Qui Pantianicco - Arcidiocesi di Udine · 2018. 5. 24. · 4 Editoriale Gli orologi della...

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Qui Pantianicco

2014

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Battesimi, Comunioni e Matrimoni

12/10/14

Prima Co-

munione di

Davide

Romano e

di 14 ra-

gazzi della

zona pa-

storale

7/9/14 Battesimo di Feruglio Noa Sara di

Giuliano e di Narduzzi Isabella

6/9/14 Matrimonio

di D'Incà Stefano e

Cisilino Giorgia

30/8/14 matrimonio

di Di Biaggio Simo-

ne con Cominato

Genny e il battesimo

di Giulia. Mereto di Tomba, 27/4/14 battesimo di Simone Top-

pano, di Federico e Michela Pecile

2/3/14 Battesimo di Leonida Agosta Del

Forte, di Federico e Cominato Stefania

14/6/14 Matrimonio

di Cisilino Dario e

Ferrara Gessica

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n. 35 dicembre 2014

Numero unico

della parrocchia di

PANTIANICCO

Piazza Cortina, 5

33036 Mereto di Tomba

tel. 0432.860064

e-mail: [email protected]

sito: www.issuu.com/quipantianicco

Bollettino Qui Pantianicco

Aut. Trib. Ud n. 13 del 25.10.48

Sped. in abb. post. gr. IV/50%

Redazione

Cisilino Edda

Cisilino Eros

Cragno Offelia

Della Picca Ines

Manazzoni Vilmo

Mattiussi Walter Mario

Toneguzzo Melissa

Hanno collaborato

Boz Giovanni

Buttazzoni Ennio

Cisilino Catia

D’Odorico Luigino

Gallai Romano

Manazzone Goffredo

Manazzoni Luigino

Mattiussi Nelida

Mattiussi Viviana

I l s a l ut o d i d on G i o va nn i “Rimanete nel mio Amore” ( Gv. 15, 9 )

Carissimi;

S. Giovanni Crisostomo, vescovo e dottore della Chiesa (349-14 settembre 407) in una omelia diceva che “se il Si-gnore è presente dove sono due o tre riuniti nel suo nome (Mt. 18, 20), non sarà presente là dove si trova un popolo unito dai vincoli della Carità?

Cristo è con te...di chi avrai paura? Fai quello che vuole lui e non cosa vuole il tale o il tal altro. Siamo un solo corpo e non si separa il capo dal corpo. Anche se siamo distanti, siamo uniti dalla carità e neanche la morte ci può separare. Cos'è più bello, più importante, più gioioso della vostra carità?”

Dio è pieno di carità e desidera un rapporto di prossimità, nell'attenzione alla tua persona, comunicandoti amore. L' esperienza di sentirti amato/a e di ama-re è fondamentale: ognuno di noi è fatto per l'incontro e la relazione e senza amore non riusciremmo a vivere.

L'amore è gratuità che genera una nuova identità nella reciprocità. Ma pur-troppo è anche lo spazio della vulnerabilità: le perdite affettive, i distacchi, i fallimenti matrimoniali, i tradimenti nell'amicizia, portano sempre tanto dolo-re.

Non sei tu che trasmetti la fede, la speranza, la carità: sono regali, virtù del Signore. A te spetta solo di accoglierle, testimoniarle e trasmetterle. I cristiani continuano ad amare, e di più, coloro che deludono, si allontanano, sono in-differenti, pagani, che vivono come se Dio non esistesse e, alla fine manca il senso, la gioia della vita buona, riuscita.

Spesso si ripudia Cristo, si cala nella fede e si spegne la carità. Un salmo ci dice che “se il Signore non costruisce, invano faticano gli operai”.

Quando l' IO sostituisce DIO si prepara l'autodistruzione. Il fondamentalismo non è un fenomeno di alcuni musulmani, può essere anche dei cristiani (per niente cristiani) che mettono Dio da parte, e si vive nel paganesimo, adorando qualche idolo; si vive sul materialismo. Le feste religiose sono state messe a tacere. Si vive come se Dio non esistesse e si creano problemi, scandali, soffe-renze, fallimenti poiché non c'è un senso della vita che vada al di là dell'utili-tarismo, dell'immagine e dell'edonismo.

Dopo la morte, un uomo si presenta davanti al Signore e con piena soddisfa-zione gli mostra le mani: “Signore, guarda come sono pulite le mie mani!” il Signore gli sorrise e con tristezza gli dice: “E' vero, ma sono anche vuote!”

Credere nel Signore vuol dire, mettere Dio al primo posto e fare il bene come Lui, là dove viviamo. Non si compra la salvezza con bustarelle o qualche chi-lo di mele.

L'arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato nella lettera pastorale 2014-2015 ci invita ad andare tutti a Gesù, all'Eucarestia, dalla quale sgorga l'acqua viva della vera gioia. Dall'amore viene la gioia vera e vissuta.

Continuamente dobbiamo ritornare all'amore di Dio e della Madonna, madre di Dio e madre nostra. Come è la tua risposta all'amore di Cristo? La tua esi-stenza cosa dice a Gesù? Apriamo gli occhi, le orecchie, la mente, il cuore alla Parola di Dio, Parola di vita.

Ogni giorno è favorevole per avvicinarci a Gesù e ogni domenica è festa se c'è l'Eucarestia. La vera festa che porta gioia e felicità è con Gesù, senza di Lui diventiamo idolatri.

Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Pentecoste sono “tempi forti”: trampoli-ni di lancio verso il cielo, vivendo, studiando, lavorando, soffrendo, gioiendo, con il Signore.

Tanti santi auguri ai lontani e ai vicini. Il Signore possa “dire bene” di ognuno di noi.

Il disegno di copertina è stato

realizzato appositamente per

“Qui Pantianicco” da Graciela

Della Picca, artista argentina,

figlia di pantianicchesi che ha

portato avanti innumerevoli

esposizioni sia in Argentina che

all’estero.

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Editoriale

Gli orologi della tradizione Il monaco argentino Mamerto Menapace racconta che ai tempi dei bisnonni, quando ogni paese aveva le sue botteghe di artigiani e ogni famiglia portava avanti un mestiere che si tramandava da padre in figlio, in un re-moto villaggio di montagna qualcosa venne a turbare la tranquilla vita degli abitanti.

Il vecchio orologiaio partiva verso la città e non sarebbe più tornato. Le persone si sentirono orfane ed insicu-re ed iniziarono a guardare costantemente gli orologi da tasca. Però, con il passare del tempo, questo atteggia-mento cominciò a svanire; l'orologiaio era andato via e nulla era cambiato. Dopo tutto, l'orologiaio non era una persona indispensabile, tutto proseguiva come prima e non c'era motivo di preoccuparsi.

Però, un giorno improvvisamente, a qualcuno cadde l'orologio che smise di funzionare e il proprietario decise di abbandonarlo dentro un comodino e fu presto dimenticato assieme ad altre cose inutili. Pian piano lo stesso successe al resto della popolazione. In pochi anni tutti gli orologi, per un motivo o l'altro non funzionarono più.

Però un giovane agì in modo diverso, anche il suo orologio si ruppe, ma il suo affetto verso l'oggetto che ave-va ricevuto dai suoi antenati prese il sopravvento e ogni sera prima di dormire lo ricaricava per mantenerlo funzionante, sebbene non segnasse l'ora esatta.

Un giorno tornò l'orologiaio e ci fu un grande chiasso nel paese. Tutti iniziarono a cercare tra le cose dimenti-cate i propri orologi però fu inutile; i vecchi ingranaggi erano bloccati dalla ruggine e dall'olio indurito. Solo uno degli orologi fu riparato con relativa facilità, quello che era rimasto in funzione.

Gli orologi della storia sono come le nostre tradizioni, ci definiscono come popolo, sono l'essenza della nostra comunità e rappresentano un patrimonio unico e insostituibile. Se non li ricarichiamo finiranno nel dimentica-toio e noi senza memoria per costruire il futuro; senza appartenenze diventiamo naufraghi in cerca di un porto sicuro.

Questo bollettino non è un “pezzo di carta”; la festa di Sant'Antonio, la benedizione dei mezzi agricoli, la commemorazione dei pantianicchesi all'estero non sono semplici "festicciole" prive di significato e che rap-presentano uno spreco, come sostiene qualcuno, ma sono alla base della memoria collettiva: ci offrono un va-lore, una convinzione di base per contribuire a costruire l'autostima, la sicurezza e la continuità della nostra cultura friulana.

Un popolo che tramanda la cultura è un popolo saggio, dal momento che è possibile sanare gli errori del pas-sato e anche confrontarsi con altre culture al fine di ottenere il meglio da loro.

Solo noi possiamo compiere azioni come quella del giovane e mantenere in moto il nostro "orologio delle tra-dizioni" o quello dell'orologiaio, sapendo che sarà difficile recuperare quello che ormai è andato dimenticato da tempo.

Un piccolo gesto è conservare "Qui Pantianicco", memoria storica del paese, e continuare a trasmettere di ge-nerazione in generazione la nostra cultura ed i nostri valori. Il futuro dipende da noi stessi oggi.

Buon Natale e prospero 2015 a tutti!

La Redazione

Il bollettino accompagna la vita del

paese e nasce dalla collaborazione di

molti pantianicchesi, siano loro qui o

all'estero, che inviano articoli e foto

alla redazione. Da 36 anni viene spedi-

to gratuitamente a tanti compaesani

che si trovano lontano da noi.

Non dobbiamo dimenticare che se le pubblicazioni di

“Qui Pantianicco” continuano, grande merito è di

tutte quelle persone che durante la distribuzione porta

a porta del bollettino e durante tutto l'anno ci danno il

sostegno economico; non interessa di quale consisten-

za. Vi chiediamo di sostenerla ancora e, per una que-

stione organizzativa, di recapitare le vostre offerte

direttamente e solo alle persone che compongono

la Redazione e che abitano a Pantianicco o a chi vi

consegna il bollettino nel "porta a porta".

Vogliamo in modo particolare, senza offesa a nessu-

no, ringraziare ai nostri compaesani all’estero ed ai

loro discendenti che non mancano, alcuni con grande

sacrificio, di farci avere il loro contributo.

Inoltre, vi chiediamo di farci arrivare i vostri artico-

li, commenti e foto entro la fine di settembre 2015

a [email protected], così potremmo impa-

ginare tutto il materiale. Grazie a tutti!

Avviso della redazione

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Notizie della Parrocchia

I recenti lavori nella chiesa L'anno scorso, si è provveduto alla tinteggiatura della facciata della chiesa e

della fiancata della cappella della Madonna. Erano lavori estremamente neces-

sari.

Pare che il risultato ottenuto sia molto soddisfacente , specialmente al rosone

che è stato pulito e trattato con prodotti speciali per far sì che quando piove non scendano scie di ruggine lungo la facciata.

In corso dei lavori, si è pensato anche di rinfrescare i due quadranti dell'orolo-

gio del campanile; il quadrante posizionato ad est era il più bisognoso.

Già alcune persone lo avevano fatto notare. Anche per questo intervento ci sembra di aver fatto una buona co-

sa.

Attualmente il Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici ha in previsione di in tervervenire sul pavi-

mento che si sta lentamente deteriorando. Il lavoro consisterebbe in una rasatura con successiva stuccatura e levigatura.

Se la chiesa attualmente ha 103 anni, i tre finestroni che si trovano dietro l'altare maggiore ne hanno pochi di

meno e, magari il prossimo anno, c'è l'intenzione di provvedere alla loro sistemazione, visto che ormai hanno i

colori sbiaditi e quando piove presentano infiltrazioni di acqua.

Altro intervento necessario è la riparazione della

porta laterale della cappella, che dà verso il campa-

nile, e quella del campanile stesso, perché quando

piove entra l'acqua.

Auspichiamo che queste opere abbiano realizzazio-

ne, per consentire la salvaguardia della chiesa.

Benarrivato diacono!

Dal mese di marzo, abbiamo come aiuto al parroco una nuova figura, mandata dal vescovo: il diacono , nella persona di don Corrado Colutta.

Il Diaconato è il primo grado del Sacramento dell'Ordine, ed è finalizzato all'aiuto e al servizio dei due gradi di partecipazio-ne ministeriale al sacerdozio di Cristo: l'Episcopato e il presbi-terato. Chi lo riceve è detto diacono.

Il diacono era presente già al tempo degli apostoli, però verso il quinto secolo andò in decadenza per vari motivi. Il Concilio di Trento (1563) decretò che fosse ripristinato, ma rimase let-tera morta.

Il Concilio Vaticano II° ha rivalutato l'importanza del ministe-ro diaconale per la vita della Chiesa come ruolo specifico in se medesimo, così accanto al diaconato transeunte, che riguarda la tappa obbligatoria per arrivare al sacerdozio, si è riscoperto il valore del diaconato permanente che consacra il battezzato a vita nel ruolo di servizio ministeriale e può essere conferito anche a coloro che hanno già contratto matrimo-nio.

Al diacono vengono imposte le mani “non per il sacerdozio ma per il servizio”. E' membro effettivo del Cle-ro, fa parte della gerarchia ecclesiastica della diocesi in cui è incardinato, può ricoprire ruoli di guida o dire-zione di una comunità.

E' ufficio del diacono amministrare solennemente il Battesimo, conservare e distribuire l'Eucarestia, assistere il Vescovo e i presbiteri nella celebrazione dei divini misteri, assistere e benedire il Matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, pre-siedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito funebre e alla sepol-tura e dedicarsi ai vari servizi della carità.

Ai diaconi, il Concilio Vaticano II°, ricorda il monito del vescovo e martire San Policarpo: “essere misericor-diosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il Quale si è fatto servo di tutti".

Don Giovanni Boz e don Corrado Colutta

Si porta a conoscenza che nel corri-

doio che va dalla Cappella della Ma-

donna alla sacrestia, nei casi di ne-

cessità, c'è la possibilità di usufruire

di un servizio igienico.

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Notizie della Parrocchia

Dal 3 settembre 2012, dopo la partenza dei frati Mi-

nori di via Ronchi a Udine che gestivano la mensa

per le persone in difficoltà, la diocesi, tramite la Cari-

tas, si è fatta carico per proseguire in questa generosa

attività con un servizio totalmente gratuito.

Il merito è di tutte quelle persone che prestano il loro

servizio organizzato e disinteressato, donando generi

alimentari, verdure, frutta, materiale da cucina e

quant'altro.

La precedente gestione era denomina “Mensa dei Fra-

ti”, ora hanno pensato di chiamarla “La Gracie di

Diu”, perché richiama la bontà del cibo e il primo

grande donatore che è Dio Padre.

A portare avanti questa preziosa opera di solidarietà

ci sono persone note e anonime ed anche il sostegno

pubblico che contribuiscono economicamente al man-

tenimento del servizio, consapevoli che l'accoglienza

e il servizio della mensa hanno costi elevati. Allo sco-

po di mantenere la qualità e la continuità della mensa

e integrare le entrate del bilancio, hanno deciso di

devolvere il ricavato della raccolta di abiti usati del

mese di maggio a sostegno di “La Gracie di Diu”.

Alcuni dati sui numeri della mensa

Vi operano 70-80 volontari e le spese includono tre

cuoche e due operatori, telefono, gas, energia elettrica

e acqua.

Le entrate provengono dalla raccolta abiti usati, dal

comune di Udine e da donazioni in parti uguali.

I pasti giornalieri alimentano 150-250 persone.

La raccolta di abiti usati

Con la 18a raccolta, fatta sabato 3 maggio 2014 sono

stati raccolti in tutta la diocesi 223.140 Kg di vestia-

rio, scarpe e borse usate. La loro vendita ha dato un

ricavo netto di 62.479 euro.

Il materiale viene trasportato con autocarri nella zona

di Prato, sede della ditta Tesmapri, che da anni acqui-

sta gli abiti usati delle raccolte di primavera e quelle

portate nei cassonetti gialli.

Il materiale viene sottoposto a selezione per dividerlo

nelle varie categorie di prodotto: 5% lana e fibre mi-

ste; 15% sfilacciatura per panelli fonoassorbenti; 5%

stracci per pulizia macchine utensili.

I vestiti che vengono selezionati per il riutilizzo sono

3% capi d'epoca; 5% - 10% abbigliamento di prima

categoria; 15% abbigliamento di 2a categoria; 25%

abbigliamento di 3a categoria (variamente difettato);

10% scarpe, borse e pelle; 5% tessile per la casa.

Il 7% viene conferito in discarica come materiale inu-

tilizzabile.

Destinazione del ricavato della raccolta indumenti

MENSA DIOCESANA “La Gracie di Diu”

Raccolta per la Caritas di qualche anno fa

LA FAMIGLIA, MOTORE DEL MONDO

“La famiglia è il luogo dove si impara ad amare, il centro na-

turale della vita umana. E' fatto di volti, di persone che amano,

dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, sopra-

tutto quella più fragile, più debole.

Si potrebbe dire, senza esagerare, che la famiglia è il motore del

mondo e della storia. Ciascuno di noi costruisce la propria perso-

nalità in famiglia, crescendo con la mamma e il papà, i fratelli e le

sorelle, respirando il calore della casa.

La famiglia è il luogo dove riceviamo il nome, è il luogo degli affet-

ti, lo spazio dell'intimità, dove si apprende l'arte del dialogo e della

comunicazione interpersonale. Nella famiglia la persona prende

coscienza della propria dignità e, specialmente se l'educazione è

cristiana, riconosce la dignità di ogni singola persona, in modo

particolare di quella ammalata, debole , emarginata.

Tutto questo è la comunità-famiglia, che chiede di essere ricono-

sciuta come tale, tanto più oggi, quando prevale la tutela dei diritti

individuali. E dobbiamo difendere il diritto di questa comunità: la

famiglia.” Papa Francesco

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RITIRO PRIME COMUNIONI

Anche quest’anno, a Settembre, la canonica di Mereto si è vivacemente animata all’arrivo di 15 giovani co-

municandi provenienti dalla zona pastorale e invitati a mettersi in gioco, in tre giorni di ritiro, in preparazio-

ne alla Prima Comunione.

Tre giorni impegnativi tra studio delle preghiere, letture, prove della cerimonia, esami di coscienza e varie

attività sotto la guida di Don Giovanni Boz e degli animatori del campeggio Alex, Elena, Leonardo, Lucia e

Martina.

Tre giorni in cui però non sono mancati i momenti di svago nel

grande giardino della canonica quando il tempo lo ha permes-

so, oppure sotto la tettoia appositamente creata per il campeg-

gio, grazie alla partecipazione degli aiutanti Annalisa, Federi-

ca, Irene, Mattia e Mauro, dei cuochi Roberto ed Enrico e de-

gli scherzosi Fabrizio, Lauro e Paolo.

Tre giorni pieni di emozioni, dall’ascolto attento della vita di

Concetta, alla visita alla sua cameretta, particolarmente sentita

dai ragazzi, ai giochi serali in cui ci siamo divertiti insieme.

Tre giorni in cui speriamo di aver saputo trasmettere insieme a

Gesù la voglia e la gioia di affrontare il cammino intrapreso.

Nuova legge sul matrimonio: riflessioni Da alcuni anni, per servizio, ho l'impegno di essere presente ai matrimoni che si celebrano nella nostra bella parrocchia. In questo ultimo periodo, quando al termine della cerimonia religiosa il sacerdote legge i testi delle leggi sul matrimonio, ho notato che è stato introdotto un nuovo articolo, il 315 bis: “il figlio ha diritto di esse-re mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue

inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di man-tenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le que-stioni e le procedure che lo riguardano.

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.”

Ascoltando più volte la lettura mi è venuto in mente una considerazione sui figli che, mi ha riguardato anni fa. Parlando con alcune signore mi sono sentito apostrofare con questa frase : “ Cosa vuoi sapere tu che non hai figli!". Avevano ragione, perché non ne ho... ma solo per quello.

In quel momento, non avendo parole, non ho risposto, nel tempo però più volte, pensando a questa frase, mi sono detto che anche senza figli nessuno mi può impedire di osservare i vari compor- tamenti altrui, ed essendo neutrale le mie analisi possono almeno essere ascoltate; non sono parte coinvolta e posso avere un'altra visione dei fatti.

Altra considerazione, sempre riguardo alla stessa frase, ammetto che educare dei figli è un compito molto difficile, ma so anche che ogni azione o atto che ci accingiamo a fare nel corso della nostra vita dovrebbero renderci consapevoli di quali conseguenze potranno provocare e quindi siamo obbli-gati a dare il meglio possibile di noi stessi.

Un esempio: durante la mia vita lavorativa, più volte ho avuto ottimi consigli da persone che non erano competenti del me-stiere; mi vedevano in difficoltà a proseguire quella data la-vorazione e si sono permessi di darmi uno spunto utile e li ho sempre ringraziati. Benvenuti!

Vilmo

Notizie della Parrocchia

Gli Animatori

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Notizie della Parrocchia

NOVEMBRE 2013

Domenica 24: ultima giornata dell'anno

liturgico, festa di Cristo Re e giornata del

ringraziamento per quanto il Signore ci ha

dato nel corso dell'anno. Alla S. Messa,

durante l'offertorio sono stati portati i pro-

dotti della terra, il pane e il vino. Al termi-

ne sono stati benedetti i mezzi che ci aiuta-

no nel lavoro. Il ringraziamento si è con-

cluso in canonica con una bicchierata. Un

grazie a quanti hanno favorito questa bella

iniziativa.

Il tempo: il mese inizia con tempo soleg-

giato, molto piovoso, pioggia 185 mm;

vento di bora. Alto il tasso di umidità. Gli

ultimi 10 giorni, abbassamento delle tem-

perature: – 4 di minima, 10 di massima

DICEMBRE 2013

Sabato 21: a Mereto, festeggiamenti solen-

ni in occasione dei 45 anni della prima

Messa di don Giovanni. Durante la S.

Messa solenne assieme a tutte le comunità,

con l'accompagnamento del coro locale

sono stati letti a Don Giovanni i vari augu-

ri dell'Arcivescovo, della comunità e del

vicario Foraneo e gli sono stati consegnati,

in ricordo della ricorrenza, una icona raffi-

gurante S. Michele patrono del nostro

comune e delle buste raccolte anonima-

mente con le offerte libere delle comunità

e da semplici fedeli. La ricorrenza si è con-

clusa nella sala parrocchiale con un brindi-

si in suo onore e la torta. A condividere

con don Giovanni questo traguardo della

sua vita sacerdotale, oltre ai fedeli delle

cinque comunità, c' erano le sorelle, i co-

gnati, una rappresentanza di Risano, il

foraneo don Dino e don Albino. Ad multos

annos!

Santo Natale: Alla fine della S. Messa del

giorno, è stato annunciato ai fedeli quanto

è stato realizzato con il mercatino di Nata-

le. In questa edizione, nonostante la crisi in

corso, l'incasso è stato molto generoso e

questo è un merito che va dato a tante per-

sone, quelle che preparano e quelle che

vengono a comperare con spirito di carità.

Il ricavato, che servirà alle missioni co-

lombiane, è stato di 2300 euro. Permetterà

di sostenere le adozioni a distanza di Josè

David Garcia Moreno, Brayan Valleno

Trujillo e Heiner Montenegro e due borse

di studio per frequentare la Scuola Agra-

ria Amazzonica Don Bosco di S. Vicente.

A fine ottobre, don Giovanni è stato ospi-

te, per circa una trentina di giorni, alla

fraternità Sacerdotale di Udine a causa di

un persistente malessere. Dopo questo

periodo, il 4 dicembre, i superiori gli han-

no concesso, anche per suo desiderio, di

ritornare in canonica, esortandolo a riguar-

darsi e lavorare in base alle sue possibilità.

Il tempo: le due prime decine, giornate

tiepide con temperature da – 3 a 10 di mas-

sima. I restanti giorni caratterizzati da neb-

bia, bruma, piogge mm 95 e vento forte.

Alto tasso di umidità.

GENNAIO 2014

Lunedì 6: Epifania del Signore. Durante la

S. Messa sono stati benedetti i bambini,

l'acqua, il sale e la frutta. Giornata Missio-

naria Ragazzi, dedicata alla preghiera per i

ragazzi delle missioni e alla raccolta di

offerte in loro aiuto, la nostra parrocchia

ha contribuito con 200 euro. Alla sera,

come da tradizione, a cura della Pro Loco,

è stato acceso il pan e vin. Purtroppo la

direzione dei fumi non ha dato esiti

“soddisfacenti”.

Domenica 26: a Mereto, le coppie di sposi

della nostra zona pastorale, che quest'anno

ricordano i lustri di matrimonio, hanno

ringraziato e rinnovato il loro impegno

matrimoniale davanti al Signore.

Il tempo: 15 giorni gradevoli, sole e nuvo-

lo. I restanti giorni tantissima pioggia,

mm 450 con nebbia e tanta umidità, 85%.

Due giornate di freddo a -2.

N.B. Questo mese è fuori dalla norma,

sono 72 anni che non si verificava un gen-

naio così caldo e piovoso.

FEBBRAIO 2014

Venerdì 14: solenne celebrazione Eucari-

stica, con parenti e amici, per festeggiare i

100 anni della compaesana Toppano Nori-

na (la ricia), proseguita domenica 16: tutti i

parrocchiani, dopo la Messa, erano invitati

in canonica per un brindisi in suo onore.

Domenica 16; con l'accensione del primo

braccio della croce, esposta in tutte le chie-

se della nostra zona pastorale, accompa-

gnata dalla lettura di alcuni passi della vita

della Venerabile Concetta, è iniziata la

preparazione per ricordare l'anniversario

della morte di Concetta. Gli altri bracci

della croce saranno accesi nelle domeniche

seguenti, con la completa accensione il

giorno della commemorazione che è l'11

marzo.

Il tempo: nove giornate di sole con tempe-

rature gradevoli, i restanti giorni con: tuo-

ni, scrosci improvvisi di pioggia e forti

folate di vento. Umidità, 86%. Pioggia,

mm 395.

MARZO 2014

Domenica 2: durante la S. Messa è stato

presentato ai fedeli il diacono don Corrado

Colutta da San Daniele, inviato dall'Arci-

vescovo per dare un aiuto a don Giovanni,

tutta la comunità sia il più possibile vicino

a questi due ministri di Dio preposti alla

nostra vita religiosa e auguriamo a don

Corrado un ben arrivato e un buon lavoro

tra noi.

I rappresentanti di tutte le comunità della

zona pastorale si sono riuniti in canonica, a

365 giorni in Parrocchia

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Notizie della Parrocchia Notizie della Parrocchia

festeggiare i 70 anni di don Giovanni.

Erano presenti il diacono Corrado e don

Albino che in questo periodo è in aiuto al

parroco. Oltre ai nostri auguri, non sono

mancati quelli di due vescovi e missionari

dalla Colombia e del nostro Arcivescovo.

Auguri don!!!

Domenica 9: a Mereto, Ritiro Spirituale

offerto a tutti i fedeli con la partecipazio-

ne dell'Ordine Francescano Secolare del

Friuli Venezia Giulia. La giornata è ini-

ziata con il canto delle lodi, l'esposizione

del SS. Sacramento e la S. Messa. Al po-

meriggio la giornata si è conclusa con la

recita del S. Rosario meditato e la pre-

ghiera sulla tomba di Concetta.

Lunedì 10; durante il triduo di preparazio-

ne alla festa di Concetta si è svolto il ri-

cordo del suo Transito, che è consistito

nel rievocare la santa morte della Venera-

bile,tenuta dal vice postulatore padre Au-

relio Blasotti.

Martedì 11; preceduta da alcune serate di

incontri sul tema della sofferenza, da mo-

menti di preghiera, dai bracci delle croci

accesi nelle parrocchiali e da un triduo,

sono stati ricordati i 58 anni della santa

morte della Venerabile Concetta Bertoli.

L'Arcivescovo mons. Andrea Bruno Maz-

zocato ha presieduto la solenne S. Messa

delle ore 11 alla quale erano particolar-

mente invitati parrocchiani, ammalati e l'

Unitalsi. Nel pomeriggio si è recitato il S.

Rosario meditato su Concetta.

Durante la S. Messa serale è stato imparti-

to il sacramento dell'Unzione degli infer-

mi, ad anziani ed ammalati che lo deside-

ravano.

A riguardo dell' approvazione di un mira-

colo da attribuire a Concetta, il parroco e i

postulatori continuano a lavorarci, tutti

noi dobbiamo contribuire aiutandoli con

la preghiera.

Domenica 16; dalla chiesa di Mereto, nel

pomeriggio, si è avuta la trasmissione in

diretta del S. Rosario trasmessa da Radio

Maria con l'esposizione del SS. Sacra-

mento, recita delle lodi del vespero e la

benedizione, il tutto imperniato sulla

Venerabile Concetta.

Venerdì 21; 22a Giornata di preghiera e

digiuno in memoria dei missionari martiri

con veglia di Preghiera a Tomba, oltre ai

martiri di tutto il mondo, la nostra zona

pastorale ricorda padre Evaristo Migotti.

Nel 2013, nel mondo, sono stati uccisi 23

missionari, senza contare i cristiani che

vivono ogni giorno il dramma delle perse-

cuzioni che secondo stime contano ogni

anno 105 mila cristiani uccisi.

Il tempo: il mese inizia con tre giorni di

poggia. I giorni 23,24,25, si è avuto un

brusco abbassamento della temperatura –

3 +15. Pioggia caduta mm 55. I restanti

giorni, giornate primaverili, temp. + 15

max 25°.

APRILE 2014

Un gruppetto di persone, della nostra zona

pastorale si è recato in pellegrinaggio a

Medjugorie. Un luogo per trascorrere al-

cuni giorni di meditazione personale e di

relax mentale; momenti che a tutti fareb-

bero bene.

Domenica 6: nel pomeriggio, “per fare

comunità” ci siamo ritrovati in quel di

Mereto per la preparazione dei mazzetti di

olivo. Si ringrazia chi ha provveduto all'

approvvigionamento dei rami.

Martedì 8: quest'anno, il pio esercizio

delle 40 ore di Adorazione del Santissimo

sono state ridotte a tre ore soltanto. Con

queste ore si intende onorare Gesù Cristo

durante le 40 ore che giacque nel Santo

Sepolcro. Nonostante siano state ridotte le

ore non è aumentato il numero dei parteci-

panti.

Mercoledì 16: riunione a Mereto dei Con-

sigli Pastorali parrocchiali della zona pa-

storale. Si è appreso che il diacono don

Corrado ha preso l'impegno di andare a

fare catechismo nelle famiglie dei battez-

zandi. Nella serata abbiamo avuto la triste

notizia della morte in Colombia di padre

Bruno del Piero di Roveredo in Piano,

alcuni di noi ricordano una sua visita con

concelebrazione a Sant’Antonio di qual-

che anno fa.

Giovedì Santo 17: a Tomba, inizio del

solenne Triduo Pasquale con la Messa in

Cena Domini e la lavanda dei piedi che ci

ricorda quanto Amore ha Dio per tutti noi.

La cerimonia si è conclusa con un mo-

mento di adorazione al Sepolcro.

Venerdì Santo 18: alla sera per le strade

della comunità si è svolta la processione

devozionale della Via Crucis. Ad ogni

stazione, preparata da persone volonterose

che ringraziamo, ci si è fermati a leggere

le varie riflessioni, dove si fa memoria

della passione di Cristo.

Sabato Santo 19: solenne veglia Pasquale

con la partecipazione dei fedeli di tutta la

zona pastorale. Si celebra la resurrezione

di Cristo: sul sagrato si inizia con la be-

nedizione del fuoco con il quale si accen-

de il cero pasquale, Luce di Cristo; segue

la liturgia battesimale con il rinnovo delle

promesse fatte il giorno del battesimo dai

nostri padrini. Portiamo a tutti la gioia del

Signore risorto.

Lunedì dell'Angelo, 21: in questa giorna-

ta, per tutta la zona pastorale, è stata cele-

brata una sola S. Messa a Mereto. Le

offerte per le Missioni sono state di €151.

Il tempo: sole, caldo, vento forte con

qualche temporale, pioggia mm 51. Mese

che non ci ha fatto mancare nulla. Tempe-

rature altalenanti, min 3° max 22°.

MAGGIO 2014

Mese dedicato alla Madonna; anche con

pochi partecipanti, si è recitato il S. Rosa-

rio per tutto il mese e la domenica dopo la

Messa.

Sabato 3: si è svolta la 18° raccolta dioce-sana di indumenti usati, scarpe e borse. In questa edizione la raccolta, nonostante la crisi in corso è stata proficua. Il ricavato sarà utilizzato per sostenere la mensa dio-cesana, già mensa dei frati di via Ronchi a Udine. Un ringraziamento a tutti i volon-tari che hanno lavorato per la buona riu-scita della raccolta e al club Ape per i mezzi messi a disposizione per il traspor-

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to, non dimenticando tutte le persone che hanno procurato il materiale per dare un cospicuo aiuto alla mensa diocesana.

Giovedì 12; veglia di Pentecoste dei gio-vani della diocesi con l' Arcivescovo; nella sua omelia ha spiegato che: “i frutti cattivi della carne ci lasciano soli e di-sperati, quelli buoni dello Spirito ci dona-no la vera gioia”.

Venerdì 30; San Canziano è il titolare della nostra parrocchia, è stato festeggia-to, alla sera, con una S. messa solenne.

Il tempo: 14 giornate di sole con tempe-rature di 5° la notte e di giorno 19°. I re-stanti giorni: pioggia mm 77, alto tasso di umidità 80% e forte vento di bora.

Un mese al di fuori della norma.

GIUGNO 2014

Domenica 1: dalle ore 14, ritiro spirituale a S. Antonio, per tutta la zona pastorale. Invitati: cresimandi e cresimati, ragazzi elementari e medie con genitori e catechi-sti e tutti i fedeli. A conclusione della mezza giornata, con la S. Messa, si è fatta la chiusura dell'anno catechistico e conse-gnata la Bibbia ai bambini della prima Comunione. Una nota che rincresce, ma va detta è che, il numero di chi partecipa diminuisce.

Lunedì 9: devastante incendio, verso il

tramonto, al momento della mungitura, nella stalla dell' azienda agricola di Cisili-no Vinicio, “Il Ranch”. Il tragico evento ha reso la struttura inservibile e ha provo-cato la morte ed ustioni di alcune muc-che.

Domenica 15; festa di Sant’Antonio pres-so la chiesetta campestre, con la S. Messa nel parco e il tradizionale pranzo. La Pro Loco, oltre a preparare le tavolate ha of-ferto la pastasciutta e il maiale per il gio-co della lotteria che quest'anno ha dato un contributo alla chiesa di 362,80 euro.

Durante la festa si è fatta la pesca di be-neficenza per le missioni che anche in questa edizione è stata molto proficua dando un contributo di 1400 euro. Un grazie a quanti hanno collaborato per ogni iniziativa. Il numero di chi partecipa è sempre meno numeroso.

Domenica 22: Corpus Domini. S. Messa solenne e processione con il Santissimo. Nel pomeriggio, a Mereto, incontro men-sile con i cresimandi.

Domenica 29: Giornata per la carità del Papa. In preparazione dell' “Anno della Carità” ricordiamoci delle persone del nostro territorio bisognose di vari aiuti. Abbiamo pensato di porsi al servizio di queste persone nel gruppo Caritas della nostra Zona Pastorale? Le offerte per la carità del Papa sono state di €100.

Il tempo; mese caldo con temperature a 35°. Il giorno 24 un violento temporale, un forte vento e grandine, hanno causato parecchi danni alle colture. I giorni 25,28 e 29, ci sono state abbondanti piogge, mm 160.

LUGLIO 2014

Giovedì 3; a Mereto, per tutta la zona pastorale ora di adorazione al Santissimo Sacramento. Questa ora si svolge mensil-mente il primo giovedì e si alterna con le altre parrocchie.

Venerdì 11; in Cattedrale a Udine, primi vesperi della solennità dei Santi Ermacora e Fortunato con la presentazione, da parte dell'Arcivescovo, dell'anno Pastorale 2014-2015 che sarà dedicato alla terza virtù teologale, la carità.

Da ll 'o mel ia de ll ' Arc ivescovo : “Chiederemo, durante questo anno, che lo Spirito Santo riversi con abbondanza l'amore di Cristo nei nostri cuori e in tutta la nostra Chiesa diocesana. La virtù della carità è il fuoco soprannaturale che anima tutto quello che facciamo e orga-nizziamo nella giornata, nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle associazioni e movimenti. L'Anno della Carità sia un momento di grazia per riscoprire che la nostra Chiesa ha un cuore, un cuore bru-ciato dall'amore donato in abbondanza dallo Spirito Santo”. I santi Ermacora e Fortunato sono i patroni dell'Arcidiocesi, della città di Udine e della regione Friuli Venezia Giulia.

Dal 17 al 24; Pellegrinaggio dei catechisti della Diocesi in Terra Santa.

Dal 28 al 2 agosto; Pellegrinaggio dei giovani ad Assisi.

Il tempo: caldi i primi giorni del mese con temperature a 34°. I restanti giorni: piogge, vento e due eventi di grandine che hanno provocato un abbassamento delle temperature min. 13° max 24°. Pioggia, mm 195. Mese anomalo.

AGOSTO 2014

Venerdì 1: ogni venerdì di questo mese e di settembre si celebra, al mattino, come da antica tradizione, la S. Messa nella

chiesetta di S. Antonio. Necessita di una illuminazione con maggiori “lumen”.

Domenica 3: giornata degli emigranti, prima visita al cimitero, poi nella S. Messa sono stati ricordati gli emigranti defunti. Non è mancato al termine un brindisi e una mostra fotografica. Non dimentichiamoli!

Il tempo: solo alcuni giorni di vero cal-do estivo, invece gli altri che dovevano figurare di uguale bellezza, si sono pre-sentati con freddo, piogge alluvionali e grandine. Pioggia caduta mm 235.

SETTEMBRE 2014

Lunedì 1, martedì e mercoledì, tre giorni di ritiro campeggio per i ragazzi della Prima Comunione, conclusosi la sera di mercoledì con la Messa assieme ai geni-tori e con la cena. Quest'anno le prime comunioni si celebrano a Pantianicco.

Lunedì 8; tradizionale pellegrinaggio diocesano, dal terremoto del 1976, a Ca-stelmonte, con la salita al Santuario a piedi assieme al' Arcivescovo.

Giovedì 4; con l'invito a tutta la zona Pa-storale, ora di Adorazione con il sostegno

dei ragazzi della Prima Comunione. Po-chi gli adulti a sostenere, con la preghie-ra.

Venerdì 26, inizio della 45° Festa Regio-nale della Mela, che si è conclusa dome-nica 5 ottobre.

Domenica 28: breve visita di mons. Joa-quin Humberto Pinzon Guiza, vescovo del nuovo Vicariato di Puerto Leguizamo, Colombia. Invitato a Roma per un corso e una visita al Santo Padre, alla quale sono tenuti tutti i Vescovi consacrati nell'ulti-mo anno,è riuscito a prendere alcune ore per conoscere don Giovanni e portare i suoi saluti e ringraziamenti per quello che facciamo, assieme a lui, per la sua missio-ne.

Mons. Pinzon Guiza ha presieduto la S. messa festiva a Tomba.

Notizie della Parrocchia

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Vilmo, la cronaca

Luigino, il meteorologo

Notizie della Parrocchia Notizie della Parrocchia

Lunedì 29; a Mereto S. Messa solenne per la festa del patrono San Michele Arcange-lo, don Giovanni è stato festeggiato per i suoi 25 anni di apostolato nella parrocchia. Durante le S. Messe, celebrate a S. Anto-nio, nei venerdì di agosto e settembre, so-no stati raccolti euro 172. Il tempo: otto giorni di pioggia, mm 65 e altrettanti nuvolosi. I rimanenti giorni sono stati belli ma con un brusco abbassamento delle temperature, min.8 max 22. Il giorno 21, con la fine dell'estate, si è presentata la prima nebbia. OTTOBRE 2014 Mercoledì 1: dopo due rinvii a causa del maltempo, presso l'area festeggiamenti, si è svolto il concerto di beneficenza a favore dell'azienda agricola “Il Ranch”. Ha parte-cipato l'associazione culturale e musicale Armonie.

Mercoledì 8; a Basiliano apertura, per tutta la Forania, del nuovo Anno Pastorale che quest'anno è imperniato sulla virtù della Carità. Dopo i solenni Vesperi, sono state ascoltate le relazioni, dei referenti dei vari ambiti foraniali: Caritas, catechisti, giova-ni, famiglia, su quanto fatto e quello pro-grammato per il nuovo anno. C'è lavoro per tutti!! Giovedì 9: prima comunione, con la Chie-sa domestica, composta da genitori e fami-liari, di quindici ragazzi della nostra zona pastorale. Domenica 12: Prima comunione in comu-nità di Davide Romano e dei ragazzi della

nostra zona pastorale. Alla S. Messa solen-ne, si è avuta grande partecipazione di familiari, parenti e delle comunità parroc-chiali. La giornata si è conclusa con l'Ado-razione Eucaristica in ringraziamento dell'intenso momento vissuto. Domenica 19: Giornata Missionaria Mon-diale. Giornata dedicata alle preghiere e offerte per le missioni, sono stati raccolti euro 200. La raccolta del mais, nei campi della par-rocchia, ha dato q. 253 di granella. Per raggiungere questo risultato e magari mi-gliorarlo, tutti siamo chiamati ricordando il passo evangelico di Gesù che dice: “La messe è molta ma gli operai sono pochi”. Il tempo: i cinque giorni centrali del mese sono stati piovosi e nebbiosi. Il giorno 13, violento temporale con numerosi danni nella zona. I restanti giorni: sole e caldo, durante la notte brusco abbassamento delle temperature, min. 4, max 18. Pioggia cadu-ta mm. 55

NOVEMBRE 2014 Domenica 2: giornata dedicata a tutti i defunti, il tempo ha permesso di celebrare la S. Messa in cimitero. A presiedere l' Eucarestia era padre Giuseppe, dei Stim-matini di Udine, che collabora con don Giovanni per le celebrazioni domenicali e festive.

Giovedì 13: a Plasencis, per tutta la zona pastorale, inizio degli incontri settimanali, da tenersi prima di natale, e aperti a tutti gli adulti sull'ascolto e apprendimento del-

la parola di Dio. Domenica 23: festa di Cristo Rè e ultima giornata del anno liturgico. Giornata di preghiera e sostegno per il seminario inter-diocesano di Castellerio e di sensibilizza-zione per il sostentamento dei sacerdoti. Domenica 30: prima domenica del Nuovo Anno Liturgico. Giornata di ringraziamen-

to per tutto quanto il Signore ci ha dato nel corso di questo ultimo anno e non solo nel campo agrario. A presiedere l'Eucarestia era don Vittorio, dei salesiani del Bearzi, collaboratori nelle celebrazioni domenica-li. Nei locali della pro loco, si è svolto il tradizionale pranzo, il gruppo che ha indo-vinato il peso, nella festa di Sant’Antonio, a giugno, ha donato la porchetta. Un grazie a questa iniziativa e a quanti hanno colla-borato. Il tempo: 18 giorni di pioggia abbondante, mm 525, vento forte e alto tasso di umidità 95%. I restanti giorni, sole con aria fresca, temperatura min. 6, max 14. Non si assi-steva a precipitazioni così abbondanti dal 1952.

ENTRATE

Offerte in Chiesa Euro 4.858,01

Candele votive 1.102,00

Offerte per servizi (battesimi, matrimoni, funerali,

animatico, ecc.) 5.241,50

Entrate per attività parrocchiali 2.760,90

Offerte da enti e privati (contributi vari) 2.080,00

Affitto e reddito da terreni e fabbricati 6.220,61

Interessi da capitale (banca, ecc.) 1931,32

Varie 25,50

Offerte ed entrate straordinarie 14.719,02

Giornate e collette imperate (giornata missionaria,

carità del Papa, seminario, ecc.) 1.015,00

TOTALE ENTRATE Euro 39.953,86

USCITE

Imposte, tasse, assicurazioni Euro 2.326,09

Spese di culto (candele, ostie, vino, arredi, libri, ecc.) 285,90

Spese gestionali (Enel, telefono, riscaldamento, ecc.) 3.168,71

Spese per attività parrocchiali 747,22

Remunerazioni, stipendi e contributi (parroco, vicari

parrocchiali, ed altre persone) 610,00

Manutenzione ordinaria ed acquisto attrezzature 2.410,60

Contributo attività diocesane (Euro 0,26 per abitante) 162,00

Varie 259,02

Spese e uscite straordinarie 4.472,00

Giornate e collette imperate 1.015,00

TOTALE USCITE Euro 15.456,54

SALDO ATTIVO Euro 24.497,32

RENDICONTO 2013 della PARROCCHIA di SAN CANCIANO MARTIRE

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Notizie della Parrocchia

Don Giovanni Boz, un anno pieno di festeggiamenti Le Comunità Parrocchiali del comune di Mereto di

Tomba alle quali don Giovanni Boz è intimamente

legato hanno celebrato, il 21 dicembre 2013, i 45 anni

della sua prima Messa. Durante la Messa solenne, con

l'accompagnamento del coro locale sono stati letti i

vari auguri che l'arcivescovo, la comunità e il vicario

foraneo hanno inviato a don Giovanni; inoltre gli è

stato consegnato, in ricordo della ricorrenza, un’icona

raffigurante San Michele, patrono del nostro comune.

I festeggiamenti hanno visto anche un secondo mo-

mento conviviale nella sala parrocchiale di Mereto

con brindisi e torta.

Il 2 marzo 2014, la comunità pastorale si è riunita nella canonica di Pantianicco per festeggiare i 70 anni di

don Giovanni. Erano anche presenti il diacono Corrado e don Albino. Non sono mancati la torta, gli auguri e

le congratulazioni di tre vescovi e dei missionari dalla Colombia.

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Godia, 13/7/14 battesi-

mo di Noemi Bertolissi

di Lorenzo e Cristina

Bosa

Le parrocchie delle frazioni unite per offrire risposte ai bisogni del territorio

Centro di Ascolto Caritas della

Zona Pastorale di Mereto di Tomba

La Caritas è un organismo pastorale della Chiesa che

promuove la testimonianza della carità in forme conso-

ni ai tempi e ai bisogni, per uno sviluppo integrale

dell’uomo, con attenzione privilegiata agli ultimi.

Si deve anche sottolineare l’importanza della testimo-

nianza e del servizio all’altro e, attraverso queste opere

si deve comprendere che dietro a quella mano che dà o

rende un servizio c’è la carezza e l’amore di Dio.

La Caritas pastorale è formata da volontari che, a titolo

personale, sono desiderosi di aiutare cristianamente il

prossimo più bisognoso; gli incontri avvengono una

volta al mese (di solito il terzo mercoledì) a Mereto di

Tomba.

Le attività proposte durante gli incontri sono varie: -Distribuzione alimenti e vestiario: sia i generi alimentari che il vestiario vengono distribuiti a persone in dif-

ficoltà, individuate attraverso il Centro di Ascolto o segnalate dai servizi sociali comunali.

-Centro di Ascolto: è uno strumento attraverso il quale si conoscono alcune situazioni di disagio presenti sul

territorio. Le persone in difficoltà possono trovare qualcuno ad ascoltarle, accoglierle e accompagnarle nella

ricerca di soluzioni ai propri problemi (ove possibile) condividendo la loro situazione.

Per partecipare a queste iniziative è possibile contattare i referenti, i loro nominativi e telefoni si trovano nelle

bacheche della Parrocchia e della Pro Loco.

Ci auguriamo che sempre più persone vogliano "farsi prossimo"!

Notizie della Parrocchia Notizie della Parrocchia

Emma Di Lenarda

di Enrico e Silvia

Della Picca, battez-

zata nella chiesa

S.S.Pietro e Paolo

di Tarvisio il

28/9/2014. Affet-

tuosi auguri per un

sereno avvenire

dalle prozie Ines e

Lena

Battesimi fuori da Pantianicco

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E’ una mattinata piovosa e tranquilla. Adriano serve alcuni clienti, mentre Manlio è seduto di fronte a me, pronto a raccontarmi la storia della loro cooperativa, del-la nostra cooperativa. Della cooperativa agricola di con-sumo di Pantianicco.

Fondata nel 1921 principalmente a scopo assistenziale e di sostentamento per tutte le famiglie del paese, essa è divenuta, nel corso degli anni, teatro di evoluzioni e cambiamenti, fulcro dell’unione tra la finalità utilitaristi-ca, che ne ha determinato la nascita, e la tradizione friu-lana di ritrovarsi nell’osteria per discutere, per conclude-re affari o per partecipare ad una partita a briscola, da-vanti ad un buon bicchiere di vino.

Nel primo dopoguerra, in Friuli la miseria, la mancanza di lavoro e di prospettive determinarono una situazione economica precaria, che indusse ad una nuova ondata migratoria. Per cercare di ovviare in qualche modo a ciò, si diffuse un fenomeno, quello delle cooperative agrico-le, ossia di associazioni costituite da persone del paese per il paese, volte ad incrementare i redditi familiari, at-traverso la trasformazione e lo scambio di prodotti agri-coli (in particolare cereali, carni suine e bovine, formag-gi). In tal modo, ad esempio, una famiglia poteva barat-tare i propri prodotti ricavati dalla terra o dai piccoli alle-vamenti di bassa corte comuni a queste semplici econo-mie di sussistenza rurali, ricevendo in cambio altri beni, come fertilizzanti, mangimi o derrate alimentari non fa-cilmente reperibili in altro modo. Queste cooperative divennero, perciò, un riferimento per l’intera collettività. Così fu anche per quella di Pantianicco, con un’osteria, un alimentari, un bocciodromo, sede di due club: insom-ma, un cuore pulsante!

I soci membri eleggevano un consiglio di amministrazio-ne, costituito da un presidente, un vice presidente, un provveditore (che si occupava degli acquisti delle mate-rie che poi venivano vendute nella cooperativa), tre sin-daci (che intervenivano nel caso di eventuali errori con-tabili) e tre provibiri (il cui compito era dirimere le even-tuali controversie sorte). Vi erano poi il segretario (un organo esterno, non socio, cui era demandata la contabi-lità) ed il gestore, cui era attribuita la vera e propria ge-stione della cooperativa.

E la famiglia Brandolino fu la prima ed unica ad occu-parsi dell’attività. Una professione svolta con impegno, devozione ed orgoglio, tramandata di generazione in ge-nerazione. Il primo a rivestire tale ruolo, nel 1921, fu Angelo, nonno di Manlio ed Adriano. Gli successero due figli, Fermo e Luigi; successivamente, la cooperativa venne affidata all’altro figlio, Dante (padre di Manlio ed Adriano) ed a sua moglie Angela Cisilino (Angjelina).

Quando Dante morì, Angela assunse la gestione, aiutata dalla cognata Gjigjuta.

Quando, poi, Manlio divenne abbastanza grande, iniziò ad oc-cuparsi della coope-rativa assieme alla madre. Infine, ad An-gela si sostituì Adria-no.

Una famiglia che ha ben saputo creare e favorire un centro di aggregazione, dove la storia semplice di un paese come Pantia-nicco è stata vissuta, raccontata, assapora-ta da piccoli e grandi.

A testimonianza di ciò, possiamo citare il bocciodromo, sorto negli anni ’50, e che dal 1963 è teatro delle avvincenti gare della nostra bocciofila. Risa-le, poi, al 1975 la fondazione del Club Ferrari, che ha trovato sede presso la cooperativa, ed i cui fondatori, accomunati dalla profonda passione per la “rossa” dal cavallino rampante, sono stati Manlio, Flavio Cisilino, Italo Rizzato e Goffredo Manazzone. Il club fu poi chiu-so nel 1993.

Nel 2001, invece, Manlio, Ettore Toppano, Cino Zecchin e Roviglio Cisilino decisero di creare l’Ape Funs Club Pantianicco, dato che in paese molti si servivano (e lo fanno tuttora) di questo esilarante ciclomotore per i più svariati lavori. Il club nel 2008 acquisì ufficialità, dotan-dosi di uno statuto e di un regolamento.

Insomma, la nostra cooperativa ha saputo veramente fondere in sé l’essenza del paese, di quella spontanea genuinità che è il fervore di Pantianicco. Luogo di incon-tro, di serate estive all’aperto, di inverni trascorsi a di-scutere insieme “cuntun tai”, di risate, di tramestii di bicchieri e tazzine da caffè. Luogo dove la storia ha fatto il suo corso. Nella cooperativa, infatti, c’era la cabina telefonica, poiché in un passato tuttavia recente, il telefo-no era una comodità di pochi o, forse, di nessuno. Il ju-kebox allietava l’atmosfera. Poi sono arrivati la televi-sione, il flipper ed, infine, le slot.

La cooperativa ha rappresentato per molti, me compresa, una seconda casa e la giovialità di Manlio ed Adriano hanno saputo infonderle quel tipico calore familiare.

La lunga e piacevole chiacchierata con i due fratelli Brandolino si è arricchita di particolari, di ricordi nostal-gici, ma felici, cui hanno contribuito anche coloro che quel giorno erano seduti con noi al bar. Un tuffo nella Pantianicco di un tempo, per poi proiettarla nuovamente al presente.

Duole sapere che questa pagina della nostra storia si sta per chiudere, poiché l’attività cesserà a fine anno. Duole perdere una parte così importante di tutti noi.

Grazie a Manlio, ad Adriano ed alla loro famiglia di vero cuore per quanto ci hanno donato in tutti questi anni!!!

Melissa Toneguzzo

Cronaca locale

La Cooperativa agricola di consumo e la famiglia Brandolino

Tre generazioni di gestori:

Adriano, Dante, Angelo, Angela e Manlio

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Cronaca locale

Nasce da lontano la passione di Crescenzio per un anti-

chissimo lavoro d’artigianato, quello del terrazziere, che

da tempo immemore abbellisce le case private ed i pa-

lazzi pubblici. Classe ’38, ha iniziato giovanissimo a

cimentarsi con la passione che tuttora, dopo decenni,

segue con immutato interesse. Il suo è un lavoro

tutt’altro che facile sia da un punto di vista fisico che

mentale, vista la cura per i particolari e la costante atten-

zione che richiede.

Crescenzio porta con sé un’eredità morale di grande

spessore: ha acquisito la passione per le pavimentazioni

e per i rivestimenti marmorei dal nonno Luigi

Dell’Angela di Pozzecco, il paese del seminato alla ve-

neziana: proprio questo illustre progenitore ha lasciato la

sua impronta in opere dislocate in numerosi luoghi di

culto, come nella chiesa dell’isola di Barbana in cui ha

realizzato il pavimento.

Un’altra sorgente da cui ha ereditato la sua passione pro-

viene dalle antiche tradizioni della lavorazione della pie-

tra tramandate nel paese natio, Vergnacco di Reana del

Rojale, sede di un concorso di scultura d’importanza

mondiale. Crescenzio non ha mai interrotto questi lega-

mi ed anzi li rinnova continuamente recandosi presso il

simposio di scultura, dove ha conosciuto personalità im-

portanti come Gina Lollobrigida, anch’essa scultrice, e

soprattutto nel paese del seminato alla veneziana, Poz-

zecco, per scambiare pareri e tecniche con l’amico Alve-

rio Savoia. Ricorda ancora bene il primo lavoro che

svolse all’età di 14 anni, a Mereto presso i marmisti Mo-

laro: era un’attività appassionante ma decisamente impe-

gnativa, in cui l’abilità consisteva nel frizionare le pavi-

mentazioni o le scale sino al livello di finitura desiderata.

Cinque anni dopo era già un artigiano in proprio e si

occupava di numerosi lavori anche in edifici pubbli-

ci; li ricorda tutti, nessuno escluso, e ciò è indice

della la grande professionalità maturata negli anni.

In particolare risaltano nella sua mente alcune opere

come le pavimentazioni in palladiana del vecchio

palazzetto dello sport di Udine ed anche quelle rea-

lizzate nella chiesa di Madonna delle Grazie. Gli è parti-

colarmente caro un seminato alla veneziana: quello pre-

sente nella casa di Guerin di Tarmât (Guerrino Cisilino,

nel “borc di sot”) che fu realizzato da suo nonno di Poz-

zecco: Crescenzio, con abilità e perizia ha saputo ripro-

durre alla perfezione la figura centrale, ricreando

un’opera unica e dando vita ad un trait-d’union artistico

e professionale con il suo progenitore.

La passione per il lavoro, a meritata pensione soprag-

giunta, si è tramutata in ricerca e studio: Crescenzio si

dedica al mosaico, riproducendo, con attenta analisi dei

materiali, alcune immagini presenti nei luoghi sia privati

che di culto. Ha riprodotto fedelmente la figura al centro

della cattedrale di Grado e qualche altro rosone di parti-

colare bellezza. I riconoscimenti, ampiamente meritati,

arrivano nel 1993 con il Diploma di Benemerenza asse-

gnato dalla Unione degli Artigiani del Friuli, firmato

dall’illustre Presidente degli Artigiani Della Mora e con-

segnato direttamente dal Presidente nazionale Spallanza-

ni, giunto da Roma, sul Castello di Udine. Il 1° Maggio

di quest’anno gli viene conferito dal Presidente naziona-

le Giampaolo Palazzi, il titolo di “Maestro d’Opera e di

Esperienza” per gli oltre 40 anni di lodevole attività: si

tratta di un attestato ufficiale con cui alcuni artigiani be-

nemeriti vengono iscritti in un albo nazionale dedicato a

chi ha svolto la professione con perizia, affidabilità e

passione.

Oltre a ciò è importante sottolineare come sia stato per

decenni il punto di riferimento locale per la Confartigia-

nato, svolgendo ruoli di rappresentanza istituzionale ma

anche amministrativa, suggerendo le vie per poter valo-

rizzare il comparto e favorire gli insediamenti sul territo-

rio: fu una carica che volle ricoprire sino alla premiazio-

ne della titolare della ditta di confezioni di moda con

sede a Pantianicco e di alcune dipendenti che vi lavorano

fedelmente da oltre 20 anni.

Sempre pronto e propositivo, Cre-

scenzio continua la sua passione

coadiuvando l’amico Alviero nella

esposizione delle opere realizzate

da quest’ultimo in alcune mostre

sul territorio.

Eros Cisilino

CRESCENZIO ERMACORA, MAESTRO D ’ OPERA E DI ESPERIENZA

mosaico di Luigi Dell'Agnola presso la casa di Guerin di Tar-

mât e una sua riproduzione

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Cronaca locale

Pan t i an i c co a c on f ron to . . . i e r i e ogg i

Pubblichiamo una serie di fotografie storiche del paese e, per fare un paragone,

lo stesso posto com’ è oggi, nel XXI° secolo

Via Argentina 3. Fino al1955 abitazione di Cisilino Sante “Maçuta”e Schiavo Onoria con i figli Loris, Pietro e Edo, con entrata in via C. Colombo. Ristrutturata negli anni ‘80 da Cisilino Luisa e Toneguzzo Lauro, ora abitazione della figlia Melissa, il marito Tuttino Renato e le figlie Dalila Maria e Noemi.

Via Argentina 4. La “stansia di Vaniglio marangon", falegnameria costruita nel 1925 da Angelo Della Picca per i figli, ha funzionato fino ai primi anni '60. Oggi vi abitano le famiglie di Schincariol Fabio, Gloria e Federico e di Della Picca Ines.

Anni ‘40, casa di Toppano Germana e Della Picca Rei-no, emigrati in Argentina e l’attuale abitazione costruita e abitata da Angelo Buttazzoni e fami-glia, oggi proprietà di Lionella, vedova di Donato Manazzone.

La scuola prima-ria fu inaugurata il 24 settembre 1961 e dedicata a Cristoforo Colombo (a sinistra); oggi ha una pensilina per evitare di ba-gnarsi i giorni di pioggia, panelli fotovoltaici ed altre comodità utili agli alunni.

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Cronaca locale

A sinistra e destra, anni ‘50 in via del Corno 4; allora abitazione di Fioren-do Mattiussi, nella prima foto Luigi Visentini sta rincasando in bicicletta. A colori, la stessa casa, già abitazio-ne di Ciro Manazzone, ora dei figli Maria e Vilmo (nella foto).

1955. Piazzetta del borgo di Sopra, processione del “Perdon dal Rosari” e istituzione della parrocchia di San Canciano. Oggi troviamo le abitazio-

ni delle famiglie Zanussi e famiglia di Ugo Martin e Mariya Shpachynska.

Anni ‘50 Manlio e la mamma Angela da-vanti alla cooperativa, in fondo il Borç del Poç. Oggi, Manlio ed il fratello Adriano nello stesso posto.

Sotto, Piazza Cortina negli anni ’60 durante una delle prime feste donatori di sangue, in fondo si vede l’abitazione di Cervino Olindo e Rina e dei figli Manuela e Sandro. A de-stra, una delle ultime feste dei donato-ri nello stesso posto.

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Toppano Eleonora è nata il 14 febbraio del 1914

quando i venti di guerra già soffiavano fra gli stati

maggiori d’Europa e hanno portato durante la stessa

estate lo scoppio della Grande Guerra.

Gli anni che seguirono furono senza dubbio uno dei

periodi più bui della tormentata storia della nostra

terra: il nostro era il mondo degli ultimi della civiltà

contadina, con famiglie numerosissime, poca e avara

terra, siccità, grandinate, inondazioni, invasioni e sac-

cheggi, fame e epidemie mortali.

In questo miserevole contesto braccia di vecchi, di

donne e di bambini erano costretti a fatiche immani,

perché gli uomini validi erano in guerra e poi emigra-

ti per mantenere la famiglia e costruire la casa.

Questa ambientazione era necessaria perché la storia

di Norina è la storia di tutta la nostra gente. Norina

non ricorda i suoi nonni, ma

l’archivio parrocchiale li riporta alla

nostra memoria: erano Toppano Se-

bastiano di Antonio e Mattiussi An-

tonia che generarono sette figli: Emi-

dio o Emilio (1872), Antonio (1879),

Alfonso (1880), Teresa, Gemma

(1883), Antonia e Maria.

Dai nonni materni Luigi Brandolino

e Maria Toppano nacquero sei figli:

Giuseppe (1866), Severino (1871),

Angelina, Genoveffa, Rachele e A-

postolo (1884).

Da queste due casate si unirono in

matrimonio Emidio e Genoveffa che generarono otto

figli, di cui cinque morti in tenera età: Gelasio Luigi

(1901), Valeriano Fannio (1902), Ciro (1909+), Der-

na Maria (1911+13), la stessa Eleonora (1914), Luigi

(1915+16), Evelina(1916+20), Luigi (1917+18).

Quasi tutti i componenti maschi sopracitati, dagli ulti-

mi decenni dell’ottocento alla prima metà del nove-

cento sono andati a cercare lavoro prima stagionale in

Austria e Baviera, qualcuno in Canada e poi sono ap-

prodati in Argentina.

Dai lunghi elenchi precedenti si capisce che Norina è

nata in una famiglia numerosa come era nella norma-

lità di un secolo fa.

Non c’era ancora un asilo in paese perché le famiglie

patriarcali non ne sentivano la necessità: c’erano tante

anziane zie per casa che accudivano i bambini, men-

tre le giovani mamme lavoravano i

campi. Norina frequentò le elementa-

ri nella nuova scuola in piazza inau-

gurata nel primo novecento: c’erano

solo due aule grandissime, perché le

classi erano molto numerose. Proprio

nell’anno scolastico 1914/15 fu isti-

tuita a Pantianicco la classe 4°, men-

tre per frequentare la 5°, fino al 1940,

bisognava andare a Mereto a piedi.

Norina non ha ricordi della scuola

elementare, ne ha invece del buon

rapporto con le suore che sono arriva-

te nel 1920 nel nuovo asilo ristruttu-

di Ines Della Picca

Cronaca locale

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rato. Lei era già grandicella e partecipava tutte le do-

meniche ai giochi, canti, recite che le suore organiz-

zavano per ragazze e giovani dagli 8 ai 25 anni. Ri-

corda con piacere soprattutto le gite con carro e ca-

valli a Sant'Antonio di Gemona e ad altri santuari,

unico svago di quei tempi.

In casa aiutava la nonna e la mamma nelle faccende e

nel pomeriggio portava la pascolo le oche e le muc-

che nei prati comunali. D’inverno andava ad imparare

a cucire da Nerina Covazzi.

Nel 1922 i fratelli Emidio e Alfonso, dopo aver tirato

a sorte, lasciarono la casa paterna del Borç di Sora ed

andarono ad abitare nella nuova casa, costruita con i

sudori di tutti i componenti della famiglia Romanin

dietro la latteria. Norina dichiara di aver vissuto abba-

stanza bene nella famiglia patriarcale, mentre dopo la

divisione è stato tutto più difficile e faticoso.

Intanto, si è fatta donna e incontra un giovanotto che

da un po’ tempo girava in bicicletta per il paese: se lo

trovava davanti ogni sera quando andava a portare il

latte in latteria ed era evidente che aveva messo gli

occhi su di lei. L’interesse era reciproco e li portò al

matrimonio nel 1940. Luigi Bunello (1913-1976) era

originario di San Marco, anche lui da una famiglia

contadina molto numerosa. La nuova famiglia si sta-

bilì nella casa paterna a Pantianicco: ebbero tre figli:

Maria Grazia (Graziella), Pierino e Silvano.

Gli anni '40 e '50 furono molto difficili, ricorda Nori-

na: il marito in guerra per tre lunghi anni, i bombar-

damenti in paese, nella stalla moriva una mucca

all’anno con l’afta, “a tirat la saeta ta la cjasa",

“muria di gjalinis tal curtil e continue ruberie di ogni

genere".

Per fortuna un grande aiuto è venuto dalla maestra

Carmen che le regalava tutti i vestiti dei suoi bambini

più grandicelli. La sua amica più cara era Iola Manaz-

zone e assieme alle ragazze e le donne del borgo si

trovavano dalla sarta Nerina a cucire. Poi, negli anni

'60 del boom economico, siamo usciti un po’ tutti dal-

la miseria e la vita è diventata più vivibile in tutte le

famiglie.

Norina è stata molto fortunata con la salute: nella sua

lunga vita non ha mai avuto bisogno di medicine e di

interventi chirurgici ed è stata anche risparmiata da

reumatismi ed artrosi, tanto da essere indipendente e

autosufficiente fino a 96-97 anni. La sua soddisfazio-

ne più grande era andare a giocare a tombola all’ex

asilo la domenica pomeriggio.

È con viva soddisfazione che la nostra comunità ha

accolto questo compleanno centenario che è di buon

auspicio di longevità per noi tutti pantianicchesi. No-

rina è stata festeggiata, dai figli, dai nipoti Irene,

Giampaolo, Cristina, Gian, Cinzia e dal pronipote

Edoardo.

Le hanno reso omaggio anche il parroco don Boz con

una messa personale, le autorità comunali, la Pro lo-

co, gli alpini, le amiche della tombola e tanti compae-

sani. Norina ringrazia tutti di cuore con un gran sorri-

so e noi auspichiamo ancora per lei tanta serenità.

La casa paterna dei

Merita un accenno la lunga storia della casa paterna

dei ‘Romanins’ di proprietà di Donna Gnesa, vedova

di Odorico di Savorgnano, abitante a Udine.

Un documento antichissimo ci descrive come la no-

bildonna nel 1395, con rogito notarile, ne fece dona-

zione alla confraternita udinese di S. Cristoforo, del-

la omonima chiesa che amministrò questi beni (casa,

campi, prati, braide, orti e bearzi) per 500 anni inin-

terrottamente.

Donna Gnesa in cambio dispose un legato con

l’obbligo di una messa da celebrarsi il 23 marzo di

ogni anno, per la salvezza dell’anima sua e di suo

marito.

Dopo vari fittavoli tutti “De Pantiani”, nel 1682 la

confraternita affidò la gestione del complesso fon-

diario ai fratelli Valentino e Angelo Toppano, fu

Francesco. Con una continuità straordinaria i discen-

denti Toppano gestirono i beni (26 campi circa di

oggi) per due secoli e mezzo. Nel 1930 “i consorti”

Toppano, otto famiglie discendenti dei due fratelli

che avevano stipulato il contratto, riuscirono final-

mente a riscattare i beni suddetti mediante il versa-

mento di 17.400 Lire.

da "Pantianicco 1395, Il lascito di Donna Gnesa" ,

di Enrica Capitanio

Cronaca locale

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Cronaca locale

Nuove Generazioni

Sopra, Anna Lizzi osserva il nonno Gjgj "Maco" men-

tre prepara una scopa, mestiere imparato da Momi di

Belo (Girolamo Manazzone) oltre 60 anni fa quando si

costruivano molti attrezzi in casa.

In alto, Giancarlo Cisilino e Giannella con tutti i loro nipoti a partire

da sinistra: Anna (figlia di Daniela), Leonardo (figlio di Federica),

Enrico (figlio di Riccardo), Matteo (figlio di Daniela) e Lorenzo

(figlio di Riccardo).

Gruppetto formato dal primogenito Andrea (6 anni) e dai ge-

melli Alex e Alan Rossi (3 anni). Sono figli di Manola Cragno

e Alessio, nipoti di Marcello e Alba e pronipoti di Zinuta.

I gemelli Alek e Asia sono figli di Alessandro

Manazzone, i nonni sono Goffredo e Angela.

Asia, porta per ricordo il nome della trisavola

Asia (1894 – 1982 ).

Nella foto sopra, Ryan Manazzoni (2 anni) con i

nonni Anna e Luigino. I genitori sono Emanuele e

Sara.

Sopra, Dalila Maria e Noemi di Melissa Toneguzzo (di Maçuta),

Anna e Chiara di Francesca Cisilino e Lucia di Elena Cisilino (di

Maco), Ryan Manazzoni e Viola di Sabina Cragno (di Doro).

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Cronaca locale

Avellaneda,

Bs As. Vero-

nica Cragno,

figlia di Sil-

vano, con il

marito Anto-

nio e la figlia

Luciana. I

nonni sono

Bepi e Maria.

Don Bosco, Bs As. Sorridono Antonella,

Gianfranco e Bianca Cisilino, figli di

Luigino e Viviana e nipoti di Olimpia e

Luigi.

Liliana Cisilino,

figlia di Odori-

no Cisilino e

nipote di Sara

Cisilino, assie-

me alla figlia

Paola Fierro

durante la festa

di laurea.

Nuove Generazioni

all’estero

Settembre 2014.

Davide, Greta e

Gabriele, figli di

Cristina Cragno e

Antonio Rostirol-

la; nipoti di Dani-

lo Cragno e Ro-

sanna Petrazzo.

Estate 2014. I

cugini Christo-

pher e Viviana,

figli di Raffaele

Brandolino e

Silvia Cisilino e

di Mascia Bran-

dolino e Miche-

le Ferrazzutti,

sono nipoti di

Eliseo e Adeli-

na.

Roma 3 giugno 2014.

Gaia e Sofia Barbieri

(nipoti di Angelo) e

Alice Ermacora

(nipote di Credenzo)

assieme al Gruppo

Fiati della scuola me-

dia “Mistruzzi” di

Basiliano, durante la

premiazione naziona-

le del concorso

“Indicibili Incanti”.

Agosto 2014. Ryan

Manazzoni e Chia-

ra Lizzi, assidui

frequentatori delle

messe nella chie-

setta di

Sant’Antonio, ri-

tratti mentre suona-

no la campana.

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Cronaca locale

E’ tempo di raccontare la storia della nostra sagra

paesana diventata, nel corso di 45 anni, la capitale

friulana della mela, così come si è espresso il bolletti-

no dell’E.R.S.A.

Tutto è nato nel lontano 1969 per una felice intuizio-

ne del geometra Luigi Molaro, allora presidente del

“comitato festeggiamenti e manifestazioni agricole”,

che fu una figura di enorme rilievo nell’ambito socia-

le non solo nel nostro paese, ma nel Comune ed in

Regione. Da lì è nato il binomio mela-Pantianicco,

ormai radicato nell’immaginario collettivo, che meri-

ta comunque una breve ricerca alla radice: tutti ormai

sanno che anticamente la nostra zona, in epoca roma-

na, era coltivata a mele al punto da chiamare Melere-

tum l’attuale capoluogo; questa la motivazione stori-

co-culturale a cui vanno aggiunte altre più pratiche e

produttivistiche.

Negli anni '50 l’Ente Nazionale Tre Venezie ha rile-

vato, nella zona fra Pantianicco e Beano, molti terre-

ni utilizzati a prato e dopo un’ingente mole di investi-

menti ha piantato un’azienda specializzata nella pro-

duzione frutticola, in particolare di mele, che doveva

fungere da progetto-pilota per far decollare la frutti-

coltura anche nel Medio Friuli. In seguito questa A-

zienda denominata “Pantianicco” è passata all’Ente

Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura (E.R.S.A.)

ed è diventata “leader” in regione nella produzione

frutticola. Da qualche anno l’azienda è sotto la con-

duzione dalla Cantina Sociale di Casarsa e nei suoi

terreni ci sono soltanto vigneti.

Queste le premesse storiche che hanno dato l’idea a

Gigi, affiancato dal segretario Elvio Cisilino e da po-

chi collaboratori di coniugare felicemente il binomio

sagra popolare e manifestazione culturale.

Le prime edizioni

La prima edizione della sagra si tenne in Piazza Cor-

tina, l’anno successivo si svolse nella piazzetta dal

“Borç di Sora”, la terza edizione rientrò al centro del

paese e poi la sagra è approdata nei locali della Coo-

perativa Agricola “San Luigi”, concessi per lunghi

anni. Infine dal 2000 la nuova sede della Mostra re-

gionale della mela è l’edificio dell’ex latteria sociale

supportato da due vasti tendoni. Alla presidenza del

Comitato festeggiamenti a Gigi Molaro erano suben-

trati Bruno del Bianco (73-74), Arnaldo Cisilino (75-

76) e Offelia Cragno che dirissero per alcune edizioni

l’organizzazione della mostra. A partire dal 1982 fu

eletto presidente Elvio Cisilino, già segretario dal

1969, ha mantenuto la carica fino al 1990, quando

alla presidenza del Comitato è stato eletto Lucio Cisi-

lino. Dal 1986, ad arricchire ulteriormente la manife-

stazione, viene organizzato annualmente un convegno

che fa il punto sulla situazione tecnico-economica e

nello stesso tempo è una vetrina ideale per la melicul-

tura regionale.

Nel 1995 con il cambiare dei tempi, il vecchio comi-

tato festeggiamenti si trasformò in Pro Loco di Pan-

tianicco che, mediante una fusione con l’allora latteri-

a turnaria, ha preso in gestione la vecchia latteria e la

pesa pubblica. Da allora è stato tutto un crescendo di

partecipazione alle più importanti manifestazioni re-

gionali, promuovendo sempre con maggior forza la

mela friulana: la Pro Loco di Pantianicco, con propri

stands, è sempre presente a Sapori di Pro Loco di Vil-

la Manin di Passariano, a Mostbarkeiten in Carinzia,

a Friuli Doc a Udine.

Nel lontano 1969 una felice intuizione del

geometra Luigi Molaro, presidente del

“comitato festeggiamenti e manifestazioni

agricole” abbinò il binomio mela-

Pantianicco, tanto apprezzata in tutta la

Regione

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Cronaca locale

Crescita esponenziale Nel 2002 c’è stata la felice iniziativa del gemellag-

gio con Mostbarkeiten di St. Paul am Lavanthal che

ha portato a Pantianicco l’assessore dell’agricoltura

del Land della Carinzia con il quale, assieme alle

autorità regionali, si sono poste le basi per una colla-

borazione transfrontaliera in materia melicola.

Lo sforzo logistico organizzativo per una Pro Loco

di un piccolo borgo come il nostro è notevole, tenu-

to conto soprattutto del lavoro volontario, ma con

l’aiuto ed il supporto delle istituzioni, i risultati sono

evidenti: con pazienza abbiamo acquisito prestigio

nel settore melicolo, premiato anche a livello nazio-

nale dalla trasmissione “Linea verde” della Rai.

Un’altra iniziativa che, partita dall’ufficio agroali-

mentare dell’Amministrazione Provinciale di Udine

alla quale ha partecipato anche la Pro Loco di Pan-

tianicco, è denominata “Mela senza frontiere”. Si

tratta di un progetto europeo che coinvolge la Carin-

zia e la Slovenia per creare una promozione comune

dei rispettivi comparti melicoli.

Inoltre a partire dal 2000, i lavori di ristrutturazione

e di manutenzione straordinaria che hanno interessa-

to l’intero stabile dell’ex latteria (1933), l’hanno tra-

sformata nella Casa del Sidro, con mostra permanen-

te internazionale di questa bibita, succo e aceto di

mele. Negli spazi che hanno visto per 80 anni la

produzione e la stagionatura di un ottimo formaggio,

oggi c’è una una sala convegni , un ascensore, cin-

que bagni, una attrezzata cucina dove le donne di

Pantianicco sfornano deliziosi dolci fra cui ricordia-

mo la famosa “pomella”, lo strudel, i saccottini ed

altri piatti a base di mele, inoltre esternamente

un’imponente tettoia in legno che funziona come

chiosco durante le manifestazioni : di tutto questo

può beneficiare l’intera comunità anche per occasio-

ni private . Questo in sintesi il racconto delle origini

e dello sviluppo della “sagra dai miluçs”, un percor-

so di quasi mezzo secolo della vita della nostra gen-

te, dovuto per conoscenza ai compaesani che vivono

per il mondo, mentre i locali ricevevano ogni fine

anno, dalla Pro Loco, il bollettino illustrativo di tutte

le attività, dei lavori di ristrutturazione dei locali,

delle manifestazioni ed iniziative intraprese.

Pantianins…Signora! e il futuro

In questa rassegna-pro memoria della “sagra dai mi-

luçs” ha una collocazione speciale “Pantianins…

Signora!”, la pubblicazione che per più di vent’anni

ha contribuito a far conoscere il nostro paese a tutto

il Friuli.

In un continuo crescendo presenta ogni anno appro-

fonditi articoli su specifiche tecniche in melicoltura

e frutticoltura, ricerche su scavi, storia antica, perso-

naggi ed avvenimenti attuali e lontani, esplora il no-

stro ambiente con flora e fauna e ricorda la religiosi-

tà popolare e le tradizioni di tutto il Friuli di Mezzo.

“Pantianins…Signora” è molto apprezzato e gradito

da tanti lettori ed intenditori friulani, perciò noi pan-

tianicchesi siamo orgogliosi di “fare” sagra ma an-

che cultura.

Ed infine un’ultima riflessione: questa festa coinvol-

ge un notevole numero di persone che con lodevole

e doveroso impegno personale sostiene le varie ma-

nifestazioni, fra queste la più attesa ed apprezzata

dalla maggioranza è il pranzo della comunità. E’

commovente vedere la gioia dell’incontro e

dell’abbraccio fra parenti ed amici che godono la

serenità di questo raro momento comunitario, convi-

viale, che molti altri parenti ed amici lontani sareb-

bero felici di condividere con noi.

Ines Della Picca e Offelia Cragno

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Durante la preistoria la nostra terra fu invasa da ripetute glacia-

zioni, poi, con l’avvento di condizioni climatiche più favorevoli

comparvero i nostri primi antenati che costruirono palafitte

sulle terre paludose, villaggi e vissero di caccia, pesca, frutta,

erbe e radici commestibili.

Con l’andare dei secoli impararono anche a coltivare la terra

per trarne cereali ed allevare animali.

Seppellivano i morti, dopo averli bruciati, in urne di terracotta,

assieme ad oggetti rituali cari al defunto. Gli antenati preistorici

costruirono anche delle fortificazioni chiamate castellieri dove

potersi rifugiare in caso di pericolo. Erano i Paleo-Veneti. Mai

nulla è giunto fino a noi che provi che in quelle epoche remote

Pantianicco avesse stabili abitatori.

Verso il IV secolo a.C. in queste terre compaiono tribù di origi-

ne celtica: guerrieri, cacciatori, pastori in cerca di nuovi pascoli

e di un clima più mite. Erano scesi dal Norico, l’attuale Carin-

zia, e qui si stabilirono con il nome di Carni o Gallo-Carni. Lo

storico latino Tito Livio, nato a Padova ci ha lasciato notizie

certe della “Venezia orientale” (l’attuale Friuli) agli inizi del II

secolo a.C.

I Gallo-Carni, scesi in pianura avevano cacciato i Vene-

ti, ma intanto erano in arrivo i Romani con l’intenzione

di conquistare tutta l’Italia settentrionale. E così fu, i

Gallo-Carni dovettero sottomettersi alla potenza di Ro-

ma, che nel 181 a.C. costruì la colonia militare fortifica-

ta di Aquileia per frenare le invasioni nemiche dalle

Alpi Orientali. I coloni o massari erano soldati congeda-

ti ossia pensionati, oriundi in maggioranza dal Sarnio

(regione dell’Italia meridionale). Fu loro assegnato “il

praedium” (podere) cioè il possesso terriero centuriato,

come fondo pensione, con l’obbligo di trasferirsi con la

famiglia, coltivarlo e difenderlo.

I Gallo-Carni, insediatisi precedentemente nel territorio,

divennero sottani dei nuovi padroni, inoltre parlavano

una lingua diversa dai meridionali che conoscevano un

po’ il latino popolare. Con la venuta di questi pensionati

dell’esercito romano, cambiarono anche i nomi dei villaggi e

delle vie, che furono censiti con il nome del colono e del mas-

saro latinizzato, in quanto i terreni erano proprietà dello stato.

Da quel momento il nostro paese si affaccia alla storia, questa

terra riceve un nome: anche se era occupata da secoli dai Galli

di origine celtica si chiamerà “praedium” Pantilicum, dal nome

di Pantilio, colono di Roma. Poi si chiamerà anche Vico Pantia-

no.

I paesi vicini a noi con la finale in “ano” (Beano, Sedegliano,

Variano ecc.) ospitavano prevalentemente contadini di razza

latina, mentre gli altri in “icco-acco” (Bonzicco, Martignacco,

Brazzacco) erano abitati in maggioranza dai Celti.

Si ammira ancora oggi la saggezza di Roma che seppe fondere

in un unico tessuto politico e sociale, genti tanto diverse.

La convivenza obbligata determinò il mescolamento delle due

lingue parlate, in modo che si ottenne un nuovo linguaggio,

molto diverso di quello usato nella burocrazia ufficiale, con il

risultato che la popolazione parlava la propria lingua e i sopra-

stanti un’altra.

Con il tempo il vecchio linguaggio perse la sua struttura, si con-

Li nestris ladrîs… Cuant e cemût chi sin deventas fur lans

Di tignî ben a ments

“La memorie, intindude in sens dinamic e no

in sens patetic e nostalògjic, e je la fonde di

ogni civiltât, di ogni progrès, de stesse storie

umane par imparâ di chei che a àn vivût,

cirût, combatût, crodût, sperât, operât prime di

nô. Par no butâ vie un tesaur inestimabil e

insostituibil.

Par no ripeti lis stessis falopis e tragjediis, par

zontâ ancje la nestre ricjece e la nestre fadie a

lis ricjecis e a lis fadiis di chei prime di nô, in

mût di lassâ un alc di bon e biel e util e vêr a

chei dopo di nô”

Antoni Beline

Il Castelliere di Savalons

La "tumbare" di Mereto di Tomba, come appariva nei primi anni '40

Pagine friulane

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fuse con quello dei padroni, in modo

da essere usato per farsi intendere

nella vita pratica (mercati, compra-

vendite).

Questo latino popolare e contadino

diventò il mezzo di comunicazione

solito di tutti i regionali aquileiesi,

tanto da essere usufruito perfino dal

vescovo di Aquileia Fortunaziano

(342 d.C.) per scrivere dei commenti

ai Vangeli (rusticus sermo) per farsi

maggiormente capire dai fedeli. Nel

grande porto commerciale di Aqui-

leia, sul Mar Adriatico, arrivavano

tutti i popoli dell’Oriente con i loro

idiomi impastati di vocaboli latini,

greci, venetici, illirici, sarmatici, celtici e tutti si comprendevano

tramite il rusticus sermo.

E’ stato dimostrato dagli studiosi, in modo chiaro, che tutto il

telaio linguistico friulano è scaturito dal latino aquileiese e nello

stesso tempo che la lingua friulana nel suo vocabolario conserva

una sequenza di parole celtiche che non si trovano negli altri

linguaggi celto-romani.

Nel corso del II° e I° secolo a.C. Roma garantì a questa terra

lavoro, pace e sicurezza: si passò dalla civiltà organizzata in

tribù, con villaggi a conduzione agricolo-pastorale, a una civiltà

“urbana” in cui la città divenne centro di direzione e di coordi-

namento per l’attività dell’intero territorio.

Nel Friuli di allora le città, oltre ad Aquileia, erano quelle fonda-

te da Giulio Cesare: Tricesimo, Zuglio, Cividale, Trieste, Con-

cordia (Castellemat Tricesimum lapidem, Julium Carnicum,

Forum Julii, Tergeste, Julia Concordia). Così trascorrono 600

anni di pace. Poi, Roma poco a poco perde il suo potere e allora

si susseguono innumerevoli scorrerie devastatrici e predatrici dei

barbari: Visigoti, Unni, Ostrogoti, Longobardi.

Questi ultimi, prima di proseguire la loro corsa verso l’Italia,

occuparono tutto l’attuale Friuli, si stabilirono nei castelli fonda-

ti dai Romani e rimasero in queste terre diventate un ducato lon-

gobardo con capitale Cividale (Forum Julii) che poi dette il no-

me all’intera regione Friuli.

La storia procede inesorabile il suo cammino: questo lembo di

terra, crocevia di tanti popoli, sarà poi invasa e calpestata dai

Franchi, dai feroci Ungari che la saccheggiarono e la distrussero

per 50 anni, al punto che la popolazione era molto calata di nu-

mero ed il territorio completamente devastato.

I patriarchi di Aquileia, Rodoaldo (963-983) e Giovanni (984-

1019) si impegnarono in prima persona a risollevare le condizio-

ni materiali e morali del popolo friulano nascente: fecero venire

a ripopolare i villaggi della pianura un gran numero di coloni

slavi dal Cividalese, dall’Isontino e dalla Carinzia per poter rico-

struire i paesi e riprendere a coltivare la terra. E così, Celti, Ro-

mani, Longobardi e Slavi, superate le lotte causate dalle diffe-

renze razziali, stavano diventando faticosamente un solo popolo,

che non era più né celtico, né latino, né tedesco, né longobardo,

né slavo, ma solo friulano. Il nostro paese, nei secoli sarà chia-

mato Pantilianus, Patiano, Pacatiano, Pantianic, Pantiganic, Pan-

tianins, Pantianicco. In antichissimi documenti troviamo ancora

oggi i nomi propri degli abitanti di Pantianicco che testimoniano

la mescolanza dei vari linguaggi nel Medio Evo: “De Pantianic:

Stanislazu, Vitigoi, Furiul, Gret, Mingo, Mingo qui est pastor,

Stegoi, Martinus, Dominicus, Gezrman, Orso, Goste, Lastigoy,

Ovvdalrieus, Dietmarus. Silvester, Iv-

van, Zdestan, Paulus, Zeno, Sebbastinus,

Hadiuriens, Wezenhart, Miche, Lamber-

tus, Andreas, Lienart, Arnolt, Johannes.

I Patriarchi di Aquileia riuscirono a fare

del Friuli uno stato potente e ufficial-

mente riconosciuto: per tre secoli e mez-

zo garantirono al popolo forme di vita

civile e politica in progressivo migliora-

mento.

I.D.P.

Bibliografia:

T. Venuti: Alore al aparì te storie il Popul Furlan

Bevilacqua – Mattiussi: Pantianicco in cerca della sua storia

Il foro romano ad Aquileia

Rappresentazione di un funerale longobardo

Pagine friulane

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Ricuârts di una paesana di passa novant'agns

Tala granda guera Ce ch’i m’impensi dal conflit 14-18, lu ài sintût dai

vecjus. Tala granda guera, dopo la disfata di Cjaurêt,

i todescs (austroungjarics) si son sparniçâts pal Friûl

a recuisî vivers pai soldâts e feramenta par fâ canòns.

A puartavin via formadi, roba purcina, polam, purcits,

pioris, vacjis, cjampanis (encje chês di Pantianins),

riscjei, cjardéirs, emprescj di fiêr.

Cula miseria ch’a regnava, al era un flagjel. Chei sol-

dâts a vevin tanta fan che a bevevin fintramai il gras

disfàt tali cjarderis, là ch’a purcitavin. Jessint tant de-

nutrîts, qualchedun al è muârt par conseguença.

A son rivâts a Pantianins dala banda dai cjasai e,

cuant ch’a erin lì dala statua, un omp al è lât four a

saludâju vosant: “Viva chi regna!”. A ur faseva bon

acét par no paâ il dazi, ma no l’à giovât.

Chei a àn viodût i ôcs tal so curtîl e ju àn puartats via

ducj. Passât il Cuâr, ju àn copâts, brustulîts e man-

gjâts. Melia di Ferìn, ch’a era dal 1910, muarta ultra-

centenaria, si ricuardava ch’a son lâts a rifurnîssi tala

so cantina e pò si son sentâts a mangjâ tal fogolâr. A

je, ch’a era picinina, a j ofrivin la bocjada disint:

“Komm, komm” (“Ven chi, ven chi”).

Il nono e la nona, in timp dala prima guera, a passa-

vin li seris a dî rosari par vîfs e muârts. D’estât, ch’a

preavin tal curtîl, a sintivin lonta lontan il revoc dai

canòns suli montagnis. Lôr fi al era bersalieir. Cuant

ch’a lu àn mandât cul bataliòn al front, lui si è butât

dal treno dongja Bean e al è scjampât a cjasa.

Al è stât tre dîs sot dal fen sul toglât, che li guardis a

vignivin di continuo a percuisî, pò si è costituît. Al à

schivât la fusilazion domo pai soi merits precedents, e

par che la guera a era ala fin. Ducj i soi compagns son

muârts sul front. Me madona a à pierdût il prin fi di

vincj agns, suli nestris montagnis. Al era dai rifurni-

ments di retrovia, forsit lu à copât una granada. La

mari lu à tant vaût, a diseva simpri ch’al era il pui bon

dai fîs, ch’a j puartava il brout tal jet se je no stava

ben, che tala granda miseria al rinunciava ai soi cja-

lçuts par daju ai fradis pui piçui. No à mai savût là

ch’a l’è sepulît.

A murivin cussì tancj, che a finivin in busa comun.

Finida la guera a è lada a cirî pardut, a Oslavia e al-

trò, ma no à mai vût un louc dulà vaîlu. L’afiét di

chist giovin pala famea, in cêrt mût al è continuât en-

cje dopo ch’al è mancjât: il fradi pui piçul al à schivât

il front rus tal secont conflit mondiâl, mediant dala sô

muârt, par efiéts di leç.

Chei puers soldâts, mandâts a maçâssi in trincea, a

erin pôc pui che fruts, e magari boins fruts. Vué si

ven a savê che a son lâts four di cjâf in tancj. Ju cla-

mavin “scemo di guera”.

A un mutilât a j ricognossevin il merit, ma chei pua-

réts a erin calcolâts par vergogna, dal Stât e dali fa-

meis. A son muârts un grum in manicomi. No sai di

paesans ch’a ur vevi tocjât che sorta tala prima guera,

ma par confermâ il fenomeno, i cognòs un câs sul

front rus dala seconda. Si trata di un Pantianichês

combatent volontari, che a un cêrt pont di massim

pericul al è saltât four dala trincea e si è butât cuntra

il nemì. Al è stât mitraliât e copât sul colp. Al era cun

atris dal paîs che àn cirût in ducj i mûts di stratignîlu,

ma lui nol capiva pui nuja, al è finît cussì. Al à lassât

la femina in spieta di una fia ch’a è nada uàrfina.

Dal 14-18, dongja di un’enormitât di muârts a son

stâts una sdruma di ferîts, restâts menomâts, sevie

militârs che civii.

I nestris tancj cadûts a son scrits sul monument. Di

atris paesans militârs ch’a son restâts invalits, jo i ài

tal cjâf Guerin di Tarmât (Guerrino Cisilino), Lino

Dal Çuet (Lino Cisilino), Min Di Coseàn (Beniamino

Toppano), colpîts tali gjambis o tai peis, e Lino di

Bisintìn (Lino Visentini) colpît tala schena.

“Le prepotenze austriache nei paesi invasi”, Achille Beltrame

sulla Domenica del Corriere, 1917

Pagine friulane

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Vigj di Bisintìn (Luigi Visentini) a l’à vût ferîts i doi

braçs, ma a l’à podût vuarî e puartà cjasa di ricuârt i

tocs di vués ch’a j àn saltâts. Al è restât invalit encje

Aurelio di Coseàn (Aurelio Toppano) che jessint e-

migrât in Canadà, al à combatût la guera cul esercit

canadês.

A era una granda propaganda par riclamâ ali armis i

emigrants, sot la minacia di pierdi i dirìts di famea.

Cussì Gjno Cavan (Igino Cavani), tornant

dal’America, e a l’è mancjât di muârt improvisa tal

viaç.

I vuei ricuardâ encje un ferît civîl dala seconda gue-

ra, che no lu ài nomenât tali memoris publicadis l’an

passât.

Si trata di Nato (Donato Manazzone) che giujant di

frut tal curtîl, a j à sclopada una bomba e al à pierdût

voi e mans. Un câs di granda disgracia, ma encje di

rara fuarcia di reazion: seben che invalit, al à studiât,

si è fat una famea, cul aiût dala femina al è deventât

avocat e docent.

Tali diviersis traversiis dala granda guera, tancj sol-

dâts di divisis difarentis a àn girât sbandâts pali ne-

stris cjeris.

Me madona a contava di un todesc che sul fa dala gnot al vigniva dai ôrts a tucâ tal barcon, plen di fan.

La clamava “mama”. Je a j dava ce ch’a podeva.

Un’atra femina a diseva di un dispierdût ch’a j à do-

mandât di mangjâ tal stes mût, disint: “russo, rus-

so” [l’Austria a faseva lavorâ sul front i presoneirs

rus, forsit chel al era scjampât]. “Se tu sês rus, russi-

ti” j à dit je, e lu à parât via. A contavin encje di un

militâr todesc ch’al era stât linçât dala int là dal mu-

lin.

Violença a clama violença, la guera a pô indurì i

cours.

Chiscj a son domo qualchedun dai tancju drams ch’a

son sucedûts. No stin a dismenteâ. No stin a ignorâ

ce disastro di luts dolorôs e distruzions morâls e ma-

teriâls che dutis li gueris a puartin cun sé.

Ieir, como vuè, a copin int e civiltât. Fasìn di dut par

ch’a podin finî.

L.C.

Quest’estate, sette poeti friulani hanno recita-

to poesie sotto le stelle di Milano. Fra i prota-

gonisti di due ore dedicate alla poesia ispirata

dal cosmo e dall'osservazione delle stelle,

c'era anche la nostra professoressa Viviana

Mattiussi.

Vestiti di bianco i poeti, con le loro voci han-

no dato ali alle personali rime che, come stel-

le, hanno emozionato tutti i presenti.

Vivissime congratulazioni ed auguri alla no-

stra collaboratrice e compaesana Viviana!

Poeti friulani a Milano

Pagine friulane

GNOT

Scoltait la gnot

che a dîs peraulis suturnis

cun lûs picinina di stelis

ch’a passa trimant

smisuradis distancis

par vignî fin tal centri

dal cour

a palpitâ cun lui.

A scancela la gnot

ogni umana misura

e a palesa

un ecuilibri vivent di cuârps

ch’a vongolin

a pas di dansa

dilunc i trois

di fuarça e misteri

ta chist viagiâ ducj insiema

fra i spazis e i timps

in direzion

dal infinît.

NOTTE

Ascoltate la notte

che dice parole silenti

con piccola luce di stelle

che tremula passa

distanze abissali

per giungere al centro

del cuore

a palpitare con lui.

Cancella la notte

ogni umana misura

e rende palese

un equilibrio vivente di cor-

pi

che fluttuano

a passo di danza

lungo sentieri

di forza e mistero

in questo comune viaggiare

fra i tempi e gli spazi

in direzione

dell’infinito.

Viviana Mattiussi

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E’ passato un secolo dall’inizio della Grande Guerra che ha sconvolto la nostra terra e ci ha rubato una generazione di giovani vite. Non sappiamo quasi niente di quegli anni ter-ribili perché i nostri antenati volevano dimenticare e parlavano poco in famiglia ed i gio-vani non ascoltavano, inoltre anche la storiografia ufficiale , per decenni e decenni, ha steso un velo pietoso sull’immane tragedia.

E’ dovere nostro portare alla luce le vicende ed i ricordi dei nostri nonni e bisnonni e far rivivere dopo 100 anni quelli che diedero la vita per l’Italia. A questa importante e doverosa memoria, il nostro bollettino dedicherà molto spazio. Perciò anno dopo anno, perciò chie-diamo la collaborazione di tutte le famiglie che hanno conservato testimonianze, lettere, fotografie e onorificenze per tramandarle alle future generazioni.

Negli anni antecedenti alla prima guerra mondiale, il

Friuli visse un momento molto importante nei diversi

campi della vita e della cultura di un popolo: nella

linguistica, nella letteratura, nella storia,

nell’archeologia, nella geografia e nell’etnografia .Il

territorio di Grado diventò una stazione balneare

dell’Impero sull’Adriatico e Gorizia, per il suo buon

clima ,fu la Nizza dei benestanti dell’Austria. La tem-

peratura dell’inverno goriziano era pari a quella della

primavera della Germania di mezzo. Un altro luogo

di vacanze diventò Tarcento, considerato il grande

salotto culturale del Friuli. Nel 1903 ebbe l’avvio an-

che la stazione balneare di Lignano. Il museo di A-

quileia nacque nel 1882, anno in cui l’Italia fece

l’accordo con la Germania e l’Austria-Ungheria per

creare la Triplice Alleanza. Nel 1881 nacque la scuo-

la agraria di Pozzuolo e il museo di Udine si aprì nel

1906. Già dal 1887, la legge Copino portò anche qui

l’insegnamento obbligatorio a nove anni, ma manca-

vano gli edifici scolastici e gli alunni venivano ospi-

tati nelle sacrestie e in qualche casa privata. In Friuli

c’era un analfabetismo maschile che arrivava in certi

paesi al 50 per cento, cioè su dieci uomini, cinque

non sapevano né leggere né scrivere; nel campo fem-

minile arrivava all’80 per cento: solo due donne su

dieci sapevano usare la penna e sfogliare un libro, per

leggerlo. In campo politico, nel 1892 nacque il partito

socialista che cominciò a far capire alla gente friulana

l’importanza dell’interessamento dei politici ai pro-

blemi sociali che allora erano molto peggio degli at-

tuali (lavoro di 10-12 ore al giorno, senza ferie, né

assicurazione, né assistenza medica, lavoro dei bam-

bini, vecchiaia senza pensione ecc.). Nel 1891, con la

“Rerum Novarum” il papa Leone XIII invitò i cattoli-

ci ad interessarsi finalmente dei problemi della gente.

Nel 1903 nacque il giornale “Lavoratore“ e nel 1906

sorsero le Cooperative che avranno una grande im-

portanza per lo sviluppo economico dei contadini ed,

in generale, del popolo. In quei tempi in Friuli au-

mentò anche la popolazione. L’agricoltura rappresen-

tava anche l’attività principale, ma non rendeva a

causa della mancanza di meccanizzazione e di irriga-

zione, allora molti friulani emigrarono negli Stati U-

niti, in Argentina, in Venezuela e in tanti paesi euro-

pei.

Partivano soprattutto i coloni ed i braccianti che non

avevano terra , ma solo braccia per lavorare. Le fami-

glie in quegli anni vivevano in miseria e con poco :

sulla tavola avevano minestre di orzo e fagioli, tanta

polenta, poco formaggio e salame, uova e radicchio.

Le donne si vestivano con ampi grembiuli neri e faz-

zoletti in testa, gli uomini si coprivano con informi

pantaloni e grezze camicie e nei piedi zoccoli e dal-

mine di legno, tutto rigorosamente fatto in casa (è

rimasta famosa la fastidiosa lana di pecora). I servizi

igienici erano inesistenti e precari: nei paesi erano

costruiti con canne di granoturco nei cortili. La puli-

zia della persona veniva fatta d’inverno nel calduccio

della stalla, nella mastella del bucato; in città il bagno

era diviso con 5-6 inquilini.

I vestiti dei fratelli più grandi passavano a quelli più

piccoli e poi ai bambini di altre famiglie. In questo

FRIULI PRIMA

DELLA GRANDE GUERRA

di Ines Della Picca

Come eravamo

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contesto l’emigrazione rappresentò una grande valvo-

la di sicurezza dal punto di vista economico, una ric-

chezza che sollevava le dure condizioni di vita del

Friuli. Dal 1885 al 1914 emigrarono definitivamente

92.419 Friulani. A questo punto però sarebbe errato

credere che il Friuli non avesse industrie ,di modeste

dimensioni ma c’erano: fabbriche per la lavorazione

della seta, della ceramica, del legno, laterizi, cotoni-

fici, concerie, ferriere, coltellerie e acciaierie coesi-

stevano faticosamente con un sistema agricolo molto

arretrato e non riuscivano a decollare neanche negli

anni del decollo dell’ economia italiana fra 1900 e

1914.

Quei friulani che andarono sul fronte già nel ’14

Solitamente la Grande Guerra viene narrata in Italia

solo a partire dal 24 maggio 1915. Invece qui in Friuli

è presente fin dal suo inizio, il 28 luglio 1914. Si vuo-

le raccontare, con il poco che si ha, la guerra vissuta

in prima persona, da tutti quelli che abitavano nel ter-

ritorio, cercando di capire e spiegare quegli eventi

mai scritti sui libri di scuola.

Allora c’erano due Friuli: quello italiano, in prece-

denza veneto, e quello austriaco. A quest’ultimo ap-

partenevano i territori di Tarvisio, Cave del Predil,

Malborghetto, Weissenfels e una parte di Pontebba. A

sud invece vi sono le cosiddette Basse austriache cioè

Ajello-Joannis, Aquileia, Campolongo-Tapogliano,

Cervignano, Fiumicello, Ruda, San Vito al Torre,

Villa Vicentina, una parte di Palmanova e in partico-

lare Visco. In quest’ultima zona la mobilitazione dei

giovani di leva avvenne già nell’estate del 1914 e su-

bito furono inviati sui fronti, prima brevemente su

quello balcanico e, poi,su quello orientale nella lonta-

na Galizia austriaca, oggi Ucraina occidentale.

I giovani del Tarvisiano invece furono impiegati nei

reggimenti di montagna e si sa poco di loro perché

pochi sono tornati a casa. Tralasciando battaglie, vit-

torie e sconfitte di questa pagina di storia tragica e

sconosciuta, vogliamo ricordare il calvario di questi

figli del Friuli, mandati allo sbaraglio. I friulani si

sono battuti con coraggio per l’Imperatore, "padre dei

suoi popoli", Francesco Giuseppe.

Molti cadranno in battaglia e molti saranno presi pri-

gionieri ed inviati in Siberia ed in Asia Centrale. Po-

chissimi faranno ritorno al termine del lungo conflitto

per le enormi distanze e perché nel frattempo scop-

pierà la rivoluzione sovietica. Sia morti sia ritornati

vivi a casa i soldati dell’Impero non vedranno ricono-

sciuti i loro sacrifici, né sono stati ricordati degna-

mente, perché, nel frattempo qui la situazione era

cambiata e per l’Italia loro erano combattenti nemici.

Solo recentemente sono apparsi dei monumenti alla

loro memoria e vi è una giusta e doverosa riabilitazio-

ne, essendo vittime della guerra come tutti gli altri.

Erano in gran parte gente umile, contadini poco adde-

strati, talora agli ordini di ufficiali dei quali non capi-

vano la lingua. E poi è venuto l’inverno duro, senza

gli abiti adatti, senza i rifornimenti: c’è stata anche la

morte silenziosa per fame, freddo ed epidemie.

Per una consistente parte del Friuli il 1914 fu così

pienamente un anno di guerra. E oltre ai soldati

c’erano le famiglie che iniziavano a ricevere messag-

gi terribili o altre che non sapevano nulla dei loro cari

poi ebbe inizio l’economia di guerra, con tutto ciò

che ne conseguì.

Nel 1914, 80.000 emigranti stagionali che furono e-

spulsi dalle fabbriche di Austria e Germania, senza il

pagamento del dovuto, diventarono 80.000 disoccu-

pati che andarono a bussare alle porte dei nostri Co-

muni per ottenere un sussidio e, soprattutto un lavoro.

I Comuni tentarono invano di chiedere dei mutui, mai

arrivati, per avviare lavori sulle strade ed assumere

disoccupati; inoltre deliberarono la costruzione di for-

ni rurali per distribuire minestre e pane ai più biso-

gnosi. Riuscivano a preparare 150 minestre al giorno,

più mezzo chilo di pane agli adulti e un quarto ai ra-

gazzi, ma i bisognosi di sostentamento erano sempre

molti di più. Seguirono proteste, sassaiole, violenze,

manifestazioni, ma la fame continuò, fino ad arrivare

a forme di protesta estreme: una famiglia abbandonò i

cinque figlioletti in municipio dicendo che non erano

in grado di sfamarli. I bambini, fra cui un epilettico e

un lattante, furono sfamati ed accuditi da donne di

buon cuore; dopo qualche ora i genitori tornarono a

riprenderli, minacciando di ripetere il gesto in caso di

necessità. Questa era la condizione sociale diffusa

nell’autunno friulano di cento anni fa.

Come eravamo

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Agli inizi del Novecento sono tanti gli abitanti del

comune di Mereto di Tomba che emigrano cercan-

do un lavoro, molti attraversano l'oceano Atlantico

verso l'America.

In Canada, sulle coste del Pacifico

Dai registri comunali si capisce che, almeno 40 uo-

mini si recano verso Michel, nella Columbia Britan-

nica del Canada. Questo paese oggi non si trova più

nelle mappe, ma a quell'epoca era un prospero centro

con più di 800 abitanti-lavoratori con una miniera di

carbone che somministrava alla Canadian Pacific

Railway.

I membri della numerosa comunità friulana lavoraro-

no nelle miniere e affrontarono un incendio e videro

morire tanti amici per mantenere la famiglia rimasta

in Friuli. Segnaliamo i nomi dei pantianicchesi Bran-

dolino Giuseppe; Cisilino Angelo, Guerrino, Libera-

le, Antonio, Egidio, Ferdinando,Gerardo, Andrea,

Settimio, e Olivo (che morirà sul fronte della Grande

Guerra); Mestroni Valentino; Cragno Virgilio, Ange-

lo, Anselmo, Costantino e Pietro; Mattiussi Fiorendo

e Mattia; Del Giudice Ubaldo; Manazzone Nigerio;

Molaro Ignazio; Stefanutti Giobatta; Taboga Anto-

nio; Toppano Alfonso e Angelo.

Alcuni rientrarono prima dell'inizio del conflitto, pe-

rò, nel 1914 le notizie che giungero a Michel sulla

guerra non erano chiare e molti lavoratori presero

coscienza che qualcosa di grande e pericoloso stava

per succedere; di fatto sono quasi 8000 i friulani che

si trovano all'estero (principalmente negli Imperi

centrali dell'Europa) che intraprendono il viaggio di

ritorno verso la propria casa. Sono 213 i friulani che

ritornarono in Patria sul finire di quell' anno in un

sofferto viaggio, in treno, in nave e in treno di nuo-

vo, attraversando una Francia in pieno conflitto, do-

ve le facce non erano sorridenti.

A Buenos Aires, sulla riva del Rio de la Plata

Come è ben saputo tanti pantianicchesi si trovavano

a Buenos Aires per lavorare negli ospedali locali ed

alcuni di loro rientrano con lo scoppio della guerra.

Mogli e figli spesso seguirono i mariti partiti prima

perché richiamati alle armi.

Nel mese di dicembre 1914, per esempio, Rosa But-

tazzoni in Sabbadini, rientrò in Italia con le figlie

Ernesta, Avelina e la piccola Olga per raggiungere il

marito Albano Sabbadini. Rientrò in Friuli per assol-

vere gli obblighi di leva anche Modesto Buttazzoni,

ortolano a Buenos Aires, e il fratello di Albano, An-

gelo Sabbadini, con la moglie Maria Primus e le fi-

glie Angelina e Anna.

Nel 1914 tornarono in Italia anche Oliva Della Picca,

addetta alla lavanderia dell’Ospedale Rivadavia di

Buenos Aires, e il marito Luigi Mestroni, sacrestano

nella chiesa di Santa Julia, che muore in guerra. I-

dentico destino toccò all’infermiere Cornelio Manaz-

zone, emigrato in Argentina nel 1906. Nel 1915 partì

volontario per l’Italia anche Romano Cisilino. Altri

sono: Romolo Bertolissi, infermiere caposala, Deci-

mo Brandolino, Attilio, Umberto, Luigi e Settimio

Cisilino, Alfredo Cragno, Giacomo Della Picca e

Dante Mattiussi. Un’altro friulano citato dovrebbe

essere Gregorio

Mattiussi, morto

durante il viaggio

di rimpatrio e di

cui si parla nella

pagina accanto.

WMM

RIMPATRIO PER ADEMPIERE AGLI OBBLIGHI DI LEVA

Due viste della città di

Michel in Canada, dove

arrivarono tanti friulani

in cerca di lavoro e , ac-

canto e seduto, Gaetano

Manazzone, classe 1896,

che rientrò da Buenos

Aires e fu fatto prigionie-

ro di guerra

Come eravamo

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Vivere in Friuli non é stata mai

una vicenda semplice. La regione

da sempre é stata invasa, addirittu-

ra calpestata. Infatti, attraverso i

secoli, gli invasori l’hanno sotto-

messa e in qualche occasione vi si

sono fermati in attesa di una mi-

glior aspettativa di vita.

Verso gli inizi del XX° Secolo, il

Friuli attraversava non pochi disa-

gi: i problemi economici non man-

cavano, la povertà era estrema,

rari erano i segni di sviluppo e

l’analfabetismo regnava ovunque.

In quel periodo e con appena

vent’anni, mio nonno Gregorio

diede inizio alle sue prime peripe-

zie come emigrante. Così percorse le strade delle co-

siddette Germanie, dall’impero Austro-Ungarico alla

Bavaria, fino l´anno 1912. Due anni dopo, verso la

fine del 1914, essendo impossibile trovare lavoro in

questi territori perché si era in guerra, compì l’eroica

traversata verso l’Argentina, nazione neutrale, se-

guendo i passi d´altri suoi paesani.

Buenos Aires, all’alba del secolo si mostrava una cit-

tà modernissima, con le sue strade larghissime, con i

tram che l’attraversavano in lungo e in largo, piena di

luce. La nuova nazione offriva delle opportunità i-

nimmaginabili per chi era disposto a lavorare durissi-

mo.

Mio nonno fu subito assunto come infermiere presso

l’Ospedale Italiano. Svolgere quelle mansioni gli

consentì non soltanto di mantenersi, ma anche di spe-

dire parte dello stipendio a Pantianicco, in provincia

di Udine, dove erano rimasti la moglie Maria e ben

quattro piccoli bambini.

Tuttavia queste buone possibilità non durarono a lun-

go perché passati alcuni mesi giunse la triste notizia

dell’intervento dell'Italia nella Grande Guerra. Nel

1915 il Friuli diventò ancora una volta teatro di cru-

deli battaglie nelle quali contadini, pastori, operai e

tanti altri, che a volte non parlavano neanche lo stes-

so dialetto o lingua, mal forniti e sprovvisti di ade-

guato abbigliamento, furono destinati al fronte.

Con l'Italia in guerra i giornali della

comunità stampati a Buenos Aires,

“Il Lavoratore” e “La Patria degli

Italiani”, incitavano gli emigranti a

rientrare nella penisola. Alcuni con-

nazionali residenti in Argentina e-

sultavano non senza esternare il lo-

ro sincero patriottismo, sempre

sventolando il tricolore. C´erano al-

tri invece che non si mostravano en-

tusiasti: erano i non interventisti, in

gran maggioranza anarchici, repub-

blicani e socialisti.

Fu allora che il governo italiano lan-

ciò un proclama e costrinse

all’immediato arruolamento dei cit-

tadini italiani all’estero.

Il Consolato Italiano minacciò “Chi

non fosse andato in guerra di impedirgli di rientrare

in Italia per quarant´anni”.

Il richiamo alle armi riporta in Patria molti infermieri

di Pantianicco. Il personale sanitario, amministrativo

e subalterno dell’Ospedale Italiano di Buenos Aires

rientrato per adempiere agli obblighi del servizio mi-

litare in Italia raggiunge le settanta persone. Le auto-

rità ospedaliere mobilitano il personale che deve a-

dempiere agli obblighi di leva e tutti coloro che si

rifiutano sono licenziati.

Nella seduta del 28 maggio del 1915, la Giunta della

Società Italiana di Beneficenza che gestiva il nosoco-

mio, decide di assicurare ai richiamati il posto occu-

pato durante il tempo della guerra, “accordando una

gratificazione unica a coloro che partono senza la-

sciare famiglia ed accordando alla famiglia degli al-

tri la metà dello stipendio attuale, più un sussidio uni-

co in caso di morte".

Malgrado ciò Gregorio non riuscì a superare la prima

visita medica, realizzata nello stesso ospedale, e

quindi continuò a lavorare, però in un altro nosoco-

mio, sino ad’aprile del 1917. Fu allora che decise di

arruolarsi volontario forse perché sentì un forte ri-

chiamo e profondo desiderio di servire la Patria, ma

anche perché adesso la sua famiglia era sotto minac-

cia diretta e lui era molto lontano; doveva ad ogni

costo rientrare dai suoi.

Il presente racconto forma parte del libro "Rientrati per la Patria, gli emigranti del Friuli Venezia Giulia di fronte alla Grande Guerra", pubblicato dall'Ente Friulano di Assistenza Sociale e Cultu-rale agli Emigranti, dove si trovano una serie di storie premiate che raccontano le vicende di chi, trovandosi all'estero, dovette rimpatriare per recarsi al fronte

La decisione inconclusa

Gregorio Mattiussi

di Nelida Mattiussi

Come eravamo

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Presa questa decisione si rivolse ad un’agenzia marit-

tima ed acquistò un biglietto la cui destinazione fina-

le era Barcellona. Scelse precisamente questo porto,

covo di spie internazionali, perché era neutrale e si

rendeva utile per evadere i sottomarini della Triplice

Alleanza nel Mediterraneo.

Da Barcellona gli sarebbe stato meno difficile rag-

giungere in treno l’Italia ed una volta arrivato a casa

sarebbe andato al distretto di Sacile ad arruolarsi.

Non è difficile immaginare l’uggia dei giorni di navi-

gazione. Mi sembra di vedere mio nonno in coperta

mentre guarda verso il confine dell’oceano e pensa a

quello che ha lasciato a Buenos Aires e quello che lo

aspetta in Europa, da una parte sacrificio e lavoro e

dall'altra la guerra però anche la famiglia. In quel vi-

aggio portò con sé soltanto una piccola valigia di car-

tone, in tasca appena un po' di soldi risparmiati ed

alcuni utensili personali.

Raggiunto il porto di Barcellona partì

in fretta verso la stazione. I binari era-

no affollatissimi; Gregorio in mezzo a

tanta gente, sbrigativamente salì sul

treno indirizzato a Ventimiglia. Questo

traguardo non fu mai raggiunto.

In primavera a maggio, dalla Francia

arrivò in comune a Mereto, una lettera

nella quale mettevano a conoscenza di

Maria, moglie di Gregorio, il suo de-

cesso. Il nonno rimase in uno scompar-

timento del treno ove si spense senza

che nessuno se ne accorgesse. Su quel

convoglio che arrivò in Italia senza di

lui lasciò inconclusa la sua determina-

zione. Presso Narbona, in territorio fran-

cese, il suo cuore debole e traditore disse

basta e smise di battere.

Il 1917 continuò il suo triste percorso verso Caporet-

to e, un anno dopo, la rivincita a Vittorio Veneto.

L’Italia lentamente recuperò la sua vita, anche se era

già segnata dalle conseguenze del conflitto; anche i

successivi anni sarebbero stati difficili.

Gregorio non vide una triste Maria che con una mano

teneva la valigia e nell'altra la figlia maggiore mentre

prendeva un treno in direzione contraria alla sua, in

partenza per l'Argentina per prendere il suo posto in

ospedale. Anni dopo sarebbe tornata per prendere gli

altri bambini, tra cui mio padre, lasciati sotto la tutela

di sua cognata in Friuli.

In una lapide collocata all’ingresso dell’Ospedale Ita-

liano di Buenos Aires sono stati incisi i nomi del per-

sonale che lavorava e fu richiamato alle armi, perden-

do così la vita in guerra. Gregorio non è tra loro ma

la sua memoria è ancora viva nei suoi discendenti.

Porto di Barcellona, nel 1917

Come eravamo

Pantianicco 1967, i due cognati Cisilino, Aldo e Leone

che se ne sono andati troppo presto.

Toscana, 1965. Riunione dei dipendenti della mitica

ditta “San Pellegrino”, Leone e Giancarlo posano

per la foto-ricordo.

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Dal libro storico della vicaria

4 agosto 1930 “ Prima Celebrazione della Giornata degli Emigranti”

Il Vicario, tempo addietro, lanciò l'idea di celebrare tutti gli anni, nel lunedì susseguente alla festa di San Lu-

igi, una festa speciale per gli emigranti della Vicaria. La cosa piacque. Oggi perciò, per la prima volta, si ce-

lebra detta festa.

Alla 1a Messa, celebrata da don Siro Cisilino, sono numerosissime le S. Comunioni, pro emigranti. La Messa

solenne è celebrata dal Vicario e vi assistono, in coro le auto-

rità del Comune e la popolazione intera.

Nel pomeriggio, funzione Eucaristica con discorso di don

Cisilino. Giochi popolari. Alla sera, concerto bandistico ed

illuminazione della Chiesa.

Così hanno termine le nostre feste, per la consacrazione della

Chiesa. Esse si sono svolte senza incidenti, ma tranquille, lie-

ti, lasciando di esse un caro ricordo, non facilmente dimenti-

cabile.

Sac. Luigi D'Odorico

Storia di frequentazione della scuola di avviamento e media di Codroipo

LO SCUOLABUS DI UNA VOLTA

Fu nel dopoguerra, a metà degli anni '50, che noi ragazzi di paese cominciammo a frequentare queste scuole

di Codroipo, appena istituite. La partenza dello scuolabus avveniva dalla propria abitazione, in orari abba-

stanza mattinieri, sia con pioggia, con sereno, con freddo o con caldo. Con la cartella in simil pelle, appesa al

tubo centrale della bicicletta (se da uomo) o sul portapacchi posteriore (se da donna), merenda al sacco e …

via, otto chilometri di andata e altrettanto per il ritorno e pedalare: oggi si potrebbe chiamare il “ bicibus".

Erano biciclette sgangherate, comprate già di seconda o terza mano, con le ruote rattoppate alla buona con

pezzi di gomme incollati. Nella stagione invernale si era dotati di doppi guanti e rigorosamente mantellina

cerata nera. Ricordo che un anno nevicò tutta la mattinata e fummo costretti a fare tutto il ritorno a casa a

piedi, spingendo a mano la bicicletta.

Lo studente pioniere che usò detto scuolabus per primo fu l’amico Aldo Cisilino, che partiva in solitaria da

Pantianicco, infagottato in una mantellina di lana nera, a ruota intera, residuo ben conservato dalla nonna dal-

la guerra 1915-18. Rimanevano visibili solo gli occhi. Arrivato a San Lorenzo, prima della curva per Codroi-

po, lo aspettava Giuseppe Pellizzer, che poi sarebbe diventato parroco di Sedegliano, con cui ebbe buoni rap-

porti tutta la vita.

Lo seguirono a ruota, negli anni seguenti, con detto scuolabus; Cisilino Orietta, Luciana e Angela, Manazzo-

ne Eros, Mattiussi Milvia, Bertolissi Pierino, Manazzone Goffredo, Mattiussi Domenico e tanti altri.

Per noi ragazzini, un po’ per l’incoscienza dell’età, un po’ perché ci sentivamo importanti ad andare soli a

scuola a Codroipo, è stata un’esperienza importante e felice: per strada ci si divertiva, facevamo delle soste

“ta li sgjavis “ per mangiare “emoli” acerbi.

Al mattino, prendevamo la scorciatoia, dopo il cimitero, “lì da la statua”; proseguivamo per la stradina fra i

campi e uscivamo all’inizio di San Lorenzo, presso la statua della Madonna. Là incontravamo altri ragazzi

ed a Codroipo altri ancora provenienti dai paesi circostanti: sono nate delle belle amicizie che durano tuttora.

Per i ragazzi che frequentavano la scuola mosaico di Spilimbergo, come Fabio Manazzone e Arrigo Agostini,

la strada in “bicibus” era senz’altro più lunga e faticosa. Bisogna sapere anche che andare a scuola in bici-

cletta era prerogativa dei ragazzi poveri, mentre le famiglie benestanti con tanti campi, mandavano i loro fi-

gli nei collegi a Udine.

Per noi proletari è stata comunque una bella avventura!

Come eravamo

Goffredo Manazzone

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Come eravamo

Suor Giacomina

Ida Manazzone ricorda la zia Silvia Zelinda Ma-nazzone (1887-1967).

I genitori di Silvia furo-no Giacomo e Maria Manazzone. Lui emigrò in Argentina nel 1909 per migliorare le condi-zioni familiari che erano veramente misere. Silvia cresceva, all’ombra della Vicaria, educata, genero-

sa, rispettosa: non era portata per i lavori dei campi, preferiva tutte le attività casalinghe, di cucito e di ri-camo nelle quali riusciva molto bene.

Era già evidente nel suo comportamento una predi-sposizione ad aiutare il prossimo. Ventenne, si sposò con Giuseppe Cisilino; la felicità fu di breve durata perché ebbe un figlio che morì alla nascita. Non le fu risparmiato nessun dolore, perché il marito fu chiama-to nel 1915 a servire la patria e morì in guerra.

Silvia, annientata dalle laceranti perdite di tutto ciò che aveva di più caro, rimasta sola, pensò di dare un senso alla sua vita dedicandosi agli altri, facendosi suora. Con l’aiuto dell’allora vicario don Pietro To-nelli (a Pantianicco tra 1922-1925) contattò il conven-to delle Figlie della Divina Volontà di Bassano del Grappa, ma non ebbe una risposta positiva: “Se non possiedi la dote non puoi entrare in convento!”

La delusione fu grande, ma Silvia non cambiò idea: ragionò che per farsi una dote doveva emigrare in Ar-gentina e così fece. Arrivata a Buenos Aires trovò su-bito lavoro come ricamatrice e vi rimase 5-6 anni, fi-no a quando raggiunse la somma necessaria per entra-re in convento.

Rientrata a Pantianicco, verso gli ultimi anni ’20, si recò a Vicenza dalla fondatrice delle Figlie della Di-vina Volontà, Suor Gaetana Sterni, che la accolse con ammirazione e rispetto per il lungo e difficoltoso per-corso che Silvia aveva dovuto sopportare per poter soddisfare e vivere la sua genuina vocazione.

Fu nel 1931 che Silvia diventò Suor Raimonda Jaco-pa, in ricordo del padre Giacomo, e per il resto della sua vita fu per tutti Suor Giacomina.

Così risulta oltre che dal racconto dell’affezionata nipote Ida, anche dal libro storico della parrocchia, nell’elenco delle Religiose oriunde da Pantianicco.

Una decina di ragazze si fecero suore dal 1922 al 1936, sulla scia del buon esempio delle suore france-scane elisabettine che hanno operato a Pantianicco per molti anni (vedi il libro “1911-2011 Cento anni della nuova chiesa di Pantianicco” a pag. 262).

Suor Giacomina ha prestato la sua opera come guar-darobiera e ricamatrice in molti ospedali del Veneto. L’ultimo fu quello del Lido di Venezia. La nipote Ida è stata a visitarla in diversi momenti e lei tornava in paese due volte all’anno a ritirare la pensione che poi consegnava al convento.

E’ vissuta a lungo, è morta novantenne serena e sod-disfatta della scelta che aveva fatto.

Pantianicchesi “ritrovati”

Accade fin troppo spesso che la storia ed i racconti di vita quotidiana dei paesi, grandi e piccoli che siano,

alla fine vadano perduti. E allora aneddoti, avvenimenti, ricordi che a livello storico non sono rilevanti,

rimangono soltanto nelle fotografie ingiallite o nella nostra mente. Questo bollettino, da tanti anni ha lo

scopo di non dimenticare la storia del nostro paese e della sua gente; sono pagine aperte dove, chiunque

può pubblicare fotografie e scritti di persone ed avvenimenti lasciati nella notte dei tempi.

Clara Buttazzoni

Nella memoria orale del paese, nessuno ha sentito parlare di questa sfortunata ragazza. Era figlia di Giovanni Battista Buttazzoni (Zuan di Fotel) e di Morassutti Giuditta di Ca-sarsa e sorella di Giuseppe, Luigi.

Filomena, Antonia, Rosa e Alessio, tutti emigrati e rimasti in Argentina (meno Bepi di Fotel, padre della maestra Carmen, rientrato).

Il nipote Bruno Zotti ha ritrovato Clara, che dovrebbe essere aggiunta all’elenco delle Re-ligiose oriunde del nostro paese, perché il suo nome è stato spazzato via dall’indimenticata alluvione del 1920.

E’ come se Clara, dall’oblio del tempo, fosse tornata a casa fra la sua gente.

I.D.P.

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Come eravamo

L’ultimo maiale. Correva il 2002 e nel cortile dei Cisilino (Ucel) ammazzavano quello che sarebbe stato l’ultimo maiale per fare salame ed

altre prelibatezze. Nella foto a sinistra da sx a dx: Silvano Dri, Romeo Bertolisi, Ivan Spagnolo, Tarcisio Mattiussi e Eno Cisilino. Nella foto

a destra Quinto Cisilino sorveglia l’acqua bollente del pentolone per la pulizia del maiale.

Sotto, Rizerio Manazzone, paracadutista,

a metà degli anni ‘50.

Famiglia

Manazzone

(di Belo),

anni ‘60. Da

Sn a ds: Lau-

ra, Virginia

(mamma),

Rizerio

(primogenito)

Fabio, Dirce

(sposa), A-

dolfo (papà),

Ines e Ame-

lio.

Salisburgo, 1993. Gita in una salina. Si

riconoscono Anna, Edda e Vienda

bardate di tuta.

Pantianicco,1955. Ceri-

monia funebre di Libero

Della Picca, all'uscita della chiesa.

Anni ‘50. La signori-

na Lucia Pravisani

con i bambini

dell’asilo: Eleonora,

Graziana, Ennio

Manzon, Adriano

Manazzone, Renza,

Maria Betta, Silva-

na, Paolo, Manuela,

Gaetano e Marinella

di Celia.

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Come eravamo

L’essicazione dei bozzoli

Verso la metà di giugno i contadini consegnavano i bozzoli alla filanda. Questi venivano immediatamente essiccati per impedire che il baco completasse la tra-sformazione in crisalide e quindi in farfalla rompen-dolo per fuoriuscire.

Si utilizzava un flusso di aria riscaldata a più di 80°C per uccidere l’insetto ed essiccare completamente i bozzoli occorrevano circa 12 ore per cui il lavoro pro-seguiva ininterrottamente fino all’inizio di luglio.

Prima della filatura i bozzoli essiccati erano lasciati a raffreddare in apposite sacche di juta. I primi forni utilizzati per l’essiccazione funzionavano a legna per cui era consueta la presenza giorno e notte di un fuo-chista ed un macchinista anche perché la temperatura doveva essere controllata con precisione. In tempi più recenti i forni a ventilazione forzata furono automa-tizzati con l’alimentazione a nafta.

Le filande

Le filande davano da lavorare quasi esclusivamente alle donne e per anni sono state un punto di arrivo, uno dei pochi posti di lavoro per molte friulane.

Già nella seconda metà del 1600 si fanno risalire i primi filatoi che lavoravano i bozzoli venduti dai con-tadini, ma in realtà la produzione friulana di seta restò ancora per tutto il Settecento un’attività a conduzione artigiana, scoraggiata dal fisco veneziano, mentre la stessa diventava industriale nel Friuli austriaco.

Nell’Ottocento, con l’annessione al Regno d’Italia, finalmente la seta friulana si produsse industrialmente sempre più a vapore e poi ad elettricità e si risolleva-rono le sue sorti. La qualità della seta era scadente, si dice, ma la domanda restava alta e la convenienza pure. Durante la Prima Guerra Mondiale soddisfece le richieste crescenti ad uso bellico, e nel dopoguerra iniziò l’esperienza positiva degli essicatoi collettivi e delle prime iniziative cooperativistiche a tutela dei produttori.

Con la crisi degli anni ‘30 si ebbe un calo della do-manda per questo prodotto di lusso e poi venne la se-ta orientale, leggera, di qualità e concorrenziale nel prezzo.

Dopo pochi decenni, questa attività che diede una pri-ma dignità personale e un barlume di indipendenza alle nostre donne, finì! Restano edifici che si notano abbandonati ancora in tanti centri friulani, tipici per la loro architettura che rompe il disegno armonico delle case contadine.

La filanda di Codroipo

Una fabbrica per la filatura della seta fu fondata a Co-droipo verso la fine dell’Ottocento. Era dotata di dor-mitori per le operaie di più lontana provenienza, che rincasavano il sabato, e occupavano complessivamen-te 150 persone. Due filande più piccole erano situate in Borgo di Sotto e nel Foro Boario; altre a Goricizza, Pozzo, Bertiolo e Varmo.

Nel 1908, per iniziativa del milanese Frova, sorse una nuova filanda, unita alla vecchia, che occupava 250 operaie.

Ed ecco come era organizzato il lavoro nello stabili-mento, secondo quel puntiglioso raccoglitore di me-morie codroipesi che fu Don Vito Zoratti:

Disposti al centro del lunghissimo salone stavano 118 fornelli serviti da altrettante maestre filandine; in se-conda fila stavano le preparatrici dei bozzoli, che ser-vivano le maestre, una ogni due per un totale di 59; in terza fila stavano le annodatrici (gropinis, in friula-no), una ogni quattro maestre, in totale 29 donne.

C’erano poi tre assistenti e 17 persone addette all’esame della seta. Al deposito dei bozzoli erano addette altre 20 operaie ed, infine, quattro o cinque persone erano occupate al deposito delle crisalidi.

Anche le filande codroipesi e l’essiccatoio bozzoli cessarono l’attività alla fine degli anni Cinquanta del XX° secolo.

Concludiamo il lavoro della bachicoltura con il passaggio negli essicatoi e nelle filande

nelle quali si produceva la seta grezza, dipanando i bozzoli.

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Come eravamo

Nel raccontare gli anni passati in filanda il più delle

volte le donne sono allegre: è un periodo che ricorda-

no con simpatia, un po’ perché erano ragazzine in-

coscienti, poi perché non erano contadine ma ope-

raie e con la paga potevano permettersi il primo ve-

stito vero, oppure dovevano contribuire alle necessità

della famiglia.

Mentre lavoravano cantavano, tutte assieme canti po-

polari, villotte friulane, ma dovevano stare molto at-

tente perché se sbagliavano le insultavano: la

“capesse” toglieva dalla paga una lira per ogni errore

(negli anni trenta). In filanda si lavorava per sette ore

al giorno, con una pausa di due ore fra mattina e po-

meriggio, cinque giorni alla settimana.

L’impegno non era eccessivamente sfibrante, ma gli

inconvenienti del mestiere erano molti. Ricordano

soprattutto i tagli che il filo di ferro faceva alle mani.

Erano profondi e dolorosi. Le mani delle operaie era-

no spesso martoriate anche dall’acqua bollente e dal-

le irritazioni che poteva provocare “la galeta” cioè il

baco quando bolliva.

Lo stanzone dove lavoravano poi, non era un posto

salutare. L’acqua che bolliva in continuazione nelle

bacinelle e le alte temperature rendevano l’aria male-

odorante, pesante e molto umida. A quei tempi poi

non c’erano periodi di ferie, se un’operaia doveva

stare a casa, al suo rientro era costretta a d aspettare il

direttore, per giustificarsi ed ottenere il permesso di

ritornare al proprio tavolo di lavoro.

Le filandine di Pantianicco alle sette e un quarto, o-

gni mattina, avevano appuntamento nella piazzetta a

fianco della Chiesa verso il Corno: erano tutte ragaz-

zine dai 14 ai 16-17 anni, orgogliose di andare a la-

vorare.

Ne nominiamo alcune fra le ultime: Lucia Carpacco,

Scolastica e Ivana Brandolino, Bruna e

Delma Del Bianco, Luciana Toppano,

Marisa Cragno, Graziella Bunello e Ro-

sanna Petrazzo, la più giovane. Le

mamme avevano già preparato per loro un

grosso panino con frittata, o salame o for-

maggio per mezzogiorno.

Per loro era un’avventura partire in bici-

cletta, attraversare San Lorenzo ed arriva-

re a Goricizza in compagnia cantando e

ridendo, giusto quando dalla filanda senti-

vano il suono della campanella d’entrata.

Anche se le strade bianche e polverose

avevano delle buche gigantesche che le

facevano saltare sulla sella, erano conten-

te lo stesso.

Nella brutta stagione il tragitto era meno piacevole

ma si difendevano avvolte, assieme alla bicicletta

nella “mantellina” nera dei nonni. Bisogna ricordare

che alcune di quelle mantelle erano ricordi della Pri-

ma Guerra Mondiale.

In filanda erano trattate abbastanza bene: erano assi-

curate e con tanto di libretto di lavoro. Nel 1955 Sco-

lastica nella busta paga mensile aveva Lire 9.000,

mentre la sorella Vana nel 1958 riceveva Lire 13.500

al mese.

Pochissime hanno potuto comprarsi un vestito nuovo,

i guadagni erano necessari in famiglia. “ Per fortuna

arrivavano i pacchi dal Canada e dall’Argentina con

tanti bei vestiti usati delle mamme, zie e cugine emi-

grate!” , commenta Ivana.

In conclusione la filanda è stata comunque per molte

donne un importante momento di lavoro.

I.D.P.

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Come eravamo

Agns ‘60, i giuadôrs di balon tai pras di Pantianins: (in alt) Mano di Bepon,

Arnaldo di Petul , Menut dal Frari , Angjelin dal Farut, Vani Butazon, Ermi-

nio di Petul; (abas) Gjgjut di Maurisio, Nastasio di Ucel, Carleto dal Sindic,

Zacaria di Tinat, Rino di Macioc

Mereto di Tomba, anni ‘70. Roberto Cisilino, Stefano Visentini, Giorgia

con il papà Glauco incontrano un giocatore di basket

Comunione negli anni ‘50. Assieme a don Giuseppe Della Marina, da sin.

Cisilino Amanzio con i genitori Antonio ed Evelina; Cragno Franco; Ago-

stini Arrigo, Bernava Bruno con le mamme Bice, Serena e Noemi; Zoratti

Maria Edda con i genitori Ciro e Vaita; Brandolino Scolastica con Aposto-

lo e Frondina; Toppano Clara Ninfa con Adriano e Margherita; Cisilino

Liana con mamma Alfonsina Piano d’Arta – 1951 Bianca e Anastasio sul ponte

del But

Medaglia del Premio Epifania 1973 assegnato a don

Siro Cisilino (1903-1987). Le nipoti Dora e Alicia

Cisilino, dall’Argentina, la donano alla chiesa di

Pantianicco

1952, Loris e Edda con la piccola Flavia

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Pantianicchesi nel mondo

Con grande gioia apprendiamo la bella notizia

che nel corrente anno 2014 la nostra compaesa-

na Liana Cisilino in Buttò festeggia il cinquan-

tesimo anno di attività artistica come affermata

pittrice: olio su tela, acquerello su seta, carte

acquerellate sono le sue tecniche principali, in

stile che richiama l'impressionismo.

In questo notevole arco di tempo ha partecipato

a centinaia di mostre in campo regionale, na-

zionale ed internazionale: le mete Pordenone

nel '65, Rapallo nel '66, Udine nel '70, Salso-

maggiore nel '76, Parigi (presso l'UNESCO)

nel '77 dove riceve premio “La Vittoria Alata”,

Roma nel '78, Portogruaro nel '84, Ferrara

(Artexpo), New York e Cannes nel 2003 ed

inoltre in Austria, Croazia, Repubblica Ceca,

S v e z i a ,

Norvegia, Estonia, Lettonia e Spagna. Significativa anche la mostra nel Palaz-

zo delle Prigioni a Venezia e, nella stessa città, nel 2013 alla Biennale - Eventi

collaterali.

Ricostruire un rapporto con la natura incontaminata; questo sembra essere il

messaggio ideale di Liana nella raffigurazione delle stagioni nel loro mutare,

del mondo agreste nei tempi passati, dei piccoli eventi quotidiani. Pittrice istin-

tiva e quasi visiva prende dalla natura stessa, dalla luce e dai colori le sue im-

magini. Su di lei hanno scritto diversi critici d'arte, tra cui Paolo Levi, Dino

Menichini, Licio Damiani, Paolo Rizzi, Natale Zaccuri e Sabrina Zannier. Lia-

na vive e lavora a Ronchis di Latisana.

Tutta la nostra comunità si congratula con lei per il lusinghiero traguardo rag-

giunto. Ennio Buttazzoni

Don Leonardo Della Picca ci segnala la visita che,

venerdì 14 novembre 2014, il nostro vescovo

Mons. Andrea B. Mazzocato ha realizzato nella

parrocchia di Santa Giovanna d'Arco a Ciudadela

della diocesi di San Martín (Buenos Aires, Argen-

tina), gemellata con quella di Udine.

Nelle fotografie: i sacerdoti di origine friulana don

Claudio Snidero, don Rolando Roiatti, Mons. An-

drea Mazzocato, don Leonardo Della Picca e don

Marcin, segretario del vescovo. Inoltre, sono stati

realizzati incontri con gli allievi della scuola

dell'infanzia parrocchiale e con il consiglio pasto-

rale locale.

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Pantianicchesi nel mondo

Mi chiamo Liliana Cisilino, abito a Buenos Ai-

res, sono figlia di Odorino Cisilino e nipote di

Sara Cisilino. Lei abitava a Pantianicco mi di-

ceva sempre che voleva conoscermi, però non è

stato possibile.

Ho visitato Pantianicco nel 2010 e ho provato

una grande emozione nel momento in cui ho

conosciuto il posto dove era nato mio padre.

Mi hanno ricevuto molto bene i miei cugini

Daniele Cisilino, che non mi conosceva, e la

famiglia di Valentina Cisilino. Carinissimi tutti!

Mio padre riceve sempre il Bollettino di Pantianicco e sarebbe

un bel regalo vedere pubblicata la sua foto assieme a quelle

della mia famiglia, tra cui mia figlia Paola Fierro che recente-

mente si è laureata come maestra d'asilo nido.

Tante grazie per inviare "Qui Pantianicco" agli italiani che si

trovano all'estero; ci aiuta a ritrovare le nostre radici. Vi saluto

ed auguro un prospero 2015 ed un buon Natale! Grazie a tutto

Pantianicco Mandi!

Nella foto a destra, mio padre Odorino. Nella foto di gruppo: mio figlio Ma-

riano Fierro, mio marito Nestor Fierro, io assieme a mio padre e mio fratel-

lo Luigi, mía cognata Gabriela e i miei nipoti Marco e Gaston.

A Sinistra, Canada estate 2013, Manazzone Liliana con il padre Gastone, giunta da Qualso per l'ultimo salu-

to alla mamma Giovanna Venier. E a destra, Canada 1° gennaio 2014, i figli Glauco, Tiziano e Giuliano fe-

steggiano gli 85 anni di papà Gastone Manazzone che invia saluti a tutti i conoscenti.

Caro Gastone, mi ricordo bene di te e ti assicuro che anche lo fanno tutti i paesani della nostra generazione che ricambiano i tuoi graditi saluti. Complimenti per la tua bella famiglia e ancora condoglianze per la perdita della tua cara Giovanna. Da più di vent'anni sei affezionato lettore di “Qui Pantianicco”, ti ringraziamo per le belle fotografie e le ge-nerose offerte che ci invii sempre. Ti auguriamo tanta salute e serenità. Ines Della Picca, figlia di Vaniglio "marangon ", e tutta la redazione

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Pantianicchesi nel mondo

Nel 2009, la mia curios i tà mi ha indot to a cercare not iz i e su mio bisnonno Liberato

Cisilino ed un v iaggio verso New York di cu i nessun parente v i vente era a cono-

scenza . Dedico la mia r i cerca a tu t t i coloro che , a lmeno una vol ta nel la v i ta ,

hanno avuto i l coraggio d i inseguire un sogno

Compaesani in Nord America

Dal 1900 al 1914 l'emigrazione italiana verso le

Americhe in tanti casi fu libera ed indiscriminata mo-

tivata dal bisogno di popolare nuove terre.

Però il conflitto interruppe i movimenti migratori e

quando ripresero le regole cambiarono.

Gli Stati Uniti nel 1917 cominciarono a preoccuparsi

dei continui arrivi; nel 1921e nel 1924 vararono leggi

più restrittive che fissavano le quote per ogni paese di

emigrazione, favorendo i paesi britannici e nordici.

Dopo la crisi del 1929, l'emigrazione verso gli Stati

Uniti si fermò. Non si vollero più analfabeti, si cerca-

vano lavoratori qualificati ed istruiti e si favorì l'emi-

grazione urbana ed industriale, lasciando da parte

quella contadina e dei braccianti.

Sui viaggi di Liberato Cisilino si conoscevano i due

compiuti verso l'Argentina, emigrazione molto cono-

sciuta ai pantianicchesi visto l'alto numero di persone

partite e stabilitesi laggiù; quello verso gli Stati Uniti

e Canada, seppure intrapresa da parecchi compaesani,

non ha riscosso lo stesso interesse, in quanto pochis-

simi si sono stabiliti definitivamente in quelle terre.

La legge del Congresso degli Stati Uniti del

marzo1903 prevedeva che per ogni nave con passeg-

geri stranieri fosse compilata una lista che poi veniva

consegnata all'ufficio emigrazione.

Partendo da questo indizio ho potuto ricostruire la

storia particolare e affascinante che riguarda il mio

bisnonno Liberato che, a 21 anni, partì da Le Havre il

26 marzo 1904 verso l'America insieme ad altri com-

paesani e millecentodue persone, come risulta dalla

lista passeggeri della nave La Tourraine.

In quelli anni parecchi emigranti partivano dal porto

di Le Havre, in Francia settentrionale, perché i prezzi

per New York erano più economici rispetto al viaggio

con partenza da Genova. Come fecero altri pantianic-

chesi, inoltre qualcuno partì anche da Napoli ma que-

sta scelta implicava un viaggio più lungo.

La decisione

A quei tempi in ogni comune esisteva un "mediatore"

o "sensale" di una compagnia di navigazione e

l’osteria del paese era il posto più idoneo dove propa-

gandare i facili guadagni in America settentrionale.

Immagino il locale gremito di contadini il giorno di

festa e un loquace e smaliziato imbonitore offrire da

bere decantando le fortune e le ricchezze facilmente

reperibili oltre Oceano e prezzi stracciati per il viag-

gio. Forse mio bisnonno è stato abbindolato così…

Il costo del passeggero poteva variare da 150 lire a

360 lire circa (una cifra che corrispondeva a ben cen-

to giornate lavorative di un bracciante agricolo) e a

volte comprendeva anche un accompagnatore, che

attraverso la Svizzera, li conduceva al porto francese.

Il biglietto poteva essere pagato anche con animali,

caricati nelle stive con le persone. Sicuramente Libe-

rato ed i suoi compagni sono partiti con poche cose

dalla piazza di Pantianicco, portando nelle valige fo-

tografie, santini e tutto ciò che poteva ricordare loro i

luoghi e le persone che avevano lasciato.

Immaginatevi nel porto di Le Havre, vedere il mare

forse per la prima volta, sentire una nuova lingua,

mangiare nuovi cibi e trovarsi di fronte al transatlan-

tico che li avrebbe portati "nel nuovo mondo". Il ti-

more per l'ignoto, la malinconia per aver lasciato le

famiglie ed il loro paese. Solo la speranza di un futu-

ro migliore li rincuorava e rendeva muti i dubbi sulla

decisione presa.

Da Pantianicco partirono poche persone da sole; ge-

neralmente il viaggio si affrontava in compagnia as-

sieme a qualcuno che l’aveva già fatto o conosceva

qualcuno nel destino finale.

Allora come adesso chi emigra, se è una persona one-

sta, è spinto dalle necessità economiche, mentre a ca-

sa sua c'è miseria e fame. Spesso sono i parenti e gli

amici partiti prima di lui a convincerlo ad andare, ma

come fa se non ha un soldo? Egli venderà quel poco

di Catia Cisilino

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Pantianicchesi nel mondo

che possiede o si farà prestare del denaro da qualcu-

no, sperando poi di restituirlo. Emerge però subito il

lato vergognoso della faccenda: su questi disperati si

avventano gli speculatori che, approfittando del loro

stato di indigenza e di ignoranza, li spingono ad inde-

bitarsi per poter ripartire. Spesso non sapevano nem-

meno dove la nave li avrebbe portati. Sbarcavano in

paesi dove la gente non li aspettava di certo a braccia

aperte.

Essere italiani in America, per la prima generazione

di emigranti, significò addirittura prendersi ogni col-

pa e ogni accusa di delinquenza e ribellione. I nostri

spesso venivano considerati meno di niente e forse

per quello sono pochi i pantianicchesi che si fermaro-

no in quelle terre.

Nella stiva delle navi più capaci prendevano posto

spesso più di duemila persone. A volte l'affollamento

trasformava il trasporto di passeggeri in trasporto di

carne umana. Gli emigranti venivano sistemati in ter-

za classe nella stiva della nave.

Nel 1910 la maggior parte delle linee marittime aveva

trasformato le stive delle nuove navi in cabine da

quattro o sei letti. I pasti si servivano in sale da pran-

zo su lunghi tavoli.

L'arrivo

Una volta arrivati in America gli emigranti venivano

condotti a Ellis Island, un isolotto nella baia di New

York vicino alla Statua della Libertà. Chiamata triste-

mente anche "l'isola delle lacrime", fu operativa dal

1892 fino al 1954, per censire e ispezionare tutti quel-

li che arrivavano a New York.

Quando le navi a vapore entravano nel porto i più ric-

chi passeggeri di prima e seconda classe venivano

ispezionati comodamente nelle loro cabine e scortati

a terra da ufficiali dell'immigrazione.

Queste ispezioni erano molto più superficiali, tanto

da spingere alcuni emigranti, che temevano di non

superare le visite più rigorose di Ellis Island, a pagare

il biglietto di seconda classe, di certo più caro.

I passeggeri di terza classe venivano invece traghetta-

ti sull'isola per una dura ispezione.

Ogni emigrante in arrivo portava con se un documen-

to con le informazioni riguardanti la nave che l'aveva

portato. I medici esaminavano brevemente ogni per-

sona, accertando soprattutto le malattie ripugnanti,

contagiose o mentali. Gli ammalati o i "sospetti" tali

venivano marcati sulla schiena con una croce bianca

segnata con il gesso, confinati sull'isola per la quaran-

tena o il reimbarco. Agli emigranti veniva assegnata

una "Inspection card" con un numero. C'era da aspet-

tare anche tutto un giorno mentre i funzionali di Ellis

Island lavoravano per esaminarli.

Secondo le registrazioni ufficiali, tuttavia solo il 2per

cento veniva rifiutato e molti di questi si tuffavano in

mare e cercavano di raggiungere Manhattan a nuoto o

si suicidavano piuttosto che affrontare il ritorno a ca-

sa.

Ellis Island , New York, nel 1905

Ellis Island nel 1904. Gli emigranti aspettano per i controlli

ELLIS ISLAND OGGI

Ellis Island è un grande Museo dell'Immigrazione.

Dal 1990 vi sono esposti i "segni" lasciati dagli emi-

granti: vestiti, tessuti e utensili. Nelle varie sale, le

esperienze di vita vissuta sono ricostruite con foto-

grafie, pannelli esplicativi, piccoli oggetti domestici

portati dalla terra di origine e utilizzati per il lungo

viaggio (valige, ceste, sacchi, fagotti). E' possibile

ascoltare le voci registrate dei protagonisti. Vi sono

descrizioni dell'arrivo e dei successivi colloqui, e-

sempi delle domande poste e degli esami medici

effettuati. Oggi chiunque voglia avere notizie dei

propri avi emigrati in America può andare sul sito

internet www.libertyellisfoundation.org

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Pantianicchesi nel mondo

Nome Arrivo a New York Porto partenza Nome Nave

Andrea Cisilini, Egidio Badano, Fiorindo Mat-

tiassi 09/04/1903 Genova Liguria

Angelo Bertolizzi, Angelo Sabbastini, Callisto

Cisilino, Cirillo Brandolini, Ermenegildo Bran-

dolino, Ettore Cragno, Fabiano Cisilino, Gerardo

Cisilino, Giuseppe Bortolispi, Giuseppe Toppa-

no, Luigi Picco, Massinio Cisilino, Raffaele Ci-

silino, Ricardo Foratto, Sisto Picco 17/03/1904 Genova Nord America

Guiseppe Coppiano 02/04/1904 Genova Citta di Napoli

Angelo Cisilino, Antonio Cisilino, Liberale Cisi-

lino, Valentino Mestroni, Virgilio Tragno 03/04/1904 Le Havre La Tourreine

Alfonso Toppano, Angelo Cragno, Angelo Tap-

pano, Anselmo Cragno, Antopnio Taboga, Calli-

sto Cilicino, Callisto Schiavo, Costantino Cra-

gno, Egidio Cicilino, Ferdinando Cicilino, Ge-

rardo Cicilino, Mattia Mattiussi, Olivo Bisilino,

Rizzieri Manazzone, Settimio Cicilino, Tomazio

Molaro, Ubaldo Del Guidice 10/04/1904 Le Havre La Lorraine

Valentino Cisilino 18/04/1904 Le Havre La Bretagne

Remigio Cisilino 23/03/1905 Le Havre La Bretagne

Eugenio Cisilino 28/10/1920 Napoli America

Albano Sabbadini, Giovanni Manazzone, Renato

Cisilino, Settimo Brandolino 09/04/1906 Le Havre La Gascogne

Achille Cisilino, Serafino Mattiussi 25/04/1906 Genova Sicilia

Gioacchino Cisilino 28/05/1906 Genova Citta di Torino

Lino Cisilino, Giovanni Cisilino, Querino Cisili-

no, Lino Manazzone 16/04/1907 Le Havre La Gascogne

Aristide Della Picca, Ce'lestino Della Picca, Fer-

ruccio Della Picca, Hurbilio Della Picca 16/01/1909 Le Havre La Savoie

Leonilda Cisilino, Reanigia Cisilino 03/05/1911 Genova Berlin

Guerino Cisilino 20/05/1912 Le Havre Rochambeau

Domenico Cisilino 13/10/1912 Le Havre La Provence

Augusto Cisilino 03/01/1920 Genova

Duca degli

Abruzzi

I 66 pantianicchesi

Tra il 1904 ed il 1920 circa 66 pantianicchesi emigrarono temporaneamente verso il Nord America, approdan-

do al porto di New York. Alcuni di loro fecero più di un viaggio. Quando arrivavano ad Ellis Island i loro no-

mi ed il paese di provenienza venivano registrati a volte in modo sbagliato. Possiamo trovare diverse varianti

di Pantianicco, come Pantianico, Piantanicco, Pontanica, Cantianico, Panservico Morito, Pantaneo, Pantiaa-

nico e Pautianicco; altri sono stati registrati sotto Mereto o Meretto di Tomba ed altre variazioni dello stesso

nome. Nella tabella si riportano alcuni nominativi con la grafia originale con la quale si trovano nell'archivio

di Ellis Island. WMM

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Pantianicchesi nel mondo

Lino Manazzone (padre di

Belgrano) fra due

compaesani a Buenos Aires

nei primi anni ‘20.

Maggio 2014. Visita di Mirta

e Enrique Manazzone di

Buenos Aires. Domenica 3 agosto si è tenuto l’annuale

ricordo dedicato ai compaesani emigrati

all'estero. Dopo la cerimonia in cimitero,

dove hanno partecipato il sindaco Massi-

mo Moretuzzo ed i consiglieri comunali

Emanuela Minuzzo e Walter M. Mattiussi

si realizzò una bicchierata in piazza, orga-

nizzata dalla Pro loco.

Un particolare momento, commemorando

i cento anni dell'inizio della Grande Guer-

ra, fu quello del ricordo di chi, trovandosi

lontano, rientrò per combattere durante il

conflitto.

In piazza, davanti alla chiesa, fu allestita

anche una mostra fotografica sull'emigra-

zione da Mereto di Tomba verso il mondo,

curata dall'Associazione La Grame.

Buenos Aires, 1945. Matrimonio di Guerino Mattiussi (di Lucrezio) ed

Elsa Nessina (in centro della foto). Sono accompagnati dalla madre

Maria, il nipote Mario, il fratello Romildo, Aida (sorella di Elsa), un

amico della coppia e il cappellano dell’Ospedale Italiano.

Pantianicco, ini-

zio anni ‘50.

Vottorio Treppo e

Albertina Giaco-

mini assieme ai

figli Teresa e Ma-

rio qualche mese

prima di emigra-

re in Argentina.

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Pantianicchesi nel mondo

Nella famiglia di mio padre, Leonardo Gallai, e nella famiglia di mia madre, Maria Antonutti,molti hanno fatto carriera: militari di

leva, carabinieri, finanzieri o, come un cugino di mio padre, Maresciallo della Questura di Udine.

Io, dai 14 fino a 19 anni, ho lavorato nella falegnameria di Vaniglio e a 18 anni decisi di intraprendere la carriera di carabiniere.

Un giorno Vaniglio mi prestò la bicicletta per andare a Basiliano dai carabinieri per presentare domanda. Lì trovai il Maresciallo che

venne a dirimere le controversie sorte per la questione dei Prati della Figa. Questi mi caricò sulla sua bicicletta e mi porto' dal

medico per la visita: ero idoneo e potevo cominciare a fare le pratiche.

Avevo già compiuto 20 anni. Ripreso il mio lavoro in falegnameria dopo pranzo, mi tagliai il dito mignolo della mano sinistra e

così il mio sogno di arruolarmi nell’Arma svanì perché, alla visita di leva mi fecero abile, ma col congedo illimitato provviso-

rio. In caso di guerra sarei stato richiamato.

Dopo 4 o 5 anni dall’ incidente, il Comune di Mereto di Tomba, bandì un concorso per Guardia Municipale e mi iscrissi insieme a

Vittorio Uliana, che poi diventerà Sindaco. La prova del concorso consisteva nella compilazione dei verbali. A parere di molti,

feci uno dei migliori scritti. Ma la Guardia era già stata scelta nella persona di Ermes Antonutti, mio cugino.

Il prete, don Guido Cappellari, mi chiese se anche io avessi partecipato. Io non sapevo che ci si dovesse far raccomandare.

Dalla falegnameria passai nella fabbrica Dinamite (dai 20 ai 28 anni); lavoravo alla produzione in una cartucciera che riempivo con

dell’esplosivo. Sono stati anni meravigliosi. Sono stato eletto per molti anni presidente

della commissione interna e ho costituito la cassa depositi, una cassa malattia che inter-

veniva quando un lavoratore si assentava per più di un mese.

Una volta l'ingegnere Dal Dan ed io siamo andati a Tomba; abbiamo comprato viveri per

18 mila lire e siamo andati insieme a consegnarli. Nella Dinamite ero stimato e mi vo-

levano bene. L’amicizia e la stima dei dirigenti, dei periti, del vice Direttore e dell'Ingegne-

re Dal Dan mi hanno aiutato a diventare un vero uomo. Grazie anche ai dirigenti del sinda-

cato C.I.S.L. ho partecipato a molte conferenze.

Avevo un posto di responsabilità; la busta paga era buona, ma la consegnavo a mia ma-

dre e non avrei mai potuto comprarmi una casa mia.

I miei fratelli, che erano sposati, si trovavano in Svizzera e avendo famiglia pensavano per

loro. In me maturò, perciò, la voglia di andare da loro.

Erano i primi di febbraio quando mio fratello Enzo mi mandò un contratto. Entro dieci

giorni, dovevo trovarmi in Svizzera nella fabbrica Landis und Gyr. In Dinamite l'ingegnere

era assente e lo dissi al vice direttore che quasi si arrabbiò, dicendomi: “ Perché non ci hai

avvertito? Ti avremmo affiancato qualcuno affinché imparasse!”. Allora decisi di rimanere

fino al 17 febbraio e partii venerdì 19. Lunedì iniziai a lavorare con il rammarico che la

Dinamite il 4 novembre avrebbe festeggiato i suoi 10 anni e avrebbe consegnato una me-

daglia in ricordo. Io, andandomene via da lì, l’avevo persa.

Le aspirazioni fallite di Mano

Baar , Svizzera. Romano Gallai, in com-

pagnia della nuora Bernardette

Mario Treppo, nato a Pantianicco ed emigrato a tre anni assieme ai geni-

tori in Argentina durante il secondo dopoguerra, è rientrato per la prima

volta a luglio 2014, dopo 64 anni, per ritrovare parenti e amici e per riti-

rare un premio vinto con un racconto sulla storia del nonno Angelo Gia-

comini che combatté durante la Grande Guerra.

“Papà, era alpino e dopo la guerra diventò operaio a Torviscosa però

decise di emigrare in Argentina dove si trovavano i suoi cognati. Par-

timmo in nave. Per diversi motivi non sono più tornato, ora ho avuto la

possibilità di rivedere Pantianicco ed il Friuli. Sono molto commosso di

ritrovare il posto dove sono nato ed alcune persone con cui giocavo da

bambino” dice Treppo. “Ho visto un Friuli che non è più quello descrit-

to da Turoldo ma una terra vigorosa, nonostante la crisi. Vale la pena

viaggiare per rivedere i posti dell’infanzia; quando rientrerò a Buenos

Aires racconterò che Pantianicco è completamente diverso da come lo

lasciammo ma le montagne in fondo sono sempre quelle”.

Torna in visita dopo 64 anni

Romano Gallai

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Potete inviarci le vostre e mail al nostro indirizzo

[email protected]

San Martin,domenica 29 dicembre 2013 A tutta la redazione e ai collaboratori, vanno i nostri speciali ringraziamenti per la qualità e quantità di lavoro che avete rea-lizzato nell'ultima edizione del bollettino. Julia e Luciano Della Picca

Villa Ballester 30/1/2014

Volevo ringraziare l'invio di "Qui

Pantianicco".

Ho letto l'articolo sul "Papa della

fine del mondo", ho visto le foto di

zia Fiorina, con Marta e famiglia,

la zia da giovane quando era infer-

miera nell'ospedale Rivadavia.

Mi è piaciuta tanto la storia "Da

contadini a infermieri". Grazie di

nuovo per l'invio!

Analia Manazzoni

Monfalcone, febbraio 2014 Saluti ed auguri ai coscritti del 1938 ed ai collaboratori del bol-lettino, che seguo con piacere. Allego un contributo. Anna Maria Agostini

Avellaneda, ( Bs. As. ) 15 aprile 2014 Ringraziamo di cuore e con allegria, nel ricevere tutti gli anni il bollettino parrocchiale che sempre aspettiamo con vera ansietà per-ché ci avvicina a quel bello e cordiale paese che non dimentichere-mo mai. tutta la comunità pantianicchese i migliori auguri, Un forte ab-braccio per la nostra cara famiglia che portiamo sempre nel nostro cuore. Mandi

Lilia e Giancarlo Cragno

Roè Volciano ( Bs ) aprile 2014 Buona Pasqua a tutti i colla-boratori e un ringraziamento per l'attenzione che avete per l'invio del Bollettino.

Allego un contributo. Teresina Cisilino

Pantianicco, giugno 2014

Cari collaboratori del Bollettino Parrocchiale, vi ringra-

ziamo molto per tutto il vostro lavoro. Sempre a dicem-

bre l'aspettiamo.

Vi lasciamo un piccolo contributo per le vostre spese.

Grazie! Sarita e Ettore Cragno

22/12/13 Vorrei salutare tutti quelli che mi conoscono. Mi é arrivato il giornali-no di Pantianicco. Tanti saluti dalla Svizzera!

Luciano Zecchin

Buenos Aires, dicembre 2013

Ho ricevuto il Bollettino nella versione via

internet.

Un ringraziamento speciale a tutti quelli che

fanno tanto per mantenere viva la storia e il

presente di Pantianicco.

Auguro a tutti un Buon Natale e tanti auguri per

il 2014.

Mandi, Mirta Mattiussi

Biella, luglio 2014

Ringrazio per l'invio del bollettino, molto bello ed inte-

ressante.

Auguro alla redazione di continuare con lo stesso entu-

siasmo questo lavoro ancora per molti anni.

Cordiali saluti, allego offerta.

Graziella Savant Ros vd. Cisilino

Don Bosco, Argentina, agosto 2014 Carissimi collaboratori, grazie per il bollettino che ci arriva ogni anno. Ringraziamo per il vostro impegno e vi lasciamo un piccolo pensiero per il bollettino. Salutiamo tutto il gruppo, mandi! Olimpia e Luigino Cisilino (Grasia Limpia, i sin contens di veti ioduda )

Lettere alla redazione

Canada, Stoney Creech; 4 novembre 2014 Ho molto gradito il Bollettino, non vedo l'ora che arrivi il Natale per riceverlo e sapere qualche novità del paese e della gente che conoscevo. Ora però, dopo tanti anni che sono qua sono un po' dimenticata, ma non dimenticherò mai dove sono nata e quando lavoravo con i fratelli Alci-do, Ugo e la sorella Lucina nella trattoria di mio zio Leone e zia Rosa. Mi piaceva molto stare con la gente e giocare le bocce. Vi manderò qualche fotografia. Vi ringrazio molto e auguro a tutti Buone Feste Natalizie e capodanno. Ciao.

Argia Cisilino Rossit

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NOVELLA TONIZZO

ved. MARIGO

di 60 anni 17-12-2013

ANNA MARIA GIANDOME-

NICO in TONIZZO di

59 anni 14-12-2013

DIRCE MICONI

ved. CISILINO

di 102 anni 26-12-2013

CARLETTO BERTOLISSI

di 69 anni 27-12-2013

PIERINA COMINOTTO

VISINTINI

di 78 anni 13-04-2014

Vivono nella Pace di Dio

CELESTINO MANZON

di 64 anni 12-4-2014

GINO PERANZI

di 62 anni 6-2-2014

MARIA FAGGIANI

ved. PETRAZZO

di 89 anni 18-4-2014

ROSANNA FABBRO

in MIANI

di 61 anni 16-4-2014

MARSILLA CISILINO

ved. MIANI

di 91 anni 8-5-2014

ADELIO TOPPANO

di 61 anni 18-4-2014

MARINO (MARIANO)

SCHIAVO

di 93 anni 16-6-2014

BICE MANAZZONE

ved. CRAGNO

di 91 anni 7-9-2014

MARIA CISILINO

ved. TOPPANO

di 88 anni 4-10-2014

MARIA DELLA PICCA

ved. CRAGNO

(Argentina) di 93 anni 10-11-2014

CISILINO EMILIA

ved. PRIMAVERA

(Roma) di 99 anni 9- 2014

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Congratulazioni ed Auguri

14/4/2014. La bisnonna Benita Gasparini ha festeggiato i suoi 80 anni in

buona salute circondata dai suoi familiari ha brindato all'importante tra-

guardo raggiunto. Le auguriamo di godere a lungo dell'affetto e della com-

pagnia della sua numerosa discendenza.

Lustri di Matrimonio della zona pastorale di Mereto, 26 gennaio 2014. Sono molte le

coppie di ogni età che desiderano condividere la loro gioia per i traguardi raggiunti in-

sieme. A tutti auguriamo tante soddisfazioni, comprensione, salute e serenità.

Pordenone, 8/6/2014. Compleanno 103 di suor Augusta Cisilino assie-

me ai nipoti e pronipoti.

Luglio 2014. 45° anniversario di matrimonio di Fausta e Zeno Bisaggio, attor-

niati da figli e nipoti.Vivissimi auguri per tanti anni insieme!

Venezia, 12 aprile

2014. Università

Ca’ Foscari. Ottogalli Giulia,

figlia di Francesca e

Marco e nipote di

Lionella e Donato Manazzone, si è

laureata in Lingue,

Civiltà Moderne e

Contemporanee e Politica Internazio-

nale.

Congratulazioni dai

parenti e conoscenti di Pantianicco!

Sotto, ottobre 2014. Vania Agostini e Tim Mussio, dal Canada

sono venuti per sposarsi a Orcenico Superiore (PN). Lei è figlia

di Ernesto ed Elda, e nipote di Giordano e Serena Agostini.