelli del Creatore, Brahma. Gli altri ordini includevano coloro che dopo aver mangiato l'unicopasto quotidiano non volevano che rimanesse nulla per quello successivo, coloro che si nutrivano dei raggi delsole e della luna, coloro che vivevano di foglie o di pietre polverizzate, coloro che usavano solo i denti pertagliare, triturare o ammorbidire il cibo, coloro che restavano immersi nell'acqua, coloro che si stendevano senzaun letto, quelli che non si stendevano affatto, quelli che dedicavano tutto il tempo solo alle loro pratiche spirituali,quelli che vivevano d'acqua, quelli che vivevano d'aria, quelli che avevano per tetto solo il cielo, quelli chegiacevano sull'altare, quelli che vivevano in cima agli alberi, quelli che indossavano solo vestiti bagnati, quellipieni d'autocontrollo e dediti alla ripetizione del nome divino, e quelli che si circondavano di fuochi sotto il solecocente. Tutti erano raggianti della luce dell'autorealizzazione.Essi salutarono Rama e gli dissero: "Signore, il re riceve un sesto delle entrate dei sudditi, e in cambio egli deveproteggerli, trattandoli come figli. Se non lo fa, incorre nel peccato. Il re riceve un quarto della ricchezzaspirituale acquisita dai saggi; ma in cambio deve proteggerli. È in questo spirito che veniamo da te, nostro re eprotettore. In questa foresta ci sono esseri diabolici che terrorizzano i saggi e gli asceti. Ti preghiamo diproteggerci da loro". Rama rispose subito: "Lo farò certamente! Di sicuro è per questo che il mio nobile padre miha mandato nella foresta".Congedatosi dai saggi, Rama procedette fino all'eremo di Sutikshna. Il saggio sedeva serenamente nellaposizione di meditazione. Rama si presentò a lui, che gli rispose benignamente: "Ero in attesa del tuo arrivo,Rama. Ho saputo tutto da Indra, che mi ha appena fatto visita per dirmi che ora posso ascendere ai mondisuperiori guadagnati con le mie austerità. E con la forza di quelle austerità io prego che voi tre possiate godervila permanenza nella foresta". Quindi Rama chiese al saggio d'indicargli una dimora adatta a loro. Il saggiorispose: "Rimanete in quest'eremitaggio. A parte i daini, nessun'altra creatura vi disturberà". Ma Rama disse: "Sevivessi qui, potrei uccidere dei daini, e so che questo vi dispiacerebbe molto. Perciò non credo di dovermistabilire qui".Godendo dell'ospitalità di Sutikshna, Rama passò la notte nell'eremo, insieme a Lakshmana e a Sita.La mattina seguente di buon'ora Rama si congedò dal saggio Sutikshna: "Signore, abbiamo trascorso una nottebeata nella tua santa compagnia, godendo della tua ospitalità. È ora che procediamo, prima che il sole diventi

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troppo caldo". Rama, Lakshmana e Sita si prostrarono dinanzi al saggio, che a sua volta li tirò su e li abbracciò,come segno della sua benedizione. Egli augurò loro ogni bene e li invitò a tornare nel suo eremitaggio.Mentre camminavano nelle profondità della foresta, Sita trovò l'occasione di aprire il suo cuore a Rama, e glidisse: "Signore, tu conosci bene le basi del Dharma, e non hai bisogno di alcun consiglio o istruzione. Però io soche quella che sembra una leggera negligenza iniziale può spesso condurre a una grave violazione del Dharma.L'adharma può essere evitato solo da chi riesce a resistere agli effetti dolorosi del desiderio. Questi effetti sonotre: il più spaventoso è la falsità di parola, quindi l'adulterio, e infine c'è la crudeltà non provocata. Certamente tusei incapace dei primi due. Mi preoccupo però che tu possa soccombere al terzo. Gli asceti ti hanno chiesto diuccidere i demoni che vivono nella foresta Dandaka, e tu hai acconsentito. Perciò, armato con le tue armi e i tuoimissili, hai premura d'entrare nella terribile foresta Dandaka. Io non sono affatto contenta di ciò. Tu sei armato, esenza volerlo veramente potresti uccidere qualcuno."Signore, ho udito questa storia: In una certa foresta viveva un asceta estremamente pacifico, del quale neanchegli uccelli e gli animali feroci avevano paura. Volendo ostacolare le austerità di questo sant'uomo, Indra andò dalui nelle sembianze di un guerriero, e con un pretesto gli lasciò la sua spada, pregandolo di custodirla durante lasua assenza. L'asceta custodiva con zelo la spada, portandola persino con sé quando vagava per la foresta. Perfar la storia breve, dopo un po' di tempo l'asceta cominciò ad impugnare la spada, dimenticando il suo voto dinon-violenza. Tenere con sé un'arma letale è come giocare con il fuoco."Sono preoccupata, Signore, che questo possa accadere anche a te. C'è contraddizione in un asceta che portaun'arma: in uno che vuole condurre una vita da eremita, ma si comporta come un guerriero. Maneggiareun'arma perverte la mente. Sono sicura che i tuoi genitori sarebbero contenti se noi vivessimo secondo ilDharma. E il Dharma non è per chi cerca il piacere. Il Dharma porta alla prosperità; esso stesso dà grandefelicità. Tutto si ottiene con il Dharma. Il mondo intero è stabilito nel Dharma. Però ci vuole una volontà di ferro eautocontrollo per preservare il Dharma".Rama fu felice di udire quell'amorevole e giusto consiglio scaturito dal tenero cuore di Sita, e rispose:"Certamente, Sita, tu stessa desideri che nessuno sia sottoposto a sofferenze nella foresta Dandaka; e questo èanche il mio desiderio. I saggi e gli asceti che vivono nella foresta si sono rivolti a me. Come principe io sono illoro giusto asilo, ed essi hanno cercato rifugio in me. Quando hanno chiesto di vedermi, io mi sono offerto diservirli ed aiutarli secondo le mie possibilità. Quindi mi hanno raccontato di essere tormentati in vari modi daidemoni cannibali che vivono nella foresta Pur essendo loro i santi brahmana che avremmo dovuto avvicinare convenerazione, eppure sono stati loro a venire da me, per chiedere il mio aiuto. Come avrei potuto rifiutare la loropreghiera? Perciò ho promesso d'esaudirla. Invero loro stessi sarebbero capaci di combattere i demoni, chepotrebbero distruggere col potere accumulato con il loro ascetismo. Ma se facessero un'azione del genere,sarebbe una violazione del loro voto d'ascetismo e, in un certo senso, quest'azione stessa distruggerebbe il fruttodelle loro austerità. Per questo non desiderano intraprendere direttamente l'opera di punizione dei demonimalvagi. Perciò ripeto che è mio dovere assolvere questo compito."Considerando tutto questo, ho dato loro la mia parola che li proteggerò. E ora, dopo aver dato la mia parola,non potrò tirarmi indietro finché vivrò. Potrei abbandonare la mia vita, potrei abbandonare Lakshmana e anchete, mia cara Sita; ma non potrò ritrattare la parola che ho dato a qualcuno, specialmente ai santi brahmana, aisaggi e agli asceti. Mi sono spiegato chiaramente, Sita? Come principe è mio dovere proteggere il popolo daimalfattori, perciò anche senza la loro richiesta dovrei offrire loro la mia protezione. Ora questi asceti hannoespressamente chiesto la mia protezione, e io l'ho promessa. Perciò non c'è possibilità di rompere questapromessa, a qualunque costo. Però terrò in mente le sagge parole che mi hai detto, spinta dal tuo grande amoreper me. È giusto che tu mi consigli in questo modo, perché invero tu sei realmente la mia compagna nelDharma".Continuando a parlare in questo modo, Rama e Sita proseguirono verso gli eremi dei saggi della forestaDandaka.Rama camminava davanti, Sita lo seguiva, e dietro a loro stava Lakshmana. Essi ammiravano le cime dei monti, ilaghi, gli alberi, i fiori e gli animali che vedevano lungo la strada. Una sera, mentre camminavano, videro ungrande lago in cui c'era un folto gruppo di elefanti che si bagnava e giocava, e dove gru, cigni ed altre creatureacquatiche vivevano senza paura, in grande delizia. Avvicinatosi al lago, Rama udì una musica meravigliosa, chesembrava provenire dal lago stesso. Ma nei dintorni non si vedeva nessuno. Perplesso davanti a questofenomeno straordinario, egli chiese al saggio Dharmabhrit - che in quel momento si trovava con loro - diraccontare qualcosa di più sul lago.Allora il saggio narrò a Rama la seguente storia: "Questo lago fu di fatto creato da un famoso asceta col solopotere delle sue austerità. Per moltissimi anni il saggio - chiamato Mandakarni - continuò a praticare le sueausterità nel lago, vivendo solo d'aria. Persino gli dèi erano turbati: pensando che il saggio volesse usurpare iloro poteri. E per distogliere la sua attenzione dalle austerità, gli dèi inviarono un gruppo scelto di cinque apsara(ninfe celesti). Le ninfe vennero qui e fecero uso della loro bellezza per attirarlo. Il saggio sapeva la verità e, percosì dire, s'innamorò di loro per adempiere lo scopo degli dèi. Quindi creò un grandioso palazzo dentro il lago,nel quale vive ancora con le cinque ninfe. Perciò questo lago è chiamato Pancapsara. La musica che hai udito èproprio quella delle ninfe".Rama rimase stupito dal potere delle austerità. In questo modo continuarono a girare per la foresta, visitando uneremitaggio dopo l'altro: trascorrendo alcune settimane in uno, alcuni mesi in un altro, godendo sempre dellacompagnia e dell'ospitalità dei saggi della foresta. Vagando così felicemente nella foresta insieme a Sita e aLakshmana, passarono dieci anni.Poi tornarono ancora una volta nell'eremo del saggio Sutikshna e passarono alcuni mesi in sua compagnia. Ungiorno Rama disse a Sutikshna: "Sant'uomo, ho sentito dire che il famoso saggio Agastya vive in questa foresta.Vi prego, ditemi come possiamo raggiungere il suo eremitaggio. Desidererei incontrarlo". Sutikshna rispose: "Sì,Rama, io stesso stavo per chiederti d'incontrare Agastya, insieme a Sita e a Lakshmana. È una fortuna che tuabbia espresso lo stesso desiderio".Quindi Sutikshna spiegò a Rama nei dettagli come raggiungere l'eremitaggio di Agastya, e concluse: "Se desideriincontrare il saggio Agastya è bene che tu parta oggi stesso".

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Rama, Lakshmana e Sita giunsero in un luogo circondato da alti monti e dense foreste. L'odore pungente deifrutti dell'albero pipal confermava che il posto indicato da Sutikshna si trovava nelle vicinanze. L'eremitaggio delfratello del saggio Agastya era vicino.A questo punto Rama narrò a Lakshmana la storia del saggio Agastya:"C'è una storia interessante relativa al saggio Agastya; ora te la racconterò. Tanti anni fa questa zona era abitatada due demoni, che si chiamavano Vatapi e Ilvala. Ilvala si travestiva da brahmana e parlava la lingua colta (ilsanscrito). Mascherato così attirava l'attenzione dei brahmana, che invitava a partecipare alla cerimonia sraddhaper la propiziazione degli antenati defunti. Egli cucinava gustosamente il fratello maggiore Vatapi, che perl'occasione assumeva le sembianze di un caprone, e poi ne offriva la carne ai brahmana, secondo le ingiunzionidel rito. Ma dopo che avevano mangiato quella carne, Ilvala chiamava a gran voce: "Vatapi, vieni fuori". E Vatapiveniva fuori, lacerando il corpo dei brahmana. Infine gli dèi pregarono il saggio Agastya di porre termine a questeatrocità.Agastya si prestò a mangiare a casa di Ilvala. Dopo il consueto pasto, Ilvala gridò: "Vatapi, vieni fuori". MaAgastya disse serenamente: "Come può venir fuori Vatapi, visto che l'ho già digerito!". Infuriato Ilvala si scagliòcontro il saggio, ma Agastya lo privò della vita con un semplice sguardo."Ora Lakshmana, liberata da loro e da quelli come loro, questa terra meridionale ha ripreso a prosperare".Presto essi raggiunsero l'eremitaggio del fratello di Agastya, e ricevuti calorosamente dal saggio vi trascorsero lanotte. Il giorno dopo Rama disse al fratello di Agastya: "Vorrei incontrare il tuo illustre fratello". E congedatisi dalui, i tre si diressero verso l'eremitaggio di Agastya.Rama fece notare a Lakshmana: "Guarda questa terra prosperosa. Tutto ciò è dovuto alla grazia del saggioAgastya. Da quando egli ha liberato il paese dai demoni, la gente vive felice, senza paura. Perfino persone didisposizione diabolica sono diventate tranquille e amanti della pace. Questo è dovuto alla grazia del saggioAgastya. Tale è il suo potere spirituale che ora nessun peccatore può più vivere nella regione meridionale. Graziealla gloria del saggio, gli dèi vengono facilmente compiaciuti dagli adoratori ed esaudiscono i loro nobili desideri".Così parlando, essi raggiunsero l'eremitaggio di Agastya; e Rama inviò Lakshmana ad informare il saggio del loroarrivo.Lakshmana avvicinò umilmente un discepolo del saggio Agastya e gli disse: "Rama, figlio di re Dasaratha, èarrivato qui insieme alla sua sposa Sita e a me, suo servo e fratello. Egli attende d'essere ricevuto dal saggioAgastya secondo il suo piacere".Entrando nel santuario, Rama vide gli altari sacri dedicati alle varie divinità invocate nei riti vedici. Quindi vide lostesso saggio Agastya che gli stava venendo incontro. Rama, Lakshmana e Sita si prostrarono ai piedi del saggio,e poi rimasero in piedi con le mani giunte. Il saggio li fece accomodare e chiese gioiosamente come stavano; poioffrì loro dell'acqua per lavarsi mani e piedi, e del cibo da mangiare. Infine Agastya disse: "Questo è il sacrodovere di un asceta, Rama: dedicarsi all'adorazione del fuoco sacro e quindi offrire acqua e cibo all'ospite;altrimenti commette un grave peccato, il cui frutto sarà quello di mangiare la propria carne nell'altro mondo".Quando terminarono di mangiare, Agastya portò molte armi e missili rari e li donò a Rama: erano stati tutti creatidall'inventore celeste Visvakarma. Uno era stato usato dallo stesso Signore Vishnu, un altro da Brahma, un altroancora da Mahendra, ecc. Dopo aver spiegato le glorie di ognuno, il saggio li donò tutti a Rama.Poi il saggio disse: "Sono felice che tu sia venuto a trovarmi, Rama. Trovo però che siete tutti molto stanchi; cosaovvia dopo un lungo viaggio. Vedo che anche Sita ha bisogno di riposo. Sono felice che lei t'accompagni. Ingenere le donne sono volubili e possono anche rinnegare il marito che ha perso la propria fortuna. Dicono che ladonna combini in sé l'irriverenza del fulmine, l'incisività distruttrice di un'arma, e la rapidità di un uccello. Ma tuamoglie è libera da tutti questi difetti; invero ella è lodevole e il suo stato è pari a quello di grandi donne comeArundhati.Rama era felice che lui, suo fratello e anche Sita godevano della stima del potente saggio. Poi si rivolse al saggiocon questa preghiera: "Signore, indicateci benignamente un posto dove possiamo costruire un eremitaggio etrascorrere il periodo che rimane del nostro esilio".Il saggio Agastya rispose: "Rama, non molto lontano da qui c'è un luogo chiamato Pancavati. Quello è il postomigliore dove potete sistemarvi, per trascorrere il resto del vostro esilio. Naturalmente so già per intuizione tuttociò che è successo ad Ayodhya. Penso che Sita sarebbe felice di vivere a Pancavati, che si trova vicino al fiumeGodavari. Vivendo là, potrai mantenere la promessa fatta a tuo padre e offrire anche protezione ai deboli e agliindifesi, ai saggi e agli asceti".Mentre Rama, Lakshmana e Sita procedevano verso Pancavati, lungo il cammino videro un enorme avvoltoio. Ilprimo pensiero di Rama fu che si trattasse di un demone camuffato. Ma l'avvoltoio disse: "Sono un amico di tuopadre". Fidandosi della sua parola, Rama gli chiese ulteriori notizie sulla sua nascita e sui suoi antenati.L'avvoltoio disse: "Tu sai che Daksha Prajapati ebbe sedici figlie e che il saggio Kasyapa ne sposò otto. Un giornoKasyapa disse alle sue mogli: "Darete alla luce figli che saranno potenti nei tre mondi". Aditi, Diti, Danu e Kalakaascoltarono con attenzione; ma le altre rimasero indifferenti. Di conseguenza le prime quattro diedero alla lucefigli potenti di natura sovrumana: Aditi diede alla luce trentatré dèi; Diti diede alla luce dei demoni; Danu diedealla luce Ashvagriva, e Kalaka ebbe Naraka e Kalika. Infine gli uomini nacquero da Manu, e le specie subumanedalle altre mogli di Kasyapa. Tamra ebbe per figlia Suki, la cui nipote, Vinata, ebbe due figli: Garuda e Aruna. Miofratello Sampati ed io siamo figli di Aruna. Ora io offro i miei servigi a te, Rama. Se tu ti degnerai d'accettarli, ioproteggerò Sita quando tu e Lakshmana v'allontanerete dall'eremitaggio. Come hai visto, questa spaventosaforesta è piena d'animali feroci e anche di demoni".Rama accettò questa nuova amicizia, e tutti insieme si diressero verso Pancavati in cerca di un luogo adatto percostruire un eremitaggio. Quando arrivarono a Pancavati, che Rama riconobbe grazie alla descrizione che gliaveva fatto Agastya, Rama disse a Lakshmana: "Ti prego, scegli un luogo adatto per la costruzione di uneremitaggio. Esso deve avere una bella foresta, acqua buona da bere, legna da ardere, fiori ed erba sacra".Lakshmana rispose umilmente: "Anche se vivessimo insieme per centinaia di anni, io continuerò ad essere il tuoservo. Perciò, signore, scegli tu il posto ed io farò quanto è necessario. Gioendo dell'attitudine di Lakshmana,Rama indicò il luogo adatto che aveva tutti i requisiti di un eremitaggio. Rama disse: "Questo terreno è sacro; èincantevole; ed è popolato da animali e uccelli. Dimoreremo qui". E subito Lakshmana si mise al lavoro per

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costruire l'eremitaggio nel quale poter vivere.Abbracciando calorosamente Lakshmana, Rama gli disse: "Sono deliziato dal tuo ottimo lavoro e dal tuo serviziodevoto: t'abbraccio in segno della mia ammirazione. Fratello, tu intuisci il desiderio del mio cuore, tu sei pieno digratitudine, tu conosci il Dharma; avendo per figlio un uomo come te, nostro padre non è morto, ma èeternamente vivo".In quell'eremitaggio Rama, Lakshmana e Sita vissero con grande gioia e felicità.Passò del tempo. Un giorno Lakshmana andò da Rama di buon mattino per descrivergli ciò che aveva visto fuoridell'eremitaggio, e gli disse: "Rama, è arrivato l'inverno, la stagione che tu ami di più. C'è un freddo seccodappertutto. La terra è coperta di cereali. L'acqua è poco invitante e il fuoco è piacevole. I primi frutti dellamesse sono stati raccolti e gli agricoltori hanno debitamente offerto le primizie agli dèi e ai Mani (gli antenati),ribadendo così il debito di riconoscenza nei loro confronti. L'agricoltore che offre i primi frutti agli dèi e ai Maniviene purificato dal peccato."Il sole si muove nell'emisfero meridionale; e il nord non appare più illuminato. L'Himalaya, la dimora delle nevi,lo diventa ancora di più! E anche a mezzogiorno è piacevole fare una passeggiata. L'ombra di un albero, chetanto ci piaceva d'estate, ora non ci attrae. La mattina presto la terra, con i suoi campi ricchi di grano e di orzo, ècoperta di nebbia. E così anche i campi di riso. Il sole, anche quando sorge, è debole e fresco come la luna.Persino gli elefanti che s'avvicinano all'acqua, la toccano con la proboscide ma la ritirano subito indietro, perchél'acqua è troppo fredda."Rama, il mio pensiero va naturalmente al nostro amato fratello Bharata. Anche in questo freddo inverno, lui chepotrebbe avere gli agi di un re preferisce dormire per terra e condurre una vita ascetica. Certamente anche lui sisarà alzato presto stamattina, e forse ha fatto un bagno freddo nel fiume Sarayu. Che uomo nobile! Possoimmaginarlo adesso davanti a me: con gli occhi simili ai petali di un loto, con la pelle scura, longilineo e quasisenza pancia. Egli conosce il Dharma. Dice sempre la verità. È modesto e autocontrollato; parla sempre inmaniera piacevole; è dolce, ha braccia possenti e tutti i suoi nemici gli sono pienamente sottomessi. Quel nobileBharata ha rinunciato a tutti i suoi piaceri ed è devoto a te. Egli si è già conquistato il suo posto nel cielo. Purvivendo in città, egli ha adottato un tipo di vita ascetica e segue te nello spirito."Ci è stato detto che un figlio assomiglia alla madre nella sua natura: ma nel caso di Bharata questo s'èdimostrato falso. Mi chiedo come mai Kaikeyi, pur avendo nostro padre come marito e Bharata come figlio, si siadimostrata tanto crudele".Quando Lakshmana pronunciò queste parole, Rama lo fermò dicendo: "Non parlare male di nostra madreKaikeyi, Lakshmana. Parla solo del nostro amato fratello Bharata. Sebbene cerchi di non pensare ad Ayodhya e ainostri cari che vivono là, quando penso a Bharata desidero vederlo".Dopo il bagno e le preghiere mattutine, Rama, Lakshmana e Sita tornarono nel loro eremitaggio. Mentresedevano fuori della capanna, una terribile demonessa si presentò davanti a loro. Guardò Rama e subitos'innamorò di lui! Il volto di Rama era bello; quello di lei era orribile. Lui aveva i fianchi snelli; lei aveva unapancia enorme. Lui aveva occhi grandi e dolci; lei aveva occhi sgraziati. Lui aveva capelli morbidi e graziosi; leiaveva i capelli rossi. Lui aveva una forma attraente; lei aveva una forma orribile. Lui aveva una voce dolce; quelladi lei somigliava al latrare di un cane. Lui era giovane; lei era arrogante. Lui aveva grandi capacità; mentre ilparlare di lei era contorto. Lui era di spirito nobile; lei era malvagia. Lui era amabile; lei aveva un aspettoripugnante. Rivolgendosi a Rama questa demonessa disse: "Chi siete, giovanotti; e che cosa fate in questaforesta, con questa donna?".Rama le raccontò tutta la sua storia, di Lakshmana e Sita, dell'esilio dal regno, ecc.; e infine le chiese: "O donnaincantevole, ora dimmi chi sei tu". Subito la demonessa rispose: "Oh Rama! Adesso ti racconterò tutto di me. Iosono Surpanakha, sorella di Ravana. Sono sicura che hai sentito parlare di lui. Egli ha altri due fratelli,Kumbhakarna e Vibhishana. Due altri fratelli, Khara e Dushana, vivono qui nelle vicinanze.Appena ti ho visto mi sono innamorata di te. Cos'hai a che fare con questa brutta ed emaciata Sita? Sposa me,ed entrambi vivremo in questa foresta. Non preoccuparti di Sita e Lakshmana: li divorerò in un baleno". MaRama le rispose sorridendo: "Vedi, ho già mia moglie qui con me. Perché non fai la proposta a mio fratelloLakshmana, che non ha moglie?". Surpanakha - che era tormentata dalla passione - non trovò male ilsuggerimento, e rivolgendosi a Lakshmana disse: "Va bene. Allora sposami tu, e ce ne andremo in giro felici".Lakshmana le rispose scherzando: "Non vedi che sono solo lo schiavo di Rama e Sita? Perché scegli di essere lamoglie di uno schiavo? Così diventerai soltanto una serva. Convinci Rama a scacciare quella brutta moglie e asposare te". Surpanakha si rivolse nuovamente a Rama: "Incapace di lasciare Sita, tu rifiuti la mia offerta.Guarda, la divoro subito. Quando lei non ci sarà più sposerai me, e ce ne andremo insieme felici per questaforesta". E così dicendo si scagliò contro Sita. Rama la fermò in tempo, e disse a Lakshmana: "Che hai fatto? Nonè giusto scherzare con persone crudeli e indegne. Guarda come sta Sita. A stento è riuscita a salvarsi la vita.Vieni, deforma subito questa demonessa e mandala via".Lakshmana fece guizzare la sua spada e recise il naso e le orecchie di Surpanakha. Ella fuggì sanguinante e inlacrime, andò da suo fratello Khara e cadde a terra davanti a lui.Il demone Khara fu molto addolorato nel vedere la sorella Surpanakha cadere priva di sensi davanti a lui, con ilsangue che le usciva profusamente dalle ferite causatele da Lakshmana al naso e alle orecchie. Inginocchiatosiaccanto a lei, Khara disse pieno di collera: "Chi ti ha fatto questo? O sorella, il tuo valore è pari a quello degli dèie dei semidèi. Quale folle ha perpetrato questa stupida azione, autoinvitandosi a una rapida morte per manomia? Di certo neanche Indra, il dio degli dèi, oserebbe offendermi. Surpanakha, riprendi i sensi e dimmi chi èquel folle che oggi ha deciso di morire per mano mia".Ancora stordita, Surpanakha riprese i sensi e disse a Khara: "Oggi ho visto nella foresta due giovani belli epotenti che hanno occhi che somigliano a petali di loto. Sono coperti di corteccia e pelli di daino, e vivono di fruttie radici come gli asceti, dediti all'autocontrollo, alle austerità e al celibato. Essi sono figli di re Dasaratha, e sichiamano Rama e Lakshmana. Con loro ho anche visto una giovane donna bellissima e ornata di gioielli. Equesto ne è il risultato. Fratello, mi farai un grande favore se li farai uccidere: desidero bere il loro sangue".Terribilmente inferocito, Khara ordinò a quattordici dei suoi guerrieri demoniaci: "Due uomini si sono permessi dientrare nella foresta Dandaka. Andate ad ucciderli, e uccidete anche la donna che si trova con loro. Così

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propizierete mia sorella: portatele da bere il sangue di quegli esseri umani".I quattordici demoni partirono subito insieme a Surpanakha, e quando giunsero nell'eremitaggio videro Rama.Anche Rama li vide, e disse a Lakshmana: "Proteggi Sita, Lakshmana! Io mi libererò velocemente di questidemoni e sarò di ritorno".Rama disse ai demoni: "Noi siamo asceti che vivono di frutti e radici. Perché ci molestate? Sappiate inoltre che surichiesta dei saggi e degli asceti che voi tormentate costantemente, noi siamo venuti qui per uccidere i peccatoricome voi".I demoni replicarono: "Avendo provocato il nostro grande condottiero Khara, vi siete giocati la vita. Con questenostre armi vi uccideremo in un istante". Dicendo questo, si lanciarono contro Rama con le lance e le spade inpugno.Rama spezzò le loro armi con i suoi missili, e poi li colpì con quattordici missili contundenti, che trafissero i lorocuori. Essi caddero a terra morti.Atterrita dalla vista di questa fulminea strage, Surpanakha tornò di corsa da Khara.Vedendo ancora una volta Surpanakha rotolare a terra davanti a lui, Khara le chiese bruscamente: "Perché ticomporti così? Ho appena inviato i più formidabili eroi del mio esercito, che certamente uccideranno quegli esseriumani in brevissimo tempo. Quei quattordici eroi mi sono fedelissimi e sono invincibili in battaglia. Abbi un po' dipazienza e smettila con quest'inutile emotività".Surpanakha rispose: "È vero! Poco fa hai mandato quei quattordici eroi insieme a me. Ma ora essi non esistonopiù! Facendo uso di tutta la loro potenza, essi hanno attaccato Rama e Lakshmana. Hanno scagliato le loro armicon tutta la loro forza. Ma sono morti! Con i cuori trafitti dai missili di Rama, ora essi giacciono morti. Dopo averlivisti morti là per terra, e dopo aver visto lo straordinario valore di Rama, sono tornata qui da te profondamenteafflitta dal dolore. Se vuoi salvare in tempo i demoni della foresta Dandaka, devi agire con la massima rapidità.Ma il mio intelletto mi dice che tu non hai la forza d'affrontare Rama. Tu pensi di essere potente, mentre in realtànon lo sei. Se non riuscirai a tener testa a questi esseri umani, per te sarà una disgrazia e una grave calamità.Perché di certo essi distruggeranno presto tutti i demoni; incluso te, fratello mio".Punto sul vivo dalle sue parole, Khara le rispose: "Ti farò vedere quanto sono potente. Non prendo neppure inconsiderazione l'essere umano chiamato Rama. Dopo avermi provocato a combattere con le sue malvagie azioni,ora può considerarsi già morto. Lo abbatterò in un istante con la mia ascia; e tu berrai il suo sangue".Surpanakha fu contenta di udire questa rassicurante promessa, e cominciò a lodare e ad ispirare il fratello.Quindi Khara diede istruzioni al suo comandante in capo Dushana: "Ordina ai miei quattordicimila demoni diprepararsi a marciare immediatamente. Porta subito anche il mio cocchio; desidero guidare le gloriose armate diPulastya, per distruggere quegli umani che si sono permessi di sfidarci".Ben presto portarono il cocchio, risplendente come il sole stesso, e Khara vi montò. In poco tempo il potenteesercito dei demoni fu pronto. Quest'esercito era equipaggiato di ogni sorta di armi: mazze di ferro, lance, clave,ecc.Preceduto da questa potente armata, il grande e valoroso demone Khara andò incontro a Rama, desideroso dicombattere contro il nemico umano.Tutta la natura sembrava essere contro i demoni. Ovunque apparivano cattivi presagi che preannunciavano laloro distruzione. Gli animali gemevano. Nel cielo si videro nuvole spaventose e dall'aspetto minaccioso. Il sole fucircondato da un anello rosso. Un'oscurità paurosa s'impossessò della terra. La gente era confusa e nondistingueva una direzione dall'altra. Ci fu una lunghissima eclisse solare. La terra tremava. Ci furono tempeste dipolvere e di grandine.Cattivi presagi apparvero anche sul corpo di Khara. Il braccio sinistro cominciò a pulsargli. Gli venne un dolorenella fronte. Però nessuno di questi segni ebbe il minimo effetto su di lui! Egli era troppo sicuro della propriaforza! Diceva infatti: "Io non mi preoccupo come i deboli, perché sono molto forte. Potrei anche abbattere lestelle. Non tornerò indietro, se non dopo avere ucciso Rama, Lakshmana e Sita. Io sono invincibile; non sono maistato sconfitto in battaglia da nessuno. Darò soddisfazione a mia sorella, che è stata sfigurata da Rama eLakshmana". Circondato da dodici demoni di grande valore, Khara marciava verso l'eremitaggio di Ramacontinuando a urlare. Dushana era scortato da quattro potenti demoni.Sentendo tutto questo, i saggi e i semidèi pregarono per la vittoria di Rama.Anche Rama notò i cattivi presagi, e disse a Lakshmana: "Guarda questi sconvolgimenti nella natura, chepredicono la distruzione dei demoni. I miei missili si stanno scaldando, prevedendo che oggi saranno usatipropriamente. Vedo che il tuo viso è raggiante: e da ciò capisco che saremo vittoriosi; poiché l'uomo che ha ilvolto senza lustro alla vigilia di una battaglia perirà. Ah, Lakshmana, odo il tumulto provocato dalle forze deidemoni che avanzano. Un saggio deve prendere le giuste precauzioni anche contro una calamità che non si èancora abbattuta su di lui. Perciò desidero che tu e Sita prendiate riparo in quella grotta, mentre io mi occupo diqueste orde di demoni. Lo so che saresti capace di ucciderli tutti: ma stavolta desidero farlo io stesso. Ora tiprego, va'". Lakshmana si rifugiò immediatamente nella grotta con Sita. Rama si compiacque della sua totaleubbidienza.Rama preparò le sue armi e i suoi missili. Gli dèi e i saggi che assistevano alla scena lo benedirono. Alcuni di essierano però preoccupati: "Come potrà Rama, da solo, affrontare quattordicimila demoni?". Presto le ordedemoniache furono in vista. Rama si guardò intorno e osservò attentamente i demoni. Nel suo furore,l'incantevole apparenza di Rama prese l'aspetto di Rudra quando s'apprestava a distruggere il sacrificio rituale diDaksha.Khara e il suo potente esercito raggiunsero l'eremitaggio di Rama. Vedendo Rama in piedi con le sue armi,pronto a colpire, Khara ordinò al suo auriga: "Porta il mio cocchio proprio davanti a Rama". Giunto vicinissimo aRama, Khara cominciò ad attaccarlo con una raffica di proiettili leggeri. Fatto questo, il demone lanciò un urlo. Iseguaci di Khara, crudeli per natura, cominciarono a scagliare contro Rama un gran numero di armiconvenzionali, compreso rami, tronchi e pietre. A grandi frotte, i demoni si precipitarono verso l'eremitaggio percolpire e uccidere Rama. Circondato da tutte le parti, Rama appariva come il grande dio Rudra circondato daisuoi servi!Il corpo di Rama aveva subito molte ferite, ma niente di serio. Eppure egli somigliava al sole del tramonto, la cui

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luce è parzialmente velata dalle nuvole della sera. Vedendo questo, gli dèi, i semidèi e i saggi si preoccuparono.Estremamente adirato dal loro attacco improvviso, Rama brandì la sua arma rotante, dalla quale partironocentinaia e migliaia di missili. Egli usò i missili Nalika (quelli con la punta d'acciaio), Naraca (fatti completamented'acciaio) e Vikarni (missili con il corpo spinato).I demoni cadevano come mosche. I missili di Rama infrangevano le armi convenzionali dei demoni. Colpiti daimissili, le teste dei demoni si spaccavano, i loro scudi e i loro archi venivano spazzati via, ed essi cadevano aterra come alberi abbattuti. A loro volta essi scagliavano contro di lui lance, asce e altre armi del genere, cheperò nulla potevano contro le armi di Rama. Sopraffatti da Rama, i demoni sopravvissuti batterono in ritirata eandarono a cercare rifugio da Khara.Fortemente turbato dal fatto che Rama da solo avesse potuto uccidere migliaia di demoni, Dushana si feceavanti. Anche le forze che s'erano ritirate tornarono a dar battaglia a Rama, scagliando pietre e grossi pezzi dilegno. Rama lanciò un urlo di trionfo e usò il più potente missile Gandharva, che gettò i demoni nella più totaleconfusione. Subito dopo egli tornò alla sua arma rotante e lanciò contemporaneamente centinaia di missili intutte le direzioni. Tale fu l'effetto del missile Gandharva e la velocità con cui Rama lanciava gli altri missili, che idemoni non riuscivano a vedere i missili ma solo Rama che impugnava l'arma. Sembrava che lui non facessenulla: i lanci sembravano automatici. E lo stesso Rama era nascosto dal fuoco, che offuscava anche il sole.Il terreno era tutto ricoperto dei corpi dei demoni morti. Le loro armi erano spezzate; persino le pietre cheavevano lanciato erano state ridotte in polvere. Essi erano stati sconfitti completamente.

[NOTA: I demoni, con la possibile eccezione di Khara, avevano armi non balistiche; Rama invece aveva armibalistiche sofisticate. 'Frecce e archi' non trovano affatto posto qui.]

Affranto dalla vista dei suoi uomini caduti a migliaia, Dushana ordinò a un battaglione di gruppi d'assaltoparticolarmente scelti di combattere e uccidere Rama.Questi attaccarono, usando come armi picche di ferro, spade, lastre di pietra, alberi e alcuni tipi di frecce. MaRama intercettò e distrusse tutte le loro armi con i suoi missili.Infine si fece avanti Dushana in persona. Rama lo tempestò di missili, ma Dushana restituì colpo su colpo.Con straordinaria destrezza, Rama distrusse l'arma di Dushana. Nello stesso tempo Rama spaccò la testaall'auriga di Dushana e abbatté i cavalli.Ora sia Rama che Dushana erano senza cocchio. Brandendo un'arma pesante con innumerevoli punte fatted'acciaio, oro e diamanti, Dushana si scagliò contro Rama. Ma con straordinaria precisione Rama tagliò le duebraccia di Dushana, che caddero impugnando ancora la clava d'acciaio.Allora si fecero avanti contro Rama i tre comandanti delle forze di Dushana. Uno brandiva una picca dal terribileaspetto, l'altro una scimitarra, e il terzo un'ascia. Ma Rama li distrusse mentre ancora si stavano avvicinando alui: a Mahakapala spaccò il cranio; con numerosi missili sconfisse Pramathi, e a Sthulaksha trafisse gli occhi.Il demone Khara impazzì dalla rabbia e gridò alle forze rimastegli: "Guardate che disgrazia! Avete visto come ilpotente Dushana è stato ucciso da un piccolo essere umano! E voi non fate altro che guardare. Via, attaccatequesto Rama e distruggetelo subito".Tutti i demoni rimasti si scagliarono contro Rama, che si liberò subito di loro usando missili che somigliavano alfuoco e che erano adornati con oro e diamanti.I suoi missili non andavano mai sprecati. Se c'erano cento demoni, usava cento missili. Se c'erano mille demoni,usava mille missili e li distruggeva tutti.Così, da solo, combattendo a piedi come un fante, quest'essere umano - Rama - uccise quattordicimila demoniche avevano commesso terribili azioni. Soltanto Khara e un altro demone chiamato Trisira sopravvissero.

[NOTA: Questo capitolo menziona l'uso di oro e diamanti per la preparazione dei missili.Il testo originale usa un gioco di parole per descrivere l'uccisione di questi tre eroi. Mahakapala vuol dire 'GrandeTesta' e il suo cranio viene spaccato. Pramathi è uno che sconfigge: e viene sconfitto. Sthulaksha è 'la cavitàdegli occhi': e gli viene sparato nelle cavità degli occhi.]

Quando Khara si fece avanti per combattere contro Rama, il demone Trisira lo avvicinò e gli chiese il permesso diandare al posto suo. Egli disse a Khara: "Ti giuro che lo ucciderò, oppure sarà lui a uccidermi. Ti assicuro che otu ritornerai a Janasthana felice perché ho ucciso Rama oppure, vedendo che lui ha ucciso me, tu stesso loaffronterai. Ma lasciami andare per primo?". Khara approvò la sua idea.Il demone Trisira era molto potente e fu rapido nel cominciare la sua offensiva. Con la sua arma egli colpì Ramasulla fronte. Tuttavia benché ferito, Rama continuò a combattere come se fosse stato colpito con dei fiori.Mosso da un'immensa furia, con la sua arma Rama lanciò quattro missili che avevano le punte ricurve e che sioccuparono dei cavalli. Con otto missili, egli abbatté l'auriga. E mentre Trisira stava saltando dal cocchio, Rama locolpì al cuore e lo uccise.Per ultimo si fece avanti Khara. Egli possedeva delle armi molto potenti, e inoltre era stato istruito sull'uso dimissili estremamente potenti. Seduto sul suo cocchio, Khara scagliò molti missili contro Rama.Giudicando correttamente la forza del nemico, anche Rama si munì di un'arma più potente. Quindi ebbe inizio uncruentissimo scontro tra Rama e Khara. La potenza di fuoco sprigionata da ambedue le parti oscurava lo stessosole che splendeva nel cielo. Khara lanciò contro Rama i missili Nalika, Naraca e Vikarni.Rama sembrava veramente stanco e gravemente ferito. Approfittando di questa situazione, Khara gli si avvicinòcon l'intento di ucciderlo. Con grandissima abilità, con un colpo solo egli abbatté l'arma di Rama. E mentre Ramaera disarmato, Khara approfittò immediatamente per colpirlo con vari missili. L'impatto di questi missili fu cosìforte che lo scudo protettivo che Rama indossava si spezzò e cadde a terra. Alcuni missili raggiunsero anche leparti vitali del corpo di Rama.Con irrefrenabile ira, a questo punto Rama prese 'l'arma di Vishnu' che il saggio Agastya gli aveva recentementedonata. Afferrandola saldamente, Rama si scagliò contro Khara e lo colpì sei volte.Con un colpo prese la testa di Khara, con altri due colpì le sue braccia, e tre li diresse nel suo petto.

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Nello stesso tempo Rama colpì il cocchio con un tiro che ne spezzò il giogo; quattro colpi furono mirati ai cavalli,e il sesto s'occupò dell'auriga.Il demone Khara però non era ancora morto. Privato del suo cocchio, egli saltò giù e con la clava in mano siscagliò contro Rama.Mentre Khara avanzava con la clava in mano, Rama gli disse: "Tu sei colpevole di un peccato incommensurabile:il peccato di tormentare e uccidere eremiti e asceti innocenti. Anche se fosse il signore dei tre mondi, è giustoche un peccatore di questo tipo sia scansato da tutti. Ora stai per raccogliere il frutto del tuo peccato; poiché inquesto mondo i frutti dolorosi del peccato maturano rapidamente, come le conseguenze di avere ingerito del ciboavvelenato. Penso che il vero scopo per cui mio padre mi ha mandato nella foresta è stato per permettermi disterminare i demoni crudeli e peccatori come te. Presto ti spazzerò via da questo mondo. Presto vedrai queglistessi asceti che hai torturato e ucciso: essi staranno in cielo, mentre tu sarai precipitato nell'inferno".Khara rispose in tono, dicendo: "Finora hai ucciso solo demoni di forza comune; perciò pensi d'essere tantopotente! Non vantarti. Gli eroi e i forti non si vantano, ma le azioni che fanno parlano per loro". Detto ciò, Kharascagliò lesto la sua terribile clava contro Rama. Bruciando tutto ciò che incontrava sul suo cammino, la clavas'avvicinò a Rama, che però la intercettò e la distrusse con un missile antimissile.Rama chiese a Khara: "E questo tutto quello che puoi fare? La clava è stata distrutta. Ora preparati ad andareincontro al tuo destino. Quando sarai messo a dormire per sempre, la foresta Dandaka tornerà ad essere ancorauna volta la dimora dei santi che sono il rifugio di tutte le persone del mondo?". Khara rispose: "Credo cheavvicinandosi la tua fine, tu non sappia cosa dire e cosa non dire. Durante l'ultima ora di vita, l'uomo perde ilpotere di discriminare e non sa cosa fare e cosa non fare". Tuttavia Khara era disarmato, poiché la sua clava erastata distrutta da Rama; allora egli si guardò intorno, in cerca di un'arma da usare: sradicò un grosso albero e loscagliò contro Rama. Ma questi intercettò l'albero con un suo missile. Con una scarica di mille colpi, Ramacrivellò il corpo di Khara. Nonostante ciò il demone malvagio non morì, ma s'avvicinò ancora di più a Rama.Rama indietreggiò di due o tre passi, e prese il missile più micidiale che gli aveva dato il saggio Agastya. Colpitoda questo, Khara cadde a terra morto.I saggi cantarono la gloria di Rama: "In un'ora e mezza tu hai distrutto quattordicimila terribili demoni.Meravigliosa è la tua forza". E continuarono: "Fu solo per questo motivo che i saggi Sarabhanga e Sutikshnasuggerirono sagacemente che tu vivessi qui. Liberati dalla paura, i saggi riprenderanno a praticare qui le loroausterità". Infine essi benedirono Rama. Felicissima d'essere stata testimone delle sue gesta, Sita abbracciòRama.Tra i demoni che erano fuggiti all'inizio, uno (di nome Akampana) andò direttamente a Lanka e informò Ravana.Pieno di stupore e di collera, Ravana interrogò Akampana: "Chi ha osato fare un gesto tanto folle? Chi è quelpazzo, essere umano o sovrumano, che può permettersi di contrastarmi? Né Indra né Kubera, figlio di Visrava, eneppure lo stesso Signore Vishnu può essere felice dopo avermi contrastato! Io sono la morte per la stessamorte. Persino il vento e il fuoco hanno paura di me. Dimmi invero: chi ha perpetrato questo crimine?".Tremante, Akampana disse: "Signore, è stato il giovane figlio di re Dasaratha. Rama è così potente che davanti alui le orde demoniache sono cadute a centinaia e migliaia. I demoni erano talmente atterriti che lo vedevano inqualunque direzione cercassero di fuggire per paura d'affrontarlo! I missili che lanciava s'abbattevano sui demonicome serpenti dalla testa infuocata che sputavano fuoco".Ravana saltò in piedi dicendo: "Ah, è così? Andrò immediatamente a Janasthana e ucciderò questo Rama".Akampana continuò: "Non è così facile, Signore. Tu non conosci il potere di Rama. Non puoi vincerlo in battaglia.Egli è capace di squarciare il firmamento e portare giù le stelle, la luna e i pianeti. E può sollevare la terra intera.Non solo, ma può distruggere l'intera creazione e rifare tutto daccapo. Ti dirò io come può essere sopraffatto.Egli ha una bellissima moglie di nome Sita, che eccelle anche gli esseri celesti per la sua bellezza: non esistealcuna mortale bella come lei. Se con un tranello riuscissi ad allontanare Rama e a rapire Sita, potresti causare lamorte di Rama. Perché Rama non vivrebbe senza Sita".Questo piano piacque a Ravana, che la mattina seguente salì sul suo cocchio e partì per Janasthana; là incontròil demone Marica, al quale disse: "Amico, mio fratello Khara e tutti i demoni di Janasthana sono stati uccisi daRama, il figlio di re Dasaratha. Per vendicarmi, ho deciso di rapire Sita e provocare così la morte di Rama. Hobisogno del tuo aiuto".Marica tremò al solo pensiero. "O capo dei demoni, chi ti ha dato questo consiglio che mira alla distruzione?Certamente non un amico. Chi ti ha dato questo consiglio e ti ispira a rapire Sita è il tuo peggior nemico: è ovvioche egli vuole che tu prenda i denti velenosi del cobra di cui lui ha paura! Ti prego, lascia perdere Rama e nonprovocarlo. Lascia stare Sita: goditi la compagnia delle tue mogli, e lascia che Rama si goda la compagnia di suamoglie Sita".Ravana fece ritorno a Lanka.Surpanakha aveva assistito alla distruzione totale dei demoni di Janasthana, compresa quella del lorocomandante supremo Khara. Scossa dal terrore, si precipitò a Lanka, da suo fratello Ravana - che era il redell'isola - e lo trovò seduto con i suoi ministri in un palazzo il cui tetto sfiorava il cielo.Ravana aveva venti braccia e dieci teste, aveva un petto massiccio ed era dotato di tutte le qualità fisiche di unmonarca. In passato egli aveva combattuto contro gli dèi, e anche contro il loro capo Indra. Era espertissimonella scienza della guerra e conosceva l'uso dei missili celesti in battaglia. Era stato colpito dagli dèi, e persino daldisco (l'arma rotante) del Signore Vishnu, ma non era morto. Aveva infatti praticato austerità indicibili per unperiodo di diecimila anni, e aveva offerto in oblazione le sue stesse teste al Creatore Brahma, ottenendo daquesti il dono che non sarebbe stato ucciso da alcun essere subumano o sovrumano (eccettuato l'uomo). Resospavaldo da questa invulnerabilità, il demone aveva tormentato gli dèi e soprattutto i saggi.Surpanakha si presentò a Ravana mostrando palesemente le amputazioni fisiche che le aveva causatoLakshmana, e gridò al fratello davanti all'assemblea: "Ravana, sei diventato tanto rammollito e dedito ai piaceridei sensi che non sei più degno di essere il re. Il popolo perde ogni rispetto per quel re che si occupa solo deipropri piaceri e trascura i suoi doveri reali. Il popolo s'allontana da quel re che non ha informatori, che ha perso ilcontatto con il popolo e che il popolo non riesce a vedere, e che è incapace di fare ciò che è buono per la gente.È l'impiego di spie che rende il sovrano 'lungimirante', perché tramite loro egli vede molto lontano. Tu hai

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sbagliato a non mettere le giuste spie che raccogliessero informazioni per te. Perciò non sai che quattordicimiladei tuoi sudditi sono stati trucidati da un essere umano. Persino Khara e Dushana sono stati uccisi da Rama. ERama ha assicurato agli asceti di Janasthana - che è un tuo territorio - che d'ora in poi i demoni non faranno loroalcun male. Ora essi sono sotto la sua protezione. Ma nonostante tutto questo, eccoti qua: a gozzovigliare inpiccoli piaceri!"Fratello, anche un pezzo di legno, una zolla di terra o la semplice polvere servono a qualcosa; ma quando un redecade dalla sua posizione diventa totalmente inutile. Invece quel monarca che rimane vigile, e che attraverso lesue spie è a conoscenza di tutto, ed è autocontrollato, pieno di gratitudine e retto nella sua condotta - questigoverna a lungo. Svegliati e agisci, prima di perdere la tua sovranità".Questo indusse Ravana a riflettere.E quando la sua ira fu destata, Ravana chiese a Surpanakha: "Dimmi, chi ti ha sfigurata in questo modo? Cosapensi di Rama? Perché è andato nella foresta Dandaka?".Surpanakha diede una descrizione precisa e pittoresca dell'aspetto fisico di Rama. Ella disse: "Rama è pari inbellezza allo stesso Cupido; e nello stesso tempo è un guerriero formidabile. Quando combatteva contro i demonidi Janasthana, non riuscivo neanche a vedere cosa faceva; vedevo solo i demoni che cadevano morti sul terreno.Tanto per darti un'idea, ti dico che in un'ora e mezza ha ucciso quattordicimila demoni. Ha salvato me forseperché non voleva uccidere una donna. Egli ha un fratello chiamato Lakshmana, che è potente come lui; è ilbraccio destro di Rama e il suo alter-ego: la stessa forza vitale di Rama che si muove al di fuori del suo corpo."Ah, devi vedere Sita, la moglie di Rama. Non ho mai visto neanche una ninfa celeste che le possa esser pari inbellezza. Colui che ce l'ha per moglie e che lei abbraccia amorevolmente, sarà certamente il re degli dèi. Leisarebbe la moglie adatta a te; e tu saresti davvero il pretendente più adatto a lei. Volevo infatti portarti qui labellissima Sita, ma Lakshmana è intervenuto e ha mutilato crudelmente il mio corpo. Se tu la guardassi solo perun attimo, t'innamoreresti immediatamente di lei. Se questa proposta t'interessa, fai subito qualcosa e portalaqui".Ravana fu subito tentato, e diede ordine di preparare immediatamente il suo veicolo anfibio. Questo veicolo,riccamente decorato d'oro, poteva muoversi liberamente dovunque volesse il pilota. La sua parte frontale aveval'aspetto di muli dalle teste diaboliche. Ravana prese posto nel veicolo e si diresse verso il mare.La costa di Lanka era cosparsa d'eremitaggi abitati sia da saggi che da esseri celesti e semidivini. Inoltre eraluogo di villeggiatura di ninfe ed esseri celestiali, che andavano là a fare sport e a divertirsi. Guidando a velocitàelevata in mezzo a loro, Ravana attraversò interi campeggi pieni di veicoli spaziali dei celestiali. Attraversò anchedense foreste d'alberi di sandalo, e piantagioni di banane e di palme da cocco. In quelle foreste c'erano anchespezie e piante aromatiche. Lungo la costa si potevano trovare perle e pietre preziose. Poi attraversò delle cittàche avevano un'aria opulenta.Ravana attraversò l'oceano nel suo veicolo anfibio e raggiunse l'eremitaggio dove Marica viveva da asceta,sostenendosi con una dieta disciplinata. Marica diede il benvenuto a Ravana e gli chiese la ragione della suavisita.Ravana disse a Marica: "Tu sai che quattordicimila demoni, incluso mio fratello Khara ed il grande guerrieroTrisira, sono stati uccisi senza pietà da Rama e Lakshmana, che hanno ora promesso la loro protezione agli ascetidella foresta Dandaka, burlandosi così della nostra autorità. Scacciato dal suo paese dal padre adirato,ovviamente per aver commesso qualche azione deplorevole, questo principe ingiusto e crudele ha ucciso idemoni senza alcuna giustificazione. E i due fratelli hanno osato persino sfigurare la mia amata sorellaSurpanakha. Devo fare immediatamente qualcosa per vendicare la morte di mio fratello e per riaffermare ilnostro prestigio e la nostra autorità. Ho bisogno del tuo aiuto; ti prego di non rifiutare questa volta."Prendendo le sembianze di un cervo dorato di grande bellezza, avvicinati all'eremitaggio di Rama. Sita verràsicuramente attratta, e chiederà a Rama e a Lakshmana di catturarti. E mentre essi correranno dietro a te,lasciando Sita da sola nell'eremitaggio, riuscirò facilmente a rapirla". Mentre Ravana stava ancora spiegando ilsuo piano, la bocca di Marica inaridì per la paura.Trepidante, Marica disse a Ravana: "In questo mondo è facile trovare un consigliere che ti dice ciò che ti piace;ma è assai difficile trovare un saggio consigliere che ti dica la spiacevole verità che è bene per te; e ancora piùdifficile è trovare uno che segua tale consiglio. Sicuramente il tuo sistema informativo è carente, perciò non haiidea del valore di Rama. Altrimenti non penseresti di rapire Sita. Mi chiedo: forse Sita è venuta al mondo perporre termine alla tua vita, o forse a causa sua dovrà esserci molto dolore, o forse reso folle dalla lussuria tu vuoidistruggere te stesso, i demoni e la stessa Lanka. Oh no, ti sei sbagliato nella stima che hai fatto di Rama. Eglinon è malvagio, ma è la giustizia incarnata. Non ha il cuore crudele, ma è generoso fino all'eccesso. Non è statodestituito ed esiliato dal regno, ma è venuto qui dopo aver rinunciato gioiosamente al suo regno per onorare lapromessa che suo padre fece a sua madre Kaikeyi."O re, quando covi l'idea di rapire Sita, stai scherzando davvero col fuoco. Ti prego di ricordare: quando starai difronte a Rama, sarai faccia a faccia con la tua morte. Sita è l'amatissima moglie di Rama, il quale èestremamente potente. Abbandona quest'idea pazzesca. Cosa guadagneresti mettendo a repentaglio la tuasovranità sui demoni e la tua stessa vita? Ti prego, prima d'imbarcarti in questi folli progetti, consulta il nobileVibhishana e i tuoi virtuosi ministri. Sono sicuro che essi ti consiglieranno di non seguirli".Marica continuò: "Ti voglio raccontare dei miei incontri personali con Rama Molto tempo fa ero giovane edenergico, potente e orgoglioso della mia forza. Avevo assunto la terribile forma di una nuvola enorme. Ero ilterrore degli asceti della foresta, perché dissacravo i loro riti sacri. Un giorno il saggio Visvamitra s'apprestava acompiere un rito sacro, e per proteggerlo dalle nostre molestie si recò da re Dasaratha e chiese l'aiuto di Ramaperché custodisse l'altare. Dasaratha lo implorò dicendo che Rama era troppo giovane per questo. PeròVisvamitra assicurò il re che, benché giovane, Rama era l'unico capace di far fronte ai demoni, e ottenne cheRama l'accompagnasse nel suo eremitaggio."Mentre si svolgeva il rito sacro, mi recai come al solito all'eremitaggio. Vedendo fuori il giovane Rama, cercaid'entrare; ma egli mi tirò un missile, dal quale fui scagliato lontanissimo, nell'oceano! Rama era capace di tantoanche quand'era appena un bambino! Come possiamo avere un'idea della sua forza attuale? E come puoiaffrontarlo in battaglia? Se deciderai di portare avanti il tuo piano, sicuramente tutti ne soffriremo. In questo

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mondo la gente soffre anche a causa dei peccati altrui, come soffrono i pesci che vivono in uno stagno infestatodi serpenti. È un grande peccato commettere adulterio. Desisti e goditi le tue mogli, o re."Ascolta pure del secondo incontro che ho avuto con Rama, più recentemente. Giravo per la foresta con un paiodi altri demoni, molestando e uccidendo asceti e bevendo il loro sangue. Nel corso del nostro vagare giungemmodove viveva Rama in quel tempo. Assunta la forma di un cervo, mi precipitai verso Rama, pensando che vivendonella foresta come un asceta egli sarebbe stato debole e impotente. Invece egli prese la sua arma e ci tirò unpaio di missili. Conoscendo già il frutto della sua ira, mi dileguai ed egli non m'inseguì. Ma gli altri furono uccisi."Così salvato miracolosamente per la seconda volta, ho abbandonato la crudeltà e ora vivo qui da asceta,praticando lo yoga e l'autocontrollo. In ogni albero io vedo Rama soltanto, con la sua arma in mano. L'interaforesta mi appare come Rama. Persino le parole che iniziano con la sillaba 'ra' - come ratna, ratha - mi fannotremare. Egli può uccidere facilmente tutti i tuoi soldati e generali; su questo non devi avere alcun dubbio.Conosco personalmente il suo valore. Se tu ti opporrai a lui, soffriranno anche molte persone innocenti. Di certoRama sterminerà completamente la razza dei demoni. Se ha ucciso Khara è stata colpa sua, perché ha provocatoRama e ha causato il combattimento. Se non accetterai il mio consiglio, o re, periremo tutti".Il consiglio di Marica non piacque a Ravana. Egli non l'accettò, come uno che vuole morire si rifiuta di prendereuna medicina salutare. Al contrario, egli rimproverò severamente Marica, dicendo: "Il tuo consiglio è malconcepito ed inutile. Tu non m'impedirai di rapire Sita, che a Rama è più cara della vita stessa e senza la qualenon potrebbe vivere. Quello che hai detto sarebbe stato appropriato se ti avessi chiesto un consiglio: ma inquesto momento io non voglio il tuo consiglio, voglio assoluta obbedienza ai miei ordini. Mi duole, Marica, che tunon sappia come comportarti con il tuo re. Al re ti devi rivolgere con dolcezza dicendo cose non sfavorevoli, mabenefiche, dette umilmente ed educatamente. I re sono come il fuoco, Indra, la luna, Yama (il dio della morte) eVaruna (il dio delle acque). Perciò i re posseggono l'impeto del fuoco, la magnificenza di Indra, la gentilezza dellaluna, l'imparzialità di Yama e la fluidità dell'acqua. Per questo bisogna comportarsi cautamente con i re. Non hochiesto il tuo consiglio, ma ti sto chiedendo di fare un lavoro per me. Se lo farai, ti darò metà del regno di Lanka;se rifiuterai, ti ucciderò subito. Ti conviene decidere d'obbedire. Assumi la forma di un cervo dorato e tenta Sita.Dietro sua richiesta, certamente Rama t'inseguirà. Dopo averlo allontanato, grida: "O Sita, o Lakshmana".Udendo ciò anche Lakshmana andrà in cerca di Rama, lasciando Sita da sola. Allora mi sarà facile portarla via.Può darsi che questo metta a repentaglio la tua vita, ma la tua morte è certa se mi disubbidisci".Malgrado la minaccia, impavidamente Marica consigliò ancora a Ravana: "Chi ti ha dato questo consiglio è ungrande peccatore. È dovere dei ministri dare giusti consigli al re: i tuoi ministri hanno fallito in questo e devonoessere giustiziati. Quando un re prende una malvagia direttiva, i suoi ministri devono frenarlo: i tuoi ministri nonl'hanno fatto. Il ministro che lo fa ottiene la grazia del Signore, e da questa ottiene prosperità e felicità. Se eglinon lo fa, e il re persiste nella sua via malvagia, tutti, incluso i ministri, ne soffriranno. I ministri che incoraggianoil re ad indulgere nella violenza e nel male vengono distrutti insieme al re. Infatti tutto ciò che il re fa coinvolgeinevitabilmente tutti i suoi sudditi, che ne subiscono ugualmente le conseguenze. Se farò quello che vuoi, dicerto Rama mi ucciderà prontamente; e poco dopo ucciderà anche te. In questo caso mi considererò beato,perché andrò incontro alla morte per mano di Rama stesso, che è da preferirsi. Se invece riuscirai a portare Sitaa Lanka, stai pur sicuro che sarà la tua fine. Né i demoni né Lanka sopravviveranno".Ravana era determinato, e Marica sapeva bene che era inutile discutere con lui. Perciò, dopo l'ultimo tentativod'evitare la catastrofe, Marica rassegnato disse a Ravana: "Cosa posso fare se sei tanto malvagio? Sono pronto arecarmi nell'ashram di Rama. Che Dio ti aiuti!".Senza badare al rimprovero, Ravana espresse freddamente la sua gioia per il consenso ottenuto. Egli lodò Maricadicendo: "Questo è lo spirito giusto, amico mio: ora sei tornato il vecchio Marica che conoscevo prima. Penso chepochi minuti fa eri posseduto da qualche spirito maligno, e a causa sua avevi cominciato a predicare un vangelodiverso. Presto, montiamo su questo veicolo e raggiungiamo la nostra destinazione. Appena avrai fatto la tuaparte, sarai libero d'andartene e di fare quel che più vorrai!".Quindi Marica e Ravana salirono sul veicolo anfibio, che ora funse da velivolo, e lasciarono rapidamentel'eremitaggio di Marica. Ancora una volta attraversarono foreste, colline, fiumi e città: e presto raggiunsero idintorni dell'eremitaggio di Rama.Scesero dal velivolo decorato d'oro. Tenendo Marica per mano, Ravana gli disse: "Laggiù c'è l'eremitaggio diRama, circondato da piantagioni di banane. Bene, ora vai e comincia a fare il lavoro per cui siamo venuti qui".Immediatamente Marica si trasformò in un cervo attraente. Era straordinario, totalmente diverso da qualunquealtro cervo che abitasse la foresta. Era unico. Risplendente come una gemma enorme. Ogni parte del suo corpoera di colore diverso. I colori avevano uno splendore e un fascino soprannaturale.Abbellito e decorato dai colori splendenti di tutte le pietre preziose, il cervo - che in realtà era il demone Maricamascherato - cominciò ad andare in giro nei pressi dell'eremitaggio di Rama, brucando l'erba di tanto in tanto.Ad un tratto s'avvicinò a Sita; poi corse via e si unì agli altri cervi che pascolavano ad una certa distanza. Eramolto giocoso, saltellava e si rincorreva la coda roteando.Sita era uscita a raccogliere dei fiori, quando vide di sfuggita quel cervo straordinario e fuori del comune.Notando il suo sguardo, anche il cervo s'avvicinò a lei, sentendo così vicino il compimento della sua missione. Poiscappò via, fingendosi timoroso.Sita rimase stupefatta alla sola vista di quel cervo inconsueto di cui non aveva mai visto alcun pari e i cui colorisembravano tanti gioielli.Dal luogo in cui stava raccogliendo fiori, Sita, piena di meraviglia nel vedere quel cervo straordinario, chiamòforte Rama: "Vieni presto a vedere, Signore; vieni con tuo fratello. Guarda questa creatura straordinaria. Non homai visto un cervo così bello".Rama e Lakshmana guardarono il cervo, e in Lakshmana sorse il sospetto: "Sono diffidente; penso che si trattidel solito demone Marica mascherato. Ho sentito dire che Marica può assumere qualunque forma desideri, e checon questo trucco ha causato la morte e la distruzione di molti asceti in questa foresta. Sicuramente questo nonè un vero cervo: non si è mai sentito parlare di un cervo con i colori dell'arcobaleno, con ognuna delle sue partiche brilla dello splendore di una gemma diversa! Già questo dovrebbe farci capire che è un demone, e non unanimale".

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Sita interruppe il discorso di Lakshmana e disse: "Non importa, una cosa è certa; questo cervo ha accattivato lamia mente. È così caro. Non ho mai visto un tale animale vicino al nostro eremitaggio! Ci sono tanti tipi di cerviche girano intorno all'eremitaggio, ma questo è straordinario e fuori del comune. È superlativo in tutti i sensi: isuoi colori sono meravigliosi, la sua forma è affascinante e anche la sua voce è deliziosa. Sarebbe fantastico se sipotesse prenderlo vivo. Potremmo tenerlo come nostro beniamino, per distrarci la mente. Poi potremmo portarload Ayodhya: sono sicura che i tuoi fratelli e le tue madri lo adorerebbero. Se non fosse possibile catturarlo vivo,allora lo si potrebbe uccidere; amerei tanto averne la pelle. Lo so che non mi sto comportando bene con voi due:ma non posso farci niente; ho perso il mio cuore per quel cervo. Sono terribilmente curiosa".In realtà anche Rama era curioso! Perciò parteggiò per Sita, e disse al fratello: "È bellissimo Lakshmana. È fuoridel comune. Non ho mai visto una creatura come questa. I principi vanno a caccia di animali e conservano le loropelli. Con lo sport e la caccia essi acquistano molte ricchezze! Si dice che la vera ricchezza sia quella che unopersegue senza premeditazione. Perciò cerchiamo di prendere il cervo o la sua pelle. Se, come dici tu, è undemone mascherato, allora sarà mio dovere ucciderlo; come Vatapi, che tormentava e uccideva saggi e asceti, fugiustamente ucciso dal saggio Agastya. Vatapi si fece beffe degli asceti finché non incontrò Agastya. Anchequesto Marica si è fatto beffe degli asceti finora: ma oggi è venuto da me! La bellezza stessa del suo manto è lasua morte. E tu Lakshmana, ti prego, custodisci Sita con estrema attenzione, finché non avrò ucciso questo cervocon un colpo solo e non avrò riportato la sua pelle".Rama si armò e inseguì quello strano cervo, che vistosi cacciato cominciò a scappare lontano. Ora scompariva,ora sembrava molto vicino; ora correva veloce, ora sembrava confuso - in questo modo però condusse Ramamolto lontano dall'eremitaggio. Rama era stanco e aveva bisogno di riposare.Fermatosi sotto un albero, Rama rimase perplesso dal comportamento dello strano cervo; mentre questis'avvicinò insieme ad altri cervi e cominciò a pascolare non lontano da lui. Quando Rama riprese l'inseguimento,esso scappò lontano. Ma Rama non voleva più andare oltre, né perdere altro tempo, e presa l'arma, la caricò conil missile di Brahma e tirò. Il missile penetrò le sembianze illusorie di cervo e trafisse il cuore stesso del demone. Marica gridò forte, saltò alto nel cielo e poi cadde a terra morto. Cadendo, però, ricordò le istruzioni di Ravana e,imitando la voce di Rama, gridò ad alta voce: "Ehi Sita! Ehi Lakshmana!".Rama vide il terribile corpo del demone. Ora sapeva che Lakshmana aveva ragione. Ma ciò che lo sconcertò dipiù fu il modo in cui il demone aveva gridato prima di morire. Pieno d'apprensione, egli s'affrettò versol'eremitaggio.Nell'eremitaggio, Sita e Lakshmana udirono quel grido. Credendo che si trattasse della voce di Rama, Sita fupresa dal panico e disse a Lakshmana: "Presto va', tuo fratello è in pericolo. E io non posso vivere senza di lui. Ilmio respiro e il mio cuore sono molto agitati".Ma ricordando l'ammonimento di Rama di proteggere Sita e non lasciarla mai sola, Lakshmana le disse di nonpreoccuparsi.Sita però divenne sospettosa e furiosa, e gli disse: "Ah, adesso capisco la tua trama! Tu hai posto gli occhi su dime e aspettavi che accadesse questo. Quale tremendo nemico di Rama sei tu, che ti fingi suo fratello!".Addolorato dalle sue parole, Lakshmana rispose: "Nessuno nei tre mondi può sconfiggere Rama, o donna beata!Non era affatto la sua voce. Questi demoni sono capaci di simulare qualsiasi voce. Avendo ucciso quel demonemascherato da cervo, Rama sarà presto qui. Non aver paura!".Ma la sua calma turbò ancora di più Sita, che esplose letteralmente di rabbia e disse: "Tu sei il peggiore nemicoche Rama potesse avere. Lo so che tu ci hai seguiti, fingendoti astutamente fratello e amico di Rama. Ora so cheil tuo vero scopo è avere me, oppure sei un complice di Bharata. Ma non riuscirai. Adesso stesso mi toglierò lavita, perché non posso vivere senza Rama".Profondamente ferito dalle terribili parole di Sita, Lakshmana le disse: "Per me tu sei degna d'adorazione: perciònon posso risponderti. Non c'è da meravigliarsi che le donne si comportino in questo modo: esse infatti svianofacilmente dal Dharma; sono volubili e hanno la lingua tagliente. Non posso sopportare quello che hai appenadetto. Perciò andrò. Gli dèi sono testimoni di quanto è successo qui. Possano gli dèi proteggerti. Ma dubito chequando Rama ed io torneremo, ti troveremo qui". E inchinandosi a lei, Lakshmana partì.Ravana stava aspettando quest'occasione d'oro. Egli prese le sembianze di un asceta. E ricoperto di vestiti colorocra, portando con sé una conchiglia come ciotola per l'acqua, un bastone e un ombrello, egli si avvicinò a Sitache stava ancora in piedi fuori della capanna, aspettando ansiosamente il ritorno di Rama.La presenza stessa di Ravana in quella foresta faceva presagire una disgrazia. Persino gli alberi e le acque deifiumi avevano, per così dire, paura di lui. Mascherandosi da uomo santo, Ravana si presentò davanti a Sita: comeun pozzo profondo coperto di paglia, una trappola mortale.Guardando fisso la nobile Sita, che si era ritirata nella capanna con gli occhi grondanti di lacrime, Ravana le siavvicinò; e sebbene il suo cuore fosse colmo di lussuria, egli cantava degli inni vedici. Usando un tono dolce,tenero e affettuoso, Ravana disse a Sita: "Giovane donna! Dimmi, sei tu la dea della fortuna o la dea dellamodestia, o sei forse la consorte dello stesso Cupido?". Poi Ravana descrisse l'incomparabile bellezza di Sita intermini apertamente immodesti, assolutamente indegni di un anacoreta, di cui aveva assunto la forma. Econtinuò: "O donna incantevole! Tu mi hai rubato il cuore. Non ho mai visto una donna così bella, né tra gliesseri divini né tra quelli semidivini. La tua forma straordinaria, la tua giovinezza, e il fatto che vivi in questaforesta, tutte queste cose messe insieme turbano la mia mente. Non è giusto che tu debba vivere in questaforesta. Dovresti vivere in una reggia. Nella foresta ci vivono le scimmie, i leoni, le tigri e gli altri animali selvatici.La foresta è l'ambiente naturale dei demoni, che ci si muovono liberamente. Tu vivi da sola in questa forestaspaventosa: non hai paura, amabile donna? Ti prego, dimmi, perché vivi in questa foresta?".Ravana aveva l'apparenza esteriore di un brahmana. Perciò Sita gli offrì la venerazione e l'ospitalità che era suodovere offrire a un brahmana. Lo fece accomodare e gli diede dell'acqua per lavarsi i piedi e le mani. Quindi misedel cibo davanti a lui.Tutto quello che lei faceva aumentava soltanto la lussuria di Ravana e il suo desiderio di rapirla e portarla con séa Lanka.Allora Sita rispose alle sue domande. Egli sembrava un brahmana e, se non avesse risposto alle sue domande,avrebbe potuto adirarsi e maledirla. Sita disse: "Sono figlia del nobile re Janaka; il mio nome è Sita. Sono l'amata

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consorte di Rama. Dopo il nostro matrimonio, Rama ed io abbiamo vissuto nel palazzo di Ayodhya per dodicianni". Quindi gli narrò sinceramente tutto quello che successe prima dell'esilio di Rama nella foresta; e continuò:"Perciò, quando Rama aveva venticinque anni e io diciotto, lasciammo il palazzo reale e cominciammo la vitanella foresta. Ora noi tre viviamo in questa foresta. Mio marito, Rama, tornerà presto portando della selvaggina evari frutti selvatici. Ora vi prego di dirmi chi siete voi, brahmana, e cosa fate in questa foresta tutto solo".Ravana non perse tempo e, rivelando la sua vera identità, disse: "Io non sono un brahmana, Sita: io sonoRavana, il signore dei demoni. Il mio stesso nome incute terrore nel cuore degli dèi e degli uomini. Appena t'hovista, ho perso il mio cuore per te; e non traggo più alcun piacere dalla compagnia delle mie mogli. Vieni con mee sii la mia regina, Sita. Amerai Lanka, la mia capitale, circondata dal mare e situata in cima a un monte. Làvivremo insieme, e ti godrai la vita, e non penserai più nemmeno una volta a questa miserabile vita nellaforesta".Udendo questo, Sita s'infuriò e disse: "Io ho deciso fermamente di seguire Rama, che è pari al dio degli dèi,potente, leggiadro e devoto alla giustizia. O re dei demoni, nutrire un desiderio per me che sono sua moglieequivale a legarsi un macigno intorno al collo e cercare d'attraversare a nuoto l'oceano: si è condannati a morte.Non puoi neanche paragonarti a lui: tu sei come uno sciacallo, mentre lui è il leone; tu sei come un metallocomune, e lui è l'oro".Ravana però non rinunciò al suo desiderio, anzi ripetè: "Neanche gli dèi osano stare davanti a me, o Sita!Timoroso di me persino Kubera, il dio della prosperità, abbandonò il suo veicolo spaziale e scappò sul Kailash. Segli dèi, comandati da Indra, hanno solo un presentimento della mia ira, si dileguano. Anche le forze della naturami obbediscono. Lanka è circondata da mura possenti. Le case sono costruite d'oro, con le porte incastonate dipietre preziose. Dimentica questo Rama, che vive come un asceta, e vieni con me. Lui non ha neppure la forzadel mio dito mignolo!". Sita era su tutte le furie: "Certo comportandoti così tu vuoi la distruzione di tutti i demoni.E non potrebbe essere altrimenti, visto che hanno un re tanto indegno, privo di autocontrollo. Potrestisopravvivere dopo aver rapito la moglie di Indra, ma non dopo aver rapito me, la moglie di Rama".Ravana fece crescere enormemente il suo corpo e disse a Sita: "Tu non ti rendi conto di quanto io sia potente.Posso fare un passo nello spazio e sollevare la terra con le mie braccia; posso bere le acque degli oceani; e possouccidere la stessa morte. Posso lanciare un missile e far scendere il sole. Guarda le dimensioni del mio corpo".Mentre egli espandeva la sua forma, Sita volse lo sguardo da lui. Riprendendo la sua forma originaria con dieciteste e venti braccia, Ravana si rivolse nuovamente a Sita: "Non ti piacerebbe diventare famosa nei tre mondi?Sposami dunque, e io ti prometto che non farò nulla per dispiacerti. Togliti dalla mente quel Rama mortale einsignificante".Ravana non attese una risposta: afferrando Sita per i capelli e sollevandola con le sue braccia, egli lasciòl'eremitaggio. Subito l'aureo veicolo spaziale gli fu davanti, ed egli vi salì insieme a Sita.Mentre veniva portata via Sita gridò forte: "O Rama". Poi gemette ad alta voce: "O Lakshmana, sempre devoto altuo fratello maggiore, non sai che Ravana mi sta portando via?". E a Ravana disse: "Vile demone, tu raccoglierai ifrutti di quest'azione malvagia, anche se non si manifesteranno immediatamente". Poi disse come tra sé:"Certamente Kaikeyi sarebbe felice oggi". E rivolta agli alberi, al fiume Godavari, alle divinità della foresta, aglianimali e agli uccelli, disse: "Vi prego, dite a Rama che sono stata portata via dal malvagio Ravana". Infine videJatayu e gridò forte: "Jatayu! Guarda, Ravana mi sta portando via".Udendo quel grido d'aiuto, Jatayu si svegliò e si precipitò da Ravana dicendo: "Io sono Jatayu, il re degli avvoltoi.Ti supplico Ravana, desisti da questa azione indegna di un re. Anche Rama è un re, e la sua consorte è degnadella nostra protezione. Un saggio non deve indulgere in azioni che lo disonorano davanti agli altri. E la moglie diun altro è degna di protezione quanto la propria. Sia gli eruditi che la gente comune spesso emulano l'esempiodel re; ma se lo stesso re si rende colpevole d'indegna condotta, cosa sarà del popolo? Se tu persisti nella tuamalvagità, anche la prosperità di cui godi ti lascerà presto."Perciò t'invito a lasciare andare Sita. Non bisogna accollarsi un peso superiore a quello che si può portare; nonbisogna mangiare quello che non si riesce a digerire. Chi mai indulgerà in un'azione che è causa di dolore e chenon promuove la giustizia, la fama o la gloria permanente? Io ho sessantamila anni e tu sei giovane. Ti avverto.Se non lasci andare Sita, non riuscirai a portarla via finché io sarò vivo e capace di fermarti! Ti abbatterò insiemeal tuo veicolo spaziale".Non potendo tollerare quest'insulto, Ravana si volse contro Jatayu pieno di collera. Jatayu colpì il velivolo e lostesso Ravana, il quale a sua volta restituì ferocemente il colpo a Jatayu.Il combattimento aereo tra Ravana e Jatayu appariva come la collisione tra due montagne alate. Ravana usò tuttii missili convenzionali: i Nalika, i Naraca e i Vikarni. Ma il poderoso uccello se li scrollò di dosso. Jatayu squarciòla calotta del velivolo e ferì lo stesso Ravana.Con grande veemenza Jatayu strappò l'arma (un cannone) dalle mani di Ravana e la spezzò con i suoi artigli.Ravana prese un'arma ancora più terribile, che lanciò letteralmente una pioggia di missili. Contro di essi Jatayuusò le sue stesse ali come scudi efficaci.Lanciandosi anche su quest'arma, Jatayu la distrusse con i suoi artigli e lacerò perfino l'armatura di Ravana. Nonsolo, ma danneggiò anche i propulsori dorati del velivolo spaziale di Ravana, che avevano la forma di demoni; ecosì danneggiò il mezzo che avrebbe potuto portare il suo occupante dovunque avesse desiderato. Il velivoloprese fuoco. Con il suo potente becco, Jatayu dilaniò il collo del pilota di Ravana.Poiché il velivolo spaziale era stato messo temporaneamente fuori uso, Ravana saltò fuori, trattenendo ancoraSita col suo braccio poderoso.Mentre Ravana era ancora sospeso in aria, Jatayu lo sfidò di nuovo: "Essere malvagio, neanche adesso vuoidesistere dal male. Di certo hai deciso di provocare la distruzione dell'intera razza dei demoni.Inconsapevolmente o volontariamente tu stai ingoiando del veleno che certamente ucciderà te e tutta la tuastirpe. Rama e Lakshmana non tollereranno la tua azione peccaminosa: e tu non potrai contrastarli sul campo dibattaglia. L'azione indegna che stai commettendo è riprovevole. Ti stai comportando come un ladro, non comeun eroe". Jatayu si lanciò su Ravana e gli lacerò il corpo con violenza.Quindi ci fu un violento scontro frontale tra i due. Ravana colpì Jatayu con un pugno, ma Jatayu riuscì astrappare le braccia del demone. Immediatamente però gliene crebbero altre.

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Ravana colpì Jatayu, prendendolo con un calcio. Dopo un po' Ravana sguainò la sua spada e recise le ali diJatayu. Privato delle sue ali, Jatayu cadde morente.Vedendo Jatayu a terra, Sita si precipitò da lui piena d'angoscia, come sarebbe accorsa al fianco di un parenteintimo. Affranta da un'inconsolabile dolore, Sita cominciò a lamentarsi a gran voce.Mentre Sita gemeva vicino a Jatayu, Ravana le si avvicinò. Guardandolo con infinito disprezzo, Sita gli disse:"Vedo presagi terribili, Ravana. Sia i sogni che il comportamento e le grida degli animali e degli uccelli sono chiarisegni delle cose a venire, ma tu non li noti! Ahimè, ecco Jatayu, il caro amico di mio suocero che sta morendoper me. O Rama, o Lakshmana salvatemi, proteggetemi!".Ravana l'afferrò di nuovo con la forza e la portò dentro il velivolo, che era stato rimesso in condizioni di volare. IlCreatore, gli dèi e gli esseri celesti che avevano assistito a tutta la scena esclamarono: "Evviva! Il nostro scopoverrà sicuramente raggiunto". Anche i saggi della foresta Dandaka gioirono interiormente al pensiero: "Ora chequesto demone malvagio ha toccato Sita, la sua fine e quella di tutti i demoni è vicina". Mentre veniva portata viada Ravana, Sita gridava piangendo: "O Rama, o Lakshmana".Tenuta stretta in grembo da Ravana, Sita era nella tristezza più assoluta. Il suo volto esprimeva angoscia edolore. I petali dei fiori caduti dalla sua testa si sparsero un po' sul corpo di Ravana. Lei aveva una bellacarnagione dorata, mentre lui era scuro. Seduta sul suo grembo, ella sembrava un fiocco d'oro indosso a unelefante, o come la luna che splende in mezzo ad una nube tenebrosa, o come il bagliore di un fulmine in unadensa nuvola nera.Il veicolo spaziale balenava nel cielo rapido come una meteora. Sulla terra sottostante, gli alberi ondeggiavanocome per rassicurare Sita dicendo: "Non temere". Le cascate sembravano lacrime che uscivano dalle montagne,e le persone dicevano tra loro: "Davvero il Dharma non esiste più, visto che Ravana sta portando via Sita".Ancora una volta Sita rimproverò Ravana: "Dovresti vergognarti di te stesso. Ti vanti del tuo valore; ma mi staiportando via come un ladro! Tu non mi hai vinta in duello, cosa che sarebbe stata considerata eroica. Ora permoltissimo tempo a venire si parlerà della tua ignominia, e il tuo atto ingiusto e deplorevole sarà ricordato dallagente. Mi stai portando via a tale velocità che nessuno può fare qualcosa per fermarti. Se solo avessi il coraggiodi fermarti per qualche attimo, ti ritroveresti morto. Il mio Signore Rama e suo fratello Lakshmana non tirisparmieranno. Lasciami andare, demone! Ma tu non vuoi ascoltare ciò che è bene per te. Proprio come chi èarrivato alla soglia della morte ama solo cose dannose. Rama scoprirà presto dove sono e tu sarai mandato nelmondo dei morti".Ravana continuò il suo volo, benché di tanto in tanto la paura lo facesse trepidare.Il veicolo spaziale volò su colline e foreste e s'avvicinò all'oceano. In quel momento Sita vide sul terrenosottostante cinque forti vanara seduti a guardare con curiosità il velivolo. Con un rapido movimento, Sita si tolse igioielli, li avvolse nello scialle che aveva sulle spalle e gettò il tutto in mezzo ai vanara, nella speranza che se percaso Rama fosse passato di là, essi avrebbero potuto dargli un'indicazione della direzione in cui era stata portatavia.Ravana non s'accorse di nulla e continuò a volare. Ora il velivolo, che si muoveva nello spazio a forte velocità,stava sorvolando l'oceano. Poco dopo Ravana atterrò a Lanka insieme alla prigioniera Sita. Quindi Ravana fecestabilire Sita nei suoi appartamenti privati, affidandola alle cure di alcune delle sue ancelle principali. E disse loro:"Prendetevi grande cura di Sita; che nessun maschio s'avvicini a questi appartamenti senza un mio precisopermesso; fate in modo che Sita possa avere tutto ciò che desidera. Qualsiasi negligenza da parte vostra vorràdire morte immediata".Ravana stava tornando nei suoi appartamenti, e camminando pensava cos'altro poteva essere fatto perassicurare il successo del suo piano. Fece chiamare otto dei suoi demoni più feroci e li istruì dicendo: "Andateimmediatamente a Janasthana. Prima quel territorio era dominato da mio fratello Khara, ma ora è statodevastato da Rama. Sono furibondo al pensiero che un semplice essere umano abbia potuto uccidere Khara,Dushana e tutte le loro forze. Non importa; distruggerò presto Rama. Tenetelo d'occhio e informatemi dei suoimovimenti. Siete liberi di provocare la sua distruzione". I demoni partirono immediatamente.Ravana tornò da Sita e l'obbligò a visitare gli appartamenti. Il palazzo era sostenuto da pilastri d'avorio, oro,cristallo e argento, ed era tutto costellato di diamanti. Il pavimento, le pareti, le scale - tutto era fatto d'oro ediamanti.Poi disse di nuovo a Sita: "In questo palazzo ci sono più di mille demoni sempre pronti ad eseguire i miei ordini.Io pongo ai tuoi piedi i loro servigi e l'intera Lanka. Io offro a te la mia vita. Tu hai per me più valore della miastessa vita. E ai tuoi ordini saranno pure tutte le gentildonne che ho sposato. Diventa mia moglie. Lanka ècircondata da ogni lato da ottocento miglia di oceano. Nessuno vi si può avvicinare, e meno di tutti Rama.Dimentica il debole Rama. Non preoccuparti delle definizioni che le Scritture danno della giustizia: ci sposeremosecondo i riti nuziali dei demoni. La giovinezza vola via presto. Sposiamoci subito e godiamoci la vita".Ponendo un filo d'erba tra sé e Ravana, Sita disse: "O demone! Rama, il figlio di re Dasaratha, è il mio Signore,l'unico che io adoro. Lui e suo fratello Lakshmana porranno certamente fine alla tua vita. Se essi t'avessero vistomettere le tue mani su di me, t'avrebbero ucciso all'istante, così come hanno mandato Khara al riposo eterno.Forse tu non puoi essere ucciso da demoni e dèi; ma non puoi sfuggire alla morte per mano di Rama eLakshmana. Il tuo fato è segnato, senza ombra di dubbio. Tu hai già perso la vita, la fortuna, l'anima stessa e isensi, e a causa delle tue malvagie azioni Lanka è già rimasta vedova. Anche se tu non la senti, la morte stabussando alla tua porta. O peccatore, in nessuna circostanza potrai mai mettere le tue mani su di me. Puoilegare questo corpo, o puoi distruggerlo: dopotutto non è altro che materia inanimata, e non reputo importantepreservarlo, come non considero importante vivere qui... una vita che mi darebbe solo obbrobrio".Trovandosi impotente, Ravana fece ricorso alle minacce: "T'avverto, Sita. Ti do dodici mesi di tempo per decidered'accettarmi come tuo marito. Se entro questo lasso di tempo non prenderai questa decisione, i miei cuochi tifaranno a pezzi e ti mangerò a colazione".Poi, non avendo più altro da dirle, si rivolse alle ancelle che la circondavano e ordinò loro: "Conducete Sita nelboschetto di asoka e tenetela là. Per farla cedere al mio desiderio, usate tutti i metodi di persuasione checonoscete. Sorvegliatela attentamente. Prendetela e piegate la sua volontà come domereste un elefanteselvaggio".

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Le demonesse portarono via Sita e la confinarono nel boschetto di asoka, al quale esse stesse fecero la guardiagiorno e notte. In quel posto Sita non trovava pace nella mente, e sopraffatta dalla paura e dall'angoscia pensavacostantemente a Rama e a Lakshmana.Si dice che in quel periodo Brahma, il Creatore, sentendosi turbato dalla sofferenza di Sita, così parlò a Indra, ilcapo degli dèi: "Sita è prigioniera nel boschetto di asoka. Languendo per il marito, ella potrebbe togliersi la vita.Va' dunque a rassicurarla, e portale il cibo celeste che la sosterrà finché Rama non giungerà a Lanka".Allora Indra apparve davanti a Sita. Per dimostrarle la sua identità le mostrò che i suoi piedi non toccavano perterra e le sue palpebre non battevano. Poi le diede il cibo celeste dicendo: "Mangia questo, e non avrai più fameo sete, né sarai mai più presa dalla fatica".Mentre Indra parlava con Sita, la dea del sonno (Nidra) aveva preso possesso delle demonesse.Marica, il demone che aveva preso le sembianze di un cervo singolare, era stato ucciso. Ma Rama era rimastoperplesso e ansioso per la maniera in cui era morto, gridando 'O Sita, o Lakshmana'. Rama intuì l'esistenza di unterribile complotto. Perciò s'affrettò a tornare al suo eremitaggio.Nel frattempo vide molti cattivi presagi, che aggravarono la sua ansietà. E pensò: "Se Lakshmana ha udito quellavoce, forse sarà corso ad aiutarmi, lasciando Sita da sola. I demoni vogliono sicuramente fare del male a Sita, etutto questo potrebbe essere proprio un complotto per raggiungere tale scopo".Mentre procedeva preoccupato verso l'eremitaggio, egli vide Lakshmana che veniva verso di lui. L'angosciatoRama incontrò il triste Lakshmana; l'afflitto Rama vide l'addolorato LakshmanaPrendendo Lakshmana per il braccio, Rama gli chiese con tono pressante: "Perché hai lasciato Sita da sola e seivenuto qui? La mia mente è piena d'ansietà e di grande timore. Quando vedo tutti questi cattivi presagi intorno anoi, temo che qualcosa di terribile sia successo a Sita. Sono certo che Sita è stata rapita o uccisa"Il silenzio di Lakshmana e il suo volto angosciato aumentarono il fuoco dell'ansietà nel cuore di Rama, checontinuò a chiedergli: "Sta bene Sita? Dov'è la mia Sita, la vita della mia vita, senza la quale non posso vivereneanche per un'ora? Oh, che cosa le è successo? Ahimè, il desiderio di Kaikeyi oggi è stato esaudito. Se vengoprivato di Sita, certamente morirò. Cos'altro potrebbe volere Kaikeyi? Come potrò sopravvivere, se entrandonell'eremitaggio non troverò Sita viva?"Dimmi, Lakshmana. Parla. Certamente quando quel demone ha gridato 'O Lakshmana' con la mia voce, avraitemuto che mi fosse successo qualcosa. Sicuramente anche Sita avrà udito quel grido e, in uno stato di grandeagonia mentale, ti avrà mandato da me. È doloroso che Sita sia stata lasciata sola. Immensamente angustiatidall'uccisione del demone Khara, tutti i demoni non aspettavano altro che l'opportunità di vendicarsi, e oggil'hanno avuta. Sono sicuro che approfittando della nostra assenza hanno fatto molto male a Sita. Che posso fareadesso? Come posso affrontare questa terribile disgrazia?".Ancora Lakshmana non riusciva a pronunciare una parola su quanto era accaduto. Infine i due fratelli arrivaronovicino all'eremitaggio. Tutto ciò che vedevano faceva riaffiorare in loro il pensiero di Sita.Prima d'arrivare all'eremitaggio, pieno d'apprensione per Sita, Rama disse ancora una volta a Lakshmana: "Nondovevi venire via, lasciando Sita da sola nell'eremitaggio. Io l'avevo affidata alla tua protezione".E siccome Rama continuava a ripeterlo tante volte, Lakshmana rispose: "Non sono venuto da te, lasciando Sitada sola, semplicemente perché ho udito il demone Marica gridare 'O Lakshmana, o Sita' imitando la tua voce; masono venuto solo perché sono stato letteralmente spinto da Sita a farlo. Quando udì quel grido, fu presa subitodall'angoscia e mi chiese di correre ad aiutarti. Io cercai di calmarla dicendole: "Non è la voce di Rama! Èimpensabile che Rama, che è all'altezza di proteggere persino gli dèi, pronunci la parola 'salvatemi'". Ma ellainterpretò male il mio atteggiamento, e disse qualcosa di molto crudele, qualcosa di molto strano, qualcosa cheodio perfino ripetere. Disse: "O tu sei un agente di Bharata oppure hai intenzioni indegne verso di me, e perciòsei felice che Rama sia in pericolo e non corri ad aiutarlo". Solo allora fui costretto a partire".Nella sua ansia per Sita, Rama non prestò attenzione alla spiegazione di Lakshmana, e disse al fratello: "Sviatodalle parole di una donna adirata, tu non hai eseguito i miei ordini; non sono molto contento di quello che haifatto".Rama si precipitò nell'eremitaggio, ma non vi trovò alcuna traccia di Sita. Confuso e disperato oltremisura,mentre continuava a cercare Sita, Rama si ripeteva: "Dov'è Sita? Ahimè, forse è stata divorata dai demoni, oforse è stata portata via da qualcuno, o forse si è nascosta da qualche parte, o forse è andata nella foresta". Male loro ricerche non diedero frutto. La sua angoscia superò ogni limite. Non trovandola, Rama fu completamentesopraffatto dal dolore e cominciò a comportarsi come un pazzo.Incapace di controllarsi, egli chiese agli alberi, agli uccelli e agli animali della foresta: "Dov'è la mia Sita?". Gliocchi dei cervi, le proboscidi degli elefanti, i rami degli alberi, i fiori - tutto lo faceva pensare a Sita. "Di certo voisapete dov'è la mia amata Sita. Sicuramente avete un suo messaggio per me. Non me lo direste? Nonalleviereste il dolore del mio cuore?". Così gemeva Rama. A volte gli sembrava di vedere Sita in lontananza e,avvicinandosi a 'lei', diceva: "Mia amata, non scappare. Perché ti nascondi dietro quegli alberi? Non vuoiparlarmi?". Poi diceva tra sé: "No, non era Sita. Ah, è stata divorata dai demoni. L'ho lasciata solanell'eremitaggio per farla mangiare dai demoni?". Lamentandosi così, in preda al dolore, Rama passò un po' ditempo vagando e correndo in giro.Rama tornò nuovamente all'eremitaggio e, vedendolo vuoto, diede ancora sfogo al suo dolore. Egli chiese aLakshmana: "Dov'è andata la mia amata Sita? O forse è stata davvero portata via da qualcuno?". Di nuovo,immaginando che fosse tutto un gioco e uno scherzo preparato da Sita, diceva: "Basta giocare, Sita! Vieni fuori.Vedi, anche i cervi sono tristi perché non ti vedono".Poi, volgendosi ancora a Lakshmana, diceva: "Io non posso vivere senza la mia Sita. Presto mi riunirò a miopadre nell'altro mondo. Ma egli potrebbe adirarsi con me e dirmi: "Ti ho detto di vivere nella foresta perquattordici anni; come mai sei venuto qui prima?". Ah Sita, non abbandonarmi".Lakshmana cercava di consolarlo: "Non angosciarti. Tu sai che Sita ama la foresta e le grotte sulla montagna.Dev'essere andata là. Cerchiamola nella foresta. Questa è la cosa giusta da fare, non dolerti".Queste coraggiose parole allontanarono per un momento la tristezza da Rama. Pieno di zelo ed impazienza,Rama cominciò a setacciare la foresta insieme a Lakshmana. Poi Rama piombò di nuovo nello scoraggiamento:"È strano, Lakshmana, non riesco a trovare Sita da nessuna parte". Ma Lakshmana continuò a consolarlo: "Non

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temere, fratello; ritroverai presto la nobile Sita".Ma stavolta le sue parole ebbero meno significato per Rama. Sopraffatto dal dolore, egli prese a lamentarsi:"Dove troveremo Sita, e quando? L'abbiamo cercata dappertutto nella foresta e sulle colline, ma non l'abbiamotrovata". Gemendo in tal modo, afflitto dal dolore, con il cuore e l'intelletto sconvolti dalla perdita di Sita, Ramaspesso sospirava angosciato, mormorando: "Ah, mia amata".Ad un tratto credette d'averla vista, mentre si nascondeva dietro dei banani, e poi dietro degli alberi di karnikara.E rivolgendosi a 'lei' disse: "Mia amata, ti ho vista dietro i banani! Ah, ora ti vedo nascosta dietro l'albero dikarnikara. Mia cara, basta, basta con questo gioco; il tuo scherzo aumenta la mia angoscia. Lo so che questogioco ti piace; ma ti prego, adesso smetti e vieni da me".Quando Rama si rese conto che era solo una sua allucinazione, si rivolse di nuovo a Lakshmana lamentandosi:"Ora sono certo che qualche demone ha ucciso la mia amata Sita. Come posso tornare ad Ayodhya senza Sita?Come posso presentarmi davanti a Janaka, suo padre? Oh, no! Lakshmana, anche il paradiso è inutile senza Sita.Io continuerò a vivere nella foresta; tu puoi tornare ad Ayodhya. E puoi dire a Bharata che egli deve continuare agovernare il paese".

[NOTA: L'espressione di dolore di Rama è vivida, altamente poetica e piena di sringara-rasa (amore). Ma nonsono riuscito a rendergli giustizia; e questo vale anche per le descrizioni delle stagioni in questa sezione.]

Rama era inconsolabile, e la sua angoscia contagiò persino il prode Lakshmana. Piangendo profusamente, Ramacontinuò a parlare a Lakshmana, che a questo punto era stato preso anche lui dal dolore: "Nessuno in tutto ilmondo è colpevole di tanti errori quanto lo sono io. Ed è per questo, caro Lakshmana, che subisco un dispiaceredopo l'altro, un dolore dopo l'altro, che mi spezzano il cuore e mi rendono demente. Persi il mio regno, e fuistrappato via da parenti e amici. E dopo essermi rassegnato alla sfortuna, persi mio padre e fui separato da miamadre. Venendo in questo eremitaggio, mi stavo rassegnando per l'ennesima volta alla sfortuna; ma non potevorestare in pace a lungo. Ora sono stato visitato da questa terribile disgrazia, la peggiore di tutte."Ahimè, quanto amaramente avrà pianto Sita mentre veniva trascinata via da qualche demone. Forse è stataferita; forse il suo amabile corpo è stato ricoperto di sangue. Perché mai, mentre lei pativa tutte quellesofferenze, il mio corpo non è esploso in mille pezzi? Ho paura che il demone abbia squarciato la sua gola ebevuto il suo sangue. Quali atrocità deve aver sofferto mentre veniva trascinata dai demoni."Lakshmana, questo fiume Godavari era il suo luogo preferito. Ricordi com'era solita venire qui, e sedendo suquesta lastra di pietra ci parlava e rideva? Forse era venuta al fiume Godavari a raccogliere dei fiori di loto? Mano! Non sarebbe mai venuta in questi posti da sola."O sole! Tu sai quello che la gente fa e quello che non fa. Tu sai cos'è vero e cos'è falso. Tu sei testimone ditutto. Ti prego, dimmi, dov'è andata la mia amata Sita. Perché con questo dolore sono stato privato di tutto. Ovento! Tu sai tutto quello che succede nel mondo, perché sei dappertutto. Ti prego, dimmi, in quale direzione èandata Sita?".Poi Rama disse a Lakshmana: "Guarda se Sita è da qualche parte vicino al fiume". Dopo avere cercato,Lakshmana tornò e riferì di non averla trovata.Rama stesso andò dal fiume e gli chiese: "O Godavari, ti prego, dimmi: dov'è andata la mia amata Sita?". Ma ilfiume non rispose. Era come se, temendo l'ira di Ravana, il Godavari mantenesse il silenzio.Rama era scoraggiato. Chiese ai cervi e agli altri animali della foresta: "Dov'è Sita? Vi prego, ditemi in qualedirezione è stata portata via".Allora egli osservò che tutti i cervi e gli altri animali si volsero verso sud, e alcuni di loro andarono perfino versosud. Quindi Rama disse a Lakshmana: "Guarda, indicano tutti che Sita è stata portata via in direzione sud".Anche Lakshmana interpretò il comportamento degli animali come un segno sicuro che Sita era stata portata viain direzione sud, e suggerì a Rama che anche loro dovevano procedere in quella direzione.Mentre andavano videro dei petali di fiori caduti a terra. Rama li riconobbe e disse a Lakshmana: "Guarda! Questipetali appartengono a dei fiori che avevo dato a Sita. Di sicuro, nel loro zelo d'aiutarmi, il sole, il vento e la terrahanno fatto in modo di mantenere freschi questi fiori".Continuarono a camminare, e Rama vide delle orme sul terreno: due le riconobbe immediatamente come quelledi Sita. Le altre due erano grandi - ovviamente erano le orme di un demone. Vari pezzetti d'oro erano disseminatiper terra. Ma ecco, Rama vide anche del sangue che, egli concluse, doveva essere il sangue di Sita. Di nuovogemette: "Ahimè, qui il demone ha ucciso Sita per mangiarne la carne". Vide anche i segni di una lotta, e disse:"Forse c'erano due demoni, che hanno lottato per impadronirsi della carne di Sita".Poi Rama vide sul terreno i resti di un'arma spezzata e di un'armatura d'oro, una calotta rotta, ed anche ipropulsori e altre parti di un velivolo. Vide inoltre qualcuno che giaceva morto e che aveva l'aspetto del pilota delvelivolo. Da tutte queste cose concluse che due demoni avessero combattuto per appropriarsi della carne di Sita,prima che uno riuscisse a portarla via.Rama disse a Lakshmana: "Ora i demoni hanno suscitato la mia ira e si sono guadagnati il mio odioinestinguibile. Li distruggerò tutti. Anzi, distruggerò tutte le potenze che rifiuteranno di restituirmi Sita. Guardal'ironia del fato, Lakshmana: noi aderiamo al Dharma, ma il Dharma non ha potuto proteggere Sita, che è statarapita in questa foresta! Se le potenze che governano l'universo hanno assistito alla malvagità con cui Sita èstata divorata dai demoni, senza far nulla per arrestarla, chi mai farà ciò che per noi è piacevole? Penso che lanostra mitezza venga scambiata per debolezza. Noi siamo dotati d'autocontrollo e compassione, e siamo devoti albenessere di tutti gli esseri: eppure queste virtù sono ora diventate come dei vizi per noi. Adesso metterò daparte tutte queste virtù e l'universo vedrà la mia gloria suprema che causerà la distruzione di tutte le creature,inclusi i demoni. Se Sita non mi viene riportata immediatamente, distruggerò i tre mondi; gli dèi, i demoni e lealtre creature periranno, perché diventeranno bersagli dei miei missili più potenti. Quando, pieno di collera,prendo in mano la mia arma, nessuno può affrontarmi, o Lakshmana, nello stesso modo in cui nessuno puòsfuggire alla vecchiaia e alla morte".Vedendo l'umore distruttivo di Rama, Lakshmana cercò di consolarlo dicendogli:"Ti prego, Rama, non andare contro la tua natura. La bellezza nella luna, lo splendore nel sole, il moto nell'aria e

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la resistenza nella terra: queste cose fanno parte della loro natura essenziale. Ma tutte queste cose si trovano inte, e in più la gloria eterna. La tua natura non può abbandonarti; come neanche il sole, la luna e la terra possonoabbandonare la loro natura! Inoltre, come re, non puoi punire tutte le creature per il peccato di una solapersona."I sovrani miti e pacifici danno al crimine la giusta punizione. Ma soprattutto tu sei il rifugio e la mèta di tutti gliesseri. Senza dubbio io troverò il vero criminale che ha rapito Sita, scoprirò di chi sono quest'armatura e questearmi; e tu darai la giusta punizione al colpevole. Oh no, nessun dio ti farebbe un dispiacere, o Rama; né questialberi, queste montagne e questi fiumi. Sono sicuro che essi ci aiuteranno con zelo nella nostra ricerca di Sita.Certo, se non riuscissimo a riavere Sita con mezzi pacifici, allora prenderemo in considerazione altri mezzi."O Rama, chi non viene visitato dalla sventura in questo mondo? Però la sventura lascia l'uomo con la stessarapidità con la quale lo ha visitato. Perciò, ti prego, riacquista la calma. Se tu che sei dotato d'intelligenza divinamostri mancanza di sopportazione di fronte a questa disgrazia, che cosa dovrebbero fare gli altri in similicircostanze?"Re Nahusha, che era potente quanto Indra, fu colpito dalla sventura. Il saggio Vasishtha, il nostro precettore,ebbe cento figli e li perse tutti in un giorno! La terra è sconvolta da eruzioni vulcaniche e terremoti, il sole e laluna sono oscurati dalle eclissi, la sventura colpisce i grandi uomini e anche gli dèi."Giacché in questo mondo la gente compie azioni i cui risultati non sono manifesti; e le azioni, che possonoessere buone o cattive, portano i loro frutti. Naturalmente questi frutti sono evanescenti. Le persone dotated'intelligenza illuminata sanno ciò che è buono e ciò che non è buono; le persone come te non s'addolorano difronte alle sventure, né si fanno ingannare da esse."Perché ti sto dicendo tutto questo, Rama? Chi è più saggio di te in questo mondo? Però ti sto dicendo questecose perché, com'è naturale, il dolore sembra aver velato la tua saggezza. Queste cose le ho imparate da te:adesso sto solo ripetendo ciò che tu stesso mi hai insegnato prima. Perciò, Rama, conosci il tuo nemico ecombattilo".Allora Rama chiese a Lakshmana: "Dimmi, che cosa dobbiamo fare adesso?". E Lakshmana rispose: "Di sicurodobbiamo cercare Sita in questa foresta".Questo consiglio piacque a Rama, che fissò immediatamente la baionetta alla sua arma e con un'espressione dicollera sul volto partì per andare in cerca di Sita. Subito dopo, a poca distanza, Rama e Lakshmana s'imbatteronoin Jatayu, che era rimasto mortalmente ferito e sanguinava profusamente.Vedendo quell'enorme avvoltoio allungato per terra, il primo pensiero di Rama fu: "Sicuramente questi è coluiche ha divorato Sita". E gli corse incontro con la baionetta in canna.Vedendo Rama che gli si scagliava contro, e intuendo il suo stato, Jatayu disse con flebile voce: "Sita è stataportata via da Ravana. Io ho cercato di oppormi, combattendo contro il potente Ravana. Ho rotto la suaarmatura, la calotta, i propulsori e altre parti del suo veicolo spaziale. Ho ucciso il suo pilota e ho anche ferito luistesso, ma egli mi ha reciso le ali e mi ha abbattuto".Udendo che l'avvoltoio aveva notizie di Sita, Rama gettò le sue armi, gli si inginocchiò accanto e l'abbracciò.Rama disse a Lakshmana: "Un'altra calamità da sopportare. Non c'è dunque fine alla mia sventura? La miasfortuna s'abbatte anche su questa nobile creatura, amica dei miei padri". Rama chiese a Jatayu altreinformazioni su Sita e Ravana.Jatayu rispose: "Portando Sita con sé, il demone è volato via con il suo velivolo, lasciandosi dietro una nube euna tempesta misteriosa. Io sono rimasto mortalmente ferito. Ah, i miei sensi si offuscano... mi sento venirmeno, Rama. Ma ti assicuro che ritroverai Sita". Presto Jatayu fu senza vita, anzi senza corpo, perché la suaanima ascese in cielo.Preso nuovamente dall'angoscia, Rama disse a Lakshmana: "Jatayu è vissuto molto a lungo, eppure oggi hadovuto lasciare il corpo; nessuno in questo mondo può sfuggire alla morte. Quale nobile fine! Quale grandeservigio mi ha reso questo nobile avvoltoio! Le anime pie e nobili si trovano anche tra le creature subumane.Oggi ho dimenticato tutte le mie sventure precedenti: sono così addolorato per la perdita di questo caro amicoche ha sacrificato la sua vita per amor mio! Lo cremerò io stesso, perché possa raggiungere i reami più sublimi".Rama in persona celebrò i riti funebri, declamando quei mantra vedici che si recitano in occasione dellacremazione dei propri parenti stretti. Subito dopo, Rama e Lakshmana continuarono il loro viaggio in cerca diSita.

[NOTA: La descrizione del coltello fissato 'all'arco' indica abbastanza chiaramente qualcosa di simile allabaionetta.]

Procedendo verso sud-ovest, Rama e Lakshmana raggiunsero una densa e profonda foresta vergine chiamataKraunca. Quindi proseguirono verso est e uscirono da quella foresta. Lungo il cammino attraversaronol'eremitaggio del saggio Matanga. La foresta intorno all'eremitaggio era ancora più terribile di quelle attraversateprima.In questa foresta essi videro una grande caverna che non aveva mai visto la luce del sole o della luna; e là vicinovidero una demonessa che aveva un orribile aspetto: aveva l'addome vistosamente sporgente, i denti aguzzi e lapelle dura, ed era intenta a divorare animali selvatici. Quando li vide arrivare, saltò rapidamente addosso aLakshmana e cominciò a trascinarlo dicendo: "Vieni, divertiamoci. Io sono Ayomukhi. Ti amo, e sono sicura che tirendi conto che sono degna di te. Con me potrai dominare incontrastato tutta questa foresta e goderti la vita".Ma con sveltezza e maestria egli le fece quello che aveva già fatto a Surpanakha.I due fratelli andarono avanti e arrivarono in una foresta ancora più densa nella quale era difficile entrare.Intuendo il pericolo, Lakshmana disse a Rama: "Tieni pronta la tua arma, Rama: vedo molti cattivi presagi,benché ce ne sia anche uno buono che presagisce il nostro successo". Mentre diceva questo, davanti a loro ci fuun grande clamore, e presto videro un demone dall'aspetto terribile e insolito.Il demone aveva un torace possente e un corpo enorme, ma non aveva né testa né collo; aveva la boccanell'addome, e parlava come il tuono. Aveva un solo occhio sulla fronte, che era nel torace. Era dotato di lunghebraccia con le quali catturava le sue prede! Il suo nome era Kabandha. Ora egli bloccava la via di Rama e

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Lakshmana. Quando essi si avvicinarono, egli li afferrò, nonostante cercassero di tornare indietro.Stretti nella ferrea morsa di Kabandha, i due fratelli erano impotenti. Rama affrontò coraggiosamente la terribileprova; mentre Lakshmana fu preso dallo sconforto, e disse al fratello: "Per me è finita, Rama. Che la mia vita siaofferta in sacrificio a questo demone; ti prego, liberati dalla sua morsa e continua a cercare Sita. E poi,riguadagnando il tuo regno, possa tu governare per sempre".Stavolta toccò a Rama consolare il fratello e ridargli la fiducia in se stesso. Kabandha disse loro: "Ero moltoaffamato. Mi siete capitati tra le mani proprio per appagare la mia fame".Rama fu preso nuovamente dall'angoscia e disse: "Certo il Tempo e la Morte non risparmiano nessuno; prima cheusciamo da una tragedia, siamo sopraffatti da un'altra".Kabandha chiese loro: "Vi prego di dirmi chi siete, voi che siete arrivati al momento giusto per appagare la miafame". Ma invece di rispondergli, Lakshmana disse a Rama: "Ovviamente la forza di questo demone sta nelle suebraccia. Tagliamogliele subito. È disarmato, e quindi non è giusto che lo uccidiamo".Kabandha fu infastidito dalla conversazione tra Rama e Lakshmana, perciò s'apprestò a divorarli senza perderealtro tempo. Mentre li stava avvicinando alla sua bocca, Rama e Lakshmana, che sapevano cosa fare, e dove equando farlo, tagliarono rapidamente le braccia del demone con le loro spade. Il demone cadde a terra con unurlo possente Poi guardò di nuovo i principi e domandò: "Chi siete?". Lakshmana gli disse chi erano e che cosa liaveva portati nella foresta; quindi chiese a sua volta al demone: "E tu chi sei?".Kabandha narrò la sua storia con queste parole: "Nella mia vita precedente possedevo una forma radiosa egigantesca che rivaleggiava con il sole e la luna. Ero molto potente; ed ebbro di potere, assalivo i saggi e anchegli dèi."Propiziai il Creatore Brahma e ottenni da lui il dono di una vita lunghissima. Inebriato da questo dono, attaccaibriga con Indra, il re degli dèi. Ma servendosi della sua potente arma - il fulmine - Indra mi colpì privandomi dellegambe, della testa e della bocca, che furono tutte spinte nel mio torace. Quando l'implorai di uccidermi, piuttostoche lasciarmi in quello stato, egli rispose che non voleva andare contro il dono concessomi dal Creatore. Equando lo supplicai: "Come posso procurarmi il cibo, con questa forma?", Indra mi concesse queste bracciaeccezionalmente lunghe."Con questa forma una volta attaccai il saggio Sthulasira, che poi mi maledì: "Continua a rimanere in questaforma". L'implorai di modificare la sua maledizione, affinché potesse aver fine questa mia terribile condizione.Allora egli mi benedì: "Quando Rama e Lakshmana passeranno di qui e ti taglieranno le braccia, sarai liberato daquesta forma". Per il fatto stesso che mi avete tagliato le braccia, io so che voi siete Rama e Lakshmana. Viprego, eseguite la mia cremazione. Dopo sarò in grado di aiutarvi in qualunque modo vorrete".Rama pensò immediatamente a Sita! E chiese dunque a Kabandha: "Ti prego, dimmi dov'è Sita. Mi è stato dettoche è stata rapita da Ravana, ma io non so chi sia costui, qual è il suo aspetto e dove si trova. Ti prego di dirmitutto questo". Il demone però ripeté: "Non ho il potere di conoscere le risposte alle tue domande. Prima diessere cremato da te, non posso sapere le risposte alle tue domande su Sita".Aiutato da Lakshmana, Rama cremò personalmente il demone Kabandha. Mentre il fuoco ardeva, il corposgraziato di Kabandha sembrò dissolversi tra le fiamme. E da quel fuoco emerse un essere radioso coperto dicandidi indumenti e adorno di gioielli. Sospeso nello spazio con il suo corpo etereo, quest'essere divino disse aRama:"Adesso ti rivelerò in che modo ritroverai certamente Sita. In questo mondo, quando si è di fronte ad unacalamità, vi sono sei modi di superarla: e uno di essi consiste nel coltivare l'amicizia di qualcuno che si trova nellastessa situazione. Senza un tale amico, Rama, non riuscirai nell'impresa di ritrovare Sita. Io ti dirò come e dovetrovare quest'amico."C'è un vanara chiamato Sugriva, il cui fratello - Vali - lo ha scacciato dal regno. Sugriva ti aiuterà nella tuaimpresa. Nello stesso tempo egli potrà essere aiutato nel suo desiderio di riottenere il regno perduto. Così visarete d'aiuto l'uno all'altro. Ma anche se tu non potessi aiutarlo, egli ti aiuterà certamente nella tua impresa.Sugriva vive sul monte Rshyamuka: è molto intelligente e conosce tutto di questo mondo; possiede grandecultura ed è fedele alla parola data. Sotto di sé ha un gran numero di vanara, con il cui aiuto Sita potrà esserefacilmente ritrovata. Se necessario, egli manderà le truppe vanara ad invadere Lanka, e dopo avere sconfitto idemoni ti riporterà Sita".Poi il trasformato Kabandha descrisse nei dettagli la strada per raggiungere il monte Rshyamuka: "Procedendoverso occidente, da un monte all'altro, da una foresta all'altra, raggiungerai il lago Pampa, le cui acque sonolimpide e senza alghe. Nel lago troverai bellissimi cigni e pesci. Darai loro da mangiare e berrai le acque del lago.E poi incontrerai i vanara, che vanno anch'essi al lago."Anticamente il saggio Matanga viveva in quella regione. I suoi discepoli lo servivano portandogli il cibo dallaforesta. Le gocce di sudore che cadevano dal loro corpo irrigavano le piante della foresta; per questo i fiori lànon appassiscono né muoiono. Il saggio non c'è più, e anche i suoi discepoli hanno lasciato il corpo. Maun'anziana discepola del saggio è ancora viva. Il suo nome è Sabari: e sta aspettando con ansia la tua visita,dopodiché ascenderà in cielo. Quella foresta è chiamata Matangavana: a est della foresta c'è il monteRshyamuka, molto scosceso e molto difficile da scalare. Ma all'eroe che riesce a scalarlo, esso riserva uncompenso particolare: i suoi sogni si avverano. Rama, quando raggiungerai quel monte, scorderai sicuramente iltuo dolore. Sugriva dimora in una grotta su un versante della montagna".Rama e Lakshmana seguirono le indicazioni di Kabandha, e raggiunsero la sponda occidentale del lago Pampa.Là videro l'incantevole eremitaggio dell'ascetica Sabari.Non appena Sabari li vide, li accolse con grande rispetto e devozione, si prostrò ai loro piedi e adorò Rama.Rama le chiese come stava e se era riuscita a conquistare tutti gli ostacoli lungo il sentiero spirituale. Le chieseanche qual era il risultato delle sue pratiche spirituali e se godeva della pace suprema.Colma di sublime devozione, Sabari gli rispose: "Adesso ho raggiunto la perfezione delle mie austerità, perché hopotuto vedere te! Oggi la mia nascita ha dato il suo frutto, e l'adorazione che ho offerto ai miei precettori haassunto significato. Ora che ho visto te, Rama, posso anche ascendere in cielo. I miei occhi ti hanno visto. Il miocuore è stato purificato; e con la tua grazia potrò ascendere ai mondi della vita eterna".E continuò: "Quando tu eri appena giunto a Citrakuta, gli altri discepoli del saggio Matanga ascesero in cielo. Ma

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prima mi dissero: "Presto Rama e Lakshmana verranno qui: rimani nell'ashram fino ad allora e adorali! Dopopotrai raggiungerci". O Rama, ti offro i frutti migliori di questa foresta. Ti prego di accettarli e di benedirmi".Dopo avere accettato la sua ospitalità, Rama le chiese di mostrargli tutte le cose associate con il saggio Matangae i suoi discepoli. Allora Sabari mostrò loro la foresta che prendeva il nome da Matanga; il posto dove essiavevano praticato le austerità e dove avevano lasciato il corpo; l'altare usato per i rituali; la confluenza dei setteoceani; le vesti di corteccia che essi avevano lasciato (e che si erano preservate intatte) e i fiori che restavanosempre freschi.Dopo aver mostrato loro tutto quanto, Sabari offrì il suo corpo al fuoco sacro e, abbandonando il corpo fisico,assunse un risplendente corpo astrale e ascese in cielo.Poi Rama disse a Lakshmana: "Abbiamo visto il sacro eremo pieno di meraviglie di questi saggi; abbiamo visto glianimali felici che vivono liberamente in questo posto; abbiamo visto i sette mari, e abbiamo anche offertolibagioni per i nostri antenati. Sento che tutte le nostre cattive azioni passate sono state espiate e che la nostracattiva sorte è giunta al termine".Lasciando l'eremitaggio di Sabari, andarono verso il monte Rshyamuka, dopo essere passati vicino al lagoMatangasara, sussidiario del Pampa, pieno di alligatori e tartarughe e che, con i suoi loti e ninfee dai molti colori,aveva l'aspetto di un bellissimo tappeto.Raggiunta la montagna, Rama disse a Lakshmana: "Ti prego, va' a cercare Sugriva".

FINE DELL'ARANYA KANDAM

Libro quarto: KISHKINDHA KANDAM - il soggiorno a Kishkindha

La primavera era nell'aria. La vita risorgeva dalla terra. Era il tempo in cui si manifestano nuove cose: nuovacrescita, nuova nascita. L'amore era nell'aria. L'amore afferrava i cuori di tutti gli esseri.La primavera penetrava in Rama passando attraverso le vie dei suoi sensi. Tutto ciò che vedeva, tutto ciò cheudiva, tutto ciò che odorava, tutto ciò che toccava gli ricordava l'amata Sita. E il ricordo di Sita rinnovava il suodolore, facendolo lamentare per la sua perdita:"O Lakshmana, ammira questo meraviglioso lago Pampa; guarda come splende, simile a una gemma immensa. Eguarda questi alberi ricoperti di fiori: tanto piacevoli agli occhi, essi agitano la mia mente e rinnovano il miodolore."Penso alla vita ascetica che Bharata sta facendo ad Ayodhya per causa mia, e penso a Sita. Tutta la terra èricoperta da un tappeto di bellissimi fiori multicolori. Gli alberi sono pieni dei loro fiori e dei fiori dei rampicantiche li avvinghiano."Guarda qui, Lakshmana, questi alberi di Karnikara non sembrano più alberi. Con i fiori colorati che indossano mifanno pensare a dei nobiluomini vestiti di giallo e riccamente adorni. Però, malgrado tutto questo, nel mio cuorec'è un peso. La primavera, che ha portato gioia e voglia di cantare agli uccelli e a tutti gli altri animali, non faaltro che intensificare il mio dolore, perché sono stato separato dalla mia cara Sita. E Cupido, che porta amore epiacere a tutte le creature, aggrava solo il mio dolore."Quando questi uccelli e animali cinguettavano e facevano vari versi, Sita ne rimaneva deliziata, e veniva acercare la mia compagnia per condividere la sua gioia. Vedi, Lakshmana, come le api e anche le femmine degliuccelli, quando si uniscono ai loro compagni, emettono suoni deliziosi che esprimono la loro gioia. Tutte questecose, che mi entrano attraverso le percezioni dei sensi, risvegliano in me l'amore."Ho paura, Lakshmana, che la stagione estremamente piacevole della primavera mi consumi dal dolore, perchésono stato privato della compagnia di Sita. La primavera che è qui, e la separazione da Sita che è lontana dallamia vista: queste due cose mi bruciano dentro. Com'è strano che anche la piacevole brezza ravvivi il mio dolore.Il pavone che danza con la sua compagna sembra beffarsi di me! Vedi, Lakshmana, come questa pavonessas'avvicina con amore al suo compagno: l'amore è comune a tutti gli esseri, anche a quelli subumani. Ora anchela mia amata Sita s'avvicinerebbe a me allo stesso modo, se non fosse stata portata via da quel demone".Rama continuò:"Sicuramente dove vive la mia Sita ora è primavera. Se anch'io sono tanto tormentato dall'arrivo della primaverae dall'assenza di Sita, come potrebbe lei godersi la primavera o evitare il tormento causato dalla primavera?"O Lakshmana, comincio ad essere sempre più convinto che, consumata dal fuoco della separazione da me, Sitanon potrà sopravvivere. Sita ed io siamo eternamente uniti l'una all'altro: ella in me ed io in lei."Ma no! Guarda quel corvo: prima era solito lamentarsi, presagendo il rapimento di Sita. Ora invece sembra

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trasmettere il gioioso messaggio che presto sarò riunito alla mia amata"Però quando vedo quell'albero di asoka che si agita mosso dal vento, e lascia cadere i suoi fiori, mi sembracome se mi mostrasse i pugni in segno di minaccia. Guarda il placido e bellissimo lago Pampa, letteralmentecoperto di ninfee e di loti che si riflettono meravigliosamente sulle sue acque. Eppure esso non mi dona alcunagioia, perché non ho Sita con me."Quale strano potere possiede l'amore! Esso rende vivo e potente il ricordo della persona amata che è andata viaed appare irraggiungibile. Certo io riesco a sopportare il dolore causatomi dalla separazione da Sita, ma lastagione primaverile rende lo strazio insopportabile. Tutto ciò che insieme a Sita era piacevole, senza di leidiventa insopportabile!"In questo momento, tutto qui mi ricorda di Sita: il loto mi ricorda i suoi occhi di loto, la brezza soave mi ricordail suo respiro."Sono sicuro che il monte Rshyamuka dev'essere ricco di minerali: anche la polvere che si solleva qui sembraavere tanti colori, che fanno pensare a polvere minerale. Tutti gli alberi sono nel pieno della fioritura. E gli arbustirampicanti che si avvinghiano agli alberi fanno pensare ad amanti che si abbracciano. Senti il vento, come sidiverte: soffiando da un albero all'altro, da foresta a foresta, godendo della fragranza e della dolcezza dei diversifiori."Sembra che gli alberi facciano a gara, in uno spirito di sana competizione, a rivestirsi di vesti sempre più ricchedi magnifici fiori. E quando il vento soffia su di loro, mi sembra che ciascun albero voglia rivendicare la propriasupremazia sugli altri, muovendo la sua cima in un gesto di autoaffermazione."Questo luogo è così bello, o Lakshmana, che se solo Sita fosse qui con me, non invidierei neppure i piaceri e legioie di cui gode il re del cielo".Rama continuò:"Lakshmana, guarda quei due cervi: guarda come il maschio e la femmina si divertono felicemente su quelmonte. Ahimè, io ho perso la mia amata Sita e sarò felice solo quando mi riunirò a lei. Senza la mia Sita la vita èinsopportabile; però so benissimo che quando la ritroverò mi tornerà anche l'entusiasmo e la gioia di vivere.Sono molto preoccupato per Sita: perché so che starà soffrendo terribilmente per il fatto che è stata separata dame."Sono anche preoccupato per quello che dovrò fare quando tornerò ad Ayodhya, dopo il completamento deiquattordici anni di esilio: come potrò presentarmi davanti a re Janaka, e che cosa gli dirò quando mi chiederà diSita? E che cosa dovrò dire a mia madre Kausalya, quando con amore mi chiederà notizie della sua amata nuora?"Com'è terribile che colei che ha tanto insistito per seguirmi anche nell'esilio mi sia stata portata via! Com'èterribile che colei che ha voluto rimanere con me e servirmi anche nell'esilio, sia stata rapita senza che io potessiimpedirlo! Dov'è Sita? Quando udrò di nuovo le sue dolci parole? O Lakshmana, ritorna ad Ayodhya e riunisciti alnobile Bharata. Dimenticami. Io non posso vivere senza Sita".Il nobile e saggio Lakshmana disse a Rama: "Liberati da questo dolore, che ti è causato dalla separazione daSita! Anche uno stoppino asciutto s'accende quando viene cosparso con molta resina. Allo stesso modo, unamente calma viene agitata dall'eccessivo attaccamento affettivo. Dovunque possa essere, Ravana non potràvivere se non rilascerà Sita immediatamente. Anche se si nascondesse all'inferno, anche se si nascondesse nelgrembo di Diti (la madre dei demoni), lo ucciderò e libererò Sita."Mantieni quello stato mentale positivo che costituisce la tua vera natura: un oggetto perduto non vieneritrovato, se non con uno sforzo! Perché questo sia possibile dobbiamo coltivare l'entusiasmo. L'entusiasmo è ilpotere più grande. Per l'uomo dotato d'entusiasmo non c'è nulla in questo mondo che non sia possibileconseguire. L'uomo pieno d'entusiasmo non si fa prendere dalla disperazione. Ritroveremo Sita facendo guidarele nostre azioni dall'entusiasmo. O Rama, liberati da questo dolore originato dall'affetto, che sfortunatamente havelato la tua gloria suprema".Incoraggiato da Lakshmana, Rama ritrovò la sua serenità. Poi i due fratelli cominciarono a scalare il monteRshyamuka.Un giorno Sugriva vide due uomini potenti che salivano su per la montagna; e preso dallo spavento si rifugiònell'eremo del saggio Matanga.Quando Sugriva vide i due potenti eroi, Rama e Lakshmana, si sentì in pericolo: aveva paura che fossero statiinviati dal fratello maggiore per ucciderlo. Circondato dai suoi ministri, Sugriva si spostò continuamente da unacollina all'altra, cercando d'evitare il confronto con gli stranieri.Vedendo Sugriva così agitato, uno dei suoi ministri - Hanuman - gli disse: "Ti prego, abbandona questa paurairrazionale. Siamo ancora sul monte Malaya (Rshyamuka), che è inaccessibile a Vali. Qui non vedo Vali danessuna parte. Un re come te non deve permettere che la sua mente venga turbata. Noi dobbiamo osservare imovimenti e le azioni degli altri, e sapere che cosa passa nella loro mente! Questa è la vera abilità di governo!".Il discorso di Hanuman fu ben accolto da Sugriva, che gli rispose: "È naturale che uno sia apprensivo quandovede guerrieri potenti come quelli. Quando i re come Vali vogliono distruggere i loro nemici, ricorrono a moltistratagemmi ingannevoli: perciò, non bisogna fidarsi dei re. E nemmeno possiamo fidarci del loro aspetto,Hanuman, perché spesso i nemici uccidono mascherandosi. Vali è scaltro, e anche noi dobbiamo ricorrereall'astuzia per sventare i suoi tentativi di uccidermi. Ti prego, mascherati come si deve e va' da loro; e per amormio, cerca di scoprire chi sono con l'aiuto delle gesta che faranno e delle parole che diranno mentre tu miloderai".Hanuman si travestì da mendicante, si presentò umilmente ai due principi, e dopo essersi inchinato chiese loro:"Pur essendo vestiti da asceti, voi avete l'aspetto di saggi reali o dèi. Vi prego di dirmi chi siete e che cosa fatequi. Avete braccia potenti da principi, ma non portate ornamenti! Le vostre armi sono magnifiche, e riccamenterivestite d'oro e pietre preziose."Adesso vi dirò chi sono io. Un grande capo dei vanara (gli abitanti della foresta) Si è rifugiato qui, dopo esserestato scacciato dal suo regno dal suo crudele fratello Vali. Il suo nome è Sugriva; e io sono Hanuman, un suoministro. Sugriva desidera la vostra amicizia. Anch'io sono un vanara, anche se ho assunto le sembianze di unmendicante".Rama ammirò moltissimo il discorso di Hanuman, e disse a Lakshmana: "Di certo nessuno può parlare come lui

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se non è maestro dei tre Veda. Non c'è una sola pecca nel suo linguaggio, nel suo modo di esprimersi, o nellascelta delle parole o dei gesti. Ne sono rimasto favorevolmente impressionato. Ti prego, dagli una rispostaappropriata". Allora Lakshmana disse ad Hanuman: "Abbiamo già sentito parlare del nobile Sugriva! Anche noisaremmo felici d'incontrarlo e coltivare la sua amicizia per il bene reciproco".Felice di ascoltare le parole di Lakshmana, Hanuman chiese a Rama: "Vi prego di dirmi perché siete in questaforesta e in che modo noi possiamo aiutarvi".Lakshmana raccontò tutta la loro storia nei dettagli, fino al rapimento di Sita; e aggiunse: "Non sappiamo dovevive il demone che ha rapito Sita e non conosciamo neanche i suoi poteri. Ma poco tempo fa abbiamo incontratoil demone Danu (Kabandha), che mentre ascendeva ai mondi superiori ci ha predetto che Sugriva ci avrebbeaiutati a trovare il demone che ha portato via Sita. Quindi siamo giunti fin qui seguendo le sue istruzioni. Questoè un evento straordinario, Hanuman! Colui che è il rifugio del mondo intero cerca rifugio in Sugriva. Colui la cuigratificazione porta gratificazione a tutti, cerca il favore di Sugriva, il capo dei vanara. Sugriva dovrebbe aiutareRama a realizzare la sua impresa".Dopo questo discorso Hanuman fu ancora più felice, e disse: "Siamo stati veramente fortunati che voi due, chesiete maestri della vostra mente e dei vostri sensi, siate venuti qua da noi. Anche Sugriva ha bisogno del vostroaiuto. Privato di sua moglie e del suo regno dal fratello Vali, Sugriva vive qui in esilio, in preda al terrore. Eglidarà certamente a Rama tutto l'aiuto che potrà".Hanuman si spogliò del travestimento da mendicante e scortò i principi in presenza di Sugriva. Poi mise Sugrivaal corrente dell'identità di Rama e Lakshmana, e concluse: "O re, ricevi Rama e Lakshmana con l'onore dovuto, ecoltiva la loro amicizia".Dopo avere dato il benvenuto a Rama e a Lakshmana, Sugriva disse loro: "Hanuman mi ha raccontato ogni cosa.Se accettate la mia amicizia, ecco qua la mia mano!". A queste parole, Rama strinse la mano di Sugriva eabbracciò il re in un gesto genuino d'affetto e amicizia. Poi Hanuman accese il fuoco sacro che doveva renderetestimonianza a questa nuova e significativa alleanza. Girando intorno al fuoco, Sugriva disse a Rama: "Adesso tusei il mio carissimo amico; d'ora in poi noi divideremo le nostre gioie e le nostre tristezze".Dopo la cerimonia del fuoco, quando tutti si rimisero seduti, Sugriva disse a Rama: "Mio fratello Vali mi ha privatodel regno, e anche mia moglie mi è stata portata via da lui. Io mi sono rifugiato qui, su questo monte, che è didifficile accesso a Vali; ma vivo costantemente nel terrore. Ti prego, Rama, fa' in modo che la causa della miapaura sia rimossa".Rama rispose immediatamente: "Guarda questi miei missili, Sugriva! Ben presto io ucciderò quel malvagio Vali".Sugriva disse a Rama: "Hanuman mi ha spiegato il motivo per cui sei venuto qui. Io non so dove vive Ravana néconosco i suoi poteri, ma presto scoprirò tutto. Sia che egli viva su questa terra o negli inferi, Ravana non cisfuggirà! Stai pur certo. A proposito, mi ricordo di qualcosa che accadde non molto tempo fa. Penso si trattasseproprio di Sita, che veniva portata via da un demone, che ovviamente era Ravana. Vedendoci seduti su questomonte, quella donna gettò un fagottello che cadde vicino a noi. Ella gridava ad alta voce: 'O Rama, oLakshmana'. Il fagottello conteneva dei gioielli, che noi abbiamo conservato".Rama era impaziente di vedere i gioielli! Quando Sugriva li portò vedendoli, Rama cominciò di nuovo a gemereforte, e disse al fratello "Vedi Lakshmana, guarda quest'indumento di Sita che lei ha gettato giù mettendo dentroi gioielli che portava nel momento in cui Ravana la rapì. Per fortuna sono caduti su un terreno morbido, sonointatti".Osservandoli, Lakshmana disse: "Non riconosco gli ornamenti che Sita portava sulla testa o sul corpo, mariconosco quelli che adornavano i suoi piedi, perché li notavo ogni giorno, quando m'inchinavo a lei".Rama chiese nuovamente a Sugriva: "Dove vive il demone che ha rapito Sita, causandomi tutta questa infelicità?Egli ha decretato la distruzione dell'intera razza dei demoni per mano mia "Ancora una volta Sugriva rispose: "Non so ancora dove vive. Ma non preoccuparti, Rama! Ti prometto che faròtutto il necessario per riportarti Sita. Basta con il dolore, abbandona la debolezza mentale. Vedi, anch'io sonostato privato del mio regno e di mia moglie. E sebbene appartenga ad una tribù primitiva della giungla, nonm'addoloro. L'angoscia e la disperazione non si addicono a te, che appartieni ad una famiglia reale civilizzata. Ioti prego con le mani giunte: riacquista la tua virilità e non lasciare che il dolore entri nel tuo cuore. Infatti non c'èfelicità per coloro che si affliggono e si angosciano, anzi essi vengono ulteriormente privati delle loro energie.Perciò non devi rattristarti. Anche la vita diventa incerta per chi si lascia andare alla tristezza. Abbandona latristezza e sii coraggioso, Rama. Non pensare per favore che io stia predicando! Ti sto solo dicendo queste coseda amico, per il tuo bene";Così incoraggiato, Rama riacquistò immediatamente la sua serenità e disse a Sugriva: "Amico mio, fa' ciò che unvero amico deve fare per sollevare l'altro dal suo dolore! L'amicizia che c'è tra noi è davvero rara oggigiorno nelmondo. Io non ho mai proferito menzogna, né mai sarò reo di falsità. Porterò a compimento il tuo scopo".Sugriva fu immensamente felice di udire le parole di Rama, e disse: "Con la tua amicizia e il tuo aiuto, Rama, unopuò guadagnare anche il paradiso: figuriamoci il proprio regno. Anch'io potrò darti il mio aiuto, sebbene non misia possibile dartelo subito a causa della sventura nella quale sono caduto. La tua amicizia ha per me un valoreinestimabile. Essa accrescerà la mia reputazione davanti al mio popolo. Le persone buone abbandonano ognisenso di proprietà privata quando coltivano l'amicizia di altre persone buone: gli amici tengono in comune l'oro,l'argento e anche i gioielli inestimabili, senza sentire 'Questo è mio, non tuo'. Così sarà la nostra amicizia. Eancora, per amore dei propri amici uno rinuncia alle ricchezze, ai piaceri e anche al proprio paese".Rama fu pienamente d'accordo con la dichiarazione di Sugriva sulle caratteristiche dell'amicizia. Tagliando unodegli alberi là vicino, Sugriva permise a tutti di avere un posto a sedere.Quando tutti sedettero, Sugriva continuò, rivolgendosi a Rama: "Scacciato dal mio regno e privato di mia moglie,io vivo nella paura e nell'angoscia. Ti prego di liberarmi da questo dolore".Rama rispose: "Il servizio utile è sicuramente frutto del senso dell'amicizia, mentre dall'inimicizia deriva il danno.Ucciderò quanto prima quel peccatore che ti ha defraudato di tua moglie. Non vedi i potenti missili che possiedo?Presto essi priveranno Vali della sua vita".Felicissimo di questa rassicurante dichiarazione, Sugriva lodò Rama e continuò a dirgli umilmente: "Io sonoaffranto dal dolore, e tu sei il solo rifugio degli afflitti. Considerandoti un mio caro amico, io prendo rifugio in te e

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ti disturbo". Mentre parlava, gli occhi gli si riempirono di lacrime.Asciugandosele, egli si sforzò di mantenere la sua compostezza, e poi continuò: "Vali è un potente vanara. Eglinon solo ha usurpato il mio trono, ma mi ha scacciato dal regno dopo avermi insultato. Poi si è impossessato dimia moglie e ha incarcerato i miei parenti. Ora sta sempre a progettare di uccidermi. Per questo ero terrorizzatoquando all'inizio vi ho visti arrivare qui. Questi pochi vanara sono gli unici compagni che ho; ma ora che tu seidiventato mio amico, sono sicuro che il mio dolore è finito. Perché nella gioia e nel dolore, gli amici sono l'unicosoccorso che abbiamo".Infine Rama chiese a Sugriva: "Raccontami gentilmente tutta la storia. Come mai sei incorso nell'odio di Vali, eperché egli ha usurpato il tuo regno e si è preso tua moglie?".Sugriva disse: "Vali è il mio fratello maggiore. Egli è eccezionalmente forte. Nostro padre lo amava molto, eanch'io lo amavo. Quando nostro padre morì, Vali fu giustamente installato sul trono del nostro territoriochiamato Kishkindha."Vali aveva un nemico di nome Mayavi, figlio di Maya. Un giorno Mayavi venne da noi e sfidò Vali a duello. Ledonne di corte e io stesso cercammo di far desistere Vali dall'accettare la sfida, per impedire uno spargimento disangue; ma Vali non ci ascoltò."Quando Vali uscì per combattere contro Mayavi, quest'ultimo fu improvvisamente sopraffatto dalla paura ecominciò a correre. Vali lo inseguì, e anch'io andai con lui. Il demone Mayavi entrò in una spaventosa cavernasotterranea; e Vali lo inseguì, dopo avermi ordinato: "Rimani all'ingresso di questa caverna, Sugriva, mentre ioinseguo il demone e lo uccido". Lo implorai che portasse anche me con lui, ma Vali rifiutò."Per un anno aspettai all'ingresso della caverna. Sentivo suoni terribili provenire dal suo interno, ma Vali nontornava. Infine del sangue uscì a fiotti dalla caverna, ma non riuscivo a sentire l'urlo di vittoria di Vali. Conclusiche egli fosse stato ucciso dal demone. Col cuore infranto tornai nel nostro regno. Quando i ministri vennero inqualche modo a sapere la verità, mi installarono sul trono."Dopo un certo tempo Vali ritornò. Io lo salutai, ma egli non se ne curò. Era furioso. Io gli dissi umilmente:"Siamo tutti molto fortunati a riaverti vivo tra noi. Ecco il tuo trono: ti prego, riprendilo! Pieno d'ansia, aspettai unanno all'ingresso della caverna. Poi vidi il sangue e pensai che fossi stato ucciso. Mosso dalla paura edall'angoscia, chiusi la grotta con una grande roccia e tornai qui. I ministri insistettero per installarmi sul trono,per non mettere in pericolo la sicurezza dello stato lasciandolo senza un sovrano. Io non lo desideravo. Ti pregodi perdonarmi. Tu sei il re sempre adorato, e io sono quello che ero prima"."Ma quantunque lo implorassi, egli si rifiutava di ascoltarmi. Era infuriato; e mi accusò ingiustamente, dicendo:"T'avevo chiesto di rimanere all'ingresso della caverna. Dopo avere ucciso il demone Mayavi ho cercato di usciredalla caverna, ma non vedevo neanche la strada, perché tu avevi chiuso la grotta con una roccia. Infine sonoriuscito a rimuovere la roccia e sono venuto qui, solo per scoprire che tu sei diventato re!". Pieno di collera, Valimi scacciò dal regno lasciandomi solo un panno. Poi ho trovato rifugio su questo monte che, per un altro motivo,è fuori dalla sua portata".Rama ribadì la sua promessa: "Il tuo dolore finirà presto; non appena sarò davanti al malvagio Vali che si è presotua moglie".

[NOTA: Nel testo è specificato 'un unico panno': deve forse una scimmia vestirsi?]

Sugriva disse: "Sono sicuro, Rama, che quando sei adirato puoi distruggere anche i mondi con i tuoi missili, comepotrebbe fare il sole alla fine di un'epoca. Comunque ascolta con attenzione la descrizione dei poteri di Vali, e poifarai quanto necessario."C'era una volta un demone chiamato Dundubhi, che aveva l'aspetto di un bufalo ed era estremamente potente.Un giorno questo demone andò in riva all'oceano e sfidò in combattimento lo stesso oceano!"L'oceano però gli rispose: "Ti prego, non sfidarmi! La mia potenza non è pari alla tua, però ti dirò chi potrebbeaccettare la tua sfida. È il suocero dello stesso Signore Shiva: Himavan. Per favore vai da lui e metti alla prova latua forza"."Dundubhi non perse tempo e andò subito da Himavan. Cominciò a scuotere i picchi delle montagne e adistruggere le colline. Vedendosi così tormentato, Himavan disse a Dundubhi: "Ti prego, non tormentarmi inquesto modo. Io non sono abile in battaglia, perché sono la dimora degli asceti. Tuttavia ti dirò chi è pari a te inforza ed eroismo, così che potrai sfidarlo a duello: è Vali, il figlio di Indra, che vive nel territorio Kishkindha. Sedesideri incontrare e combattere uno che ti è pari, lui è il tipo al quale devi rivolgerti"."Dundubhi arrivò nel territorio Kishkindha e non perse tempo nel far sentire la sua presenza. Egli fece tremare laterra, devastò la foresta e si mise a urlare forte. Vali sfidò Dundubhi a combattere. Ma quando Vali uscì dalpalazzo era circondato da un certo numero di donne e appariva anche ubriaco."Dundubhi rifiutò di combattere con lui, e gli disse: "Stanotte divertiti, Vali, e torna da me domani. Ti staivantando davanti a quelle donne e inoltre sei ubriaco. Non è morale combattere e uccidere una persona ubriacao che ha un arto spezzato, o che è disarmata o emaciata. Un'azione del genere è tanto grave quanto uccidere unbimbo non ancora nato. Tu sei ubriaco e la tua mente è offuscata dalla passione. Perciò goditi questa serata epoi congedati dai tuoi amici, dai tuoi parenti e dal tuo regno, perché non li vedrai più!"."Vali però non si tirò indietro! Egli afferrò il demone, lo sollevò, lo fece roteare e lo sbatté a terra con forza.Quindi lo colpì con pugni e calci, e infine il demone morì. Tuttavia quando Vali scagliò Dundubhi a quattro migliadi distanza con un calcio, del sangue del demone cadde in prossimità dell'eremitaggio del saggio Matanga"."Quando il saggio Matanga scoprì che la zona circostante il suo eremitaggio era stata dissacrata dal sangue e chegli alberi dei dintorni erano stati distrutti o spogliati delle foglie, rimase molto contrariato. Sapendo che era stataopera degli abitanti della foresta (vanara), il saggio uscì dal suo eremitaggio, e vedendo i vanara pronunciò unamaledizione: "Colui che ha ucciso questo demone-bufalo (Dundubhi), e che ha causato la caduta del suo sanguevicino al mio eremitaggio, e che è responsabile della distruzione di questa foresta che io ho nutrito come se fossemia figlia, non vi entrerà più; e se lo farà, morirà istantaneamente. Neanche i suoi compagni potranno entrare inquesta foresta: se lo faranno, diventeranno subito rocce e resteranno pietrificati per migliaia d'anni. Questo èl'ultimo giorno in cui possono stare in questa foresta; se non ne escono subito, da domani saranno pietrificati".

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Udendo questa maledizione e questo ultimatum, i vanara corsero da Vali e, rispondendo alle sue domande, loinformarono della maledizione e dell'ultimatum. Vali stesso si recò dal saggio e chiese scusa con le mani giunte;ma il saggio non gli prestò ascolto."Da quel tempo, questa foresta è inaccessibile a Vali e ai suoi compagni. Perciò per me è un posto sicuro, e misono rifugiato qui. Guarda là, Rama, l'enorme scheletro che rimane del demone Dundubhi. E questi sono glialberi che Vali scosse a mani nude e privò delle foglie! Tale è la sua forza e tali sono i suoi poteri".Lakshmana fu divertito da questo racconto, che esprimeva chiaramente l'ansietà di Sugriva e la sua incertezza sulrisultato dell'incontro di Rama con Vali. Quindi Lakshmana chiese a Sugriva: "Bene! Dimmi dunque: come potrestiessere convinto del valore di Rama?". Sugriva propose: "Con un calcio Vali scagliò Dundubhi a quattro miglia didistanza. Se con un calcio Rama potrà lanciare questo scheletro alla distanza di trecento metri, mi convincerò. ORama, io non sminuisco la tua potenza né voglio impaurirti; ma dopo aver visto il valore di Vali sono diventato unpusillanime".Rama s'avvicinò allo scheletro, lo sollevò con il suo alluce e lo scagliò alla distanza di ottanta miglia. Sugriva nefu entusiasta; ma un dubbio entrò nella sua mente: Vali aveva calciato l'intero corpo di Dundubhi, mentre Ramaaveva scagliato solo le ossa! Allora Sugriva propose a Rama un'altra prova: "Vali poteva abbattere questi albericon un solo missile della sua arma. Puoi farlo anche tu? Sono sicuro di si, ma voglio vedertelo fare. Come il soleè il più splendente degli esseri radiosi, come l'Himalaya è la più alta delle montagne e il leone è il re deglianimali, così tu sei il supremo tra gli uomini".Dopo avere ascoltato le parole di Sugriva, Rama preparò divertito la sua arma, la caricò con un missile e tirò.Questo missile placcato d'oro trafisse gli alberi giganteschi, trafisse la stessa montagna e la terra intera e,meraviglia delle meraviglie, tornò da Rama.Vedendo questo, Sugriva s'inchinò dinanzi a Rama, e con le mani giunte in segno di saluto gli disse: "Tu seidavvero eccelso, Rama, e potresti uccidere anche Indra, il dio dei cieli. Su questo non ho alcun dubbio. Ora lamia angoscia è svanita, e io sono immensamente felice, avendo la fortuna di avere per amico te che sei pari aglidèi. O Rama, apprestati ad uccidere il mio nemico, che vive nelle sembianze di mio fratello".Anche Rama era ansioso di farlo; e rivolto ai presenti egli disse: "Andiamo". Allora tutti partirono versoKishkindha, dove viveva Vali. Con urla e grida, Sugriva sfidò Vali a venire fuori. Vali, che aveva una forzaindubbiamente superiore, rimase sorpreso dalla sfrontatezza del fratello e uscì ad affrontare la sfida di Sugriva.Rapidamente incrociarono le mani in un duello.I due fratelli si colpivano reciprocamente a pugni e a calci. Il combattimento era terribile. Rama, Lakshmana e glialtri osservavano questa lotta feroce da dietro gli alberi che si trovavano a una certa distanza. Benché Ramastesse in piedi con l'arma pronta a sparare il missile più micidiale, egli non tirò perché non riusciva a distinguerechi fosse Vali e chi Sugriva!Si somigliavano così tanto che Rama era indeciso. Naturalmente Sugriva fu ferito in maniera grave, ma riuscì ascappare e a rifugiarsi sul monte Rshyamuka. Vali lo inseguì fino ai piedi della montagna e poi si ritirò.Rama andò subito a cercare Sugriva, e lo trovò terribilmente sconcertato e scoraggiato. Sugriva disse a Rama:"Sono rimasto molto deluso da te. Potevi dirmelo prima che non volevi uccidere Vali, e io non mi sareiavventurato contro di lui".Rama gli spiegò: "Non riuscivo a distinguervi l'uno dall'altro! Non ho voluto tirare, per non rischiare di ucciderete. Uccidere uno al quale ho appena dato rifugio sarebbe un grande peccato. Ti prego, va' di nuovo, ma stavoltaindossa qualcosa che ti faccia distinguere da Vali! Così potrò distinguere l'uno dall'altro quando sarete avvinghiatinel duello".Seguendo l'ordine di Rama, Lakshmana raccolse dei fiori selvatici chiamati gajapushpi, ne fece una ghirlanda e lamise intorno al collo di Sugriva. Poi tutti si diressero ancora una volta verso Kishkindha.Sugriva faceva strada. Lakshmana lo seguiva alle calcagna. Dietro a loro c'era Rama, e poi Hanuman e infine tuttigli altri compagni di Sugriva. Procedendo verso Kishkindha essi videro numerosi alberi stracarichi di fiori.Passarono vicino a grotte e a montagne, e videro animali selvatici e uccelli. Videro molti cervi che vagavanoliberamente per la foresta; e videro anche degli elefanti.Poi essi entrarono in un incantevole boschetto che destò l'attenzione di Rama. Intuendo che si trattava di unposto che aveva un particolare significato, egli chiese a Sugriva di raccontargli qualcosa che riguardasse quelluogo. Allora Sugriva narrò a Rama la seguente storia: "Quest'eremo è la dimora dei sette saggi noticollettivamente con il nome di Saptajana. Essi erano dei saggi di grandissimo autocontrollo che restavanoperennemente sospesi con la testa in giù e giacevano sull'acqua Essi mangiavano una volta la settimana. Dopoaver praticato questo tipo di austerità per settemila anni, essi ascesero in cielo con i loro corpi. Nessun uccello oanimale selvatico osa entrare in questo boschetto, dal quale emana incessantemente una fragranza divina e unamusica celestiale. Coloro che qui s'inchinano devotamente a questi sette saggi, non soffriranno di alcun malefisico. Perciò è bene che anche tu e Lakshmana v'inchiniate a questi saggi, ricevendo le loro benedizioni". Ramae Lakshmana lo fecero.Con le loro armi e i loro missili, Rama, Lakshmana e il gruppetto di vanara entrarono a Kishkindha. Sugriva eraansioso di combattere, e disse a Rama: "Siamo giunti a Kishkindha, dove vive Vali. Questa volta ti prego diucciderlo senza indugio".Rama lo riassicurò con queste parole: "Tu sei stato inghirlandato da Lakshmana con questi fiori di gajapushpi chesplendono intorno al tuo collo, distinguendoti da Vali. Basterà che io lo veda una volta ed egli cadrà subito morto.La fine della tua sventura, la fine della tua paura e del tuo dolore è vicina, Sugriva. Se io fallissi nell'adempiere lamia promessa, allora potrai accusarmi. Non mi vanto, perché non voglio trasgredire il Dharma; ma in verità tidico che oggi adempirò la mia promessa. Vai pure avanti e grida forte. Questo attirerà sicuramente l'attenzione diVali, che allora uscirà per accettare la tua sfida; poiché gli eroi non ammettono una sfida senza ricambiare ilfavore".Sugriva avanzò verso il palazzo di Vali e urlò. Quel suono era così potente e straziante che gli uccelli e gli animalis'allontanarono. Questo incoraggiò ulteriormente Sugriva, che andò ancora più vicino alla dimora di Vali,continuando a urlare!Udendo di nuovo l'urlo di Sugriva, Vali fu terribilmente contrariato. La sua vanità fu offesa, e la sua ira si destò.

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Per questo il suo splendore fu, per così dire, eclissato. Vali, il potente eroe dalla forza incomparabile, non potétollerare quell'insulto al suo valore, e si precipitò fuori del suo alloggio.Sua moglie Tara, però, intervenne e gli disse garbatamente: "Signore, desidererei che tu non andassi adincontrare Sugriva in questo modo. Sarebbe meglio riflettere sulla nuova situazione, valutarla attentamente e poicombattere, se necessario, dopo un po'. Sugriva era gravemente ferito ed è stato costretto a fuggire poco tempofa. Ora è tornato. Sicuramente ha qualcuno che lo aiuta. Egli è astuto, e non si fiderebbe di un alleato del qualenon avrebbe ben provato la forza. Questa è una cosa da considerare."Inoltre poco tempo fa ho sentito delle voci - poi confermate dalle spie mandate da tuo figlio Angada - che Ramae Lakshmana, figli di re Dasaratha sono arrivati nel nostro territorio. Rama e Sugriva sono diventati amici. Ramaè potente, ed è anche la dimora del Dharma. Per questo penso che non sia saggio essere ostili a Rama. Ti doquesti consigli per l'affetto che nutro per te, e non perché io trovi in te delle colpe, o mio signore. Fa' che non visia inimicizia tra te e tuo fratello Sugriva. Fa' che ci sia il perdono, e stringi amicizia anche con Rama. Dai aSugriva l'incarico di principe reggente e fate tornare l'amore tra voi fratelli. Sicuramente tuo fratello merita il tuoamore e il tuo affetto".Questo saggio consiglio non piacque a Vali, che aveva raggiunto il termine della sua vita. Egli disse aspramente aTara: "Grazie per il tuo consiglio. Hai fatto il tuo dovere. Mi hai mostrato il tuo affetto; ora puoi tornare a casa. Iotornerò dopo aver sottomesso l'arrogante Sugriva. Non posso tollerare il suo comportamento insolente". A Taranon rimase altro che invocare le benedizioni di Dio su Vali.I due potenti fratelli diedero inizio ad una cruenta battaglia. Vali colpì Sugriva, e Sugriva vomitò sangueprofusamente. Poi Sugriva colpì Vali con un grande albero, e Vali rotolò per l'impatto. Ben presto però Vali ebbela meglio e colpì Sugriva con tutte le sue forze. Tempestato di colpi, Sugriva continuava a combattere,guardandosi in giro come se cercasse aiuto.Rama sapeva che per lui era arrivato il momento d'intervenire. Caricò quindi la sua arma con un missileterrificante e sparò. Il missile si staccò dall'arma producendo il rumore del tuono e colpì Vali al petto. Colpito daquesto missile, Vali - il potente guerriero che risplendeva del suo valore - cadde a terra.Vali però non morì. Egli portava una collana celestiale donatagli da Indra che preservava la sua forza vitale, il suosplendore e la sua bellezza. Tuttavia il missile di Rama, con il quale era stato colpito, gli aveva illuminato lastrada che porta in cielo e lo aveva portato allo stato supremo.Rama e Lakshmana si fecero avanti sul luogo dove lui giaceva. Guardandoli, e usando parole cortesi ma con tonoaspro, Vali si rivolse a Rama: "Nato dal grande imperatore Dasaratha, tu Rama hai commesso un atto ingiusto. Mihai colpito mentre combattevo con un altro; mi hai colpito tirando da un luogo in cui ti eri nascosto. La gente tiglorifica dicendo che sei giusto, devoto alla verità, compassionevole, ecc. Io pensavo che tutto ciò fosse vero.Perciò benché mia moglie Tara avesse sentito che tu eri qui come alleato di Sugriva, io ho combattuto con lui.Nessuno si sarebbe aspettato che tu mi colpissi in maniera poco cavalleresca."Rama, io non ti ho arrecato nessuna offesa: non mi sono intromesso nel tuo territorio, non ho invaso la tuacapitale né ho commesso un atto d'aggressione contro di te. Eppure tu hai voluto uccidermi, mentre combattevocon un altro! Nonostante questo però tu vesti da persona giusta, portando i capelli intrecciati e vestendoti dipelle di daino e corteccia. La negoziazione pacifica, la carità, il perdono, il Dharma, la verità, la fermezza, il valoree anche la punizione dei criminali - queste sono le qualità dei re. Noi siamo un popolo primitivo della foresta chevive di frutti e radici come gli animali. La gente in genere combatte per la terra, l'oro e le belle donne; ma noi quinon abbiamo nulla di tutto ciò! Eppure tu hai cercato di uccidermi, senza alcun motivo apparente. Avendoperpetrato questo crimine d'omicidio premeditato, che cosa dirai di te agli uomini santi?"Né la mia pelle né la mia carne sono di alcuna utilità. Cinque animali muniti di zampe possono essere mangiatidai brahmana e dagli kshatriya (principi e guerrieri): il rinoceronte, il porcospino, l'iguana, la lepre e la tartaruga.Ma la mia pelle e la mia carne non vengono neanche toccate dalla gente, e mangiare la carne del mio corpo èproibito. Eppure io, che ho cinque dita alle mani e ai piedi, sono stato ucciso. Tu hai trasgredito i limiti delDharma; tu hai infranto il codice della moralità."Mia moglie Tara mi ha detto del tuo arrivo qui e della tua amicizia con Sugriva per adempiere la tua missione. Semi avessi detto della tua sventura, ti avrei riportato tua moglie in poco tempo! Avrei incatenato Ravana e te loavrei portato vivo: Penso che la mia fine sia vicina; nessuno può sfuggire alla morte. Ma per quale motivo haicausato la mia fine?".Rama rispose:"Tu non conosci il Dharma, né le cose del mondo, né le leggi che governano il piacere, né il comportamento dellagente nelle condizioni e nelle circostanze più diverse: e tuttavia tu accusi me. Tutta la terra appartiene ai re chediscendono da Manu e quindi dal mio antenato Ikshvaku. L attuale regnante della dinastia di Ikshvaku è il mionobile fratello Bharata, che è il monarca supremo di tutta la terra: io ho ricevuto da lui il mandato di accertareche tutti i sudditi del nobile imperatore osservino le leggi della virtù."Io ti considero il peggiore dei peccatori, e ti dirò perché. Secondo il codice di rettitudine, il fratello maggiore, ilpadre e il maestro devono essere trattati come il proprio padre. Similmente, il fratello minore, il figlio e ildiscepolo devono essere considerati come il proprio figlio. Invece, ecco: tu vivi con la moglie di tuo fratellominore che per te è come una figlia! Il Dharma è estremamente sottile e difficile da comprendere, e la condottadel virtuoso è difficile da comprendere; solo il Sé che dimora nel cuore di ognuno conosce ciò che è giusto e ciòche è sbagliato. La prima e più importante ragione per la quale ti ho colpito è perché tu vivi nel peccato con lamoglie di tuo fratello minore, e come rappresentante dell'imperatore ho considerato mio dovere darti unapunizione. A questo proposito c'è il famoso comandamento: "Sottostando alla giusta punizione inflittagli dal re, ilcriminale viene purificato e va in cielo. Ma se il criminale non viene punito, il re è colpevole del crimine . Perquesto anche dei potenti sono stati puniti: mentre altri hanno fatto opere di espiazione per liberarsi dei peccati."In secondo luogo, Sugriva è mio amico, così come lo è Lakshmana. Io gli diedi la mia parola d'onore che il suoregno e sua moglie gli sarebbero stati restituiti. Perciò era mio dovere onorare la promessa fatta."Tu mi potresti chiedere perché non ho combattuto direttamente con te per ucciderti. Io ti rispondo: la genteuccide gli animali selvatici o quelli che servono come carne da mangiare stando in un luogo nascosto e senzaalcuna provocazione. Perciò era giusto da parte mia ucciderti anche se non stavi combattendo con me, poiché tu

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appartieni alla stessa specie degli animali che dimorano nella foresta. O vanara, liberato dal tuo peccato conl'accettazione della giusta punizione, ora tu ascenderai in cielo".Vali ritirò le sue accuse e chiese perdono per le dure parole proferite; poi implorò Rama: "Ti prego, fa' che siprendano giusta cura di Angada. So che sotto la tua guida Sugriva regnerà bene e rettamente; la mia unicaansietà è per mio figlio Angada". Ma Rama lo rassicurò al riguardo.Quando il potente Vali cadde, i vanara fuggirono. Ma quando Tara seppe la terribile notizia, si precipitò dov'era ilcorpo del marito. Vide i vanara che fuggivano e chiese loro: "Perché voi vanara state scappando, abbandonandoil potente re che fino a poco fa seguivate?".In tutta fretta i vanara misero in guardia Tara: "Ti preghiamo, cara regina, non avvicinarti al luogo dove ora giaceil corpo del re. Vali è morto, ma tuo figlio Angada è vivo. Sarebbe meglio proteggerlo dai missili micidiali di quelpotente Rama di cui abbiamo visto il valore. Ah, con i suoi missili ha incenerito rocce e alberi. I suoi missili sonocome fulmini e hanno lo stesso potere dei fulmini. Non avevamo mai visto né sentito dire di tali missili. Torniamopresto a difendere Kishkindha! Ora da un momento all'altro il vittorioso Sugriva, insieme ad Hanuman e ad altri,potrebbe prendere d'assalto il territorio".La nobile Tara non ebbe paura, e disse: "No, io andrò dove giace il mio nobile marito. Ho perso lui: che cosadovrei fare con il regno o con Angada?". Presto ella vide Vali steso sul terreno - quello stesso Vali cherivaleggiava in valore con il re dei cieli, Indra. In piedi vicino a lui vide anche Rama, Lakshmana e Sugriva.Tara s'accasciò accanto al corpo di Vali e gemette: "Signore, perché oggi non mi parli? Perché mi haiabbandonata? Certo la terra ti è più cara di me, o sovrano della terra; perciò oggi hai abbandonato me e con letue membra abbracci la terra. O potente eroe, hai pagato la pena per aver vissuto con la moglie di Sugriva. No,io non trovo colpe in te, né ti accuso. Solo il tempo ti ha ucciso: la tua ora è venuta, e tu che non potevi esseresottomesso da nessuno sei caduto nel tranello di Sugriva. Non ho mai conosciuto il dolore, perché ero protettaamorevolmente da te; ma ora dovrò vivere come una miserabile vedova. E tuo figlio Angada: chissà quale sarà ilsuo fato adesso? Ah, Rama ha adempiuto la promessa fatta a Sugriva, di ucciderti e restituirgli il regno e lamoglie. Ora Sugriva sarà certamente felice e si rallegrerà. Noncurante del mio avvertimento, sei voluto andarevelocemente incontro alla tua fine. E adesso che faremo noi, tue devote mogli?". Tutte le mogli di Vali si unironoal suo lamento; e insieme pregarono per il marito defunto: "Signore, se mai abbiamo fatto qualcosa che possaaverti dispiaciuto, ti preghiamo di perdonarci". Poi esse toccarono devotamente i piedi di Vali e pianseroprofusamente.Mentre piangeva la morte di Vali, insieme alle altre mogli dell'eroe, Tara decise di digiunare fino alla morterimanendo nello stesso luogo in cui era stato ucciso il marito.

[NOTA: Uno dei sinonimi di vanara usati nel testo è 'vanacarina', che letteralmente significa 'uno che vaga per laforesta'.]

Il saggio Hanuman disse a Tara: "Nobile donna, dopo aver lasciato questo mondo ogni essere ottiene il giustocompenso per le buone e le cattive azioni fatte qui. Uno che merita compassione s'addolora per un altro. Chidovrebbe addolorarsi e per chi - il morto o il vivo - quando la vita fisica qui è come una bolla! Perciò allontana latua mente da quest'inutile dolore e applicala alla protezione di Angada e all'esecuzione del rito funebre dell'eroedefunto. Vali ha compiuto il suo dovere in questo mondo e sicuramente ha raggiunto lo stato beato dei giustimonarchi. Ora tocca a te compiere i doveri che ti competono! Fa' incoronare re Angada e disponi perché sicompiano i riti funebri per Vali".Tara però era inconsolabile, e rispose: "Cento Angada non eguaglieranno ai miei occhi un solo Vali, il mio amatosignore. Potete andare per la vostra strada: il mio posto è qui, dov'è caduto il mio signore".Naturalmente, Vali non era morto, perché indossava ancora la catena d'oro che proteggeva la sua forza vitale.Egli aprì gli occhi, guardò Sugriva e disse: "Fratello, non biasimarmi per tutto quello che è successo. Penso chenon eravamo destinati ad essere felici insieme: perciò è successo tutto questo. Presto io lascerò questo corpo equesto mondo. Desidero che tu sia re dopo di me. Ti prego d'ascoltare le mie richieste e di accettarle. Per primacosa: ti prego di prenderti cura di mio figlio Angada. Egli è pari a me in forza e valore. Ha avuto una vitacomoda: fa' che non sia soggetto all'infelicità. Secondo, non disprezzare il consiglio di Tara. Ella non ha mai torto.Terzo, impegnati a portare a termine l'impresa di Rama; il non farlo equivarrebbe a infrangere una promessa epotrebbe costarti la vita stessa. Per ultimo: voglio darti questa divina collana d'oro come mio dono d'addio.Indossala. Il suo splendore e il suo potere protettivo potrebbero svanire con la mia morte, perciò vogliotrasferirtelo ora stesso". Vali si tolse la collana e la diede a Sugriva. Egli sapeva che la sua morte era vicina.Infine egli si rivolse ad Angada: "Figlio mio, prima di fare qualcosa considera bene il tempo e il luogo. Sopportaugualmente le cose piacevoli e quelle spiacevoli, la felicità e l'infelicità. Obbedisci a Sugriva. Non approfittare dilui, come potevi fare con me. Sii cordiale con i suoi amici e tratta i suoi nemici come fossero i tuoi. Evita peròl'affetto e l'odio eccessivo verso chiunque: perché sono entrambi dei mali; mantieni la via di mezzo".L'anima di Vali lasciò il corpo. Tutti i vanara gemettero forte, raccontando le sue potenti imprese: specialmente ilsuo duello con Golabha, un essere celeste che lo combatté per quindici anni, ma che infine fu ucciso da Vali. Taras'accasciò vicino al corpo di Vali.Tara continuò a lamentarsi: "Grande eroe! Il tuo corpo è completamente ricoperto di sangue e fango, e lapresenza del missile che ti ha trafitto il cuore non mi permette d'abbracciarti. Ora il fato è favorevole a Sugriva,ed egli è vittorioso. Il mio dolore mi fa pensare che una ragazza non debba mai essere data in sposa ad un eroe,perché prima o poi dovrà soffrire l'agonia della separazione da lui. Potrà essere ricca e avere molti figli, maresterà vedova. Ti ho implorato di desistere da questa battaglia, ma non hai gradito la mia preghiera. Non hopotuto impedirti di combattere. Ora che sei morto, siamo tutti morti".Quando Sugriva vide tutto ciò, rimase terribilmente scosso. Si avvicinò a Rama e, con la voce soffocata daldolore, gli disse: "Invero tu hai mostrato un valore e una potenza sovrumana, e hai ucciso il potente Vali. Ma orache egli è morto, il mio cuore s'allontana dal regno. Spinto dall'odio e da una grande rabbia io ho desiderato lamorte di mio fratello, ma ora che è morto il mio cuore è tormentato dal dolore. Egli non mi avrebbe mai ucciso;anche quando avrebbe potuto farlo, mi diceva soltanto: "Vattene, e non farlo più". Io invece sono stato la causa

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della sua morte. Egli era nobile, io sono ignobile. Egli era virtuoso, io sono un peccatore. Chi m'assolverà daquesto peccato, Rama? Io non merito la stima del popolo; io non merito il trono. Come potrei regnare, dopo avercommesso questo terribile crimine, ingiusto e deleterio per l'intera razza? Concedimi il permesso di andare,Rama, lasciami entrare nel fuoco. Gli altri vanara t'aiuteranno certamente a realizzare la tua impresa etroveranno Sita per te". Queste parole causarono a Rama tristezza e preoccupazione.Nello stesso tempo Tara vide Rama, s'avvicinò a lui, e gli disse: "La tua gloria è incommensurabile, Rama. Tu seiun'incarnazione del Dharma. Ho solo una preghiera da offrirti. Ti prego di esaudirla. Nello stesso modo in cui haiucciso mio marito, uccidi anche me; così che possa riunirmi a lui. Tu conosci il dolore della separazione dallapropria moglie; fa' in modo che mio marito non lo soffra. Tu non farai peccato uccidendo me, una donna: perchéio sono solo l'altra metà di mio marito. Questo è quanto affermano i testi vedici: che la moglie è una sola cosacon il marito".Dissuadendola dal desiderio di morire, Rama le disse: "O eroina, non permettere alla mente d'intrattenere questierronei pensieri. L'universo è stato creato dal Signore, che ha pure ordinato che la felicità e l'infelicità sianoinseparabili dal mondo. Questa è la legge universale. Perciò abbandona quest'angoscia indegna delle mogli deglieroi". Questo rasserenò Tara.Rama parlò a tutti i presenti:"Mostrare dolore non aiuta, ma ostacola il progresso dell'anima del defunto verso la propria libertà. Tuttavia èbene osservare il lutto tradizionale. Avete versato lacrime a sufficienza. Adesso si facciano i riti funebri come siconviene."Niyati (il Tempo, il controllore interiore delle cose o il principio del moto cosmico) è la sola causa di tutto nelmondo. Inoltre questa forza misteriosa è il solo strumento d'azione. E questo principio del moto cosmico cheprovoca tutte le attività. Nessuno fa qualcosa in questo mondo; e nessuno spinge un altro a fare qualcosa; tuttigli esseri manifestano la loro natura, e la natura è radicata nella legge eterna del Tempo, che è l'unicosuggeritore interiore. Il Tempo non trascende se stesso; aderendo fermamente alla sua natura, esso nonoltrepassa i suoi confini. Il Tempo (o il principio del moto) non ha amici o parenti, non è spinto da motivi nécerca di sopraffare alcuno: esso non ha relazione con alcuno e non è soggetto alla volontà di nessuno. Tuttavia lapersona saggia e intelligente può facilmente discernere i cambiamenti portati dal tempo: e ci si può rendereconto di come nel corso del tempo uno ottiene il Dharma, la prosperità materiale e i piaceri."Vali ha adempiuto il suo dovere e ha raggiunto la dimora suprema. Ora è bene che voi tutti smettiate diaddolorarvi e organizziate il suo funerale: è bene che sia fatto al momento giusto".Lakshmana s'incaricò di dirigere il funerale. Sotto la sua guida, i diversi gruppi di vanara raccolsero tutti gliarticoli necessari, incluso un bellissimo palanchino con il quale trasportare il corpo di Vali nel campo crematorio.Uno dei vanara corse dentro una grotta enorme e ne uscì subito fuori con il palanchino. Sugriva e Angadasollevarono il corpo di Vali e lo posero sopra al palanchino. Quindi il corpo fu portato al campo crematorio. Deivanara precedevano il palanchino, coprendo la strada di gioielli anziché dei soliti petali di fiori. Tutte le donne-vanara gemevano a voce alta, e il loro lamento dava l'impressione che tutta la foresta stesse piangendo l'eroe.Il corpo fu poggiato nel luogo prescelto per la cremazione. Tara si gettò ancora una volta sul corpo del marito epianse in maniera inconsolabile, poggiando la testa di Vali sul suo grembo. Infine posero il corpo sulla pira.Secondo la tradizione Angada diede fuoco alla pira e fece umilmente il giro della pira accesa. Dopo lacremazione, tutti i vanara fecero il bagno nel fiume, offrirono libagioni all'anima del defunto e poi tornarono nelleloro abitazioni. Sugriva si avvicinò a Rama.

[NOTA: Nessuna traduzione è adeguata per 'niyati'. È 'quella entità che tiene in moto il mondo'. Nel suosignificato vi è il suggerimento di una legge immutabile, di un destino inalterabile, di libero arbitrio entro certilimiti, ecc.]

Hanuman disse a Rama: "Per grazia tua, Rama, Sugriva ha ottenuto il regno di Kishkindha. Quando tu lopermetterai, egli farà il suo ingresso trionfale nel nostro territorio e sarà incoronato re. Sono certo che il territorioKishkindha ti piacerà molto". Ma Rama gli rispose subito: "Non entrerò a Kishkindha, Hanuman. Il comando dimio padre implica che io non debba entrare in un villaggio o in una città. Fate incoronare immediatamenteSugriva".E a Sugriva Rama disse: "Appena sarai stato incoronato, installa pure Angada sul trono come principe ereditario.Vedo che la stagione delle piogge è appena cominciata; e durerà quattro mesi. Non è la stagione adatta perl'impresa che abbiamo davanti; perciò puoi passare questi quattro mesi a Kishkindha, dedicandoti agli affari distato. Io passerò questo periodo qui, in una grotta. Ma subito dopo la stagione delle piogge, ti prego di agireprontamente per distruggere Ravana e riportare Sita da me".Sugriva entrò a Kishkindha. I vanara lo accolsero con ovazioni e lo applaudirono. I loro capi raccolsero tutti gliarticoli necessari per l'incoronazione, accesero il fuoco sacro intonando i canti vedici, e lo incoronarono re. Inconformità agli ordini di Rama, Sugriva installò Angada sul trono come principe ereditario. Sugriva andònuovamente da Rama e gli comunicò la notizia dell'incoronazione. Quindi, dopo avere riottenuto sua moglieRuma, egli rientrò nei suoi alloggi a Kishkindha.Rama e Lakshmana si stabilirono sul vicino monte Prashravana, e scelsero una grotta spaziosa e ben ventilata,sul pendio della montagna. A settentrione c'era una bella montagna la cui cima aveva l'aspetto di una nuvola.Verso sud c'era un'altra montagna la cui cima era coperta di neve. C era un fiume che scorreva nelle vicinanze.La grotta non era neanche lontana da Kishkinda: potevano udire la musica e il suono dei tamburi dei felicivanara, che danzavano per esprimere la loro gioia. Tuttavia in quel luogo Rama non trovava pace senza Sita, chea lui era più cara della sua stessa vita.Quando Rama espresse la sua angoscia, Lakshmana cercò di consolarlo, e aggiunse: "Ti sto solo ricordando il tuopotere e la tua saggezza, non ti sto insegnando".Rama rispose: "Ho allontanato questo tipo d'angoscia, che è un ostacolo a qualsiasi azione. Sto aspettando conimpazienza l'arrivo dell'inverno, quando potremo sconfiggere Ravana e potrò riavere Sita. Sono sicuro cheSugriva farà questo per me. Un eroe ripaga l'aiuto restituendolo. L'essere ingrato che non ripaga il suo debito

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viene evitato dai virtuosi".Era giunta la stagione delle piogge. Per mitigare il dolore della separazione da Sita, Rama descrisse poeticamentea Lakshmana la bellezza e la grandiosità della stagione:"Guarda, cominciano i monsoni. Durante questa stagione nulla si potrà fare per liberare Sita. Il cielo, che haricevuto il vapore acqueo dagli oceani, lo ha trattenuto per così dire per nove mesi, e ora si sgrava dell'acqua!Nubi nere sono ammassate nel cielo: e appaiono come gradini, sui quali ci si potrebbe arrampicare e andare adinghirlandare il sole! Le nuvole della sera sono rosse, e hanno intorno delle nuvole bianche: sembrano comeferite sanguinanti che sono state fasciate con bende bianche. La terra è calda e nello stesso tempo bagnata datorrenti d'acqua: e questo mi fa pensare a Sita, arsa dal dolore e in lacrime per me. I monti mi sembrano deibrahmachari: le nuvole scure sono come le pelli di daino intorno ai loro fianchi, i torrenti sono il cordone sacro, eil suono che proviene dalle caverne è come l'Om. Guarda quel fulmine circondato da nubi nere: mi sembra Sitache lotta nella morsa di Ravana."Quegli alberi coperti di fiori e gli altri grondanti d'acqua, come se versassero lacrime, risvegliano in me l'amoreper Sita. I tori e le vacche che si cercano mi fanno desiderare Sita. Ascolta l'orchestra della giungla, Lakshmana:le api con gli strumenti a corda, le nuvole cariche di pioggia che suonano i tamburi e le rane che ne vocalizzano ibattiti. Guarda i pavoni che danzano allegramente. Le nuvole oscurano il sole per tutto il giorno, e solo dalcomportamento degli uccelli e degli animali si capisce che il sole è tramontato. Le piogge torrenziali hanno postofine alle ostilità tra sovrani rivali e anche al movimento del traffico sulle strade."Altrove, ad Ayodhya, Bharata deve aver completato tutti i preparativi per la stagione delle piogge e starà oraosservando i voti connessi alla stagione. Il Sarayu sarà probabilmente in piena. A Kishkindha, Sugriva si gode lavita, dopo avere riavuto la moglie e il regno. Ma la mia angoscia è senza limiti; la stagione dei monsoni sembrainterminabile; Ravana è un terribile nemico, difficile da sconfiggere: ecco come tutto mi appare. Spero cheSugriva, dopo essersi riposato per un po', mi offra spontaneamente il suo aiuto. Questa infatti è la caratteristicadi un vero amico. Spero che non si mostri ingrato. Io non l'ho spinto a intraprendere subito l'impresa perché so ledifficoltà che s'incontrano durante la stagione delle piogge. Ora attendo con ansia la volontà di Sugriva e la finedelle piogge".Lakshmana consolò Rama, rassicurandolo che Sugriva avrebbe senz'altro mantenuto la sua promessa.La stagione delle piogge era terminata. Il cielo era tornato limpido, e i tuoni e i lampi erano cessati. Ma Hanumanvedeva che re Sugriva era totalmente preso dai piaceri dei sensi e aveva dimenticato il suo dovere, compiendo ilquale avrebbe guadagnato prosperità e Dharma. Invero egli aveva trascurato anche gli affari di stato, che avevadelegato ai suoi ministri, e si era isolato dal popolo: dedicandosi completamente all'indulgenza dei sensi. Ora lasua sovranità non era più minacciata, visto che Vali era stato ucciso grazie al valore di Rama. Ma Hanuman eraconsapevole del pericolo dell'iniquità, di trascurare il proprio dovere.Hanuman, che conosceva l'arte della persuasione e l'uso delle parole, avvicinò Sugriva con umiltà e delicatezza e,cantando le sue lodi, lo allietò portando gioia alla sua mente. Infine egli ricordò al re ciò che è benefico, veritieroe appropriato, usando parole che descrivevano saggiamente un misto di piacere e dispiacere, e che portavanoimpresso lo stampo della fedeltà e della certezza:"O re, tu hai riottenuto il tuo regno e tua moglie: in questo modo il tuo scopo è stato raggiunto. Ora rimane dacompiere l'opera del tuo amico. In questo mondo, chi aiuta gli amici al momento giusto prospera; la sua famaaumenta, e con essa anche il suo potere. Quel re per il quale il suo tesoro, le sue forze armate e i suoi amicisono ugualmente importanti come la propria persona, governerà un potente regno. Perciò bisogna abbandonareogni altra cosa e servire i propri amici; altrimenti, si invita il disastro. Questo servizio però dev'essere dato intempo: un servizio spettacolare, reso ad un amico dopo che è passato il tempo in cui il servizio stesso si rendevanecessario, non raggiunge lo scopo. Perciò ti prego, ordina che si cominci il lavoro per Rama e che si usino modie mezzi per scoprire e salvare Sita. Rama non viene a ricordarti il tuo compito, anche se sarà certamente ansiosoche lo si faccia al più presto, perché ora egli è nelle tue mani. Inoltre non dobbiamo dimenticare che Rama èpotentissimo e perfettamente in grado di distruggere anche dèi e semidèi, figuriamoci i demoni: eppure egli staaspettando, per vedere se tu manterrai la tua promessa. Il fatto stesso di servire Rama è un bene, e anche seegli non avesse fatto nulla per te, sarebbe stato lodevole servirlo. E quanto più lo è dopo che ti ha reso unservizio inestimabile! Ti prego perciò di ordinare ai vanara d'andare in cerca di Sita. Noi tutti obbediremo ai tuoiordini e non avremo riposo finché non troveremo Sita".Sugriva lodò questo consiglio e ordinò la coscrizione generale di tutti i vanara a Kishkindha. E decretò: "Chi nonsi presenterà qui entro quindici giorni da oggi, perderà la vita".Vivendo nella grotta insieme a Lakshmana, Rama contava i giorni della stagione delle piogge. Ogni giorno glisembrava interminabile, come fosse stato un anno intero, a causa della sua separazione da Sita.Finalmente egli notò che la stagione delle piogge era davvero terminata. L'inverno s'avvicinava rapidamente. OraSugriva avrebbe dovuto accingersi a inviare i suoi vanara in cerca di Sita.Rama pensò: "Quando eravamo insieme nell'eremitaggio, Sita amava il modo in cui la gru chiamava il suocompagno: ella stessa aveva la dolce voce della gru! Come può trovare gioia adesso? L'albero di ashana è caricodi fiori e mi fa pensare a lei. Quando anche lei vedrà che l'albero di ashana è in fiore, che cosa farà, nonpotendomi vedere? L'amabile Sita, la cui voce era dolce come quella del cigno, si svegliava ogni mattina perascoltare il canto dei cigni: ma ora, in che modo si divertirà? Come sarà triste, adesso che è senza di me, quandovedrà gli uccelli cakravaka che volano a coppie, ricordandole di me e del mio amore per lei? Senza di lei, senza lamia amata Sita non trovo alcuna gioia nel passeggiare per la foresta, o lungo le sponde dei fiumi o dei laghi. Conil suo amore e il suo desiderio per me ulteriormente intensificato dal sopraggiungere della stagione invernale, ellaè sicuramente tormentata da questa crudele separazione da me".Tornando dopo essere andato in cerca di frutti, Lakshmana vide che Rama sedeva con l'espressione abbattuta.Trovarlo così non era cosa nuova, ed egli sapeva che cosa tormentava suo fratello.Avvicinandosi a Rama, Lakshmana gli disse: "Nobile fratello! Perché ti lasci andare così alla passione, negando intal modo il tuo vigore? Il dolore ti deruba della tua equanimità mentale. Non puoi allontanare questi tristi pensieriper mezzo dello yoga? Ti prego, riacquista la serenità e la pace mentale, riacquistando in tal modo la tua forzainteriore, grazie alla pratica dello yoga (kriya yoga) e al conseguimento dello yoga (unione) del samadhi (estasi).

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Allora godrai dell'abilità di fare ciò che bisogna fare."Non stare a preoccuparti di Sita: perché nessuno nei tre mondi potrà tenerla lontana da te! Senza dubbio,dobbiamo fare tutto ciò che è necessario; e dobbiamo farlo con straordinaria efficienza e diligenza. E tuttoquesto dev'essere fatto senza farsi prendere dall'ansia riguardo al risultato".Rama disse a Lakshmana: "Guarda, fratello, la stagione delle piogge è terminata. Indra, il dio della tempesta, hacompletato il suo lavoro e ora si è ritirato. Le nuvole hanno compiuto con successo la loro opera e riposanoanch'esse. I venti che spingevano qui e là le nuvole cariche di pioggia, e le facevano svuotare, si sono placati. Ituoni e i rimbombi che riempivano il cielo hanno ceduto il posto a un estremo silenzio. Le foreste e le cime dellemontagne luccicano dallo splendore, dopo essere state completamente ripulite dalle piogge."Il fragore dei torrenti, il gracidare delle rane e le grida dei pavoni sono cessati. I serpenti escono dai loro buchi.Le strade sono state liberate dal fango e sono di nuovo percorribili, invitando i re a marciarvi. Le acque dei fiumie dei laghi sono tornate chiare e trasparenti. Cupido, il dio dell'amore, vaga di nuovo per il mondo pronto arisvegliare la passione nel cuore di uomini e donne."Per ogni re questo è il tempo di dare inizio a spedizioni contro i propri nemici. E questo è il tempo che si erastabilito perché Sugriva inviasse i vanara in cerca di Sita. Eppure non ho visto alcun segno da parte sua. I quattromesi della stagione delle piogge sono trascorsi; e a me sono sembrati cent'anni, affranto com'ero per laseparazione da Sita. Ma Sugriva non mi ha mostrato clemenza. Penso che mi stia trascurando, sentendo chesono 'un indigente, esiliato dal regno, ingannato da Ravana, lontano da casa, povero, tormentato dalla passione',e che io sia completamente dipendente da lui. Fu lui stesso che si offrì di iniziare la ricerca di Sita non appena lastagione delle piogge fosse terminata: ora, quel folle, ha completamente dimenticato. Penso sia meglio che tuvada a dirgli: "L'uomo ingrato che riceve favori da un amico promettendo di ricambiare, e poi manca di onorarela promessa è il peggiore dei malvagi. Mentre è veramente un eroe chi mantiene la sua promessa, sia che essaappaia buona o cattiva. Vuoi forse provocarmi ad usare ancora una volta il mio missile, come ho fatto peruccidere Vali?". Ora che il suo scopo è stato raggiunto, Sugriva ha convenientemente dimenticato la suapromessa. Ovviamente si è abbandonato ai piaceri dei sensi; sicuramente non si rende conto di cosa accadrebbese la mia ira si destasse e fosse diretta contro di lui! È meglio che tu vada a dirgli: "La via che Vali ha preso perlasciare questo mondo non è chiusa: Attento!". Digli che distruggerò lui e tutta la sua gente. Digli tutto ciò cheriterrai necessario per fargli intraprendere immediatamente la ricerca di Sita".Lakshmana vide che Rama era adirato; e la sua collera contro Sugriva si destò pienamente.L'ira e il dolore di Rama sollevarono la furia di Lakshmana, che disse al fratello: "È malvagio da parte di Sugrivanon mantenere la sua promessa. E i malvagi come lui non devono essere posti sul trono. Oggi stesso lo spedirònel regno della morte, dove ritroverà suo fratello Vali. Dopo potremo chiedere ad Angada di mandare i vanara incerca di Sita".Rama pacificò Lakshmana con queste parole: "Gli uomini nobili come te non contemplano un'azione tantomalvagia! Colui che annienta la collera è un eroe, il migliore tra gli uomini. Ti prego, tratta con Sugriva come ci sicomporta con un amico. Mostragli amorevolmente l'urgenza della cosa e la giustezza della causa".Allora Lakshmana, che faceva sempre come gli veniva detto, considerò cosa doveva dire a Sugriva, la suapossibile reazione, e l'ulteriore risposta da dare. Lakshmana era saggio quanto lo stesso guru. Tuttavia egli partìper Kishkindha pieno dell'ira generata dall'ira del fratello, a sua volta originata dal suo amore per Sita.Nel vederlo arrivare, i vanara che erano in giro per le foreste di Kishkindha furono terrorizzati: essi percepirono lasua ira e capirono quanto fosse pericoloso incontrarlo. Rapidamente afferrarono ogni sorta di rocce e alberi a lorovicini, pronti a difendersi. Ma l'ira di Lakshmana crebbe ancora di più e, temendo per loro, i vanara si disperseroe andarono a cercare rifugio in Sugriva.Il comandante dei vanara cercò di farsi ascoltare da Sugriva per comunicargli la notizia dell'arrivo di Lakshmana,ma Sugriva era troppo ebbro per poter prestare attenzione a qualsiasi cosa.Non potendo decidere esattamente che cosa fare, i ministri ordinarono ai vanara di difendere Kishkindha daLakshmana. Essi tornarono indietro per affrontare Lakshmana. Angada si fece avanti per accertare qual era lacausa della sua ira. Ancora infuriato, Lakshmana ordinò ad Angada di annunciarlo immediatamente a Sugriva.Angada valutò la situazione, fece ritorno al palazzo e afferrò i piedi di suo zio e di sua moglie Ruma. Sugriva eraancora inebriato. Ora tutti i vanara impauriti fuori del palazzo cominciarono a urlare dalla paura. Questo fecetornare Sugriva alla sobrietà.Allora alcuni dei suoi ministri gli dissero: "Rama e Lakshmana, che sono devoti alla verità e hanno sembianzeumane, sono degni d'essere sovrani, pur avendo dato a te il regno. Lakshmana è alla tua porta; per questo ivanara impauriti gridano. Fa' come Rama ha fatto per te, e fallo presto, o re; adempi la promessa fattagli".Sugriva disse: "Io non ho offeso né Rama né Lakshmana. Non ho fatto nulla per offenderli. Allora perchéLakshmana è in collera con me?".Hanuman rispose molto gentilmente: "Penso che la ragione sia ovvia, o re. Tu avevi promesso di organizzare laricerca di Sita non appena fosse terminata la stagione delle piogge; ora la stagione è terminata, ma la ricerca diSita non è ancora iniziata. Tu non t'accorgi che il tempo passa! Lakshmana è venuto sicuramente a ricordartiquesto. Penso sia meglio che tu porga loro le tue scuse e adempia immediatamente la tua promessa".Angada invitò Lakshmana ad entrare nel palazzo. Il palazzo - che aveva sette mura, ognuno con una propriaporta - mostrava segni di grande ricchezza.Lakshmana, che aveva un carattere integerrimo, non entrò negli appartamenti privati di Sugriva: ancora fumantedi rabbia, egli attese fuori da solo. Sugriva udì il suono dell'arma di Lakshmana, ed ebbe la conferma che egli eralì come aveva detto Angada. Quindi disse a Tara: "Ti prego, va' e informati sul motivo della collera di Lakshmana;di certo egli non si comporterà male con te. Poi torna e riferiscimi la verità".Tara s'avvicinò a Lakshmana e gli chiese: "Dimmi, ti prego; per quale motivo sei adirato con noi". Lakshmanagradì l'approccio conciliativo di Tara e disse: "Sugriva è immerso nei piaceri dei piaceri dei sensi e ha perso divista la promessa che ci aveva fatto. È sempre ubriaco e non è mai sobrio. Tutto questo bere è contrario alDharma e al raggiungimento del proprio benessere. Il bere è un ostacolo al Dharma, al benessere materiale eanche al godimento dei giusti piaceri. L'ingratitudine è nemica del Dharma; e la perdita di un amico è nemica delbenessere materiale. Ora Sugriva sta invitando queste due cose, trascurando la sua obbligazione nei confronti di

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Rama".Tara volle subito informare Lakshmana: "In realtà Sugriva ha già preso provvedimenti per adempiere la promessafatta a Rama. Molti vanara sono già arrivati qui in obbedienza al suo comando. Però so che egli è statonegligente, e ne conosco pure la ragione: tu non conosci il potere della lussuria, anche se conosci bene quantosia potente la collera. La persona soggetta alla lussuria è inconsapevole del tempo e del luogo, del Dharma e delbenessere materiale. Anche i saggi sono caduti vittime della lussuria. E allora come puoi aspettarti che la vincaun incolto vanara? Ti prego, entra e incontra Sugriva".Lakshmana entrò e vide Sugriva seduto sul divano, con la moglie Ruma tra le braccia. E questo lo rese ancor piùfurente.Profondamente scosso dalla vista di Lakshmana fiammeggiante d'ira, Sugriva riacquistò la sua sobrietà. Seguitodalle sue regine e da altri, egli s'accostò umilmente a Lakshmana con le mani giunte.Lakshmana disse, ancora furente: "Un re giusto viene onorato da tutti. Il re ingiusto che fa false promesse vieneevitato da tutti. Si dice che chi promette di dare un cavallo e non adempie la promessa, subisce le conseguenzedel peccato di uccidere cento cavalli. Non mantenere la propria promessa equivale al suicidio, Sugriva. Chipromette d'aiutare un amico in cambio dell'aiuto ricevuto, e non mantiene la promessa, è un peccatore degnodell'esecuzione. E non è stata prescritta alcuna espiazione per l'ingratitudine. Sebbene i saggi abbiano prescrittoespiazioni anche per l'uccisione di una mucca, per l'uso dei liquori e per la trasgressione di un voto, non nehanno data una per l'ingratitudine. L'ingratitudine è un peccato imperdonabile. Tu sei un vanara ingrato, che hadimenticato la sua promessa e si è dato, al contrario, all'indulgenza dei sensi. Vergogna! Invece d'impegnarti alservizio di Rama, ti sei perso nell'indulgenza dei piaceri dei sensi. Desideri fare anche tu la fine di Vali? Tu nonhai provato la potenza dei missili di Rama, perciò ti comporti in questo modo".Tara si fece avanti in difesa di Sugriva e rispose: "Ti prego, Lakshmana, non parlare così a Sugriva, egli nonmerita le dure parole che hai detto né è colpevole di quanto lo accusi. Sugriva non ha dimenticato il suo debitoverso il valoroso Rama. È vero che essendo stato privato dei piaceri dei sensi per lunghissimo tempo, ora ècaduto nella loro trappola. Dicono che il saggio Visvamitra trascorse dieci anni con la ninfa Ghritaci come fosserostati un solo giorno! Il piacere dei sensi ha il potere d'indebolire le proprie percezioni. Certo, la lussuria è moltopotente. Ma tu non dovresti accusare Sugriva prima di accertare la verità, e non dovresti adirarti tanto. Lepersone nobili come te non si fanno prendere dall'ira senza prima comprendere pienamente i fatti. Sono certache Sugriva rinuncerà al regno, alle ricchezze, a sua moglie Ruma, a me e persino ad Angada per fare piacere aRama. Egli ucciderà Ravana e riporterà Sita a Rama. Vali ci diceva che a Lanka ci sono cento milionitrecentonovantanovemila e seicento demoni. E devono essere tutti uccisi prima che si possa uccidere Ravana esalvare Sita. Tutto ciò non può essere fatto senza un considerevole aiuto e un'organizzazione adeguata. Sugrivaha già ordinato che tutti i vanara e tutte le altre tribù della foresta si presentino presto a rapporto da lui. Perciò tiprego, lascia cadere la tua ira".

[NOTA: Nella descrizione di 'altre tribù' ci sono parole che possono essere certamente tradotte come 'orsi', ecc.;ma potrebbero anche essere nomi di tribù di persone - come i 'naga' dell'odierno Nagaland, che non sono'serpenti' come vorrebbe dire la parola.]

Udendo l'umile e cortese deferenza di Tara, Lakshmana si sentì placato e gratificato; e fece un cenno con latesta. Sugriva disse a Lakshmana: "Tutto ciò che oggi ho, lo devo alla grazia di Rama. Non potrò mai ripagare ildebito che ho con lui, né lui ha bisogno dei miei umili servigi. Con il suo valore egli può uccidere Ravana eriprendersi Sita. Io considero una benedizione poterlo assistere in questa impresa. Non ho dimenticato che conun solo missile egli trafisse i sette alberi giganti, quella montagna laggiù e la terra stessa! Se ho fatto qualcosa disbagliato nei vostri confronti, per amore o per negligenza, io vi supplico di poter essere perdonato".Compiaciuto dal contegno e dalle parole di Sugriva, Lakshmana disse: "In te, Sugriva, mio fratello ha uneccellente amico e alleato. Tu hai un cuore puro. Tu sei certamente degno di essere il re dei vanara. Con il tuoaiuto, Rama distruggerà Ravana e riavrà Sita; poiché tu sei pari allo stesso Rama come forza ed energia. Tiprego di perdonare le dure parole che ho pronunciato prima a causa del mio dolore e della mia impazienza".Poi Sugriva si rivolse ad Hanuman, e ordinò: "Fai venire qui rapidamente i vanara che dimorano nelle seguenticatene montuose: Mahendra, Himalaya, Vindhya, Kailash e Mandara. Fa' chiamare tutti i vanara di colore nero edalla forza elefantiaca che vivono sul monte Anjana e che possono correre come il vento. E poi gli altri vanarache vivono sui monti orientali e occidentali, sui monti Padma, Mahasaila, Meru, Dhumra e Maharuna. Se essi nonobbediranno al mio ordine o tarderanno ad arrivare, perderanno la vita. Fa' partire subito dei veloci messaggeri".L'ordine fu eseguito immediatamente, e tutte le orde di vanara che ricevettero il comando di Sugriva arrivaronorapidamente a Kishkindha. Trenta milioni di vanara di colore nero, cento milioni di vanara di colore dorato dallemontagne occidentali, milioni di vanara dal colore della criniera del leone dalle catene montuose del Kailash,molti milioni di più dalla catena montuosa himalayana, molti altri dai monti Vindhya e innumerevoli vanara dallecoste 'dell'oceano di latte' e da un distante continente chiamato Tamalavana. Tutti arrivarono a Kishkindhaportando vari doni a re Sugriva. Alcuni si fermarono nel luogo dove in precedenza era stato celebrato un ritosacro per propiziare il Signore Shiva; e là mangiarono i frutti e le radici eteree che avevano il potere di liberaredalla fame per un mese! Infine essi dissero a Sugriva: "I vanara provenienti da tutte le montagne e le forestesono arrivati qui". Compiaciuto, Sugriva accettò le loro offerte.Sugriva era felice. Con l'aiuto dei vanara che erano arrivati, la missione di Rama poteva considerarsi pressochécompiuta. Lakshmana disse a Sugriva: "Andiamo da Rama".Sugriva acconsentì pieno d'entusiasmo e ordinò alle guardie del corpo di portare il suo magnifico veicolo. Questoera placcato d'oro e aveva una bellissima cappotta bianca. Quando arrivò, Lakshmana vi montò insieme aSugriva.Circondato solo dai capi delle orde vanara, Sugriva si recò da Rama. Quando lo vide, da lontano, Sugriva scesedal veicolo e si fermò in piedi umilmente con le mani giunte in segno di saluto. Anche i capi vanara fecero lastessa cosa. Rama vide davanti a sé ciò che appariva come un oceano di vanara, e ne fu molto felice.Sugriva cadde ai piedi di Rama. Rama lo sollevò amorevolmente e lo abbracciò, e quindi gli disse gentilmente,

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con affetto: "C'è il momento del Dharma, d'acquisire dei meriti religiosi, e c'è il momento di lavorare per laprosperità materiale e il momento di dedicarsi al godimento dei piaceri dei sensi. Ma chi trascura il Dharma e idoveri terreni per il godimento dei piaceri dei sensi si sveglia troppo tardi, come l'uomo che dorme sui rami di unalbero e si sveglia dopo che è caduto. Questo è il momento di fare i passi necessari per cercare Sita".Sugriva ripeté quello che aveva già detto a Lakshmana. "Tutto ciò che ho oggi lo devo a te, Rama. Come possodimenticare il debito che ho nei tuoi confronti? Chi dimentica il proprio debito verso l'amico è un vile peccatore.Guarda questi guerrieri: essi sono i comandanti dei vanara, e sono venuti da tutto il mondo con milioni di vanaraper combattere contro Ravana e liberare Sita per ridarla a te".Rama fu molto felice, e disse di nuovo: "Tu sei il mio migliore amico, Sugriva; e con il tuo aiuto mi libererò di tuttii miei nemici".Mentre conversavano così tra loro, sentirono un grande tumulto. Sollevando una nube di polvere, i vanara simisero in marcia verso il luogo dove stava Rama. Milioni e milioni di vanara di ogni tipo, di ogni colore e statura,appartenenti alle più svariate tribù degli abitanti della giungla erano là.Sugriva li presentò a Rama. Stando in piedi con le mani giunte in segno rispettoso di saluto, Sugriva disse aRama: "Che questi eserciti di vanara si accampino confortevolmente sui fianchi delle montagne e nelle foreste, eche i loro comandanti mi diano informazioni precise sul loro numero e la loro forza".In seguito Sugriva disse a Rama: "Sono arrivati innumerevoli vanara, ciascuna tribù con i propri capi. Ognuno diessi possiede forza e coraggio immensi. Essi attendono i tuoi ordini: perché sono il tuo esercito".Rama rispose: "Penso che la prima cosa da fare sia quella di scoprire se Sita è ancora viva, dove si trova, e dov'èla terra in cui vive Ravana. Tu sei più qualificato di me per dare a questi condottieri vanara gli incarichiappropriati per questa ricerca. Tu sai quello che c'è nella mia mente e sai che cosa bisogna fare. Per me tu seisecondo solo a Lakshmana per ciò che riguarda la comprensione della missione e per la tua saggezza riguardo almodo migliore di compierla".Felice della fiducia che Rama aveva riposto in lui, Sugriva chiamò Vinata, un capo tribù, perché conducesse laricerca nella 'regione orientale'.Dando le sue istruzioni a Vinata, Sugriva disse: "Recati nella regione orientale della terra, e cercaminuziosamente la dimora di Ravana e il posto dove si trova Sita. Attraversa i numerosi grandi fiumi, il Gange, loYamuna, il Sarayu, e gli altri. Ricerca intensamente nei grandi territori di Brahmamala, Videha, Kosala e altriancora. Cerca nei territori dei Kirata dalla carnagione dorata. Vai nel Yavadvipa; e ancora oltre, fino al monteSisira. Continua fino all'altra costa, dove troverai il Mar Rosso. Cerca Sita nelle foreste là intorno e sullemontagne. Cerca in tutte le isole di quella regione."Attraversando il Mar Rosso, raggiungerai un'isola abitata da demoni di tipo insolito. Essi sono chiamati Mandehae rimangono sospesi sui pendii delle montagne. Ogni mattina sono arsi dallo splendore del sole e dal fulgore deisaggi che offrono preghiere, e cadono nell'acqua, riacquistando la loro vitalità e il loro vigore. Quindi tornano suipendii delle montagne, dove si riappendono di nuovo capovolti. Superato questo luogo, vedrai un oceano bianco,che sembra l'oceano di latte. Nel mezzo di quest'oceano vedrai una montagna bianca chiamata Rshabha. Oltrequell'oceano ne troverai un altro d'acqua dolce, nelle cui regioni sotterranee troverai un terribile fuoco ardenteconosciuto come Vadavamukha. A sud della costa settentrionale di quest'oceano troverai una grande montagnasplendente come l'oro. Davanti ad essa vedrai un serpente dalle mille teste, bianco come la luna, e vestito percosì dire con un abito blu: esso è il sostegno del mondo. Poi vedrai la montagna che rappresenta l'estremitàorientale della terra. Oltre, vi è l'inaccessibile oscurità totale. Cerca Sita giungendo fin là. Torna a riferirmi tuttoentro un mese".Per fare cercare Sita nella regione meridionale, Sugriva scelse i migliori vanara. Nila, il figlio di Agni, Hanuman, ilfiglio di Vayu, il potentissimo Jambavan e molti altri potenti vanara furono scelti per questa spedizione.Egli pose Angada, figlio di Vali e principe reggente, come comandante delle forze vanara che costituivano questocontingente di ricerca.Nelle istruzioni che impartì loro, Sugriva li invitò a cercare soprattutto nei luoghi più inaccessibili.Egli disse: "Iniziate dai monti Vindhya e proseguite cercando nelle pianure dei fiumi Narmada, Krishna, Godavarie Varada. Cercate minuziosamente nelle regioni Mekhala, Utkala, Vidarbha, Vanga, Kalinga, Andhra, Cola,Pandhya e Kerala. Quindi continuate a cercare nei monti Malaya, con le benedizioni del saggio Agastya chetroverete là."Da lì procedete verso la città dalle porte d'oro dei Pandhya, le cui mura di cinta sono costellate di pietrepreziose. Tra la città e l'eremitaggio di Agastya si trova il monte Mahendra, che è pieno d'oro e che Agastya feceaffondare nell'oceano. Lo stesso Indra visita questa montagna ogni quindici giorni."Al di là di questo monte si trova l'isola inaccessibile che è larga ottocento miglia e alla quale gli esseri umani nonpossono accedere. Cercate quest'isola attentamente; sicuramente quello è il territorio del potente Ravana, chemerita la morte. Prima di lasciare quel territorio, accertatevi che Sita non sia là: non lasciate che ci sia il minimodubbio."Ottocento miglia oltre quell'isola, nell'oceano, si trova l'isola parzialmente sommersa di Pushpitaka, con le suealte montagne che appaiono come oro e argento. Centododici miglia oltre Pushpitaka c'è il monte Suryavan,dopo di questo c'è il Vaidyuta e ancora al di là c'è il monte Kunjara, dove il saggio Agastya ha un eremitaggiolargo ottanta miglia e lungo altrettanto, fatto d'oro e gemme preziose. Là c'è pure la dimora dei serpenticonosciuta come Bhogavati. Ispezionate attentamente questo luogo spaventoso. Cercate anche nella montagnache si trova oltre questo luogo e nota col nome di Rishabha."Al di là di quel monte c'è il mondo dei Mani: non andateci. Dovunque andate, cercate Sita attentamente. Chi divoi tornerà per primo, entro un mese, e dirà d'avere scoperto Sita, godrà dei miei stessi privilegi, poiché sarà ame molto caro".Dopo aver inviato i vanara nei territori meridionali, Sugriva si rivolse a Sushena, che aveva la carnagione el'apparenza di una nuvola. Sushena era il padre di Tara, il suocero del re, ed era molto valoroso. Sugriva si rivolsea Sushena e ad altri capi vanara, tra cui il vanara chiamato Marica e il gruppo di vanara chiamati Marici (perchéerano figli del saggio Marici):"Procedete verso occidente, attraversando i territori Saurashtra e Candracitra, Bahlika e Kukshi. Perlustrate tutti

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questi territori in cerca di Sita. Quindi arrivate fino alla confluenza del fiume Sindhu con l'oceano. Là trovereteuna grande catena montuosa chiamata Somagiri, che ha un centinaio di vette. Sulle coste delle montagne, nelleincantevoli foreste vivono leoni alati che afferrano e portano via grossi pesci e anche elefanti. Perlustrateattentamente tutte quelle foreste."Quando giungerete in riva al mare vedrete una montagna dalla cima dorata e grande ottocento miglia, notacome la montagna Pariyatra. Laggiù vive una tribù di esseri celesti che sono potenti; perciò non provocatelidisturbando la foresta, ma cercate Sita anche là. Nelle vicinanze di quella montagna, ma nell'oceano, trovereteun'altra montagna chiamata Vajra, che splende come fosse ricoperta di diamanti e altre pietre preziose. Cercateattentamente Sita nelle sue grotte."In una parte dell'oceano c'è la montagna Cakravan: dove Visvakarma pose il Sahasrara Cakra, una ruota conmille raggi (o un revolver con mille camere di proiettile). Una volta il Signore Vishnu uccise i demoni Pancajana eHayagriva e prese la conchiglia dal primo e il cakra dal secondo. C'è anche l'immensa montagna chiamataVaraha, lunga cinquecentododici miglia, sulla quale si trova la città dorata di Pragjyotishapura, dimora deldemone Naraka. Al di là di questa c'è la montagna d'oro massiccio chiamata Megha, sulla quale Indra, re delcielo, fu incoronato dagli dèi. Ancora più in là ci sono i sessantamila monti dorati, compreso il monte Meru, sulquale dimora il saggio Merusavarni. Inchinatevi davanti a lui e chiedetegli di Sita; ma non procedete oltre quelpunto."Non state via più di un mese. Insieme a voi, o eroi, invio anche mio suocero. Egli è un valoroso guerriero, e voitutti dovete obbedirgli Certo voi siete tutti comandanti delle vostre forze, ma in questo caso dovete trattarlocome la vostra autorità suprema. Andate dunque verso occidente in cerca di Sita. Quando Sita verrà trovata erestituita a Rama, avremo fatto il nostro dovere. Se nel corso della spedizione penserete che sia utile fare altrecose, fatele pure!".Dopo la partenza di Sushena e del suo gruppo verso occidente, Sugriva si rivolse a un altro potente vanara dinome Satabali e gli disse:"Seguito da una grande schiera di vanara e dai tuoi stessi consiglieri, che sono tutti discendenti del sole, vaiverso nord, o potente vanara! E insieme fate una meticolosa e diligente ricerca di Sita. Quando ritroveremo Sita ela riconsegneremo a Rama, avremo compiuto la più grande impresa della nostra vita. Soltanto la vita di chi simette al servizio di un bisognoso è fruttuosa, anche se questi non gli ha reso alcun servizio: e quanto più è vitalequando il servizio è reso in cambio di un grande favore!"Andate dunque nelle terre dei Mlecca, dei Pulinda, dei Surasena, dei Prasthala, dei Bharata, dei Kuru, dei Madra,dei Camboja e degli Yavana, che si trovano tutte a nord. Perlustrate quelle terre e cercate nelle montagnehimalayane. Continuate fino all'eremo del saggio Soma, oltre al quale c'è il monte Kala: cercate Sita nelle grotte.Ancora oltre c'è il monte Sudarshana e poi il Devasakha: cercate anche là."Andando ancora oltre troverete una terra desolata priva di montagne, fiumi e alberi. Attraversatela velocemente,e infine vedrete il monte Kailash. Oltre il monte Kraunca c'è il monte Mainaka. Valicando questa montagnavedrete gli eremi dei siddha (saggi). Vedrete anche donne con i volti di cavalli. Nelle vicinanze vedrete il lagoVaikhanasa."Oltre questo lago il cielo stesso è illuminato dallo splendore dei saggi che vi dimorano. Procedete in quelladirezione, e raggiungerete il fiume Sailoda. Lungo le rive di quel fiume c'è il territorio conosciuto come UttaraKuru. In quel paese gli alberi sono carichi di fiori e frutti, alcuni dei quali sembrano pietre preziose! Da questialberi, gli uomini e le donne che vivono là ottengono indumenti, letti e gioielli. Gli uomini e le donne di quelpaese sono molto fortunati, e vivono godendosi la vita. Là nessuno è infelice, e ogni giorno tutti sviluppanoqualità che appagano la mente."Ancora più in là di quel territorio c'è la montagna chiamata Somagiri: coloro che hanno raggiunto il mondo diIndra, il mondo di Brahma e il mondo celeste vedono quella montagna. Anche quando il sole non vi risplende,tutta la regione è illuminata dallo splendore della montagna! Il Signore Vishnu, il Signore Shiva e Brahma vivonolà, circondati dai saggi. Non avventuratevi in quella regione, ma perlustrate tutti gli altri territori e sforzatevi piùche potete di trovare Sita".Sugriva era certo che soltanto Hanuman sarebbe stato in grado di portare a termine l'impresa!Perciò, pur avendo impiegato milioni di vanara per formare i gruppi che dovevano andare in cerca di Sita, egliaveva un messaggio speciale per Hanuman; e prima che quest'ultimo partisse, Sugriva gli disse:"Non c'è nulla che io possa immaginare come ostacolo per te, Hanuman, né su questa terra né nell'aria nénell'acqua, e neanche nei cieli. Tu conosci tutti gli esseri dei tre mondi, e ne conosci sia la forza che la debolezza.Non è ancora nato in questo mondo uno che ti possa essere pari in forza e splendore! Per questo, solo tu puoiescogitare un piano per scoprire Sita. Solo in te c'è la forza, la potenza e l'intelligenza, come pure il verogiudizio".Rama fu molto felice di sentire elogiare il valore di Hanuman. Egli si tolse l'anello con il suo sigillo e glielo diede,aggiungendo queste parole: "Ti prego, Hanuman, porta con te quest'anello. Quando troverai Sita e le mostrerail'anello, lei capirà immediatamente che vieni da parte mia e che io stesso ti ho inviato a cercarla. Il tuoentusiasmo e la tua dedizione al compito che ti è stato affidato, la tua forza e il tuo valore, come pure la stimache Sugriva ha di te - tutte queste cose insieme mi convincono che il tuo sforzo sarà coronato dal successo. OHanuman! Io dipendo da te. Tu sei dotato di una forza immensa. Ti prego, fai tutto ciò che è necessario pertrovare Sita".Dopo avere ricevuto ognuna le proprie indicazioni, tutte le schiere di vanara guidate dai rispettivi capi partirononelle direzioni loro assegnate.Quindi Rama e Lakshmana ritornarono nella loro dimora, nella grotta sul monte Prashravana.Mentre le schiere vanara marciavano ciascuna nella propria direzione, gli armati cantavano pieni d'entusiasmo:"Io troverò Sita". "Sarò io ad uccidere Ravana". "Per trovare Sita, possiamo arrivare perfino nel mondo degliinferi". "Per cercare Sita, possiamo attraversare anche l'oceano". "Per potere trovare Sita, possiamo attraversareperfino il terribile oceano". "Nessuno può sbarrarmi la strada, e sopravvivere".Grande era il loro entusiasmo. Grande era il loro desiderio di compiere la loro parte per aiutare la missione diRama.

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Mentre Sugriva dava istruzioni ai condottieri delle truppe inviate per cercare Sita, Rama rimase meravigliato dallaconoscenza dettagliata e accurata che Sugriva possedeva della geografia del mondo. Preso dall'ammirazione edalla curiosità, egli chiese a Sugriva come avesse fatto ad apprendere la geografia del mondo cosi bene e inmaniera tanto completa.Sugriva rispose: "O Rama, tu sai come Mayavi, il figlio di Dundubhi, avesse sfidato mio fratello maggiore Vali, ecome Vali lo inseguì nella grotta. Io rimasi fuori della grotta per un anno intero, aspettando che Vali venisse fuoridopo aver ucciso il demone. Sai pure che poi vidi uscire del sangue fuori della grotta e che da questo trassi laconclusione che Vali fosse stato ucciso. Dopo di questo tu sai che ritornai a Kishkindha e i ministri mi installaronosul trono come loro re."Poi Vali ritornò dopo un certo tempo, dopo essere riuscito a rimuovere la grande roccia che io avevo postoall'ingresso della caverna. Tu sai che nonostante gli chiedessi infinitamente scusa e l'implorassi di ascendere altrono, Vali pieno di collera cominciò ad inseguirmi con l'intenzione di uccidermi."Allora, o Rama, cominciai a correre per salvarmi la vita. Arrivai fino all'estremità orientale della terra, e miaccorsi che Vali m'inseguiva ancora. Quindi scappai allo stesso modo in tutte e quattro le direzioni. Durantequella fuga, vidi ogni angolo della terra, che naturalmente m'appariva come l'impronta di un vitello. Fu in quelperiodo che acquisii una conoscenza profonda e dettagliata della terra. Quando ritornai a Kishkindha, perplesso eincapace di decidere cosa fare, Hanuman mi disse: "Adesso ricordo che Vali suscitò la collera del saggio Matanga,che lo maledì e gli proibì per sempre di mettere piede sul monte Rshyamuka. Se andassimo là, Vali non potrebbeinseguirti". Allora andai velocissimo sul monte Rshyamuka, dove ho continuato a vivere fino a poco tempo fa".I vanara, che erano andati nelle diverse direzioni, fecero una diligente ricerca seguendo le istruzioni di Sugriva.Essi cercarono dappertutto; senza tralasciare nulla, esplorando ogni luogo. Ma non ebbero successo. Passato unmese dal giorno in cui erano partiti, essi ritornarono a Kishkindha tristi e disperati, e riferirono a Sugriva: "O re,abbiamo cercato dappertutto. Quando vedevamo qualcuno prepotente, sospettando che si potesse trattare diRavana l'inseguivamo, lo sfidavamo e a volte lo uccidevamo anche. Ma non abbiamo potuto trovare Sita. Siamocerti, però, che Hanuman avrà successo. Egli è andato nella direzione in cui Sita è stata portata via".Angada, Hanuman ed altri andarono verso sud. Essi cercarono accuratamente nella regione dei monti Vindhya ein ogni luogo che attraversavano, ma non riuscirono a trovare Sita. Nel corso della loro ricerca giunsero in unluogo completamente desolato dove non cresceva nulla e dove non si vedevano né animali né uccelli. Un tempoin quella regione aveva vissuto un grande saggio chiamato Kandu, un asceta pieno di grande potere spirituale.Era accaduto che suo figlio, che aveva appena dieci anni, era morto durante la loro permanenza in quellaregione. Pieno di collera, il saggio aveva lanciato una terribile maledizione contro quella terra che non avevapotuto mantenere in vita suo figlio! Da allora quella terra era diventata desolata.I vanara penetrarono in una foresta terrificante, e là videro un demone spaventoso. Angada pensò che sitrattasse di Ravana, e lo uccise in una cruenta battaglia. Ma, ahimè, non si riuscì a trovare Sita. Il morale deivanara era molto basso, e il loro entusiasmo era calato.Angada disse loro: "Vi prego, amici, non lasciatevi prendere dalla tristezza, dalla disperazione, dall'apatia edall'ozio. I mezzi per raggiungere il proprio scopo sono: l'entusiasmo che non conosce disperazione, l'efficienza, euna mente che non si lascia sopraffare dall'apatia o dalla depressione. Dobbiamo continuare la nostra ricercasenza allentare minimamente il nostro sforzo. Se v'impegnerete assiduamente, il frutto del vostro lavoro saràcerto. Inoltre è bene ricordare che cosa significherebbe arrecare dispiacere al nostro re Sugriva, e che terribiledelusione sarebbe per Rama". Il vanara Gandhamadana applaudì l'esortazione di Angada.Allora tutti i vanara scalarono la Montagna Argentata in cerca di Sita, ma non riuscirono a trovarla. Mentreesploravano le grotte nel versante sud-occidentale, essi scoprirono una caverna inaccessibile che era custodita daun demone. Avevano fame e sete, e videro che la grotta conteneva piante, alberi, uccelli e oche; da ciòdedussero che doveva esserci anche dell'acqua. Inoltratisi nella caverna, che era immensa e molto profonda,dopo qualche tempo videro un punto chiaro e visibile. Tenendosi l'un l'altro, s'avvicinarono a quel puntoluminoso, pieni di gioia e di speranza.E là essi videro oro, gioielli e pietre preziose, e palazzi e appartamenti lussuosi. Pieni di stupore, andarono ancoraavanti e poco dopo s'imbatterono in una radiosa asceta, vestita di cortecce e pelle di daino. Avvicinandosiumilmente a lei, Hanuman le chiese: "O santa donna, chi siete? Che cos'è questa strana caverna, e a chiappartengono quei gioielli?".In risposta alla domanda di Hanuman, l'asceta disse: "O potente vanara, c'era una volta un grande magochiamato Maya, il quale fece costruire questa grotta. Anticamente egli era stato un grande costruttore per idemoni. Egli praticò grandi austerità e così propiziò Brahma, il Creatore. Brahma concesse a Maya le immensericchezze del saggio Sukra. Avendo ottenuto ciò che voleva, Maya si dedicò al godimento dei piaceri sensuali conla ninfa celeste Hema. Una volta che fu indebolito da questo, Indra brandì la sua arma mortale e lo uccise. PoiIndra disse a Hema di ereditare la grande fortuna di Maya. Io sono Swayamprabha, figlia del saggio Merusavarni,e custodisco il palazzo di Hema, che è una mia cara amica. Vi prego, placate la vostra fame e soddisfate la vostrasete con questa frutta e queste bevande; e poi ditemi chi siete voi".Dopo che lui e tutti i vanara si furono ristorati, Hanuman narrò a Swayamprabha la storia di Rama fino al suoincontro con Sugriva, e come tutti loro erano in cerca di Sita. Infine concluse dicendo: "Mentre eravamocompletamente esausti e affaticati, e tormentati dalla fame e dalla sete, abbiamo visto degli uccelli acquaticiuscire in volo da questa grotta e abbiamo concluso che doveva esserci dell'acqua all'interno. Con la vostraospitalità ci avete salvato la vita. Diteci, come possiamo ripagare il nostro debito?".Swayamprabha rispose cortesemente: "Io sono un'asceta e non ho bisogno del servigio di alcuno".Allora Hanuman disse ancora: "Vi prego, diteci come uscire da qui! Abbiamo molta fretta e abbiamo già superatoil tempo che ci era stato concesso". Volendoli aiutare, Swayamprabha chiese a tutti loro di chiudere gli occhi: e inun batter d'occhio si ritrovarono tutti fuori della grotta. Ora Swayamprabha indicò ad Hanuman: "Da quella partec'è il monte Prashravana e nella direzione opposta c'è l'oceano". Detto questo, ella tornò nella grotta.Tutti i vanara si riunirono per decidere cosa fare. Essi erano molto preoccupati, perché già quand'erano nellacaverna avevano superato il limite di tempo stabilito da Sugriva. Angada disse: "Per noi la morte è certa, setorniamo dopo il tempo stabilito e senza notizie di Sita. Perciò è meglio che ci sediamo qui e digiuniamo fino alla

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morte. In realtà io non sono stato incoronato principe da Sugriva, ma da Rama. E Sugriva, che non mi amamolto, potrebbe approfittare di questa occasione per farmi uccidere". Tutti i vanara furono d'accordo: "Abbiamomancato con Sugriva, e ora non è né saggio né salutare tornare da lui. Continuiamo a cercare Sita e torniamo daSugriva dopo avere ottenuto notizie di lei; altrimenti cercheremo d'entrare nella dimora della Morte".Uno dei capi vanara suggerì che tutti loro si rifugiassero nella caverna per sfuggire alla collera di re Sugriva.Angada non respinse la proposta, e Hanuman vide in questo la nascita di un complotto che avrebbe potutoportare ad una lotta tra Sugriva e Angada. Quest'ultimo era molto intelligente ed era un maestro nell'arte dellapolitica. Allora il saggio Hanuman usò allo scopo la terza delle quattro strategie politiche studiate per trattare congli oppositori: egli fece sorgere differenze di opinioni tra i capi vanara. E infine disse ad Angada: "Tu sei invero ungrande e potente eroe, ma la mente dei vanara è incostante ed essi potrebbero non rimanerti fedeli. Nessuno diquesti capi vanara, me compreso, volterà le spalle a Sugriva e seguirà te. Tu ti stai mettendo contro unpotentissimo eroe, e questo non è saggio. E ancora peggio, tu credi che questa grotta sia un rifugio sicuro; manon lo è. Anche Indra riuscì ad entrarvi e uccise Maya. I missili di Lakshmana potrebbero ridurre rapidamente lagrotta in frantumi. Presto tutti i vanara ti abbandoneranno, per mancanza di viveri e di altre cose necessarie. Ilpiano che è stato suggerito è denso di pericoli. Io penso che sia più saggio tornare a Kishkindha e pregareSugriva di perdonare il ritardo. Egli è un giusto e non ti farà del male".Angada andò su tutte le furie: "Chi chiami giusto? Sugriva? Colui che ha sedotto la moglie del fratello maggioreche per lui doveva essere come una madre? Quello che ha bloccato l'uscita del fratello dalla grotta? Quello cheuna volta ottenuto il suo scopo aveva completamente dimenticato il bene fattogli da Rama, e stava pensandosolo a divertirsi? Non dimenticare che è stato solo per paura dell'ira di Lakshmana che egli ci ha mandati in cercadi Sita, e non perché pensava che fosse una giusta causa! Credi che Sugriva tollererà come principe me, chesono il figlio del suo nemico Vali? È probabile che egli non mi farà del male o non mi ucciderà pubblicamente, madi certo escogiterà per me qualche punizione segreta. Ed è meglio morire adesso che passare il resto della vita inuna prigione solitaria. No, io non vengo. Tu puoi ritornare; salutalo da parte mia e raccontagli tutto. Quindi parlaa mia madre e anche alla regina Ruma".Così dicendo, Angada si buttò a terra. Tutti i vanara fecero altrettanto e decisero di digiunare fino alla morte. Inpreda alla disperazione e allo sconforto, essi maledirono persino il giorno in cui Rama e Sugriva s'eranoincontrati. Cominciarono a parlare ad alta voce dell'esilio di Rama, del rapimento di Sita, della morte di Jatayu,dell'uccisione di Vali, e così via. Ma mentre stavano parlando, un grande pericolo si librava sulle loro teste.Il rumore, le folate di vento e la polvere precedettero l'approssimarsi alla grotta di un enorme avvoltoio. I vanarache erano seduti su uno spiazzo fuori della grotta videro l'avvoltoio appollaiato su una grande roccia. Il suo nomeera Sampati ed era il fratello di Jatayu. L'avvoltoio disse tra sé: "Di certo la Provvidenza invisibile controlla ilmondo intero. E la Provvidenza benevola ha decretato che il cibo mi arrivi, per così dire, davanti alla soglia dicasa. Non appena ognuno di questi vanara morirà, io ne mangerò la carne". I vanara, però, udirono questeparole e ne rimasero profondamente turbati.Con la mente sconvolta dall'intensa paura, Angada disse ad Hanuman: "La morte è venuta a trovarci nellesembianze di un avvoltoio. Ma come prima il nobile Jatayu ha dato la sua vita per servire Rama, così anche noimoriremo al suo servizio. Almeno Jatayu ha subito il martirio mentre cercava d'aiutare concretamente Sita;invece noi sfortunatamente non siamo riusciti a scoprire dove è stata portata".Udendo queste parole, la mente di Sampati venne turbata. E chiese: "Chi di voi ha menzionato il nome del mioamatissimo fratello Jatayu? Non ho sue notizie da moltissimo tempo; e sentendo parlare del suo assassinio tuttoil mio essere è sconvolto. Com'è successo?".A questo punto i vanara erano increduli, tuttavia aiutarono Sampati a scendere dalla roccia. Poi Angada raccontòtutta la storia di Rama, inclusa la sua amicizia con Sugriva e l'uccisione di Vali. E infine concluse: "Siamo statimandati in cerca di Sita, ma non siamo riusciti a trovarla, e il limite di tempo stabilito da Sugriva è scaduto. Perpaura d'affrontare la sua collera, abbiamo deciso di rimanere qui e digiunare fino alla morte.Sampati disse: "Jatayu era mio fratello. Io e lui stavamo volando verso la dimora di Indra, dopo che questi avevaucciso il demone Vritra. Quand'eravamo vicini al sole Jatayu stava per svenire, ed io lo riparai. Ma le mie alifurono bruciate dal calore del sole, e caddi quaggiù. Anche se sono rimasto senza ali e senza potere, per amoredi Rama vi aiuterò come posso. Qualche tempo fa ho visto una bellissima donna che veniva portata via daRavana, e gridava: 'O Rama, o Lakshmana'. Ravana vive a Lanka, un'isola a ottocento miglia da qui. Grazie ancheal potere della mia vista, riesco a vedere che sia Ravana che Sita vivono a Lanka. Con l'intuizione posso anchevedere che troverete Sita, prima di tornare a Kishkindha. Ora portatemi in riva al mare, in modo che possa offrirelibagioni per la pace dell'anima di mio fratello". I vanara furono lieti d'aiutare Sampati.Quando sentì dire a Sampati che aveva visto Sita, Jambavan gli si avvicinò e gli chiese: "Ti prego, dimmi piùprecisamente dov'è Sita e chi l'ha vista?".Sampati rispose: "Di fatto mio figlio Suparsva ha avuto un incontro ancora più diretto con Sita e Ravana. Viracconterò tutta la storia; ascoltate."Vi ho detto che in uno sconsiderato tentativo di volare fino al sole le mie ali furono bruciate, e io caddi senz'alisu questa montagna. Come gli esseri celesti sono estremamente lussuriosi, i serpenti sono pieni di terribile ira, idaini s'impauriscono facilmente, così noi avvoltoi siamo molto voraci. Come potevo appagare la mia fameinsaziabile senza le ali? Mio figlio Suparsva s'impegnò a procurarmi regolarmente del cibo. Un giorno, di recente,egli non arrivò all'ora abituale e io cominciavo a essere tormentato dalla fame. Quando lo rimproverai per ilritardo, egli mi raccontò che cosa era successo quel giorno. E disse: "Mentre stavo cercando della carne daportarti da mangiare, ho visto un grande demone che volava tenendo una donna tra le braccia. Io l'ho bloccato,desiderando portarteli entrambi per il tuo pasto di oggi. Ma egli mi ha implorato di lasciarlo andare: e comepotevo rifiutare la sua richiesta? Allora l'ho lasciato andare. Poco dopo ho udito alcuni saggi della regioneesclamare: 'Per puro caso oggi Sita si è salvata'. Dopo che si erano allontanati, ho continuato a seguirli con losguardo per molto tempo e ho visto che quella donna lasciava cadere degli ornamenti sulle colline. Per tuttoquesto sono in ritardo, o padre!". È stato da mio figlio Suparsva che per la prima volta ho sentito dire delrapimento di Sita. Io non potevo sfidare e uccidere Ravana, perché non avevo né le ali né la forza di combattere.Ma a modo mio offrirò il mio servizio a Rama.

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"Su questa montagna viveva un grande saggio chiamato Nisakara. Il giorno in cui io e Jatayu volavamo verso ilsole e le mie ali furono completamente bruciate, caddi quaggiù e rimasi privo di sensi per qualche tempo."Quando ripresi conoscenza, con grande difficoltà raggiunsi l'eremo del saggio, perché desideravo molto vederlo.Aspettai lì e dopo un certo tempo lo vidi arrivare all'eremitaggio, circondato da orsi, daini, tigri, leoni e serpenti!Quand'egli varcò la soglia dell'eremitaggio, essi ritornarono nella foresta. Il saggio mi salutò soltanto ed entrò.Ma ben presto tornò dov'ero e mi disse: "Non sei forse Sampati? Jatayu non è tuo fratello? Voi due eravate solitivenire qui in forma umana per salutarmi. Sl, ti riconosco. Ma dimmi: chi ha bruciato le tue ali e perché sono statebruciate?".Sampati continuò: "Le mie condizioni fisiche e la perdita delle ali e della vitalità m'impedivano di fornire uncompleto resoconto della nostra disavventura. Comunque, dissi al saggio: "Determinati a raggiungere il sole,cominciammo a volare verso di esso. Ci librammo alti nel cielo e da lassù guardammo la terra: le città apparivanocome dei carri! Udivamo rumori strani nello spazio. Le montagne sulla terra sembravano ciottoli; e i fiumiapparivano come lacci che legavano la terra! L'Himalaya e i monti Vindhya sembravano elefanti che si bagnavanoin uno stagno. Il senso della vista ci giocava brutti scherzi. Sembrava che la terra fosse in fiamme. Poi ciconcentrammo sul sole per avere il giusto orientamento. Il sole sembrava grande quanto la terra. Jatayu decisedi tornare giù. Io lo seguii, cercando di proteggerlo contro i raggi cocenti del sole, e le mie ali si bruciarono.Penso che Jatayu sia caduto a Janasthana. Io sono qui sui Vindhya. Che devo fare adesso? Ho perso tutto. Il miocuore desidera la morte, che mi procurerò gettandomi da una rupe"."Il saggio, però, rimase un po' in contemplazione e quindi disse: "Non disperare. Tu riavrai le ali, la vista, la forzavitale e l'energia. Ho udito una predizione: presto la terra sarà governata dal re Dasaratha, il cui figlio Ramaandrà nella foresta in obbedienza al comando di suo padre; là Rama perderà la moglie Sita e invierà dei vanara acercarla. Quando tu informerai i vanara sul luogo in cui Sita è tenuta prigioniera, allora riavrai nuove ali. Inveropotrei farti ricrescere le ali anche adesso: ma è meglio che tu le riottenga dopo aver reso un grande servizio aRama". Non molto tempo dopo il saggio lasciò questo mondo."Ho atteso impazientemente tutti voi, per qualche centinaia d'anni. Ho spesso pensato di commettere suicidio;ma ogni volta ho abbandonato l'idea, sapendo d'avere una missione importante nella vita. L'altro giorno horimproverato mio figlio per aver lasciato andare Ravana con Sita; ma io personalmente non potevo inseguireRavana".Mentre Sampati stava parlando, delle nuove ali spuntarono ai suoi fianchi, sotto gli occhi dei vanara. I vanaragioirono e Sampati continuò: "È per grazia del saggio Nisakara che ho riavuto queste ali, o vanara; e, la crescitadi queste nuove ali è prova sicura che riuscirete a trovare Sita".Sampati si alzò in volo, per vedere se poteva ancora volare! Nel frattempo i vanara avevano abbandonato l'ideadi digiunare a morte e avevano riacquistato l'entusiasmo e il morale. E ancora una volta partirono in cerca di Sita.Le parole di Sampati ridiedero fiducia ai vanara, ma l'entusiasmo durò solo fino a quando non si trovarono difronte allo stesso oceano. Raggiunsero la costa a nord dell'oceano meridionale, e là si fermarono Quando viderol'immensità dell'oceano i loro cuori s'avvilirono. Tutti esclamarono all'unisono: "Come possiamo attraversarequest'oceano e cercare Sita?".Angada disse loro: "Non disperate, o vanara! Chi si fa prendere dallo scoraggiamento è derubato della sua forzae del suo valore, e non raggiunge il suo scopo". Udendo queste parole, tutti i vanara attorniarono Angada inattesa del suo piano. Ed egli continuò: "Chi potrà attraversare quest'oceano? Chi realizzerà il desiderio diSugriva? Sarà sicuramente per grazia di quel vanara che riuscirà ad attraversare quest'oceano che potremotornare a casa e rivedere le nostre mogli e i nostri figli: sarà per grazia sua che Rama e Lakshmana riceverannogrande gioia". Ma nessuno rispose. Angada continuò: "Certamente siete consapevoli d'avere una forzaincommensurabile. Nessuno può ostruire il vostro cammino. Orsù, parlate: ditemi a che distanza ognuno di voipuò andare".Uno dopo l'altro i più potenti vanara risposero: "Io posso fare ottanta miglia". "Io posso percorrere una distanzadoppia". "Io posso coprire tre volte quella distanza". E così via, finché non giunse il turno di Jambavan, chedisse: "Molto tempo fa avevo una grande forza e avrei potuto facilmente attraversare l'oceano e ritornare, ma acausa della mia età avanzata sono diventato debole. Tanto tempo fa, quando il Signore Vishnu assunse la suaforma gigantesca (per misurare tutta la terra con un piede e il cielo con l'altro), io gli girai intorno. Ma ora,ahimè, sono incapace d'attraversare questo piccolo oceano".Angada stesso dichiarò: "Io potrei sicuramente attraversare l'oceano e raggiungere Lanka, ma non sono certo diriuscire a fare il viaggio di ritorno. E se non tornassi, sarei andato invano". Ma Jambavan intervenne dicendo:"Oh, no: tu non devi intraprendere questo compito; quando si organizza una spedizione, il comandante inpersona non deve mai andare. Tu sei la radice stessa di tutta la spedizione. E i saggi dicono che bisognaproteggere sempre la radice, perché conservando la radice ci si può sempre aspettare di raccogliere il frutto. Tusei il nostro stimato capo, perciò non devi rischiare la tua vita in questa avventura".Angada rispose: "Se nessun altro può attraversare l'oceano, e io non devo, allora siamo destinati a morire qui.Che cosa dobbiamo fare?". Ma Jambavan aveva altre idee, e disse: "O principe, c'è qualcuno tra noi che puòcompiere quest'impresa".Jambavan si rivolse ad Hanuman: "E tu, o potente eroe, perché non parli? La tua potenza è pari a quella diSugriva, anzi pari a quella di Rama e di Lakshmana; eppure te ne stai in silenzio."Voglio ricordarti la tua nascita e i tuoi antenati. La ninfa Anjana rinacque con il corpo di una donna umana comefiglia di un capo vanara chiamato Kunjara. Si dice che un giorno, mentre riposava in cima ad un colle, il dio delvento, che aveva sollevato le sue vesti scoprendo le sue gambe attraenti, s'innamorò di lei. Il suo corpo fu comeabbracciato dal dio del vento. Ma lei esclamò infuriata: "Chi osa violare la mia castità?". Il dio del vento rispose:"No, non ti violerò, donna! Ma poiché come vento sono entrato in te, darai alla luce un figlio che sarà mio pari inpotenza"."Anjana diede alla luce te, Hanuman! Quand'eri un bambino, un giorno hai visto il sole nel cielo, e pensando chefosse un frutto ti sei lanciato per coglierlo. Ma Indra t'abbatté con il suo fulmine e tu ricadesti sulla terra.Sbattendo, il lato sinistro del tuo mento si ruppe, e per questo sei stato chiamato hanu-man. Si dice chevedendoti ferito, il dio del vento s'arrabbiò; e nel mondo non ci fu più movimento di vento. Gli dèi impauriti

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propiziarono il dio del vento; e quindi Brahma il Creatore ti concesse il dono dell'invincibilità in battaglia. QuandoIndra venne a sapere che non eri morto dopo essere stato colpito dal suo fulmine, ti conferì il dono che potraimorire solo quando lo vorrai. Non c'è nessuno pari a te in potenza o nell'abilità d'attraversare non soloquest'oceano, ma un oceano ancora più grande. Tutti gli altri sono scoraggiati. Di certo la missione dipende date".Man mano che gli venivano decantate le sue glorie e gli veniva ricordata la sua potenza, Hanuman per così direcresceva in statura. Vedendolo pieno d'entusiasmo, gli altri vanara saltavano di gioia.Hanuman cresceva in statura e muoveva la coda dalla grande gioia. Infine disse: "Ma certo che possoattraversare quest'oceano! Con la forza delle mie braccia posso anche spingerlo da parte. Agitato dalle miegambe, l'oceano romperà i suoi argini. Io posso frantumare le montagne, posso lanciarmi nello spazio e solcarlo.Sono pari al dio del vento in forza e valore. Nessuno mi è pari all'infuori del divino Garuda. Potrei anche sollevarel'isola di Lanka e portarla via".Immensamente ispirati da queste parole, i vanara esclamarono all'unisono: "Bravo, Hanuman. Tu ci hai salvatitutti. Pregheremo per il successo della tua missione, rimanendo in piedi su una sola gamba fino al tuo ritorno".Hanuman scalò la montagna pronto a lanciarsi.

FINE DEL KISHKINDHA KANDAM

Libro quinto: SUNDARA KANDAM - La magnifica impresa

Hanuman si stava preparando per saltare sull'oceano e attraversarlo per raggiungere Lanka. Prima di cominciarequest'avventura importante e vitale, egli rivolse preghiere al dio del sole, a Indra, al dio del vento, al Creatore eagli elementi. Poi si volse a est e s'inchinò al dio del vento, Vayu, suo padre. Infine volse lo sguardo a sud, periniziare la sua grande missione.Mentre stava là, con tutto il suo essere che si gonfiava d'entusiasmo, fervore e determinazione, nel momento incui spinse il piede contro la montagna prima di prendere il volo, l'intera montagna tremò. E a causa della scossa ifiori caddero dagli alberi, gli uccelli e gli animali lasciarono i loro nidi e le loro tane, e le acque sotterraneesgorgarono all'esterno. Perfino gli esseri celesti amanti dei piaceri, e gli asceti amanti della pace, furono costrettia lasciare le loro dimore sulla montagna, e volarono nel cielo per osservare da lì l'avventura di Hanuman.Dando prova della loro abilità e della loro conoscenza scientifica, i saggi e gli esseri celesti rimasero sospesinell'aria sopra la montagna, desiderosi di assistere alla partenza di Hanuman per Lanka. E si dicevano l'un l'altro:"Il potente Hanuman, che è il figlio divino dello stesso dio del vento, attraverserà facilmente quest'oceano;perché egli desidera attraversarlo solo per adempiere la missione di Rama e quella dei vanara".Hanuman si rannicchiò sulla montagna, pronto a partire come un lampo. Egli tese il suo corpo cercando così diradunare tutta l'energia che possedeva. Poi trattenne il respiro nel cuore, caricandosi ancora di maggiore energia.Quando fu pronto si rivolse ai vanara che gli stavano intorno e disse: "Procederò verso Lanka con la velocità diun missile lanciato da Rama. Se nell'isola non troverò Sita, con la stessa velocità andrò a cercarla in cielo. E senon la trovassi neanche lì, prenderò Ravana, lo legherò e lo porterò davanti a Rama. Tornerò di sicuro coronatodal successo. E se fosse difficile legare Ravana e portarlo con me, sradicherò la stessa Lanka e la porterò aRama".Dopo avere rassicurato in questo modo i vanara, Hanuman si levò nel cielo. I grandi alberi radicati sullamontagna furono violentemente risucchiati dalla sua scia.Alcuni alberi seguirono in volo Hanuman; altri caddero nell'oceano; e altri ancora fecero cadere i loro fiori sullecime dei monti, formandovi vivaci tappeti. Altri fiori caddero sulla superficie dell'oceano, dove apparivano comestelle nel firmamento.Il potente Hanuman si dirigeva verso Lanka, volando in direzione sud, con le braccia allargate. A volte sembravache da un momento all'altro stesse per bere l'oceano; in un altro momento sembrava che volesse bere lo stessocielo azzurro. Egli seguiva il corso del vento, e aveva gli occhi che luccicavano come il fuoco, come il fulmine.Hanuman che volava nell'aria, con la coda raggomitolata all'insù, sembrava una meteora che con la sua codaattraversava il cielo da nord a sud. La sua ombra cadeva sulla superficie dell'oceano: e questo dava l'impressioneche sull'oceano ci fosse una grande nave. Poiché volava sulla superficie del mare, lo spostamento d'aria causatodalla sua velocità agitava grandemente le acque.Con il suo possente torace egli in effetti toccava la superficie dell'acqua. E così mentre ci volava sopra, il mare

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veniva agitato, e dietro la sua scia si sollevavano delle onde gigantesche. Sollevandosi fragorosamente, l'acqua siespandeva in un'infinità di bollicine sottili che alla fine sembravano formare tante nuvole.Volando in questo modo nello spazio, senza alcun sostegno visibile, Hanuman aveva l'aspetto di una montagnaalata.E poiché Hanuman era impegnato in una missione al servizio di Rama, anche il sole era con lui e non lo bruciava.E poi Rama era un discendente della dinastia solare. Tutti i saggi che erano là presenti nelle loro forme etereefecero piovere abbondantemente le loro benedizioni su Hanuman.Vedendolo volare sopra le acque, Sagara - la divinità che presiedeva all'oceano - pensò tra sé: "Molto tempo fagli antenati di Rama, i figli del re Sagara, mi resero un favore inestimabile. Perciò è mio dovere aiutare questomessaggero di Rama che è impegnato a rendergli un grande servizio. Devo far si che Hanuman non si stanchidurante il tragitto, col pericolo che fallisca nella sua missione. Devo fare in modo che abbia un po' di riposo,prima che proceda oltre".Dopo avere deciso questo, Sagara chiamò Mainaka - la divinità che presiedeva alle montagne e che Indra avevasommerso in fondo all'oceano - e le disse: "O Mainaka, Indra il capo degli dèi ti ha posta qui per impedire agliabitanti delle regioni sotterranee di venire su. Tu hai il potere di estenderti da tutti i lati. Ti prego, innalzati edoffri come un seggio ad Hanuman, che è impegnato in una importantissima missione per conto di Rama. Inquesto modo fa' che Hanuman possa riposarsi prima di procedere oltre".

[NOTA: Gli occhi che emettono fuoco e luce, un oggetto volante che si lascia dietro una scia (che sembra unacoda), ecc., suggeriscono un razzo o un aereo a reazione.]

Acconsentendo prontamente alla richiesta di Sagara, la montagna Mainaka si sollevò dal letto dell'oceano. MentreHanuman volava verso Lanka vide emergere concretamente dall'oceano questa montagna, che gli si presentavadavanti. Tuttavia egli pensò che si trattasse di un ostacolo che voleva impedire il suo avanzamento verso Lanka,un'ostruzione sul suo cammino da superare presto.In effetti Hanuman passò a volo radente, sfiorando quasi la vetta della montagna; ma a causa dell'impeto delsuo moto, la cima della montagna si spezzò.Assumendo forma umana, la divinità che presiedeva alla montagna Mainaka si rivolse ad Hanuman, che intantocontinuava il suo volo: "Ti prego, Hanuman, accetta la mia ospitalità. Riposati un po' sulla mia cima. Riprendifiato. L'oceano fu ulteriormente esteso dai figli di re Sagara, un antenato di Rama. Perciò la divinità che presiedeall'oceano desidera rendere in cambio questo servizio in segno di gratitudine: perché mostrare la propriagratitudine è il Dharma esterno. A tal fine il dio dell'oceano mi ha comandato di sollevarmi in superficie peroffrirti un posto dove riposare. È nostra tradizione accogliere e onorare gli ospiti, anche se sono persone comuni;e quanto più importante è per noi onorare persone come te! C'è ancora un'altra ragione per la quale t'implorod'accettare la mia ospitalità! Anticamente tutte le montagne erano dotate di ali. Esse andavano in giro volando eatterravano dove volevano; ma così esse terrorizzavano i saggi e tutti gli altri esseri. Rispondendo alle loropreghiere, Indra - il capo degli dèi - impugnò il suo fulmine e recise le ali delle montagne. Poi accadde chequando Indra stava per colpirmi, il dio del vento mi spinse violentemente e mi nascose nell'oceano. Fu così chemi salvai dalla furia di Indra. Perciò ho un debito di gratitudine con il dio del vento, che è tuo padre. Ti prego,permetti che mi possa sdebitare servendoti".Hanuman rispose gentilmente: "Accetto volentieri la tua ospitalità, in spirito. Il tempo passa, e io ho unamissione urgente da compiere; inoltre ho promesso che non mi sarei riposato finché non avessi portato atermine la mia impresa. Perciò perdona la mia rudezza e scortesia, ma devo continuare per la mia strada".Come segno d'accettazione dell'ospitalità di Mainaka, Hanuman toccò la montagna con la mano e continuò subitoil suo volo. Gli dèi e i saggi che assistettero a questa scena rimasero straordinariamente impressionati dal gestodi buona volontà di Mainaka e dallo zelo e dalla determinazione indefessa di Hanuman. Altamente compiaciutodalla montagna Mainaka, Indra le conferì il dono dell'impavidità.Gli dèi e i saggi che sorvegliavano il volo di Hanuman verso Lanka erano stati testimoni della sua primadimostrazione di forza, quand'egli si era lanciato dal monte Mahendra, e della sua seconda dimostrazione di forzae d'entusiasmo: quando aveva rifiutato persino di riposarsi, insistendo sulla priorità del compimento dellamissione. Adesso essi volevano essere completamente certi della sua capacità di portare a compimento l'impresache aveva cominciato.Gli dèi e i saggi andarono da Surasa (la madre dei Naga) e le dissero: "Ecco Hanuman, il figlio del dio del vento,che sta attraversando in volo l'oceano. Per favore, ostacola il suo cammino solo per un po'. Assumi unaspaventosa forma demoniaca, con il corpo grande come una montagna, con denti e occhi dall'aspettoterrificante, e con una bocca grande quanto lo spazio. Desideriamo accertarci della forza di Hanuman; perciòvogliamo vedere se, quando dovrà confrontarsi con te, egli avrà la meglio oppure si scoraggerà".Obbedendo al loro comando, Surasa assunse una forma terrificante e si mise davanti ad Hanuman con la boccaspalancata. Mentre Hanuman continuava a volare, avvicinandosi alla sua bocca, Surasa gli disse: "Il fato hadecretato che oggi tu debba essere il mio cibo! Entra nella mia bocca e ti divorerò".Hanuman però le rispose: "Donna, sto compiendo un'importante missione. Rama, il figlio di re Dasaratha, èandato nella foresta per onorare la promessa di suo padre. Mentre viveva nella foresta con sua moglie Sita e suofratello, Sita è stata rapita da Ravana, il re di Lanka. Ora sto andando a Lanka per ritrovarla; perciò non ostruireil mio cammino. Lasciami andare! Se gli dèi hanno ordinato che io debba entrare nella tua bocca, ti prometto chenon appena avrò scoperto Sita e informato Rama, tornerò qui ed entrerò nella tua bocca".Surasa però era ben decisa, e ripeté: "Nessuno può sfuggirmi; ed è stato decretato che tu debba entrare nellamia bocca". E spalancò di nuovo la bocca.Con il suo potere yogico Hanuman si rese piccolissimo, ed entrò rapidamente nella sua bocca e altrettantorapidamente ne uscì! Poi le disse: "Donna, fammi continuare. Ho appagato il tuo desiderio ed ho onorato ildecreto degli dèi: sono entrato nella tua bocca! Saluti a te! Ora andrò dove Sita è tenuta prigioniera".Surasa abbandonò quella forma demoniaca e riacquistò la propria forma, che era d'aspetto piacevole. Quindibenedisse Hanuman: "Va'! Sicuramente riuscirai a trovare Sita e la riunirai a Rama". Gli dèi e i saggi furono

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entusiasti di questo terzo trionfo di Hanuman.Hanuman continuò a volare verso Lanka, lungo la via aerea che contiene le nuvole cariche di pioggia e lungo laquale si rincorrono gli uccelli, là dove i maestri di musica si muovono liberamente e lungo la quale volanomacchine aeree somiglianti a leoni, elefanti, tigri, uccelli e serpenti. Egli volava nel cielo che è anche la dimora diuomini e donne di saggezza che hanno accumulato molte opere meritorie, e che è come una calotta - adornatadal sole e dalla luna, dai pianeti e dalle stelle - creata dal Creatore Brahma per proteggere gli esseri viventi sullaterra.Mentre volava egli lasciava dietro di sé una scia nera che somigliava alle nuvole scure, e a tratti lasciava anchescie rosse, gialle e bianche. Spesso volava attraverso formazioni di nubi.Una demonessa di nome Simhika vide Hanuman che volava impavido nel cielo e decise di attaccarlo. Ella pensò:"Ho fame. Oggi ingoierò questa enorme creatura e appagherò la mia fame per un po' di tempo". E subito ellaafferrò l'ombra di Hanuman proiettata sulla superficie dell'oceano.Immediatamente la corsa di Hanuman fu arrestata ed egli venne spinto violentemente verso il basso. Hanumansi chiese: "Come mai mi sento improvvisamente tirare giù con tanta forza?". Guardandosi intorno egli videl'orribile demonessa Simhika; si ricordò della descrizione che Sugriva gli aveva dato di lei e fu certo oltre ognidubbio che si trattava di Simhika.Hanuman aumentò il volume del suo corpo e la demonessa spalancò la bocca. Egli guardò nella sua bocca eattraverso di essa vide gli organi vitali interni. In un batter d'occhio Hanuman divenne piccolissimo e si lanciònella sua enorme bocca, dove scomparve. Gli dèi e i saggi che guardavano quanto stava accadendo inorridirono.Ma con le sue unghie adamantine, Hanuman squarciò le parti vitali della demonessa ed uscì rapidamente dal suocorpo.Così, con l'aiuto della buona fortuna e della sua abilità e determinazione, Hanuman trionfò sulla demonessa. Glidèi lodarono la sua impresa e dissero: "Colui nel quale si riscontrano (come in te) queste quattro virtù (fermezza,intuizione, saggezza e abilità) non dispera in nessuna circostanza".Hanuman aveva quasi coperto le ottocento miglia del suo viaggio. A poca distanza egli vide le coste di Lanka.Vide le dense foreste. Vide le montagne chiamate Lamba. E vide la capitale Lanka, costruita sulle montagne. Pernon destare allarmi, egli fece un morbido atterraggio sui monti Lamba, che erano ricchi di alberi di ketakauddalaka e noci di cocco.Nonostante avesse attraversato l'oceano, coprendo una distanza di ottocento miglia, Hanuman non sentiva laminima fatica o stanchezza. Dopo essere atterrato sulla catena montuosa vicino al mare, per un po' egli vagò perle foreste, dove vide alberi di vario tipo, con fiori e frutti. Poi vide la città di Lanka: situata in cima a unamontagna, circondata da larghi fossati e sorvegliata dalle forze di sicurezza dei demoni. Hanuman s'avvicinòall'ingresso settentrionale della città e lo ispezionò senza farsi notare. La porta era sorvegliata da demonidall'aspetto ferocissimo e armati fino ai denti con armi potentissime.Mentre stava a guardare, Hanuman pensava a Ravana, il rapitore di Sita, e intanto rifletteva: "Anche se le forzevanara arrivassero qui, a che servirebbe? Perché l'isola di Lanka non può essere conquistata neanche dagli dèi. Epoi solo quattro di noi sono in grado d'attraversare l'oceano e giungere fin qui: Angada, Nila, Sugriva ed io. Equesto sarebbe completamente inutile. Con questi demoni non si può negoziare e convincerli con mezzi pacifici.Comunque, per prima cosa devo scoprire se Sita è viva oppure no; solo allora potrò prendere in considerazione ilpasso successivo".Per scoprire dove Sita era tenuta prigioniera, egli doveva entrare a Lanka. Il saggio Hanuman consideròquest'aspetto della sua missione: "Certo, devo stare molto attento, ed essere cauto e vigile. Se non lo fossi,potrei rovinare l'intera missione. Anche quando è stata escogitata e decisa attentamente, un'impresa fallisce seviene condotta male da un messaggero maldestro o inefficiente. Perciò devo considerare bene il da farsi,valutando diligentemente tutti i pro e i contro. Devo stare attento a non fare cose che non devono essere fatte.Devo entrare in città in maniera tale che la mia presenza e i miei movimenti non siano scoperti; e noto che leguardie di Ravana sono così efficienti che non sarà facile passare inosservato".Stabilito questo, Hanuman ridusse le sue dimensioni fino a diventare piccolo quasi quanto un gatto, e al calardelle tenebre si diresse verso la città. Anche da lontano si rese conto della prosperità di cui godeva Lanka.C'erano edifici di molti piani, e strade soprelevate fatte d'oro. Era illuminata splendidamente e decorata congusto. La città era di una bellezza e uno splendore difficili da immaginare. Quando Hanuman la vide, il suo cuoresi riempì di sentimenti contrastanti di gioia e scoraggiamento: gioia al pensiero di vedere Sita, e scoraggiamentoal pensiero delle difficoltà che l'aspettavano.Senza che le guardie s'accorgessero di nulla, Hanuman entrò per la porta della città.Hanuman stava ancora valutando le difficoltà dell'imminente campagna per liberare Sita.Conquistare Lanka con la forza gli sembrava fuori questione. E così pensava: "Forse solo Kumuda, Angada,Sushena, Mainda, Dvivida, Sugriva, Kusaparva, Jambavan ed io siamo in grado d'attraversare l'oceano e giungerefin qui. Tuttavia, malgrado tutti gli ostacoli, abbiamo dalla nostra parte il valore incommensurabile di Rama eLakshmana: certamente essi possono distruggere i demoni senza la minima difficoltà".Mentre stava per entrare in città, Hanuman fu intercettato da Lanka, una demonessa che era stata posta aguardia della città.Appena lo vide, ella gli chiese: "Chi sei, o vanara? A te non è permesso entrare nella città di Lanka!".Hanuman non voleva assolutamente rivelare la propria identità, e perciò le rispose chiedendole a sua volta: "E tuchi sei, donna? E perché ostruisci il mio cammino?".Lanka rispose: "Per ordine del potente Ravana, io sorveglio questa città. Nessuno può ignorarmi ed entrare incittà: e tu, vanara, entrerai presto nel sonno eterno, ucciso dalle mie stesse mani!".Hanuman le disse: "Io sono venuto in questa città per visitarla, per vedere tutto ciò che c'è da vedere. Una voltache avrò visto quello che desidero vedere, me ne ritornerò puntualmente nel luogo dal quale sono venuto. Tiprego, lasciami passare".Lanka era irremovibile: "Non puoi passare senza prima sconfiggermi o senza ottenere il mio permesso", edicendo questo levò la sua mano e colpì Hanuman sul petto.L'ira di Hanuman si destò. E tuttavia egli si controllò, perché non riteneva giusto uccidere una donna! Allora

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strinse il suo pugno e colpì Lanka. Ella cadde a terra sconfitta, e quindi svelò il suo segreto:"Fermati, o vanara! Non uccidermi. I veri potenti non violano il codice cavalleresco, e non uccidono una donna.Io sono Lanka, e chi ha conquistato me ha conquistato Lanka. Questo è quello che un giorno mi disse Brahma, ilCreatore: "Quando un vanara ti sconfiggerà, sappi che allora i demoni avranno motivo di temere un grandepericolo". Sono sicura che la profezia si riferiva a te, o vanara! Ora mi rendo conto che l'inevitabile distruzione deidemoni di Lanka è cominciata nel momento in cui in quest'isola è entrata Sita, che è stata portata qui con laforza da Ravana. Adesso va', entra in città. Sono certa che troverai Sita e porterai a termine tutto ciò che desiderifare".Hanuman non entrò in città attraverso la sorvegliatissima porta principale, ma scavalcò le mura di cinta. Poiraggiunse la strada principale e s'avviò verso la sua destinazione: la dimora di Ravana.Lungo la strada Hanuman vide molti bei palazzi, dai quali provenivano il suono della musica e le allegre risate deicittadini. Vide anche delle ricche abitazioni costruite con stili diversi, fatte per portare maggiore felicità eprosperità a chi vi abitava. Udì le urla di combattimento dei campioni di lotta libera che gareggiavano tra loro.Qui e là poté sentire dei bardi che cantavano le glorie di Ravana, e notò che i bardi venivano circondati da ungran numero di cittadini che bloccavano la strada.Nel cuore stesso della città, nella piazza principale, Hanuman vide numerose spie di Ravana. Queste spieavevano l'aspetto di persone religiose, con i capelli intrecciati o la testa rasata, ed erano ricoperti di pelli di vaccaoppure non portavano alcun indumento. Nelle loro mani tenevano ogni sorta di armi, da pochi fili d'erba a clave ebastoni. Avevano fisionomie e stature differenti, e anche il loro aspetto e la loro carnagione differiva.Hanuman vide anche la fortezza, che aveva una guarnigione di centomila soldati e si trovava proprio di fronteagli appartamenti privati di Ravana.Hanuman s'avvicinò al palazzo di Ravana, che era veramente una dimora celestiale. Nel cortile del palazzo eintorno all'edificio vi erano numerosi cavalli, cocchi e anche carri aerei. Il palazzo era costruito con puro oromassiccio e l'interno era decorato con molte pietre preziose; la fragranza dell'incenso e della pasta di sandalos'avvertiva dappertutto. Hanuman entrò nel palazzo.Era quasi mezzanotte, e la luna splendeva chiara nel cielo. Dal palazzo emanavano le melodie degli strumentimusicali a corda; le donne di buona natura dormivano con i loro mariti. Mentre i violenti cacciatori nottambuliuscivano dalle loro dimore per andare a divertirsi.In alcuni posti Hanuman vide dei lottatori che si allenavano. In altri posti vide delle donne che si truccavanousando diversi tipi di cosmetici. Altre donne ancora si divertivano con i loro mariti; mentre altre, i cui mariti eranolontani, apparivano pallide e infelici nonostante fossero ugualmente belle.Hanuman vide tutto questo: ma non riuscì a vedere Sita da nessuna parte.Non potendo vedere Sita, l'amata moglie di Rama, Hanuman si sentì molto addolorato e infelice e divennedepresso e di cattivo umore.Hanuman fu molto colpito dalla bellezza e dalla grandiosità del palazzo di Ravana che considerò come il vantosupremo di tutta Lanka. Ma egli non entrò subito negli appartamenti privati di Ravana. Per prima cosa esaminò ipalazzi degli altri membri della famiglia reale e dei capi dei demoni, come Prahasta. Poi esaminò i palazzi deifratelli di Ravana: Kumbhakarna e Vibhishana; e anche quello del figlio di Ravana: Indrajit.Fu molto colpito dai segni evidenti di prosperità che poteva vedere ovunque. Dopo aver esaminato i palazzi ditutti questi eroi, Hanuman raggiunse il palazzo dello stesso Ravana.Gli appartamenti privati di Ravana erano sorvegliati da demoni dall'aspetto terribile, muniti delle armi piùmicidiali. La magione privata di Ravana era particolarmente sorvegliata da un numero maggiore di soldati. Eanche queste guarnigioni erano decorate con oro e diamanti. Hanuman entrò nel palazzo e al suo interno videpalanchini, divani, giardini e gallerie d'arte, stanze particolari per godere dei piaceri sessuali e altre per indulgerein vari passatempi durante il giorno. Vi erano anche altari speciali per compiere i rituali sacri. L'intero palazzorisplendeva della luce emessa dalle pietre preziose che si trovavano un po' dappertutto.Ovunque andasse, i talami, i divani e le posate per il pranzo erano d'oro. Il pavimento di tutto il palazzo eraimpregnato dell'odore di vini e liquori. Effettivamente Hanuman pensò che il palazzo fosse come un paradisosulla terra, splendente della ricchezza delle pietre preziose e fragrante del profumo di una grande varietà di fioriche ne copriva la volta, dandogli l'aspetto di una collina coperta di fiori.Vi erano piscine con loti e ninfee; e in una di esse c'era scolpita la figura di un elefante regale ritratto mentreoffriva la sua adorazione a Lakshmi, la dea della prosperità.Proprio al centro del palazzo si trovava parcheggiato il migliore di tutti gli aeromobili, chiamato Pushpaka. Essoera stato dipinto con molti colori e ricoperto con molte pietre preziose. Inoltre era decorato con pregevoli figuredi serpenti, uccelli e cavalli foggiati di gemme, argento e coralli. Ogni parte di quell'aeromobile era statoprogettato minuziosamente, e per farlo erano stati usati solo i materiali migliori. In più possedeva dellecaratteristiche particolari che non avevano neanche i velivoli degli dèi; di fatto raccoglieva in sé quanto di megliosi poteva immaginare! Ravana lo aveva ottenuto dopo molti sforzi e austerità.Hanuman vide tutto questo. Ma non vide Sita da nessuna parte!Hanuman salì sull'aeromobile Pushpaka, dall'alto del quale poteva facilmente guardare negli appartamenti privatidi Ravana! Dall'aeromobile stesso egli poteva sentire il forte odore che proveniva dalla sala da pranzo di Ravana:odori di vini e liquori, e di cibo eccellente. L'odore era allettante e Hanuman pensò che il cibo doveva esserenutriente. Nello stesso tempo egli vide il bellissimo salone di Ravana, che aveva i pavimenti di cristallo, con figureintarsiate d'avorio, perle, diamanti, coralli, argento e oro. Il salone risplendeva di pilastri di gemme. Per terra viera un tappeto con un disegno di una bellezza straordinaria. Sulle pareti c'erano dei murali che rappresentavanopaesaggi di varie nazioni. Questo salone era concepito in maniera tale da dare a tutti i cinque sensi la massimagratificazione possibile! Una luce soffusa illuminava tutto il salone.Sul tappeto giacevano addormentate delle belle donne. Con la bocca e gli occhi chiusi, s'erano addormentateesauste dopo aver bevuto e danzato; dai loro corpi emanava la dolce fragranza dei fiori di loto. Ravana era là chedormiva attorniato da tutte queste donne, e sembrava come la luna circondata dalle stelle nel cielo notturno.Tutte s'erano addormentate in uno stupendo disordine, alcune usando le proprie braccia come guanciale, altrecon il capo appoggiato da qualche parte sul corpo delle compagne. I loro capelli erano in disordine e così pure i

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loro vestiti; tuttavia nessuna di queste condizioni attenuava la bellezza delle loro forme. Dall'alito di tutte quelledonne proveniva un forte odore di alcolici.Quelle donne provenivano da diversi ranghi della società. Alcune di esse erano figlie di saggi reali, altre dibrahmana, altre ancora erano figlie di gandharva (artisti celesti), e naturalmente alcune erano figlie di demoni:ma tutte avevano desiderato volontariamente Ravana, perché l'amavano. Alcune egli le aveva conquistate con ilsuo valore; altre si erano infatuate di lui. Nessuna di queste donne era stata portata via da Ravana contro lapropria volontà. Nessuna di esse era stata sposata in precedenza; nessuna desiderava un altro uomo. Ravananon aveva mai rapito un'altra donna, eccetto Sita.Per un attimo Hanuman pensò che Ravana sarebbe stato certamente una brava persona se avesse potutoottenere per moglie anche Sita, allo stesso modo delle altre: e cioè, prima che ella sposasse Rama, econquistandola o per mezzo del suo valore o facendola innamorare di sé. Ma continuando a riflettere, Hanumanconcluse che con il rapimento della moglie di Rama, Ravana aveva commesso un'azione davvero vile edestremamente indegna.Al centro di quel salone, Hanuman vide il letto più bello e lussuoso: era celestiale nel suo aspetto, costruitointeramente di cristallo e costellato di gemme. Il signore dei demoni, lo stesso Ravana, vi dormiva sopra.La vista del demone fu dapprima ripugnante per Hanuman; perciò distolse lo sguardo da lui. Ma poi lo guardò dinuovo. Vide che le due braccia di Ravana erano forti e possenti, e adornate con splendidi gioielli. Il suo volto, ilsuo petto, e invero tutto il suo corpo era forte e raggiante. Le sue membra risplendevano come il lampo.Intorno a questo letto ce n'erano altri sui quali dormivano le consorti di Ravana. Parecchie di loro avevanoovviamente intrattenuto il demone con la loro musica, e s'erano addormentate con gli strumenti musicali tra lebraccia. Su un altro letto ancora dormiva la più affascinante di tutte le donne che si trovavano nella sala: infattiella sorpassava tutte le altre in bellezza, giovinezza e ornamenti. Per un momento Hanuman pensò che sitrattasse di Sita: e il pensiero stesso d'aver visto Sita lo fece gioire.Tuttavia quel pensiero non durò a lungo. Hanuman si rese conto: "Non può essere! Perché separata da Rama,Sita non dormirebbe né si divertirebbe, né s'adornerebbe né berrebbe. E neppure andrebbe mai a vivere con unaltro uomo, anche se si trattasse di un essere celeste: perché in verità non c'è nessuno uguale a Rama". E nonavendovi trovato Sita, egli distolse il suo sguardo dal salone.Quindi Hanuman ispezionò la sala da pranzo e la cucina, dove vide una gran varietà di carni, condimenti e piattiprelibati, e molte bevande. Il pavimento della sala da pranzo era pieno di coppe, frutti e anche braccialetti ecavigliere, che probabilmente erano caduti a coloro che avevano bevuto.Mentre stava ispezionando il palazzo in cerca di Sita, un pensiero attraversò la mente di Hanuman: era forsecolpevole di trasgredire i limiti della moralità, in quanto stava guardando le mogli altrui, mentre dormivanoliberamente nell'intimità con i vestiti in disordine? Ma egli si consolò con questo pensiero: "È vero, ho visto tuttequeste donne nell'appartamento di Ravana. Ma nessun pensiero lussurioso è entrato nella mia mente! Solo lamente è la causa delle buone e delle cattive azioni compiute dai sensi; ma la mia mente è devota alla rettitudineed è stabilita in essa. Dove altro posso cercare Sita, se non tra le donne che vivono nel palazzo di Ravana: potreiforse cercare una donna che si è perduta in mezzo a un branco di daini? Ho cercato Sita in questo posto con lamente pura; ma non sono riuscito a vederla".Hanuman aveva cercato per tutto il palazzo di Ravana, ma non aveva potuto trovare Sita. E rifletteva: "Non devoscoraggiarmi. Perché è stato ben detto che la perseveranza è il segreto della prosperità e di una grande felicità;solo la perseveranza sostiene tutto e corona ogni attività con il successo. Cercherò in tutti quei posti dove non hoancora cercato". Quindi si mise a cercare Sita nelle altre zone del palazzo. Vide moltissime altre donne, ma nonSita.Poi Hanuman cercò Sita fuori del palazzo, ma non la trovò. Ancora una volta fu preso dallo scoramento, e pensò:"Non riesco a trovare Sita da nessuna parte; eppure Sampati disse d'aver visto sia Ravana che Sita. Forse c'èstato un errore di persona? Può essere che sfuggendo a Ravana, Sita sia caduta in mare. O forse è morta per ilcolpo. Oppure, non cedendo a Ravana, è possibile che questi l'abbia uccisa, divorandone le carni. Ma èimpossibile che Sita abbia acconsentito a diventare la sposa di Ravana. E se è dispersa o è morta, come possoinformare Rama di questo? In tutti i casi, sia informare Rama che non informarlo mi sembra ugualmentespiacevole. Che farò adesso?". Poi Hanuman rifletté sulle conseguenze di un suo ritorno a Kishkindha senzaportare notizie di Sita. Egli era certo che: "Quando Rama udrà queste brutte notizie, si toglierà la vita. E lo stessofarà Lakshmana e poi i loro fratelli e le loro madri ad Ayodhya. E neppure Sugriva potrà sopravvivere, dopo cheRama avrà lasciato questo mondo, ed egli sarà seguito nell'aldilà da tutti i vanara di Kishkindha. Quale terribiledisgrazia s'abbatterebbe su Ayodhya e Kishkindha, se tornassi senza portare buone notizie di Sita!". PerciòHanuman decise: "È bene che io non torni a Kishkindha. Vivrò qui sotto un albero come un asceta. Oppure potreicommettere suicidio gettandomi in mare. Però i saggi dicono che il suicidio è la radice di molti mali, e che se unovive può esser certo che prima o poi troverà quel che cerca".Improvvisamente riaffiorò in Hanuman la consapevolezza della sua forza straordinaria! Si levò e pensò: "Uccideròquel demone di Ravana; anche se non potrò trovare Sita, almeno vendicherò il suo rapimento uccidendo ilrapitore. Oppure potrei catturarlo e portarlo da Rama". Poi gli vennero in mente alcuni posti di Lanka dove nonaveva ancora cercato. Uno di questi era il boschetto di asoka. Decise d'andarci; ma prima offrì una preghiera:"M'inchino a Rama, a Lakshmana e a Sita, la figlia di Janaka. M'inchino a Rudra, a Indra, a Yama, al dio delvento, alla luna, al fuoco e ai Marut". Egli si volse in tutte le direzioni e invocò le benedizioni di tutti: sapevad'averne bisogno, perché intuiva che dei demoni di forza sovrumana erano a guardia del boschetto di asoka.Allora Hanuman scalò le mura del palazzo e saltò nel boschetto di asoka. Era questo un luogo ameno eincantevole, con alberi e rampicanti di innumerevoli specie.In quel boschetto Hanuman vide il parco degli uccelli, gli stagni e le piscine artificiali orlate da scalinate cheerano state lastricate con pregiatissime pietre preziose e semipreziose. Egli vide anche una collina dal cui pendioscorreva una cascata. Non lontano da lì vide un raro albero di asoka o simsapa che aveva un aspetto dorato.Tutta la zona intorno a quest'albero era piena di altri alberi con foglie e fiori dorati, che davano l'impressione diessere risplendenti.Arrampicatosi su quell'eccezionale albero di simsapa, Hanuman ebbe la netta sensazione che molto presto

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avrebbe veduto Sita. E così pensò: "Secondo quello che mi ha detto Rama, Sita è amante delle foreste e deiboschi. Perciò andrà di sicuro in quel laghetto di loti laggiù. Rama disse che le piaceva molto camminare per laforesta: è quindi certo che ella vorrà venire anche in questo boschetto. Sono sicuro che Sita, affranta dal dolore,verrà qui a offrire le sue preghiere della sera. Se è ancora viva, oggi sicuramente la vedrò".Seduto in mezzo a quell'albero di asoka o simsapa, Hanuman poteva vedere l'intero boschetto. Egli rimaseincantato dalla bellezza degli alberi e dei loro fiori, che avevano dei colori così vivi che davano l'impressione chetutto il posto fosse in fiamme.Mentre osservava il paesaggio, non lontano da lui vide un magnifico tempio che era sostenuto da mille colonne eappariva come il Kailash. Il tempio era stato dipinto di bianco; aveva dei gradini ricavati dal corallo e i suoimarciapiedi erano tutti d'oro puro.Infine Hanuman vide una donna radiosa dall'apparenza ascetica, circondata da demonesse che sembravanosorvegliarla. Nonostante i suoi abiti fossero sudici, ella era luminosa. La sua forma era bella, anche se emaciatadal dolore, dalla fame e dalle austerità. Hanuman fu certo che si trattava di Sita e che era la stessa donna cheaveva visto per un attimo in volo sul monte Rshyamuka. Ella sedeva per terra e singhiozzava di frequente,certamente a causa della sua separazione da Rama.Con grande difficoltà Hanuman riconobbe che si trattava di Sita: e in questo fu aiutato solo dalla descrizionevivida che Rama gli aveva fatto di lei.Vedendola struggersi tanto per Rama, e ricordando il suo amore per lei, Hanuman rimase meravigliato dellapazienza di Rama che riusciva a vivere senza Sita anche per poco tempo.Hanuman contemplò la forma divina di Sita per alcuni minuti; ma ancora una volta fu preso dallo scoramento eponderò: "Se persino Sita - altamente riverita dal nobile e umile Lakshmana, e l'amata dello stesso Rama - puòessere soggetta a tanto dolore, bisogna davvero concludere che il Tempo è onnipotente. Certo Sita è fiduciosanella capacità che Rama e Lakshmana hanno di liberarla; e perciò è tranquilla anche in mezzo a questa sventura.Solo Rama merita di essere suo marito, come solo lei merita di essere la sposa di Rama".Quanto era grande l'amore di Rama per Sita! E che persona straordinaria era Sita! Hanuman continuò a'ponderarla' sulla bilancia della sua mente: "Fu per amore di Sita che Rama uccise migliaia di demoni nellaforesta Dandaka. Fu solo per amor suo che Rama uccise Vali e Kabandha. Khara, Dushana, Trisira: quanti demonifurono uccisi per lei. Sì! Sita è una persona talmente speciale che se, per amor suo, Rama mettesse tutto ilmondo sottosopra, sarebbe giusto. Infatti la sua nascita è stata straordinaria, la sua bellezza è straordinaria e ilsuo carattere è straordinario. Ella non ha eguali; e quale amore straordinario ha per Rama, sopportandopazientemente ogni tipo di privazione, vivendo da prigioniera a Lanka."Rama si strugge per lei e attende impazientemente di vederla e riaverla. E lei è qui, che pensa costantemente aRama: ella non vede né queste demonesse che la sorvegliano né gli alberi o i fiori o i frutti. Con il suo cuoreimmerso in Rama, ella vede continuamente solo lui". Ora Hanuman era certo che quella donna era Sita.La luna s'era levata. Il cielo era limpido e il chiarore della luna permetteva ad Hanuman di vedere distintamente.Egli vide le demonesse intorno a Sita: avevano un aspetto ripugnante ed erano deformi in varie parti del corpo.Le loro labbra, i seni e l'addome erano sproporzionatamente grandi e cadenti. Alcune erano altissime e altremolto basse. Erano perlopiù di carnagione scura. Alcune avevano orecchie e altre parti che le facevanoassomigliare ad animali. Erano lamentevoli e chiassose, e amavano la carne e gli alcolici. Avevano i corpiimbrattati di carne e sangue, perché mangiavano carne e sangue. Il solo vederle era ripugnante e faceva paura.Là in mezzo a loro c'era Sita.L'abito e l'aspetto di Sita riflettevano il suo dolore. Ai piedi dell'albero asoka, il cui nome significa libero daldolore, Sita era seduta immersa in un oceano di dolore e circondata da quelle orribili demonesse! Solo la suafede nel coraggio e nel valore del suo signore Rama la sosteneva in vita. Hanuman s'inchinò mentalmente aRama, a Lakshmana e a Sita, e si nascose tra i rami dell'albero.La notte volgeva al termine. Nel suo palazzo, Ravana veniva svegliato dalla recita dei Veda da parte di demoni-brahmana che ben conoscevano le sacre Scritture, e anche dai musicisti e dai bardi che cantavano le sue glorie.Ancor prima di finire d'adornarsi propriamente, il pensiero di Ravana andò a Sita, e desiderò intensamentevederla. Mettendosi subito i migliori ornamenti e vestito splendidamente, egli entrò nel boschetto di asoka,accompagnato da cento dame scelte che portavano fiaccole d'oro, ventagli, cuscini ed altre cose. Esse eranoancora sotto l'effetto dell'alcool: e Ravana, pur forte e potente, era sotto l'influenza della passione per Sita.Hanuman riconobbe la persona che aveva visto dormire nel palazzo la notte precedente.Vedendolo venire verso di lei, Sita, intimorita, si coprì il petto con le gambe e le mani, e pianse amaramente.Afflitta per la sua separazione da Rama, e sconvolta dal dolore, la bellissima e radiante Sita era l'immagine dellafama eclissata, della fede negletta, dell'intelligenza offuscata, della vana speranza, degli orizzonti distrutti, delcomando trascurato e del culto impedito, della luna eclissata, dell'esercito decimato della lampada senz'olio e delfiume in secca. Ella pregava costantemente che Rama trionfasse presto su Ravana e venisse a salvarla.Nel suo approccio con Sita, Ravana si mostrò galante e proferì parole dolci e sensate: "Ti prego, non aver pauradi me, donna incantevole! Per un demone è naturale godere delle mogli altrui e rapirle con la forza: fa parte delDharma del demone. Ma io non ti violerò contro la tua volontà. Infatti voglio conquistare il tuo amore, voglioguadagnarmi la tua stima. Sono forte abbastanza da sapermi controllare. Però mi si spezza il cuore nel vedertisoffrire così, nel vedere una principessa come te indossare abiti luridi e laceri."Tu sei nata per far uso dei migliori cosmetici, per indossare abiti reali e per essere adornata con i gioielli piùpreziosi. Tu sei giovane, e questo è il momento di divertirti; perché il tempo passa. Non c'è nessun'altra nei tremondi che sia bella quanto te, perché dopo aver fatto te il Creatore s'è ritirato. Tu sei così bella che nessuno neitre mondi, neanche Brahma, potrebbe non soccombere alla passione. Se tu mi accetterai, tutto quello che hosarà tuo: anche le mie prime mogli diventeranno tue serve. Voglio dirti che nessuno nei tre mondi mi è pari inforza e valore. Anche se è vivo, Rama non sa neppure dove sei; e non ha alcuna speranza di riaverti. Abbandonaquesta tua sciocca idea. Fa' che io possa vederti vestita e adornata come si deve, e godiamoci la vita a tuopiacimento.Le parole di Ravana furono estremamente penose alla già angosciata Sita. Non desiderando neanche parlaredirettamente a Ravana, ella pose un filo d'erba davanti a sé e disse: "Tu non puoi aspirare a me più di quanto un

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peccatore possa aspirare alla perfezione! Io non farò ciò che è indegno agli occhi di una moglie casta. Certo tunon conosci il Dharma e ovviamente non ascolti i consigli dei saggi. Dai l'esempio ai tuoi sudditi, o demone, eunisciti solo con le tue mogli. Il desiderio per le mogli altrui conduce all'infamia. Il mondo gioisce alla morte di unpeccatore: e presto gioirà alla tua morte. Non nutrire desideri per me. Tu non puoi conquistarmi offrendomipotere e ricchezze: poiché io sono inseparabile da Rama come la luce lo è dal sole. Egli è l'incarnazione dellagiustizia e del Dharma; riportami da lui e chiedigli perdono. Egli ama coloro che prendono rifugio in lui. Se non lofarai, dovrai certamente soffrire: perché nessun potere al mondo potrà salvarti dalle armi di Rama. I suoi missilidistruggeranno certo l'intera Lanka. E se tu non m'avessi rapita approfittando dell'assenza di Rama e Lakshmana,oggi non saresti vivo. Tu non hai avuto il coraggio di affrontarli, codardo!".L'ira di Ravana si destò, ed egli rispose: "Normalmente le donne rispondono al piacevole approccio di un uomo.Ma tu sembri diversa, Sita. Tu susciti la mia collera; ma il mio desiderio per te doma la mia ira. Il mio amore perte m'impedisce di ucciderti subito; anche se meriteresti la morte, per tutte le parole oltraggiose e impudenti chepronunci. Bene, avevo stabilito un anno come limite di tempo per una tua decisione. Da allora sono trascorsidieci mesi; hai ancora due mesi per decidere di acconsentire al mio desiderio. Se non lo farai, i miei cuochi miprepareranno un bel pasto con la tua carne.Sita però rimase indifferente, e disse a Ravana: "Non parlare a vanvera, demone malvagio! Io potrei ridurti incenere con la mia sola energia spirituale, ma non lo faccio perché non mi è stato ordinato da Rama e perché nonvoglio sprecare i miei poteri spirituali".A queste parole di Sita, il terribile demone andò su tutte le furie e la minacciò: "Aspetta, ti distruggerò orastesso". Ma non lo fece. Invece disse alle demonesse che la sorvegliavano: "Usate tutti i vostri poteri perconvincere Sita ad accettare la mia proposta.Immediatamente le spose di Ravana lo abbracciarono implorandolo: "Perché non godi della nostra compagnia,abbandonando il tuo desiderio per Sita? L'uomo che desidera la compagnia di chi non lo ama conosce il dolore,mentre chi cerca la compagnia di chi lo ama si gode la vita".Udito questo, Ravana si allontanò ridendo forte.Dopo che Ravana ebbe lasciato il boschetto, le demonesse dissero a Sita: "Come mai non apprezzi la mano diRavana? Forse non sai chi è lui. Dei sei Prajapati figli del Creatore, il quarto era Pulastya. Da Pulastya nacque ilsaggio Vishravas, pari in gloria allo stesso Pulastya. Ravana è figlio di Vishravas. Il suo nome è Ravana perché fapiangere i suoi nemici. È un grande onore accettare la sua proposta. Inoltre Ravana sconfisse in battaglia letrentatré divinità che presiedono all'universo; perciò è superiore anche agli dèi. Ma la cosa più importante è cheegli ti ama così tanto da essere pronto a rinunciare alle sue mogli preferite e a darti tutto il suo amore".Profondamente addolorata dalle parole delle demonesse, Sita disse: "Basta con questi consigli volgari epeccaminosi. Un essere umano non deve sposare un demone. Ma anche questo è irrilevante. In nessun caso ioabbandonerò mio marito e cercherò un altro". Le demonesse andarono in collera e cominciarono a minacciareSita. Intanto Hanuman osservava tutto questo.Le demonesse continuarono: "Hai già mostrato troppo affetto per l'indegno Rama; ogni eccesso è indesiderabilee porta a risultati non voluti. Finora hai agito secondo le regole della condotta umana. È tempo che tu abbandoniquel codice, che abbandoni l'essere umano Rama e acconsenti ad essere la moglie di Ravana. Finora abbiamosopportato le tue dure e aspre parole e ti abbiamo offerto consigli amorevoli e salutari, preoccupate del tuobenessere. Ma tu sembri troppo stupida per accettare la verità. Sei stata portata qui da Ravana! Hai attraversatol'oceano! Nessun altro può attraversare l'oceano per venire a salvarti. Te l'assicuriamo, Sita: nemmeno Indrapotrebbe salvarti da qui. Perciò, nel tuo interesse, fa' come ti diciamo. Basta piangere! Metti da parte il dolore,che ti distrugge. Abbandona questa vita miserabile: scegli l'amore e il piacere. Decidi presto, Sita: perché lagiovinezza, soprattutto per una donna, è solo momentanea e passa velocemente. Deciditi a diventare moglie diRavana. Se tuttavia sarai ostinata, noi stesse dilanieremo il tuo corpo e divoreremo il tuo cuore".Altre demonesse presero a loro volta a minacciare Sita, dicendo: "Quando vidi per la prima volta questa donnagraziosa portata qui da Ravana, sorse in me il desiderio di divorarle il fegato e la milza, i seni e il cuore. Stoaspettando quel giorno... Perché indugiamo? Riferiamo al re che è morta, e sicuramente ci chiederà di mangiarela sua carne!... Dobbiamo dividerci equamente la sua carne e mangiarla, non dobbiamo litigare tra noi... Dopo ilpasto danzeremo davanti alla dea Bhadrakali".In preda alla disperazione totale, Sita diede sfogo al suo dolore pensando a voce alta: "I saggi hannogiustamente detto che nessun uomo o donna ottiene la morte prima del tempo. Perciò malgrado io soffraun'angoscia intollerabile dovuta alla separazione dal mio amato marito, non riesco a togliermi la vita. Questodolore mi sta consumando lentamente. Io non posso vivere, e neppure posso morire. Di certo questo è il fruttoamaro di un terribile peccato commesso in una vita passata. Sono circondata da queste demonesse: e comepotrebbe raggiungermi qui Rama? Che vergogna è la vita umana, e che vergogna è lo stato di dipendenza daglialtri, a causa del quale non posso neanche togliermi la vita."Che terribile sventura essere stata rapita da Ravana durante l'assenza di Rama e Lakshmana, nonostante vivessisotto la loro protezione. E ancora più terribile è che, dopo essere stata separata dal mio amato marito, sonostata confinata qui circondata da queste terribili demonesse. E la cosa peggiore è che nonostante tutte questedisgrazie il mio cuore non scoppia dal dolore, facendomi morire. Certo finché vivrò non permetterò mai a Ravanadi toccarmi."Mi chiedo perché Rama non ha fatto nulla per venire in mio soccorso. Per amor mio egli uccise migliaia didemoni quand'eravamo nella foresta. È vero, mi trovo su un'isola, ma i missili di Rama non hanno difficoltà adattraversare gli oceani e ad intercettare il loro bersaglio. Sicuramente egli non sa dove sono. Ahimè, ancheJatayu, che avrebbe potuto informare Rama dell'accaduto, è stato ucciso da Ravana. Quando sapesse che sonoqui, Rama distruggerebbe Lanka e prosciugherebbe l'oceano con i suoi missili. E allora tutte le demonesse diLanka piangerebbero, come sto piangendo io ora. Rama ucciderebbe tutti i demoni, e l'isola diventerebbe unimmenso campo crematorio."Vedo molti cattivi presagi. Mi riunirò con Rama. Egli verrà, e distruggerà tutti questi demoni. Quando Ramaverrà a sapere dove sono, ridurrà Lanka in un luogo desolato, arso dai suoi missili. Però il tempo sta passandorapidamente: il limite di tempo che Ravana mi ha dato per decidere. Altri due mesi, e sarò tagliata a pezzi come

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cibo per Ravana. Può essere che Rama è morto, stroncato dal dolore della separazione da me? O forse èdiventato un asceta? In genere le persone che si amano si dimenticano dopo una lunga separazione; ma non ècosì per Rama, il cui amore è eterno. Davvero beati sono i saggi che hanno raggiunto l'illuminazione e per i qualile cose piacevoli e spiacevoli non sono differenti. M'inchino ai saggi. Caduta in questa terribile disgrazia, orastesso mi toglierò la vita".Udendo le parole di Sita, alcune demonesse s'infuriarono terribilmente, e la minacciarono: "Andremo araccontare tutto a Ravana, e poi potremo subito divorarti". Un'altra demonessa di nome Trijata si svegliò proprioallora dal suo torpore e disse alle sue compagne: "Smettetela con tutte queste chiacchiere di divorare Sita,sciocche che non siete altro! Ho appena avuto un sogno che preannuncia una terribile calamità in arrivo per noi".Tutte le demonesse le chiesero: "Raccontaci il sogno".Trijata narrò il sogno in ogni dettaglio: "Nel mio sogno ho visto Rama e Lakshmana, alla guida di un velivolospaziale bianco. Sita era seduta su una montagna bianca, vestita di risplendenti abiti bianchi. Rama e Sita eranostati riuniti. Allora Rama e Lakshmana montarono su un enorme elefante, sul quale salì anche Sita. Poi Sita aprìle braccia e le sue mani toccarono il sole e la luna. Infine Rama, Lakshmana e Sita salirono sul velivolo spazialePushpaka e volarono via verso nord. Da tutte queste cose io deduco che Rama è divino e invincibile."Ascoltate ancora. In un altro sogno ho visto Ravana: la sua testa era stata rasata; era unto d'olio; indossavaabiti color cremisi; era ubriaco ed era caduto dal velivolo spaziale Pushpaka. Poi l'ho visto vestito di nero, copertodi un pigmento rosso e trascinato da una donna che guidava un veicolo tirato da asini. L'ho visto caderedall'asino. Delirava come un pazzo. Poi egli entrò in un luogo tenebroso e puzzolente. Quindi una donna scuracon il corpo ricoperto di fango legò una corda intorno al collo di Ravana e lo trascinò via verso sud. Nello stessosogno ho visto Kumbhakarna e anche i figli di Ravana; ognuno di loro era stato sottoposto allo stessotrattamento o ad un altro molto simile. Solo la sorte di Vibhishana era differente: egli indossava degli abitibianchi, con delle ghirlande bianche, e sopra la sua testa tenevano un parasole reale bianco."Inoltre nel sogno ho visto che l'intera Lanka era sprofondata nel mare, totalmente distrutta e rovinata. Ho vistoanche qualcosa di piuttosto strano: ho visto Lanka divorata selvaggiamente dal fuoco. Benché l'isola sia protettada Ravana, che è forte e potente, un vanara era stato capace d'incendiare Lanka, perché quel vanara era unservo di Rama."Sciocche donne, in questo sogno io vedo un chiaro avvertimento! Basta col trattare Sita crudelmente! Penso chesia meglio farle piacere e conquistarsi il suo favore. Sono fermamente convinta che Sita realizzerà il suo desideriodi riunirsi a Rama".Udendo questo, Sita fu felice e disse: "Se sarà vero, vi prometto che vi proteggerò tutte".Le demonesse però non prestarono attenzione a Trijata, e Sita pensò: "A ragione i saggi dissero che la mortenon giunge mai ad una persona prima dell'ora stabilita. La mia ora è venuta. Ravana ha stabilito in manieradefinitiva che se non acconsento al suo desiderio sarò messa a morte. E poiché non potrò mai e poi mai amarlo,è certo che sarò uccisa. Perciò sono già condannata. E quindi non farò peccato se oggi stesso mi toglierò la vitavolontariamente. O Rama! O Lakshmana! O Sumitra! O Kausalya! O Madre! Rapita inesorabilmente e trascinatain questo posto spaventoso, io muoio. Sono sicura che la 'sventura' s'avvicinò a me nelle sembianze di un cervodorato ed io, stupida donna, mandai i due principi a cercarlo. Forse anche loro sono stati uccisi da qualchedemone. O forse sono vivi, ma non sanno dove sono."Ahimè, tutte le virtù che ho praticato e tutta la devozione con la quale ho servito il mio signore e marito nonsono servite a nulla. Ora stesso abbandonerò questa mia vita sventurata. O Rama, dopo aver completato iquattordici anni d'esilio, tu tornerai ad Ayodhya e ti godrai la vita con le regine che forse sposerai. Ma io, che tiho amato e il cui cuore resterà sempre legato a te, presto non ci sarò più."Come porrò fine a questa vita? Non ho armi, e nessuno qui mi darà un'arma o del veleno. Ah, userò ilcordoncino che mi lega i capelli e mi appenderò a quest'albero".Riflettendo così ad alta voce, Sita contemplò i piedi di Rama e si preparò ad uccidersi. Nello stesso tempo, però,ella notò molti buoni presagi che la dissuasero dall'idea di togliersi la vita. Il suo occhio, il suo braccio e la suagamba sinistra palpitarono; il suo cuore ebbe un fremito, la sua tristezza per il momento la lasciò, la suadisperazione fu alleviata, ed ella tornò ad essere ancora una volta calma e radiosa.Seduto sull'albero, Hanuman osservava tutto questo e pensava: "Se mi presentassi a Sita in mezzo a tutte questedemonesse, ella potrebbe spaventarsi e gridare; e potrei essere preso prima che le possa parlare di Rama. Potreianche combattere contro tutti i demoni; ma poi potrei essere troppo debole per il volo di ritorno. Potrei parlarlenella lingua dei brahmana, ma lei potrebbe insospettirsi di un vanara che parla il sanscrito e scambiarmi per lostesso Ravana! Parlare ora a Sita sembra rischioso; ma se non lo facessi, ella potrebbe commettere suicidio. Senon si agisce con la giusta considerazione del luogo e del tempo, si può ottenere il risultato contrario. Canterò leglorie di Rama a bassa voce, conquistandomi prima la fiducia di Sita, e dopo le comunicherò il messaggio diRama".Dopo una profonda riflessione, Hanuman decise sul modo più saggio e sicuro! A bassa voce, in maniera dolce echiara e con accento colto, egli narrò la storia di Rama: "L'imperatore Dasaratha, un discendente del nobileIkshvaku, era un saggio reale perché pur continuando a governare il suo regno era devoto sia all'ascetismo chealla giustizia. Il suo figlio primogenito Rama era a sua volta potente, glorioso e giusto. Per onorare la promessache suo padre aveva fatto alla moglie, Rama andò nella foresta Dandaka insieme al fratello Lakshmana e allamoglie Sita. Là Rama uccise migliaia di demoni. Un giorno un demone mascherato da cervo fece allontanareRama e Lakshmana, e approfittando di ciò il malvagio Ravana rapì Sita. Rama andò in cerca di lei, e mentrevagava per la foresta coltivò l'amicizia del vanara Sugriva. Sugriva inviò milioni di vanara in cerca di Sita. Dotatodi un'energia straordinaria, io ho attraversato l'oceano; e sono stato fortunato perché sono in presenza di Sita".Udendo queste parole, Sita fu piena d'immensa gioia. Ella guardò da tutte le parti, e infine vide il vanaraHanuman. Ma vedendo quel vanara seduto sull'albero, Sita fu presa dalla paura e dal sospetto, e gridò "O Rama!O Lakshmana". Vedendo il vanara che le si avvicinava fu presa dal terrore, ma fu piacevolmente sorpresa dinotare il suo atteggiamento d'umiltà e adorazione.Ella pensò: "Sto sognando? Spero di no! Porta sfortuna sognare di un vanara. No, non sto sognando. Forse èun'allucinazione. Ho pensato costantemente a Rama, ho pronunciato continuamente il suo nome, parlando di lui.

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E poiché tutto il mio essere è assorto in lui, sto immaginando tutto. Eppure l'essere che mi sta davanti non sololo vedo, ma mi parla anche! Prego gli dèi che ciò che ho appena visto sia vero".Con le mani giunte sulla testa in segno di saluto, Hanuman s'avvicinò umilmente a Sita e le chiese: "Chi siete,signora? Siete veramente la moglie del beato Rama?".Estremamente felice per la domanda, Sita raccontò tutta la sua storia: "Io sono nuora di re Dasaratha e figlia dire Janaka. Sono la moglie di Rama. Abbiamo vissuto felicemente ad Ayodhya per dodici anni Ma prima che Ramafosse incoronato, la sua matrigna Kaikeyi chiese in dono al marito che Rama fosse esiliato nella foresta. Udendoquesto, il re perse i sensi; ma Rama stesso prese l'impegno di soddisfare quella promessa. Io lo seguii, e ancheLakshmana venne con noi. Un giorno, mentre essi erano via, Ravana mi rapì con la forza e mi trascinò qui. Orami ha dato altri due mesi di vita, dopo di che vedrò la morte".Inchinandosi di nuovo a Sita, Hanuman le disse: "Signora divina, io sono un messaggero inviato da Rama. Lui esuo fratello Lakshmana ti mandano i loro saluti e sperano che tu sia viva e stia bene". Sita gioì e pensò tra sé:"Certamente, c'è molta verità nell'antico adagio: 'La felicità arriverà all'uomo che vive, anche se dopo moltotempo'". Ma quando Hanuman le si avvicinò, ella s'insospettì di nuovo, e riflettendo gli disse: "Ravana! Prima tisei camuffato da mendicante e mi hai rapita. Ora vieni a tormentarmi sotto forma di un vanara! Ti supplico,lasciami in pace". Ma nel frattempo ella pensava tra sé: "No, non può essere così; perché vedendo questo vanarail mio cuore gioisce".Hanuman la rassicurò: "Beata Sita, io sono un messaggero inviato da Rama, che molto presto ucciderà tuttiquesti demoni e ti libererà dalla prigionia. Rama e Lakshmana pensano costantemente a te. E così pure reSugriva, del quale io, Hanuman, sono un ministro. Dotato di un'energia straordinaria, io ho attraversato l'oceano.Non sono chi hai sospettato che fossi!".Su sua richiesta, Hanuman le raccontò le glorie di Rama: "In bellezza, fascino e saggezza Rama è pari agli dèi.Egli è il protettore di tutti gli esseri viventi, del suo popolo, della sua missione e del suo Dharma. Egli è ilprotettore delle persone di buona condotta impegnate nelle diverse occupazioni; lui stesso pratica la buonacondotta e fa in modo che la pratichino anche gli altri. Egli è potente, amichevole, conosce bene le Scritture ed èdevoto ai santi."Rama ha tutte le caratteristiche dell'uomo perfetto, e cioè: spalle larghe, braccia forti, collo potente, visograzioso, occhi di loto, voce profonda, pelle bruna. Egli ha il petto, il polso e il pugno saldo; le sopracciglia, lebraccia e lo scroto sono lunghi; i capelli, i testicoli e le ginocchia sono simmetrici; il torace, l'addome e l'orlodell'ombelico sono forti; il colorito dell'angolo degli occhi, delle unghie, delle palme delle mani e delle piante deipiedi è roseo; il suo glande, le linee dei piedi e dei capelli sono soffici; l'andatura e l'ombelico sono profondi; trepieghe gli adornano la pelle del collo e dell'addome; i capezzoli, l'arco e le linee dei suoi piedi sono profondi;l'organo generativo, il collo e gli stinchi sono corti; tre spirali adornano i capelli sulla sua testa; ha quattro lineealla base del suo pollice e quattro linee sulla sua fronte; è alto quattro cubiti; le sue natiche, le braccia, gli stinchie le ginocchia sono simmetrici; così pure le altre quattordici paia di membra; i suoi arti sono lunghi. Egli èeccellente in ogni aspetto. Anche Lakshmana, il fratello di Rama, è pieno di fascino e di ottime qualità".

[NOTA: In questo capitolo sono descritte le caratteristiche fisiognomiche del migliore tra gli uomini.]

Poi Hanuman le narrò nei dettagli tutto ciò che era accaduto. E menzionò in particolare come Rama pianse per lacommozione quando Hanuman gli mostrò i gioielli che Sita aveva lasciato cadere sul monte. Hanuman conclusela narrazione affermando: "Io otterrò certo la gloria d'averti vista per primo; e anche Rama verrà presto qui ariprenderti" Infine egli rivelò a Sita la propria identità: "Kesari, mio padre, viveva sulla montagna chiamataMalayavan. Una volta, in ubbidienza al comando dei saggi, egli andò sul monte Gokarna per combattere euccidere un demone chiamato Sambasadana, che terrorizzava la gente. Io sono figlio di Vayu (il dio del vento) edi mia madre Anjana. Ti ripeto, divina signora, che io sono un vanara, un messaggero inviato da Rama ecco,guarda l'anello con l'iscrizione del nome di Rama. Qualunque sia stata la causa della tua dolorosa prigionia, ormaiè quasi finita".Quando vide l'anello del sigillo, Sita avvertì la presenza dello stesso Rama; e si sentì piena di gioia.Immediatamente anche il suo comportamento nei confronti di Hanuman cambiò radicalmente, ed esclamò "Tusei eroico, abile e anche saggio, o migliore tra i vanara. Che impresa eccezionale hai compiuto attraversandoquest'immenso oceano, per ottocento miglia. È evidente che non sei un comune vanara, perché non hai pauraneanche di Ravana. Sono felicissima di sapere che Rama e Lakshmana stanno bene; ma perché non è ancoravenuto a liberarmi? Se volesse egli potrebbe prosciugare l'oceano, anzi potrebbe perfino distruggere tutta la terracon i suoi missili. Forse hanno dovuto attendere il momento propizio, e quel momento che significherà la finedella mia sofferenza non è ancora giunto."O Hanuman, parlami ancora di Rama. In tutto quello che fa, continua egli a fare affidamento sia sullo sforzopersonale che sulla Provvidenza Divina? E dimmi, mi ama ancora come prima? Spero anche che nel suo penareper me non trascuri la sua salute. E poi dimmi come farà Rama a salvarmi da qui? Forse Bharata invierà unesercito? Quando rinunciò al trono e mi portò nella foresta, egli dimostrò una fermezza straordinaria: è ancoracosì fermo nelle sue decisioni? Oh, lo so che egli mi ama più di chiunque altro al mondo".Hanuman rispose: "O Sita, presto tu stessa vedrai Rama! Affranto dal dolore per la separazione da te, egli nonmangia carne né beve vino; e non si cura neanche di scansare le mosche e le zanzare che lo assalgono. Eglipensa a te costantemente. Difficilmente dorme, e quando ci riesce si sveglia gridando: "Ah, Sita". Quando vedeun frutto o un fiore, egli pensa a te".Udendo le glorie di Rama, Sita si sentiva liberata dal dolore, ma quando udiva del dolore di Rama, Sita lo sentivaa sua volta.Sita rispose ad Hanuman: "La tua descrizione dell'amore che Rama nutre per me mi giunge come nettare misto aveleno. In qualunque condizione si possa essere, sia che uno goda d'immenso potere e prosperità sia che unoviva in grande miseria, il fine della propria azione trascina l'uomo come se questi fosse legato ad una corda.Guarda in che modo Rama, Lakshmana ed io siamo stati assoggettati al dolore. Di certo nessuno può vincere ildestino. Mi chiedo quando verrà il momento in cui sarò di nuovo unita a Rama. Ravana mi ha dato un anno di

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tempo: dieci mesi sono già trascorsi e ne restano solo due. Al termine di questi due mesi, Ravana mi ucciderà disicuro. Non c'è alternativa, perché l'idea di riportarmi da Rama non lo sfiora neppure. Invero questo era statosuggerito da Vibhishana, il fratello di Ravana: così mi ha detto sua figlia Kala. Ma Ravana rimane sordo a questisaggi consigli".Hanuman disse a Sita: "Sono sicuro che non appena gli dirò dove sei Rama arriverà presto qui, con un esercito diabitanti della foresta e di altre tribù. Però, signora divina, io avrei un'altra idea: puoi riunirti a tuo marito oggistesso; posso far cessare il tuo dolore immediatamente. Ti prego, non esitare; sali sulla mia schiena, e cercal'unione (yoga) con Rama ora. Io ho il potere di trasportare te, e perfino Lanka, Ravana e tutto il resto! Nessunosarà capace d'inseguirmi o di vincermi. Che grande trionfo sarebbe, se tornassi a Kishkindha con te sulla miaschiena!".Per un momento Sita s'entusiasmò all'idea; ma poi rispose quasi scherzando: "Stai parlando davvero come unvanara, come un ignorante primitivo. Sei così piccolo, e pensi di portarmi attraverso l'oceano!". Allora Hanumanmostrò a Sita la sua forma reale.Vedendolo come una montagna di fronte a lei, Sita fu certa che la sua sicurezza era giustificata, tuttavia gli disse:"Potente Hanuman, sono convinta che puoi fare come dici; ma non credo sia giusto che io venga con te. Tuandrai a forte velocità, e io potrei scivolare e cadere nell'oceano. Se venissi con te, i demoni sospetterebbero lanostra relazione e le darebbero un'interpretazione immorale. Inoltre, molti demoni t'inseguirebbero: e comepotresti, disarmato, disfarti di loro e nello stesso tempo proteggere me? Potrei cadere di nuovo nelle loro mani.Sono certa che hai il potere di combatterli: ma se tu li uccidessi tutti, questo toglierebbe a Rama la gloria diucciderli e di salvarmi. Sicuramente quando Rama e Lakshmana verranno qui con te, essi uccideranno i demoni emi libereranno. Io sono devota a Rama, e di mia volontà non toccherò il corpo di un altro. Perciò, Hanuman, fa'che Rama e Lakshmana vengano qui il più rapidamente possibile".Il saggio vanara Hanuman fu pienamente convinto della giusta risposta di Sita; e dopo averla apprezzata, pregò:"Se senti che non devi venire con me, ti prego di darmi un pegno che io possa portare con me e che Rama potràriconoscere".Questo suggerimento ravvivò vecchi ricordi che commossero Sita fino alle lacrime. Ella disse ad Hanuman: "Tidarò il pegno migliore. Ti prego di ricordare al mio glorioso marito un bellissimo episodio della nostra vita nellaforesta che solo io e lui conosciamo. Il fatto avvenne quando vivevamo nei pressi del monte Citrakuta. Avevamofinito di fare il bagno, e c'eravamo divertiti tanto a giocare nell'acqua. Rama era seduto sul mio grembo. Il corvocominciò a disturbarmi, ma io lo allontanai minacciandolo con dei sassi, ed esso si nascose. Mentre mi vestivo, ilmio abito scivolò un po', e il corvo m'attaccò di nuovo. Ma stavolta mi difesi adirata. Osservando ciò Rama rise,mentre mi rappacificava dolcemente."Eravamo ambedue stanchi. Per un po' dormii in grembo a Rama. Poi Rama s'addormentò poggiando la testa sulmio grembo. Il corvo (che era il figlio di Indra mascherato) m'attaccò di nuovo e causò delle ferite sul mio corpo.Alcune gocce di sangue gocciolarono dal mio petto e caddero su Rama, che si svegliò. Vedendo il corvo perversopoggiato su un albero vicino, Rama prese il missile che porta il nome del Creatore e lo tirò al corvo. Il corvo simise a volare per i tre mondi, ma non trovò rifugio da nessuna parte."Infine esso cercò rifugio dallo stesso Rama. Rama si calmò immediatamente; ma il missile non poteva essereneutralizzato. Il corvo sacrificò il suo occhio destro, ma ebbe salva la vita". Mentre raccontava l'episodio, Sitaavvertì la presenza di Rama, e gli disse: "Per amor mio, Rama, tu fosti pronto ad usare il missile di Brahmacontro un semplice corvo. Allora perché sopporti pazientemente il mio rapimento? Nonostante tu sia il miosignore e maestro, io vivo qui come una poveraccia! Non hai compassione di me? Da te io ho imparato che lacompassione è la virtù più grande!" E rivolgendosi di nuovo ad Hanuman disse: "Nessun potere sulla terra puòrivaleggiare con quello di Rama. Solo la mia cattiva sorte impedisce loro di venire in mio aiuto".Hanuman spiegò: "Solo il non sapere dov'eri ha causato questo ritardo. Ora che sappiamo dove sei, ladistruzione dei demoni è vicinissima". Sita gli disse: "L'adempimento della missione dipende da te; con il tuoaiuto Rama avrà sicuramente successo. Ti prego però di dire a Rama che io sarò viva solo per un mese ancora".Poi, come pegno ulteriore, Sita si tolse un gioiello e lo diede ad Hanuman. Egli lo prese, insieme alle suebenedizioni, e fu pronto a partire.Ancora una volta Sita ricordò ad Hanuman: "Avevo tenuto con me questo gioiello, che per me significava lapresenza stessa di Rama. Ogni volta che lo guardavo era come se Rama fosse con me. Esso ricorderà a Rama dime, di mia madre, e di re Dasaratha. Ti prego, riferisci a Rama tutto ciò che hai visto qui, come vivo, come penoper lui, e che rimango viva solo nella speranza di rivederlo. Di' tutto questo in maniera tale che Rama mi liberi daviva; e così ti guadagnerai il merito di aver fatto buon uso del potere della parola. Che cosa Rama farà, e quandoe come, ora dipende interamente da cosa gli dirai e da come glielo dirai". Ma Hanuman la rassicurò.Tuttavia la paura e il dubbio tormentavano Sita, che disse: "Un dubbio mi assale, Hanuman: come faranno leorde dei primitivi ad attraversare l'oceano e ad arrivare fin qui? Certo sarà una cosa gloriosa se Rama uccideràRavana e i suoi fedeli demoni e tornerà con me ad Ayodhya. Ma come pensi che si potrà fare questo?".Per rassicurarla, Hanuman disse: "È cosa facile per noi vanara, o signora divina. I vanara sono molto potenti. Essisono andati spesso intorno al mondo seguendo le rotte aeree. L'esercito di Sugriva è composto di vanara simili ame e anche superiori a me: anzi, nessuno di essi è meno potente di me. È ovvio che nessun saggio comandanteinvierebbe come messaggero un eroe superiore: soltanto quelli di minore importanza vengono mandati. Nonavere alcun dubbio, Sita: io stesso prenderò Rama e Lakshmana su di me e li porterò qui. Il resto dell'impresasarà facile".Mentre Hanuman s'apprestava a partire, Sita gli ricordò di nuovo: "Ti prego, dai il gioiello a Rama. L'ho tenutomolto a cuore, considerandolo sempre come un preziosissimo ricordo. Ricordagli anche che una volta, quando ilfausto segno sulla mia fronte si era cancellato, lui stesso me lo rimise ridendo. Ricordagli la storia del corvo che tiho narrato, e ti supplico di non dimenticare di dirgli che posso restare in vita qui - e anche questo solo per amorsuo - soltanto per un altro mese".Ancora una volta Hanuman disse a Sita: "Posso giurarti che come tu pensi costantemente a lui, così anche Ramapensa costantemente a te, Sita. Stai certa che non ci sarà assolutamente alcun ritardo nella sua venuta qui".Quando Hanuman si preparò a partire, Sita si sentì infelice e gli rivolse le ultime parole: "Tu hai i migliori pegni

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del mio amore per Rama. Ti prego, raccontagli tutto minuziosamente. Fa' che Rama possa porre termine alla miaagonia nel più breve tempo possibile".Hanuman si congedò da Sita, ma non lasciò Lanka. E pensò: "È venuto il momento di dare una dimostrazione diforza militare. Con i demoni non si può negoziare; non si possono vincere nemici ricchi e prosperosi usando doniallettanti; né si può seminare la discordia tra i potenti, perciò solo una dimostrazione di forza sembra essereadeguata.Prima di lasciare Lanka devo dare a questi demoni un assaggio della nostra forza; solo allora essi adotterannol'atteggiamento giusto quando li affronteremo in battaglia. Inoltre, il successo viene solo se si utilizzano leopportunità che una spedizione offre per raggiungere non solo l'obiettivo principale, ma anche molti di quellisecondari. Sicuramente vi sono molti modi per avere successo in un'impresa; chi conosce molte vie perraggiungere il suo scopo si assicura il successo. Questo è il boschetto dei piaceri di Ravana, ed è ricco e bello. Lodistruggerò! Così provocherò certamente Ravana, che potrebbe venire qui con il suo esercito. Avrei alloral'opportunità di giudicare la sua forza e dargli un saggio di quanto dovrà aspettarsi da noi".Con rapidità devastante, Hanuman liberò la sua energia e cominciò a distruggere il boschetto di asoka. Glianimali e gli uccelli fuggirono timorosi in tutte le direzioni. Le demonesse scapparono. Quelle che erano a guardiadi Sita, e che stavano dormendo, si svegliarono; e vedendo quel vanara chiesero a lei chi fosse. Sita rispose:"Come faccio a sapere chi è? Solo un serpente sa dove sono le gambe di un serpente! Anch'io sono terrorizzata,non sapendo chi sia; anch'io penso che forse è un demone".Tutte le demonesse corsero a fare rapporto a Ravana: "Signore, un potente vanara dall'aspetto terribile hadevastato il boschetto di asoka! Alcune di noi l'hanno visto parlare a Sita, ma Sita non vuole rivelare la suaidentità. Noi non sappiamo chi sia. Potrebbe essere un messaggero di Indra o di Kubera o dello stesso Rama,venuto per scoprire dov'è Sita. È significativo che pur avendo distrutto l'intero boschetto, egli non abbia toccatola zona sotto l'albero simsapa dov'è confinata Sita)".Ravana s'infuriò, e ordinò subito a un gran numero di schiavi (kinkara) d'andare nel boschetto e catturareHanuman. Essi lo assalirono, armati con molte armi rozze. Hanuman lanciò un grido di guerra: "Vittoria a Rama,a Lakshmana e a re Sugriva! Io sono il servo e il messaggero di Rama, che distrugge tutti i suoi nemici. Il mionome è Hanuman. Neanche mille Ravana equivalgono la mia potenza! Distruggerò Lanka, m'inchinerò davanti aSita e poi andrò via". Il contingente di schiavi fu presto annientato! E i demoni che osservarono la battagliaraccontarono la tragedia a Ravana.Il boschetto di asoka era stato distrutto e gli schiavi erano stati uccisi, ma Hanuman non era soddisfatto. Egliprese di mira un importante monumento, molto ben custodito dai soldati di Ravana. Estendendosi a dismisura, egonfiandosi d'entusiasmo, Hanuman s'arrampicò sul monumento e cominciò a distruggerlo, riempiendo l'interaLanka con quel fragore. E dalla cima del monumento gridava trionfante: "Vittoria a Rama! Vittoria a Lakshmana!Vittoria a Sugriva, che è protetto da Rama! Io sono Hanuman, il messaggero di Rama. Neanche mille Ravanapossono affrontarmi in battaglia. Distruggerò Lanka, m'inchinerò davanti a Sita e poi andrò via".Vedendolo e udendo il suo grido, un centinaio di demoni posti a guardia del monumento si scagliarono contro dilui con mazze di ferro, clave e altre armi del genere. Il potente Hanuman fece tremare il monumento: le colonnesi spezzarono e la loro collisione provocò un boato. Poi con una delle colonne uccise i demoni. Ancora una voltaHanuman proclamò: "Ci sono migliaia di vanara ancora più potenti di me. Sugriva verrà presto qui con i vanara, evi ucciderà tutti. E non rimarrà né Lanka né alcuno di voi, e neppure Ravana, che si è procacciato l'inimicizia diRama".Tutte queste cose i demoni le riferirono debitamente a Ravana. Su suo ordine, un potente demone chiamatoJambumali fu mandato a combattere e a catturare Hanuman. Il duello fu terribile. Jambumali colpì Hanuman convarie armi e lo ferì. Il vanara era bello a vedersi anche mentre sanguinava. Hanuman sollevò una roccia enormee la gettò su Jambumali, che la spezzò con i suoi missili. Allora Hanuman raccolse dal campo una mazza di ferroe la scagliò con grande forza contro il demone. Jambumali rimase a terra morto.Quindi Ravana mandò i sette figli dei suoi ministri, che erano degli esperti nel combattimento aereo. I lorobombardieri tuonarono e ruggirono quando arrivarono sul posto. Essi iniziarono a sparare contro Hanumanancora prima di raggiungerlo. Anche Hanuman si librò nel cielo e schivò i colpi con successo.Queste schermaglie furono seguite da un cruento combattimento frontale. Nessuno dei sette eroi poté resistereall'impeto di Hanuman. In breve tempo egli li uccise tutti. Tutta la zona era ricoperta dei resti fracassati degliaerei e dei corpi dei demoni uccisi. Il sangue scorreva a fiotti, come un fiume. Le grida dei feriti riempivanoLanka.Hanuman si ergeva trionfalmente sull'arco che portava al boschetto.Poi Ravana inviò cinque potenti guerrieri, comandanti del suo esercito, a disfarsi del vanara. I loro nomi eranoVirupaksha, Yupaksha, Durdhara, Praghasa e Bhasakarna. Prima di congedarli, egli li ammonì con queste parole:"Andate con un contingente adeguato. Siate vigilanti e fate tutto il necessario, avendo la giusta considerazionedel tempo e del luogo. Io non credo che abbiamo a che fare con un vanara. Ho considerato tutto ciò che questovanara ha fatto, e sono giunto alla conclusione che si tratta di un essere potente dotato di straordinario valore. Èben possibile che gli dèi, nostri nemici, abbiano creato un essere particolarmente potente per ucciderci. Finoravoi avete sconfitto esseri di ogni tipo: dèi, saggi, demoni e semidèi. E io ho conosciuto molti potenti vanara: Vali,Sugriva, Jambavan, Nila, Dvivida ecc. Ma nessuno tra loro ha l'abilità di questo vanara. Perciò fate il massimosforzo per prenderlo prigioniero. Io so che voi potete sconfiggere qualsiasi essere sulla terra, e persino dèi esemidèi; ma state in guardia e proteggetevi. Perché in una battaglia il successo è imprevedibile".I cinque comandanti si portarono al boschetto di asoka, dove videro il potente Hanuman che risplendeva come ilsole appena sorto. Essi si resero subito conto che egli era eccellente e superbo da ogni punto di vista: agilissimoe velocissimo, eccezionalmente coraggioso, incredibilmente forte, molto saggio, alimentato da un entusiasmosupremo e dotato di un corpo molto potente. Appena lo videro, gli spararono tutti insieme nello stesso tempo.Hanuman rimase ferito: ma le ferite sembravano fiori che gli incoronavano il capo.Hanuman si alzò in volo, e fu inseguito da Durdhara. Nel corso del combattimento aereo, mentre Durdharavolava a bassa quota, Hanuman si lanciò in picchiata sul velivolo di Durdhara, come un fulmine che Colpisce unamontagna. Il velivolo andò in frantumi e Durdhara morì.

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Hanuman continuò a muoversi nell'aria. Virupaksha e Yupaksha decollarono coi loro velivoli e cominciarono asparare ad Hanuman. All'improvviso Hanuman atterrò in una radura del boschetto, inseguito dai demoni. Maprima che questi potessero toccare terra, egli sradicò un grande albero e con questo distrusse i loro velivoli.Ambedue i demoni furono uccisi.Ora Praghasa e Bhasakarna attaccarono Hanuman. Essi usarono una lancia e un dardo, e ingaggiarono una lottacorpo a corpo. Hanuman parò i loro attacchi, sollevò un masso enorme che sembrava il picco di una montagna elo scagliò su di loro. E fu la loro fine.Ravana cominciò a preoccuparsi. Quando gli annunciarono la morte dei suoi potenti comandanti per mano delvanara, egli si guardò intorno e poi fissò lo sguardo sul giovane figlio Aksha. Questi pur essendo giovane era giàferoce e aggressivo.Aksha capì che lo sguardo del padre era un ordine e scattò in piedi, desideroso di combattere. Padre e figlio nonscambiarono neanche una parola, ma si capirono perfettamente.Aksha saltò sul suo aereo, che era un velivolo eccezionale, ottenuto con molto impegno e tanti sacrifici. Eraplaccato d'oro puro; aveva delle torrette di pietre preziose; era azionato da otto propulsori, e poteva raggiungerela velocità della mente! Non poteva essere attaccato neanche da dèi e demoni. Sfrecciando nell'aria sembrava unfulmine. Era equipaggiato con otto torrette per lanciare missili, che puntavano nelle otto direzioni. Tutte le partidi questo velivolo erano tenute insieme da cavi d'oro puro.Hanuman fu sorpreso di vedere Aksha. Mentre stavano l'uno di fronte all'altro, come emettendo un fuocoterribile, tutti quelli che stavano osservando il combattimento tremarono dalla paura. Mirando accuratamente,Aksha sparò tre colpi, che ferirono Hanuman alla testa.Per un attimo Hanuman barcollò. Ma quando si rese conto che chi gli stava davanti era lo stesso figlio di Ravana,gli ritornò l'entusiasmo. Mentre Hanuman continuava a guardare Aksha con grande furore, quest'ultimocontinuava a sparare. Hanuman emise un feroce grido di battaglia e s'alzò in volo. Aksha lo inseguìaccanitamente, continuando a lanciare missili. Ma Hanuman li schivò tutti con grande destrezza.Hanuman pensò: "È vero, sembra un bambino, ma le sue azioni non sono da bambino. Prima avevo pensato dinon uccidere questo ragazzino. Certamente è un bambino brillante, ma è anche potente e può affrontare persinodèi e demoni. Se non lo tratto con la dovuta considerazione, egli mi sconfiggerà; perciò devo ucciderlo. Unpiccolo incendio che si propaga non dev'essere trascurato".Dopo aver preso questa decisione, Hanuman tirò agli otto propulsori e li costrinse al silenzio.Con il suo mezzo distrutto nelle parti vitali, Aksha cadde insieme ad esso. Quindi impugnò la spada e si precipitòcontro il vanara. Ma Hanuman lo afferrò alle gambe, lo fece roteare nell'aria e lo scaraventò per terra, doveAksha rimase ucciso.

[NOTA: La descrizione del velivolo è bellissima! S'è scritto che aveva otto cavalli: non usiamo forse anche noil'espressione 'cavallo motore' nello stesso contesto? L'aereo era coperto d'oro in maniera tale da esserecorazzato; perciò solo i motori erano vulnerabili.]La morte di Aksha fu certamente un duro colpo per Ravana, che però non mostrò il suo dolore. Egli si rivolseall'altro suo figlio, Indrajit, di valore ineguagliabile, e gli disse: "Figlio mio, tu hai combattuto contro gli dèi e seistato vittorioso anche su Indra. Tu sei mio pari da ogni punto di vista. Quando entri in battaglia, io sono certodella tua vittoria. Ora questo vanara ha ucciso tutti i nostri schiavi, e anche Jambumali, i figli dei nostri ministri epersino tuo fratello Aksha. Ritengo che spetti a te affrontarlo. Non serve a nulla prendere un grande esercito,perché gli uomini sono presi dal panico o vengono uccisi. Neanche le armi e i missili comuni sembrano avere unqualche effetto su questo vanara. Però io so che tu farai uso di qualunque tipo di missile sarà necessario, aseconda del tempo e del luogo. Forse qualcuno potrebbe dire che non è saggio da parte mia mandare te, che seiil mio figlio maggiore. Ma questo è il Dharma di un re. Anche tu devi imparare le tattiche militari e acquisireabilità in guerra riportando vittorie sui tuoi nemici".Questo fu sufficiente per Indrajit, che si diresse dove si trovava Hanuman. Il suo velivolo somigliava a Garuda,l'uccello divino, e ne aveva la stessa agilità. Aveva quattro motori, ciascuno simile a una tigre, dotati di 'denti'potenti. Indrajit, il cui valore era pari a quello di Indra, montò a bordo del suo velivolo e partì a velocitàincredibile.Hanuman fu contento quando vide lo stesso Indrajit. Il firmamento era affollato di dèi e semidèi desiderosid'assistere alla battaglia. Hanuman cominciò a volare e schivò con successo tutti i missili di Indrajit Indrajitrealizzò che Hanuman non poteva essere ucciso, perciò decise di prenderlo prigioniero. Ma anche a tal fine eglidovette usare il missile più potente, quello dedicato al Creatore, Brahma.Colpito, Hanuman cadde: ma il missile non lo uccise, lo immobilizzò soltanto. Hanuman godeva di un donoricevuto dallo stesso Brahma che persino quel missile avrebbe avuto effetto su di lui soltanto per un ora circa.Comunque, egli pensò tra sé: Io non ho il potere di spezzare i legami di questo missile supremo; devo quindionorare il missile e permettergli di legarmi". E pensò ancora tra sé: "Anche questo è buono, perché certo potròincontrare Ravana faccia a faccia".Vedendo che era caduto, i demoni gli si affollarono intorno, lo colpirono e lo legarono con delle funi. Questoliberò subito Hanuman dall'effetto del missile: perché questa è la legge, che il potere spirituale non puòcoesistere con il potere fisico.Eppure Hanuman rimase docile. I demoni lo trascinarono alla presenza di Ravana.Hanuman guardò lo splendente Ravana, che era magnifico in ogni cosa. Ravana era seduto su un trono dicristallo intarsiato di gioielli e riccamente rivestito. Hanuman lo guardò e pensò: "Quale fascino, quanto eroismo,quale nobiltà e quale splendore; Ravana è meravigliosamente dotato di ogni cosa eccelsa. Se solo non fossedevoto all'ingiustizia, potrebbe essere benissimo il regnante del cielo, o anche del suo sovrano".Ravana fu colpito dalla maestà dell'aspetto di Hanuman e dalla sua forza, che era evidente. Egli ordinò ai suoiministri di accertare lo scopo della sua visita a Lanka e scoprire per quale motivo aveva distrutto il boschetto diasoka.I ministri posero ad Hanuman delle domande, ma prima l'ammonirono: "Dicci la verità, e sarai liberato. Se diraimenzogne non avrai salva la vita!".

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Hanuman rispose: "Non sono un messaggero degli dèi o dei semidèi. Sono un messaggero di Sugriva. Poichédesideravo incontrare Ravana in persona, ho sradicato gli alberi nel suo giardino preferito. E quando i demoni mihanno attaccato, li ho uccisi per autodifesa".Rivolgendosi allo stesso Ravana, Hanuman disse: "Ho un messaggio da parte di Sugriva. Tu lo conosci ed egli ècome un fratello per te". Poi Hanuman narrò la storia della nascita e dell'esilio di Rama, la perdita di Sita nellaforesta, l'amicizia di Rama con Sugriva, e la ricerca di Sita organizzata da Sugriva."O re! Io posso dirti ciò che è buono nel passato, nel presente e nel futuro. Accetta il mio consiglio: restituisciSita a Rama. Un re glorioso come te non dovrebbe abbassarsi ad una condotta tanto indegna e rapire la mogliedi un altro. Nessuno nei tre mondi può affrontare il terribile potere di Rama e di suo fratello Lakshmana: Ramauccise il potente Vali con un solo colpo. Io ho compiuto un'impresa difficile: ho scoperto dove si trova Sita. PrestoRama completerà l'impresa."Tu non puoi convincere Sita ad accettarti, più di quanto non sia possibile digerire un potentissimo veleno.Ascoltami! Non giocarti il frutto dei meriti che hai acquisito nella tua vita precedente. Sita è certamente laterribile Kalaratri, che è stata portata qui per la tua distruzione. Restituiscila a Rama. In caso contrario vedraiLanka bruciare e tutti i demoni perire. Nessuno, neanche tu, e neppure Indra, può sfuggire all'ira di Rama. Ramapuò distruggere tutti i mondi e crearli di nuovo! Io sono un umile servo di Rama ed il suo messaggero: quanto tiho detto è la verità, ascoltami".Udendo le parole di Hanuman, Ravana fu preso da un'ira incontrollabile, e ordinò la sua immediata esecuzione.Ma Vibhishana - il fratello di Ravana - intervenne e diede questo consiglio a Ravana:"Potente re! Se anche tu puoi essere sopraffatto dall'ira, allora certamente la conoscenza delle Scritture è uninutile fardello. Sii ragionevole; e fa' che la giusta punizione sia inflitta a questo vanara dopo la dovutadeliberazione."Le Scritture proibiscono l'uccisione di un messaggero o di un ambasciatore, perché questi sta semplicementesostenendo la causa del suo padrone ed è interamente dipendente da lui. Però è anche vero che questo vanaraha distrutto il boschetto e ha ucciso molti dei tuoi soldati."La giusta punizione per tali crimini è la mutilazione del corpo, la frusta, la rasatura della testa e il marchio afuoco - un disonore peggiore della morte. Tuttavia, coloro che hanno mandato qui questo messaggero meritanola pena capitale. Se tu uccidessi questo vanara allora l'episodio potrebbe finire lì, perché nessun altro dal latonemico sarà capace d'attraversare l'oceano e raggiungere Lanka, e tu non potresti distruggere il tuo nemico".Il potente Ravana apprezzò il consiglio, che ponderò e accettò.Quindi modificò il suo ordine: "Si dice che la coda sia l'ornamento più importante di un vanara: datele fuoco. Poifatelo tornare. Con la coda in fiamme portatelo in giro per la città, in modo che lui e i suoi camerati sappiano cheun'offesa come quella fatta da lui non rimane impunita a Lanka".I demoni legarono Hanuman, bagnarono la sua coda nell'olio e le diedero fuoco. Hanuman pensò: "Per amoredella causa di Rama sopporterò anche questo. Quando mi trascineranno per la città, potrò vedere meglio la suapotenza militare e raccogliere maggiori informazioni. È bene che io veda Lanka anche di giorno. I demonitrascinarono Hanuman per le vie della città, annunciandolo come una spia di Rama. Alcune demonesse andaronoda Sita e la informarono di quanto era successo ad Hanuman. Sita pregò il dio del fuoco: "Se sono stata fedele amio marito e se l'ho servito, se ho mai praticato delle austerità, o Dio, sii fresco con Hanuman". E cominciò asoffiare un vento gelido.Lo stesso Hanuman si chiedeva come mai il fuoco non lo bruciasse né gli facesse male. E concluse: "Sicuramentela grazia di Sita, la gloria di Rama e la benevolenza del vento e del fuoco hanno mitigato il calore, e il fuoco nonmi fa male". Hanuman si liberò rapidamente delle corde impugnò una mazza di ferro e uccise i demoni chesorvegliavano la città. Poi con la coda in fiamme riprese a ispezionare Lanka.Hanuman ponderò: "Ho distrutto il boschetto di asoka, ho ucciso i demoni e ho incontrato Ravana. Ho fatto tuttoquello che m'ero proposto di fare, eccetto la distruzione della fortezza di Ravana. Cos'altro potrei fare qui, primadi tornare da Rama?". E pensò: "La mia coda è in fiamme; con essa darò fuoco alle case dei capi di Lanka".Hanuman s'alzò in volo e, una dopo l'altra, diede fuoco a tutte le case dei più grandi guerrieri di Lanka. Volandosu Lanka, Hanuman tuonava come una nuvola nell'ora della dissoluzione cosmica. Un vento gagliardo propagò ilfuoco. Tutti i palazzi governativi erano in fiamme. L'oro e gli altri metalli fusi scorrevano giù dalle case insiemealle pietre preziose che avevano adornato porte e pareti. I demoni fuggivano dagli edifici in preda alla confusionee al panico.Hanuman incendiò l'intera città di Lanka. Pieni di terrore, demoni e demonesse dicevano tra loro: "Dev'essere ilre degli dèi, o forse la Morte in persona, oppure è l'incarnazione del potere dello stesso Signore Vishnu".Dappertutto c'erano pianti e lamenti. Le lingue di fuoco lambivano il cielo. L'intera montagna sulla quale sorgevala città era in fiamme. Quando Hanuman andò in riva all'oceano e spense il fuoco sulla sua coda, gli dèi e i saggicantarono le sue glorie e lo lodarono per le sue imprese.La gioia di Hanuman non durò a lungo, perché nel suo cuore sorse una domanda: "E Sita? Forse anche lei è statabruciata dal fuoco? Quale spaventosa tragedia se, accecato dall'ira, avessi inconsapevolmente causato la mortedella stessa Sita! Quale peccato non commette l'uomo sotto l'influsso della collera: potrebbe anche uccidere ilproprio guru e offendere i santi! Certo solo chi è in grado di controllare la propria collera con la pazienza puòconsiderarsi un Uomo. Senza dubbio Sita è stata consumata dal fuoco. E ora che farò? È più saggio che mi gettiin mare e perisca anch'io; perché se Rama sapesse che Sita è morta bruciata nell'incendio, egli morirebbe, e cosìLakshmana, Sugriva e tutti gli altri ad Ayodhya. Quale terribile conseguenza ha causato la mia ira!".Poi Hanuman ebbe dei buoni presagi e rifletté: "Sono sicuro che Sita non è stata consumata dal fuoco. Il fuoconon brucia il fuoco! Senza dubbio è stato per grazia di Rama e per il potere di Sita che il fuoco non mi habruciato! Sono sicuro che grazie alle sue austerità, e alla sua sincerità e castità, Sita è immune agli effetti delfuoco".Nello stesso tempo i saggi e i semidèi proclamarono dal cielo: "Hanuman ha incendiato l'intera Lanka; ma Sita èsalva". Rincuorato da questa notizia, lui si preparò a tornare da Rama.Hanuman volle essere certo che Sita fosse salva e stesse bene; perciò tornò nel boschetto di asoka per vederla,e le disse: "Sono infinitamente benedetto, perché tu sei salva, signora divina!". Sapendo ch'egli stava per partire,

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Sita si sentì triste; e nella maniera caratteristica delle donne, ella reiterò i suoi dubbi sulla capacità dei vanarad'attraversare l'oceano e sulla probabilità che Ravana le potesse togliere la vita prima che lei potesse riunirsi alsuo signore. Poi ribadì che non era il caso di andare via con Hanuman, dicendo però che lui doveva fare di tuttoperché Rama uccidesse al più presto i demoni e riconquistasse lei, ottenendo la gloria.Da parte sua Hanuman rassicurò di nuovo la nobile Sita che tutto sarebbe andato bene e che presto ella avrebbevisto Rama a Lanka, e allora il suo dolore avrebbe avuto fine. Dopo aver ricevuto le benedizioni di Sita, Hanumansalì sulla montagna chiamata Arishta, pronto al decollo, perché anelava rivedere Rama ed era felice che lamissione fosse stata compiuta. Hanuman, il figlio divino del dio del vento, volò verso nord come una nuvolaenorme che si librava nello spazio. Quando partì, la montagna sembrò sprofondare nelle viscere della terra; glialberi tremarono e molte rocce saltarono dalle cime dei monti. Dietro di lui si sentiva un boato tremendo.Hanuman volò celermente sull'oceano e da lontano vide di nuovo il monte Mahendra. Egli emise un suonograndioso, che riempì tutto lo spazio. Gli amici vanara di Hanuman attendevano con ansia il suo ritorno sul monteMahendra. Quando udirono quel suono possente, essi capirono che egli stava tornando dopo aver completatocon successo la sua missione. E desiderosi com'erano di rivederlo, furono felici. Il capo tribù Jambavan assicuròtutti i vanara che quel tipo di suono indicava il successo della missione! Tutti i vanara spezzarono dei rami daglialberi vicini, ricavandone delle aste alle quali legarono a un'estremità i propri indumenti, improvvisando così dellebandiere. Questo fu il loro modo d'accogliere il loro eroe.Hanuman atterrò su una radura del monte, e fu accolto calorosamente dai capi delle tribù vanara, che loadorarono. Egli a sua volta adorò gli anziani, e poi annunciò: "Sita è stata vista". In seguito prese Angada indisparte e gli narrò nei dettagli come aveva visto Sita nel boschetto di asoka, quanto lei fosse emaciata daldolore e dall'angoscia, e come desiderasse Rama giorno e notte.Angada si complimentò con Hanuman per la sua impresa: Nessuno ti è pari, Hanuman! Tu ci hai salvato la vita.Solo attraverso la tua grazia e il tuo aiuto Rama potrà riavere Sita".Jambavan chiese ad Hanuman: "Ti prego, raccontaci tutto nei particolari. Come hai fatto a scoprire la nobile Sita?Come vive? Qual è la forza di Ravana? Dicci che cosa dovremo riferire a Rama quando l'incontreremo e che cosanon dovremo riferirgli".Hanuman narrò per esteso la sua storica avventura. Disse loro degli ostacoli che aveva incontrato durante latrasvolata dell'oceano. Raccontò dell'incontro con la demonessa Lanka, del suo ingresso a Lanka, e poi la ricercae la scoperta di Sita nel boschetto di asoka. Raccontò che Ravana era entrato nel boschetto, cadendo ai piedi diSita e implorandola d'accettarlo; e come, respinto da lei, l'avrebbe uccisa subito se non fosse intervenuta suamoglie Mandodari. Poi parlò del dolore di Sita e del sogno di Trijata, della saggia maniera in cui s'era guadagnatola fiducia di Sita, e di come lei gli aveva raccontato due episodi intimi della sua vita con Rama, dandogli anche ilgioiello come segno del loro incontro.Poi Hanuman raccontò vividamente la distruzione del boschetto di asoka, la sua vittoria sui potenti demonimandati da Ravana, e come era stato immobilizzato dal missile di Brahma usato da Indrajit. Egli descrissechiaramente il suo incontro con Ravana, l'ira di questi, il consiglio di Vibhishana e l'incendio di Lanka. Infinedisse: "In tutta Lanka ho proclamato 'Vittoria a Rama, vittoria a Lakshmana, vittoria a re Sugriva', annunciandodappertutto di essere solo un piccolo messaggero di Rama. Naturalmente sono riuscito a fare tutto ciò solo pergrazia di Rama, con le vostre benedizioni e come mio umile servigio a re Sugriva".Hanuman continuò: "Sita è gloriosa e veramente degna di venerazione. Con il potere della sua castità ellapotrebbe ridurre Ravana in cenere; ma giacché così non è stato, inferisco che anche lui abbia moltissimi meritiguadagnati con austerità e penitenze. Sono però fiducioso che unendo le nostre forze possiamo disfarci diRavana e delle sue milizie. Potrei affrontare Ravana io stesso, se siete tutti d'accordo! Chi potrà mai affrontare ilpotente Jambavan, o Angada, o Nila, o Mainda o Dvivida? Qualunque cosa decidiamo, dobbiamo farla subito,perché le condizioni di Sita sono veramente pietose. Pensate che indossa ancora lo stesso pezzo di stoffa cheaveva quando fu rapita da Ravana. Ella dorme sulla nuda terra, ed è l'immagine stessa del dolore. Però è statafelice di sapere dell'alleanza tra Rama e Sugriva. La sua devozione a Rama è salda e inconfutabile. Ella potrebbefacilmente maledire Ravana e causare la sua morte. Ma nella distruzione del potente Ravana, Rama devesvolgere la sua parte come strumento".Quando udì Hanuman esaltare l'immensa forza dei vanara che costituivano il gruppo di ricerca sotto il suocomando, l'entusiasmo di Angada salì alle stelle. Egli dichiarò animosamente: "In effetti i due vanara Mainda eDvivida, che hanno ottenuto il dono dell'invincibilità in battaglia dallo stesso Brahma, sono in grado diconquistare Lanka. E so bene che anche da solo io potrei uccidere Ravana e conquistare Lanka. E quando voitutti siete con me, l'impresa diventa molto più facile Perciò sento che non dovremo tornare da Rama e riferirglimestamente che Sita è stata vista, ma non è stata salvata. Noi insieme abbiamo tanta forza, valore ed eroismo.Non dobbiamo tornare a Kishkindha prima d'aver compiuto totalmente la missione di Rama. Avete sentito daHanuman che egli ha incendiato Lanka e che i condottieri più valorosi di Ravana sono già stati uccisi da lui. Benpoco è rimasto da fare per noi tutti. Perciò suggerisco di andare a Lanka, uccidere i guerrieri rimasti, liberare Sitae insieme tornare da Rama e Sugriva. E allora porremo Sita tra Rama e Lakshmana".Jambavan intervenne dicendo: "Non mi sembra che la tua proposta sia saggia, Angada. Siamo stati mandati dare Sugriva col preciso ordine di cercare Sita e scoprire dov'è tenuta prigioniera. E la missione è stata portata atermine completamente e in maniera soddisfacente da Hanuman. Noi non abbiamo l'autorità di combattereRavana e liberare Sita con le nostre sole forze. Per Rama potrebbe non essere piacevole apprendere che i vanarahanno combattuto contro i demoni, liberando Sita. Rama ha fatto voto che avrebbe salvato Sita personalmente.Certamente noi dobbiamo aiutarlo in questa missione, ma non dobbiamo sostituirci a lui. Inoltre questo cipermetterà di essere testimoni del valore straordinario di Rama. Perciò torniamo subito da Rama e mettiamolo aconoscenza della situazione. Poi prenderemo una decisione riguardo al passo successivo".Tutti quanti, incluso Angada, applaudirono e accettarono questo saggio consiglio.Lungo la strada di ritorno passarono per un bosco chiamato Madhuvana, famoso per il suo dolcissimo miele. Ivanara si misero a giocare. Per scherzo si facevano dispetti, si spingevano e si schiaffeggiavano l'un l'altro. Eranouno spasso. Dagli anziani del gruppo ottennero il permesso di prendere del miele dalle arnie. Ma una voltaottenuto il permesso, essi cominciarono quasi a distruggere il boschetto! Vedendo questo, il guardiano

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Dadhimukha protestò, e colpì anche alcuni vanara. Ma ubriachi com'erano, ben presto i vanara ebbero la meglio,e continuarono a devastare il boschetto.Hanuman li incoraggiò cordialmente a prendere il miele e a devastare il boschetto, dicendo: "Terrò io lontano gliintrusi, bevete tutto il miele che volete!". Angada disse ad Hanuman: "Per celebrare la tua vittoria, eseguiremmoi tuoi ordini anche se fossero indegni: e con quanta gioia ti obbediremo ora che i tuoi ordini sono tanto gustosi!".Liberandosi dei guardiani con un semplice gesto, i vanara entrarono nel Madhuvana in gran numero e lodenudarono dei suoi frutti e dei suoi favi. Bevvero il miele fino a non poterne più, e s'ubriacarono. Giocavano traloro, usando la cera come delle palle.I guardiani, che erano stati lasciati da parte e ignorati, andarono a lagnarsi da Dadhimukha: "Incoraggiati daHanuman, i vanara hanno distrutto Madhuvana, e noi siamo stati colpiti e minacciati". Dadhimukha tornò ancorauna volta nel luogo in cui i vanara stavano facendo baldoria. Vedendolo arrivare, i vanara si fecero avanti perattaccarlo. Lo stesso Angada, che era completamente ebbro, colpì Dadhimukha e lo gettò a terra, senza mostrarela benché minima pietà; e questo nonostante Dadhimukha fosse un parente di Sugriva.Accompagnato dalle guardie, Dadhimukha andò immediatamente a riferire l'accaduto a Sugriva. Quando fu inpresenza di Sugriva, Dadhimukha si prostrò con la faccia a terra e salutò il re. Sugriva gli chiese qual era ilmotivo della sua visita, e Dadhimukha raccontò i fatti, dicendo: "Madhuvana, che per tanto tempo tu, Vali e tuopadre avete custodito con zelo, è stato completamente distrutto dai vanara!". Mentre egli parlava, Lakshmana -che era lì presente - chiese a Sugriva: "Cosa sta dicendo?".Sugriva gli rispose: "O Lakshmana, questo vanara incaricato di custodire il Madhuvana è venuto a lamentarsiperché i vanara da noi inviati nelle regioni meridionali in cerca di Sita sono entrati nel Madhuvana e l'hannodistrutto. Questo mi fa pensare che il loro obiettivo sia stato raggiunto. Altrimenti non si sarebbero maicomportati così. Sicuramente Sita è stata scoperta, e naturalmente dallo stesso Hanuman. Quel gruppo èformato dai migliori vanara, come Jambavan, Angada e Hanuman. Ero sicuro che non avrebbero fallito. Da quelloche hanno fatto inferisco che sono tornati da Lanka dopo aver visto Sita".Rivolgendosi a Dadhimukha, Sugriva disse: "I misfatti di uno che ha compiuto la propria missione devono esseresopportati; perciò continua a custodire Madhuvana. Torna là e chiedi ai vanara di venire qui immediatamente.Rama, Lakshmana ed io siamo estremamente ansiosi di vederli subito".Dadhimukha fece ritorno a Madhuvana, andò umilmente da Angada e si scusò. Nel frattempo anche i vanaraerano tornati alla sobrietà. Dadhimukha disse ad Angada: "O principe, mi rendo conto che tutti voi siete stanchidopo aver fatto un viaggio così lungo, perciò avete bisogno di nutrirvi e rinfrescarvi. Ti prego, lascia che i vanaramangino a sazietà i frutti di questo boschetto: tu sei il principe ereditario, tu sei il nostro signore e il proprietariodi questo posto. Ho riferito a tuo zio Sugriva del vostro arrivo qui. Il re desidera che andiate subito da lui, perchésono tutti ansiosi di vedervi".Angada si rivolse ai vanara: "Sembra che la notizia del nostro arrivo sia giunta fino alle orecchie di Rama. Dalmodo in cui Dadhimukha mi ha comunicato gli ordini del re, sembra che siano tutti felici di sapere del nostroritorno. Penso che sia giunto il momento di ritornare; ma non farò nulla contro i vostri desideri. Benché io sia ilprincipe ereditario, non ho il diritto d'imporre i miei desideri su di voi; farò invece secondo i vostri desideri".I vanara risposero: "O principe, chi altro avrebbe pronunciato tali parole? In questo mondo, quando un uomogode anche di un minimo potere ne viene inebriato e pensa 'io sono tutto'. Anche noi desideriamo presentarcisubito davanti a Sugriva, e attendiamo il tuo ordine per farlo".Allora Angada disse: "Andiamo", e tutto il gruppo si diresse verso Kishkindha. Sugriva notò Angada che stava peratterrare, e indicandolo a Rama disse: "Sono certo che Sita è stata ritrovata, e che è stato Hanuman a trovarla.Con Hanuman, Jambavan, Angada ed altri eroi in questa squadra di ricerca, era impossibile che la missionefallisse. Oltretutto, essi non avrebbero osato devastare Madhuvana se avessero fallito. Perciò, Rama, fatticoraggio! Il tuo dolore sta per terminare".Quando le forze vanara cominciarono ad arrivare ci fu molto tumulto nell'aria. Angada atterrò vicino a Sugriva, einsieme ad Hanuman e ad altri condottieri si avvicinò al re con le mani giunte in segno di saluto. Rama fusupremamente felice di udire da Hanuman: "Sita è stata trovata". Lakshmana guardò Sugriva con orgoglio egratitudine. Rama guardò Hanuman con affetto divino.Poi Rama interrogò Hanuman, e questi gli narrò con tutti i dettagli di come aveva attraversato l'oceano,dell'arrivo a Lanka e della scoperta di Sita ai piedi dell'albero simsapa. Poi Hanuman assicurò Rama che Sitapensava costantemente a lui e solo a lui. Hanuman realizzò che Rama e Lakshmana avevano assoluta fiducia inlui, e narrò tutti gli eventi che avevano avuto luogo a Lanka. Infine egli consegnò a Rama il gioiello che gli avevadato Sita.La vista di quel gioiello ravvivò le memorie di Rama, e con esse il suo dolore. Egli scoppiò in lacrime, eguardandolo con affetto disse: "Mio suocero donò questo a Sita in occasione del nostro matrimonio. Egli lo diedeprima a mio padre, che poi lo legò ai capelli di Sita. Perciò guardando questo gioiello mi tornano in mente miopadre e mio suocero, ed è come se vedessi Sita. Hanuman, sii gentile e raccontami nei dettagli tutto ciò che ti hadetto Sita: perché udire quello che ha detto dà sollievo al mio cuore".Allora Hanuman narrò profusamente il dialogo che aveva avuto con Sita. E ripeté a Rama anche la storia delcorvo, che Sita gli aveva raccontato come pegno del loro incontro.Poi gli disse: "Sita desidera che io ti chieda: "Tu sei un grande adepto nell'uso dei missili più potenti, alloraperché non mi hai ancora liberata dalla prigionia di Ravana?". Inoltre ella prega ripetutamente: "Se tu nutridell'affetto per me, ti supplico di venire a riprendermi presto, perché non potrò vivere per più di un mese".Poi Hanuman raccontò a Rama di come lui si fosse offerto di portare Sita sulla schiena, affinché ella potesseriunirsi subito a Rama; e di come Sita si fosse rifiutata dicendo che sarebbe stato adharma. Hanuman disse: "Ellarifiutò educatamente l'offerta dicendo: "Non è Dharma, Hanuman: quando fui rapita nella foresta, Ravana toccò ilmio corpo; ma allora io ero inerme, e perciò come potevo impedirlo?". Sita mi ha chiesto di fare tutto ilnecessario perché tu sconfigga Ravana in un combattimento aperto e la liberi".Hanuman disse ancora: "Avendo completato la mia missione, avevo fretta di tornare da te. Sita mi pregò dinuovo d'informarti della sua triste situazione e di esortarti ad andare presto a Lanka. Inoltre mi disse: "Nondesidero che Rama mi porti via di qui nella stessa maniera furtiva in cui Ravana mi ha portata via dalla foresta.

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Non sarebbe degno di Rama". Poi ella esternò dei dubbi sulla nostra capacità d'attraversare l'immenso oceano. Iola rassicurai dicendole che nell'esercito di Sugriva vi sono centinaia d'eroi molto più potenti di me, che possonofacilmente attraversare l'oceano, vincere Ravana e i demoni, e liberarla. Le ho persino detto che nell'esercito diSugriva non c'è nessuno inferiore a me, e a sostegno di questo ho detto: "Chi invierebbe il più grande eroe comemessaggero? Un saggio sovrano invierebbe come messaggero solo un eroe di terza categoria". Le ho assicuratoche al più presto tu avresti invaso Lanka e ucciso Ravana in un combattimento aperto, liberandola così inmaniera onorevole. In questo modo ho consolato la nobile Sita, ed ella ha tratto molta consolazione dalle mieparole".

FINE DEL SUNDARA KANDAM

Libro sesto: YUDDHA KANDAM - La grande battaglia

Rama disse: "Tu hai compiuto un'impresa grandiosa ed estremamente rara, Hanuman, e hai reso un grandeservigio a re Sugriva. In questo mondo ci sono tre tipi di servitori. Il migliore svolge il lavoro assegnatogli dalmaestro, e si spinge ancora oltre, perché anticipando creativamente i suoi desideri, adempie anche questi. Ilservitore mediocre, benché capace, non fa nulla più di quello che il maestro gli ha ordinato di fare. Il servitorepeggiore è colui che, benché capace, non esegue i desideri del maestro. Tu, Hanuman, sei assolutamente ilmigliore; hai fatto molto di più di quello che re Sugriva ti aveva chiesto di fare, senza però fare nulla di cui egliavrebbe potuto dispiacersi. Scoprendo dov'era Sita, tu hai invero aperto nuove prospettive di vita a Lakshmana, ame e a tutta la dinastia dei Raghu. Cosa posso darti come ricompensa? In questo momento, posso solo darti ilmio abbraccio affettuoso". Così dicendo Rama abbracciò calorosamente Hanuman, che fremette di gioia.Rama disse a Sugriva: "Sita è stata trovata, ma non ancora liberata. Per farlo dobbiamo attraversare l'immensooceano. Come possiamo riuscirci?". Sentendo la preoccupazione di Rama, Sugriva si sforzò di rassicurarlo: "Nonaver timore! Presto attraverseremo l'oceano, uccideremo Ravana e libereremo Sita. Dolore e disperazionepreludono al fallimento. Le forze vanara sono già eccitate all'idea di combattere i demoni, e sono pronte agettarsi nel fuoco per te. Dobbiamo trovare modi e mezzi di costruire un ponte sull'oceano. Ma abbandonal'angoscia, che deruba l'uomo del proprio valore e rende un re fiacco. E un sovrano fiacco è inutile, perché ilpopolo rispetta solo il valoroso".Rama riacquistò la fiducia in sé e disse: "Col potere delle mie austerità posso attraversare facilmente il mare,costruendo un ponte o prosciugando le acque!". Hanuman intervenne dicendo: "Lanka ha quattro porte dotate diponti levatoi ed è circondata da un fossato invalicabile. Essa ha quattro tipi di protezione: è circondata da unfiume, è posta su un monte, è circondata da dense foreste ed è ben fortificata, con mura e fossati. Ogni ingressoè custodito da centinaia di migliaia di demoni e possiede un deposito enorme di armi. Queste armi sono lungheun metro e ottanta e possono sparare cento colpi simultaneamente, uccidendo altrettanti guerrieri. I ponti levatoisono azionati da motori e sono placcati d'oro, come ulteriore protezione contro la ruggine e gli attacchi nemici.Però io ho danneggiato questi ponti e con i detriti ho riempito i fossati. Per attraversare l'oceano, un gruppocomposto dai migliori condottieri vanara sarà in grado di farcela: forse non è necessario portare l'intero esercito".Il racconto di Hanuman sulla difficile condizione di Sita e il suo rapporto sulla forza militare del nemico ispiròRama a prendere una rapida decisione. Egli dichiarò: "Invaderò subito Lanka e la distruggerò! Questa è un'orafausta e la giornata di oggi è favorevole alle imprese militari. Sugriva, ordina all'esercito di marciare! Nila, fa'marciare le milizie per la strada lungo la quale ci sono maggiori provviste di cibo. Se i demoni scoprissero i nostripreparativi all'invasione, potrebbero tentare d'avvelenare i frutti e le radici; occorre stare in guardia e fare moltaattenzione. Alcuni vanara devono andare in avanscoperta e fare un'accurata ricognizione: potrebbero esserci deidemoni sulla strada in attesa di tendere un'imboscata al nostro esercito".Re Sugriva e il comandante in capo delle forze tribali, Nila, diedero rapide istruzioni per far marciare l'esercito.Le milizie attraversarono fiumi e laghi, montagne e foreste. L'entusiasmo dei soldati era altissimo e tutti eranoansiosi di combattere e salvare Sita. Essi marciarono senza riposare mai. Ogni loro azione e ogni movimento deiloro arti dava indicazioni del loro valore.Quando raggiunsero il monte Mahendra, Rama salì in cima al monte. Da là egli vide l'immenso oceano. E mentrelo guardava dalla sua posizione, Rama si rivolse ai capi vanara: "Sugriva, ora abbiamo raggiunto le costedell'oceano. Ora dobbiamo risolvere il problema che discutevamo prima. Fai accampare comodamente le armatevanara lungo la riva e studiamo modi e mezzi per attraversare l'oceano. Nello stesso tempo ti prego di prenderetutte le possibili precauzioni contro il sabotaggio e le infiltrazioni nemiche".L'esercito s'accampò in riva al mare: e sembrava fosse un altro oceano, ma di colore bruno. Il frastuono prodotto

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dai vanara copriva il fragore dell'oceano. I capi delle forze vanara si fermarono a guardare il vasto oceano, perescogitare dei modi per attraversarlo.Rama era angosciato per Sita. Egli disse a Lakshmana: "La gente dice che con il passare del tempo passi anche ildolore. Ma nel mio caso esso peggiora col passare del tempo. Oh, quando rivedrò la mia amata? Quando potròtenere il suo viso tra le mie mani, e baciarlo? Quando abbraccerò intimamente la mia Sita, con il suo seno pienoe sodo stretto sul mio petto? Il pensiero che il limite di tempo che lei ha posto per salvarla stia passandovelocemente mi causa un'angoscia insopportabile". Il fedele Lakshmana confortò adeguatamente il fratello.A Lanka, un Ravana preoccupato convocò in assemblea i suoi consiglieri e comandanti, e così disse loro:"Un'impresa impossibile è stata compiuta, una città impenetrabile è stata violata e dei potenti eroi sono statiuccisi. E tutto questo da un semplice vanara. Vi prego di considerare cosa fare e consigliatemi. I saggi hannodescritto tre tipi di statisti. Il migliore è colui che comincia le sue imprese con le benedizioni di Dio e solo dopoessersi consultato con i suoi ministri. Il mediocre è colui che consulta solo sé stesso, decide la giusta linead'azione e la porta avanti secondo le proprie decisioni. Il peggiore è quello che non sa valutare cos'è giusto ecos'è sbagliato, che ignora il divino, e dice: "Faccio tutto io". Parimenti, anche la consultazione può essere divisain tre categorie. La migliore è quella in cui i consiglieri raggiungono un accordo unanime che si confà alleScritture. Quando c'è molto conflitto prima di raggiungere l'unanimità, la consultazione è considerata mediocre.Quando ogni consigliere mantiene il proprio punto di vista e non si raggiunge l'unanimità, questa è laconsultazione peggiore. Vi prego di considerare tra voi quale sia la migliore linea d'azione".Nonostante quest'elaborata introduzione, i demoni balzarono su con impeto, brandendo armi come mazze diferro, giavellotti, spade e lance, ed esclamarono: "Signore, perché dovresti temere Rama? Tu hai vinto molti dèi,semidèi e demoni. Rama non è pari ad alcuno di loro, e non parliamo di paragonarlo a te! Indrajit da solo potràaffrontare Rama e il suo potente esercito! Mandalo subito, e sarà la fine dei tuoi nemici".Con lo stesso tono parlarono i comandanti. Prahastha disse: "Siamo stati letteralmente sorpresi da Hanuman. Sefossimo stati preparati, avremmo potuto facilmente disfarci di lui". Durmukha disse: "Comunque, non dobbiamorilassarci così; andrò io stesso a distruggere le milizie vanara".Vajradamstra disse: "Ma perché preoccuparsi tanto di Hanuman? Pensiamo a Rama, il nostro vero nemico. Andròio da solo e lo ucciderò con la mia mazza di ferro. Suggerisco anche una semplice tattica per mezzo della qualepossiamo disfarci dell'intero esercito vanara. Un contingente dei più feroci demoni dovrebbe andare da Ramanelle sembianze di esseri umani, e dirgli: "Siamo stati inviati da Bharata per aiutarti". Al momento opportuno essiattaccherebbero l'esercito vanara, annientandolo". Nikumbha, figlio di Kumbhakarna, disse: "Nessuno di voi devepreoccuparsi: io andrò subito laggiù e ucciderò personalmente Rama". Vajrahanu disse: "Andrò io stesso,inghiottirò Rama e poi tornerò".I demoni che avevano consigliato Ravana erano impazienti di mostrare il loro coraggio; essi si alzarono agitandoin aria le armi, e gridarono: "Noi uccideremo presto Rama, Sugriva, Lakshmana e anche Hanuman, quel vanarache ha devastato la città di Lanka".Poi Vibhishana s'alzò dal suo seggio, frenò i demoni e disse a Ravana: "Vi sono occasioni in cui è necessario farricorso alla violenza e vi sono occasioni in cui non è saggio ricorrervi. Fratello, non è saggio che tu abbia persinola speranza di sconfiggere in battaglia Rama, che è maestro di sé stesso ed ha il sostegno del Divino. Voi tuttiavete già avuto un assaggio della forza, del valore e dell'intelligenza di Hanuman: è avventato presumere dipoterlo affrontare in battaglia. L'errore peggiore nella strategia militare è sottovalutare la forza del nemico."C'è poi l'altra importantissima considerazione: per quale sua offesa desideri combattere e uccidere Rama? Inrealtà, tu sei colpevole di avere rapito sua moglie. E se tu dicessi d'averlo fatto per vendicare l'uccisione di Kharae di altri demoni da parte di Rama, neanche questo sarebbe corretto: Rama ha ucciso Khara per autodifesa, solodopo essere stato attaccato da quest'ultimo."Smettila di perseguire la tua ingiusta azione, prima che il potere di Rama e la forza delle orde vanara tidistruggano. Abbandona l'odio, che distrugge la felicità e il Dharma; e segui il Dharma che accresce la gioia e lafama. Restituisci Sita a Rama, e continuiamo a vivere con i nostri figli e le nostre famiglie".Ravana non rispose, ma si ritirò nei suoi alloggi.La mattina seguente Vibhishana si recò nuovamente alla presenza di suo fratello Ravana, e gli disse: "Fin dalgiorno in cui hai portato Sita a Lanka c'è stata una serie di cattivi presagi che predicono la distruzione di Lanka edei suoi abitanti. Prima che ci colga il cattivo destino che questi brutti segni presagiscono, sarebbe bene fareammenda! Perciò mi appello a te, perché tu restituisca Sita a Rama".Ravana licenziò bruscamente Vibhishana, dicendogli seccamente: "Non ho paura di Rama, e non rinuncerò aSita".La passione per Sita e il disamore del suo popolo avevano cominciato ad intaccare la salute di Ravana, chedeperiva ogni giorno di più. Aveva deciso per la guerra! Salì sul suo cocchio riccamente adornato e, circondatodai suoi comandanti, si recò nella sala del consiglio.Poi comandò ai messaggeri di convocare una riunione straordinaria del consiglio; poiché, disse: "Ho coseestremamente urgenti da discutere".Ravana si rivolse all'assemblea. Per prima cosa egli ordinò al comandante in capo Prahastha: "Assicuratiimmediatamente che le difese della città di Lanka siano salde e che tutte le armi di difesa siano ben piazzate edequipaggiate". L'ordine fu subito eseguito.Ravana continuò il suo discorso al consiglio: "Alcuni mesi fa ho rapito Sita, l'amata moglie di Rama, e dallaforesta Dandaka l'ho portata a Lanka. Ella è la donna più bella che abbia mai visto. Ho fatto di tutto perconvincerla ad accettare la mia mano e il mio amore; ma finora li ha rifiutati. Ella mi chiese un anno perdecidere, e io glielo concessi."Ora ho saputo che suo marito Rama si sta preparando ad invadere Lanka con un esercito sterminato di vanara.Io non so se tutti riusciranno ad attraversare l'oceano. D'altronde voi sapete quanta rovina ci ha causato uno solodi loro, venuto qui come semplice messaggero. Inoltre non sappiamo quali passi farà il nemico per realizzare ilsuo scopo. Comunque, fino a quando avrò tutto il vostro sostegno, io non temo nessuno sulla terra, meno chemai l'essere umano chiamato Rama. Non è passato molto tempo da quando mi avete aiutato a sconfiggere glidèi. Perciò suggerirei di discutere i modi e i mezzi per conseguire il mio scopo: Rama e Lakshmana devono

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essere uccisi e Sita non dev'essere portata via da Lanka".Kumbhakarna infuriato espresse il suo risentimento: "Perché non ci hai consultati prima d'andare a rapire Sita?Chi fa oggi ciò che avrebbe dovuto fare prima, e chi fa prima quello che dovrebbe fare dopo, non conosce ilcorso della giusta azione. O Ravana, chi pratica la giusta azione non ha rimpianti e non si pente. Comunque, oratu ci hai chiamati a consulta e desideri combattere contro Rama. Staremo tutti al tuo fianco e distruggeremoRama. Non temere".Mahaparsva, un altro comandante dei demoni, disse: "Raggiungi il tuo scopo con la forza, o re! Seduci Sita con laforza; e quindi non ci sarà più nulla da temere. Ci occuperemo noi di Rama come si deve".Rispondendo a quest'invito, Ravana disse: "Ahimè, questo non posso farlo. Vi racconterò una mia sventura. Unavolta ho sedotto con la forza una ninfa celeste chiamata Punjikasthala. Ella riferì la mia condotta a Brahma, ilCreatore, che di conseguenza mi maledì: "Se d'ora in poi sedurrai un'altra donna con la forza, la tua testascoppierà in cento pezzi". Per questo non ho la possibilità di forzare Sita ad accettare il mio amore. Eppure sonosicuro che dopo che avrò ucciso Rama, Sita non avrà altra scelta se non quella di accettarmi".Vibhishana parlò: "Prima che i terribili vanara invadano e distruggano Lanka, prima che i missili di Rama titolgano la vita, restituisci Sita a Rama".Prahastha intervenne dicendo: "Che sciocco! Non abbiamo paura neanche degli dèi, tantomeno di Rama".Vibhishana continuò: "Vi sbagliate nel sottovalutare il potere di Rama. Nessuno di voi potrà opporsi ai suoimissili. Coloro che incoraggiano il re nella sua malvagia azione, sono in realtà suoi nemici. Chi ha goduto deifavori del re ha il dovere d'impedirgli di fare azioni ingiuste e suicide, se necessario anche con la forza. Il veroministro è colui che suggerisce ciò che è buono per il re, dopo aver valutato a pieno la propria forza e quella delnemico, e le possibilità di aumento, diminuzione o mantenimento di tale forza".Indrajit, figlio di Ravana, balzò in piedi e disse: "Zio, tu sei un disonore per la razza dei demoni. La vigliaccheriache dimostri non è degna neanche dei mortali, tantomeno dei demoni. Zio Vibhishana è debole e timido e in luinon c'è né eroismo né coraggio. Io ho sconfitto persino Indra, il dio degli dèi; dovrei aver paura del mortaleRama? Il più debole dei demoni può sbarazzarsi di Rama; non c'è motivo d'aver paura".Vibhishana continuò: "Non sei che un giovanotto, Indrajit. E come tale parli! Sfortunatamente, però, la tuamillanteria ti trascina alla morte. Lo ripeto, l'unica cosa saggia da fare è quella di restituire Sita a Rama, insiemea gioielli e ricchezze".Sentendo ripetere questo consiglio di Vibhishana, Ravana andò su tutte le furie, e disse: "Si può vivere con unnemico o con un serpente velenoso, ma non con un amico ipocrita che è devoto al nemico. Davvero, Vibhishana,il nemico peggiore è un parente stretto guidato dal proprio interesse personale. Questo parente è ostile anche adun re giusto ed è sempre intento a causarne la caduta. La ricchezza esiste nella vacca; dai parenti viene solo lapaura. Le donne sono note per la volubilità e i brahmana per le austerità. Sembra naturale, fratello mio, che a tenon piaccia che io prosperi. Io ti ho mostrato tutto il mio affetto, ma mi rendo conto che l'affetto dato ad unapersona ostile è infruttuoso e può anche diventare pericoloso. Se quello che hai detto fosse stato pronunciato daun altro, avrei ordinato la sua esecuzione: ma che cosa farò con te, traditore! ".Vibhishana rispose: "Coloro alla cui porta bussa la morte non ascoltano i buoni consigli. In questo mondo, o re, visono molti che pronunciano parole piacevoli; ma davvero raro è chi profferisce un consiglio spiacevole, masaggio, e ugualmente raro è chi ascolta un tale consiglio. Perdona l'offesa fatta. Salvaguardati, e che tutto vadabene".Dopo avere espresso il suo pensiero a Ravana, Vibhishana volò immediatamente dove si trovava Rama,accompagnato da quattro dei suoi demoni devoti. Quando i vanara videro che un demone stava volando verso illoro campo, si misero allerta e chiesero il permesso di Sugriva per abbatterlo. Mentre era ancora in aria,Vibhishana annunciò la sua identità e le sue intenzioni: "Sono il fratello di quel Ravana che ha decretato lapropria condanna con il rapimento di Sita. Ho abbandonato mia moglie e i miei figli e chiedo asilo a Rama. Viprego d'informare Rama, il rifugio del mondo intero, che Vibhishana prende rifugio in lui".Tutti i vanara andarono da Rama. Sugriva aprì il discorso con queste parole: "Egli viene dal lato nemico, ed è unnemico. Potrebbe essere una spia, un infiltrato; in ogni caso, è sospetto. Dacci il permesso di ucciderlo, Rama".Rama volle il consiglio dei capi vanara.Alcuni suggerirono una cauta investigazione. Ma Hanuman differì da tutti gli altri e disse: "Vibhishana ha rifiutatoil suo ingiusto fratello e ha cercato te, Rama. Egli dev'essere accolto. Nessuno degli altri suggerimenti è fattibile.Se fosse un nemico e una spia, non sarebbe facile scoprirlo né con il controspionaggio né interrogandolo. Il suovolto è calmo e tranquillo, e il suo contegno umile e puro: nella mia mente non c'è sospetto".Mentre Rama approvava questo, Sugriva lo mise in guardia: "Ha tradito suo fratello; chi altri non tradirebbe?".Pur apprezzando la saggezza di queste parole, Rama disse: "I parenti sono normalmente amichevoli, ma nel casodei governanti è vero il contrario! I propri parenti e i governanti dei regni vicini sono i nemici peggiori di un re.Sotto questa luce potete capire perché Vibhishana abbia abbandonato suo fratello e sia venuto qui. In questomondo non tutti i fratelli sono come Bharata, non tutti i figli sono come me, e non tutti gli amici sono come voi!"Abbiamo sentito dire di una colomba che offrì ospitalità a un cacciatore, il suo peggior nemico: siamo noipeggiori della colomba, riluttanti ad accettare Vibhishana? E i saggi hanno dichiarato: "Anche un nemico chechiede aiuto dev'essere protetto ad ogni costo". Non proteggere un rifugiato è davvero un grande peccato.Questo è il mio fermo voto: se uno mi chiede rifugio anche una sola volta e dice: 'Io sono tuo', lo proteggerò daogni paura. Perciò concedo il mio asilo a chiunque sia venuto, sia egli Vibhishana o lo stesso Ravana! Portateli dame".Sugriva fu felicissimo, e dichiarò: "Ora considereremo Vibhishana come uno di noi".Ottenuto il permesso dai vanara, Vibhishana fece un giro sul campo e subito dopo atterrò. Insieme ai suoiquattro compagni, Vibhishana cadde ai piedi di Rama.Rama gli chiese subito: "Ti prego di dirmi in verità qual è la forza dei demoni, e anche le loro debolezze".Vibhishana rispose: "Ravana ha ricevuto dal Creatore Brahma il dono di non poter essere ucciso da dèi, demoni,semidèi, serpenti e uccelli. Suo fratello Kumbhakarna possiede una forza immane. Il comandante dell'esercito diRavana, Prahastha, è un potente guerriero. E pure Indrajit, il figlio di Ravana, che possiede anche dei poterimagici. Ravana ha milioni di demoni che costituiscono il suo esercito".

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Per niente scoraggiato, Rama dichiarò: "Ucciderò Ravana insieme al suo comandante generale e a tutti gli altri. Eincoronerò te re, te lo prometto!".Rama decise di suggellare immediatamente questa amicizia. Perciò chiese a Lakshmana di portare dell'acquadall'oceano: "E con quell'acqua incorona Vibhishana re di Lanka: poiché egli si è guadagnato il mio favore".Lakshmana porto prontamente l'acqua e, mentre i vanara osservavano allibiti, Vibhishana fu consacrato re diLanka.Vibhishana consigliò loro: "La divinità che presiede all'oceano è in debito con Rama, perché un antenato di Ramarese un grande favore all'oceano. Perciò suggerisco che Rama propizi la divinità e chieda un mezzo perattraversare l'oceano". Rama accettò questo consiglio e sedette vicino all'oceano.Una spia chiamata Sardula aveva controllato la forza delle milizie vanara e aveva riferito a Ravana dellaconcentrazione delle truppe sulle rive dell'oceano. Assai turbato, Ravana disse a Suka: "Recati subito sull'altrasponda e chiedi a Sugriva: "Tu per me sei come un fratello. Quale offesa ti ho arrecato, che vuoi invadere Lankacon il tuo esercito?"".Assumendo la forma di un uccello, Suka arrivò presto al campo di Sugriva e riferì il messaggio di Ravana. Ivanara cominciarono ad assalire Suka, ma furono fermati da Rama. Sugriva rispose: Di' a Ravana: "Io non sononé tuo amico né il tuo benefattore. Ti sei messo contro Rama, e quindi meriti lo stesso trattamento che toccò aVali! Ti vanti del tuo valore: e allora perché hai ucciso l'anziano Jatayu? Perché non hai rapito Sita in presenza diRama? No, la tua vita è giunta al termine"". Mentre l'uccello stava per volare via, Angada disse: "Non è unmessaggero; è una spia da uccidere!". Ma quando i vanara presero l'uccello, esso s'appellò a Rama, che lo fecelasciare vivo dicendo: "È un messaggero di Ravana, non uccidetelo". Comunque esso fu tenuto sotto custodia.Rama si stese su una stuoia, con il suo braccio soltanto come guanciale, e fece voto di propiziare il diodell'oceano e assicurarsi il suo aiuto per andare fino a Lanka. Il braccio che aveva fatto dono di migliaia divacche, il braccio che era stato adornato con unguenti e gioielli, il braccio che Sita aveva usato come guanciale, ilbraccio la cui forza incuteva paura nei cuori dei nemici - quel braccio era il solo sostegno della testa di Rama,l'asceta, mentre adagiato sulla riva pregava il dio dell'oceano di mostrare la sua grazia.Rama prese la ferma risoluzione: "Ora dovrò attraversare quest'oceano; altrimenti lo prosciugherò".Per tre giorni e tre notti Rama rimase immobile, senza che il dio dell'oceano mostrasse alcun segno dicompiacimento. Rama fu preso dall'impazienza e dalla collera, e disse a Lakshmana: "Ecco un esempio, fratello,di come i malvagi fraintendono la virtù dell'uomo nobile: essi pensano che si tratti di debolezza! Il mondo rispettasolo l'uomo che fa frastuono e clamore, che è vano e aggressivo! Né la fama né la vittoria si ottengono con unapproccio pacifico. Guarda cosa farò adesso. Portami la mia arma e i missili. Prosciugherò l'oceano in modo che ivanara possano camminare fino a Lanka".Rama impugnò la sua magnifica arma, prese alcuni missili terribili e li tirò all'oceano. Il loro effetto fu cosìviolento che si crearono delle onde di proporzioni gigantesche. Le creature dell'oceano, gli enormi serpenti e glialtri esseri degli abissi si sentirono disturbati e messi in pericolo. Nel mare si levarono onde alte come montagne.Dall'oceano venne un boato terrificante. Persino Lakshmana ebbe paura.Rama guardò l'oceano e disse colmo d'ira: "Ti prosciugherò per intero! Privato completamente della tua essenza,di te, oceano, resterà solo un letto di sabbia. Rama prese il missile più potente, che aveva i poteri del Creatorestesso, e lo scagliò contro l'oceano.Il suo effetto fu inimmaginabile e al di là di ogni descrizione. Le montagne cominciarono a tremare. Ci fu unterremoto. Tutto fu avvolto da una densa oscurità. Il corso del sole, della luna e dei pianeti fu disturbato. Il cielos'illuminò come se improvvisamente fossero apparse migliaia di meteore. Accompagnato dal frastuonoassordante dei tuoni, il cielo fu illuminato dai lampi. Fortissime bufere di vento spazzarono la superficie dellaterra e dell'oceano. Anche le cime delle montagne furono trascinate via.Dovunque gli esseri viventi gridavano nell'agonia. Le acque dell'oceano si sollevarono così bruscamente e contanta forza che sembrò che l'oceano stesse per superare i suoi argini e sommergere la terra.A questo punto la divinità dell'oceano si alzò e s'avvicinò umilmente a Rama. E a Rama che si ergeva ardente dicollera, con l'arma pronta a scagliare il missile più distruttivo, l'Oceano disse: "Ogni cosa nella natura è governatadalla legge immutabile che sola determina le caratteristiche intrinseche ad ogni elemento. In conformità a quellalegge, è naturale che l'oceano sia insondabile e invalicabile. Tuttavia ti suggerirò una via d'uscita, ti indicherò inche modo i vanara potranno giungere fino a Lanka".Rama chiese all'Oceano: "Contro chi devo tirare questo missile infallibile, che è stato preparato allo scopo diprosciugare l'oceano?".L'Oceano indicò la ben nota Drumakulya abitata dai peccatori: diretto in quel posto, il missile di Rama prosciugòivi l'oceano e, per bilanciare quest'azione, egli benedì quel pezzo di terra: "Sarai fertile e piena di alberi dafrutta".L'Oceano disse: "Rama, ecco qua Nala, il figlio del grande Visvakarma (l'architetto dell'universo). Chiedi a lui dicostruire un ponte su queste acque, perché egli è geniale quanto suo padre. Io sosterrò volentieri quel ponte".Nala si prestò subito volontariamente: "Ciò che l'Oceano ha detto è vero. Costruirò il ponte sopra queste acque.L'Oceano ha un debito di gratitudine verso Rama, perché i suoi antenati avevano reso un grande favoreall'Oceano. Tuttavia, non è stata la gratitudine che ha ispirato l'Oceano a cedere il passo, ma la paura! L'uomoingrato in questo mondo riconosce solo la punizione, non l'amore e l'affetto".Al comando di Rama, migliaia di vanara si prepararono per l'impresa straordinaria. Essi tagliarono tronchi d'alberoe rotolarono enormi massi e pietre. Gettarono tutto quanto nell'oceano che, di conseguenza, divenne moltoagitato. Alcuni vanara reggevano un filo a piombo per potere allineare bene i massi.Con l'aiuto dei vanara, dotati di forza incommensurabile e capaci di grandi azioni, Nala costruì il pontesull'oceano, usando tronchi, massi e pietre. Il ponte lungo ottocento miglia fu costruito in cinque giorni. Gli essericelesti (i deva o esseri di luce) e i gandharva (i musicisti celesti) osservarono quest'impresa meravigliosa.Non appena il ponte fu completato, Vibhishana si mise a guardia dell'estremità meridionale (a Lanka), perprevenire un sabotaggio da parte del nemico.Quindi Sugriva disse a Rama: "Lascia che Hanuman trasporti te a Lanka, e che Angada trasporti Lakshmana".Tutti erano pronti a partire.

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Ben presto Rama fu dall'altra parte dell'oceano. Egli vide Lanka, splendente di decorazioni, e il suo cuore sirivolse a Sita: non sarebbe passato molto tempo e l'avrebbe riavuta con sé. Rama disse a Lakshmana: "Guarda labella città sulla collina, costruita anticamente dall'architetto divino Visvakarma. Con i suoi edifici a molti piani, coni suoi boschi e giardini, essa mostra tutti i segni di una grande ricchezza".Poi Rama chiese a Sugriva: "Ordina la liberazione di Suka, il messaggero di Ravana che venne da noi nellesembianze di un uccello!". Non appena fu liberato, Suka tornò da Ravana e gli riferì: "Sono andato da Sugriva egli ho dato il tuo messaggio; ma i vanara mi hanno preso e mi avrebbero ucciso, se Rama non fosse intervenutoin tempo. Essi hanno costruito un ponte e hanno attraversato l'immenso oceano con l'esercito vanara. Rama èqui, con le sue armi e i suoi missili mortali. Ora ti rimangono aperte solo due possibilità: o restituisci Sita a Ramaoppure combatti".Ravana dichiarò con grande veemenza: "Non rinuncerò a Sita, neanche se dovessi combattere contro gli dèi, isemidèi e i demoni. Oh, attendo con ansia il momento in cui colpirò Rama e lo vedrò sanguinare. Rama non haidea della mia potenza, perciò è tanto folle da volere una guerra".Nello stesso tempo Ravana era ansioso dentro di sé. Egli chiamò due demoni, Suka e Sarana, e disse loro:"Mascherate molto bene la vostra identità e infiltratevi tra le milizie nemiche. Accertatevi della loro forza eriferitemi tutto nei dettagli. Non riuscivo a crederci quando mi è stato detto che hanno costruito un pontesull'oceano; ma ora non c'è dubbio che essi sono pronti a combattere. Perciò è bene avere una giustavalutazione della loro forza".I demoni presero le sembianze di vanara e penetrarono furtivamente tra le forze vanara. Vedendo la vastitàdell'esercito, essi rimasero allibiti e non riuscirono a stimarne il numero e la forza. Vibhishana scoprì le due spie,le portò a Rama e gli disse: "Ecco due spie dei demoni, Rama: esse meritano l'esecuzione".Rama disse loro: "Avete visto tutto, demoni? Allora tornate a riferirlo a Ravana. Se invece non avete visto tutto,sarò contento di chiedere a Vibhishana di mostrarvelo, così che possiate presentare a Ravana un resocontocompleto della nostra forza". Rilasciati da Rama, essi tornarono da Ravana, e Sarana gli disse: "O re, sono statopreso da Vibhishana, ma è stato Rama a salvarmi la vita. Egli mi ha chiesto di farti sapere che domani stessoinvaderà Lanka e la distruggerà. Ti prego, maestà, basta con questa ostilità contro Rama; fa' pace con lui".Ravana disse severamente a Sarana: "Tu hai paura, codardo! Ma io non rinuncerò a Sita neanche se dovessicombattere contro tutti gli dèi, i semidèi e i demoni del mondo intero".Subito dopo Ravana salì in cima al palazzo, che era una casa bianca con cupole dorate, e che aveva molti pianied era alto quanto diversi alberi di borasso posti l'uno sull'altro. Da lassù egli vide l'intero paese ricoperto dalleforze vanara.Allora Ravana comandò a Sarana: "Vieni qui e dimmi: chi sono i comandanti del loro esercito, e qual è la loroforza?".Sarana rispose: "Quel potente vanara che marcia in testa all'esercito, e le cui grida scuotono Lanka, è Nila.Quell'eroe dall'andatura furente è Angada, il figlio di Vali. Dietro di lui c'è Nala, il costruttore del ponte. Quelvanara bianco è Sveta, un grande organizzatore e il consigliere militare di Sugriva. Ecco Kumuda. E là c'è Canda,circondato da innumerevoli vanara. Circondato ugualmente da innumerevoli vanara, laggiù c'è Rambha.Quell'impavido vanara è Sarabha, anche lui a capo di un vasto esercito. Quei due potenti vanara sono Panasa eVinata. Krodhana è un valoroso comandante. E a capo di un'immensa forza ecco Gavaya, che è intrepido e nonteme neanche la morte. Neanche i comandanti di questo potente esercito si possono contare: e sono tutti eroiimpavidi, totalmente devoti alla causa di Rama e determinati a vincere."Ecco laggiù un altro capo, Hara, seguito da numerosi comandanti dell'esercito. Ecco là Dhumra, il capo diun'altra tribù. Un'altra tribù ancora è capeggiata dal potente Jambavan, che una volta aiutò il re degli dèi, Indra,ottenendo da lui molti doni. E vedi laggiù quel vanara maestoso che tutti gli altri stanno a guardare: è Rambha.Quella forma gigantesca che vedi laggiù è Samnadana. Quell'altro vanara, Kranthana, si dice sia figlio del dio delfuoco. E così pure Pramathi, quell'altro capo vanara dalla potenza incomparabile."Il condottiero di un'altra tribù ancora, detta dei Golangula, è il potente vanara Gavaksha. Un'altra tribù di vanaravive tra le montagne più alte; essi sono di diversi colori e sono di un valore e una ferocia incomparabile."Sono tutti là riuniti, zelanti, pronti a combattere e a distruggere Lanka. Laggiù puoi vedere il comandantesupremo Satabali: desideroso di vittoria, egli adora il sole tutti i giorni. Tutti quanti sono completamenteconsacrati alla causa di Rama, al quale sono devoti. Per amor suo essi sono pronti a dare la vita".Poi toccò a Suka indicare gli altri eroi tra le forze nemiche:"Quei vanara che vedi laggiù sono in realtà figli di dèi e semidèi. Essi hanno una forza incommensurabile, epossono perfino cambiare le loro forme. Quei due comandanti sono Mainda e Dvivida; si dice che abbiano avutoun assaggio del nettare dell'immortalità. Certamente riconosci quel vanara in piedi laggiù! È lo stesso Hanumanche incendiò Lanka."Probabilmente sai che i due principi a fianco ad Hanuman sono Rama e Lakshmana. Quello vicino ad Hanumanè Rama, che aderisce al Dharma e dal Dharma è protetto. Egli è un maestro in tutte le branche della conoscenzaed è dotato del missile supremo conosciuto come missile di Brahma. Se lo desiderasse, egli potrebbe scindere icieli e anche la terra. La sua ira è morte, e il suo valore è pari a quello di Indra. E Lakshmana, che gli sta alfianco, è l'alter ego di Rama e farebbe qualunque cosa per assicurare a Rama la vittoria."E riconoscerai senza dubbio Vibhishana, lì vicino a loro. Ho sentito dire che Rama lo ha consacrato re di Lanka.Vedi là anche Sugriva: la collana celeste che indossa, come pure Tara, la moglie di Vali, e il regno di Kishkindhagli sono stati donati tutti da Rama, dopo che questi uccise Vali."Osserva, grande re, questo potente esercito che sembra un pianeta in fiamme. Considerando la sua forza,prendi tutte le precauzioni utili per assicurarti la vittoria".Ravana era preoccupato, e diresse la sua furia contro le due spie Suka e Sarana: "Traditori! Voi cantate davanti ame le lodi dei nemici che stanno per combattere contro di me. Che valore ha la vostra conoscenza delle scritture,se non sapete neanche come parlare davanti al vostro re? Dovrei farvi uccidere per il vostro cattivocomportamento; ma non lo faccio in considerazione dei servigi che mi avete reso in passato. Andateimmediatamente via di qui".Ravana ordinò che altre spie andassero da lui, e poi intimò loro: "Recatevi subito nel campo nemico e, senza

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destare il sospetto di nessuno, scoprite quali sono i piani di Rama. Osservatelo attentamente e tornate a riferirmicome dorme, come si sveglia e cosa sta facendo adesso. Chi conosce le abitudini e i movimenti del nemico lovince facilmente".Le spie entrarono nell'accampamento di Rama; ma Vibhishana si accorse della loro presenza. Tuttavia ilmisericordioso Rama ordinò che fossero liberate! Subito dopo i vanara le assalirono, e così tormentate le due spiefecero ritorno da Ravana.Sardula si ripresentò davanti a Ravana e gli disse: "O re, non è possibile spiare l'esercito di Rama: sono tuttimolto potenti e soprattutto sono protetti da Rama. Infatti appena giunti tra loro siamo stati subito riconosciuti. Ele nostre vite sono state risparmiate solo grazie alla misericordia di Rama".Ravana riunì immediatamente i suoi consiglieri per consultarsi. Dopo averli messi al corrente degli ultimi sviluppidella situazione, egli prese con sé il demone Vidyujjihva e insieme si recarono verso il boschetto di asoka.Vidyujjihva possedeva il potere di materializzare qualsiasi oggetto con un semplice gesto della sua mano. Ravanagli disse: "Ti prego, fa' comparire un perfetto duplicato della testa di Rama, come pure della sua arma e di unsuo missile, e dammeli".In un attimo il demone produsse gli articoli desiderati, e ricevette per essi una ricca ricompensa. Seguito daldemone, Ravana si recò nel luogo in cui sedeva Sita.Avvicinandosi con calma a Sita, Ravana le disse:"O donna affascinante, l'uomo per il cui amore tu vivi ridotta così, colui che aspetti che ti salvi da me, colui cheuccise demoni potenti come Khara, tuo marito Rama è stato ucciso da me! Le tue speranze sono finite, Sita! Ègiunto il momento che tu riconsideri la tua posizione e accetti di essere mia moglie."Rama aveva sperato di uccidermi, di distruggere Lanka e di portarti via. Con l'aiuto di Sugriva egli aveva riunitoun vasto esercito; aveva persino fatto costruire un ponte sull'oceano, ed era giunto alle porte di Lanka. Il sole eratramontato, e Rama e i comandanti delle sue milizie dormivano tutti. Alcuni dei miei soldati sono entratisilenziosamente nel campo nemico e hanno ucciso tutti i comandanti. Mentre Rama dormiva, il mio comandantesupremo Prahastha ha reciso la sua testa con una spada affilata. Vibhishana è stato fatto prigioniero. Lakshmanaè fuggito con il contingente da lui comandato. A Sugriva è stato spezzato il collo. Hanuman giace morto con lemascelle frantumate. Jambavan è morto. Allo stesso modo ci siamo disfatti di tutti gli eroi, senza alcunaresistenza. Tutti i vanara sono fuggiti, cercando di salvarsi. I loro capi sono stati uccisi."Ho pensato che ti sarebbe piaciuto vedere la testa di tuo marito, sporca di sangue e sabbia. Eccola qui".Ravana fece un cenno e disse a Vidyujjihva: "Mostra a Sita la testa di Rama; lascia che veda con i suoi occhi lafine di suo marito!". Poi Ravana mostrò a Sita l'arma e il missile di Rama: "Ecco qua l'arma e il missile usati daRama. Ora sono sicuro che acconsentirai a diventare mia moglie".Dopo un momento di stupito silenzio, Sita scoppiò in lacrime e gridò ad alta voce: "O Kaikeyi! Oggi il tuodesiderio si è compiuto. Oggi il piano che tu hai cominciato disturbando la mente di re Dasaratha ha dato frutto,producendo la morte dell'amato principe della sua dinastia". Piangendo disperatamente, Sita cadde a terra comeun banano reciso.Sita continuò il suo lamento: "Ahimè, Rama, tu hai aderito al tuo Dharma, ma io sono diventata vedova. Lavedovanza è considerata una tragedia indesiderabile nella vita di una donna devota al Dharma. Oh, che tragedia!Tu sei venuto a salvarmi, ma hai sacrificato la tua stessa vita. Degli astrologi molto preparati nello studio deicorpi celesti e dei loro movimenti avevano predetto che la tua vita sarebbe stata lunga: ma, ahimè, le loropredizioni si sono dimostrate erronee. Tu eri sempre vigile e saggio; e tuttavia sei stato ucciso nel sonno! Quandogiunge l'ora, anche l'impossibile diventa possibile. Davvero il Tempo è il più grande potere sulla terra, portandotutto al suo compimento. Tu eri un grande maestro nelle scienze politiche e nell'uso delle armi: eppure, ecco,giaci qui, nelle mani del demone della distruzione. Ed ecco qui le tue armi, che io ero solita adorare ogni giorno!"Forse ora sei felice, riunito al tuo amato padre nel cielo. Ma perché hai abbandonato me? Non ricordi cosa haidetto il giorno delle nostre nozze? Hai detto: Praticheremo sempre il Dharma insieme". Ti prego, porta anche mecon te. È terribile anche pensarci: quel corpo che abbracciavo con tanto amore forse ora viene dilaniato dallebestie! Quanto è crudele e ingiusto che a te che adoravi il fuoco sacro tanto regolarmente sia negato il privilegiodi una vera cremazione! Quando Lakshmana tornerà ad Ayodhya, l'unico del gruppo di tre che lasciò la città,quanto grande sarà il dolore di madre Kausalya. Certo anche lei si toglierà la vita. O Rama, io sono quella donnasciagurata che ha causato tanta distruzione! Ah, la stessa moglie di Rama è diventata la sua morte".Rivolgendosi a Ravana, Sita disse: "Metti il mio corpo su quello di Rama e uccidi anche me. Avvicina la mia testaalla sua e il mio corpo al suo: anche io me ne andrò con lui. Uccidimi. Mi renderai il più grande servigio. Sarà latua azione più meritoria, in quanto riunirai un marito e una moglie".Mentre ella continuava a gemere, un messaggero chiese urgentemente di Ravana: "Signore, i tuoi ministri hannoimmediato bisogno di te". Ravana partì subito. E con la sua partenza scomparvero anche la testa e le armi diRama. Ravana si consultò con i suoi ministri e ordinò la mobilitazione generale: "Radunate tutti i demoni; ma nondite loro il perché".Non appena Ravana andò via, si presentò una demonessa chiamata Sarama. Avvicinandosi a Sita con amore eaffetto, Sarama le disse: "Non addolorarti più, Sita. Tutto ciò che Ravana ha detto era falso. La testa e le armi diRama sono state prodotte con la magia. Rama non è stato ucciso! Sono convinta che non sia possibile ucciderlo.Sia lui che suo fratello Lakshmana sono capaci di difendersi in maniera ammirevole. Io so di certo che Rama el'esercito dei vanara hanno attraversato l'oceano e sono giunti alle porte stesse di Lanka".Udendo il tumulto fuori del boschetto, Sarama continuò: "L'esercito di Ravana è stato mobilitato e le truppestanno marciando per andare in guerra. Tutte le strade sono bloccate dalle truppe. Essi marciano verso la loromorte e per dare il benvenuto alla tua felicità, o Sita. Sono convinta che presto Rama entrerà vittorioso a Lanka.Molto presto vedrai il tuo amato marito; presto io vedrò te, mia carissima amica, seduta sul suo grembo. Egliasciugherà le tue lacrime e sarete riuniti. Puoi esser certa di questo, mia cara Sita. Per il momento, ti prego,adora il Sole, il Signore di tutti gli esseri".Questa fu una grande consolazione per Sita. Ma Sarama le volle fare un favore ancora più tangibile, e disse: "Ioho il potere d'andare dove voglio, senza essere vista da nessuno. Se lo desideri, Sita, posso andare da Rama,vederlo, parlargli e poi tornare da te".

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Sita le disse: "Se desideri farmi un favore, Sarama, allora ti prego d'andare dove sta Ravana e di scoprire cosasta facendo e quali sono i suoi piani".Sarama partì subito, andò alla corte di Ravana e tornò presto a riferire a Sita: "Sono stata alla corte di Ravana eho udito tutto ciò che vi sta succedendo. Molti dei suoi ministri gli hanno consigliato di riportarti da Rama e difare pace con lui. La madre di Ravana lo ha ammonito severamente: "Ricordati con quale facilità Rama da solo sisbarazzò di migliaia di demoni a Janasthana. Ricorda come l'eroico Hanuman ha compiuto l'impresa quasiimpossibile di attraversare l'oceano e scoprire dov'era Sita". Ma nonostante tutti i consigli dei suoi ministri e disua madre, Ravana è rimasto testardo, non desiderando rinunciare a te. La morte imminente gli offusca lamente. O Sita, per prima cosa Rama lo ucciderà, e quindi ti riporterà con sé".Nello stesso tempo, udendo le grida delle forze vanara, l'esercito di Ravana si mise in marcia.I demoni avevano perso il loro splendore, e dalla guerra non vedevano provenire alcun segno positivo, perchécondannati dal peccato del loro sovrano.Ravana tenne consiglio con i suoi ministri, mentre le sue truppe cominciavano a marciare verso le porte dellacittà. Uno dei suoi consiglieri, che era anche suo nonno materno, si fece avanti.Malayavan disse: "La parte vitale dell'arte di governare sta nel sapere giudicare, perché ci sono occasioni in cuiuno deve attaccare e altre in cui uno deve fare pace."Ravana! Il Creatore ha dato vita a due soli tipi di esseri coscienti in questo mondo: il divino e il demoniaco. IlDharma è la caratteristica del primo e l'adharma del secondo. Il pendolo oscilla costantemente tra i due. Inun'epoca (il Satya Yuga) la virtù o il Dharma tiene l'adharma sotto controllo; in un'altra epoca (il Kali Yuga)prevale l'adharma. Nell'era attuale, però, vi è squilibrio tra i due: e tu, con le tue malvagie azioni di grandeportata, hai fatto pendere la bilancia dalla parte dell'adharma. Come conseguenza, una terribile distruzioneattende te e il tuo popolo. Dedito com'eri al potere e al piacere, tu hai oppresso i saggi e i santi. Ma quei santipacifici hanno continuato le loro pratiche religiose: e il fumo che si leva dal fuoco sacro che essi adorano nei lorosacrifici si diffonde nelle dieci direzioni e causa la distruzione dei demoni."O Ravana, tu hai chiesto di essere invulnerabile solo contro dèi semidèi e demoni; ma ora sei stato invaso daesseri umani, vanara e altre orde tribali. Io vedo presagi terribili: le nubi fanno suoni spaventosi; i cavalli e glielefanti piangono; dalle mucche nascono asini e dalle manguste ratti. I gatti si accoppiano con i leopardi, i porcicon i cani, e i semidèi con i demoni e gli umani. La fine dei demoni è vicina. Io penso che Rama sia lo stessoSignore Vishnu incarnato in forma umana. Perciò fai pace con lui".Ravana s'infuriò di nuovo e tuonò: "Tu non sai neppure cosa sia un comportamento giusto e corretto. Tu cheappartieni alla mia corte sostieni la causa del mio nemico! Se Rama è Vishnu, allora mi sono preso la stessa deaLakshmi, che ora è in mio possesso: e perché dovrei restituirla? No! Potrei anche spezzarmi in due, ma nonm'inchinerò, mai! Questa è la mia natura innata, anche se potrebbe essere un difetto. E la propria natura innataè difficile da vincere. Ti assicuro che ucciderò Rama in brevissimo tempo!".Malayavan diede le sue benedizioni a Ravana e lasciò la corte.Ravana ordinò ai demoni più potenti di difendere tre delle quattro porte della città, decidendo di stare lui stessoalla porta nord. Dopo avere assicurato la difesa della città, acclamato e adorato dai suoi ministri, Ravana sciolse ilconsiglio e si ritirò nei suoi alloggi.Rama ed i suoi amici erano giunti in prossimità della città e si trovavano ai piedi del monte Suvela. Vibhishanariferì a Rama: "I miei quattro consiglieri sono tornati con le ultime informazioni. Ben camuffati, essi sono entratinel palazzo di Ravana e hanno appreso che il demone ha mobilitato il suo esercito e ha posto tre potenti demonia guardia di tre porte della città, mentre lui stesso starà a guardia della quarta, quella a nord".Vibhishana continuò: "Le forze comandate da Ravana hanno una potenza tremenda, esse sono molto più potentidi quelle con le quali egli invase la roccaforte degli dèi e ottenne la vittoria su di loro. Non sto dicendo questo perintimorirti, perciò non essere seccato con me. Ti do quest'avvertimento solo per destare sufficientemente la tuaira, perché allora sarai invincibile".Rama considerò come spiegare le sue forze sul campo e quindi diede le seguenti istruzioni: "Nila attaccherà laporta orientale guardata da Prahastha. Angada sfiderà Mahaparsva e Mahodara alla porta sud. Hanumanattaccherà similmente Indrajit appostato alla porta occidentale. Io stesso andrò alla porta nord, insieme aLakshmana, e combatterò quel vile demone che è l'oppressore del mondo, e io stesso ucciderò il demonemalvagio. Ogni tribù dell'esercito vanara deve rimanere nell'aspetto che la distingue: con la propria uniforme,ognuna potrà essere facilmente distinta. I vanara non devono copiare le nostre apparenze, in modo cheVibhishana ed i suoi quattro demoni-ministri, Lakshmana ed io possiamo essere facilmente riconosciuti".Seguito dai capi vanara, Rama scalò il monte Suvela e disse: "Passeremo qui la notte. Da questo posto potremoavere anche una buona vista di Lanka. Ogni volta che penso a quel perverso Ravana non posso trattenere la miacollera. Egli non sembra conoscere il Dharma, e non si cura del codice della giusta condotta né del prestigio dellasua dinastia, per questo motivo è dedito a una condotta bassa e demoniaca. Ucciderò presto quel demoneignobile e immorale. Ahimè, una persona condannata alla distruzione pecca; e come risultato perisce tutta la suastirpe".Trascorsa la notte, i vanara e Rama guardarono in direzione di Lanka. Le vaste ed estese foreste intorno a Lankaerano belle, e i vanara le percorrevano sollevando una nube di polvere.A distanza si vedeva il monte Trikuta, e in cima ad esso la città dorata di Lanka. Essa era piena di edifici a settepiani, palazzi, torri e fortificazioni. Il palazzo di Ravana aveva mille pilastri e lambiva il cielo. Rama, Lakshmana ei capi vanara scrutarono attentamente quella gloriosa città.Rama e Sugriva stavano scrutando la gloriosa città di Lanka dall'alto del monte Suvela. Ad una certa distanza essividero Ravana seduto sulla torretta d'osservazione della porta nord della città. Egli era accompagnato dal seguitoreale, e accudito da servitori coi ventagli. Aveva un bellissimo parasole bianco sul capo. Era riccamente vestito,adornato e servito. Alla sola vista di Ravana, impulsivamente e impetuosamente Sugriva si lanciò contro di lui.Mentre era ancora nell'aria, Sugriva disse a Ravana: "O demone, io sono il servo e l'amico di Rama, l'imperatoredel mondo! Oggi ti prenderò, non riuscirai a sfuggirmi".Ravana gli rispose subito a dovere: "Ah, sei tu Sugriva! Fino a quando non ti ho visto, eri Sugriva (uno con un belcollo); ma ora sarai Hinagriva (privato del tuo collo)".

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Atterrando vicino a Ravana, Sugriva gli fece cadere la corona. Ravana afferrò Sugriva e lo scagliò a terra. Sugrivaperò si alzò illeso. Seguì un duello di lotta libera da far rimanere col fiato sospeso. Essendo dei lottatori esperti,essi si immobilizzarono l'un l'altro a terra. Mentre lottavano caddero nello spazio tra due merli dell'imponentemuro difensivo. Presto ripresero i loro posti in cima al muro e continuarono a combattersi, usando le diversetattiche di lotta. Potenti com'erano, essi non si stancavano; ma cambiavano continuamente la posizione e laforma del corpo. Si tiravano colpi, li ricevevano e li paravano. Ora si gettavano l'uno sull'altro, ora avanzavanol'uno contro l'altro, e ora s'allontanavano l'uno dall'altro.Ravana si rese conto che non poteva sconfiggere Sugriva in un combattimento frontale corpo a corpo, perciòdecise di usare i suoi talenti soprannaturali. Sugriva intuì le intenzioni di Ravana, e volò via. Mentre Ravana stavaancora guardando perplesso, Sugriva volò in direzione del monte Suvela. Dopo aver compiuto un'impresa difficilee stremato le forze di Ravana, egli tornò al fianco di Rama.Rama non sembrò molto contento, e disse a Sugriva: "Senza consultare dovutamente tutti noi, sei corso viaimpulsivamente. O Sugriva! I re non indulgono in tali azioni avventate. Ci hai tenuti tutti in ansia. Ti prego, noncomportarti più così. Se ti fosse successo qualcosa, che cosa ne avrei fatto di Sita o Bharata o degli altri fratelli, oanche della mia stessa vita? Di sicuro, dopo avere ucciso Ravana, avrei incoronato Bharata re e mi sarei tolto lavita. Rendendoti conto di ciò, non mettere in pericolo la tua vita".Sugriva rispose: "Perdonami, Rama, ma quando ho visto quel demone malvagio che ha rapito tua moglie, nonsono riuscito a trattenermi!".Rama disse a Lakshmana: "È ora che tutte le nostre truppe prendano posizione e rimangano estremamenteall'erta. È essenziale che tutti possano avere facilmente cibo e acqua in abbondanza, e che sia assicurata la lorofornitura continua. Siamo sull'orlo di una guerra tremenda, nella quale posso prevedere fin d'ora che ci sarannomoltissimi morti da ambo i lati. Le stesse preparazioni in corso smuovono il vento e producono terremoti. Lenuvole hanno assunto un aspetto spaventoso. Il sole è più cocente che mai. Anche la luna sembra aver perso lasua freschezza. Gli animali si lamentano dappertutto. Il cielo è inquinato, e perciò le stelle non si vedonochiaramente. È il momento di invadere la città".Così dicendo, Rama scese dal punto di osservazione sulla montagna e passò in rassegna le sue forze. Ramaguidò l'assedio, seguito immediatamente dai più potenti eroi vanara, circondati a loro volta dalle proprie divisionidelle forze armate. Ben presto giunsero sotto le mura della città di Lanka. Le forze si spiegarono secondo leistruzioni ricevute in precedenza da Rama.Accompagnati dalle loro forze, Rama e Lakshmana si fermarono fuori della porta nord della città, che era difesadal potente Ravana in persona. Ovviamente le forze che assediavano quest'ingresso non potevano essereprotette che da Rama. Allo stesso modo, gli altri capi vanara presero d'assedio le altre porte della città, che oraera circondata.Le forze composte di vanara, riksha e altre tribù a migliaia e decine di migliaia, organizzate in cento divisioni,strinsero d'assedio le porte di Lanka; e ce n'erano altre pronte a rinforzarle. Rama chiamò Angada e gli disse:"Caro amico, ti prego, vai da Ravana e dagli un ultimo avvertimento, l'ultimatum finale. Digli: "Ora stai perraccogliere i frutti amari di tutte le cattive azioni da te perpetrate contro gli dèi, i saggi, i semidèi e gli esseriumani. Anche se emaciato e indebolito a causa della mia separazione da Sita, sarò ugualmente in grado diservirti quei frutti amari. Libererò questa terra di tutti i demoni, se non ti arrenderai immediatamente a me,consegnandomi Sita. Quando tu e i tuoi camerati sarete stati uccisi, Vibhishana sarà il re di Lanka. Se non accettila mia offerta, allora preparati a morire"".Angada andò subito da Ravana e riferì dovutamente il messaggio di Rama. Su tutte le furie, Ravana lo fececatturare dai suoi soldati. Quattro demoni lo presero, ma Angada si lanciò in alto insieme ai soldati, li sbatté perterra e prima di poter essere catturato di nuovo prese il volo, distruggendo la cupola del palazzo di Ravana.Quindi tornò da Rama e riferì l'accaduto.I capi dei demoni andarono a riferire a Ravana che l'esercito vanara aveva circondato la città e minacciava diprendere d'assalto le porte. Ravana salì in cima alla porta nord e guardò con occhi infuocati Rama e l'esercitovanara.Rama spronava il suo esercito con grande entusiasmo. Mentre guardava Lanka, il suo cuore era in fiamme alpensiero: "Sita è là, sottoposta a privazioni indicibili". Pensando al dolore di Sita, Rama incitava i vanara,anch'essi ardenti d'entusiasmo. I vanara si lanciarono all'attacco gridando: "Scaglieremo migliaia di macigni suLanka; faremo tutti i demoni a pezzi". Gettandovi alberi, massi e paglia, i vanara riempirono i fossati checircondavano la città e cominciarono a scalarne le mura. Altri cominciarono a colpire le porte d'oro, gridando:"Vittoria a Rama, Lakshmana e Sugriva". Con il supporto di Vibhishana, Gavaksha, Dhumra e le loro forze, Ramae Lakshmana condussero l'attacco alla porta nord.L'esercito di Ravana era equipaggiato con armi più sofisticate, e gli stessi tamburini erano dotati di bacchetted'oro. Tamburi e conchiglie risuonarono dappertutto, spronando i demoni a difendere la città. I due eserciti siaffrontarono, e lo scontro apparve come la battaglia leggendaria tra gli dèi e i demoni.I demoni avevano veicoli eccellenti ed erano protetti da armature d'oro. I vanara, pur non avendo queste cose,erano pieni di zelo e valore personale. I potenti demoni sfidarono gli eroi vanara a duello. Indrajit affrontòAngada, Prajangha affrontò Sampati, Jambumali affrontò Hanuman, Satrughna affrontò Vibhishana, Tapanaaffrontò Gaja, Nikumbha affrontò Nila, Praghasa affrontò Sugriva, Virupaksha sfidò Lakshmana e quattro demonicombatterono contro Rama. Similmente altri demoni combatterono contro altri eroi vanara. Il sangue dei demonie dei vanara scorreva come un fiume, con le teste e i tronchi che vi galleggiavano separatamente.Jambumali ferì Hanuman, che a sua volta lo uccise. Sugriva uccise Praghasa, che a sua volta aveva ucciso diversivanara. Lakshmana uccise Virupaksha. Agniketu e gli altri tre attaccarono Rama, che tirò quattro missili contro diloro e li uccise all'istante. Nikumbha ferì Nila, che però sollevò la ruota del carro dello stesso Nikumbha e conessa lo uccise.Il potente Dvivida colpì il demone Asaniprabha con un grande albero e lo uccise. Alla guida di un cocchio,Vidyunmali attaccò Sushena, che però sollevò un grande albero con il quale colpì il carro. Poi Sushena sollevò unenorme macigno con il quale uccise il demone, sebbene questi nel frattempo avesse sferrato un potente colposul petto di Sushena.

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[NOTA: Le parole abitualmente tradotte come 'massi', 'chiodi', 'denti', ecc., potrebbero essere nomi di potentiarmi. L'idea che i demoni avessero armi sofisticate; mentre nell'altro esercito le avessero solo Rama, Lakshmanae Vibhishana, alimenta la morale che se si è dal lato del Signore (Rama) si può vincere una guerra anche controil nemico più potente.La battaglia continuò anche durante la notte. I vanara gridavano "Sei un demone?", e combattevano i demoni. Aloro volta i demoni gridavano: "Sei un vanara?", e combattevano i vanara. I demoni, che erano di carnagionescura, si potevano riconoscere per le loro splendenti armature d'oro, Lanciando grida di guerra, tutticombattevano ferocemente.Con i loro missili, che erano come serpenti velenosi, Rama e Lakshmana uccisero molti demoni visibili e invisibili.Era come la notte della dissoluzione cosmica. Quando sei potenti demoni attaccarono Rama, egli rispose al fuocoe i suoi missili illuminarono il cielo notturno: i demoni morirono. Tanti altri demoni si scagliarono contro Rama,trovando rapidamente la morte.Angada continuava a combattere con Indrajit: egli ferì il potente figlio di Ravana e annientò il suo cocchio con icavalli. Indrajit si sentì stanco, e decise di diventare invisibile. Gli dèi e i saggi che osservavano questo magnificoduello applaudirono il valore di Angada.Indrajit infuriato decise di usare i suoi poteri magici. Sempre rimanendo invisibile, egli cominciò a dirigere i missilipiù letali contro Rama e Lakshmana. Si trattava di missili avvelenati, scagliati con tale profusione che Rama eLakshmana furono letteralmente coperti di ferite. Così quando si sentì incapace di affrontarli direttamente,Indrajit impiegò i suoi poteri magici impedendo a Rama e a Lakshmana di vederlo.Rama mandò dieci vanara in cerca del nemico; ma Indrajit li evitò astutamente e quindi scagliò i suoi potentimissili contro di loro e ancora contro Rama e Lakshmana. I due nobili principi sanguinavano profusamente.Rimanendo invisibile, Indrajit disse loro: "Nessuno in terra e in cielo può resistermi! Tra poco vi spedirò entrambinella dimora della Morte!".Dicendo questo, Indrajit diresse altri missili su Rama e Lakshmana. Ogni volta che un suo missile colpiva ilbersaglio, Indrajit urlava di gioia.Ben presto i due principi persero così tanto sangue da non poter neanche sollevare la testa. I loro corpi eranopieni delle ferite causate dai terribili missili velenosi scagliati da Indrajit. Il sangue scorreva dai loro corpi comefosse acqua. In questo scontro Indrajit aveva usato missili: naraca (con testa liscia e circolare), ardhanaraca (unaversione minore della stessa arma), bhalla (a testa di scure), anjalica (a forma di mani giunte), vatsadanta(simile ai denti del vitello), simhadamshtra (simile ai denti del leone), e kshura (come il filo del rasoio).Colpito da questi missili, Rama giaceva immobilizzato. La sua potente arma dorata era stesa al suo fianco.Rama e Lakshmana giacevano sul campo di battaglia totalmente immobili. I vanara erano stupefatti: nonriuscivano neanche a vedere l'aggressore. Mediante il suo occhio magico Vibhishana vide Indrajit appostato pocolontano, ma nascosto dal potere della magia. Ancora invisibile, Indrajit proclamò: "Abbattuti dai miei terribilimissili velenosi, Rama e Lakshmana giacciono impotenti: nessuno al mondo li potrà salvare. A causa loro, miopadre Ravana ha trascorso una notte insonne; ma ora che io li ho uccisi, egli gioirà".Sugriva era stato preso dal panico e piangeva profusamente. Vibhishana asciugò affettuosamente le sue lacrimee gli disse: "Non farti prendere dal dolore, o re. Questo è il momento dell'azione: assicurati che Rama eLakshmana siano ben protetti durante il loro periodo d'incoscienza. Presto essi torneranno in vita".Indrajit tornò alla corte di Ravana, s'inchinò al padre e annunciò: "Rama e Lakshmana sono morti". Fuori di sédalla gioia, Ravana abbracciò calorosamente il suo amato ed eroico figlio. Poi Ravana mandò a chiamare ledemonesse che custodivano Sita nel boschetto di asoka e disse loro: "Fate salire Sita sull'aereo Pushpaka emostratele i corpi di Rama e Lakshmana. Quando vedrà che sono morti, ella mi cercherà di sua spontaneavolontà". Sita aveva già saputo la notizia dalle demonesse. Ora, dall'aereo, ella vide con i suoi occhi Rama eLakshmana stesi come morti sul campo di battaglia, in mezzo ai cadaveri di numerosi vanara.Vedendo il marito e il cognato stesi per terra, Sita fu sopraffatta dal dolore e gridò il suo lamento: "Ahimè, tuttele predizioni fatte da saggi e astrologi al mio riguardo si sono dimostrate false. Dissero che sarei stata la regina diRama, che avremmo avuto dei figli e che saremmo stati felici insieme. Tutte le eroiche gesta di Rama, diLakshmana e dei vanara nello scoprire la mia prigione, attraversare l'oceano e invadere Lanka si sono mostratevane. Rama e Lakshmana possedevano missili tremendi che potevano far cadere piogge torrenziali, incendiaretutto, creare maree e inondazioni, scatenare cicloni e uragani, e persino distruggere tutte le cose create.Normalmente essi non avrebbero usato questi missili, ma perché non li hanno usati quando hanno vistominacciata la propria vita? Ahimè, io non mi dolgo per noi, ma questo è un terribile colpo per Kausalya!". Lanobile demonessa Trijata disse a Sita: "Non farti prendere dal dolore. Rama non è morto. Lo vedo chiaramentedall'espressione che ha sul volto. Nota pure che i vanara fanno la guardia ai due principi. Se fossero stati uccisi, ivanara sarebbero fuggiti! Non addolorarti: sono vivi". Esse tornarono al boschetto, ma nonostante le parole diTrijata, Sita aveva ancora il cuore affranto.Affranti dal dolore, i vanara stavano intorno a Rama e a Lakshmana. Ad un tratto Rama riprese coscienza, primadi tutto grazie alla sua forza fisica e mentale e poi perché era pieno di purezza e di luce (poiché praticava ilsattva-yoga). Turbato dalla vista di Lakshmana che giaceva incosciente, come morto, accanto a lui, Rama silamentò: "Ahimè, che tragedia. Potrebbe essere possibile trovare una moglie come Sita, ma non un fratello comeLakshmana. Lui che da solo poteva uccidere migliaia di demoni è stato abbattuto dal malvagio Indrajit! Ahimè,non sono riuscito a mantenere la mia promessa di coronare Vibhishana re di Lanka! O Sugriva, torna aKishkindha con tutti i condottieri vanara sopravvissuti. Tutti voi avete fatto del vostro meglio, ma gli esseri umaninon possono beffare il destino. Ora mi toglierò la vita".Proprio allora Vibhishana s'avvicinò verso di loro, ma scambiandolo per Indrajit, i vanara cominciarono a fuggire.Sopraffatto dal dolore alla vista di Rama e Lakshmana, Vibhishana perse ogni speranza di ottenere il trono diLanka. Sugriva lo consolò e poi disse a Sushena, suo suocero: "Non appena Lakshmana riprende coscienza,riporta i due principi a Kishkindha; io distruggerò i demoni, riprenderò Sita e porterò anche lei a Kishkindha".Sushena rispose: "Ricordo la guerra che ci fu anticamente tra gli dèi e i demoni, quando gli dèi furono similmenteassaliti da demoni invisibili. Il saggio Brihaspati somministrò loro alcune medicine, insieme a delle preghiere, e

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riportò in vita gli dèi. queste medicine crescono sui monti Chandra e Drona, in mezzo all'oceano, e sono chiamateSanjivakarani e Visalya: la prima riporta una persona in vita e la seconda cura istantaneamente ogni ferita.Manda subito dei capi vanara a prenderle".In quel momento arrivò Garuda, sollevando un grande vento. Appena giunse, i veleni che avevano immobilizzatoRama e Lakshmana li lasciarono. Garuda pose le sue mani su di loro e si felicitò con loro. Al tocco di Garuda, leferite si sanarono e i loro corpi riacquistarono il colorito dorato. Il loro splendore, la virilità, la forza, entusiasmo,la vista, l'intelligenza e anche la loro memoria raddoppiarono.Profondamente grato, Rama gli chiese: "Solo la tua grazia ci ha salvati. Ti prego, dimmi chi sei". Garuda rispose:"Io sono tuo amico, sono la tua vita stessa, benché viva fuori del tuo corpo. Io sono Garuda. Fortunatamente hosaputo della vostra condizione e sono giunto qui in tempo: il veleno con il quale siete stati colpiti non aveva alcunaltro antidoto. Che la vittoria vi arrida!".Garuda partì. I vanara gioirono nel vedere Rama e Lakshmana pienamente ristabiliti.Ravana udì le grida festose che provenivano dalle schiere vanara, e chiese ad alcuni demoni d'andare a scoprirnela causa. Questi salirono sulle mura della città e guardarono verso le truppe nemiche, poi tornarono a riferire aRavana: "Rama e Lakshmana stanno bene! I vanara stanno celebrando la loro guarigione dal veleno mortale conil quale li aveva colpiti Indrajit".Udendo queste parole, Ravana fu preso da un grande sconforto e osservò: "Se questi due principi sono tornati invita dopo avere subìto l'attacco mortale di Indrajit, comincio a dubitare che tutta la forza del mio esercito possasconfiggerli! I nostri missili terribili come il fuoco, che hanno sempre ucciso i miei nemici, si sono dimostratiinutili".Poi Ravana ordinò al feroce demone Dhumraksha: "Portati subito sul campo di battaglia e uccidi tutti i vanara. Tusei oltremodo potente e capace di far questo". Dhumraksha uscì rapidamente dal palazzo e, dopo aver ordinatoal comandante in capo di schierare le truppe per la battaglia, andò verso la porta occidentale presa d'assalto daHanuman. Mentre volava verso la porta occidentale, egli fu assalito da enormi uccelli e avvoltoi. Un grandeavvoltoio si posò sul suo velivolo. Egli vide molti cattivi presagi nell'aria: vide un tronco senza testa che gli volavadavanti, emettendo strani suoni. Tutta la natura e gli elementi presagivano cattivi segni.Anche i vanara erano ansiosi di combattere. La battaglia che seguì fu estremamente cruenta. I demoni usaronotutti i loro missili contro i vanara, che a loro volta scagliarono alberi e macigni (forse anche questi nomi di missili). Tutti urlavano inferociti. I vanara schiacciarono alcuni demoni, mentre fecero vomitare altri. Alcuni demonifurono straziati con i denti, e altri con le unghie. Ma anche i vanara subirono pesanti perdite per mano deidemoni. Alcuni furono falciati dai loro veicoli, altri furono letteralmente spazzati via.Il suono prodotto dalle armi somigliava alla musica di strumenti a corda; i nitriti dei cavalli erano come il suonodel tamburo; il barrito degli elefanti era come musica vocale: i diversi suoni della guerra creavano una sinfonia.Vedendo che i demoni venivano assaliti, Dhumraksha avanzò verso Hanuman. Vedendo le forze vanara indifficoltà, Hanuman sollevò un enorme macigno e s'avvicinò a Dhumraksha. Con quel masso Hanuman fracassò ilvelivolo di Dhumraksha; poi attaccò anche altri demoni. Dhumraksha colpì Hanuman con una mazza chiodata.Incurante del colpo, Hanuman sollevò un macigno che sembrava la cima di una montagna e con esso colpì latesta di Dhumraksha, che cadde morto.Turbato dalla notizia che Dhumraksha era stato ucciso da Hanuman, Ravana ordinò a un altro potente demone,chiamato Vajradamstra, d'andare al fronte. Questi era un adepto nelle arti magiche, e marciò circondato da uncontingente variopinto di condottieri, seguito da una grande armata. Il suo veicolo corazzato era ricoperto da unospesso strato d'oro, ed era decorato con il suo stendardo personale.Essi andarono a combattere contro i vanara che si trovavano all'esterno della porta sud presidiata da Angada.Vajradamstra vide spaventosi presagi: ma egli pensò che preannunciassero la morte del nemico. Questa armatadi demoni, che marciava bene ordinata verso il suo obiettivo, splendeva come le nuvole dei monsoni, e le loroarmi luccicanti erano come lo sfolgorio dei lampi che abbelliscono le nuvole.Demoni e vanara si scontrarono presto nella battaglia più sanguinosa: gli uni combattevano facendo uso di variearmi, gli altri combattevano con mani e piedi. Di conseguenza morivano in diverse maniere: alcuni con il corpostritolato, altri con la testa schiacciata. Quando vide che i demoni stavano uccidendo impietosamente i vanara,Angada andò in loro aiuto e uccise molti demoni. E quando vide che i demoni cadevano numerosi, Vajradamstraandò in loro aiuto.I demoni usavano vari tipi di missili e armi mistiche; mentre i vanara sradicavano alberi, rotolavano massi e liscagliavano contro i demoni. Ambo i lati persero moltissimi guerrieri. Mentre i loro corpi giacevano sul campo,alcuni con la testa fracassata, alcuni senza braccia o gambe, altri con il corpo schiacciato, avvoltoi e sciacallifacevano un ottimo pasto.Angada e Vajradamstra s'affrontarono in un combattimento diretto. Vajradamstra diresse un migliaio di colpi adAngada. Con il sangue che gli usciva da tutto il corpo, Angada rispose scagliando un albero. Vajradamstraintercettò e spezzò l'albero con un missile. Angada sollevò un grande masso e lo scagliò sul veicolo del nemico. Ildemone saltò fuori appena in tempo per vedere il suo carro ridotto a pezzi. Angada scagliò un'altra enormeroccia contro la testa del demone. Vomitando sangue, Vajradamstra cadde e rimase a terra stordito, stringendola sua mazza.Subito dopo il demone si alzò, lasciò cadere la mazza e cominciò a lottare con Angada. Ambedue eranougualmente potenti, di pari forza. Dopo un certo tempo furono tutti e due stanchi.Infine, Angada sguainò la sua spada e recise la testa al demone. Con il corpo ricoperto di sangue e gli occhirotolanti, il demone cadde, con la testa staccata dal tronco. I demoni superstiti fuggirono verso Lanka, mentre ivanara gioivano.Quando seppe che anche Vajradamstra era stato ucciso, Ravana s'adirò ulteriormente e ordinò che andasse ildemone Akampana.Akampana aveva acquisito quest'appellativo perché in battaglia non poteva essere scosso neanche dagli dèi. Ilsuo carro era fatto d'oro massiccio, ed era invulnerabile. Nonostante egli fosse potente, era attorniato daiguerrieri più valorosi, e sebbene la giornata fosse splendida c'era una strana depressione nell'aria. Lo stessodemone vide cattivi presagi. Quando il suo potente esercito marciò sul campo di battaglia, i vanara furono presi

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dal panico. Lo scontro intenso e furioso sollevò sul campo una nuvola di polvere nella quale era difficile per iguerrieri distinguere perfino gli stendardi e le uniformi del nemico. Fu tale la confusione, che vanara e demoniuccidevano per sbaglio anche i propri compagni. L'uccisione indiscriminata seguì l'intensa furia dello scontro. Ilcampo di battaglia si coprì letteralmente di sangue infangato e di cadaveri ricoperti di polvere.Akampana ordinò al conducente del suo carro corazzato: "Portami al centro della mischia, dove i demoni stannocadendo più numerosi". Presto Akampana si trovò nel cuore della battaglia: e il potente guerriero cominciò auccidere spietatamente i vanara. Alla vista di tanta strage, Hanuman si fece avanti sfidando Akampana . Questosollevò il morale delle forze vanara. Akampana rivolse tutta la potenza dei suoi missili contro Hanuman. Hanumansi fece avanti con grande furore, ma non aveva armi con sé. Perciò sollevò un grande macigno, lo fece roteare elo scaglio contro Akampana. Questi però lo intercettò e lo frantumò con un suo missile mentre era ancoranell'aria.Vedendo l'impresa straordinaria del demone, l'ira di Hanuman crebbe. Egli sradicò un grosso albero chiamatoasvakarna e, tenendolo in alto, si mise a correre furiosamente di qua e di là. Akampana fu turbato dalla vista diHanuman che gli correva incontro brandendo il grosso albero, e sparò quattordici colpi contro il potente vanara.Hanuman però neanche se ne accorse! Egli splendeva come il fuoco senza fumo, come l'albero di asoka in pienafioritura.Giunto di fronte ad Akampana, Hanuman lo colpì con l'albero: e il demone cadde esanime . Di conseguenza iguerrieri demoni gettarono le armi e si diedero alla fuga in direzione di Lanka. Scappando in preda al panico,nella confusione essi calpestarono i loro stessi compagni.Tutti i vanara gioirono, circondarono Hanuman e lanciarono grida di gioia. Gli dèi, i condottieri vanara comeSugriva, Vibhishana e pure Rama e Lakshmana adorarono Hanuman.L'uccisione di Akampana fu un colpo terribile per Ravana; ma egli non si diede per vinto, e disse al comandantein capo Prahastha: "Molti dei nostri più potenti guerrieri sono stati uccisi da quei vanara giganteschi. Non sapreichi mandare ancora. L'esito della battaglia è incerto.D'altro canto, ritengo che una morte improvvisa e imprevista sia preferibile ad una morte certa, che può esserepredetta. Ad ogni modo, ti prego di suggerirmi cosa fare, sia che il tuo consiglio possa essere piacevole ospiacevole". Il valoroso e leale Prahastha rispose: "O re, abbiamo discusso spesso quest'argomento inprecedenza e avevamo previsto che se non si fosse presa la giusta decisione - che era quella di restituire Sita aRama - la guerra sarebbe stata inevitabile. Questo si è avverato. Io ho goduto del tuo affetto e dei tuoi favori,che sono stati costanti; e allo stesso modo sarà costante la mia fedeltà a te. Né mio figlio né mia moglie né lericchezze, e neanche la mia vita meritano d'essere preservati: guarda, sacrificherò la mia vita per te".Pieno d'ira e d'entusiasmo, Prahastha marciò verso il campo di battaglia, circondato dai migliori guerrieri diLanka. Prima della loro partenza, i brahmana praticarono vari riti religiosi perché avessero successo: I demoniindossarono non solo gli armamenti, ma anche le ghirlande debitamente consacrate dai brahmana con larecitazione di testi sacri. Prahastha montò sul suo carro corazzato che splendeva come il sole, che era statoequipaggiato d'ogni sorta di armi, che si poteva muovere a forte velocità e che era persino dotato di un paraurtiper evitare collisioni. Circondato da numerosi e potenti generali, Prahastha si mise in marcia. Egli sembrava il diodella morte, Tramite Vibhishana, Rama si accertò dell'identità e della forza di questo guerriero. Ancora una voltavanara e demoni combatterono un'aspra battaglia. I comandanti dei demoni crearono confusione tra le schierevanara. Ma presto Dvivida uccise Narantaka; Durmukha uccise il demone Samunnata. Jambavan ucciseMahanada e il vanara Tara uccise Kumbhahanu. Ancora più infuriato, Prahastha combatté con incredibile ferocia,uccidendo migliaia di vanara. L'intero campo sembrava uno spaventoso fiume di morte; ma i guerriericombattevano incuranti dell'orrore.Nila, il comandante in capo dei vanara, si precipitò contro Prahastha, che gli lanciò numerosi missili: nonpotendoli schivare, Nila li ricevette calmo, ad occhi chiusi. I due combatterono ferocemente, Prahastha usava unmaglio e Nila dei massi. Quando Prahastha si scagliò contro Nila per ucciderlo, questi sollevò un grande massocon il quale uccise Prahastha. Privati del loro capo, i demoni fuggirono.Alimentata dal dolore, la furia di Ravana esplose. Egli disse ai condottieri sopravvissuti: "Non è saggiosottovalutare la forza del nemico. Solo un guerriero di non meno valore sarebbe sopravvissuto ad uno scontrocon Prahastha. Eppure è stato ucciso! Andrò io stesso sul campo di battaglia: darò fuoco all'esercito vanara eirrigherò la terra con il suo sangue". Detto questo, Ravana si preparò per scendere in campo.Vibhishana istruì Rama sul nuovo scontro: "Guarda Ravana che splende come il sole, con la corona e gliorecchini, col suo corpo possente e terrificante come i monti Vindhya. Egli sconfisse persino Indra e Vaivasvata (ildio della morte)".Rama guardò il nemico e non poté non esclamare: "Che splendore! Che radiosità? È difficile anche guardarlodirettamente, come lo è guardare il sole. E poi è circondato da demoni estremamente potenti. Però sonocontento che oggi sia sceso lui stesso sul campo di battaglia: dirigerò contro di lui la grande collera che hadestato in me impossessandosi di Sita".Prima di lasciare la porta della città, Ravana ordinò ai capi dei demoni: "Assicuratevi che le porte di Lanka e ognisua casa siano ben custodite. Vedendo che io stesso e i nostri principali comandanti abbiamo lasciato la città, ilnemico potrebbe invaderla". Detto questo, Ravana si lanciò in mezzo all'esercito vanara. Vedendo che Ravanastava sterminando le schiere vanara, Sugriva si fece avanti. Sollevando la 'cima di una montagna', Sugriva lascagliò contro Ravana. Questi però la intercettò con un suo missile, e la ridusse in frantumi. Quindi Ravana colpìSugriva con un missile terribile. Ferito gravemente, Sugriva cadde a terra, contorcendosi in agonia.Rama impugnò la sua arma, pronto a un confronto diretto con Ravana. Ma Lakshmana gli disse: "Lascia che vadaio, Rama: posso disfarmi di lui". Dando il suo consenso, Rama cautelò il fratello: "Cerca i suoi punti deboli.Ricordati dei tuoi punti deboli e difendili sia con le armi che con la vigilanza". Ma prima che potesse raggiungereRavana, Lakshmana notò che Hanuman era impegnato in una lotta corpo a corpo contro il demone. Hanumandisse a Ravana: "Hai chiesto l'invulnerabilità solo nei confronti di dèi e demoni: non sei immune contro i vanara egli umani". Ravana colpì Hanuman sul petto, ma Hanuman rispose dandogli un colpo tremendo che lo fecebarcollare! Allora Ravana disse ad Hanuman: "La tua forza e la tua abilità sono lodevoli!". E Hanuman rispose:"Vergogna alla mia forza., giacché tu sei ancora vivo, demone!". Ancora una volta Ravana strinse i pugni e sferrò

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un terribile colpo ad Hanuman, che rimase stordito per un po'. Nel frattempo Ravana rivolse i suoi missili controNila.Nila saltò sul carro corazzato di Ravana, ma il demone l'ammonì: "Allontanati, prima che ti colpisca". Colpito daRavana, Nila cadde a terra; ma per grazia del suo padre divino o angelo custode, egli non morì.Abbandonandolo, ora Ravana si rivolse contro Lakshmana, che a sua volta gli gridò: "Perché sprechi la tua forzasui vanara; vieni e mostrami il tuo valore!". Ravana gli rispose adirato: "Con piacere! Ti farò provare il furore delmio fuoco". Ma Lakshmana lo schernì: "Gli eroi non sbraitano! Mentre tu, che sei il peggiore dei peccatori, non faialtro che vantarti!". Ravana rispose sparando sette missili. Lakshmana reagì opportunamente. Qualunque missileuno usasse, l'altro lo neutralizzava e rispondeva con un missile più potente. Ravana prese un armaestremamente mortale (che si diceva fosse appartenuta allo stesso Creatore) e colpì Lakshmana. Per un attimoLakshmana si sentì mancare, ma riprendendo subito coscienza egli colpì Ravana con tre missili mortali. Ravanarimase svenuto per un po', e quando si riprese colpì Lakshmana con un'arma ancora più potente, un giavellottodal potere distruttivo incalcolabile. Colpito da questo, Lakshmana cadde. Ravana provò a sollevarlo,presumibilmente per portarlo via: ma il corpo di Lakshmana divenne così pesante che Ravana non riuscì adalzarlo. Hanuman sfido Ravana, e lo colpì con tanta forza che il demone vomitò sangue e svenne per un po'.Rapidamente Hanuman sollevò e portò via il corpo di Lakshmana, che era diventato leggero grazie all'amore cheHanuman aveva per lui. Lakshmana contemplò la verità che egli era parte del Signore, e questo sanò le sueferite e gli permise di riprendere presto coscienza.Rama si fece avanti per affrontare Ravana. Hanuman pregò Rama di sedere sulle sue spalle per combattere ildemone. Rama acconsentì, e poi disse a Ravana: "Alzati, demone. Avendo offeso me, non puoi trovare rifugio danessuna parte. Ricordati che da solo ho ucciso migliaia dei tuoi guerrieri. Appena riprenderà i sensi, Lakshmanastesso ucciderà te, la tua famiglia e i tuoi seguaci". Furioso per queste parole, Ravana. colpì Hanuman con moltimissili incendiari. Ma Hanuman non se ne curò e la sua forza e il suo entusiasmo crebbero. Quindi Rama lanciòun missile contro Ravana. Colpito, quel Ravana che non poteva essere scosso neanche dal fulmine di Indra tremòviolentemente e lasciò cadere la sua arma. Con un altro missile Rama fece cadere il suo diadema. VedendoRavana in condizioni disperate, Rama gli disse indulgente "Hai davvero mostrato grande forza e valore, ma vedoche sei stanco e ferito. Torna a casa, riposati e riprendi forza. Quando tornerai sul campo conoscerai la mia forzae il mio potere".A testa bassa, Ravana rientrò a Lanka.Seduto sul trono, preso dal dubbio, dallo scoraggiamento e dalla disperazione, Ravana rimuginava: "Ahimè, sonostato sconfitto da un mero mortale! Ora ricordo le terribili parole di Brahma: 'Il pericolo per te viene dai mortali'.Re Arananya della dinastia di Ikshvaku mi maledì dicendo che uno dei suoi discendenti mi avrebbe ucciso.Ricordo anche la maledizione di Vedavati, quando la violentai: sicuramente ella è rinata come Sita. La dea Umami maledì dicendo che la mia morte sarebbe stata causata da una donna. Queste maledizioni non possono cheavverarsi. Tuttavia guardate bene le porte della città. Svegliate Kumbhakarna, poiché lui solo potrà combatterequesti eroi, i nostri nemici. In genere egli dorme per nove, dieci mesi, ed è andato a dormire solo nove giorni fa,dopo le nostre consultazioni. Svegliatelo, perché solo lui può affrontare i nostri nemici".I demoni prepararono tanto cibo, bevande, profumi e altre cose che piacevano molto a Kumbhakarna. Quindiscesero nel palazzo sotterraneo pavimentato d'oro e gioielli dove Kumbhakarna dormiva per lunghissimo tempo.Egli aveva un aspetto colossale, e quando espirava soffiava via le persone. I demoni suonarono le conchiglie,batterono i tamburi, urlarono, scossero e percossero il suo corpo enorme con clave e mazze, e persino con armimortali. L'intera città riecheggiava di quei rumori e gli abitanti, gli uccelli e gli animali erano terrorizzati. MaKumbhakarna non si svegliava.Poi i demoni spinsero mille elefanti a calpestare il suo corpo: questo fastidio lo svegliò. Subito egli sentì fame, esbadigliando si svegliò. I demoni diressero la sua attenzione sulla montagna di cibo e, quando fu soddisfatto,s'inchinarono ai suoi piedi. Egli chiese perché l'avessero svegliato e quale urgente bisogno avesse il re. In breveessi gli descrissero gli eventi della guerra e le sconfitte subite dalle forze reali, e conclusero: "Quello che né dèiné demoni hanno potuto fare è stato fatto da Rama. Egli ha risparmiato il re quasi per compassione". Saltandodal letto, Kumbhakarna urlò: "Andrò subito sul campo di battaglia a uccidere i vanara, e anche Rama eLakshmana. Solo dopo andrò a vedere il re. Farò felici i demoni procurando loro un ricco pasto di carne e sanguedi vanara. E io stesso berrò il sangue di Rama e Lakshmana".I demoni però insistettero che egli si consultasse prima con il re. Dopo essersi lavato e avere bevuto,Kumbhakarna s'incamminò verso il palazzo reale. Vedendo questo demone gigantesco camminare sulla terra, ivanara quasi morirono di paura.

[NOTA: Alcune leggende dicono che Vedavati sia sorta dal fuoco mistico a Dandaka, e che Sita sia scomparsanella terra. Quindi sarebbe stata Vedavati, nelle sembianze di Sita, a vivere prigioniera a Lanka; e sempre leisarebbe a sua volta rientrata nel fuoco, dal quale sarebbe riemersa la vera Sita, dopo la grande guerra.]

Vedendo la spaventosa figura di Kumbhakarna che si muoveva sulla terra come un essere cosmico, Rama chiesea Vibhishana: "Dimmi chi è: un demone o uno spirito maligno? Finora non avevo mai visto nulla del genere".Vibhishana narrò a Rama la biografia di Kumbhakarna: "È Kumbhakarna, figlio del famoso saggio Visrava. Eglisconfisse in guerra tutti gli dèi, i semidèi e i demoni. Già da bambino divorò migliaia di esseri viventi. Lo stessoIndra, per difendere quegli esseri, lo colpì con un fulmine. Egli però non solo non morì, ma strappò una zannadell'elefante di Indra e con essa colpì lo stesso dio! Allora Indra e gli dèi si rivolsero al Creatore, che venendo asapere dei misfatti di un suo pronipote rimase scosso. E Brahma lo maledì: "Certo tu sei nato dal figlio diPulastya per la distruzione del mondo; ma prima che possa farlo, entrerai nel sonno perpetuo". Kumbhakarnafece appello a Ravana, che supplico Brahma per lui: "Non è giusto che tu maledica così un tuo pronipote masiccome la tua maledizione non può essere annullata, almeno modificala stabilendo quanto tempo dovrà dormireogni volta". Brahma disse: "Dormirà continuamente per sei mesi, poi starà sveglio per un giorno, durante il qualeavrà molta fame". Penso che, sconfitto da te, Ravana abbia svegliato Kumbhakarna. Solo vedendolo da lontano, ivanara sono fuggiti per la paura. Dubito che potranno affrontarlo sul campo di battaglia. Perciò suggerirei di fare

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annunciare che si tratta solo di un congegno meccanico, e non di un essere vivente: questo dovrebbe ridarefiducia ai vanara".Lieto del racconto, Rama ordinò ai comandanti di tenere l'esercito in stato di massima all'erta!Nel frattempo Kumbhakarna era giunto da Ravana. Questi s'alzò dal trono e mostrò un amore, un rispetto e unaffetto straordinario per il fratello Kumbhakarna, che gli chiese: "Che posso fare per te? Per quale motivo sonostato svegliato con tanto sforzo". Ravana lo fece alzare, lo fece sedere al suo fianco, e gli disse: "Fratello, haidormito a lungo. Intanto il nostro nemico Rama è riuscito ad attraversare il mare e ha stretto d'assedio la nostracittà. Tu stesso puoi vedere che l'intera Lanka si è trasformata in un mare di vanara! Abbiamo cercato dicombatterli, ma tu solo puoi affrontarli. Per questo ti abbiamo svegliato! Il tesoro è vuoto e le nostre risorse sonoscarse: ti prego, salva Lanka, dove sono rimasti solo vecchi e bambini! Tu sai che mai prima d'ora t'avevo chiestoun tale favore; ti prego, fallo per amore di tuo fratello! Tu sei la nostra unica speranza, l'ultima nostra risorsa.Nessuno al mondo ha una forza pari alla tua. Se scenderai in campo, le schiere nemiche svaniranno come lenuvole d'autunno disperse da un uragano".Udendo la supplica di Ravana, Kumbhakarna rise forte e disse: "Te l'avevo detto! Tu hai fatto un'azione,ignorandone le ovvie conseguenze, e senza chiedere alcun consiglio o aiuto. Bisogna certo perseguire il Dharma,la prosperità e il piacere, ma ogni cosa a suo tempo e luogo. Consultandosi con i suoi ministri, il re che sceglie ilnegoziato, l'offerta di doni, la discordia oppure la guerra, e che persegue il Dharma, la prosperità e il piacere conla giusta considerazione del tempo e del luogo, non dovrà poi pentirsene. Ma non chiunque può consigliare unre. Ci sono individui stolti che non conoscono le scritture e che in realtà non sono migliori delle bestie, ma che sifanno avanti a consigliare un re mossi dall'arroganza o dalla cupidigia. Seguire il loro consiglio porta al disastro. Avolte i ministri si alleano apertamente o segretamente con il nemico e incoraggiano il re a compiere le azionisbagliate: un re saggio deve guardarsi da questi. Certamente la cosa migliore da fare ti è stata consigliata da mee da Vibhishana: riportare Sita da Rama".Ravana non sopportò questo sermone, e rispose adirato: "Perché predichi come se fossi il mio guru o mio padre?Consideriamo quello che va fatto ora: il passato è passato e non serve rimuginarlo. Anche se avessi fattoqualcosa di sbagliato, puoi annullarne le conseguenze con la tua forza".Kumbhakarna saltò in piedi: "Non aver paura, non disperare. Ti ho dato quei consigli per affetto fraterno. Maoggi avrai di nuovo prova della mia forza. Vendicherò la morte dei nostri eroi, asciugherò le lacrime dei familiaridei defunti. Comanda, e andrò immediatamente a distruggere i nostri nemici. Posso spaccare la terra, possoscuotere il firmamento e creare disordine nei cieli. Godi e sii felice. Considera che Rama è morto e che Sita ètua".Il consigliere Mahodara intervenne e disse a Kumbhakarna: "Tu sei vanitoso e ignorante. Sia i virtuosi che i viziosigodono della vita nel mondo; ma solo il godimento del piacere è degno d'essere ricercato. Il re ha ragione nelvolersi godere la vita con Sita. Inoltre non credo che la tua forza fisica ti servirà a qualcosa contro Rama".Quindi si rivolse a Ravana: "Tu hai rapito Sita e l'hai portata qui; la cosa più importante ora è godertela,convincerla a sottostare al tuo desiderio. Io ho un'idea: spargi la voce che Kumbhakarna, io ed altri siamo andatia combattere Rama. Anche se non avessimo successo, spargi la voce che Rama è stato divorato. Quando Sita losaprà, non avrà più speranze. Nel frattempo offrile ricchi doni, gioielli e altre tentazioni. I saggi ottengono i loroscopi senza combattere!".Kumbhakarna derise Mahodara per il suo vile suggerimento, dicendo: "I ministri codardi rovinano la fortuna di unre, facendolo tirare indietro da una buona battaglia e assentendo ciecamente a tutti i suoi capricci".Ravana lodò le parole del fratello. Kumbhakarna impugnò un tridente e fu pronto ad andare in guerra, da solo.Ma Ravana lo consigliò: "Porta l'esercito con te, o eroe! Perché i vanara sono potenti e la loro determinazione neaccresce il potere. Vedendo qualcuno da solo, senz'altra difesa, potrebbero sopraffarlo". Per mostrareulteriormente l'affetto, l'apprezzamento, la speranza e la sicurezza che poneva in lui, Ravana abbracciòKumbhakarna, gli mise al collo delle collane d'oro costellate di diamanti e s'inchinò rispettosamente a lui, che erasuo fratello minore. Kumbhakarna si preparò per la battaglia, indossando un'armatura d'oro puro che erainattaccabile. Coperto dappertutto di gioielli, con uno splendente tridente in mano, Kumbhakarna avevaveramente l'aspetto del Signore Narayana.Seguito da eroi potenti con i loro eserciti, Kumbhakarna s'avviò verso il campo di battaglia. Era feroce anche soloa vedersi. Aveva un corpo colossale e i suoi occhi fiammeggianti sembravano le ruote di un carro. Egli tuonòforte; "Farò un pasto delizioso di tutti i vanara. Io stesso ucciderò Rama, dal quale proviene la loro forza".Apparvero dei cattivi presagi inconfondibili, che però non lo fecero tirare indietro.Non appena lo videro, i vanara si dileguarono. Angada cercò di ragionare con i suoi condottieri, per convincerli anon fuggire. E diceva loro: "Questo demone può essere potente, ma non può vincere il nostro Rama: perchénessuno lo può!". I vanara tornarono e attaccarono Kumbhakarna, ma questi li schiacciò inesorabilmente. Lerocce e i macigni che scagliavano contro di lui si frantumavano quando lo toccavano! Quando lui li colpiva quasischerzando, dei vanara annegavano nell'oceano, altri scomparivano nelle foreste e altri si nascondevano nellegrotte.Angada li richiamò continuamente: "Perché fuggite, vanara? Anche le vostre mogli rideranno di voi, se disertatela battaglia. Pur essendo nobili vanara, vi comportate come esseri incolti, sconvolti dalla paura. Se è ora dimorire, diamo la vita qui. Se vinceremo la battaglia, ci godremo la terra. Se perderemo la vita, raggiungeremo ilpiù alto dei cieli! Vi assicuro che Kumbhakarna non potrà sfuggire alla morte per mano di Rama". Ma i vanararisposero: "Kumbhakarna ha sterminato le nostre forze: questo non è il momento di resistere e combattere, madi scappare. Le nostre vite ci sono molto care". Comunque, Angada riuscì a convincerli a tornare sul campo.Ancora una volta i vanara attaccarono Kumbhakarna. In brevissimo tempo ottomilasettecento vanara caddero permano sua. Hanuman fu gravemente ferito dal tridente di Kumbhakarna, vomitò sangue e rimase stordito.Nila riuscì a ridare fiducia ai vanara. Trovandosi Kumbhakarna di fronte come una montagna, i vanara scalaronoquella montagna e cominciarono a morderlo. Kumbhakarna afferrò questi vanara e se li mise in bocca, conl'intenzione d'ingoiarli; ma essi fuggirono abilmente dalle sue narici e dalle sue orecchie. Tuttavia Kumbhakarnacontinuò a divorare vanara e a ucciderli spietatamente.I vanara chiesero aiuto a Rama, e Angada si precipitò in loro soccorso. Sollevando la cima di una montagna,

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Angada la gettò contro Kumbhakarna. Furente, Kumbhakarna scagliò il suo tridente contro Angada. Questi schivòil colpo e per tutta risposta colpì il demone sul petto. Il demone si sentì mancare! Appena Kumbhakarna siriprese strinse i pugni e colpì Angada con tutta la sua forza: Angada perse i sensi.Allora Kumbhakarna si volse contro Sugriva. Sollevando la cima di una montagna, Sugriva sfidò Kumbhakarna:"Lascia stare i guerrieri vanara: guarda che ti faccio adesso!". Ma non appena colpì il torace di Kumbhakarna quelmacigno si ridusse in frantumi. Il demone scagliò il tridente contro Sugriva, ma Hanuman lo intercettò, l'afferrò,lo pose con calma sul suo ginocchio e lo spezzò! Kumbhakarna rimase stupefatto e adirato per l'impresastraordinaria di Hanuman. Allora prese un masso enorme e con esso colpì Sugriva. Il re dei vanara svenne.Kumbhakarna andò dov'era caduto Sugriva, lo prese, se lo mise sotto l'ascella e s'avviò verso Lanka. Egli sapevache con Sugriva fuori campo, tutti gli altri si sarebbero arresi, incluso Rama e Lakshmana.Hanuman rifletté: "Che devo fare adesso? Grazie ai miei poteri soprannaturali potrei assumere proporzionigigantesche, e quindi uccidere Kumbhakarna e salvare Sugriva. Ma la reputazione di Sugriva ne soffrirebbe e luipotrebbe non gradire d'essere salvato da me. Aspetterò lo sviluppo degli eventi, e nel frattempo solleverò ilmorale dei vanara".Presto Sugriva riprese i sensi e si rese conto della sua situazione! Dopo un'attenta considerazione, egli morse leorecchie e il naso di Kumbhakarna! Colto di sorpresa da Sugriva e stravolto dal forte dolore, Kumbhakarna gettòa terra l'eroe vanara. Sugriva saltò subito in piedi e tornò immediatamente dove si trovava Rama, facendo fallireil piano del demone. Grondante di sangue, Kumbhakarna avanzò ancora una volta contro il nemico.Kumbhakarna ghermì un maglio e si lanciò in mezzo alle schiere vanara. Lakshmana ricoprì letteralmente dimissili il demone, che però rimase incolume e gli disse: "Apprezzo molto il tuo valore, Lakshmana! Finoranessuno aveva osato opporsi a me. Persino Indra una volta fu sconfitto da me. Per il fatto che mi hai sfidato tirispetto come soldato. Ma io desidero uccidere solo Rama: morto lui, sarà la fine!".Mentre Kumbhakarna s'affrettava verso Rama, questi gli tirò un missile spaventoso dotato del potere di Rudra, ildio della distruzione. Trafiggendo la poderosa armatura, il missile s'infilò dritto nel cuore del demone, e l'impattofu tale che gli fece cadere le armi dalle mani. Tuttavia egli cominciò a correre all'impazzata, divorando i vanara.Poi lanciò un immenso pezzo di montagna, che Rama frantumò con i suoi missili; ma i suoi frammenti caddero suduecento vanara. Lakshmana capì la natura del demone e suggerì a Rama: "L'odore del sangue intossica ildemone e lo fa correre tra i vanara, uccidendoli senza neanche volerlo. Facciamo arrampicare dei vanara su di luiper salvare gli altri". I vanara s'arrampicarono, ma il demone li scosse a terra.Rama disse a Kumbhakarna: "Io sono il distruttore dei demoni. La tua morte è vicina !". Kumbhakarna rise asquarciagola e rispose : "Io non sono Viradha, Kabhandha, Khara, Vali o Marica! Io sono Kumbhakarna! Combatticon me. Vedrò quanto sei potente, e poi divorerò anche te".Rama diresse contro di lui lo stesso tipo di missili con cui aveva ucciso istantaneamente Vali. Ma non ebberoeffetto sul demone. Sollevando la sua clava di ferro Kumbhakarna si scagliò contro Rama, che a sua volta glilanciò il missile 'del vento'. Questo staccò al demone il braccio alzato, che cadde insieme alla clava e uccise moltiguerrieri! Con l'altro braccio, Kumbhakarna sradicò un grande albero e corse incontro a Rama, il quale fecepartire un altro missile che gli staccò anche quel braccio.Urlando, Kumbhakarna si scagliò contro Rama, che usando due missili a mezzaluna gli recise ambedue le gambe.Quando le gambe caddero, il suono della loro caduta si propagò per tutta Lanka. Pur senza braccia e senzagambe, Kumbhakarna fu ancora capace di spingersi avanti e avvicinarsi rapido a Rama con la bocca spalancata.Con un altro missile Rama lo imbavagliò e con un altro ancora gli recise la testa, nello stesso modo in cui Indraaveva decapitato anticamente il demone Vritra. Quando quell'enorme testa cadde, rotolò, e come una valangadistrusse molti edifici sul suo cammino. Così il nemico dei santi e degli dèi era stato ucciso da Rama, ed essifurono estremamente felici.I demoni andarono a riferire a Ravana: "Il terribile Kumbhakarna, che era il terrore persino degli dèi, è statoprivato della vita dai missili di Rama!". Udendo che il potente Kumbhakarna era stato ucciso sul campo dibattaglia, Ravana fu sopraffatto dal dolore, perse l'equilibrio e cadde. I figli di Ravana piansero disperati, einsieme a loro anche gli altri fratelli del re. Riprendendo i sensi, Ravana si lamentò: "Ahimè, perché mi haiabbandonato e sei andato via, fratello Kumbhakarna? Mi chiedo com'è stato possibile che anche tu sia statosconfitto e ucciso in battaglia. Che me ne farei adesso del consenso di Sita? La vita non ha più significato per meora che tu sei scomparso. Ho schernito Vibhishana, e l'ho perso! Ora ho perso anche te, Kumbhakarna: per chivivrò ora? Ah, è certo che la mia malvagia azione di non ascoltare il saggio consiglio di Vibhishana ha portatofrutto".Mentre Ravana esternava il suo lamento, suo figlio Trisira cercò di consolarlo: "Non c'è dubbio che Kumbhakarnafosse potente. Ed è vero che un guerriero come lui è stato ucciso dall'essere umano Rama. Ma questo non ècerto un buon motivo per disperarti! Tu possiedi varie armi che ti sono state donate dallo stesso CreatoreBrahma. E anche noi siamo qui. Rimani a Lanka, padre. Andrò io in battaglia e ucciderò i tuoi nemici". Questodiscorso risollevò le speranze di Ravana.Con le benedizioni di Ravana, i suoi quattro figli (Trisira, Devantaka, Narantaka e Atikaya) e i suoi due fratelliMahaparsva e Mahodara, uscirono per andare sul campo di battaglia, portando con loro le armi migliori.Circondati dalle rispettive armate, essi incutevano terrore e sembravano invincibili. Nella loro disperazione eranodeterminati o a vincere o a morire sul campo.Narantaka si gettò in mezzo alle schiere vanara, che al suo avanzare cadevano come mosche. Impugnando unalancia infuocata, Narantaka dava fuoco ai vanara. Questi, atterriti, chiesero aiuto a Sugriva, il quale incaricòAngada di fermare questa nuova minaccia. Angada sfidò Narantaka: "Lascia perdere i comuni vanara, demone!Ecco qua il mio torace : prova su di esso la forza della tua lancia!". Seccato dalla sua spavalderia, Narantakascagliò la lancia sul petto di Angada. La lancia si spezzò! Angada colpì il veicolo di Narantaka con il palmo dellamano: e il veicolo sprofondò nella terra. Narantaka diresse il suo pugno poderoso sul cranio di Angada e lofratturò! Senza curarsi del sangue che gli usciva profusamente, Angada colpi il demone al petto con il suo pugnoserrato. Con il petto spaccato, Narantaka cadde vomitando sangue caldo.

[NOTA: Lancia, maglio, mazza, clava di ferro, macigni, alberi, cime di montagne - la descrizione data della loro

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natura suggerirebbe che si trattava di armi che la scienza moderna non ha ancora prodotto.]

Trisira, Mahodara e Devantaka, fratello di Narantaka, attaccarono simultaneamente Angada. Il principe vanaraprese un albero enorme e lo scagliò contro Devantaka; ma Trisira intervenne e lo spezzò. In questocombattimento, mentre Mahodara intercettava i missili di Angada, Trisira lo attaccava scorrettamente.Nonostante venisse attaccato contemporaneamente da tre demoni potenti, Angada non si scoraggiò.Con un sol colpo Angada uccise l'elefante di Mahodara. Poi strappò una zanna all'elefante morto, e con essa colpìDevantaka. Il demone restituì il colpo. Nello stesso tempo Trisira lanciava i suoi missili contro Angada. Vedendoche il confronto non era equo, Hanuman e Nila vennero in aiuto di Angada. Nila si occupò di Trisira.Devantaka combattè contro Hanuman. Scagliandosi su Devantaka, Hanuman gli diede un colpo tale sulla testache gli spaccò il cranio. Il demone cadde a terra morto.Mentre Nila combatteva contro Trisira, anche Mahodara cominciò ad attaccarlo. Per un momento Nila si sentìparalizzato; ma riprendendo forza, colpì Mahodara con un grande masso. Mahodara cadde. Rabbioso per questo,Trisira diresse i suoi missili contro Hanuman. Questi scagliò un immenso macigno contro Trisira, che però riuscì afrantumarlo. Hanuman immobilizzò il cavallo di Trisira, che a sua volta lanciò il suo potente giavellotto controHanuman; ma il potente vanara riuscì ad intercettarlo e lo spezzò. Trisira quindi usò la sua spada e ferìgravemente Hanuman. Questi a sua volta colpì il demone sul petto. Trisira cadde. Hanuman strappò la spada aldemone, che riuscì ancora a colpirlo. Infine Hanuman tagliò la testa a Trisira con la sua stessa spada.Dopo di loro, il potente demone Mahaparsva si fece avanti per combattere. Egli impugnava una mazzasplendente che fiammeggiava continuamente. Con essa egli aveva vinto molti dèi e semidèi. Con la sua armaMahaparsva creò molta confusione tra i vanara. Ora Rishabha si fece avanti per combattere contro il demone.Mahaparsva colpì Rishabha sul petto, facendolo sanguinare profusamente. Riprendendo le forze dopo un po', ilvanara colpì a sua volta il demone sul petto e lo fece cadere. Rishabha si gettò su di lui e gli strappò la mazzadalla mano. Poco dopo Mahaparsva si alzò e tirò un colpo secco contro Rishabha, che cadde e rimase per un po'privo di sensi, Quando si rialzò, Rishabha colpì il demone che cercava d'avanzare verso di lui per riprendersi lamazza. Ma prima che Mahaparsva ci riuscisse, Rishabha lo uccise con la sua stessa mazza! Il demone caddemorto, e le forze demoniache cominciarono a fuggire.Ora fu la volta di Atikaya, un altro figlio di Ravana. Egli avanzò sul campo di battaglia su un carro corazzato chesplendeva come mille soli. Alcuni vanara immaginarono che fosse Kumbhakarna risuscitato dai morti, efuggirono. Rama chiese a Vibhishana: "Chi è questo demone colossale? Guarda il suo carro corazzato! È pieno ditorrette rivolte in tutte le direzioni. Ha quattro piloti, venti depositi di munizioni, dieci torrette da fuoco, e tuonacome una nuvola mentre avanza sul campo. E inoltre è difeso da due lame scintillanti. Chi è questo potentedemone?". Vibhishana rispose: "È Atikaya, un figlio di Ravana. Anche lui non teme la morte per mano di dèi edemoni, in virtù di un dono concessogli da Brahma. O Rama, stai attento e liberati subito di lui".Alcuni condottieri vanara scagliarono massi e alberi contro il demone, ma egli se ne liberò quasi giocando. Nonera interessato ad attaccare i vanara, ma andò subito da Rama e lo sfidò a duello. Lakshmana gli rispose subito:e mentre approntava la sua arma, il suono terribile che produsse sorprese e divertì Atikaya. Nondimeno eglidisse: "Lakshmana, sei solo un ragazzo! Perché vuoi provocarmi ad ucciderti?". Lakshmana rispose: "Non fare lospavaldo, demone! E non prendermi alla leggera, considerandomi un ragazzo: perché ragazzo o adulto, sono pursempre la tua morte!".Lakshmana tirò al demone un missile tremendo che lo neutralizzò. Allo stesso modo Lakshmana neutralizzò imissili del demone. Poi Lakshmana tirò un missile piatto che colpì il demone sulla fronte. Ferito gravemente, ildemone disse: "Bene Lakshmana, è stato eccellente!". Atikaya lanciò un missile estremamente acuminato checolpì il petto di Lakshmana, facendolo sanguinare profusamente. Riprendendosi, Lakshmana lanciò un terribilemissile dedicato al dio del fuoco; vedendolo, Atikaya lo intercettò con un missile dedicato al dio sole. I due missilisi scontrarono nello spazio, bruciando completamente. Così l'uno intercettava i missili dell'altro. Anche quandoLakshmana riusciva a colpire il demone; i missili erano incapaci d'attraversare la sua armatura intarsiata didiamanti. Atikaya mirò a Lakshmana un missile dalla traiettoria a zigzag.Colpito, Lakshmana rimase per qualche attimo stordito; e quando riprese coscienza udì la voce (del dio Vayu) chediceva: "Queste armi convenzionali non possono ucciderlo: usa il missile più potente, quello di Brahma".Lakshmana usò dunque il missile di Brahma. Quando partì dalla sua arma, il sole e la luna s'oscurarono e la terratremò. Atikaya cercò d'intercettarlo, ma il missile di Brahma gli staccò la testa.

[NOTA: Il missile di Brahma sembra essere una specie di minibomba o proiettile atomico usato anche incombattimenti individuali, benché si menzioni anche la varietà più grande.]

Udendo della caduta di Atikaya, Ravana fu preso dall'ansia e disse ai suoi consiglieri: "Molti dei nostri guerrieriche consideravamo invincibili sono stati uccisi da Rama e Lakshmana. E anche quando essi sono stati attaccaticon missili aventi il potere dello stesso Brahma, in qualche modo sono sempre riusciti a salvarsi. Questo misconcerta. Penso che Rama, dalla cui prodezza sono stati uccisi i potenti demoni, sia lo stesso Narayana. Perciò èessenziale che tutti voi esercitiate la massima vigilanza. Che le porte della città siano presidiate con estremavigilanza; fate attenzione soprattutto agli spostamenti dei vanara".Il figlio di Ravana, Indrajit, gli si avvicinò e disse: "Perché ti senti depresso, padre, mentre sono al tuo fiancopronto a uccidere i tuoi nemici? Dammi il permesso di scendere in battaglia; e ti prometto che li ucciderò tutti,compresi Rama e Lakshmana", Indrajit si preparò subito e fece una cerimonia del fuoco per il successo della suamissione. Il dio del fuoco apparve in persona per ricevere le offerte. Ci furono anche altri buoni presagi.Quando Indrajit approntò il potentissimo missile che aveva il potere del Creatore Brahma, il mondo intero fuscosso. Tenendosi nascosto, Indrajit fornì copertura ai demoni, che attaccarono vigorosamente i vanara. Ma ivanara individuarono la posizione di Indrajit nel cielo e scagliarono alberi e massi contro di lui. Questo non feceche accrescere la sua ira, spronandolo ad attaccare con maggiore ferocia.Tutti i più grandi eroi vanara - Gandhamadana, Nala, Mainda, Gaja, Jambavan, Nila e persino Sugriva, Rishabha,Dvivida e Angada - furono feriti gravemente da Indrajit. Restando invisibile agli altri, Indrajit sorvolò le forze

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vanara, ed evitando attentamente di colpire i propri guerrieri, fece cadere una pioggia di bombe di diversi tipi,somiglianti a lance, spade e asce. Cadendo sui vanara, queste esplodevano producendo una luce abbagliante euna pioggia di faville che cadevano tutt'intorno bruciando qualsiasi cosa toccassero. I vanara che osavanoguardare questo fenomeno restavano accecati dalle faville e dai missili. Indrajit rivolse poi la sua attenzione suRama e Lakshmana, coprendoli di fuoco. Rama disse a Lakshmana: "Sono certo che Indrajit sta usando il missilededicato al Creatore Brahma: il suo potere è inviolabile. Sopportiamo pazientemente il suo fuoco per un po';quando ci vedrà tutti feriti, Indrajit tornerà sicuramente a Lanka".E così fu! Quando vide che tutti i capi vanara e persino Rama e Lakshmana erano caduti sul terreno sotto ilpotere del suo fuoco, Indrajit tornò in volo a Lanka e riferì a Ravana del suo successo.

[NOTA: Sicuramente Indrajit esaminò il campo di battaglia dal cielo, pensò che i capi nemici fossero morti eritornò a Lanka. Altrimenti li avrebbe uccisi.]

In quella sola giornata, sei milioni e settecentomila vanara furono uccisi da Indrajit con il missile che racchiudevail potere della natura. Vibhishana e Hanuman fecero il giro del campo e videro Jambavan che giaceva ferito.Vibhishana gli chiese: "O possente, sei ancora vivo, come ti senti?". Jambavan rispose: "Non ci vedo, ma dallatua voce riconosco che sei Vibhishana. Ti prego di dirmi subito, Hanuman è ancora vivo?". Vibhishana rimaseperplesso: "Perché mi chiedi di Hanuman ancor prima di Rama e Lakshmana?". Jambavan rispose: "Per unmotivo molto importante: se Hanuman è vivo, la nostra sopravvivenza è possibile". Poi lo stesso Hanuman parlòa Jambavan, che felicissimo gli disse: "È tempo che tu mostri il tuo potere soprannaturale, o potente eroe! Tupuoi ridare vita a Rama, a Lakshmana e a tutti i vanara feriti: nessun altro può farlo. Parti subito per la montagnapiù alta coperta di ghiaccio: tra il monte Rshabha e il Kailash vedrai una montagna luccicante di erbe. Ivi troveraile quattro erbe: mritasanjivani (che resuscita i morti), vishalyakarani (che sana tutte le ferite), suvarnakarani(che ridona al corpo il suo splendore originario) e bandhani (che sana le fratture delle ossa) . Porta qui quelleerbe nel più breve tempo possibile".Hanuman non perse tempo e partì per la spedizione di soccorso. Decollò con un boato potente che creò il paniconei cuori dei demoni di Lanka. Con la coda alzata, il dorso abbassato, le 'orecchie' all'indietro e la boccaspalancata, il velivolo di Hanuman fiammeggiò come il fuoco e si librò nell'aria con un grande boato. Ben prestoegli raggiunse il posto descritto da Jambavan. Vide gli eremi dei saggi. Vide il trono del Creatore, la dimora delfuoco e quella del dio della prosperità, la luce del sole, l'arma della distruzione cosmica, e l'ombelico stesso dellaterra. Vide i monti Rshabha e Kailash, e tra i due vide delle erbe radiose. Ma quando atterrò per raccoglierle, nonriuscì a vederle. Afflitto e perplesso, Hanuman rifletté un attimo e decise: "Giacché non riesco a vedere le erbe,sradicherò l'intera montagna e la porterò via". Portando con sé la montagna, Hanuman si mise di nuovo in volo etornò presto a Lanka.Non appena atterrò sul campo di battaglia, con la semplice inalazione dell'aria che emanava dalla montagna dierbe, Rama, Lakshmana e i milioni di vanara feriti riacquistarono una salute perfetta. Disgraziatamente per idemoni, Ravana aveva decretato che i morti venissero gettati nell'oceano, affinché non si conoscessero levittime! Quindi Hanuman riportò la montagna nel suo luogo originario.

[NOTA: Le parole 'svayambhuva vallabhena' suggeriscono la forza nucleare (nata dalla natura), che potevauccidere milioni. Sicuramente avevano un rapido antidoto contro le radiazioni nucleari.]

Sugriva disse: "Ora che Kumbhakarna è morto e pure i figli di Ravana sono stati uccisi, le difese di Lanka sonostate infrante. Lanciamo immediatamente un attacco incendiario". I vanara irruppero nella città e incendiaronotutto ciò che trovarono. Le porte e i maestosi palazzi presero fuoco, e le mura e i gioielli che adornavano le portes'abbatterono a terra come briciole. Indumenti é ornamenti furono incendiati. Il fuoco distrusse le armi deiguerrieri e le selle dei cavalli.Decine di migliaia di case furono ridotte in cenere, con tutte le loro porte segrete, i cancelli, i muri di protezione ei loro mobili lussuosi. Le donne leggiadre che dormivano nelle loro case furono svegliate dal crepitio dellefiamme, e si precipitarono fuori gridando per la paura. Il fuoco che consumava Lanka si rifletteva sulla superficiedell'oceano dando l'impressione che l'acqua fosse diventata rossa. Le bombe incendiarie lanciate sulla città distrussero anche le stalle. I cavalli e gli elefanti si misero a correre diqua e di là impazziti, mettendo paura gli uni agli altri.Rama e Lakshmana, che avevano riacquistato forza e salute, presero le loro armi e guidarono l'invasione. Ilrimbombo delle loro armi incuteva terrore nei cuori dei demoni. I loro missili distrussero le porte della città.Quando i missili di Rama fecero piovere fuoco sulle case dei demoni di Lanka, essi divennero furiosi. Sugrivaordinò ai vanara di entrare in città, ammonendoli: "Chiunque volta le spalle o smette di combattere dev'essereucciso dagli altri per disobbedienza al re".Quando vide che Rama e i vanara stavano invadendo la città di Lanka, Ravana comandò infuriato ai potenti eroiKumbha e Nikumbha, Yupaksha, Sonitaksha, Prajangha e Kampana di fermare la marea degli invasori. Con i loroornamenti e le loro armi che brillavano sotto i raggi della luna, questi potenti eroi raggianti di splendoremarciarono contro le forze vanara. Seguì una cruenta battaglia tra demoni e vanara.Angada sfidò Kampana. Quest'ultimo colpì Angada con una mazza. Sebbene gravemente ferito, Angada riuscì atenersi su e a sollevare un grande macigno, scagliandolo sul demone. Kampana morì. Sonitaksha sfidò Angada, efece piovere su di lui molti tipi di missili. Ma l'eroe vanara riuscì a sopravvivere ai missili e attaccò a sua volta ilcarro del demone.Sonitaksha saltò a terra e i due s'impegnarono in un duello corpo a corpo. Alla fine Angada infilò profondamentela sua spada nel corpo del demone, che cadde a terra privo di sensi.Quando Sonitaksha cadde privo di sensi, Angada andò in giro con la spada in pugno in cerca di un altro demoneda sfidare. Prajangha e Yupaksha andarono incontro ad Angada. Anche Sonitaksha, che nel frattempo s'eraripreso, si unì a loro. Nello stesso tempo Mainda e Dvivida andarono ad aiutare Angada. Il combattimento dei treeroi vanara contro i tre demoni fu uno spettacolo impressionante. Per un po' essi combatterono con alberi, massi

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e missili. Prajangha strinse il pugno con l'intenzione di colpire Angada, ma questi fu colpito prima sulla fronte daSonitaksha e cadde. Rialzandosi rapidamente, con un pugno poderoso Angada staccò la testa di Prajangha.Yupaksha prese la spada di Prajangha e si gettò nel combattimento. Dvivida riuscì a fermarlo, ma Sonitakshaintervenne. Dvivida gli ghermì la spada. Mainda venne in aiuto di Dvivida e colpì Yiutaksha. Dopo un ferocecombattimento, Dvivida lacerò il volto di Sonitaksha, e gettando a terra il demone, lo schiacciò, Mainda preseYupaksha per le braccia e lo stritolò: il demone cadde morto.I demoni corsero verso Kumbha, il figlio di Kumbhakarna, dotato di una forza straordinaria e di poterisoprannaturali. Il demone sorprese Dvivida colpendolo con un missile. Dvivida cadde, contorcendosi nell'agonia.Mainda corse in suo aiuto e scagliò un masso contro Kumbha, ma questi lo frantumò con un suo missile e Maindarimase a terra privo di sensi. Ora Kumbha attaccò Angada con i suoi missili. Tuttavia Angada rimase saldo escagliò dei massi enormi contro il demone, che però li neutralizzò con i suoi missili e colpì Angada sullesopracciglia. Incurante del sangue e del dolore, Angada continuò a combattere. Ma quando Kumbha lo colpìcontemporaneamente con sette missili, Angada svenne. Ora Sugriva in persona entrò nella battaglia.Scagliandosi impavido contro Kumbha, Sugriva gli strappò l'arma dalle mani e la spezzò; poi disse al demone: "Laforza di Ravana è frutto di un dono che ottenne da Brahma. Tuo padre Kumbhakarna era forte di natura. Tu seivaloroso come tuo padre e Ravana. Certo dopo avere sopraffatto gli eroi vanara sarai stanco. Riposati un po', epoi ritorna. Allora ti mostrerò il mio valore. Non desidero cadere nell'infamia, uccidendoti mentre sei stanco".Infuriato da queste parole, Kumbha attaccò Sugriva. Questi lo sollevò e lo gettò nel mare! Kumbha ritornò eassestò un colpo terribile sul petto di Sugriva, spezzandogli l'armatura e le ossa! Il colpo fu tale da produrrescintille di fuoco! Sugriva a sua volta colpì il demone al petto, e Kumbha cadde morto. La terra tremò e i cuori deidemoni si riempirono di paura.Quando Kumbha fu ucciso, suo fratello Nikumbha si fece avanti verso Sugriva e si fermò a fissarlo, consumandolocon la sua ira. Nikumbha aveva un arma, una clava, placcata d'oro e intarsiata di diamanti. Quando il demone labrandiva, i venti dell'atmosfera terrestre cominciavano ad agitarsi. La stessa clava splendeva come una fiammasenza fumo. Quando il demone impugnava la clava sembrava che l'immenso cielo con i corpi celesti ruotasserointorno ad essa.Hanuman si presentò impavido davanti a Nikumbha, si mise a torso nudo e lo sfidò. Nikumbha colpì Hanumancon la clava ma, cosa meravigliosa, la clava andò in frantumi. Hanuman colpì il demone con un pugno,spezzandogli l'armatura e facendolo sanguinare. Facendosi forza, il demone afferrò Hanuman e cominciò atrascinarlo! Dopo un po' Hanuman si liberò dalla morsa di Nikumbha si tirò su, lo fece cadere lo schiacciò e,sedendo sul suo petto, gli torse il collo e lo uccise.Ravana andò su tutte le furie. Fece chiamare Makaraksha, figlio di Khara, e lo inviò speditamente sul campo dibattaglia. Makaraksha partì, seguito da un grande esercito. Vi furono molti cattivi presagi, ma il demone li ignorò.Quando i vanara furono attaccati dai demoni, lo stesso Rama andò in loro aiuto. Rivolgendosi a lui, Makarakshagridò: "Aspetta, combatti con me, non con i miei guerrieri. Ho atteso questo momento fin dal giorno in cui hosaputo che avevi ucciso mio padre. Combatti con tutta la tua forza, con tutti i tuoi missili, o con le tue braccia".Rama rise della sua spavalderia e rispose: "La vittoria in guerra non si ottiene con il vano millantarsi! Quel giornogli uccelli e gli animali della foresta appagarono la loro fame con la carne di quattordicimila demoni più quella dituo padre. Oggi faranno un altro banchetto".Seguì una terribile battaglia. I missili del demone venivano intercettati efficacemente dagli antimissili di Rama. Ilfragore delle armi riempiva l'aria, come il rombo delle nuvole. Dèi ed esseri celesti osservavano questa battaglia.Rama e Makaraksha si colpivano con i missili più potenti; e tuttavia nessuno dei due cadeva. Il fuoco era cosìintenso e costante che la terra era completamente oscurata. Rama fece cadere l'arma del demone. Questi saltò aterra, brandì il suo tridente fiammeggiante e lo scagliò contro Rama, che però riuscì a intercettarlo mentre eraancora nell'aria. Il demone si gettò contro Rama, ma questi gli tirò il missile dedicato al dio del fuoco. Il demonecadde morto, con il cuore trafitto dal missile. Avendo visto la morte di Makaraksha, i demoni fuggirono in città,timorosi dell'arma di Rama.Ravana era fuori di sé dalla rabbia. Egli guardò suo figlio Indrajit e disse: "Figlio amato, con la tua potenza haiconquistato persino il re del cielo; ti è forse difficile uccidere in combattimento questi due esseri umani? Va' euccidili con qualsiasi mezzo". Indrajit celebrò ancora una volta i riti religiosi per propiziare il suo successo inbattaglia. Infine montò su un velivolo che poteva sfuggire alla vista, e portò con sé il missile dedicato al Creatore.Appena uscì dalla città divenne invisibile. Stando in alto nel cielo, egli diresse il suo fuoco contro Rama eLakshmana. Ma per quanto questi dirigessero il loro fuoco contro il demone, non potevano raggiungerlo perchérimaneva invisibile nel cielo . Il demone si era nascosto efficacemente dietro uno schermo di fumo. Benché sispostasse costantemente, non lo si poteva vedere né si poteva udire il rumore del suo velivolo, Indrajitcontinuava a tirare direttamente su Rama e Lakshmana. Una volta un missile di Rama colpì dritto Indrajit. Vedendo ciò, Lakshmana disse a Rama; "Indirizzerò contro il demone il missile del Creatore, e sarà la sua fine.Non vedo cos'altro possiamo fare a questo punto". Rama però non approvò la decisione, e disse: "Non puoiuccidere tutti i demoni per colpa di uno di loro, Lakshmana. Non si deve uccidere in battaglia uno che noncombatte, che è nascosto, che viene a te con le mani giunte, che chiede il tuo aiuto, o uno che sta scappando oche è stordito. Mi libererò di lui con un solo missile di grande potenza".Indrajit tornò a Lanka, e fece subito ritorno sul campo di battaglia ma questa volta in un carro corazzato eportandosi Sita dentro - una perfetta copia vivente della vera Sita, prodotta con la sua magia. Quando lo videro, ivanara gli si scagliarono contro con grande ira. Anche Hanuman lo vide: e vide Sita seduta nel carro, l'immaginestessa del dolore e della disperazione. Sotto gli occhi dei vanara, Indrajit sguainò la sua spada e afferrò Sitatirandole i capelli. Gemendo forte, ella ripeteva: "O Rama, o Rama".Hanuman rimproverò Indrajit e l'ammonì: "Questo è davvero il peggiore dei peccati! Benché tu discenda da saggibrahmana, sei stato concepito da una demonessa, perciò manifesti questo carattere riprovevole! L'uccisione diuna donna è condannata universalmente". Indrajit rispose: "È vero! Ma in guerra uno può fare qualunque cosapossa danneggiare il nemico. E per lei che tutti voi avete invaso Lanka; perciò uccidendola renderò vano il vostroscopo". Così dicendo, egli tagliò in due il corpo di Sita, mentre i vanara guardavano attoniti. Indrajit fu felice. Ivanara furono travolti da un profondo dolore.

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Vedendo Indrajit, i vanara cominciarono a fuggire. Hanuman cercò di sollevare il loro morale, e sotto la sua guidaripresero a combattere. Egli stesso sollevò un enorme macigno e lo gettò sul veicolo di Indrajit; ma il guidatoreriuscì a scansarlo brillantemente. Il macigno colpì il suolo e creò una grande buca. Seguì un ferocecombattimento tra i vanara e i demoni. Dopo un po' Hanuman ordinò ai vanara di ritirarsi, dicendo in lacrime:"Sita, per la cui liberazione stiamo combattendo, è morta. Dobbiamo riferire il fatto a Rama e a Sugriva, e poifare secondo le loro decisioni". Tutti obbedirono.Nel frattempo Indrajit decise di celebrare un'altra cerimonia religiosa per ottenere maggiore potenza in battaglia.E si diresse in un luogo chiamato Nikumbhila.Intanto Rama aveva inviato Jambavan ad aiutare Hanuman a combattere i demoni. Jambavan vide Hanuman chesi dirigeva da Rama, mostrando sul volto un immenso dolore. Hanuman s'avvicinò a Rama e disse: "Mentrecombattevamo, Indrajit ha ucciso la nobile Sita davanti ai nostri occhi". A queste parole, Rama cadde privo disensi. Lakshmana s'accasciò e pianse forte: "Se questo è potuto succedere a te, Rama, allora non c'è proprioverità nel credere che la felicità accompagna la virtù. Noi vediamo prosperare il malvagio Ravana, mentre tu cheper tutta la vita hai aderito alla virtù non hai avuto che infelicità! Si direbbe che la virtù abbia bisogno dellaprotezione della forza per ottenere la propria ricompensa, che è la felicità; ma allora essa è debole, e uno devescansare la debolezza e fare ricorso al potere. Rinunciando al tuo diritto al trono, tu hai rinunciato alla forza: da lìviene questa sconfitta. In questo mondo solo l'uomo ricco ha amici e parenti; solo lui è considerato un uomo, unsapiente, un eroe, intelligente, benedetto e virtuoso. Persino il Dharma e i piaceri sono possibili solo per lui; etutti gli rendono omaggio. Poiché hai rinunciato alla ricchezza, e sei andato nella foresta per onorare la parola dituo padre, tua moglie è stata rapita!... Ah, Rama, alzati. Perché non realizzi che tu sei l'Essere Supremo? Hodetto queste cose solo per destare la tua ira. Ora io stesso ucciderò tutti questi demoni!".In quel momento arrivò Vibhishana, e Lakshmana gli riferì quanto era successo. Allora Vibhishana disse a Rama:"Io conosco le intenzioni di Ravana verso Sita: egli non la farebbe mai uccidere. Si tratta sicuramente di untrucco di Indrajit, che è un adepto in magia. Ora egli sta per celebrare un grande rito religioso; se riuscisse aconcluderlo, diventerebbe ancora più potente. Ti prego, manda Lakshmana insieme a me, e faremo subitoquanto necessario".Ancora parzialmente scosso dalla terribile notizia della morte di Sita, Rama non comprese chiaramente le paroledi Vibhishana, e gli chiese di ripeterle. Vibhishana le ripeté e aggiunse; "Indrajit sta per celebrare un ritospaventoso in un luogo chiamato Nikumbhila. Se lo completasse, otterrebbe un'arma terribile chiamataBrahmasira: se riuscisse a ottenerla, potremo considerarci tutti morti. Io conosco il dono che ottenne da Brahma,che però gli disse: "Se prima che tu raggiunga Nikumbhila, o prima che completi il rito, qualcuno riuscisse aucciderti, sarebbe la tua fine". Perciò ora e solo ora è il momento di liberarsi di Indrajit. Se lui morisse, ancheRavana potrebbe considerarsi morto! Non c'è tempo da perdere: manda subito Lakshmana accompagnatodall'esercito a Nikumbhila; egli riuscirà a uccidere Indrajit".Rama comandò: "Lakshmana, parti subito con l'intero esercito e con tutti gli eroi vanara. Tu puoi ucciderefacilmente Indrajit in battaglia. Vibhishana ti accompagnerà: lui conosce tutti i trucchi del demone".Lakshmana affermò: "Oggi ucciderò quel terribile demone con i miei missili". Hanuman e un esercito di vanara, eVibhishana con i suoi compagni andarono con lui.Vibhishana consigliò i vanara: "Abbiamo quasi raggiunto la destinazione. Ora usate tutta la vostra forza ecombattete questi demoni con pietre, massi e alberi. Quando avrete sterminato l'esercito di Indrajit, lui inpersona si presenterà davanti a noi e potremo ucciderlo facilmente". Vanara e demoni si scontrarono e vi fu unferoce combattimento. I vanara combatterono furiosamente, con grandissimo entusiasmo. Perciò migliaia emigliaia di demoni caddero sul campo.Vedendo la strage di demoni, Indrajit si turbò e lasciò l'ombra del grande albero sotto il quale stava celebrando ilrito religioso, che non aveva concluso. Egli montò sul suo carro corazzato e ordinò al pilota di condurlo dov'eraHanuman, perché desiderava ucciderlo. Anche i demoni che erano con Indrajit attaccarono Hanuman con diversearmi e missili. Hanuman però rimaneva illeso.Lo stesso Indrajit vide Hanuman in piedi come una montagna sul campo di battaglia, e con grande ira gli tirònumerosi missili. Hanuman però non si tirò indietro, e disse al demone: "Combatti con me, se sei un eroe,Indrajit! Una volta che ti sarai avvicinato a me, non tornerai indietro vivo".Nello stesso tempo Vibhishana attirò l'attenzione di Lakshmana su Indrajit, e disse: "Vuole uccidere Hanuman!Ma prima che possa farlo, impegnalo in battaglia e uccidilo".Allora Vibhishana condusse Lakshmana laddove si trovava Indrajit, dove aveva cominciato il rito sacro.Vibhishana disse a Lakshmana; "Se Indrajit concludesse questo rito, diventerebbe invisibile e potrebbe uccidercitutti. Uccidilo prima che riesca". Lakshmana avanzò verso il demone e lo sfidò a duello. Indrajit vide Lakshmana,e vide al suo fianco anche Vibhishana. Rivolgendosi a Vibhishana, Indrajit disse: "Che vergogna! Tu sei uno dinoi, eppure stai dalla parte del nemico. Hai perso del tutto il senso della parentela e della giusta discriminazione.Attento! Chi abbandona il suo popolo e serve il nemico, quando i suoi saranno eliminati, verrà ucciso anche luidal nemico. Davvero ignobile è il modo in cui ci hai traditi".Vibhishana gli rispose: "Benché sia nato nella vostra razza, non ho mai condiviso la vostra natura. Io sonocontrario all'ingiustizia. Abbandonando la parentela di chi è ingiusto e dedito al male si ottiene la felicità. Tuopadre è crudele; egli ha tormentato i nobili saggi e sta cercando di sedurre la moglie di un altro. Ma soprattuttoegli stesso mi ha scacciato dalla sua corte e dal suo regno. Basta, Indrajit, la tua fine è vicina".Poi Indrajit disse a Lakshmana: "Oggi assaggerai ancora una volta il mio potere e la mia forza. Non ricordi chepochi giorni fa sia tu che Rama siete rimasti storditi dai miei missili? Oggi completerò l'opera". Lakshmana disse:"Non vantarti, eroe! Mostra piuttosto la tua potenza nell'azione. Tu ci hai feriti rimanendo invisibile ai nostri occhi.Combattere rimanendo nascosti non è azione degna di un eroe, ma di un ladro! Eccomi qui, vicino a te: spara!".Reso furente dallo scherno, Indrajit lasciò partire un gran numero di missili. Lakshmana fu gravemente ferito, marispose al fuoco. Il duello tra i due eroi era tumultuoso, e a guardarlo faceva rizzare i peli. Dopo qualche tempoVibhishana vide che il viso di Indrajit era un poco pallido, e disse a Lakshmana: "Il demone è stanco; attaccalovigorosamente". Lakshmana usò i suoi missili con buoni risultati: Indrajit fu un po' scosso. Ma la sua iraalimentava la sua forza, ed egli tirò sette missili contro Lakshmana, dieci contro Hanuman e cento contro

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Vibhishana.Noncurante di quest'attacco devastante, Lakshmana lanciò i suoi missili contro Indrajit e squarciò l'armatura deldemone. Ferito e sanguinando profusamente, Indrajit continuò a combattere. Lo scontro tra i due potenti eroicontinuò senza tregua; la sua importanza era senza precedenti.Passò molto tempo, ma i due eroi non si ritiravano né mostravano segni di stanchezza.Desiderando aiutare Lakshmana e affrettare la fine di Indrajit, Vibhishana esortò i vanara: "Perché state lì adosservare il duello? Indrajit è l'unico sostegno rimasto a Ravana. La sua morte significherà la morte dello stessoRavana, Potrei ucciderlo io stesso; ma siccome è mio nipote, quando mi avvicino ho pietà di lui. Riunitevi insiemee uccidete i suoi compagni, in modo che poi sarà più facile ucciderlo". Spronati in tal modo, i vanara siscagliarono violentemente contro i demoni, che a loro volta risposero attaccando il potente Jambavan. Indrajitcombatteva alternativamente contro Vibhishana e contro Lakshmana. Le loro azioni erano così rapide chenessuno riusciva a vederli sparare. Il cielo era oscurato dal fuoco, Infine il sole tramontò e l'oscurità avvolse laterra.Lakshmana colpì i 'cavalli' (motori) di Indrajit, e con un altro missile decapitò il pilota del suo carro. Senza farsiscoraggiare, Indrajit si mise alla guida del veicolo, continuando sempre a combattere. Gli eroi vanara saltaronosul veicolo e uccisero i cavalli (acquietarono i motori) del suo carro. L'astuto demone esortò i suoi guerrieri acombattere con maggior ferocia e, nel frattempo, sgusciò inosservato verso Lanka per procurarsi un altro carrocorazzato.Ancora una volta ci fu un feroce duello tra Lakshmana e Indrajit. Lakshmana fece cadere l'arma di Indrajit e locolpì sul petto, ferendolo gravemente. Indrajit rispose al fuoco. Lakshmana lanciò una grandinata di missili sututti i demoni e sullo stesso Indrajit. Di nuovo egli uccise il pilota del demone; ma questa volta Indrajit non se necurò, perché i 'cavalli' (motori) del nuovo veicolo potevano funzionare senza pilota! Tutti i missili che Indrajittirava a Lakshmana sembravano colpirlo e poi cadere. Pensando che Lakshmana avesse un'armaturaimpenetrabile, Indrajit lo colpì sulla fronte, e colpì allo stesso modo anche Vibhishana. Quest'ultimo, impugnandola sua mazza, uccise i cavalli del demone (fracassò i motori). Infuriato, Indrajit scagliò contro Vibhishana ungiavellotto, che Lakshmana riuscì ad intercettare.Sia Lakshmana che Indrajit cominciarono ad usare missili più potenti. Lakshmana intercettava i missili di Indrajitnell'aria, li neutralizzava e poi i due missili cadevano per terra. Lakshmana annullò un missile di Indrajit con unantimissile: il missile del fuoco del demone fu deviato dal suo missile del sole. Infine, prendendo un missile diIndra, Lakshmana disse: "Se Rama è devoto al Dharma e alla verità, che questo ponga fine alla vita di Indrajit".Il missile recise la testa di Indrajit, che cadde sul campo di battaglia. I demoni fuggirono. I vanara celebraronol'evento. Accompagnato da Vibhishana e Hanuman, e dagli altri capi vanara, Lakshmana si recò da Rama. Vibhishanaannunciò la gioiosa notizia che Lakshmana aveva ucciso il potente Indrajit. Immensamente felice, Rama lodòLakshmana più volte: "Tu hai compiuto l'impresa più difficile! ". Lakshmana fu modesto. Per l'affetto che avevaper lui, Rama lo tirò a sé con forza e ponendoselo in grembo gli baciò la testa e continuò a guardarlo con grandegioia e orgoglio. Infine disse a Lakshmana: "La vittoria è assicurata, ora che tu hai ucciso Indrajit in soli tregiorni. Adesso Ravana dovrà scendere di persona sul campo di battaglia con il suo esercito, e mi sarà faciledisfarmi di lui. Con il tuo aiuto, Lakshmana, potrò riavere Sita e conquistare anche il mondo intero".Udendo che Indrajit era stato ucciso, Ravana perse i sensi. Quando riprese coscienza si lamentò; "Ahimè, tu cheterrorizzavi gli dèi, Indra e persino il dio della morte, com'è possibile che mi hai preceduto, invece di compiereprima le mie esequie? Certo sei andato nel cielo più alto, dove ascendono coloro che danno la vita per la causadel loro sovrano. Questa è la via di tutti i nobili guerrieri. Oggi gli dèi, gli asceti e i brahmana dormiranno in pace:ma oggi il mondo intero mi appare desolato".Completamente sopraffatto da un'ira implacabile, Ravana pensò: "Ho ancora l'arma spaventosa che ottenni dalCreatore Brahma: con essa ucciderò Rama e Lakshmana, e tutti i loro guerrieri". E ancora: "Il mio amato Indrajitinscenò un trucco davanti ai vanara, e uccise una forma illusoria di Sita. Ora farò diventare vero quel trucco!Ucciderò Sita".Ravana impugnò la sua temibile spada e si precipitò nel boschetto di asoka. I demoni lo seguirono urlando digioia. Le sue mogli e anche i suoi ministri lo seguirono con apprensione.Vedendolo avvicinare con la spada in pugno, Sita si chiedeva preoccupata: "Sta venendo ad uccidere me, o haucciso Rama e Lakshmana? Quale può essere la causa delle urla di gioia dei demoni? Ahimè, che follia non averaccettato l'offerta di Hanuman di riportarmi da Rama".Intuendo le intenzioni di Ravana, il suo ministro Suparsva l'ammonì: "Maestà, ti prego, non soccombere all'iracommettendo questo crimine efferato. Uccidere una donna è completamente indegno della tua grandezza. Tu hairealizzato tutti i voti di un brahmana che conosce i Veda, e sei devoto ai tuoi doveri. Come puoi dunque pensaredi uccidere una donna? Volgi su Rama la tua collera, e senza dubbio lo ucciderai. Allora potrai fare di Sita la tuaconsorte!". Ravana si calmò e accettò il consiglio del ministro.Su ordine di Ravana l'intero esercito marciò verso il campo di battaglia. Presto demoni e vanara si scontrarono inun sanguinoso combattimento, che causò moltissimi morti e feriti da entrambi i lati. Per proteggere i vanara, lostesso Rama entrò in battaglia, e con la sua potente arma stroncò molti demoni. I demoni rimanevano stupefattidalla potenza inconcepibile di Rama, che era così rapido nel tirare i missili che essi non riuscivano neanche avedere dove si trovava! E gridavano: "Eccolo che uccide il contingente con gli elefanti; eccolo che uccide i nostricondottieri; eccolo che uccide fanti e cavalli". I demoni vedevano persino Rama l'uno nell'altro e si uccidevano tradi loro!Rama usò il missile che creava confusione: ulteriormente confusi, i demoni si videro intorno migliaia di Rama. Inseguito si resero conto che vi era un solo Rama. A volte vedevano solo l'arma da fuoco di Rama, ma non lui.Vedevano l'arma di Rama che aleggiava rapidamente come una spada incendiaria che uccideva i demoni: ma nonvedevano Rama. In tre ore duecentomila soldati e un gran numero di elefanti e cavalli erano stati uccisi dal soloRama, con la sua arma che emetteva lingue di fuoco.Rama disse ai suoi compagni: "Il potere di usare questi missili in tal modo è posseduto solo da me e daTryambaka".

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A Lanka le demonesse si riunirono in piccoli gruppi e si lamentarono: "Maledetta l'ora in cui l'orrenda, crudele evecchia demonessa Surpanakha ha guardato con occhi lussuriosi il leggiadro principe Rama! Dev'essere statocerto il nostro destino e quello di tutti i demoni a ispirarle di desiderare Rama. Ma anche dopo, Ravana ha avutotantissimi avvertimenti per rendersi conto della potenza di Rama: l'uccisione di quattordicimila demoni, di Khara,Dushana e Trisira, l'uccisione del potente Vali - tutto ciò avrebbe dovuto far desistere Ravana dal suo pianomalvagio. Ravana ha avuto anche il saggio consiglio di Vibhishana; e avrebbe potuto realizzare l'immenso poteredi Rama quando è stato ucciso Kumbhakarna, o almeno quando è stato ucciso Atikaya. Neanche la morte diIndrajit lo ha reso saggio! Ah, abbiamo perso tutti i nostri amici e parenti. Sì, la Morte stessa è venuta sottoforma di Rama. Abbiamo sentito che in risposta alle preghiere degli asceti oppressi, il Signore Shiva promise:"Una donna nascerà sulla terra per distruggere i demoni". Ravana ottenne da Brahma il dono dell'invincibilità, maignorò sprezzante gli esseri umani. Ora quest'uomo, Rama, è venuto certo a ucciderlo. Vibhishana è stato saggio,e ha chiesto in tempo la protezione di Rama. Noi però non abbiamo nessuno che ci protegga e non sappiamodove andare".Anche Ravana udì il lamento pietoso delle demonesse. Guardando furente i capi dei demoni che gli stavanointorno, egli ordinò di marciare! Tutti marciarono immediatamente verso il campo di battaglia con le loro divisioni.Rivolto ai comandanti Mahodara, Mahaparsva e Virupaksha, Ravana disse: "Oggi io stesso ucciderò Rama eLakshmana, vendicando così l'uccisione di Khara, Kumbhakarna, Prahastha e Indrajit. Le teste dei miei nemicirotoleranno a terra. Con la loro morte asciugherò le lacrime di coloro che hanno avuto uccisi figli e fratelli.Portate il mio carro corazzato. Portate le mie armi. Che l'esercito mi segua sul campo di battaglia".Ci fu la coscrizione generale: i capi demoni radunarono tutti i demoni abili di Lanka e li spinsero sul campo dibattaglia per il combattimento finale e decisivo. Ravana montò nel suo particolarissimo carro corazzato, cheincuteva sgomento persino ai demoni. Sul campo di battaglia, i guerrieri dicevano tra loro; "Ecco Ravana, il re deidemoni, accompagnato dalle sue insegne reali. Ecco colui che ha rapito Sita, quel malvagio che ha ucciso ibrahmana e ha terrorizzato persino gli dèi. Eccolo che viene a combattere contro Rama". Circondato dai suoicomandanti, Ravana si avvicinò alla porta presso la quale si trovavano Rama e Lakshmana. Vi furono molti cattivipresagi, ma Ravana andò avanti senza prestarvi attenzione.Ravana cominciò ad attaccare i vanara, che caddero in gran numero davanti a lui. Ponendo Sushena a capo diqueste forze vanara, Sugriva si portò nelle posizioni frontali dove infuriava la battaglia. Con una pioggia di massi,egli uccise innumerevoli demoni.Il demone Virupaksha venne in loro aiuto, combattendo da sopra un elefante. Egli diresse una scarica di colpicontro Sugriva, che però rimase illeso. Sollevando un grande albero, Sugriva colpì con esso l'elefante, che si ritiròbarrendo. Virupaksha saltò giù dall'elefante e si scagliò contro Sugriva.Sugriva prese un enorme macigno e lo lanciò contro Virupaksha, che comunque riuscì a scansarlo in tempo e acolpire Sugriva con la spada. La ferita fece perdere per qualche attimo i sensi a Sugriva, che però dopo un po' siriprese e colpì il demone con un pugno. Virupaksha colpì di nuovo Sugriva con la spada e lacerò la sua armatura.Sugriva cadde, ma rialzandosi subito sferrò un colpo sonoro sul petto del demone.Virupaksha schivò il colpo, e colpì a sua volta Sugriva con un pugno. Pieno di furia, Sugriva assestò un colpopotente e vigoroso sulla tempia di Virupaksha. Il demone morì vomitando sangue, con il sangue che gli uscivacome acqua da tutte le aperture del corpo.Le perdite furono pesantissime da entrambi i lati e i combattenti si erano ridotti notevolmente di numero. Ravanasi volse al demone Mahodara e gli disse: "Tutte le mie speranze sono ora legate a te, Mahodara: ti prego, vai inbattaglia".Mahodara giunse sul campo di battaglia pieno di zelo e d'entusiasmo, ma fu accolto da una grandinata di massi ealberi scagliati contro di lui dai vanara. Mentre i vanara assalivano i demoni, lo stesso Mahodara cominciò auccidere molti vanara con i suoi missili mortali. Alcuni fuggirono, mentre altri corsero a cercare aiuto da Sugriva .Il re dei vanara impegnò il demone in combattimento: sollevò prima un enorme macigno e lo scagliò contro dilui; poi gli tirò un grande albero. Ma con i suoi missili il demone fece a pezzi sia l'uno che l'altro. Sugriva raccolseda terra una clava e con essa uccise (acquietò) i cavalli (i motori) del veicolo di Mahodara.Mahodara attaccò Sugriva con la sua mazza ferrata; Sugriva rispose con la clava. Quando Mahodara lanciò la suamazza contro Sugriva, questi la intercettò con la sua clava. La mazza cadde e la clava si spezzò. Sugriva raccolseuna clava da terra e la scagliò contro il demone. Mahodara rispose con la mazza. I due eroi si scontrarono in ariae caddero a terra. Allora cominciarono a combattere a mani nude. Dopo aver lottato per un po', Mahodara preseuna spada e altrettanto fece Sugriva. Mahodara colpì l'armatura di Sugriva, ma questi imperterrito tagliò la testadel demone con la sua spada. Sugriva fu soddisfatto. Ravana s'infuriò, e Rama fu felice.Il demone Mahaparsva attaccò le forze di Angada. Grande fu la distruzione dei vanara per mano sua. Angada eradispiaciuto e furente. Afferrando una dava, egli la tirò al demone, che rimase temporaneamente stordito dalcolpo. Sfruttando questa opportunità, il potente eroe Jambavan distrusse il carro corazzato del demone.Riprendendo i sensi, Mahaparsva attaccò di nuovo Angada e gli altri eroi vanara, Gavaksha e Jambavan. Ancorauna volta Angada scagliò una clava contro il demone, facendogli cadere l'arma dalle mani e l'elmo dalla testa. Poiassestò un pugno poderoso sulla tempia del demone. Mahaparsva scagliò un'ascia dall'aspetto terribile controAngada, che fortunatamente riuscì a schivarla. Stringendo forte il pugno, Angada mirò un colpo potente sullaparte vitale del demone. Quando il pugno lo colpì al petto con la forza del fulmine, il suo torace si aprì e ildemone cadde morto. Vedendo questo, Ravana rimase ulteriormente confuso e pieno di collera . I vanaragioirono.Ravana disse al suo pilota: "Andiamo! Ucciderò io stesso Rama e Lakshmana, distruggendo così alla radice ilmalvagio esercito che ha causato tante perdite al mio popolo". Ravana lanciò un missile tremendo che diffusel'oscurità, e uccise numerosi vanara. Allora Rama si fece avanti per sfidare Ravana, e i demoni cominciarono acadere a frotte. Lakshmana attaccò Ravana, che neutralizzò facilmente tutti i suoi missili. Poi Ravana si diressecontro lo stesso Rama, e gli tirò una grandinata di proiettili. Ma Rama li intercettò tutti con un antimissilechiamato bhalla.Ravana colpì Rama, che però rimase illeso e lanciò al demone il terribile missile dedicato a Rudra. Ravana non fuscosso, e cominciò a usare missili diabolici che sembravano avere le teste di leoni, tigri, avvoltoi, sciacalli,

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serpenti, asini, verri, cani, galli, alligatori, ecc. Notando questo, Rama usò i missili dedicati al dio del fuoco, cheavevano teste che ricordavano il fuoco, il sole, la luna, le comete, i pianeti e le dimore lunari. I missili di Ramaneutralizzarono in aria quelli di Ravana.Ravana lanciò il missile di Rudra, dal quale scaturirono diverse armi: mazze, clave e tridenti dotati di forzaadamantina. Per contrastarne l'effetto Rama usò il missile gandharva. Quindi Ravana usò il missile del dio delsole, che diede vita a numerosi dischi dal potere distruttivo inconcepibile; ma Rama se ne liberò efficacementecon la propria arma. Con un colpo Lakshmana strappò lo stendardo di Ravana, poi uccise il suo pilota e distrussepersino una sua torretta armata.Ravana si volse furioso contro Vibhishana e gli lanciò un'arma tremenda chiamata shakti. Lakshmana laintercettò, ed essa cadde liberando terribili faville di fuoco. Ora Ravana si volse arrabbiato contro Lakshmana:"Giacché difendi Vibhishana, con questa shakti ti toglierò la vita". L'arma era molto potente e infallibile e, mentrevolava verso Lakshmana, Rama pregò! Lakshmana fu colpito e rimase incosciente. Pur turbato profondamente,Rama si fece forza e continuò a combattere con furore. I vanara però non riuscivano a estrarre shakti dal corpodi Lakshmana; perciò doveva farlo Rama. Ma mentre questi soccorreva il fratello, Ravana gli tirò parecchi colpi.Adirato, Rama disse ai vanara; "Proteggete Lakshmana, mentre io mi occupo di Ravana e libero il mondo dallasua presenza. Per colpa sua ho sopportato molto dolore; ma quando l'avrò ucciso tutto il dolore svanirà. Percolpa sua ho dovuto portare in guerra molti vanara. Uccidendo Ravana, oggi farò un'azione che verrà ricordata erievocata per tutto il tempo a venire". Incapace di difendersi dai terribili missili ora usati da Rama, Ravana fuggì.Quando Ravana si ritirò dalla battaglia, Rama tornò da Lakshmana. Vedendolo a terra svenuto, come morto,Rama fu preso dallo sconforto e si lamentò: "Vedendo steso in un lago di sangue il mio amato fratello a me piùcaro della stessa vita, non ho la forza di combattere. L'arma mi cade dalle mani; le mie gambe vacillano. C'è inme un forte desiderio di morire. Che cosa otterrò con la vittoria, quando mio fratello non c'è più? Come mipresenterò ai miei senza di lui? Egli mi ha seguito nella foresta, io lo seguirò nella morte".Il vanara Sushena cercò di confortare Rama dicendo: "Lakshmana non è morto. Perciò non affliggerti". E poidisse ad Hanuman: "Va' subito sul monte Mahodaya a prendere le erbe rivitalizzanti che hai già preso inprecedenza".Hanuman conosceva la rotta, che gli era stata indicata prima da Jambavan. Andò lì celermente e tornò presto.Ponendo la cima del monte davanti a Sushena disse; "Non sono riuscito a vedere le erbe; perciò lo portato lacima del monte". Sushena trovò le erbe, le schiacciò e le somministrò a Lakshmana.Inalando le erbe, Lakshmana riprese i sensi. Rama fu felice, ma continuò ad essere sentimentale e ripeté: "Se tunon fossi tornato in vita, la mia vittoria sarebbe stata inutile". Quando gli fu ricordata la gravità della situazione,Rama aprì il fuoco sull'esercito di Ravana. Ben presto arrivò lo stesso Ravana nel suo carro corazzato e coprìRama con i suoi proiettili. Vedendo che Ravana aveva un veicolo corazzato e Rama era a piedi, Indra, il re deglidèi, inviò rapidamente il suo carro corazzato con il suo auriga Matali. Il carro corazzato di Indra aveva 'cavalliverdi'. Matali fermò il carro davanti a Rama e disse: "Indra ha mandato il suo veicolo e le sue potenti armi,inclusa la shakti, perché tu possa usarli e ottenere la vittoria".Nella cruenta battaglia che seguì, Ravana scagliò un missile che si trasformò in serpenti velenosi; ma Rama lineutralizzò usando un altro missile che liberò aquile nell'aria, Infuriato, Ravana usò missili ancora più potenti eassalì Rama, impedendogli di usare liberamente la sua arma. Gli esseri celesti incitavano Rama e i demoniincitavano Ravana. Quest'ultimo prese un'arma terribile, un tridente duro come il diamante, infuocato, dallepunte acutissime, che produceva un suono fragoroso, e disse: "Rama, quando lancerò quest'arma, morirai".Mentre s'avvicinava a lui, Rama tentò d'intercettarlo con i suoi missili, che però furono ridotti in cenere daltridente. Infine Rama usò la shakti di Indra. Intercettata dalla shakti nel cielo; il tridente si spaccò e cadde aterra. Rama continuò attaccando a sua volta Ravana.Tormentato dai missili di Rama, il re dei demoni Ravana s'infuriò terribilmente e coprì di fatto Rama con il suofuoco. Rama tuttavia intercettò con successo tutti i missili del demone. In questa temibile battaglia, e nellapolvere e nel fuoco sollevati dal combattimento, non si riuscivano a vedere neanche Rama e Ravana.Ridendo con scherno, Rama disse a Ravana: "Sono certo che pensi di essere un grande eroe, Ravana. Ma non losei! Il fatto stesso che hai rapito mia moglie Sita a Janasthana senza che io lo sapessi prova che non sei un eroe!Hai messo le tue mani sulla moglie di un altro mentre ella non era protetta, eppure ti consideri un eroe! Orasubirai le conseguenze di quell'azione malvagia e meschina. Senza vergognarti hai rapito Sita mentre era sola: seavessi tentato di farlo in mia presenza, avresti raggiunto Khara all'altro mondo. Per fortuna ti sei presentatodavanti a me. Staccherò la tua testa dal corpo, e le bestie feroci e gli avvoltoi mangeranno la tua carne".L'ira di Rama aumentò la sua forza e il suo valore. In quel momento i missili divini si portarono, per così dire,davanti a lui, e la gioia che riempiva il suo cuore per l'imminente distruzione di Ravana gli permetteva di spararein maniera facile e fulminea.Rama percepì buoni presagi, e ne fu molto incoraggiato. Egli combatté con grande furia, e Ravana fu sopraffattodai suoi missili. Vedendo la totale confusione di Ravana, il suo guidatore condusse il carro lontano dal campo dibattaglia.Quando Ravana si rese conto di ciò che il pilota aveva fatto, gli disse pieno di collera: "Tu hai disonorato il mionome, Hai gettato vergogna sul mio valore. La mia gloria è stata offuscata dalla tua vile azione. Mentre il nemicostava davanti a me e io ero ansioso di combatterlo, tu hai guidato il carro lontano dal campo di battaglia! Se nonmi riporti subito sul posto di combattimento sarò costretto a concludere che sei stato corrotto dal nemico permacchiare la mia reputazione". Il pilota spiegò; "Signore! È dovere di un buon conducente essere consapevoledelle condizioni e della forza del suo padrone, delle condizioni del campo di battaglia, e della forza e delladebolezza del nemico; egli deve sapere quando attaccare e quando ritirarsi. Considerando tutto questo evedendo che eri affaticato, temendo che potessi essere sopraffatto dal nemico, ho agito solo nel tuo interesse.Quello era il mio dovere. Ora che mi ordini di riportare il carro in battaglia, lo faro senza indugio, compiendo ilmio dovere verso il mio signore, i cui favori non ho dimenticato".Il saggio Agastya apparve sul luogo della battaglia insieme agli dèi, e vedendo che Rama era stanco per il lungocombattimento con Ravana, gli disse:"O Rama! Ascolta attentamente questo segreto. È il cuore del sole: la sua ripetizione costante conduce alla

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vittoria, ad ogni buon auspicio e alla distruzione dei nemici. Adora il sole! Egli è l'essenza stessa di tutti gli dèi, esolo lui protegge tutti gli esseri. Egli è il controllore dei corpi celesti. Egli è lo splendore degli splendori. Pregalocosì:"M'inchino ai monti orientali che salutano il sole al mattino e ai monti occidentali che da lui si congedano la sera.M'inchino al Signore di tutte le costellazioni e del giorno e della notte. M'inchino a lui, vittorioso e fausto, il cuisuccesso è di beneficio al mondo; i cui cavalli verdi indicano la sua generosità e benevolenza. M'inchino a lui,feroce e coraggioso, che avanza nello spazio raccogliendo l'essenza di tutti gli elementi del mondo fenomenico.M'inchino all'entusiasmo che ispira il sole, alla cui presenza si schiudono i fiori di loto. M'inchino al Signorecreatore, sostenitore e distruttore; alla personalità effulgente, eminente e colta che tutto consuma, e che guardafurente e minaccioso al male. M'inchino al Signore della luce, distruttore delle tenebre e della nebbia; al dio digratitudine immensa, il cui splendore nuoce solo a chi gli è ingrato. M'inchino a colui che splende come l'oro fuso,il cui volto infuocato nasconde un cuore generoso; a colui che ha formulato e segue le leggi dell'intera creazione,e le dona luce disperdendo le tenebre". "Il sole, o Rama, è il creatore e il distruttore di tutto, sveglio anche in chi dorme, signore di tutte le azioni. Coluiche adora il sole non dispera, ma supera le paure e le calamità. Ora stesso tu vincerai Ravana". Detto questo,Agastya si ritirò. Rama sorseggiò dell'acqua, guardò il sole, recitò la preghiera e avanzò contro Ravana con ilcuore colmo di gioia.Nel frattempo il pilota di Ravana aveva riportato il carro sul campo di battaglia. Rama disse a Matali: "Ti prego,stai calmo e attento, perché è giunto il momento di uccidere il demone. È vitale che tu non sia confuso o presodall'ansia, ma guidi con attenzione e destrezza. Sono sicuro che essendo il pilota di Indra, non hai bisogno che tidica queste cose. Tuttavia te le ricordo non per ammonirti, ma perché tutto il mio essere è concentrato in questocombattimento!".La battaglia finale tra Rama e Ravana cominciò. Ravana vide moltissimi cattivi presagi. Rama vide molti buoni efausti auspici. Conoscendone il significato, Rama fu felice; e questo accrebbe molto la sua forza e il suo valore.Quando Rama e Ravana cominciarono a combattere, i loro eserciti rimasero stupiti a guardarli! Rama eradeterminato a vincere. Ravana era sicuro di morire. Sapendo questo, essi combatterono con tutta la loro energia.Ravana mirò allo stendardo sul carro di Rama; e Rama tirò similmente allo stendardo di Ravana. Ma mentrequello di Ravana cadde, quello di Rama restò in alto. Poi Ravana mirò ai 'cavalli' (motori) del carro di Rama; manonostante li attaccasse con tutte le sue forze, essi rimasero intatti.Tutti e due usarono migliaia di missili, che illuminarono lo spazio e vi crearono quasi un nuovo cielo! Ambedueerano precisi e i loro missili colpivano immancabilmente il bersaglio. Con zelo incessante, essi si combatteronosenza mostrare il minimo segno di stanchezza. Quello che faceva l'uno, per contro faceva anche l'altro.Ravana tirò a Matali, che però rimase illeso; poi lanciò una pioggia di mazze e magli contro Rama. Lo stessosuono che produssero agitò gli oceani e tormentò le creature acquatiche. Gli esseri celesti e i santi brahmana cheguardavano pregarono: "Possa la buona sorte arridere a tutti gli esseri viventi, possa il mondo durare persempre. Possa Rama vincere Ravana". Stupiti dal modo in cui si combattevano Rama e Ravana, i saggi dicevano:"Il cielo è come il cielo, l'oceano è come l'oceano; il combattimento tra Rama e Ravana è come Rama e Ravana:incomparabile".Prendendo un missile potente, Rama mirò preciso alla testa di Ravana, che cadde. Ma un'altra cesta apparve alsuo posto. Ogni volta che Rama recideva la testa di Ravana, ne appariva un'altra! Rama era perplesso. Il suoauriga Matali gli disse: "Perché combatti come un comune guerriero, Rama? Usa il missile di Brahma. L'ora dellamorte del demone e giunta", Rama si ricordò del missile di Brahma che gli aveva dato il saggio Agastya. Essoaveva come 'ali' il potere del dio del vento, come testa il potere del fuoco e del sole; l'intero spazio era il suocorpo; aveva il peso di una montagna e brillava come il sole o il fuoco di nemesi. Quando Rama lo prese nellesue mani, la terra tremò e tutti gli esseri viventi furono terrorizzati. Infallibile nel suo potere distruttivo,quest'arma di distruzione estrema mandò in frantumi il petto di Ravana ed entrò profondamente nella terra.Ravana cadde morto. I demoni superstiti fuggirono, inseguiti dai vanara. I vanara urlarono in gran giubilo. L'ariarisuonò dei tamburi celesti. Gli dèi lodarono Rama. La terra tornò calma, il vento soffiò dolcemente e il sole tornòa splendere come prima, Rama fu circondato dai potenti eroi e dagli dèi, che si congratularono con lui per lavittoria.Vedendo Ravana giacere a terra morto, Vibhishana scoppiò in lacrime. Sopraffatto dall'affetto fraterno, silamentò: "Ahimè, quello che avevo predetto si è avverato. Tu non hai accolto il mio consiglio, preso com'eri dallalussuria e dall'illusione. Ora che sei andato via, anche la gloria di Lanka è andata via con te. Tu eri come unalbero fermamente radicato nell'eroismo, che aveva come forza l'ascetismo e manifestava fermezza in ogniaspetto della tua vita: eppure sei stato abbattuto. Tu eri come un elefante di grande splendore e nobile dinastia,pieno d'indignazione e affabilità: eppure sei stato ucciso. Tu, che eri come un fuoco ardente, sei stato estinto daRama", Rama s'avvicinò all'affranto Vibhishana e con amore e gentilezza gli disse: "Non è giusto che ti dolga cosìper un potente guerriero caduto in battaglia. La vittoria non è monopolio di alcuno: un eroe o viene ucciso inbattaglia o uccide il suo avversario. Perciò i nostri antichi saggi decretarono che non bisogna piangere per unguerriero ucciso in combattimento . Alzati e pensa a cosa bisogna fare adesso".Vibhishana riacquistò la sua compostezza e disse a Rama: "Ravana dava molto in carità agli asceti; si godeva lavita; teneva bene i suoi servi; divideva le sue ricchezze con gli amici, e distruggeva i suoi nemici. Era regolarenelle sue osservanze religiose e conosceva bene le Scritture. Con la tua grazia, Rama, vorrei celebrare il suofunerale secondo le Scritture, per il suo benessere nell'altro mondo".Rama fu contento e rispose: "L'ostilità termina con la morte. Fai pure le debite preparazioni per il rito funebre.Egli è tanto tuo fratello quanto mio".Le cortigiane e le mogli di Ravana, udendo della sua morte, corsero fuori del palazzo e, giunte sul campo dibattaglia, si rotolarono a terra in preda all'angoscia.Piangendo sopraffatte dal dolore, esse manifestarono i loro sentimenti in diversi modi strazianti: "Ahimè, coluiche non poteva essere ucciso in battaglia né dagli dèi né dai demoni è stato ucciso da un uomo di questa terra!Nostro amato signore! Certo quando hai rapito Sita e l'hai portata a Lanka, hai invitato la tua morte! E siccome latua morte era alle porte, non hai ascoltato il saggio consiglio di Vibhishana, e l'hai trattato male ed esiliato.

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Anche dopo, se avessi restituito Sita a Rama, questa cattiva sorte non si sarebbe abbattuta su di te. Tuttavia oranon sei morto perché facevi quello che desideravi, o perché ti facevi prendere dalla lussuria; la volontà di Dio fafare alle persone diverse azioni. Muore chi viene ucciso dalla volontà divina. Nessuno può sfuggire alla volontàdivina, nessuno può comprarla o corromperla".Inconsolabile nel suo dolore, Mandodari, la moglie di Ravana, si lamentò; "Signore, nessuno nei tre mondi potevaconquistarti. Neanche Indra e gli dèi potevano affrontarti: com'è possibile che un mero mortale ti abbia ucciso?Di sicuro questo Rama non è altri che l'Essere Supremo, senza inizio, mezzo o fine, il più grande tra i grandi,eterno e inamovibile. Egli ha preso questa forma umana per il bene di tutti gli esseri. Circondato da dèi nellesembianze di vanara, avendo prima conquistato i sensi, ora egli ti ha ucciso. Ciò era evidente fin da quandouccise Khara, e quando Hanuman devastò Lanka per grazia sua. Ahimè, condannato dal destino hai cercato disedurre Sita. In quell'occasione non sei stato ridotto in cenere perché il dio del fuoco aveva paura di te. Ma nonsi può sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni. Vibhishana, che prese rifugio in Rama, ora gode di buonafortuna, mentre tu che hai peccato contro di lui sei morto. Non era necessario per te cercare Sita: ella non mi èaffatto pari in bellezza, discendenza o cultura. Ma cercando lei, tu cercavi la tua morte. Ahimè, come andavamofelici sulle montagne: ora il tuo bel corpo è stato distrutto dai missili di Rama. È difficile credere che tu che eri ilterrore di dèi, demoni, saggi e asceti, e adepto nella magia, abbia potuto fare questa fine. Ora sei partito,portando con te il tuo karma; ma noi restiamo sole. Certo il mio cuore è duro: come posso vivere quando tu seimorto? Guarda come noi vedove siamo uscite di corsa dai nostri appartamenti senza i veli: come mai non seiadirato per questo? Ho sentito dire che le lacrime di una moglie fedele non sono mai versate invano: le lacrimeversate da Sita hanno causato la tua fine. Le maledizioni di tutte le caste donne da te molestate hanno prodottoquesto frutto amaro". Mentre continuava a lamentarsi, le altre donne cercarono di consolarla: "Orsù, nondisperare. Non sai che le fortune dei re sono fugaci?".Rama invitò Vibhishana a celebrare i riti funebri. Vibhishana pensava: "Ravana era malvagio, e se io lo onorassicelebrando i suoi riti funebri, il popolo mi guarderebbe con disprezzo". Ma Rama ribadì il suo pensiero: "L'ostilitàtermina con la morte. Egli è tanto tuo fratello quanto mio. Che i riti procedano".I brahmana che conoscevano le ingiunzioni delle Scritture prepararono la pira funeraria seguendo strettamente leregole vediche. Verso la fine del rito, Vibhishana diede fuoco alla pira funeraria.Tutti tornarono in città. Quando le donne di corte rientrarono nel palazzo, Vibhishana restò in piedi vicino aRama, guardandolo umilmente. Rama aveva deposto la sua arma e i missili una volta per sempre, ed era tornatodolce e gentile come prima.

[NOTA: La menzione specifica di brahmana e anche di riti vedici mostra che i demoni non erano esseri distintidagli umani, ma che solo il loro comportamento era diabolico.]

Rama fece ritorno all'accampamento dove stazionavano le truppe vanara. Quindi si rivolse a Lakshmana dicendo:"Fratello, installa Vibhishana sul trono e consacralo re di Lanka. Egli mi ha reso un servizio inestimabile edesidero vederlo subito sul trono di Lanka".Senza perdere un attimo, Lakshmana fece i preparativi necessari e con l'acqua dell'oceano consacrò Vibhishanare di Lanka, seguendo strettamente le ingiunzioni delle Scritture. Rama, Lakshmana e gli altri gioirono. I capi deidemoni portarono i loro tributi e li offrirono a Vibhishana, che a sua volta li pose ai piedi di Rama.Rama disse ad Hanuman: "Con il permesso di re Vibhishana, ti prego di andare a informare Sita della morte diRavana e che io e Lakshmana stiamo bene". Hanuman parti subito per il boschetto di asoka. L'addolorata Sita fufelice di vederlo. Con le mani giunte, Hanuman riferì il messaggio di Rama e aggiunse: "Rama vuole che ti dicache non devi avere più paura, perché ora che Vibhishana è re di Lanka sei come a casa tua".Per un attimo Sita fu senza parole, poi disse. "Sono felice del messaggio che mi hai portato, Hanuman. Non trovoparole. Mi dispiace che adesso non ho nulla per ricompensarti; né alcun dono sarebbe all'altezza dellemeravigliose notizie che mi hai portato".Hanuman rispose umilmente: "Signora, le stesse parole da te pronunciate sono più preziose di tutti i gioielli delmondo! Mi considero supremamente beato di aver visto la vittoria di Rama e la morte di Ravana". Ancora piùfelice, Sita disse; "Solo tu, Hanuman, puoi pronunciare parole tanto dolci, ricco come sei di tantissime qualità.Davvero tu sei dimora di molte virtù", Hanuman disse: "Ti prego, dammi il permesso di uccidere questedemonesse che ti hanno a lungo tormentato". Sita rispose; "No, Hanuman, esse non sono responsabili delle loroazioni, perché hanno solo obbedito agli ordini del loro padrone. È stato il mio cattivo destino che mi ha fattosoffrire per mano loro. Perciò le perdono. L'uomo nobile non riconosce il male fattogli dagli altri; e non si vendicamai, perché egli è l'incarnazione della bontà. Bisogna essere compassionevoli con tutti, buoni e cattivi, e anchecon coloro che meriterebbero la morte: chi è libero da peccato?".Commosso dalle parole di Sita, Hanuman disse "Davvero tu sei la nobile consorte di Rama, a lui pari in virtù enobiltà. Ti prego di darmi un messaggio da portare a Rama". Sita rispose: "Ti prego di dirgli che desideroardentemente vedere il suo volto". Assicurandole che lo avrebbe visto quel giorno stesso, Hanuman tornò daRama.Hanuman riferì il messaggio di Sita a Rama, che volgendosi a re Vibhishana disse: "Ti prego, porta al più prestoSita da me, dopo che avrà fatto un bagno e si sarà adornata". Vibhishana andò subito da Sita e la fece portareda Rama seduta in un palanchino. Vanara e demoni l'attorniarono, ansiosi di vederla. Secondo la tradizione,Vibhishana voleva che nessuno vedesse Sita; perciò fece allontanare tutti. Fermandolo, Rama disse: "Perché lirimproveri, Vibhishana? Né case né vestiti né mura fungono da velo per una donna; solo il carattere è il suo velo.Che scenda dal palanchino e cammini verso di me". E così ella fece.Rama disse duramente: "Sita, il mio scopo è stato raggiunto. Tutti hanno visto il mio valore. Ho adempiuto la miapromessa. La malvagità di Ravana è stata punita. L'impresa straordinaria di Hanuman ha dato frutto. Ladevozione di Vibhishana è stata ricompensata". Il cuore di Rama era in conflitto, timoroso com'era dello schernopubblico. Perciò continuò: "Desidero che tu sappia che tutto questo non è stato fatto per te, ma per mantenere ilmio onore. La tua condotta è aperta al dubbio, perciò anche la tua vista mi è spiacevole. Il tuo corpo è statotoccato da Ravana: e come potrei toccarti io, che appartengo a una nobile famiglia? Perciò ti permetto d'andare

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dove vuoi e di vivere con chi vuoi: Lakshmana, Bharata, Satrughna, Sugriva o anche Vibhishana. Mi è difficilecredere che Ravana, che ti desiderava tanto, sia stato capace di tenersi lontano da te per tanto tempo".Sita fu scossa. Le parole di Rama ferirono il suo cuore. Le sue guance s'inondarono di lacrime. Asciugandole, ellarispose: "O Rama, tu mi parli nel linguaggio di un uomo comune e volgare che parla a una donna comune.Quello che era sotto il mio controllo, il mio cuore, è stato sempre tuo. Come potevo impedire che il mio corpofosse toccato quando ero indifesa e sotto il dominio di un altro? Ah, se solo mi avessi fatto sapere del tuosospetto quando Hanuman è venuto a cercarmi, mi sarei tolta la vita allora e ti avrei risparmiato tutti questi guaie il rischio implicito nella guerra". Rivolgendosi al cognato, ella disse: "Accendi il fuoco, Lakshmana: è l'unicorimedio. Non vivrò sopportando questa calunnia".Lakshmana guardò Rama e con la sua approvazione accese il fuoco. Sita pregò: "Se il mio cuore è stato sempredevoto a Rama, che il fuoco mi protegga. Se sono stata fedele a Rama in pensieri, parole ed opere, che il fuocomi protegga. Il sole, la luna, il vento, la terra e altri sono testimoni della mia purezza; che il fuoco mi protegga",Poi ella entrò nel fuoco, come un'oblazione gettata nel fuoco sacro. Gli dèi e i saggi erano testimoni. Le donneche guardavano si misero a urlare.Rama fu commosso fino alle lacrime dalle urla strazianti delle donne che assistevano all'auto-immolazione di Sita.Intanto tutti gli dèi, compresa la Trinità - il Creatore, il Conservatore e il Redentore (o il Trasformatore) - giunserosul posto nelle loro forme personali. Salutando Rama, essi dissero: "Tu sei l'eccelso tra gli dèi, e tuttavia trattiSita come se fossi un comune essere umano!".Rama rispose alle divinità: "Io mi considero un essere umano, Rama, figlio di Dasaratha. Chi io sia e da doveprovenga, potete dirmelo voi!".Brahma, il Creatore, disse: "In verità tu sei il Signore Narayana. Tu sei l'Essere cosmico imperituro. Tu sei laverità. Tu sei eterno, Tu sei il Dharma supremo dei mondi. Tu sei il padre di Indra, il re degli dèi. Tu sei il solorifugio dei santi e degli esseri perfetti. Tu sei l'Om, tu sei lo spirito del sacrificio. Tu sei l'essere cosmico che hainfinite teste, mani e occhi. Tu sei il sostegno dell'intero universo. L'intero universo è il tuo corpo. Sita è Lakshmie tu sei il Signore Vishnu, che è di colorito scuro ed è il creatore di tutti gli esseri. Tu sei entrato in un corpoumano per distruggere Ravana. Tu hai realizzato pienamente il nostro scopo. È una benedizione essere alla tuapresenza; è una benedizione cantare le tue glorie. Sono veramente beati quelli che ti sono devoti, poiché la lorovita sarà colma di successo". Non appena Brahma terminò di parlare, il dio del fuoco emerse dalle fiamme nellasua forma personale, sostenendo Sita con le sue mani. Sita brillava di tutto il suo splendore. Il dio del fuoco,testimone di tutto ciò che accade nel mondo, disse a Rama: "Ecco la tua Sita, Rama. Io non trovo alcuna colpa inlei. Ella non ha errato, in pensieri, parole o opere. Anche durante il suo lungo periodo di detenzione nella dimoradi Ravana, ella non lo ha neanche pensato, poiché nel suo cuore c'eri sempre e solo tu. Accettala: non trattarladuramente e non nutrire il minimo dubbio su di lei".Estremamente felice di come erano andate le cose, Rama disse: "In verità, ero pienamente consapevole dellapurezza di Sita. Neanche il potente e malvagio Ravana poteva mettere le mani su di lei con cattive intenzioni.Tuttavia questo battesimo con il fuoco è stato necessario, per evitare le calunnie e lo scherno del popolo; perchésebbene fosse pura, ella ha vissuto a Lanka per molto tempo. Io sapevo anche che Sita non mi sarebbe maistata infedele: poiché noi non siamo differenti l'uno dall'altra, come il sole e i suoi raggi. Perciò per me èimpossibile rinunciare a lei".Detto ciò, Rama fu felicemente riunito a Sita.Poi il signore Shiva disse a Rama: "Tu hai compiuto un'impresa difficilissima. Ora guarda tuo padre, l'illustre reDasaratha, che appare nel firmamento per benedirti e salutarti."Rama e Lakshmana videro quel grande monarca, loro padre, avvolto in un abito di purezza luminoso del propriosplendore. Ancora seduto nel suo veicolo celeste, Dasaratha sollevò Rama e, ponendoselo in grembo, l'abbracciòteneramente e disse: "Né il paradiso né l'omaggio degli dèi è per me tanto piacevole quanto rivedere te, Rama.Sono felice di vedere che hai completato con successo il periodo del tuo esilio e che hai distrutto tutti i tuoinemici. Ancora adesso le crudeli parole di Kaikeyi mi tormentano il cuore; ma rivedendoti e abbracciandoti, queldolore svanisce. Mantenendo la mia parola, tu mi hai salvato. Solo ora riconosco che sei la Persona Supremaincarnatasi in questo mondo come essere umano per uccidere Ravana".Rama disse; "Ricordi che dicesti a Kaikeyi 'Io ripudio te e tuo figlio'? Ti prego, ritira quella maledizione, perchéessa non affligga Kaikeyi e Bharata". Dasaratha fu d'accordo. Poi egli si rivolse a Lakshmana: "Sono contento dite, figlio mio; tu hai guadagnato un grande merito con il servizio fedele reso a Rama".Infine re Dasaratha disse a Sita: "Amata figlia mia, non prendertela per la prova del fuoco alla quale Rama ti hacostretto a sottoporti: essa era necessaria per rivelare al mondo la tua assoluta purezza. Con la tua condotta seistata esaltata sopra tutte le donne". Dopo avere parlato con loro, Dasaratha ascese in cielo.Prima di congedarsi da Rama, Indra pregò: "La nostra visita a te non dev'essere infruttuosa, Rama. Comandami,cosa posso fare per te?". Rama rispose: "Se davvero sei compiaciuto di me, allora prego che tutti i vanara chehanno dato la loro vita per me possano tornare a vivere. Desidero vederli allegri e vigorosi come prima. Desideroanche vedere il mondo intero fertile e prosperoso".Indra rispose: "Questa è davvero una cosa molto difficile; tuttavia non ritiro la mia parola, e quindi esaudirò latua preghiera. Tutti i vanara torneranno in vita nelle loro forme di prima, con tutte le ferite sanate . E come tu haichiesto, il mondo sarà fertile e prosperoso". In quell'istante tutti i vanara risuscitarono dai morti e s'inchinarono aRama. Gli altri che erano testimoni furono pieni di meraviglia, e gli dèi videro che Rama aveva avuto appagatitutti i suoi desideri. Infine gli dèi fecero ritorno alle loro rispettive dimore.Vibhishana s'avvicinò a Rama e gli disse: "Ti prego, Rama, ti è stato preparato un bagno, e anche vestiti eornamenti da indossare".Rama però rispose: "Che me ne faccio di bagno, vestiti e ornamenti, se prima non vedo il nobile Bharata? OVibhishana, puoi trovare un modo che ci consenta di tornare rapidamente ad Ayodhya?".Vibhishana rispose: "Certamente, Rama. Farò in modo che possiate tornare ad Ayodhya in un solo giorno.Abbiamo qui il velivolo celeste chiamato Pushpaka che mio fratello Ravana strappò con la forza a Kubera, il diodella prosperità. Ora è in mio possesso, ma al tuo servizio. Esso somiglia ad una nuvola e come una nuvola ècapace di volare nel cielo; con esso potrai raggiungere facilmente Ayodhya senza alcun problema".

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Vibhishana fece portare subito l'aeromobile chiamato Pushpaka. Questo era come un grande palazzo; splendentecome il sole, fatto interamente di oro e diamanti. Persino Rama rimase senza parole nel vederlo.Poi Rama disse a Vibhishana: "Tutti questi vanara, e altri, ti hanno aiutato a portare a compimento la tua grandemissione . Perciò è giusto che li onori e li ricompensi con ricchezze e gioielli".Vibhishana fece secondo il desiderio di Rama. Dopo avere assistito alla distribuzione dei doni, Rama si preparò apartire per Ayodhya. Prima di salire a bordo del velivolo egli si rivolse ai capi vanara riuniti: "Voi mi aveteconsiderato come vostro amico, e mi avete reso un grandissimo servizio. Ora potete tornare alle vostre dimore. OSugriva, anche tu ora puoi tornare a Kishkindha accompagnato dalle tue truppe. Vibhishana, ti prego, consolida ilregno di Lanka, che adesso è tuo. Con il vostro permesso, faccio ritorno ad Ayodhya".A nome dei capi vanara e dei principali demoni, Víbhishana espresse a Rama il loro desiderio: "Anche noi, Rama,desidereremmo accompagnarti ad Ayodhya. Siamo tutti desiderosi di assistere alla tua incoronazione. Inoltrevorremmo tributare personalmente i nostri omaggi a madre Kausalya. Per favore, esaudisci la nostra preghiera".Felice di udire questo, Rama rispose: "Certamente, il vostro desiderio aumenta la mia gioia e intensifica la miadelizia. Il mio ritorno ad Ayodhya circondato da tutti i miei amici, aumenterà la gioia e la felicità di Bharata e ditutti coloro che ci stanno aspettando".Felici di avere avuto il permesso di Rama, Sugriva e i capi vanara, e anche Vibhishana e i suoi ministri, salirono abordo del magnifico aeromobile Pushpaka.Con il permesso di Rama, l'aeromobile Pushpaka decollò emettendo un forte boato. Sorvolando la città di Lanka,il campo di battaglia e altri luoghi, Rama li indicò a Sita dicendo; "Guarda la città di Lanka costruita in cima almonte Trikuta!". In tal modo egli continuò a indicarle tutti i punti principali sopra i quali volavano. Mentre stavanosorvolando il territorio di Kishkindha. Sita disse a Rama: "Signore, mi piacerebbe tornare ad Ayodhya incompagnia delle mogli di Sugriva e degli altri capi vanara".Rama ordinò che l'aeromobile atterrasse e quindi disse a Sugriva: "Fa' che le mogli dei capi vanara salgano abordo il più presto possibile così che anche loro ci accompagnino ad Ayodhya". Sugriva annunciò la bella notiziaalle donne di Kishkindha; "Noi tutti saremo testimoni del trionfante rientro di Rama ad Ayodhya". Senza alcunindugio esse salirono a bordo, e l'aeromobile decollò di nuovo.Rama continuò a mostrare a Sita i diversi luoghi visitati nel corso del suo peregrinare. Il monte Rshyamuka, illago Pampa, l'eremitaggio di Sabari, la foresta Janasthana dove Sita era stata rapita, e anche il luogo dov'eracaduto Jatayu. Egli mostrò anche a Sita il loro eremitaggio.Più in là le mostrò il fiume Godavari, l'eremitaggio di Agastya, gli eremitaggi di Sarabhanga e Sutikshna e quellodel saggio Atri; le fece vedere Citrakuta, dove Bharata era andato a incontrarlo, l'eremitaggio di Bharadvaja, ilfiume Gange e la dimora di Guha. Infine, indicandole Ayodhya, Rama disse: "Ecco laggiù Ayodhya! Ti prego, Sita,inchinati ad Ayodhya, ora che vi sei ritornata sana e salva".Però ancor prima di raggiungere Ayodhya, Rama atterrò vicino all'eremo del saggio Bharadvaja, s'inchinò a lui echiese notizie di Bharata e degli altri membri della famiglia ad Ayodhya.Bharadvaja disse; "Vestito come un asceta, Bharata attende con ansia il tuo ritorno, venerando i tuoi sandaliposti sul trono. Tutti stanno bene ad Ayodhya". Inoltre il saggio rivelò di conoscere già tutto quello che erasuccesso a Rama a partire dal loro ultimo incontro. "Allora ero triste di vederti andare nella foresta; ora sonofelice di vederti tornare al tuo regno", disse il saggio, e aggiunse: "Esprimi un desiderio, Rama, e io lo esaudirò".Rama chiese: "Possano tutti gli alberi sul nostro cammino dare frutto, anche se questa non è la loro stagione. Eche lungo la nostra strada ci sia abbondanza di miele". Il saggio disse: "E così sia". E subito, meraviglia dellemeraviglie, tutti gli alberi nelle vicinanze si coprirono di frutti e miele. Tutti i vanara ne godettero a sazietà. Pervolere del saggio, Rama trascorse un giorno nel suo eremo.Benché Rama avesse accettato con piacere di trascorrere un giorno all'eremo del saggio Bharadvaja, egli eramolto preoccupato per Bharata e considerò seriamente cosa fare.Fatto avvicinare Hanuman, Rama gli disse: "Ti prego, Hanuman, recati immediatamente a Sringaverapura. Làincontrerai Guha, che è un mio grande amico, a me molto caro. Egli ti indicherà la strada per Ayodhya. Arrivatoad Ayodhya incontra Bharata e raccontagli tutto quello che mi è successo dal mio incontro con lui quattordici annifa fino ad ora. Ti prego inoltre d'informarlo che domani arriverò ad Ayodhya, insieme a Sugriva e a Vibhishana. Tiprego di notare con molta attenzione quale sarà la sua reazione alla notizia che gli darai. Osserva ogni suo gestoe ogni espressione del suo volto. Nota se la notizia Io rende felice o se invece lo rattrista. É molto difficile peruno che ha goduto dei poteri del regno non essere influenzato dal desiderio di mantenerli. Se sentirai cheBharata vorrà continuare a regnare, sarò felicissimo di fargli governare il mondo intero".Con le benedizioni di Rama, Hanuman partì immediatamente per Sringaverapura. Là incontrò Guha, e dopoessersi presentato gli comunicò la lieta notizia del ritorno di Rama.Hanuman riprese il suo volo e raggiunse il piccolo villaggio di Nandigrama, non lontano dalla città di Ayodhya. Làvide il nobile Bharata, l'immagine stessa del dolore e dell'angoscia, che vestito con indumenti ascetici conducevauna vita estremamente austera.Avvicinandosi a lui con le mani giunte, Hanuman disse a Bharata, che ben conosceva il Dharma e appariva comel'incarnazione stessa del Dharma: "Il beato Rama sta bene e chiede di te. Presto lo vedrai qui". Bharata svennedalla gioia. Quando riprese i sensi versò lacrime di gioia e disse ad Hanuman: "Che tu sia un uomo o un dio,certo sei venuto qui mosso a compassione verso di me". Poi offrì ad Hanuman migliaia di vacche ed altre cosecome dono di gioia.Bharata gli chiese: "Ti prego, raccontami tutto. Come ha fatto Rama a ottenere l'amicizia dei vanara, e cosaavvenne dopo?". Per rispondere a quella domanda, Hanuman raccontò brevemente a Bharata l'intera storia diRama. E concluse: "Su richiesta del saggio Bharadvaja, Rama ha deciso di trascorrere un giorno nel suoeremitaggio; per questo ha inviato me ad annunciarti la buona notizia. Domani - nell'ora propizia del Pusyayoga -tu vedrai Rama, che ha già raggiunto le sponde del sacro Gange e ora si trova nell'eremo del saggio Bharadvaja".Udendo questo, Bharata fu immensamente felice.Bharata diede subito inizio ai preparativi per l'accoglienza. Egli istruì Satrughna: "Che in tutti i templi e in tutti iluoghi di adorazione si offrano agli dèi delle preghiere di ringraziamento, con fiori fragranti e strumenti musicali".Senza perdere tempo, Satrughna ordinò che si livellassero e annaffiassero le strade lungo le quali il corteo reale

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sarebbe giunto al palazzo, e che centinaia di militari formassero un cordone per tenerle sgombre. Ben presto tuttii ministri e migliaia di uomini con elefanti, cavalli e carri, uscirono per salutare, Rama. Il gruppo della famigliareale si recò a Nandigrama guidato dalla stessa regina madre Kausalya, seduta nel suo palanchino. Quindiseguivano Kaikeyi e tutti gli altri membri della corte reale.Da lì, Bharata guidò il corteo tenendo i sandali di Rama sulla testa, accompagnato dal parasole bianco e dallealtre insegne reali. Bharata era l'immagine stessa di un asceta e dal suo volto radiava la gioia che riempiva il suocuore al solo pensiero del ritorno di Rama nel regno.Bharata si guardava ansiosamente intorno, ma non vedeva alcun segno del ritorno di Rama. Hanuman lorassicurò: "Ascolta, Bharata, ora puoi sentire il rombo dell'aeromobile Pushpaka. E guarda la nuvola di polveresollevata dai vanara che corrono verso Ayodhya"."Rama è tornato!" - queste parole furono pronunciate da migliaia di persone nello stesso tempo. Ancor prima cheil Pushpaka atterrasse, Bharata salutò umilmente Rama, che era seduto nella parte anteriore dell'aeromobile. IlPushpaka atterrò. Quando Bharata s'avvicinò, Rama lo abbracciò e lo pose sul suo grembo. Bharata s'inchinò aRama e a Sita, e salutò Lakshmana. Poi abbracciò Sugriva, Jambavan, Angada, Vibhishana ed altri. Quindi disse aSugriva: "Noi siamo quattro fratelli, e con te siamo cinque. Le buone azioni promuovono l'amicizia, mentre il maleè un segno d'inimicizia".Rama s'inchinò a sua madre, che per il dolore era diventata emaciata, e portò grande gioia nel suo cuore. Pois'inchinò pure davanti a Sumitra e a Kaikeyi. Infine tutti quanti gli dissero: "Benvenuto, bentornato, Signore".Ponendo i sandali di fronte a Rama, Bharata disse: "Rama, ecco il tuo regno, che ho amministrato per te durantela tua assenza. Mi considero infinitamente benedetto di poter assistere al tuo ritorno ad Ayodhya. Con la tuagrazia, il tesoro è stato da me decuplicato, e così pure i granai e la forza della nazione". Rama si sentì felice.Dopo che tutti furono scesi, Rama ordinò che l'aeromobile Pushpaka fosse restituito al suo vero proprietario,Kubera.Bharata diede immediatamente inizio alle procedure per l'incoronazione. Barbieri esperti tagliarono le cioccheintrecciate dal capo di Rama. Egli fece un bagno cerimoniale e fu vestito con magnifici abiti e adornato congioielli reali. Kausalya stessa aiutò le donne vanara a vestirsi con abiti reali. Tutte le regine vestirono Sita inmaniera adeguata alla grande occasione. Fu portato il cocchio reale, e salendovi sopra, Rama, Lakshmana e Sitafurono portati in trionfo lungo le strade di Ayodhya, con Bharata stesso che guidava il cocchio. Quando giunseroa corte, Rama narrò brevemente ai suoi ministri e consiglieri gli eventi principali del suo esilio, sottolineando inparticolare l'alleanza con il capo vanara Sugriva e le imprese straordinarie di Hanuman. Egli li informò anche dellasua alleanza con Vibhishana.Su richiesta di Bharata, Sugriva inviò i migliori vanara a prendere dell'acqua dai quattro oceani e da tutti i fiumisacri del mondo. Poi l'anziano saggio Vasishtha diede inizio alle cerimonie connesse all'incoronazione. Rama eSita sedettero su un trono fatto interamente di pietre preziose. Allora l'eccelso tra i saggi consacrò Ramacantando gli inni vedici appropriati. Dapprima i brahmana, e poi le vergini, i ministri, i guerrieri e infine gli uominidi commercio versarono le sacre acque su Rama. Dopo di questo il saggio Vasishtha fece sedere Rama sul tronod'oro intarsiato di gioielli, e gli pose sul capo la corona splendente che era stata fatta dallo stesso CreatoreBrahma. Gli dèi ed altri tributarono i loro omaggi a Rama, offrendo magnifici doni. Anche Rama fece ricchi doni aibrahmana e ad altri, ivi compresi Sugriva e gli altri capi vanara.Poi Rama diede a Sita una collana di perle, dicendole: "Puoi darla a chiunque desideri". Senza alcun indugio Sitadiede quel magnifico dono ad Hanuman.Dopo aver partecipato all'incoronazione di Rama, i vanara fecero ritorno a Kishkindha, mentre Vibhishana e i suoiministri tornarono a Lanka.Rama guardò Lakshmana con grande affetto ed espresse il desiderio che egli regnasse come principe reggente.Lakshmana non rispose, perché non voleva quell'incarico. Allora Rama nominò Bharata principe reggente. Daquel giorno Rama governò la terra per moltissimo tempo.Durante il regno di Rama non vi furono né povertà né crimine né paure né ingiustizie. Tutti parlavanocostantemente di Rama. Il mondo intero era stato trasformato in Rama. Tutti erano devoti al Dharma; perché lostesso Rama era totalmente devoto al Dharma. Egli regnò per undicimila anni.L'amministrazione del regno sotto di Rama fu caratterizzata dalla prevalenza naturale e spontanea del Dharma.La gente era libera da ogni tipo di paura. Non c'erano vedove nel paese, e il popolo non era infastidito daiserpenti e dalle bestie feroci, né soffriva di alcuna malattia. Non c'erano furti né rapine né alcun tipo di violenza.I giovani non morivano e gli anziani non dovevano celebrare i riti funebri per loro. Tutti erano felici, tutti eranodevoti al Dharma. Vedendo soltanto Rama in tutti, nessuno faceva del male a un altro. Le persone vivevano alungo e avevano molti figli; godevano di ottima salute e non conoscevano il dolore. Dappertutto la gente parlavasempre di Rama; il mondo intero appariva come la forma di Rama. Gli alberi avevano radici imperiture, e davanosempre frutto ed erano in fiore tutto l'anno. La pioggia cadeva ogniqualvolta era necessaria. Vi era sempre unapiacevole brezza. I brahmana (i sacerdoti), i guerrieri, gli agricoltori e i commercianti, e anche gli appartenentialla classe servile, erano totalmente liberi dalla cupidigia ed erano gioiosamente dediti ciascuno al proprioDharma e al proprio compito nella società. Non vi era falsità nella vita delle persone, che erano tutte giuste. Lagente era dotata di tutte le qualità desiderabili e tutti avevano il Dharma come luce guida. Così Rama regnò sullaterra per undicimila anni, circondato dai suoi fratelli.Questa sacra epica chiamata Ramayana, e composta dal saggio Valmiki, promuove il Dharma, la fama, la lungavita e, nel caso di un re, la vittoria. Chi l'ascolta sempre viene liberato da tutti i peccati. Ascoltando la storiadell'incoronazione di Rama, chi desidera figli li ottiene, e chi desidera la prosperità la ottiene. Il re conquista ilmondo intero, dopo aver vinto i suoi nemici. Le donne che ascoltano questa storia saranno benedette con figlicome Rama e i suoi fratelli. E anche i loro figli riceveranno il dono di una lunga vita, dopo aver ascoltato ilRamayana. Chi ascolta o legge questo Ramayana, con tale atto propizia Rama. Egli si compiace di lui, e Rama èdavvero l'eterno Signore Vishnu.

Lava e Kusa conclusero: "Questa è la gloriosa epica del Ramayana. Che tutti possano recitarla, accrescendo cosìla gloria del Dharma, del Signore Vishnu. Gli uomini giusti dovrebbero ascoltare regolarmente questa storia di

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Rama, che accresce la salute, la lunga vita, l'amore, la saggezza e la vitalità".

OM TAT SAT

FINE DEL YUDDHA KANDAM

Libro settimo: UTTARA KANDAM -Dopo l'incoronazione

Durante il regno di Rama, un giorno si recò da lui una delegazione di parecchi grandi saggi, con a capo Agastya.Il grande saggio disse alla guardia del palazzo: "Ti prego, fa' annunciare a Rama che noi Rishi desideriamovederlo". Per ordine di Rama, i Rishi furono immediatamente condotti alla sua presenza.Il re ricevette i saggi con l'onore dovuto. Dopo aver preso posto nella corte reale, essi dissero a Rama: "Noistiamo bene e siamo felici, e siamo contenti di vedere che anche tu, Rama, stai bene e sei felice. Per fortuna haiucciso Ravana, il nemico del mondo. Non c'è da stupirsi che tu abbia ucciso Ravana; quando prendi le armi tu seicapace di conquistare i tre mondi. Siamo particolarmente felici per la morte del figlio di Ravana. Quando abbiamosaputo della morte di Indrajit, che per tutti gli altri esseri dell'universo era invincibile, abbiamo gioito; e perquesto ti offriamo le nostre più fervide felicitazioni. Invero quella è stata l'impresa più lodevole: con essa hailiberato tutti noi da una grande paura". Rama chiese: "Vi prego, saggi, ditemi perché considerate la vittoria suIndrajit ancora più lodevole di quella su Ravana? Come fece a diventare così potente?".I saggi risposero: "Prima di narrarti la storia di Indrajit, dobbiamo narrarti quella di Ravana. Ascolta, o Rama.Durante il Satya Yuga (l'età dell'oro) c'era un saggio brahmano chiamato Pulastya. Egli era figlio di Dio e pari alCreatore Brahma. Praticò intense austerità nell'eremitaggio di Trinavindu. In quei giorni, le figlie dei saggi e deisemidèi solevano giocare nelle vicinanze dell'eremitaggio. Questo disturbava le austerità di Pulastya, chepronunciò una maledizione: "Chiunque s'avvicinerà a me rimarrà incinta"."Tutte coloro che sapevano della maledizione evitavano di andargli vicino. Ma la figlia del saggio reale Trinavindunon ne era a conoscenza. Un giorno ella andò in cerca delle sue amiche. Pulastya era impegnato nella recitazionedei Veda, e la ragazza sedette vicino a lui per ascoltare. Ben presto ella notò che in lei stava avvenendo uncambiamento. Spaventata, corse da suo padre e in risposta alle sue domande gli raccontò l'accaduto. AlloraTrinavindu la portò da Pulastya e gliela offrì in matrimonio dicendo: "O santo, quando sarai stanco per le tueausterità, ella ti conforterà"."Pulastya l'accettò, e lei lo servì con grande amore e devozione. Compiaciuto, il saggio le disse: "Sono felicissimodel tuo servizio devoto. Perciò ti benedico con questa grazia: darai alla luce un figlio a me pari sotto ogni aspetto,egli sarà chiamato Paulastya, e anche Visrava poiché hai concepito mentre ascoltavi la mia recitazione dei Veda"."La moglie di Pulastya diede presto alla luce un figlio a cui fu dato il nome di Visrava. Il saggio Bharadvaja seppedelle nobili virtù di Visrava e offrì all'asceta la mano di sua figlia."Dal loro matrimonio nacque un figlio radioso. Il nonno Pulastya fu lietissimo della nascita del nipote, al qualediede il nome di Vaisravana."Vaisravana prese la risoluzione di seguire il sentiero della virtù già da bambino, perché pensò: "Il Dharma èdavvero il nobile sentiero, perciò seguirò il Dharma". E si mise a praticare intense austerità per mille anni. IlCreatore Brahma si manifestò davanti a lui insieme a tutti gli dèi e gli chiese di esprimere un desiderio.Vaisravana disse: "Signore, desidererei essere un protettore del mondo e il custode della sua ricchezza".Compiaciuto, Brahma gli rispose: "In verità avevo intenzione di nominare quattro protettori del mondo, tre deiquali li ho già scelti, e cioè: Yama, Indra e Varuna. Tu sarai dunque il quarto protettore del mondo, e sarai ilcustode della sua ricchezza. Sarai pari agli dèi del cielo". Inoltre Brahma gli fece dono di un aeromobile, ilPushpaka."Vaisravana tornò a casa, andò da suo padre e gli chiese d'indicargli un posto dove stabilire la sua dimora.Visrava rispose: "Lungo le rive del Mare Meridionale c'è un monte chiamato Trikuta. In cima a quel monte ildivino architetto Visvakarma costruì per i demoni una città chiamata Lanka, pari in splendore alla capitale delcielo. Ma giacché i demoni l'hanno abbandonata per paura del Signore Vishnu, la città è rimasta disabitata. Pensoche dovresti stabilire là la tua dimora". Il figlio obbedì".

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In risposta alla domanda di Rama riguardo all'origine dei demoni, il saggio Agastya disse: In principio Brahmacreò l'acqua, e poi gli altri esseri. Questi, oppressi dalla fame e dalla sete, implorarono: "Ti preghiamo, dicci cosafare". Brahma rispose: "Proteggete con ogni mezzo". Alcuni dissero: "Noi proteggeremo". Altri risposero: "Noiadoreremo". "Coloro che hanno detto 'rakshama' (proteggere), saranno demoni" - disse Brahma - "e coloro chehanno detto 'yakshama' (adorare), saranno semidèi".Tra i rakshasa (demoni) ci furono due fratelli: Heti e Praheti. La nuora di Heti aspettava un bambino. Ella indusseprematuramente il parto e, abbandonando il bimbo su un monte, andò con il marito a divertirsi. Il bambinocominciò a piangere. Rudra e Parvati, che passavano da quelle parti, benedissero il bambino perché diventassesubito adulto. Parvati decretò: "D'ora in poi le demonesse partoriranno subito dopo il concepimento dei figli chediventeranno immediatamente adulti".Quel bambino era Sukesha, che grazie alla benedizione ricevuta da Rudra divenne un giovane nobile. A tempodebito un gandharva chiamato Gramani gli diede in sposa sua figlia Devavati, che in seguito diede alla luce trebambini: Malyavan, Sumali e Mali. Questi tre demoni, venuti a conoscenza dei doni concessi dal Signore a loropadre, si ritirarono immediatamente nella foresta e praticarono intensissime austerità.Compiaciuto, Brahma concesse loro il dono che avevano chiesto: "Desideriamo essere invincibili, longevi e uniti".Appena realizzarono il pieno significato del dono che avevano ricevuto, essi divennero impavidi e cominciaronoad opprimere sia gli dèi che i demoni.Un essere celeste chiamato Narmada aveva tre figlie, che diede in matrimonio ai tre demoni; e dalle loro unioninacquero altri demoni.Gli dèi e i saggi che venivano tormentati dai demoni chiesero protezione al Signore Rudra. Ma Rudra rispose: "Ionon posso ucciderli, ma vi darò il mio consiglio. Abbandonando ogni altra attività, andate dal Signore Vishnu;prendete rifugio in lui. Egli distruggerà certamente tutti quei demoni".E così fecero: andarono da Vishnu e gli raccontarono le atrocità commesse dai demoni. Il Signore li consolò e,dopo aver conferito loro il dono dell'impavidità, disse: "So già che Sukesha è orgoglioso di avere ottenuto undono da Rudra; conosco anche le malefatte dei suoi tre figli; ma non abbiate timore, vi prometto che lidistruggerò tutti". Gli dèi tornarono nelle loro dimore.Venuto a conoscenza del piano degli dèi, Malyavan informò gli altri due fratelli, che però non se ne curarono,sicuri che nessun potere nell'universo potesse sconfiggerli. Essi giunsero persino a dire: "Non abbiamo fatto nullache possa aver causato dispiacere al Signore Vishnu; certo egli ha perso la testa montato dalla malizia degli dèi".Perciò decisero di combattere gli dèi.Migliaia e migliaia di demoni si riunirono a Lanka per far guerra agli dèi. Salendo sui loro velivoli, e armati fino aidenti con armi micidiali, tutti quei feroci e potentissimi demoni volarono verso il cielo (il mondo degli dèi). Guidatidai tre fratelli, essi invasero la dimora degli dèi lanciando urla furiose.Il Signore Vishnu venne a sapere dell'invasione e presto apparve personalmente sul campo di battaglia,impugnando le sue armi divine e guidando il suo veicolo divino, Garuda, grande quanto una montagna. Gli dèi e isaggi cantarono le sue glorie. I demoni lo circondarono ed egli cominciò a colpirli con le sue armi divine.I demoni si diressero rapidamente verso il sacro monte chiamato Narayana Giri, scagliandosi contro il SignoreNarayana o Vishnu come gli insetti si scagliano contro una fiamma. Il Signore li sbaragliò con una pioggia dimissili e suonò la sua potente conchiglia. Quel suono stordì i demoni, che rimasero barcollanti e confusi. IlSignore Vishnu li distrusse a migliaia.Sumali venne in aiuto dei demoni e fece loro da scudo contro la potenza del Signore. Allora il Signore Vishnu sivolse contro il demone e gli staccò gli orecchini e anche i cavalli. Non più sotto il controllo del demone, i cavalli simisero a correre in diverse direzioni, come i sensi di un uomo senza autocontrollo.Mali corse in aiuto del fratello, e vi fu una cruenta battaglia tra lui e il Signore Vishnu. Un missile del Signore colpìil demone assorbendone, per così dire, il sangue. Mali colpì Garuda, il veicolo del Signore, e con grande gioia deidemoni lo costrinse ad allontanarsi dal campo di battaglia. Non badando alla sconfitta, il Signore Vishnu lanciòcontro Mali il suo disco, che possedeva lo stesso splendore del sole. Il demone cadde subito esanime.Dopo la morte di Mali, Sumali e Malyavan si ritirarono dal campo e si diressero verso Lanka. Nel frattempoGaruda aveva riacquistato la sua vitalità e con la forza del vento che scaturiva dalle sue ali spinse i demoni alladisperazione.Mentre il Signore Vishnu inseguiva i demoni in fuga, Malyavan gli disse: "Narayana! Non conosci il codice dicondotta di un guerriero? Perché, contraddicendo quel codice, vuoi uccidere coloro che si sono ritirati dallabattaglia e che quindi non stanno combattendo?". Il Signore rispose: "Voi siete crudeli, e gli dèi vivonotemendovi. La loro protezione mi è più cara della mia stessa vita. Perciò vi distruggerò dovunque vi troviate".Queste parole scatenarono l'ira di Malyavan, che attaccò immediatamente il Signore con le sue potenti armi. IlSignore ricevette quei missili e li riscagliò contro lo stesso demone. Gravemente ferito, Malyavan rimase storditoper un po', pur riacquistando presto le forze. Quindi, con un potente urlo, egli colpì sia Vishnu che Garuda.Infuriato, Garuda indirizzò una terribile raffica di vento contro Malyavan che fuggì a Lanka. E vedendolo ritirarsi,anche Sumali scappò a Lanka. Incapaci di fronteggiare la potenza suprema del Signore Vishnu, i demoni guidatida Malyavan e Sumali si ritirarono nel mondo degli inferi, lasciando Lanka sotto le cure del signore dellaprosperità.Ogni volta che sulla terra c'è un declino del Dharma, il Signore s'incarna per distruggere i demoni e ristabilire ilDharma.Sumali rifletté a lungo e profondamente sulla sua posizione. Guardando la bellissima figlia, che era in età damarito, egli si chiedeva chi avrebbe avuto come sposo. Una ragazza crea molta ansia nelle famiglie del padre,della madre e del marito: la reputazione di queste famiglie dipende dalla sua buona condotta. Perciò Sumali dissealla figlia: "Ti prego, vai da Visrava, il figlio del saggio Pulastya, e persuadilo tu stessa ad essere tuo marito".Kaikasi si recò presto dal saggio Visrava, che allora era impegnato in un grande rituale vedico. Alla conclusionedel rito, il saggio le chiese: "Chi sei e perché sei qui?". La ragazza rispose: "Sono Kaikasi, figlia di Sumali. Ilmotivo per cui sono qui, di certo lo saprai per intuizione". Il saggio si ritirò dentro di sé e, saputo per qualeragione la ragazza era là, le disse: "Poiché hai cercato di me in un momento poco propizio, mentre eroimpegnato in un rito terribile, darai alla luce dei figli molto crudeli, ma il tuo ultimo figlio sarà nobile e virtuoso

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come me".A suo tempo Kaikasi diede alla luce un figlio o un mostro con dieci teste; e il saggio lo chiamò Dashagriva. Poinacque Kumbhakarna. Quindi la figlia Surpanakha. Per ultimo nacque il pio Vibhishana. Essi crebberorapidamente.Un giorno Vaisravana (conosciuto anche col nome di Kubera) andò a trovare suo padre Visrava, e Kaikasi glipresentò Dashagriva. Il giovane s'ingelosì di Kubera e decise di superarlo in tutto. Allora i tre ragazzi si misero apraticare austerità. Kumbhakarna praticò il pancagni-tapas d'estate e restò immerso nell'acqua gelida d'inverno.Vibhishana rimase in piedi su una gamba per cinquemila anni. Dashagriva digiunava per mille anni e poi offriva insacrificio una delle sue teste; in questo modo egli aveva già sacrificato nove teste. Mentre stava per offrire ladecima, apparve Brahma e offrì loro un dono: "Esprimete un desiderio, perché i vostri sforzi non siano vani".Dashagriva disse: "Signore, tutti gli esseri temono solo la morte. Non esiste nemico come la morte; perciò iochiedo l'immortalità". Quando Brahma rispose che per le creature è impossibile non morire, egli chiese di nonpoter venire ucciso da dèi, semidèi, demoni, ecc., e sprezzante tralasciò di menzionare l'uomo. Vibhishana pregò:"Possa la mia mente non deviare dal Dharma, nemmeno di fronte al più grave pericolo".Prima di offrire un dono a Kumbhakarna, Brahma chiese alla dea della parola di far sì che egli non chiedessequalcosa che avrebbe potuto causare la distruzione dell'universo. Entrando in lui, la dea intorpidì la sua mente;ed egli chiese: "Possa io dormire per tantissimi anni". Brahma concesse loro i doni prescelti.

[NOTA: Il pancagni-tapas è sedere sulla sabbia rovente circondandosi di fuochi accesi ai quattro lati. Questastoria di Kumbhakarna contraddice la versione precedente. Molti studiosi pensano che l'intero 'Uttara Kandam' siaun'interpolazione, un'aggiunta indegna.]

Sumali chiamò Dashagriva e gli disse: "É una fortuna che tu abbia ottenuto l'ambita invulnerabilità, checertamente ti permetterà di essere il signore dei tre mondi. Il Signore Vishnu ci costrinse a lasciare Lanka, maora non abbiamo più paura di lui. Lanka appartiene ai demoni; è il nostro territorio. Dopo la nostra partenza laoccupò tuo fratello Kubera; perciò è giusto che tu la reclami da lui, con la negoziazione, con la persuasione o, senecessario, con la violenza".La prima reazione di Dashagriva fu negativa. "Kubera è mio fratello - disse - come posso combattere contro dilui". Ma Prahasta, un ministro di Sumali, rispose: "Tra gli eroi non vi è affetto fraterno. Un tempo c'erano duesorelle, Diti e Aditi, i cui figli erano rispettivamente demoni e dèi. Poi i fratelli combatterono tra di loro e, conl'aiuto di Vishnu, gli dèi vinsero e divennero signori dei mondi".Dashagriva si convinse e inviò lo stesso Prahasta come suo emissario a reclamare Lanka da Kubera. Senza alcunaesitazione Kubera rispose: "Lanka mi fu data come dimora da mio padre. Ma torna pure da Dashagriva e digli cheda questo momento Lanka è sua". Così Dashagriva ottenne Lanka senza combattere. Kubera andò da suo padreVisrava e lo informò dell'accaduto. Il saggio disse a Kubera: "Sì, Dashagriva me ne ha accennato, e l'horimproverato. Ma dal momento che hai già lasciato Lanka, vai al Kailash, che sostiene la terra, e vivi là con la tuagente".Dashagriva fu incoronato re di Lanka. Poco dopo egli diede sua sorella Surpanakha in sposa al demoneVidyutjihva. Andando a caccia per la foresta un giorno Dashagriva incontrò Maya, uno dei figli di Diti, e gli chieseil motivo del suo vagare. Maya rispose: "A suo tempo gli dèi mi diedero la ninfa Hema, e con lei ho vissutofelicemente per molto tempo. Ma circa quattordici anni fa ella mi ha lasciato per svolgere una missione degli dei.Addolorato per la sua partenza, vago per la foresta insieme a mia figlia. Da lei ho avuto anche due figli: Mayavi eDundubhi". Dashagriva rivelò la sua identità. Maya gli offrì la mano di sua figlia Mandodari, e Dashagriva l'accettòcon gioia.Mandodari diede alla luce un figlio che quando nacque pianse così forte da far tremare Lanka. Per questoDashagriva lo chiamò Meghanada.Per il fratello Vibhishana, Dashagriva ottenne come sposa la figlia del semidio Sailusha, chiamata Sarama. Questaragazza era nata sulle rive del lago Manasa. Sua madre aveva ordinato al lago: "Saro ma vardhata" (Lago, nongonfiarti); perciò alla bambina era stato dato il nome di Sarama.E così vissero tutti a Lanka, godendosi la vita.Su richiesta di Kumbhakarna, Dashagriva fece costruire un palazzo. Quando fu pronto, Kumbhakarna vi si recòfelicissimo ed entrò in un sonno profondo per un lunghissimo periodo.Nel frattempo il potente Dashagriva diede inizio alla sua campagna di distruzione. Egli devastò i giardini e i campida gioco dei semidèi, ne sradicò gli alberi e ne inquinò i fiumi.Il capo dei semidèi, Kubera, venne a sapere dei misfatti di suo fratello. Pieno di sollecitudine familiare e sperandodi dissuaderlo dal compiere ulteriori malvagità, egli inviò un messaggero alla corte di Dashagriva. Il messaggerofu ricevuto onorevolmente e amabilmente dal nobile Vibhishana, che lo presentò a re Dashagriva.Il messaggero disse: "O re, ho un messaggio per voi da parte di vostro fratello Kubera. Degnatevi di ascoltarlomentre lo leggo: "Io credo sia bene che tu ponga fine alle tue attività distruttive: hai già fatto abbastanza inquesto senso. Penso anche che, se puoi, dovresti percorrere la via del Dharma. Ho visto la distruzione che haiarrecato ai giardini celesti. Ho anche sentito dire che hai ucciso molti saggi e hai tormentato pure gli dèi."Tu mi hai scacciato in molte occasioni; tuttavia non si rinnega un membro della propria famiglia, anche se questiè colpevole di offese. Mi sono ritirato nell'Himalaya, dove ho praticato intense austerità. Altamente compiaciuto dime, il Signore Shiva mi è apparso e mi ha detto 'O signore della prosperità, sono molto compiaciuto delle tueausterità e della tua devozione. Come frutto delle tue austerità io ti considero mio carissimo amico. Con la tuadevozione ti sei guadagnato la mia amicizia. D'ora in poi sei mio amico'. Tornando nella mia dimora, dopo esserestato benedetto dal Signore Shiva, ho saputo dei tuoi atti distruttivi. Perciò ti supplico d'abbandonare questacondotta indegna".Udite le parole del messaggero, Dashagriva andò su tutte le furie e, stringendo i pugni e digrignando i denti,gridò: "Né tu né lui siete miei amici. Solo uno stolto si vanterebbe della sua amicizia con il Signore Shiva. Omessaggero, finora pensavo di non dover fare del male a mio fratello. Ma udite le tue parole e il suo messaggio,sento che devo abbandonare quest'idea. Sono pronto a conquistare i tre mondi e a cacciare nella dimora della

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Morte tutti i protettori della creazione!".Detto ciò, Dashagriva tagliò la testa del messaggero e diede il corpo in pasto ai demoni.Subito dopo Dashagriva riunì intorno a sé i suoi ministri: Mahodara, Prahasta, Marica, Suka, Sarana eDhumraksha. Circondato dalle sue forze demoniache, egli si diresse verso la dimora di Kubera, conl'atteggiamento di chi è pronto a dar fuoco al mondo intero. In poche ore egli raggiunse il luogo chiamatoKailash.Le sentinelle poste ai confini informarono subito Kubera che suo fratello Dashagriva aveva invaso il Kailash. Seguìuna cruenta battaglia tra demoni e semidèi.Quando Dashagriva forzò l'entrata del palazzo, le guardie lo fermarono e lo colpirono con tutta la loro forza; ma ildono ottenuto dal Creatore lo rendeva immune a tutto. Quando Dashagriva rispose ai loro colpi, i semidèicaddero.Vedendo questo, Kubera mandò il semidio Manibhadra a difendere il Kailash. Nel frattempo i luogotenenti diDashagriva avevano ucciso migliaia e migliaia di semidèi. Visto il modo di combattere leale dei semidèi econsiderata la forza e la slealtà dei demoni - quale confronto c'era tra le due parti? Manibhadra fu sconfitto.Facendosi avanti Kubera parlò a Dashagriva, che, illuso dal dono dell'invincibilità ottenuto dal Creatore,continuava a perpetrare crimini di ogni genere: "Peccatore! Tu non dai retta al mio saggio consiglio; ma coltempo realizzerai le cattive conseguenze delle tue malvagie azioni. Chi offende sua madre, suo padre, i santi e iprecettori, raccoglierà i frutti di tali azioni quando entrerà nel regno della Morte. Colui che qui non praticaausterità (tapas), con l'ausilio di questo corpo impermanente, dopo aver lasciato questo mondo quel folle saràbruciato (tapyate). Ad ogni modo questo è certo: ognuno raccoglie inevitabilmente il frutto delle azioni fatte qui".Udendo queste parole, i luogotenenti di Dashagriva si ritirarono dalla battaglia. Ma lo stesso Dashagriva si feceavanti per combattere contro Kubera. Durante quella battaglia spettacolare, quando Kubera lanciò il missile delfuoco, Dashagriva lo neutralizzò con il missile dell'acqua.Combattendo, Dashagriva assunse varie forme e infine sconfisse Kubera. Quando Kubera cadde, sconfitto,Dashagriva s'impossessò del suo veicolo, il Pushpaka (un velivolo spaziale che poteva volare, per così dire, allavelocità del pensiero, costruito con metalli e pietre preziose, e resistente al caldo e al freddo), e considerandosi ilconquistatore dei tre mondi s'apprestò a fare ritorno alla sua dimora.Mentre Dashagriva faceva ritorno a Lanka, d'un tratto il Pushpaka andò in stallo. Dashagriva rimase perplesso.Vicino al velivolo apparve: un essere dall'aspetto strano: nano, senza pelo, con gli arti corti, ma molto potente.Era Nandi, il veicolo divino del Signore Shiva.Nandi si rivolse al re dei demoni: "Torna indietro, Dashagriva. Su quel monte laggiù sta giocando il Signore Shiva.Nessuno può andare oltre questo limite". Udendo queste parole e guardando l'aspetto della strana creatura,Dashagriva rise deridendolo.Adirato, Nandi maledì Dashagriva con queste parole: "Mi hai trattato con disprezzo perché ho la faccia di unvanara. Perciò, per ucciderti, nasceranno dei vanara dotati della mia forza e vitalità, aventi la mia forma e a mepari in valore. Io stesso avrei potuto ucciderti in questo momento; ma non lo faccio perché ti sei distrutto da solocon le tue azioni malvagie".Mentre Nandi pronunciava queste parole, gli dèi e i saggi cantarono le glorie del Signore e fecero cadere unapioggia di fiori.Dashagriva fu molto seccato, e s'accinse a sradicare la stessa montagna che era stata d'ostacolo al suo volo. Ilmonte tremò, compresi tutti gli esseri che vi dimoravano. Anche Parvati, la consorte del Signore Shiva, ebbetimore. Vedendo questo, il Signore Shiva come per gioco spinse giù la montagna con le dita del piede.La montagna si assestò. La pressione del piede di Shiva era tale che le braccia di Dashagriva rimasero incastratesotto! Il demone urlò dal dolore. Udendo il suo urlo fragoroso gli dèi, i semidèi, i demoni e i saggi furonoterrorizzati. Essi andarono da Dashagriva e gli consigliarono di propiziare il Signore Shiva, rassicurandolo: "IlSignore è un oceano di misericordia e sicuramente ti darà le sue benedizioni".Allora Dashagriva cantò le glorie del Signore. Compiaciuto, il Signore Shiva apparve davanti a lui. Liberato dallapressione della montagna, Dashagriva mise in salvo le sue braccia. Il Signore Shiva gli disse: "Sono contentodella tua devozione. Poiché hai gridato forte, facendo scappare tutti gli esseri in ogni direzione d'ora in poi saraichiamato Ravana (ravah = rumore)".Dashagriva pregò il Signore di conferirgli altri doni: "Concedetemi di non poter essere ucciso da nessuno se nonda un essere umano: infatti non temo gli esseri umani. Vi prego anche di concedermi un'arma divina da usare inguerra". Il Signore concesse a Ravana i doni richiesti e gli diede una spada divina chiamata Candrahasam. QuindiRavana fece ritorno alla sua dimora.Mentre girava per la foresta, un giorno Ravana vide una bellissima giovane vestita da asceta.Spinto dalla forte passione, egli l'avvicinò e le chiese: "Chi sei, donna leggiadra? Tu sei giovane e hai l'aspetto diun'asceta: queste due cose sono contraddittorie! ".La ragazza rispose: "Sono la figlia del saggio reale Kusadvaja, figlio di Brihaspati. Mio padre m'istruì nellarecitazione dei Veda; perciò fui chiamata Vedavati. Molti dèi e semidèi chiesero la mia mano, ma mio padredesiderava avere come genero il Signore Vishnu e nessun altro. Saputo di questo, un demone chiamato Sambhuuccise mio padre; e anche mia madre, che salì sulla pira funeraria di suo marito. Da allora ho intrapreso intenseausterità per onorare il desiderio di mio padre e ottenere come sposo il Signore Vishnu".Ravana si fece conoscere e si vantò: "Chi è mai questo Vishnu di fronte a me? Vieni, diventa mia moglie e goditila vita". Ravana l'afferrò per i capelli.Fortemente adirata dal suo comportamento, Vedavati maledì Ravana con le seguenti parole: "Non desideropreservare questo corpo che tu hai toccato; perciò entrerò nel fuoco sacro. O peccatore, poiché mi haicontaminata, causando con questo la mia morte, io rinascerò per causare la tua distruzione. Se in me è rimastoqualche merito, rinascerò senza essere concepita da una donna".Detto ciò, ella entrò nel fuoco sacro. O Rama, quella Vedavati è tua moglie Sita; e tu sei lo stesso SignoreVishnu.In seguito Ravana si recò in un posto dove il re Marutta stava celebrando un rito sacro assistito dal saggioSamvarta, figlio di Brihaspati. Quando lo videro, tutti gli dèi assunsero forme diverse: Indra divenne un pavone,

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Yama divenne un corvo, Kubera divenne una lucertola e Varuna divenne un cigno.Ravana sfidò Marutta. Questi stava per combattere, ma il precettore gli ricordò: "Se lasci questo rito incompleto,la tua famiglia perirà; e poi, avendo intrapreso questo rito sacro, non puoi impegnarti in combattimento".Marutta non reagì.I demoni dichiararono Ravana vincitore, ed egli divorò tutti i saggi del posto e andò via.Felici di essere sfuggiti astutamente alla collera di Ravana, gli dèi conferirono dei doni agli animali di cui avevanoassunto le forme: da allora il pavone ha occhi sulle penne, il corvo fu liberato dai dolori della morte, la lucertolaottenne il suo riflesso dorato e il cigno il suo colore candido.Dopo la vittoria conseguita durante il rito sacro di re Marutta, Ravana continuò a girare la terra con l'intenzione disconfiggere tutti i re del mondo. La maggior parte di essi cedettero alle sue richieste senza neanche bisogno diuna sfida.A suo tempo Ravana giunse ad Ayodhya. Qui egli sfidò il re Anaranya, che però accettò la sfida e combattécontro il demone. Segui una cruenta battaglia tra i due. Ravana distrusse il meglio delle forze di Anaranya,mentre quest'ultimo sbaragliò i luogotenenti di Ravana.Nella sua rabbia crudele, Ravana assestò un colpo poderoso sulla testa di Anaranya, il quale cadde dal suoveicolo.Come sorridendo, Ravana disse: "Cos'hai fatto, o re? In tutti i tre mondi non c'è nessuno che mi sia pari in uncombattimento corpo a corpo".Anaranya rispose: "Che posso farci, demone: il Tempo è davvero supremo, e io devo inchinarmi all'inevitabile.Non sono stato sconfitto da te ma solo dal Tempo. Tu sei servito solo come pretesto. Ma ascolta quello che tidico: nella mia stessa dinastia sorgerà un principe - Rama, figlio di Dasaratha - che vendicherà la mia morte e tidistruggerà completamente".Detto questo, Anaranya ascese in cielo e Ravana continuò le sue imprese.Vedendo la perversa distruzione degli esseri umani da parte di Ravana, il saggio Narada lo avvicinò e gli disse: "Ore dei demoni, tu hai guadagnato il dono estremamente prezioso dell'invincibilità nei confronti di dèi, semidèi edemoni. Ascolta, vorrei darti un consiglio. Il mondo degli esseri umani è soggetto alla morte; e allora perchéindulgi nella loro uccisione? Non è una perdita di tempo uccidere questi stolti esseri umani che sono già soggettialla vecchiaia, alla malattia e alla morte? E certo che tutti questi esseri dovranno entrare nella dimora di Yama, ildio della morte. Perciò sfida direttamente Yama. Se riuscirai a conquistare Yama, avrai conquistatoautomaticamente tutti gli esseri mortali".Il ragionamento di Narada andò a genio a Ravana, che si preparò a partire subito per la dimora di Yama. Eglidisse a Narada: "Invero io distruggerò anche i signori della creazione".Subito dopo la sua partenza, il saggio rimase perplesso: tutti gli esseri hanno paura della morte e nessuno puòconquistarla. Cosa avrebbe potuto fare Ravana contro Yama? Anch'egli s'avviò subito verso la dimora di Yama.Narada disse a Yama: "Il demone Dashagriva sta venendo qui per cercare di sconfiggere te, che seiestremamente difficile da vincere. Perciò anch'io sono venuto qui".Mentre stava ancora parlando, udirono il rombo del velivolo di Ravana che atterrava nelle vicinanze.Nella luce emessa dal suo veicolo spaziale, Ravana vide con i propri occhi sia il fato dei malfattori e dei peccatorisia quello delle persone pie. Egli vide come i peccatori venivano torturati nell'inferno, e vide anche come lepersone pie gioivano nelle regioni celesti.Usando la forza, egli fece liberare i peccatori dalla morsa dei servi di Yama. I peccatori furono estremamentefelici. I servi di Yama, invece, s'infuriarono e combatterono contro Ravana. Il demone lanciò una scarica di missilipotentissimi; stando a terra egli lanciò il terribile missile Pasupata, che arrivò come fuoco accecante circondatoda fumo. I servi di Yama cadevano numerosissimi.Yama udì le grida pietose dei propri servi e si rese conto che Ravana stava avendo la meglio su di loro. Armato divari missili infallibili, egli emerse dalla sua corte preceduto dalla Morte nella sua vera forma. Vedendo Yamaemergere con furore, tutti gli esseri dell'intero universo tremarono per la grande paura.Ravana fu l'unico a non aver paura. Avvicinandosi a Yama, Ravana lo colpì con varie armi. A sua volta ancheYama andò all'assalto di Ravana con diverse armi. In questo modo i due combatterono per sette giorni e settenotti.Ravana lanciò molti missili potenti contro Yama. Vedendo ciò, la Morte disse a Yama: "Ti prego, dammi ilpermesso di distruggere questo demone malvagio. Nessuno di quelli che cadono sotto il mio sguardo sopravvive,fosse anche per un'ora".Yama rispose: "Aspetta, adesso guarda il mio valore". Dicendo questo, Yama sollevò la più micidiale delle armi,conosciuta come kaladanda, che uccide tutti gli esseri anche al solo vederla.Proprio in quel momento apparve sul posto Brahma, il Creatore, che pacificò Yama con le seguenti parole:"Yama, non dovresti uccidere Ravana, che è protetto dal dono che gli ho concesso. Metti via il kaladanda. Esso èinfallibile. Se lo usassi contro Ravana; sia che egli sopravvivesse al colpo sia che ne morisse, la mia parola sirivelerebbe falsa".In obbedienza al consiglio di Brahma, Yama mise via il kaladanda. Neppure Yama però poteva essere sconfitto;perciò egli semplicemente svanì da quel luogo. Considerandosi il vincitore, Ravana salì sul Pushpaka e andò via.In seguito Ravana conquistò i Naga. Poi si recò nel territorio dei Nivatakavaca. Anch'essi avevano ricevuto undono dal Creatore Brahma e godevano di un suo favore speciale. Ravana andò da loro e li invitò a combattere. Ledue forze furono impegnate in battaglia per oltre un anno, ma nessuna delle due poteva vincere.Il Creatore Brahma apparve sul posto e disse ai Nivatakavaca: "Voi non potete vincere Ravana in battaglia. Credoche sia una buona soluzione unirvi in un'amicizia reciproca. Infatti è solo attraverso l'amicizia che la gente ottienela prosperità".Quindi, avendo il fuoco sacro come testimone, Ravana concluse un patto d'amicizia con i Nivatakavaca.Uscendo da lì, Ravana incontrò gli esseri chiamati Kalakeya. Mentre combatteva contro di loro, egli perse ilcognato Vidyutjihva (il marito di Surpanakha) e anche moltissimi soldati. Ma alla fine Ravana sterminò i Kalakeya.Da lì egli si recò nel regno di Varuna. Qui incontrò i figli di Varuna, che combatterono bene contro di lui. Essi glidissero che loro padre Varuna era andato alla corte di Brahma ad ascoltare un concerto di musica. Tuttavia,

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avendo sconfitto i figli di Varuna, Ravana si considerò il conquistatore del mondo e quindi fece ritorno a Lanka.Dovunque andasse, quando vedeva una bella ragazza, Ravana la rapiva e la portava con sé. Così moltissimeragazze erano state portate via da lui con la forza. Figlie di naga e di gandharva, figlie di saggi, di demonesse edi dee - il Pushpaka le aveva portate via tutte ed era stato inondato dalle loro lacrime . Tutte gridavano: "Ilpeccato di violare le mogli altrui è veramente senza pari nella sua gravità, e Ravana vi trova diletto. Perciò eglimorirà a causa di una donna".Quando rientrò a Lanka, Ravana trovò che sua sorella Surpanakha era inconsolabilmente addolorata. Alladomanda del fratello ella rispose: "O re, tu sei la causa della mia vedovanza; tu sei responsabile della morte dimio marito. Il tuo dovere era quello di proteggermi, ma in realtà hai rovinato la mia vita".Ravana le rispose con calma: "Tuo marito è stato ucciso in battaglia; io non avevo alcuna intenzione di farlomorire. Comunque, tutto questo è passato. Adesso farò di tutto per renderti felice. Vai a vivere con nostrofratello Khara; i quattordicimila soldati del suo esercito saranno per te come fratelli. Tu sarai per loro come unamadre".Poco tempo dopo Ravana entrò in uno dei parchi di divertimento di Lanka il cui nome era Nikumbhila. Là videsuo figlio Meghanada impegnato a celebrare un elaborato rito religioso. Vide che Meghanada indossava una pelledi daino e aveva l'aspetto di chi è impegnato in un rito religioso ortodosso. Egli l'abbracciò con affetto e poi glichiese: "Che cos'è quello che stai facendo, figlio mio?",Usana, il sacerdote officiante, rispose: "Signore, tuo figlio ha completato con successo questi sette riti sacri:l'agnistoma, l'asvamedha, il bahusuvarnaka, il rajasuya, il gomedha, il vaishnava e il mahesvara. Egli ha ottenutole benedizioni dello stesso Signore Shiva, e quindi potrà muoversi secondo la sua volontà, volare nell'aria ecompiere molti trucchi di magia".Ravana espresse un leggero dispiacere: "Tutto ciò è indegno di te, figlio mio. Tu hai offerto sacrifici ai nostrinemici, gli dèi. Ad ogni modo, tutto ciò che hai fatto è ben fatto. Torniamo a casa".Raggiunto il suo palazzo, Ravana fece scendere dal Pushpaka le numerose donne che aveva rapito. Vedendole,Vibhishana si rammaricò immensamente e ammonì gentilmente il fratello maggiore: "Sicuramente è peccatorapire le mogli degli altri. E noi dovremo pagare caro questo peccato. Anzi, la cosa è già evidente! Fratello,nostra cugina Kumbhinasi è stata rapita dal demone Madhu. Sono certo che il fatto è collegato direttamente alrapimento di queste donne pie da parte tua. Meghanada era impegnato nel rito sacro, io ero impegnato nellameditazione e Kumbhakarna dormiva profondamente. Madhu s'è portata via Kumbhinasi. Quando l'ho saputo, hopensato che forse stavano bene l'uno con l'altra".Ravana però reagì in maniera diversa. Egli ordinò all'esercito di prepararsi ad invadere il territorio di Madhu; efece persino svegliare Kumbhakarna. Con l'aiuto di tutti - eccetto Vibhishana, che custodiva Lanka durantel'assenza degli altri fratelli - egli invase Madhupura.Ravana non riusciva a vedere Madhu. Kumbhinasi però corse incontro a Ravana, cadde ai suoi piedi e pianse,implorando: "Ti prego, concedimi la grazia che non mi farai restare vedova. Per una donna onesta non c'èsventura più grande che restare vedova; questa è la causa principale di ogni paura e tristezza". Ravana promisedi risparmiare la vita a Madhu. Allora Kumbhinasi tornò dentro e svegliò il marito che dormiva.Ella presentò Ravana a Madhu: "Questo è mio fratello Ravana, che ha bisogno del tuo aiuto nella sua lotta controgli dèi". Madhu ricevette Ravana con grande affetto e ospitalità.In una notte di luna piena, Ravana stava riposando sul monte Kailash. I soldati delle sue forze armatedormivano.La luna piena e la brezza soave, la fragranza dei fiori di campo e la musica degli esseri celesti ebbri d'amore,risvegliarono la sua passione.In quel mentre passava vicino a lui una ninfa celeste chiamata Rambha. Ella era vestita in maniera seducente; eil suo aspetto e il suo portamento erano tali da sollevare la passione in chi la guardava.Ravana l'avvicinò e le chiese: "Dove stai andando, o donna leggiadra? Chi è quella persona fortunatissima cheoggi godrà con te dei piaceri sensuali? No, non andartene lasciandomi qui. Vieni, divertiamoci insieme. Chi è paria me nei tre mondi?".Avvicinata in questa maniera da Ravana, Rambha cominciò a tremare per la paura; e gli disse: "Sii benevolo conme, signore! Tu sei il protettore di tutti; non proteggerai forse tua nuora? Io sto andando a incontrareNalakubara, il figlio di tuo fratello, e perciò sono tua nuora. Ti prego, lasciami andare".Ravana però non era dell'umore di ascoltare questo sermone. Sopraffatto dalla lussuria, egli afferrò Rambha e laviolentò.Quando la liberò, dopo averla violentata, Rambha era come una ghirlanda imbrattata o dell'acqua infangata.Ancora tremante per la paura e la vergogna, ella andò da Nalakubara e gli narrò tutto quello che le era successolungo la strada.Poi cadde ai suoi piedi piangendo, e implorò il suo perdono.Quando seppe che Ravana aveva osato violare Rambha, Nalakubara entrò per un po' di tempo in profondameditazione,Egli 'vide' tutto ciò che era accaduto a Rambha. Sopraffatto da una collera immensa, prese dell'acqua con le manie pronunciò solennemente questa terribile maledizione:"Poiché ti ha violentato senza che tu, Rambha, lo desiderassi, egli non potrà più godere di alcuna donna che nonlo desideri. Se mai provasse a violentare una donna che non lo desiderasse, la sua testa scoppierebbe in settepezzi".Appena Nalakubara pronunciò questa terribile maledizione, tutti gli dèi, a partire dal Creatore Brahma, gioirono efecero scendere una pioggia di fiori.Quando Ravana venne a sapere di quest'infallibile maledizione, cominciò a frenarsi dal molestare qualsiasi donnanon lo desiderasse.Ravana rivolse i suoi occhi al cielo e decise di conquistare anche quello. Quand'egli entrò nel regno degli dèi conil suo potente esercito , i cieli tremarono e lo stesso Indra rimase scosso sul suo trono. Egli ordinò a tutti gli dèidi prepararsi a combattere contro Ravana.Quindi Indra, il dio del cielo, tremante di paura andò subito dal Signore Vishnu e si sottomise umilmente a Lui,

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dicendo: "Di grazia, Signore, dicci che cosa dobbiamo fare. Ravana, che in virtù dei doni che ha ricevuto siconsidera invincibile, è venuto a combattere contro di noi. Tu sei il nostro solo rifugio, la nostra sola forza e ilnostro unico sostegno. Tu sei il Signore supremo; in te dimorano tutti i mondi. L'universo ha origine da te e in teritorna. Ti prego, dimmi che cosa vuoi che facciamo con questo Ravana".Il Signore Vishnu rispose: "Conosco già i misfatti di Ravana. Ma in questo momento non scenderò in battagliacontro di lui. Io, Vishnu, non potrei mai tornare dal campo di battaglia senza avere ucciso il nemico; ma adessoquesto è impossibile, poiché Ravana è protetto dal dono ricevuto da Brahma. Comunque ti prometto che lodistruggerò presto, per la redenzione degli dèi. Perciò per il momento combattilo tu stesso insieme agli dèi".Tutti gli dèi scesero in campo guidati da Indra. Nello stesso tempo i demoni, con a capo Ravana, fecero il loroingresso nei cieli.Allora il potente demone Sumali entrò nel campo di battaglia e provocò molta distruzione tra le forze degli dèi.L'ottavo Vasu, di nome Savitra, distrusse il veicolo di Sumali. Poi, lanciando un missile estremamente potentechiamato gada, il Vasu colpì Sumali. Il fuoco sprigionato dal missile consumò interamente il demone.Vedendo che il loro capo Sumali era stato ucciso, gli altri demoni fuggirono in tutte le direzioni.A questo punto entrò in campo Meghanada. Indra rassicurò gli dèi dicendo: "Non temete: guardate mio figlioJayanta che entra in campo per affrontare Meghanada".La battaglia tra Meghanada e Jayanta fu molto aspra. Quando Meghanada usò i suoi poteri magici, vi fu unatotale confusione e gli dèi si uccisero persino tra di loro!Indra stesso entrò in campo con il suo velivolo celeste. La battaglia ebbe un nuovo culmine quandoKumbhakarna e altri demoni mostrarono tutto il loro valore. Vi fu molta distruzione da ambo i lati.Durante quella spaventosa battaglia, una volta Indra circondò Ravana con le sue forze divine. QuandoMeghanada lo venne a sapere si precipitò sul posto. Egli usò i suoi poteri magici: nessuno riusciva a vederlo. Conil suo potere illusorio, Meghanada catturò Indra e lo fece prigioniero. Poi si rivolse a suo padre Ravana e glidisse: "Vieni, torniamo a casa, ho catturato lo stesso Indra".Tutti gli dèi, guidati dallo stesso Creatore Brahma, andarono a Lanka. Brahma supplicò Ravana: "Il valore di tuofiglio è altamente encomiabile. E poiché ha conquistato lo stesso Indra, d'ora in poi egli sarà chiamato Indrajit.Lascia libero Indra, perché continui a svolgere le sue funzioni nei cieli. Che Indrajit scelga in cambio qualsiasidono".Felicissimo di questo, Indrajit chiese il dono dell'immortalità. Ma Brahma puntualizzò: "L'immortalità è impossibilein questo mondo mortale, sia per gli uccelli, gli animali e tutti gli altri esseri. Perciò ti prego di modificare la tuarichiesta".Indrajit rispose: "Prima d'affrontare un'impresa importante praticherò regolarmente i riti sacri. Se riuscirò acompletarli in tempo, sarò invincibile; in caso contrario resterò vulnerabile. Inoltre dovrò restare invulnerabilefinché rimarrò seduto nel mio velivolo".Brahma gli concesse quanto chiesto. Indrajit disse: "La gente cerca l'immortalità praticando austerità epropiziando gli dèi; ma io diventerò immortale per mezzo dello sforzo personale e della vigilanza".Indra fu rilasciato. Brahma gli disse: "Ora ti dirò perché sei stato preso prigioniero. In principio creai gli esseri e licreai tutti uguali, dello stesso colore e della stessa forma. Poi contemplai la mia creazione e desiderai creare unessere particolare. Volli la certezza che quest'essere particolare fosse assolutamente immacolato (a = senza;halya = macchia). Era una donna e il suo nome era Ahalya. Ella divenne la moglie del rishi Gautama. Sopraffattodalla passione per lei, un giorno tu la seducesti, approfittando dell'assenza di suo marito. Il saggio vi sorpreseentrambi; e quando scoprì il tuo misfatto, ti maledì: "Poiché hai sedotto impavidamente mia moglie, sarai presoprigioniero dal tuo nemico". Gautama maledì anche sua moglie: "Poiché hai fatto questo, orgogliosa della tuabellezza, non sarai l'unica donna bella del mondo e così perderai la tua unicità". Perciò, Indra, ricorda il tuomisfatto. Tu sei stato sconfitto dal tuo misfatto, non da qualcun altro. Adora immediatamente il Signorecelebrando il sacro rito Vaishnava, e così sarai purificato da ogni peccato".Indra seguì il consiglio di Brahma.Una volta Ravana andò in una città chiamata Mahismati, la capitale del regno Haihaya, il cui re era KartaviryaArjuna. Giunto là, Ravana gridò: "Chi è quell'Arjuna che governa questa città?". Gli fu detto che Arjuna si stavadivertendo nel fiume Narmada.Ravana andò immediatamente al fiume, e dopo aver fatto il bagno adorò il Signore nella forma del Linga chepose sulla sabbia.Poi Ravana notò un fenomeno inspiegabile: il flusso del fiume s'era improvvisamente arrestato. Tramite le suespie egli apprese che Kartavirya Arjuna, che si stava divertendo con delle donne nel fiume, ne aveva arrestato ilcorso con le sue stesse mani e aveva creato un lago artificiale per il proprio piacere.Udito questo, Ravana desiderò sfidare Kartavirya Arjuna in combattimento. Tuttavia i ministri di quest'ultimopregarono il demone d'accettare la loro ospitalità, passare la notte lì e quindi sfidare il re la mattina seguente.Essi argomentavano: "Non è eroico sfidare un guerriero che si sta divertendo con delle donne!".Ravana era propenso ad accettare, ma nel frattempo il suo esercito aveva già cominciato a combattere contro isoldati di Kartavirya Arjuna, creando molto frastuono.Anche i principali luogotenenti di Ravana erano entrati nella battaglia. I ministri di Kartavirya Arjuna loinformarono della battaglia, e anch'egli si precipitò a combattere.La battaglia fu sanguinosa. Kartavirya Arjuna tirò un potente colpo con il suo gada e fece perdere i sensi aPrahasta. Tutti gli altri demoni, incluso Ravana, corsero ad aiutare Prahasta.Allora Kartavirya Arjuna diresse la sua attenzione verso Ravana, e con molta facilità lo catturò. Egli legò Ravanacome Narayana aveva legato il re dei demoni Bali.In quel momento gli dèi e i semidèi fecero scendere una pioggia di fiori dicendo: "Ben fatto". I demoni gridaronoinvano: "Liberalo, liberalo".Il saggio Pulastya seppe della cattura di Ravana dagli dèi e andò a intercedere di persona da Kartavirya Arjuna.Quest'ultimo ricevette il saggio con tutto l'onore e la riverenza dovuti e, dopo averlo pregato d'accettare la suaospitalità, gli chiese; "Che cosa posso fare per te, o santo?".Il saggio lodò Kartavirya Arjuna per il suo valore e quindi lo pregò di liberare suo figlio Ravana dalla prigionia.

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Senza indugio Kartavirya Arjuna acconsentì alla richiesta del saggio.Incurante dell'ignominia subita per mano di Kartavirya Arjuna, Ravana continuò a girare per il mondo in cerca dinuove battaglie e nuove conquiste.Una volta egli giunse nel regno di Kishkindha, governato dal potentissimo vanara Vali. Egli gridò a squarciagola,sfidando Vali a farsi avanti e a combattere contro di lui. Un ministro di Vali informò il demone che il suo re erauscito dalla capitale per andare a compiere l'adorazione serale che celebrava quotidianamente. "Se puoiaspettare un po', lo vedrai di certo", egli disse, e aggiunse: "Lascia però che ti avverta! Vedi quella montagna diossa laggiù: esse appartenevano ad altri eroi che come te hanno voluto sfidare Vali. Anche se avessi bevuto ilnettare dell'immortalità, il suo effetto durerebbe solo fino a quando non affronteresti Vali. Se comunque avessifretta di morire, allora recati all'Oceano Meridionale, dove troverai Vali".Ravana non si fece impressionare dalle minacce. Salì sul Pushpaka e si diresse verso sud. Infine scorse Vali cheoffriva le sue preghiere vespertine, e s'avvicinò a lui senza fare il minimo rumore. Per caso lo vide anche Vali.Senza alcuna difficoltà, Vali imprigionò Ravana sotto la sua ascella e si librò nell'aria. Tutti gli altri demoni simisero a urlare e a inseguire Vali, ma invano.Dopo averlo portato su tutti gli oceani delle quattro direzioni e avere offerto le sue preghiere a ciascun oceano,sempre tenendo Ravana sotto l'ascella, Vali fece ritorno a Kishkindha. La, nel suo giardino, Vali lasciò cadereRavana, e poi gli chiese: "Da dove sei venuto".Pieno di ammirazione, Ravana disse a Vali: "Che forza, che valore, e quanta maestà! E incredibile che qualcunoabbia potuto tenermi nella sua morsa come una bestiolina e portarmi fino ai quattro oceani ai quattro angolidella terra. Tu sei davvero un eroe eccelso. Avendo avuto prova della tua straordinaria potenza, desideroconcludere un patto d'amicizia con te. D'ora in poi noi due godremo ogni cosa in maniera indivisa, avremo cioè incomune mogli, figli, città, regno, piaceri, cibo e rifugio".Poi essi alimentarono il fuoco sacro e davanti ad esso si strinsero la mano e conclusero un patto d'amicizia.Ravana visse nella dimora di Vali per un mese, godendo della sua ospitalità, e infine fece ritorno a Lanka. Taleera, o Rama, la potenza di Vali, che tu hai ucciso con tanta facilità.Così il saggio Agastya concluse la sua narrazione.

[NOTA: Questa storia spiega perché Rama non poteva fidarsi di Vali, che era amico di Ravana. E giustifica anchel'affermazione di Vali che avrebbe potuto chiedere facilmente a Ravana di riconsegnare Sita a Rama.]

Rama disse ad Agastya: "La tua descrizione della forza di Vali e Ravana è stata meravigliosa. Ma sono certo cheHanuman è più potente di tutti questi eroi. Tutto ciò che io ho ottenuto: Lanka, Sita, la vittoria, l'amicizia, eanche il regno, lo devo alla forza di Hanuman; se non fosse stato per lui, forse non avremmo saputo neanchedove si trovava Sita. Eppure, come mai egli non poteva uccidere Vali o Ravana o gli altri?".Agastya rispose: "Se è tuo desiderio ti racconterò nei dettagli la storia di Hanuman. Sul monte Sumeru viveva unre chiamato Kesari, che aveva una moglie di nome Anjana. Hanuman nacque da lei, come figlio di Vayu, il dio delvento. Mentre la madre era andata a prendere della frutta per dargli da mangiare, il bimbo scambiòerroneamente il sole per un frutto e si lanciò nell'aria per coglierlo. Sebbene il piccolo fosse giunto vicino al sole,quest'ultimo non voleva bruciare quel bimbo innocente. Al lamento di Rahu, intervenne Indra, che colpì ilbambino e lo fece precipitare a terra. Nella caduta il suo mento si fratturò, e da questo gli deriva il nomeHanuman."Vedendo questo, il dio del vento s'arrabbiò e si ritirò dal mondo. Nessuno poteva più respirare. Allora tutti gliesseri cantarono le glorie del dio del vento e cercarono di propiziarlo. Tutti gli dèi, incluso lo stesso Brahma,andarono a trovarlo. Vayu uscì dalla sua grotta con il bambino privo di sensi. Al tocco del Creatore, il bambinotornò in vita. E il dio del vento tornò a muoversi tra gli esseri quale loro vita."Quindi tutti gli dèi glorificarono Hanuman, offrendogli ogni tipo di doni: salute, libertà dalle malattie, lunghissimavita, invulnerabilità nei confronti di fulmini e altre armi del genere, il dono di un potente gada, l'abilità dicambiare la sua forma e quella di muoversi ovunque a volontà, ecc."Ricco di questi doni, Hanuman aveva perso la testa e aveva cominciato a saccheggiare le foreste e glieremitaggi, assalendo persino gli stessi saggi. I saggi sapevano che era invincibile e che godeva della protezionedivina. Perciò lo maledirono: "Tu ci molesti facendo assegnamento sulla tua forza straordinaria; d'ora in poi nonsarai più consapevole della tua forza per molto tempo". Ma realizzando il grande ruolo che egli doveva svolgereal tuo servizio, i saggi modificarono la loro maledizione: "Quando però la tua forza ti sarà ricordata, lariacquisterai"."Perciò, benché egli fosse dalla parte di Sugriva nella lotta contro Vali, non si ricordò della sua forza. E solo peramor tuo che Hanuman è nato in questo mondo e gli dèi lo hanno creato".Dopo aver narrato tutte queste storie, Agastya e i saggi si congedarono da Rama.Il giorno dopo l'incoronazione di Rama, i bardi di corte cantarono dolcemente le sue glorie per svegliarlo dalsonno: "Signore, se tu dormi, tutto il mondo dorme. Perciò svegliati". Rama si alzò e, dopo le abluzioni, adorò isaggi e Dio.I re e gli altri ospiti d'onore che erano venuti ad assistere all'incoronazione lasciarono Ayodhya uno dopo l'altro,dopo essere stati debitamente onorati da Rama. Rama disse loro: "Invero il malvagio Ravana è stato ucciso dalDharma, dalla verità e dalla giustizia, della cui gloria spirituale voi siete manifestazioni; io sono stato un merostrumento, un pretesto". Essi a loro volta lo lodarono, considerandosi davvero fortunati e benedetti.Rama elargì gioielli preziosi ai capi vanara che lo avevano aiutato nella grande battaglia contro Ravana e cheerano venuti ad Ayodhya per assistere all'incoronazione. Essi avevano gradito molto il loro soggiorno ad Ayodhya;un mese era trascorso come fosse stata un'ora. Anche Rama era stato felice in loro compagnia.Quindi Rama diede a Sugriva e agli altri capi vanara il permesso di partire per fare ritorno ognuno al proprioregno.Egli congedò anche Vibhishana, perché tornasse a Lanka, per governare Lanka secondo il codice del Dharma' .Rama sottolineò: "Che la tua mente non concepisca mai un comportamento ingiusto, o re. L'uomo saggio siattiene al sentiero del Dharma, godendo il governo del regno per molto tempo".

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Poi Hanuman s'inchinò a Rama e gli offrì questa preghiera: "Signore, possa esserci in me una devozione supremanei tuoi confronti; possa la devozione del mio cuore non vacillare mai. Fa' che io viva fintanto che la tua storia ela tua gloria sono cantate in questo mondo".Rama disse: "Così sia, Hanuman! La mia storia sarà narrata finché durerà il mondo; e la tua gloria continueràfintanto che la mia storia sarà narrata in questo mondo. Per uno solo dei grandi servigi che mi hai reso, sonotenuto a darti la mia stessa vita; e per i numerosi altri rimarrò sempre in debito con te. Uno che ha ricevutoaiuto, lo restituisce nei momenti di difficoltà dell'altro: ma io spero che tu non abbia mai bisogno del mio aiuto, eche non ti troverai mai in difficoltà".Così dicendo, Rama abbracciò Hanuman e gli concesse il dono prezioso di una collana che lui stesso avevaportato al collo.Quindi tutti i vanara e altri capi ancora si congedarono da Rama con le lacrime agli occhi.Un giorno, mentre era seduto con i suoi fratelli, Rama udì una voce eterea che diceva: "Rama, sono il veicolospaziale Pushpaka. Secondo il tuo comando, sono stato alla dimora di Kubera; ma egli mi ha rimandato a te,poiché tu hai conquistato Lanka e hai distrutto il malvagio Ravana. Kubera è felicissimo di sapere della tuavittoria e ti prega di usare questo velivolo per muoverti a tuo piacimento nel mondo. Perciò sono tornato qui date. Ti prego d'accettare i miei servigi".Rama rese omaggio al velivolo spaziale e poi gli ordinò: "Molto bene, ora vai dove desideri, e torna da mequando ti penserò".Vedendo i poteri soprannaturali di Rama, Bharata rimase stupefatto, e disse: "Fratello, davanti a te persino lecose inanimate diventano esseri senzienti. La gente che vive nel tuo regno è libera dalle malattie, la duratamedia della vita s'è allungata. La mortalità infantile è sconosciuta. Ognuno gode di ottima salute. Persino lapioggia e il vento ti favoriscono. I cittadini dicono tra loro: 'Sarebbe bello poter avere per sempre un re così'".Rama fu felice di udire queste cose.Più tardi, quello stesso giorno, Rama andò nel boschetto di asoka insieme a Sita. Questo delizioso giardino erapieno di fiori profumati e bellissimi prati verdi, e inoltre era dimora d'innumerevoli uccelli variopinti il cui cantorallegrava coloro che l'ascoltavano.Rama e Sita sedettero nel giardino. Con infinito amore e affetto, lo stesso Rama porse a Sita la dolce bevandachiamata maireyakam.Presto i servitori servirono loro della carne finemente cucinata e varie altre pietanze prelibate, Gliaccompagnatori di corte intrattennero Sita e Rama con musica e danze.Così Rama trascorreva la mattina curando gli affari di corte; e passava le sere in compagnia di sua moglie. AncheSita trascorreva la mattina al servizio delle suocere e i pomeriggi in compagnia dell'amato marito.Un giorno Rama disse a Sita: "Mia cara, vedo che aspetti un bambino! Dimmi, che cosa posso fare per rendertifelice durante questo periodo particolarmente fausto".Sita rispose: "Signore, il mio solo desiderio è quello di rivisitare le foreste e i sacri eremitaggi dei santi che vivonosulle rive del sacro Gange".Rama rispose prontamente: "Certamente, mia cara, partiremo domani stesso".I giullari di corte intrattenevano Rama e gli altri principi e dignitari con racconti umoristici.Più tardi Rama chiese alle spie e agli agenti segreti: "Ditemi, che cosa dice il popolo di me, di Sita, e dei mieifratelli Ditemi tutto senza alcuna riserva".Dopo molta esitazione, Bhadra riferì al re ciò che diceva qualche cittadino: "Rama ha fatto ciò che nessun altroha mai fatto prima: ha costruito un ponte sull'oceano, è andato a Lanka con l'ausilio delle forze vanara ed altreforze, ha ucciso Ravana e ha riavuto Sita. Non so come faccia ad amare ancora Sita così tanto, dopo che ella èstata rapita da Ravana che se l'è stretta addosso e l'ha tenuta nel boschetto di asoka per tanto tempo. Bene,allora suppongo che d'ora in poi neanche noi possiamo disapprovare questo tipo di condotta da parte dellenostre mogli".Il volto di Rama mostrava il suo profondo turbamento e la sua ansietà. Egli sciolse il consiglio di corte e chiese aisuoi messaggeri di far venire subito i suoi fratelli. Chiamati d'urgenza, i tre fratelli si precipitarono a corte erimasero sbigottiti nel vedere il volto ansioso di Rama. Essi s'inchinarono e rimasero rispettosamente a distanza.Rivolgendosi a loro, Rama disse gravemente: "Vi prego d'ascoltare ciò che ho appena udito. Lo scandalo pubblicosta divorando il mio cuore. Perché appartengo alla grande dinastia di Ikshvaku; e anche Sita appartiene a unanobile e rispettabile famiglia. Voi sapete come Sita fu rapita da Ravana nella foresta Dandaka e come infine io lariconquistai. Per convincermi della sua purezza, Sita entrò persino nel fuoco. Lakshmana, tu sei stato testimonealla dichiarazione dello stesso dio del fuoco che Sita è pura. Nel mio essere più profondo io so che lei è pura.Perciò l'ho riportata ad Ayodhya con me."Tuttavia c'è uno scandalo pubblico riguardo a lei. Chi è soggetto allo scandalo pubblico in questo mondo, va neimondi inferiori fino a quando dura lo scandalo. L'infamia è derisa dagli dèi, e la fama viene adorata in questomondo. Invero è proprio per ottenere fama che la gente intraprende varie attività. Per timore dello scandalo iopotrei anche abbandonare la mia vita e tutti voi, miei cari fratelli; per non parlare di Sita. Perciò fate come vidico, e non cercate neanche di consigliarmi contro. Prendete immediatamente Sita e portatela in un postolontano: accompagnatela all'eremo del saggio Valmiki e lasciatela lì. In effetti, lei stessa desiderava andare avisitare quegli eremi."Giuro che non cambierò la mia risoluzione, e vi prego di non cercare neanche di dissuadermi".Trascorsa quella notte, al sorgere del nuovo giorno Lakshmana chiese a Sumantra di preparare il cocchio reale.Quando il cocchio fu pronto Lakshmana andò da Sita e le disse: "Tu avevi chiesto a re Rama di farti visitare glieremi dei saggi che vivono sulle rive del fiume Gange. Il re é stato ben lieto di esaudire la tua richiesta e mi hacomandato di accompagnarti. Perciò o Sita, sali sul cocchio".Con il cuore colmo di gioia, Sita corse nei suoi appartamenti, prese vestiti, gioielli e altri doni che intendevaoffrire ai saggi e alle loro consorti, e ritornò laddove Lakshmana l'aspettava con il cocchio pronto a partire. Nonappena vi salì, il cocchio s'avviò rapidamente.Tuttavia Sita notò dei cattivi presagi e fu in ansia per suo marito e sua suocera. Ella offrì una preghiera per laloro incolumità.

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Sita e Lakshmana trascorsero quella prima notte in un ashram sulle rive del fiume Gautami. La mattina seguenteripresero il viaggio.Quando furono vicini al sacro Gange, guardando il fiume Lakshmana si mise a gemere forte, con grande sorpresadi Sita. Ella gli chiese: "Perché piangi così, Lakshmana? Certo perché senti tanta nostalgia di tuo fratello Rama.Anch'io la sento. Visiteremo gli eremitaggi e passeremo stanotte lì, quindi torneremo ad Ayodhya il più prestopossibile".Sita e Lakshmana salirono sul traghetto per attraversare il Gange. Ancora una volta Lakshmana cominciò apiangere e a gemere forte. Poi disse a Sita: "Il mio cuore è triste, Sita. So che il mondo mi biasimerà per quelloche sto facendo. Preferirei morire in questo momento. Sii misericordiosa, perché non è colpa mia".Così dicendo, egli cadde ai piedi di Sita piangendo amaramente.Sita divenne ansiosa e si preoccupò moltissimo. Ella chiese a Lakshmana di dirle tutto, senza riserve. Lakshmanasi alzò e continuò: "Alla presenza dei membri del suo consiglio, Rama è stato messo a conoscenza di un terribilescandalo pubblico. È qualcosa che i cittadini di Ayodhya e del regno dicono. Rama ne fu molto turbato, poi midisse qualcosa e si ritirò nel suo appartamento. Non posso ripeterti quelle parole. Posso dirti soltanto che a causadi quello scandalo il re ha deciso di abbandonarti. Ti prego di ricordare che egli non ti accusa, ma ha paura delloscandalo pubblico. Questo è l'ordine del re: devo accompagnarti all'eremo del saggio Valmiki e lasciarti là. Ilsaggio è un grande amico di nostro padre e certamente avrà la massima cura di te".Quando udì le terribili parole di Lakshmana, Sita cadde priva di sensi, sopraffatta dal dolore. Dopo un tempoconsiderevole, ella riprese coscienza e si rivolse a Lakshmana con tono angosciato: "Il mio corpo sembra esserestato creato per soffrire, e io sono un'incarnazione di sofferenza infinita. Quale terribile peccato devo avercommesso in una vita precedente? E chi devo aver privato del suo sposo, per essere soggetta a questo fato puressendo casta e innocente?"Ho già vissuto in passato nella foresta, ma allora avevo con me il mio signore Rama. Ora come potrei vivere inquesta foresta senza di lui?"Quando entrerò negli eremi dei saggi, che cosa dirò loro; per quale motivo sono stata esiliata da Rama?Sarebbe stato meglio che mi fossi gettata nel Gange; ma il mio signore mi avrebbe accusato della distruzionedella sua dinastia, perché porto in grembo suo figlio."O Lakshmana, fa' quello che il Signore ti ha ordinato di fare. Quando tornerai ad Ayodhya porta i miei devotiinchini al signore Rama e a mia suocera, e assicura il mio signore della mia purezza e della mia eterna devozionenei suoi confronti."Sono certa che sono stata esiliata solo a causa dello scandalo pubblico e non perché il mio signore abbia ilminimo sospetto sulla mia castità. Invero, per una donna casta il marito è dio, i parenti e il guru; egli le è piùcaro della sua stessa vita; perciò la sua missione è per lei della massima importanza. É in questo spirito che micongedo da te. Ora puoi andare".Quando Lakshmana scomparve dalla sua vista, Sita scoppiò a piangere, seduta sulla riva del Gange.Valmiki andò in riva al Gange e salutò Sita con il dovuto onore e rispetto.Egli disse: "Io so che tu sei Sita, figlia di re Janaka e nuora di re Dasaratha. Tu sei l'amata moglie di Rama.Sapevo che saresti venuta, e so anche per quale ragione sei qui. Per mezzo dell'occhio dell'intuizione, acquisitocon la pratica di intense austerità, io so che tu sei assolutamente pura. Io conosco tutto quello che succede neitre mondi."Vieni! A poca distanza da qui vedrai un eremitaggio di donne ascete che d'ora in poi si prenderanno cura di te.Non essere triste. Considera questa la tua casa".Valmiki condusse Sita nell'eremitaggio femminile e la presentò alle donne ascete, affidandola alle loro cure.Quando vide che Sita era entrata nell'eremo del saggio Valmiki, secondo l'ordine di Rama, Lakshmana fu afflittodal dolore e disse a Sumantra, il fedele auriga: "Guarda, Sumantra: quello stesso Rama che ha conquistato glidèi, i semidèi e i demoni deve ora patire questa disgrazia. In precedenza era stato bandito dal suo regno, e oraviene separato dalla moglie diletta a causa dello scandalo pubblico. Questo non mi sembra giusto".Dopo avere ascoltato la sua afflizione, Sumantra gli rispose: "O Lakshmana, tutto ciò era noto ai saggi da moltotempo. Un giorno il saggio Durvasa rivelò tutto questo a tuo padre, re Dasaratha."Il saggio predisse che Rama sarebbe stato soggetto a molta sofferenza, che avrebbe esiliato Sita, e più in làanche te. Il re mi ammonì di non rivelare a nessuno questo segreto. Comunque, ora te l'ho detto".A questo punto Lakshmana era ansioso di conoscere tutta la verità, e Sumantra continuò: "In quel tempo ilsaggio Durvasa viveva nell'eremo del saggio Vasishtha. Re Dasaratha andò a trovarlo per rendergli omaggio echiedergli qualcosa sulla sua vita e quella dei suoi figli."Allora il saggio Durvasa disse a tuo padre: "Ti dirò qualcosa che ebbe luogo molto tempo fa. Ci fu una guerra tragli dèi e i demoni. Gli dèi implorarono la protezione del saggio Bhrigu, ma la moglie di Bhrigu concesse rifugio aidemoni. Vishnu divenne furioso e in un accesso di collera recise la testa della donna con la sua arma rotante. Ilsaggio Bhrigu fu molto contrariato e maledì lo stesso Signore Vishnu: "Poiché hai ucciso mia moglie, nasceraicome essere umano e allora sarai separato da tua moglie!"."Istantaneamente il saggio si ravvide e si dispiacque molto di avere maledetto lo stesso Signore Vishnu.Comunque, per rassicurarlo, il Signore Vishnu gli disse che avrebbe fatto l'uso migliore di quella maledizione, peril beneficio e degli dèi e dei mondi"."Come risultato di quella maledizione, Vishnu nacque come Rama e ha dovuto bandire sua moglie Sita. Durvasapredisse anche che Rama avrebbe governato il mondo per moltissimo tempo, e avrebbe avuto due figli".Lakshmana si sentì consolato dalle parole di Sumantra. Il sole tramontò, ed essi decisero di passare la notte sullariva del fiume Kosi.La mattina seguente Lakshmana e Sumantra intrapresero il viaggio di ritorno e raggiunsero Ayodhya versomezzogiorno. Ivi Lakshmana vide Rama che era l'immagine stessa del dolore.Stringendo con le sue mani i piedi di Rama, Lakshmana offrì questo consiglio al fratello:"O Rama, obbedendo al tuo comando ho portato via Sita, lasciandola sull'altra riva del fiume Gange, affidata allecure delle donne ascete che vivono in un eremo là vicino. Ti prego, Rama, non addolorarti per quello che èsuccesso. Gli uomini saggi come te non si addolorano. In questo mondo tutti gli oggetti devono perire, tutte le

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cose che si elevano devono cadere, ogni incontro deve terminare con la separazione e la vita deve terminare conla morte. Perciò uno non dovrebbe essere eccessivamente attaccato alla propria moglie, ai figli, agli amici e allericchezze, poiché è sicuro di doversene separare. Abbandona questo dolore, perché se ti addolori potrebbeesserci maggiore scandalo pubblico; proprio quello che desideri evitare".Rama si sentì risollevato. Il suo dolore era scomparso. Egli ringrazio e lodò Lakshmana per avergli dato quelconsiglio al momento giusto. Rama continuò: "Negli ultimi quattro giorni, afflitto com'ero dal dolore ho trascuratoi miei doveri di re. Ti prego di riunire i ministri e tutti gli altri membri della corte reale. Poiché non è saggiotrascurare i doveri reali. Il re che non se ne occupa tutti i giorni precipita in un orribile inferno."A questo proposito ho udito il seguente racconto: C'era una volta un re chiamato Nriga. Dopo un rito sacro, eglidiede in elemosina migliaia di mucche ai sacerdoti. Una mucca che apparteneva ad un brahmana venne inqualche modo mischiata con la mandria e fu data ad un altro brahmana di Kankhal. Il brahmana a cuiapparteneva la mucca scoprì il fatto, e andò a reclamarla. L'altro brahmana rispose giustamente, affermando chesi trattava di un dono del re. Quindi decisero entrambi di recarsi alla corte del re per risolvere la questione."Il re però era assente, e la disputa non poteva essere ascoltata. I due brahmana aspettarono alcuni giorni, maquando videro che neanche allora il re s'era fatto vivo gli lanciarono la maledizione che il sovrano sarebbe natocome lucertola e sarebbe rimasto invisibile in un buco (così com'era rimasto invisibile per tutti quei giorni).Tuttavia i brahmana dissero che il re sarebbe stato liberato dalla maledizione quando il Signore Vishnu si sarebbeincarnato come Vasudeva. Tale è il fato di quei re che trascurano i loro doveri".Rama continuò: "Nriga riunì i suoi ministri e disse loro: "Vi prego, installate immediatamente mio figlio Vasu sultrono e incoronatelo re. Ordinate anche ai nostri architetti reali di costruire per me una buca nella quale possavivere abbastanza comodamente durante l'intero periodo della mia vita maledetta come lucertola. Là trascorrerò imiei giorni finché non sarò liberato dal corpo di lucertola per grazia del Signore Vasudeva"."Poi Nriga disse al re suo figlio: "Ti prego, figlio mio diletto, aderisci rigorosamente al codice del Dharma. Nondeviare dal sentiero della giustizia. Fa' che il mio fato sia per te un ammonimento: vedi che cosa ha provocatonel mio caso anche una piccola trasgressione! Però non addolorarti per me. E esattamente come dev'essere: ogniazione è seguita dalla reazione a lei appropriata. Si ottiene ciò che si deve ottenere, si va dove si deve andare, esi riceve qui (sia come piacere che come dolore) quello che è giusto che si ottenga. Tutto questo è in perfettaarmonia con la giustizia divina, per il proprio bene". Dopo avere consigliato suo figlio in tal modo, Nriga andò aritirarsi nella sua buca".Rama continuò a narrare a Lakshmana storie simili, per illustrare come persino grandi saggi avevano maledettoaltri, e come in seguito le loro maledizioni che a prima vista sembravano un male si erano dimostrate dellebenedizioni mascherate per tutti coloro ai quali erano state rivolte.Quindi Rama continuò, raccontando la storia di re Nimi:"Nimi era il dodicesimo figlio del grande re Ikshvaku. Un giorno egli entrò nella sua capitale chiamata Vaijayantiinsieme al saggio Gautama e ad altri. Entrando in città, egli decise di celebrare un rito sacro. Per questo invitòsuo padre Ikshvaku e chiese al saggio Vasishtha di officiare il rito. Il saggio gli fece sapere: "Sono già impegnatoa condurre un rito sacro per Indra; verrò da te non appena avrò concluso quel rito"."Nimi continuò comunque il suo rito sacro per cinquemila anni. Quando Vasishtha tornò là, dopo aver concluso ilrito di Indra, scoprì che il suo posto era stato preso dal saggio Gautama. Vasishtha s'adirò molto; e inoltre videche, nonostante fosse giorno, Nimi dormiva profondamente. Questo lo irritò maggiormente e preso daun'incontrollabile ira lo maledì: "Tu mi hai offeso, prima invitandomi e poi ignorandomi. Possa il tuo corporimanere senza vita". Nimi sentì che era ingiusto ricevere quella maledizione dal saggio, e pronunciò una contro-maledizione: "Possa anche tu essere privato del corpo". E subito rimasero entrambi senza corpo".Su richiesta di Lakshmana, Rama continuò: "Il radioso saggio Vasishtha si recò da suo padre Brahma, il Creatore,e gli fece presente la sua condizione: "Signore, davvero infelice è la sorte di coloro che sono stati privati delcorpo; senza il corpo non si può compiere nessuna azione. Perciò ti imploro, indicami il modo per ottenere unaltro corpo"."Brahma rispose: "Ottieni un corpo dalle energie combinate di Mitra e Varuna, e sarai incarnato senza esserestato concepito da una donna. Con quel corpo farai grandi azioni virtuose e poi tornerai da me"."In quel tempo Mitra e Varuna vivevano insieme, devotamente adorati da tutti gli dèi. Un giorno la ninfa celesteUrvasi capitò per caso da quelle parti. Varuna la vide, s'innamorò di lei a prima vista e le chiese di stare con lui.La ninfa però rispose che, prima di lui, Mitra le aveva già chiesto di essere sua moglie. "Io ti amo con tutto ilcuore - ella disse a Varuna - ma il mio corpo appartiene a Mitra"."Incapace di controllarsi davanti a lei, Varuna fece cadere la sua energia in un vaso (che già conteneva l'energiadi Mitra) ."Mitra se la prese con Urvasi anche per questa parziale trasgressione e la maledì a nascere sulla terra comeessere umano, e sposare Puruvara (il figlio di Budha) e vivere sulla terra per un periodo di tempo. Così ella caddedal cielo sulla terra."Dal vaso emerse un saggio raggiante, il saggio Agastya, che disse a Mitra: "Non sono tuo figlio!", e andò via.Dopo un po' di tempo da quel vaso venne fuori il saggio Vasishtha."Intanto, sulla terra, i saggi che avevano visto Nimi cadere senza vita conservarono il suo corpo imbalsamato, econtinuarono il loro rito. Alla conclusione del rito, il saggio Bhrigu disse: "Riporterò Nimi in vita"."Anche gli dèi furono lieti di questo miracolo, e chiesero a Nimi: "Dove vorresti dimorare?". Nimi rispose:"Dimorerò negli occhi di tutti gli esseri".Gli dèi esaudirono il suo desiderio e decretarono: "Grazie a te tutti gli esseri batteranno le ciglia, aprendo echiudendo gli occhi, in modo che gli occhi possano godere di un po' di riposo in questi intervalli"."Essi avevano ancora il corpo di Nimi. Gli dèi 'rimestarono' quel corpo e da esso emerse un essere. Poiché eranato (janana) dal rimestare (mathana) e dal disincarnato (videha) Nimi, l'essere nato in quel modo fu chiamatoJanaka Vaideha di Mithila.Lakshmana chiese a Rama: "Come mai Nimi, nonostante fosse impegnato a celebrare un rito religioso, non riuscìa controllare la sua collera e a trattenersi dal pronunciare la sua contro-maledizione?"

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Rama rispose: "La tolleranza non è cosa abituale a tutti, Lakshmana. La collera è difficile da controllare per lamaggior parte delle persone. Per illustrare questo fatto, ti racconterò la storia di re Yayati. Ti prego d'ascoltare."Viveva anticamente un re di nome Yayati, che era figlio di Nahusha. Yayati aveva due mogli: la prima sichiamava Sarmishta, figlia di Vrishaparva, e l'altra era Devayani, figlia di Usana. Egli ebbe un figlio da ciascunadelle due mogli: Sarmishta diede alla luce Puru e Devayani diede alla luce Yadu."Il re Yayati amava più Sarmishta che Devayani. Un giorno Yadu disse alla madre Devayani: "Tu sei nata da nobilisaggi e sei nobile tu stessa. Com'è possibile che sopporti quest'offesa da parte del re senza dire una parola diprotesta o di dispiacere? Io penso che noi due dovremmo gettarci insieme nel fuoco, e morire bruciati. Lasciamoche il re si diverta con Sarmishta, senza il minimo ostacolo. Comunque, se vuoi tu puoi sopportare quest'offesa equesti maltrattamenti; io non posso, e quindi ti lascerò"."Udendo le parole del figlio, Devayani andò a chiedere aiuto a suo padre, il saggio Bhargava o Usana. Quandoudì i fatti, il saggio s'adirò molto e lanciò una maledizione: "Possa Yayati, che preso dal godimento dei piaceri conSarmishta trascura il tuo benessere, essere immediatamente sopraffatto dalla vecchiaia"."A causa della maledizione del saggio, Yayati divenne subito vecchio. Tuttavia, per ritardare il giorno fatale, eglichiese ai suoi giovani figli di prendere per qualche tempo su di loro la sua maledizione, mentre lui avrebbecontinuato a godersi i piaceri della vita. Egli andò da Yadu, che però non volle nemmeno ascoltarlo. Poi andòdall'altro figlio, Puru, che invece acconsentì prontamente e si considerò benedetto dal padre."Yayati tornò di nuovo giovane, mentre Puru portava il peso della sua vecchiaia. Dopo essersi divertito permoltissimo tempo, Yayati restituì la giovinezza a Puru e si riprese la sua vecchiaia. In cambio di questo favore,Yayati incoronò Puru re al suo posto. Ma riguardo a Yadu, Yayati lo maledì: "Tu non hai avuto alcun rispetto perme, che sono tuo padre. Perciò sarai padre di moltissimi demoni"."Dopo un po' di tempo Yayati ascese in cielo; e Yadu ebbe moltissimi demoni come figli".

[NOTA: Yadu era un demone. Il Signore Krishna nacque nella stirpe di Yadu. I discendenti non ereditanonecessariamente la natura dei loro antenati.]

Un giorno, mentre Rama sedeva nella sua corte, la guardia del palazzo gli annunciò: "Molti saggi sono giunti allaporta, o re, e desiderano incontrarti".Su sollecita richiesta di Rama, i saggi entrarono a corte.Dopo averli devotamente onorati, Rama disse loro: "Uomini santi!Che cosa posso fare per voi? Posso conoscere lo scopo della vostra visita? Vi prego, comandate, e io farò conimmensa gioia tutto quello che desidererete. Questo regno, la mia vita, e tutto il resto, li mantengo solo per ilservizio dei santi. Questo lo dico in verità".Dopo questa rassicurazione, i saggi dissero a Rama: "In un tempo remoto c'era un grande demone chiamatoMadhu, figlio di Lola. Egli era un essere giusto e virtuoso, e per questo era amato dagli dèi e dai saggi. Assaicontento di lui, il Signore Shiva gli fece dono di un tridente che aveva i poteri del suo stesso tridente."Il Signore disse a Madhu: "Estremamente compiaciuto di te, ti faccio dono di questo tridente. Fino a quando nonverrà usato contro i saggi e gli dèi, resterà tuo; altrimenti sparirà"."Madhu fu immensamente felice e pregò per un altro favore: signore, fate che questo tridente sia proprietà ditutti i miei discendenti"."Il Signore, però, concesse un dono leggermente modificato: "La tua preghiera non deve rimanere inascoltata.Perciò avrai un figlio al quale farai dono del tridente. Fino a quando egli terrà il tridente in mano, resteràinvincibile"."Felice del dono ricevuto dal Signore Shiva, Madhu fece ritorno a casa. Sua moglie Kumbhinasi diede presto allaluce un figlio malvagio di nome Lavana. Fin dalla sua infanzia Lavana indulgeva in terribili azioni malvagie.Vedendo questo, Madhu fu molto turbato e dispiaciuto, e tuttavia non riuscì a fare nulla per cambiarlo. Perciò egliabbandonò casa e andò via. Comunque, prima di partire, diede al giovane il tridente del Signore Shiva,rivelandogli le condizioni del dono."Con l'ausilio di quel tridente Lavana cominciò a saccheggiare i tre mondi."Tutti i re del mondo, e i santi, gli asceti e gli eremiti hanno terribilmente paura di Lavana. O Rama, tu sei ilnostro solo rifugio. Ti abbiamo raccontato sinceramente del demone e dell'arma che impugna . Noi siamo statifelici di sapere che tempo fa uccidesti il malvagio Ravana. Perciò riteniamo che solo tu puoi salvarci".Rama domandò: "Dove vive questo demone chiamato Lavana? Cosa mangia? Che cosa fa?".I saggi risposero: "O Signore, il demone vive a Madhuvana. Egli mangia di tutto, ma in particolare prediligedivorare gli asceti. Le sue azioni sono veramente crudeli!".Rama rassicurò i saggi: "Andate in pace, o santi. Potete considerare già morto il demone; su questo non c'èdubbio". Poi, volgendosi ai suoi fratelli, Rama chiese: "Chi è pronto a compiere quest'impresa?".Bharata si offrì volontario. Satrughna però intervenne e disse: "Il mio diletto fratello maggiore Bharata ha giàavuto abbastanza infelicità nella sua vita. Lascia che quest'impresa sia affidata a me".Rama fu d'accordo e rispose: "Ben detto, Satrughna. Manderò te a combattere contro Lavana. Anzi, voglioincoronarti subito re di Madhuvana. Uccidi Lavana, installati sul trono di Madhuvana e governa quel paese congiustizia".Questa svolta improvvisa degli eventi sconcertò Satrughna, che rispose: "Ahimè, che cosa ho fatto! Mi sembraingiusto che mentre il fratello maggiore è ancora in vita, il minore sia incoronato. D'altro canto il tuo comandonon dev'essere disobbedito. Tu stesso mi hai spesso insegnato le sacre Scritture che spiegano la giusta condottaumana, e io so che non è corretto per un giovane argomentare con un anziano. Io so che argomentare controquello che un anziano ha detto, anche se potrebbe apparire ingiusto, non è corretto. Perciò, Rama, non discuteròcon te, ma farò esattamente ciò che mi hai comandato di fare, e distruggerò qualsiasi ingiustizia possa trovarsi inme".Rama celebrò immediatamente l'incoronazione di Satrughna come re di Madhuvana, prima ancora di inviarlo acombattere contro il demone. I saggi e tutti gli altri religiosi presenti proclamarono il demone morto, già dalmomento dell'incoronazione di Satrughna! Rama strinse a sé Satrughna e gli consegnò un'arma

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dall'incomparabile potenza: "Carissimo fratello, quest'arma fu creata dallo stesso Creatore Brahma traendola dalgrande oceano; ma finora era rimasta celata. Il Signore la usò contro i primi demoni, Madhu e Kaitabha; e dopola loro distruzione la usò per creare il mondo. Benché la conoscessi, non l'ho mai usata contro Ravana, perchésapevo che avrebbe causato un'immensa distruzione..."Tu sai che Lavana tiene il tridente di Shiva in casa sua e tutti i giorni attende al suo culto. Poi egli va in giro perprocurarsi il cibo. Se lo sfiderai prima che rientri a casa sua e metta di nuovo le mani sul tridente, lo sconfiggeraifacilmente".Rama continuò: "Porta con te un grande esercito che ti sostenga nell'impresa, o Satrughna. Portati denaro eviveri a sufficienza e distribuiscili ai soldati, perché siano contenti e stiano su col morale. Fa' accampare l'esercitolontano dalla città e presentati da solo a Madhuvana, cosicché il demone non abbia sospetti sulle tue intenzioni.Questo è l'unico modo in cui potrai ucciderlo. E adesso è il momento migliore per partire; perché è estate, e ilGange è facile da attraversare".Dopo aver ricevuto le benedizioni delle regine e di Rama, Satrughna partì. Infine, dopo aver passato due nottiper strada, Satrughna raggiunse l'eremo del saggio Valmiki. Egli s'inchinò ai piedi del saggio e poi chiese:"Sant'uomo, permettetemi di restare qui per una notte. Domani ripartirò per la mia missione".Il saggio accolse Satrughna con tutto il cuore e gli disse: "Invero questo è il tuo eremitaggio; esso appartiene aRama e alla sua famiglia".Dopo avergli offerto l'ospitalità dell'eremo, il saggio Valmiki narrò a Satrughna la seguente storia riguardo a uneremitaggio delle vicinanze:"C'era una volta un re chiamato Saudasa, che aveva un figlio di nome Viryasaha. Un giorno, mentre era a caccia,Saudasa vide due demoni nella foresta intenti a godersi il loro pasto. Pieno di collera, il re ne uccise uno. L'altrodemone maledì Saudasa con queste parole: "Tu hai ucciso il mio amico, che non ti aveva fatto alcun male;perciò, a suo tempo, mi prenderò la rivincita su di te"."Qualche tempo dopo Saudasa volle celebrare il rito del cavallo. Alla conclusione del rito, il demone prese lesembianze del saggio Vasishtha e chiese della carne da mangiare. Il re diede ordine di preparare la carne. E ildemone stesso, questa volta nelle sembianze di un cuoco, preparò un pasto di carne umana."Quindi il re servì il vero saggio Vasishtha con quel cibo. Ma il saggio adirato maledì il re : "Poiché mi hai dato damangiare della carne umana, tale sarà il tuo cibo (cioè, diventerai un cannibale)"."Il re stava per maledire a sua volta il saggio, ma la regina lo trattenne. La sua ira fluì fuori dalla sua bocca ebagnò i suoi piedi, che divennero scuri, Per questo egli fu chiamato Kalmashapada. Allora Vasishtha modificò lasua maledizione e disse: "Essa avrà effetto solo per dodici anni". Dopo aver vissuto per dodici anni come uncannibale, il re riacquistò la sua condizione precedente e il regno che gli apparteneva prima. Quel famoso ritosacro fu celebrato in quell'eremo laggiù.Quella notte, mentre Satrughna era ospite nell'eremitaggio di Valmiki, Sita diede alla luce i figli di Rama.Nel cuore della notte, alcune persone provenienti dall'eremitaggio femminile in cui risiedeva Sita si recarono dalsaggio Valmiki e annunciarono: "Signore santo, la moglie di Rama ha dato alla luce due figli! Ti preghiamo, vienia benedirli e a proteggerli dagli spiriti maligni".Il saggio Valmiki si recò immediatamente dove si trovava Sita, accompagnato da parecchi saggi anziani. Egliprese un mazzetto d'erba kusa, consacrò i bambini con dei mantra per proteggerli dagli spiriti maligni e quindi litoccò con quegli steli d'erba.Il primogenito fu toccato con la cima dell'erba kusa, e perciò Valmiki lo chiamò Kusa. L'altro bambino fu toccatocon la parte bassa e terminale (lava) dell'erba, e perciò fu chiamato Lava.Infine tutte le persone che si trovavano nell'eremo cantarono le glorie di Rama e Sita.La mattina seguente Satrughna si recò dal saggio Chyavana e gli chiese di svelargli i punti forti e i punti deboli diLavana e del famoso tridente di cui era in possesso.Per far comprendere a Satrughna il potere tremendo di quel tridente, il saggio gli narrò la storia di un suoantenato chiamato Mandhata.Il saggio Chyavana disse: "Una volta il tuo antenato Mandhata andò in cielo, con l'intenzione di conquistarlo.Indra gli disse umilmente: "O re, perché non provi a conquistare tutta la terra, prima di tentare d'invadere il cieloin questo modo?"."Mandhata domandò con ira: "La terra è già stata conquistata; chi c'è sulla terra che non riconosce la miasovranità?". Indra rispose calmo: "Lavana"."Mandhata fece subito ritorno sulla terra e inviò un emissario a Lavana, perché accertasse se effettivamente eglinon riconoscesse la sovranità di Mandhata. La risposta di Lavana fu rapida e sommaria: fece un bel pasto delmessaggero."Fortemente incollerito da questo affronto alla sua potenza, lo stesso Mandhata in persona si recò a combatterecontro Lavana. Per niente intimorito dalla sfida, Lavana prese il suo tridente e lo lanciò contro Mandhata. L'armainfallibile tolse la vita al grande re e ritornò dal demone"."Tuttavia, non temere - concluse il saggio Chyavana - domani tu ucciderai il demone Lavana, quando lo sfideraiprima che abbia il tempo d'afferrare il tridente".La mattina seguente di buon'ora Satrughna partì da solo verso la città chiamata Madhuvana. Una volta raggiuntala città, egli s'appostò in modo tale da bloccare l'ingresso alla casa di Lavana.Lavana, che era uscito a procurarsi del cibo, tornò poco dopo con un carico enorme di carcasse di vari animali.Vedendo Satrughna in piedi che bloccava l'entrata del suo palazzo, egli gridò: "Chi sei, o folle? Che cosa vuoi farequi? Io ho ucciso e divorato migliaia di persone come te, nonostante fossero tutte ben armate ed eroiche inbattaglia. Ovviamente la carne che ho portato con me non è abbastanza, e tu sei venuto a completarla per me.Ora ti ucciderò e farò un bel pasto anche di te".Allora Satrughna rivelò la sua identità, dicendo di essere il fratello di quel Rama che aveva ucciso il potenteRavana.Il demone replicò: "Ah, che meraviglia, Ravana era un mio parente stretto. Come sono fortunato di potervendicare così facilmente la sua morte!".Vedendo che il demone era disarmato, Satrughna lo sfidò ad un combattimento a corpo a corpo, Lavana accettò,

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e afferrati degli alberi enormi cominciò a colpire Satrughna con essi.Satrughna combatté impavidamente, ma colpendolo con un grosso albero Lavana gli fece perdere i sensi.Vedendolo giacere a terra immobile, Lavana pensò che Satrughna fosse morto. Perciò, senza neanche curarsi diandare a prendere il tridente, si sedette a consumare il suo pasto.Nel frattempo, però, Satrughna aveva ripreso i sensi. E senza perdere altro tempo, egli fissò quel missilemicidiale che Rama gli aveva dato, pronto a sparare, bloccando nello stesso tempo l'entrata del palazzo, in modoche Lavana non potesse prendere il suo tridente invincibile.La forza del missile fu tale che fece paura anche agli dèi, che erano andati a trovare il Signore per un'ambasciata.Il Signore li rasserenò: "Questa immensa energia che vi ha impaurito tutti non è altro che il missile cheSatrughna sta per usare nella battaglia contro Lavana. Esso fu forgiato all'inizio dal Creatore dell'universo perdistruggere i demoni Madhu e Kaitabha. Andate rapidamente ad assistere al terribile scontro". E gli dèi sceserosulla terra per assistere alla grande battaglia.Satrughna fece partire il missile divino contro Lavana, che cadde subito morto.E in quello stesso istante il tridente ritornò dal Signore Shiva.Dopo l'uccisione di Lavana, gli dèi si complimentarono con Satrughna per la sua impresa sovrumana."Questo demone aveva oppresso impietosamente molti dèi e demoni - essi dissero - ma per fortuna ora l'haiucciso".Satrughna pregò gli dèi perché entrassero nella città di Madhupuri. Gli dèi entrarono in città e la benedirono,augurandole che da allora in poi essa sarebbe diventata fiorente e prosperosa.E infatti da quel giorno stesso la prosperità e la pace tornarono nella città di Madhupuri. Ogni suo abitante erasano, felice e in pace con sé stesso.Con Satrughna come re, la giustizia fu riaffermata ovunque, e strade e giardini furono costruiti dappertutto.Dedito al benessere della città e del suo regno, in questo modo passarono dodici anni. Un giorno Satrughna sentìl'intenso desiderio di rivedere i piedi divini di Rama.Lungo la via del ritorno ad Ayodhya, Satrughna fece nuovamente sosta per un giorno all'eremo del saggioValmiki.Nel frattempo il saggio aveva composto la famosa epica chiamata 'Rama Carita' (la storia di Rama). E Valmikivolle recitarla a Satrughna per fargliela ascoltare.L'epica era perfetta in ogni suo aspetto. Le sue parole erano veritiere, la narrazione era veritiera. Udendola,Satrughna cominciò a versare lacrime d'amore, e singhiozzando ripetutamente perse coscienza del corpo per unpo' di tempo.Anche i soldati lì presenti udirono la commovente storia e furono rapiti in estasi. Più tardi essi chiesero aSatrughna: "Di chi parla questa storia? Su che cosa è basato l'intero poema? È vero o stiamo sognando? Tipreghiamo di chiedere al saggio tutte queste cose".Satrughna, comunque, si rifiutò di farlo. Egli rispose: "Guerrieri! Non è corretto da parte nostra chiedere questecose al saggio. Certamente in quest'eremo del saggio Valmiki vi sono innumerevoli meraviglie".Detto questo egli si ritirò nel proprio accampamento.Ben presto Satrughna entrò nel palazzo di Rama e, con sua immensa gioia, vide il fratello attorniato dai suoiministri.Egli s'inchinò ai piedi del suo re, e poi disse: "Rama, ho eseguito devotamente i tuoi ordini. Lavana è stato uccisoe io stesso ho regnato su Madhuvana per un lungo periodo di dodici anni. L'amministrazione dello stato è statastabilita su solide basi. Benedicimi, Signore, poiché senza di te sono come un vitello senza la mucca; permettimidi stare qui ai tuoi piedi".Rama abbracciò affettuosamente il fratello e rispose: "Allo stesso modo anche tu mi sei molto caro, o Satrughna.Ma gli uomini di stirpe guerriera non si sentono tristi quando sono separati dai loro amici e parenti; poiché perloro, la protezione del popolo è di primaria importanza. Resterai dunque con me per sette giorni, e poi tornerainel tuo regno".Satrughna trascorse sette giorni beati in compagnia di Rama e degli altri suoi fratelli; e l'ottavo giorno ripartì perMadhupuri insieme a Bharata.Un giorno, mentre Rama teneva consiglio nella sua corte ad Ayodhya, un uomo anziano si presentò alle porte delpalazzo, portando tra le braccia il corpicino morto del suo bambino.L'anziano brahmana gridava piangendo: "Ahimè, cos'ho fatto per meritare questa sventura? Io non ho maipronunciato il falso; non ho mai fatto del male ad alcun essere vivente. Non ricordo di aver mai fatto una cattivaazione contro qualsiasi essere. E allora, per quale peccato questo mio figlioletto è morto prima di poter celebrarele esequie dei suoi genitori?"Ah, figlio mio, te ne sei andato dopo una vita tanto breve, lasciando me e tua madre affranti dal dolore. Mamolto presto anche noi ti seguiremo ."Una disgrazia come questa non s'è mai sentita; io non ho mai visto una cosa simile. Dev'esserci senz'altro unaragione. Si sa che cose del genere avvengono a causa dell'ingiustizia del re. Non c'è dubbio che il re Rama èresponsabile della morte prematura di questo bambino."Che il re riporti il bambino in vita, oppure io mi toglierò la vita qui stesso, davanti all'ingresso del suo palazzo. Eallora che il re e i suoi fratelli si divertano, dopo essersi resi responsabili della morte di un brahmana."Le disgrazie affliggono la nazione governata iniquamente da un re dalla condotta deplorevole o immorale; è soloin un paese simile che il popolo è soggetto alla morte prematura".Profondamente angosciato dalle parole del brahmana, Rama riunì immediatamente i saggi della sua corte. Dopoaverli ricevuti con grande reverenza e onore, Rama li mise al corrente dell'accaduto.Notando il grande dispiacere che affliggeva Rama, il saggio Narada gli disse:"Rama, ti dirò il vero motivo della morte prematura di quel bambino."Nell'epoca conosciuta col nome di Krta o Satya Yuga solo i brahmana, o le persone sagge e istruite che eranogiuste e autocontrollate, si dedicavano alla pratica delle austerità. Col passare del tempo, durante l'eraconosciuta come Treta Yuga, anche le persone che non erano tanto sagge e istruite, tanto giuste eautocontrollate - anche persone d'indole guerriera e dallo spirito marziale - cominciarono a praticare austerità.

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Certo già durante quel periodo l'ingiustizia aveva cominciato ad invadere la terra. Con l'inizio della terza era,conosciuta come Dvapara, l'ingiustizia dell'era precedente si era, per così dire, raddoppiata. E persino coloro cheerano dediti alle professioni, al commercio, all'industria e all'agricoltura, e che quindi erano ancor più lontani dallavia della giusta condotta, cominciarono a praticare delle austerità, sicuramente per motivi poco edificanti. Ora giàqualcuno che non appartiene a nessuna di queste classi, e che invece è nato nella classe servile, è impegnato inausterità: certamente egli non possiede nessuna delle qualificazioni necessarie. In questa era, la classe dei sudra(la classe servile) è caratterizzata dall'ingiustizia; il fatto che un membro di tale classe abbia cominciato apraticare austerità ha causato la morte del bambino. Se potrai porre rimedio a questo stato di cose, allora ilbambino tornerà in vita".Udendo questa spiegazione, il morale di Rama si risollevò. Egli ordinò che il corpo del bambino fosseimbalsamato, e che si consolasse l'anziano padre. Subito dopo egli pensò al velivolo spaziale Pushpaka, che in unattimo arrivò sul posto. Salito sul velivolo, Rama perlustrò la terra a est, a nord e ad ovest, ma non vi scoprìalcuna azione ingiusta che avrebbe potuto causare quella grande calamità. Poi egli si diresse verso sud, e neipressi di una grande montagna vide un immenso lago. Stando in piedi nel lago, qualcuno stava praticandointense austerità. Guardandolo, Rama gli chiese: "Per curiosità, o asceta, desidererei sapere chi sei? In qualecomunità sei nato? E perché stai praticando queste austerità: per ottenere il paradiso o per un'altra ragione? Oforse stai praticando queste austerità, molto difficili per altri, solo per ottenere un dono. Dimmi sinceramente: seiun brahmana, un guerriero, un commerciante o un servo?".L'asceta rispose: "Non ti dirò il falso, o Rama. Ti dirò la verità, poiché attraverso questa penitenza desideroottenere lo stato divino. Io sono un sudra, e il mio nome è Shambuka".Non appena Shambuka pronunciò queste parole, Rama sguainò la sua spada radiosa e gli recise la testa.Gli dèi furono lieti e vollero offrire a Rama un dono.Rama fece la sua scelta: "O dèi, se siete compiaciuti con me, che il figlio del brahmana torni in vita; questa èl'unica cosa che vi chiedo".Gli dèi risposero: "Questo è già stato fatto, perché nel momento in cui hai tagliato la testa di Shambuka il figliodel brahmana è risuscitato. Bene, ora procediamo verso l'eremo del saggio Agastya. Egli ha vissuto di sola acquanegli ultimi dodici anni e ha appena concluso il suo periodo d'austerità. Andiamo a trovarlo".Quando gli dèi arrivarono nel suo eremitaggio, Agastya li ricevette con sacra devozione. Più tardi essi partirono.Rama scese dall'aeromobile Pushpaka e s'inchinò davanti al saggio. Il grande rishi lo accolse con tutto il cuore, epoi gli disse: "Gli dèi mi hanno detto che hai ucciso l'asceta-sudra, risuscitando così il figlio del brahmana. Tu seidavvero il Signore Narayana; in te dimorano tutte le cose. Tu sei il Signore di tutti gli dèi. Tu sei l'eterno purusha(la persona suprema). Ti prego, passa la notte qui e riparti domattina. Accetta anche quest'ornamento radioso dicui solo tu sei degno. È detto che colui che regala ciò che gli è stato dato acquista moltissimo merito".Rama chiese al saggio: "Come hai fatto ad avere quest'ornamento? Ti prego, raccontamelo, sono curioso disaperlo".Agastya continuò: "Moltissimo tempo fa vivevo in una foresta. Un giorno m'inoltrai profondamente nel cuore dellaforesta e vidi un bellissimo eremitaggio. Trascorsi una notte là. La mattina seguente vidi un cadavere vicinoall'eremitaggio. Mentre mi chiedevo di chi poteva essere quel corpo, vidi un'altra scena meravigliosa."Un veicolo spaziale discese sul posto, e in esso vidi un radioso essere celeste circondato da ninfe che cantavanoe danzavano. Mentre continuavo a guardare, egli scese dal velivolo, si accomodò e divorò quel cadavere. Finito ilpasto, andò al lago a lavarsi. Quando stava per risalire sul velivolo, gli chiesi: "Chi sei? Hai l'aspetto di un dio, mahai divorato un cadavere. Ti prego di chiarirmi i motivi di questo strano comportamento"".Agastya continuò:Per rispondere alla mia domanda, quell'essere celeste mi raccontò questa storia:"Quando vivevo su questa terra ero il figlio del re di Vidharbha chiamato Sudeva. Egli ebbe due mogli, e da esseebbe due figli. Io mi chiamavo Sveta e mio fratello Suratha."Alla morte di nostro padre, i cittadini m'incoronarono re. Per un certo periodo di tempo amministrai il regno congiustizia, e in seguito mi ritirai nella foresta e praticai intense austerità. Tuttavia, quando lasciai questo mondo eraggiunsi il più alto reame celeste, il Brahmaloka, scoprii di essere ancora soggetto alla fame e alla sete."Quando ne chiesi la ragione, il Creatore Brahma mi disse: "Tu hai fatto penitenze solo con il corpo; perciòsoddisferai la tua fame divorando carne umana. Poiché non hai dato niente a nessuno - né da mangiare né dabere - sei ancora soggetto alla fame e alla sete anche in paradiso. Comunque sarai liberato da questa condizionequando sarai benedetto dall'incontro con il saggio Agastya"".Quell'essere celeste fu felicissimo di vedermi, perché in quello stesso istante fu liberato dalla sua miserabilecondizione. Come segno di gratitudine, egli mi indusse ad accettare quest'ornamento celeste.Poi Rama chiese ad Agastya: "Perché la foresta chiamata Dandaka è priva di animali e uccelli? Ti prego, o saggio,illuminami anche su questo".Il saggio Agastya continuò:Anticamente Manu ebbe un figlio chiamato Ikshvaku. Manu lo installò sulla terra come suo unico imperatore.Inoltre Manu istruì Ikshvaku nell'arte della giusta amministrazione. E gli disse: "Ecco qui la verga del castigo,figlio mio. Con questa proteggi il popolo. Il re che usa questa verga per punire i criminali va in paradiso. Perciòusa la verga con estremo giudizio. La giustizia è la cosa suprema in questo mondo".Poi Manu fece ritorno nella sua dimora.Ikshvaku ebbe cento figli. L'ultimo era uno stolto che crebbe come un analfabeta. Il suo nome era Danda, poichéil padre aveva pensato: 'Sicuramente il suo corpo riceverà la verga (danda)'. Ikshvaku gli affidò la terra tra imonti Vindhya e i monti Saivala. Danda costruì la capitale del suo regno, che chiamò Madhumantam, e nominòUsana come suo sacerdote personale.Mentre Danda governava il suo regno, un giorno gli capitò d'incontrare Araja, la figlia di Usana (il saggio Sukra).Ella era veramente bella, e quando Danda la vide fu istantaneamente sopraffatto dalla lussuria.Avvicinandola, egli le chiese: "Chi sei, bella fanciulla? La tua semplice vista mi ha riempito di desiderio per te".Araja, però, ebbe tanta paura e rispose docilmente: "Ti prego, o re, non toccarmi, non prendermi con la forza;perché una vergine è sotto la custodia di suo padre. Mio padre Sukra è il mio tutore e il mio guru, e anche tu sei

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suo discepolo. Se egli s'arrabbiasse, la tua sorte sarebbe triste. Perciò è giusto che tu vada a chiedergli la miamano; altrimenti incorrerai in una grande sventura. Quand'è in collera, mio padre potrebbe ridurre in cenere i tremondi. Se invece glielo chiederai, egli sarà lieto di darmi in sposa a te".Nonostante queste parole, Danda fu inamovibile. Egli sollevò le mani sulla sua testa in un gesto di saluto e disottomissione e ribadì la richiesta di soddisfazione immediata della sua lussuria. "Ti voglio disse - anche se micostasse la vita; anche se fosse un grande peccato da parte mia. Ti amo intensamente. Vieni da me, timidafanciulla!".Quindi la prese con la forza. Infine, soddisfatto il suo desiderio, egli fece ritorno al palazzo, mentre Araja tornòpiangendo all'eremo di suo padre.Quando il saggio Sukra venne a sapere della violenza di Danda, andò fuori di sé in preda a un'ira incontrollabile.Egli si volse ai suoi discepoli e urlò: "Guardate il terribile misfatto dello stolto Danda. Permettendosi di scherzarecosì con il fuoco che sono io, certo egli ha raggiunto la fine della sua vita. Visto che ha osato commettere questoefferato crimine, dovrà certamente raccogliere i frutti della sua azione. Entro sette giorni, il re con la sua famigliae i suoi amici vedranno la morte. E per sette giorni una pioggia incessante devasterà il suo regno".E così fu. I discepoli stessi del saggio lasciarono l'eremitaggio e si rifugiarono in una foresta vicina. Sukra peròcomandò a sua figlia Araja di restare nell'eremo, assicurandole la sua protezione. Persino le piante e gli alberi cheerano intorno a lei furono protetti dalle benedizioni del saggio.Così il regno di Danda, il Dandakaranya, divenne disabitato.Comunque - concluse Agastya - dopo molti anni dei saggi cominciarono a viverci di nuovo e a praticarvi le loroausterità.Il giorno seguente, Rama si alzò di buon'ora e recitò le sue preghiere mattutine. Poi si recò dal saggio Agastya,s'inchinò davanti a lui, e gli chiese il permesso di tornare al suo palazzo: "Mi considero veramente benedettod'essere stato alla tua presenza, o saggio!".Il saggio Agastya rispose: "Sono sorpreso dalle tue parole, Rama; poiché in verità tu sei il supremo purificatore eredentore del mondo intero e di tutti gli esseri che vi dimorano. Chi ha la fortuna di vederti; anche solo perun'ora, viene completamente purificato, e diventa degno d'essere adorato anche dagli dèi. Chi invece ti guardacon occhi maligni, è soggetto alla punizione di Yama, il dio della morte. Ritorna nel tuo regno e proteggi i tuoisudditi, seguendo rigorosamente le leggi del Dharma. Tu infatti sei la mèta di tutti gli esseri sulla terra".Rama salì sul veicolo spaziale Pushpaka e fece rapidamente ritorno al suo palazzo. Rientrato nei suoi alloggi, eglilicenziò il velivolo.Subito dopo, Rama fece chiamare i suoi fratelli, e disse loro:"Ho compiuto il mio dovere verso l'anziano brahmana, che ha riavuto suo figlio. Desidererei seguire il sentiero delDharma e fare qual cosa di più per acquisire del merito religioso. Ho in mente di celebrare il rito Rajasuya,insieme a tutti voi che siete la proiezione esterna de mio stesso sé. Abbiamo sentito dire che Mitra celebrò quelrito sacro, e lo fece anche Soma, guadagnandosi una fama eterna".Udendo ciò, Bharata si rivolse a Rama con grande amore e devozione :"Rama, tutti i re della terra ti considerano il signore dell'universo. Essi guardano a te come a un padre. O Rama,tu sei il solo rifugio di tutti gli esseri sulla terra. Ma il rito Rajasuya è pieno di conflitti con gli altri re, perchécomporta la loro sottomissione e simili atti di violenza. Quando tu sai che tutti i re sono di fatto sotto il tuocontrollo, non c'è neppure bisogno di sfidarli. Perciò, ti prego, abbandona l'idea di celebrare il rito Rajasuya".Rama fu contento delle parole del fratello, e disse:"Sono felicissimo delle tue parole sagge e coraggiose, o Bharata. Ho abbandonato l'idea di celebrare il ritoRajasuya, che in effetti coinvolge l'esecutore in qualche forma di violenza. Certamente, le persone pie nondovrebbero impegnarsi in azioni che comportino danno o sofferenza per gli esseri viventi".Lakshmana disse poi a Rama:Invece del Rajasuya, penso che dovremmo celebrare il rito dell'Asvamedha. L'Asvamedha è un grande rito epurifica da tutti i peccati perciò ti prego di considerarlo.Ho sentito dire che nei tempi antichi lo stesso Indra celebrò quel sacro rito per acquisire abbastanza merito perpoter uccidere il suo nemico, il demone Vritra.In realtà il demone Vritra era un re buono e nobile che governava il mondo intero con giustizia e saggezza. E nelmondo vi era pace, abbondanza e prosperità.Affidando il regno a suo figlio, un giorno Vritra decise di praticare austerità.Non appena egli cominciò le sue austerità, Indra si recò dal Signore Vishnu e disse: "Signore, Vritra sta percominciare a praticare delle austerità. Se avrà successo nella pratica, egli diventerà estremamente potente enessun altro potrà sottometterlo finché durerà il mondo. La tua grazia, o Signore, è la sua sola forza. Io ti pregodi trovare un modo per eliminarlo".Il Signore però rispose: "Finora sono stato amico di Vritra, perciò non potrei ucciderlo. Tuttavia esaudirò la tuapreghiera. Mi dividerò in tre parti. Una parte entrerà in Indra, l'altra entrerà nella sua arma, il fulmine, e la terzaentrerà nella terra. Con l'ausilio di queste tre parti, riuscirai a uccidere Vritra".Mentre gli dèi stavano a guardare sbalorditi, Indra impugnò il suo fulmine e lo lanciò contro il demone Vritra.La testa del demone cadde subito a terra rotolando. Ovviamente fu l'energia divina dello stesso Signore Vishnuche permise il successo di Indra.Vritra era un brahmana di nascita. E il terribile peccato di avere ucciso un brahmana perseguitava e ossessionavaIndra.Allora gli dèi andarono ancora una volta dal Signore Vishnu e lo pregarono insistentemente: "Signore, per graziatua Indra ha potuto uccidere il potente demone Vritra, ma il terribile peccato di avere ucciso un brahmana loperseguita. Di grazia, libera Indra da quel peccato".Il Signore Vishnu rispose: "O dèi, adoratemi attraverso il sacro rito dell'Asvamedha, e io libererò Indra dalla pauragenerata dall'avere ucciso un brahmana".Mentre Indra era tormentato dal peccato di avere ucciso un brahmana, grandi calamità colpivano la terra. I laghisi prosciugavano e i fiumi andavano in secca; mancava la pioggia e prevaleva la siccità. Allora gli dèi ricordaronole parole del Signore Vishnu.

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Rapidamente tutti gli dèi si riunirono per celebrare il grande rito dell'Asvamedha. Alla conclusione del rito, ilgrande peccato dell'uccisione di un brahmana apparve davanti a loro, dopo aver lasciato Indra.Quel 'peccato' si divise in quattro parti: una parte vive nelle acque dei fiumi durante i quattro mesi della stagionedelle piogge, una parte vive nelle terre sterili, una parte vive nelle giovani donne durante il loro periodomestruale e la quarta vive in coloro che scandalizzano o uccidono un brahmana.Così Indra era stato purificato e redento dal peccato di avere ucciso un brahmana attraverso il potere del granderito dell'Asvamedha.

Rama fu deliziato dall'ascolto di questo racconto, e disse a Lakshmana:"La storia che hai narrato è davvero meravigliosa. Anch'io ho udito un'altra storia che mette in risalto la gloria delrito dell'Asvamedha. Ora ve la racconterò."Anticamente il saggio Kardama aveva un figlio chiamato Ila. Questi aveva conquistato il mondo intero egovernava la terra con giustizia e saggezza, trattando tutti gli esseri come suoi figli."Un giorno egli si recò nella foresta per andare a caccia. Nel corso della spedizione capitò nei paraggi del luogo incui era nato il Signore Skanda. In quella regione, il Signore Shiva era impegnato a divertirsi con la dea Parvati, eaveva decretato che tutti gli esseri che si trovavano in quell'area sarebbero diventati femmine."Quando re Ila entrò in quella regione, si accorse che aveva misteriosamente perso le caratteristiche di uomo edera diventato una donna. Quando scoprì che tutto questo era opera del Signore Shiva, disperato egli cominciò acantare le glorie di Shiva."Compiaciuto con lui, il Signore gli disse: "Chiedimi qualunque altro dono che non sia quello di ridiventaremaschio". Ma Ila non aveva alcun altro desiderio!"Vedendo la condizione pietosa di Ila, la devi Parvati disse: "Io sono l'altra metà del Signore Shiva, edesercitando il mio privilegio ti faccio dono della virilità. Perciò tu sarai alternativamente uomo per un mese edonna nel mese successivo. Mentre sarai donna dimenticherai di essere uomo, e viceversa"".Rama continuò la storia di Ila. "Durante il primo mese, Ila, trasformato in una donna avvenente, andò in giro contutto il suo seguito, i cui membri erano stati anch'essi trasformati in donne."Un giorno Ila vide Budha, un bel giovane figlio del dio Soma (il dio della luna). Ella s'innamorò di Budha a primavista."Anche Budha vide Ila e s'innamorò di lei. Egli disse tra sé: "Non ho mai visto una donna così bella in tutto ilmondo; né tra le dee né tra le donne mortali". Allora si recò all'eremitaggio in cui vivevano Ila e le sue seguaci, einterrogò quest'ultime riguardo a Ila. Ma le donne del seguito seppero solo rispondere: "È la nostra guida, non èsposata, e vive in quest'eremo con tutte noi"."Tuttavia, grazie alla sua saggezza intuitiva, Budha venne a sapere l'intera storia. Egli capì che erano tutti uomini(purusha) che erano stati trasformati in donne. Perciò le chiamò donne-kimpurusha, e disse loro che avrebberoottenuto come consorti degli uomini-kimpurusha (una specie di esseri celesti)."Quindi Budha andò da Ila, rivelò la sua identità e chiese la sua mano. Ila acconsentì subito ad essere suamoglie. Insieme essi si godettero la vita per tutto quel mese."Un giorno, dopo la conclusione del primo mese, Ila si svegliò come uomo. Anticipando quel giorno, Budha avevacominciato a praticare intense austerità."Ila disse a Budha: "Sono venuto in questa foresta insieme al mio seguito; e poi mi sono addormentato. Ora nonvedo il mio seguito. Amico, sai forse che ne è stato di loro?"."Rendendosi conto che Ila aveva dimenticato gli avvenimenti del mese precedente, Budha disse: "Vi è stata unaterribile tempesta che li ha uccisi tutti. Anche tu hai trovato riparo qui, durante la tempesta. Non importa: potraicontinuare a stare qui, mangiando frutta, radici, e altro"."Ila credette alla storia di Budha, e disse: "No, non mi piacerebbe tornare al palazzo reale senza il mio seguito.Mio figlio Sasabindu è là, e sicuramente regnerà al posto mio"."Dopo un mese, Ila diventò di nuovo donna. In questo modo passò il tempo. Dopo nove mesi Ila e Budha ebberoun bambino, che chiamarono Pururava."Un giorno, dopo la nascita di Pururava, Budha chiese ai saggi: "Di grazia, o saggi, ascoltatemi. Ila era un grandee nobile re; e voi sapete come è stato trasformato in una donna. Vi prego di trovare un modo per fargliriacquistare il suo stato di uomo"."Il saggio Kardama (padre di Ila) disse: "Non vedo altro rimedio se non l'adorazione del Signore Shiva; e non vi èrito più grande di quello dell'Asvamedha per ottenere le sue benedizioni"."Ben presto tutti i saggi insieme organizzarono il rito dell'Asvamedha per propiziare il Signore Shiva.Immensamente soddisfatto dalla celebrazione del sacrificio dell'Asvamedha, il Signore Shiva si manifestò inmezzo a loro e disse: "O santi, sono molto compiaciuto dalla vostra devozione, chiedetemi un favore". Essipregarono: "O Signore, concedi a Ila di ridiventare uomo". Il Signore Shiva fu felice di trasformare di nuovo Ila inun uomo."I saggi tornarono alle loro dimore e anche re Ila fece ritorno al suo palazzo."Tale è la gloria del sacrificio dell'Asvamedha", concluse Rama.Poi Rama annunciò: "Alla presenza di saggi e santi come Vasishtha, Varnadeva, Jabali e Kasyapa, alla presenzadei santi brahmana, e con l'ausilio dei loro consigli e delle loro benedizioni, libererò un cavallo sacro benadornato, come preparazione alla celebrazione del rito sacro".Udendo queste parole di Rama, Lakshmana fece riunire immediatamente i saggi e i brahmana nel palazzo reale.Inoltre Rama mandò a chiamare Satrughna, Vibhishana, i re dei paesi vicini e gli uomini religiosi di tutto ilmondo.Quando gli ospiti cominciarono ad arrivare, Rama fece preparare montagne di cibo di tutti i tipi per servirli inmaniera adeguata.Bharata e Satrughna ricevettero gli ospiti e offrirono loro doni preziosi. Vibhishana ed altri accolsero devotamentei religiosi e si dedicarono al loro servizio. I vanara servirono tutti gli ospiti, avendo cura che nulla fosse trascurato.Il sacrificio dell'Asvamedha ebbe inizio con indescrivibile magnificenza.Quando tutti i preparativi furono completati, Rama liberò un magnifico cavallo, che affidò alla custodia di

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Lakshmana.Poi, insieme a tutto il suo seguito, Rama entrò nel luogo di Naimishan, dove si sarebbe celebrato il rito sacro.Il rito sacro ebbe inizio e si protrasse per un anno intero. Cibo, bevande, indumenti, oro e ornamenti scorrevanoincessantemente in quel luogo. Bharata e Satrughna avevano quest'incarico e si preoccupavano che non vi fossealcuno che, avendo espresso il minimo desiderio, restasse insoddisfatto.I vanara s'impegnarono alacremente al servizio di tutti gli ospiti. E il nobile Vibhishana servì con zelo i saggi.Nessuno era debole, sporco o bisognoso. Nessuna necessità rimaneva inappagata. E prima ancora che venisseespresso, ogni desiderio era già appagato.Quelli che volevano oro, ricevevano l'oro; quelli che volevano indumenti, ricevevano indumenti. Dolci e cibiprelibati erano sempre a disposizione di tutti.Tutti gli ospiti dicevano tra loro: "Non abbiamo mai visto una cosa simile. Né Indra né Soma né Varuna né alcunaltro hanno mai celebrato un rito di così grande splendore".Altrove, scortato da Lakshmana, il cavallo continuava a vagare per la terra.A questo grandioso rito sacro venne anche il saggio Valmiki con i suoi discepoli. Tra questi vi erano i due fanciulliKusa e Lava.Il saggio aveva detto loro: "Cantate gioiosamente il 'Ramayana', il grande poema epico che vi ho insegnato.Cantatelo davanti ai saggi o ai brahmana, nei palazzi dei principi e lungo le strade principali. Cantatelo alle portedel palazzo di Rama e di fronte ai sacerdoti officianti il rito sacro. Ecco, prendete questi frutti; essi terrannolontana la stanchezza e proteggeranno le vostre voci dalla fatica."Nel caso Rama vi chiamasse a cantare il poema davanti a lui, fatelo senza esitazione. Non accettate alcuncompenso; infatti, a che servono l'oro o le ricchezze? Se Rama vi chiedesse di chi siete figli, rispondetesemplicemente: "Siamo discepoli di Valmiki". Ecco, prendete questo strumento musicale e cantate il poemaaccompagnandovi con esso".Così istruiti dal saggio, i giovani figli di Sita attesero con zelo l'opportunità di cantare il Ramayana.La mattina seguente i due ragazzi si alzarono presto e offrirono le loro preghiere mattutine. E come il saggioaveva comandato loro, cominciarono a cantare. Quindi Rama stesso chiese loro di cantare il poema.Il re riunì tutti i saggi e i santi, i re, gli eroi, i sacerdoti, i narratori, i grammatici e tutti gli altri brahmana cheerano interessati ad ascoltare il grande poema, e quindi chiese ai due ragazzi di cantarlo davanti a loro. Tutti imembri di quell'augusta assemblea bevvero il nettare estasiante del poema con le loro orecchie, e l'affascinantepersonalità dei due fanciulli con i loro occhi.Essi dicevano l'un l'altro: "Questi due ragazzi somigliano moltissimo a Rama, sono il ritratto stesso di Rama. Senon indossassero indumenti ascetici e non avessero i capelli intrecciati sul capo, avremmo potuto dire che sono ifigli di Rama".Dopo aver completato la recitazione di venti capitoli, secondo le istruzioni del saggio Valmiki, i fanciulli sifermarono.Allora il re chiese a suo fratello di donare ai due ragazzi una borsa piena d'oro - che però essi rifiutaronoeducatamente di accettare, dicendo: "Noi siamo abitanti della foresta e l'oro non ci è di alcuna utilità".Rama chiese loro chi fosse l'autore del poema e se esso fosse autentico. I fanciulli risposero devotamente che ilpoema era una composizione del saggio Valmiki e che la sua storia era assolutamente veritiera.Al termine della giornata, Rama diede loro il permesso di tornare all'accampamento del saggio. Il giornoseguente, di nuovo, egli fece recitare loro il poema.Così trascorsero molti giorni. Rama fece recitare loro il poema alla presenza di saggi e re, Dalla maniera in cui ilpoema veniva recitato, egli concluse che si trattava dei figli di Sita.Allora Rama inviò dei messaggeri al saggio Valmiki, con questo messaggio: "Se Sita è libera da condotta impura,che venga qui, scortata dal saggio Valmiki, e provi la sua purezza. Che ella si presenti domattina qui, in questaaugusta assemblea".Questo messaggio fu debitamente convenuto al saggio Valmiki, che rispose ai messaggeri: "Certamente Sita saràd'accordo a fare secondo le istruzioni di Rama, perché lei considera suo marito come Dio stesso".Quando gli venne riferito questo messaggio, Rama si rivolse ai saggi e ai re, e disse: "Domani sarete testimonidella purezza di Sita".Tutti quanti lodarono la sua decisione: "Questo, o Rama, è perfettamente in sintonia con la tua natura pura egloriosa".Trascorsa la notte, all'alba del nuovo giorno Rama riunì in assemblea tutti i saggi e gli uomini santi comeVasishtha, Vamadeva, Jabali, Kasyapa, Visvamitra, Dhirghatama, Durvasa e altri.Tutti attendevano con impazienza lo svolgersi degli avvenimenti e non vedevano l'ora di vedere la nobile Sita darprova della sua castità.Il saggio Valmiki entrò nell'assemblea seguito da Sita.Subito vi fu una certa inquietudine nell'assemblea, poiché ognuno aveva notato quanto Sita fosse triste eaddolorata.Valmiki prese la parola: "Rama, ecco qua Sita, che è devota ai suoi voti coniugali e la cui condotta èperfettamente retta. Abbandonata a motivo del pubblico scandalo, ella è vissuta vicino al mio eremitaggio. Questidue figli di Sita sono figli tuoi, o Rama: dico la verità. Non ricordo di aver mai pronunciato il falso in vita mia. Hopraticato austerità per moltissimo tempo: giuro sulle mie austerità che Sita è pura".Rama disse: "Anch'io sono certo della purezza di Sita, o saggio. Ma possente è lo scandalo pubblico a motivo delquale ho dovuto abbandonare Sita, nonostante io stesso sapessi che era pura. So anche che questi due ragazzisono i miei figli".Nel frattempo anche gli dèi s'erano uniti all'assemblea.Infine Sita disse: "Se io non ho mai concepito, neppure mentalmente, il pensiero di un altro uomo all'infuori diRama, allora, o Terra, ricevimi. Se con il pensiero, le parole e le azioni ho sempre adorato Rama, allora, o Terra,ricevimi".Non appena Sita pronunciò queste parole, un trono celestiale venne fuori dalla terra. Su di esso era assisa madreTerra. Ella ricevette Sita tra le sue braccia e, abbracciandola con grande amore, rientrò nella terra.

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Tutti gli esseri - gli dèi, i saggi, i brahmana, i sacerdoti che erano venuti per celebrare il rito dell'Asvamedha, gliuccelli, gli animali e persino gli alberi e gli esseri inanimati - tutti espressero la loro ammirazione, la lorodevozione e la loro meraviglia, ognuno nella propria maniera.Tutti erano rimasti meravigliati e allibiti dalla maniera miracolosa in cui Sita era scomparsa all'interno della terra.Alcuni lodarono e glorificarono Rama, altri lodarono e glorificarono Sita. Tutti erano colmi di sgomento e dimeraviglia.Quando vide che Sita era stata inghiottita nelle viscere della terra, Rama fu completamente sopraffatto daldolore.Egli gridò forte, piangendo: "Ahimè, Sita mi è stata portata via sotto i miei stessi occhi. Tanti anni fa la liberai daLanka, perché ora non dovrei liberarla dalle viscere della terra? O Terra! Restituiscimi Sita immediatamente,oppure ti farò assaggiare la mia ira. Dovunque Sita possa essere ora, riportala subito a me. Se non lo farai, tidistruggerò insieme alle montagne e alle foreste, e tutta la terra sarà coperta d'acqua".Vedendo l'ira di Rama, il Creatore Brahma gli disse: "Non arrabbiarti, Rama. La casta e devota Sita è andataprima di te nell'aldilà, in maniera naturale; e presto anche tu sarai riunito a lei. Ascolta ancora, o Rama: la tuastoria fino ad ora è stata magnificamente narrata nel grande poema del saggio Valmiki. Vi è ancora una parte,riguardante il prossimo futuro. Ascolta anche quella sezione".Pronunciate queste parole, Brahma tornò alla sua dimora.Rama chiese a Valmiki di recitare la storia degli avvenimenti futuri. Ed essa fu recitata più tardi da Kusa e Lava.Non vedendo Sita, Rama considerava il mondo vuoto; e, sopraffatto dal dolore, non aveva pace.Egli non prese in considerazione la possibilità di pensare ad un'altra come moglie, e quindi, per la celebrazionedei riti religiosi, usò un'immagine di Sita fatta d'oro.Rama governò la terra per moltissimo tempo. Durante l'intero periodo del suo regno tutti gli esseri godettero diottima salute e lunga vita.Dappertutto vi era giustizia e rettitudine. La terra era prosperosa. La pioggia cadeva nella misura necessaria eveniva al momento giusto. Nessuno soffriva di alcuna sventura.Dopo aver goduto della sua vita con Rama, i suoi figli e i suoi pronipoti, la madre di Rama - Kausalya - salì incielo.Dopo aver condotto una vita retta, anche Sumitra e Kaikeyi andarono in cielo. Tutte si riunirono in cielo con reDasaratha. E Rama propiziò tutti con le doverose e regolari celebrazioni delle cerimonie che si praticano ognianno in onore degli antenati defunti.Dopo diversi anni, lo zio di Rama Yudhajit mandò dal nipote il proprio guru con un messaggio e un grande caricodi coperte di lana, pietre preziose, indumenti e anche cavalli, come suoi doni per Rama.Il santo messaggero fu ricevuto con il massimo rispetto, con grande reverenza e amore. Quindi Rama lo fecesedere su un seggio appropriato ad un ospite di riguardo e gli chiese come stava suo zio.Infine egli chiese al brahmana: "Qual era il messaggio di mio zio per me?".Il reverendo messaggero disse: "Sulle rive del fiume Sindhu vive un gandharva chiamato Sailusha, che ha con sétrenta milioni di soldati eccezionalmente forti. Ti preghiamo di conquistarli con la tua forza, ed espugnare le cittàdei gandharva. All'infuori di te, non abbiamo nessun altro che possa riuscire in quest'impresa".Rama diede subito il suo consenso, e fece mandare a chiamare Bharata insieme ai suoi due figli Taksha ePushkala. Indicandoli, Rama disse al brahmana: "Questi due giovani, insieme al loro padre Bharata,conquisteranno presto le schiere dei gandharva".Detto questo, Rama fece incoronare i due ragazzi come re del territorio dei gandharva, anticipando così la lorovittoria.Quindi il reverendo messaggero fece ritorno nel regno Kekaya (di Yudhajit), e Bharata e i suoi due figli partironoper la loro spedizione di guerra.In quindici giorni, Bharata raggiunse il regno Kekaya e unì il suo esercito a quello di Yudhajit.Insieme i due eserciti attaccarono le forze dei gandharva. La feroce battaglia che seguì durò sette giorni.Volendo porre fine alla lotta, Bharata usò il missile mortale chiamato Samvarta; e in un batter d'occhio sterminò itrenta milioni di gandharva.Poi Bharata entrò nel territorio dei gandharva insieme ai suoi due figli. Egli insediò suo figlio Taksha come re diTakshasila, e suo figlio Pushkala come re di Pushkalavata.Le due città prosperarono grandemente sotto il loro dominio.Bharata trascorse cinque anni con i suoi figli nei loro nuovi territori, e dopo aver reso stabile la loroamministrazione tornò ad Ayodhya.Egli si prostrò davanti a Rama e poi lo mise al corrente di quanto era accaduto. Rama ne fu felicissimo.Quindi Rama desiderò insediare i due figli di Lakshmana, Angada e Candraketu, come sovrani di due principatiidonei a loro.Rama disse a Lakshmana: "I tuoi due figli sono forti e valorosi, e sono all'altezza di governare i loro territori. Linominerò re. Pensa ad un territorio adatto per ciascuno di loro. La regione prescelta dev'essere tale che i sovraninon dovranno avere alcun problema nel governarla, e gli eremitaggi dovranno essere tranquilli e liberi da ognimolestia".Non appena furono trovati i territori adatti, Rama stesso incoronò re i due ragazzi. Il territorio governato daAngada fu chiamato Angada, e Candraketu fu installato sul trono di Candrakanti.Lakshmana rimase con i suoi figli per un po' di tempo, e quando l'amministrazione dei due regni cominciò afunzionare senza problemi, egli fece ritorno ad Ayodhya e da Rama.Mentre Rama continuava ad amministrare il suo impero, il Tempo (o la Morte) si presentò alle porte del suopalazzo sotto le spoglie di un asceta.L'asceta disse a Lakshmana: "Ti prego, informa Rama che è arrivato un messaggero da parte di uno che èsupremamente potente; digli che desidererei parlare con lui".Lakshmana informò Rama dell'arrivo dell'asceta. Seguendo le istruzioni di Rama, Lakshmana fece entrare l'ascetae lo condusse alla presenza del fratello.Rama ricevette l'asceta con grande reverenza e lo fece sedere su un seggio d'oro. Infine Rama gli chiese di

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comunicare il messaggio che aveva per lui.L'asceta però gli rispose: "Posso trasmettere il messaggio soltanto in privato, o Rama. Perché chiunque loascoltasse o ci osservasse mentre parliamo dovrebbe essere subito messo a morte".Rama acconsentì a questa condizione. Egli pose Lakshmana fuori della stanza con l'ordine preciso: "Nonpermettere ad alcuno di entrare e interrompere quest'importante conversazione. Chiunque entrerà nella stanzasarà messo a morte".Poi, rivolto all'asceta, Rama disse: "Ora ti prego, comunicami l'importante messaggio che hai per me".Quando furono soli, l'asceta rivelò la sua vera identità come Tempo (o Morte) e disse a Rama:"O Signore, il Creatore Brahma mi ha mandato a te con il seguente messaggio:"Un tempo tu avevi ritirato l'universo dentro di te e riposavi sul grande oceano. Quindi, per mezzo della tuaMaya, tu creasti due esseri potenti, Madhu e Kaitabha. Dopo la loro distruzione, questa terra fu modellata con laloro carne. Tu stesso affidasti il compito di proteggere questo mondo a me, che nacqui dal fiore di loto emersodal tuo ombelico. E io ho cercato di fare il mio dovere, ponendo il fardello sulle tue spalle. Nel corso del tempo tuti sei incarnato sulla terra, insieme ad altri esseri divini, per la distruzione di demoni come Ravana. Tutto questo èstato fatto, e ora s'avvicina il tempo del tuo ritorno. Se tuttavia desiderassi continuare a vivere sulla terra,naturalmente potresti farlo. Se invece desideri tornare in cielo, in modo che il cielo possa accoglierti come suosovrano, che così sia".Quando Rama udì questo messaggio, rispose: "La mia manifestazione è per la protezione dei tre mondi, non soloper la protezione di questa terra; perciò presto lascerò questo mondo. Farò esattamente come ha detto ilCreatore Brahma".Mentre erano ancora impegnati in conversazione, si presentò all'ingresso della loro stanza Durvasa, il grandesaggio famoso per la sua terribile collera. Egli ingiunse a Lakshmana: "Portami subito da Rama".Quando Lakshmana cercò di discutere umilmente: "Potrei trasmettere il tuo messaggio a Rama, perché adessoegli è impegnato in un incontro importante? Oppure, non potresti attendere pochi minuti?", il saggio divenneestremamente furioso e disse: "Comunica subito a Rama che io sono qui. Se non lo farai, maledirò lui, te, i tuoifratelli e tutta la famiglia reale. Non posso contenere la mia ira".Udendo queste parole spaventose, Lakshmana rifletté un istante: "È meglio che io muoia, piuttosto che questosaggio maledica l'intera famiglia reale". E presa questa decisione, Lakshmana entrò nella stanza in cui stavanoconversando Rama e l'asceta, e informò il fratello della visita di Durvasa.Rama congedò l'asceta e uscì; poi s'inchinò davanti al saggio, che gli disse: "Ho digiunato per mille anni;desidero interrompere il mio digiuno proprio ora. Dammi da mangiare". Rama gli servì devotamente del cibo.Durvasa mangiò e quindi andò via.Pensando alla terribile promessa che aveva fatto all'asceta (che chiunque avesse interrotto la conversazionesarebbe morto), Rama divenne triste.Lakshmana comprese lo stato d'animo di Rama, gli si avvicinò con reverenza e disse: "Non preoccuparti per me;tutto questo è predestinato ad accadere. Scacciami, Rama, e onora la tua promessa; perché quando un uomodisonora la propria promessa va all'inferno".Rama riunì in consiglio i ministri e i saggi e li informò dell'accaduto. Allora il saggio Vasishtha prese la parola edisse:"O Rama, vedo che si sta avvicinando la fine: e ora anche Lakshmana dev'essere bandito. Questo dev'esserefatto, per amore del Dharma. Se il Dharma venisse abbandonato, vi sarebbe la distruzione universale".Quindi Rama disse a Lakshmana: "L'esilio equivale alla pena capitale. Perciò, o Lakshmana, ti bandisco dalregno".Lakshmana andò subito via, senza neanche rientrare a casa sua. Continuando a singhiozzare, egli raggiunse lariva del fiume Sarayu. Sedendo in meditazione, controllò il respiro e fu pronto ad abbandonare l'esistenzaterrena.Tutti gli dèi apparvero nel cielo. Senza essere visto da alcun essere umano, Indra portò Lakshmana in cielo contutto il corpo.Gli dèi furono felicissimi che Lakshmana fosse tornato in cielo, perché questo voleva dire che ben presto ancheRama sarebbe ritornato tra loro.Rama fu preso da un dolore inconsolabile e disse: "Desidero abdicare al trono e ritirarmi nella foresta; desideroseguire Lakshmana". Perciò egli chiese a Bharata d'ascendere al trono.Ma il nobile Bharata rispose: "Oh no, Rama, non ho alcun desiderio per il regno senza di te. Installa sul trono ituoi figli Kusa e Lava. Fa' informare anche Satrughna della nostra decisione".Vasishtha disse di nuovo: "Rama, guarda questi cittadini, tutti afflitti dal dolore".Sopraffatto dal dolore, Rama sospirò: "Ah, che cosa devo fare?".Tutti quanti dissero, come una sola voce: "Con le nostre mogli e i nostri figli, noi seguiremo Rama e andremotutti dove andrà lui".Riflettendo sulla devozione dei cittadini, e anche sulla fine imminente della sua missione sulla terra, quel giornostesso Rama installò sul trono Kusa e Lava, assegnando a ciascuno di loro dei territori adatti.Inoltre egli inviò dei veloci messaggeri perché informassero Satrughna della sua decisione.I messaggeri comunicarono a Satrughna tutte le notizie sugli ultimi avvenimenti successi ad Ayodhya: "Rama haabdicato al trono e vi ha installato Kusa e Lava. Kusa governa dalla sua capitale Kusavati, e Lava dalla suacapitale Sravasti. Tutti i cittadini di Ayodhya hanno deciso di seguire Rama: perciò la capitale è completamentedeserta. Rama ci ha chiesto di metterti al corrente di tutto questo".Venuto a sapere della distruzione della famiglia reale, Satrughna installò immediatamente i suoi figli sul trono eda solo, sul suo veicolo, guidò di gran fretta per raggiungere Rama.Giunto alla presenza di Rama, Satrughna disse: "Ho installato sul trono i miei due figli, o Rama, e ho deciso diseguirti".Rama vide la fermezza della sua determinazione e acconsentì.Venuti a sapere dell'abdicazione di Rama e della sua imminente ascensione in cielo, vennero anche tutti i vanara,guidati da Sugriva.

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E così pure gli dèi e i saggi erano accorsi alla presenza di Rama. Sugriva aveva installato sul trono Angada eaveva deciso di seguire Rama.Quando arrivò Vibhishana, Rama gli disse subito: "Governa sul regno di Lanka finché il popolo desidererà che tulo faccia, finché splenderanno il sole e la luna, e fino a quando la mia storia sarà raccontata in questo mondo. Tiprego, Vibhishana, non opporti". E Vibhishana acconsentì.Rama benedì Hanuman: "Vivi e gioisci in questo mondo fino a quando verrà narrata la mia storia, e attienitisempre alle mie istruzioni, o Hanuman".Hanuman s'inchinò in segno di accettazione.Allora tutti quanti cominciarono a lasciare Ayodhya. Tutte le armi, i saggi, i brahmana, la dea della prosperità, lesacre scritture, i sacri mantra - tutti seguirono Rama.Bharata e Satrughna lo seguirono. Tutti i ministri e gli ufficiali lo seguirono. E anche tutti i cittadini lo seguirono.Neanche la più piccola creatura rimase ad Ayodhya.Tutti seguirono Rama.

[NOTA: Il testo suggerisce che le scritture e i mantra andarono in forma umana, cioè come studiosi e pandit. Nelcapitolo terzo 14-15 vi sono molteplici nomi di creature con la descrizione della loro creazione. Nel capitolosettimo 25 vi sono i nomi di alcuni dei riti più importanti. Nel capitolo terzo 25, sesto 44-45 e altrove vengonodati i nomi dei missili. Nel capitolo sesto 74 si trovano i nomi di erbe meravigliose. Questi meriterebbero unostudio più approfondito. Nel capitolo quarto 40 e in alcuni successivi vi sono i nomi di luoghi, fiumi e montagneche meriterebbero d'essere studiati.]

Rama si diresse verso il fiume Sarayu, e ivi giunto toccò le acque del fiume con i suoi piedi. Per assistereall'infinitamente fausta e gloriosa ascensione di Rama, erano giunti colà tutti gli dèi nei loro veicoli spaziali, edera venuto lo stesso Creatore Brahma in persona, nel suo veicolo celeste.Allora il Creatore disse a Rama: "Vieni, o Vishnu, entra nei tuoi corpi divini insieme ai tuoi fratelli. Qualunque siala forma che desideri assumere, assumila. Liberato dalla Maya con la quale ti eri ricoperto, tu sei ancora unavolta al di là della comprensione della mente e della parola. Ti prego, ascendi alla tua dimora".Poi Rama rientrò nello spirito del Signore Vishnu, insieme ai suoi fratelli. Perciò gli dèi e i saggi adorano Ramacome lo stesso Signore Vishnu.Rama disse al Creatore Brahma: "Assegna una regione celeste a questi miei devoti e seguaci, o Brahma".In obbedienza all'ingiunzione di Rama, Brahma ordinò una regione celeste conosciuta come Shantanaka, edecretò: "Persino le creature subumane che lasceranno il corpo fisico pensando a te, o Signore, raggiungerannoquesta regione celeste".Sugriva rientrò nell'orbita del sole. E gli altri vanara che erano nati dalle varie divinità rientrarono nelle lororispettive fonti d'origine.Tutti i cittadini e i devoti di Rama entrarono nel fiume Sarayu e furono istantaneamente trasportati in cielo.Il Creatore Brahma e tutti gli dèi del cielo furono felici del ritorno di Rama e degli altri esseri divini.Questo è il Ramayana! Le sue parti principali furono composte dal saggio Valmiki e approvate dal CreatoreBrahma.Questo poema è estremamente fausto, e distrugge i peccati di chi riesce a leggere anche una piccola parte diesso. Invero, questo Ramayana viene recitato e ascoltato persino nei cieli. Chi lo legge ogni giorno ottienequalunque cosa desideri.

OM TAT SAT

FINE DELL'UTTARA KANDAM

[NOTA: Nell'ultimo capitolo c'è una specie di nota che dice che Ayodhya restò deserta finché Rshabha non divenne il suo sovrano, e allora riacquistò la sua gloria.]

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RAMA GITA

Rama disse: "Tutte le opere portano a un'ulteriore schiavitù e rinascita. A causa delle due forze contrastantidell'amore e dell'odio le azioni sembrano differenti l'una dall'altra. L'uomo compie azioni buone e cattive conattaccamento, e così ottiene sempre più nascite. Dopo ogni rinascita vi sono di nuovo azioni. In questo modo ilcorso della vita materiale gira come una ruota.La causa alla base di tutto questo è l'ignoranza. Rimuovere l'ignoranza è il solo mezzo per distruggere il corsodella vita materiale. Soltanto la conoscenza è capace d'annientare l'ignoranza. L'azione non può distruggerla,perché nasce dall'ignoranza e non è il suo contrario.La pratica dell'azione non distrugge né l'ignoranza né l'attaccamento ma conduce a un maggiore doloredell'incarnazione. Perciò l'uomo saggio deve abbandonare l'azione, che è piena di difetti, e dedicarsi allaconoscenza e alla meditazione.Che l'uomo saggio, dunque abbandoni ogni azione. Non vi può essere una combinazione di conoscenza e azione,perché l'azione è contraria alla conoscenza. Che egli ritiri i sensi da tutti gli oggetti e si dedichi sempre alraggiungimento dell'autorealizzazione.Quando uno raggiunge la luce suprema della conoscenza del Sé, che distrugge l'idea della separazione delsupremo Sé e dell'anima individuale, allora maya - insieme alle sue appendici che causano nascita, rinascita eazione - svanisce immediatamente.Quando l'ignoranza è stata annientata dalla conoscenza, che è mera luminosità, pura e non-duale, essa nonpotrà riapparire mai più. Come potrebbe avidya causare ancora delle azioni una volta che è stata distrutta dallaconoscenza derivata dalle sacre Scritture?La Taittirya Upanishad ha proclamato con zelo che l'uomo deve assolutamente rinunciare a tutte le azioni. Anchela Brhadaranyaka Upanishad ha affermato che soltanto la conoscenza porta al moksha, e mai l'azione, qualsiasiessa sia.Che l'uomo pieno di fede e con la mente pura, guadagnando la grazia del guru, realizzi l'unità del jiva con ilBrahman attraverso la grande formula 'Tat Tvam Asi' (Quello tu sei), e sia felice e stabile come il monte Meru.Per realizzare il significato di questa formula bisogna conoscere il significato delle sue tre parole. 'Tat' e 'Tvam'indicano il Sé supremo e il sé individuale; 'Asi' indica l'identità di questi due.Eliminando gli upadhi - interiorità e distanza - che limitano jiva e Ishvara, e i dharma che li rendono oggetti dipercezione, prendendo solo la loro essenza interiore di pura coscienza attraverso il metodo del bhaga-tyaga-lakshana, e conoscendo così il proprio sé, l'uomo raggiunge lo stato assoluto.Il corpo grossolano, che è composto dei cinque elementi quintuplicati, che è la dimora del godimento dei fruttidelle azioni (cioè, dolore e piacere), che ha un inizio e una fine, che è nato dal karma ed è definito da maya, èl'appendice limitante del Sé.Il corpo sottile è composto dalla mente, dall'intelletto, dai dieci sensi e dai cinque prana. Esso nasce daglielementi non quintuplicati. Esso spinge il corpo grossolano a sperimentare il piacere, ecc. È un'altra limitazionedel Sé.Maya è il più importante corpo causale del Sé, ed è inscrutabile e senza inizio. La sua natura è indescrivibile. Aseconda dei diversi modi di limitazione, Brahman appare come Ishvara o come jiva. L'identificazione del Sé daparte del sé dev'essere praticata attraverso metodi logici.Il cristallo appare rosso quando viene messo vicino ad un fiore rosso. Allo stesso modo il Sé sembra avere laforma delle cinque guaine a causa della sua prossimità ad esse. Quando uno investiga e medita sulla grandeformula 'Asangoyam Purushah' (il Sé è inviolato) allora realizza che questo Sé è non-attaccato, senza nascita enon-duale.La condizione dell'intelletto è triplice: veglia, sogno e sonno profondo. Questi stati sono dovuti alla suaassociazione con le qualità della natura; e sono in realtà false condizioni dell'intelligenza, poiché due stati sonoassenti quando è presente l'altro. Essi non hanno la natura del Brahman supremo, che è eterna e assolutabeatitudine.Uno dovrebbe negare l'intero universo praticando il metodo del 'neti neti' (non questo, non quello), e avere unassaggio dell'essenza immortale dell'oceano della Coscienza. Uno dovrebbe rinunciare a tutto dopo aver presosolo l'essenza dell'esistenza, proprio come uno getta la buccia e il guscio di un frutto dopo averne succhiato ilsucco.Il Sé non nasce e non muore mai. Non è soggetto ad aumento o diminuzione. Esso è al di là di qualsiasi aggiuntaalla sua grandezza; vale a dire è insuperabile. È della natura della beatitudine stessa, autoluminoso,onnipervadente, antico e uno-senza-secondo.La sovrapposizione è definita come quel processo per mezzo del quale una cosa diversa da un'altra cosa èfalsamente identificata con quest'ultima, a causa dell'illusione. Come l'idea del serpente si sovrappone ad unpezzo di corda, così l'idea del mondo è sovrapposta al Brahman.L'idea dell'ego o 'io' è la prima sovrapposizione sul Sé, che è libero dall'imperfezione del pensiero e dell'illusione,ed è la stessa pura Coscienza. L'idea dell'ego è solo una mera identificazione erronea con il Sé, che è la causa ditutto, il Brahman senza alcun male, l'Assoluto supremo.Il Sé (o Cidabhasa) e l'intelletto sembrano partecipare l'uno agli attributi dell'altro attraverso un mutuocollegamento o sovrapposizione dovuto alla loro coesistenza, proprio come il ferro è partecipe della natura delfuoco quando viene messo nel fuoco. La natura intelligente del Sé si manifesta nell'intelletto e la natura non-intelligente dell'intelletto si manifesta nel Sé. Questo è il cid-jada-granthi o il nodo tra il sé e la materia.Io sono la grande luce. Io sono non-duale e senza nascita. Io sono autoluminoso. Io sono estremamente puro. Iosono l'oceano di pura Coscienza, senza mali, pieno, incarnazione di beatitudine e al di là dell'azione.Io sono sempre libero, dotato di un potere inimmaginabile; sono la conoscenza che i sensi non possono avere. InMe non c'è azione. Io sono infinito, imperscrutabile. I saggi che sono devoti allo studio dei Veda meditano giornoe notte su di Me nei loro cuori.Così uno dovrebbe meditare sempre sul Sé, con zelo incessante. Allora egli avrà l'illuminazione, che in brevissimotempo distruggerà l'avidya insieme ai suoi effetti, come un malato distrugge la malattia prendendo l'elisir di lunga

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vita.Uno dovrebbe sedere in un luogo solitario, ritirare i sensi dalle loro funzioni, frenare la mente e sottometterla, econcentrarsi sul puro ideale. Così si dovrebbe meditare sull'Uno, senza alcun pensiero per un secondo essere,aprendo l'occhio della coscienza e stabilendosi nel Sé assoluto.Meditando giorno e notte sul proprio Sé, libero da ogni legame e dall'egoismo, il saggio dovrebbe attenderefinché non si esaurisce il suo prarabdha karma che gli ha dato il corpo attuale. Allora egli si fonderà soltanto inMe.Fino a quando uno non vede tutto come Me, che egli pratichi la devozione a Me. Io dimoro eternamente nelcuore di colui che ha per Me fede intensa e devozione.La conoscenza è considerata di due tipi: essenziale (svarupa) e psichica (vritti). Delle due, la prima riguarda ilnirguna Brahman, il vero, infinito e beato Assoluto.L'altra è considerata la pura esistenza psichica che riguarda l'essenza spirituale indivisa del sé. Questaconoscenza è a sua volta di due tipi: indiretta e diretta.La conoscenza indiretta porta la liberazione attraverso un'evoluzione progressiva, quando ha luogo ladissoluzione del mondo del Creatore. La conoscenza diretta produce la liberazione immediata, qui stesso, quandosi esaurisce il prarabdha karma.Quei peccatori che non hanno la coscienza del samadhi, che si gloriano della mera conoscenza verbale, sempredediti a fare tutto quello che desiderano - questi uomini andranno all'inferno.Come può uno, la cui mente non è distrutta, liberarsi dal samsara? Come può uno, che non ha coscienza delsamadhi, distruggere la propria mente?Il saggio sereno e spassionato, sempre devoto alla pratica dello yoga, non ha mai alcun timore di nulla, neanchedi questo samsara difficile da attraversare.Il grande yogi, i cui sensi hanno smesso di funzionare - che è libero dall'agitazione mentale, ecc. , e ha realizzatol'identità del Brahman e del sé - ottiene la liberazione immediata.La grande meditazione sull'Esistenza, Conoscenza, e Beatitudine assoluta, omogenea e senza attributi, è la piùalta di tutte le meditazioni. Essa causa la liberazione istantanea: ed è la meditazione 'Io sono Brahman'.La conoscenza dell'identità del Brahman e del sé rimuove la falsa identificazione del sé con il corpo. Chi non ha ilsenso dell'io riguardo al corpo è chiamato jivanmukta.Colui per il quale il mondo non è né permanentemente reale né irreale, e che è radicato nella coscienzaimmutabile, è chiamato jivanmukta.Colui che ha l'esperienza del Sé nel samadhi e ha la stessa esperienza anche dopo essere uscito dal samadhi,colui che dimora soltanto nella pura autocoscienza, è un jivanmukta.Colui che nella sua vita quotidiana nel mondo appare a volte come un uomo d'azione, a volte come un devoto,qualche volta come uno yogi, o altre volte come un saggio, questi è un jivanmukta.La schiavitù sta nel credere 'Io sono il corpo'. La liberazione sta nella consapevolezza costante 'Io sono Brahman'.Perciò l'uomo intelligente dovrebbe meditare sempre: 'Io sono Brahman', fondendo il suo ego nell'Assoluto.Colui che identifica sé stesso con il corpo ha paura da ogni lato. Perciò, con ogni possibile sforzo, uno dovrebbecercare di rinunciare all'idea che il corpo sia il sé.A causa dell'esistenza apparente del corpo, che persiste in lui come una tela bruciata, il jivanmukta dovràaffrontare piccoli problemi temporanei, ma comunque non rinascerà.(Il jivanmukta) è un superuomo in cui la pace, l'autocontrollo e simili virtù emanano costantementedall'autoconoscenza in maniera spontanea.Egli è un superuomo che non ha la benché minima ammirazione neppure per i più fantastici poteri psichici.Egli è un superuomo che non si perde vedendo le meravigliose creazioni del Signore.Egli è un superuomo che non desidera, neppure nei sogni, i quattro tipi di salvezza, come: entrare nel regno diDio, godere della vicinanza di Dio o della sua forma e del suo potere, ecc .Chi ha dimenticato l'idea del corpo è un videhamukta, anche quando continua ad esistere il corpo, che è l'effettodel prarabdha karma.È un Jivanmuktha colui che ha neutralizzato l'effetto della trasformazione della sostanza mentale in forme-pensiero e che si è stabilito nell'unica essenza omogenea e indivisa, grazie alla sua ferma convinzionedell'illusorietà di ogni altra cosa.Gli oggetti non toccano colui che è stabilito nell'unica essenza omogenea. Persino gli dèi lo adorano. Il Vedantaproclama la gloria della persona la cui delizia risiede nell'unica essenza omogenea.E considerato 'uno stabilito nella saggezza' colui che neanche per un momento concepisce il pensiero che ancheun solo atomo possa essere differente dall'essenza omogenea.È stabilito nella saggezza chi è sempre imperturbato, chi è estremamente solenne e profondo come l'oceanosenza onde, chi trascende azione e modificazione, chi per la sua condizione è simile a un pitone, chi èinamovibile come il monte Meru e chi non ha neppure il pensiero 'Io sono un videhamukta'. Pur avendo uncorpo, egli è certamente un videhamukta (un saggio liberato che non ha coscienza del corpo) .Meditando continuamente sull'essenza unica ed omogenea di Brahman, la mente viene rapidamente distruttainsieme alla sua radice. Questo è certo.

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GLOSSARIO

Agastya: Un grande saggio.Agni: Il dio del fuoco.Ahalya: La moglie del saggio Gautama, sedotta da Indra e redenta da Rama.Aksha: Figlio di Ravana, ucciso da Hanuman.Anasuya: La moglie del saggio Atri.Angada: Il figlio di Vali.Anjana: La madre di Hanuman.Asoka-vana: Il boschetto di asoka, dove fu tenuta prigioniera Sita.Atri: Un grande saggio incontrato da Rama nella foresta.Ayodhya: La città capitale del regno Kosala.Bharadvaja: Un grande saggio amico di Rama e dei suoi fratelli.Bharata: Fratello di Rama, nato da Kaikeyi. Rifiuta di regnare durante l'esilio di Rama e amministrail regno vivendo da asceta, con i sandali di Rama installati sul trono.Brahma: Il Creatore dell'universo. Il Brahma-loka è il cielo di Brahma.Brahmacarya: Il voto di celibato; castità. Il primo periodo della vita, quello dello studente.Brahman: L'Assoluto. Dio trascendente e immanente.Brahmana: Persona che appartiene alla classe sacerdotale. Colui che conosce Brahman.Cakra: Disco. Ruota. Arma da getto di forma circolare, propria di Vishnu.Citrakuta: Collina sulla quale Rama passò il primo periodo del suo esilio.Dandaka: La grande foresta dove Rama trascorse gran parte del suo esilio.Dasaratha: Padre di Rama e re del Kosala.Dharma: La legge spirituale che governa l'universo e la condotta di tutti gli esseri.Dushana: Un demone, comandante delle forze di Khara.Gandharva: Musicista celeste.Ganga: Il sacro fiume Gange, a volte personificato in una dea.Garuda: Considerato un uccello, semidio e veicolo divino del Signore Vishnu.Godavari: Un fiume sacro dell'India del sud.Guha: Un capo tribale molto devoto a Rama e ai suoi fratelli, che intrattiene lungo il cammino versola foresta.Hanuman: Un capo vanara, figlio di Anjana e di Vayu, il dio del vento. Dotato di forza straordinaria,scopre la prigione di Sita e contribuisce in innumerevoli modi al successo della missione di Rama.Ikshvaku: Un grande antenato di Rama.Indra: Il re del cielo, il capo degli dèi.Indrajit: Il figlio di Ravana che conquistò anche Indra. Fu ucciso da Lakshmana.Jambavan: Un capo tribale alleato di Rama. Viene considerato un orso.Jambumali: Il primo demone ucciso da Hanuman a Lanka.Janaka: Un grande saggio re di Mithila. Padre adottivo di Sita.Janasthana: Parte della foresta abitata dai saggi, che venivano tormentati dai demoni di Khara.Jatayu: Considerato un avvoltoio, combatté contro Ravana mentre questi cercava di portare viaSita.Kabandha: Un demone di forma insolita che Rama incontrò nella foresta.Kaikeyi: Moglie di Dasaratha e madre di Bharata. Chiede che Rama venga esiliato e che Bharata siaincoronato.Kailash: Una montagna, dimora leggendaria del Signore Shiva.Kasyapa: Un grande saggio.Katisalya: Prima moglie di Dasaratha e madre di Rama.Khara: Il capo dei demoni, fratellastro di Ravana; fu ucciso da Rama a Janasthana con tutto il suoesercito.Kishkindha: Il regno di Vali e Sugriva.Kosala: Il regno di Dasaratha.Kshatriya: Un principe o un guerriero.Kubera: Il dio della ricchezza; chiamato anche Vaisravana. È fratellastro di Ravana.Kumbhakarna: Un demone, fratello di Ravana; un gigante potentissimo che dormiva a lungo.Kusa: Figlio di Rama; uno dei due gemelli avuti da Sita.Lakshmana: Figlio di Dasaratha e di Sumitra. Fratello di Rama e suo costante compagno.Lakshmi: Consorte del Signore Vishnu. La Madre Divina dispensatrice di ricchezza e prosperità.Lanka: L'isola e la città in mezzo all'oceano che era la dimora di Ravana.

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Lava: Figlio di Rama e Sita, fratello gemello di Kusa.Mandavi: Moglie di Bharata.Mani: Antenati.Mandodari: Prima moglie di Ravana.Manthara: La serva di Kaikeyi che la istigò a fare esiliare Rama.Marica: Un demone complice di Ravana.Mayavi: Figlio di Maya; combatté contro Vali e fu ucciso da quest'ultimo.Mithila: La capitale del regno di Janaka.Nala: Un alleato di Rama e Sugriva; l'architetto che fece costruire il ponte per attraversare l'oceano.Nandigrama: Il sobborgo di Ayodhya in cui Bharata visse come un asceta durante l'esilio di Rama.Narada: Mitico saggio divino che funge spesso da intermediario tra dèi e uomini.Narayana: Altro nome di Vishnu, il Protettore dell'universo. Uno della Trinità Indù.Nila: Il comandante generale dei vanara.Pampa: Un lago nella foresta Dandaka.Pancavati: Il luogo dove Rama fece costruire la sua capanna durante l'esilio nella foresta.Parasurama: Considerato un'incarnazione precedente di Vishnu. Nato da famiglia brahmana, eglisterminò tutti i re malvagi del mondo.Pulastya: Un saggio chiamato anche Paulastya o Visrava; il padre di Ravana.Pushpaka: Un veicolo spaziale straordinario. Apparteneva originariamente a Kubera, ma Ravanaglielo rubò; quindi fu usato da Rama.Rama: Figlio di Dasaratha e di Kausalya. È l'eroe del Ramayana; è considerato un'incarnazione diVishnu.Ravana: Il re dei demoni, nato da un saggio. Ricevette dal Creatore il dono dell'invincibilità, che usòper opprimere dèi e saggi. Rapì Sita e infine fu ucciso da Rama.Rshyamuka: La collina dove s'era rifugiato Sugriva prima d'incontrare Rama.Rshyasringa: Il saggio asceta che aiutò re Dasaratha a celebrare il rito sacro per ottenere dei figli.Rudra: Il terzo membro della Trinità, chiamato anche Shiva, Tryambaka, ecc.Sabari: Un'anziana asceta molto devota a Rama.Sagara: Il nome di un re. L'Oceano.Sampati: Considerato un avvoltoio, figlio di Suparsva e fratello di Jatayu. Aiuta Hanuman a trovareSita.Sarabhanga: Un saggio che viveva nella foresta Dandaka.Sarama: Pur essendo una demonessa, era amica di Sita nell'asoka-vana.Sarayu: Un fiume vicino ad Ayodhya.Satabali: Un capo tribale comandante delle forze vanara.Satrughna: Fratello di Rama. Figlio di Dasaratha e di Sumitra. Era il compagno costante di Bharata.Siddha: Un saggio perfetto. (Siddhashrama: eremo di saggi perfetti).Sita: Moglie di Rama. Figlia adottiva di re Janaka. È considerata un'incarnazione di Lakshmi.Srutakirti: Moglie di Satrughna.Subahu: Un demone che contaminava le foreste e i riti sacri di Visvamitra. Fu ucciso da Rama.Sugriva: Il re dei vanara, fratello di Vali. Alleato di Rama, egli organizza l'invasione di Lanka. Suamaglie è Ruma.Sumantra: Un ministro, amico e auriga di Rama.Sumitra: La seconda moglie di Dasaratha, madre di Lakshmana e di Satrughna.Surasa: Madre dei naga; fu d'ostacolo ad Hanuman durante il suo volo verso Lanka.Surpanakha: Sorella di Ravana che cercò di sedurre Rama nella foresta; fu mutilata sul volto daLakshmana.Sushena: Un capo tribale, comandante delle forze vanara e suocero di Sugriva.Tara: La moglie di Vali.Tataka: Una demonessa che ostacolava un rito sacro di Visvamitra; fu il primo demone ucciso dalgiovane Rama.Trijata: Una demonessa amica di Sita nel boschetto di asoka.Trikuta: La collina sulla quale sorgeva la città di Lanka.Urmila: La moglie di Lakshmana.Vali: Il re dei vanara, fratello maggiore di Sugriva. Rama uccise Vali dopo la sua alleanza conSugriva.Valmiki: Il grande saggio autore del Ramayana. Quando Rama bandì Sita, ella visse nel suoeremitaggio, dove poi partorì i due gemelli Kusa e Lava ai quali il saggio trasmise il Ramayana.Vanara: Considerate delle scimmie; erano probabilmente uomini 'primitivi' abitanti della foresta.Vasishtha: Un grande saggio. Guru e maestro spirituale di Janaka, Dasaratha e Rama.Vayu: Il dio del vento, padre di Hanuman.Veda: Le principali Scritture sacre; libri di conoscenza. Ne conosciamo quattro: Rig, Yajur, Sarna e

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Atharva.Vibhishana: Il pio fratello di Ravana che lo abbandonò per cercare rifugio in Rama. Dopo la mortedi Ravana fu incoronato re di Lanka.Viradha: Il primo demone che Rama uccise durante l'esilio nella foresta. Nella vita precedente era ilsaggio Tumburu.Visvakarma: L'architetto degli dèi.Visvamitra: Un grande saggio che insegnò a Rama la scienza militare e gli diede molti missili.D'origine kshatriya, Visvamitra divenne un saggio brahmana grazie alle proprie austerità.Yama: Il dio della morte.Yamuna: Un fiume sacro.Yudhajit: Fratello di Kaikeyi.Yuga: Un'era nel ciclo della terra. Ce ne sono quattro: Satya o Krta, Treta, Dvapara e Kali.Yuvaraja: Principe ereditario.

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