RAI NUOVAMUSICA Stagione 2019-2020

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Stagione 2019-2020 Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, Torino osn.rai.it Giovedì 13 febbraio 2020, 20.30 MARCO ANGIUS direore QUARTETTO HENAO WILLIAM CHIQUITO violino SOYEON KIM violino STEFANO TREVISAN viola GIACOMO MENNA violoncello Ives Donatoni Nono Adams 13/02 3 RAI NUOVAMUSICA 2019/2020

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Stagione 2019-2020Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, Torino

osn.rai.it

Venerdì 11 ottobre 2019, 20.00 Sabato 12 ottobre 2019, 20.30 JAMES CONLON direttore MARIANGELA VACATELLO pianoforte ROBERTO RANFALDI violino

Beethoven Mendelssohn-Bartholdy Šostakovič

1 11–12/10 Giovedì 13 febbraio 2020, 20.30

MARCO ANGIUS direttoreQUARTETTO HENAOWILLIAM CHIQUITO violinoSOYEON KIM violinoSTEFANO TREVISAN violaGIACOMO MENNA violoncello

IvesDonatoniNonoAdams

13/023

RAI NUOVAMUSICA

2019/2020

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GIOVEDÌ 13 FEBBRAIO 2020 ore 20.30

Marco Angius direttoreQuartetto HenaoWilliam Chiquito violinoSoyeon Kim violinoStefano Trevisan violaGiacomo Menna violoncello

Charles Ives (1874 - 1954)Central Park in the Dark (1906)

Durata: 7’ ca.

Ultima esecuzione Rai a Torino: 8 settembre 2002, Gregor Nowak

Franco Donatoni (1927-2000)Duo pour Bruno (1974-1975)

Durata: 12’ ca.

Ultima esecuzione Rai a Torino: 12 settembre 1990, Josè Ramon Encinar

Luigi Nono (1924-1990)A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili (1984)

Durata: 7’ ca.

Ultima esecuzione Rai a Torino: 27 gennaio 2011, Pascal Rophé

__________

John Adams (1947)Absolute Jest, per quartetto d’archi e orchestra (2011-2012)

Durata: 25’ ca.

Prima esecuzione Rai a Torino

Il concerto è trasmesso in direttasu Radio3 per Il Cartellone di Radio3 Suite.

Nella fotouna vista notturna di New York City da Central Park (1940 ca.)

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Charles IvesCentral Park in the Dark

In calce alla partitura, una nota dell’autore spiega il senso del lavoro: «Questo pezzo si propone di essere una raffigurazione sonora [picture-in-sounds] dei suoni della natura e accidentali che una persona, sedendo su una panchina di Central Park in una calda notte d’estate, poteva sentire una trentina d’anni fa (prima che i motori a scoppio e le radio monopolizzassero la terra e l’aria). Gli archi rappresentano i suoni della notte e della silenziosa oscurità - interrotti dai suoni [il resto dell’orchestra] del Casino sul laghetto - di gente che canticchia pezzi di can-zoni del giorno uscendo da [Colombus] Circle - di qualche not-tambulo di Healy’s che fischietta l’ultimo successo o la Fresh-man March [...] - di una guerra di pianole nel condominio ‘oltre il muro del giardino’, un coro di tram [street car] e banda [street band] - un camion dei pompieri, i cavalli di una carrozza imbiz-zarriti che abbattono una recinzione, le grida dei viaggiatori - di nuovo si sente l’oscurità - un eco sopra il laghetto - e andia-mo a casa». Ives stende questo programma verso il 1914, otto anni dopo aver composto Central Park in the Dark, scritto nella seconda metà del 1906. Nel 1914 aveva quarant’anni, quindi il testo dovrebbe riferirsi ai ricordi di un ragazzo di dieci anni, un’età improbabile per bighellonare a New York di notte. Inol-tre, i riferimenti della didascalia rimandano chiaramente alla vita studentesca di Yale, che Ives ha frequentato nell’ultimo scorcio dell’Ottocento. In altre parole, il programma della par-titura non va inteso in senso realistico, bensì come un lavoro sulla memoria per sperimentare uno stile radicalmente nuovo e un linguaggio musicale arditamente moderno. In origine, Central Park in the Dark formava la seconda parte di un dittico di Contemplations dal vago sapore satirico, A Contem-plation of a Serious Matter or The Unanswered Perennial Question e A Contemplation of Nothing Serious or Central Park in the Dark in ‘The Good Ole Summer Time’. L’ironia di Ives sembra irridere l’atteggiamento filosofico degli artisti, e ricorda il tagliente Dia-logo della Natura e di un Islandese di Leopardi, nel quale si mette in luce la ridicola pretesa dell’uomo di essere al centro dell’uni-verso: «Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle opera-zioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l’intenzione a tutt’altro che alla felicità degli uomini o all’infelicità».

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Il ‘nothing serious’ che interessa Ives è la sovrapposizione di piani sonori differenti e la gestione simultanea di flussi tempo-rali eterogenei. La caratteristica più innovativa della partitura, infatti, è la scissione del tempo tra gli archi, che devono rap-presentare il continuum statico e misterioso della natura, e il resto dell’orchestra, in cui si accumulano in maniera casuale i fenomeni acustici della metropoli urbana. A battuta 64, per la precisione, la massa degli archi continua a suonare nel tempo Molto Adagio dell’inizio, mentre gli altri strumenti iniziano un crescendo sonoro e ritmico fino a raggiungere il picco della divaricazione temporale con un parossistico trillo generale alla fine di un allegro Con fuoco. Ives ottiene l’effetto di questa caotica rappresentazione del paesaggio urbano non attraver-so lo spiegamento di un mastodontico apparato orchestrale tardo-romantico, come in Strauss e Mahler, bensì sfruttando la stratificazione ritmica di un ristretto numero di strumenti, dieci in tutto comprese due pianole che potrebbero essere suonate anche da un solo esecutore.

Franco DonatoniDuo pour Bruno

Luigi Nono, nel racconto autobiografico affidato alla penna di Enzo Restagno, esordisce dicendo: «L’incontro con Bruno Ma-derna, avvenuto nel ’46, è stato per me un fatto indubbiamen-te determinante, fondamentale». Nel 1975, ricordando l’amico scomparso un paio d’anni prima sull’Annuario della Biennale di Venezia, Luciano Berio aggiunge delle osservazioni impor-tanti su Maderna: «A una musica basata su quantificazioni più o meno simboliche, e non comunicanti fra loro, faceva riscon-tro la tendenza a separare, a isolare gli ingredienti reali e pri-mari del comportamento musicale fatto, appunto, di corpo, di emozioni, di intelletto, di intuito e di rigore. [...] Sul cammino di quella lungimirante schizofrenia degli anni Cinquanta, Bruno ha dato la mano a molti compagni di viaggio, senza vacillare, con tutti i suoi ‘parametri’ ben fermi, indivisibili e solidali». L’in-fluenza di Maderna, sebbene più anziano di pochi anni, sulla generazione che ha rivoluzionato la musica del dopoguerra è stata profondissima. Tra i molti ‘compagni di viaggio’ che han-no sentito il vuoto lacerante lasciato dalla sua precoce scom-

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parsa figura anche Franco Donatoni, un artista che ha vissuto con particolare spasimo psichico il travaglio estetico e morale della nuova musica del secondo Novecento. Come i più illustri maestri della sua generazione, anche Donatoni ha partecipato all’omaggio che il mondo della musica ha voluto rendere a uno dei suoi rappresentanti universalmente amato e stimato, scri-vendo tra il 1974 e il 1975 uno dei lavori più sentiti e struggenti dedicati a Maderna, Duo pour Bruno. La composizione di questo lavoro si colloca in un momento veramente infelice della sua vita. Dopo la scomparsa di figure di riferimento emotivo e artistico come la madre, Maderna e Luigi Dallapiccola, Donatoni attraversa una serie di stati de-pressivi talmente acuti da rendere necessario il ricovero, co-stringendolo a sospendere per un periodo la stesura del la-voro. In un’intervista del 1982, Donatoni mette in luce i rapporti tra scrittura e malattia in Duo pour Bruno: «Nella seconda parte esplode con dei toni violenti e drammatici, dovuti evidente-mente ad uno stato inconscio che operava. Anche perché a quel tempo ero frequentemente affetto da depressioni e da stati maniacali, a seconda che prendessi pillole o no, e questo evidentemente si rifletteva in quello che scrivevo. Stranamente la prima parte di Duo pour Bruno, scritta in un pe-riodo di benessere artificiale, è piuttosto fredda e meccanica; prepara qualcosa. L’altra, scritta tra pillole e cliniche psichiatri-che, è la concretizzazione di uno stato inconscio che agiva». L’architettura del lavoro, tuttavia, è come sempre rigorosamen-te studiata, con una sequenza di 13+1+13 battute che si ripe-tono in maniera germinale, variando il materiale in molteplici combinazioni. L’architrave della struttura sono le campane tubolari, in numero di dodici a coprire il totale cromatico, che devono essere sistemate in fondo e al centro, con a lato le due percussioni. Il loro rintocco, infatti, al centro del modulo di 27 battute, scandisce la sequenza dei pannelli, e inoltre si trasfor-ma nel gesto più drammatico della partitura. In coda, infatti, il percussionista deve riunire tutte le campane con le mani, nel silenzio dell’orchestra, lasciandole oscillare con il massimo suono possibile, come un urlo di dolore e di disperazione. A differenza del suo metodo di composizione, strettamente astratto, Donatoni prende in questo caso come materiale di base una famosa canzone popolare veneziana, La biondina in gondoleta, in omaggio alle radicatissime origini di Maderna. A questa figura, sottoposta a trasformazioni anche violentemen-te espressive ma impercettibilmente riconoscibili, si contrap-

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pone una sorta di antimateria ricavata dalla scala di mi bemol-le maggiore della canzone, in una dialettica drammatica tra la vita e la morte. Questa dualità si riverbera in altri aspetti della scrittura, in primo luogo nel rilievo di due violini solisti che at-traversano l’intera partitura, emergendo come oasi di vibrante lirismo dal magma informe del tessuto orchestrale.

Luigi NonoA Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili

In una conferenza tenuta a Vienna nel 1976, Carlo Scarpa defi-niva maestro «colui che esprime delle cose che altri possono capire...». Scarpa era un architetto refrattario a ogni forma di pensiero accademico, precostituito. La sua arte, come quella di Luigi Nono, veneziano come lui, nasce direttamente dalla materia, di cui impara a conoscere i segreti con la massima umiltà e curiosità da artigiano, non per mantenerla come fatto acquisito ma per plasmarla in forme nuove e per scoprire tec-niche ancora sconosciute, animato da una sete di conoscenza e da un’incessante tensione per l’immortalità della creazione. Il frutto più emblematico del suo pensiero architettonico sempre vivo e in trasformazione sono forse i vetri progettati nel corso della sua lunga collaborazione con la ditta Venini, dal 1932 al 1947, dove Scarpa ha inventato senza sosta nuove forme, co-lori, paste di vetro, sempre traendo spunto e ispirazione dai segreti custoditi dagli artigiani di un antichissimo mestiere. La trasparenza del vetro, la vibrazione della luce, il senso di uno spazio sempre aperto all’infinito del mare sono caratteristiche che accomunano la sensibilità di questi due grandi artisti ve-neziani, rimasti amici fraterni fino alla scomparsa di Scarpa nel 1978. Per onorare il loro lungo e profondo rapporto, Nono scrive nel 1984 un breve lavoro per orchestra a microinterval-li, eseguito per la prima volta alla Musikhalle di Amburgo il 10 marzo 1985 dalla Philharmonisches Staatsorchester di Ambur-go diretta da Hans Zender. In pratica, è l’unico lavoro sinfonico di Nono a non usare l’elettronica, forse per comunicare meglio il desiderio di un suono antico che si proietta sull’infinito. Nono usa solo due note, il mi bemolle (eS) e il do (C), che cor-rispondono nella notazione tedesca alle iniziali di Scarpa. Inol-tre, scrive una partitura di 72 battute, che corrispondono agli

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anni di Scarpa, ma con l’ultima battuta che contiene solo l’in-dicazione «corona lunga (come) per continuare ad ascoltare presenze – memorie – colori – respiri». I microintervalli, in pra-tica, significano che il suono dell’orchestra dev’essere filtrato da una sorta di velatura dell’intonazione, che rende le altezze più una vibrazione che un segno. Il materiale è distribuito nel-lo spazio in un rapporto architettonico di pieni e di vuoti, con una dialettica estremamente tesa tra suono e silenzio, grazie a un’escursione dinamica il più divaricata possibile, fino ad arri-vare al limite dell’udibilità.

John AdamsAbsolute Jest, per quartetto d’archi e orchestra

San Francisco Bay Area è la quinta regione urbana per po-polazione degli Stati Uniti, con quasi dieci milioni di abitanti. Nel 1906 San Francisco, diventata uno dei più grandi porti del mondo durante la Corsa all’oro californiana, fu rasa al suolo da un terremoto, tuttavia dopo cinque anni non solo era stata in pratica ricostruita ma aveva anche una grande orchestra sinfo-nica. La San Francisco Symphony, nella sua storia più che se-colare, vanta direttori come Pierre Monteux, Josef Krips, Seiji Ozawa, Herbert Blomstedt, Michael Tilson Thomas. Quest’ulti-mo, in particolare, ha spinto l’orchestra verso la musica nuova, invitando John Adams a diventare composer-in-residence e a progettare un lavoro per celebrare il centenario della fondazio-ne. Adams, che si è trasferito nella Bay nel 1971 e ha iniziato dal 1978 una lunga e fruttuosa collaborazione con l’orchestra, ha risposto all’invito con uno dei suoi lavori orchestrali più com-plessi e importanti, Absolute Jest, eseguito per la prima volta il 15 marzo 2012 con Tilson Thomas e il St. Lawrence String Quartet. Il titolo riecheggia il romanzo di David Foster Wallace Infinite Jest, che a sua volta richiama la famosa scena del cimitero in cui Amleto guarda il teschio di Yorick, «a fellow of infinite jest, of most excellent fancy», un tipo d’un’arguzia inesauribile e d’una rara vivacità di fantasia. Adams sembrerebbe giocare col significato di jest, scherzo, prendendo spunto da una mez-za dozzina di citazioni tratte da scherzi dell’ultimo Beethoven, a cominciare dal tambureggiante ritmo puntato dei timpani

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della Nona Sinfonia. L’autore, però, afferma che il termine va in-teso nel suo etimo latino, come gesta, imprese, prodezze, e dal suo punto di vista ha perfettamente ragione, perché Adams ha cercato di calarsi, come mai in precedenza, nei processi com-positivi di un maestro della pura invenzione come Beethoven, spingendosi a fondo nei meandri del contrappunto, dello svi-luppo tematico, del disegno formale. Ma il padre spirituale di Absolute Jest, in realtà, è Stravinskij, come per la maggior parte dei compositori americani del Novecento. Adams è rimasto colpito da un’esecuzione di Tilson Thomas della Suite di Pulcinella, che ricompone nello stile di Stravinskij la musica del Settecento napoletano. Adams fa lo stesso con Beethoven, ma a differenza di Stravinskij, che manipola un tipo di musica a lui del tutto estranea, parte da lavori estremamen-te familiari come gli ultimi Quartetti e la Große Fuge op. 133, che gli erano rimasti impressi in mente fin da ragazzo. Questo spiega anche la scelta di un organico che non ha una grande letteratura come il quartetto d’archi e l’orchestra, una combina-zione difficile da maneggiare. Alcuni problemi specifici sono aggirati con una leggera amplificazione del quartetto, ma tut-tavia resta la sfida di integrare l’agile e flessibile precisione del quartetto d’archi con la sonorità spessa e la pesantezza ritmi-ca dell’orchestra. Il quartetto solista solca il denso tessuto or-chestrale immergendosi nelle sue ondate, per poi svettare nel momento in cui si ritirano, come nel surf californiano. In effetti Adams, benché nato in Massachusetts, ha assorbi-to il carattere avventuroso della costa occidentale, lo spirito dell’American Frontier, che in musica ha significato una peren-ne rinascita e una fluidità dei linguaggi, una lunga stagione di maestri aperti a mondi sonori alternativi come Harry Partch e Lou Harrison. Il mondo beethoveniano di Absolute Jest è attra-versato, infatti, da sonorità estranee, generate da un piccolo concertino di strumenti che devono essere intonati in maniera imprecisa come il pianoforte e l’arpa, contrastando con il loro suono alieno quello nettamente definito in maniera ‘occiden-tale’ dell’orchestra. Per questo è particolarmente intrigante il finale del pezzo, affidato a un enigmatico sfaldarsi del protei-forme mondo di Beethoven nell’evanescente sonorità del con-certino di strumenti ‘stonati’.

Oreste Bossini

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Marco AngiusDirettore principale dell’Ensemble Bernasconi dell’Accademia del Teatro alla Scala, dal 2015 Marco Angius ricopre anche il doppio incarico come Direttore musicale e Direttore artistico dell’Orchestra di Padova e del Veneto con cui ha eseguito l’in-tegrale delle Sinfonie di Beethoven e di Schubert.Nel corso della sua carriera ha diretto orchestre italiane e stra-niere quali l’Ensemble Intercontemporain, la London Sinfo-nietta, la Tokyo Philharmonic, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, l’Orchestra del Teatro La Fenice, l’Orchestra del Mag-gio Musicale Fiorentino, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, l’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, l’Orchestra Sinfonica Siciliana e l’Or-chestra del Teatro Massimo di Palermo, l’Orchestra Haydn di Bol-zano e Trento, l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano, l’Orchestra della Svizzera Italiana, l’Orchestre de Chambre de Lausanne, l’Orchestre Symphonique et Lyrique de Nancy, l’Or-chestre National de Lorraine, l’Orchestra della Toscana, I Po-meriggi Musicali, l’Orchestra Filarmonica del Lussemburgo e le Orchestre del Muziekgebouw e del Bimhuis di Amsterdam. Manco Angius è stato recentemente invitato al Festival “Geor-ge Enescu” di Bucarest per dirigere una partitura per violino e orchestra di Max Richter. Nel 2018 ha inaugurato la stagione lirica del Teatro del Mag-gio Musicale Fiorentino e nel 2016 quella del Teatro La Fe-nice con  Aquagranda  di Filippo Perocco (Premio Abbiati 2017); nello stesso anno ha aperto la Biennale Musica di Ve-nezia con  Inori  di Stockhausen. Al Teatro Regio di Torino ha diretto Káťa Kabanová di Janáček con la regia di Robert Car-sen, mentre al Teatro Regio di Parma ha realizzato una nuova produzione del Prometeo di Luigi Nono; al Teatro Comunale di Bologna ha diretto Medeamaterial di Dusapin (Premio Abbia-ti 2018), Il suono giallo di Alessandro Solbiati (Premio Abbiati 2016),  Jakob Lenz  di Wolfgang Rihm, Don Perlimplin  di Bruno Maderna e Luci mie traditrici di Salvatore Sciarrino con la regia di Jurgen Flimm.

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Marco Angius

È salito sul podio del Teatro Lirico di Cagliari per dirigere il dittico Sancta Susanna di Hindemith e Cavalleria Rusticana di Mascagni. Altre importanti produzioni sono state  Aspern  di Sciarrino al Teatro La Fenice, La volpe astuta di Janáček all’Ac-cademia Nazionale di Santa Cecilia (dove è stato assistente di Sir Antonio Pappano per il Guillaume Tell di Rossini), L’Italia del destino di Luca Mosca e La metamorfosi di Silvia Colasanti al Maggio Musicale Fiorentino. Tra le registrazioni sono da citare: Die Kunst der Fuge di Bach, Abyss di Donatoni, Manhattan bridge di Traversa (Neos), Noise di Adamek (Wergo), Altri volti e nuovi di Sciarrino (Decca), Riso-nanze erranti e Prometeo di Nono, Pierrot lunaire di Schönberg, Die Schachtel di Evangelisti e L’imbalsamatore di Battistelli. Molteplici le sue incisioni di Salvatore Sciarrino per Stradivarius: Luci mie traditrici, Le stagioni artificiali, Studi per l’intonazione del mare e Cantare con silenzio. Nel 2007 ha ottenuto il Premio Amadeus per Mixtim di Ivan Fedele, compositore di cui ha inci-so tutta l’opera per violino e orchestra. Oltre a numerosi scritti e saggi, Marco Angius ha pubblicato due libri Come avvicinare il silenzio (Rai Eri, 2007) e Del suono estremo (Aracne, 2014).Gli è stato recentemente conferito il titolo di Commendato-re dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Foto di Silvia Lelli

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Quartetto Henao“L’aspetto che più colpisce nel Quartetto Henao non è la qualità delle esecuzioni, pur elevatissima e molto studiata nei dettagli. Piuttosto, è la finezza psicologica con la quale i quattro archi si avvicinano al testo musicale; nel pieno rispetto delle intenzioni del compositore, fanno risaltare immediatamente e senza leziosi-tà gli stati d’animo che ogni brano trasmette all’ascoltatore. Forse non c’è qualità più preziosa di questa, quando si fa musica da ca-mera. William, Soyeon, Giacomo e Stefano trovano e restituisco-no così la modernità di Schubert o Mozart o qualunque altro au-tore scelgano di volta in volta. Potrebbe sembrare un’ambizione eccessiva, quasi impossibile per quattro musicisti che vengono da tre continenti diversi e portano con sé culture ed esperienze così variegate. Nel caso del Quartetto Henao, è invece il risultato, riuscito, di un costante lavoro alla ricerca di una voce unica e ori-ginale.” (Federico Fubini - Corriere della Sera).Composto da William Chiquito (Colombia) e Soyeon Kim (Co-rea del sud/Italia) al violino, Stefano Trevisan (Italia) alla viola e Giacomo Menna (Italia) al violoncello, il Quartetto Henao nasce a Roma nel 2014 in seno all’Accademia Nazionale di Santa Ceci-lia. Dalla sua fondazione si perfeziona con Günter Pichler (Alban Berg Quartet) presso l’Accademia Chigiana di Siena e dal 2018 presso la Escuela Superior Reina Sofía di Madrid.Il Quartetto Henao si è esibito in alcuni tra i più interessanti festi-val ed è spesso invitato a prendere parte alle migliori stagioni ca-meristiche italiane come l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, l’Accademia Chigiana di Siena, l’Accademia Filarmonica Romana e alla Cappella Paolina del Palazzo del Quirinale, imponendosi come uno dei migliori quartetti della sua generazione.Nel 2019 il Quartetto Henao ha intrapreso una prestigiosa tournèe in Asia, esibendosi nelle più grandi sale da concerto della Cina. Molto apprezzato dal pubblico e dalla critica, sarà nuovamente impegnato in terra asiatica nel dicembre 2020. Il vasto repertorio del Quartetto spazia dal classico e romantico al contemporaneo, con particolare attenzione verso il raro reperto-rio quartettistico del XX e XXI secolo.Il Quartetto Henao è membro della Pro Quartet Paris dal 2016 e delle Dimore del Quartetto, che nel 2019 lo ha insignito del premio Miglior Quartetto dell’Anno, grazie al quale parteciperà ad una tournèe italiana organizzata da Gioventù Musicale.

Foto di Patch Lab

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Quartetto HenaoViolini primi*Alessandro Milani (di spalla)°Marco LambertiAntonio BassiConstantin BeschieruLorenzo BrufattoIrene CardoAldo CicchiniPatricia GreerValerio IaccioMartina MazzonFulvia PetruzzelliElisa Schack

Violini secondi*Paolo GioloEnrichetta MartellonoValentina BussoPietro BernardinRoberta CaternuoloRoberto D’AuriaAlessandro Di GiacomoRodolfo GirelliPaolo LambardiArianna LuzzaniIsabella TarchettiCarola ZosiLyn Vladimir Mari

Viole*Ula UlijonaMatilde ScarponiMargherita SarchiniNicola CalzolariFederico Maria FabbrisRiccardo FregugliaAlberto GioloAgostino MattioniClara Trullén-Sáez Greta Xoxi

Violoncelli*Pierpaolo TosoErmanno FrancoStefano BlancEduardo dell’OglioPietro Di SommaAmedeo FenoglioCarlo PezzatiFabio Storino

Partecipano al concertoContrabbassi*Francesco PlatoniAntonello LabancaAlessandra AvicoAlessandro BelliFriedmar DellerPamela MassaCecilia PerfettiVincenzo Antonio Venneri

Flauti*Marco Jorino*Dante MilozziLuigi ArciuliPaolo Fratini

Ottavini*Dante MilozziLuigi ArciuliPaolo Fratini

Oboi*Nicola PatrussiSandro MastrangeliTeresa Vicentini

Corno ingleseTeresa Vicentini

Clarinetti*Luca MilaniGraziano ManciniSalvatore PassalacquaSimone Cremona

Clarinetto piccolo Simone Cremona

Clarinetto bassoSalvatore Passalacqua

Fagotti*Andrea CorsiCristian CrevenaBruno Giudice

ControfagottoBruno Giudice

Corni*Giovanni Emanuele UrsoGabriele Amarù Emilio MencoboniMarco Tosello

Trombe*Roberto Rossi(anche Tr. piccola)Alessandro CaruanaErcole CerettaDaniele Greco D’Alceo

Tromboni*Diego Di MarioDevid CesteAntonello Mazzucco

Trombone bassoGianfranco Marchesi

Timpani*Biagio Zoli

PercussioniCarmelo Giuliano GullottoAlberto OcchienaEmiliano RossiMatteo Flori

Arpe*Margherita BassaniAntonella De Franco

Pianoforti*Francesco Bergamasco*Vittorio Rabagliati

Celesta*Roberto Arosio

*prime parti°concertini

Alessandro Milani suona un violino Francesco Gobetti del 1711 messo a disposizione dalla Fondazione Pro Canaledi Milano.

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CONVENZIONE OSN RAI – VITTORIO PARKTutti gli abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Sta-gione Sinfonica OSN Rai 2019-2020 che utilizzeranno il VITTORIO PARK di PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, ritirando il tagliando di sconto presso la biglietteria dell’Auditorium Rai “A. Toscanini”, avranno diritto alla riduzione del 25% sulla tariffa oraria ordinaria.

Per informazioni rivolgersi al personale di sala o in biglietteria

Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla sezione “riduzioni”.

www.sistemamusica.it è il nuovo portale della mu-sica classica a Torino nel quale troverete notizie, appuntamenti e approfondimenti su concerti, spet-tacoli ed eventi realizzati in città. Dal sito è inoltre possibile acquistare on line i biglietti delle principali stagioni torinesi.

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“Racconta” il concerto il percussionista

Simone Rubino insieme ai

protagonisti.

I concerti del ciclo Classica per Tutti sono realizzati in

collaborazione con Fondazione Teatro

Ragazzi e Giovani Onlus.

SABATO 2 MARZO 2019 ore 16.00 William Eddins direttoreSimone Rubino percussioni

Minoru MikiMarimba spiritual per marimba e percussioni

Carmelo Giuliano Gullotto, Alberto Occhiena, Emiliano Rossi percussioni

Durata: 14’ ca.

Roberto BoccaDialogo per percussioni e orchestra Durata: 6’ ca.

Astor PiazzollaLibertango per marimba e orchestra(arr. Ingo Laufs)

Durata: 5’ ca.

Helmut Lachenmann Marche fatale

Durata: 6’ ca.

Paul HartCartoon

Durata: 9’ ca.

Jacques OffenbachOrhpée aux enfers, Ouverture e Can can

Durata: 10’ ca.

CLASSICA PER TUTTI N. 5CASA BEETHOVEN

SABATO 22 FEBBRAIO 2020,16.00

GIORDANO FERRANTI direttore

Ludwig van BeethovenSinfonia n. 7 in la maggiore op. 92

Estratti

Ludwig van BeethovenSinfonia n. 9 in re minore op. 125, Corale

Estratti

I concerti del ciclo Classica per Tutti sono realizzati in collaborazione con Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus.

Classica per tutti:Poltrona numerata: 10€Poltrona numerata Under35: 5€

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VENERDÌ 21 FEBBRAIO 2020, 20.30CONCERTO FUORI ABBONAMENTO

JOHN AXELROD direttoreGIOVANNI SOLLIMA violoncelloENRICO MARIA BARONI clarinetto

Leonard Bernstein Prelude, fugue and riffs per clarinetto e jazz ensemble

Friedrich Gulda Concerto per violoncello, fiati e batteria

Jacques Offenbach Etude n. 11 da 12 Etudes op. 78 per violoncello solo

George Gershwin Cuban Overture

Duke Ellington Harlem (orchestrazione di Luther Henderson)

CONCERTO DI CARNEVALE: Poltrona numerata: 15€ (in ogni settore)Poltrona numerata Abbonati e Under35: 10€ (in ogni settore)

BIGLIETTERIA: Via Rossini, 15011.8104653 - [email protected] - www.osn.rai.it

Concerto di Carnevale